Capitolo 1
La prospettiva storica: ricostruzioni teoriche e modelli di tutela
Evoluzione della nozione di diritti fondamentali → vi sono 3 modi di intenderne le origini e la natura ed essi
corrispondono a tre diversi modi di concepire gli strumenti attraverso cui si realizza la tutela di tali diritti.
1) approccio storicistico: i diritti di libertà sono il frutto dell'evoluzione storica dei rapporti sociali e politici che
caratterizzato la vita dei diversi ordinamenti statuali.
Ciò evidenzia l'emancipazione dei diritti di libertà dalle invadenze arbitrarie dei poteri costituiti: quindi tale approccio
privilegia l'attenzione per le libertà negative, la cui garanzia è data dall'assenza di intervento di poteri coercitivi
pubblici e privati.
Seguendo tale impostazione l'origine dei diritti di libertà può farsi risalire al Medioevo, periodo nel quale si costruisce
la tradizione europea della necessaria limitazione del potere politico d'imperium.
Nel medioevo non si è ancora affermato lo Stato come soggetto politico titolare di una potestà di imperio che
pretende di definire, anche con modalità coercitive, la sfera dei diritti di libertà individuali e collettive: tale potestà di
imperio è frammentata tra una molteplicità di soggetti al cui vertice gerarchico c'è il signore feudale.
Tra signore e soggetti subordinati esiste un rapporto di scambio, di carattere contrattuale, basato su fedeltà e
protezione → contratti di dominazione: le città assicurano il loro appoggio al signore e quest'ultimo garantisce i diritti
di esse e dei ceti
Nell'esperienza medievale la garanzia della proprietà dei beli e della sicurezza, situazioni di libertà negative, non erano
riferite agli individui in quanto tali, ma avevano strutturazione corporativa, erano patrimonio del feudo, del luogo,
delle comunità, ed appartenevano agli individui solo in quanto questi fossero a loro volta ben radicati in quei territori,
in quelle comunità.
I sostenitori di tale approccio guardano all'Inghilterra come all'esperienza costituzionale in cui è evidente il nesso di
continuità tra le libertà medievali e quelle moderne.
Già la Magna Charta (1215) sancisce la libertà personale intesa non solo come sicurezza dei propri beni, ma anche
come garanzia rispetto all'arresto illegittimo e prevede una procedura tassativa per disporre limitazione di questa
libertà.
Prevede un due process of law, cioè una procedura garantistica per procedere a forme di limitazione della libertà
personale → ciò segna l'evoluzione da un sistema di regole giusprivatistiche di tutela delle libertà ad un assetto
moderno di tutela di marca giuspositivistica.
Tale impostazione troverà compimento nella Glorius Revolution (1688) e sarà definitivamente consolidato il principio
per cui la tutela delle libertà individuali è incomprimibile dal potere politico statale (Locke e Coke).
In Inghilterra il ptere statuale non assunse mai i tratti assolutistici propri di altre esperienze (come quella francese):
proprio la common law,cioè il diritto comune inglese custodito o costruito dai giudici, rappresentò uno dei fattori pi
importanti che impedirono il radicarsi di un modello pienamente statocentrico.
2) approccio individualistico: i diritti di libertà preesistono alla formazione dello Stato e sono sostanzialmente
indifferenti agli sviluppi sociali, economici e politici; essi sono diritti naturali che spettano a ciascun individuo in quanto
tale (Oestreich).
Il ruolo dello Stato è finalizzato al riconoscimento ed alla garanzia dei diritti, in quanto esso nasce in forza di un patto
voluto e costruito fra soggetti già titolari, per natura, di diritti.
Punto di riferimento dell'impostazione individualistica è l'esperienza della Francia rivoluzionaria, a cominciare dalla
Dich dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789):
art 1: “Gli uomini nascono e rimangono liberi e eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere
fondate che sull'utilità comune.”
art 4: “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di
ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi
stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla legge.”
art 5: “La legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non + vietato dalla legge
non può essere impedito e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.”
Quindi l'unica fonte del diritto che po' limitare l'esercizio dei diritti di libertà è la legge, espressione della volontà
generale e lo stesso principio della volontà generale pone limiti all'azione della magistratura che non potrà che
muoversi entro le previsioni legislative senza margini di creatività.
Presunzione di libertà e consacrazione del principio secondo cui i diritti dell'uomo, in quanto naturali, non hanno
confini ontologicamente predeterminati, ma possono essere eccezionalmente limitati solo dal legislatore.
