Sei sulla pagina 1di 30

17

Questioni di storia contemporanea

Collana diretta da:

Paul Corner, Nicola Labanca,


Daniele Menozzi, Giovanna Procacci
Volumi pubblicati:

Giampiero Carocci,
Il trasformismo dall’Unità ad oggi
Paul Corner,
Dall’agricoltura all’industria
David Bidussa,
Il sionismo politico
Anna Rossi-Doria,
Il primo femminismo (1791-1834)
Simonetta Ortaggi,
La formazione della classe operaia europea
Stuart Woolf,
Il nazionalismo in Europa
Giovanni Sabbatucci,
Le riforme elettorali in Italia (1848-1994)
Antonio Bechelloni,
Metamorfosi di un modello repubblicano. Francia 1944-1993
Camillo Daneo,
L’Italia “altra”. Il Mezzogiorno dall’Unità ai giorni nostri
Leonardo Rapone,
Antifascismo e società italiana (1926-1940)
Nicola Labanca,
L’istituzione militare in Italia. Politica e società
Daniele Pasquinucci,
I progetti di Costituzione europea
Dall’Assemblea “ad hoc” alla Dichiarazione di Laeken
Angelo Malinverno,
La scuola in Italia. Dalla legge Casati alla riforma Moratti (1860-2005)
Andrea Panaccione,
Il 1956. Una svolta nella storia del secolo
Jorge Torre Santos,
Il sindacato nell’Italia del secondo dopoguerra
Enrico Francia (a cura di),
Il Risorgimento in armi. Guerra, eserciti e immaginari militari
Simone Duranti

LEGGI RAZZIALI FASCISTE E


PERSECUZIONE ANTIEBRAICA
IN ITALIA

EDIZIONI UNICOPLI
Si ringraziano gli Autori e gli Editori per la cortese disponibilità alla ripro-
duzione dei brani riportati.
L’Editore dichiara di essere a disposizione degli aventi diritto nei casi e nei
limiti previsti dalla legge sul diritto d’autore.

ISBN: 9788840020587

Prima edizione: maggio 2019

Copyright © 2019 by Edizioni Unicopli,


via Andreoli, 20 - 20158 Milano - tel. 02/42299666
http://www.edizioniunicopli.it

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei li-
miti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla Siae del compenso
previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941, n. 633, ovvero
dall’accordo stipulato fra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato, Casa, Claai,
Confcommercio, Confesercenti il 18 dicembre 2000.
INDICE

p. 7 Introduzione

29 Prefazione alla Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo


di Delio Cantimori

49 Le Introduzioni alla Storia degli ebrei italiani sotto


il fascismo
di Renzo De Felice

77 Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi


antiebraiche del 1938
di Giovanni Miccoli

117 Fascismo, antisemitismo e cultura italiana


di Eugenio Garin

137 I razzismi del fascismo


di Mauro Raspanti

169 I caratteri «propri» dell’antisemitismo italiano


di David Bidussa

193 L’antisemitismo tra le due guerre in Europa


di Enzo Collotti

213 L’applicazione delle leggi contro le proprietà degli ebrei


(1938-1946)
di Fabio Levi
6 Indice

p. 235 Le case e le cose degli ebrei.


Un bilancio storiografico sull’Egeli e sugli aspetti
economici della persecuzione fascista
di Fabio Levi

259 Introduzione a Le interdizioni del Duce


di Alberto Cavaglion, Gian Paolo Romagnani

299 La legislazione antiebraica 1938-1943


di Michele Sarfatti

321 Indice dei nomi


INTRODUZIONE

Trascorsi ottant’anni dall’inizio della prassi persecutoria dell’e-


braismo da parte del fascismo italiano, si propone una antologia di
quegli scritti che mi sembrano rappresentare momenti fondamen-
tali del dibattito e della ricerca sul tema.
La letteratura scientifica, come del resto la memorialistica,
anche limitatamente alla fase della “persecuzione dei diritti” che
precedette quella delle vite, è ormai molto consistente per qualità
e quantità1. Questo non significa che ogni ambito degli effetti del

1
La produzione scientifica sul rapporto fascismo/antisemitismo/leggi
razziali è ormai così ampia da aver generato frequenti e numerose messe a
punto storiografiche. Segnalo qui (in ordine cronologico) le rassegne che mi
sembrano più utili per indirizzare il lettore e chiarire genesi e sviluppo del di-
battito: M. Toscano, Gli ebrei in Italia dall’emancipazione alle persecuzioni, in
“Storia contemporanea”, a. XVIII, n. 5, ottobre 1986, pp. 905-954; E. Collotti,
Osservazioni sulla storiografia sulle leggi razziali, in “In Formazione” (noti-
ziario bibliografico di storia contemporanea italiana dell’Istituto storico della
Resistenza in Toscana), a. XVI, nn. 30/31, novembre 1998, pp. 3-11 (rassegna
che riprende con alcune modifiche il testo pubblicato in tedesco nel 1997 negli
scritti in onore di Wolfgang Schieder); E. Collotti, Il razzismo negato, in Id.
(a c. di), Fascismo e antifascismo. Rimozioni, revisioni, negazioni, Laterza,
Roma-Bari 2000, pp. 355-375; V. Galimi, La persecuzione degli ebrei in Italia
(1938-1943). Note sulla storiografia recente, in “Contemporanea”, a. V, n. 3,
luglio 2002, pp. 587-596; E. Collotti, Bibliografia ragionata, in Id., Il fascismo
e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia, Laterza, Roma-Bari 2003, pp. 167-183;
M. Toscano, Ebraismo e antisemitismo in Italia. Dal 1848 alla guerra dei sei
giorni, Angeli, Milano 2003, cap. 10; T. Dell’Era, Scienza, politica e propa-
ganda. Il Manifesto del razzismo italiano: storiografia e nuovi documenti.
Prima parte. La storiografia, in “SIFP”, On-line Journal of the Società Italiana
di Filosofia Politica, December 2007, pp. 1-43; G. Rigano, Storia, memoria e
bibliografia delle leggi razziste in Italia, in M. Beer ― A. Foa ― I. Iannuzzi
(a c. di), Leggi del 1938 e cultura del razzismo. Storia, memoria, rimozione,
Viella, Roma 2010, pp. 187-209; I. Pavan, Gli storici e la Shoah in Italia, in M.
Flores et al. (a c. di), Storia della Shoah in Italia. Vicende, memorie, rappre-
8 Introduzione

razzismo antiebraico fascista sia stato adeguatamente affrontato.


Oltre alla verifica in sede locale dell’impatto della legislazione sulla
società fascista e sulle sue vittime, mi pare auspicabile una mag-
giore integrazione fra discipline e sensibilità di ricerca differenti:
gli specialismi non sempre dimostrano di saper dialogare ed anche
per questo permane una distanza fra le acquisizioni degli addetti ai
lavori e la consapevolezza della società italiana odierna sul nostro
razzismo e sul significato dell’antisemitismo a partire dall’espe-
rienza fascista2. Non credo sia inutile chiedersi quindi che signi-
ficato abbia oggi concretamente la celebrazione di un Giorno della
Memoria nelle scuole; che peso assuma, al di là della retorica di
rito, la responsabilità del singolo cittadino di fronte alle ingiusti-
zie e alle discriminazioni promosse da un governo. Quel governo
era fascista ma per l’opinione pubblica italiana si possono condan-
nare determinate azione politiche senza mettere completamente
in discussione il giudizio bonario sul ventennio. Uno degli effetti
dell’introduzione del Giorno della Memoria è stato l’aver aggiunto
un altro distinguo al peraltro superficiale giudizio sul fascismo ita-
liano: assieme alla disgraziata decisione di legarsi al nazismo che ci
ha portato alla guerra mondiale, oggi troviamo anche la giusta ri-
provazione per il razzismo antisemita (anche questo comunque di
importazione tedesca). Mi pare quindi che la ricchezza degli studi
sull’antisemitismo e il razzismo in Italia non sia riuscita a cambia-
re il giudizio complessivo sull’esperienza fascista negli italiani di
oggi e quell’indagine sul mito del “bravo italiano” che Bidussa ha
acutamente realizzato nel 19943, spiegandoci le esigenze difensive
e auto assolutorie per la coscienza di un popolo che è stato non solo
vittima o spettatore di un regime criminale, non ha sedimentato
nel Paese. Andiamo piuttosto assistendo ad una diminuzione degli

