Sei sulla pagina 1di 185

🕳

ORDINAMENTO DELLA
REPUBBLICA
Created Jun 14, 2021

Created by Federica Ravazzani

Property

Tags diritto

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 1


1: Il diritto
Cos'è?

Il diritto appartiene alle scienze umane e non alle scienze naturali

scienze umane: scienze perfettibili, perché inerenti e dipendenti dall'uomo


(non è una scienza perfetta, si pensi solo alle leggi razziali), e prescrittive
(ciò che viene prescritto è il comportamento; prescritto quindi imposto
come legge da osservare)

scienze naturali: perfette e descrittive, dipendenti dalla natura

La medicina, chimica (bomba atomica) a metà tra i due tipi di scienze (etica)

📌 Insieme di regole giuridiche ( ≠ da morali, etiche, religiose →


peccato≠reato) che disciplinano i rapporti/legami/(scambi) tra gli
individui in una determinata comunità, in un determinato momento. È
prevista una sanzione esterna (a noi), indipendente dal singolo e
istituzionalizzata (dipende dall'ordinamento): sono quindi regole
coattive e coercibili in caso di violazione Bobbio)

Il diritto è un fenomeno 'tendenzialmente' relativo:

(è diverso in base alle comunità e ai diversi momenti storici): basti pensare alle
legislazioni sulla pena di morte e sulla problematica dei diritti universalmente
validi

L'essere relativo è garanzia di democraticità (è bene che sia relativo)

CASI DI UNIVERSALITÀ → tendenzialmente perché sono presenti alcune


regole universalmente valide per tutta la comunità internazionale; queste
norme valgono quindi indipendentemente dal luogo e dal tempo → dopo la
seconda guerra mondiale e il tribunale di Norimberga sono universalmente
riconosciuti i crimini contro l'umanità e genocidi.
Dopo i crimini contro l'umanità e genocidio qualcosa di universalmente
riconosciuto è la dignità umana quindi il divieto di strumentalizzazione
dell'uomo che ha comunque avuto un'incredibile crescita dopo la seconda
guerra mondiale → 1. Dove è presente la pena di morte è universalmente
riconosciuto dal 1966 Patto Internazionale sui diritti civili e politici) che non si
possa giustiziare una donna incinta. 2. La pena di morte non viene applicata
nei confronti dei minori tranne in Iran (non universale ma quasi).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 2


Come si studia?

Il diritto si studia mediante tre approcci:

diritto ontologico : l'essere

deontologico : il dover essere; è giusto o sbagliato?

fenomenologico : l'efficacia; come è attuato il diritto? è utile?

I tre approcci sono tra di loro autonomi e indipendenti e questo dipende


sempre dalla relatività del diritto.

→ esempio: limiti di velocità in autostrada: una norma giuridica del Codice della
strada prevede i 130 km/H, che possono essere giusti o ingiusti, efficaci o
inefficaci, ma sono pur sempre validi e sanzionabili.

L'autonomia e l'indipendenza tra i tre approcci significa dare la massima


importanza alla 'certezza del diritto' (ontologia) che è garanzia di
democraticità (principio di uguaglianza) di un sistema. È meglio una cattiva e
inefficace norma che nessuna norma, altrimenti, sarebbe valida la legge del più
forte (homo hominis lupus).

certezza > giustizia

Alcuni autori, come Gustav Radbruch, hanno però sottolineato che a volte può
esistere un 'diritto ingiusto' ed anche un 'diritto inesistente', formule
apparentemente contraddittorie, ma che mirano a far prevalere la 'giustizia'
sulla certezza del diritto.

Quando il conflitto tra certezza e giustizia è intollerabile (diritto ingiusto),


quando una norma non aspira minimamente all'eguaglianza ma la nega di
proposito (diritto inesistente), allora, a cedere è la certezza rispetto alla
giustizia.

Le teorie di Radbruch e le sue due 'formule' sono state utilizzate dalla


Cassazione tedesca in diverse occasioni, in specie, per punire i crimini nazisti e
quelli commessi sotto l'ex DDR (giustizia > certezza):
1. Norimberga , processo dove i gerarchi nazisti (così come gli individui con
compiti inferiori come i guidatori dei treni) vennero condannati.
Essi si dichiaravano innocenti poiché:

eseguivano solo degli ordini, seguivano quindi la legge legittima;

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 3


il genocidio e i crimini contro l'umanità erano stati introdotti grazie allo
statuto che ha istituito il tribunale di Norimberga (mi accusi di un crimine
inesistente nel momento in cui è stato effettuato come i nazisti e fascisti
stessi)

MA quando il diritto non ha l'aspirazione alla giustizia si può parlare di diritto


ingiusto che essendo ingiusto non si può applicare nei tribunali e diritto
inesistente ossia il diritto che nasce discriminatorio e che quindi contraddice il
principio di uguaglianza (finisci in un campo perché sei nato, non perché sei
oppositore come gulag)

2 dopo la caduta del muro di Berlino , i familiari dei morti sul muro fanno causa agli
ex militari della repubblica democratica tedesca e in realtà anche alla Germania
intera(Stato).
La difesa dello Stato tedesco ha gli stessi presupposti di quella a Norimberga
(eseguivano una legge).

MA si riprendono le tesi di Radbruck del diritto ingiusto e del diritto inesistente


→ quando si crede che una norma/insieme di norme non si giusto →
disobbedienza civile, implica responsabilità civile e assenza di violenza perché
civile, si autodenuncia → Radicali come Cappato (es caso dj Fabo) e Pannella,
Don Milani, Gandhi.

L’attenzione del giurista è rivolta a quei profili che attengono all’instaurazione e


al mantenimento di un ordine cui debbono conformarsi i comportamenti di tutti
coloro che fanno parte di un’organizzazione sociale.
→ Per 'organizzazione sociale' si intende un ordine variamente finalizzato
concepito in vista del perseguimento di obiettivi tali da implicare un assetto
organizzativo stabile e l'introduzione di regole di comportamento: ordinamento
giuridico: complesso di norme giuridiche che regolano un gruppo sociale

La norma giuridica si definisce come regola di comportamento, che si distingue


da altre regole di condotta umana, per una serie di caratteri ‘differenziali’
connaturali (o quasi) al concetto stesso di norma giuridica, quali:
Caratteri CONNATURALI

Novità: ogni norma apporta un’innovazione nel quadro normativo, sia che
introduca una regola, sia che modifichi o integri una norma già esistente, sia
che la sostituisca mutandone la forma e dunque rinnovandola.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 4


Esteriorità: la norma richiede un adeguamento ad essa dei comportamenti
esteriori degli uomini

Intersubbiettività: regola i comportamenti umani nei rapporti con altri


soggetti dell’ordinamento, in contesti relazionali produttivi di effetti giuridici

→ persone giuridiche: complessi di uomini e di mezzi cui l'ordinamento


riconosce una personalità giuridica con conseguente possibile assunzione della
titolarità di diritti ed obblighi

Caratteri RELATIVI

Imperatività: la norma viene presentata come prescrizione o divieto di un


determinato comportamento

Coercibilità: la norma viene fatta rispettare attraverso l’intervento


dell’autorità giudiziaria e prevede l’irrogazione di una sanzione a colore che
contravvengono alla prescrizione o al divieto contenuto nella norma.

Generalità: la norma è riferita ad una collettività o ad una classe


determinata di persone

Astrattezza: la norma si riferisce ad azioni o comportamenti-tipo, destinati


a valere da metro di valutazione di azioni o comportamenti singoli, cioè
concreti.

Negli odierni ordinamenti statali la normazione finisce spesso per riguardare


interessi specifici, i contenuti delle stesse leggi tendono a diventare sempre più
circoscritti; si assiste in definitiva soprattutto in campo economico-sociale ad
una vera e propria prolificazione di leggi dai contenuti concreti (cd. ‘leggi-
provvedimento’) → hanno spesso risvolti negativi sul piano dell’imparzialità e
dell’eguaglianza nonché della stessa certezza del diritto.

Tra le classificazioni del diritto, si distingue anche il diritto positivo dal diritto
naturale.

Diritto positivo: diritto effettivamente vigente nelle comunità organizzata in


Stato, e si compone del diritto scritto

Diritto naturale: diritto rispondente a criteri di giustizia e di equità, quindi


diritto ideale distinto e contrapposto al diritto positivo.

Diritto non scritto: la vita dei popoli primitivi era essenzialmente disciplinata
da regole contenute in consuetudini, tramandate da generazioni e spesso
legate ai mores maiorum

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 5


Diritto scritto: con l'evolversi della società anche nell'evo antico
incominciarono ad affermarsi corpi organici di norme scritte fino al netto
prevalere delle codificazioni sotto l'influenza soprattutto del Code Napoleon).

A sua volta il diritto pubblico interno viene suddiviso in vari rami:

 Diritto costituzionale: concerne l’assetto politico fondamentale dello Stato


e ha per oggetto il complesso delle norme che pongono i principi essenziali
dell’organizzazione e del funzionamento dei poteri supremi dello Stato.

 Diritto amministrativo: riguarda l’organizzazione, i mezzi e le modalità


d’azione della pubblica amministrazione, ed i rapporti di quest’ultima con
altri soggetti.

 Diritto penale: comprende le norme volte a reprimere determinati


comportamenti umani ritenuti particolarmente pericolosi per la vita sociale
(reati) con la comminazione di quel particolare tipo di sanzione consistente
nella ‘pena criminale’

 Diritto tributario: racchiude la parte della regolamentazione finanziaria


riguardante i rapporti tra cittadini ed enti pubblici in tema di imposizione e
riscossione dei tributi.

 Diritto processuale: comprende le norme che regolano l’amministrazione


della giustizia, suddiviso a sua volta in diritto processuale civile, penale,
amministrativo, tributario e costituzionale.

 Diritto ecclesiastico: comprende l’insieme delle norme che regolano i


rapporti dello Stato con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni
religiose.

Tra queste sezioni di diritto pubblico interno sono state applicate ulteriori
distinzioni, quali tra diritto parlamentare, diritto regionale, diritto degli enti
locali, diritto urbanistico, diritto sanitario ecc.
Al di sopra del diritto pubblico interno, oltre al diritto internazionale, per gli Stati
dell’Unione europea vi è anche il diritto comunitario che costituisce un sistema
di diritto sovranazionale, autonomo rispetto al diritto internazionale.

2: Lo stato

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 6


[il diritto pubblico è l'insieme delle norme giuridiche che interessano i rapporti
tra gli individui e lo Stato, mentre il diritto privati tra gli individui.]
Che cos'è lo stato?

📌 ordinamento politico, territoriale e sovrano

La dottrina ha analizzato gli elementi fondamentali (costitutivi) e caratteristici di


uno Stato, ovvero:

popolo

territorio

sovranità

→ eterogeneità di questi elementi costitutivi: elementi con base materiale:


popolo e il territorio, al contrario della sovranità che è un elemento prettamente
giuridico

POPOLO

📌 Il popolo, da un punto di vista giuridico, è inteso come il complesso


delle persone facenti parte dello Stato, di tutti coloro ad esso legati
da un vincolo di cittadinanza.

Dal concetto di popolo vengono comunemente distinti i concetti di


popolazione e nazione.

📌 Per popolazione si intende il complesso di tutti coloro che, in un


determinato periodo storico, hanno stabilito residenza nel territorio
dello Stato e sono sottoposti alle sue leggi.

📌 Per nazione si intende un’entità etnico-sociale accomunata dall’idem


sentire, ovvero dalla medesima lingua, cultura, religione, tradizione, a
prescindere dall’appartenenza a un determinato Stato.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 7


concetto superato? presenza di una pluralità di culture

concetto pericoloso: nazionalismo

Cittadinanza italiana

→ per 'cittadinanza' si intende lo status che ciascun ordinamento assegna


secondo determinati criteri, come lo ius sanguinis, ovvero il vincolo di sangue
o lo ius soli, ovvero il criterio della nascita nel territorio dello Stato.
Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, la normativa in materia di
cittadinanza è regolata dalla legge n. 91, del 5 febbraio 1992 (recante ‘Nuove
norme sulla cittadinanza) e da successive modifiche, nonché nel relativo
Regolamento di esecuzione emanato con d.P.R. 1993 n 572. (approvata con
governo Andreotti 29 anni fa, non è quindi aggiornati alle esigenze della società
attuale)
Come si ottiene?

Ai sensi di questa legge è cittadino per nascita ‘il figlio di padre o madre
cittadini’ e ‘chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori
sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei
genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono’.

È cittadino italiano il minore che viene riconosciuto come figlio da un


cittadino italiano o che è dichiarato figlio di un cittadino italiano da parte di
un giudice;

Il minore straniero adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza

Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza


italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della
Repubblica o dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato
scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non
sussiste separazione legale (se risiede all'estero).

→ Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5 (diniego che


deve avvenire entro due anni):

 la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla


sicurezza della Repubblica.

 la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I,II,III
del codice penale

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 8


 la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una
pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione

Chi nasce in Italia da genitori entrambi stranieri non diviene


automaticamente cittadino italiano, ma solo se:

 la richiesta viene effettuata entro un anno dal compimento della maggiore


età

 si dimostra la residenza ininterrotta sul territorio italiano

→ Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si acquista con decreto del Ministro


dell'interno, a istanza dell'interessato, presentata al sindaco del comune di
residenza o alla competente autorità consolare.

OPPURE, può essere concessa:

Dal presidente della Repubblica, su proposta del Ministro degli Interni e


sentito il Consiglio di Stato allo straniero che risiede legalmente da almeno 10
anni nel territorio italiano

discrezionalità: può essere rilasciata su proposta del Ministro degli Interni di


concerto con Ministro degli Esteri sentito il Consiglio di Stato per eminenti
servizi all'Italia o quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato

Si ricorda infine che l’assemblea della Camera dei deputati ha approvato nel
2015 un testo unificato di modifiche alla legislazione in materia di
cittadinanza.

Il testo riguarda la fondamentale questione della tutela dell’acquisto della


cittadinanza da parte dei minori, apportando a tal fine modifiche alla legge n.
91 del 1992.

Le novità principali consistono nella previsione di una nuova fattispecie di


acquisto della cittadinanza italiana per nascita (ius soli) e nell’introduzione di
una nuova fattispecie di acquisto della cittadinanza a seguito di un percorso
scolastico (ius culturae).

In particolare acquisterebbe la cittadinanza per nascita il nato in territorio


italiano da genitori stranieri almeno uno dei quali sia titolare del diritto di
soggiorno permanente o in possesso di soggiorno a lungo periodo
dell’Unione europea (si acquisterebbe mediante dichiarazione di volontà di un
genitore ed entro il compimento della maggiore età del minore interessato).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 9


L’altra fattispecie riguarderebbe il minore straniero nato o che abbia fatto
ingresso in Italia entro il dodicesimo anno di età che abbia frequentato a
termini di legge determinati cicli di studi o percorsi di istruzione e
formazione professionale, con conclusione positiva ove previsto della legge.

Con trattato di Maastricht 1992 chi ha la cittadinanza di uno dei paesi


dell'Unione Europea ottiene automaticamente la cittadinanza europea .

Vantaggi: 1. eleggere il sindaco di dove si ha la residenza (un italiano a Parigi


può votare alle comunali se risiede in quel comune); 2. protezione
diplomatico/consolare in ogni ambasciata di paesi membri.

TERRITORIO

Il territorio è definito

dalla superficie della terra emersa delimitata dalle frontiere dello Stato,

dal mare territoriale,

dallo spazio aereo nei limiti dell’atmosfera e dal sottosuolo

dal cd. ‘territorio mobile’, costituito dalle navi e dagli aeromobili dello Stato

Le frontiere che delimitano possono essere distinte in naturali (mari, fiumi,


catene montuose, ecc.) e artificiali (sancite da accordi internazionali).

Per mare territoriale si intende la fascia di mare adiacente alle coste, sulla quale
lo Stato esercita la propria sovranità, la cui ampiezza è mutata nel tempo: si è
così passati dalle classiche 3 miglia (assunte un tempo sulla base della gittata
dei cannoni) all’odierno limite massimo di 12 miglia, secondo la regola generale
art.3 della Convenzione sul diritto del mare 1982 (Montego Bay) ; anche se tale regola

non è accettata da tutti. Al di là del mare territoriale decide il principio della


libertà del mare.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 10


📌 La ‘piattaforma continentale’ è quella zona di sottosuolo adiacente
allo Stato costiero comprendente -sempre ai sensi della Convenzione
1982 i fondi marini e il loro sottosuolo al di là del mare continentale
200 miglia dalla costa). Allo Stato sono riconosciuti diritti sovrani
sulla piattaforma continentale ai fini della sua esplorazione e dello
sfruttamento delle sue risorse naturali. Costituisce inoltre ‘zona
economica esclusiva’, la cui utilizzazione economica è di esclusiva
spettanza dello Stato costiero salvo i diritti di navigazione, sorvolo,
posa di cavi sottomarini degli altri Stati (importante per il processo di
decolonizzazione)

La sovranità territoriale dello Stato nello spazio aereo è limitata allo spazio
atmosferico. (Trattato del 1967 sullo spazio extra-atmosferico).
Le ambasciate invece non costituiscono territorio dello Stato ma godono
dell’immunità territoriale, secondo cui lo stato ospitante non può esercitare la
sua potestà d’imperio nelle predette sedi senza il consenso degli stessi agenti
diplomatici.

Con ultraterritorialità si intende la potestà d’imperio che lo Stato può


esercitare su porzioni di terraferma al di fuori del proprio territorio ma anche
l’efficacia dell’ordinamento statale nei confronti dei propri cittadini sempre al di
fuori del territorio nazionale per alcuni reati previsti da norme penali commessi
all’estero.

Le questioni legate al territorio sono di fondamentale importanza: basti pensare


al tema dell'arresto di presunti terroristi in territorio straniero → dopo 11
settembre alcuni Stati contrastano questo fenomeno violando quindi il principio
di sovranità statale all'interno di un territorio. Un caso classico è stato l'arresto
del criminale Eichmann in territorio argentino da parte di agenti israeliani, il cui
processo venne poi raccontato da Hannah Arendt nel 1963 in 'La banalità del
male'.

Divieto di respingimento collettivo (consuetudine internazionale) → art. 10


Costituzione: L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello
straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo
esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 11


diritto d'asilo nel territorio della repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla
legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Anche se il territorio, ora come in passato, viene annoverato tra gli elementi
costitutivi di uno Stato, non si può negare che oggigiorno il rapporto tra potere
statale e territorio è diventato meno inteso che in passato anche a seguito dei
fenomeni di globalizzazione: ciò vale ancor di più per lo spazio economico
dell’Unione europea, tra i cui Stati si è creato uno spazio privo di frontiere
interne.

SOVRANITÀ

uso/monopolio dell'uso della forza grazie ai suoi organi (carabinieri, polizia).

caratteri:

originalità (lo Stato non deriva da alcuno la sua podestà di imperio: lo Stato
trova in sé la propria legittimazione, il fondamento e la ragione della propria
validità)

indipendenza (postula la parità giuridica con gli altri ordinamenti statali


esistenti nella comunità internazionale)

suprema potestà di imperio (lo Stato detiene il monopolio della forza


legale)

internazionalisti → aggiungono un elemento:

riconoscimento internazionale (non è condizione necessaria, se non


dovesse esserci siamo comunque in presenza di uno stato)

Oggigiorno, comunque, la sovranità dello Stato incontra crescenti limitazioni e


condizionamenti; da una parte i limiti di fatto, quali ad esempio quelli derivanti
dai processi di globalizzazione dall’altra limiti giuridici quali in particolare quelli
di ordine internazionale (diritto internazionale)

La sovranità diventa quindi un valore relativo, un concetto legato ai processi di


evoluzione storica e che ha raggiunto il suo acme nello Stato assoluto per poi
mostrare segni sempre più palesi di crisi nel corso del XX secolo tanto da
legittimare l’idea di una ‘parabola della sovranità’. Tanto da rendere sempre più
frequenti affermazioni come quelle relative ad una crisi di legittimazione dello
Stato e, in specie, del concetto di ‘Stato-nazione’.

POLITICITÁ

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 12


Ai classici tre elementi che la dottrina ha ritenuto essenziali al concetto di Stato
viene comunemente aggiunto il carattere della politicità che esprime la
generalità dei fini dello stesso Stato; lo Stato cioè, per la sua stessa natura, ha
potenzialmente come finalità la cura degli interessi generali della collettività
(assolvere, per quanto possibile, tutti gli interessi che riguardano una
collettività).

COMPLETEZZA
Un'esigenza imprescindibile dell'ordinamento giuridico statale è la
'completezza'.
Questo principio comporta che anche in assenza di norme che pongano la
disciplina da applicare ad un caso concreto, sia sempre possibile trarre dal
sistema ordinamentale la regola da applicare al caso di specie.

Così anche in caso di ‘lacuna’ dell’ordinamento non esime un giudice


dall’emettere una pronunzia → cd. divieto del non liquet

SOCIETÀ CIVILESTATO
In ogni ordinamento statale il rapporto tra apparati pubblici dotati di poteri
autoritativi e la società civile è indefettibile cioè che non può mancare. 
La distinzione tra una ‘sfera pubblica’ ed una ‘privata’ è, infatti, un dato
riscontrabile negli ordinamenti statali nelle varie epoche: in qualsiasi sistema
statale non è mai stato possibile in definitiva pervenire alla totale soppressione
del privato per risolvere tutto nel pubblico.

STORICITÁ DELLO STATO


La relatività e la mutevolezza storica del concetto di sovranità fino all’attuale
‘crisi’ della medesima sono indici rivelatori delle profonde trasformazione che
nel corso della storia hanno subito gli ordinamenti statali.

La crisi della sovranità finisce per riflettersi nel mutevole rapporto tra Stato-
apparato e società civile.

Quanto più infatti un ordinamento presenta connotazioni di tipo autoritario o


totalitario, tanto più il ruolo dello Stato-apparato prevale a scapito del ruolo
della società civile, che è invece riferito all’ambito delle libertà: tra gli esempi di
maggiore affermazione del profilo dell’autorità, alla concentrazione e alle
dimensioni del potere regio nelle più compiute realizzazioni dello Stato assoluto

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 13


o alle diverse esperienza totalitarie del XX secolo; anche in Italia, negli anni del
fascismo, dove si ha assorbimento dell’individuo nello Stato.
Viceversa, quando un ordinamento è improntato a principi di libertà, tanto più
cresce il ruolo della società civile, mentre gli apparati pubblici tendono ad
assumere carattere ‘servente’.

3: Forme di stato

💡 Con l'espressione 'forma di Stato' si intende indicare l'insieme dei


principi e delle regole fondamentali che, all'interno dell'ordinamento
statale, disciplinano i rapporti tra lo Stato-autorità (vale a dire
l'apparato di organi e soggetti pubblici cui l'ordinamento assegna il
legittimo uso del potere di coercizione) e la comunità di cittadini,
intesi singolarmente o nelle diverse forme in cui si esprime la società
civile.

In base a come si struttura il rapporto tra potere e individui si hanno diverse


forme di Stato (rapporto tra autorità ed individui, tra governanti e governati, tra
rappresentanti e rappresentati).
La correlazione tra autorità e libertà, o se si vuole tra governanti e governati, si
è manifestata nel corso della storia in modo diverso e articolato a seconda del
regime politico vigente, delle finalità di carattere generale che lo Stato si
prefiggeva, nonché della 'costituzione materiale' ossia l'insieme dei principi e
valori dominanti che contrassegnano, in un dato momento storico,
l'ordinamento statale.
L'analisi storica delle forme assunte dal potere politico dimostra che lo Stato in
senso proprio appare sullo scenario europeo solo con la nascita degli Stato-
nazione, a partire dalla seconda metà del XIV secolo.

Nella fase storica precedente la nascita degli Stati-nazione si era affermato un


assetto di tipo feudale :

Comunità di ridotte dimensioni, tendenzialmente isolate una dall'altra,


basate su un'economia agricola autosufficiente e su un mercato di scambio
in natura(baratto)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 14


Non è presente un potere politico in senso proprio. L'autorità è incarnata
dal Signore (o Re) in quanto proprietario della terra su cui si svolge la vita
della comunità contadina

→ rapporto di tipo patrimoniale, non politico. Si tratta di un 'ordinamento


giuridico a regime patrimoniale' che non segue finalità pubbliche, non cura gli
interessi generali, ma piuttosto si concretizza nella salvaguardia della proprietà
terriera del Signore e nella difesa armata verso l'esterno a tutela della sicurezza
dei membri della comunità e disciplina dei rapporti di tipo privatistico-
contrattuale tra Re e feudatari, tra feudatari e sudditi
→ pluralità di ordinamenti a causa dei diversi livelli dell'organizzazione della
società feudale che porta alla frammentazione dei centri di potere.

A partire della seconda metà del XIV secolo si affaccia sullo scenario storico
europeo una nuova forma di organizzazione sociale che si contrappone alla
frammentazione della società feudale: sotto la spinta dei Re si avvia un processo
di unificazione di ampi territori sotto il dominio di un'unica autorità sovrana.
Si tratta dei primi Stati-nazione che si formano in Inghilterra, in Francia e in
Spagna.

Forme di Stato:

assoluto 1500/1700, le città-stato dell'antica Grecia non paragonabili a


Stato che nasce nel 1500

liberale 17001800

democratico 1900

La forma di Stato che si delinea nella prima fase storica è lo Stato assoluto che
si caratterizza per i seguenti elementi:

Affermazione di un potere assoluto accentrato nelle mani del Re: la sua


autorità è di origine divina (potere legittimato dall'alto e non dal basso) e si
trasmette per via ereditaria; egli è titolare del potere esecutivo e del potere
legislativo.

Le assemblee rappresentative di origine medievale svolgono una funzione


meramente consultiva;

I giudici, nominati dal Re, amministrano la giustizia in nome del Sovrano


assicurando -almeno per alcune materie- uniformità di giustizia in tutto il
territorio dello Stato

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 15


→ Tuttavia, in alcune aree dei nuovi Stati-nazione è ancora radicata la forza del
diritto consuetudinario e alcune questioni restano affidate alla giustizia
amministrata dagli organi rappresentativi dei ceti e delle corporazioni. Seppure
assoggettati al principio di autorità del Sovrano, permangono diversi degli
ordinamenti minori di tipo corporativo di origine medievale.

Lo Stato assume poi la conformazione di un ente impersonale, che fa capo


al sovrano ma è distinto dalla sua persona. Il Re, o meglio la Corona, è
investito di potere assoluto, perpetuo e indivisibile (sovranità per Jean Bodin
1576. Dunque la Corona si distingue dalla persona del Re e assume le qualità
della impersonalità e della continuità

→ essa risponde alle leggi sulla successione che, insieme alle leggi naturali e
di origine divina, assicurando la continuità del trono.

Nell'arco di tempo che vede l'evolversi dello Stato assoluto, possono


distinguersi due fasi:

 L'assolutismo empirico XVIXVIII secolo) è caratterizzato da uno Stato che


appare ancora come un'entità patrimoniale ('Stato patrimoniale'), nella
quale non esistono diritti ma pretese di tipo privatistico-patrimoniale in
capo a chi vanta titoli di proprietà.

 L'assolutismo illuminato (dalla fine del XVIII secolo, in particolare in Austria


e Prussia) nel corso del quale si afferma una concezione politico-
pubblicistica dello Stato, che ha come funzione principale quella di
realizzare interessi pubblici, primo tra tutti il benessere dei sudditi. Per il
perseguimento di tali finalità lo Stato deve dotarsi di apparati e strutture.

Stato-apparato si articola in tre grandi branche:

corpo amministrativo-burocratico, funzionari pubblici stipendiati

esercito permanente, soldati di professione

sistema articolato e territorialmente esteso di 'esazione dei tributi',


necessari a finanziare i costi dell'apparato preposto al conseguimento dei
pubblici interessi

USA nascono già com stato liberale)

DALLO STATO ASSOLUTO ALLO STATO LIBERALE


Il processo di transizione che porterà dallo Stato assoluto allo Stato liberale ha
diverse delle sue ragioni nelle vicende economiche e sociali degli Stati.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 16


Con lo Stato assoluto, il commercio e i mercati avevano assunto una
dimensione nazionale sostituendo le unità economiche locali e autosufficienti.
Le nuove politiche mercantilistiche degli Stati e il loro intervento nell'attività
economica favorivano il profitto degli individui e lo sviluppo di una borghesia
capitalistica.
L'affermarsi della borghesia come classe sociale portò con sé l'idea che la
differenza tra gli individui non fosse dettata dallo status (l'appartenenza o
meno al ceto aristocratico) ma, data per assunta l'eguaglianza giuridica, la
differenza veniva fatta derivare dalla condizione economica: il possesso o
meno dei capitali.
L'aristocrazia governante dello Stato assoluto si trova a fronteggiare una crisi
finanziaria senza precedenti: il costo dell'apparato burocratico e militare, da un
lato, e la resistenza sempre più marcata della borghesia ad accettare
imposizioni tributarie senza ottenere in cambio adeguata tutela dei propri
interessi economici e una partecipazione alle decisioni di governo, dall'altro,
condussero alla crisi dello Stato assoluto.
Rivoluzione borghesi:

inglese 1688

americana del 1776

francese del 1789

→ aprirono una fase storica che determinò il radicamento negli Stati Uniti e in
Europa occidentale della forma di Stato liberale ; fase storica che si protrasse
fino alla seconda metà del XIX secolo.
Naturalmente, i tratti storici, politici, economici e sociali che caratterizzarono
questo processo si differenziarono tra Stato e Stato: le vicende dello Stato
liberale nel Regno Unito, in Francia, in Germania e in Italia furono assai
differenziale tra loro sia sotto il profilo temporale che strutturale.

LO STATO LIBERALE E I SUOI CARATTERI


L'art. 3 della Dichiarazione francese dei diritti dell'uomo e del cittadino del 26
agosto 1789 esprime il principale tratto distintivo dello Stato liberale, ovvero
l'idea della Nazione come entità unitaria e indivisibile che si pone come
dimensione trascendente a quella dei singoli individui a cui si assegna la
sovranità.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 17


La Nazione rappresenta un complesso di ideali e valori sociali comune non
certo all'intero popolo, ma ad una parte significativa di esso: la borghesia ossia
la classe dominante di questo periodo storico, che si riconosce pienamente
nella Nazione in quanto il concetto di Nazione ne riflette i valori, gli ideali e, in
ultima analisi, gli interessi propri (interessi che si fanno coincidere con quelli
della Nazione) STATO MONOCLASSE

La Nazione si traduce in concreti atti di governo attraverso gli organi dello


Stato.
In ogni tipo di Stato liberale vi è l'esigenza di una legittimazione del pubblico
potere respingendo ogni forma di giustificazione trascendente dalla sovranità.
Nello Stato liberale si registra inoltre una separazione tra la sfera pubblica o del
pubblico e la sfera privata, area riservata all'autonomia dei singoli.

Nella sfera pubblica, gli organi del pubblico potere esercitano


legittimamente e legalmente la forza d'imperio per assicurare il mantenimento
dell'ordine contro i pericoli interni ed esterni allo Stato.

La sfera privata rappresenta invece una dimensione nella quale l'individuo è


sovrano (→ visione individualistica e razionalistica, lo Stato lascia che siano gli
individui stessi a soddisfare i propri bisogni attraverso l'esercizio delle libertà
e dell'autonomia)

Sul piano economico lo Stato liberale è uno Stato 'non interventista' infatti
assicura le regole per l'ordinato svolgimento dei rapporti economici e sociali,
confidando nell'efficienza propria delle corrette relazioni economiche in
contesto di libero mercato. STATO MINIMO

Sul piano istituzionale, lo Stato si caratterizza per:

La Costituzione, la fondamentale garanzia dei diritti di libertà e la


consacrazione del principio della separazione dei poteri:

Con lo Stato nascono Costituzioni moderne:

l'importanza della scrittura è frutto della fede nella ragione del


scritte:

secolo dell'illuminismo: nascono i codici Napoleone, codice penale). In


questo periodo nasce l'obbligo di motivazione per la sentenza (sempre per
illuminismo).

corte:pochi diritti e liberali (proprietà, libertà -no arresti arbitrari-,


sicurezza). Solo questi diritti voluti da borghesia → Laissez-faire

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 18


(liberalismo) no stato nell'economia, no suffragio universale

flessibili: non al 'riparo' da modifiche del legislatore ordinario; legge come


le altre. Negli Stati liberali non esistono Corti costituzionali.

STATO DI DIRITTO Il concetto di Stato di diritto (si afferma per la prima


volta con la rivoluzione francese), l'assoggettamento dello Stato al diritto e
all'inammissibilità di ogni condotta arbitraria da parte dei pubblici poteri
(come conseguenza dell'esigenza dello Stato liberale di riconosce la fonte del
suo potere).

la funzione legislativa al Parlamento, all'interno del quale la borghesia


ha un ruolo dominante;

la funzione esecutiva al governo, i cui ministri sono espressione del Re;

la funzione giurisdizionale svolta dalle corti, tendenzialmente


indipendenti dagli altri poteri e soggette solo alla legge.

Seppure in una prima fase l'idea della separazione dei poteri fosse intesa in
maniera rigida, ben presto si riconobbe come tra i tre poteri vi fossero delle
naturali interferenze funzionali: l'osmosi tra i tre poteri assicurava infatti
forme di collaborazione insieme a meccanisti di condizionamento e
controllo reciproco (meccanismi di check and balance degli Stati Uniti). La
separazione dei poteri, in definitiva, assicura un governo moderato fondato
sulla dissociazione del potere sovrano e la distribuzione dei poteri tra le
diverse classi sociali antagoniste (aristocrazia e borghesia); garantisce la
libertà del sistema e quindi la libertà dell'individuo.

5. La rappresentanza politica: la Nazione non può esercitare la sua


sovranità se non tramite dei rappresentanti eletti tramite elezioni; gli eletti,
data la rappresentanza politica di cui vengono investiti, sono chiamati a
curare gli interessi generali. Vige il principio del 'divieto del mandato
imperativo', introdotto nella costituzione francese del 1791 e tutt'oggi
vigente negli ordinamenti costituzionali contemporanei → gli eletti non sono
vincolati al mandato degli elettori ma rappresentano la Nazione e non
possono agire per la soddisfazione di interessi particolari. La
rappresentanza politica è tuttavia una rappresentanza limitata: il suffragio è
ristretto, fondato sul censo o sul reddito degli elettori; la maggioranza del
popolo è esclusa dal diritto di voto (ad esempio le donne). I rappresentanti
sono i cosiddetti 'notabili', coloro che sono ritenuti i più capaci e meritevoli.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 19


E' del tutto evidente che lo Stato liberale è uno Stato oligarchico, fondato
sul censo, rappresentativo di una realtà omogenea e sostanzialmente
'monoclasse'.

Implica che ogni limitazione della libertà e dell'autonomia individuale debba


derivare esclusivamente dalla legge, in quanto unica fonte legittimata (dalla
volontà generale) a porre limitazioni.
Inoltre deve essere rispettato il principio di legalità, in base al quale l'agire di
tutti i poteri pubblici deve sempre conformarsi ad una norma di legge e non
all'arbitrarietà, a tutela delle libertà nei confronti dell'autorità, dei governati nei
confronti dei governanti.

'Libertà negative o dallo Stato': i diritti di libertà si basano, in questa fase


storica, sul riconoscimento da parte dell'ordinamento di una sfera privata
dell'individuo che non deve essere soggetto di ingerenza da parte di alcuno,
comprese le pubbliche autorità.

In tal senso anche l'iniziativa economica capitalistica appartiene alla sfera


dell'autonomia individuale e dunque tendenzialmente non suscettibile di essere
ostacolata dai pubblici poteri.
Non tutti i cittadini, tuttavia, godono di questi diritti di libertà; gli individui
appartenenti alle classi subalterne frequentemente non sono nella condizione
materiale per godere pienamente dei diritti di libertà loro formalmente
riconosciuti.
Questi diritti in alcuni ordinamenti vengono percepito come 'diritti naturali',
preesistenti rispetto allo Stato. In altri ordinamenti, al contrario, i diritti vengono
concepiti come 'diritti pubblici soggettivi', ammessi dallo Stato come forma di
autolimitazione dello stesso.

L'affermazione del principio di separazione dei poteri (elaborato da


Montesquieu nel suo De l'esprit des lois 1748 in base alle quale lo Stato
articola le sue funzioni lungo tre direttrici: il potere legislativo, il potere
esecutivo e il potere giudiziario. Il principio della separazione dei poteri
garantisce un'articolazione nell'esercizio delle funzioni primarie dello Stato tra
più organi: la funzione legislativa al Parlamento, la funzione esecutiva al
governo e la funzione giurisdizionale alle corti.

Seppure in una prima fase l'idea della separazione dei poteri fosse intesa in
maniera rigida, ben presto si riconobbe l'osmosi fra i tre poteri che assicurava

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 20


infatti forme di collaborazione insieme a meccanismi di condizionamento e
controllo reciproco (→ check and balance)

La rappresentanza politica è un altro pilastro: la Nazione non può


esercitare la sovranità se non tramite rappresentanti; la scelta dei
rappresentanti avviene tramite elezioni che sono chiamati a curare gli
interessi generali. Vige il principio del 'divieto di mandato imperativo': gli eletti
non sono vincolati al mandato degli elettori, non agiscono per la
soddisfazione di interessi particolari

La legittimità viene dal basso e non più dall'alto: inizialmente l'organo


esecutivo veniva scelto dal re, successivamente direttamente dal parlamento
(si afferma il principio della sovranità parlamentare che traduce la volontà
generale); il re solo simbolico.

eccezione: Stati Uniti → 're repubblicano'; non è possibile avere negli USA titoli
nobiliari Costituzione) infatti si distaccano dalla monarchia che era odiata
quindi elezione diretta del capo dello Stato che detiene il potere esecutivo

CRISI STATO LIBERALE E AVVENTO DEMOCRAZIA PLURALISTA


Le contraddizioni insite nello Stato liberale indussero un mutamento graduale
nei rapporti tra governanti e governati fino a determinare l'avvento dello Stato
di democrazia pluralista.

Contraddizioni:

lo Stato liberale nell'assicurare la libertà dei singoli, aveva particolarmente


cura, come si è visto, degli interessi della borghesia capitalistica

il godimento dei diritti politici restava appannaggio della classe dominante


eppure, quei ceti popolari che restavano ai margini dei processi democratici
avevano dato un contributo rilevante, ad esempio, ai moti del 1789 in
Francia

Queste contraddizioni portarono ben presto le classi subalterne, e in


particolare la classe proletaria, a prendere coscienza delle disuguaglianze
sociali ed economiche; di fronte ai privilegi dell'aristocrazia e della borghesia
capitalistica, le associazioni operaie e i partiti di massa nati al di fuori del
parlamento, intrapresero un percorso di rivendicazione dei propri diritti in vista
della attuazione piena del principio democratico, sia sul piano politico che
economico.

→ il processo di trasformazione è comunque graduale e tutt'altro che facile.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 21


Una prima fase di superamento del liberalismo economico e politico è segnata
dalle esperienze di 'neo-liberalismo' dove, ferma restando la struttura
economica dello Stato liberale, si mettono in campo politiche volte a sviluppare
interventi assistenziali a favore dei ceti subalterni; si avviano politiche salariali a
favore degli operai, si interviene per migliorare le condizioni di lavoro, si
organizzano forme di assistenza sociale.
L'insicurezza sociale e le continue crisi economiche inducono lo Stato ad
avviare un processo di trasformazione che, nel dare piena attuazione
all'ideologia democratica, introduca istituti e misure di inclusione di quei ceti
sociali tenuti ai margini del sistema liberale. Muove da questi elementi lo
sviluppo dello Stato democratico-pluralistico che si affermerà in particolare nel
corso del XX secolo.
→ principio solidaristico e di uguaglianza contrapposto al principio
personalistico dello Stato liberale

Muta dunque il rapporto tra autorità e libertà: nello Stato democratico,


pertanto, rispetto allo Stato liberale, la distanza tra Stato apparato e società
civile e politica tende ad attenuarsi; specialmente perché la comunità dei
cittadini si presenta non più frammentata, ma organizzata in gruppi che sono
portatori di interessi diversi e contrapposti, nonché di visioni politiche
diversificate.

STATO INTERVENTISTA
Vi sono poi iniziative volte a regolamentare l'economia di mercato; viene
tutelata la libertà di concorrenza, ma al tempo stesso si vuole che l'iniziativa
economica privata non contrasti con i primari interessi sociali e garantisca il
rispetto della dignità della persona umana.
Welfare state, lo Stato sociale o lo Stato del benessere: lo Stato si prefigge la
redistribuzione della ricchezza in modo da realizzare l'eguaglianza sostanziale , la
giustizia sociale, vantaggi economici e sociali anche per le classi più deboli ed
emarginate.
Lo Stato sociale rappresenta quel volto dello Stato democratico che si mostra
attento alle categorie sociale economicamente più deboli; questa attenzione si
manifesta attraverso una ripartizione del prodotto derivante dai beni
economici diversa rispetto a quella che scaturiva, nello Stato liberale, dai
meccanismi di liberalismo economico.
Il principale strumento giuridico attraverso il quale lo Stato sociale realizza
questa redistribuzione della ricchezza prodotta è il sistema tributario.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 22


Attraverso esso si impongono tributi secondo i criteri di progressività e di
proporzionalità, in modo da assicurare una redistribuzione di una parte della
ricchezza prodotta nel paese.
STATO DEI DIRITTI

Lo Stato democratico-pluralistico, così come lo Stato liberale, presenta un


sistema delle fonti del diritto che pone al vertice la Costituzione, all’interno
della quale vengono espressi i principi e i valori intorno ai quali le classi sociali
si riconoscono.

In particolare, le costituzioni degli Stati di democrazia-pluralistica sono volte ad


assicurare la piena attuazione del principio democratico in ogni sua
componente, infatti ampie sono le parti destinate a riconoscere e tutelare i
diritti e le libertà fondamentali.

Ancora più articolate sono le parti volte a disciplinare i rapporti tra pubblici
poteri e l’esercizio delle rispettive funzioni. In questo contesto si consolida il
carattere della rigidità costituzionale, e quindi il primato sulle altre fonti del
diritto, attraverso la previsione di un procedimento aggravato per la revisione
costituzionale. Intorno agli anni '20 in Austria Vienna) il magistrato Hans
Kelsen (diviene un giudice della Corte, dopo le leggi antisemite è costretto a
lasciarla) pensa che sia importante che le Costituzioni siano rigide e
difficilmente modificabili (questo davanti all'approvazione di leggi antisemite):
ollabora alla stesura della Costituzione austriaca del '20 dove viene istituita la
Corte Costituzionale (ha il compito di tutelare la Costituzione rispetto alle leggi
ordinarie). Questo poi si diffonde negli altri paesi dopo le dittature.
Rispetto allo Stato liberale, si evolve anche il concetto di Stato di diritto, in
quanto esprime non soltanto una legalità in senso formale, ma anche una
legalità in senso sostanziale, ovvero nella quale l’esercizio della potestà
amministrativa deve fare i conti con una legislazione sempre più penetrante
riguardo la forma di esercizio di tale potestà, ma anche con riferimento
all’oggetto e alle finalità degli atti della pubblica amministrazione. Diventa
dunque sempre più rilevante il ruolo assegnato alle Corti Costituzionali, in
quanto custodi della legalità costituzionale.
Nei paesi dove la Costituzione non è scritta c'è una ' Costituzione sostanziale '
formata da leggi ordinarie molto importanti. (stati dove la sovranità
parlamentare molto importante e molto forte e quindi viene meno l'appoggio
alla Corte Costituzionale)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 23


Negli USA c'è un sistema completamente diverso figlio della nascita liberale del
paese: la costituzionalità delle leggi spetta in prima battuta ad ogni singolo
giudice (ha il potere di non applicare una legge perchè la ritiene in contrasto
con la costituzionale → logica liberale, invidualistica). Negli USA non esiste la
Corte Costituzionale ma corte Suprema (simile a cassazione italiana) può
dichiarare che una legge contrasta la Costituzione con la conseguenza che
nessun giudice poi la può più applicare.

→ principio della vincolatività del precedente dal giudice superiore

L'avvento del suffragio universale e l'affermazione del principio di uguaglianza


rappresentano uno degli spartiacque più rilevanti tra lo Stato liberale e lo Stato
democratico pluralistico.
Quest'ultimo diventa a tutti gli effetti uno Stato fondato sulla democrazia
rappresentativa; il popolo esercita la propria sovranità attraverso gli organi e
gli istituti della rappresentanza politica. Per effetto del diritto di voto e del
suffragio universale si ha un'architettura istituzionale complessa cha da voce
ad una realtà pluralista e pluriclasse.
Il suffragio universale implica che i governati esprimano il loro consenso verso i
governanti e che i governati raccolgano consensi grazie alla loro azione
politica. La rappresentanza politica, pertanto, deve essere modulata in modo
che assicuri il rapporto diretto con gli elettori (→ sistema dei partiti) e, al
tempo stesso, l'esercizio efficace del potere politico (→ governabilità).
Anche negli ordinamenti costituzionali degli Stati di democrazia pluralista
persiste il divieto del mandato imperativo infatti i rappresentanti politici, una
volta eletti, sono chiamati ad esprime l’interesse della Nazione, attraverso una
rete di organismi intermedi tra i cittadini e lo Stato.

Per bilanciare le criticità dei sistemi rappresentativi sono stati previsti, accanto
ai meccanismi di democrazia rappresentativa, Alcuni istituti di democrazia
diretta volte a consentire al popolo l'esercizio diretto di funzioni e di poteri
decisionali.
La Costituzione italiana, a questo riguardo, ha previsto diverse specie di
referendum: dal referendum abrogativo delle leggi ordinarie (articolo 75), a
quello approvativo o sospensivo nella revisione costituzionale (articolo 138) ai
referendum territoriali (articolo 132).

Espressione infine del principio democratico sono anche le forme di


democrazia partecipativa (soprattutto a partire dagli ultimi decenni del secolo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 24


scorso). Il fenomeno partecipativo è espressione del dialogo tra l'istituzione la
società civile.

Si sono quindi avviate pratiche di consultazione tra gli organi costituzionali e


soggetti rappresentativi della società civile interessati dalle particolari misure
in discussione (come d'esempio associazioni sindacali e datoriali, categorie del
mondo del lavoro e della produzione, categorie professionali, gruppi
d'interesse, lobbies, gruppi di pressione; ma anche enti territoriali diverse tipo.
In generale, le istituzioni di governo consultano determinati soggetti della
società civile in vista dell'assunzione di misure normative (utili alla loro
efficacia) (si pensi alle hearings parlamentari, ai tavoli di concertazione
Governo-parti sociali).

FEDERALISMO
Un altro modo di distinguere le forme di Stato riguarda la distribuzione
territoriale del potere.

La dottrina ha individuato le seguenti caratteristiche di uno Stato federale:

Negli odierni Stati di democrazia pluralista si ha un'evoluzione che ha visto gli


Stati nazionali europei distribuire gradualmente i poteri amministrativi ad organi
e uffici dislocati sul territorio, ma gerarchicamente subordinati all'apparato
centrale. Si è trattato in primo tempo di un mero decentramento burocratico.
Successivamente, con il radicarsi dell'idea di una rappresentanza politica piena,
i soggetti decentrati sul territorio dello Stato hanno visto crescere via via le loro
funzioni.
Soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, si sono andati sviluppando
forme di autonomia territoriale caratterizzate dalla distribuzione del potere
politico sul territorio, a favore degli enti locali dotati di potere di governo e
anche di funzioni normative.

La dottrina distingue tra Stato unitario e Stato composto:

UNITARIO Stato nel quale i poteri sono accentrati negli organi centrali o anche
delegati ad organi periferici dipendenti da quelli centrali, privi di poteri
decisionali (decentramento amministrativo o burocratico)

COMPOSTO Stato nel quale il potere di indirizzo politico, la funzione


legislativa e quella amministrativa sono ripartiti tra Stato centrale ed enti
territoriali, distinti dagli organi centrali e politicamente autonomi (con
ripartizione delle competenze tra centro e periferia stabilite in costituzione).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 25


Prototipo di Stato composto è lo Stato federale , il quale si caratterizza per
diversi elementi, ovvero:

Una costituzione scritta rigida che istituisce l'ordinamento federale statale


e gli enti territoriali dotati di poteri propri Stati membri, Lander, Cantoni, ecc.)

La ripartizione delle competenze tra lo Stato federale e gli Stati membri è


fissata dalla costituzione con riferimento alla funzione legislativa, esecutiva e
giudiziaria.