3) approccio statualistico: pone al centro del riconoscimento dei diritti di libertà lo Stato: solo grazie ad esso i diritti di
libertà nascono e possono affermarsi come vere e proprie posizioni soggettive giuridicamente tutelabili, quindi è lo
Stato che ne determina il contenuto, i limiti, i meccanismi di garanzia.
Quindi Stato come fonte e misura dei diritti. Essi non sono preesistenti allo Stato, ma prima di esso vie è solo una
condizione di bellum omnium contra omnes (Hobbes): non può esistere alcuna libertà, alcun diritto individuale prima
dell'affermazione della potestà coercitiva dello Stato, che solo può dare ordine alla società e garantire le pretese dei
singoli da esso riconosciute.
Dunque il dualismo tra autorità e libertà, insito nelle impostazioni storicistica e individualistica, non esiste più: l'una e
l'altra nascono simultaneamente con lo Stato e insieme si sviluppano condizionandosi a vicenda.
Ma tale approccio rischia di avere esiti autoritari o dispotici. Infatti concepire la tutela dei diritti di libertà come limite
che il potere sovrano si autoimpone comporta una contraddizione rappresentata dal fatto che esso, per sua natura,
ma sopporta limiti.
L'impostazione statualistica è quella che caratterizza le vicende dello Stato liberale ottocentesco.
Essa è alla base del positivismo giuridico che assegna al diritto la funzione di insostituibile ed esaustivo di fonte e
limite dei diritti di libertà.
Questi tre approcci hanno caratterizzato diverse epoche storiche senza che il loro succedersi abbia mai determinato la
completa sostituzione dell'uno all'altro, ma al contrario la sopravvivenza e la commistione di elementi propri dell'uno
e dell'altro
Le esperienze costituzionali che più hanno contribuito allo sviluppo della dottrina dei diritti fondamentali sono quella
statunitense e quella francese:
1 esperienza costituzionale statunitense: nasce con gli eventi rivoluzionari culminati nell'adozione della
Costituzione del 1787 e combina in sé i 3approcci.
In essa sono presenti elementi tipici dell'approccio storicistico riconducibili al fatto che tale esperienza nasce e si
sviluppa sulla base di quella inglese, considerata emblematica di tale modello.
È data molta importanza al ruolo del giudice a cui si riconosce una funzione prioritaria nell'assicurare la tutela dei
diritti di libertà e nel loro continuo adeguamento allo sviluppo dei rapporti sociali.
Una novità rispetto al modello inglese è che tale garanzia è rivolta anche contro il legislatore → vi è una netta
diffidenza verso l'onnipotenza di esso.
Si individua nel popolo un'autorità superiore a quella dei legislatori, le loro leggi sono subordinate alla Cost, intesa
come massima fonte di diritto → quindi il concetto di potere costituente si lega con quello di rigidità costituzionale,
cioè con la presenza di regole più fisse, più difficilmente mutabili di quelle contenute nelle leggi originarie.
Nucleo forte e rigido difeso dall'arbitrio del legislatore che ha una funzione di garanzia e tutela dei diritti e delle
libertà fondamentali.
Infatti l'art 5 della Cost del 1787 prevede un apposito procedimento di revisione costituzionale, distinto ed aggravato
rispetto a quello previsto per le leggi ordinarie.
Costituzione → legge suprema del Paese, fonte e primo strumento di garanzia dei diritti di libertà.
Tale impostazione si lega alla nascita del controllo di legittimità costituzionale: nella fondamentale sentenza Marbury
vs Madison 1803 si afferma, per la prima volta, che ciascun giudice ha il dovere di disapplicare le leggi che dovrebbero
applicare in un processo qualora esse siano contrastanti con la Cost.
Gli effetti del sindacato del giudice sono limitati al processo, ma il rischio che si producano decisioni difformi, vista la
libertà interpretativa dei singoli giudice, è controbilanciato dal principio dello stare decisis, secondo cui i giudici di
grado inferiore sono vincolati alle decisioni di quelli di grado superiore → così una pronuncia della Corte Suprema,
organo che è posto al vertice del sistema giudiziario statunitense, sulla conformità o meno della legge rispetto alla
Cost, ha effetti erga omnes.
I motivi dell'affermarsi di questo sistema di tutela dei diritti nell'esperienza americana sono di tipo storico: la Cost del
1787 nasce a seguito della guerra d'indipendenza contro l'Inghilterra, originata non da un'avversione al suo sistema
istituzionale, ma da una rivendicazione delle libertà economiche che erano state oppresse proprio dal Parl inglese
attraverso le sue leggi → dunque diffidenza per la legge.
