Il termine viene poi da alcuni utilizzato come sinonimo di “epistemologia della complessità”, una
branca della filosofia della scienza inaugurata nei primi anni ’70 da Edgar Morin, Isabelle Stangers
e Ilya Prigogine4.
Esiste, infine, una teoria della complessità computazionale che è un filone scientifico
sostanzialmente scollegato da quello afferente al concetto di sistema non-lineare ed è dominio più
stabile e meglio definito.
Linearità
Centrale, in questo contesto, è il concetto di linearità, che non va inteso nel senso colloquiale
bensì in quello, più sottile e pregnante, della teoria dei sistemi.
Un problema è lineare se lo si può scomporre in una somma di sotto-problemi indipendenti tra loro.
Quando, invece, i vari componenti/aspetti di un problema interagiscono gli uni con gli altri così da
rendere impossibile la loro separazione per risolvere il problema passo-passo e “a blocchi”, allora
si parla di non-linearità.
Un altro modo per affermare la stessa cosa è usare la definizione sistemistica: è lineare un sistema
che risponde in modo direttamente proporzionale alle sollecitazioni ricevute. Si dice allora che per
quel sistema vale il principio di sovrapposizione degli effetti, nel senso che se alla sollecitazione
S1 il sistema dà la risposta R1 e alla sollecitazione S2 dà la risposta R2, allora alla sollecitazione
(S1+S2) esso risponderà con (R1+R2).
I sistemi e i problemi che si presentano in natura sono essenzialmente non-lineari. Tuttavia, per
semplificare inizialmente le indagini o per scopi applicativi, si ricorre spesso in prima istanza
all’ipotesi di linearità. Si considerano, cioè, in prima approssimazione trascurabili gli effetti della
1
F.T. Arecchi, Caos e complessità nel vivente, IUSS Press, Pavia, 2004, pagg. 11-12
2
P.Magrassi, "Sfruttare il caos", Il Sole 24Ore Nòva Review, N.4 2008, settembre 2008
3
P.Magrassi, Difendersi dalla complessità. Un kit di sopravvivenza per manager, studenti e perplessi, Franco
Angeli 2009, pagg. 85-86
4
G.Bocchi, M.Ceruti (a cura di), La sfida della complessità, Bruno Mondadori 2007 (prima edizione Feltrinelli
1985)
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non-linearità e si approntano modelli matematici che descrivono il sistema come se esso fosse
lineare.
Un modello matematico lineare consiste nella rappresentazione del sistema in esame come una
funzione polinomiale, i coefficienti della quale sono indipendenti l’uno dall’altro.
Questo approccio si rivela fecondo in moltissimi casi. Per fare un esempio: nessun amplificatore
audio è intrinsecamente lineare ma, entro certi limiti di frequenza, esso si comporterà in modo
lineare, rivelandosi così utilizzabile per l’hi-fi.
I modelli lineari sono molto utili perché in ipotesi di linearità molti sistemi presenti in natura “si
somigliano”, nel senso che il loro comportamento può essere descritto mediante le medesime
equazioni anche se i contesti sono molto diversi, come la meccanica, l’elettronica, la chimica, la
biologia e così via.
Enormi progressi scientifici e tecnologici sono stati ottenuti anche prima che l’avvento degli
elaboratori elettronici (1940-1950) consentisse di addentrarsi risolutamente nei territori della non-
linearità.
Non-linearità
Si immagini di voler condurre uno studio di una popolazione di animali per modellare con
un’equazione l’andamento nel tempo della popolazione in funzione della disponibilità di cibo. Se
esistono predatori per quel tipo di animale, il modello lineare si rivela semplicistico e inadeguato:
infatti, la popolazione degli animali predati diventa anche una funzione della popolazione dei
predatori; ma, a sua volta, l’espansione o la contrazione della popolazione dei predatori dipenderà
anche dalla maggiore o minore presenza di prede. Il sistema prede – predatori – cibo, dunque, è
intrinsecamente non lineare perché nessuno dei suoi componenti può essere studiato
separatamente dagli altri. Le equazioni di Lotka-Volterra costituiscono infatti un esempio classico
di semplice modello non-lineare di una situazione ambientale.
Tali modelli, e di complessità anche molto maggiore, sono oggi assai diffusi in elettronica, in
avionica, in chimica, in biologia, in ecologia, in economia e in molti altri settori.