→ la presenza nella Costituzione federale della cd. 'clausola residuale' per


regolare la distribuzione delle materie di competenza legislativa tra
Federazione e Stati membri

La revisione costituzionale non può aver luogo senza la partecipazione,


diretta o indiretta, degli Stati membri

Il Parlamento è bicamerale e la seconda Camera rappresenta gli enti


territoriali

La previsione di una giurisdizione federale al di sopra delle giurisdizioni


statali, con la creazione di una Corte Suprema in grado di giudicare la
legittimità delle leggi statali rispetto alla Costituzione federale

Gli Stati federali storicamente sono nati per associazione di Stati USA, RFT,
Svizzera), anche se esistono casi di Stati federali nati per dissociazione
Belgio). Ad ogni modo, in tempi odierni, si assiste al seguente fenomeno: gli
Stati federali tendono sempre più ad aumentare le competenze dello Stato
centrale e gli Stati unitari o regionali sempre più a decentrarsi.

Dallo Stato federale viene generalmente distinto lo Stato regionale , un tipo di


Stato nel quale gli enti territoriali godono di autonomia più limitata, infatti:

La costituzione statale riconosce e garantisce gli enti territoriali,


attribuendo loro autonomia politica e nei limiti stabiliti dalla stessa
costituzione, funzioni legislative

Non è prevista una camera rappresentativa delle regioni anche se si


prevedono diversi organismi di concentrazione di concertazione tra Stato
centrale ed enti periferici

Non è contemplata la partecipazione delle regioni alla funzione di revisione


costituzionale

Esistono poi esperienze che presentano caratteristiche ibride, che danno luogo
cioè a forme di regional-federalismo : si pensi al caso della Spagna, la cui

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 26


Costituzione del 1978 contempla l'ipotesi che le comunità territoriali minori
possano attivarsi al fine di accedere a forme più accentuate di autogoverno e
costituirsi in comunità autonoma.

Forme di Stato affermatesi nel corso del XX secolo:


Nel corso del XX secolo si sviluppano alcune forme di Stato in completa
contrapposizione rispetto dei principi dello Stato liberale: stato
socialista/autoritario/totalitario

Nella sostanza lo Stato socialista e Stato autoritario si differenziano


profondamente tra di loro, ma presentano alcuni punti di contatto → il partito
unico, la concentrazione e la personalizzazione del potere, negazione dei
diritti civili, soppressione dei diritti politici

Stato socialista

Nello Stato socialista, il principio dello Stato di diritto viene sostituito dal
principio della sovranità popolare, costituita dall’alleanza degli operai e dei
contadini, tradotta sul piano istituzionale nell’accentramento dei poteri nelle
mani degli organi del potere statale, il cui ruolo guida è esercitato dal partito
comunista.

Viene negato il principio della separazione dei poteri: l'accentramento dei


poteri nell'assemblea popolare comporta che da esso derivino gli altri organi
dell'amministrazione statale (potere esecutivo, giudiziario)

Si riconosce il primato della legge, ma si rimette al partito comunista, che


esercita un ruolo guida, la corretta interpretazione e applicazione delle norme.
Ne consegue che i diritti politici proclamati in costituzione finiscono per
essere subordinati ad una lettura ideologica e ad un'applicazione che esclude
opposizioni e dissidenti

Sul piano economico, lo Stato socialista contrappone la pianificazione


economica e la statalizzazione dei mezzi di produzione al libero mercato
tipico dello Stato liberale. Tuttavia, specie nella Cina degli ultimi 20 anni, sotto
la spinta dello sviluppo economico e delle relazioni economiche internazionali,
anche in questi regimi si sono affermate forme di liberalismo dando luogo ad
esperienze di 'economia di mercato socialista'

Stato autoritario

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 27


Lo Stato autoritario presenta come base sociale di riferimento la piccola
borghesia; si ispira ad un'ideologia illiberale e non pluralistica e, sul piano
istituzionale, dà vita ad un sistema di potere autocratico

Si attenua la separazione fra Stato e società civile. Lo Stato tende a


pervadere la vita dei cittadini attuando così una statalizzazione della società
(totalitarismo). Il partito al potere, il partito unico, si integra nello Stato al
punto da determinare la statalizzazione di alcuni organismi del partito.

Le autonomie territoriali vengono soppresse oppure sono presiedute da


organi monocratici non elettivi, affidati a funzionari statali

La direzione politica del paese è posta nelle mani del Capo del Governo. Il
Parlamento si colloca in una posizione subordinata all'esecutivo: è il Governo
che legifera decreti con forza di legge o regolamenti nelle materie a esso
riservate

La Costituzione presente all'avvento del regime autoritario resta


formalmente in vigore, ma è, di fatto, gradualmente superata da un insieme di
legge e di convenzioni che scaturiscono dalla progressiva integrazione tra
Stato e partito unico.

I diritti politici sono negati, le opposizioni represse e i diritti civili fortemente


limitati (no Stato di diritto)

Forme attuali di Stati teocratici; in particolare, il modello della


'teocrazia costituzionale'
Negli ordinamenti in cui la fede religiosa dominante viene proclamata quale
fondamento del potere temporale e il più delle volte i precetti religiosi
assumono il ruolo di fonte primaria del diritto, il fattore religioso si interpone tra
governanti e governati.
Si tratta di caratteristiche tipiche degli Stati islamici dove generalmente la
costituzione è subordinata alla legge divina Shari'a). L'Islam, in questi
ordinamenti, viene proclamato religione di Stato: in tal caso si parla di Stati
confessionali.

Nei casi in cui, la massima autorità religiosa coincida con il vertice del
governo dello Stato stesso si ha uno Stato teocratico assoluto o della 'teocrazia
pura'. Ne ha rappresentato un'esperienza il regime teocratico in Afghanistan
tra il 1996 e il 2002 o nel caso del Sudan nel XIX secolo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 28


La realtà odierna mostra tuttavia un'evoluzione che tende a combinare i
tratti dello Stato confessionale con gli elementi del costituzionalismo nella
cosiddetta ' teocrazia costituzionale '. Dopo la sconfitta dei talebani, nel 2004 la
'grande assemblea' costituzionale ha approvato una nuova costituzione che
ha instaurato uno Stato a forte impronta confessionale, anche se non ricorre il
tratto della identificazione tra autorità religiosa e autorità politica.

Teocrazia costituzionale:

Separazione tra potere politico e autorità religiosa: il potere politico è


assegnato ad organi che operano secondo le direttrici tracciate dalla
Costituzione

La religione dominante viene proclamata come religione di Stato;

La religione viene riconosciuta costituzionalmente, e le sue interpretazioni


vengono riconosciute come fonte della legislazione e dell’interpretazione
giudiziaria delle leggi;

Agli organismi religiosi viene riconosciuto lo status di giurisdizioni ufficiali


che operano in sostituzione o in collaborazione con le corti di diritto civile.

4: Forme di governo
La forma di Stato esprime il quadro dei principi e dei valori costituzionali che
presiedono al
rapporto tra autorità e libertà, tra governanti e governati;)

📌 La forma di governo rappresenta quel complesso di strumenti e


meccanismi, predisposti
dall’ordinamento costituzionale affinché lo stato persegua le finalità
che si è dato attraverso i suoi organi. Per quanto riguarda la disciplina
normativa, la forma di governo contempla quelle regole che
determinano gli organi di vertice dell’apparato statale, le funzioni loro
attribuite e le relazioni reciproche (→rapporti tra gli organi al vertice
di un ordinamento.

Nel corso del XVI secolo, in Europa si afferma l’era dell’assolutismo classico
caratterizzato da un sistema di governo posto nelle mani del re, il quale agiva
sostanzialmente privo di freni e vincoli.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 29


Nelle relazioni con l’esterno, lo Stato assoluto non riconosceva nessuna
autorità sovranazionale,
ma, al contrario, agiva nel suo interesse e dove incontrava ostacoli ricorreva a
forme di aggressione.

Sul piano interno, l’assolutismo si traduce nell’equiparazione della volontà del


monarca alla legge.
Dunque nella monarchia assoluta, la fonte primaria del diritto è la volontà del
re, il cui potere
non incontra limiti legali → da questo il termine “assolutismo”.
Storicamente l'assolutismo regio trovò più facile affermazione laddove il ruolo
della nobiltà feudale e delle corporazioni fu limitato e emarginato. Dove, invece,
rimasero vive alcune tradizione feudali, l'assolutismo si affermò solo in parte (a
causa di ostacoli di natura sociale, alleanza tra borghesia e aristocrazia rurale,
e di natura giuridica, il persistere di antiche consuetudini fatte valere dalle corti
anche in contrapposizione al potere regio)

La critica all’illimitato governo del monarca trovò un fondamento teorico nel


principio della separazione dei poteri, elaborato dal costituzionalismo liberale al
fine di limitare il potere politico accentrato nelle mani del monarca e di tutelare
la libertà degli individui.

Locke
Il primo a teorizzare il principio di separazione dei poteri, nel contesto
dell'esperienza costituzionale inglese, fu Locke. Il costituzionalismo liberale si
manifestò, in Inghilterra, in due fasi: in un primo tempo il potere monarchico fu
limitato dal riconoscimento del ruolo del parlamento; in un secondo momento il
parlamento assunse la supremazia sulla monarchia.

Egli distingue tre funzioni fondamentali dello Stato: la funzione legislativa, la


funzione esecutiva e la funzione federativa. Manca ogni riferimento alla
funzione giurisdizionale, mentre si contempla la funzione federativa intesa
come l'esercizio dei poteri nel campo dei rapporti internazionali (cd. potere
estero). Locke attribuisce al re l'esercizio della funzione esecutiva (intesa
come esercizio di un potere autonomo di decisione non subordinato alla legge)
e della funzione federativa, mentre la funzione legislativa è assegnata al
parlamento.

funzione esecutiva/federativa → Re
funzione legislativa → parlamento

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 30


Nella tradizione inglese, i giudici delle Corti di common law concorrevano alla
produzione di regole giuridiche attraverso il principio del vincolo dei precedenti
giudiziari. Al vertice del sistema giudiziario stava la Camera dei Lords, organo
che partecipava alla formazione delle leggi scritte. La funzione giurisdizionale
era dunque considerata strettamente connessa alla funzione legislativa;
dunque non essendo una funzione autonoma, non faceva capo ad un potere
separato dagli altri.

Montesquieu

Il diverso contesto politico e sociale e l'influenza della filosofia razionalista


fanno sì che il principio della separazione dei poteri affermatosi in Francia ad
opera di Montesquieu 1748 assumesse un significato parzialmente diverso.
Egli identifica tre poteri nettamente separati e caratterizzati da una diversa
fonte di legittimazione.
In particolare:

la funzione legislativa si fonda sulla volontà popolare espressa dalle


assemblee rappresentative

la funzione esecutiva scaturisce dalla volontà del monarca, titolare di un


potere autonomo e non rappresentativo e che consiste nel preservare sia
l'ordine sia all'interno che all'esterno dell'ordinamento, nel senso che essa
include anche il governo della politica estera

la funzione giurisdizionale fa capo ad un potere distinto che si esplica


principalmente nel campo del diritto civile e si occupa della risoluzione delle
controversie tra privati

In Francia si manifesta anche un altro filone di pensiero che si contrappone


all'idea della separazione dei poteri.

Rousseau
→ attribuisce un valore assoluto al principio democratico e identifica il
sovrano nella volontà generale della collettività facendo confluire quindi la
funzione esecutiva e legislativa nelle mani dell'assemblea democratica il potere
legislativo ed esecutivo, ma dato che questa sarebbe una prospettiva ideale e
utopica, Rousseau ammette e riconosce la distinzione tra i tre poteri dello
Stato: una distinzione puramente funzionale che assegna al popolo riunito in
assemblee l'espressione della volontà generale attraverso le leggi.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 31


La dottrina della separazione dei poteri si afferma nello Stato democratico
pluralistico influenzando profondamente il suo assetto istituzionale e
l'organizzazione dell'apparato di governo:

funzione legislativa che produce norme generali e astratte e ha, di regola,


la forma di legge

funzione esecutiva che assolve alla cura concreta degli interessi pubblici
e, di regola, assume la forma di decreto

funzione giurisdizionale che di norma esprime con la sentenza, risolve le


controversie mediante l'interpretazione e l'applicazione delle norme
giuridiche

Tuttavia, seppur separati, tali poteri sono in grado di condizionare il corretto


esercizio delle funzioni gli uni con gli altri: si tratta dei meccanismi che in vario
modo le costituzioni prevedono per dar luogo ad un sistema di check and balance .
→ la forma di governo presidenziale degli Stati Uniti prevede che i tre poteri
siano giuridicamente separati e indipendenti, sia pure un sistema di
assoggettati a un sistema di freni e controlli reciproci. In particolare, il
Presidente e il Congresso traggono direttamente dal popolo la rispettiva
legittimazione, sicché né il Presidente (attraverso lo scioglimento anticipato) né
il congresso (attraverso il voto di sfiducia) possono determinare l'uno le sorti
dell'altro.

Opposta è l'applicazione del principio di separazione dei poteri, temperato dalla


forma di governo parlamentare, in Europa, in particolare, in Gran Bretagna la
forma di governo parlamentare lega in modo significativo le sorti del legislativo
e dell’esecutivo, infatti il Governo deve avere la fiducia del Parlamento mentre
in caso di voto di sfiducia del Parlamento, il Governo è costretto alle dimissioni.

Forme di governo costituzionali pure e forme di governo


costituzionali parlamentari: forme 'dualistiche' e forme
'monistiche' del regime parlamentare; sistemi assembleari
Il passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale è caratterizzata
dall'affermazione della forma di governo della monarchia costituzionale o
monarchia limitata, da ricondurre alle forme di governo 'miste': essa si
caratterizza infatti per la netta separazione dei poteri tra il re e il parlamento.

Il principio della separazione dei poteri che si afferma con lo Stato liberale trova
la sua espressione, almeno in una prima fase, in quelle costituzioni che

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 32


riconoscono al parlamento determinati poteri destinati a limitare l'onnipotenza
del monarca (costituzioni francesi del 1791 e 1814, lo Statuto Albertino del
1848, la costituzione prussiana del 1850 e la costituzione dell'Impero tedesco
del 1871.
La monarchia costituzionale si fondava sulla coesistenza di due autorità
politiche, diversamente legittimate e con funzioni differenti.

il sovrano conservava formalmente la pienezza della sua podestà e traeva


legittimazione dal principio monarchico-ereditario

il parlamento cui il sovrano aveva riconosciuto il potere di partecipare alla


produzione delle leggi; il parlamento esprimeva la classe sociale protagonista
del tempo, la borghesia capitalistica, e fondava la sua legittimazione sul
principio elettivo

La monarchia costituzionale si evolve verso la forma di governo parlamentare


attraverso una serie di fatti e atti che assegnano al parlamento del ruolo
politico ben più rilevante. → il governo , infatti, pur essendo nominato dal re,
vedeva gradualmente crescere la propria autonomia dal sovrano nella misura
in cui consolidava il rapporto di fiducia con il parlamento.

Due fasi del parlamentarismo:

 prima fase: Parlamentarismo dualista: il potere esecutivo è esercitata dal


re e dal suo governo; tuttavia il governo deve avere una doppia fiducia:
quella del sovrano e quella del parlamento; come contrappeso del potere
del parlamento si prevede il potere di scioglimento anticipato
dell'assemblea legislativa da parte del re. Il carattere 'dualista' nella forma
di governo, dunque, si esprime nella presenza di due centri di potere, il
sovrano e il parlamento, diversamente legittimati e tra i quali esiste un
equilibrio istituzionale. Gradualmente questo equilibrio si altera a favore del
parlamento

 seconda fase: Parlamentarismo monista: il rapporto tra parlamento e


governo si consolida al punto da assumere caratteri esclusivi; il sovrano
viene sempre più relegato a funzioni di rappresentanza e di garanzia. La
forma di governo parlamentare monista assume connotazioni estreme
quando il capo dello Stato è privato dal potere di scioglimento del
parlamento e il governo resta escluso da ogni forma di delega legislativa

Il criterio della legittimazione degli organi posti al vertice del potere esecutivo e
del potere legislativo può essere utilizzato anche con riferimento alle forme di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 33


governo contemporanee per distinguere le forme di governo , appunto monistiche ,
nelle quali solo il parlamento è direttamente legittimato dal corpo elettorale e
da esso deriva il governo (forma di governo parlamentare e forma di governo
direttoriale) dalle forme di governo dualistiche nelle quali gli organi al vertice
dell'esecutivo e del legislativo hanno entrambi una legittimazione popolare
diretta (forma di governo presidenziale e quella semipresidenziale).

📌 La forma di governo è data da quell'insieme di norme giuridiche,


scritte e non scritte, che regolano l'attività degli organi supremi dello
Stato e i loro reciproci rapporti-

L'assetto dei partiti politici (ma anche della legge elettorale) e le loro
caratteristiche ideologiche influiscono in modo determinante sull'effettivo
funzionamento della forma di governo anche se le regole costituzionali che
dettano i limiti politici all'azione degli attori politici e degli organi costituzionali
incidono sulla fisionomia che il partito finisce per darsi → nel determinare una
data forma di governo si confrontano e relazionano, influenzandosi
reciprocamente, il dato giuridico-costituzionale e il dato empirico-politico
(prassi, consuetudini)

La tradizione modellistica delle forme di governo dello Stato contemporaneo ne


individua tre tipi:

forma di governo presidenziale

forma di governo parlamentare

forma di governo semi-presidenziale

FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE

La forma di governo degli Stati Uniti è classificata come forma di governo


presidenziale disegnata dalla costituzione del 1787; rappresenta il modello
esemplare del presidenzialismo ed è stata oggetto d'imitazione in vari paesi in
via di sviluppo, in America latina e centrale, in Africa e in Asia.
L'intera struttura costituzionale è fondata su un'interpretazione del principio
della separazione dei poteri piuttosto rigida: da una parte il legislativo con la
funzione di produrre le leggi; dall'altra l'esecutivo incaricato di dare attuazione
alla legislazione nel quadro della sua azione politica.

PRESIDENTE

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 34


Il Presidente è eletto direttamente dal corpo elettorale e presiede e dirige il
governo composto da membri da lui nominati.

Esiste un dualismo paritario tra esecutivo e legislativo: il Capo dello Stato e il


parlamento sono entrambi legittimati democraticamente dal voto del corpo
elettorale e inoltre restano in carica per tutta la durata del loro mandato in
quanto il Presidente non ha il potere di sciogliere anticipatamente le camere e
non è prevista la revoca della fiducia da parte del parlamento

L'elezione del Presidente e del Vice-presidente si basa su una procedura a


doppio grado (elezione come se diretta)

 In una prima fase i cittadini, divisi per collegi elettorali corrispondenti ai


singoli Stati dell'Unione, eleggono i ' grandi elettori ' o 'elettori presidenziali'
in numero pari a quanti sono i deputati e i senatori di ciascuno Stato

 Gli elettori presidenziali sono poi riuniti in un organo federale, l'Electoral


College, che ha il compito di eleggere il Presidente e il Vice-presidente

Nella Costituzione americana, il Presidente è, al tempo stesso, il capo dello


Stato e il capo dell'esecutivo; per l'esercizio delle funzioni di governo egli si
avvale di collaboratori di sua fiducia che egli stesso nomina (e, nel caso,
revoca) come segretari di Stato che, pur senza costituire un organo formale,
costituiscono il 'gabinetto' del Presidente che si riunisce periodicamente.

La posizione costituzionale del Presidente si è andata progressivamente


accentuando per una serie di fattori che hanno attraversato la storia
costituzionale nordamericana:

l'affermarsi degli Stati Uniti come potenza egemone a livello mondiale ha


conferito alla politica estera e alla difesa una posizione di assoluta
preminenza nel quadro delle politiche nazionali, finendo per incidere sugli
equilibri costituzionali a favore della presidenza

le più importanti crisi economiche che hanno afflitto l'economia


nordamericana e mondiale a partire dallo scorso secolo hanno consegnato
nelle mani del Presidente poteri di governo sempre più ampi, essendo
diffusa l'opinione che spettasse al capo dell'esecutivo, piuttosto che al
Congresso, affrontare le situazioni di emergenza

CONGRESSO

Il Congresso è un organo parlamentare bicamerale cui la costituzione


conferisce il potere legislativo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 35


📌 La Camera dei rappresentanti è composta da 435 deputati, eletti su
base nazionale in modo proporzionale alla popolazione degli Stati; i
deputati restano in carica per due anni

📌 Il Senato è invece composto da due rappresentanti per ogni Stato


membro, che vengono rinnovati per 1/3 ogni due anni (ogni Stato ha
due senatori indipendentemente dal numero di popolazione: questo
deriva dalla storia, dal fatto che le tredici ex colonie disomogenee
hanno scelto per l'eguale rappresentanza.

Si tratta di un bicameralismo di tipo quasi-paritario; rispetto al Senato, la


Camera ha la prerogativa dell'iniziativa legislativa in materia tributaria.

Congresso in seduta comune: procede alla revisione costituzionale sulla


base di maggioranze rafforzate.

Senato: potere di approvazione delle nomine presidenziali dei funzionari


federali e dei giudici della Corte Suprema; nonché, con una maggioranza dei
2/3 approva i trattati internazionali conclusi dal Presidente

Camera: potere esclusivo di promuovere la procedura di impeachment per


messa in satato d'accusa del Presidente (non riguarda cause politiche come
malgoverno ma REATI commessi nell'esercizio delle sue funzioni esempio
Nixon rischiò perchè fece cercare nel Watergate documenti per vincere
elezioni contro democratici → si dimise. Clinton lo rischiò per aver
testimoniato il falso, Trump divulgazione file riservati a governo straniero, in
particolare russo). Il giudizio spetta invece al Senato che, in tale occasione, è
presieduto dal Presidente della Corte Suprema e non dal Vice-presidente
degli Stati Uniti

Nel quadro del bilanciamento dei poteri è rilevante il potere del Presidente di
porre il veto sospensivo sulle leggi approvate dal Congresso; solo con
un'ulteriore approvazione a maggioranza dei due terzi il Congresso può
superare l'opposizione presidenziale.

D'altra parte, il Presidente è privo formalmente del potere di iniziativa legislativa


ma va esercitata di fatto tramite l'elaborazione di proposte da parte delle
diverse amministrazioni che poi formalmente vengono presentate dai membri
del congresso → discorso annuale 'sullo Stato dell'Unione' costituisce un vero

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 36


e proprio programma legislativo che il Presidente indirizza ai membri del
Congresso affinché sostengano e attuino con la legislazione l'azione di
governo.

Il sistema USA presenta quindi molti check and balance : poteri bilanciati dalla
necessità di intervento di altri poteri

balance potere legislativo → le più importanti nomine del Presidente (come


i Trattati) devono ricevere il cd. ' advise and consent ' del Senato

balance potere esecutivo → il Presidente ha il potere di veto (nasce nella


Roma repubblicana) sulle leggi del Congresso (nel 4% dei casi il parlamento
non riesce a ottenere i due terzi poiché sistema bipolare; il sistema bipolare
dipende dal sistema elettorale che è maggioritario uninominale)

il rinnovo biennale (elezioni mead term) di tutta la Camera e di un terzo dei


senatori 6 anni per rinnovarlo tutto) costituisce il fondamento di quello che si
definisce il 'governo diviso': Presidente e legislativo sono spesso di colore
politico diverso.

Il problema principale del presidenzialismo è il pericolo di 'blocco' del sistema


(governo diviso, shared goverment) quando il Presidente è di colore politico
diverso da quello in maggioranza del legislativo: questo indica forte
separazione dei poteri; dopo il secondo dopo guerra è quasi la normalità che i
due poteri siano di colore politico diverso.

→ In conclusione il dualismo paritario tra esecutivo e legislativo, che


caratterizza la forma di governo presidenziale degli Stati Uniti d’America,
conserva nel tempo la sua efficacia grazie ad una separazione dei poteri
attuata sul principio di checks and balances .

CORTE SUPREMA

E' composta da 9 componenti, designati dal Presidente degli Stati Uniti e


approvati dal Senato, i quali restano in carica a vita

Rappresenta il vertice del sistema giudiziario per le questioni di diritto federale


e per la risoluzione dei conflitti di attribuzione fra gli Stati membri e fra questi e
lo Stato centrale.
Pur al di fuori di una esplicita attribuzione costituzionale, la Corte svolge
un'importante funzione di controllo di costituzionalità delle leggi

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 37


Il tentativo di appropriarsi della forma di governo presidenziale nordamericana
da parte di altri ordinamenti costituzionali, specie in America Latina, non di
rado ha portato ad esperienze degenerative (causate da blocco del
presidente). La profonda diversità dei contesti costituzionali, politici e sociali
rispetto al modello originario (in America Latina sono presente partiti ideologici
e sono molti) ha dato luogo a esperienze costituzionali caratterizzate da una
netta preminenza del presidente e un ruolo del parlamento sempre più debole
a favore delle forze armate con l'attenuazione dei capisaldi del tessuto
democratico-pluralistico.
→ cd. 'regimi presidenzialisti'

In definitiva, il modello presidenziale nordamericano non ha trovato attuazione


in altri Stati essendo un modello profondamente radicato nelle origini storiche e
politiche della costituzione degli Stati Uniti.

Pregi e difetti presidenzialismo:

pregi

stabilità esecutivo per 4 anni

la chiara imputazione della responsabilità politica; Negli Usa la


responsabilità politica è trasparente (ad esempio si sa chi sponsorizza i
partiti)

la personalizzazione della politica contro il disinteresse e la cd.


'partitocrazia'

difetti

se il Presidente è incapace non ci sono mezzi per sostituirlo

il Presidente non può obbligare il legislativo a seguirlo → formalmente non


può neanche proporre un disegno di legge

lo strapotere delle 'lobbies' che si sostituiscono alle ideologie

la possibile deriva plebiscitaria e videocratica

FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE


Perché il presidenzialismo non si è affermato in Europa ma solo nelle Americhe?

Tutti gli Stati sono o parlamentari o semipresidenziali (il presidente austriaco e


finlandese vengono eletti dal popolo ma sostanzialmente si tratta di
parlamentarismo)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 38


il motivo è storico: 1 il monarca non veniva eletto ma principio ereditario
quindi non viene eletto direttamente. 2 quando crollano le Monarchie il
clima storico-politico in Europa non ha permesso l'adozione del sistema
presidenziale, perché la volontà di concentrazione di forti poteri in una sola
persona si scontrava con il passato dittatoriale e autoritario di molti Stati
(così successe nell'Assemblea Costituente Italiana: dittatura fascista)

La forma di governo parlamentare, che nasce in Inghilterra, si fonda sulla


seguente caratteristica: tra legislativo e esecutivo esiste un rapporto di
fiducia parlamentare, nel senso che l'esecutivo per rimanere in carica deve
godere nella fiducia parlamentare.
Parlamento: eletto direttamente dal popolo, è dotato di piena legittimazione
democratica
Governo: emanazione del parlamento: la permanenza del rapporto di fiducia
assicura la continuità dell'azione di governo; ove però questa venga meno, a
seguito del voto di sfiducia del parlamento, il governo è tenuto a dimettersi
Negli ordinamenti nei quali il parlamento è strutturato in due Camere, il
rapporto di fiducia può instaurarsi tra il Governo ed entrambe le Camere, come
accade in Italia, oppure tra il Governo ed una sola Camera, quella
politicamente rappresentativa dell'intero corpo elettorale: è il caso della
Germania.

Vi sono molte differenze nel rendimento di tali forme di governo, in ragione di


diversi fattori, come, per esempio, il sistema dei partiti, il sistema elettorale e
diversi congegni di 'razionalizzazione' delle forme di governo parlamentari.
→ rischio: dittatura parlamentare: razionalizzare parlamentarismo significa
rendere maggiormente stabile ed efficiente l'esecutivo, anche per evitare lo
'stapotere del parlamento' (prima di Mussolini i governi duravano in media 1
anno, così anche dopo)

Alcuni esempi di parlamentarismo:


Il premierato britannico

Per molti secoli i parlamentari inglese hanno svolto un ruolo di contenimento


dei poteri della Corona; ma a partire dalla fine del XVIII secolo 1782 si è
affermato il principio per cui i ministri, e in particolare il Primo ministro,
dovessero ricevere la fiducia della Camera dei Comuni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 39


Nel corso del Settecento l'arena politica era stata dominata dal dualismo Whigs
e Tories; lo Stato liberale aveva poi assistito alla nascita dei grandi partiti: nel
corso del Ottocento, il partito conservatore e il partito liberale; all'inizio del
Novecento, poi, il partito laburista.

A partire dal secondo dopoguerra, i conservatori e i laburisti si sono alternati


nei ruoli di governo e di opposizione, dando vita sostanzialmente ad un sistema
bipartitico.
Il quadro politico così semplificato, insieme al modello elettorale fondato sul
criterio maggioritario e sui collegi uninominali, ha contribuito a stabilizzare il
rapporto tra esecutivo e maggioranza parlamentare.

Caratteri generali e governo:

'parlamentarismo maggioritario' o 'a prevalenza del governo': sistema


bipartitico, maggioranza parlamentare stabile, un'alternanza ciclica alla guida
dell'esecutivo (esecutivo monopartitico) tra le forze politiche, partiti disciplinati
e gerarchici.
La forma di governo parlamentare britannica vede una netta prevalenza del
governo e una centralità di posizione del Primo ministro che ha la direzione
dell'esecutivo e ampi poteri di manovra per quanto riguarda la struttura e il
funzionamento dell'apparato di governo.

Il Primo ministro è inoltre nominato dal sovrano in seguito alle elezioni politiche:
per convenzione costituzionale, viene investito delle funzioni di capo del
governo il leader del partito che ha vinto le elezioni si determina così un
quadro di assoluta omogeneità tra il governo e la maggioranza parlamentare; è
improbabile che la Camera dei Comuni voti la sfiducia al governo.

Viceversa, il governo può sollecitare la Corona a sciogliere anticipatamente la


camera elettiva quando ritenga di poter tranne maggiori vantaggi dalle nuove
elezioni politiche.

La struttura di governo è articolata tra Cabinet e Goverment.

Cabinet : gabinetto ministeriale, è presieduto dal Primo ministro e


comprende i responsabili dei principali dicasteri Ministers e Secretaries of
State) oltre che quegli altri ministri la cui presenza sia ritenuta utile o
opportuna dal Premier: è questo l'organo che dirige effettivamente l'azione di
governo e può essere convocato anche in una forma più ristretta (inner
Cabinet)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 40


Goverment: governo in senso ampio; include tutti i ministri, con e senza
portafoglio, anche estranei al gabinetto, e tutti gli altri soggetti che
concorrono a dare corpo al Cabinet system (junior Ministers, Parlamentary
Secretaries, Permanent Segretaries,ecc.)

Un peso crescente è attribuito all'attività normativa del governo, esercitata


sulla base di delega parlamentare o senza delega.
Parlamento

Il parlamento britannico è composto dalla Corona e dalle due camere: la


Camera dei Comuni e la Camera dei Lord (quest'ultima composta da membri
ereditari e nominati a vita).

Le funzioni del sovrano rispetto al parlamento sono ormai ridotte a pura


formalità e atti dovuti;

La Camera dei Lord, a sua volta, pur essendo formalmente contitolare della
funzione legislativa, ha visto progressivamente ridursi il proprio ruolo politico
(camera poco rappresentativa della popolazione)

La Camera dei Comuni: la funzione legislativa è di fatto nelle sue mani e


agisce in stretta correlazione con il governo; questo, infatti, facendo leva con
il solido rapporto con la maggioranza dirige l'attività di produzione delle leggi
sia con l'esercizio dell'iniziativa legislativa che con il coordinamento
dell'agenda parlamentare

Opposizione parlamentare: il leader del secondo partito classificato assume il


ruolo istituzionale di leader dell'opposizione di Sua Maestà e forma il proprio
gabinetto ( shadow cabinet) con il quale svolge una funzione di rilievo
costituzionale: costruire le basi politiche per l'alternanza (la semplificazione del
sistema a bipartitico contribuisce a rendere efficace l'azione dell'opposizione
parlamentare).

Il parlamento inglese non ha mai sfiduciato il Governo: il cambiamento del


Governo è avvenuto, prima delle elezioni, soltanto per motivi interni al partito,
come avvenne per la Thatcher ed oggi con Blair.

Cancellierato della Repubblica federale tedesca


Caratteri generali e governo

Altro parlamentarismo maggioritario, dotato di meccanismo di razionalizzazione

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 41


La costituzione tedesca del 1949 ha prefigurato una forma di governo
parlamentare che assegna al capo governo, il Cancelliere federale, un ruolo
politico di spicco e poteri rilevanti.

Stato tedesco: stato di carattere federale che riconosce ai Lander la potestà


legislativa in numerosi ambiti di competenza

📌 In questo contesto, la forma di governo parlamentare disegnata dalla


costituente assegna una netta prevalenza al governo del Cancelliere
che è eletto dalla Camera bassa Bundestag) su proposta del
Presidente federale (il capo dello Stato), a maggioranza dei suoi
membri.

Nel caso di mancata elezione, la Camera dispone di un tempo limitato 14


giorni) per eleggere un altro candidato alla Cancelleria sempre a maggioranza
assoluta. Decorso tale termine, è eletto il candidato che ottiene la maggioranza
relativa dei voti; in tal caso però è rimessa la decisione al Presidente federale
sull'alternativa tra procedere alla nomina oppure sciogliere il Bundestag.
Allo scopo di garantire la stabilità e l'autonomia del governo, la costituzione ha
previsto alcuni istituti (meccanismi di razionalizzazione) destinati a dotare di
maggiore resistenza il rapporto di fiducia che scaturisce dall'investitura
parlamentare del Cancelliere:

istituto di sfiducia costruttiva: il Cancelliere può essere rimosso quando il


Bundestag, all'atto di votare la sfiducia sia in condizioni di esprimere
contemporaneamente a maggioranza assoluta un nuovo Cancelliere → evitare
crisi di governo prive di alternativa concreta e immediata

Il 'Cancelliere', inoltre, può proporre lo scioglimento del Bundenstag se una sua


questione di fiducia non è passata: lo scioglimento non avviene se si elegge un
nuovo 'Cancelliere'.

stato di emergenza legislativa: quando il Cancelliere pone la questione di


sfiducia e il Bundestag la respinge, il Capo del governo, può chiedere al
Presidente federale la dichiarazione di questo stato che gli permette di
governare per sei mesi con il solo sostegno del Bundestrat

clausola di sbarramento al 5% prevista dalla legge elettorale per garantire


stabilità

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 42


Il Parlamento

Il parlamento è bicamerale; tuttavia il rapporto di fiducia si instaura solo con


l'investitura del Cancelliere da parte del Bundestag.

Le due camere esercitano una funzione legislativa eguale quando si tratta di


materie di interesse dei Lander; per il resto il Bundestag ha un ruolo preminente
infatti una legge approvata dal Bundestag non può essere rigettata dal
Bundestrat: questi può solo porre un veto sospensivo; in tal caso, una seconda
votazione a maggioranza qualificata del Bundestag sarà sufficiente per
approvare definitivamente la legge contestata.

Il Tribunale costituzionale

Si tratta di un organo cui competono una serie di attribuzioni destinate ad


assicurare l'equilibrato assetto tra i poteri.
Compiti: risolve i conflitti tra lo Stato federale e i Lander, nonchè tra i poteri
dello Stato; il controllo di costituzionalità dei partiti (e nel caso ne pronuncia lo
scioglimento), delle leggi federali, delle leggi dei Lander, giudica il Presidente in
caso di stato d'accusa da una delle due camere

le storiche decisioni del Tribunale Costituzionale che negli anni cinquanta


dichiararono 'antisistema' il partito nazista e quello comunista: il sistema
partitico da qui in avanti non è più composto da 5/6 partiti ma da 2/3, esiste
il centro-destra e centro-sinistra, partito social democratico e partito
cattolico (+ verdi e liberali saltuariamente)

Il sistema tedesco ha una stabilità del vertice del Governo eccezionale: i


'Cancellieri' tedeschi sono stati meno che tutti gli altri vertici degli esecutivi dei
parlamentarismi: dal 1950 ad oggi 'solo' 8 'Cancellieri'.

Il sistema spagnolo

Il Re, Capo dello Stato è “arbitro” tra le istituzioni, può presiedere il Consiglio
dei Ministri, nomina il Presidente del Consiglio dopo che questi ha ottenuto la
maggioranza assoluta in Parlamento e nomina e revoca i Ministri, su proposta
del Presidente del Consiglio.

Il sistema elettorale per il Congresso, che è costituzionalizzato, è il


proporzionale. Anche in Spagna esiste la sfiducia costruttiva, però approvata
dalla maggioranza assoluta.

La Francia della seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso era
attraversata da turbolenze di natura politica e istituzionale (un parlamento

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 43


dilaniato da una molteplicità di partiti e posizioni politiche e incapace di
assumere decisioni definitive) che portarono alla fine della IV Repubblica e
l'avvento, nel 1958, della V repubblica.

Su queste basi nacque la costituzione francese del 1958 designata da Charles


de Gaulle dove sono delineate le caratteristiche essenziali della forma di
governo semi-presidenziale francese; caratteristiche integrate dalla
importante riforma del 1962 che consegnò al popolo sovrano l'elezione diretta

del Presidente della Repubblica .

La forma di governo semi-presidenziale combina i caratteri appartenenti a due


diversi modelli di forma di governo: quella presidenziale, per l'elezione diretta
del capo dello Stato; quella parlamentare, per il rapporto di fiducia tra governo
e parlamento.

Tre elementi costitutivi:

L'elezione diretta a suffragio universale del Presidente della Repubblica,


che è capo dello Stato e capo dell'esecutivo

L'attribuzione al Presidente della Repubblica di importanti poteri e la sua


indipendenza dal parlamento in mancanza di rapporto fiduciario

Un governo, guidato da un Primo ministro, che deve godere della fiducia


del parlamento

L'architettura di questa forma di governo presenta un dato peculiare: la


struttura diarchica o bicefala dell'esecutivo. A capo del governo, infatti, sta il
Presidente della Repubblica il quale riceve l'investitura democratica
direttamente dal popolo ma nel governo siede anche un Primo ministro che ha
ricevuto la sua investitura con la fiducia parlamentare.

Il Presidente:

presiede il Consiglio dei Ministri

nomina il Primo Ministro, che però deve avere la fiducia del Parlamento

può sottoporre a referendum tutte le leggi in materia di organizzazione dei


pubblici poteri, di Regioni e di Trattati

scioglie il Parlamento

dispone di poteri eccezionali in caso di minacce al territorio e


all'indipendenza

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 44


Il Presidente, inoltre, detiene importanti poteri in politica estera, come la
negoziazione, la firma e la ratifica dei Trattati internazionali.
Il Primo Ministro:

dirige l'azione del Governo

è responsabile della difesa nazionale

esercita il potere regolamentare

La diarchia dell'esecutivo può avere un andamento oscillante a seconda delle


circostanze politiche: un'influenza importante sull'equilibrio dell'esecutivo è
dato dall'esito delle due elezioni politiche a suffragio universale: quella del
Presidente della Repubblica e quella dei membri del parlamento, in particolare
dell'Assemblea nazionale (camera bassa) che esprime la fiducia al Primo
ministro ed al suo governo.

Cosa può succedere:


Quando la stessa coalizione politica vince entrambe le elezioni (per agevolare
questa possibilità una riforma del 2000 ha uniformato la durata del mandato
presidenziale e quella della legislatura a 5 anni), il Presidente, leader della
coalizione, registra la massima espansione dei poteri che gli sono conferiti dalla
Costituzione.

Viceversa, quando il Presidente della Repubblica è espressione di una


coalizione diversa da quella che ha vinto le elezioni al parlamento, il Primo
ministro sarà espressione della fiducia di quel parlamento determinandosi così
le condizioni di una 'coabitazione' con la seguente compressione dei poteri del
Presidente a favore del Primo ministro

Il buon funzionamento di questa forma di governo dipende in gran parte dal


senso di responsabilità delle personalità protagoniste della vita politica
francese, della cultura dominante, delle convenzioni costituzionali e dalle
buone prassi.

Il quadro delle regole costituzionali, infatti, potrebbe trovare un'interpretazione


e un'applicazione tali da determinare uno stallo istituzionale; è quello che si è
verificato nei paesi ex sovietici, che, dopo la caduta del muro di Berlino e
l'avvio di processi di democratizzazione delle Repubbliche satelliti, hanno
adottato i pregi dell'esperienza francese (costituzione rumena del 1991 e
costituzione polacca del 1992.

La forma di governo direttoriale e l'attuale modello svizzero

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 45


Si tratta di una soluzione istituzionale che, da un lato, deriva dal carattere
federale dell'ordinamento elvetico e, dall'altro, fa leva sul principio della
collegialità della funzione di governo (da qui l'espressione governo
direttoriale).
→ nasce da unione di culture diverse (tedeschi, ladini, italiani, francesi) nei
diversi Cantoni: si tratta di un paese articolato in una pluralità di comunità
etniche, religiose e linguistiche che hanno trovato una composizione
equilibrata.

Il Parlamento è bicamerale (bicameralismo perfetto) e viene detto Assemblea


federale, i cui membri sono eletti per quattro anni, formato da:

Consiglio nazionale che rappresenta proporzionalmente la popolazione dei


Cantoni

Consiglio degli Stati che è formato dai rappresentanti dei Cantoni (due per
ciascuno)

Il parlamento elegge i sette membri del direttorio, il Consiglio federale, il quale


svolge le funzioni di governo e, al contempo, di Capo dello Stato. Il Consiglio
federale è un organo collegiale composto da sette membri, resta in carica per
quattro anni.
I 7 membri del Consiglio federale sono eletti secondo la cd. 'formula magica' →
regola consuetudinaria/convenzione/prassi che regola 'come' il Parlamento
elegge il Consiglio Federale. Nella elezione devono quindi rispettarsi le seguenti
regole. Dei 7 membri del Consiglio

4 di lingua tedesca 2 francesi 1 italiano

4 protestanti e 3 cattolici;

2 radicali 2 cattolici 2 socialisti 1 agrario

In ogni caso nessun Cantone 26 può avere più di un rappresentante nel
consiglio federale.
Non è prevista alcuna forma di revoca del mandato o sfiducia parlamentare; né
il direttorio può determinare lo scioglimento anticipato dell'Assemblea → tra i
due organi, infatti, si determina una netta separazione che assicura stabilità
La costituzione del 1848, riformata nel 2000, ha disegnato un sistema federale
che riconosce ampie autonomie ai Cantoni.
Esistono molte forme di intervento diretto dei cittadini nel governo attraverso

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 46


assemblee cittadine, iniziativa attiva alla produzione delle norme e l'utilizzo del
referendum.

Generale tendenza al rafforzamento dell'esecutivo nelle odierne democrazie e


valore attuale del principio di divisione dei poteri di indirizzo politico attivo e dei
poteri garanti e reciproci bilanciamenti
Lo Stato di democrazia pluralistica ha conosciuto, nel corso del XX secolo, una
profonda trasformazione politico-sociale.
L’espansione delle finalità dello Stato e la necessità di coordinamento
dell’esercizio delle funzioni politiche hanno inciso profondamente sul significato
del principio della separazione dei poteri.

La funzione d’indirizzo politico, che ha assunto un ruolo decisivo nelle


esperienze costituzionali moderne, si traduce nella determinazione delle linee
portanti dell’azione politica dello Stato, sia all’interno dell’ordinamento, sia nelle
relazioni internazionali.

L’accentuarsi del ruolo della funzione di indirizzo politico ha determinato


diverse tendenze:

tendenza monistica, nella quale si è venuto a rafforzare il rapporto tra


Governo e maggioranza parlamentare. In questo contesto, il Capo dello Stato
assume un ruolo sempre più rappresentativo ed estraneo alla determinazione
dell’indirizzo politico.

tendenza a “razionalizzare” il rapporto tra governo e parlamento. Si tratta


di misure e meccanismi che operano per rendere stabile il rapporto di fiducia
e, conseguentemente, assicurare maggiore governabilità (modalità di
investitura del governo, meccanismi di regolazione del rapporto di fiducia
ecc.)

la tendenza più evidente del parlamentarismo contemporaneo va tuttavia


riconosciuta nel rafforzamento del ruolo del governo e in particolare del
Primo ministro: la funzione d’indirizzo politico tende a concentrarsi
nell’esecutivo, esercitandola con il supporto funzionale della maggioranza
parlamentare. L’esecutivo non si limita a dare esecuzioni a decisioni altrui ma
è un organo governante che determina gli obiettivi dell'azione politica dello
Stato e ne coordina l'attuazione.

→ ipertrofica produzione legislativa e un correlato deterioramento della qualità


della legislazione:

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 47


leggi-provvedimento: dispongono il caso concreto e rispetto a soggetti
determinati assumendo ciò la sostanza di un provvedimento (anziché recare
un contenuto generale e astratto)

'crisi della legge': la produzione delle leggi scaturiscono dalla ricerca di


difficili compromessi e artificiose sintesi, non di rado rinvia la determinazione
del significato delle disposizioni nell'atto dell'applicazione. Questo pone nelle
mani dell'amministrazione un margine di interpretazione e discrezionalità che
non spetterebbe loro stante la tradizionale separazione tra i poteri dello Stato

L'accentuarsi della funzione d'indirizzo politico unitamente alla tendenza


monistica viene generalmente controbilanciato dagli istituti di garanzia
costituzionale: garanzia giurisdizionale della costituzione (in genere affidata
alla Corte costituzionale) e le disposizioni costituzionali in tema di revisione,
totale o parziale, della costituzione medesima → meccanismi destinati a
contenere i rischi di una 'tirannia della maggioranza'

Anche il Presidente della Repubblica, in quanto organo super partes, assicura


gli equilibri costituzionali del sistema, svolgendo la funzione di garante del
corretto e regolare svolgimento della vita costituzionale del paese.

5: Unione europea
Origini del processo di integrazione europea:

La crisi degli stati nazionali evidenziata dalla seconda guerra mondiale fece
sviluppare quelle idee di una forma di integrazione europea.
Ci fu un primo tentativo di creare una Comunità Europea di Difesa CED per
istituire una forma di cooperazione militare, ma il progetto, condiviso da sei
paesi (gli stessi che daranno vita alla CECA, si arenò con la mancata ratifica
del trattato siglato a Parigi nel 1952.

Si realizzò una forma di integrazione economica settoriale, con la ratifica nel


1953 (firmato nel 1951 del Trattato che istituiva la Comunità europea del
carbone e dell'acciaio ( CECA ).

Questo processo di integrazione si sviluppò con la creazione della Comunità


economica europea ( CEE ) e della Comunità europea dell'energia atomica
CEEA o Euratom) con i Trattati di Roma ratificati nel 1958.

→ integrazione fondata sulla creazione di un Mercato comune, l'unione


doganale, e l'adozione di politiche comuni che ha posto meno problemi su

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 48


cessioni di sovranità, in linea quindi, anche con l'art.11 della Costituzione
italiana

tutela libertà di circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali,
nonché la garanzia della libera concorrenza

Il processo di integrazione proseguì per tutto il secolo portando ad un graduale


allargamento del novero dei paesi membri.

Si ha poi il trattato di Maastricht (del 1992, ratificato nel 1993 con cui si crea
l' Unione Europea UE. Gli Stati cedevano porzioni di sovranità all'Unione da
gestire, però, con metodo intergovernativo. Veniva poi introdotto il principio di
sussidiarietà come principio regolatore degli interventi dell'Unione anche in
ambiti non suoi esclusivi.

→ si istituì anche una cittadinanza dell'Unione che è andata ad aggiungersi a


quella nazionale:

voto attivo e passivo per le elezioni amministrative dello stato membro in


cui si risiede e per le elezioni del parlamento europeo

diritto alla tutela consolare/diplomatica nei paesi extra-europei da parte


degli altri stati membri

Negli anni successivi sono stati ratificati nuovi trattati, in particolare quello di
Lisbona (entrato in vigore nel 2009 che ha abrogato tutti i precedenti trattati.
Questo nuovo trattato ha: chiarito il riparto delle competenze tra Unione e Stati
membri, ha rafforzato il principio democratico e la tutela dei diritti fondamentali,
anche attraverso l'attribuzione alla Carta dei diritti di Nizza del medesimo
valore giuridico dei trattati.

L'attuale assetto istituzionale dell'Unione Europea

Al vertice il Consiglio Europeo , composto dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi
membri e dal Presidente di Commission, definisce gli orientamenti generali e le
priorità politiche generali dell'Unione, ma non partecipa all'attività legislativa.