In conclusione affermiamo che nell'esperienza americana vi sono sia elementi tipici del modello individualistico:
rilevanza data ai diritti individuali; sia elementi tipici dell'approccio statualistico: ruolo fondamentale della Cost.
2 Esperienza costituzionale francese: abbandona ogni richiamo allo storicismo → scopo della Rivoluzione è
l'abbattimento dell'apparato statuale preesistente, basato sul diritto dei ceti.
Il passaggio dallo Stato assoluto a quello liberale avviene con una rottura traumatica e non, come in Inghilterra,
attraverso un passaggio graduale.
Stato: soggetto che definisce un nuovo e diverso catalogo dei diritti e che impone a tutti il rispetto di essi.
Cost: atto che deve tracciare nuovi indirizzi e un nuovo programma politico, destinati poi ad essere attuati dai poteri
pubblici, in primo luogo dal legislatore nel quale si esprime la sovranità popolare.
Dunque la concezioni dei diritti di libertà che si afferma in seguito alla Riv francese non è né integralmente
individualistica, né integralmente statualistica.
Da parte dei giacobini viene valorizzata una nozione del potere costituente inteso come potere permanente del
popolo: il potere costituente appartiene al popolo che si dà una Cost, ma che ha anche il potere di cambiarla senza
incontrare alcun limite.
Invece le componenti borghesi sono più moderate: il potere costituente è inteso come strumento necessario per
determinare il quadro fondamentale di valori e di principi ( cd Cost programma), ma che poi lascia interamente il
passo agli altri poteri costituiti, in particolare alla legge.
Tuttavia in tale ultima concezione, che sarà quella destinata a prevalere, è insita una contraddizione: se sia la Cost che
la legge sono espressione della sovranità del popolo come si regolano i loro reciproci rapporti?
La risposta sta nella formulazione del principio della rappresentanza politica, per cui i poteri costituiti non esercitano
più direttamente ma solo mediatamente la sovranità.
Se dunque la legge è solo esercizio mediato della sovranità, allora è distinta dalla Cost che invece ne rappresenta un
esercizio immediato, diretto.
Ma se tale impostazione poteva soddisfare dal punto di vista teorico l'esigenza di ordinare i rapporti tra le due fonti
essa lasciava irrisolto il problema dei possibili abusi del legislatore in danno dei principi costituzionali.
Tale problema è stato risolto con una sorta di petizione di principio che finisce per negare a priori questa possibilità: la
legge in quanto espressione, seppur mediata, della volontà popolare, non può essere che giusta, ossia rispettosa del
quadro costituzionale.
Il ruolo dei giudici non viene valorizzato: pesava su di loro l'immagine di funzionari da sempre subordinati all'autorità
regia.
Il modello statualistico francese, imperniato sul riconoscimento a livello di normativa cost di un catalogo di diritti
fondamentali e sull'affidamento alla legge del Parl del compito di definirne i limiti di esercizio, è quello che si ritrova
nelle Cost degli stati dell'Europa continentale a metà 800 (tra cui lo Statuto Albertino).
Crisi di tale modello nel XIX sec di fronte alle tensioni di tipo autoritario culminate nel fascismo, nazismo e franchismo.
A determinare la crisi della concezione dei diritti di libertà propria dello Stato liberale è l'accentuazione degli aspetti
statualistici insiti nel modello ereditato dall'esperienza francese → mentre sfuma la concezione dello Stato come
frutto di un patto sociale da cui trae legittimazione, si afferma quella secondo cui lo Stato non è che il risultato
dell'evoluzione storia della Nazione, intesa come il prodotto storicamente dato di una serie di elementi etnici,
linguistici, sociali, culturali e politici.
Quindi lo Stato trova in sé la propria legittimazione: è esso il vero sovrano, non più il popolo.
Il diritto dello Stato è fonte dei diritti di libertà e dei loro limiti → lo strumento attraverso cui tale compito è assolto è
la legge, non più intesa come atto espressivo della sovranità popolare ma come esercizio di una funzione pubblica →
discrezionalità della legge.
Il momento di passaggio dallo statualismo temperato, di stampo liberale, allo statualismo totalitario inizia quando si
manifestano le difficoltà di canalizzare le forti tensioni sociali originate dall'emergere di nuove classi sociali in un
quadro istituzionale caratterizzato da una concezione fortemente elitaria del potere.
