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LA CONDIZIONE GIURIDICA DELLO STRANIERO NELLA PREVISIONE

COSTITUZIONALE.

Introduzione

Nel presente lavoro cercherò di analizzare quella che è la condizione giuridica dello straniero alla
luce delle disposizioni costituzionali finora studiate.
Partirò da una definizione giuridica dello straniero per poi analizzare quella che è una delle
principali disposizioni costituzionali riguardo la sua condizione: l’articolo 10. Tratterò, poi, più
sinteticamente altre disposizioni costituzionali e, in particolare, l’articolo 2 per soffermarmi,
infine, su quelle che sono le problematiche attuali relative agli stranieri.

Definizione

Stando alla definizione del vocabolario Treccani lo straniero è colui che è «di altri paesi, di altre
nazioni […]. In particolare, riferito a persona, che appartiene per cittadinanza a uno stato
estero, ma che gode dei diritti civili attribuiti ai cittadini dello stato, a condizione di reciprocità
e nell’osservanza di norme contenute in leggi speciali […]».1
Circoscrivendo l’ambito di ricerca ad una dimensione prettamente giuridica, occorre citare il
decreto legislativo numero 286 del 1998 dove lo status di straniero è riservato «[ai cittadini] di
Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come
stranieri.»2
È importante rilevare sin da subito come la formazione dell’Unione europea abbia inciso
indelebilmente per quanto riguarda lo status di cittadinanza dei cittadini dei suoi stati membri;
tuttavia, analizzerò quest’aspetto, facendo riferimento anche a disposizioni comunitarie,
successivamente.

Disposizioni costituzionali

Quando si parla della condizione giuridica dello straniero nella previsione costituzionale il primo
articolo a cui fare riferimento è sicuramente il decimo che cita esplicitamente la fattispecie
sopracitata:
«L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei
trattati internazionali.

1
https://www.treccani.it/vocabolario/straniero/
2
https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/98286dl.htm

1
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo
le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici»
Il primo elemento da evidenziare è quello della conformità dell’ordinamento giuridico italiano
alle norme del diritto internazionale (comma 1) soprattutto in materia di condizione giuridica
degli stranieri (comma 2).
Relativamente alla condizione dello straniero è indispensabile nominare la Convenzione sullo
status dei rifugiati siglata a Ginevra nel 1951 e il Protocollo relativo allo status dei rifugiati
adottato a New York nel 1967. Sia la Convenzione che il Protocollo sono richiamati
espressamente nell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea quindi
sono leggi vincolanti.
L’ordinamento italiano, sulla base dell’articolo 10 della Costituzione e delle disposizioni
sopracitate, protegge alcune categoria di persone accogliendole nel territorio italiano. In
particolare, le categorie di persone protette sono le seguenti:
- I rifugiati politici: coloro i quali vivono nel fondato timore di venire perseguitati per
motivi di razza, religione, appartenenza ad un determinato gruppo etnico
- I richiedenti asilo: le persone che non chiedono solamente il soggiorno bensì anche la
protezione per essersi sottratti agli organi di giustizia del loro paese di provenienza
- I profughi: colori i quali fuggono dal proprio paese per motivi legati alla guerra,
persecuzioni o calamità naturali.
Escludendo questi soggetti, che ricevono una tutela giuridica sulla base della loro particolare
situazione, il resto degli stranieri può essere diviso, sotto il punto di vista giuridico, in due
categorie, sulla base del loro paese di provenienza:
- Cittadini europei i quali hanno una cittadinanza che per molti aspetti è assimilabile a
quella italiana (basti pensare allo status di cittadinanza europea).
- Stranieri non appartenenti all’Unione Europea che possono invece essere soggetti a
restrizioni per quanto riguarda l’ingresso e la permanenza nel nostro territorio salvo che
nei casi citati poc’anzi del profugo, richiedente asilo e rifugiato.
Nel primo caso rileva l’articolo 21 del Trattamento sul funzionamento dell’Unione europea3 che
sancisce la libera circolazione dei cittadini europei nel territorio degli Stati membri.
Nel secondo caso invece, gli stranieri extra-comunitari che entrano nel territorio italiano devono
essere in possesso del passaporto, documento equipollente e visto di ingresso. In seguito,
contestualmente alla domanda di permesso di soggiorno, va presentato un accordo di
integrazione articolato per crediti la cui stipula rappresenta condizione necessaria per il rilascio
del permesso di soggiorno. Dopo cinque anni, se sussistono le condizioni di integrazione, si può
ottenere il permesso di soggiorno dell’Unione europea.