sentazioni, vol. II, Memorie, rappresentazioni, eredità, Utet, Torino 2010, pp.
135-164; I. Pavan, Fascismo, antisemitismo, razzismo. Un dibattito aperto, in
D. Menozzi, A. Mariuzzo (a c. di), A settant’anni dalle leggi razziali, Carocci,
Roma 2010, pp. 31-52; V. Galimi, Politica della razza, antisemitismo, Shoah,
in “Studi Storici”, a. 55, n. 1, gennaio-marzo 2014, pp. 169-181; M. Toscano,
Il dibattito storiografico sulla politica razziale del fascismo, in G. Resta – V.
Zeno-Zencovich (a c. di), Leggi razziali. Passato/presente, Roma TrE-Press,
Roma 2015, pp. 9-41.
2
Ancora alla fine degli anni Novanta, Collotti si auspicava che la storio-
grafia fosse capace di reintegrare “in pieno la storia della persecuzione razziale
nel quadro della società italiana e non come storia separata degli ebrei”. Cfr. E.
Collotti, Il razzismo negato, cit. p. 374.
3
D. Bidussa, Il mito del bravo Italiano, il Saggiatore, Milano 1994.
Introduzione 9

imbarazzi e il “bravo italiano” oggi vive comodamente in un clima


che ha sdoganato l’intolleranza.
Certo, se la storiografia colta e gli specialismi non sono in grado
di contribuire all’aumento di consapevolezza del passato recente
di una nazione, i motivi risiedono non solo sulla sua difficoltà di
comunicazione col grande pubblico, ma nell’esistenza di una serie
di voci mediatiche alternative ben più efficaci e attraenti che sanno
portare acqua al mulino del senso comune, dandoci conto di quan-
to l’uso pubblico della storia e l’impiego politico della memoria sia-
no essenziali per la edificazione della coscienza nazionale italiana4.
A mio parere uno dei ragionamenti che ha contribuito ad auto-
assolvere un Paese e il regime che lo ha governato rimane quello
condotto da Renzo De Felice nella nota intervista di Giuliano Fer-
rara nella quale si afferma che l’Italia sia “fuori dal cono d’ombra
dell’Olocausto”5. Eppure De Felice e il suo lavoro di ricerca si pon-
gono alla base della ricostruzione storico-storiografica sulla legisla-
zione razzista antiebraica fin dal 19616. Lo scarto fra la ricerca di De
Felice e le sue uscite pubbliche sulla carta stampata ha determinato
accesi dibattiti e condizionato il clima culturale italiano per molti
anni, dimostrando quanto il ripensamento del passato fascista fos-
se utilizzabile anche sul piano politico. Nell’intervista del 1975 con
Ledeen7 si radicalizzava il discorso di De Felice sulle differenze fra
fascismo e nazismo e sulla impossibilità di ricorrere ad una genera-

4
Importante lo studio di F. Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La
rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari 2014.
5
Vale la pena ricordare l’intero passaggio da un intervista (“Corriere della
Sera”, 27 dicembre 1987) dove De Felice con Ferrara ragionava di necessità di re-
visione dei presupposti antifascisti della carta costituzionale: “Io ho fatto e faccio
il mio lavoro di storico del fascismo. So che il fascismo italiano è al riparo dall’ac-
cusa di genocidio, è fuori dal cono d’ombra dell’Olocausto. Per molti aspetti, il
fascismo italiano è stato “migliore” di quello francese o di quello olandese. Inol-
tre, da noi la revisione è più utile, per le ragioni che le ho appena esposto e che
riguardano la necessità di costruire una nuova Repubblica, e meno rischiosa. Noi
non abbiamo una tragedia sociale come quella dell’immigrazione nordafricana
in Francia, che ha portato il fascismo petainista fin dentro le fabbriche. Dunque
possiamo ragionare, informare, parlare del fascismo con maggiore serenità”.
6
R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, To-
rino 1961. Fino alla edizione del 1988 il volume proponeva una prefazione di
Delio Cantimori. Per la ricostruzione della genesi della ricerca defeliciana sul-
la politica antisemita fascista, cfr., M. Sarfatti, La Storia della persecuzione
antiebraica di Renzo De Felice: contesto, dimensione cronologica e fonti, in
“Qualestoria”, a. XXXII, n. 2 (dicembre 2004), pp. 11–27.
7
R. De Felice, Intervista sul fascismo, a c. di M. A. Ledeen, Laterza, Ro-
ma-Bari 1975.
10 Introduzione

le categoria di fascismo. De Felice era assai ripreso dai media italia-


ni e parte del giornalismo lo utilizzava come voce privilegiata sulle
presunte “verità” del passato recente italiano. Al centro c’era “la
suggestione di quella asserita radicale diversità ideologica e quasi
esistenziale tra i due movimenti [fascismo e nazismo], su cui poi si
innesta la questione della diversa centralità del tema dell’antisemi-
tismo”8. Fra anni Ottanta e Novanta è stato quindi importante l’uso
pubblico di De Felice, non solo per la messa in discussione dell’an-
tifascismo, ma perché l’italiano medio otteneva “anche la gratifi-
cazione di poter constatare che le idee emergenti da questa serie
di rivelazioni giornalistiche coincidevano in maniera sorprendente
con le idee che già possedeva attorno a Mussolini e al fascismo”9.
Sul piano strettamente storiografico invece la Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo di De Felice aveva introdotto il tema della
persecuzione antiebraica in Italia dopo il lungo silenzio dal dopo-
guerra, se si eccettua la memorialistica ebraica e pochi altri con-
tributi, come il lavoro di Eucardio Momigliano10 e l’iniziativa della
rivista fiorentina “Il Ponte” che nel 1952 affidava ad Antonio Spi-
nosa una documentata storia a puntate delle Persecuzioni razziali
in Italia (peraltro interrotta dopo la quarta uscita dedicata proprio
alle leggi del 1938)11. Praticamente contemporanee alla ricerca di
De Felice comparivano poche altre voci12 e fra queste merita un

8
G. Santomassimo, Il ruolo di Renzo De Felice, in E. Collotti (a c. di), Fa-
scismo e antifascismo, cit., p. 425
9
Ibid., p. 417.
10
E. Momigliano, Storia tragica e grottesca del razzismo fascista, Mon-
dadori, Milano 1946.
11
Cfr., A. Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia, in “Il Ponte”, nei nu-
meri 7, 8 e 11 del 1952 e 7 del 1953. Il lavoro venne poi riedito in volume col
titolo Mussolini razzista riluttante, Bonacci, Roma 1994. Va ricordata la sensi-
bilità di questa rivista, di ispirazione antifascista socialista, al tema dell’antise-
mitismo fascista, che nel 1978 per il Quarantesimo delle leggi razziali uscì con
un numero speciale. Cfr. “Il Ponte”, 1978, n. 11-12, dedicato a La difesa della
razza, a c. di U. Caffaz.  
12
G. Reitlinger, La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli Ebrei
d’Europa 1939-1945, Il Saggiatore, Milano 1962 (con qualche pagina sull’Ita-
lia), A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Einaudi, Torino 1963, L. Salvatorelli
– G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Einaudi, Torino 1964 (unica
storia generale del fascismo a dedicare all’epoca spazio all’antisemitismo), L.
Preti, I miti dell’impero e della razza nell’Italia degli anni Trenta, Opere Nuo-
ve, Roma 1965, Id., Impero fascista, africani ed ebrei, Mursia, Milano 1968.
Per un quadro completo cfr. M. Sarfatti, Bibliografia per lo studio delle per-
secuzioni antiebraiche in Italia 1938-1945, in “La rassegna mensile di Israel”,
vol. LIV, nn. 1-2, 1988, pp. 435-475.
Introduzione 11

cenno la testimonianza di Achille Ottolenghi13 proposta all’interno


dei cicli di conferenze che “spiegavano il fascismo” nel momento
della “crisi Tambroni” del 196014. Nel primo dei due volumi di Fel-
trinelli che raccoglievano le lezioni milanesi del 1961, Ottolenghi
ricordava sia la svolta mussoliniana del 1938 (che contraddiceva le
precedenti negazioni dell’esistenza di un “problema ebraico”), sia
la grande umanità del popolo italiano, solidale con la compagine
israelita, integrata e parte indistinta della società italiana. Al di là
di molte semplificazioni, nella memoria di Ottolenghi si trovava-
no spunti suggestivi, a partire dal “mercato” delle discriminazioni,
della prassi della raccomandazione e del favore, divenuta sistema
in una società autoritaria come quella fascista. Senza pretesa di
esaustività si ricordavano le principali tappe della legislazione dan-
do conto della questione scolastica e di quella patrimoniale.
La fatica con la quale la memoria della persecuzione fascista de-
gli israeliti si è imposta nella comunità degli studiosi (assai meno
nella società italiana) deriva da più fattori:
- “l’eccesso di sovraccarico ideologico che si esprimeva tutto nella
contrapposizione fascismo-antifascismo” e “la preminenza as-
soluta data ad altri aspetti della (…) politica [del fascismo]”15;
- una memoria ebraica comprensibilmente concentrata nell’im-
mediato dopoguerra sulla fase della distruzione delle vite e
quindi sul volto genocida del nazismo dal quale l’esperienza
italiana pareva distante, indipendentemente dal collaborazio-
nismo di Salò;
- la sostanziale sorpresa per l’irruzione della legislazione razzi-
sta nella società italiana che dimostrava il particolare livello di
integrazione degli israeliti nel Paese, anche se troppo semplici-
sticamente non si teneva in considerazione la complessità del