Il Consiglio elegge il suo presidente a maggioranza qualificata per un mandato


di due anni e mezzo e si riunisce due volte a semestre, di solito, a Bruxelles.

L'attività legislativa viene affidata all'iniziativa pressoché esclusiva della


Commissione Europea con sede a Bruxelles e all'esercizio da parte di un
sistema 'bicamerale' composto dal Parlamento Europeo codecisore assieme al
Consiglio (dei Ministri):

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 49


Il Parlamento Europeo è un organo legislativo composta da 705 (dopo Brexit,
prima 750 parlamentari, viene eletto ogni cinque anni con elezioni che
avvengono in contemporanea in tutti i Paesi dell'Unione: le sue sedute
avvengono in parte a Bruxelles, in parte a Strasburgo.

Il Consiglio (dei Ministri dei Paesi membri) è l'altro organo codecisore


nell'attività legislativa ed è una camera rappresentativa degli Stati a
composizione variabile a seconda della materia dell'ordine del giorno.

La Commissione è l'organo esecutivo dell'Unione e gioca un ruolo essenziale nella


preparazione e nell'esecuzione della politica europea. Il Presidente della
Commissione viene eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei suoi
componenti, su proposta del Consiglio europeo.

La Corte di Giustizia è l'Istituzione che assicura il rispetto del diritto europeo e


rappresenta l'istanza giudiziaria suprema dell'Unione. Essa comprende più
giurisdizioni:

Corte di Giustizia

Tribunale

Tribunali specializzati in alcune materie

(sede: Lussemburgo)

La Banca Centrale Europea : istituzione sempre più importante per i paesi che
hanno adottato l'Euro come moneta. La BCE, assieme alle banche centrali
nazionali, costituisce il Sistema europeo delle banche centrali e la BCE e le
banche nazionali centrali la cui moneta è l'euro, costituiscono l'Eurosistema e
conducono la politica monetaria dell'Unione.

La BCE ha personalità giuridica ed è indipendente nell'esercizio delle sue


competenze.

I principi fondanti dell'Unione Europea:

principio di attribuzione

principio di leale collaborazione

principi di sussidiarietà e proporzionalità

Principio di attribuzione:

principio che indica la ripartizione delle competenze tra Stato e unità


federale (tipico di un ordinamento federale come USA i Trattati europei

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 50


non hanno mai previsto in modo esplicito e netto una ripartizione delle
competenze. Il Trattato di Lisbona, comunque, stabilisce gli ambiti di
competenze dell'Unione Europea (pochi settori) dove l'Unione può
legiferare adottando atti giuridicamente vincolanti:

-unione doganale

-definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del


mercato interno

-politica monetaria

-conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica
comune della pesca

-politica commerciale comune


La lista delle competenze concorrenti raggruppa poi la maggior parte delle
competenze: relativamente ad esse l'Unione e gli Stati membri possono
legiferare ed adottare atti giuridicamente vincolanti con la particolarità che gli
Stati possono esercitare la loro competenza solo nel caso in cui l'Unione non
l'abbia già esercita oppure nell'ipotesi in cui l'Unione receda dall'esercizio.

Principio di leale collaborazione:

Gli Stati debbono inoltre astenersi da qualsiasi misure che rischi di


compromettere la realizzazione degli obiettivi previsti e debbono facilitare
all'Unione l'adempimento dei suoi compiti: 'lealtà comunitaria'.

Principi di sussidiarietà e proporzionalità:


Perché si potesse realizzare il processo di integrazione, gli Stati membri hanno
dovuto in qualche modo limitare la propria sovranità.
Il Trattato di Lisbona precisa come l'esercizio delle competenze non esclusive
da parte dell'Unione debba essere basato sui principi di sussidiarietà e
proporzionalità.
Principio sussidiarietà: l'Unione interviene nei settori che non sono di sua
esclusiva competenza solo se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione
prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, né
a livello centrale, né a livello regionale e locale, e possono essere realizzati, per
portati o effetti, meglio a livello di Unione.

Al principio di sussidiarietà è stato affiancato quello di proporzionalità in base al


quale l'Unione deve utilizzare mezzi legislativi adeguati e proporzionali agli

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 51


scopo fissati, salvaguardando in tal modo le competenze degli stati membri.

La crisi finanziaria del 2008/2009 ha generato un cambiamento di rotta nel


processo di integrazione europea con l'approvazione del Meccanismo europeo
di stabilità e il cd. Fiscal Compact.

6: Ordinamento italiano: storia e caratteri


Italia: Dallo Statuto alla Costituzione

La storia costituzionale italiana si divide in tre-quattro periodi:

il periodo liberale 4 marzo 1848 - 1922

il periodo fascista 1922 - 1943

(periodo provvisorio) → periodo che parte con caduta di Mussolini fino al 2


giugno 1946

il periodo democratico (dal 1946 ad oggi, circa 70 anni)

Il periodo liberale

Il 4 marzo 1848 segna la data di concessione dello Statuto Albertino,


promulgato come Legge fondamentale del Regno di Sardegna concesso dal Re
Carlo Alberto al Regno di Sardegna, diventato poi Carta fondamentale del
Regno d'Italia con la sua proclamazione tramite la legge 17 marzo 1861, n 4761
(rimase formalmente in vigore per circa un secolo, fino all'avvento della
Repubblica)

Statuto Albertino

scritto in francese poi tradotto in italiano: Statuto (in ricordo del glorioso
passato medievale italiano, infatti i comuni italiani avevano i loro Statuti)
Albertino (da Carlo Alberto)

è una 'costituzione' liberale: traduce i principi cardine della Rivoluzione


francese, assegnando un ruolo fondamentale alla legge

concessa (ottriata): concessa dal sovrano con 'lealtà di Re e affetto di Padre'


→ non votate da un corpo legislativo e tanto meno dal popolo, ma concesse
(almeno formalmente) di spontanea volontà da un sovrano già detentore di
poteri assoluti.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 52


→ legge ordinaria, non sono previste procedure aggravate per la
flessibile

modifica e non è prevista l'istituzione di una Corte Costituzionale

breve → 84 articoli 139 attuali), dei quali solo 9 dedicati ai diritti e ai doveri (no
arresti non giustificati, diritto di priorità e poco altro: classici diritti liberali,
libertà dallo Stato).

FORMA DI STATO: nello Statuto erano presenti connotazioni tipiche dello Stato
liberale classico. Era infatti enunciato il principio dell'eguaglianza di tutti i
cittadini dinanzi alla legge ed erano riconosciuti i classici diritti fondamentali del
costituzionalismo liberale dell'epoca, in particolare diritti di libertà civile, tra i
quali un valore particolare era attribuito al diritto di proprietà.

Non però senza significative limitazioni → il riconoscimento degli stessi diritti di


libertà civile era racchiuso in un ristretto numero di articoli (nove in tutto), che
contenevano tra l'altro ampi rinvii per la loro disciplina alla legge ordinaria; il che
comportava un sostanziale depotenziamento della tutela degli stessi diritti dato
il carattere flessibile dello Statuto.

La prassi del periodo liberale: i diritti individuali sono stati molto limitati
dall'intervento (che non aveva limiti) del legislatore, anche se con il Codice
Zanardelli del 1889 si abolisce la pena di morte che la Toscana già aveva
abolito e che diventò condizione indispensabile affinché la Toscana entrasse a
far parte del Regno d'Italia (dopo Unità si uniforma il codice penale dei vari ex
Stati).

Ancora più limitato era poi il ruolo riconosciuto alle comunità locali; in un
contesto di notevole accentramento, tipico dello Stato liberale di stampo
francese.

FORMA DI GOVERNO: ascrivibile al tipo 'costituzionale puro', in un quadro di


divisione dei poteri che richiamava in notevole misura il classico modello
montesquieiano. Al Re infatti era demandato il potere esecutivo; il potere
legislativo era invece demandato al Parlamento bicamerale, composto da una
Camera dei deputati elettiva e da un Senato di nomina regia.
Ai giudici, infine, era demandato il potere giudiziario. Il quadro che emergeva
era formalmente improntato ad un spiccato ruolo decisionale del Sovrano, la
cui persona era definita dallo Statuto come 'sacra ed inviolabile',
Il Re partecipava in vari modi agli altri poteri dello Stato:

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 53


i Ministri erano nominati e revocati dal Re e non era previsto l'istituto della
fiducia parlamentare ad un Governo;

Nominava i membri del Senato;

Convocava annualmente le camere ed aveva il potere di sciogliere la


Camera dei deputati;

Sanzionava e promulgava le leggi;

Nominava giudici.

Prese poi sempre più piede l'esigenza che lo stesso Governo godesse della
fiducia del Parlamento (ed in particolare della Camera elettiva) → passaggio
dalla forma di governo costituzionale ad una forma di governo costituzionale
parlamentare di tipo 'dualistico', in quanto il Governo incominciò a necessitare
di una duplice fiducia, quella del Re e quella del Parlamento.

Vittorio Emanuele II si oppose più volte ai Governi, ma senza esiti perchè ormai
era il Parlamento a decidere. Nel 1878, morto il Re, De Pretis presentò le
dimissioni nelle mani di Umberto I, che però le rifiutò perchè il Governo aveva
l'appoggio del Parlamento.
Come per ogni Stato liberale, anche in Italia il suffragio durante il periodo
liberale è molto limitato: nel 1848 solo il 2% della popolazione aveva il diritto di
voto (sopra i 25 anni e 40 lire d'imposta), nel 1882 solo il 7%, mentre nel 1919 si
introduce il suffragio 'universale' maschile (maggiore età) e si adotta il sistema
proporzionale, cancellando i piccoli collegi uninominali.

Lo Stato 'monoclasse' liberale italiano entra in crisi anche per la nascita dei
partiti politici di massa: nel 1892 il Partito Socialista e nel 1919 il Partito
Popolare

Il periodo fascista

Il 23 marzo 1919 nascono con 300 persone i Fasci di Combattimento in Piazza


San Sepolcro a Milano, passando, tuttavia, del tutto inosservati.

Come il nazismo, anche il fascismo in Italia si instaura su basi legali: il dibattito,


tuttavia, ancora oggi divide gli studiosi.

Il 28 ottobre 1922 il Re, Vittorio Emanuele III, incarica Benito Mussolini di


formare un nuovo Governo al posto del Governo Facta. L’incarico fece molto
discutere ed ancora oggi è fonte di dibattiti.

Perché l’incarico a Mussolini è discutibile?

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 54


Primo: il Re doveva firmare lo “stato di assedio” proposto dal Governo e non
la nomina di Mussolini: la “marcia su Roma”, le intimidazioni e l’uso della
forza (con le occupazioni delle Prefetture da parte dei fascisti) avrebbero
consigliato la firma dell’assedio

Secondo: perché in una forma di governo parlamentare l’incarico dato ad un


esponente politico con “appena” 35 parlamentari è un fatto eccezionale,
una forzatura della prassi parlamentare.

→ Il Re, tuttavia, non firmò lo stato di assedio e incaricò Mussolini di formare il


Governo: una decisione molto discutibile, per gli episodi di violenza e per la
contrarietà alla prassi parlamentare, ma pur sempre una scelta che spettava al
Re di compiere.

Il 16 novembre 1922 Mussolini tiene il primo discorso in Parlamento, il cd.


“discorso del bivacco”: da un lato, mette in guardia il Parlamento dal fatto che
lo avrebbe potuto “sprangare” ma non lo fece, dall’altro, disse di voler rispettare
tutte le fedi religiose, in specie quella cattolica.

Il discorso fu criticato da De Gasperi e Turati, anche se ottenne lo scopo: avere


il “via libera” dei popolari per la fiducia . Mussolini, con “solo” 35 parlamentari,
ottenne la fiducia: 306 voti a favore, 116 contrari e 7 astenuti.
I popolari, quindi, non fecero mancare il loro appoggio: nel Congresso del 1923
pur ribadendo la loro autonomia, decisero di provare a far tornare il fascismo
nella legalità. Per i popolari, tuttavia, esisteva un punto fermo: il sistema
elettorale proporzionale.

Nel 1923 nasce la Milizia Fascista: la Milizia Volontaria per la Sicurezza


Nazionale. Sempre nel 1923 si adotta la legge elettorale “Acerbo” : un sistema
proporzionale con premio di maggioranza: chi otteneva più del 25% dei voti
aveva diritto ai 2/3 dei seggi!

La legge elettorale, in effetti, fu uno dei primi problemi del Governo Mussolini:
chiese di inserirla nei “pieni poteri” che il Parlamento gli aveva affidato in
materia tributaria e amministrativa, ma il Re si oppose. Ad ogni modo, i popolari
chiesero che il “premio” scattasse con il 40% dei voti, ma Mussolini non
accettò: si ricordi che Mussolini definiva le elezioni dei “ludi cartacei”, ossia, dei
“giochi di carta”.

Il 6 aprile 1924 si tennero le elezioni: le due liste fasciste ottennero il 66% dei
voti: seppur ridotta all’osso ancora esisteva un’opposizione in Parlamento.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 55


Il 10 giugno 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti, molto critico, tra
l’altro, rispetto alla legge Acerbo, scompare. Il 12 giugno 1924 le opposizioni
decidono per il cd. “Aventino”: si astengono dai lavori parlamentari, al che il
Presidente della Camera, Rocco, aggiornò i lavori sine die.
Il 3 gennaio 1925 Mussolini tiene il discorso con il quale, per molti storici, inizia
ufficialmente la dittatura: Mussolini si assume tutta la responsabilità
dell’accaduto (il corpo di Matteotti fu trovato il 16 agosto) e senza mezzi termini
afferma:

“se il fascismo non è stato che olio ricino e manganello e non invece una
passione superba della migliore gioventù, a me la colpa! Se il fascismo è stato
un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione”.

Inizia la fascistizzazione dello Stato con l'approvazione delle cd. 'leggi


fascistissime' con cui lo Stato liberale viene completamente annullato

vengono dichiarati decaduti tutti i 123 parlamentari dell'opposizione che


dopo omicidio Matteotti avevano deciso l'Aventino

il Partito Fascista diventa l'unico partito ammesso

il giuramento (la cui formula prevedeva il giuramento di fedeltà al Partito


Nazionale Fascista) divenne pre-condizione per l'ammissione del pubblico
impiego (su 1200 professori universitari tra ordinari e incaricati solo 13 non
giurarono. così come la maggior parte della popolazione era favorevole al
fascismo così in università molti erano favorevoli al fascismo → dittatura di
massa, anche se molti giurarono per combattere il fascismo dall'interno
continuando a diffondere i principi liberal-democratici, o comunque dovevano
lavorare).

Sin dal 1925 il 'Duce' diviene Capo del Governo (non si chiama più
presidente del Consiglio dei Ministri); a nominare e revocare i Ministri,
tuttavia, era ancora formalmente il Re (era questa la sua più importante
funzione residuale).

Nel 1926 vengono soppressi i Consigli comunali e sostituiti con Podestà di


nomina regia e viene approvata la legge sulla difesa dello Stato: tra le altre
cose, era previsto l'arresto da tre a 10 anni per chi tentasse di ricostruire i
partiti sciolti e la perdita della cittadinanza e la confisca dei beni per i
fuoriusciti. Soprattutto, la legge istituì il Tribunale speciale per i delitti politici,
per il quale fu reintrodotta la pena di morte (era stata revocata con codice
Zanardelli, questo ci fa vedere la connessione tra pena di morte e Stati non

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 56


democratici, ancora oggi la pena di morte è più presente in Stati non
democratici come Cina, Iraq; gli unici Stati democratici Usa e Giappone).

Nel 1928 nasce il Gran Consiglio del Fascismo

Nel 1929 si svolgono le ultime elezioni con la scelta pro o contro di un


listone di candidature fasciste. Sono documentate le violenze che subirono
coloro che votarono contro il listone

Nel 1937 i fratelli Rosselli sono assassinati

Nel 1939 nasce la Camera dei Fasci e delle Corporazioni

Si accentua la presenza dello Stato nell'economia: ad esempio si


acquistano azioni delle banche in crisi e si affidano all'IRI

Si risolve il problema del rapporto con la Chiesa: nel 1929 sono firmati i
'Patti Lateranensi' da cui nasce lo Stato della 'Citta del Vaticano' e il
Concordato, per regolare, tra l'altro, il matrimonio, l'insegnamento, il pubblico
impiego e altro.

La pagina più vergognosa del regime: nel 1938 si approvano le leggi


razziali: divieto di matrimonio misto, divieto di assumere pubblici impieghi e
altre limitazioni per circa 40000 ebrei italiani. Il censimento della popolazione
ebrea venne utilizzato dai nazisti quando occuparono il Paese.

Il periodo provvisorio: dal fascismo alla democrazia


Il 1 settembre 1939 scoppia la II Guerra Mondiale; inizialmente l'Italia non entra
in guerra, lo farà nel 10 giugno del 1940 a fianco della Germania nazista →
Mussolini propagandava la guerra come guerra lampo, poche vittorie
prestigiose per conquistare ed espandersi → si dimostrò subito impossibile.

Il 9 luglio 1943 inizia lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Il 7 maggio 1945 la


Germania firma la resa incondizionata. Il 6 e il 9 agosto 1945 gli Stati Uniti
sganciano su Hiroshima e Nagasaki la bomba atomica.

Il 24 luglio del 1943 il Gran Consiglio del Fascismo (non più convocato dal
1939, approva il cd. 'ordine del giorno Grandi', con il quale, appellandosi allo
Statuto, ancora formalmente in vigore, si chiede al Re di assumere l'effettivo
comando delle Forze Armate e di prendere le supreme decisioni. Con l'ordine
del giorno, secondo molti storici, si voleva soltanto la sostituzione di Mussolini
e il distaccamento dalla Germania nazista, ma gli effetti furono ben più generali.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 57


Il 25 luglio il Re, infatti, convocò Mussolini, lo revocò dalla carica di Capo del
Governo e lo fece arrestare, nominando al suo posto il Maresciallo Badoglio,
senza attendere le indicazioni del Gran Consiglio del Fascismo: si trattava del
cd. 'colpo di stato monarchico'

Lo stesso 25 luglio 1943 furono letti due 'proclami' alla radio: uno, del Re, che
diceva di avere accettato le dimissioni e di aver nominato Badoglio, l'altro, di
Badoglio, che gelò gli animi con il tanto temuto 'la guerra continua'.

Il primo Governo Badoglio 25 luglio 1943 17 aprile 1944, composto da militari
e tecnici, tentò di compiere una 'restaurazione monarchica': il ritorno
all'ordinamento statutario in vigore fino all'avvento del fascismo, depurandolo
delle istituzioni e delle leggi fasciste.

Si soppressero: il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, il Partito Fascista,


il Gran Consiglio del Fascismo, i cd. “organi corporativi”, tra cui la Camera dei
Fasci e delle Corporazioni. Si dispose che entro 4 mesi dalla fine della guerra si
sarebbero dovute tenere le elezioni della nuova Camera: il tentativo era
chiaramente quello di considerare il fascismo una “parentesi” e di tornare in
fretta al periodo statutario. Un tentativo velleitario che, infatti, fallì.

Il 3 settembre 1943 fu firmato l’armistizio a Cassibile, armistizio poi letto l’8


settembre 1943 alla radio da Eisenhower e Badoglio: fine delle ostilità,
collaborazione italiana, consegna della flotta e pieno poteri al Governo Militare
Alleato.

Cosa provocò l’8 settembre 1943? cd. 'morte della patria'

Primo: lo sfaldamento dell’esercito italiano lasciato senza ordini (il Re e


Badoglio fuggirono a Pescara e poi a Brindisi): sparare o disarmare di fronte ai
tedeschi? La maggior parte disarmò: portati in Germania e dichiarati “internati
militari” e non prigionieri di guerra. Ci furono comunque episodi eroici, come a
Cefalonia (martiri di Cefalonia).

Secondo: la liberazione di Mussolini e la nascita della RSI Repubblica sociale


italiana). Il 12 settembre i tedeschi sul Gran Sasso liberarono Mussolini e
Kesserling dichiarò l’Italia “territorio di guerra”. l 23 settembre nasce la RSI con
tre propositi: continuare la guerra al fianco dei nazisti, punire i traditori e
tornare alle origini repubblicane e sociali del fascismo. E’ un “governo di fatto”:
non solo non era il legittimo governo italiano, ma era voluta e diretta nella
sostanza da Hitler (che scorporò territori italiani senza grande resistenza).

la nascita della Resistenza italiana già il 9 settembre si costituì a Roma il


Terzo:

primo Comitato di Liberazione Nazionale CLN formato dai partiti della cd.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 58


“esarchia” DC, PCI, PSI, PdA, PdL e PL, seguito dai CLN locali, sia nelle zone
occupate che in quelle liberate. I I CLN sono anch’essi “governi di fatto”: si
auto-attribuiscono potestà governativa originaria a carattere provvisorio, in
concorso con altre autorità, esercitando in concreto questa potestà, all’interno
di una guerra o di una rivoluzione, il tutto allo scopo di organizzare
definitivamente il potere.

Il 28 gennaio 1944 si tenne il cd. “Congresso di Bari”, il primo congresso


antifascista europeo e il primo coordinamento di tutti i CLN. A Bari tutti
decisero di lottare contro il nazifascismo e di volere autonomia rispetto al
governo regio: non si trasformò, tuttavia, in “assemblea di governo”, anche
perché gli Alleati non erano convinti e c’erano discussioni anche tra i partiti dei
CLN. Il Congresso, tuttavia, istituì una Giunta Esecutiva Permanente per il
coordinamento delle attività dei CLN e, soprattutto, approvò un ordine del
giorno, da un lato, per rinviare la cd. “questione istituzionale” Monarchia o
Repubblica? e, dall’altro lato, per rinviare la partecipazione dei partiti
dell’esarchia al governo regio solo dopo la sostituzione del Re.
Il complesso dei CLN era perciò una sorta di “governo in fieri”: nelle zone
occupate aveva un’organizzazione politico-militare autonoma (solo dopo
collegata col governo ufficiale), nelle zone di operazione collaborava con il
Governo Militare Alleato e nelle zone restituite continuava una forte azione di
pressione.

Il rapporto tra i CLN e il governo Badoglio fu molto difficile: il governo approvò,


tra l’altro, la cd. “circolare Roatta”, con la quale si vietavano tutte le
manifestazioni politiche, si ordinava alle truppe di procedere contro gruppi di
individui che disturbano l’ordine pubblico come se si trattasse di nemici e si
ordinava di “passare alle armi” i cittadini che insultano le istituzioni e i militari
che li appoggiano. D’altro canto, il governo Badoglio non abrogò le leggi razziali
e non chiuse i campi di internamento in territorio italiano. Il governo Badoglio
non solo volle il ritorno allo Statuto ma lo fece in modo autoritario: si introdusse
la censura preventiva della stampa e, fatto gravissimo, mai accaduto, fu
intimato su tutta la Penisola il coprifuoco.

Come si uscì da questa situazione? Con la cd. “svolta di Salerno”: il 13 marzo


1944 l’URSS riconobbe il governo Badoglio e Palmiro Togliatti, capo del PCI,
tornato dalla Russia il 27, si espresse in una Salerno devastata dalle bombe a
favore della formazione di un nuovo governo Badoglio, con la partecipazione
dei partiti antifascisti e il rinvio a fine della guerra della questione istituzionale.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 59


In seguito si costituì il secondo governo Badoglio 22 aprile-18 giugno 1944
solo 45 giorni), con la partecipazione, come Ministri senza portafoglio, di
Benedetto Croce, Carlo Sforza e Palmiro Togliatti. Si noti che i CLN del Nord,
che nel gennaio del 1944 si coordinarono nel CLNAI Comitato di Liberazione
Alta Italia), nonostante l’evoluzione della situazione, vollero sempre una forte
autonomia operativa e politica: sino alla liberazione, per esempio, nessun loro
esponente partecipò al governo.

L’evoluzione della situazione: dopo che gli Alleati sfondarono la “linea Gustav”, il
4 giugno 1944 data la liberazione di Roma. Il CLN potè uscire dalla
clandestinità.

A questo punto, dimessosi Badoglio e insediato al Quirinale il Luogotenente, si


formò il primo governo presieduto da Ivanoe Bonomi 18 giugno-10 dicembre
1944, presidente dei CLN, nel quale entrarono i principali esponenti dei partiti
antifascisti, tra cui De Gasperi, Gronchi, Saragat, Tupini e si confermarono
Croce, Sforza e Togliatti. Perché è importante il primo governo Bonomi? Perché
è il primo formato da esponenti antifascisti e perché non si forma “nelle stanze”
del Re, ma per il contributo dei partiti democratici riunitesi nei CLN. Il 25 giugno
1944 si approva la cd. “prima Costituzione provvisoria”, che, dopo la “svolta di
Salerno”, pone le basi del processo costituente.

La “prima Costituzione provvisoria” si compone di sei articoli:

Art 1. dopo la liberazione nazionale, le forme istituzionali sarebbero state


decise dal popolo italiano, che a tale fine avrebbe eletto una Assemblea
Costituente per deliberare la nuova Costituzione

Art 2. si disponevano le elezioni di una nuova Camera dopo la fine della


guerra

Art.3. tutti i Ministri e i sottosegretari non dovevano compiere, fino alla


convocazione della Costituente, atti che avrebbero pregiudicato la questione
istituzionale (è la “tregua istituzionale")

Art 4. affida al governo la competenza di adottare gli atti aventi forza di


legge fino alla entrata in funzione del nuovo Parlamento

Art 5 e Art 6 dettagli.

L’assetto posto in essere con la “prima Costituzione provvisoria” caratterizzò la


lunga fase fino alla liberazione, anche quando si costituì il secondo governo
Bonomi 12 dicembre 194419 giugno 1945, che diede gli Esteri a De Gasperi e

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 60


la Vice-Presidenza del Consiglio a Togliatti, secondo governo Bonomi nato per
il problema dei rapporti con il CLNAI e per la questione della epurazione (per la
quale non ebbe l’appoggio del PSI e del PdA.

Prima della liberazione, occorre ricordare due provvedimenti importanti del


secondo governo Bonomi: estese anche alle donne il diritto di voto e istituì, il 5
aprile 1945, la Consulta Nazionale, formata da 400 membri nominati dai partiti
del CLN 222, dal Governo 80, dai sindacati e altri 78 e da membri di diritto,
con il compito di dare pareri sulle questioni generali e sui provvedimenti
legislativi sottoposti dal Governo. Il parere della Consulta era obbligatorio in
materia di bilancio, di imposte e in materia elettorale: proprio grazie al lavoro
della Consulta si giunse all’approvazione della legge elettorale per l’elezione
dell’Assemblea Costituente.

Il 25 aprile 1945 è la data dell’insurrezione nazionale: la Liberazione. Il 28 aprile


Mussolini viene ucciso. La resa è firmata il 29 aprile. Il 30 aprile Hitler si suicida.

Dopo la Liberazione, si costituì il governo Parri 21 giugno-8 dicembre 1945,


Parri che era stato il capo del CLNAI, con Nenni nominato Ministro per la
Costituente e per la prima volta si diede la giustizia a Togliatti. Il Governo Parri
accordò un ordinamento amministrativo alla Valle d’Aosta: d.lgs.lgt. 7 settembre
1945, n. 545.

Seguì il primo governo De Gasperi 10 dicembre 19451 luglio 1946, sotto il
quale si tennero le prime elezioni del dopoguerra, le elezioni di 5680 Consigli
comunali: la scelta di anticiparle rispetto a quella della Costituente fu molto
dibattuta, anche se le percentuali di voto poi furono all’incirca simili.
Parteciparono alle elezioni comunali circa l’80% degli aventi diritto.

Il primo Governo De Gasperi, inoltre, concesse lo Statuto alla Regione Sicilia:


r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 e approvò nel maggio sempre nel maggio del
1946 il decreto sulle “guarantigie della magistratura”.

Il problema maggiore del primo governo De Gasperi, tuttavia, era ancora la


questione istituzionale: intanto, si approvò la legge elettorale per la Costituente
(sistema elettorale proporzionale a liste concorrenti, con recupero dei resti in
un collegio unico nazionale sulla base di liste nazionali di candidati), che fu alla
base delle scelte elettorali successivi almeno fino al 1993.

Ma il problema era quello istituzionale: siccome tra i partiti del CLN la


prevalenza era per la Repubblica, si pose il problema degli elettori della DC e
dei liberali, in parte monarchici. Si pensò, dunque, di affidare ad un referendum e

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 61


non alla Costituente la soluzione della questione istituzionale. La DC dichiarerà
la libertà di voto.

Così si approvò la “Seconda Costituzione provvisoria” che prevedeva: il


referendum popolare contestualmente alle elezioni per l’Assemblea Costituente.

Se avesse vinto la Repubblica, la Costituente, dopo la sua costituzione,


avrebbe dovuto eleggere, con i 3/5 dei membri nelle prime tre votazioni e
dopo la maggioranza assoluta, il Capo Provvisorio dello Stato, che svolgerà le
sue funzioni secondo le norme vigenti in quanto applicabili, fino alla elezione
del nuovo. Davanti al nuovo Capo dello Stato, il governo si deve dimettere e la
scelta dell’incarico per il nuovo spettava al Capo dello Stato. Fino alla elezione
del Capo Provvisorio dello Stato, sempre in caso di vittoria della Repubblica,
le sue funzioni erano esercitate dal Presidente del Consiglio in carica il giorno
delle elezioni.

In caso di vittoria della Monarchia, sarebbe continuata la Luogotenenza fino


alla entrata in vigore delle disposizioni della nuova Costituzione. Durante il
periodo della Costituente e fino alla convocazione delle nuove Camere, il
potere legislativo restava delegato al Governo, salva, ovviamente, la materia
costituzionale e salva la materia elettorale e l’approvazione dei Trattati
internazionali, di competenza dell’Assemblea. Il governo è responsabile
dinanzi alla Costituente, che avrebbe potuto obbligare il governo alle
dimissioni con una mozione di sfiducia approvata dalla maggioranza assoluta
dei membri della stessa Costituente.

la Costituente si dovrà riunire entro il 22 giorno successivo alle elezioni e


sarà sciolta di diritto il giorno di entrata in vigore della nuova Costituzione

lo scioglimento della Costituente doveva comunque avvenire entro 8 mesi


dalla prima riunione, prorogabili solo per altri 4 mesi

per la risposta al referendum dovranno essere indicati due distinti


contrassegni: questo perché l’analfabetismo era ancora molto diffuso

La seconda Costituzione provvisoria, pertanto, fu di estrema importanza: in


essa si “preferiva” la forma di governo parlamentare. La Costituente non era
ovviamente vincolata da questo, ma l’influenza fu indiscutibile. A questo punto
tutto era pronto per le elezioni della Costituente e per il referendum. Il Re,
tuttavia, decise di rompere la “tregua istituzionale”: abdicò il 9 maggio 1946
ponendo le premesse per la successione del figlio, che cinse la Corona con il
nome di Umberto II Umberto II rimase Re fino alla proclamazione dei risultati del
referendum.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 62


Il 2 giugno 1946 si tennero le elezioni ed il referendum:

alla Repubblica andarono il 54% dei voti 12,7 milioni), alla Monarchia il 45%
10,7 milioni): le schede tra bianche e nulle furono 1,4 milioni: comunque la
Repubblica avrebbe vinto, anche se le bianche e le nulle fossero state tutte
monarchiche

Il Paese era spaccato comunque a metà: a Nord della XIX circoscrizione


compresa Perugia, Terni, Rieti) vinse ovunque la Repubblica, a Sud della XX
Roma, Viterbo, Latina, Frosinone) vinse ovunque la Monarchia.

De Gasperi il 13 maggio assume la carica di Capo provvisorio dello Stato.

quanto alla Costituente, le elezioni diedero i seguenti risultati: su 556 seggi,


207 alla DC 37%, 115 al PSI 20%, 104 al PCI 18% e via via gli altri partiti
minori, tra i quali ebbe un clamoroso insuccesso il Partito di Azione, che ebbe
solo 7 eletti, tra cui Calamandrei ma non Bobbio, che per questo si ritirò per
sempre dalla politica “attiva”.

Democrazia
L’Assemblea Costituente 556 membri nell'Assemblea costituente di cui 7
donne) iniziò i suoi lavori il 25 giugno, con un discorso del decano, Vittorio
Emanuele Orlando.

Il 28 giugno è eletto Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, di fede


monarchica, chiaramente con un intento riconciliatore, come, d’altro canto, lo
stesso intento mosse Togliatti che da Ministro della Giustizia concesse il 22
giugno la cd. “amnistia generalizzata”: annullate le sentenze con 5 anni di
reclusione, la pena di morte sostituita con l’ergastolo, l’ergastolo con 30 anni e
tutte le altre pene ridotte di un terzo.

Saragat del PSI fu eletto Presidente dell’Assemblea Costituente, cui successe


Terracini del PCI.

Il 13 luglio 1946 nacque il secondo governo De Gasperi in carica fino al 28


gennaio del 1947, formato dai tre partiti di massa alla Costituente DC, PSI e
PCI e dai Repubblicani.

Il 20 luglio si tiene la prima riunione della “Commissione per la Costituzione”, la


cd. “Commissione dei 75”, presieduta da Ruini e con segretario Perassi, che
aveva il compito di preparare il Progetto di Costituzione. Per far questo si
suddivise in tre Sottocommissioni: diritti e doveri, ordinamento, diritti e doveri
economici

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 63


Già il 31 gennaio 1947 il Progetto fu presentato dalla Commissione dei 75
all’Assemblea.

Il 2 febbraio 1946, dopo la scissione socialdemocratica di Saragat, nasce il


terzo governo De Gasperi, in carica fino al 31 maggio sempre del 1947, l’ultimo
con la presenza contemporanea della DC, del PSI e del PCI
Il 24 marzo si approvò l’articolo che poi sarebbe divenuto l’art. 7 della
Costituzione, con il consenso del PCI, realizzando secondo molti uno dei più alti
momenti di consenso in Costituente.
Intanto, però, la situazione in Sicilia diventa sempre più pesante e difficile da
gestire: si ricordi, su tutto, la strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947.
Il 31 maggio 1947 si forma il quarto governo De Gasperi in carica fino 23
maggio 1948 è il governo della svolta, perché con questo inizia l’era del
centrismo, che durerà fino al primo governo Moro del 1963.

Nasce la “conventio ad excludendum” rispetto al PCI non tornò mai più al


Governo.

📌 Il 22 dicembre 1947 si approvò la Costituzione della Repubblica


italiana: 453 voti a favore, 62 contrari, nessuno astenuto. L'1 gennaio
1948 entra in vigore.

La Costituzione, per Aldo Moro, è una “ piramide rovesciata ” che realizza una
sorta di “socialità progressiva”: dall’individuo alla famiglia, dalla famiglia alle
associazioni, dalle associazioni ai partiti e ai sindacati, dai partiti ai Comuni, alle
Regioni e su fino allo Stato.

I Costituenti scelsero il parlamentarismo e non il presidenzialismo (modello


americano), scelsero il regionalismo e non il federalismo. Sicilia, Sardegna, Valle
d'Aosta, Alto Adige, Friuli Venezia Giulia Trieste era divisa tra Russi e
Americani) reclamavano l'autonomia per questo sarebbe stata un'opzione il
federalismo ma alla fine si scelse per lo Stato regionale (questo anche perché
lo Stato italiano era neonato e si temeva la perdita di unità) con le regioni
sopracitate a statuto speciale.
Il senso dei lavori della Costituente è dato dalle tre firme poste in calce alla
Costituzione: De Nicola Capo provvisorio dello Stato e nuovo Presidente,
liberale e monarchico), Terracini Ministro di Grazia e Giustizia) e De Gasperi
Capo del Governo, 18 aprile elezione parlamento 48% democrazia cristiana).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 64


Se errore fecero i Costituenti, questo fu quello di fidarsi eccessivamente dei
Parlamenti futuri, cui si rinviò l’attuazione degli istituti più innovativi del nuovo
ordinamento, come le Regioni, la Corte costituzionale e il referendum popolare,
solo per citarne alcuni.

Per altri, inoltre, la Costituzione era frutto di “troppi” compromessi: bellissimo il


dibattito tra Calamandrei e Togliatti: il primo raccontò la storia di un uomo di
mezza età che piaceva alle donne: alcune lo preferivano con tanti capelli, altri
con pochi, risultato che rimase senza; il secondo, in risposta, citò Dante:
“facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma
dopo sé fa le persone dotte”

La Costituzione italiana presenta alcune caratteristiche fondamentali:

democratica: nell'accezione di 'fondata sulla sovranità popolare'. A tal fine,


almeno un organo costituzionale deve godere, grazie all'elezione popolare, di
una rappresentatività diretta. La sovranità è anch'essa soggetta alla
Costituzione, infatti il popolo la può esercitare utilizzando strumenti e
procedimenti costituzionalmente previsti Art 1.2 Cost.).

si pone quale fonte sulle fonti

rigida: può essere modificata, almeno nelle parti sottoponibili a revisione,


solo utilizzando il procedimento previsto dall'art. 138Cost.

lunga: contiene l'insieme dei diritti inviolabili e dei doveri fondamentali (art
1354 sia l'articolazione della forma di governo e della forma di Stato.

nel Titolo dei rapporti economici III vengono disciplinati non solo i diritti
dei privati ma anche la presenza dello Stato nell'economia. Questo si sviluppa
secondo tre direttrici: 1. il riconoscimento di diritti, negati dai regimi
precedenti, quali il diritto di sciopero o di associazione sindacale; 2 la
proprietà e l'iniziativa economica vengono assoggettate ai limiti
dell'interesse generale; 3 il riconoscimento della possibilità per lo Stato di
assumere le vesti di imprenditore e di poterlo fare, in certi casi, in condizioni
di monopolio.

Revisione della Costituzione

→ rigidità e la previsione di un procedimento di revisione 'aggravato',


strutturato in modo da favorire una scelta non solo 'ponderata' (grazie alla
duplice approvazione in ciascuna Camera), ma anche, e soppratutto,
'condivisa' dalle forze politiche in Parlamento (serve la maggioranza

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 65


qualificata dei due terzi), con l'intervento in caso contrario del corpo elettorale
quale decisore finale.

La funzione di revisione costituzionale non è tuttavia utilizzabile per tutte le


disposizioni costituzionali.

l'unico limite esplicito si rinviene nell'art 139 Cost., il quale stabilisce che:

📌 la forma di governo repubblicana non può essere oggetto di revisione


costituzionale

→ la carica elettiva e non ereditaria del Capo dello Stato non è modificabile

vi sono poi alcuni limiti impliciti (confermati dalla Corte) che scaturiscono
dall'art 139 e dal comma 1 dell'art. 1 Cost. → i 'principi supremi' che
caratterizzano l'ordinamento democratico italian debbono essere ritenuti
immodificabili: primi articoli della Costituzione (principi fondamentali artt.1
12, il principio della separazione dei poteri e il 'nucleo essenziale' dei diritti e
dei doveri elencati nella Parte I (artt.1354; l

La Costituzione individua anche le materie o gli oggetti che debbono essere


disciplinati con leggi costituzionali, operando quindi una riserva 'costituzionale'.

Principi cardine dell'ordinamento:

Principio democratico della sovranità popolare: enunciato nel primo


articolo comma 2; è una formulazione esplicita e categorica anche se
riconduce le modalità di esercizio della stessa sovranità nell'ordine
costituzionale prefissato. Espressioni del principio di democratico di sovranità
popolare in Costituzione sono gli istituti di democrazia rappresentativa, di
democrazia diretta, nonchè di democrazia partecipativa.

Principio personalista: trova la sua massima espressione nel


riconoscimento dei diritti fondamentali dell'uomo. Ai sensi dell'art.2Cost.

L'art 3.1Cost sottolinea la 'pari dignità sociale' di tutti i cittadini (ma in realtà di
tutte le persone come da interpretazione estensiva del formulato da parte della
Corte costituzionale) e del valore supremo della dignità umana.

Principio solidarista: correlato al principio personalista, infatti lo stesso


articolo 2 al riconoscimento dei diritti inviolabili pone in relazione la richiesta

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 66


da parte della Repubblica 'dell'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale'

Principio di eguaglianza:

eguaglianza formale : art. 3Cost

'Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge':

Questo principio vieta esplicitamente al legislatore di porre in essere distinzioni


basate sul sesso, sulla razza, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche
e sulle condizioni personali e sociali. → da una parte non si possono porre in
essere norme ingiustificatamente discriminatorie, dall'altra parte, non si
possono porre in essere norme contenenti una disciplina uniforme per
fattispecie diverse, ma si devono disciplinare allo stesso modo situazioni simili
e si consente un trattamento diversificato per disciplinare situazioni differenti.

eguaglianza sostanziale: si proclama nel secondo comma dell'art 3Cost e


rappresentante una tipica espressione della forma di Stato sociale: la
rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese'.

Principio lavorista: sancito anzitutto nell'art 1Cost, laddove si stabilisce


che l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro

Si sottolinea poi nell'art 4 comma 1 che: la Repubblica riconosce a tutti i


cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto

Principio pluralista e della promozione del decentramento e delle


autonomie territoriali. Il principio di sussidarietà: l'enunciato dell'art 5 della
Cost., relativo al principio pluralista e della promozione del decentramento e
delle autonomie territoriali, prende le mosse dall'affermazione dell'unità ed
invisibilità della Repubblica, con impossibilità quindi di secessione o
acquisizione di indipendenza da parti del territorio.

L'art 5 prevede, nel contempo, un ampio riconoscimento e la promozione delle


autonomie locali, il più ampio decentramento amministrativo dei servizi che
dipendono dallo Stato, in definitiva la promozione di un sistema fondato
sull'autonomia e il decentramento.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 67


l principio autonomistico è correlato al principio democratico in quanto la
partecipazione democratica al governo locale si realizza in particolare
attraverso la partecipazione alle consultazioni elettorali per i relativi organi
politici.

Con la riforma costituzionale del 2001 entra in scena il principio di


sussidiarietà, volto a realizzare un trasferimento di funzioni e compiti
amministrativi dal livello centrale a quello delle autonomie locali, a partire dal
livello più vicino alla comunità base, vale a dire i comuni dovendosi poi riferire a
livelli superiori di governo territoriale soltanto quelle funzioni non suscettibili di
essere svolte a livello locale.

L'assetto delineato dai Costituenti è quello di una forma di governo


parlamentare 'atipica' che si discosta dai modelli parlamentari precedenti
come il premierato britanico.

I Costituenti hanno optato per un sistema caratterizzato dalla centralità


parlamentare a sfavore di un Governo più debole rispetto agli esecutivi di altri
sistemi. Al ruolo centrale
del Parlamento hanno però fatto riscontro dei 'correttivi' costituzionali tra i
quali hanno assunto particolare rilievo i "poteri garanti". Presidente della
Repubblica e Corte Costituzionale).

7: Le fonti del diritto

📌 L'espressione 'fonti del diritto' sta ad indicare quegli organi, quelli atti,
quei fatti che pongono in essere le norme giuridiche, innovando in tal
modo l'ordinamento giuridico.

Le fonti del diritto vengono distinte in:

Fonti di produzione (fonti di produzione/fonti sulla produzione): per fonti di


produzione si intendono quegli organi e i procedimenti, sia quegli atti e quei
fatti cui l'ordinamento attribuisce il potere di porre in essere norme giuridiche;
le fonti sulla produzione, invece, hanno come contenuto specifico la disciplina
della produzione di norme giuridiche e la loro efficacia (fonte sulla produzione
per eccellenza è la Costituzione che talvolta disciplina il procedimento

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 68


legislativo di produzione di un atto).
Fonti di cognizione: quei documenti, atti formali attraverso i quali il diritto
viene portato a conoscenza Gazzetta ufficiale)

Fonti atto: atti giuridici a contenuto normativo risultanti da una espressa


manifestazione di volontà di un organo competente a produrre il diritto.
Fonti fatto: quei comportamenti, quali soprattutto le consuetudini, capaci di
produrre diritto senza tradursi in atti formali.

Fonti tipiche: fonti la cui formazione è regolata da quelle procedure


proprie- e quindi tipiche- del genere di fonti cui sono riconducibili (leggi,
regolamenti, ecc) Fonti atipiche: fonti nel cui
procedimento debbono necessariamente inserirsi elementi non ricorrenti nel
corrispondente tipo di fonti (ad esempio le 'leggi rinforzate', per cui il
procedimento previsto è più complesso del procedimento di formazione
ordinario come legge che disciplina rapporti Stato-Chiesa.

Caratteristiche delle fonti

Le fonti del diritto sono relative e contingenti: si ha una diversa


importanza delle diverse fonti (scritte o consuetudini/fatto) a seconda dei
periodi storici. Nella storia ci sono stati dei momenti dove la fonte per
eccellenza non era neanche un atto scritto, ma erano delle consuetudini
(modalità di comportamento ripetute nel tempo con la concezione che questi
comportamenti fossero obbligati).

L'invenzione della stampa e in seguito l'illuminismo diventano essenziali per lo


sviluppo e la diffusione di codici scritti e delle Costituzioni. Diminuisce quindi
l'importanza dei fatti e delle consuetudini e aumenta la rilevanza delle fonti del
diritto intese come atti scritti. Oggi le fonti del diritto come fatti (prassi ripetute
nel tempo) sono residuali e minori (non assenti comunque), ad esempio le
consultazioni del Presidente della Repubblica.

Pluralità di fonti: con l'illuminismo si pensava ad una concentrazione


radicale di tutto il sistema delle fonti nella legge; Montesquieu parlava del
potere giudiziario come potere nullo dato che il giudice altro non è che la
bocca della legge (altro non c'è se non la legge, il giudice è un mero
esecutore della legge).

Una delle caratteristiche dell'odierno sistema delle fonti del diritto è


rappresentato dal loro crescente pluralismo, infatti alla molteplicità delle fonti
statali si aggiungono le fonti del diritto di enti territoriali substatali e fonti

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 69


sopranazionali, quali quelle europee con la conseguente co-azione nel nostro
ordinamento di tre enti legislatori: Stato, Regioni, Unione europea.

Strutturazione gerarchica: distinzione delle fonti in 'costituzionali',


'primarie', 'secondarie'

Nel nostro ordinamento il criterio gerarchico è:

Al vertice abbiamo la Costituzione

Leggi costituzionali e di revisione costituzionale

Le fonti primarie (previste così dalla Costituzione) che sono le leggi (statali
e regionali) e gli atti aventi forza di legge cioè i decreti legge e i decreti
legislativi delegati;

Le fonti secondarie: atti dell'amministrazione che atto il compito di


implementare/attuare le fonti primarie.

L'art 10.1 della Costituzione prevede comunque che l'ordinamento giuridico


italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute.
Fonti problematiche: fonti atipiche e rinforzate, regolamenti parlamentari,
Statuti Regioni ordinarie, fonti degli enti locali.

RISOLUZIONE ANTINOMIE criteri che consentono di delineare i rapporti tra le


diverse fonti e di risolvere reciproche antinomie (contrasto tra due norme che
risulterebbero entrambe applicabili nello stesso caso):
Criterio cronologico:

lex posterior derogat priori:tra fonti dello stesso tipo (legge-legge ad


esempio) quella successiva nel tempo prevale su quella precedente. Questa
prevalenza può essere esplicita con l'abrogazione ad esempio o essere
implicita e tacita, come quando una norma successiva pone una disciplina
incompatibile con una norma precedente.

lex posterior generalis non derogat priori speciali: una legge generale non
prevale su una legge speciale anche se precedente ma le fonti coesistono
ed è compito dell'interprete valutare caso per caso quale debba essere
applicata.

Criterio gerarchico:comporta la prevalenza della fonte gerarchicamente


sopraordinata su quella subordinata, così la Costituzione prevarrà sulla legge
ordinaria. L'annullamento ha effetto retroattivo (ex tunc). È un criterio che a

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 70


volte può non aiutare dato che i conflitti possono nascere tra fonti dello
stesso rango (problemi tra due leggi, tra due dpcm).

opera sia nei rapporti tra fonti di enti


Criterio di separazione delle competenze:

diversi sia tra fonti di uno stesso ente. Così, una legge dello Stato troverà il
proprio limite in una legge regionale in materia di competenza regionale e
viceversa. A livello sovranazionale il criterio troverà invece applicazione nei
rapporti tra Stato ed Unione europea nella disciplina delle materie di rispettiva
competenza. La violazione del criterio di separazione determina l'invalidità
dell'atto che dovrà essere annullato dalla Corte costituzionale.

→ Ci si rifà alla fonte superiore che attribuisce la competenza ad una delle due
fonti primarie.

quando ho più fonti che regolano la stessa materia


Criterio specialità:

tenderò a dare una certa importanza alla fonte più specifica rispetto a quella
generale.

