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Lezione 6

LE LIBERTÀ CLASSICHE
Dal punto di vista storico, le libertà classiche sono quelle che si sviluppano e che vengono
riconosciute prima. Anche guardando alla topografia della Cost la libertà personale viene
riconosciuta all’art 13 Cost, cioè il primo articolo della parte prima della Cost, quella
dedicata ai diritti e ai doveri dei cittadini.
La libertà personale precede le altre libertà e condiziona le altre libertà. È uno dei
presupposti necessari per l’esercizio di tutte le altre libertà. (es. se non sono libero non
potrò esercitare la libertà di circolazione, la libertà di corrispondenza). Non è però l’unico
presupposto perché forse prima della libertà personale, il presupposto per le altre libertà è
il diritto alla vita.
La libertà personale secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale è la libertà che
contrassegna lo spirito e la struttura dell’ordinamento democratico. C’è un collegamento
tra la Cost dei diritti e la Cost dei poteri, il modo in cui siano tutelati dei diritti incide sul
modo in cui i poteri sono strutturati.
La libertà personale ha radicati precedenti storici. Se guardassimo ad es al
costituzionalismo moderno o quanto meno alle sue radici, un riferimento alla libertà
personale lo si ha già nella Magna Carta (1215) che all’art 39 affermava : gli uomini liberi
non possono essere catturati o imprigionati se non da un tribunale legale dei loro pari
secondo le leggi del loro Paese.
Questa previsione è importante anche per il contesto storico, l’articolo parla di uomini
“liberi” e ciò fa già capire che in quel periodo storico c’era una distinzione tra gli uomini
liberi e gli uomini soggetti a forme di schiavitù e che non beneficiavano di questa libertà.
È importante anche l’oggetto della libertà della Magna Carta: “non possono essere
catturati o imprigionati”, cioè la libertà in questa previsione è la libertà dagli arresti
(l’abeas corpus).
Questo è il nucleo centrale della libertà personale anche dal punto di vista storico.
L’altra aspetto importante di questa previsione è “se non da un tribunale legale dei loro
pari secondo le leggi del loro Paese”. Questa previsione conteneva una riserva di legge e
una riserva di giurisdizione.
Come precedente storico successivo alla Magna Carta, si potrebbe far riferimento alla
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789). Anche in questa dichiarazione
c’era un art legato alla libertà personale, ovvero l’art 7, in base al quale “nessuno
uomo(quindi scompare la differenza tra libero e non libero) può essere accusato, arrestato,
detenuto, se non nei casi previsti dalla legge secondo le forme da esse previste”
Quindi scompare la differenza tra le persone, cioè tutti gli uomini potevano godere di
questa libertà, l’oggetto della libertà si amplia, perché si parla anche di accuse e non solo di
arresti e detenzioni. Non c’è la riserva di giurisdizione ma solo la riserva di legge.
Un altro precedente storico vicino a noi è lo Statuto albertino e in particolare all’art 26, il
quale prevedeva: “la libertà individuale è guarentita e niuno poteva essere arrestato o
tradotto in giudizio se non nei casi previsti dalla legge e nelle forme ch’essa prescrive”
Quindi c’è un riferimento generico della libertà dell’individuo, la libertà personale che
spetta a tutti (niuno). L’oggetto era “arrestato o tradotto in giudizio”, il che riporta alla
libertà dagli arresti. C’è un riserva di legge ma non c’era un riserva di giurisdizione, salvo
che non lo prevedesse la stessa legge.
La libertà personale/individuale era garantita dallo Statuto in base alla legge, ma lo Statuto
era una Carta flessibile, quindi qualunque fonte normativa successiva poteva disporre
diversamente. Ciò limitava molto la garanzia offerta dallo Statuto, tanto più era lo stesso
Statuto che rinviava alla legge. Rilevante allora è la disciplina legislativa adottata
successivamente allo Statuto Albertino, innanzitutto il codice di procedura penale del 1865
che prevedeva l’obbligo di convalida degli arresti. Il problema nel c.p.p. era che era
previsto un procedimento di convalida degli arresti, ma non era previsto che l’arresto non
convalidato, perdesse efficacia, cioè che la persona arrestata dovesse essere rimessa in
libertà. Allora poteva non esserci la convalida ma il soggetto arrestato, poteva non essere
liberato. Ciò svuota l’efficacia della riserva di giurisdizione, ma riduce anche la portata della
garanzia offerta dallo Statuto Albertino.
