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CATINO

Negli studi organizzativi si è privilegiata l’analisi delle organizzazioni in condizioni di normalità di


funzionamento, con l’obiettivo di trovare modelli altamente efficienti da poter riprodurre in altre realtà.
Solo dagli anni ’80 il lato oscuro dell’organizzazione comincia a diventare oggetto di ricerca.

Sia il lato luminoso che quello oscuro delle organizzazioni sono generati dai processi organizzativi.

Diane Vaughan definisce il dark side come: “Evento, attività, circostanza che si discosta dai fini
dell’organizzazione, dagli standard normativi, dalle aspettative.” Inoltre, individua tre livelli differenti che
danno origine al dark side:

- L’ambiente delle organizzazioni;

- Le caratteristiche organizzative;

- I processi cognitivi e di decisione dei partecipanti.

Tali livelli interconnessi sono all’origine di tre differenti tipologie di eventi: gli errori, i disastri, la devianza
organizzativa.

Nelle organizzazioni ad alta affidabilità (ospedali, traffico aereo, piattaforme petrolifere), un errore
umano può avere conseguenze catastrofiche. Gli errori possono dar luogo a due tipi di incidenti:

- Individuali: riguardano solo la persona direttamente o indirettamente coinvolta nell’errore, sono


più numerosi di quelli organizzativi, possono avere gravi conseguenze;

- Organizzativi: hanno cause multiple, possono avere conseguenze catastrofiche sia per la
popolazione coinvolta sia per l’ambiente circostante.

In passato, gli incidenti nelle organizzazioni venivano giustificati con l’errore umano: negli anni ’60 e ’70
le indagini sugli incidenti consideravano solo gli aspetti tecnici come la causa dell’incidente e le modalità
per far sì che l’evento non si ripetesse; negli anni ’80 il focus si è spostato verso l’errore umano,
concludendo che sia la causa dell’80/90% degli incidenti; soltanto negli anni ’90 viene riconosciuta
l’importanza dei fattori sociotecnici, arrivando a sostenere che gli incidenti sono causati dall’interazione
di più elementi, costruiti organizzativamente nel corso del tempo.

Il tema è affrontato per la prima volta da Barry Turner con la “Man-Made Disaster Theory”,
successivamente James Reason introduce la teoria dei fattori latenti e degli elementi patogeni residenti
come fattori che favoriscono gli incidenti.

In questo dibattito si possono individuare due scuole di pensiero: la Normal Accident Theory (Perrow) e
la High Reliability Theory (Wicke).

La NAT mette in primo piano come causa degli incidenti l’interazione di sequenze di errori non previste
e di eventi non compresi, all’interno di situazioni complesse e/o mal strutturate.

La HRT invece sostiene la possibilità di condurre azioni sicure, a patto che le organizzazioni seguano
alcuni principi di management:

- Preoccupazione per i fallimenti e apprendimento dai segnali deboli;

- Riluttanza alle interpretazioni semplificatrici della realtà;

- Sensibilità per le operazioni di front-line;

- Impegno alla resilienza;

- Rispetto per la competenza oltre la gerarchia.


Un’altra teoria più recente, la Socio-Technical Theory adotta principi sistemici per sviluppare forme di
resilienza nelle organizzazioni complesse.

Secondo Turner:

- Gli incidenti devono essere compresi come un problema sociotecnico, in cui i processi sociali
organizzativi e tecnici interagiscono per produrre un certo risultato;

- Ogni incidente condivide con gli altri delle fasi;

- Gli incidenti solo il risultato del fallimento della previsione;

- Gli incidenti vanno analizzati anche sotto una prospettiva interorganizzativa;

- La comprensione e l’attivazione di culture di resilienza sono alla base della resilienza di


un’organizzazione.

Turner individua le genesi e la dinamica degli incidenti, caratterizzate da:

- Una situazione normale di partenza che precede l’evento;

- Un periodo di incubazione dell’incidente, caratterizzato dal fallimento della previsione


dell’organizzazione nel leggere i segnali deboli che preannunciano un incidente;

- Un evento precipitante che conduce all’incidente;

- Un inizio, quando il collasso diventa evidente;

- Operazioni di soccorso;

- Adeguamento culturale completo.

L’idea di base dei fattori latenti di Reason è che ogni incidente è generato dall’intreccio di azioni insicure
e fattori latenti. I primi sono errori (inintenzionali) o violazioni (intenzionali ma non malevole), che hanno
un effetto immediato e vengono associati alle operazioni di front-line. I fattori latenti sono decisioni o
azioni di natura manageriale le cui conseguenze dannose possono rimanere silenti, fino a quando dei
fattori locali scatenanti non li rendono evidenti: gli errori attivi costituiscono l’innesco di un incidente,
reso possibile dai fattori latenti; all’aumentare dei fattori latenti aumenta la possibilità di un incidente.