Tuttavia, la solubilità delle relative equazioni matematiche non è quasi mai possibile, e solo
l’utilizzo di simulazioni numeriche all’elaboratore consente di trattare i relativi problemi. Per
questa ragione, l’indagine dei sistemi dinamici complessi –che pure erano noti e marginalmente
studiati già dai primi dell’Ottocento– si è sviluppata a partire dall’avvento dei computer.
Comportamento emergente
Dalla non-linearità di interazione tra le componenti di un sistema scaturisce l’attitudine di questo a
esibire proprietà inspiegabili sulla base delle leggi che governano le componenti stesse:
5
P.Magrassi, op. cit., pag. 51, citando in parte P.Bridgman, The Logic of Modern Physics, The MacMillan
Company, New York 1927
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oggi diffusa l’emergenza si manifesta anche in contesti molto più elementari, come ad esempio la
fisica delle particelle6 e la fisica atomica7; e anzi, proprio questo fatto ne attesta l’importanza sul
piano epistemologico, nel senso che si può contestare risolutamente la visione riduzionista in
base alla quale ogni conoscenza scientifica deve essere fatta risalire a quella delle leggi che
governano le particelle elementari. Al contrario, al salire della scala geometrica (particelle, atomi,
molecole, eccetera), emergono leggi nuove che, senza violarle, integrano e superano quelle della
fisica delle alte energie.
Caos
Il comportamento caotico di sistemi anche apparentemente semplici e soggetti a leggi controllate e
deterministiche, come ad esempio il moto dei tre corpi (nel quale Henri Poincaré alla fine
dell’Ottocento rinvenne comportamenti caotici) o la mappa logistica di Robert May, è pure esso
riconducibile a relazioni non lineari tra le parti del sistema: i tre pianeti di Poincaré costituiscono un
sistema nel quale ciascuna delle tre coppie di componenti è soggetta a reazioni nonlineari, e la
mappa logistica è in ultima analisi un modello semplificato del problema preda-predatore di cui
sopra.
Particolare attenzione ricevono tra gli studiosi i fenomeni di auto-organizzazione. Secondo alcuni,
questo è un filone di ricerca che potrebbe condurre a dare conto dell’evoluzione del mondo da
inerte materia fisica a organismi viventi.8
In questo campo, un ruolo primario viene giocato dai computer, come si può facilmente
comprendere già contemplando il Game Of Life di John Horton Conway (cfr. ad esempio
http://www.ibiblio.org/lifepatterns/), nel quale poche semplici regole fissate per pochi individui di
base possono condurre a evoluzioni assai complesse. È questo il dominio cosidetto degli automi
cellulari e dei sistemi adattivi complessi o CAS (complex adaptive systems).
L’instabilità del termine complessità fa sì che si parli di “teoria” della complessità in molteplici
domini anche disgiunti. Quello che più di ogni altro ha il potenziale di condurre a una teoria
unificante è quello dello studio dei sistemi dinamici non lineari.
In questo ambito, la complessità “di Kolmogorov” è una prerogativa del moto nello spazio delle
fasi e viene collegata a un concetto di entropia analogo a quello che si ritrova in termodinamica.
Attraverso questo concetto la complessità dei sistemi dinamici può collegarsi anche alla
complessità computazionale.9
Etimologia
"Complesso" scende dal verbo latino complector, che vuol dire cingere, tenere avvinto
strettamente, e, in senso metaforico, abbracciare, comprendere, unire tutto in sé, riunire sotto un
6
L.Pietronero, Complessità e altre storie, Di Renzo, Roma 2007
7
P.W.Anderson, “More Is Different”, Science, New Series, Vol. 177, No. 4047, August 4, 1972
8
P.Magrassi, op. cit., pag. 79
9
M. Gell-Mann, “What Is Complexity?”, Complexity, vol.1 no.1, John Wiley & Sons, Inc. 1995
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solo pensiero e una sola denominazione. Altri significati che appaiono nei classici latini sono quelli
di legame, nesso, concatenazione10.
Dal XVII secolo in poi, una situazione, un problema, un sistema è "complesso" se consta di molte
parti interrelate, che influiscono una sull'altra. Un problema complicato (da complico, piegare,
arrotolare, avvolgere), invece, è uno che si fatica a risolvere perché contiene un gran numero di
parti nascoste, che vanno scoperte una a una.
L'etimologia del termine aiuta a comprendere il senso ultimo dell'”atteggiamento complesso”, che
ammonisce circa l'insufficienza del solo approccio analitico e invoca l'integrazione di questo con
un approccio olistico e globale: un problema complesso non può essere risolto e neppure
compreso mediante il solo esame delle sue componenti.
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10
P.Magrassi, op. cit., pag. 130