Tanto più se si considera che il c.p.p. non prevedeva un termine di durata massima della
custodia cautelare, quindi si poteva essere arrestati e rimanere in maniera indefinita agli
arresti, anche in assenza di convalida del provvedimento limitativo della libertà personale.
Questo è il regime ordinario, ma a questo si deve aggiungere il regime speciale che poteva
limitare la libertà personale, cioè la legislazione di pubblica sicurezza, cioè quella
legislazione che introduceva delle misure limitative della libertà personale soprattutto con
riferimento ad una presunzione di pericolosità di certe categorie sociali, ad es. i vagabondi,
gli oziosi. Quindi si creò un precedente. Quando il Fascismo salì al potere, utilizzò la
legislazione per quelle categorie di persone che più davano fastidio al regime, ad es.
dissidenti politici, giornalisti non allineati. Quindi la legislazione di pubblica sicurezza sarà
lo strumento necessario durante il fascismo per limitare la libertà personale di tutti i
dissidenti politico.
Ciò sta anche a significare che la garanzia offerta da una Carta flessibile come lo Statuto
non era in grado di offrire quella tutela della libertà personale nell’ordinamento del regno
d’Italia.
Caduto il Fascismo, in Assemblea Costituente si cominciò a discutere di libertà personale.
L’oggetto è più generico di quello previsto dallo Statuto, perché la libertà personale non è
la libertà dell’individuo, ma soprattutto in Assemblea Costituente si prevede una riserva di
legge, una riserva di giurisdizione e una revoca dei provvedimento limitativi della libertà
personale che non siano convalidati.
ANALISI ART 13
“La libertà personale è inviolabile.
Indicazione molto significativa, perché solo 4 articoli in Cost sono espressamente definiti
inviolabili (13-14-15-24)
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di
Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati
entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive
quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di
libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”


SPIEGAZIONE: è una libertà espressamente indicata come inviolabile (cioè il suo contenuto
essenziale è intoccabile, non può venir meno la garanzia essenziale espressa dall’art). altra
considerazione da fare riguarda il fatto che quando la Cost entra in vigore, la Corte Cost
non esiste. Il giudizio di legittimità costituzionale viene esercitato dai giudici comuni, che
effettuavano una distinzione tra norme precettive e programmatiche. Questa distinzione
venne fatta anche sull’art 13, anche la Corte di Cassazione ritiene l’art 13 programmatico e
non immediatamente precettivo, fino a quando non intervenne la Corte cost che con a
sent 11/1956, con riferimento all’art 13 disse che fosse una norma espressamente
precettiva e non programmatica.
Il titolare di questa libertà è chiunque, non solo i cittadini, non c’è nessun elemento che
consenta di distinguere tra le persone. La titolarità spetta a TUTTE le persone fisiche.
Più complesso è capire quale sia l’oggetto di questa libertà. Nei precedenti storici, il nucleo
della libertà personale era la libertà dagli arresti. Anche nell’art 13 è insito la libertà dagli
arresti (“non è ammessa alcuna forma di detenzione ecc..”), ma l’oggetto della disposizione
sembra andare oltre la libertà dagli arresti, sembra più ampio. Ma sembra anche essere la
base per lo sviluppo, ma anche la tutela di altre libertà e di altri diritti. Anche perchè la Cost
va letta nel suo complesso, in maniera coordinata e perciò spesso dalla lettura combinata
dell’art 13 con altre disposizioni costituzionali, si è giunti al riconoscimento di altri diritti
che formalmente in costituzione non ci sono: ad es. il diritto al nome, in Cost non è
previsto, ma se partiamo dalla lettura dell’art 13, è stata desunta anche una tutela del
diritto al nome
 diritto all’immagine
 diritto alla riservatezza
 il diritto alla vita, sicuramente connesso alla libertà personale
 il diritto alla libertà sessuale
Questo per dire che l’art 13 è letto anche in modo estensivo nel suo coordinamento con le
altre disposizioni costituzionali.
