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I Sofisti
Lepoca moderna
Loratoria a Roma
Momenti cardine
Atene, V secolo a.C. : lepoca della prima Sofistica, quando per la
prima volta si mise in crisi la concezione di Verit come entit
assoluta, oggettiva e universalmente riconoscibile, si svilupp una
teoria cosciente del linguaggio e loratoria si defin come techne
regolata da una serie di principi fissi trasmissibili attraverso
linsegnamento
Roma, I secolo a.C. I secolo d.C. : let repubblicana e i primi
passi dellimpero, quando si ebbe prima uno sviluppo effimero ma
eccezionale delloratoria politico-giudiziaria (Cicerone, analizzato
in particolare nei suoi rapporti di debito e di originalit rispetto ai
Sofisti); uno studio approfondito dei meccanismi della retorica
nonch degli obiettivi e della formazione delloratore
(Quintiliano); e un approccio critico al problema dei rapporti tra
oratoria e democrazia (Tacito) che ci introduce al problema del
pluralismo
I primi decenni del secolo XX, con un excursus riguardante
levoluzione liberale del principio della libert di opinione e di
stampa e il suo destino attraverso i decenni dei regimi totalitari
europei, con il loro sfruttamento intensivo di tecniche
propagandistiche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di
massa (giornali, radio, cinema, fotografia)
Linguaggio e verit
Scrive Fornero: Limportanza della parola una delle grandi scoperte dei
Sofisti. Ma essi non si limitarono a celebrarne la potenza, poich la
tematizzarono sul piano filosofico, studiandone i problematici rapporti con la
realt e la verit. Per gli antichi filosofi il linguaggio non costituiva un
interrogativo, in quanto essi erano spontaneamente indotti a collegare, e quasi
a non distinguere, fra la cosa reale, il pensiero che la conosce e la parola che
lesprime. Essi ritenevano che ci che vale sul piano logico del pensiero debba
valere anche sul piano della realt e viceversa. Per cui essere = pensiero =
verit. I Sofisti, in virt della loro nuova impostazione, scuotono queste
primitive certezze e la realt dallaltro.
Per la prima volta si prospetta dunque la possibilit che invece di una Verit
inossidabile e accessibile ai sapienti esista una pluralit di opinioni,
nessuna pi vera e incontestabile delle altre, e ognuna potenzialmente
vincente se si sanno impugnare le armi della persuasione.
Vivere in democrazia
Scrive Geymonat: Vivere attivamente in democrazia significa
partecipare ad assemblee, prendervi la parola, far valere con
efficace discorso la propria opinione frammezzo alle altre
opinioni; e perci saper pesare la varie accezioni e sfumature dei
vocaboli, avere nellorecchio le pi felici espressioni dei poeti,
riuscire a disporre i periodi in un ordine che incateni
lattenzione, accenda le fantasie e susciti i consensi: significa
insomma possedere quel complesso di cognizioni grammaticali,
lessicali, sintattiche, stilistiche, letterarie che costituisce larte
delleloquenza.
I Sofisti e la morale
Scrive Untersteiner: Per il Sofista non esiste effettivamente
unassoluta : ci che talora, mediante ragioni,
pu essere reso pi verosimile di altro, ci che soprattutto opera in modo
persuasivo, finch si presenti qualche cosa daltro pi verosimile. [] Il
principio di doveva trovare un particolare
sviluppo nel mondo della retorica, che in quei tempi si imponeva come un
problema pratico e politico, giacch sia nei discorsi giudiziari sia in quelli
deliberativi era necessario, per vincere, saper imporre il proprio punto di
vista, la propria verit, la quale poteva anche non coincidere con la
verit in senso universale: non era dunque la retorica necessariamente
immorale, ma perseguiva fini pratici, cosicch doveva rinunciare a un
atteggiamento teoretico, su cui leloquenza non poteva fondarsi. Protagora
non ammette che in ogni dominio sia da attuare, con labilit oratoria, in
luogo del bene il male ammantato dal luccichio delle apparenze.