13
A. Ottolenghi, La legislazione antisemita in Italia, in Fascismo e antifa-
scismo (1918–1936). Lezioni e testimonianze, vol. 1, Feltrinelli, Milano 1962,
pp. 202–209.
14
La testimonianza di Ottolenghi merita di essere ricordata anche perché
Angelo Ventura, nel denunciare la mancanza di sensibilità sul tema da parte
degli storici in quegli anni ricordava l’assenza delle leggi razziali fra i temi dei
“grandi cicli di lezioni pubbliche (…) organizzati (…) tra il 1959 e il 1961 da
intellettuali e storici antifascisti”. Cfr., A. Ventura, Renzo De Felice: il fascismo
e gli ebrei, in Incontro di studio sull’opera di Renzo De Felice, Roma, Palazzo
Giustiniani 4 giugno 1997, Roma 2000, p. 47.
15
E. Collotti, Il razzismo negato, cit., p. 361.
12 Introduzione

nesso assimilazione-identità ebraica fra interventismo statale e


libertà confessionale16;
- la solidarietà di parte della popolazione italiana e di parte del
clero, anche se più nella fase finale della persecuzione che non
nel momento della diffusione del messaggio razzista e della ap-
plicazione delle leggi.
Dato questo scenario politico-culturale, del lavoro pionieristi-
co di De Felice non si possono che cogliere le importanti novità a
partire dal porre con chiarezza la questione dell’autonomia della
legislazione italiana rispetto a quella nazista, pur riconoscendone il
condizionamento ambientale: l’esistenza cioè di una prassi perse-
cutoria tedesca con la quale lo stesso regime italiano avrebbe dovu-
to fare i conti non per ricerca imitativa ma per volontà di distinzio-
ne. Delle leggi italiane contro gli ebrei De Felice non sminuisce né
la capillarità né gli effetti dirompenti nel Paese, salvo condividere
la diffusa affermazione di una società italiana largamente immune
da sentimenti antisemiti. Correttamente si citano le responsabi-
lità del fanatismo giovanile nel sostenere con forza anche questa
campagna del fascismo contro l’ennesimo nemico ideologico, at-
traverso la stampa di partito e la pubblicistica promossa da univer-
sità e strutture dipendenti dalle federazioni fasciste locali. Il tema
dell’antisemitismo propagandato a mezzo stampa dal fascismo (al
quale i GUF dettero un grande contributo) sarà, molti anni dopo,
parte del rilevamento affidato da Enzo Collotti all’interno di una
ricerca battistrada che cercava di studiare gli effetti concreti della
legislazione razzista antiebraica in un caso regionale come quello
toscano17.

16
Solo dagli anni Novanta il ragionamento su questo aspetto della storia
dell’ebraismo in Italia con l’unificazione del Paese è stato posto in termini com-
plessi. Si vedano: F. Sofia – M. Toscano (a c. di), Stato nazionale ed emancipa-
zione ebraica, Bonacci, Roma 1992; F. Sofia, Su as­similazione e autocoscienza
ebraica nell’Italia liberale, in “Italia judaica”, Gli ebrei nell’Italia unita 1870-
1945, Ministero per i Beni culturali e ambien­tali, Roma 1993, pp. 32-47; M.
Toscano, Integrazione e identità. L’esperienza ebraica in Germania e Italia
dall’Illuminismo al fascismo, Angeli, Milano 1998; E. Capuzzo, Gli ebrei nella
società italiana. Comunità e isti­tuzioni tra Ottocento e Novecento, Carocci,
Roma 1999.
17
E. Collotti (a c. di), La persecuzione degli ebrei in Toscana (1938-1943),
2 voll., Carocci, Roma 1999. Sul ruolo della stampa giovanile si veda nel volume
il saggio di S. Duranti, Gli organi del GUF: Arezzo, Grosseto, Pisa e Siena, pp.
367-414 e il capitolo GUF e campagna razziale in S. Duranti, Lo spirito gre-
gario, I gruppi universitari fascisti tra politica e propaganda (1930-1940),
Donzelli, Roma 2008, pp. 309-362.
Introduzione 13

La prefazione del volume di De Felice, scritta da Delio Canti-


mori, ― primo contributo di questa antologia ― evidenziava la co-
raggiosità di questo studio rilevandone molti pregi e vari limiti18 e
ripercorreva con finezza gli antecedenti culturali del razzismo an-
tisemita in Italia attraverso l’epoca liberale e propri della destra
come del socialismo. Aspetti noti grazie all’affinamento successivo
della ricerca, ma che emergono come particolarmente pregnanti
al momento dell’uscita dell’opera defeliciana. Riproporre questo
testo oggi, non è solo un tributo alla maestria di Cantimori, ma
è utile se letto assieme alle successive introduzioni che De Felice
scelse di realizzare a partire dalla riedizione del suo volume nel
1988 (andando a sostituire la prefazione di Cantimori). In quel las-
so di tempo era andata maturando una impostazione diversa da
parte di De Felice del rapporto fascismo-antisemitismo, attraverso
la pubblicazione dei vari tomi della sua biografia mussoliniana19,
radicalizzando le differenze fra l’esperienza tedesca e quella italia-
na fino a concludere per una lettura di un fascismo non razzista e
di assenza di antisemitismo in Italia. L’operazione peraltro trovava
spazio nelle introduzioni appunto del 1988 e poi del 1993 mentre il

18
Francesco Torchiani ha giustamente rilevato che “Cantimori non aveva
digerito la genealogia intellettuale del razzismo tracciata da De Felice. Mette-
re alla stessa stregua pagine antiebraiche di Herder, Kant, Novalis, Fichte e
Nietzsche con quelle di Hitler e Rosenberg significava avallare gli schematismi
e le argomentazioni della stessa propaganda razzista, interessata a costruirsi
illustri precursori tra quegli “spiriti magni”. Non solo lo storico commetteva
l’errore di cedere alle sue fonti – una critica che, per De Felice biografo di Mus-
solini sarebbe tornata più di una volta negli anni successivi – ma contribuiva
a alimentare il mito del «rapporto intrinseco fra razzismo e cultura tedesca»”.
Citazione contenuta nella postfazione (Sdoppiarsi per comprendere) di F. Tor-
chiani al volume da lui curato: D. Cantimori, Il furibondo cavallo ideologico.
Scritti sul Novecento, Quodlibet, Macerata 2019, p. 332. Alle pp. 308-9 Tor-
chiani cita il giudizio negativo sul volume di De Felice espresso per via episto-
lare da Corrado Vivanti a Cantimori.
19
La cosiddetta biografia di Mussolini realizzata da Renzo De Felice, in
realtà non è propriamente né una storia del regime fascista, né una biografia,
piuttosto un tentativo di storia d’Italia durante il fascismo che ha abbracciato,
per la sua mole, circa trent’anni di ricerca. Otto i volumi che la compongono:
Mussolini il rivoluzionario 1883-1920 (1965); Mussolini il fascista I. La con-
quista del potere 1921-1925 (1966); Mussolini il fascista II. L’organizzazione
dello stato fascista 1925-1929 (1968); Mussolini il duce I. Gli anni del con-
senso 1929-1936 (1974); Mussolini il duce II. Lo stato totalitario 1936-1940
(1981); Mussolini l’alleato I.1. L’Italia in guerra 1940-1943. Dalla guerra bre-
ve alla guerra lunga (1990); Mussolini l’alleato I.2. L’Italia in guerra 1940-
1943. Crisi e agonia del regime (1990); Mussolini l’alleato II. La guerra civile
1943-1945 (1997), Torino, Einaudi, 1965-1997.
14 Introduzione

testo del complesso e corposo volume del 1961 rimaneva, pur con
aggiornamenti, il medesimo.
I principali commentatori della storia della storiografia sull’an-
tisemitismo fascista concordano nell’osservare quanto al contri-
buto di De Felice non facesse seguito quasi nessun altro lavoro
scientifico, a parte quello di Meir Michaelis giunto in traduzione
italiana nel 198220. Si deve pertanto attendere l’anniversario del
Cinquantesimo della promulgazione delle leggi razziali per la na-
scita di una storiografia sull’argomento. Particolarmente significa-
tivi furono i due convegni della Camera dei Deputati e del Senato, i
cui atti segnarono un importante approfondimento di ricerca sulla
materia21. Ripercorrere gli atti del convegno della Camera ci mostra
la presenza dei principali temi della futura indagine storiografica:
sia l’impianto delle leggi, sia le conseguenze sociali ed economi-
che sulle vittime; il ruolo degli intellettuali (compresa la comunità
scientifica) nella costruzione del razzismo antisemita; l’atteggia-
mento della Chiesa cattolica; il destino di quegli ebrei stranieri che
avevano trovato asilo in Italia, in fuga da quei Paesi che – non solo
la Germania – avevano avviato in precedenza una prassi discrimi-
natoria ai loro danni.
La ricostruzione della dimensione normativa dell’antisemiti-
smo fascista è stata condotta con precisione da Michele Sarfatti ed
affidata al suo volume del 1994 Mussolini contro gli ebrei22. La sua
indagine, dalla dimensione legislativa dell’antisemitismo, all’im-
patto che questa ebbe sugli israeliti dimoranti in Italia, ha avuto il
pregio di rilevare sia la non estemporaneità dei provvedimenti, sia
il loro inserirsi in una più ampia azione razzista del fascismo, a par-
tire dall’aggressione dell’Etiopia. Sarfatti – del quale si pubblica in
questa antologia un importante contributo del 2010 – si è sempre
distinto per un lavoro interpretativo della storia del razzismo anti-
semita durante il fascismo profondamente aderente alla ricerca do-
cumentaria; un paziente lavoro di ricerca decennale che dal 2000

