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Diritto e deontologia dell’informazione

Le citazioni di Jefferson
Punto di partenza e di arrivo è rappresentato dalle due frasi di Thomas Jefferson, frasi citate in un
opera che abbiamo già incontrato, ovvero ritorno al mondo nuovo di Huxley.
Jefferson è un celebre uomo politico degli usa è stato autore della dichiarazione di indipendenza
degli stati uniti il 4 luglio del 1776, ed è stato governatore della Virginia.
Le due frasi di Jefferson, sono almeno apparentemente in contraddizione tra di loro.
La prima dice: ‘’ se una nazione pretende di essere ignorante e libera, essa pretende ciò che mai è
stato e sarà. Un popolo non può essere al sicuro senza il sapere. Là dove la stampa è libera, e
ciascuno sa leggere, tutto è al sicuro ‘’.
Egli mette in evidenza un profondo legame che esiste tra conoscenza che deriva da informazione,
con la libertà della democrazia di uno stato. Ed è questo un insegnamento di grande attualità e
importanza: una nazione non può essere libera nell’ignoranza.
Ma con un grande realismo, lo stesso Jefferson ammonisce anche sui limiti della stessa libertà di
stampa nei confronti della verità dell’informazione, come lo si vede nella seconda e sarcastica
frase.
La seconda dice: ‘’ non si può credere nulla di quel che si legge in un giornale’’.
Questa frase ci introduce ad un altro grande problema, forse uno dei più rilevanti della nostra
materia, ovvero quello della verità dell’informazione della comunicazione.

1.La libertà di informazione


Principio cardine del nostro ordinamento giuridico.
È definito da Giuseppe Corasaniti, come il nucleo vitale delle libertà civili, è come il presupposto
per l’esercizio di ogni altra libertà costituzionalmente riconosciuta.
Infatti solo attraverso la corretta e completa e veritiera informazione, il cittadino può concorrere alla
vita sociale e politica, culturale del paese.
Quindi la libertà di informazione, che è collegata al pieno diritto di tutti gli individui di manifestare il
loro pensiero, sono i presupposti di ogni società autenticamente democratica.
Questo diritto fondamentale, è stato riconosciuto per la prima volta, nella dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 1789, testo cardine della rivoluzione francese elaborato nel corso di
questa, che venne emanata il 26 agosto del 1789.
Articolo 11 della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
L’articolo 11 di questa dichiarazione afferma:
‘’ La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo;
ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di
questa libertà nei casi determinati dalla Legge’’.
Vi è una solenne affermazione della libertà di pensiero che comprende il parlare, lo scrivere e lo
stampare liberamente, con il limite della legge che può reprimere gli abusi di questa libertà.
Ma la libertà di espressione assume un ruolo ancora più centrale nella costituzione degli stati uniti
d’America, promulgata due anni dopo, e ancora in vigore.
Articolo 1 della costituzione americana
Il primo emendamento della costituzione degli stati uniti, afferma solennemente che:

“Il Congresso non potrà emanare leggi per il riconoscimento di una religione o per
proibirne il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa o il diritto dei cittadini
di riunirsi in forma pacifica e d’inviare petizioni al governo per la riparazione dei torti subiti”.
È una disposizione dove compaiono diverse libertà, a cominciare dalla libertà religiosa,
che fonda l’esperienza stessa della storia degli stati uniti, formata da dissidenti religiosi
che lasciavano l’Europa per sfuggire alle persecuzioni ( padri pellegrini).
Ma accanto alla libertà religiosa viene riconosciuta la libertà di parola e di stampa, oltre a
quella dei cittadini di riunirsi pacificamente e di inviare petizioni richieste al governo.
Analogie tra i due testi
Vi sono delle forti analogie tra i due testi: infatti hanno un forte legame con la medesima
tradizione culturale e filosofica che è quella della filosofia illuministica, ma vi sono anche
delle differenze nel modello francese/ europeo e quello americano.
Il primo, ovvero il modello francese/europeo caratterizza il continente europeo: si pone un
limite alla libertà di espressione e di stampa per reprimere gli abusi di tale libertà, e questo
limite è individuato dalla legge.