Interpretazione della legge

Particolare importanza assume l'interpretazione delle norme giuridiche, sia a


fronte di norme di incerta valutazione e applicazione sia quando in concreto
non è presente nell'ordinamento una norma applicabile al caso di specie →
'lacuna' dell'ordinamento: si pone rimedio con l'interpretazione, dal momento
che la 'completezza' rappresenta un'esigenza imprescindibile dell'ordinamento
giuridico statale e un giudice non può esimersi dal giudicare
(funzione di nomofiliachia della corte di Cassazione)

Vari sono i tipi di interpretazione:

Interpretazione autentica: quando fonte dell'interpretazione è lo stesso


legislatore o comunque lo stesso organo che ha posto in essere la norma di
incerta interpretazione che assume quindi le vesti di disposizione normativa
vincolante.

Interpretazione giurisprudenziale: quando fonte dell'interpretazione è il


giudice; questo tipo di interpretazione può avere valore orientativo nelle
successive pronunce di altri giudici soprattutto se riferibile ad organi al
vertice del sistema giudiziario come la Corte di Cassazione → se consolidata
quest'interpretazione dà luogo al c.d. 'diritto vivente'

Diritto vivente: sistemi di civil law e common law: nei primi, di tradizione
romanistica, il diritto positivo è fondato su sistemi di norme scritte, sia di rango

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 71


costituzionale sia di rango subcostituzionale, mentre il ruolo del giudice è in via
di principio limitato all'interpretazione e all'applicazione del diritto, nei sistemi di
common law, tipici dell'ordinamento inglese e in generale del mondo
anglosassone, le sentenze dei giudici assumono un ruolo creativo del diritto
che si esprime attraverso il principio dello stare decis, vale a dire del valore
obbligatorio del precedente giudiziario. Con il passare del tempo le differenze
tra i due sistemi si sono affievolite e i due sistemi si sono influenzati portando
elementi di uno nell'altro e viceversa.—

Interpretazione dottrinale: tipo di interpretazione riferibile a studiosi ed


esperti del diritto, non vincolante

Vari sono i criteri di interpretazione:

Interpretazione logico-letterale: inteso ad attribuire al formulato normativo


il valore che si ricava dal contesto letterale supportato da un ragionamento
logico (non di particolare rilievo)'interpretazione letterale è quasi sempre solo
il primo passo per comprendere il significato di una norma/legge

Interpretazione estensiva: si ricorre a questa interpretazione partendo


dalla constatazione che una norma esprima meno di quando il legislatore
abbia voluto: minus scripsit quam voluit.

Interpretazione analogica: qualora la lacuna sia tale da non poter essere


colmata dall'interpretazione estensiva ci si rifà a questo tipo di interpretazione
(non si applica comunque alle leggi penali o a leggi che fanno eccezione a
regole generali o ad altre leggi):

Analogia legis: consente di risolvere un caso concreto non regolato da


alcuna norma mediante l'applicazione di una norma regolatrice di un caso
simile (ci si rifà alla somiglianza tra due fattispecie che non deve essere
generica ma bensì notevole).

consiste nel ricavare la norma applicabile al caso di specie


Analogia giuris:

dal sistema legislativo vigente o ai principi generali del diritto.

(vietata in campo penale)

Interpretazione sistematica: si guarda alla legge all'interno del sistema più


ampio (dentro ad altre leggi, dentro alla Costituzione). L'interpretazione
sistematica di una norma, che non deve porsi contro il dato letterale e quello
logico, ha lo scopo di determinare il significato della disposizione inserita nel
sistema legislativo complessivo, ossia tenendo conto della disciplina vigente
in cui si inserisce la norma da interpretare.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 72


Intenzione del legislatore: andare a vedere i lavori preparatori per capire il
significato di una legislazione (dibattiti in Parlamento). È un'interpretazione
residuale (non conta molto).

Principi generali dell'ordinamento: si risolve il problema in base a principi


generale dell'ordinamento, la discrezionalità dell'interpreta è massima. Questi
casi sono più presenti cioè di giudici che interpretano leggi 'sciagurate' sulla
base dei principi astratti ritrovabili nel senso generale dell'ordinamento.

Delega legislativa e decreto legge

Due più importanti atti che hanno valore e forza di legge nelle fonti primarie:
decreto legislativo delegato e decreto legge.

In realtà, entrambi godono della forza 'attiva' e 'passiva' propria delle legge
formale, ossia della capacità di abrogare fonti primarie ad essi preesistenti e di
resistere all'abrogazione da parte di fonti subordinate successive.
(solo il decreto legislativo presenta, invece, anche il 'valore' della legge, inteso
come completa equiparazione giuridica della stessa, che deriva dalla delega ad
esercitare la funzione legislativa che il Parlamento conferisce al Governo).
→ art 70 'la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere'

Le eccezioni sono previste dalla Costituzione.

Il fatto che le leggi sono la regola, la fonte primaria per eccellenza, è dovuto al
fatto che sono espressione di democraticità dato che il Parlamento è l'organo
eletto direttamente ed inoltre è lì che si ha il dialogo tra i rappresentanti del
popolo (presente maggioranza ed opposizione: non possibile nel Consiglio dei
ministri).
La cautela del Costituente nei confronti degli atti normativi del Governo si
evince da diversi elementi:

La particolare formulazione dell'art.76Cost, strutturato in forma negativa al


fine di rafforzare il carattere eventuale della delega rispetto all'esercizio
diretto della funzione da parte delle Camere;

Previsione di un contenuto obbligatorio della legge di delegazione

Riconduzione della decretazione d'urgenza ai solo casi di 'straordinaria


necessità'

Entrambi i decreti non possono intervenire negli ambiti che la Costituzione


riserva alla legge formale del Parlamento

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 73


I Costituenti capirono però che in certi momenti è necessario avere atti diversi
dalla legge (come in caso di calamità naturale, in questo caso si deve prendere
una parte del bilancio per destinarli alla calamità, questo non si può lasciare al
Parlamento data l'urgenza, bisogna evitare la navette: in questo caso viene
previsto il decreto legge.)

DECRETO LEGISLATIVO DELEGATO art. 76

Possibilità del Parlamento di delegare al Governo (solo al Governo, no ai


ministri) con derega.

Si utilizza quando si richiede una competenza specifica e si presume che


queste competenze le abbia il ministero. I Costituenti designarono degli
obblighi che il Governo deve rispettare previsti dall'articolo 76

La delega parlamentare deve contenere tre elementi:

Oggetto: l'intervento normativo del Governo non può riguardare un'intera


materia ma solo una sezione di essa. Si può delegare solo per oggetti
definiti: è incostituzionale una delega in bianco cioè una delega che si
limita a dare la possibilità al governo di intervenire su una materia, ma deve
delegare su oggetti ben circoscritti.

Termine: la delega deve avere un tempo limitato: può assumere il carattere


di data specifica o di arco temporale entro il quale l'atto deve essere
emanato, è lasciato alla determinazione del legislatore delegante; se la
durata della delega supera i due anni, il Governo è tenuto a chiedere un
parere, non vincolante, alle Camere, la cui redazione è affidata alle
Commissioni competenti per materia. Il Governo deve inviare al Capo dello
Stato il testo approvato in Consiglio dei Ministri almeno venti giorni prima
della scadenza del termine.

Non esistono termini precisi, più si crede nella centralità del Parlamento più il
tempo sarà breve, più la maggioranza è succube del Governo più il tempo sarà
allungato. (scadenza legislatura è vincolo logico)

Principi e caratteri direttivi: attraverso i quali il Parlamento indica le finalità


ed i limiti entro i quali il legislatore delegato deve orientarsi. I principi sono a
volte più definiti, altre volte più vaghi.

→ il Parlamento può con legge 'ritirare' in modo espresso la delega, durante il


suo esercizio da parte del Governo; il Governo può decidere di non esercitare la
delega stessa facendo decorrere il termine senza attivarsi per ottenere una
proroga.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 74


Altri limiti: logici (competenza come revisione costituzionale e alterità) e
legislativi (quando la delega è per un periodo molto lungo il testo torna alla
commissione parlamentare per un doppio parere, obbligatorio ma non
vincolante).

DECRETO LEGGE art. 77

Il decreto legge viene adottato dal Governo, sotto la sua responsabilità, con
deliberazione del Consiglio dei Ministri, in caso straordinari di necessità ed
urgenza ed emanato dal Presidente della Repubblica (di regola il giorno stesso
o quello successivo alla sua approvazione).
L'urgenza di provvedere può derivare sia da una situazione emergenziale (es.
calamità naturale) sia dall'esigenza di fornire immediata regolamentazione ad
una situazione già sorta e destinata a degenerare in assenza di interventi (es.
ambito economico e fiscale, cd. 'decreti catenaccio').

I regolamenti parlamentari hanno nel tempo introdotto procedure di controllo


del requisito di 'straordinaria necessità ed urgenza'.

Il decreto legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale e contestualmente il Governo presenta in Parlamento il
disegno di legge di conversione.

Il decreto legge, infatti, essendo un provvedimento provvisorio con forza di


legge, è destinato a 'decadere' qualora il Parlamento non lo converta in legge
entro 60 giorni.

La Costituzione ha quindi previsto una conseguenza giuridicamente molto


significativa nell'ipotesi che il Parlamento decida di non convertire il decreto
legge. La decadenza ex tunc , infatti, a differenza dell'abrogazione e
dell'annullamento, travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto, con la
conseguenza che esso si configura come 'mai esistito' (la non-conversione del
decreto non obbliga il Governo a dimettersi).

Chi decide quando si hanno casi di necessità e urgenza? Il Governo (solo di


recente la Corte ha iniziato essa stessa a giudicare se ricorressero i
presupposti per la decretazione d'urgenza).

I Parlamenti ed il Governo non hanno interpretato il sentimento e quindi gli


intenti dei Costituenti per quando riguarda il decreto legge: già dopo una
decida d'anni infatti si ha un abuso della decretazione d'urgenza, infatti si
interveniva tramite questa fonte anche in ambiti dove non c'era traccia di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 75


necessità ed urgenza al fine di accellerrare l'iter legislativo di atti proposti dal
governo
→ Alluvione dei d.l.: dato che i decreti legge erano sempre di più, il Parlamento
era oberato dalla conversione di questi decreti (quando si deve convertire un
decreto legge tutti gli altri lavori del Parlamento vengono bloccati poichè dato
che hanno un termine temporale si deve evitare che decadano): il Parlamento
non riesce più ad approvare per tempo i decreti.

Una conseguenza dell'alluvione dei decreti legge è la reiterazione dei d.l.: dato
che gli se il decreto legge non viene convertito i suoi effetti decadono fin da
quando è stato approvato, il Governo ha cominciato a reiterare i decreti leggi
prima della scadenza: il governo reitera, riapprova il decreto legge in scadenza.
Si può reiterare anche all'infinito.

Alcuni dati: i dati sono quasi disarmanti: nelle prime legislature, l’utilizzo della
decretazione d’urgenza fu “controllata”: 29 d.l. nella prima, 60 nella seconda,
30 nella terza, 94 nella quarta, 69 nella quinta. L’impennata si ebbe, come
detto, dalla sesta legislatura 124 d.l.). Nella settima legislatura furono emanati
167 d.l., nell’ottava 275 d.l. e nella nona 307 d.l. Le legislature più recenti,
potremmo dire fino alla sentenza n. 360 del 1996, si attestarono su numeri
elevati: nella decima i d.l. furono 466, nell’undicesima 490 e nella dodicesima
ben 718. La correlazione tra aumento della decretazione d’urgenza e il
fenomeno della reiterazione è spiegata proprio dai numeri: se nella quarta
legislatura dei 94 d.l. emanati soltanto uno fu reiterato, già nell’ottava, a fronte
di 275 d.l. emanati, ben 71 vennero reiterati, quindi più di un quarto. Il fenomeno
correlativo crebbe a dismisura, tanto che nella dodicesima legislatura su 718
d.l. emanati (che significa più di 28 d.l. al mese in media) ne furono reiterati ben
546, quindi quasi l’ottanta per cento

Intervento della Corte costituzionale:

La Corte costituzionale è intervenuta a sindacare la legittimità costituzionale


dei decreti legge. Di particolare rilevanza si presenta la sentenza n 360/1996
con la quale si è posto fine al fenomeno della 'reiterazione' dei decreti legge
non convertiti.

La Corte ha infatti stabilito che i decreti legge non convertiti non posso essere
ripresentati, avendo le Camere, anche con l'inerzia, manifestato la propria
volontà.

La Corte ha anche ritenuto di poter dichiarare incostituzionale un decreto legge


per evidente mancanza del requisito della 'straordinaria necessità ed urgenza'

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 76


indipendentemente dal fatto che le Camere lo avessero convertito in legge.

L'illegittimità costituzionale della reiterazione per tre motivi:

 un'urgenza non è più urgenza dopo 60 giorni

 funzione legislativa è del Parlamento (art.70 Cost)

 certezza del diritto

Per quanto riguarda l'alluvione la Corte non si è molto espressa dato che anche
la maggioranza deve ritenere il decreto urgente e necessario se lo approva, la
Corte se dichiarasse cosa è urgente e cosa no si sostituirebbe alla
Camera/Governo facendo scelte politiche.

La legge di conversione a volte modifica il contenuto del decreto legge:


emendamenti in sede di conversione. Ci sono anche emendamenti governativi
su decreti leggi su cui addirittura si pone la questione di fiducia.

RISERVA DI LEGGE
→ strumento mediante il quale la Costituzione individua la fonte abilitata a
disciplinare una determinata materia.

La finalità è nella volontà di evitare che in materie di particolare rilevanza


manchi una disciplina legislativa in grado di delimitare gli spazi d'intervento.
La riserva di legge esplica pienamente la propria funzione garantista solo in
presenza di una Costituzione rigida.

La Costituzione italiana prevede diversi tipi di riserve.

Riserva di legge costituzionale: obbligo di utilizzare il procedimento


descritto dall'art. 138Cost ed è prevista per l'adozione delle leggi in materie di
giudizi di legittimità costituzionale e di garanzie di indipendenza dei giudici
della Corte costituzionale (art 137Cost), per l’approvazione iniziale e la
revisione degli Statuti delle regioni ad autonomia speciale e per il mutamento
delle circoscrizioni regionali.

Riserva di legge ordinaria: prevede invece che in determinate materie


debba intervenire una
fonte primaria statale, in modo assoluto, relativo o rinforzato. La ratio di tale
riserve si rinviene nella volontà del Costituente di affidare la disciplina di
determinate materia all'organo direttamente rappresentativo della volontà
popolare. In tali materie può intervenire sia la legge formale, approvata dal
Parlamento, sia un atto avente valore o forza di legge, il cui procedimento si

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 77


concretizza nell’approvazione della legge delega nel caso del decreto
legislativo e nella conversione in legge nel caso del decreto legge.

Per alcune materie (costituzionale, elettorale, di delegazione legislativa,


autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, di approvazione di
bilanci) la Costituzione prevede che non solo siano le Camera ad adottare
l'atto ma che debbano farlo utilizzando il procedimento ordinario.

La riserva di legge può essere:

assoluta, caso in cui la legge o gli atti avente forza di legge devono
disciplinare la materia in tutti i suoi aspetti, senza margine di intervento per
le fonti subordinate

relativa, caso in cui alla fonte primaria compete la disciplina almeno dei
principi relativi alla materia e al regolamento governativo la disciplina della
parte rimanente.

Alcune riserve previste dalla Costituzione hanno natura rinforzata, in


quanto presentano alcuni ulteriori limiti, che possono riguardare il
contenuto oppure il procedimento dell’atto da adottare. (esempio
art.16Cost, dove è previsto che limitazioni alla libertà di circolazione
possano essere poste solo per motivi di sanità e sicurezza).

REFERENDUM ABROGATIVO

Il referendum è uno strumento di democrazia diretta mediante il quale il popolo


esercita in modo diretto la propria sovranità.

Il progetto di Costituzione, presentato nel gennaio all'Assemblea Costituente


dal Comitato dei 75, prevedeva quasi tutti i tipi di referendum possibili, tra cui
quello sospensivo delle leggi e quello su iniziativa del Capo dello Stato.

La Costituente, tuttavia, dovette scendere ad un accordo, specie per


l'opposizione delle sinistre e dei liberali, per cultura contrari o comunque
sospettosi rispetto al referendum.

Solo nel 1970 si approvò la legge sull'attuazione del referendum, la legge


n.352, che limitò in non pochi casi l'istituto e inserì norme ai margini della
costituzionalità, proprio perchè si introdussero dei limiti non previsti dalla
Costituzione con una legge ordinaria.
L’intervento maggiore, in senso limitativo, fu però della Corte costituzionale:
allargò l’interpretazione delle materie escluse dal referendum (limiti espliciti) e,
tra l’altro, intervenne anche dichiarandosi competente a sindacare il

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 78


quesito referendario: una competenza non prevista in Costituzione, ma che la
Corte decise di prendersi a difesa dell’istituto stesso.

Per la Corte, sin dalla sentenza n. 16 del 1978, il quesito del referendum deve
essere “chiaro”, “univoco” ed “omogeneo”: in poche parole, non può trarre in
“inganno” l’elettore, che deve poter scegliere senza costrizioni legate al come è
letteralmente formulato il quesito stesso.

La Costituzione prevede:

finalità confermativa: nella Costituzione il referendum è previsto nel


procedimento di revisione costituzionale dove ha una finalità confermativa
del lavoro svolto dal Parlamento (art. 138 ).

finalità consultiva: nel caso di richieste di modificazioni territoriale


(art. 132 )

strumento di legislazione popolare negativa; referendum abrogativo


(art. 75 )

Il referendum disciplinato dall'art.75 consente al corpo elettorale di abrogare


una legge o un atto avente forza di legge.

→ monito per il legislatore: consapevolezza della possibilità che il corpo


elettorale intervenga in modo diretto per eliminare dall'ordinamento una legge
che non condivide

→ sul piano giuridico l'esito positivo del referendum abrogativo rappresenta


una fonte del diritto in quanto destinato a innovare l'ordinamento, eliminando
una legge o parte di essa

Il nucleo del referendum abrogativo è rappresentato dal quesito al quale


l'elettore è chiamato a rispondere con un sì (volontà di abrogare) o un no
(scelta di conservare) e che ha ad oggetto tutta (o una parte di) una legge o
un atto avente forza di legge.

Il procedimento referendario si compone di 4 fasi:

iniziativa: possono presentare richiesta 500.000 elettori o 5 consigli


regionali

giudizio di ammissibilità: il controllo è svolto da due organui

 L'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione che verifica la


comformità alla legge della richiesta

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 79


 Successivamente la Corte Costituzionale è chiamata a giudicare
sull'ammissibilità del quesito referendario entro il 10 febbraio dall'anno
successivo al deposito

indizione: se il quesito viene dichiarato ammissibile il PdR indice il


referendum: fissa la data del referendum tra il 15 aprile e il 15 giugno

consultazione: per essere valido alla consultazione devono partecipare il


50% più uno degli aventi diritto di voto (quorum strutturale)

L'effetto abrogativo si produce qualora il computo dei voti sancisca il


raggiungimento della maggioranza dei voti favorevoli all'abrogazione.

Il Presidente, con proprio decreto, dichiara l'avvenuta perdita di efficacia della


legge che decorre

Poteri d'indirizzo:
Nella forma di governo parlamentare italiana attori dell'indirizzo politico sono
Parlamento (maggioranza parlamentare) e Governo legati dal rapporto di
fiducia che li fa operare in stretto rapporto tra di loro (mozione di fiducia e voto
sulla questione di fiducia).

Poteri garanti:
A garanzia dell'ordinamento e del funzionamento del sistema costituzionale
vigilano due poteri 'garanti' della Costituzione: il Presidente della Repubblica e
la Corte costituzionale.

In dottrina si distinguono gli organi costituzionali dagli organi a rilevanza


costituzionale.

Per quanto riguarda la posizione giuridica nell’ambito dell’ordinamento, gli


organi costituzionali sono collocati al vertice dell’organizzazione statale.

Caratteristiche:

INDEFETTIBILITÀ non possono mancare nel sistema, infatti qualora un


organo costituzionale mancasse o diverse fossero le sue attribuzioni (il suo
ruolo), muterebbero sia la forma di Stato che la forma di Governo e quindi si
avrebbe un cambiamento nell'assetto costituzionale dello Stato.

CONTINUITÀ NEL FUNZIONAMENTO consente al titolare di un organo


costituzionale di continuare ad esercitare le proprie funzioni, pur a mandato
scaduto, fino all'investitura del successore: così le Camere parlamentari,

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 80


anche se sciolte, possono in caso di necessità riunirsi fino all'entrata in
funzione delle nuove Camere elette (prorogatio).

RAPPRESENTATIVITÀ rappresentanza democratica. Si parla di


rappresentatività 'di primo grado' o 'diretta' per quando riguarda il
Parlamento, mentre per il Governo, in cui la rappresentatività trova
espressione nel rapporto di fiducia, si parla di rappresentatività indiretta

Nel nostro ordinamento sono qualificati come organi costituzionali il Parlamento ,


il Presidente
della Repubblica , il Governo e la Corte Costituzionale .

Gli organi a rilevanza costituzionale si differenziano dagli organi costituzionali


(anch'essi previsti in Costituzione) in quanto vengono configurati come organi
che non partecipano all'esercizio della funzione di indirizzo politico, e per
questo non constano del carattere dell’indefettibilità (non incidono sulla forma
di governo e di Stato).

Fanno parte degli organi a rilevanza costituzionale (che vengono definiti in


Costituzione come organi ausiliari del Governo) il Consiglio Nazionale
dell’economia e del lavoro ( CNEL ), il Consiglio di Stato , la Corte dei Conti , il
Consiglio superiore della Magistratura e il Consiglio supremo di difesa .

8: Corpo elettorale
Nella Costituzione gli organi che vengono trattati sono in successione:
Parlamento, Presidente della Repubblica e Governo (solo 5 articoli, i
Costituenti temevano il governo e le possibili derive perchè in fin dei conti la
dittatura fascista è stata una dittatura di governo; risente dei vent'anni della
dittatura)

Un'altra caratteristica della Costituzione italiana è che si usano solo e


unicamente termini del vocabolario comune; tutti i termini sono comprensibili a
tutti. 1948 soglia di analfabetismo almeno al 40%; si evita il linguaggio
giuridico → si punta all'efficacia del linguaggio
Concetto Marchesi (professore di italiano e greco e capo della Resistenza
padovana che diventa costituente): uno tra quelli che revisiona in termini di
lingua, stile della Costituzione.

La sovranità appartiene al popolo (art. 1Cost) che la esercita in via sostanziale


mediante l'elezione dei propri rappresentanti presso le istituzioni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 81


Si realizza così la democrazia rappresentativa, in quanto i cittadini, pur non
partecipando
direttamente alle funzioni di governo, scelgono le persone che assumeranno le
decisioni politiche
nell'interesse della collettività.
Mediante le elezioni, il popolo conferisce dunque legittimità all'azione politica
degli organi costituzionali e rende democratica la gestione del potere.
Il corpo elettorale rappresenta quella parte di popolo che è titolare dei diritti
politici, e quindi è in possesso dei requisiti che lo legittimano ad esprimere la
dichiarazione di voto.

Requisiti: (indicati nell'art.48.1Cost)

età : raggiungimento della maggiore età

status : possesso della cittadinanza nello Stato in cui si vuole votare

In definitiva, se il popolo nel suo complesso è titolare della sovranità, solo il


corpo elettorale è legittimato ad esercitare in concreto la sovranità mediante il
voto, conferendo l'investitura democratica agli organi costituzionali.

La funzione principale del corpo elettorale è quella di eleggere i componenti


delle istituzioni
rappresentative, prima tra tutte il Parlamento; la sua composizione, infatti, è la
proiezione della volontà del popolo in quanto riflette gli ideali, le opinioni e le
prospettive politiche che i consociati esprimono attraverso la preferenza a
favore di un partito o di un candidato.

Nei sistemi presidenziali e semi-presidenziali il corpo elettorale è chiamato a


scegliere anche il capo del Governo, oltre che i componenti del Parlamento.

La forma di governo parlamentare italiana prevede invece che solo il


Parlamento sia eletto a
suffragio universale diretto, mentre il Governo sarà designato
successivamente dagli
schieramenti politici confluiti in Parlamento, sulla base dei rapporti di forza
conseguiti all'esito
elettorale.

Il corpo elettorale è inoltre chiamato a designare dal 1979 i rappresentanti


italiani al Parlamento europeo.
A livello territoriale, il corpo elettorale è deputato all'elezione degli organi

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 82


rappresentativi
locali, quali Consiglio regionali e Consigli comunali, e all’elezione dei vertici
degli Esecutivi,
ovvero Presidente della Regione e Sindaco.

Cittadini europei: in virtù del possesso della cittadinanza europea, coloro


che, pur non essendo italiani, sono cittadini di uno Stato dell'Unione
Europea e risiedono in Italia sono legittimati al voto nelle elezioni in ambito
comunale (elezioni amministrative). I cittadini europei possono, inoltre,
esercitare in Italia il diritto di elettorato attivo e passivo per il Parlamento
europeo alle stesse condizioni previste per un cittadino italiani

Stranieri al di fuori area UE qualora siano titolari di una carta di soggiorno,
possono partecipare alla vita pubblica locale. Tuttavia, una circolare
ministeriale del 2004 ha escluso la possibilità di riconoscere ai cittadini
extracomunitari il diritto di voto per l'elezione del Sindaco e del Consiglio
comunale. Diversamente, la Corte costituzionale attribuisce il voto agli
stranieri nell'ambito dei referendum consultivi regionali e locali

Attraverso l'esercizio del voto il popolo dà piena concretezza alla sovranità, ma


la funzione
elettorale non è l'unica attribuzione del corpo elettorale.
Il corpo elettorale è infatti legittimato ad esercitare la sovranità in modo
diretto, e non più in
forma mediata, attraverso l'istituto del referendum, in cui il corpo elettorale è
coinvolto nella
concreta determinazione di scelte politico-legislative.

Il diritto-dovere di voto
Art 48 il voto è:

personale: non è ammesso il voto per delega; → voto in carcere? voto in


ospedale?

eguale: una testa un voto

libero: no 'voto di scambio'

segreto: materiale manifestazione del voto in cabina (passato fascista)

L'esercizio del voto è dovere civico. Cosa significa? Non c'è obbligo giuridico di
voto, ma è deontologicamente un dovere civico. Progressivo abbandono della

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 83


legislazione che 'puniva' il non votante (certificato buona condotta e affissione
albo comunale)

Non basta avere il diritto di voto per avere una democrazia (sarebbe una
democrazia anche il fascismo); il diritto di voto è un elemento necessario ma
non sufficiente quindi.
L'elettorato indica la capacità elettorale, ovvero la capacità di agire in modo
rilevante dal punto di vista politico-costituzionale, e si distingue in:

Elettorato attivo, il quale indica l’idoneità a votare, riconosciuta



nell'ordinamento italiano in presenza di due requisiti, ovvero della
cittadinanza e della maggiore età, fissata ai 18 anni.
Solo per l'elezione del Senato, l'elettorato attivo è riconosciuto col
raggiungimento dei 25 anni. (l'aumento della soglia di età per
l'elettorato della seconda Camera parlamentare è retaggio di una
concenzione tradizione del Senato come 'Camera alta', formata da
rappresentanti in possesso di qualità superiori per ragioni culturali,
scientifiche, politiche, in grado di operare un raffredamento e stimolare
una ponderata riflessione sulle soluzioni più innovative proposte dalla
Camera dei deputati.)

Il suffragio universale maschile è stato istituito nel 1912 dove tutti i cittadini che
avessero compiuto 30 anni erano legittimati al voto, senza distinzione per ceto,
censo o professione. Il suffragio universale venne introdotto nel 1945 e le
donne esercitarono il diritto di voto per la prima volta in occasione delle elezioni
amministrative del 1946. Fino al 1975 la maggiore età si raggiungeva al
compimento dei 21 anni, poi abbassati a 18.

Quando il diritto di vto può essere limitato? L’elettorato attivo può essere
limitato solo in particolari casi, menzionati all’articolo 48 comma 4 della
Costituzione e disciplinati da legge ordinaria, ovvero nei casi di sentenza
penale irrevocabile o cause di incapacità civile e indegnità morale.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 84


Elettorato passivo, ovvero la capacità di essere votato ed eletto, e

quindi di svolgere una
carica pubblica, un mandato politico. Per l'esercizio dell'elettorato
passivo sono previste soglie di età diversificate in base alla carica da
ricoprire: per la Camera dei deputati è richiesto il compimento dei 25
anni d'età, per il mandato al Senato sono richiesti i 40 anni e per
l'elezione a Presidente della Repubblica è richiesto il compimento dei
50 anni.

Anche per l'elettorato passivo sono previste alcune cause ostative che limitano
o escludono la capacità di accedere alla competizione elettorale o di svolgere il
mandato elettivo.

Per le elezioni in Parlamento la Costituzione menziona all’articolo 66, le cause


di ineleggibilità e
di incompatibilità, alle quali sono state aggiunte dalle legge ordinaria le cause
di incandidabilità.

Sono ineleggibili coloro che, a causa della professione svolta, potrebbero


esercitare un'influenza, anche indirettamente sul corpo elettorale di
riferimento, condizionando quindi la formazione della volontà elettorale o la
libertà della dichiarazione di voto. In questi casi è preclusa al soggetto la
possibilità di candidarsi e la sua eventuale elezione è nulla.

esempi: diplomatici, magistrati nelle circoscrizioni in cui operano, prefetti, vice-


prefetti, capo e vice-capo della Polizia, sindaci dei comuni con più di 20000
abitanti

Sono incompatibili coloro che già ricoprono altre cariche istituzionali, per
cui - per evitare contaminazioni nella composizione dei potere dello Stato e
assicurare l'esercizio imparziale di ciascuna funzione pubblica- si richiede
l'assunzione e l'espletamento in via esclusiva del mandato istituzionale. Il
soggetto può quindi candidarsi e partecipare alla competizione elettorale, ma
se viene eletto deve optare per un solo incarico istituzionale.

Sono incandidabili coloro che sono stati ritenuti penalmente responsabili e


che quindi hanno
portato condanne penali definitive, irrevocabili, superiori ai due anni di
reclusione.
L’incandidabilità può essere originaria, caso in cui il soggetto è stato

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 85


condannato
precedentemente, o sopravvenuta, caso in cui la sentenza di condanna
avviene durante la
candidatura. In questo ultimo caso è compito della Camera dei deputati
deliberare sulla
cessazione del mandato parlamentare (il mandato decade).

(non candidabilità: istituto che preclude la possibilità di partecipare alla


competizione elettorale)

Sistemi elettorali

Il sistema elettorale è il metodo di trasformazione della volontà popolare in


voti, e dei voti in
seggi, è perciò lo strumento operativo con cui in concreto i cittadini
selezionano i rappresentanti politici ai quali affidare la carica istituzionale.

In particolare, il sistema elettorale identifica il procedimento che consente il


concreto esercizio della sovranità popolare e permette di misurare i rapporti di
forza tra partiti che si candidano ad assumere la gestione delle istituzioni.

sistema elettorale: comprende tutti quegli aspetti legati al procedimento


elettorale, dalla propaganda elettorale al finanziamento dei partiti, dalla
divisione del territorio in circoscrizioni allo svolgimento di eventuali elezioni
primarie.

formula elettorale: riguarda le operazioni di calcolo utili a tradurre i voti


espressi in seggi, così da conferire in concreto il mandato politico

Sono previste due formule elettorali di base, ovvero la formula maggioritaria e


la formula
proporzionale.
Entrambe le formule incidono sulla composizione del Parlamento e riflettono le
relazioni tra le
istituzioni pubbliche, concorrendo in tal modo e a definire la forma di governo
disegnata nella Costituzione.

MAGGIORITARIO

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 86


📌 La formula maggioritaria attribuisce il seggio al candidato che
ottiene più voti nel collegio
elettorale. In questo modello, il territorio è diviso in collegi
uninominali, dove gli elettori esprimono una sola preferenza e viene
eletto un solo candidato.
La formula maggioritaria presenta due varianti, che diversificano il
grado di consenso popolare richiesto per l'assegnazione al seggio,
ovvero:

La variante majority si verifica quando il candidato ottiene la maggioranza


assoluta dei
voti nel collegio per conquistare il seggio. Questo modello prevede un
doppio turno
elettorale, in modo che, se nessun candidato ottiene al primo turno la
maggioranza assoluta
dei consensi, si effettuerà una seconda tornata elettorale.

La variante plurality si verifica quando, per aggiudicarsi la carica, il


candidato ottiene la
maggioranza relativa. Questo modello prevede un unico turno, per cui
risulta eletto il
candidato che nel collegio conquista il maggior numero di voti, per effetto
del voto espresso in un solo appuntamento elettorale.

La formula maggioritaria conduce alla formazione di un sistema bipartitico o


bipolare creando una consonanza tra il partito/coalizione di maggioranza e
l'Esecutivo che assicura la governabilità, in quanto l'azione di governo è
concordata tra gli attori politici in sede pre-elettorale ed è presentata agli
elettori durante la campagna elettorale per cui, nel caso di vittoria, il
partito/coalizione di maggioranza ha tutti gli strumenti per realizzare il proprio
indirizzo politico.

Questa formula può poi rivelarsi poco rappresentativa, specialmente se


applicata in un contesto sociale eterogeo che si riconosce in differenti forze
politiche. Infatti, il metodo in sè non consente la proiezione fedele in
Parlamento in quanto tende a condensare le forze politiche intorno a due soli
schieramenti o coalizioni e privilegia la rappresentanza delle sole minoranze più
forti.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 87


Inoltre, se il territorio nazionale è diviso in collegi che hanno differenti
dimensioni e quindi un bacino elettorale numericamente diverso uno dall'altro,
la formula maggioritaria potrebbe decretare a livello nazionale la vittoria del
partito/coalizione che, pur avendo conquistato più seggi, non ha ottenuto
complessivamente più voti, rivelandosi ancora una volta un sistema elettorale
poco rappresentativo.

meccanismo del pendolo: alternanza tra maggioranza ed opposizione e che


rende democratico il sistema maggioritario, consentendo la formazione di una
corposa maggioranza parlamentare, senza tuttavia escludere la possibilità delle
minoranze di andare al governo al turno successivo.

PROPORZIONALE

📌 La formula proporzionale attribuisce i seggi in proporzione alla


percentuale di voti riportati dai candidati o dalle forze politiche.
Questo modello mira a riprodurre il più fedelmente possibile lo
spettro delle posizioni politiche, ideologiche e sociali che
connotano l'ordinamento e a misurare il grado di consenso riportato
da ciascun partito.

Il metodo proporzionale si è affermato per effetto della progressiva estensione


del suffragio universale conseguente all'avvento della cosidetta democrazia di
massa che coinvolgeva tutte le fasce della società a partecipare alla vita
politica del Paese. Questa formula ha così contribuito in modo sostanziale alla
democratizzazione della società.

L’assegnazione dei voti secondo la formula proporzionale conferisce al


Parlamento un elevato
grado di rappresentatività, in quanto consente la proiezione delle diverse forze
politiche in
rapporto al consenso ottenuto in sede elettorale (tutti i sistemi proporzionali
non lo sono mai del tutto)

Inoltre, a differenza della formula maggioritaria, propone un sistema


pluripartitico, scoraggiando le coalizioni pre-elettorali.

In una forma di governo parlamentare, questo sistema stabilisce che i partiti


che si candidano,
presentando un proprio programma politico, conquistano un numero di seggi

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 88


proporzionale al
numero di voti ottenuti.
Sarà poi poi necessario, nella fase post-elettorale, che la maggiorparte
delle forze elette in Parlamento trovino accordi e giungano a compromessi per
dare vita ad una maggioranza parlamentare, la quale sosterrà una governo di
coalizione, includendo così nell'esecutivo le forze di maggioranza (governi di
coalizione post-elettorali)

Anche il Presidente del Consiglio non sarà necessariamente il leader del partito
di maggioranza relativa, ma l'Esecutivo potrebbe essere affidato per motivi di
equilibrio al leader o agli esponenti di partiti di minore consistenza elettorare.

Il problema risiede in questo caso nel rischio di instabilità governativa, in


quanto la coesistenza
di differenti partiti nella maggioranza parlamentare e la necessità di conciliare
posizioni politiche
differenti, potrebbero creare dei conflitti significativi, che nei casi più gravi
sfociano nell’ingovernabilità.

Difficilmente queste due formule vengono applicate in modo puro, in quanto


sono applicati specifici correttivi che servono a valorizzare i pregi e
minimizzare i difetti, pertanto frequentemente si adottano sistemi elettorali
misti.
Nella formula prevalentemente maggioritaria si prevede che una quota
minoritaria dei seggi sia distribuita con criterio proporzionale, per non
sacrificare le minoranze (leggi italiane del 1993, oppure, al contrario, si
prevede che la maggior parte dei seggi siano attribuiti con formula
proporzionale ed una quota residuale con formula maggioritaria. (attuale legge
elettorale)

Tuttavia esistono diversi correttivi che rendono 'disproporzionale' il


proporzionale (per evitare che le democrazie cadano a causa della democrazia
stessa):

 La clausola di sbarramento: esclude dalla ripartizione chi ottiene meno di


una data percentuale di voti (soglia di sbarramento ragionevole tra il 2 e il
5%. Di solito anche il come è una lista: se bloccata o aperta

 Il premio di maggioranza: premio in seggi a chi ottiene un certo numero di


voti; anche questo rende meno proporzionale il proporzionale

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 89


 La dimensione delle circoscrizioni: più seggi più proporzionale, meno
seggi meno proporzionale: la circoscrizione grande è quindi più
proporzionale di una piccola

Il caso italiano: storia dei sistemi elettorali


Nel periodo liberale si adotta un sistema uninominale a turno unico
maggioritario;

Nel 1919 viene introdotto il proporzionale (il passaggio da stato liberale a stato
democratico vede anche il passaggio da maggoritario a proporzionale, grazie
ad esempio ai popolari, cioè il partito cattolico)
Mussolini introduce poi un premio di maggioranza al proporzionale: 2/3 dei
seggi al vincitore (prima di dittatura) a cui si appone Matteotti: Legge Acerbo

Il sistema elettorale adottato nella prima stagione repubblicana (che è stato il


più longevo avendo mantenuto la propria validità per quasi cinquant'anni) si
fondava su una formula proporzionale, in quanto venne ritenuta più idonea ad
offrire una proiezione generalizzata delle forze politiche del paese, imprimendo
una connotazione pluralistica al Parlamento e valorizzando la democraticità
del sistema costituzionale.

La scelta della formula proporzionale si spiegava anche secondo logiche


prettamente politiche, in quanto le due forze politiche principali del Paese DC
e PCI temevano reciprocamente la vittoria dell'avversario e ritenevano che il
sistema proporzionale avrebbe garantito un maggiore equilibrio politico,
precludendo un successo schiacciante dell'uno o dell'altro partito.

Ben presto venne avvertita l'esigenza di una maggiore stabilizzazione del


governo per evitare la frammentarietà che il sistema proporzionale
inevitabilmente comportava, oltre che per assecondare le tendenze
egemoniche del principale partito del Paese DC che temeva il sopravvento
della maggiore forza di opposizione PCI infatti, con la legge del 1953 cd
'legge truffa' venne introdotto nella sua Camera dei deputati un sistema
elettorale sostanzialmente maggioritario che applicava all'originaria formula
proporzionale un premio di maggioranza che avrebbe garantito il 65% dei
seggi al partito o alla coalizione che avesse acquistato la maggioranza
assoluta dei voti (salvo riparto proporzionale nel caso di mancato
raggiungimento del quorum).

Proprio perché legata a logiche marcatamente politiche, la legge ebbe vita


breve in quanto il mancato raggiungimento del quorum da parte della DC già

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 90


alle elezioni del 1953 persuase tutte le forze politiche a ripristinare per la
Camera la formula proporzionale, in quanto ritenuta più congeniale al
pluralismo politico e culturale del Paese e alla sua proiezione in sede elettorale.

Perchè legge 'truffa'?

 solo la DC coalizzata poteva ambire alla maggioranza assoluta: argomento


debole

 il 'premio', come disse Einaudi nel suo 'Scrittorio', Presidente che comunque
non rinviò, deve stare 'lontano' dai due terzi, per evitare di 'snaturare' la
revisione della Costituzione: argomento forte

 Al Senato, dove si pose la fiducia e dove si dimise il Presidente, mancarono


circa 100 senatori nel verbale: pur presenti, non comparvero: argomento
forte

Nel 1993 per la necessità di riformare il sistema partitico italiano, i cui connotati
tradizionali erano profondamente cambiati per motivi interni ed internazionali, e
per l'urgenza di superare la fase di instabilità politica divenuta ormai cronica, si
giunge alla prima riforma del sistema elettorale mediante la trasformazione
dell'impianto di rappresentanza politica secondo il sistema maggioritario.

fattori che influiscono su questa scelta:

geopolitica internazionale: fine della divisione del mondo in due blocchi


che aveva prodotto una flessione delle ideologie di massa in tutte le
democrazie occidentali.

I partiti subirono un impoverimento culturale e di frantumazione in


correnti

tangentopoli: episodi di corruzione di molti esponenti politici acclarati dalla


magistratura

crisi economiche internazionali

stragi di mafia: minaccia della sicurezza sociale da parte delle


organizzazioni criminali

La riforma elettorale era maturata in un clima di dissenso della società civile


che si era espressa a favore del rinnovamento politico in occasione dei
referendum abrogativi del 1991 (si eliminava la possibilità di esprimere più
preferenze alla Camera) e del 1993 (si trasformava in senso maggioritario il
Senato).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 91


L'esito dei due referendum rese quindi necessaria una riforma organica delle
leggi elettorali. Il 4 agosto del 1993 veniva inaugurata in Italia la stagione
maggioritaria (cd 'seconda Repubblica') → sistema elettorale misto
prevalentemente maggioritario:

(legge Mattarella): maggioritario per 3/4 seggi e proporzionale per il resto; nel
1993 inizia quindi la storia dei sistemi elettorali misti.

La successiva riforma elettorale, attuata da Calderoli, suggellata dalla legge


270 del 2005 e nota
con il nome di Porcellum, era stata varata per motivi prettamente politici in
quanto si voleva rimarcare la dimensione bipolare dell’organizzazione partitica,
garantendo alla coalizione che avesse riportato la maggioranza relativa
l’assegnazione della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento solo per
effetto di un artifizio elettorale (premio di maggioranza)

Questa legge introdusse una formula mista, a base proporzionale con premio
di maggioranza che veniva attribuito alla coalizione che otteneva la
maggioranza relativa.

→ questo correttivo inquinava la rappresentanza fedele della volontà elettorale,


in quanto attribuiva più della metà dei seggi in palio in virtù di un mero artificio
matematico. Inoltre il premio era assegnato in modo parzialmente diverso per le
due Camere e questo aumentava il rischio che si formassero maggioranze
diverse nei due rami parlamentari (come temuto nelle elezioni 2006 e 2013
con la conseguenza di determinare, in un sistema di bicameralismo perfetto,
non solo l'ingovernabilità, ma anche la paralisi istituzionale.

In questo sistema vennero inoltre introdotte le soglie di sbarramento, che


impedivano al partito di entrare in Parlamento nel caso in cui non avesse
raggiunto una determinata percentuale di voto, determinando così un
sostanziale potere di ricatto verso i partiti più piccoli, e le liste bloccate, che
impedivano all’elettore di esprimere una preferenza verso un candidato in
quanto l’attribuzione dei seggi seguiva una lista predisposta dai partiti.

La Corte Costituzionale venne chiamata a valutare la legittimità costituzionale


della legge 270 del
2005, e con la sentenza 1 del 2014 ne sancì la parziale incostituzionalità,
censurando il premio di
maggioranza (comprometteva la governabilità in quanto i diversi premi di
maggioranza aumentavano il rischio di maggioranze diverse nelle due Camere)
e le liste bloccate (comprometteva rappresentatività azzerando la libertà

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 92


dell'elettore di scegliere i propri rappresentanti), poiché ritenute irragionevoli e
sproporzionati.

Dopo la sentenza di parziale annullamento della legge 270, il sistema elettorale


risultò
riconducibile ad una formula proporzionale pura con voto di preferenza.
Tuttavia le legge rimase in vigore solo per l’elezione del Senato, in quanto per
l’elezione alla Camera dei deputati venne
adottata una nuova legge elettorale, la 52 del 2015, nota con il nome di
Italicum.

L'Italicum introduceva una formula che si applicava solo all'elezione della


Camera dei deputati, questo si ricollegava al processo di revisione
costituzionale era in discussione al Parlamento e che prevedeva il superamento
del bicameralismo perfetto. Il fallimento del progetto di revisione costituzionale
(a seguito dell'esito negativo della consultazione referendaria del 4 dicembre
2016 aveva impedito la modifica dell'organizzazione costituzionale dei poteri,
ma non aveva influito sull'efficacia e sull'operatività del cd. Italicum, che era
rimasto, seppur per un breve periodo di tempo, la legge elettorale in vigore per
l'elezione della Camera dei deputati.

Questa legge venne poi ulteriormente modificata per effetto della sentenza 35
del 2017 della Corte costituzionale, la quale dichiarava la parziale
incostituzionalità dell’Italicum, annullandone specifici frammenti, ridefinendo
così in modo implicito la formula per la scelta dei deputati in senso
sostanzialmente proporzionale.
In definitiva è possibile affermare che il sistema elettorale italiano, per un breve
arco di tempo, è dipeso dalle pronunce della Corte costituzionale, in quanto è
stato definito da due sentenze di parziale incostituzionalità, ovvero la 1 del
2014 e la 35 del 2017, le quali avevano profondamente inciso rispettivamente
sulla legge 270 del 2005(porcellum), rimasta in vigore per l’elezione del Senato
in un’ottica proporzionale, e sulla legge 52 del 2015(italicum), che riguardava
l’elezione della Camera dei deputati.

ATTUALE SISTEMA ELETTORALE

Dal 2017 è in vigore un sistema elettorale misto a separazione completa,


ribattezzato Rosatellum bis: in ciascuno dei due rami del Parlamento, il 37%
dei seggi assembleari è attribuito con un sistema maggioritario uninominale a
turno unico, mentre il 61% viene ripartito fra le liste concorrenti mediante un
meccanismo proporzionale corretto con diverse clausole di sbarramento. Le

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 93


candidature per quest'ultima componente sono presentate nell'ambito di
collegi plurinominali, a ognuno dei quali spetta un numero prefissato di seggi;
l'elettore non dispone del voto di preferenza né del voto disgiunto. La
Costituzione stabilisce altresì che dodici deputati e sei senatori debbano
essere prescelti dai cittadini italiani residenti all'estero.

9: Parlamento
ordinamento della Repubblica (organizzazione costituzionale): dall'art. 55 al
139

Il termine 'parlamento' ha assunto sin dal Medioevo il significato di 'assemblea',


nella quale inizialmente si dibatteva al fine di raggiungerne un accordo tra le
diverse componenti del complesso sistema politico medievale, quello liberale,
si discuteva per definire l'interesse generale della Nazione.
(il parlamento esiste per discutere e per rallentare l'impeto dei decisori, per
tenere insieme diverse opinioni; il parlamento non è un inciampo ma l'essenza
di una democrazia perchè lì è dove viene rappresentato il pluralismo.

Un elemento peculiare di queste assemblee è la presenza di 'rappresentanti',


inizialmente vincolati all'attuazione di un mandato giuridico, e
successivamente, al contrario, chiamati a svolgere il proprio ruolo 'senza
vincolo di mandato'.

I Parlamenti degli stati democratici del XX e XXI secolo conservano alcune


caratteristiche fondamentali quale l'essere il luogo nel quale si 'parlamenta' al
fine di giungere ad una decisione che, una volta assunta, acquisisce validità
erga omnes e l'essere sede della rappresentanza, oggi politica e democratica
che consentono a tutti gli effetti di qualificarli come organi di legittimazione
democratica diretta, essendo elettivi.