Miopia organizzativa

Per miopia organizzativa si intende la scarsa capacità di un’organizzazione di valutare i fatti nella loro
attuale realtà e nei loro possibili sviluppi; in particolare si articola in difficoltà di:

- Riconoscere i segnali di potenziale pericolo;

- Riconoscere i segnali di potenziali opportunità.

La miopia organizzativa si manifesta in tre diversi livelli:

- Individuale: problema di razionalità limitata dei singoli soggetti

o Self-serving bias: interpretare le informazioni in modo conveniente a chi le valuta;

o Wishful thinking: fatti interpretati secondo ciò che si vuole che sia, piuttosto che
secondo le evidenze;
o Meccanismo della familiarità: in situazioni incerte si tende alla soluzione che più
accontenta i soggetti familiari, più vicini;

o Discounting the future: preferire opzioni che hanno effetti a breve termine, rispetto a
quelle con effetti a lungo termine;

o Tendenza a mantenere lo status quo: si tende ad omettere azioni che recano danno
certo ma limitato, che però potrebbero evitare danni più gravi in futuro.

- Organizzativo: problemi dell’organizzazione; fallimento del modo in cui le organizzazioni


operano, (esempio dell’anarchia organizzata, troppe informazioni):

o Fallimento nell’analisi: le organizzazioni falliscono nel rilevare le informazioni disponibili


riguardo le minacce emergenti, dovuto da fattori come:

§ Attenzione selettiva: focus su alcuni problemi ignorandone altri;

§ Rumore causato da informazioni contrastanti tra loro;

§ Sovraccarico informativo: porta a confusione e a fallimento nel rilevare minacce.

o Frammentazione delle strutture organizzative: può condurre a fenomeni di bassa


integrazione, fallimento nel coordinamento organizzativo, spreco di risorse, rivalità;

o Fallimenti nel coordinamento e nell’integrazione;

o Processi decisionali acritici: in gruppi molto coesi si spinge verso il consenso,


sopprimendo la considerazione di altre alternative;

o Atteggiamento di rifiuto: incapacità di un’organizzazione di accettare la realtà,


attaccandosi ai propri successi;

o Arroganza: mix di superbia e orgoglio eccessivo che deriva dai successi acquisiti porta
a sottovalutare le minacce incombenti;

o Dipendenza dalle competenze tradizionali: le core capabilities possono diventare core


rigidities, impedendo l’innovazione e quindi il progresso;

o Miopia nei confronti della concorrenza:

o Ossessione per i volumi: l’ossessione per le economie di scala portano ad un


atteggiamento conservatore.

- Livello interorganizzativo: si focalizza sul campo organizzativo all’interno del quale


l’organizzazione opera:

o Affollamento delle agende dei decision makers, troppi temi di discussione che riducono
il livello d’attenzione;

o Framing: incapacità di ricostruire un quadro unitario e condiviso del problema e della


minaccia;

o Questioni di priorità politica;

o Segretezza strutturale, il cui livello tende a salire proporzionalmente al numero di


organizzazioni coinvolte e la loro specializzazione e dimensione.
Devianza organizzativa

La devianza organizzativa è l’insieme delle omissioni o azioni da parte di individui o gruppi che, agendo
nei loro ruoli organizzativi, violano regole interne, leggi, regolazioni, a beneficio dell’organizzazione.
Meno le organizzazioni possono accedere ad opportunità di successo economico, più saranno indotte a
commettere violazioni. La decisione individuale alla violazione in un’organizzazione è stata spiegata in
base a tre diversi modelli del comportamento d’impresa:

- Calcolatore amorale: teoria della scelta razionale, gli individui calcolano costi e benefici dell’uso
di mezzi illegittimi e agiscono di conseguenza;

- Impresa come cittadino politico: organizzazione incline a rispettare le leggi, decide di violarne
alcune perché ritenute arbitrarie o irragionevoli, per ignoranza, incompetenza, incomprensione;

- Fallimento organizzativo: le caratteristiche dell’organizzazione riducono la consapevolezza dei


singoli membri delle conseguenze delle proprie azioni illegali.

Non sempre un comportamento deviante ha conseguenze negative, sia se si parla di deviazione da


norme interne sia da norme esterne. È difficile individuare il momento preciso della decisione di
violazione, perché è una costruzione progressiva; la normalizzazione di azioni devianti da parte di
membri all’interno o all’esterno dell’organizzazione svolge un ruolo fondamentale, in quanto porta ad un
circolo vizioso.

Organizzazioni criminali

Perseguono un profitto economico attraverso il ricorso ad azioni contrarie alle leggi; operano in mercati
illegali cercando il monopolio.

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