Mentre il modello americano, si caratterizza ancora oggi e prima per un riconoscimento
ancora più ampio della libertà di espressione e stampa anche nei confronti della stessa
legge. Questo riconoscimento della libertà di espressione nei mezzi più diversi,
caratterizza anche il diritto vigente, gli ordinamenti giuridico contemporanei: vi è per
esempio un riconoscimento del diritto di ricercare di diffondere informazioni nel diritto
sovranazionale.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo firmata a new York in seno all’ONU
all’articolo 19 prevede che ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione ed espressione,
incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, diffondere le proprie
opinioni con ogni mezzo a suo disposizione senza frontiere. A questo si aggiunge anche il
diritto di ricevere e diffondere idee attraverso tutti i mezzi, senza limiti nazionali.
La CEDU
A livello europeo, vi è un altro testo fondamentale ovvero la convenzione europea dei diritti
dell’uomo del 1950, la CEDU.
L’articolo 10, della CEDU tutela la libertà di espressione :

‘’Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione
e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere
ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera .’’
‘’ L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere
sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e
che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza
nazionale, per l'integrità territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e
per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione
della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o
per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario. ‘’
In questa norma, affiora la tradizione europea che risale alla dichiarazione francese del
1789.
Perché vi è da un lato, nella prima parte, un ampio riconoscimento della libertà di
espressione ma nella seconda parte vengono fissati dei limiti alla stessa. Devono essere
limiti che devono costituire misure necessarie in una società democratica e quindi devono
essere a tutela della stessa società e sono individuati nella sicurezza, nella convivenza e
nel rispetto della protezione dei diritti altrui ( elementi che Jemolo evocava come limiti alla
libertà fondamentale di diffondere le proprie idee).
Articolo 21 della costituzione
In Italia, nell’ordinamento italiano, dove valgono tutte le norme già citate, convenzione
europea. Ma vi è una specifica tutela della libertà d’espressione di pensiero che è
rappresentata dall’articolo 21 della costituzione:
‘’ Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di
delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione
delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento
dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali
di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore,
sporgere denuncia all'Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro
ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni
contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a
reprimere le violazioni.»
Questa libertà di espressione e diffusione delle idee, è riconosciuta a tutti gli uomini (
come la libertà religiosa, articolo 19). Si tratta infatti di un riconoscimento universale.
La corte costituzionale italiana, l’organismo posto al vertice del nostro ordinamento
giudiziario come organismo di garanzia e che ha il compito di valutare compatibilità delle
leggi con le norme e i principi della costituzione, ha qualificato questo principio come pietra
angolare dell’ordinamento democratico. E come presupposto stesso, della vita
democratica è condizione indispensabile per l’effettuazione di scelte libere e consapevoli
da parte dei singoli.
L’articolo 21 da questo riconoscimento così ampio, sia a livello soggettivo che oggettivo,
pone anche dei limiti:
▪ Limite esplicito: il buon costume, che cambia con l’evolversi della società,
▪ Limiti impliciti: le ore o reputazione e dignità della persona umana: qui il riferimento è
all’articolo 3 della costituzione, che fa riferimento al primo comma, alla parità sociale di
tutti i cittadini. Da questo concetto è legittimata la punizione di alcuni reati come
ingiuria, diffamazione e reati previsti dal codice penale dal 594 in poi.
Libertà di informazione: polo attivo e passivo
Questa libertà di informazione rileva sotto diversi aspetti. È libertà di informare e diritto di
informare ma è anche diritto ad essere informati. Sia il polo attivo del diritto, ovvero il diritto
di informare, sia il lato passivo, ovvero il diritto di essere informati, sono entrambi valori e
principi e diritti di rango costituzionale.
Molti studiosi del diritto costituzionale, primo fra tutti Costantino Mortati, hanno ricondotto
anche il diritto di essere informati come diritto di ricevere info e diritto di ricercare info allo
stesso articolo 21.
Su questa linea sostenuta da Mortati, si è mossa anche la giurisprudenza della corte
costituzionale, che ha considerato questo diritto di essere informati come il risvolto passivo
della libertà di manifestazione del pensiero.