3
https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:12012E/TXT:IT:PDF

2
Con riferimento alla condizione giuridica dello straniero non possono non essere citate altre
disposizioni costituzionali che, anche se non fanno esplicito riferimento agli stranieri, possono
comunque essere ricondotte a loro in quanto rivolte agli esseri umani.
Basti pensare all’articolo 2 e al suo richiamo ai “diritti inviolabili dell’uomo” oppure ancora a
tutte le disposizioni destinate a “tutti” come l’articolo 19, secondo cui «tutti hanno diritto di
professare liberamente la propria fede religiosa […]», l’art. 21 sulla libertà di manifestazione
del pensiero; oppure in negativo, come nel caso dell’art. 22, ai sensi del quale «nessuno può
essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome»; o,
ancora, per le disposizioni costruite in modo impersonale, ad esempio: l’art. 13, primo comma,
che stabilisce che «la libertà personale è inviolabile».
Inoltre, al di là dell’elemento letterale, anche le disposizioni che fanno esplicito riferimento ai
cittadini italiani sono state ritenute, grazie ad un’interpretazione evolutiva, come passibili di
applicazione anche nei confronti degli stranieri, in ossequio al principio di uguaglianza sancito
dall’articolo 3 della Costituzione.
Particolarmente rilevante per il discorso sviluppato sin ora è l’articolo 2:
«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.»
L’articolo, oltre a garantire i diritti fondamentali all’uomo (e quindi non al solo cittadino
italiano), li riconosce. Nell’uso di tale verbo è condensata tutta la teoria filosofica del
giusnaturalismo secondo cui, alcuni diritti, appartengono all'uomo fin dalla nascita e perciò
precedono l'esistenza stessa dello Stato. Dunque, non sono riservati ai soli cittadini ma a tutti gli
uomini.
Di fatti, la Corte costituzionale ha in più occasioni chiarito che l’art. 2 della Costituzione è norma
di garanzia dei diritti umani operante anche nei confronti dello straniero (sentenza n. 199 del
1986)4, perché «i diritti che la Costituzione proclama inviolabili spettano ai singoli non in
quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», come si
desume dalla stessa formulazione dell’art. 2 Cost., che fa riferimento all’uomo e non al cittadino
(sentenza n. 105 del 2001)5;
Quello che, secondo la Corte, deve essere riconosciuto a tutti gli individui – e, quindi, anche allo
straniero in quanto persona – è il c.d. “nucleo irriducibile” di ogni diritto: nella sentenza n. 252
del 20016, viene sancito, ad esempio, che «il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela
della salute è “costituzionalmente condizionato” dalle esigenze di bilanciamento con altri
interessi costituzionalmente protetti, salva, comunque, la garanzia di “un nucleo irriducibile del
diritto alla salute” protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana»,
nucleo di cui godono anche gli stranieri, a prescindere dalla regolarità della loro presenza nel
territorio dello Stato.