Schopenhauer e la dialettica
Aristotele e la dialettica
Nelle Confutazioni sofistiche Aristotele
distingue la dialettica sia dalla sofistica (una sorta di sapienza
apparente senza esserlo) sia dalleristica (un combattimento
ingiusto nellopposizione verbale), per recuperarla come
strumento e procedimento ideale per la speculazione
filosofica: durante una discussione, essendo in grado di
sviluppare le difficolt in entrambe le direzioni, in ciascuna
vedremo pi facilmente il vero e il falso; rispetto alla
conoscenza e alla saggezza che conforme alla filosofia, non
compito di poco conto lessere in grado di abbracciare e daver
abbracciato con lo sguardo le conseguenze nel caso di ciascuna
ipotesi: resta infatti soltanto da scegliere correttamente luna o
laltra di queste. Per Aristotele dialettica e filosofia hanno lo
stesso scopo, cio la conoscenza; la dialettica senza filosofia
vuota, la filosofia senza dialettica cieca.
Conseguenze:
Gorgia scardina lidea di una verit ultima, unica, oggettiva e
universale;
se una verit ultima delle cose non esiste, pensiero e parola non
sono pi in rapporto univoco, ed ogni volta che usiamo il
linguaggio possiamo al massimo perseguire lobiettivo di una
verit contingente, che vale solo per listante in cui la
pronunciamo;
la parola diventa uno strumento di persuasione onnipotente
Gorgia e la parola
La parola un gran dominatore che, con un corpo
piccolissimo e
invisibilissimo, divinissime cose sa
compiere; riesce infatti a
calmare la paura, a eliminare il dolore e a suscitar la gioia e a ispirare la
piet E che la persuasione, congiunta con la parola, riesca a dare
allanima limpronta che vuole, ce lo insegnano soprattutto i discorsi
degli astronomi, i quali, sostituendo ipotesi a ipotesi, distruggendone
una, costruendone unaltra, fanno apparire agli occhi della fantasia
lincredibile e lincomprensibile; in secondo luogo le gare oratorie,
nelle quali un discorso scritto con arte, ma non ispirato a verit, suole
dilettare e persuadere la folla; in terzo luogo le schermaglie filosofiche,
nelle quali si rivela anche con che rapidit lintelligenza facilita il
mutare convinzioni della fantasia. C tra la potenza della parola e
lufficio dellanima lo stesso rapporto che tra lufficio dei farmaci e la
natura del corpo.
(DallEncomio di Elena di Gorgia)
I Ragionamenti doppi
In questopera anonima viene parzialmente confutato il
giudizio negativo di Platone sui Sofisti:
Io credo che spetti alla medesima persona e alla medesima arte
avere la capacit di discutere con rapide risposte, conoscere la
verit delle esperienze, saper rettamente giudicare, possedere
lattitudine a fare discorsi politici, sapere larte della parola e
insegnare intorno alla natura di tutto in relazione alle sue propriet
e alla sua origine. Anzitutto, colui che possiede una conoscenza
intorno alla natura di tutto, come non sar in grado anche di
operare rettamente di fronte a ogni situazione? Inoltre anche chi
conosce larte della parola sapr parlare rettamente intorno a tutto.
Infatti necessario che chi si propone di parlare rettamente parli
intorno a ci che sa. Di conseguenza egli sintender di tutto. Egli
infatti conosce larte di ogni discorso e tutti i discorsi riguardano la
realt.
La retorica a Roma al
tempo di Cicerone
Scrive Flocchini: Da una parte i Retori, come
ad esempio Menedemo citato nel De oratore, proponevano un metodo
educativo basato esclusivamente sullapprendimento delle tecniche
delleloquenza, senza preoccuparsi dei contenuti, dallaltra i Filosofi ne
contestavano la validit, sostenendo che esso non garantiva la conoscenza
della verit e non insegnava a reggere e amministrare lo Stato. Cicerone
cerc di ricomporre lantica unit, elaborando un sistema retorico in
relazione alla filosofia e sottolineando che, se spetta al filosofo indagare e
analizzare la verit, poi compito del retore divulgarla, ma tutti e due
non possono non incontrarsi in zone determinate del sapere dove una
vivisezione netta di principi e unassoluta discriminazione di competenze
sono nocive e alla retorica e alla filosofia. Le ipotesi (quaestiones finitae)
che rappresentano lambito particolare delloratoria, non possono infatti
non rimandare a tesi (quaestiones infinitae) cio a quei temi generali la
cui indagine spetta alla filosofia: cos, ad esempio, in una causa del genus
iudiciale, rientrano le tesi de aequo et iniquo e de iusto et iniusto.
