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ART.

10

“L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale


generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e
dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della
Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.   “

L’articolo 10 della costituzione italiana parla del rapporto tra lo stato italiano e lo
straniero. Il primo comma dell’articolo spiega che la burocrazia italiana si conforma alle
norme del ‘diritto internazionale’. Il diritto internazionale rappresenta il punto di unione
tra i sistemi giuridici dei vari paesi. Successivamente l’unico soggetto diventa proprio lo
straniero, ossia il cittadino di uno stato estero, che viene detto tutelato sia nel caso in cui
si trovi in Italia per lavoro, turismo o scelta di vita, sia nel caso in cui sia un rifugiato
politico, cioè un cittadino il cui esercizio delle proprie libertà è limitato. L’Italia anche in
questo caso accoglie lo straniero e ne garantisce il diritto d’asilo, cioè una tutela, una
protezione. L’ultimo comma afferma inoltre che è impedito l’esilio di stranieri per reati
politici, nonché reati fatti ai danni di regimi che danneggiano la libertà di pensiero e di
opinione, come manifestazioni o propagande antigovernative.

Sicuramente la visione che la costituzione offre della figura dello straniero e dei rapporti
tra quest’ultimo e la repubblica si discosta totalmente dall’opinione dell’opera etnografica
di Tacito. Le prime differenze le troviamo soprattutto nella definizione che le due versioni
offrono dello stesso elemento. Per la costituzione infatti il termine straniero indica ‘colui
che ha una cittadinanza diversa da quella dello Stato italiano ‘. Non allo stesso modo il
poeta latino definisce un estraneo rispetto all’impero, descritto come ‘barbaro’, con una
sfumatura volutamente negativa, dove il termine perde l’originale accezione greca intesa
come ‘colui che balbetta e non parla la lingua greca’ e ne assume una più razzista.
Tacito definiva infatti uno straniero barbaro in quanto non civilizzato, o meglio non
ancora romanizzato. A testimonianza di ciò abbiamo le descrizioni accurate che lui fa del
popolo germano, presentato come una razza, in più superiore. Innanzitutto l’incapacità
del popolo tedesco di integrarsi con altri ci viene spacciata come un motivo di vanto, e
come mantenimento di un’identità nazionale, minacciata sempre di più dal nemico, lo
straniero. Questa componente, unita a una descrizione fisica elogiativa per questo
popolo, viene usata da Tacito soprattutto per creare diffidenza nei confronti del barbaro.
Infine, mentre l’Italia esplicita la propria disponibilità e il diritto di accoglienza nei
confronti dello straniero, Tacito delinea confini geografici ben definiti (in maniera
comunque erronea e priva di fondamenti) oltre la quale si perde quella labile superiorità.

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