20
M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica. Le relazioni italo-tede-
sche e la politica razziale in Italia, Edizioni di Comunità, Milano 1982 (ed. or.
1978).
21
La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, Camera dei Deputati,
Roma 1989; M. Toscano (a cura e con introduzione di), L’abrogazione delle
leggi razziali in Italia (1943-1987). Reintegrazione dei diritti dei cittadini e
ritorno ai valori del Risorgimento, Servizio Studi del Senato della Repubblica,
Roma 1988.
22
M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle
leggi del 1938, Zamorani, Torino 1994.
Introduzione 15

ha trovato collocazione nel suo più importante volume (più volte


aggiornato fino alle versione attuale del 2018) Gli ebrei nell’Italia
fascista23. Sarfatti ha introdotto a livello storiografico una innova-
tiva ripartizione temporale e concettuale della metodica fascista
antisemita: tre fasi24 che hanno il merito di chiarire la lunga strada
della discriminazione antiebraica nel ventennio e di ridimensiona-
re l’eccessiva rilevanza attribuita al contesto internazionale, con la
Germania nazista battistrada delle persecuzioni25. Sottolineando il
passaggio dalla “persecuzione dei diritti” alla “persecuzione delle
vite” Sarfatti ha contribuito molto a dotare la storiografia degli an-
ticorpi necessari per contrastare quella dimensione emotiva – pe-
raltro comprensibile – che, soprattutto dall’istituzione del Giorno
della Memoria, fa focalizzare lo “spettatore” e il “celebrante” sulla
assoluta drammaticità dello sterminio. Questa particolare atmo-
sfera di unanime riprovazione nei confronti della Shoah pone il ri-
schio – ben conosciuto dai tanti operatori culturali impegnati nella
didattica specifica sul tema in Italia – di sottovalutazione proprio
della fase tutta italiana della persecuzione dei diritti delle perso-
ne dimoranti nel regno colpevolizzate come ebree, precondizione
fra l’altro non solo di ciò che avvenne in seguito con l’occupazio-
ne tedesca, ma anche della fuga con l’espatrio e l’emigrazione di
cittadini italiani e di ebrei stranieri che avevano scelto negli anni
precedenti al 1938 questo “rifugio precario”26. Quest’ultima consi-

23
M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione,
Einaudi, Torino 2000.
24
1: Il periodo della persecuzione della parità dell’ebraismo (1922-36); 2: Il
periodo della persecuzione dei diritti degli ebrei (1936-43); 3: Il periodo della
persecuzione delle vite degli ebrei (1943-45).
25
La studiosa francese Matard-Bonucci, in un lavoro sulla dimensione po-
litica delle leggi razziali e della loro funzione nella costruzione dello stato tota-
litario, contestava a Sarfatti la retrodatazione dell’inizio della discriminazione
degli ebrei da parte fascista e rilanciava l’importanza del contesto internazio-
nale e del ruolo del nazismo nelle scelte mussoliniane. Cfr., M.-A. Matard-Bo-
nucci, L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, Il Mulino, Bologna 2008
(ed. or. 2007). Per una articolata analisi di questo studio si veda M. Toscano,
Il dibattito storiografico sulla politica razziale del fascismo, cit., pp. 24-8.
Importante la lettura che ne propone Ilaria Pavan nel contesto storiografico
sull’antisemitismo fascista come “progressione o svolta”, in I. Pavan, Fasci-
smo, antisemitismo, razzismo, cit.
26
L’espressione, che coglie assai bene la condizione tragica degli ebrei
stranieri residenti in Italia al momento delle leggi razziali, è il titolo dell’impo-
nente ricerca dedicata a questo tema da K. Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli
in Italia dal 1933 al 1945, 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1993-1996 (ed. or.
1989-1993).
16 Introduzione

derazione serve a ricordare l’importanza etica e civile – non soltan-


to storiografica ― di un ragionamento che vuole attribuire al fasci-
smo le proprie responsabilità, inserendosi ad esempio sulla nota
querelle di Galli della Loggia relativa all’8 settembre come “morte
della Patria”27. Ricordandoci che a differenza della legislazione raz-
zista coloniale, le leggi antiebraiche dal 1938, oltre agli stranieri
colpivano cittadini dello Stato, Sarfatti ci aiuta a capire dove risie-
da in realtà la “profonda cesura nella storia d’Italia”28. Del resto
fin dal 1964 uno dei pochi lavori (oggi ingiustamente dimenticato)
sulla storia generale del fascismo che contemplavano la questione
del razzismo antiebraico era proprio quel Salvatorelli-Mira29 che
articolava una importante riflessione sul “processo costituzionale
di allontanamento del fascismo dagli istituti liberali e di libertà,
per i quali quindi il razzismo fascista non veniva considerato nei
soli risvolti ideologici ma anche per quello che in concreto aveva
rappresentato come lesione dei diritti civili e umani inalienabili”30.
Un momento importante per l’aumento di consapevolezza nel
Paese delle qualità razziste del fascismo italiano è stato indubbia-
mente la mostra bolognese (poi divenuta itinerante) “La menzogna
della razza”. Organizzata nel 1995 dal Centro Furio Jesi, attraverso
documenti ed illustrazioni, guidava il visitatore fra le molteplici ca-
ratteristiche dei razzismi contemplati e promossi durante il fasci-
smo in Italia. Pur con le indubbie differenze fra razzismo antiafri-
cano e antisemitismo31, il percorso della mostra e del catalogo32 ad
essa dedicato si snodava attraverso antecedenti culturali e pratiche
gergali, mostrando la grande complicità fino al protagonismo di

27
E. Galli della Loggia, La morte della patria. La crisi dell’idea di nazione
tra Resistenza, antifascismo e Repubblica, Laterza, Roma-Bari 1996.
28
M. Sarfatti, Aspetti e problemi della legislazione antiebraica dell’Italia
fascista (1938-1943), in Le leggi antiebraiche del 1938, le società scientifiche
e la scuola in Italia, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Roma
2009, pp. 15-30.
29
L. Salvatorelli – G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, cit.
30
Cfr., E. Collotti, Il razzismo negato, cit., p. 361.
31
La riflessione sulle caratteristiche dei razzismi nella storia d’Italia (non
solamente legati all’esperienza fascista) e sulla loro comparabilità ha riguarda-
to la seconda metà degli anni Novanta. Si veda: A. Burgio (a c. di), Nel nome
della razza. Il razzismo nella storia d’Italia 1870-1945, Il Mulino, Bologna
1999, atti del primo convegno del Centro studi sulla teoria e la storia del razzi-
smo italiano organizzato a Bologna nel novembre 1997.
32
Centro Furio Jesi (a c. di), La menzogna della razza. Documenti e im-
magini del razzismo e dell’antisemitismo fascista, Grafis, Bologna 1994. I sag-
gi di M. Raspanti, D. Bidussa e E. Collotti pubblicati nella presente antologia
sono tratti da questo volume.
Introduzione 17