In tale contesto la legge non riesce più ad essere uno strumento di mediazione e di equilibrata interpretazione degli
interessi della società, né esiste uno strumento per sanzionarne gli abusi data la natura flessibile delle Cost di questo
periodo.
Tutto ciò funge da premessa all'avvento dei regimi autoritari → costituiscono espressione estrema del modello
statualistico.
Essi fanno perno sul ruolo del partito unico come soggetto di raccordo tra società civile ed istituzioni, come unico
interprete degli interessi generali.
In questa logica i diritti sono solo quelli che il partito ritiene che debbano essere tutelati e la cui disciplina è affidata ad
atti normativi adottati da organi che hanno perso ogni somiglianza con le istituzioni rappresentative del periodo
liberale, in conseguenza dell'abolizione delle libertà politiche.
Prevale una concezione di tipo funzionalistico dei diritti di libertà il cui esercizio, anziché ricondotto al riconoscimento
di sfere di autonomia dei singoli, appare concepito e commisurato in funzione del perseguimento degli interessi
generali dello Stato, così come determinati ed interpretati dal partito unico.
Es: nazismo → l'avvento al potere di Hitler attribuisce la suprema normatività al sano sentimento del popolo come
interpretato dalla volontà del Capo → ciò consentì l'instaurazione di un regime totalitario e terroristico.
L'ascesa al potere del Fuhrer avviene attraverso il travolgimento formale della Cost del 1919 (a differenza del
fascismo).
È alla luce dell'esperienza degli Stati totalitari e dei limiti dell'esperienza degli Stati liberali che si spiega la svolta che la
disciplina dei diritti di libertà conosce nelle Cost europee del II dopoguerra.
Esse riprendono elementi propri di
1 costituzionalismo americano: Cost come fonte e garanzia dei diritti di libertà, distinzione tra potere
costituente e poteri costituiti, rigidità della Cost e sistema di giustizia cost per neutralizzare gli abusi del
legislatore.
2 Costituzionalismo francese: idea della Cost come programma.
Si innesta poi la valorizzazione dei diritti fondamentali non solo come libertà negative, ma anche come libertà positive
attraverso la garanzia dei diritti sociali e di partecipazione.
Oggi si apre una nuova frontiera per una maggiore tutela dei diritti → essa è rappresentata dall'ingresso in questo
campo del dir internazionale → Trattato di Lisbona, Carte dei diritti, dell'UE e Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 1950.
quella che fino alla fine della IIGM è stata una materia di esclusiva competenza degli Stati si avvia così a diventare un
terreno comune.
capitolo 2
i diritti fondamentali nell’esperienza costituzionale italiana: dallo statuto albertino alla costituzione repubblicana
Riserva di legge: La riserva di legge, inserita nella Costituzione, prevede che la disciplina di una determinata materia
sia regolata soltanto dalla legge primaria e non da fonti di tipo secondario. La riserva di legge ha una funzione di
garanzia in quanto vuole assicurare che in materie particolarmente delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del
cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più rappresentativo del potere sovrano ovvero dal parlamento come
previsto dall'articolo 70. lo svolgimento dei principi affermati dalla costituzione è riservato alla legge. assoluta o
relativa; con una costituzione rigida cambia il senso della riserva, da esaltazione dell’arbitrio del legislatore a
strumento di applicazione dei dettami costituzionali.
Riserva di giurisdizione: l’applicazione della singola fattispecie concreta dei limiti così definiti è generalmente riservata
al giudice.
lo statuto Albertino aveva una Costituzione flessibile perché modificabile dal parlamento, come se fosse una sorta di
costituente perpetua. Esprimeva un patto tra la monarchia e e i gruppi dirigenti liberali che rappresentavano la
borghesia. concesso da Carlo Alberto nel 1848, costituzione del vecchio regno di Sardegna e costituzione del regno
d’Italia dopo l’unità, senza modifiche fino al 1 gennaio 1948, quando lasciò il posto alla costituzione repubblicana. Il
meccanismo della riserva di legge, cioè la scelta di riservare la disciplina di una certa materia alla sola legge del
parlamento, nato con scopi di garanzia, si è evoluto negativamente negli anni successivi. Nasce con i bill of rights e poi
transita in tutte le costituzioni europee. ma tale potere al parlamento in uno stato con costituzione flessibile lascia
margini troppo ampi, che consentono anche di modificare o anche discostarsi dai dettami dello statuto senza che
questo venisse modificato. Peggio ancora, il parlamento poteva delegare al governo, determinando così un potere
legislativo dell’esecutivo enorme attraverso decreti legge, decreti legislativi e stato di assedio (compressione delle
libertà di manifestazione). Controllo di legittimità costituzionale: non esisteva in epoca liberale né fascista. unica
eccezione in epoca liberale, fu il sindacato giurisdizionale sulle leggi che presentassero vizi nel procedimento di
adozione, per esempio votate da una sola camera. in epoca fascista, invece, il controllo preventivo era in capo al gran
consiglio del fascismo, senza l’approvazione del quale i disegni di legge in materia costituzionale non erano validi.