Altri studiosi, hanno negato questo collegamento automatico tra diritto all’informazione e
libertà di manifestazione del pensiero. Essi hanno infatti ricondotto il lato passivo del diritto
all’informazione, non tanto alla libertà di manifestazione di pensiero dell’articolo 21,ma
quanto direttamente al principio democratico, sancito nel primo articolo della costituzione
italiana della carta del 1948.
Infatti, in riferimento all’articolo 1, Un regime democratico necessita sempre una pubblica
opinione vigile e informata, vi è un nesso inscindibile tra informazione conoscenza e
democrazia, come dice Jefferson: entrambe queste visioni contendono forti elementi di
verità e probabilmente possono essere entrambe poste alla base della libertà di
informazione
Statuto giuridico degli operatori dell’informazione
Ovvero l’ordinamento professionale dei giornalisti.
Storia
La legge 2307 del 1925, istituiva un ordine dei giornalisti con sedi periferiche e tenute in
albi professionali. Questo periodo risentiva del periodo storico in cui era stata emanata,
ovvero la dittatura fascista, che poneva sotto un rigido controllo la stampa, l’informazione e
la libertà di manifestazione del pensiero.
Venne poi dichiara incostituzionale, e venne modificata dalla legge numero 69 del 1963 su
ordinamento della professione del giornalista che restituisce su nuovi base democratiche
l’ordine dei giornalisti.
Viene diviso in due elenchi:
▪ giornalisti professionisti, ovvero coloro che esercitano in modo esclusivo o continuativo
la professione giornalista.
▪ giornalisti pubblicisti che svolgono attività giornalistica non occasionale, anche se
esercitano altre professioni o altri impieghi.
Il consiglio dell’ordine nazionale dei giornalisti, e consiglio dell’ordine regionale: organismi
a base elettiva con personalità giuridica di diritto pubblico, che hanno dei poteri disciplinari
nei confronti degli scritti → sanzioni per violazioni dei giornalisti di carattere deontologico.
Per diventare giornalisti professionisti c’è un esame di idoneità, ma negli ultimi anni vi è
anche una via universitaria per l’accesso alla professione, attraverso studi di
comunicazione.
Procedimento disciplinare
Tornando ai poteri disciplinari, questi riguardano gli scritti che si rendano colpevoli di fatti
non conformi al decoro e alla dignità della professione.
E vi è un articolato procedimento disciplinare che è iniziato e condotto a livello regionale e
verso le decisione a livello regionale è possibile proporre appello al consiglio nazionale, e
le decisioni di quest’ultimo possono essere impugnate di fonte al giudice ordinario, dello
stato.
3 gradi di giudizio:
▪ tribunale
▪ corte di appello
▪ cassazione
Quindi vi è una fase amministrativa, davanti ad organi disciplinari che sono consigli ordine
regionale e nazione, e poi una fase giurisdizionale davanti agli organi del nostro
ordinamento.
Alcuni aspetti specifici:
Il segreto professionale: bisogna bilanciare due valori, l’interesse fondamentale della
giustizia e il diritto di informazione dell’articolo 21.
Il bilanciamento tra i due si trova nell’articolo 200 del codice penale.
Vi è la tutela del segreto professionale con riferimento alle persone dalle quali esse hanno
attinto le notizie, con la possibilità di derogare a questo quando queste notizie sono
indispensabili ai fini della prova del reato. E questa può essere accertata solo attraverso
l’identificazione della fonte.
I reati commessi nell’esercizio dell’attività giornalistica: diffamazione a mezzo stampa, con
riferimento agli articoli 595, 596 e 596 bis del codice penale.
595 → reato di diffamazione
596 → possibilità della prova liberatoria che concerne la veridicità delle affermazioni che
sono state fatte o divulgate per mezzo della stampa, mentre quello 596 bis riguarda
specificamente il settore della stampa.
In quel bis viene introdotta una responsabilità non solo del professionista giornalista che è
autore della diffamazione ma viene punito anche il direttore del giornale perché ha anche
una responsabilità penale cui fa riferimento questo articolo.
La scriminante
La giurisprudenza ha confermato una scriminante per questi delitti: casi in cui queste
condotte non vengono punite.
Discriminanti sono il diritto di cronaca e il diritto di critica che fanno poi riferimento alla
norma articolo 21 della costituzione.