parte della cultura italiana. Senza diventare un banale campiona-


rio degli orrori, la mostra dava conto della capillare introduzione in
Italia di un discorso razzista che aveva bisogno dei suoi specialisti
della comunicazione, fossero questi illustratori per bambini, beceri
pamphlettisti, letterati famosi alla Papini o docenti di quelle uni-
versità che fornirono l’adeguato crisma scientifico ad una battaglia
per la razza che poteva risultare di difficile comprensione anche
al cittadino fascista più volenteroso. Quanto il razzismo fascista
avesse un rapporto biunivoco di conseguenza e determinazione
con il linguaggio stesso che il regime andò creando durante il ven-
tennio è stato illustrato in un convegno del 1984 dedicato proprio
alla linguistica del fascismo. In quella occasione – se ne vedano
gli atti pubblicati33 – Cortellazzo34 rilevava proprio le variazioni se-
mantiche di lemmi come “stirpe” e “razza”, ponendo interrogativi
complessi su quanto la lingua diffusa con i mezzi dell’epoca fosse
in grado di preparare il terreno per la accettazione popolare del
razzismo ma anche quanto quel clima post Etiopia avesse bisogno
di una lingua adatta ad esprimere il mito di potenza fascista e la sua
pretesa superiorità etnica-razziale-spirituale. Alcuni studiosi han-
no in seguito fatto notare la superficialità di un mondo della comu-
nicazione che in un clima di unanimismo obbligato da Giorno della
Memoria era divenuto ipersensibile alla parole “razza” e derivati,
non cogliendo – nonostante le avvertenze in questo senso di Can-
timori nella prefazione a De Felice ― le differenze tra i loro utilizzi
nel linguaggio e nella dimensione comunicativa fascista nell’intero
ventennio35.
La “Menzogna della razza” dedicava pagine utili al dibattito in
seno al fascismo fra preponderanza di un indirizzo “biologistico” o
“spiritualistico” del razzismo italiano. Non si trattava soltanto di un
comprensibile tentativo di primeggiare nella campagna scatenata
nel 1938 accreditandosi con maggior protagonismo nell’entourage
della dittatura se non presso lo stesso Mussolini, ma di fornire un
crisma scientifico alle necessità della politica fascista. Alcuni studi

33
Parlare fascista. Lingua del fascismo, politica linguistica del fascismo,
fasc. monografico di “Movimento operaio e socialista”, n. VII, a. 1, 1984.
34
M. Cortellazzo, Il lessico del razzismo fascista (1938), in Parlare fasci-
sta, cit., pp. 57-66.
35
Cfr., Introduzione a A. Cavaglion – G. P. Romagnani, Le interdizioni
del Duce. Le leggi razziali in Italia, Seconda edizione aggiornata, Claudiana,
Torino 2002, pp. 13-55, in particolare pp. 23-4.
18 Introduzione

della fine degli anni Novanta dedicati a scienza e razza36 approfon-


divano il ruolo di quegli studiosi interessati all’eugenetica che an-
che in Italia avevano avuto spazio e ruoli nella comunità scientifica
degli anni Venti e Trenta. Senza giungere alla necessaria conclu-
sione di un mondo scientifico in grado di dettare l’agenda di quel
razzismo fascista che rimane – a mio parere – mosso da esigenze
eminentemente politiche, lo studio del ruolo degli scienziati è im-
portante sia per comprendere la disponibilità di accademie e uni-
versità alla collaborazione col progetto fascista, sia per individuare
alcune delle radici culturali alla base della circolazione in Italia del
tema della razza.
Se le responsabilità degli intellettuali italiani nella elaborazione
del patrimonio antisemita erano state evidenziate dalla fine degli
anni Ottanta (in questa antologia si pubblica un testo di Eugenio
Garin presentato all’Accademia nazionale dei Lincei)37, con più fa-
tica la ricerca è entrata nelle pieghe dei comportamenti delle tante
università italiane. Il motivo non è da ricondurre soltanto agli im-
barazzi di coloro che per decenni continuarono ad insegnarci (o dei
loro allievi), avendo alle spalle un passato da pubblicisti antisemiti
e da docenti di materie riconducibili a quanto richiesto da Bottai
nel 193838, o perché si era raggiunta una collocazione accademi-
ca proprio in virtù dell’espulsione dei colleghi ebrei. Rimangono
tutt’oggi seri problemi di accesso ai documenti per la ricostruzione
della vita di vari atenei39, nonostante che si sia ormai ricostruito sia

36
G. Israel – P. Nastasi, Scienza e razza nell’Italia fascista, Il Mulino,
Bologna 1998 e R. Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, La Nuova
Italia, Firenze 1999. Più recentemente, G. Israel, Il fascismo e la razza. La
scienza italiana e le politiche razziali del regime, Il Mulino, Bologna 2010, che
lamenta la sottovalutazione storiografica del tema. Si veda la discussione sul
libro da parte di Finzi che precisa che se il pensiero scientifico ha avuto un ruo-
lo nell’alimentare un “senso comune” antisemita, non vanno trascurate altre
matrici culturali di lungo periodo. Cfr., R. Finzi, Partigianeria e partigianeria
legittima: a proposito di “Il fascismo e la razza” di Giorgio Israel, in “Studi
Storici”, n. 3, 2010, pp. 603-20.
37
Molti degli aspetti sollevati dal dibattito intellettuali/antisemitismo in
Italia sono ricordati nel saggio di R. Finzi, La cultura italiana e le leggi antie-
braiche del 1938, in “Studi Storici”, n. 4, 2008, pp. 895-929.
38
Bottai con interventi legislativi ed amministrativi indirizzò fra il set-
tembre e l’ottobre del 1938 le istruzioni per la creazione di corsi ex novo o la
trasformazione in senso razziale di insegnamenti già in essere. Si veda in detta-
glio, F. Pelini – I. Pavan, La doppia epurazione. L’università di Pisa e le leggi
razziali tra guerra e dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2009, pp. 97-9.
39
Nel recente convegno Le “Leggi razziali” del 1938 e l’università italia-
na (Roma, 3-5 dicembre 2018) alcuni ricercatori continuavano a lamentare il
Introduzione 19

il quadro dei docenti espulsi, sia in generale l’impatto che la legi-


slazione ebbe sulla didattica e la vita universitaria. I Provvedimen-
ti per la difesa della razza nella scuola fascista del 5 settembre
1938 furono, com’è noto, il primo intervento legislativo fascista. La
storiografia ha adeguatamente sottolineato l’importanza di questa
azione sul terreno accademico per un regime che poneva particola-
re attenzione all’educazione della gioventù e all’irreggimentazione
della cultura. Se alla vigilia delle leggi l’università italiana aveva
circa il 7% del corpo docente di origine ebraica40 si comprende bene
l’interesse che questo ambito dei provvedimenti razziali abbia avu-
to fra gli studiosi, indagando le storie dei colpiti e la “moralità” del
circuito dell’alta cultura in Italia, ma anche le numerose integra-
zioni e cambiamenti che gli stessi provvedimenti discriminatori
subirono41.
La riflessione sugli intellettuali e l’accademia italiana in rappor-
to all’antisemitismo si originava anche dalla evidente presenza di
fonti: il ceto che scrive, che produce pensiero, non necessariamente
dalle università, ha lasciato traccia di sé anche grazie alla grande
disponibilità di spazi e iniziative editoriali messi a disposizione dal
fascismo, con i suoi giornali e le sue riviste. Lo spoglio della stampa
fascista o fascistizzata (non solo quindi di Partito), come le vicen-
de dell’editoria italiana fra le due guerre, è progredita nei decenni,
fornendoci temi, percorsi della classe dirigente e consentendo di
esprimerci con minor approssimazione sul rapporto intellettuali/
potere durante il fascismo42.

pessimo stato di conservazione e le difficoltà di consultazione degli archivi di


vari atenei italiani.
40
Vedi F. Pelini – I. Pavan, La doppia epurazione, cit., pp. 17-8.
41
L’impatto della legislazione sul sistema universitario e le istituzioni cul-
turali italiane presenta ormai un’ampia letteratura. Mi limito a citare i contri-
buti principali: A. Ventura, La persecuzione fascista contro gli ebrei nell’u-
niversità italiana, in “Rivista storica italiana”, CIX, 1, 1997, pp. 121-197; A.
Capristo, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, Zamorani, Torino
2002; R. Finzi, L’università italiana e le leggi antiebraiche, Editori Riuniti,
Roma 2003 (edizione riveduta e ampliata); A. Capristo, Il coinvolgimento del-
le accademie e delle istituzioni culturali nella politica antiebraica del fasci-
smo, in P. G. Zunino (a c. di), Università e accademie negli anni del fascismo
e del nazismo, Atti del convegno internazionale (Torino 11-13 maggio 2005),
Olschki, Firenze 2008, pp. 321-341; V. Galimi – G. Procacci (a c. di), “Per la
difesa della razza”. L’applicazione delle leggi antiebraiche nelle università
italiane, Unicopli, Milano 2009.
42
L’ampiezza del tema, anche limitatamente a editoria e istituzioni cultua-
li, non ci consente se non un rimando almeno a G. Turi, Il fascismo e il con-
senso degli intellettuali, Il Mulino, Bologna 1980 e R. Ben-Ghiat, La cultura
20 Introduzione