Sicuramente e senza alcun dubbio l’art 13 tutela la libertà fisica delle persone, perché
limita la detenzione, l’ispezione e qualsiasi restrizione della libertà personale.
Altra questione è capire qual è l’ampiezza di questa tutela. Le posizioni offerte dalla
dottrina sono differenti:(3)
1. La posizione più classica o aderente al tenore letterale dell’art 13 sostenuta da
Alessandro Pace è quella che riconosce che questa disposizione personale tutela le
persone da ogni coercizione fisica e materiale. Queste coercizioni possono essere
disposte solo se si rispettano le previsioni dell’art 13.
2. La seconda posizione è quella di Mazziotti, secondo cui l’art 13 proteggerebbe
contro ogni violenza altrui, quindi non solo la violenza fisica, ma anche la violenza
morale. Quindi l’art 13 in quest’ottica riconoscerebbe il diritto di disporre
liberalmente della propria persona.
3. La terza posizione è di Barbera, secondo il quale l’art 13 garantirebbe una
protezione da ogni misura che comporti una degradazione giuridica della persona.
La prima tesi trova una rispondenza sicuramente nel dato letterale dell’art 13 e anche nella
lunga tradizione giuridica che ha sempre considerato questa libertà come protezione dalle
costrizioni fisiche.
La seconda tesi trova una rispondenza nei lavori preparatori/dibattito dell’Assemblea
Costituente, e trova un appiglio nello stesso art 13 laddove al quarto comma dice “è punita
ogni violenza fisica e morale”
La terza tesi è elaborata sulla base di alcune sent della Corte Cost risalenti agli anni 50-60.
Forse per capire qual è oggetto della libertà personale bisognerebbe partire dalle misure
limitative.
Le misure limitative che devono essere adottate secondo l’art 13 Cost, innanzitutto la
detenzione. Possiamo considerare come detenzione il confinamento in un luogo chiuso e
delimitato (carcere o arresti domiciliari). La detenzione è anche la costrizione che
impedisce il movimento (manette, catene, ricovero coatto dei malati). Una delle questioni
controverse è se è detenzione il trattenimento degli stranieri in attesa di espulsione,
perché secondo alcuni è detenzione, secondo altri è limitazione della libertà di
circolazione.
Altra questione controversa è la quarantena, ovvero se rientra questa nell’art 13 o
16(circolazione). Questo per dire come alcune misure limitative rientrino pacificamente
nell’art 13, altre invece sono controverse.
Questo per quanto riguarda la detenzione.
L’ispezione personale dovrebbe essere un’attività temporanea e secondo quanto previsto
dal c.p.p. dovrebbe essere volta alla ricerca di tracce o ad effetti materiali del reato sulla
persona.
La perquisizione personale dovrebbe essere sempre un’attività personale volta alla ricerca
del corpo del reato o di cose pertinenti al reato che si sospettino siano state occultate sulla
persona. A seconda di come si riconducono le singole misure all’interno di queste
categorie, queste devono essere soggette o meno alla riserva di legge e di giurisdizione di
cui all’art 13, consentendo o rendendo illegittime le misure attutate in assenza delle
previsione previste.
L’art 13 dice “qualsiasi altra restrizione della libertà personale”
Per qualsiasi altra restrizione potremmo intendere solo quelle di natura coattiva, non
anche le misure obbligatorie, quindi anche l’arresto, l’affidamento dei servizi sociali, i
prelievi ematici, cioè l’analisi coattiva del sangue deve essere autorizzata ai sensi dell’art
13.