Probitas e prudentia
Scrive Conte: Il talento, la tecnica della
parola e del gesto e la conoscenza delle regole
retoriche non possono ritenersi bastevoli per la
formazione delloratore: si richiede invece una vasta formazione
culturale. E la tesi di Crasso il quale lega strettamente la
formazione culturale (soprattutto filosofica, con privilegiamento
della filosofia morale) delloratore alla sua affidabilit
etico/politica. La versatilit delloratore, la sua capacit di
sostenere il pro e il contra su qualsiasi argomento, riuscendo
sempre a convincere e a trascinare il proprio uditorio, possono
costituire un pericolo grave, qualora non vengano controbilanciate
dal correttivo di virt che le mantengano ancorate al sistema di
valori tradizionali, in cui la gente perbene si riconosce. Crasso
insiste perch probitas e prudentia siano saldamente radicate
nellanimo di chi dovr apprendere larte della parola: consegnarla
a chi mancasse di tale virt equivarrebbe a mettere delle armi nelle
mani di forsennati (III, 55).
Forma e contenuto
Larte del dire non ha modo di rifulgere se loratore non ha
studiato profondamente i
Quintiliano e lInstitutio
oratoria
Obiettivo: restaurazione delleloquenza
Strumento: rigenerazione del sistema
didattico - educativo attraverso un
programma complessivo di formazione
culturale e morale che il futuro oratore deve
seguire scrupolosamente dallinfanzia fino
parole sono: Loratore cerca soltanto il verosimile. Quindi, poco dopo: Perch non la
buona coscienza, ma la vittoria della causa il premio di colui che indice una causa. Se
queste cose fossero vere, sarebbe da uomini assai disonesti fornire cos dannosi strumenti
alla malvagit della natura degli uomini e giovare con precetti ad essa. Ma essi vedano il
motivo della loro opinione.
Quanto a noi che ci siamo accinti a formare un perfetto oratore che soprattutto
vogliamo che sia uomo onesto, ritorniamo a coloro che su questa arte hanno una opinione
migliore. Ora alcuni hanno creduto che la retorica fosse la medesima cosa che la politica:
Cicerone la chiama una parte della scienza civile. Ora la scienza civile equivale alla
sapienza. Altri la chiamano anche una parte della filosofia, tra costoro c Isocrate. Infatti,
non solo abbraccia tutte le virt delloratore, ma comprende anche i costumi delloratore,
non essendoci altro che luomo onesto che possa parlare bene. [] La retorica la scienza
del ben parlare, dal momento che, quando si trovata la cosa migliore, chi cerca altro
vuole trovare cosa peggiore. Approvata questa definizione, chiaro anche quale sia il suo
fine o quale sia il suo sommo ed ultimo obiettivo, che detto , al quale tutta larte
tende. Infatti se essa la scienza del parlare bene, il suo fine e il suo supremo obiettivo il
parlar bene.
Tacito e il Dialogus
de oratoribus
Nellopera si confrontano differenti punti di vista sulloratoria
ai tempi del principato:
1) chi la ritiene superiore a quella degli antichi (> Apro)
2) chi ne lamenta la degenerazione (> Messalla e Materno).
Ma tra Messalla e Materno emerge un contrasto sulle cause di tale degenerazione (contrasto che
rispecchia presumibilmente i dibattiti in corso al tempo di Tacito, allievo a sua volta di
Quintiliano insieme a Plinio il Giovane).
> Messalla attribuisce le cause della decadenza delloratoria alla corruzione dei costumi e
allimpreparazione culturale dei nuovi oratori
> Materno attribuisce le cause della decadenza delloratoria alla perdita della libert da parte
dello stato, o meglio, alla raggiunta pacificazione di questultimo
Tacito non vuole proporre soluzioni come fa invece Quintiliano: accetta lesistenza del
principato come minore dei mali, e si limita ad analizzare storicamente la situazione
Oratoria e democrazia
Parla Materno:
In verit le continue adunanze, il diritto di assalire i cittadini pi potenti e il vanto che derivava
dalle grandi inimicizie perch moltissimi oratori non risparmiavano neppure Scipione, Silla o
Pompeo, ed eccitati dallastio nellattaccare uomini tanto importanti non rifuggivano dai modi pi
istrionici e volgari quanto ardore suscitavano negli ingegni, quale fiamma infondevano
alleloquenza! Non stiamo parlando di unarte oziosa e quieta, che ami lonest e la moderazione:
la grande, sublime eloquenza alunna della licenza, che gli stolti chiamavano libert, compagna
dei tumulti, incitatrice del popolo sfrenato, incapace di rispetto ed obbedienza, fiera, tracotante e
temeraria, quale non pu allignare negli Stati ben ordinati. Quali oratori ebbe mai Sparta, quali
Creta? Ma quelle citt avevano disciplina e leggi quanto mai severe. Neppure tra i Macedoni, i
Persiani o altri popoli retti da governi stabili troviamo traccia di eloquenza. Qualche oratore ebbe
Rodi, moltissimi Atene, dove tutto poteva il popolo, tutto gli ignoranti, tutto, per cos dire, tutti.