Altra voce nella cultura del Paese, che meritava uno studio ap-
profondito relativamente al suo rapporto col fascismo e alla que-
stione ebraica, rimaneva quella cattolica. Il tema, complesso e la-
cerante, delle permanenze della antica attitudine antigiudaica della
Chiesa di Roma nelle mentalità sia della struttura che dei fedeli in
epoca contemporanea fino al fascismo, è stato affrontato soprat-
tutto da Giovanni Miccoli e Renato Moro che coraggiosamente
hanno sollevato anche la questione della ritrosia culturale e delle
difficoltà ambientali a rendere accettabile in Italia la prospettiva
delle responsabilità del fronte cattolico. Anche su questo tema il
Cinquantesimo delle leggi razziali fu un momento di svolta, infatti
al convegno presso la Camera dei Deputati Miccoli propose una
relazione che inquadrava sia le credenze e le suggestioni antisemi-
te di parte della struttura cattolica, sia il ruolo di Pio XI, ponendo
difficili questioni sul suo sostanziale isolamento nella denuncia del
razzismo dei fascismi. Il lavoro di Miccoli venne proposto con am-
pliamenti nella rivista “Studi Storici”43 e per la sua lunghezza in
questa antologia ne viene pubblicata solo una parte. Gli studi sul
rapporto cattolicesimo/antisemitismo e sulle reazioni del clero alla
legislazione razzista sono assai cresciute negli anni44 anche grazie
allo stimolo fornito da Renato Moro a partire dal suo contributo
del 1988 dove denunciava la vera e propria assenza di ricerche in
materia: “Non abbiamo pertanto, fino ad oggi, praticamente nes-
suna idea storiograficamente fondata di quanto le tendenze anti-
semite fossero ancora vive tra i cattolici negli anni venti e trenta;
non siamo in grado di dire se esse fossero in crescita o in declino;
e nemmeno possiamo configurare le scansioni temporali e le varia-
zioni dei contorni, dei livelli e delle forme di rapporto tra comuni-
tà ebraica e cattolicesimo italiano; tanto meno sappiamo definire
l’immagine stessa dell’ebreo che doveva essere radicata e diffusa
tra i cattolici dell’età fascista”45.

fascista, Il Mulino, Bologna 2000. Turi, nel ricordato Convegno della Camera
dei Deputati del 1988, relazionò su Ruolo e destino degli intellettuali nella po-
litica razziale del fascismo, pp. 95-122.
43
G. Miccoli, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche
del 1938, in “Studi Storici”, n. 4, a. 29, 1988, pp. 821-902.
44
Si veda la rassegna bibliografica di L. Ceci, La Chiesa e il fascismo. Nuovi
paradigmi e nuove fonti, in “Studi Storici”, a. 55, n. 1, gennaio-marzo 2014,
pp. 123-137.
45
R. Moro, Le premesse dell’atteggiamento cattolico di fronte alla legi-
slazione razziale fascista. Cattolici ed ebrei nell’Italia degli anni venti (1919-
1932), in “Storia contemporanea”, a. 19, n. 6, dicembre 1988, pp. 1013-1119,
cit. p. 1014.
Introduzione 21

Il rapporto fra la Chiesa di Roma e lo Stato fascista, due isti-


tuzioni che ricercavano l’egemonia nella Nazione46, col progredire
degli studi, è stato sottoposto alla verifica dell’antisemitismo, con-
centrandosi sulla struttura e sul pontificato di Pio XI, restituendoci
un quadro di reciproca convergenza quantomeno nella disponibili-
tà di parte del mondo cattolico a trovare significato dell’azione an-
tiebraica dello Stato nei propri antichi pregiudizi antigiudaici47. In
questo senso, la rilevazione di mentalità ostili all’ebraismo ancora
presenti nell’episcopato italiano, nella stampa diocesana48, come
in parte dei vertici vaticani, ha potuto approfondire la lettura del-
la solitudine di Papa Ratti49 e la discontinuità della sua figura con
quella del suo successore50. Mi sembra questa la lettura prevalente
da parte della storiografia, nonostante il dibattito abbia accurata-
mente misurato parole e caratteristiche delle prese di posizione
di Pio XI su razzismo e antisemitismo, come sulla assenza di una
critica esplicita delle scelte di Mussolini51. A questo proposito mi
pare importante il ragionamento di Lucia Ceci che, ricostruendo lo

46
L. Ceci, in una delle rare monografie dedicate all’intero percorso della
Chiesa nel ventennio, ricordava che “nel rapporto tra la Chiesa e il fascismo
finiscono per confrontarsi due diversi modelli di pedagogia totale dell’uomo e
due mobilitazioni di massa”. Cfr., L. Ceci, L’interesse superiore. Il Vaticano e
l’Italia di Mussolini, Laterza, Roma-Bari 2013, p. VII.
47
  Un recente contributo di Renato Moro, non limitato al solo ventennio
fascista, ci fornisce un ricco panorama delle diverse posizioni sull’ebraismo nel
modo cattolico italiano: cfr., R Moro, Ebraismo e Chiesa cattolica nel Nove-
cento, in F. Cavarocchi - E. Mazzini (a c. di), La Chiesa fiorentina e il soccorso
agli ebrei. Luoghi, istituzioni, percorsi (1943-1944), Viella, Roma 2018, pp.
23-46.
48
E. Mazzini, Ostilità convergenti. Stampa diocesana, razzismo e antise-
mitismo nell’Italia fascista (1937-1939), Edizioni scientifiche italiane, Napoli
2013.
49
E. Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini. La solitudine di un papa, Einau-
di, Torino 2007.
50
Fra i principali lavori sul tema rimando a V. De Cesaris, Vaticano, fasci-
smo e questione razziale, Guerini e associati, Milano 2010; G. Fabre, Un «ac-
cordo felicemente conchiuso», in “Quaderni di storia”, n. 76, 2012, pp. 83-154;
G. Rigano, La svolta razzista. Controversie ideologiche tra Chiesa e fascismo,
Edb, Bologna 2013.
51
R. Perin, Pio XI e la mancata lettera sugli ebrei a Mussolini, in “Rivista
di Storia del cristianesimo”, X, 2013, n. 1, pp. 181-206. Come è noto, le pro-
teste della Chiesa per la legislazione antisemita si limitarono alla difesa degli
ebrei convertiti e al problema dei “matrimoni misti” giudicati un inaccettabi-
le vulnus al concordato. Un recente ed utile approfondimento sul tema in T.
Dell’Era, Leggi razziste, conversione degli ebrei e matrimoni misti a Torino
nel 1938: il cardinal Fossati, la S. Sede e il S. Ufficio, in “Giornale di Storia
Contemporanea”, XX, n.s., 1, 2018, pp. 17-42.
22 Introduzione

scenario di politica internazionale attorno al Patto di Monaco che


vide il duce rientrare in Italia da acclamato protagonista ed arbiter
della pace, ridimensiona le possibilità per il Vaticano di esprimere
in quel contesto parole di chiara rottura con il fascismo52, anche a
non voler considerare la permanenza antigiudaica nella mentalità
di parte della curia.
Nel fare il punto sullo stato degli studi all’inizio degli anni Due-
mila, Valeria Galimi53 precisava assai opportunamente sia la non
coincidenza fra lo studio dell’antisemitismo fascista e la storia degli
ebrei in Italia, sia l’importanza di collocare lo studio dell’ebraismo
su una prospettiva lunga e integrata alla storia generale del Paese.
Queste osservazioni mi sembrano particolarmente adatte per de-
scrivere i pregi e l’importanza de Le interdizioni del Duce, volume
antologico di Cavaglion-Romagnani dedicato alle leggi razziali ita-
liane, secondo una prospettiva ampia che deve muovere dal conte-
sto del fallito processo di emancipazione dell’ebraismo in Italia54.
La prima edizione dell’antologia era uscita per il Cinquantesimo
delle leggi razziali e il suo corposo ampliamento del 2002 presen-
tava anche un saggio introduttivo particolarmente denso55, che ri-
propongo in questa raccolta. Dopo una acuta riflessione sull’uso
pubblico delle leggi razziali, benché nel 2002 si fosse appena agli
esordi della celebrazione del Giorno della Memoria, l’introduzione
de Le interdizioni del Duce si concentrava sul comportamento e le
mentalità dell’ebraismo italiano, a partire dal concetto di libertà
religiosa. Con coraggio e franchezza si valutano le scelte di colo-
ro che preferirono la “tutela di Cesare” piuttosto che lottare per
l’autodeterminazione religiosa e garantire alle Comunità la forma
statutaria della libera associazione, esperienza del resto praticata
in altri contesti nazionali. La questione, solo in apparenza giuridi-
co-formale, ha delle implicazioni cultural-politiche profonde e gli
autori non fanno sconti alla mancanza di lungimiranza di settori
dell’ebraismo italiano che dimostrarono evidente distanza da quei
principi di libertà che il fascismo conculcava con la pretesa di in-
capsulare le religioni in logiche concordatarie. La legge del 1930