L’esercizio del diritto di cronaca e di critica, hanno una rilevanza scriminante rispetto alle
condotte che abbiamo visto negli articoli 595 e seguenti. In determinati casi, la condotta
dell’operatore dell’informazione del giornalista è giustificata e non viene punita.
Quando secondo la giurisprudenza ricorrono 3 condizioni :
1) Utilità sociale dell’informazione, criterio della pertinenza ossia esistenza di un
interesse pubblico alla conoscenza di determinati fatti. Le notizie e i fatti comunicati
devono avere una utilità sociale, ci deve essere un interesse collettivo alla
conoscenza di quella notizia, anche se in ipotesi questa offenda l’altrui reputazione
2) Verità oggettiva dei fatti, o anche solo putativa. Il fatto può essere non vero
oggettivamente ma ritenuto vero in buona fede dal soggetto. Questa verità putativa
può essere però scriminante solo quando sia frutto di una ricerca seria e diligente
sulle fonti
3) Vi deve essere una forma civile nell’esposizione dei fatti e quindi il modo di dare
notizie non deve essere eccedente rispetto allo scopo informativo da perseguire e
deve avvenire sempre nel rispetto della dignità della persona. Questo criterio viene
detto della continenza.
Quindi pertinenza, verità e continenza sono le 3 condizioni che rendono non punibile
eventuali condotte rientranti nella fattispecie della diffamazione.
Queste 3 condizioni valgono per il diritto di cronaca, di dare notizie. Bisogna distinguere
dal diritto di cronaca, il diritto di critica che pure è molto importante nell’attività di
informazione.
Il diritto di critica
Anche esso deriva in ultima analisi dal diritto di manifestazione del pensiero dell’articolo
21.
Il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca perché non si concreta nella narrazione
di fatti ma piuttosto nell’esposizione di un giudizio o una opinione che è fondata su una
interpretazione necessariamente soggettiva, perché appunto è soggettiva.
Perché questo comportamento sia scriminato rispetto ai reati cui facevamo riferimento,
valgono sempre i criteri della pertinenza e continenza, ma rimane più sullo sfondo il criterio
della verità poiché si tratta di una opinione anche se, secondo la giurisprudenza, la critica
non può travisare e manipolare i fatti in modo strumentale.
La libertà di espressione di critica, soccombe però di fronte alla necessità di tutelare i diritti
fondamentali della persona.
Diritto di satira
Questo limite della continenza di applica anche al diritto di satira, nei confronti delle
religioni ma anche la satira non può ledere la dignità della persona e quindi anche al diritto
di satira si applica il criterio della continenza.
La deontologia del giornalista : diritti e doveri
Le norme deontologiche della professione del giornalista sono norme di autoregolazione: sono gli
stessi operatori che si danno delle regole da seguire.
Ma i principali doveri e diritti del giornalista sono delineati già da una legge portante, ovvero la
legge numero 69 del 1963 e in particolare dall’articolo 2 della legge numero 69, che ha nella sua
rubrica proprio il titolo diritti e doveri del giornalista.
Libertà e verità di informazione
Il diritto insopprimibile del giornalista, è la libertà di informazione nel rispetto però della personalità
e diritti altrui come limite. Ma si accenna anche al rispetto della verità dei fatti.
Quindi vi è libertà di informazione e verità dell’informazione sono i due poli tematici, dell’attività del
giornalista.
Dovere di rettifica
Nella seconda parte si fa riferimento al dovere di rettifica delle notizie inesatte che vengono date e
al dovere di riparare eventuali errori e si fa riferimento anche all’ambito relativo al rispetto del
segreto personale del giornalista che, riguarda la fonte delle notizie da lui attinte, per il carattere
fiduciario di esse.
Spirito collaborazione
Poi si fa riferimento ad uno spirito di collaborazione tra i giornalisti e anche ad una cooperazione
tra giornalisti editori e anche tra operatori Della stampa e lettori, ovvero i destinatari
dell’informazione stessa.
Le norme deontologiche
Da queste norme derivano le norme deontologiche, che sono autoregolativi e hanno avuto una
evoluzione.
Le tappe di questa evoluzione sono:
▪ la carta dei doveri del giornalista del 1993
▪ la carta di Treviso del 1990
▪ vademecum firmato nel 95 (che sono due elementi dedicati al rapporto tra informazioni e
minori).