I parlamenti contemporanei presentano come elemento strutturale


l’aggregazione dei propri
membri in gruppi rappresentativi di partiti; i partiti, infatti, assicurano un
collegamento stabile tra eletti ed elettori e aggregano le aspirazioni e gli
interessi di questi ultimo intorno ad idee e programmi di carattere generale,
portandoli ad affermarsi come soggetti centrali del sistema parlamentare. Ne è
derivato uno spostamento delle principali decisioni politiche dalla sede
parlamentare ai partiti e movimenti, i quali hanno assunto il compito di
selezionare la classe politica e in particolare i componenti delle assemblee

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 94


rappresentative con la conseguenza che la crisi che li ha investiti ha finito con il
proiettarsi su tutto il sistema istituzionale e in particolare sul circuito della
rappresentanza parlamentare.
La rappresentanza (ossia 'rendere presente ciò che è assente') costituisce un
elemento fondamentale dei sistemi politici contemporanei, pur essendo ad essi
preesistente. Sul piano concettuale, questo istituto si basa sulla compresenza
di due soggetti, il rappresentato e il rappresentante, il primo dei quali è
chiamato ad assumere decisioni al posto del secondo che, nella storia, ha
avuto vari significati a seconda dei periodi storici (gruppo, nazione, popolo).
Il Parlamento italiano riveste un ruolo centrale nel sistema istituzionale
disegnato dalla Costituzione del 1948, in relazione alla propria legittimazione
democratica diretta e alla forma di governo parlamentare che si decise di
adottare. Esso esercita infatti la funzione legislativa e di revisione
costituzionale, inoltre sostiene l’azione del Governo (conferendo ad esso la
fiducia dopo la nomina e, in caso, revocandola durante il mandato). Inoltre esso
elegge in tutto o in parte gli organi di indirizzo politico-costituzionale
Presidente della Repubblica ed un terzo dei giudici della Corte costituzionale,
ai quali è affidata la garanzia della rigidità e della corretta applicazione della
Costituzione.

Questa centralità ha subito nel tempo un ridimensionamento volto ad


accentuare il ruolo del Governo nella definizione dell'indirizzo politico e a
razionalizzare il rapporto tra quest'ultimo e le Camere.
Non è un caso che il primo organo trattato sia proprio il Parlamento dato che è
l'organo centrale intorno al quale si costruisce tutto il sistema; durante il
fascismo venne inizialmente deriso (discorso del bivacco) e successivamente
venne sostituito con la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (istituzione di
facciata).

Storia parlamento italiano

Il parlamento repubblicano italiano, si pone in linea di continuità, per struttura e


sedi, con il parlamento del Regno d’Italia, riunitosi per la prima volta a Torino l’8
febbraio 1861 e che, dopo il breve periodo in cui Firenze fu capitale d’Italia
1865/1871, si trasferì a Roma in seguito alla proclamazione di quest’ultima
quale nuova capitale. Lo Statuto Albertino prevedeva una Camera dei Deputati
eletta dai cittadini (con un suffragio inizialmente limitato ad una percentuale
molto bassa di aventi diritto al voto, in ragione del carattere censitario e
discriminatorio di genere della legislazione elettorale, fino ad arrivare nel 1912

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 95


al suffragio universale maschile) ed un Senato di nomina regia. A queste due
camere lo statuto affidava il potere legislativo, da esercitare insieme al Re (che
aveva infatti il potere di sanzionare le leggi) e la cruciale funzione di approvare
bilanci e dei conti dello Stato. Non vi era invece nello Statuto la previsione di un
rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo che, tuttavia, iniziò a evidenziarsi
sin dai primi anni del regno, dal momento che il governo ricercava la
condivisione parlamentare delle proprie politiche fino all’affermarsi, non senza
resistenze regie e inversioni momentanee di tendenza, di una forma di governo
stabilmente basata su una relazione fiduciaria tra Camere e Governo.
Questo equilibrio, già incrinatosi con la crisi socio-economica di fine ‘800, si
spezzò definitivamente durante la prima guerra mondiale a vantaggio del
Governo, al quale vennero conferiti pieni poteri e che iniziò a ricorrere in modo
molto ampio alla decretazione d’urgenza. Le Camere ne risultarono molto
indebolite e questa situazione contribuì ad un progressivo declino delle stesse
nel periodo tra le due guerre mondiali.

Nel 1925 venne abolita la fiducia parlamentare al Governo e nel 1939 la Camera
dei Deputati fu sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, non eletta
da cittadini ma composta dai componenti dei Consigli nazionali del Partito
Nazionale Fascista e del Consiglio Nazionale delle Corporazioni.

A questa Camera, insieme al senato che continuò ad esistere, venne affidato il


compito di “collaborare con il Governo alla formazione delle leggi”. La camera
dei fasci fu sciolta nel 1943, mentre il Senato vitalizio, rimasto formalmente in
carica ma impossibilitato a svolgere alcuna funzione, fu dapprima, nel giugno
1946, sospeso da ogni funzione ed infine, nel novembre del 1947, sciolto. Le
elezioni del nuovo Parlamento, come ridefinito e disciplinato dalla Costituzione,
si tennero nell’aprile del 1948

MONOCAMERALISMO/BICAMERALISMO
La struttura (monocamerale o bicamerale) del Parlamento di uno Stato
democratico riflette la scelta, operata dalle singole Carte costituzionali, su il
tipo di rappresentanza e il ruolo che l'organo è chiamato a svolgere. Si rileva, in
generale, che la struttura monocamerale mira a dare un'unica rappresentanza
della volontà popolare; la scelta bicamerale evidenzia invece l'esigenza o la
volontà di fondare il mandato parlamentare su elementi diversi della società
che si ritiene necessario porre alla base del rapporto rappresentativo.
due modelli di bicameralismo:

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 96


Parlamenti liberali ottocenteschi d'Inghilterra: prevede una camera
elettiva e l'altra composta da rappresentanti nominati, talvolta a vita, dal Capo
dello Stato → manifestare la divisione della società in ceti diversi (nobiltà e
borghesia)

Modello di matrice nord-americana: prevede, accanto ad una Camera


eletta direttamente dal popolo, un Senato rappresentativo degli Stati membri
o di altre entità territoriali, i cui componenti possono essere scelti sia
attraverso l'elezione popolare, sia affidando la nomina agli enti territoriali.

Tutti i parlamenti del mondo sono organi collegiali ed elettivi (per


concretizzare la rappresentatività).

Il Parlamento italiano presenta una struttura bicamerale ed è infatti composto


dalla Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, i cui membri, in
determinate occasioni, si riuniscono in forma congiunta, ovvero in seduta
comune.
In sede di Assemblea Costituente si discusse a lungo se conservare la struttura
bicamerale che il Parlamento aveva avuto nel periodo statuario o optare per il
monocameralismo. Alla fine prevalse la linea della continuità.
Nel sistema costituzionale repubblicano le due Camere sono invece entrambe
rappresentative
del popolo, dal quale erano elette a suffragio universale. La scelta della
Costituente fu quindi da ragioni di prudenza politica, ossia dalla volontà di
rendere ogni Camera il controllore ed il freno dell’altra, consentendo alle forze
di opposizione di esercitare un duplice controllo politico sulla maggioranza
parlamentare: tale ratio è confermata dal fatto che il bicameralismo sia
perfetto.

Il bicameralismo italiano rappresenta un unicum dell'esperienza comparata,


dove non si conoscono sistemi caratterizzati da analoga parità tra le Camere. Si
ritiene che il bicameralismo perfetto abbia funzionato in passato grazie alla
presenza di un sistema elettorale omogeneo, di tipo proporzionale in grado di
non determinare sostanziali differenze tra le due maggioranze parlamentari.

Peraltro, benchè la Costituzione preveda la possibilità dello scioglimento


anticipato di una sola delle Camera, è prevalsa, dopo la riforma costituzionale
del 1963 che ne ha equiparato la durata, la prassi contraria.
Le uniche differenze tra le due Camere del Parlamento italiano attengono ad
elementi strutturali e

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 97


ad alcune regole di funzionamento, di competenza dei regolamenti
parlamentari.

Differente è infatti il numero dei componenti all’interno delle Camere. (prima


del referendum) La Camera dei Deputati è composta da 630 membri tutti
elettivi, mentre il Senato è composto da un numero variabile di
componenti, in quanto è composto da 315 senatori elettivi, e ai sensi
dell’articolo 59.1, dagli ex Presidenti della Repubblica, diventati senatori a
vita, e da 5 cittadini, nominati dal Presidente della Repubblica a far parte a
vita di quest'organo (art 59.2. La presenza di senatori non elettivi e a vita
fu giustificata, in sede di Assemblea Costituente, con la volontà di non
legare la rappresentanza popolare alla sola radice elettorale e di conservare
un elemento di continuità con il Parlamento e il Regno d'Italia.

senatori a vita: Art. 59: è senatore di diritto e a vita chi è Stato Presidente della
Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque
cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale,
scientifico, artistico e letterario (eredità dello Statuto albertino, il senato era
integralmente composto da membri nominati dal re).
5 numero massimo o 5 per ogni Presidente?

La Costituzione non lo specifica, di norma nessuna discussione sui cittadini


scelti dal Presidente MA dibattiti sul numero: fino a Pertini massimo 5 è stata
l'interpretazione; Pertini, partigiano scappato dal carcere fascista per 5 volte,
spezza la scelta dei suoi predecessori e sceglie di nominare lui 5 presidenti a
vita anche se erano presenti in Senato già 5 senatori a vita (molto criticato,
nominò ad esempio Noberto Bobbio). Successivamente Cossiga nominò anche
lui 5 senatori ma dopo lui si è tornati a interpretazione restrittiva.

Diversi, inoltre, come già visto, sono i requisiti anagrafici richiesti per
l’esercizio
dell’elettorato attivo e passivo per Camera e Senato.

sistema elettorale

-Camera: la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il


numero degli abitanti della Repubblica (quale risulta dall'ultimo censimento
generale della popolazione) per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in
proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione: 28 circoscrizioni

In seguito al referendum: si divide il numero di abitanti per trecentonovantadue


(su 400 deputati) e si ditribuiscono i seggi in proporzione alla popolazione di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 98


ogni circoscrizione

-Senato: assegnati su base regionale. Nessuna Regione può avere un numero


di senatori inferiore a sette: Molise 2, Valle d'Aosta 1
La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua in proporzione alla
popolazione delle Regioni

In seguito al referendum: Nessuna Regione o Provincia autonoma può avere un


numero di senatori (in totale 200 inferiore a tre; Molise 2, Valle d'Aosta 1. La
ripartizione dei seggi si effettua in proporzione alla loro popolazione

La durata ordinaria della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,
definita Legislatura, è fissata dalla Costituzione in 5 anni (art.60.
Nella formazione originaria di questo articolo la durata delle due Camere non
era equiparata Camera 5, Senato 6; nel 1963, in virtù del bicameralismo
perfetto si decise di introdurre la fissazione in cinque anni per entrambe le
camere.
La Costituzione affida al Presidente della Repubblica il compito di indire le
elezioni delle
nuove Camere al termine della Legislatura, fissandone anche la prima riunione
Art.87.3, e di
deliberare lo scioglimento anticipato delle Camere sentiti i loro Presidenti Art.
88.

Il decreto presidenziale di indizione delle nuove elezioni e di fissazione della


prima riunione delle nuove Camere si configura come formalmente
presidenziale anche se è sostanzialmente governativo in quanto il Presidente
del Consiglio ne determina il contenuto in ottemperanza con quanto stabilito
dalla Costituzione (prevede che le elezioni politiche debbano tenersi
entro 70 giorni dallo scioglimento delle Camere e che la prima riunione delle
nuove Camere
debba tenersi entro 20 giorni dalle elezioni).
Il compito dello scioglimento delle Camere è affidato al Capo dello Stato, il
quale deve valutare
l’opportunità di porre fine alla Legislatura. Opportunità non derivanti dalla
Costituzione ma
dall’esperienza repubblicana, secondo cui lo scioglimento delle Camere deve
avvenire nei casi di
insanabile crisi tra Governo e maggioranza parlamentare. L’atto di scioglimento
deve avere

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 99


l’adesione formale del Presidente del Consiglio, che è chiamato a
controfirmare.
La Costituzione (art.82.2, vieta al Presidente della Repubblica l’esercizio di
questo potere
negli ultimi 6 mesi del suo mandato al fine di, secondo quanto emerso in
Costituente, evitare un possibile accordo tra i due soggetti coinvolti: eccezione
è data dal “ingorgo istituzionale”,
ovvero nel caso in cui la scadenza della Legislatura e del mandato
presidenziale coincidono.
In questo caso, il Presidente riacquista il potere di scioglimento anticipato per
consentire
l’insediamento delle nuove Camere prima della scadenza del proprio mandato,
affidando l’elezione del suo successore ad un Parlamento rappresentativo degli
ordinamenti politici in quel momento presenti nella società.

prorogatio: dal principio di continuità ed indefettibilità degli organi


costituzionale ne deriva che le Camere sciolte entrano in regime di prorogatio
(proroga dei poteri), al fine di potersi riunire nella necessità di una delibera o
di un atto parlamentare inderogabile.
La prorogatio intercorre dalla data dell’ultima riunione delle Camere
precedenti a quella di
insediamento delle nuove.
Ai sensi dell'art. 85.3, le Camere in prorogatio non posso procedere
all’elezione di un nuovo Capo dello Stato, ma ai sensi dell’art. 77.2, possono
riunirsi per la conversione in legge di un decreto legge approvato dal Governo.

proroga : una diversa configurazione ha invece la proroga della durata delle


Camere, che deliberano in caso di guerra e delegano al Governo i poteri
necessari per affrontare lo stato d'emergenza. Ipotesi prevista in Costituzione
ma mai realizzata.

Ciascuna Camera ha un’organizzazione interna disciplinata dalla Costituzione e


dal proprio
regolamento. Alcune articolazioni interne sono previste direttamente dalla
Costituzione, come:

il Presidente

l'Ufficio di presidenza

i gruppi parlamentari

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 100


le Commissioni; altre invece, previste solo dai regolamenti (come
Conferenza dei Presidenti dei gruppi).

PRESIDENTE
Ogni Camera elegge il proprio Presidente, il cui compito è quello di
rappresentare la propria
Camera d'appartenenza e di organizzarne i lavori. Inoltre, ai Presidenti delle
due Camere, talvolta di concerto, sono attribuite alcune ulteriori funzioni, quali
la nomina di componenti di autorità indipendenti (esempio Autorità Garante per
la concorrenza e il mercato) o di organi di autogoverno di alcune magistrature
Consiglio della magistratura militare) o di Presidenti di organi parlamentari,
quali le commissioni bicamerali di inchiesta e il Consigliodell’Ufficio
parlamentare di bilancio.

Inoltre, il Presidente del Senato svolge il ruolo di supplente del Capo dello
Stato in caso di
impedimento di quest’ultimo, mentre il Presidente della Camera presiede il
Parlamento in seduta comune.Il Presidente si pone dunque come organo
super partes.

L’elezione del Presidente di ciascuna Camera è disciplinata da rispettivi


regolamenti.
L’elemento comune è il ricorso allo scrutinio segreto, differenti sono invece i
quorum richiesti
ed il sistema utilizzato.
Giunte: insieme di parlamentari con hanno specifici compiti: esempio giunta
per autorizzazione a procedere, giunta per elezioni ecc.)
GRUPPI PARLAMENTARI (art. 72.2

All’interno di ciascuna Camera è prevista la presenza di gruppi parlamentari, i


quali rappresentano la proiezione parlamentare dei partiti politici, sia per una
finalità rappresentativa sia per una funzione organizzativa (per la formazione
delle Commissioni ad esempio).

A norma di regolamento, nei giorni successivi all’insediamento delle nuove


Assemblee, deputati e
senatori devono dichiarare a quale gruppo parlamentare intendono aderire.
Coloro che decidono di non associarsi ad alcun gruppo o coloro che, nel corso
della Legislatura,
decidono di dissociarsi dal proprio gruppo, vengono assegnati al gruppo misto.
Solitamente al gruppo misto del Senato aderiscono i senatori a vita.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 101


Un gruppo parlamentare è composto da 20 deputati e 10 senatori. Ciascun
gruppo elegge al
proprio interno un Presidente, chiamato a far parte della Conferenza dei
capigruppo, e il cui
compito è di definire il programma, il calendario ed i tempi di lavori del proprio
organo di direzione
politica.

COMMISSIONI
Rilevante è la partecipazione numerica ai gruppi parlamentari, in quanto incide
sulla formazione
delle CommissionI (i posti in commissione sono assegnati in base alla
proporzione dei seggi in aula divisi per gruppi parlamentari)
Le Commissioni sono dunque articolazioni interne alle Camere e si distinguono
in:

temporanee, costituite per il raggiungimento di una finalità definita nell’atto


costitutivo, la
cui durata è legata allo svolgimento del compito ricevuto. Le commissioni
temporanee, anche se non frequentemente istituite, possono svolgere
funzioni referenti su disegni di legge, funzioni di indirizzo o funzioni
consultive. → una peculiare categoria di commissioni temporanee è
rappresentata da quelle cd. d'inchiesta.

permanenti, rappresentano un’articolazione stabile e svolgono un ruolo


fondamentale sia
nel procedimento legislativo sia nell’esercizio delle funzioni di informazione
e di controllo.

Il numero delle Commissioni (attualmente quelle permanenti sono 14 in


entrambe le Camere) e le materie di competenza sono definite dai regolamenti
parlamentari; la ripartizione delle competenze ha anche l'obiettivo di
consentire al lavoro parlamentare di seguire con continuità l'azione di governo.
Ogni Commissione elegge il proprio Presidente che svolge compiti organizzativi
fondamentali e partecipa attivamente ai lavori della Commissione.
REGOLAMENTI
La Costituzione prevede che ogni Camera approvi il proprio regolamento
generale, al quale
viene riconosciuta rilevanza esterna e ruolo di fonte primaria, anche se privo di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 102


forza di legge.
I regolamenti parlamentari sono approvati a maggioranza assoluta dai
componenti dell'Assemblea

quorum strutturale: per quanto riguarda le regole di funzionamento, per


poter essere valida la seduta in Aula, la Costituzione richiede la presenza
della maggioranza degli aventi diritto, pena la sospensione o il rinvio
dell'incontro. Tale numero legale si presume sempre esistente (cd. presunzione
del numero legale) , tuttavia, in qualsiasi momento, alcuni parlamentari o il

Presidente possono chiedere la verifica del numero dei presenti. Nel quorum
strutturale incidono in modo significativo gli astenuti al voto che, mentre nella
Camera possono rimanere in aula, al Senato deve allontanarsi dall’aula,
risultando quindi assente.

quorum legale: le deliberazioni di ciascuna Camera sono adottate a


maggioranza dei presenti, quorum funzionale, salvo i casi in cui la
Costituzione preveda una maggioranza specifica, come delineato dall’art.
64.3, ovvero nel caso in cui le Camere dichiarano l’urgenza di promulgare una
legge, per l’elezione del Capo dello Stato e per la sua messa in stato d’accusa,
l’approvazione in seconda lettura di una legge costituzionale, l’approvazione
della legge di amnistia o indulto e l’adozione di ciascuna Camera del proprio
regolamento parlamentare.

Le Camere utilizzano il voto palese come regola generale, e il voto segreto in


casi particolari (ad esempio nel caso di deliberazione riguardanti persone, o, se
un certo numero di Parlamentari lo richiede, in merito a leggi elettorali, diritti di
libertà e famiglia e della personalità), mai riguardanti le leggi di bilancio e gli atti
normativi ad essa collegati.

La Costituzione prevede poi la natura pubblica delle sedute dell'assemblea, i


regolamenti hanno ampliato tale visibilità esterna dei lavori grazie a resoconti
sommari pubblicati giornalmente e dirette televisive/ web. In ogni caso
ciascuna Camera e il Parlamento in seduta comune possono deliberare di
volersi riunire in 'seduta segreta'.

Lo status giuridico dei membri del Parlamento:

I parlamentari godono di uno status, definito dalla Costituzione e integrato da


disposizioni legislative e dai regolamenti parlamentari, volto a salvaguardare
l’organo al quale appartengono da interferenze da parte di altri poteri dello
Stato o da pressione di terzi.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 103


Alcuni elementi dello status risalgono al periodo del Carte costituzionali del
periodo liberale, mentre altre sono più recenti, è tuttavia comune l finalità di
salvaguardare situazioni giuridiche soggettive individuali al fine di assicurare
l'indipendenza del Parlamento.

L'ambito di immunità descritto dalla formulazione originaria era particolarmente


ampio e includeva anche l'improcedibilità durante il mandato che venne
eliminato con la riforma del 1993 con la conseguenza che ora è possibile
indagare, rinviare a giudizio e processare un parlamentare senza necessità
della preventiva autorizzazione a procedere.

divieto di mandato imperativo: nella Costituzione italiana la disciplina dello


status di parlamentare (art 6769) si apre con la riaffermazione del principio,
introdotto con le rivoluzioni settecentesche, del divieto di mandato
imperativo, che 'libera' rappresentante dalle istruzioni e direttive di coloro che
lo hanno eletto → mira quindi a ricondurre l'azione di ogni rappresentante al
perseguimento dell'interesse generale e non di singoli cittadini o gruppi
definiti.

mandato politico: diffuso orientamento per cui si ha un impegno a


rispettare la 'disciplina di partito' e, in particolare al momento delle
deliberazioni parlamentari, le indicazioni di voto che provengono dai
capigruppo o vertici del partito con la conseguenza che il mancato rispetto
della 'disciplina di partito' e l'eventuale espulsione del parlamentare al gruppo
di appartenenza non producono, durante la Legislatura, conseguenze sul suo
status di membro del Parlamento, essendo egli chiamato solo ad aderire al
gruppo misto o a chiedere di entrare nel gruppo parlamentare di un altro
partito.

📌 L’articolo 68 della Costituzione rappresenta, invece, il fulcro delle


garanzie riconosciute al parlamentare, stabilendo sia il principio
dell’insindacabilità, sia il principio di immunità da limitazioni della
libertà personale non autorizzate dalla Camera di appartenenza.

insindacabilità: si intende la non perseguibilità sul piano civile e penale del


parlamentare (alcune sentenze della Corte aggiungono quello amministrativo,

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 104


contabile e disciplinare), anche dopo la scadenza del mandato, per i voti e le
opinioni date durante l’esercizio della propria funzione.

Il parlamentare gode dunque di una libertà di manifestazione del pensiero, che


non può essere giudicata da azioni giurisdizionali (al riparo dal rischio di azioni
giurisdizionali che siano dirette solamente a condizionarne l'operato politico),
eccetto il caso in cui la Corte, chiamata a esprimersi su un conflitto di
attribuzione, ritenga che il potere parlamentare sia stato illegittimamente
esercitato e che l'opinione espressa dal deputato o senatore non rientri nella
tutela costituzionale prevista dall'art 68.1.

immunità: il parlamentare non può essere sottoposto a misure restrittive


della libertà personale, domiciliare o a limitazioni della libertà di
corrispondenza in assenza di una espressa autorizzazione della Camera di
appartenenza, durante il corso del suo mandato. Tuttavia nel caso in cui
l’autorità giudiziaria richieda l’autorizzazione alla limitazione della libertà
personale di un parlamentare, in primo luogo si esprimerà l'apposita Giunta
della Camera interessata, proponendo all’Assemblea l’accoglimento o il rigetto
della richiesta, la cui proposta finale sarà votata dall’Aula.

indennità: il suo importo annuo e i suoi elementi sono stabiliti dalla legge;
inoltre è assicurato ai parlamentari un trattamento provvidenziale, disciplinato
da un regolamento interno. La ratio di questa prerogativa si rinviene nella
volontà del Costituente di consentire a chiunque di svolgere un mandato
parlamentare, senza preoccupazioni per il mantenimento proprio o della
famiglia. A partire dal 2012 è stata poi soppressa la rendita vitalizia prima
prevista per i parlamentari al termine del mandato, che è stata sostituita da
una pensione, calcolata con il metodo contributivo e assoggettata a specifici
requisiti riguardanti il periodo di contribuzione e l'età.

ineleggibilità e incompatibilità

ineleggibilità: previste dalla legge: impedisce alla persone che ricoprono carica
ineleggibile di concorrere alle elezioni (esempio capo polizia, preti), sono quindi
motivazione valide in principio.
incompatibità: possono fare campagna elettorale e se eletti devono scegliere
una tra le due camere Presidente della Regione, sindaco con più di 5000
abitanti ecc.

PROCEDIMENTO LEGISLATIVO

Le Camere conservano un ruolo centrale nella produzione legislativa.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 105


La Costituzione dedica alla funzione legislativa e al relativo procedimento gli
art. 7074, strutturando quest'ultimo sostanzialmente in quattro fasi:

 iniziativa

 approvazione

 promulgazione

 pubblicazione.

✖ La prima fase dell'iter legislativo è rappresentata dall'iniziativa, ossia


dalla presentazione ad una delle due Camere di una proposta di
legge, redatta in articoli.

Chi può proporre una legge?

Iniziativa governativa: è l'iniziativa di maggior rilievo, che utilizza


normalmente tale strumento per realizzare i diversi punti del proprio
programma politico. I disegni di legge governativa sono deliberati dal
Consiglio dei Ministri e presentati alle Camere, previa autorizzazione del
Presidente della Repubblica. La Costituzione riserva al Governo la
presentazione dei disegni di legge in specifiche materie (ad esempio ddl
bilancio, in quanto capace di poter soddisfare quanto previsto dall'art 81.3 in
merito all'onere di indicare i mezzi di finanziamento di nuove leggi che
comportino spese, e di conversione in legge di un decreto legge).

Iniziativa parlamentare: ciascun parlamentare può presentare,


individualmente o insieme ad altri colleghi, progetti di legge alla propria
camera di appartenenza. Le iniziative individuali non godono di particolare
favore nella calendarizzazione dei lavori parlamentari. Vengono di regola
assegnata alla Commissione competente molto tempo dopo la loro
presentazione e subiscono la tendenza all'insabbiamento.

Iniziativa popolare: anche il corpo elettorale può presentare alle Camere


una proposta di legge sottoscritta da almeno 50.000 elettori e accompagnata
da una relazione che ne illustri le finalità generali e il contenuto delle singole
disposizioni. L'iniziativa parlamentare gode di due garanzie specifiche: 1.
l'obbligo, per le Camere, di 'prendere in considerazione' il progetto presentato
2. decadenza del progetto di legge al termine non della legislatura alla quale è

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 106


stato presentato ma alla successiva, qualora nel frattempo non sia stato
approvato

Iniziativa regionale: la proposta di legge di iniziativa regionale viene


deliberata dal Consiglio regionale e inviata ad una Camere dal Presidente
della Regione. Per questo tipo di iniziativa è previsto un impegno alla
calendarizzazione entro un mese.

Iniziativa CNEL la scarsa funzionalità di quest'organo rende ininfluente


anche la sua attività di iniziativa legislativa

I progetti di legge (tranne quello di iniziativa popolare) decadono al termine


della legislatura, tranne nel caso del cd. repechage, che consente il recupero
dei disegni di legge per i quali nella precedente legislatura si era concluso
almeno l'iter referente.
Negli ultimi anni 20 anni) 80% approvate leggi di iniziativa governativa anche
se i costituenti pensavano iniziativa parlamentare (dopo 20 anni di dittatura
governativa); inizialmente quando eravamo molto democratici le leggi di
iniziativa parlamentare erano molte

✖ La fase di discussione e approvazione di un disegno/progetto di legge


è l'unica fase che si svolge interamente all'interno delle Camere,
coinvolgendo sia le Commissioni sia l'aula

Commissione referente (o procedimento ordinario): il Presidente della


Camera alla quale il progetto è stato presentato, lo assegna ad una
commissione permanente, competente per materia. Il progetto viene poi
discusso e vengono votati gli eventuali emendamenti al testo originario. Alla
fine il testo viene approvato ed inviato all'Aula, dove iniziano le cd. tre letture.
La prima fase consiste nella discussone generale al termine della quale si
passa alla fase, lunga e complessa, della discussione dei singoli articoli e
degli emendamenti a ciascuno di essi, e alla loro votazione finale (seconda
lettura). L'ultima 'lettura' consiste nell'approvazione finale del testo, volta
proprio a consentire ai componenti dell'Assemblea di esprimere il proprio voto
definitivo su un testo complessivo che, dopo la seconda lettura, può essere
molto diverso da quello sul quale si era svolta la discussione iniziale.

Completato l'iter in una Camera, il testo viene inviato all'altra, dove il


procedimento ricomincia daccapo con: l'assegnazione, da parte del Presidente,

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 107


del disegno/progetto di legge alla Commissione competente. Ne deriva che,
qualora il testo - approvato da una Camera - venga modificato dall'altra, si apre
una fase di trasmissione dei disegno di legge da una Camera all'altra
(cd.navette).

Commissione deliberante: in questo caso l'approvazione di un disegno di


legge inizia con la Commissione competente per materia che effettua le tre
lettura, senza che il disegno di legge debba essere quindi discusso e votato
dall' Assemblea. Si tratta di una scelta procedurale, prevista per alleggerire il
lavoro dell'Aula in presenza di leggi di scarso rilievo generale e politico, che
tuttavia presenta il rischio di consentire una più penetrante attività di
pressione da parte dei gruppi d'interesse, considerata la minore pubblicità
che caratterizza i lavori delle Commissioni.

La Costituzione pone tre limiti fondamentali al ricorso di tale procedura:

 la riserva cd 'di assemblea' in base alla quale nelle materie (costituzionale,


elettorale, delegazione legislativa, autorizzazione alla ratifica dei trattati
internazionali, bilancio dello Stato) indicate nell'art 72.4 Cost deve essere
utilizzato sempre il procedimento ordinario; la composizione della
Commissione in modo proporzionale alla numerosità dei gruppi
parlamentari;

 l'obbligo di ricondurre l'approvazione di un disegno di legge al


procedimento ordinario qualora ne facciano richiesta il Governo, un decimo
dei componenti dell'Assemblea, un quinto dei componenti della
Commissione interessata.

Inoltre ciascuna Camera conserva la propria autonomia circa il procedimento da


adottare nell'approvazione del medesimo progetto di legge, con la
conseguenza che la scelta dell'una di ricorrere al procedimento per
'commissione deliberante' non influenza in alcun modo la scelta dell'altra.
Peraltro la decisione circa il procedimento da adottare spetta al Presidente
dell'Assemblea, con la differenza che mentre al Senato essa è definitiva, alla
Camera vale come proposta che si ritiene tacitamente accettata se nessun
deputato chiede di sottoporla all'Assemblea.

Nell'Italia della I Repubblica divisa 4892 democrazia cristiana e partito


comunista: la maggior parte delle leggi sono state approvate dalla quasi
unanimità del Parlamento, la commissione redigente è stata utilizzata
tantissimo così come la commissione deliberante

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 108


Commissione redigente: procedura mista; in questo procedimento l'Aula
svolge sempre la terza lettura (approvazione finale) mentre la fase più lunga,
riguardante l'approvazione articolo per articolo viene svolta, in entrambe le
Camere, nella Commissione che ha già svolto la fase referente. La prima fase,
di lettura generale del testo, al Senato viene svolta in Commissione e alla
Camera in Aula.

✖ Terminata la fase di approvazione, il disegno di legge è perfetto ma


non efficace, necessitando della 'promulgazione' da parte del
Presidente della Repubblica, che deve avvenire entro trenta giorni
dall'approvazione parlamentare o in un tempo breve qualora
entrambe le Camere, a maggioranza assoluta, ne dichiarino l'urgenza.

La promulgazione si configura come un atto di controllo volto a verificare


l'eventuale presenza nel testo di evidenti violazioni della Costituzione e ad
evitare quindi l'entrata in vigore della legge che rappresenti significativi profili
di incostituzionalità che la Corte potrà sindacare solo ex post e senza certezza
sui tempi.

Se l'esame del testo ha esito positivo, il Presidente promulga la legge.


In caso negativo, il Capo dello Stato rinvia la legge alle Camere con messaggio
motivato, controfirmato dal Governo, nel quali illustra i motivi della mancata
promulgazione. A questo punto le Camere, salva l'ipotesi estrema della
decisione di accantonare il disegno di legge, hanno sostanzialmente due
possibilità: in primo luogo riapprovare l'atto accogliendo i rilievi presidenziali; in
alternativa, lasciare inalterato il testo rispetto alla prima deliberazione, non
condividendo le considerazioni del Capo dello Stato. In entrambi i casi il
procedimento seguito deve essere quello ordinario.
La seconda approvazione del disegno di legge da parte delle Camere, con o
senza modifiche, fa insorgere l'obbligo per il Presidente della Repubblica di
promulgare la legge.

→ è controversa la possibilità, ad oggi mai sperimentata, che il Presidente della


Repubblica possa rifiutare la promulgazione anche una seconda volta, qualora
ritenga che, per i contenuti della legge approvata, l'adozione di tale atto posso
configurare nei suoi confronti il reato di attentato alla Costituzione. D'altro
canto, proprio la mancata promulgazione potrebbe portare il Parlamento in
seduta comune ad una sua incriminazione per lo stesso reato.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 109


Ciampi dopo leggi cd 'ad personam' rinviò due volte due leggi differenti (legge
Castelli→ ordinamento giudiziario): il Parlamento modificò la parte della legge
dichiarata incostituzionale dal Capo dello Stato, ma si aggiunsero altre parti a
loro volta incostituzionali. Ciampi non potè però non promulgarla, sentiti dei
costituzionalisti. → la parte in discussione venne dichiarata incostituzionale
dalla Corte.
Da Einaudi a Mattarella: 60 casi in 60 anni di rinvio Cossiga 22

✖ L'ultima fase del procedimento legislativo è la pubblicazione della


legge sulla Gazzetta Ufficiale a cura del Ministro della Giustizia. Da
quel momento iniziano a decorrere i tempi della vacatio legis che
possono essere allungati o abbreviati da una espressa previsione
contenuta nella legge stessa.

ignorantia legis non excusat → nessuno può dire di non conoscere la legge dopo
la pubblicazione della legge su Gazzetta; cognizione del testo della legge.
diventa efficace con la pubblicazione, non più solo perfetta

→ il diritto aggiorna i giudici, tu puoi essere portato a processo


iura novit curia

da quando questa legge viene efficace

10: Presidente della Repubblica


→ inizia all'art. 83Cost fino all'art.91Cost

Come mai la posizione al II titolo, prima del Governo? I Costituenti del Governo
non volevano occuparsene, dopo 20 anni di dittatura governativa (dedica al
Governo solo 5 articoli)
Il bisogno di un capo dello Stato: cenni a Freud

Come mai nessuno Stato non ha un capo dello Stato?


Freud → 'Disagio della civiltà' 'Totem e tabù' dove Freud applica alla società le
sue scoperte in campo psichico-clinico; le società restano assieme quando e
se accadono due fenomeni sociali:

le persone in senso orizzontale rinunciano ad uccidersi a vicenda, si inizia a


cercare giustizia e non vendetta, no homo hominis lupus, questa fuoriuscita è

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 110


società, è un disagio della società (l'umanità ha barattato un po' di felicita per
un po' di sicurezza) ma ciò che ci garantisce un avvenire.

per avere una società bisogna avere anche un movimento verticale dove si
ritrova il padre come figura chiave che aiuta la famiglia (e poi Capo dello Stato
nella società) ad andare avanti → l'uccisione del padre per interiorizzare la
norma → il Capo dello Stato è come il padre della famiglia ma nella società, ha
un ruolo inestimabile, tanto importante come il padre di famiglia.

Questo pensiero di Freud può avere una deriva autoritaria: vedi la nascita di
capi carismatici come Hitler e Mussolini (inizialmente Freud era favorevole a
Mussolini ma poi si discosto e criticò i vari capi)
Anche nelle primissime società esisteva figura di capo, di guida, questa figura
simbolica nel tempo poi non è mai scomparsa; effetti taumaturgici del re →
esigenza di avere un punto di riferimento che nel tempo si è laicizzato, ma nella
carica di Capo dello Stato c'è un momento di unità e riconoscimento, padre da
uccidere → non esiste paese al mondo senza capo dello Stato, potremmo
farne a meno ma non ne facciamo a meno (questo quindi è un bisogno innato
della società)

Si è soliti distinguere il Capo dello Stato di una Monarchia da quello di una


Repubblica in base ad alcune caratteristiche.
→ Il Re è un organo non elettivo, della durata temporalmente non prestabilita
ed irresponsabile. L'istituzione è ereditaria, la persona che occupa l'ufficio
rimane in carica fino alla morte e non risponde giuridicamente degli atti
compiuti.
→ Il Presidente della Repubblica è un organo elettivo, dalla durata in carica
determinata e responsabile (può essere messo in stato d'accuso per attentato
alla Costituzione e alto tradimento). Si ha un'elezione, diretta o indiretta, la
durata è definita (anche ne caso di rielezione) e, pur con diverse sfaccettature,
è prevista almeno una forma di responsabilità giuridica.
Oggi, almeno nel contesto europeo, la distinzione non tra Monarchia e
Repubblica si è sostanzialmente attenuata dato che non può più essere
assunta come criterio fondamentale nella classificazione delle forme di governo
(altri sono infatti i criteri su cui si basano le classificazioni delle forme di
governo).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 111


Lasciandosi alle spalle il periodo fascista, i membri dell'Assemblea Costituente
discussero vivacemente su quale dovesse essere il ruolo del Capo dello Stato.
Di certo, il referendum del 2 giugno 1946 decretò che il nuovo Capo dello Stato
dovesse essere repubblicano e non più monarchico.

Si trattava di decidere la configurazione complessiva del nuovo organo, a


seconda della forma di governo che si sarebbe deciso di introdurre. Si scartò la
forma di governo presidenziale poichè l'elezione diretta del Capo dello Stato
avrebbe comportato una sua sovraesposizione politica soprattutto rispetto al
Parlamento.
La monocraticità della carica, qualora eletta direttamente dal popolo, faceva
presagire scenari preoccupanti per la maggior parte dei Costituenti, che non
volevano in alcun modo un possibile ritorno al ventennio fascista,
caratterizzato, tra l'altro, da un fortissimo contatto quasi diretto tra il Capo del
Governo e il popolo. Si escluse l'elezione diretta del Capo dello Stato per
evitare possibili derive plebiscitarie.

I costituenti, una volta optato per la forma di governo parlamentare, decisero di


non disciplinare compiutamente la figura del Presidente della Repubblica.

organo monocratico: così come per definizione il Parlamento è un organo


collegiale, il Presidente della Repubblica è un organo monocratico tranne
alcune eccezioni (al di là delle forme di Stato socialiste): 1. la
Confederazione svizzera che formalmente è presieduta da un membro del
Consiglio federale eletto dall'Assemblea tra i componenti dello stesso
Consiglio; 2. Repubblica di San Marino: presieduta da due Capitani
Reggenti; 3. Principato di Andorra: due Coprincipi.

→ necessità di rappresentare unità in una sola persona che appunto


rappresenta l'interesse nazionale

È riconosciuta una fondamentale importanza simbolica: afferma Kelsen


che il Capo dello Stato rappresenta il 'simbolo vivente dell'autorità'. In base
a questa caratteristica, il Capo dello Stato assume iniziative e
comportamenti a nome dell'intera Nazione, anche in campo di polica
estera, con l'intento di farsi interprete del sentimento generale dell'opinione
pubblica.

vorremmo non avere un Capo dello Stato (una sola persona prende
decisioni) ma lo abbiamo; non si intromette e guida/indirizza con comunicati,
rinvio leggi, nomina Ministri su proposta del Consiglio dei ministri

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 112


politico ma super partes

ha ruoli, funzione diverse nei diversi Stati

garante politico dell'ordinamento democratico, specialmente per quanto


riguarda la tenuta del testo costituzionale: questa caratteristiche è
presente indistintamente nel parlamentarismo e nel presidenzialismo

Il Presidente della Repubblica ed il cd. 'indirizzo politico costituzionale': il


Presidente è la 'branca esecutiva della Costituzione' Paolo Barile).

🗣 Presidenti: Einaudi 4855, Gronchi 5562, Segni 6264, Saragat


6471, Leone 7178, Pertini 7885, Cossiga 8592, Scalfaro
9299, Ciampi 9906, Napolitano 062013, Mattarella 2015 in
carica): 7/11 membri della Costituente

Come viene eletto?

Esclusa l'elezione diretta, i Costituenti optarono per l'elezione da parte del


Parlamento. Ai sensi dell'art. 83Cost., il Presidente è eletto dal Parlamento in
seduta comune dei suoi membri, ai quali si aggiungono tre delegati per
Regione, eletti dai Consigli regionali in modo da assicurare la rappresentanza
delle minoranze. La Valle d'Aosta, ad eccezione delle altre regione, elegge un
solo candidato.

In questo modo si è voluto confermare che l'organo al centro dell'architettura


costituzionale è il Parlamento, ma si è voluto assicurare anche alle Regioni la
possibilità di esprimersi sulla scelta della persona che sarà chiamata a
rappresentare l'unità nazionale, intesa anche nella sua accezione territoriale
(unità politica e territoriale).
In realtà il peso dei delegati regionali non è mai stato di particolare significato
poichè, al di là del numero esiguo, ci si attiene alle indicazioni del partito di
appartenenza, senza dare reale espressione alle realtà territoriali di
appartenenza. Inoltre i delegati delle Regioni non sono presenti al giuramento
ma solo il Parlamento in seduta comune.

Il quorum necessario per essere letto: nei primi tre scrutini è richiesta la
maggioranza dei due terzi, dal quarto quella assoluta.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 113


In ogni caso, è escluso che il Presidente possa essere eletto dalla maggioranza
semplice e questo poichè si è voluta garantire la massima rappresentatività,
ossia che il Presidente non sia solo espressione della sola maggioranza
necessaria per il sostegno al Governo.
Per quanto riguarda il numero di scrutini ed il quorum solo due Presidenti
vennero eletti al primo turno Cossiga e Ciampi), in quattro casi sono stati
necessari quattro scrutini; in tutti gli altri casi, gli scrutini sono stati molti di più
(si arriva ai ventitrè di Leone.

È prevista la segretezza dello scrutinio: in questo modo, l'art 83 intende


evitare un'eccessiva politicizzazione dell'elezione, tanto da far discutere in
dottrina l'esistenza di una convenzione costituzionale in base al quale
andrebbero vietate pubbliche candidature. Questa convenzione non è stata
sempre rispettata dato che i partiti politici, in alcune circostanze, hanno
convocato congressi pubblici per decidere il proprio candidato per il Quirinale,
inoltre, in altri casi, si è svolta una vera e propria campagna elettorale per
l'elezione del Quirinale, con manifesti, spot e sondaggi elettorali.

All'elezione segue il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza


della Costituzione dinanzi al Parlamento in Seduta Comune: il Presidente entra
ufficialmente in carica. (il Presidente entra ufficialmente in carica dopo il
giuramento, retaggio della monarchia).

Chi può essere eletto?

La Costituzione non detta una disciplina particolarmente rigorosa per quanto


riguarda i requisiti per poter essere eletto Presidente.

Ai sensi dell'art 84, sono richiesti la cittadinanza , il compimento dei


cinquant'anni di età e il godimento dei diritti civili e politici .

A differenza di altri ordinamenti, come quello statunitense, non è necessario


essere cittadini italiani per nascitas, anche se nella realtà, è sempre stato così.

Caratteristiche della carica

Per quanto riguarda la carica, oltre a disporre l'incompatibilità assoluta


dell'ufficio di Presidente con qualsiasi altra carica (art 84.2, il testo
costituzionale prevede una durata di sette anni (art 85.1, due in più di quella
del Parlamento e due in meno di quella dei giudici costituzionali e disciplina un
procedimento specifico per l'indizione delle elezioni: ai sensi dell'art 85, trenta
giorni prima che scada il settennato, il Presidente della Camera convoca il

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 114


Parlamento in seduta comune e i delegati regionali. Se le Camere sono sciolte,
oppure se mancano tre mesi alla loro cessazione, l'elezione ha luogo entro
quindici giorni dalla riunione delle nuove Camere e, nel frattempo, sono
prorogati i poteri del Presidente in carica.
Se il Presidente non è in grado di adempiere temporaneamente alle sue
funzioni: c'è la supplenza del Presidente del Senato. Casi: visita all'estero (no
problemi: solo ordinaria amministrazione), malattia curabile e impedimento
temporaneo (più problemi da risolversi caso per caso).
In caso di morte, dimissioni e impedimento permanente devono essere indette
nuove elezioni dal Presidente della Camera entro 15 giorni.
CASO SEGNI il Presidente fu colto da un improvviso ictus nell'agosto del 1964.
Si discusse allora del soggetto legittimato, in questi casi, a dichiarare
l'impedimento. In genere si conviene sulla necessità di provvedere ad un
referto medico dal quale evincere l'oggettiva impossibilità di procedere
altrimenti. Nel caso di Segni si accertò l'impedimento temporaneo istituendo la
supplenza e successivamente dopo dibattiti che durarono mesi lo stesso
Presidente della Repubblica riuscì a firmare e rassegnare le dimissioni.
Nel '92 si iniziò a votare per il successore di Cossiga, il Parlamento non era
d'accordo votazione dopo votazione, poi avvenne la strage di Capaci, quindi
qualche giorno dopo venne eletto Scalfaro (non era tra i papabili ma era un
magistrato, segno importante dopo Capaci). → questo caso, così come il caso
Segni, evidenzia come la figura del Capo dello Stato sia importante.
Rielezione:
La Costituzione non dispone alcunché sulla rielezione. Altri ordinamenti la
escludono esplicitano o l'ammettono con un limite, in genere, di due mandati.
La scelta dei Costituenti è stata quella di lasciare alla classe politica del
momento la possibilità di decidere se confermare oppure no una persona nella
carica di Presidente.

In effetti, alla scadenza di quasi tutti i settennati, si è discusso della rielezione.


E fino al 2013, non si era mai registrata una rielezione. La classe politica ha
esplicitamente domandato al Presidente in carica, fino a quel momento
contrario la disponibilità ad essere rieletto. Napolitano, accettando la rielezione,
è stato quindi il primo Presidente della Repubblica rieletto.
Un evento, da un punto di vista formale, perfettamente compatibile con il testo
della Costituzione. Da un punto di vista sostanziale, invece, si sono levate

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 115


alcune perplessità, essenzialmente per evitare una eccessiva sovraesposizione
politica della figura presidenziale.

La Presidenza della Repubblica assume una struttura piramidale. Il vertice è


rappresentato dal Capo dello Stato, coadiuvato da consiglieri (di nomina
presidenziale, possono essere in numero indefinito, esistono oggi consiglieri
per gli affari giuridici e le relazione costituzionali ecc.; ) e consulenti.
Il livello intermedio è costituito dal Segretario generale (di nomina
presidenziale, anche se è necessario il parere del Consiglio dei Ministri che è
obbligatorio ma non vincolante).
Il livello inferiore è composto dagli Uffici della Presidenza della Repubblica (di
nomina presidenziale, ai Servizi sono invece posti i funzionari del Segretario
generale).

Poteri e funzioni del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica è, per Costituzione, titolare di attribuzioni che


riguardano il Parlamento, il Governo e la Magistratura. Non detiene nessuno tre
dei poteri ma esercita competenze inerenti a tutti e tre i tradizionali poteri.

A Il Presidente della Repubblica e il Parlamento


Scioglimento delle Camere:

''Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le


Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi
sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli
ultimi sei mesi della legislatura''.