52
L. Ceci, L’interesse superiore, cit., pp. 256-7.
53
V. Galimi, La persecuzione degli ebrei in Italia (1938-1943), cit.
54
A. Cavaglion – G. P. Romagnani, Le interdizioni del Duce, cit.
55
Varie delle considerazioni che riprendo qui dall’introduzione del volume
sono rintracciabili anche nel lavoro del solo A. Cavaglion, Ebrei senza saperlo,
l’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2002.
Introduzione 23

non si limitava a regolamentare le Comunità ebraiche56 ma subor-


dinava l’esistenza stessa dell’ebreo all’appartenenza ad una strut-
tura, primo evidente tassello di quelle sottovalutazioni della ditta-
tura che da parte ebraica si manifestarono in quel decennio in più
di una occasione. L’essere ebrei “agli effetti del presente decreto”57
era una limitazione di libertà e di coscienza personale della quale,
per Cavaglion-Romagnani, non basta solamente incolpare il fasci-
smo, ma è doveroso interrogarsi su “quale concezione dello Stato
avevano avuto gli ebrei all’inizio del Novecento”58. Il conservato-
rismo dell’intellighenzia ebraica italiana era certamente difficile
da tollerare e perfino da comprendere per personalità come Leone
Ginzburg nell’entrare in contatto con la vita comunitaria italiana,
ma le istanze degli ebrei modernizzanti nel contesto di quella co-
munità sotto tutela fascista, erano certamente poco apprezzate59.
Dato questo scenario per gli anni Trenta, è importante rivalutare
l’esperienza prefascista non solo perché ha rappresentato il pri-
mo momento di affermazione di libertà per gli ebrei in Italia, ma
anche perché non si trattò di una azione puramente omologatrice
ma contemplava ordinamenti rispettosi delle libertà religiose sulle
quali lo Stato non andava ad intervenire: un indifferentismo in ma-
teria religiosa che garantiva notevolmente la compagine ebraica. In
conclusione, dall’introduzione a Le interdizioni del Duce, si trae un
insegnamento solo apparentemente semplice: se non si scompone
l’ebraismo italiano, se non consideriamo anche il nesso complicato
fascismo-ebraismo, se non teniamo in considerazione i ritardi e le
“prolungate titubanze a mettersi in gioco come cittadini liberi”60,
corriamo il rischio di poggiare il 1938 e le leggi razziali su un “pie-
distallo di parole”61.
Tema a lungo trascurato quello dei beni ebraici e della politica
fascista di spoliazione delle “cose” dei perseguitati. Il dibattito ita-
liano ha preso le mosse dallo studio del caso torinese da parte di

56
  Importante il lavoro di Stefania Dazzetti sui rapporti giuridici fra il fasci-
smo e le Comunità ebraiche italiane e sul significato di quella “logica concorda-
taria” che in apparenza garantiva diritto di esistenza e libertà di culto. Cfr., S.
Dazzetti, L’autonomia delle comunità ebraiche italiane nel Novecento. Leggi,
intese, statuti, regolamenti, Giappichelli Editore, Torino 2008.
57
A. Cavaglion – G. P. Romagnani, Le interdizioni del Duce, cit., p. 49.
58
Ibid.
59
Ibid., p. 50, n. 62.
60
Ibid., p. 51.
61
Ibid., p. 33.
24 Introduzione

Fabio Levi62 che anticipava l’istituzione nel dicembre 1998 della co-
siddetta “Commissione Anselmi”63. La sensibilità di pochi studiosi
ha consentito negli anni di riflettere non soltanto sulla dimensione
del danno ma anche delle politiche risarcitorie del dopoguerra64. Se
in questa antologia compare la ricerca in materia di Fabio Levi con
due contributi – temporalmente distanti, a segnare l’origine e la
sintesi del suo lavoro sul tema ― , un apporto fondamentale è stato
svolto da Ilaria Pavan65. Di questo lavoro fa certamente scuola so-
prattutto l’ampia parte dedicata al dopoguerra dove, gettando uno
sguardo alle analoghe esperienze internazionali, emerge in grande
evidenza tutto il limite dell’azione risarcitoria italiana, come le gra-
vi responsabilità di quella magistratura chiamata ad esprimersi su-
gli effetti dell’emergenza razzista che aveva costretto molte vittime
a vendite fittizie e in condizione di evidente svantaggio.
La magistratura e la giurisprudenza tra leggi razziali e dimen-
sione risarcitoria è un ambito che ha visto fiorire numerosi studi
negli ultimi venti anni, anche se fin dal convegno del Senato per il
Cinquantesimo, la legislazione per il reintegro veniva posta come
problema autonomo66. Pavan ci ricorda la sostanziale accettazione
della storiografia di un paradigma che vede le corti inferiori più
sensibili ai diritti dei perseguitati a differenza di un settore apicale
come la Cassazione, più restia al riconoscimento dei torti subiti,
confermando un’evidente continuità di mentalità e formazione di
quei soggetti anziani che proprio nel fascismo avevano lavorato e

62
F. Levi, L’applicazione delle leggi contro le proprietà degli ebrei (1938-
1946), in “Studi Storici”, n. 3, a. 36, 1995, pp. 845-862 e Id., Le case e le cose.
La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’Egeli (1938-45), Compa-
gnia di San Paolo, Torino 1998.
63
La Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratteriz-
zato in Italia le attività di acquisizione dei beni ebraici da parte di organismi
pubblici e privati, presieduta da Tina Anselmi col patrocinio della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, terminò i lavori nel 2001 con la pubblicazione di un
Rapporto generale che censisce sia le vittime di espropri e confische nel perio-
do 1943-45, sia la legislazione razzista riguardante i beni nella fase 1938-43.
64
Ilaria Pavan ha recentemente sostenuto che “l’inerzia e il disinteresse
politico-istituzionale che ha caratterizzato il contesto italiano dopo la conclu-
sione dei lavori della Commissione Anselmi ha poi avuto come corollario un’a-
naloga passività nell’avvio di nuovi studi sul tema, che nel corso degli anni si
sono infatti limitati a ben pochi e isolati casi”. Cfr. I. Pavan, La spoliazione dei
beni ebraici in Italia. Occasioni mancate e reticenze (1997-2017), in “Italia
contemporanea”, agosto 2017, n. 284, pp. 123-133.
65
I. Pavan, Tra indifferenza e oblio. Le conseguenze economiche delle leg-
gi antiebraiche in Italia 1938-1970, Le Monnier, Firenze 2004.
66
M. Toscano (a c. di), L’abrogazione delle leggi razziali in Italia, cit.
Introduzione 25

prodotto giurisprudenza67. Il problema della continuità dello Stato


fra fascismo e postfascismo, fra mancate epurazioni e permanenze
di mentalità autoritarie e conservatrici nella stagione repubblica-
na, è un ambito di riflessione storiografica molto complesso che
non può essere affrontato in questa introduzione, ma è doveroso
gettare uno sguardo sul diritto, in una antologia che illustra anche
il dibattito sulla legislazione razzista. Qui si assiste fra l’altro al pro-
blema della comunicazione non sempre semplice fra specialismi,
anche se il ritardo della storiografia giuridica sull’antisemitismo
fascista ha spinto questo settore al confronto con quella storiogra-
fia politica che aveva già avviato una riflessione in materia. Silvia
Falconieri68 nel ricostruire il percorso e le acquisizioni della sto-
riografia giuridica ha colto sia le motivazioni dei ritardi sia i cambi
di interpretazioni alla luce di una ricerca che, recependo l’invito di
Aldo Mazzacane69, ha cominciato a “sporcarsi le mani” studiando la
produzione della giurisprudenza fascista, la pubblicistica del mon-
do del diritto, fino all’approfondimento prosopografico sia di co-
loro che formularono normative, sia dei soggetti preposti alla loro
applicazione. Dalle aule delle università ai tribunali insomma, gli
ultimi venti anni di ricerca illustrano un quadro di collaborazione
con il processo antisemita fascista, che ha fortemente ridimensio-
nato le letture del passato che ricordavano soprattutto la resistenza
della magistratura alla applicazione delle norme70.
Fra i temi più delicati riguardo al rapporto fascismo/mondo
giuridico abbiamo chiaramente quello della abrogazione della le-
gislazione e il problema, come ricordavo sopra, del riconoscimento
del dovere risarcitorio delle vittime. Le mentalità di parte del ceto
dei giuristi “coinvolti nella politica razziale o (…) [che intrattenne-
ro] con essa un rapporto quanto meno ambiguo” ha condizionato il
postfacismo “facendo emergere le molteplici difficoltà che i giudici