Anche la nostra citt, finch vag sperduta e si lacer nelle discordie e nelle lotte di parte, finch
non ci furono pace nel foro, concordia nel senato, moderazione nei tribunali, rispetto verso i
magistrati e limiti al loro potere, ebbe indubbiamente una eloquenza pi vigorosa, allo stesso
modo che un campo non coltivato produce talvolta erbe pi rigogliose.
Tacito e Cicerone
Tacito utilizza esattamente la medesima espressione di
Cicerone in De oratore 1, 30 ma traendone conclusioni
opposte: per Cicerone loratoria non pu che svilupparsi
nella repubblica, perch essa lunico ordinamento in cui la
libert despressione, il pluralismo, la possibilit di incidere
concretamente sul corso degli eventi siano oggettivamente
garantiti; Tacito sostiene invece che loratoria sia
strettamente connessa allordinamento repubblicano perch
questultimo si configura come una situazione di disordine e
licenza, in cui lecito dire tutto e il contrario di tutto,
perseguendo il proprio interesse particolare, senza incorrere
in alcuna sanzione.
Il sistema liberale:
vantaggi e pericoli
Un esempio di anarchia
dellinformazione: la
Russia rivoluzionaria
di John Reed
La politica nellepoca
della societ di massa
Propaganda e
totalitarismi (fascismo
e nazismo)
John Milton
John Locke
I rischi di un pluralismo
illimitato
Se la censura un pericolo e una violazione
inammissibile delle libert individuali, esistono
tuttavia anche dei rischi comportati dal pluralismo.
Presentando una affianco allaltra una quantit
indiscriminata di posizioni che si contraddicono
reciprocamente, il pubblico specialmente se si tratta
di un pubblico profano, solo mediamente informato e
dunque in cerca di riferimenti si ritrova spesso
disorientato, e c il rischio che il pluralismo da
confronto costruttivo si tramuti in unanarchia sterile
di opinioni divergenti.
Kerenskij rappresentato in
una scena di Ottobre di
Ejzentejn
Le masse e il Partito
Discorso di Lenin: Lerrore dei socialisti rivoluzionari di sinistra sta nel fatto che, a quel tempo, non
si opposero alla politica di compromesso, in quanto erano convinti che la coscienza delle masse non
fosse abbastanza sviluppata Se il socialismo si dovesse realizzare solo quando tutto il popolo avr
raggiunto un sufficiente sviluppo intellettuale, allora non vedremo il socialismo per almeno
cinquecento anni Il partito politico socialista lavanguardia della
classe operaia. Non deve lasciarsi
arrestare dalla mancanza di
educazione delle masse nel loro
insieme, ma deve guidare
le masse, usando i soviet
come organi di iniziativa
rivoluzionaria Ma per guidare
chi tentenna, i compagni socialisti
rivoluzionari di sinistra devono
essi stessi smetterla di
tentennare
Guidare le masse
Il problema evidentemente che unespressione come guidare le masse implica la
convinzione di sapere gi che cosa le masse desiderino solo inconsapevolmente, senza
essere in grado di esprimerlo in prima persona e di ottenerlo e di essere anche gli unici
detentori dei metodi con cui conseguirlo. E dunque presuppone lesistenza di un partito o
gruppo di potere che incarna la Verit e pertanto inattaccabile a qualunque critica od
opposizione; perci si arriva al paradosso di sostenere che tutti i giornali sono liberi, eccetto
la stampa borghese, cio tutti i giornali coerenti con le direttive del regime sono ammessi, gli
altri no. Affermare lesistenza di una sola Verit una sola fede religiosa, una sola ideologia
politica - letale per la tolleranza; cos se un pluralismo indiscriminato fa credere che
qualunque verit sia accettabile o comunque lascia aperta la strada anche a palesi menzogne,
ed pertanto controproducente, lidea che nessun pluralismo sia accettabile altrettanto
pericolosa, se non forse di pi. Perch se agli effetti collaterali del primo si pu rimediare
educando le masse a una maggiore coscienza critica, dando loro maggiori elementi per
distinguere almeno tra il palesemente falso e il verosimile, lasciando comunque allindividuo
la libert e la responsabilit di determinare le proprie decisioni, al vuoto di idee portato dalla
censura non c rimedio.