Le misure invece non coattive inciderebbero anche su altri diritti espressamente previsti in
Cost, perciò non dovrebbero seguire le regole di cui all’art 13, bensì quelle delle altre
disposizioni costituzionali individuate di volta in volta.
Potrebbero rientrare nelle “altre misure” quelle che incidono sulla libertà fisica e sulla
libertà morale delle persone purchè riguardino i singoli individui e non la generalità delle
persone.
Dovrebbero rientrare nella lettura dell’art 13, tutte quelle misure che possono determinare
una restrizione della pari dignità sociale.
In tutti questi casi il consenso dell’interessato esclude la natura limitativa della misura, cioè
ad es. il controllo dei bagagli in aereoporto, servirebbe l’intervento del giudice volta per
volta, ma il viaggiatore fa controllare i bagagli altrimenti non si potrebbe imbarcare, quindi
c’è il consenso dell’interessato.
L’orientamento corte cost in proposito: la corte dice l’art 13 tutela dagli arresti arbitrali,
nucleo duro di questo libertà. Quindi la libertà dalla coercizione fisica, escluse quelle
limitazione della libertà fisica di lieve entità. Ad es. la foto segnaletica è un rilievo di lieve
entità e non necessita delle tutele offerte dall’art 13. La Corte Cost tra rilievi segnaletici
interni e i rilievi segnaletici esterni.
Quelli esterni non dovrebbe rientrare all’interno della tutela offerta dall’art 13 (es. foto
segnaletica, la rilevazione delle impronte digitali), invece i rilievi interni che incidono in
qualche modo sulla persona, devono essere considerati soggetti alla tutela di cui all’art 13
e dunque alle garanzie che quella disposizione costituzionale prevede e dunque riserva di
legge e riserva di giurisdizione (es. prelievi ematici).
Dalla giurisprudenza della Corte cost possiamo ritenere che l’art 13 oltre che a garantire
dalla coercizione fisica, garantisca anche dalle limitazione dalla libertà morale purchè
queste limitazioni consistano in una degradazione giuridica della persona tali da incidere
sulla sua libertà. Quindi sicuramente c’è una protezione dalla coercizione fisica, possiamo
distinguere tra rilievi esterni ed interni e possiamo ritenere che l’art 13 tuteli anche dalle
limitazioni alla libertà morale, quando queste rischiano di degrada giuridicamente la
persona.
Le garanzie che l’art 13 riconosce alla libertà personale sono una riserva di legge e una
riserva di giurisdizione.
Ricordi da costituzionale 1: riserva di legge in senso formale vuole dire che un certo
oggetto può essere disciplinato sola dalla legge del Parlamento, riserva di legge in senso
sostanziale sta a significare che un oggetto può essere disciplinato da qualsiasi fonte di
rango primario (legge del Parlamento, decreto legge, decreto legislativo).
L’art 13 non specifica, quindi si deve ritenere che la riserva di legge di cui all’art 13 sia da
intendere come riserva di legge in senso sostanziale.
“nei soli casi e modi previsti dalla legge”: cioè è una riserva di legge assoluta, cioè la legge
deve disciplinare sia i casi che i modi, quindi l’intera disciplina deve essere dettata dalla
legge.
La dottrina ha provato a rinforzare questa riserva assoluta (la riserva di legge può essere
anche rinforzata), leggendola insieme agli art 25-27 Cost
Art 25: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”
Art 27: “La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono
tendere alla rieducazione del condannato.
La dottrina ha quindi cercato di leggere l’art 13 in combinato disposto con queste altre due
disposizioni, quindi in senso più restrittivo, dunque come riserva di legge rinforzata.
Quindi le limitazioni alla libertà personale sono possibili in base alla legge che determini
casi e modi di tale limitazione. Questo significa che il legislatore non ha un potere illimitato
di previsione di strumenti di limitazione della libertà personale.