L'attribuzione più importante, nei confronti dell'organo Parlamento, è lo


scioglimento, che, ai sensi dell'art. 88Cost, può avvenire solo dopo aver sentito
i Presidenti delle Camere (parere obbligatorio ma non vincolante) e può essere
disposto anche per un solo ramo del Parlamento (la Costituzione ammette
questa ipotesi, ma nella realtà si è sempre proceduto allo scioglimento di
entrambi i rami del Parlamento).
Il Presidente non può sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo
mandato, cd. 'semestre bianco'. In questo modo i Costituenti intesero evitare
che il Capo dello Stato in carica, verso il termine del settennato, a fronte di una
remota possibilità di rielezione, optasse per lo scioglimento anticipato delle
Camere allo scopo di creare una nuova maggioranza più favorevole alla sua
riconferma.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 116


→ nel 1991 si aggiunge una modifica all'art.88, infatti, dopo la riforma, il
Parlamento può essere sciolto anche negli ultimi sei mesi del mandato
presidenziale nel caso che in cui questi coincidano in tutto o in parte con gli
ultimi sei mesi della legislatura.
L'esercizio dello scioglimento anticipato delle Camere dipende molto dalla
situazione politico-partitica; il Capo dello Stato difficilmente potrebbe
sciogliere anticipatamente un Parlamento dove la maggioranza che sostiene il
Governo è coesa, compatta e stabile. Lo scioglimento anticipato, anche se
formalmente nelle mani del Capo dello Stato, nella maggior parte dei casi sarà
sostanzialmente deciso dai partiti politici in esse rappresentati, che sono i primi
responsabili della scelta di sostenere la nascita di un nuovo esecutivo o al
contrario favorevole a tornare di fronte al corpo elettorale (cd.
autoscioglimento).
PRASSI 16 gennaio 1994, scioglimento anticipato. Dopo le dimissioni del
Governo incaricato, il Presidente della Repubblica Scalfaro incaricò il
Governatore della Banca d'Italia, Ciampi, di formare un nuovo esecutivo. Il clima
politico del paese stava tuttavia cambiando in modo repentino per effetto di
Tangentopoli e dell'esito del referendum sulla legge elettorale del Senato; ci si
era ritrovati con un Parlamento dove sedevano un centinaio di inquisiti in
Tangentopoli e lo stesso Parlamento era stato eletto con una legge elettorale
abrogata con l'80% dei consensi in sede referendaria e ciò costituiva un
Parlamento privo di legittimazione politica. Il Capo dello Stato decise quindi per
lo scioglimento delle Camere, senza che vi fosse una vera e propria crisi di
Governo dato che la maggioranza era comunque forte. Il Presidente del
Consiglio appoggiò il Capo dello Stato controfirmando il d.P.R.
Nomina dei senatori a vita:

''É senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della
Repubblica. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque
cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale,
scientifico, artistico e letterario.''
Ai sensi dell'art 59.2, il Presidente della Repubblica ha la possibilità di nominare
senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti
nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
Retaggio del periodo statuario, questo potere ha fatto molto discutere dottrina
e politica. Nel primo caso poichè la Costituzione non chiarisce se ogni
Presidente possa nominare cinque senatori a vita, oppure, se cinque è il
numero massimo di senatori che possono esservi in Senato. Nel secondo caso,

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 117


in quando in alcune circostanze, il voto dei senatori a vita, in occasione della
fiducia, è stato decisivo per le sorti dell'esecutivo. Nella maggior parte dei casi i
Presidenti hanno interpretato la disposizione in senso restrittivo, procedendo
alla nomina di un nuovo senatore a vita solo nel momento in cui il numero totale
era sceso sotto cinque. Solo i Presidenti Cossiga e Pertini hanno optato per
l'altra interpretazione, nominando ciascuno cinque senatori a vita. Il Presidente
della Repubblica stesso, una volta terminato il suo mandato, diviene, come
previsto dall'art 59.1, senatore di diritto a vita, salvo rinuncia.
Potere di rinvio delle leggi:

''Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con


messaggio motivato alle Camere.''

Al Presidente è attribuito, ai sensi dell'art 74, il potere di rinvio delle leggi al


Parlamento. Prima di promulgare una legge, infatti, il Presidente può, con
messaggio motivato, chiedere alle Camere una nuova deliberazione. La
costituzione tace per quanto riguarda i motivi del rinvio e, di conseguenza, si
tratta di una scelta discrezionale del Presidente, vincolato dal solo obbligo di
indicarli nel messaggio di rinvio e di farlo entro trenta giorni dall'approvazione
parlamentare della legge.

Sui motivi del rinvio parte delle dottrine ritiene che essi debbano riguardare
violazioni della Costituzione, sottolineando il ruolo di garante della Costituzione
del Capo dello Stato. Altri autori ritengono che il Capo dello Stato posso
decidere di rinviare una legge anche per ulteriori motivazioni, come ad esempio
poichè incoerente rispetto ad altre previsioni di legge. Per quanto riguarda la
questione temporale, nel caso di rinvio delle leggi di conversione dei decreti il
Presidente dovrebbe rinviare il più presto possibile per evitare la decadenza del
decreto legge.
I Presidenti si sono di regola dimostrati molti cauti da un punto di vista
quantitativo per il rinvio delle leggi: sessantuno rinvii in sessantanove anni
Cossiga 23, Saragat 0.

Il Parlamento, una volta che il Presidente rinvia la legge, può assumere tre
posizioni: riapprovare la legge senza alcuna modifica, riapprovarla con
modifica, soprassedere.
Alcuni, basandosi sull'art 74.2, sostengono che il Capo dello Stato nel momento
in cui il Parlamento riapprova la legge rinviata, senza o con modifiche, deve
procedere con la promulgazione. Altri sostengono che non possa esistere in
capo al Presidente un obbligo di promulgazione, in quanto, tra le altre

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 118


motivazioni, egli potrebbe rifiutarla per evitare un conflitto di attribuzione tra
poteri e comunque sia per il profilo riguardante la sua responsabilità → durante
la presidenza Ciampi si è sfiorato in due occasioni il doppio rinvio; in entrambi i
casi, il Parlamento, dopo il rinvio, inserì nuove disposizioni che il Presidente non
aveva potuto valutare in precedenza e che parvero di dubbia costituzionalità,
ma alla fine Ciampi decise per la promulgazione, soprattutto per evitare un
eccessivo surriscaldamento del clima politico.
Messaggi liberi:

''Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità


nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere''

Il Presidente può inviare messaggi alle Camere, cd. 'messaggi liberi' (art 87.2,
che possono riguardare qualunque problema che il Presidente ritenga debba
essere valutato con particolare attenzione dal Parlamento come la necessità di
riformare l'assetto istituzionale, l'esigenza di intraprendere significative riforme
in campo economico, nonchè casi politicamente più complessi, come la
necessità di un generale ripensamento della condizione delle carceri.
I Presidenti hanno utilizzato questo potere in modo ancora più cauto rispetto a
quello di rinvio delle leggi. Si dovette attendere il terzo Presidente per il primo
messaggio libero.
Si può collocare a metà tra un messaggio libero e una dichiarazione ufficiale
l'usale discorso del Presidente che pronuncia dopo il giuramento davanti al
Parlamento in seduta comune con il quale accetta formalmente l'elezione.

B Il Presidente della Repubblica e il Governo

Così come nei confronti del Parlamento e delle leggi, allo stesso modo il
Presidente della Repubblica può svolgere un ruolo particolarmente significativo
rispetto al Governo e ai suo atti.
'Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei
Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e,
su proposta di questo, i Ministri.'
Il Presidente, ai sensi dell'art 92.2, nomina il Presidente del Consiglio e, su
proposta di questo, i Ministri.
Questa attribuzione si inserisce nella fase di procedimento di formazione del
Governo immediatamente successiva a quelle delle consultazioni e

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 119


dell'incarico.
Dopo aver consultato personalità ed esponenti politici (come i Presidenti delle
Camere, i capigruppo parlamentari, gli ex Presidenti della Repubblica ecc.) e
dopo aver incaricato oralmente la persona che ritiene più idonea a formare un
Governo -scelta, questa, che dipende dalle indicazioni dei partiti politici, sia nel
caso che individuino una persona sia nel caso che si rimettano alla decisione
presidenziale- il Presidente, una volta che l'incaricato decide di sciogliere la
'riserva' e quindi accettare l'incarico, procede con la formale nomina.

Prima di assumere le funzioni è necessario prestare giuramento sempre nelle


mani del Capo dello Stato.

Per quanto riguarda i Ministri, la nomina spetta al Presidente della Repubblica


su proposta del Presidente del Consiglio. Il Capo dello Stato può rifiutarsi di
nominare Ministro una determinata persona. Spettando a lui il decreto formale
di nomina. Il Capo dello Stato ha quindi un potere di freno ma non ha
formalmente il potere di proporre alcuna persona.

''Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.''


Ai sensi dell'art. 87.7, il Presidente della Repubblica nomina, nei casi indicati
dalla legge, i funzionari dello Stato. In realtà, si tratta di un potere formalmente
presidenziale ma sostanzialmente governativo.

''Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa


costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.''

Per quanto riguarda le Forze Armate (attribuzione simbolica dato che non
rappresenta in senso stretto il superiore gerarchico dei corpi militari) egli ne ha
il comando, presiede il Consiglio Supremo della Difesa (in determinati frangenti
politici, il Consiglio ha assunto un ruolo significativo quale sede nella quale si
sono prese importanti decisioni politiche anche grazie al ruolo svolto dal Capo
dello Stato) e dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere (mai
concretizzato e vincolato dalla decisione del Parlamento). (ai sensi dell'art.
87.9.

''Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del


Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.''
Ai sensi dell'art 87.4 e 87.5, autorizza la presentazione alle Camere dei disegni
di legge di iniziativa governativa ed emana gli atti aventi valore di legge e i
regolamenti del governo.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 120


Anche se per molti atti di competenza dell'esecutivo è prevista l'adozione
mediante decreto del Presidente della repubblica, la legge 1991 ha cercato di
ridimensionarne il numero, affidandone l'adozione al Presidente del Consiglio
dei Ministri o ai Ministri, tramite propri decreti (d.P.C.M, d.m).
L'autorizzazione alla presentazione alle Camere non ha mai destato particolari
problemi. Nella stragrande maggioranza dei casi il Presidente ha autorizzato.

CASO CIAMPI il Governo intendeva presentare al Parlamento un disegno di


legge di riforma della legge elettorale e il Capo dello Stato si rifiutò di
autorizzarne la presentazione poichè conteneva, una manifesta violazione della
Costituzione. Il Governo allora modificò l'iniziale proposta e il Capo dello Stato
autorizzo la presentazione al Parlamento.
Il potere di emanazione presenta maggiori problemi. Un decreto legge è
adottato in casi straordinari di urgenza e necessità, ma questo non porta a
considerarlo come un atto dovuto dato che il Presidente della Repubblica
potrebbe essere messo in stato di accusa per attentato alla Costituzione.

Il testo del decreto legislativo deve essere inviato al Presidente della


Repubblica venti giorni prima della scadenza della delega, il Capo dello Stato è
tenuto a rinviarlo con osservazioni critiche (nel caso) il prima possibile, per
permettere al Governo di intervenire evitando la scadenza della delega.

C il Presidente della Repubblica e la magistratura


Il Presidente della Repubblica è titolare di alcune attribuzioni anche nei
confronti della Magistratura. In primo luogo, il Presidente presiede il Consiglio
Superiore della Magistratura C.S.M, ossia l'organo di autogoverno della
magistratura. Egli detiene i normali poteri di un presidente di un organo
collegiale, quindi, su tutti, il potere di convocazione e quello di stilare l'ordine
del giorno.

''Può concedere grazia e commutare le pene.''


Ha il potere del Capo dello Stato di concedere le grazie e commutare le pene,
previsto dall'art. 87.11, si tratta di un potere solo formalmente presidenziale ma
sostanzialmente spettante al Governo anche se non c'è dubbio che in
determinate circostanze, anche il Capo dello Stato abbia avuto un ruolo di
primo piano.

CASO CIAMPI solo di recente la questione è stata portata davanti alla Corte
costituzionale, poichè in uno specifico caso il Presidente della Repubblica e il
Governo, in particolare il Ministro della Giustizia, non sono riusciti a raggiungere

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 121


un accordo dato che il Presidente Ciampi era intenzionato a concedere la
grazia, mentre il Ministro no. Con una sentenza del 2006 la Corte ha deciso per
la spettanza del potere in capo al Presidente della Repubblica poichè l'istituto
della grazia deve rispondere ad esigenze eminentemente umanitarie. Il Capo
dello Stato e non il Ministro, secondo la Corte, può soddisfare questo scopo.
Durante la presidenza Einaudi furono adottati più di 15000 provvedimenti di
clemenza individuale, questo numero diminuì negli anni anche a causa della
sentenza della Corte del 2006.

D il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale


Il Presidente della Repubblica nomina un terzo dei membri della Corte
costituzionale. Si tratta di un potere formalmente e sostanzialmente
presidenziale, per il quale la controfirma ministeriale assume il valore di un
mero atto dovuto, al massimo servente al controllo formale della nomina.
Se tuttavia il Capo dello Stato, per ipotesi, nominasse giudice costituzionale
una persona non avente i requisiti previsti dall'art 135.2, sicuramente il Governo
potrebbe (o meglio dovrebbe) negare la controfirma.

E il Presidente della Repubblica ed il corpo elettorale

Il Presidente dispone di poteri anche in riferimento al corpo elettorale, si tratta


di attribuzioni che gli competono solo formalmente, in quanto sostanzialmente
il ruolo più significativo è del Governo. Spetta al Presidente l'indizione
dell'elezione delle nuove Camere e dei referendum. In questi casi il ruolo più
importante nella fissazione della data è del Governo, ed in particolare del
Ministero degli Interni.

Fissazione prima riunione nuove Camere → il Presidente fissa la data della


prima riunione delle nuove Camere anche se è un'attività vincolata dato che
non deve avvenire oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Referendum → anche per quanto riguarda il referendum il potere è ridotto in
quanto è necessaria una deliberazione del Consiglio dei Ministri, cui spetterà di
decidere la data del referendum (in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il
15 giugno per il referendum abrogativo ed entro sessanta giorni dall'ordinanza
dell'Ufficio centrale di ammissione per il referendum costituzionale).

Le 'esternazioni' presidenziali

→ dichiarazioni o espressioni di opinioni informalmente rivolte all'opinione


pubblica. Si tratta di una prassi che ha acquisito notevole rilevanza.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 122


Il Presidente, in tal modo, esprime alla collettività, rilasciando commenti,
accettando interviste, appunto esternando, il suo pensiero sui più diversi
accadimenti economici, politici e sociali del Paese. → cd. 'esternazioni
atipiche'
Il Presidente è quindi libero di prendere posizione ma è libero anche il confronto
critico successivo sulle sue valutazioni, dove la responsabilità giuridica non
deve essere sottovalutata dato che il Capo dello Stato potrebbe essere messo
in stato d'accusa.

Responsabilità presidenziale e controfirma ministeriale


''art 89 Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è
controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono
controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri''
''art 90 Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti
nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato
alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a
maggioranza assoluta dei suoi membri''
Ai sensi dell'art 89.1 nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se
non controfirmato dai ministri proponenti, che se ne assumono la
responsabilità.

Non solo: l'art. 90 dispone che il Presidente non è responsabile degli atti
compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e per
attentato alla Costituzione. In questi casi è messo in stato d'accusa dal
Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri, ed il
giudizio spetta alla Corte costituzionale in composizione integrata.
La controfirma ministeriale è significativa dell'assunzione della relativa
responsabilità in capo al Governo.
La controfirma si rifà anche a convenzioni e a prassi.

Per quanto riguarda le convenzioni si sono avuti: atti del Presidente esenti dalla
controfirma e comunque considerati unitamente validi: le dimissioni (in quanto
atto personalissimo), gli atti di promovimento dei conflitti di attribuzione tra
poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale (altrimenti si priverebbe il
Capo dello Stato del potere di ricorrere all'organo di chiusura dell'ordinamento),
nonchè il atti adottati in qualità di presidente di organi collegiali (non sono

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 123


assunti in qualità di Presidente della Repubblica ma come presidente degli
organi collegiali in questione).
Per quanto riguarda la prassi la controfirma ha assunto significati diversi a
seconda dei casi:

atti formalmente e sostanzialmente presidenziali per indicare quelli per i


quali la controfirma ha assunto le vesti di atto dovuto, per verificare la
regolarità formale delle scelte presidenziali (nomina dei senatori a vita e dei
giudici costituzionali, i messaggi di rinvio delle leggi, atti con i quali si
concedono grazie individuali),

atti formalmente presidenziali ma sostanzialmente governativi il cui


contenuto è deciso in misura prevalente dall'esecutivo (nomina dei
funzionari di Stato e la fissazione della data delle elezioni e dei
referendum),

atti complessi (o duumvirali) e adottati formalmente dal Presidente ma


sostanzialmente frutto di una scelta condivisa con il Governo e il
Presidente del Consiglio dei ministri (scioglimento anticipato delle Camere,
nomina del Presidente del Consiglio).

Lo studio della figura del Presidente della Repubblica non può prescindere da
una considerazione tanto dal dato formale quanto di quello sostanziale.

Responsabilità giuridica→ alto tradimento (come accordo segreto stilato tra


il Capo dello Stato e un Governo straniero per ipotetica invasione del
Paese) e attentato alla Costituzione (continua violazione non tanto di una
singola disposizione costituzionale ma del senso e dello spirito del testo
costituzionale), restano però casi indefinibili dettati dalla contingenza
politica.

Responsabilità politica→ diffusa (più morale che di diritto) e istituzionale


(che ha rapporti più significativi con il diritto)

Le attribuzioni del Presidente:

I messaggi presidenziali: richiamo al Parlamento

Indizione delle elezioni

Autorizzazione alla presentazione dei ddl di iniziativa governativa

La promulgazione e il rinvio delle leggi: con messaggio per illegittimità


costituzionale (in tutto 60 rinvii per 10 presidenti)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 124


La responsabilità del Presidente:

messa in stato di accusa e il giudizio dei cd. 'reati presidenziali'

poteri di nomina: giudici costituzionali e senatori a vita: poteri presidenziali

concessioni della grazia: sempre meno per il miglioramento della


legislazione carceraria e di espiazione della pena, comunque problematica

scioglimento delle camere: procedura e decisione complessa: il principio


resta comunque quella dell'assenza di una maggioranza parlamentare in
grado di esprimere un governo

presiede il consiglio superiore magistratura e consiglio supremo di difesa


(questi atti non vanno controfirmati, neanche quelli che chiedono alla Corte
di chi è il potere di decidere tra Presidente e Governo)

11: Governo
Non esiste il Capo del Governo!

L'atteggiamento dei nostri Costituenti:

Dei tradizionali organi costituzionali di una Repubblica parlamentare, il Governo


è quello al quale il testo della Costituzione italiana ha dedicato minore spazio
(soltanto 5 articoli contro i 28 articoli dedicati al Parlamento e i 9 al Presidente
della Repubblica).

→ Non solo: nel Titolo III della Parte II vengono compresi tre istituti differenti:
'Il Consiglio dei Ministri', 'La Pubblica Amministrazione e 'Gli organi ausiliari'.

L'Assemblea Costituente, infatti, preferì non determinare in modo dettagliato i


poteri dell'Esecutivo, evitando di attribuigli una concetrazione di attribuzioni
comparabile, per qualità e quantità, a quella che -durante il periodo fascista- il
vertice di esso aveva acquisito con le leggi del 1925/1926; si limita quindi a
prevedere direttamente soltanto alcuni principi ma ha lasciato la
determinazione della disciplina concreta dell'attività di governo ad una serie di
norme oltre che a prassi e convenzioni istituzionali strutturatesi nel tempo.

Tuttavia il ruolo del Governo, nella realtà e nel tempo, si è strutturato in modo
ben diverso dal modello originario, infatti va oggi considerato in una visione
ben differente da quella prevista dalla Carta costituzionale dato che si pone
come l'istituzione investita dell'esercizio di importanti funzioni di indirizzo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 125


politico dell'intero sistema, competente a determinare e a gestire le politiche
pubbliche generali.
Il Governo rappresenta contemporaneamente, l'organo che 'impersona' il
potere esecutivo e quello che lo esercita.
→ per ' potere esecutivo ', tuttavia, non ci si deve più limitare a considerare (alla
luce della teoria tradizionale della divisione dei poteri) esclusivamente la
funzione di applicazione delle scelte legislative, 'sovranamente' effettuate dal
Parlamento, attraverso atti che ad esse danno attuazione pratica.
Oggi, infatti il Governo assolve una funzione di determinazione dell'indirizzo
politico generale indicando concretamente i modi e i mezzi per raggiungerli.
Per perseguire le finalità generali, le funzioni del Governo non sono riferite solo
alla politica e all'amministrazione, ma anche alla normazione , attraverso la
presentazione iniziale alle Camere di un 'programma' di impegni e la proposta
ad esse di disegni di legge (iniziativa legislativa, secondo l'art 71Cost), nonchè
attraverso l'approvazione diretta di norme giuridiche (decreti legge, decreti
legislativi e regolamenti), che a quel programma danno attuazione.
Il Governo da 'comitato esecutivo' (secondo la classica accezione) è diventato
'comitato direttivo' delle Camere stesse. La natura del Governo è quindi
duplice: da un lato esso elabora l'indirizzo politico rappresentando la
manifestazione autentica del principio maggioritario (secondo qui la
maggioranza governa attraverso l'Esecutivo), dall'altro lo stesso Governo
garantisce la realizzazione effettiva di quel programma, traducendolo in atti
concreti.
Secondo l'art.92:

'Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dei
ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.'

Esso è, dunque, un organo costituzionale complesso: formato cioè da più


organi: alcuni individuali come il Presidente del Consiglio e i singoli ministri e
uno collegiale, il Consiglio dei ministri stabile titolare del potere esecutivo.

Il Governo come organo indispensabile: ci può essere Stato senza


Parlamento (vedi fascismo), senza Presidente della Repubblica, ma il Governo
non può non esistere in uno Stato dato che detiene uno dei tre caratteri
formativi di uno Stato ossia la sovranità e ciò che ne deriva come l'uso del
monopolio della forza legale: non si può giuridicamente parlare di Stato senza
il Governo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 126


Cenni storici: nell'ordinamento precedente, lo Statuto del Regno 4 marzo
1848 dichiarava 'Al Re solo appartiene il potere esecutivo' (art.5, così
prevedendo un regime monarchico-costituzionale puro. Infatti, i ministri erano
singolarmente scelti (nominati e revocati) dal Re. Tuttavia, fino dai primi tempi,
il Governo si premurò di assicurarsi il favore della Camera dei deputati (unica
assemblea elettiva e limitatamente rappresentativa), cosichè la forma di
governo andò rapidamente trasformandosi in monarchico-parlamentare. Così,
a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, si stabilizzò un Consiglio dei
Ministri rappresentante del Governo davanti alla Camera. Il principio di
collegialità si annullò durante il periodo fascista dove il Governo era composto
dal 'Primo Ministro Capo del Governo' e dai ministri, senza alcun richiamo ad un
organo collegiale composto paritariamente.

La Composizione:
La legge n.400 del 1988 sull'organizzazione del Governo rappresenta una
legge direttamente attinente alla cd. 'materia costituzionale', non soltanto
perchè ha dato attuazione (dopo 40 anni! al comma 3 dell'art. 95Cost ('la
legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio..') ma anche e
sopratutto perchè rappresenta la normativa che 'costituisce' concretamente il
Governo della Repubblica.
In questo senso - disciplinandone e stabilizzandone gli organi in una struttura
più articolata di quella prevista dalla Carta - essa si pone come la legislazione
sostanziale che consente effettivamente all'Esecutivo di funzionare e di
esercitare le competenze secondo quei principi fondamentali indicati dalla
Costituzione solo in modo generale.
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Assenza di una nitida gerarchia all'interno del Consiglio dei Ministro: il


Presidente è un primus inter pares (primo tra eguali), è sullo stesso piano
dei Ministri;

Non spetta a lui la determinazione dell'azione generale- politica e


amministrativa- del Governo infatti, egli, a differenza, a differenza, del premier
britannico o del cancelliere Federale tedesco, non è il 'capo dell'Esecutivo'.

→ infatti nonostante la descrizione normativa gli attribuisca una posizione


privilegiata e differenziata rispetto agli altri ministri (i ministri sono nominati su
sua proposta e le sue dimissioni portano automaticamente alla caduta

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 127


dell'intero Governo), egli non è collocato in una posizione gerarchicamente
superiore a quella degli altri componenti del Consiglio.

Tuttavia oggi non è possibile considerare il Presidente semplicemente come un


primus inter pares ma si viene a delineare una figura caratterizzata da
preminenza politica e non giuridica.
La legge n. 400 del 1988 conferisce direttamente al Presidente una serie di
attribuzioni, all'interno delle quali vanno distinte quelle esercitate quale
rappresentante del Consiglio dei ministri, da quelle di direttore e coordinatore
dell'azione di governo e da quelle spettantigli come 'Presidente-ministro'.
In quanto rappresentante del Consiglio dei ministri, quindi 'a nome del
Governo':

chiede inizialmente alle Camere la fiducia sul programma e pone successiva


l'eventuale questione di fiducia.

comunica al Parlamento la composizione dell'Esecutivo e ogni modifica


nella composizione di esso

sottopone al Presidente della Repubblica i disegni di legge di iniziativa


governativa (dopo deliberazione del Consiglio dei ministri) da presentare alle
Camere e gli atti aventi forza o valore di legge e i regolamenti governativi
(affinchè li emani)

controfirma gli atti di promulgazione delle leggi e quelli di emanazione degli


atti con valore o forza di legge

Nell'esercizio, poi, della sua qualità di direttore e responsabile della politica


generale del Governo esercita le proprie attribuzione mediante strumenti di
coordinamento e di controllo.

Spettano poi al Presidente i poteri di promozione e coordinamento dell'azione


del Governo in riferimento alle politiche dell'Unione europea e i rapporti con le
Regioni e con le due Province autonome di Trento e Bolzano.
È suo compito promuovere gli adempimenti governativi conseguenti alle
pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, fornendo alla Camera tutte
le informazioni e comunicazioni necessarie.
Inoltre:

propone al Capo dello Stato la nomina dei ministri

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 128


propone questione di fiducia (elemento di differenziazione giuridica tra
Presidente e Ministri)

convoca e presiede il Consiglio dei ministri e i Comitati interministeriali,


fissandone l'ordine del giorno

assume 'ad interim' la direzione di un Ministero che sia vacante

'regge' la Presidenza del Consiglio, struttura amministrativa istituzionale di


supporto alle sue attività

pone il cd. 'Segreto di Stato'

CONSIGLIO DEI MINISTRI organo collegiale composto dal Presidente e da tutti


i ministri, che, secondo il regolamento interno, hanno l'obbligo di parteciparvi:
esso rappresenta 'il Governo della Repubblica', al quale perciò sono affidate
tutte le attribuzioni che la Costituzione e le leggi attribuiscono genericamente
al 'Governo' → delibera infatti su ogni questione relativa all'indirizzo politico
(esempio sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e Regioni,
decidere sui disegni di legge di iniziativa governativa, decidere sugli atti
concernenti i rapporti con la Chiesa).

I Ministri:

con portafoglio: 14

senza Ministero (senza portafoglio), in base alla situazione politica possono


avere più o meno potere politico.

Organi non necessari: comitati dei Ministri (istituti da PdCM, comitati


interministeriali (per legge: CIPE, Vice Presidenti del Consiglio, Sottosegretari
di Stato, Viceministri (sottosegretari, max. 10, partecipanti CdM no voto),
Commissari straordinari del Governo

La formazione
Art. 92.2:

'Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e,
su proposta di questo, i ministri'
Art. 93:

'Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni,
prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica'
→ Pertanto, il Governo si costituisce con decreti del Presidente della
Repubblica di nomina, seguiti dal giuramento di fedeltà alla Repubblica e di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 129


osservanza della Costituzione e delle leggi.
Da questo momento il Governo entra in possesso della pienezza delle sue
funzioni; cosicchè, se non ricevesse la successiva fiducia delle Camere, esso
sarebbe tenuto a presentare formalmente le dimissioni, poichè la fiducia
rappresenta la condizione necessaria non per la legittimità del Governo, ma
soltanto per la sua permanenza in carica.

I poteri del Presidente della Repubblica sono finalizzati all'identificazione di un


Esecutivo in grado di raccogliere il massimo consenso parlamentare.

Questo significa che prima di dare l'incarico procedere ad una serie di colloqui
con esponenti politici ed istituzionali (presidenti dei gruppi parlamentari,
affiancati dai presidenti e dai segretari dei partiti, Presidenti ed ex-Presidenti
delle Camere, ex-Presidenti della Repubblica, sindacati) affinchè sia scelto
colui che avrà la maggiore possibilità di formare un Governo stabile: l'istituto
delle consultazione si è affermato come consuetudine costituzionale e permette a
ciascun partito o gruppo parlamentare di manifestare la propria intenzione di
concorrere in termini concreti alla futura maggioranza.
→ non ci sono limiti alle consultazione dato che è una prassi non scritta e che si
adatta alla contingenza
La formazione inizia quando il Presidente del Consiglio si dimette
(giuridicamente si dimette tutto il Governo) e rassegna le dimissioni al
Presidente della Repubblica.
Il procedimento di formazione del Governo deve essere unico, cioè, il
Presidente della Repubblica deve nominare tutto il Governo.

La prima fase di formazione del Governo (non è presente formalmente nella


Costituzione): consultazioni da parte del Presidente della Repubblica. Per
comprendere il motivo ed il funzionamento di questa ci si rifà ai principi della
forma di governo parlamentare e alla prassi: nella forma di governo
parlamentare non esiste una sola soluzione, ma esistono varie possibilità
quando si dimette il Presidente del Consiglio dei Ministri, ad esempio invece
che indire nuove elezioni si può trovare una nuova maggioranza

La seconda fase : (che potrebbe anche non partire se le consultazioni rivelano


che non c'è la volontà di creare una nuova maggioranza ma che, al contrario,
sono necessarie nuove elezioni, il Presidente del Consiglio rimane in carica
per il disbrigo degli affari correnti): se grazie alle consultazioni il Capo dello
Stato trova un nome di un possibile Presidente del Consiglio, allora il Capo

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 130


dello Stato da formalmente (anche se oralmente) l'incarico, a volte preceduto
da un 'preincarico' o da un 'mandato esplorativo'. L'incaricato accetta con
riserva e svolge anch'egli consultazioni per determinare i ministri (si mettono
le basi per la fiducia parlamentare nella scelta dei ministri, si contratta con
partiti sui ministri e su programmi per avere la fiducia). Il Presidente del
Consiglio incaricato può rimettere al Capo dello Stato l'incarico oppure può
perchè ha una ragionevole aspettativa di riuscire a
sciogliere la riserva

formare un governo.

La terza fase consiste nel conferimento dell'incarico formale, cioè della


nomina. L'incaricato scioglie la riserva e si presenta con la lista dei Ministri per
la nomina che avviene con decreto del Presidente della Repubblica.

Problema/paradosso della controfirma: il decreto con cui il Governo entra in


carica è un decreto del Presidente della Repubblica, a cui deve essere apposta
la controfirma ministeriale. Chi firma? il Presidente del Consiglio dimissionario o
il Presidente del Consiglio incaricato? Presidente incaricato: dovrebbe
controfirmare l'atto non essendo ancora Presidente del Consiglio dato che
riceve l'incarico con quell'atto (entra in carica con quel decreto che però non è
formalmente valido se non firmato da lui). Presidente dimissionario: altro
problema perchè lui può decidere di non controfirmare, quindi le sorti di un
Governo dipenderebbero da una sola persona. La dottrina dice che è troppo
grande come responsabilità quella di affidare la controfirma al Presidente
dimissionario, quindi si affida il ruolo al nuovo Presidente del Consiglio, sancita
formalmente dalla legge 1988, anche se debole perchè legge come fonte è
subordinata alla Costituzione che non si esprime su questo tema.

La quarta fase : giuramento del PdCM e dei Ministri: ufficializzazione della


carica (fino a questo momento il governo dimissionario è formalmente in
carica). Entro 10 giorni dal giuramento, il governo si presenta alle Camere per
avere la fiducia: in questi 10 giorni si completa la compagine governativa
(viceministri ecc) dato che tutto il Governo nel suo complesso deve avere la
fiducia.

la quinta fase : fiducia: il Governo si presenta al Parlamento di norma in una


sola Camera (questa fase è disciplinata molto chiaramente dalla Costituzione
ed è la fase più importante dato che il Parlamento è l'organo eletto dai
cittadini che quindi deve avere l'ultima parola), mentre il dibattito avviene in
entrambe, seguito da replica del PdCM e dalle dichiarazioni di voto.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 131


Concluso il dibattito si presenta una mozione di fiducia che deve essere
approvata dalla maggioranza relativa dei voti (maggioranza relativa come quorum
funzionale con quorum strutturale) con scrutinio palese e appello nominale,
stabiliti per Costituzione (previsto dai Costituenti perchè erano parlamentaristi,
quindi è anche legittimo aver un nuovo governo che vuole la maggioranza dei
parlamentari). Scrutino nominale: per permettere ai cittadini possono di capire
chi vota cosa per orientare il voto nella tornata successiva in base a cosa si fa
al momento della fiducia ed evitare i franchi tiratori che sono quei parlamentari,
che, durante le consultazioni, dicono una cosa e poi votano un altro).
→ esistono governi 'tecnici'/ministro 'tecnico'?

Non esistono governi tecnici in sè nel senso di politicamente irresponsabili


perchè tutti sono governi politici votati dal parlamento.

Questi governi sono spesso criticati come 'governi del Presidente' e come privi
di legittimazione democratica, ma tali critiche sono superate nei fatti dalla
fiducia che il Parlamento ha accordato loro.)
Tuttavia quando i membri dell'Esecutivo, a cominciare dal Presidente del
Consiglio, sono tratti dalla società civile e non dai partiti, e questo grazie alle
loro competenze e capacità 'professionali', che li rendono (o dovrebbero
renderli) meno dipendenti da motivazioni ideologiche (e da logiche elettorali) e
meglio in condizione di raggiungere obiettivi concreti prefissati.

Il Governo tecnico viene preso in considerazione dal Presidente della


Repubblica quando si verificano gravi ed eccezionali accadimenti specialmente
di ordine economico-finanziario.

Le funzioni:

 il Governo promuove, elabora e realizza le politiche pubbliche

 il Governo detiene il monopolio della forza legale

 il Governo predispone il Bilancio dello Stato e approvato dal Parlamento lo


gestisce

Le responsabilità: art. 95.2

'I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e
individualmente degli atti dei loro dicasteri'

Responsabilità politica verso le Camere (mozione di sfiducia e voto


contrario sulla fiducia)

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 132


Responsabilità politica diffusa: l'unico modo di dissociare politicamente la
propria volontà da quella del Consiglio è, per il ministro, quello di dare le
dimissioni; in caso contrario egli resterà responsabile degli atti del Consiglio

Responsabilità giuridica: ai sensi dell'art 28Cost -al pari di tutti i titolari di


pubbliche funzioni- egli risponde civilmente dei danni arrecati a terzi e -di
fronte alla Corte dei conti- di quelli arrecati alla Pubblica Amministrazione
nell'esercizio delle funzioni. La responsabilità del ministro come 'capo-
dicastero', poi, gli deriva anche dal fatto che egli controfirma gli atti da
emanarsi dal Presidente della Repubblica, così assumendone ogni
responsabilità

Responsabilità penale: ministri e Presidente del Consiglio sono responsabili,


anche dopo la scadenza della carica, per i cd reati ministeriali , commessi
cioè nell'esercizio delle funzioni di Governo: l'art.96Cost prevede oggi che
essi siano giudicati dalla giurisdizione ordinaria 'secondo le norma stabilite
da legge costituzionale' (in precedenza, invece, essi venivano messi in stato
d'accusa dal Parlamento in seduta comune e giudicati dalla Corte
costituzionale). Presupposto per il giudizio penale è l' autorizzazione parlamentare

(richiesta dalla Magistratura alla Camera di appartenenza del ministro, o al


Senato se egli non è parlamentare), che può essere negata a maggioranza
assoluta dall'Assemblea se, con votazione insindacabile, essa considera che
l'inquisito abbia agito per tutelare 'un interesse dello Stato costituzionalmente
rilevante' o perseguire 'un preminente interesse pubblico', nell'esercizio della
funzione di governo. Ottenuta l'autorizzazione, sul reato contestato
giudicherà il Tribunale, secondo le norme ordinarie

La cessazione:

Solo con il giuramento del Governo entrante cessano definitivamente le


funzioni del Governo dimissionario: quando il Governo entra in 'crisi' si attiene
a compiti di ordinaria amministrazione, no azioni politicamente rilevanti;
Le crisi posso durare per periodo breve, a volte può durare anche molto, anche
mesi (quando una crisi dura molto a volte ci possono essere comunque atti
politicamente di un certo rilievo che il governo dimissionario deve
intraprendere).
Le crisi di governo: iniziano con le dimissioni del PdCM che significano
dimissioni dell'intero Governo (unico vero potere giuridico definitivo del pdCM

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 133


Rapporto caratterizzante della forma di governo parlamentare è la fiducia,
ovvero lo stabile sostegno delle Camere all'azione di Governo, il quale non è
legittimato a svolgere la propria azione di indirizzo politico generale in assenza
di questa ed è tenuto a dimettersi ogni volta che essa venga a mancare, ed è
prevista e regolamentata dall'art. 94

'Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda
o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
(..) Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del
Governo non importa obbligo di dimissioni.'

Casi di crisi di governo : crisi parlamentari e crisi extraparlamentari

 Crisi parlamentari: ovvero crisi suggellate da due atti formali, ovvero


l’approvazione di una
mozione di sfiducia da parte anche di una sola Camera, oppure quando le
Camere esprimono
un voto negativo ad una questione di fiducia. (solo due nella storia
repubblicana, entrambe dovute ad una voto contrario sulla questione di
fiducia, entrambi governo Prodi: primo nel 1997 e secondo nel 200

Mozione di fiducia: il Parlamento durante l'attività del Governo lo sfiducia (il


Governo è giuridicamente obbligato a dimettersi): la procedura per
sfiduciare il Governo è la stessa della fiducia: la sfiducia deve avere la
maggioranza relativa dei voti e deve essere approvata mediante scrutinio
palese ed appello nominale.

(presentata da almeno 1/10 dei componenti di un’Assemblea e non può essere


messa in discussione prima di 3 giorni dalla sua presentazione).

L’approvazione della mozione di sfiducia, anche solo da parte di una delle due
Camere, comporta
le automatiche dimissioni governative e l’entrata in crisi del governo.

Il Parlamento non approva la mozione di fiducia iniziale : entrambe le


Camere o anche solo una, è entrato in carica con il giuramento ma è
costretto a dimettersi giuridicamente

: il Consiglio dei ministri decide di apporre la questione di


Questione di fiducia

fiducia su una determinata legge/emendamento (comunicata di solito dal


Ministro per gli affari parlamentari): appore questo istituto ad una legge
significa ritenerla necessaria per l'attuazione dell'indirizzo politico; è
considerato anche uno strumento per ricompattare la maggioranza, si pone

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 134


quando la legge deve essere approvata (superaere ostruzionismo o per
motivi di urgenza)

Quando si pone la questione di fiducia tutti i lavori del Parlamento vengono


sospesi e si passa all'approvazione di quella legge (il procedimento è uguale a
quello della mozione di fiducia iniziale op durante l'attività); se la legge non
viene approvata con la questione di fiducia il governo si dimette. La questione
di fiducia non viene disciplinata dalla Costituzione ma è disciplinata dalla
prassi. Si può definire anche antidemocratico e antiparlamentare perchè
innanzitutto si interrompono tutti i lavori per concentrarsi sulla questione di
fiducia e poi si taglia il cd 'parlamentare' cioè dibattere per raggiungere il
compromesso; in Italia si è abusato della questione di fiducia. La questione di
fiducia non c'è in Inghilterra, non ne ha bisogno il premier che è il segretario del
partito di maggioranza assoluta del parlamento.

 Crisi extraparlamentari: crisi dove il Governo non è giuridicamente


obbligato a dimettersi ma è una scelta politica (non giuridica, il PdCM si
dimette per motivi politici): sfilacciamento partiti della maggioranza (se un
partito esce dalla maggioranza e non si può approvare più niente, questo è
quello che ha portato maggiormente alle crisi di governo), sconfitte gravi in
Parlamento, elezioni regionali e locali, nuovo programma, qualsiasi
motivazione politica, avviso di garanzia da parte della Magistratura.

Sfiducia individuale: 'caso Mancuso'(ministro della Giustizia): è possibile


sfiduciare non l'intero esecutivo ma solo un Ministro? A questa domanda
risponde la Sentenza Corte cost. 7/1996 interpellata sul caso Mancuso (dato
che si era proceduti con la sfiducia individuale e con la revoca del Presidente
del Repubblica); Mancuso riteneva che il Parlamento non potesse sfiduciare un
solo ministri ma dovesse sfiduciare tutto il Governo, la Corte diede torno al
ministro Mancuso dicendo che è vero che la nostra Costituzione non prevede la
sfiducia individuale, ma si tratta di un istituto che può trovare fondamento nella
sfiducia collettiva (nel tutto è compreso anche il singolo ministro). Dalla
sentenza della Corte in avanti quindi è ammessa la sfiducia individuale .
Si parla di parlamentarizzazione della crisi nel caso in cui il Capo dello Stato,
prima di accettare
le dimissioni spontanee da parte del Governo, richiede a quest’ultimo di
presentarsi davanti al
Parlamento affinché motivi le ragioni delle dimissioni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 135


Il Governo poi non decade immediatamente al momento della presentazione
delle dimissioni al Capo dello Stato poichè la Repubblica non può fare a meno
di esso, neppure per un periodo transitorio; il Capo dello Stato quindi, in attesa
della formazione di un nuovo Governo, prende atto della decisione e chiede al
Presidente del Consiglio di restare in carica per ordinaria amministrazione e
disbrigo di affari correnti.
Le dimissioni saranno poi accolte formalmente con un d.P.R contestuale a
quello di nomina del nuovo Governo (e ambedue i decreti saranno controfirmati
dal nuovo Presidente del Consiglio ai sensi della legge n400 del 1988.

Funzioni normative del Governo:


Alle funzioni normative del Governo sono dedicati:

Artt. 76 e 77 Cost

76

'L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se


non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti'
77

Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la
sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno
stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro
sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare
con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.'
Atti:

decreto legislativo (atto con forza di legge)

decreto legge (atto con forza di legge)

regolamento (atto inferiore alla legge)

Essi sono tutti emanati nella forma di d.P.R., dopo essere stati deliberati dal
Consiglio dei ministri.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 136


REGOLAMENTI
I regolamenti dell'Esecutivo, invece, sono atti normativi con forza inferiore alla
legge (fonti secondarie) e come tali non possono contrastare la legge, ne
disciplinare materie coperte da riserva di legge. Si tratta di atti a contenuto
normativo ma formalmente amministrativi. La Costituzione non li regola
direttamente ma si limita a richiamarli → essi sono disciplinati nel dettaglio
dall'art.17 della legge n.400 del 1988.

12: Regioni ed enti locali


REGNO D'ITALIA

Il processo di unificazione dell'Italia portò all'introduzione di un modello di


Stato unitario e accentrato di derivazione francese: si prevedeva infatti un
modello amministrativo caratterizzato da un forte accentramento dei poteri e
dall'attribuzione di un importante ruolo ai Prefetti , quali rappresentanti sul
territorio provinciale del Governo.
I Comuni e le Provincie erano inseriti nell'ambito dell'amministrazione centrali,
dalla quale dipendevano: non disponevano del potere di determinare
autonomamente il proprio indirizzo politico ed erano sottoposti a controlli da
parte dell'amministrazione centrale, attraverso i Prefetti.
FASCISMO

Con l'avvento del fascismo si assistette ad un forte accentramento politico ed


amministrativo. Con due leggi del 1926 si procedette all'abolizione degli organi
elettivi del Comune, sostituiti dal Podestà (di nomina regia) e degli organi
elettivi della Provincia.

DOPO LA CADUTA DEL FASCISMO


Il dibattito all'interno dell'Assemblea Costituente sulle autonomie e, più in
particolare, sull'opportunità di adottare un ordinamento regionale, fu molto
acceso. Le diverse forze politiche, infatti, non erano concordi al riguardo:
mentre la Democrazia cristiana era favorevole all'introduzione delle Regioni
come enti autonomi, le forze politiche di sinistra Partito socialista e comunista)
erano inizialmente contrarie.

I Costituenti discussero innanzitutto sulla forma di Stato federale, sul modello


USA e Svizzera, che significa l'esistenza di Stati (che hanno proprio codice
civile, penale e Costituzione) nello Stato (federazione), ma decisero infine per il

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 137


regionalismo perchè l'Italia era uno Stato da poco tempo e il processo di
unificazione era ancora debole e impiantare uno Stato federale avrebbe potuto
distruggere lo Stato.
Nonostante questo non decisero di tornare solo allo Stato unitario tipico del
periodo pre-fascista (art 5Cost, La Repubblica, una e indivisibile), ma decisero
per il riconoscimento di una certa autonomia ai territori dato che c'erano zone
che reclamavano autonomia, quindi se non si riconosce autonomia si rischia
che si proclamino indipendenti.

Dopo la caduta del fascismo, le rivendicazioni autonomistiche, presenti in


alcune zone del Paese, portarono al riconoscimento, in un periodo precedente
l'approvazione della Costituzione, di forme particolari di autonomia ad alcune
Regioni: alla Sicilia venne concesso un ordinamento autonomo con uno statuto
speciale; alla Valle d'Aosta venne dato uno speciale ordinamento; all'Alto Adige
venne riconosciuta una particolare autonomia legislativa ed amministrativa.
Zone che reclamavano l'autonomia:
Sicilia: era presente movimento indipendentista, durante i lavori
dell'Assemblea costituente ci fu la strage di Portella della Ginestra ad opera
anche del movimento indipendentista: si iniziò a sparare su manifestazione
lavoratori e sindacati che festeggiavano il Primo maggio.

con esigenze particolari in quanto isola e aspetto culturale


Sardegna:

importante.

Valle d'Aosta: dove c'è un fattore fondamentale ossia la lingua francese.


Trentino: bilinguismo con dominio del tedesco sull'italiano
Friuli Venezia Giulia (Trieste) → Trieste poi in generale il Friuli territorio conteso
dove la guerra fredda aveva portato la divisione in due zone d'influenza una
russa ed una americana che rendeva necessario consentire dell'autonomia
→ I Costituenti disegnarono quindi uno Stato regionale per la prima volta al
mondo che mischia Stato unitario e Stato federale ma che ha anche
caratteristiche sue proprie: regionalismo :

La Costituzione prevede una diversa disciplina per due categorie di Regioni:

le Regioni ad autonomia ordinaria

cinque Regioni Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino, Friuli) alle quali, ai
sensi dell'art 116, sono attribuite 'forme e condizioni particolari di
autonomia'. Tale previsione trova fondamento nell'esistenza, in queste

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 138


cinque Regioni, di fattori geografici, storici o socio-culturali (perchè
Regioni insulari o di confine oppure caratterizzate dalla presenza di
minoranze etniche o linguistiche) che, al momento della loro istituzione,
resero opportuno il riconoscimento di una più ampia autonomia rispetto ad
altre Regioni. Tali Regioni sono:

Gli Statuti speciali sono adottati con legge costituzionale e contengono la


disciplina che per le Regioni ordinarie è prevista dalla Costituzione. Tali statuti
riconoscono una maggiore autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria
rispetto a quella prevista per le Regioni ordinarie dalla Costituzione del 1948.
Bolzano e Trento sono provincie autonome con competenze regionali infatti
hanno competenze legislative. I membri di queste due provincie compongono il
consiglio regionale del Trentino—

Le prime Regioni ad essere istituite furono quelle a statuto speciale.


L'Assemblea Costituente approvò 4 leggi costituzionali contenente gli statuti
speciali (lo statuto del Friuli fu adottato successivamente dopo la definizione
del confine orientale con la Iugoslavia).

A seguito dell'approvazione degli statuti delle prime quattro Regioni, esse


elessero i rispettivi organi ed iniziarono ad esercitare le funzioni ad essa
attribuite.

Fu invece molto più tardiva l'istituzione delle Regione ordinarie, avvenutasi


solo nel 1970, a seguito delle prime elezioni dei Consigli regionali, avvenute
dopo:

l'approvazione della relativa legge elettorale del 1968

entrata in vigore della legge finanziaria del 197

Le Regioni, tuttavia, iniziarono ad esercitare, concretamente, le loro attribuzioni


costituzionali solamente dopo il trasferimento di funzioni amministrative, da
parte dello Stato, avvenuto con i decreti legislativi del 1972 e del 1977
Decreti che, però, prevedevano una limitazione dell'autonomie delle Regioni:
essi riservano allo Stato, non solo funzioni in settori di pertinenza delle Regioni,
ma anche una funzione di indirizzo e di coordinamento nei confronti di queste
ultime.

Non si riconosceva autonomia politica alle realtà territoriali, ad esempio


l'assessore lombardo si decideva nella segreteria del partito nazionale →
dictat nazionali dove non si teneva conto delle esigenze locali.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 139


Anni Novanta:

A partire dagli anni Novanta, si assistette ad un ampio processo di riforma della


legislazione in materia di autonomie territoriali.

Autonomia statutaria degli enti locali: legge 142/1990

L’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia, la forma di


governo con il “simul stabunt simul cadent”: la legge 81/1993

La riforma del sistema elettorale regionale: la legge 43/1995

Le cd. “riforme Bassanini”: la legge 59/1997 e il d.lgs. 112/1998 l’ottica della


sussidiarietà

Nel 1990 veniva approvato l'ordinamento degli enti locali che riconosceva ai
Comuni e alle Provincie la possibilità di approvare i propri statuti.