La carta di Treviso
La carta di Treviso è stata approvata nel 1990 dall’ordine dei giornalisti e dalla federazione
nazionale della stampa Italiana, di intesa con una istituzione nota di tutela dei minori, telefono
azzurro e con altri enti e istituzioni della città di Treviso.
Trae la sua ispirazione dagli stessi principi e valori della nostra carta costituzionale ma anche dai
diritti garantiti dalla convenzione Della ONU sui diritti dei bambini oltre che dalle normative europee
Questa carta è stata integrata da un successivo documento di carattere deontologico, ovvero il
vademecum di Treviso del 1995. Questa carta di Treviso è stata poi aggiornata da parte dell’ordine
dei giornalisti da parte della federazione dei giornalisti, avvenuto nel 2006, e nel 2012 è stato
sottoscritto un altro protocollo con organizzazione di telefono azzurro.
I principali contenuti di queste norme deontologiche che riguardano rapporto tra giornalismo e
minori
I giornalisti sono tenuti ad osservare tutte le disposizioni penali e civili che riguardano l’attività di
informazione e di cronaca giudiziaria in materia di minori, in particolare di quelli che sono coinvolti
in procedimenti giudiziari.
Deve essere garantito l’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, che possono essere
lesivi della sua personalità sia come autore del fatto, sia come vittima sia come testimone.
Va evitata la pubblicazione di elementi che possono portare all’identificazione del minore stesso.
Così come vanno evitati foto o filmati, messaggi o immagini che possono contribuire
all’identificazione del minore. Questo vale anche in caso di abuso e reati contro i minori.
Il bambino non deve essere intervistato o impegnato in trasmissioni televisive che possano ledere
la sua dignità o turbare il suo equilibrio psico fisco, ne essere coinvolto in forme di comunicazione
lesive nello sviluppo della sua personalità, a prescindere dall’eventuale consenso dei genitori.
Nel caso di comportamenti lesivi o autolesivi come suicidi o atti di criminalità che siano posti in
essere da minorenni, fermo restando il diritto di cronaca, occorre non enfatizzare quei particolari
che possano provocare effetti di suggestione o di emulazione.
Una particolare attenzione deve essere posta nei confronti di eventuali strumentalizzazioni che
possano derivare da adulti interessati a sfruttare l’immagine del minore.
Queste norme vanno applicate anche al giornalismo online e multimediale, che utilizzano nuovi
strumenti tecnologici.
Testo unico dei doveri del giornalista
Il 3 febbraio del 2016 è entrato in vigore il testo unico dei doveri del giornalista, ed è stato
approvato dal consiglio nazionale.
Questo nasce da una esigenza di carattere giuridico, quella di armonizzare le carte deontologiche
emanate nel tempo e facilitarne una maggiore chiarezza e anche l’applicazione ai fini delle
responsabilità disciplinari.
Questo testo unico recepisce e riordina i principali documenti in materia deontologica, la carta dei
doveri del giornalista, la carta dei doveri dell’informazione economica, quella di Treviso, quella
relativa all’informazione e alla pubblicità, quella all’informazione e ai sondaggi, decalogo del
giornalismo sportivo.
Le disposizioni del testo unico del 2016
Articolo 2 → enunciati i fondamenti deontologici della formazione giornalista: diritto di informazione
e verità dei fatti
➔ e: indipendenza e autonomia del giornalista rispetto a tutte le forme di potere.
➔ h: continua formazione e aggiornamento della professione giornalistica.
Il titolo II riguarda i doveri nei confronti delle persone.
Articolo 3 → identità personale e il diritto all’oblio.
I due poli vengono enunciati sopra devono trovare un equilibrio nell’articolo 3: vi deve essere da
parte del giornalista un rispetto dell’identità personale della persona che può essere anche mutata
nel tempo, che può essere divulgato solo per dare completezza all’informazione.
Il titolo III fa riferimento ai doveri degli operatori in tema di informazione.
Articolo 8 → cronaca giudiziaria e i processi in televisione.
Articolo 9 → doveri in tema di rettifica e rispetto delle fonti. Egli infatti deve controllare le
informazioni per accertarne l’attendibilità.