La previsione della riserva di legge non significa che il legislatore purchè emani una legge
può limitare la libertà personale, perché innanzitutto serve un adeguato grado di
specificazione delle misure limitative della libertà personale, dei casi in cui possono essere
adottate e dei modi attraverso cui possono essere adottate. Ciò inizia a circoscrivere la
relativa libertà del legislatore nel decidere se e quali misure limitative della libertà
personale possono essere previste dalla legge.
La seconda limitazione al potere del legislatore consiste nel fatto che queste misure
limitative alla libertà personale, potranno essere previste solo per perseguire delle finalità
costituzionalmente garantite, cioè non si può limitare la libertà personale in maniera
indiscriminata, ma lo si può fare solo se quelle limitazioni puntano a perseguire finalità
costituzionalmente garantite.
La terza limitazione alla discrezionalità del legislatore consiste nel fatto che il legislatore
dovrà prevedere il rispetto della riserva di giurisdizione, il che comporta che queste misure
limitative dovranno sempre accompagnarsi almeno ad una forma di controllo che è quella
del giudice.
Quindi se la prima garanzia è una riserva di legge assoluta, la seconda è la riserva di
giurisdizione, che consiste nella necessità di un atto dell’autorità giudiziaria che convalidi
motivatamente la misura limitativa della libertà personale, a sua volta nei casi previsti dalla
legge.
Le due riserve di influenzano reciprocamente, cioè il legislatore deve prevedere i casi in cui
è possibile limitare la libertà personale, ma deve anche prevedere il controllo della riserva
di giurisdizione che consente di controllare le eventuali limitazioni che però possono
essere adottate solo in caso di previsioni legislative.
Quindi l’atto della autorità giudiziaria adottabili nei soli casi previsti dalla legge. L’atto deve
essere motivato.
La motivazione degli atti dell’autorità giudiziaria è prevista con specifico riferimento
nell’art 13, ma è prevista l’esigenza generale della motivazione anche nell’art 111 Cost al
comma 6 . La motivazione serve innanzitutto per favorire l’impugnazione dell’atto
limitativo della libertà e dunque per l’esercizio del diritto di difesa.
La motivazione degli atti giudiziari serve anche al controllo dell’opinione pubblica che
attraverso la motivazione può capire perché un determinato atto sia stato convalidato o
perché non lo è stato. Ciò consente anche un controllo del Parlamento sull’efficacia delle
previsioni legislative che riguardano le limitazioni alla libertà personale.
La motivazione serve anche allo stesso giudice che convalida o meno un provvedimento
limitativo della libertà. La corte Cost dice che il giudice deve con sufficiente specificazione
dimostrare la ricorrenza nel caso concreto delle circostanze previste dalla Legge. Ciò
significa che quando il giudice scrive la motivazione è spinto a riflettere sulle ragioni per cui
sta adottando quel provvedimento e dunque a comprendere se effettivamente la legge si
deve applicare in quel determinato modo al caso concreto che sta risolvendo, quindi per
comprendere se sta correttamente applicando la legge.
Sull’impugnazione c’è un altro profilo a tutela della libertà personale perché gli atti
limitativi della libertà personale possono essere impugnati dinanzi al Tribunale per le
libertà, previsto come garanzia per le misure limitative alla libertà personale nel 1982 con
la legge 532. S’introduce questa misura di tutela sulla spinta attuativa della CEDU. Le
decisioni del Tribunale per le libertà sono sempre ricorribili in Cassazione. Quindi la misura
limitativa convalidata può essere impugnata dinanzi il Tribunale per le libertà, e la
decisione del Tribunale può essere impugnata in Cassazione.
Il comma 7 dell’art 111 prevede : “Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà
personale [cfr. art. 13], pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre
ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma
soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Questo articolo disciplina il c.d. ricorso per saltum. Normalmente il percorso da seguire è
primo grado, appello, Cassazione però nei confronti delle misure limitative della libertà
personale solo per violazione di legge, è possibile l’impugnazione diretta dinanzi la Corte di
Cassazione.