4
http://www.giurcost.org/decisioni/1986/0199s-86.html
5
http://www.giurcost.org/decisioni/2001/0105s-01.html
6
http://www.giurcost.org/decisioni/2001/0252s-01.html

3
Tra la rosa dei diritti fondamentali possiamo annoverare, senza dubbio alcuno, anche il c.d. ius
migrandi ossia il diritto all’emigrazione. Ben prima del diritto alla vita formulato nel Seicento da
Thomas Hobbes, il diritto di emigrare fu configurato dal teologo spagnolo Francisco de Vitoria,
nelle sue Relectiones de Indis svolte nel 1539 all’Università di Salamanca, come un diritto
naturale universale. Tutta la tradizione liberale classica, del resto, ha sempre considerato lo ius
migrandi un diritto fondamentale. John Locke fondò su di esso la garanzia del diritto alla
sopravvivenza e la stessa legittimità del capitalismo. Kant, a sua volta, enunciò ancor più
esplicitamente non solo il «diritto di emigrare», ma anche il diritto di immigrare, che formulò
come «terzo articolo definitivo per la pace perpetua» identificandolo con il principio di «una
universale ospitalità».
L’articolo 4 dell’Acte constitutionnel allegato alla Costituzione francese del 1793 stabilì che
«Ogni straniero di età superiore a ventuno anni che, domiciliato in Francia da un anno, viva del
suo lavoro, o acquisti una proprietà, o sposi una cittadina francese, o adotti un bambino, o
mantenga un vecchio, è ammesso all’esercizio dei diritti del cittadino».7
Lo ius migrandi è da allora rimasto un principio elementare del diritto internazionale
consuetudinario, fino alla sua consacrazione nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
del 1948 nell’articolo 13:8
«1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni
Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel
proprio Paese.»

Oggi giorno l’immigrazione è sicuramente uno dei temi più caldi del dibattito politico. Credo sia
interessante, senza entrare in merito ad alcune questioni meramente politico-partitiche, guardare
alle recenti leggi in materia di immigrazione e ai loro profili costituzionali.
Di fatti, per quanto la discrezionalità del legislatore, in assenza di norme costituzionali
particolarmente rigide, possa incidere sulla materia «immigrazione» e «condizione giuridica
dello straniero», un limite invalicabile sarà sempre rappresentato dall’indefettibile rispetto del
nucleo irriducibile dei diritti a cui la Corte costituzionale ha fatto più volte riferimento (alcuni
esempi sono sopracitati).
La legge ordinaria con il c.d. pacchetto sicurezza (l.84 2009 modificata poi nel 2018 e nel
settembre 2020) ha previsto delle restrizioni in virtù del contrasto della c.d. immigrazione
irregolare.
In particolare, i Tribunali di Milano, Salerno e Ancora hanno posto sotto la lente dei giudici
costituzionali la disposizione, contenuta nel primo provvedimento dei cosiddetti decreti
Sicurezza, ove si preclude l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo.
Nel comunicato emesso dall’Ufficio stampa della Consulta9, si apprende che la norma è stata
ritenuta incostituzionale per contrasto all’articolo 3 della Costituzione, sotto un doppio profilo:
7
L. Ferrajoli, Manifesto per l’uguaglianza, edizioni Laterza, Bari, 2018, pag. 273
8
https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf
9
https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20200709165957.pdf

4
1. per irrazionalità intrinseca, in quanto la norma censurata non agevola il perseguimento
delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza;
2. per irragionevole disparità di trattamento, in quanto rende ingiustificatamente più difficile
ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche agli stessi garantiti.

Conclusione

Alla luce di queste considerazioni mi sento di affermare che la Costituzione, attraverso


un’interpretazione evolutiva, ha allargato il suo raggio di tutela e garanzia sino ad affermarsi
come grundnorm non solo dei cittadini italiani, ma di tutti gli uomini e le donne che si trovano,
temporaneamente o permanentemente, sul suolo italiano.
Ritengo quindi che, nonostante la sua celebre struttura rigida, la nostra carta costituzionale riesca
a adattarsi al passare degli anni e al mutare della società; lo spirito che la sottende, infatti, è
ancora un validissimo strumento per regolare e bilanciare fattispecie (non solo quelle relative alla
condizione giuridica dello straniero) che erano imprevedibili durante la sua stesura.

-Raffaele De Crescenzo

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