Anche la riserva di giurisdizione, che serve a consentire le limitazioni dei diritti di libertà solo ad autorità caratterizzate
da indipendenza e imparzialità, con lo statuto Albertino non è lo strumento di garanzia delle libertà individuali. dei
diritti e dei doveri dei cittadini: parte dello statuto dedicata ai diritti di libertà. evidente derivazione francese della
necessità che i diritti fondamentali debbano essere codificati da un testo costituzionale.
Principio di eguaglianza: di fronte alla legge, uguaglianza formale, a cui corrisponde un ruolo negativo del legislatore
(non agire in modo discriminatorio). Nessun accenno all’uguaglianza in senso sostanziale (permangono le differenze in
base a stato sociale, economico, determinate dalla natura che non dota con uguali capacità gli uomini.) lo statuto
elenca i diritti fondamentali ma la sua flessibilità rende possibile alla maggioranza parlamentare di modificarne
arbitrariamente i contenuti, anche se solennemente proclamati. Non più un sovrano, quindi, regola i limiti all’esercizio
dei diritti di libertà ma una piccola maggioranza appartenente ad una classe sociale precisa. Concezione statualistica
dei diritti di libertà: la fonte dei diritti non è ancora naturale ma oggettiva, deriva cioè dalla legge, mediante cui lo
stato crea la titolarità di diritti e doveri in capo ai cittadini. lo stato è ancora la fonte e la misura dei diritti, esso li
stabilisce e regola le restrizioni dei diritti individuali di fronte agli interessi generali, ogni persona, quindi, è limitata ma
allo stesso tempo garantita dallo stato sia nei confronti dei privati sia nei confronti della persona collettiva pubblica. Il
popolo non è ancora sovrano, lo stato è titolare della sovranità e i diritti sono concessioni dello stato al popolo. le
libertà sono intese come libertà individuali negative (l. dall’intrusione dei poteri pubblici) e non libertà collettive o
positive. pesantissime le conseguenze di questa impostazione con l’avvento del regime fascista. art.24 – principio di
uguaglianza, diverse volte violato. situazione di disparità per le donne, a partire dal diritto di voto fino alle libertà di
esercitare determinate professioni e soprattutto nel diritto di famiglia (peggiorata col regime fascista che introdusse
persino l’imposta speciale sul celibato).
Legislazione processual-penalistica: poche garanzie giurisdizionali e ampio spazio di intervento al legislatore ordinario
già durante il periodo liberale. Tipo di processo inquisitorio: privilegia le esigenze di tutela della società. la verità dei
fatti è tanto meglio accertata quanto più potere viene dato al soggetto pubblico, giudice inquisitore.
tipo di processo accusatorio: privilegia la tutela dei diritti del singolo. Tipico dei regimi politici garantisti secondo cui la
verità è accertata assegnando le funzioni processuali a soggetti diversi. Il giudice indipendente e imparziale decide nel
contraddittorio con le parti (accusa e difesa) che producono il materiale probatorio. i sistemi misti hanno elementi di
entrambe i modelli. Durante il periodo fascista il governo nominava tutti i membri del consiglio superiore della
magistratura minando alle fondamenta l’indipendenza dei giudici. Fu introdotto inoltre il tribunale speciale per la
difesa dello stato che era totalmente fascistizzato e di cui il regime si fidava totalmente. Una svolta definitivamente
inquisitoria si ebbe con il nuovo codice penale del 1930.