Si pone un altro dubbio relativamente all’atto motivato “dall’autorità giudiziaria”, cioè
cosa s’intende per autorità giudiziaria. Il c.p.p. del 1989 prevede l’intervento del giudice,
quindi del magistrato giudicante e non inquirente. Quindi si dovrebbe ritenere che l’atto
limitativo della libertà personale debba essere convalidato da un giudice e non da un
pubblico ministero.
Il terzo comma dell’art 13 : “In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati
tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti
provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e,
se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano
privi di ogni effetto”
In questo caso si consente un intervento preventivo limitativo della libertà personale. È un
intervento preventivo ma anche provvisorio che richiede la convalida successiva da parte
dell’autorità giudiziaria.
Quindi il meccanismo è : un presupposto, cioè casi di necessità ed urgenza, questi
presupposti devono essere indicati tassativamente dalla legge. La misura limitativa può
essere adottata dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. Una volta adottato il provvedimento
limitativo, entro 48 ore il provvedimento deve essere rimesso alla convalida del giudice che
a sua volta ha altre 48 per la convalida. Se la convalida non c’è nelle 48 ore il
provvedimento è revocato e resta privo di ogni effetto.
Questo meccanismo è previsto in maniera simile nell’art 21 (libertà di manifestazione del
pensiero), ma in quel caso sono 24+24 e non 48+48, quindi nell’art 21 il meccanismo è
maggiormente protettivo della libertà personale.
Se la convalida non c’è il provvedimento è revocato e resta privo di ogni effetto. “resta
privo di effetti” va sottolineato perché nelle 48 + 48 ore è possibile che si siano svolte delle
attività volte all’acquisizione di prove. Se il provvedimento viene revocato quelle attività si
sono svolte illegittimamente e le prove acquisite non sono utilizzabili in giudizio. Quindi
bisogna fare attenzione nell’adottare misure limitative in questi casi straordinari.
L’autorità di pubblica sicurezza
Per come è strutturato l’art 13 in relazione alla riserva di legge e di giurisdizione, la libertà
personale è tutelata anche escludendo l’intervento dell’esecutivo. Normalmente gli atti
limitativi della libertà personale sono adottati da polizia, carabinieri, guardia di finanza,
nella veste di polizia giudiziaria e non rispondono al Ministero dell’Interno o al Ministero
della difesa e quindi del Governo, ma rispondono direttamente alla magistratura. Nel caso
delle misure adottate in casi di necessità ed urgenza c’è l’eccezione alla regola appena
menzionata, perché non sono le forze di polizia intese come polizia giudiziaria ad
intervenire, perché non c’è ancora il provvedimento del giudice, ma è l’autorità di pubblica
sicurezza che eccezionalmente, nei casi previsti dalla legge interviene prima. Quindi in
questo caso la riserva di giurisdizione è relativa perché consente un previo intervento
dell’autorità di pubblica sicurezza, dopo di che, portato alla convalida il provvedimento
relativo, si rientra nella dinamica per cui c’è la magistratura, nei casi previsti dalla legge, se
convalidare o meno e l’esecutivo nella emanazione della polizia, cioè dell’Autorità di
pubblica sicurezza, viene di nuovo messo al margine.
Tutto questo deriva da un principio previsto nel nostro ordinamento, cioè il principio
presunzione di non colpevolezza (art 27), parzialmente diverso dal principio di presunzione
d’innocenza. Ormai anche in virtù dell’integrazione sovranazionale e cedu, la distinzione
tra presunzione di non colpevolezza e d’innocenza, ha perso di senso.
Ciò che dice l’art 27 è che nessuno è colpevole sino alla condanna definitiva. Questo non è
scontato, guardando agli altri ordinamenti, perché ci sono ordinamenti in cui la
presunzione d’innocenza vale fino alla condanna in primo grado, ovviamente ci sono
sempre le impugnazioni, ma comunque è sempre presente una condanna. La stessa CEDU
che deve tener conto di ordinamenti diversi che hanno aderito alla Convenzione, non
richiede che la presunzione d’innocenza sia riconosciuta fino alla condanna definitiva,
bensì fino alla condanna di primo grado. Quindi da questo punto di vista la Cost italiana
rappresenta un ordinamento più protettivo perché richiede innanzitutto il trattamento
delle persone, come i non colpevoli, sino alla condanna definitiva.