Mussolini e la stampa
- Da un discorso ai direttori dei quotidiani italiani del 10/10/1928:
Io considero il giornalismo italiano fascista come un'orchestra. Il la comune; un la che il
giornalismo d a se stesso. Egli sa come deve servire il regime. Ma dopo i la, c' la diversit degli
strumenti, ed appunto dalla loro diversit che si evita la cacofonia e si fa prorompere la piena e
divina armonia, oltre agli strumenti, c' poi la diversit dei temperamenti e degli artisti.
Ci precisato, la stampa nazionale, regionale e provinciale serve il Regime illustrandone l'opera
quotidiana, creando e mantenendo un ambiente di consenso intorno a quest'opera.
- Da un discorso del 1933 ai dirigenti del Sindacato fascista della stampa:
Discorso da soldati a soldati. I giornalisti italiani devono considerarsi militi comandati a guidare
il settore pi avanzato e delicato del fronte fascista e a manovrare l'arma pi pericolosa e potente
di ogni battaglia. Il duce si servito di quest'arma per le prime conquiste, se ne serve ancora per
colpire alto, lontano e vicino. Oggi tutta la nazione blocco e scudo: e tutti i giornali formano una
sola bandiera. Pensiero ed azione sono nel commento e nella notizia pi fusi che mai.
Loratoria di Hitler
Scrive George Mosse in La nazionalizzazione delle masse: Lintegrazione della funzione del capo con
lintero cerimoniale pu essere rilevata anche nel ritmo stesso e nella struttura dei discorsi di Hitler. Questi
insistevano sempre sulla chiarezza. Ma chiarezza voleva anche dire una concisione di forma che non
lasciasse luogo ad ambiguit. Il suo assioma politico che il popolo non comprende le strette di mano fu
applicato ai suoi discorsi. I discorsi di Hitler erano in realt fatti, per le parole da lui usate, per le domande
retoriche, per le affermazioni categoriche. In pi avevano un ritmo costante nel quale il popolo poteva
inserirsi con esclamazioni. Questi ritmi erano bellicosi, aggressivi e in particolare comportavano un timbro
di voce di grande effetto. Lo stesso Hitler aveva scritto che i discorsi aprono il cuore del Volk come colpi
di maglio. Spesso questi discorsi avevano una costruzione logica, ma la logica interna era mascherata dal
ritmo e dal crescendo della voce. Il pubblico recepiva in tal modo la logica del discorso emotivamente,
avvertiva solo la combattivit e la fede, senza afferrare il contenuto concreto, o senza soffermarsi a
riflettere sul suo significato. La folla era attratta dalla forma del discorso, viveva il discorso pi che
analizzarne il contenuto. Hitler sent molto linfluenza di Gustave Le Bon e ne segu la massima contenuta
nel volume La psychologie des foules, e cio che il capo deve essere parte integrante di una fede posseduta
in comune, che non poteva da lui essere sperimentata o rinnovata. La sperimentazione e linnovazione da
lui introdotte consistettero solo nellintensificare il significato di ci che era largamente accettato, e
nellintrodurre una visione manichea che trasformava le sue parole in fatti.
Bibliografia
Classici e opere originali
Aristotele, Confutazioni sofistiche
Tacito, Dialogus de oratoribus
Platone, Gorgia
Cicerone, De oratore
Quintiliano, Institutio oratoria
Arthur Schopenhauer, Larte di ottenere ragione
John Stuart Mill, Sulla libert
John Reed, Dieci giorni che sconvolsero il mondo
Adolf Hitler, Mein Kampf
Opere critiche
Mauro Sacchetto, Dialettica, La Nuova Italia, 1998
Nicola Flocchini, Argomenti e problemi di letteratura latina, Mursia, 1977
Mario Untersteiner, I sofisti
Guido De Ruggiero, Storia della filosofia, vol. 1, La filosofia greca, Laterza, 1967
Ludovico Geymonat, Storia della filosofia, vol. 1, Garzanti, 1966
Ian Kershaw, Hitler e lenigma del consenso, Laterza, 1997
George L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, 1975
Manuali scolastici
Fornero Abbagnano, Protagonisti e testi della filosofia, vol.. 1 tomo A, Paravia, 2000
Conte, Letteratura latina,
Fossati Luppi Zanette, La citt delluomo, vol.. 3, Mondadori, 2000