Nel 1993 veniva approvata una nuova legislazione elettorale comunale e


provinciale che introduceva l'elezione diretta dei Sindaci e del Presidenti di
Provincia, rafforzandone anche il ruolo

Art 126 elezione diretta del vertice dei Comuni e Regioni, ma in caso di morte o
dimissioni o impedimento permanente del Presidente della Giunta regionale e
Sindaco si ha la fine della carica e lo scioglimento di tutto il Consiglio: se si
sfiducia il Presidente anche il consiglio si scioglie (smul stabunt simul cadent)

Sempre nel 1993 veniva approvato un Testo unico delle leggi


sull'ordinamento degli enti locali avente lo scopo di raccogliere in maniera
organica tutte le disposizioni in materia

Un'ampia valorizzazione delle Regioni e degli enti locali è stata operata


soprattutto attraverso una serie di legge che hanno dato avvio a importanti
riforme del sistema amministrativo, note con il nome di 'riforme Bassanini'
(allora ministro).

Si ha il passaggio da un sistema basato da un sistema basato principalmente


sull'amministrazione statale ad un sistema amministrativo in cui il perno è
rappresentato dalle autonomie → ampio processo di trasferimento di funzioni
amministrative dal centro alla periferia (federalismo amministrativo)
attraverso una serie di decreti legislativi e attuazione di leggi di deroga. Questo
trasferimento di funzioni è avvenuto sulla base di:

Criterio di generalità e residualità delle funzioni amministrative alle Regioni


e agli enti locali, secondo il quale ad essi sarebbero dovute spettare tutte le

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 140


funzioni amministrative non espressamente attribuite dalla legge allo Stato

Principio di sussidiarietà: la generalità delle avrebbe potuto essere


attribuita a livello di governo più vicino al cittadino.

È stato introdotto quindi un ribaltamento della tecnica di riparto delle funzioni


amministrative tra Stato ed autonomie e superato, di fatto, il principio del
parallelismo.

Mentre si dava attuazione alle leggi Bassanini si è proceduto, al contempo, a


modificare il Titolo V, parte seconda, della Costituzione ed ad innovare la
disciplina degli statuti speciali.

Legge costituzione del 1999, n.1: ha modificato la forma di governo delle


Regioni ordinarie, ha introdotto l'elezione diretta del Presidente della
Regione e rafforzato l'autonomia statutaria regionale

Legge costituzionale 2001, n.2: riforma gli statuti delle Regioni speciali e
della loro forma di governo, estendendo i contenuti della l.cost n1 del 1999

Riforma complessiva del Titolo V, parte seconda, della Costituzione


innescando un processo di valorizzazione delle Regioni e degli enti locali, in
particolare il nuovo testo dell'art. 114Cost delinea un assetto costituzionale
che considera tutti gli enti che costituiscono la Repubblica in una posizione
di 'tendenziale pariordinazione', viene quindi riconosciuta a questi enti pari
dignità costituzionale, pur essendo caratterizzati da profonde differenze
sotto il profilo dei poteri e delle funzioni ad essi attribuiti.

La l. cost. n.1 del 1999, modificando gli artt. 121,122,123,126Cost, ha ampliato


l'autonomia statutaria delle Regioni ordinarie e ha previsto una forma di
governo basata sull'elezione diretta del Presidente della Regione →è stata
delineata una 'forma di governo transitoria', cui le Regioni si sarebbero dovute
conformare fino a quando non avessero provveduto a disciplinarne una propria,
attraverso lo statuto, e ad approvare una propria legge elettorale.
La l. cost n.1 del 1999, pur prevedendo che lo statuto di ciascuna Regione
ordinaria determini (in armonia con la Costituzione) la forma di governo e i
principi fondamentali contiene, comunque, alcuni vincoli inderogabili

 Art 121.1 vengono confermati 'il Consiglio regionale, la Giunta e il suo


Presidente' quali organi della Regione

 Art 121.2 il Consiglio regionale è eletto a suffragio universale diretto a


livello regionale ed è titolare del potere legislativo, può fare proposte di

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 141


legge alla Camera ed esercita 'le altre funzioni conferitegli dalla
Costituzione e dalle leggi'

 Art 121.3 è abrogata l'esplicita attribuzione al Consiglio del potere


regolamentare. La Giunta regionale è l'organo esecutivo ed è diretta
politicamente dal suo Presidente. Il ruolo del Presidente della Giunta viene
rafforzato infatti, oltre a rappresentare la Regione, dirige la politica della
Giunta e ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti
regionali e dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla
Regione, conformandosi, comunque, alle 'istruzioni del Governo della
Repubblica' Art. 121.4

 Art 122.5 nel caso di Presidente eletto, esso è chiamato a nominare e


revocare i membri della Giunta

 Art 126.3 principio del simul stabunt simul cadent: il Presidente può, però
essere sfiduciato dal Consiglio attraverso una mozione di sfiducia,
sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti, approvata per
appello nominale e votata a maggioranza assoluta degli stessi. La sfiducia
provoca le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale,
rendendo necessarie nuove elezioni, così come avviene nel caso di
dimissioni volontarie, impedimento permanente, morte, rimozione del
Presidente o per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri.

→ forma di governo regionale è stata definita come 'governo di legislatura con


elezione diretta del vertice dell'esecutivo'
Demandando agli statuti la definizione della forma di governo delle Regioni, è
stata ad esse attribuita la possibilità di discostarsi da quella 'transitoria'. I nuovi
statuti, comunque, hanno sostanzialmente confermato la forma di governo
transitoria e dunque, l'elezione diretta del Presidente della Giunta e la regola
simul stabunt simul cadent.

6. Art 122.1 è stata demandata alla disciplina legislativa regionale la


competenza a definire il sistema elettorale, i casi di ineleggibilità e
incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta e dei
consiglieri regionali, nel quadro dei principi fondamentali posti dalla legge
statale, che stabiliscono la durata degli organi elettivi
In attuazione a tale disposizione è stata approvata una legge che detta una
serie di principi in base ai quali il legislatore regionale è vincolato: ad adottare
un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze e assicuri
la rappresentanza delle minoranze; a prevedere la contestuale elezione del

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 142


Presidente della Giunta e del Consiglio regionale e il divieto di mandato
imperativo; promuovere la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche
elettive.

Nonostante tale legge attribuisse un'ampia autonomia alla legge regionale in


materia elettorale, le Regioni si sono per lo più limitate a recepire la legislazione
statale esistente.

La l. cost. n.2 del 2001, di riforma agli statuti delle Regioni speciali, ha esteso
a queste ultime i contenuti, previsti per le regioni ordinarie dalla l. cost n.1 del
1999, sulla forma di governo, prevedendo, pertanto, un modello incentrato
sull'elezione diretta del Presidente.

Art 5 :
'La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali;
attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell'autonomia e del decentramento.'
L'articolo 5, pur affermando il principio dell'unità ed indivisibilità della
Repubblica, individua, al contempo, i valori costituzionali dell'autonomia locale
e del decentramento amministrativo.

Art 114 :
L'originale testo recitava 'la Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e
Comuni', individuando questi enti come articolazioni territoriali dell'ordinamento
repubblicano. La Carte costituzionale del 1948 quindi non si è limitata a
valorizzare le autonomie locali preesistenti, ma ha previsto un nuovo ente di
Governo, la Regione, alla quale sono attribuite competenze legislative ed
amministrative'.
L'art. 114 della Costituzione disegna quella che viene chiamata la Repubblica
delle autonomie:
'La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato'
Questo assetto è delineato nella riforma del 2001; lo Stato perde quindi la
competenza generale a legiferare, potendolo fare solo nelle materie elencate
come sue esclusive nel testo costituzionale, mentre le Regioni hanno
competenza su tutte le aree di competenza non comprese negli elenchi di
materie previste dalla Costituzione nell'art 117.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 143


In realtà questa ripartizione di competenze non è così semplice, interviene
infatti la Corte costituzionale per contenziosi sulle violazioni di competenze.

Agli enti territoriali viene garantita una vera e propria autonomia costituzionale
che si esplicita nel potere di adottare dei propri statuti e una piena potestà
regolamentare ed amministrativa.
Città metropolitane: con la riforma del titolo V del 2001 appare la Città
metropolitana nel novero degli enti territoriali a garanzia costituzionale. Si deve
attendere poi la cd. 'legge Delrio' 2014 per avere il passaggio ad esse delle
relative funzioni a partire dal 1 gennaio 2015.

Provincie: da qualche anno, partendo dall'esigenza di realizzare la diminuzione


dei costi della politica, il legislatore ha iniziato un percorso nella volontà di
svuotarne le competenze e ridisegnarle, il percorso inizia con un decreto legge
del Governo Monti 2011 che viene però annullato dalla Corte. Le Province
sono state poi trasformate in enti di secondo livello nel 2014.
Un principio che si adotta con la riforma costituzionale del 2001 è il principio di
sussidiarietà: partendo dall'assunto che le funzioni amministrative devono
essere svolte dal livello territoriale di governo più vicino al cittadino, l'art 118
stabilisce che esse sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Provincie, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza;
questi principi rappresentano le cause del passaggio di un compito
amministrativo da un ente ad un altro perchè venga svolto in maniera adeguata.
→ il principio di sussidiarietà è stato introdotto nel Trattato di Maastricht del
1992 e divenuto principio fondante dell'Unione europea, introducendo una
sorta di flessibilità nella dinamica delle competenze che abilità l'Unione ad
intervenire se gli Stati membri non sono in grado di raggiungere gli obiettivi
previsti dal Trattato → tale principio è stato adottato anche dalla Corte
costituzionale.

La nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni:

PRIMA DELLA RIFOPRMA DEL TITOLO V

Funzione legislativa: alle Regioni ordinarie veniva attribuita -prima della


riforma del Titolo V in una serie di materie, espressamente elencate in
Costituzione, una competenza legislativa 'concorrente' e una competenza
'attuativa' di leggi statali, qualora previsto da queste ultime.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 144


Funzione amministrativa: il testo originario della Costituzione prevedeva il
cd. principio del parallelismo, secondo cui nelle materie di competenza
legislativa delle Regioni venivano ad esse attribuite le funzioni amministrative.
Era prevista la possibilità per lo Stato di 'delegare' alle Regioni l'esercizio di
ulteriori funzioni amministrative e di 'attribuire' funzioni amministrative alle
Provincie e ai Comuni, anche nelle materie di competenza legislativa
regionale, nel caso vi fosse un 'interesse esclusivamente locale'.
Si prevedeva anche che la Regione esercitasse, normalmente, le sue funzioni
amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni e ad altri enti locali →
configurazione della Regione come 'ente di governo' con funzioni
prevalentemente legislative, programmatorie, di direzione di controllo e non
come ente di amministrazione diretta.

Veniva riconosciuta autonomia finanziaria ('nelle forme e nei limiti stabiliti


da leggi della Repubblica' e la possibilità di disporre di tributi propri e di quote
di tributi erariali (ossia riscossi dallo Stato)

Non mancavano, nell'originario testo costituzionale, disposizioni volte a


delimitarne gli effettivi spazi, attraverso la previsione di un sistema di controlli
sia sugli effetti che sugli organi delle stesse:

Gli statuti, le leggi e gli atti amministrativi delle Regioni ordinarie erano
sottoposti a controlli statali preventivi di legittimità e di merito.

 Gli statuti, volti a regolare l'organizzazione interna, avevano un'autonomia


limitata, non solo dal punto di vista dei contenuti (limiti dell'armonia con la
Costituzione e con le leggi ordinarie), ma anche da un punto di vista
formale infatti gli statuti dovevano essere approvati con legge dello Stato,
previa deliberazione dei Consigli regionali.

 Le leggi regionali erano sottoposte a controllo preventivo attivabile dal


Governo ed effettuato dalla Corte costituzionale o dal Parlamento

 Gli atti amministrativi delle Regioni e degli enti locali erano sottoposti a
controllo di legittimità e di merito

Il Consiglio regionale poteva, in certi casi, essere sciolto con decreto del
PdR (possibilità mantenuta anche nell'attuale art.126Cost).

I Comuni e le Province venivano definiti invece come 'enti autonomi' nell'ambito


dei principi fissati dalla legge statale, chiamata anche a disciplinare le funzioni

→ La riforma costituzione del 2001 ha fortemente rafforzato la potestà


legislativa delle Regioni ordinarie. ←

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 145


L'elemento di maggiore innovazione consiste nell'aver mutato il criterio di
riparto delle materie di competenza statale e regionale: art 117 che prevede:

art 117.2 un elenco di materie su cui lo Stato ha podestà legislativa


esclusiva

art 117.3 un elenco di materie in cui le Regioni hanno potestà legislativa


concorrente, ossia lo Stato determina i 'principi fondamentali della materia'
mentre le Regioni, nel rispetto di questi ultimi, dettano una disciplina di
dettaglio.

art 117.4 una clausola residuale, potestà legislativa residuale, per cui tutte
le materie non comprese nei due elenchi precedenti spetta alle Regioni la
potestà legislativa

→ problematico stabilire un confine certo tra varie competenze:

 difficile circoscrivere l'ambito di alcune materie di competenza esclusiva


dello Stato (la tutela della concorrenza, la tutela dell'ambiente), tanto che
queste materie sono state definite dalla Corte costituzionale come 'materie
trasversali', in quanto competenze statali 'idonee a investire una pluralità di
materie' e, pertanto, in grado di incidere anche in quelle regionali.
Similmente, anche le materie di legislazione concorrente hanno una natura
trasversale

 è complesso individuare, nell'ambito della potestà legislativa concorrente, i


contenuti principi fondamentali della materia poichè quest'ultimi sono talora
vaghi e generici.

 non è facile dare una corretta interpretazione della clausola residuale


contenuta nell'art 117.4Cost e nella prassi non è stata applicata in modo
automatico.

La Corte costituzionale ha ritenuto che, prima di essere applicata la clausola di


residualità a favore della Regione, si deve tener conto del principio di
prevalenza, in base al quale, nelle materie non nominate, la competenza
legislativa non deve essere necessariamente attribuita alle Regioni, ma bisogna
verificare se la competenza può essere ricondotta nell'ambito di quella
esclusiva dello Stato o di quella concorrente. In questo modo la Corte ha
spesso considerato alcune materie, che potevano essere disciplinate in via
esclusiva dalle Regioni, di competenza concorrente (ad esempio l'urbanistica è
stata ricondotta alla materia governo del territorio).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 146


La situazione di incertezza sui criteri di definizione delle competenze legislative
ha portato ad una forte conflittualità tra lo Stato e le Regioni e a un aumento
del contenzioso dinnanzi alla Corte costituzionale. Quest'ultima, infatti, è
stata chiamata, di volta in volta, a definire meglio gli ambiti di competenza,
statale e regionale, nonchè il confine tra i principi fondamentali e la disciplina
nel dettaglio, dando sostanzialmente una lettura riduttiva alle competenze
regionali.
Al fine di rendere più flessibile la divisione delle competenze la Corte
costituzionale ha ritenuto che il principio di sussidiarietà è applicabile anche sul
piano legislativo.

Inoltre la riforma del 2001 tende ad equiparare la legge regionale a quella


statale, infatti la legge regionale non è più soggetta al visto governativo: il
Consiglio regionale approva la legge che viene pubblicata ed entra in vigore. Il
Governo può solamente promuovere una questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale, entro 60 giorni dalla pubblicazione, se la
legge eccede la sfera di competenza delle Regioni.

Quanto alle Regioni speciali, la riforma del 2001 non ha inciso direttamente sulla
disciplina dei loro poteri, contenuta, come già visto, nei l. cost del 2001, ha però
previsto che le disposizioni relative alle Regioni ordinarie si applicano anche alle
Regioni a statuto speciale 'per le parti che prevedono forme di autonomia più
ampie rispetto a quelle già attribuite'.

La l. cost. n.1 del 1999 ha eliminato il riferimento esplicito alla potestà


regolamentare del Consiglio regionale. Successivamente, la Corte
costituzionale ha chiarito che spetta allo statuto regionale stabilire l'organo
titolare della potestà regolamentare e le relative modalità di esercizio. Il
principio che regge i rapporti tra potestà regolamentare di Stato, Regioni ed
enti locali, è quello del riparto delle competenze anche se, al fine di rendere
quest'ultimo più flessibile, è previsto che lo Stato possa disciplinare materie di
propria competenza anche delegando alle Regioni poteri regolamentari.

Quanto alle funzioni amministrative, invece, l'art 118.1 Cost. prevede che la
generalità delle stesse sia attribuita ai Comuni, salvo casi in cui, per assicurarne
l'esercizio unitario, in applicazione dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza, non siano riferite ai livelli di governo via via di
maggiori dimensioni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 147


Con la riforma del 2001 sono stati costituzionalizzati i principi per la
distribuzione delle funzioni amministrative tra enti già contenuti nella riforma
Bressanini e, in particolare, il principio di sussidiarietà verticale: prevede
un'allocazione delle funzioni al livello di governo più vicino ai cittadini, poichè
considerato quello maggiormente in grado di conoscere le esigenze della
popolazione stanziata sul proprio territorio.

sussidiarietà orizzontale: gli enti territoriali che costituiscono la Repubblica


sono tenuti a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per
lo svolgimento di attività di interesse generale (art 118.4. Queste ultime
possono, dunque, essere svolte da soggetti o associazione che fanno parte
della società civile.

La cd. legge Delrio, in attesa che fosse approvata la riforma costituzionale che
contemplava l'abolizione delle Provincie e prevedeva gli 'enti di vasta area',
disciplinati con legge dello Stato, ha previsto l'istituzione delle Citta
metropolitane e ha dettato una nuova disciplina delle Provincie (configurate da
enti di secondo livello dato che non eletti direttamente dai cittadini) e delle
unioni e fusioni di Comuni (introdotte alcune modifiche alla loro potestà
statuaria e regolamentare e ha previsto una nuova semplificazione della loro
disciplina)

→ la riforma del 2001 ha abolito le disposizioni che prevedevano controlli sugli


atti amministrativi delle Regioni e degli enti locali e ha previsto l'eliminazione
del controllo preventivo del Governo sulle leggi regionali

Permangono forme di controllo statale:

potere sostitutivo introdotto con la riforma del Titolo V della Costituzione


nel 2001 nei confronti degli organi delle Regioni e degli enti locali, nei casi
espressamente previsti come pericoli gravi per la sicurezza e l'incolumità
pubblica.

viene mantenuto il potere di scioglimenti del Consiglio regionale e di


rimozione del Presidente, se compiono 'atti contrari alla Costituzione o
gravi violazioni di leggi' o se lo impongono 'ragioni di sicurezza nazionale'
con decreto del P.d.R, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri → tale
potere non è stato mai esercitato.

La nuova autonomia finanziaria degli enti territoriali

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 148


Ai sensi dell'art 119Cost le Regioni, i Comuni, le Provincie e le Città
metropolitane hanno un'autonomia finanziaria (che deve svolgersi 'in armonia
con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario) sia sul piano delle entrate che su quello delle
spese, nel rispetto dell'equilibrio dei rispettivi bilanci e hanno un proprio
patrimonio.

In base all'art.119 della Cost, Regioni ed enti locali hanno risorse che possono
essere:

risorse autonome, ossia derivate da tributi ed entrate propri

compartecipazione al gettito di tributi erariali (statali), riferibili al loro


territorio

risorse derivanti da un fondo perequativo che la legge statale può istituire,


senza vincolo di destinazione, per dotare di adeguate risorse gli enti con
bassa capacità fiscale

La perdurante innatuazione della legge sul federalismo fiscale del 2009, sia per
ragioni politiche che per l'avvento della crisi economico-finanziaria che ha il
colpito il nostro Paese, nonchè una serie di tagli lineari agli enti territoriali,
hanno portato ad un indebolimento dell'autonomia finanziaria degli enti locali
rispetto a come era stata concepita dalla riforma del 2001.

La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legislazione statale e


regionale, ha cercato di ricostruire le rispettive materie di competenza, dando
sostanzialmente 'una lettura riduttiva' delle competenze regionali.

13: Magistratura
All'interno del sistema costituzionale della Repubblica, la Magistratura, alla
quale la Costituzione dedica il Titolo IV della Parte Seconda, costituisce un
ordine a cui è affidato l'esercizio della funzione giurisdizionale, quale attività
pubblica statuale di individuazione, interpretazione ed applicazione della legge
ad una fattispecie concreta, allo scopo di risolvere un controversia insorta fra
due soggetti.
La Costituzione ha esplicitamente stabilito all'art. 104.1, che la magistratura
deve essere autonoma ed indipendente da ogni altro potere: autonomia intesa
come facoltà di auto-governo nel senso che l'ordine giudiziario non deve
subire, né nel suo complesso (cd. 'autonomia istituzionale'), né rispetto alla

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 149


propria attività (cd. 'autonomia funzionale): condizionamenti proveniente da
organi appartenenti ad altri poteri dello Stato.

Concezione antica e moderna: la Rivoluzione francese

ETIMOLOGIA: la parola Magistratura/Magistrato deriva da magister, quindi


maestro, figura guida (magistrale) da prendere come esempio.

Fino alla rivoluzione francese il magistrato era magister cioè molto


connesso con la concezione di esso come magistrale, visto come risolutore
dei conflitti perchè aveva un'autorevolezza che non gli derivava dal sangue
ma dalla sua conoscenza/saggezza; visto come colui che risolveva i conflitti.
Nel Regno Unito e negli USA i giudici sono socialmente considerati tra i
mestieri più importanti, hanno qualcosa del magister medievale, hanno
qualcosa di sovrannaturali.

Con la rivoluzione francese nasce la concezione moderna del giudice 'ius


dicere' (dire la legge) che si diffonde in tutta Europa (non in Inghilterra e Stati
Uniti); la concezione che addirittura la legge possa parlare quando la si
applica ad un caso concreto: razionalità estrema ed è estremamente
democratica poichè, inventando il potere esecutivo, si ha che il giudice non ha
un potere arbitrario ma è la bocca della legge dato che essa è approvata dal
Parlamento eletto dai cittadini → il giudice diviene veramente giudice e non è
più un vero e proprio magister.

Magistratura italiana:
Art. 101 della Costituzione:

'La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto
alla legge'

→ lo Statuto prevedeva in nome del Re. La giuria popolare nel nostro


ordinamento è prevista per la Corte d'assise e la Corte d'assise d'appello,
mentre negli USA la giuria popolare è molto usata e lì è realmente e
sostanzialmente amministrata dal popolo. Questo non significa che siamo meno
democratici dato che l'art.101 comma 2 si enuncia che i giudici sono soggetti
soltanto alla legge e svolgono quindi una funzione democratica.
'amministrata': il giudice è un pubblico dipendente, un funzionario pubblico, un
amministratore della cosa pubblica che è la giustizia, giudice come apparato
pubblico, giudice come amministratore: questo deriva da rivoluzione francese.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 150


Gli anni 70 segnano l'attuazione della Costituzione: i giudici sono soggetti alla
legge ma la tendono ad interpretare nel nome della Costituzione infatti iniziano
a sollevare questioni di incostituzionalità alla Corte costituzionale.

Il potere dei giudici è autonomo ed indipendente; i giudici negli Usa possono


essere nominati dal Presidente della Repubblica a livello federale o a livello
nazionale laddove non sono eletti dai cittadini.

Strettamente collegato al concetto di 'autonomia' è quello di ' indipendenza ',


rivolto a garantire che il magistrato, nell'esercizio delle funzioni attribuitegli
dalla Costituzione e dalle leggi, operi secondo il proprio libero convincimento e
senza alcuna forma di dipendenza sia da altri poteri statuali, e sopratutto dal
Ministro della giustizia (cd. indipendenza esterna), sia dagli appartenenti al suo
stesso ordine (cd. indipendenza interna).

indipendenza funzionale

indipendenza organizzativa

Rafforzano la posizione di indipendenza e imparzialità del magistrato:

il principio, codificato all'art 107.3Cost: i magistrati si distinguono fra loro


solo per le differenti funzioni esercitate e non per ruolo gerarchici o per
posizioni di reciproca sovraordinazione/subordinazione

il principio di soggezione del giudice esclusivamente alla legge, fissato


dall'art 101.2Cost, che impedisce che il magistrato sia obbligato a tener
conto di qualsiasi indicazione, diversa dal diritto oggettivo, che provenga
da un'altra autorità od organo, ivi compresi gli altri giudici. Questo principio
realizza anche il collegamento tra l'attività giurisdizionale e il popolo
italiano, a cui appartiene la sovranità, e nel cui nome la giustizia è
amministrata; inoltre l'obbligo di fedeltà alla legge esclude che il giudice
possa sostituire il proprio volere alla volontà generale ed astratta del
legislatore, anche quando non ne condivide i contenuti oppure che egli
possa rifiutarsi di applicare la legge al caso sottopostogli (divieto di 'non
liquet'). L'accesso tramite concorso pubblico garantisce autonomia
nell'esercizio delle funzioni, non è dipendente da chi potrebbe nominare
(elezione popolare dei giudici di pace). I magistrati sono inamovibili: non
possono essere licenziati se non per provvedimento del CSM per evitare di
avere in pugno un magistrato e garantire quindi l'indipendenza. Le
progressioni di carriere avvengono per criterio di anzianità, ogni 4 anni c'è
un passaggio di grado non automatico ma a valutazione del CSM

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 151


Divieto di 'non liquet': non si può giudicare con una sentenza immotivata, il
giudice non può non rispondere, ma deve decidere, si deve pronunciare

La magistratura ordinaria si articola nei due rami:

'giudicante': costituito dai 'giudici' e titolare della funzione di decidere su


una determinata causa

'requirente': composto dai 'magistrati del pubblico ministero' (pm)


GIUDICANTE

I giudici sono organi giudiziari in materia civile e penale.

Materia civile:

il 'Giudice di pace', che è organo monocratico, competente in primo grado


per le cause 'minori'

il 'Tribunale', che è organo monocratico o collegiale nei casi previsti dalla


legge, competente in primo grado per tutte le altre cause (salvo la materia
penale) e in appello per le sentenze del Giudice di pace.

la 'Corte d'Appello', che è organo collegiale, competente in secondo grado,


eventualmente articolato in sezioni e istituito in ciascun distretto

la 'Corte Suprema di Cassazione', unica e competente in ultima istanza per


tutto il territorio nazionale

Materia penale:

la 'Corte d'Assise': competente in primo grado, istituita per distretto e a


composizione mista di giudici professionali e giurati (in ossequio al principio
di 'partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia', di
cui l'art.102.3Cost), competente per i reati più efferati

la 'Corte d'Assise d'Appello', competente in secondo grado, istituita per


distretto e a composizione mista di giudici professionali e giurati (in
ossequio al principio di 'partecipazione diretta del popolo
all'amministrazione della giustizia', di cui l'art.102.3Cost), competente per i
reati più efferati.

'Giudice per le indagini preliminari' (gip)

'Giudice per l'udienza preliminare' (gup)

All'interno della magistratura ordinaria è consentita la creazione di 'sezioni


specializzate', anche con la partecipazione di 'cittadini idonei esterni alla

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 152


magistratura', quando è necessario acquisire, in sede di decisione, saperi
tecnico-scientifici in tutto o in parte estranei alla formazione giuridica del
magistrato (art.102.2Cost) → esempio 'Tribunale di Sorveglianza', in materia
penale, competente a decidere sull'esecuzione della pena e sulla concessione
o la revoca delle misure alternative alla detenzione, composto per metà da
professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria.
→È tassativamente vietata dalla Costituzione l'istituzione di 'giudici speciali'
(organi separati e distinti da quelli ordinari) e di 'giudici straordinari'
(appositamente istituiti in relazione al caso da giudicare dopo che è insorto) →
(art 102.2Cost) per tutelare autonomia, indipendenza e imparzialità.

Posizione e ruolo del pubblico ministero


REQUIRENTE

I pubblici ministeri si articolano:

uffici della 'Procura della Repubblica', presso il Giudice di pace, il Tribunale


e la Corte d'Assise, in primo grado

uffici della 'Procura Generale della Repubblica', presso la Corte d'Appello e


la Corte d'Assise d'Appello, in secondo grado

uffici della 'Procura Generale della Repubblica', presso la Corte Suprema di


Cassazione

Il p.m, pur assumendo la qualifica di 'parte' processuale sia nel rito penale, sia
nel rito civile (dove non sempre interviene), appartiene (secondo l'originale
disegno della Costituzione su questo assai diverso da altre esperienze
straniere in cui la pubblica accusa è elettiva o dipendente dal potere esecutivo)
all'ordine giudiziario e condivide, con gli altri organi giudicanti, i meccanismi di
reclutamento e di progressione di carriera, e lo stesso organo di auto-governo
(il Consiglio Superiore della Magistratura) → infatti il p.m. italiano non è
paragonabile alla figura del 'avvocato dell'accusa'.
In ragione del suo ruolo peculiare, la Costituzione impone alla legge di
riconoscere anche al p.m, così come al giudice, una posizione di 'indipendenza'
(art. 108.2Cost)

Accesso alla magistratura e inamovibilità dei magistrati. I magistrati onorari


Ai sensi dell'art.106.1Cost, ai ruoli del giudice e di magistrato del p.m si accede
attraverso il concorso pubblico.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 153


Si tratta di una scelta tipica che risponde sia all'impostazione tipica dei Paesi di
tradizione franco-napoleonica, nei quali la magistratura ordinaria non è elettiva
né di nomina diretta da parte di un organo statuale, ma costituisce un corpus di
funzionari pubblici altamente specializzati nell'applicazione della legge; inoltre
attraverso la selezione concorsuale si possono meglio garantire l'imparzialità e
un'elevata preparazione tecnico-giuridica del magistrato.

L'art 107.1 Cost. assicura ai magistrati (giudici e p.m) l'inamovibilità' dalla sede
giudiziaria assegnata e dalle funzioni attribuite.
Il magistrato, quindi, non può essere dispensato o sospeso dal servizio, nè
destinato ad altra sede o funzione, salvo che con il suo consenso o nei casi
tassativamente previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario in base ad una
apposita deliberazione del C.S.M → si tratta di una specifica e fondamentale
'guarentigia' costituzionale, rivolta ad assicurare l'autonomia e l'indipendenza
della magistratura, la terzietà del giudizio e l'imparzialità e la serenità, tanto del
giudice, quanto del p.m., nello svolgimento delle loro attività rispetto alle
pressioni che potrebbero derivare anche solo dall'astratta possibilità di
sospensione o rimozione dal servizio.
Per quanto riguarda la mobilità 'interna' dei magistrati, ovvero alla loro carriera,
il passaggio da una qualifica o funzione all'altra all'interno della magistratura
giudicante o di quella requirente, si basa attualmente, a differenza che in
passato dove era fondato su meccanismi automatici unicamente legati
all'anzianità di servizio, su un'apposita valutazione di professionalità, alla quale
ciascun magistrato è sottoposto ogni quattro anni sino al raggiungimento della
settima valutazione, che ha lo scopo di accertare la capacità, la laboriosità ecc
secondo criteri ed elementi oggettivi prestabiliti in via generale dalla legge e da
atti del CSM.

La legge tipizza gli illeciti che essi possono commettere sia nell'esercizio
delle loro funzioni, sia al di fuori di esse, e quelli connessi alla commissione
dei reati. → illecito/responsabilità disciplinare

Distinta dalla responsabilità disciplinare è la responsabilità civile del giudice


che sorge ogni volta che egli sia chiamato a rispondere, a titolo personale,
del danno cagionato a una parte processuale da comportamenti commessi
con dolo o colpa grave nell'esercizio delle proprie funzioni: il danneggiato
non agisce direttamente nei confronti del magistrato, bensì dello Stato.
Quest'ultimo, in caso di condanna al risarcimento del danno, ha l'obbligo di
rivalersi sul magistrato responsabile dell'atto.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 154


Il Consiglio Superiore della Magistratura

Consapevole che in mancanza di un'istituzione specifica di 'auto-governo',


appositamente deputata a garantirle, l'autonomia e l'indipendenza della
magistratura avrebbero rischiato di rimanere lettera morta, la Costituzione ha
elevato al rango di organo di rilevanza costituzionale un organismo già
previsto nel regime pre-repubblicano, modificandone significativamente il ruolo
e attribuzioni, e sopratutto assicurandone la risorsa separazione rispetto al
Ministro della giustizia.
(solo all'inizio della III legislatura repubblicana fu varata la prima normativa
istitutiva del CSM
Ai sensi dell'art. 104.27Cost, il CSM è così composto:

da tre membri di diritto: il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il


Primo presidente della Corte Suprema di Cassazione e il Procuratore Generale
della stessa Cassazione

da un numero di membri elettivi: due terzi eletti da (e fra) tutti i magistrati


ordinari (cd. membri togati) e un terzo eletto dal Parlamento in seduta
comune, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti
dell'Assemblea per i primi due scrutini e dei tre quinti dei votanti per gli
scrutini successivi, fra i professori ordinari di università di materie giuridiche e
gli avvocati con almeno 15 anni di esercizi professionale (cd. membri laici)

L'attuale legge 2002 ha fissato in 24 i membri elettivi (dunque i componenti


del CSM sono 27): sedici togati e otto laici.
I consiglieri del CSM durano in carica per 4 anni, non sono immediatamente
rieleggibili e durante il mandato non essere iscritti in albi professionali,
appartenere al Parlamento/Consiglio regionale ecc. Per la durata della carica è
riconosciuta ai membri la guarentigia dell'insindacabilità delle opinioni espresse
e dei voti dati nell'esercizio delle funzioni.

Il Consiglio elegge, fra i componenti di nomina parlamentare, il Vicepresidente.


→ la formula costituzionale prevista per la composizione del CSM garantisce la
sua attitudine a garantire autonomia ed indipendenza, evitando però il suo
'isolamento' dal resto dello Stato.

Ai sensi dell'art 105Cost, e delle leggi sull'ordinamento giudiziario, al CSM,


spettano i provvedimenti concernenti, in generale, lo status dei magistrati.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 155


Gli atti del CMS assumono la veste di provvedimenti amministrativi, stante la
natura di 'auto-governo' dell'organo nelle forme del decreto del PdR
(controfirmato dal Ministro della giustizia).

Circoscritte sono le competenze riconosciute al Ministro della giustizia.


L'art.110Cost stabilisce, infatti, che, ferme restando le competenze del CSM, al
Ministro spetta l'organizzazione e il funzionamento dei 'servizi' relativi alla
giustizia, ovvero di quel complesso di risorse amministrative di supporto
all'esercizio della funzione giurisdizionale.

Giurisdizione amministrativa e contabile. I tribunali militari

Giustizia amministrativa: i giudici amministrativi hanno giurisdizione per la


tutela nei confronti dell'Amministrazione pubblica. La giustizia amministrativa
è esercitata, in primo grado, dai 'Tribunali Amministrativi Regionali' T.A.R,
istituiti almeno in ogni capoluogo di Regione; in secondo grado è previsto il
'Consiglio di Stato', quale organo di rilevanza costituzionale, unico e
competente su tutto il territorio nazionale

Giustizia contabile: amministrata dalla Corte dei conti, organo di rilevanza


costituzionale, articolata, in primo grado, in 'Sezioni regionali', istituite in ogni
Regione, e, in secondo grado, in 'Sezioni centrali', competenti su tutto il
territorio nazionale

Giustizia militare: ha giurisdizione sugli appartenenti alle Forze Armate sia


in tempo di guerra che in tempo di pace (in questo secondo caso, soltanto per
i reati militari). Sono istituiti, in primo grado, il 'Tribunale militare' e, in secondo
grado, la 'Corte militare d'Appello.

Giusto processo e principio del contraddittorio

Ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 111Cost ogni processo deve essere 'giusto' e
'regolato dalla legge', e si deve svolgere in contraddittorio tra le parti in
condizione di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale, secondo una
durata ragionevole.

Il giudizio civile - predisposto alla tutela dei diritti soggetti nei rapporti tra
privati - è promosso a iniziativa di parte da colui il quale vanti una pretesa
('attore') verso un altro soggetto ('convenuto'), mediante un 'atto di
citazione'. Il rito è ispirato al 'principio dispositivo' nel senso che alle parti
spetta portare le prove a fondamento delle loro ragioni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 156


Il giudizio amministrativo è instaurato attraverso un'istanza di 'ricorso',
proposta, entro un termine prestabilito, da colui il quale si ritiene leso in un
proprio attuale e diretto interesse legittimo ('ricorrente') avverso la pubblica
amministrazione ('resistente'), per ottenere l'annullamento di un atto
amministrativo viziato da violazione di legge, incompetenza o eccesso di
potere, oppure contro il silenzio dell'Amministrazione al fine di ottenere il
comportamento o provvedimento richiesti.

GIUDIZIO PENALE

Attraverso il procedimento penale, lo Stato accerta la responsabilità penale di


un soggetto a seguito della commissione di un fatto costituente reato ed
esercita nei confronti di questo la propria pretesa punitiva.
Il processo penale deve assicurare, ai sensi dell'art 111.3, che la persone
accusata di reato sia informata, in modo riservato e tempestivo, della natura e
dei motivi dell'accusa a suo carica; che essa disponga di un tempo congruo e di
condizioni adeguate a preparare la propria difesa; che abbia facoltà di
controinterrogare i testimoni a carico chiamati dall'accusa e di convocare e
interrogare i testimoni a discarico; che possa ottenere l'acquisizione di ogni
altro mezzo di prova a suo favore.

→ il processo deve essere modellato secondo lo schema 'accusatorio' nel quale


la prova della colpevolezza si forma nel contraddittorio con la difesa.

Per quanto collocati in posizione diversa rispetto a quella in cui sono contenute
le norme sulla giurisdizione, assumono rilievo nel procedimento penale anche i
principi relativi alla 'irretroattività della legge penale incriminatrice', di
'personalità della responsabilità penale e di 'presunzione di non colpevolezza' ai
sensi dell'artt. 25 e 25 Cost

L'obbligatorietà della motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali:


Ai sensi dell'art. 111.6 Cost, tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere
motivati. L'obbligo di motivazione:

Consente alla parte soccombente di conoscere le ragioni, in fatto e di


diritto, poste dal giudice a fondamento della sua decisione

È un'istanza democratica che permette una forma di controllo sull'esercizio


della funzione giurisdizionale

Obiettivo sistemico, assicurando l'effettività al principio di legalità


nell'esercizio della funzione giurisdizionale, di cui all'art 101.2 Cost. Il

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 157


giudice, infatti, essendo obbligato a fornire un'argomentazione logico-
giuridica, deve sempre essere in grado di dimostrare che la decisione non
scaturisce dalla propria arbitraria volontà, ma da quella della legge
interpretata e applicata al caso.

Il doppio grado di giurisdizione. Il ricorso in cassazione per violazione di legge

La Costituzione prevede, all'art 111.7, che sia sempre permesso il ricorso in


cassazione per violazione di legge.

Di conseguenza, almeno 'un doppio grado di giudizio', l'uno di merito e l'altro di


legittimità deve essere previsto, mentre il principio di un doppio grado di
merito (introdotto in via generale dalle legge mediante l'istituto del ricorso in
appello civile e penale) non gode di rango costituzionale.

Qualora rilevi un vizio (che può riguardare il 'diritto materiale' o 'processuale'


nonché la mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione), la S.C
ha il potere-dovere di 'cassare' (annullare) la decisione impugnata e di
enunciare il principio di diritto che occorre osservare.
La Cassazione ha altresì il ruolo di organo 'supremo' della giustizia e di
'chiusura' dello stesso sistema giudiziario, al quale spetta assicurare l'esatta
osservanza e l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo
nazionale (cd. funzione di nomofiliachia)

14: Corte costituzionale


Fra le innovazioni più significative apportate dall'Assemblea costituente
all'assetto istituzionale vi è l'introduzione, quale organo costituzionale,
nell'ambito delle 'garanzie costituzionali' di cui al Titolo IV della Parte Seconda
della Costituzione, della 'Corte costituzionale'.
Diversamente dallo Statuto Albertino, infatti, la Costituzione repubblicana è
rigida e in quanto legge fondamentale essa è posta in una posizione di
supremazia rispetto alla legge e agli atti a questa equiparati: la prevalenza
delle norme costituzionali sulle norme legislative rischierebbe, tuttavia, di
essere assai poco effettivamente ed efficacemente garantita in assenza di
un organo apposito, in grado di accertare la violazione dell'ordinamento
costituzionale compiuta dal legislatore e porvi rimedio.

Idea della giustizia costituzionale: presenza di un organo al di sopra del


Parlamento, cioè un organo per definizione contromaggioritario . Si capisce la

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 158


necessità di questo organo dopo nazifascismo: sì il Parlamento è democratico
ma si può rischiare di avere delle derive autoritarie, infatti il Parlamento diede la
fiducia ai due Governi nazifascisti, e il popolo era d'accordo.

HANS KELSEN
Hans Kelsen (giurista, professore di diritto costituzionale) visse a Vienna (amico
di Freud): iniziò ad aver paura ad insegnare all'Università dato il diffondersi
dell'antisemitismo (aveva origini ebraiche), e iniziò a viaggiare fino ad arrivare
negli USA.
Maturò l'idea della giustizia costituzionale: istituire cioè una Corte/Tribunale a
cui dare il compito di garantire la rigidità della Costituzione: dichiarare se le
leggi approvate dal Parlamento (a volte anche in maniera unanime)
rispettavano le indicazioni, i principi della Costituzione.
L'unico precedente era la Corte suprema USA, anche se per certi aspetti
differente:

1. La Corte suprema assume il ruolo di giudice costituzionale rispetto ai conflitti


di competenza Stati membri-Stato federale

2. Tutti i giudici possono prendere una legge e verificarne la compatibilità con


la Costituzione: è una competenza diffusa non concentrata in una Corte (in
Italia il giudice è soggetto alla legge, un giudice se ritiene che la legge sia
incostituzionale deve rifarsi alla Corte costituzionale, non può verificare e
giudicare lui in quanto giudice la compatibilità della legge con la Costituzione)
3. Le sentenze della Corte suprema sono vincolanti per tutti i giudici
tendenzialmente
→ Kelsen prevede quindi un organo contromaggioritario: scrisse la
Costituzione austriaca nel 1920 dove appunto viene prevista la figura di un
giudice che aveva il compito di derimere conflitti di attribuzione stato federale-
stati membri e controllo costituzionalità delle leggi.
La Corte costituzionale in quanto istituto contromaggioritario i suoi giudici non
possono essere nominati dal Governo in quando espressione della
maggioranza. (in USA i giudici della Corte suprema sono svincolati dal
Presidenti che li elegge dato che restano in carica per tutta la vita).

Togliatti (laureato in giurisprudenza e componente della Costituente) definì la


Corte in Costituente una ' bizzarria ' perchè anche le teste migliori, anche i
giuristi migliori, una volta chiamati a comporre la Corte costituzionale come si
può pensare che con una loro sentenza possano eliminare una legge creata dal

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 159


Parlamento, espressione dei cittadini?! → però disse che capiva il senso
profondo della giustizia costituzionale e quindi la necessità di mettersi al lavoro
sulla composizione della Corte, un organo sul quale aveva comunque dei dubbi.

USA
L'origine del sindacato di costituzionalità delle leggi è riconducibile al caso
Marbury vs. Madison, deciso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1804, in
cui il Chief Justice (carica del presidente della Corte suprema) Marshall
sostenne che, in presenza di un contrasto fra una legge del Congresso e la
Costituzione federale, doveva essere quest'ultima, quale 'supreme Law of the
Land' a prevalere sull'altra, e che di conseguenza andava riconosciuto ai giudici
( e in ultima istanza alla Corte suprema) il potere-dovere di disapplicare la
legge costituzionalmente illegittima nell'ambito della funzione di
interpretazione e applicazione del diritto propria del potere giudiziario.
Aveva così origine lo 'judical review of legislation' secondo le caratteristiche del
modello americano che ancor oggi caratterizza l'esperienza costituzionale degli
Stati Uniti unicamente in via di precedente giudiziario, non essendo mai stato
codificato nella Costituzione federale.

EUROPA
Nell'esperienza europea il sindacato di costituzionalità delle leggi ebbe un
origine e assunse un impianto differenti per una molteplicità di fattori (come la
centralità assunta, a seguito della Rivoluzione francese, dal principio di
soggezione del giudice alla legge) che hanno condotto ad attribuire la
funzione di controllo di costituzionalità delle legge ad un organo ad hoc
dotato di caratteristiche strutturali e funzionali proprie, e non a tutti i giudici
(modello americano).

Sulla natura dell'organo:

Kelsen: modello basato sulla creazione di una Corte (o Tribunale)


costituzionale con connotati sui generis e su un controllo di costituzionalità
svolto secondo lo schema del 'giudizio': mettendo a confronto una norma di
legge con una norma costituzionale. → normativismo: vede
nella Costituzione la regola giuridica fondamentale di un ordinamento dato

Schmitt: modello fondato sull'attribuzione del ruolo di 'custode'


dell'equilibrio costituzionale a un'istituzione politica: il Capo dello Stato,
quale espressione dell'unità nazionale.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 160


Composizione:
Ai sensi dell'art. 135Cost, la Corte costituzionale è composta da 15 giudici:

a) per un terzo, nominati dal Presidente della Repubblica con atto formalmente
e sostanzialmente presidenziale, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri.
b) per un terzo, eletti dal Parlamento in seduta comune, e quindi dall'organo
massimamente rappresentativo della Nazione, con votazione a scrutinio
segreto e a maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi tre scrutini e
di tre quinti dei componenti per i successivi scrutini sino a che non sia
raggiunta la soglia richiesta in modo tale da garantire una larga convergenza di
voti sulla scelta che escluda nomine di 'parte' o di 'maggioranza', per garantire
l'imparzialità e terzietà dell'organo.
c) per un terzo eletti dalle supreme magistrature, ordinaria e amministrative,
che assicurano il collegamento con la Magistratura, e in specifico:

tre dalla Corte Suprema di Cassazione, per la magistratura ordinaria

uno dal Consiglio di Stato e uno dalla Corte dei Conti, per le magistrature
speciali, con votazione a maggioranza assoluta del collegio al primo
scrutinio e, ove questa non venga raggiunta, con turno di ballottaggio tra i
candidati che abbiano raggiunto il maggior numero di voti nel secondo
scrutinio.

Quale che sia l'organo che li nomina o li elegge, i giudici costituzionali debbono
essere professori universitari ordinari in materie giuridiche o avvocati con
almeno vent'anni di esercizio professionale o magistrati.

I giudici costituzionali durano in carica nove anni, decorrenti dal giorno del
giuramento al PdR e non sono nuovamente nominabili.

Ai giudici costituzionali è, inoltre, riconosciuto un complesso di guarentigie


volte a rafforzare la posizione di indipendenza e autonomia, essenziale alla
natura giurisdizionale dell'organo e al ruolo di garanzia di sistema che lo stesso
è chiamato a svolgere: esempio il giudice non può essere rimosso o sospeso,
se non per decisione della Corte stessa, adottata a maggioranza dei due terzi
dei presenti e nei casi di incapacità civile o di inabilità fisica.

I giudici eleggono, al loro interno, il Presidente della Corte costituzionale


con votazione segreta e a maggioranza assoluta per il primo e il secondo
scrutinio, dopo il secondo si procede con il ballottaggio tra i due candidati
che hanno ottenuto il maggior numero di voti: il Presidente dura in carica tre

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 161


anni ed è rieleggibile. Al Presidente spettano le funzioni di rappresentanza
istituzionale della Corte, nonché di organizzazione e impulso dell'attività
dell'organo, individua il giudice relatore, presiede il collegio giudicante e ne
regola la discussione, firma le sentenze e le ordinanze: è considerato un
'primus inter pares'

Sindacato accentrato e diffuso: solo alla Corte il compito di giudicare le


leggi, infatti, al contrario del sistema americano, non tutti i giudici possono
giudicare la costituzionalità della legge;

9 giudici nella Corte suprema USA

I modelli attraverso i quali il sindacato costituzionale delle leggi può articolarsi


sono molteplici:

Dal punto di vista della 'natura' dell'organo che esercita il vaglio di


costituzionalità delle leggi:

 controllo di tipo 'politico': il sindacato è solitamente interno al circuito


politico-decisionale che porta alla formazione della leggematrice

 controllo di tipo 'giurisdizionale': il controllo è estraneo all'iter legis; segue


forme 'para-processuali' ed è un organo i cui componenti sono scelti
appositamente fra persona dotate di un'elevata specializzazione tecnico-
giuridica.