Articolo 10 → enunciazione dei doveri di giornalista in rapporto tra informazione e pubblicità.
Il titolo V è dedicato alle sanzioni
Articolo 51 → elenca le sanzioni disciplinari che possono essere combinate dal giornalista. Sono
pronunciate con decisione motivata del consiglio, previa audizione dell’incolpato e sono
avvertimento, censura sospensione dal lavoro per un periodo non inferiore a 2 mesi e non
superiora ad 1 anno, e la sanzione più grave che è la radiazione, ovvero esclusione dall’alto.
Articolo 52 → disciplina la sanzione più lieve che è quella dell’avvertimento e infatti deve essere
inflitto nei casi di abuso e mancanze di lieve entità da parte del giornalista e consiste nel rilievo
della mancanza commessa e il richiamo del giornalista all’osservanza dei suoi doveri.
Quando non sia conseguente ad un giudizio disciplinare e disposto dal presidente del consiglio
dell’ordine, l’avvertimento viene rivolto oralmente da questo presidente e se ne redige un verbale
sottoscritto anche dal segretario e dentro i 30 giorni successivi, il giornalista al quale è stato rivolto
l’avvertimento può chiedere di essere sottoposto al procedimento disciplinare qualora non
condivida la misura presa.
Articolo 53 → disciplina la censura, che si infligge nei casi di abuso o mancanza di gravi entità. E
consiste nel biasimo formale per la trasgressione accertata.
Articolo 54 → la sospensione dall’esercizio della professione che può essere inflitta nei casi in cui
iscritto abbia compromesso e leso la dignità professionale del giornalista stesso.
Articolo 55 → ipotesi più grave ovvero quella della radiazione, esclusione dalla professione
giornalistica che può essere disposta nel caso in cui l’iscritto con la sua condotta abbia non solo
compromesso ma gravemente compromesso la dignità professionale fino a rendere incompatibile
con la dignità stessa la sua permanenza negli elenchi o nel registro.
Vi è un procedimento disciplinare che può portare alla combinazione di queste sanzioni la cui
competenza appartiene al consiglio di disciplina territoriale presso il consiglio dell’ordine al quale è
iscritto l’incolpato, che viene iniziata di ufficio. Naturalmente l’incolpato deve essere formalmente
invitato a comparire davanti al consiglio e questo, assunte delle informazioni contesta l’interessato
con una lettera raccomandata di fatti che gli sono addebitati e le prove raccolte, e assegna un
termine che non deve essere inferiore a 30 giorni per essere sentito a discolpa e l’incolpato può
presentare documenti e memorie difensive.
I provvedimenti disciplinari sono poi adottati a votazione segreta e corredati con una motivazione e
vengono notificati all’interessato dal pubblico ministero e vi è anche un termine di prescrizione che
è di 5 anni dal fatto.
Caso di Enzo Tortora
Uno è il famoso caso Tortora. Vicenda che ha interessato un celebre giornalista e conduttore
televisivo, Enzo tortora, nato a Genova e morto a Milano, che si è rilevata come un clamoroso
errore giudiziario.
Il 17 giugno del 1983 Enzo venne arrestato a Napoli con l’accusa di associazioni per delinquere di
stampo camorristico, formulata sulla base di dichiarazione dei pentiti della Gomorra.
Il17 settembre del 1985 venne condannato in primo grado a 10 anni di carcere e successivamente
venne assolto dalla corte di appello il 15 settembre del 96 e il 16 giugno del 87 la corte confermò
l’assoluzione ma il 18 maggio del 1988 muore di cancro anche per il calvario giudiziario a cui era
stato sottoposto.
La falsità delle accuse che i pentiti avevano mosso a Enzo, furono accertate perché uno di questi
pentiti Gianni Melluso nel maggio del 2010 ammise che le sue accuse erano false ma il caso
tortora non è solo un caso giudiziario a seguito del quale è stato introdotto l’istituto della
responsabilità civile dei giudici ma anche una vicenda molto importante per la professione dei
giornalisti e dell’etica perché nella cronaca giornalistica dell’arresto e del processo a Tortora,
furono violati molti doveri deontologici della professione giornalistica.