Ovviamente ciò con tutte le conseguenze in termini di libertà personale che questo
potrebbe comportare, perché nel caso dell’ordinamento italiano, se si dovessero adottare
delle misure limitative della libertà personale, anche dopo la condanna in primo grado, si
stanno adottando delle misure cautelari, invece negli ordinamenti in cui la presunzione
d’innocenza vale fino alla condanna in primo grado, si sta facendo scontare una pena a chi
è stato condannato in primo grado perché ormai non c’è più la presunzione d’innocenza.
Uno degli effetti della previsione di cui all’art 27 è che anche chi è condannato nell’attesa
della pronuncia definitiva, è non colpevole, quindi le misure limitative della libertà
personale devono tener conto di questa ancora non colpevolezza.
La seconda conseguenza riguarda l’onere della prova; se si partisse dal presupposto che ci
sia una presunzione d’innocenza o di non colpevolezza, l’onere della prova è in capo a chi
accusa.
Una situazione peculiare è quella configurata dall’art 68 Cost che riguarda i Parlamentari.
Oggi non esiste più l’inviolabilità dei parlamentari da quando l’art 68 nel 1993 è stato
modificato, si può parlare al massimo d’immunità. Il Parlamentare può essere arrestato in
flagranza anche senza nessuna autorizzazione da parte della Camera di appartenenza, può
essere arrestato e sottoposto a misure limitative della libertà personale se la Camera
d’appartenenza lo autorizza e una volta condannato in via definitiva, può essere arrestato
senza necessità di autorizzazione della Camera di appartenenza.
LE MISURE LIMITATIVE DELLA LIBERTÀ PERSONALE:
Si possono avere delle:
1. misure di prevenzione
2. misure di sicurezza
3. misure precautelari
4. Misure cautelari
5. Misure successive alla condanna definitiva
Potrebbe capitare che le misure limitative della libertà personale siano adottate in maniera
illegittima, quindi che qualcuno subisca illegittimamente delle misure limitative della
libertà. Ciò potrebbe comportare un diritto ad un indennizzo. È previsto in parte dall’art 24
Cost. che dice all’ultimo comma : “La legge determina le condizioni e i modi per la
riparazione degli errori giudiziari”.
L’art 24 ha una portata più ristretta rispetto all’oggetto di cui stiamo parlando, ma il diritto
all’indennizzo per le misure limitative della libertà personale illegittime è desumibile dalla
CEDU, il che ha comportato un impatto sull’ordinamento italiano portando ad ampliare le
condizioni del riconoscimento di questa tutela.
In fondo l’art 24 della Cost giustificava la riparazione degli errori giudiziari, cioè perché vi
fosse questo diritto alla riparazione ci doveva essere la revisione del processo, quindi poi il
riconoscimento dell’errore e il diritto ad ottenere la riparazione. Ciò che prevede la CEDU è
qualcosa di più ampio che poi è entrato nell’ordinamento italiano, anche nel c.p.p, il quale
prevede la riparazione anche per l’illegittima carcerazione preventiva, prevede anche la
riparazione per l’ingiustizia sostanziale dell’assoluzione, cioè quando l’imputato al termine
del giudizio viene assolto, oppure quando c’è un’ingiustizia formale, cioè quando sono
violate le regole che giustificano o che avrebbero giustificato la misura cautelare. Si tratta
di un indennizzo che va valutato caso per caso e che è escluso quando il soggetto che ha
subito la limitazione alla libertà personale, con la sua condotta, ha concorso a determinare
la limitazione alla libertà personale.
Connesso al tema della riparazione delle ingiuste riparazioni alla libertà personale, ci sono
altri due aspetti.
Il primo riguarda la riparazione in caso di mancato rispetto dei termini di durata
ragionevole del processo.
Il secondo riguarda la responsabilità civile dei magistrati.

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