67
I. Pavan, Gli incerti percorsi della reintegrazione. Note sugli atteggia-
menti della magistratura repubblicana 1945-1964, in I. Pavan – G. Schwarz (a
c. di), Gli ebrei in Italia tra persecuzione fascista e reintegrazione postbellica,
Giuntina, Firenze 2001, pp. 85-108.
68
S. Falconieri, Razzismo e antisemitismo. Percorsi della storiografia
giuridica, in “Studi Storici”, a. 55, n. 1, gennaio-marzo 2014, pp. 155-168.
69
A. Mazzacane, La cultura giuridica del fascismo: una questione aperta,
in Id. (a c. di), Diritto, economia e istituzioni dell’Italia fascista, Nomos, Ba-
den-Baden 2002, pp. 1-19, citato da S. Falconieri, Razzismo e antisemitismo,
cit., p. 161.
70
Questa lettura, piuttosto diffusa negli anni Ottanta, muoveva anche dai
ricordi personali. Si veda A. Galante Garrone, Ricordi e riflessioni di un magi-
strato, in “La Rassegna mensile di Israel”, LIV, 1988, nn. 1-2, pp. 19-31.
26 Introduzione

del dopoguerra hanno incontrato nell’abbandonare categorie e isti-


tuti degli anni Trenta e Quaranta”71. Riparare e restituire quindi, al
di là delle politiche odierne del ricordo dell’antisemitismo durante
il fascismo, non è stato semplice né scontato e questa considerazio-
ne conclusiva mi pare alla base della riflessione condotta da Ilaria
Pavan nel 2015 a partire dalla costatazione della coltre di silenzio
e incuria che ha sepolto i risultati della “Commissione Anselmi” e
delle grandi difficoltà per le vittime a trovare accolto un ricono-
scimento da parte dello Stato per i danni subiti72. Da una parte,
gli aspetti celebrativi dei tanti giorni della memoria che si sono
succeduti hanno saturato la dimensione pubblica, minimizzando
le riflessioni serie sulle responsabilità italiane nella persecuzione
degli israeliti; dall’altra, lo Stato (da intendere almeno come i go-
verni e gli organi giudicanti) ha largamente contribuito con azioni
reticenti e farraginose, quando non cieche e inadempienti, a nor-
malizzare una intera epoca storica. La risultante di tutto questo è
la pressoché completa mancanza di consapevolezza nel cittadino
di oggi delle responsabilità italiane nella discriminazione razziale
e antisemita, che significa poi non voler fare i conti col fascismo.
In conclusione, più che di occasioni mancate, mi sembra giusto af-
fermare l’impotenza della ricerca storica e dei soggetti civilmente
impegnati in Italia rispetto a quel giudizio bonario e duraturo che
il Paese ha costruito relativamente al fascismo.

All’inizio di questa introduzione ricordavo che, nonostante


l’odierna grande disponibilità di ricerche su leggi razziali e anti-
semitismo fascista, non tutto è stato adeguatamente studiato. Per
scalfire più in profondità la comoda e assolutoria convinzione di
un Paese non responsabile del degrado delle condizioni di vita di
cittadini italiani o qui residenti, dalla precarizzazione dei loro oriz-
zonti73, fino al rischio della morte, merita porre l’attenzione sulla

71
S. Falconieri, Razzismo e antisemitismo, cit., p. 167.
72
I. Pavan, Le «Holocaust Litigation» in Italia. Storia, burocrazia e giu-
stizia (1955-2015), in G. Focardi ― C. Nubola (a c. di), Nei tribunali. Pratiche e
protagonisti della giustizia di transizione nell’Italia repubblicana, Il Mulino,
Bologna 2015, pp. 303-333.
73
  Per effetto delle leggi fasciste, la perdita del posto di lavoro e del salario
rappresentano uno degli aspetti fondamentali della precarizzazione della vita
degli ebrei, precondizione determinante, spesso, per intraprendere una dram-
matica emigrazione. Un recente studio, frutto di una accurata ricerca docu-
mentaria, sugli ebrei cacciati dalla pubblica amministrazione indaga le vite dei
colpiti e l’utilizzo della prassi persecutoria anche come squallido strumento
per regolare “conti in sospeso”. Cfr., G. Fabre – A. Capristo, Il Registro. La
Introduzione 27

condizione degli ebrei stranieri dimoranti in Italia. Tedeschi, po-


lacchi, ungheresi o rumeni (che dovettero lasciare gli atenei italiani
ed il Paese, o che furono intrappolati nei lager italiani dal 1940)
per i quali la capillarità delle espulsioni trasformava un rifugio pre-
cario nell’incubo della consegna in mani tedesche, nell’immediato
o nell’imminente futuro. Non si tratta solamente delle storie più
o meno tragiche o fortunate di individui o gruppi, ma ancora una
volta di capire come si comportò la macchina burocratica, i singoli
funzionari di polizia, come gli atenei. Quanti riuscirono a finire gli
studi e furono magari favoriti, nel sostenere esami in gran numero
evitando di andare “fuori corso”, da docenti che facevano valere la
propria insindacabile autonomia fra le mura degli atenei? Quanti
da prigionieri nei campi di internamento del sud portarono avan-
ti un ostinato “come se”, chiedendo attraverso le amministrazioni
detentive alle segreterie universitarie di sostenere esami? Quanti
sparirono, perdendo tutto (anche la vita) ad un passo dalla laurea
perché costretti da una malattia a saltare una sessione accademica?
Questi sono alcune delle questioni emerse da un mio recente spo-
glio dei fascicoli personali degli studenti ebrei stranieri che erano
immatricolati nell’Ateneo di Siena al momento del loro censimento
da parte della Questura nel 1938. Su questo terreno c’è ancora mol-
to da fare, passando dal quadro generale74 ai comportamenti della
burocrazia universitaria, dei docenti e rettori e delle realtà locali
che rappresentavano la casa imperfetta di giovani israeliti dell’Eu-
ropa centro-orientale. Cavaglion, a proposito del trattamento fa-
scista degli ebrei stranieri, parla giustamente della “vera atrocità
mussoliniana, l’espressione più bieca di una antica vergogna, l’e-
goismo nazionale, con l’iniquità di espulsioni realiz­zatesi già nel
1939, incentivate da prefetti e funzionari periferici corrotti, che
alimentarono una squallida compravendita di clande­stini, passati
garbatamente ai cugini d’oltralpe («favorire al massi­mo l’esodo»,

cacciata degli ebrei dallo Stato italiano nei protocolli della Corte dei Conti
1938-1943, Il Mulino, Bologna 2018.
74
Sugli studenti ebrei stranieri si veda E. Signori, Una peregrinatio acade-
mica in età contemporanea: gli studenti ebrei stranieri nelle università italia-
ne tra le due guerre, in “Annali di storia delle università italiane”, 4, 2000, pp.
139-162. Per il caso bolognese, ateneo che al 1938 ospitava il maggior numero
di stranieri, cfr., G. P. Brizzi, Bologna 1938: silence and remembering: the ra-
cial laws and the foreign Jewish students at the University of Bologna, Clueb,
Bologna 2000. Assai utile anche la ricostruzione del caso pisano in F. Pelini – I.
Pavan, La doppia epurazione, cit.
28 Introduzione

secondo la formula burocratica di allora) al solo sco­po di non af-


frontare un’emergenza per la quale si era imprepara­ti”75.
Al lettore, al cittadino di oggi, il compito di riflettere su quanto
sia odierna e attuale quella “antica vergogna”, di quanto quell’egoi-
smo nazionale, oggi rilanciato come “sano e doveroso” continui a
farci disinteressare della sorte dell’altro, ricacciato oltre confine.

Per la composizione di questa antologia mi sono rivolto a emi-


nenti studiosi della materia, alcuni dei quali compaiono fra i testi
selezionati. Il primo confronto è stato con il mio maestro Enzo Col-
lotti che mi ha aiutato ad enucleare i temi fondamentali e i nomi da
includere in una comunque parziale selezione. Ho proseguito con
Alberto Cavaglion, Michele Sarfatti, David Bidussa e Fabio Levi
che, interrogati sugli equilibri di un volume comunque sintetico,
hanno evidenziato problemi che non credo di aver potuto sempre
risolvere. Non si tratta soltanto di mancanze, ma della difficoltà di
rendere conto, in una antologia che fissa il pensiero di determinati
autori, del dinamismo di un dibattito che, almeno nella comunità
scientifica, è stato fecondo ed articolato dalla fine degli anni Ot-
tanta. Riconoscente dei consigli ricevuti, concludo ricordando che
solo di chi scrive è la responsabilità dei limiti di questo strumento
didattico e di riflessione che spero possa risultare di qualche utilità
ai lettori.

SIMONE DURANTI, aprile 2019

75
A. Cavaglion – G. P. Romagnani, Le interdizioni del Duce, cit., pp. 24-5.

Potrebbero piacerti anche