In primo luogo vi è stata una gravissima violazione del rispetto della persona e della dignità di
Enzo. Nel momento dell’arresto della 83 egli è stato filmato a lungo mentre era ammanettato e
veniva condotto sull’auto della polizia : si attese addirittura l’arrivo della stampa e della TV per
sottoporre Enzo ad una sorta di gogna mediatica e questo filmato dell’arresto fu riproposto anche
ora in TV.
Ma è stato violato anche un altro dovere fondamentale della professione giornalista, ovvero quello
del rispetto della presunzione della sua innocenza.
Anche se, come osserva Stefano Colloca, esso non sempre fu violato in modo esplicito, ma vi è un
modo implicito più insidioso di violare la presunzione di innocenza ad esempio quella di riportare le
ragioni dell’accusa oppure raffigurare in modo negativo l’imputato o fondare la sua colpevolezza su
elementi estranei al processo.
Reazioni al caso Tortora
La maggior parte dei giornalisti italiani all’epoca del caso tortora ebbe una linea fortemente e
ferocemente colpevolista.
Una giornalista molto nota, scrisse 2 settimane dopo l’arresto che vi erano tutti gli elementi per
trovare tortora colpevole perché non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci
sono delle buone ragioni. E aggiunse, con poco rispetto della persona e sottolineando aspetti che
non avevano a che fare con la vicenda giudiziaria, ‘ il personaggio non mi è mai piaciuto e non
piaceva Portobello e mi innervosiva il pappagallo che non parlava mai e lui che parlava troppo
senza mai dare agli altri il tempo di esprimere le loro opinioni ‘
Furono pochi i giornalisti che invece assunsero una linea più prudente non colpevolista, tra questi
anche Enzo Biagi che su repubblica scrisse un articolo dal titolo ‘ e se tortora fosse innocente? ‘,
rompendo così il fronte dei colpevolisti e soprattutto richiamando l’importanza del dubbio che è
fondamentale dal punto di vista etico e deontologico della professione giornalistica.
Il dubbio infatti è molto importante in ogni ambito della vita, già Cartesio pensava ciò.
Caso Sara Scazzi
Un esempio più recente è quello dell’omicidio della 15enne Sara Scazzi avvenuto 26 agosto del
2010 ad Avetrana in provincia di Taranto.
E anche qui vi sono state alcune violazione delle regole deontologiche per eccessiva intrusione dei
giornalisti nella vita privata della vittima per esempio con la pubblicazione dei suoi diari.
Ma soprattutto con la discutibile scelta operata dal programma di ‘ chi l’ha visto ’ di annunciare
nell’ottobre del 2010 in diretta alla madre della vittima, la morte della figlia. E qui si è configurato
una mancanza di rispetto della dignità della persona.
Libertà, indipendenza e verità dell’informazione
La libertà dell’informazione è un bene primario ma come dice Bettetini, deve essere una
informazione vera. ( informazione falsa → non è cibo scadente ma un vero e proprio veleno)
Un giornalista quindi coscienzioso e rispettoso dell’etica deve essere obiettivo e avere come
caratteristiche principale l’obiettività, che deve essere una sostanziale adeguatezza di quanto si
scrive al fatto che si vuole narrare, deve essere quindi una obiettività ragionevole.
Sul rapporto tra libertà indipendenza e verità dell’informazione, ha recentemente proposto delle
riflessioni Colloca, filosofo del diritto dell’università di Pavia.
Un primo problema su cui vi è l’interessante riflessione di Colloca riguarda il rapporto tra libertà di
informazione e l’indipendenza dell’informazione. Sono due concetti che spesso vengono confusi
ma che sono distinti e questa distinzione ha una sua rilevanza concettuale.
Egli ricorda I 3 doveri principali del giornalista :
1. Dovere rispetto persona
2. Dovere indipendenza
3. Dovere della verità
Il dovere della verità, che è fondamentale nell’attività di informazione, comprende sia il dovere del
giornalista di comunicazione informazioni vere o comunque controllate ( veridicità
dell’informazione) sia il dovere di non tralasciare alcuna informazione che sia rilevante (
informatività). E se da una notizia errata ha il dovere di fornire una rettifica.