La volontà di assicurare una garanzia obiettiva della Costituzione, autonoma ed


indipendente dalle dinamiche e dalle ragioni politiche- in modo tale da
rafforzare al massimo la garanzia dei diritti fondamentali, costituzionalmente
riconosciuti e garantiti, dagli abusi legislativi, evitando che le convenienze
politiche possano portare a sorvolare su alcuni vizi - ha spinto, come è
accaduto in Italia e in generale nei sistemi che hanno recepito il modello di
matrice kelseniana alla previsione di forme di controllo di costituzionalità di
tipo giurisprudenziale.

Dal punto di vista del 'soggetto' che può esercitare il sindacato di


costituzionalità delle leggi:

 controllo di tipo 'accentrato': caso in cui sia istituito un organo 'ad hoc',
unico ad essere dotato di funzioni di garanzia costituzionale

 controllo di tipo 'diffuso': controllo di conformità alla Costituzione delle


leggi sia affidato ad ogni giudice, in sede di interpretazione e applicazione

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 162


della legge allo scopo di decidere la specifica controversia insorta

Il sindacato di tipo diffuso, coinvolgendo tutti i giudici, si combina,


naturalmente, con un controllo di tipo 'giurisdizionale'. La presenza del
precedente giudiziario e di un marcato ruolo del giudice quale figura creatrice
del diritto nel sistema di Common law, favorirono nel mondo anglo-americano
l'introduzione del modello giurisdizionale, diffuso e concreto.

ITALIA
In Italia, invece, la preferenza per il controllo di costituzionalità di tipo
giurisdizionale accentrato si giustifica per ragioni sistematiche/storiche. → da
una parte il principio di soggezione del giudice ordinario alla legge (art.101 di
derivazione franco-rivoluzionaria e napoleonica, dall'altra la mancanza del
principio del 'precedente vincolante' rischiava di ingenerare eccessiva
incertezza sulla validità delle leggi. Inoltre era diffuso all'epoca dell'Assemblea
costituente, il timore che affidare il controllo di costituzionalità delle leggi a una
generazione di giudici in parte formatasi nel periodo precedente.

Dal punto di vista del 'momento temporale' in cui il controllo di


costituzionalità delle leggi è attivabile:

 sindacato di tipo 'preventivo': se il ricorso all'organo di giustizia


costituzionale precede l'entrata in vigore della legge (e, in tal caso, il vagli
di legittimità costituzionale costituisce l'ultima fase integrativa dell'efficacia
della legge);

 sindacato di tipo 'successivo': se il ricorso è sollevato quando la legge sta


già avendo i suoi effetti (magari anche a distanza dall'approvazione

Dal punto di vista del 'origine' del procedimento di controllo di


costituzionalità delle leggi:

 il controllo è di tipo 'concreto': il sindacato di costituzionalità scaturisce da


uno specifico caso di applicazione della legge;

 il controllo è di tipo 'astratto': il ricorso è promuovibile anche in assenza di


un caso specifico in cui la legge deve essere applicata

Dal punto di vista della 'modalità di accesso':

 accesso 'diretto'(o 'in via d'azione' o 'principale'): i soggetti a ciò


legittimati possono adire all'organo di controllo costituzionale mediante un
apposito 'ricorso di costituzionalità', senza alcuna intermediazione

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 163


 accesso 'indiretto' (o incidentale): se, al fine di sottoporre una norma al
controllo di costituzionalità, è necessario che la legge debba essere prima
invocata per la soluzione di una controversia davanti al giudice, il quale,
d'ufficio o istanza di parte, provvede, poi, a sollevare una 'questione di
costituzionalità'

L'accesso per via incidentale implica, per forza di cose, un controllo di tipo
'successivo' e 'concreto' dato che la legge deve essere in vigore per poter
essere applicata dal giudice nella specifica controversia dalla quale scaturisce
la richiesta d'intervento dell'organo di controllo costituzionale.
ITALIA

In Italia, per un verso, si è preferito sottoporre la legge al vaglio di


costituzionalità nel concreto della sua applicazione attraverso la via incidentale
di accesso alla Corte azionabile, nel corso del giudizio, dal giudice; per l'altro
verso, l'obiettivo di assicurare un'immediata verifica della conformità della
legge statale o regionale al riparto delle competenze legislative tra Stato e
Regioni ha portato ad adottare anche un modello di controllo astratto
azionabile, in via diretta, solo dallo Stato e dalle Regioni

Dal punto di vista degli 'effetti' del giudizio di costituzionalità delle leggi:

 'efficacia generale' (erga omnes): se la pronunzia dell'organo di controllo


costituzionale incide sull'ordinamento giuridico, e quindi su tutti i consociati
e i pubblici poteri

 'efficacia circoscritta'(inter pares): se la pronunzia riguarda solo le parti


che hanno chiesto il controllo

Per quanto riguarda lo specifico modello di giustizia costituzionale italiana,


solitamente definito giurisdizionale 'misto' per la combinazione originale di
elementi diversi (diretto e incidentale, accentrato, in parte diffuso, concreto e
astratto, successivo, eppure in ipotesi preventivo).

Questo modello è stato fissato in Costituzione, ma anche mediante leggi


costituzionali ed ordinarie come da previsione dell'art 137, che riserva alla legge
costituzionale la definizione delle condizioni, delle forme e dei termini di
proponibilità e delle garanzie di indipendenza dei giudici della Corte, e che
rimette alla legge ordinaria l'individuazione delle altre norme necessarie alla
costituzione e al funzionamento della Corte stessa.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 164


Fu la stessa Assemblea costituente ad approvare, all'indomani dell'entrata
in vigore della Costituzione, la legge costituzionale con la quale venne
individuato il meccanismo di ricorso alla Corte costituzionale

Le ulteriori disposizioni costituzionali ed ordinarie necessarie a definire la


composizione e il funzionamento della Corte, invece, dovettero attendere
la fine della I legislatura repubblicana.

Fino all'entrata in funzione della Corte costituzionale, il controllo di


costituzionalità delle leggi avveniva, in regime transitorio, da parte della
Corte Suprema di Cassazione

Attribuzioni della Corte


A La Corte costituzionale come giudice delle leggi: a) giudizi principali di
costituzionalità, b) giudizi incidentali di costituzionalità

Funzione essenziale alla propria natura e ruolo è quella che la Corte


costituzionale è chiamata a svolgere quale giudice della 'legittimità
costituzionale' (conformità alla Costituzione) delle leggi e degli atti aventi forza
di legge dello Stato e delle leggi delle Regioni.

Si tratta di un giudizio il cui schema è fondato sulla stretta 'legittimità', intesa


nel senso che la Corte non può compiere alcuna valutazione di merito o di
natura politica sulla legge così come viene votata dal Parlamento.
Non solamente la Costituzione si può porre come 'parametro' in base al quale
vagliare la legittimità costituzionale della norma di legge → il legislatore, infatti,
può violare un'altra norma di legge, la cui mancata osservanza costituisce una
'indiretta' lesione della Costituzione stessa (esempio quando si ha un contrasto
tra decreto legislativo e decreto legge che comporta una lesione degli artt. 76
e 77.1Cost.)

L'oggetto del giudizio può riguardare sia il procedimento di formazione (vizio


formale), sia il contenuto normativo (vizio materiale).

Il controllo di costituzionalità può essere attivato per due vie: via 'principale' e
via 'incidentale':

Via principale: il giudizio in via principale è proposto mediante un 'ricorso'


da parte dello Stato contro una legge regionale, qualora violi una qualsiasi
delle disposizioni costituzionali, oppure da parte di una Regione o di una
Provincia autonoma contro una legge dello Stato o di un'altra Regione,

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 165


qualora questa incida su una competenza regionale.
Il ricorso è proposto mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri per lo
Stato o della Giunta regionale per la Regione, entro e non oltre sessanta giorni
dalla pubblicazione dell'atto impugnato → il ricorso non sospende la vigenza
della legge ma la Corte costituzionale, qualora lo ritenga opportuno, può,
anche d'ufficio, sospendere gli effetti dell'atto impugnato (in questo caso
l'udienza è fissata entro 30 giorni e la sentenza è pronunciata entro 15 giorni)

Via indiretta (o incidentale, dato che presenta una parantesi o 'incidente' di


giudizio): richiede che la 'questione di legittimità costituzionale' sia 'sollevata'
nel corso di un 'giudizio' già instaurato davanti ad un 'giudice' (a quo: 'dal
quale' sorge la questione). Il giudice solleva la questione d'ufficio o a istanza
di una delle parti (le parti processuali non possono adire direttamente alla
Corte, ma debbono, in ogni caso, passare attraverso il 'filtro' del giudice).
L'atto mediante il quale la questione è sollevata dal giudice a quo consiste in
un'ordinanza motivata, contenente, oltre all'indicazione dell'oggetto e del
parametro del giustizio, l'illustrazione dei profili:

di 'rilevanza': è richiesto al giudice di dimostrare che la disposizione di


legge che forma oggetto del giudizio deve essere necessariamente
applicata nel processo al fine di definire la controversia

di 'non manifesta infondatezza': il giudice deve poter esplicitare almeno un


minimo dubbio circa la non conformità a Costituzione della norma di legge
che deve applicare al giudizio, e di cui domanda lo scrutinio di
costituzionalità (deve anche dimostrare che non è possibile, a suo dire,
fornire alcuna interpretazione conforme a Costituzione dell'enunciato
normativo che deve applicare

La proposizione della questione di legittimità costituzionale da parte del


giudice a quo ha l'effetto di sospendere il processo sino alla definizione del
giudizio di costituzionalità.

Svoltasi la trattazione della causa davanti alla Corte costituzionale, con


eventuale udienza pubblica e previa relazione del giudice individuato come
relatore del giudice individuato come relatore, la decisione è adottata in camera
di consiglio e può assumere la forma tipica della 'sentenza oppure del
'ordinanza'.
Le sentenze e le ordinanze della Corte, differentemente da quanto capita per
gli organi giurisdizionali, non soggette ad alcuna impugnazione, dal momento
che la Corte è organo di 'chiusura' dell'intero sistema giudiziario. (art.137.3

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 166


Le ordinanze possono essere:

di 'restituzione degli atti del giudice a quo': quando la Corte, senza


pronunciarsi, richiede al giudice il compimento di ulteriori attività, ovvero
segnala la provenienza di una disposizione di legge diversa da quella
impugnata che il giudice stesso potrebbe porre a base della controversia

di 'inammissibilità': quando la Corte ritiene che sussista una causa di


natura processuale che impedisce di pervenire alla pronunzia di
costituzionalità (esempio autorità remittente non è un giudice)

di 'manifesta infondatezza': quando la Corte ritiene che la questione


sollevata sia del tutto priva di solidità.

di 'cessata materia del contendere': in caso di rinunzia al ricorso in via


diretta da parte dello Stato/Regione

Le sentenze si distinguono:

di 'accoglimento': quando la Corte, valutata nel merito la questione di


legittimità costituzionale ritualmente proposta, la ritiene fondata e, di
conseguenza, dichiara l'illegittimità costituzionale della disposizione di legge
impugnata

di 'rigetto': qualora la corte, ritualmente posta la questione di


costituzionalità, la ritenga non fondata

La sentenza, di accoglimento o di rigetto, è trasmessa dal giudice a quo, nel


caso di dispositivo di accoglimento, al Ministro della giustizia o al Presidente
della Giunta regionale per la pubblicazione nella 'Gazzetta Ufficiale' o nel
'Bollettino Ufficiale della Regione' per la legge regionale.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge, conseguente


all'accoglimento della questione, comporta, infatti, l'annullamento della
disposizione oggetto di scrutinio con portata generale o 'erga omnes': la
disposizione viene, per così dire, 'espunta', dall'ordinamento giuridico e non
potrà essere più applicata né dal giudice a quo, né da qualsiasi altro
giudice, dall'Amministrazione pubblica o dal privati.

Il rigetto della questione, invece, ha effetto solo 'inter pares' nel senso che,
una volta risolto, il dubbio di costituzionalità del giudice a quo, quest'ultimo
riassume il processo e perviene a decisione applicando la legge che aveva
sottoposto a vaglio di costituzionalità.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 167


Partendo dalle due tipologie (accoglimento/rigetto), per così dire 'pure' di
sentenze, la Corte costituzionale, nel corso degli anni, ha forgiato, grazie alla
sua giurisprudenza, un assai più articolato armamentario decisorio (classificato
dalla dottrina):

sentenze 'interpretative di accoglimento': la Corte dichiara


l'incostituzionalità della disposizione oggetto del giudizio, il testo della legge
non viene modificato, ma l'enunciato legislativo potrà essere interpretato e
applicato in tutti i modi eccetto che in quello censurato dalla Corte

sentenze 'interpretative di rigetto': la Corte reinterpreta la disposizione


oggetto della questione, ricavandone una norma diversa da quella trattata dal
giudice a quo, il testo della disposizione rimane quindi immutato.
Ciò non toglie che lo stesso giudice, in un altro caso, o altri giudici nello
stesso, o in altri procedimenti, possano interpretare la legge in modo
differente da quello indicato dalla Corte nelle sentenza 'interpretativa di
rigetto' ed, eventualmente, proporre nuovamente una q.l.c.

La costruzione delle 'sentenze interpretative' (di accoglimento o di rigetto) è


avvenuta, da parte della Corte costituzionale, agli albori dell'ordinamento
costituzionale, quando ancora sopravviveva, in larga parte, una legislazione
adottata nel precedente regime fascista → la Corte temette che, procedendo
con sentenze pure di rigetto o di accoglimento, si sarebbero potuti creare
pericolosi 'vuoti' di disciplina in settori cruciali né, dall'altra parte era
ammissibile che continuassero a rimanere in vita le interpretazioni sicuramente
incostituzionali di quei testi di legge.

I tipi di sentenze della Corte comprendono, poi, un ulteriore insieme di


sentenze, tutte di accoglimento, dette 'manipolative' (o anche di 'accoglimento
parziale' o 'para-legislative'), nelle quali la Corte non interviene sulle 'norme',
bensì sulle 'disposizioni'.

sentenze 'manipolative additive': la disposizione di legge è dichiarata


incostituzionale 'nella parte in cui non prevede' un certo elemento con la
conseguenza è che tale elemento deve ritenersi obbligatoriamente 'aggiunto'
alla disposizione al fine di evitare l'icostituzionalità

sentenze 'manipolative ablative': la disposizione di legge è dichiarata


incostituzionale 'nella parte in cui prevede' un certo elemento con la
conseguenza che la censura non colpirà l'intero enunciato, ma solo le parti
individuate come incostituzionali della Corte, che sono, di conseguenza,
eliminate

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 168


sentenze 'manipolative sostitutive': la disposizione di legge è dichiarata
incostituzionale 'nella parte in cui prevede' qualcosa 'anziché' qualcos'altro:
ne deriva che le parti del testo, isolate come incostituzionali, sono 'sostituite'
dalle parti indicate dalla Corte nel proprio dispositivo.

Oltre alle sentenze manipolative:

sentenze 'additive di principio': la Corte, fermo restando la dichiarazione di


incostituzionalità invece che aggiungere una regola puntuale (come accade
nelle additive), enuncia un principio (generale) che il legislatore dovrà, poi,
declinare nei dettagli.

sentenze 'pro futuro': la Corte modula sul piano temporale gli effetti delle
proprie decisioni.

sentenze 'monitorie': la Corte rileva nella disciplina vigente potenziali


elementi che, mutate le condizioni, potrebbero dar luogo ad una successiva
pronunzia di incostituzionalità e di conseguenza 'ammonisce' il legislatore ed
interviene preventivamente, indicandogli le linee di intervento

B Giudizi sui conflitti di attribuzione. Conflitti di attribuzione e conflitti di


competenza. Conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tra Stato e regioni
e tra regioni

Fra le funzioni attribuite alla Corte, l'art.134.2, individua quella di risoluzione dei
'conflitti di attribuzione' fra i poteri dello Stato, e tra lo Stato e le Regioni e fra le
Regioni.
La Corte svolge un ruolo di garanzia dell'equilibrio costituzionale complessivo,
risolvendo 'conflitti di attribuzione' che hanno per oggetto l'interpretazione e
l'applicazione di norme costituzionali che attribuiscono un determinato compito
a un dato organo costituzionale.
Si distinguono in:

conflitti 'interorganici', o 'fra poteri dello Stato', allorquando sorgono fra


due poteri diversi, entrambi statali

conflitti 'intersoggettivi', o 'fra Stato e Regioni e fra Regioni', allorquando


nascono tra due poteri diversi, l'uno statale e l'altro regionale, oppure fra
due poteri entrambi regionali ma appartenenti a due Regioni distinte

Il conflitto è instaurato mediante 'ricorso' motivato proposto direttamente alla


Corte

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 169


C Giudizi di accusa nei confronti del Presidente della Repubblica per reati
presidenziali; D giudizio sull'ammissibilità del referendum abrogativo

Alla Corte costituzionale sono state, infine, attribuite due ulteriori funzioni.
1 Giudizio sull'accusa di alto tradimento di attentato alla Costituzione da parte
del Presidente della Repubblica, promossa dal Parlamento in seduta comune a
maggioranza assoluta.

2. Giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo: la Corte decide, con


sentenza e in camera di consiglio, senza previa udienza pubblica,
sull'ammissibilità della richiesta referendaria, presentata a norma
dall'art.75Cost, una volta ricevuta l'ordinanza dall'Ufficio centrale.

Contemperamento di 'valori costituzionali' nelle pronunce della Corte


costituzione:
Dal 5 giugno 1956, quando venne pronunciata la prima sentenza sino a oggi, il
ruolo svolto dalla Corte costituzionale si è evoluto.
La Corte, infatti, si trovava di fronte ad una legislazione ampiamente prodotta
nel corso del precedente regime fascista e quindi, in molti casi, del tutto
contrastante con i diritti inviolabili e i principi fondamentali assunti dalla Carta
repubblicana → il giudizio poteva procedere per linee abbastanza dirette e
semplificate.

Oggi, invece, ad oltre sessant'anni di vigenza della Carta costituzionale,


l'ordinamento è ampiamente frutto del legislatore repubblicano → il giudizio è
meno netto e immediato, dunque, assai più complesso, risulta attualmente lo
scrutinio di costituzionalità delle leggi. → La Costituzione, 'lunga' e
'compromissoria' riconosce e garantisce i diritti dei singoli e delle formazioni
sociali, e fissa i principi fondamentali in modo alquanto 'aperto', senza
puntualmente risolvere i potenziali conflitti → la Corte si trova assai spesso di
fronte a un compito arduo, al quale, tuttavia, non può sottrarsi: 'bilanciare' diritti
e interessi coinvolti.

A rendere ancora più articolato e complesso il quadro è poi la circostanza che


la Costituzione non è più la sola fonte del diritto applicabile nell'ordinamento
italiano.

Ordinamento Unione europea: dotato di una Carta dei diritti fondamentali


(garantita dalla Corte di giustizia dell'Unione europea) e dalla Convenzione
europea dei diritti dell'uomo (garantita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo).

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 170


La Corte costituzionale non si muove più solamente all'interno di un 'sistema
chiuso' nazionale, ma opera piuttosto in un 'sistema multilivello'.

Diritti e doveri costituzionali


Un ruolo fondamentale nell’attuale quadro costituzionale è assolto dalla società
civile, intesa come una società in cui, oltre alle persone che di essa sono
naturali componenti, assumono un ruolo di fondamentale importanza i gruppi e
le formazioni sociali, i quali danno vita ad un articolato pluralismo che trova
espressione sia in gruppi sociali “nominati”, in quanto esplicitamente
contemplati in Costituzione, sia in tutte quelle forme associative che possono
costruirsi senza bisogno di autorizzazione alcuna, con i soli limiti apposti, per
ovvie ragioni, dalla Costituzione (articolo 18.

Diritti, doveri e situazioni di diritto-dovere

Dalla lettura della Carta costituzionale, è agevole constatare il rilievo attribuito


ad un complesso di diritti e doveri attinenti ad una serie di rapporti, quali
rapporti civili, etico-sociali, economici e politici.
Nell’ambito dei rapporti civili, si afferma una visione dei diritti della persona
come diritti che lo Stato deve riconoscere, in un contesto di priorità della
persona umana rispetto allo Stato. Questi diritti di configurano come diritti della
stessa persona nella società, espressione della dignità umana sancita
nell’articolo 3 della Costituzione.

Per quanto riguarda i rapporti etico-sociali, assumono particolare importanza


quei diritti qualificati come libertà positive, ovvero quei diritti come il diritto
della salute, per i quali sono disposte garanzie di cure gratuite agli indigenti,
(articolo 32 o il diritto per tutti all’istruzione, cha la Repubblica deve operare
per rendere effettivo (articolo 34.
Quanti ai diritti attinenti ai rapporti economici, nel quadro delineato nella
Costituzione, le libertà economiche devono anche rispondere ad una precisa
funzione sociale, in vista del conseguimento del bene comune oltre che del
singolo.

Notevolmente ampliato risulta infine il quadro dei diritti politici , in quanto


accanto al diritto di voto, esteso a tutti i cittadini di entrambi i sessi che
abbiano raggiunto la maggiore età, sono previsti i diritti di associazione in

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 171


partiti, il diritto di rivolgere petizioni alle Camere, nonché altre forme di
partecipazione contemplate in altre parti della Costituzione.

Numerosi, d’altra parte, sono i doveri previsti dalla Carta, ma più che doveri sui
singoli, l’attenzione è richiamata dalla novità rappresentata dalla previsione di
situazioni di diritto-dovere, per le quali certi diritti sono correlati a dei doveri.

I diritti di uguaglianza

Il principio di uguaglianza rappresenta uno dei principi cardine della


Costituzione italiana.

L’articolo 3 della Costituzione declina l’uguaglianza in una duplice accezione:


nel primo comma viene sancita l’uguaglianza formale, ovvero l’uguaglianza
dinanzi alla legge, mentre nel secondo comma viene introdotto il principio di
uguaglianza sostanziale, elemento di innovazione nel rapporto tra individuo e
pubblici poteri, in quanto obbliga questi ultimi a prendere in considerazione
ciascun individuo nella concreta realtà della vita quotidiana.

Diritti e doveri della persona, diritti di libertà personale

La libertà personale
Con l’articolo 13 , la Costituzione riconosce il diritto della libertà personale.

Il primo comma afferma che la libertà personale è inviolabile, riprendendo il


principio espresso nell’articolo 2, secondo il quale “La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Tutti gli uomini sono dunque i soggetti
titolari della libertà in questioni, senza alcuna distinzione concernente la
cittadinanza o ogni altra qualità personale e sociale.
La norma espressa nell’articolo 13, comma 2, vieta espressamente la
detenzione, la perquisizione e l’ispezione, e attraverso una clausola aperta,
proibisce ogni ulteriore tipo di restrizione.

Tuttavia il diritto alla libertà personale potrebbe prevedere delle restrizioni al


fine di proteggere il diritto altrui. A questo proposito il secondo comma
stabilisce che, in via ordinaria, ogni restrizione alla libertà personale debba
essere disposta con atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei solo casi e modi
previsti dalla legge.
In deroga a quanto previsto per le restrizioni ordinarie alla libertà personale, il
terzo comma prevede che l’autorità di pubblica sicurezza possa adottare
provvedimenti restrittivi della libertà personale senza la previa autorizzazione

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 172


del giudice, solo in casi eccezionali di necessità ed urgenza che la legge deve
indicare in modo tassativo.

Inoltre i provvedimenti restrittivi della libertà personale, devono essere


comunicati entro le successive 48 ore al giudice, il quale ha ulteriori 48 ore per
decidere sulla loro convalida.
Il quarto comma prevede, invece, che ogni violenza fisica o morale praticata
sulle persone sottoposte a restrizioni di libertà, debba essere punita. Le pene
infatti non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, per il
quale dunque la pena di morte non è ammessa. Sempre nel medesimo comma
è contenuto l’inciso per cui le pene definite dal legislatore ed irrogate dal
giudice, devono tendere alla rieducazione del condannato.
Infine, il quinto comma, si riferisce alla carcerazione preventiva, come misura
cautelare, e rinvia alla legge il compito d’individuare i termini massimi.
Le misure cautelari spesso precedonol’incriminazione formale e l’instaurazione
del processo.
La norma costituzionale prevede dunque che una restrizione cautelare abbia
dei limiti temporali, in quanto l’imputato non è considerato colpevole fino alla
condanna definitiva.

Differenti sono invece le misure di prevenzione, ovvero restrizioni della libertà


personale che possono essere adottate nei confronti di persone che si ritiene,
presuntivamente, possano commettere reati, e le misure di sicurezza che
possono aggiungersi alla pena principale oppure sostituirla, come nei casi di
accertata infermità mentale.

La libertà di domicilio
Ai sensi dell’ articolo 14 , la libertà di domicilio rappresenta un diritto inviolabile,
esteso a tutti gli uomini senza distinzioni, sia come singoli sia come formazioni
sociali.

Il domicilio può essere oggi definito come ogni luogo in cui una persona, sia
essa fisica o giuridica, abbia legittimamente la disponibilità per l’espletamento
di attività legate alla propria vita privata o di relazione.
Dunque oltre all’abitazione in senso stretto, la garanzia costituzionale si
estende alla camera d’albergo, allo studio professionale e via dicendo.
Per quanto riguarda le restrizioni imponibili alla libertà di domicilio, il secondo
comma riproduce con riferimento alle ipotesi d’ispezioni, perquisizioni e

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 173


sequestri, le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

Ciò significa che, in via ordinaria, solo il giudice sulla base di una legge può
autorizzare, motivando l’atto, ispezioni, perquisizioni e sequestri.

Anche per la libertà di domicilio sono applicati i casi eccezionali di necessità ed


urgenza in cui l’autorità di pubblica sicurezza è autorizzata ad adottare
provvedimenti, fermo restando che debbano essere comunicati e convalidati
dal giudice, pena la decadenza.
Il terzo comma prevede che le leggi speciali possano limitare la libertà di
domicilio attribuendo poteri di accertamento e d’ispezione alle autorità
amministrative, anche senza l’intervento del giudice. La norma prevede che
possa avvenire per motivi di sanità, d’incolumità pubblica o per fini economici e
fiscali.

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di


comunicazione

L’ articolo 15 della Costituzione disciplina la libertà e la segretezza della


corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.

Libertà e segretezza sono definiti diritti inviolabili, per cui i titolari sono tutti gli
uomini e i soggetti collettivi.

Risulta tuttavia piuttosto complesso definire quali siano i confini del diritto
costituzionalmente tutelato, in quanto la norma si riferisce
contemporaneamente alla libertà e alla segretezza, provocando delle
incongruenze.

Al riguardo, la Corte costituzionale, con una sentenza, ha affermato che la


protezione costituzionale si estende dal contenuto della comunicazione al fatto
storico, agli autori, al tempo e al luogo della comunicazione.
Per quanto riguarda invece i limiti, al secondo comma, la norma subordina ogni
intervento restrittivo, sia della libertà che della segretezza della corrispondenza
o di ogni altra forma di comunicazione, all’intervento motivato del giudice, con
le garanzie stabilite dalla legge.

Non è invece disciplinato alcun tipo d’intervento d’urgenza da parte dell’autorità


di pubblica sicurezza né è consentita alcuna eccezione alla riserva di
giurisdizione.

La libertà di circolazione e di soggiorno

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 174


L’ articolo 16 disciplina la libertà di circolazione e di soggiorno, i cui soggetti
titolari di questo diritto sono solamente i cittadini.
In quanto, il soggiorno e la circolazione sul territorio italiano da parte degli
stranieri sono subordinati alle norme in materia di immigrazione.
Invece, per quanto riguarda i cittadini di un Paese membro dell’Unione europea
valgono le norme in materia di cittadinanza europea e di libera circolazione,
contenute nei Trattati e nella normativa secondaria europea.

La libertà di circolazione e soggiorno riconosce 3 diritti distinti, ovvero il diritto


di soggiornare in qualsiasi parte del Paese; il diritto di circolare da una parte
all’altra del Paese; il diritto di espatriare ossia di uscire dal territorio nazionale o
di farvi ritorno.
Per quanto riguarda i limiti a queste libertà, il primo comma precisa che
eventuali limitazioni al diritto di soggiorno e di circolazione possono essere
stabilite dalla legge, ma devono consistere in misure di carattere generale, e
devono essere specificatamente fondate su motivi di sanità o di sicurezza.
Per quanto riguarda invece il diritto di espatrio, il secondo comma individua il
solo limite dell’aver adempiuto gli obblighi di legge.

La libertà di riunione

La libertà di riunione, disciplinata dall’ articolo 17 , è di natura individuale, ma il


suo esercizio richiede il concorso di più persone e dunque, le libertà
riconosciute e garantite dalla Costituzione, sono definite libertà collettive.
Questa libertà è garantita ai soli cittadini.

Per riunione si intende la compresenza volontaria di più persone, aventi uno


scopo comune della più varia natura, nel medesimo luogo.

Vi sono tre tipologie di riunione, ovvero le riunioni private, ovvero tenute in un


luogo chiuso, con limitazioni dell’accesso esclusivamente a determinate
persone; le riunioni in luogo aperto al pubblico ossia in luoghi, come ad
esempio sale, teatri, aule universitarie, in cui l’accesso è soggetto a modalità
determinate da chi ne ha la disponibilità; le riunioni in luogo pubblico, ovvero
in luoghi in cui l’accesso o il transito è libero, come, ad esempio, strade, piazze
e parchi.

La Costituzione prevede due condizioni di legittimità, ovvero che queste


riunioni si volgano pacificamente e senza armi.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 175


Fermi questi requisiti, la norma prevede, solo per le riunioni in luogo pubblico,
un obbligo di preavviso di almeno 3 giorni all’autorità di pubblica sicurezza, al
fine di adottare tutte le misure necessarie a minimizzare eventuali rischi per la
sicurezza e l’incolumità pubblica.

La libertà di associazione
La libertà di associazione è disciplinata dall’ articolo 18 , secondo il quale i
cittadini possono associarsi liberamente, dunque la scelta è frutto della propria
volontà, per cui l’esercizio del diritto non è condizionato obbligatoriamente.
Per associazione si intende un’organizzazione di individui, dotata di una
tendenziale stabilità ed orientata al perseguimento di fini comuni.
La Costituzione pone tre limiti al diritto di costituire delle associazioni, di cui
uno di carattere generale e due specifici.
Il limite generale scaturisce dal divieto di associarsi per fini che sono vietati ai
singoli dalla legge penale; i due limiti specifici consistono nel divieto di
costituire associazioni segrete e associazioni che perseguono scopi politici
attraverso organizzazioni di carattere militare.

La libertà delle confessioni religiose


Il fenomeno religioso è trattato in diverse norme, le quali definiscono la libertà
delle confessioni religiose e la libertà di professare individualmente o
collettivamente il proprio credo religioso.

I rapporti tra lo Stato italiano, la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose


sono regolati dalla Costituzione agli articoli 7 e 8 .

L’articolo 7 è dedicato specificatamente ai rapporti che intercorrono tra lo Stato


italiano e la Chiesa cattolica, disciplinati dai Patti lateranensi.

Il primo comma afferma che Stato e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio
ordine, indipendenti e sovrani.

Il secondo comma riconosce il principio concordatario come fondamento dei


rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, secondo cui, da un lato la norma
riconosce che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti lateranensi;
dall’altro lato la norma prevede che le modificazione dei Patti non richiede un
procedimento di revisione costituzionale, in quanto sono definite in accordo tra
Stato e Chiesa.
L’articolo 8, comma 1, afferma il principio di eguaglianza di tutte le
confessioni religiose davanti alla legge.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 176


La norma si occupa poi specificatamente dei rapporti tra lo Stato italiano e le
confessioni religiose diverse da quella cattolica, alle quali riconosce il diritto di
organizzarsi secondo i propri statuti con il limite che essi non contrastino
l’ordinamento giuridico italiano.
Da un punto di vista sostanziale, ai rapporti tra lo Stato e le altre confessioni
religiose, è esteso il principio pattizio, secondo il quale lo Stato italiano può
concludere con i rappresentanti delle altre confessioni religiose delle intese,
soggette alla ratifica legislativa.

La libertà di professare la propria fede religiosa


L’ articolo 19 riconosce a tutti gli uomini la libertà di professare il proprio credo
religioso sia in forma individuale che collettivamente.

Inoltre cita, come profili rientranti nella libertà religiosa, anche il diritto di
propagandare la propria religione e il diritto di praticare, tanto in privato quanto
il pubblico, il proprio culto.
L’unico limite previsto dalla Costituzione alla pratica del culto religioso, è quello
del buon costume, inteso nel senso del pudore sessuale.
L’ articolo 20 precisa poi come il carattere ecclesiastico di un’associazione o il
fine di culto della medesima non possano essere oggetto di limitazioni
legislative ad hoc, di gravami fiscali aggiuntivi o restrizione della capacità
giuridica.

L’articolo afferma dunque il divieto di sciogliere le congregazioni o di prevedere


espropri del patrimonio delle associazioni religiose.

La libertà di manifestazione del pensiero


L’ articolo 21 è dedicato alla libertà di manifestazione del pensiero.

Dato il momento storico in cui è stata redatta la Costituzione, nell’articolo,


quattro dei sei commi sono dedicati alla manifestazione del pensiero tramite la
stampa, in quanto era considerato il mezzo di maggiore persuasione, in grado
di incidere sull’opinione pubblica e di influenzare il processo democratico.

Nonostante l’enunciato si riferisca solo alla libertà attiva di manifestare il


proprio pensiero, il suo ambito è stato progressivamente allargato alla libertà
d’informazione, al profilo passivo concernente il diritto a ricevere il pensiero e le
informazioni altrui e al profilo riflessivo consistente nel diritto d’informarsi e di
ricercare le informazioni.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 177


L’unico limite individuato è quello del buon costume da intendersi, nella sua
ristretta accezione penalistica, come coincidente con il comune senso del
pudore sessuale. A tutela di tale limite la legge stabilisce provvedimenti atti a
prevenire e a reprimere le violazioni.
L’articolo 21 prevede un regime costituzionale ad hoc per la stampa che non
può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Il terzo comma disciplina il sequestro solo per atto motivato dal giudice e solo
nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, e
nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per
l’indicazione dei responsabili.
Il quarto comma prevede un sequestro eccezionale limitato alla stampa
periodica da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria, solo qualora vi sia
assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità
giudiziaria.
Sempre con riferimento alla stampa periodica, il quinto comma, prevede anche
che la legge possa stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi
noti i mezzi di finanziamento.

La norma costituzionale è oggi soggetta ad una nuova torsione derivante dallo


sviluppo di Internet e dalla conseguente proliferazioni di nuove ed eterogenee
forme di comunicazioni.

Altre guarentigie costituzionali delle libertà e dei diritti fondamentali della


persona

Un cenno a parte lo meritano quei diritti di liberà che, pur non essendo
formalmente enunciati nel testo costituzionale, trovano un loro fondamento
dalla lettura evolutiva di altri diritti costituzionalmente riconosciuti, come il
diritto al nome e all’identità personale, il diritto all’onore e alla reputazione, e il
diritto alla riservatezza.

Lo Status giuridico dello straniero

L’articolo 10, comma 2, disciplina lo status dello straniero, la cui condizione


giuridica è stabilita dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali.
La prima legge organica sull’immigrazione e sulle condizioni dello straniero
risale alle legge Turco-Napolitano del 1998, confluita nel Testo Unico
sull’immigrazione.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 178


Allo straniero presente su territorio italiano vengono riconosciuti i diritti
inviolabili dell’uomo, come previsto in Costituzione, e in particolare:

Allo straniero presente sul territorio, anche se irregolarmente in quanto


sprovvisto dipermesso di soggiorno, vengono riconosciuti i diritti
fondamentali della persona previsti dal diritto interno, dalle convenzioni
internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente
riconosciuti.

Allo straniero regolarmente soggiornante sono garantiti i diritti civili


riconosciuti al cittadino italiano. Per tutti i lavoratori stranieri regolarmente
soggiornanti e per le loro famiglie è prevista parità di trattamento e piena
uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.

Il Testo Unico sull’immigrazione disciplina in maniera dettagliata l’ingresso,


l’integrazione e l’espulsione dello straniero su territorio italiano:
Per quanto riguarda l’ ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio
italiano, allo straniero viene rilasciato un permesso di soggiorno di durata
limitata, previa stipula di un accordo d’integrazione, articolato per crediti, con
cui lo straniero si impegna a sottoscrivere specifici obiettivi d’integrazione, da
conseguire nel periodo di validità del permesso.
L’ integrazione è quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei
cittadini italiani e di cittadini stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla
Costituzione italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita
economica, sociale e culturale della società.
L’ espulsione dello straniero dal territorio è prevista per motivi di ordine pubblico
o di sicurezza dello Stato e come conseguenza dell’ingresso e del soggiorno
irregolare nel territorio dello Stato. É compito del questore dare esecuzione
all’espulsione, il cui provvedimento deve essere motivato e comunicato al
giudice entro 48 ore, che deve procedere alla convalida entro le 48 ore
successive. Qualora non sia possibile eseguire immediatamente l’espulsione, lo
straniero irregolare può essere trattenuto in un Centro di permanenza per i
rimpatri, per un periodo massimo di 18 mesi.

Il trattenimento deve essere comunicato entro 48 ore dalla sua adozione al


giudice di pace, cheentro le successive 48 ore deve convalidarlo e deve
avvenire con modalità tali da assicurare lanecessaria assistenza ed il pieno
rispetto della dignità dello straniero trattenuto.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 179


Il Testo contiene anche una serie di disposizioni riguardanti i diritti sociali alla
salute e all’istruzione, garantiti sia agli stranieri con permesso di soggiorno sia a
quelli irregolari.

Diritto di asilo e regime di estradizione

L’articolo 14, della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, prevede che lo
straniero ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo per sottrarsi alle
persecuzioni.
Nell’articolo 10, comma 3, è disciplinato il diritto d’asilo , in base al quale il
cittadino straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel
territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Tra il 2005 e il 2008, con l’adozione di 4 decreti legislativi di recepimento della


normative dell’Unione Europea, l’ordinamento italiano si è dotato di una
normativa riguardante l’attribuzione della qualifica di rifugiato o persona
altrimenti bisognosa di protezione internazionale.

L’articolo 10, comma 4, fa invece riferimento all’estradizione dello straniero,


intesa come la consegna di una persona ad un altro Stato affinché venga
sottoposta a giudizio o sconti la pena in quel Paese per comportamenti che in
Italia configurano un reato. Essa è vietata per reati politici, tranne che per reato
di genocidio o qualsiasi atto commesso nell’intento di distruggere, in tutto o in
parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. La Corte ha esteso il
divieto di estradizione nel caso i cui il reato sia punito con la pena di morte nel
paese che la richiede. In queste circostanze prevale il diritto alla vita tutelato
dal divieto di pena di morte.

Diritti e doveri inerenti ai rapporti economici


La Costituzione italiana può essere definita solo in senso descrittivo una
costituzione economica, in quanto indica il complesso di norme che si
riferiscono a principi, libertà, istituiti che inquadrano l’intervento pubblico nei
rapporti economici.

Tutela del lavoro e diritti dei lavoratori, diritto all’assistenza sociale


Gli articoli 35-40 della Costituzione contengono norme relative alla tutela dei
lavoratori.
La tutela è prevalentemente rivolta ai lavoratori dipendenti a partire dalla
retribuzione, proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro e, in ogni

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 180


caso, sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza
libera e dignitosa, fino alla durata massima della giornata lavorativa, al diritto al
riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite.
Una particolare attenzione è dedicata, poi, alla donna lavoratrice, alla sua
parità dei diritti e di retribuzione, ma anche alla funzione familiare della donna,
soprattutto della lavoratrice madre, nonché al lavoro minorile per il quale si
impongono al legislatore una normativa sul limite minimo di età e una normativa
speciale che non deroghi, però, alla parità di retribuzione con quella degli
adulti, a parità di lavoro.
Le tutele costituzionali dei diritti non si limitano solamente ai lavoratori, ma si
estendo anche agli inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere,
per i quali lo Stato deve assumere il mantenimento e assistenza sociale.
Anche ai lavoratori colpiti da infortunio, malattia, invalidità o disoccupazione
involontaria vengono riconosciuti diritti a mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita, esprimendosi così il principio della previdenza sociale.

A tale fine è stato istituito nel 1965 l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione
contro gli Infortuni sul Lavoro INAIL, unico centro a livello nazionale di
prevenzione, sicurezza e ricerca in materia antinfortunistica nel mondo del
lavoro. Vi è poi l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale INPS, ente presso
cui devono essere obbligatoriamente iscritti tutti i lavoratori dipendenti pubblici
o privati e la maggior parte dei lavoratori autonomi, che non abbiano una
propria cassa previdenziale autonoma. L’INPS rappresenta il principale ente
previdenziale italiano che garantisce i diritti dei lavoratori e dei loro familiari dai
rischi derivanti dalla perdita del lavoro e anche una pensione, a fronte di una
contribuzione obbligatoria versata dal lavoratore nell’arco della vita lavorativa.

La libertà sindacale e il diritto di sciopero

L’ articolo 39 della Costituzione configura una norma mai attuata, per volontà
stessa dei sindacati italiani. La norma proclama la libertà dell’organizzazione
sindacale.
La Costituzione prevede poi il diritto di sciopero, che si esercita nell’ambito
delle leggi che lo regolano.
L’ articolo 40 garantisce la sospensione dal lavoro per la tutela degli interessi
del lavoratori, consentendo al lavoratore la libertà di non effettuare le
prestazioni di lavoro senza che vi siano conseguenze sul piano civile, penale,
amministrativo, tranne la sospensione del lavoro.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 181


Le libertà economiche e la loro funzione sociale

Tra le libertà economiche, non configurate come diritti assoluti ma protette, vi


sono la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa.

La Costituzione ha previsto l’utilità sociale come limite all’esercizio del diritto di


impresa.

La possibilità poi che l’attività economica privata fosse coordinabile con


l’attività economica pubblica, ed indirizzabile alla realizzazione di fini sociali,
hanno presupposto l’adeguamento di tale libertà alle esigenze e all’evoluzione
della società e all’espansione degli interventi dello Stato a tutela del sociale.

La proprietà pubblica e privata

La tutela e la garanzia dell’iniziativa economica sono correlate a quelle della


proprietà privata.

L’ articolo 42 prevede che la proprietà privata abbia una funzione sociale,


accessibile a tutti. Prevede poi i limiti della successione legittima e
testamentaria e i diritti dello Stato sull’eredità.
L’ articolo 43 contempla poi l’assunzione in esclusiva e l’espropriazione, salvo
indennizzo, a fini di utilità generale, d’imprese o categorie d’imprese
monopoliste o relative a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia a favore
dello Stato, enti pubblici o comunità di lavoratori o di utenti.
L’ articolo 44 prevede il razionale sfruttamento del suolo e degli equi rapporti
sociali, ponendo vincoli alla proprietà terriera privata, fissandone i limiti
sull’estensione e imponendo la bonifica delle terre, la trasformazione del
latifondo e la ricostruzione delle unità produttive.

Regime costituzionale dei rapporti economici e normativa europea


La riconciliazione dell’economia con l’aspetto sociale sembra, tuttavia,
problematica.
Anche se il Trattato di Lisbona prevede che l’Unione si adoperi per lo sviluppo
sostenibile dell’Europa, basato su un’economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, la sua
competenza d’intervenire con iniziative di coordinamento delle politiche sociali
si rivela poco significativa perché priva della capacità fiscale redistributiva.

La crisi economica del 2008 ha avuto un significativo impatto sull’esercizio dei


diritti sociali nei Paesi membri, in modo particolare nei Paesi dell’eurozona in cui

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 182


una politica di rigore ha indebolito le garanzie sociali che i cittadini avevano
guadagnato in lunghi periodi di lotta democratica.
Sono stati poi ratificati due Trattati internazionali, che hanno ridotto la sovranità
nazionale nel campo economico finanziario dei Paesi che hanno adottato l’euro,
ma che hanno previsto la codificazione del principio del pareggio di bilancio,
con l’obiettivo di responsabilizzare gli Stati ed assegnare alle Corti
costituzionali nazionali un ruolo di sorveglianza.

I diritti politici

Come stabilito dalla Costituzione, rientrano tra i diritti politici, il diritto di voto, il
diritto di associarsi in partiti, il diritto di petizione, il diritto di accesso ai pubblici
uffici e alle cariche elettive, il diritto d’iniziativa legislativa, il diritto di richiedere
e partecipare ai referendum popolari, ovvero quei diritti che garantiscono ai
cittadini di partecipare, singolarmente o in forma associata, direttamente o
indirettamente, alla vita politica del Paese ed alla formazione delle decisioni
pubbliche.
Sono da considerare diritti fondamentali, in quanto parte essenziale,
costitutiva, della democrazia liberale.

Diritto di voto
Il diritto di voto è lo strumento più rilevante per permettere ai cittadini di
partecipare all’organizzazione politica del Paese sia in via diretta, con il
referendum, sia in via indiretta, con le libere elezioni dei rappresentanti negli
organi decisionali dello Stato e degli enti locali.
L’ articolo 48 , afferma il principio del suffragio universale, secondo il quale sono
elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno conseguito la maggiore età.
Il secondo comma prevede 4 requisiti fondamentali per rendere libera
l’espressione del voto, ovvero, il voto è:

personale: l’esercizio del voto spetta soltanto a chi ne abbia maturato il


diritto secondo disposizioni di legge.

eguale: ogni voto di ogni elettore si riconosce di pari peso, al di là del sesso
e delle condizioni personali, sociali ed economiche.

libero e segreto: le votazioni non potrebbero essere libere se non fossero


segrete, e proprio perché segrete, le votazioni sono libere.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 183


Il voto, secondo normativa costituzionale, è anche un dovere civico e morale, in
quanto inderogabile è il dovere dei cittadini di partecipare attivamente
all’organizzazione politica del Paese, e in particolare alle elezioni.

Il terzo comma riserva al legislatore ordinario il compito di stabilire requisiti e


modalità per rendere effettivo il diritto di voto dei cittadini residenti all’estero.

A tale scopo si è previsto d’istituire una circoscrizione Estero per l’elezione delle
Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma
costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.

Diritto di associazione ai partiti


L’ articolo 49 prevede che tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico alla
determinazione della politica nazionale.

I partiti politici vanno dunque considerati come organizzazioni proprie della


società civile, alle quali sono attribuite funzioni politiche dalle leggi ordinarie
dello Stato.
L’articolo afferma poi che il metodo attraverso cui i partiti politici concorrono
alla determinazione della politica del Paese deve essere democratico, al fine di
garantire un libero, aperto e pacifico confronto delle idee politiche presenti
nella società, precludendo qualsiasi metodo violento e non trasparente. La
pluralità dei partiti è l’aspetto fondamentale della democrazia poiché riflette la
varietà delle opinioni politiche dei cittadini e la dialettica sottesa.
Il metodo democratico attiene anche all’organizzazione interna dei partiti, è
infatti compito dei partiti politici redigere i programmi politici destinati ad
ispirare l’azione del Governo e a formare e selezionare i candidati alla
competizione elettorale. Serve inoltre ad instaurare un dialogo costante e
costruttivo con i cittadini per consentire loro di esprimere le proprie opinioni.

Diritto di petizione

L’ articolo 50 afferma che tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere
per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

La petizione, al pari dell’iniziativa legislativa popolare, attua la democrazia


partecipativa.

Per quanto riguarda le modalità di esercizio, la richiesta di petizione non può


avere ad oggetto interessi puramente personali ma deve sempre rilevare come
interesse lato il senso pubblico. Accesso ai pubblici uffici e alle cariche elettive

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 184


Il principio cardine sui cui si basa l’articolo 51 è l’eguaglianza, quale
declinazione, sul piano della funzione pubblica e della rappresentanza elettiva,
del principio democratico.

Il primo comma sancisce che tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono
accedere agli uffici pubblici e alle cariche pubbliche in condizioni di
eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. L’articolo è stato poi
integrato, stabilendo che la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini.
Il secondo comma pone invece l’attenzione sui requisiti fissati dalla legge per
accedere ai pubblici impieghi e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza
con riguardo al possesso della cittadinanza.

Obblighi tributari e progressività del sistema tributario

L’ articolo 53 contiene i principi del rapporto tra individuo e comunità


nell’ordinamento costituzionale tributario.

I doveri tributari ai quali tutti sono soggetti, sono strumentali ad ottenere


risorse finanziarie sufficienti per realizzare gli obiettivi costituzionalmente
garantiti.
Il criterio di riparto dei carichi fiscali cui tutti coloro che appartengono alla
comunità statale sono obbligati è quello della capacità contributiva, il cui limite
viene posto a difesa e a protezione della sfera individuale rispetto al prelievo
fiscale.

ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA 185

Potrebbero piacerti anche