Questi 3 doveri, possono talvolta entrare in conflitto tra di loro. In realtà tra il dovere di
indipendenza e quello di verità non si ravvisa mai un conflitto, anzi questi doveri si rafforzano a
vicenda.
Dare informazioni vere rafforza l’indipendenza del giornalista, l’essere indipendente consente al
giornalista di dare informazioni vere. Anche tra dovere di indipendenza e dovere di rispetto della
persona non si ravvisa un conflitto perché il giornalista indipendente rispetta la persona e il rispetto
della persona è un segno dell’indipendenza del giornalista.
Vi può essere e spesso si verifica un conflitto o meglio un dilemma dal punto di vista etico e
deontologico, nella terza combinazione ovvero tra dovere di verità e dovere di rispetto della
persona perché a volte anche informazioni vere, possono ledere la dignità delle persone.
Si tratta di un fenomeno che dal punto di vista della teoria generale del diritto, prende il nome di
paranomia che è una forma di antinomia ovvero di conflitto tra norme.
Paranomia è stato introdotto dall’insegnamento di Amedeo Giovanni Conte.
Per Colloca è sempre auspicabile la massima indipendenza dell’informazione e del giornalista che
non entra in conflitto con gli atri doveri, mentre la libertà di informazione ha dei limiti perché deve
essere contemperata con altri valori da proteggere come ad esempio la dignità della persona, I dirti
fondamentali dell’uomo.
Un secondo problema affrontato da Colloca riguarda l’informazione scientifica e nel campo della
bioetica. Quello dell’informazione scientifica è un problema di grande attualità proprio nel momento
particolare che stiamo vivendo.
Egli ricorda che per conoscere una teoria scientifica occorre conoscere il metodo scientifico quindi
quello che è il requisito deontologico principale del giornalista scientifico è quello di riconoscere
quali teoria siano conformi al metodo scientifico.
Non si può chiedere al giornalista scientifico di essere uno scienziato : ma egli deve essere
consapevole dei problemi scientifici ed epistemologici ovvero della filosofia della scienza.
Quindi il giornalista scientifico può ritenere credibile una teoria se essa è scientifica e quindi
conforme al metodo scientifico e non è stata ancora falsificato. Si chiede quindi come principale
dovere al giornalista scientifico, di essere accurato ma anche sapere distinguere tra scienza
codificata e scienza di frontiera ( ricerche scientifiche appena concluse o in via di conclusione che
devono ancora passare al vaglio più approfondito della comunità scientifica).
Soprattutto il giornalista scientifico che agisce in modo deontologica ente corretto deve anche
riconoscere l’incertezza e spesso la lentezza nel cammino della ricerca scientifica
Quindi questo giornalista deve avere una solida preparazione scientifica di base e deve curare un
continuo aggiornamento della sua preparazione. Ma questo vale per tutti i giornalisti e non solo
quelli scientifici.
Ancora più delicato è il lavoro del giornalista scientifico quando si occupa della scienza medica
perché la sua informazione in questo campo riguarda anche aspettative di cura dei lettori che
possono essere anche pazienti o famigliari.
Alla base di una società democratica vi è il libero consenso che per essere veramente libero e
quindi razionalmente autodeterminato dovrebbe nascere da una sufficiente conoscenza dei fatti e
dei valori.
Come afferma ancora Bettettini in una società democratica una informazione corretta è ancora più
necessaria che in una società autoritaria e dittatoriale.
I regimi dittatori controllano l’informazione e non riconoscono la libertà dell’informazione e
nemmeno la verità dell’informazione, mentre per la democrazia l’informazione è come una sorta di
linfa vitale, è premessa perché abbia un senso e sia possibile ogni decisione che riguarda lo
spazio pubblico.
L’importanza della verità e della libertà dell’informazione quindi sono indispensabili. È ovvio che
però una informazione vera non è sempre un obiettivo facile da raggiungere anche per i
condizionamenti esterni e interni che possono intervenire sull’attività di informazione, come ricorda
Jefferson che afferma che non si può credere a nulla di ciò che si legge sui giornali, ma egli stesso
considera irrinunciabile la libera informazione per la libertà e la democrazia.
La libera informazione per lui è amica della scienza e della libertà civile, ed è questo
l’insegnamento di Jefferson.

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