Misure preventive: limitazioni delle libertà basate sulla presunzione di pericolosità sociale, di diverso grado in base alla
gravità:
1. ammonizione: per gli oziosi, vagabondi, diffamati (accusati dalla gente di aver commesso reato anche se non
condannati);
2. vigilanza speciale: per chi era già stato condotta come pena accessoria;
3. domicilio coatto: per ammoniti o vigilati, o ritenuti particolarmente pericolosi per la pubblica sicurezza; vera e
propria pena detentiva scontata in colonie penitenziarie che si basava su presupposti generici ed era decisa da una
commissione provinciale. Tra le tre è stata la misura che ha visto maggior ampliamento durante il periodo fascista
usato contro i dissidenti politici e prende il nome di confino di polizia. inoltre vengono arricchite le categorie dei
soggetti sottoponibili alle misure preventive e si ampliano i presupposti che ne autorizzano l’utilizzo. Venne previsto
anche il rimpatrio con foglio di via obbligatorio o per traduzione e i provvedimenti contro l’urbanesimo. Altri limiti alla
libertà di movimento vennero imposti con le limitazioni alla libertà di espatrio per scoraggiare anche il fenomeno
dell’emigrazione.
Libertà di domicilio: nello statuto viene garantita e ritenuta inviolabile, intesta in senso estensivo. limitazioni erano
consentite solo per questioni di sicurezza da parte della polizia relativamente al controllo del gioco d’azzardo. più tardi
le limitazioni per la pubblica sicurezza divennero invece strumenti di prevenzione e repressione politica.
Libertà di corrispondenza: nello statuto non è esplicitamente garantita, una lacuna che si fece sentire pesantemente
nel ventennio fascista, in cui con la scusa della prevalenza degli interessi pubblici su quelli privati, questo settore
ricevette si una disciplina molto articolata che in passato non aveva avuto, ma con forti violazioni pubbliche.
Libertà religiosa: nello statuto Albertino le religioni diverse da quella cattolica apostolica e romana di stato erano solo
tollerate in conformità con la legge. Nel 1848 i rapporti tra regno di Sardegna e chiesa cattolica si deteriorano. La legge
Siccardi elimina molti privilegi agli enti ecclesiastici. Il codice civile del 1865 segna un’altra tappa importante di
laicizzazione dello stato. 1870 invasione dello stato pontificio che cessa di esistere. 1874, non expedit della santa sede,
frattura profonda a livello politico e culturale. Legge delle guarentigie, prima vera regolamentazione dei rapporti
stato-chiesa. Conciliazione in età giolittiana e patto Gentiloni. Svolta definitiva con l’avvento del fascismo, culminerà
con i patti lateranensi del 1929. Si tratta di un trattato, una convenzione finanziaria ed un concordato con cui l’italia
riconosce la sovranità della santa sede su una piccola porzione di territorio attorno alla basilica di san pietro (stato del
vaticano). Il sommo pontefice è capo di stato, sempre neutro e inviolabile. reciproco riconoscimento tra gli stati. Nel
concordato vi sono le questioni di interesse comune, la religione cattolica riconosciuta come religione dello stato (il
reato di vilipendio alle religione cattolica fu inserito anche nel nel codice penale del 1930.) durante il ventennio
fascista l’art.4 della legge sui culti ammessi fu diverse volte violato, in particolar modo ed evidenza con le leggi razziali
adottate dopo la pubblicazione del manifesto sulla razza pubblicato nel 1938. un regio decreto dello stesso anno
disciplinava la situazione della popolazione appartenente alla razza ebraica, discriminata e limitata in molte attività.
Libertà di stampa: situazione pericolosa, nello statuto diritto garantito dall’art. 28 che comunque prevede la
repressione degli abusi mediante la legge. Contestualmente fu emanato dal sovrano l’editto sulla stampa che
regolava ogni forma, comune e periodica. misure preventive: le copie andavano consegnate all’autorità giudiziaria e
andava indicato il responsabile punibile in caso di abuso, che poteva consistere in lesioni di interessi privati o pubblici.
le sanzioni erano decise da un magistrato d’appello e i giudici di fatto (giuria popolare), potevano consistere in pene
pecuniarie, sequestro, detenzione. col periodo giolittiano si attenua la tendenza restrittiva con un breve periodo di
svolta in senso liberale che però vede una brusca battuta di arresto con l’avvento delle ostilità
belliche. la situazione peggiorerà col dopoguerra e il fascismo. All’inizio si trattò di misure preventive, come
l’istituzione dell’ordine e dell’albo dei giornalisti, che apparentemente positivo, in realtà non fu strumento di
riconoscimento di una professione in quanto tale ma strumento di controllo eccellente per il fascismo. tra i requisiti
fondamentali per l’iscrizione all’albo, l’allineamento totale al regime. La tenuta dell’albo era a cura dell’ordine dei
giornalisti che però non fu mai istituito e quindi passò agli 11 sindacati regionali fascisti dei giornalisti (con membri di
nomina governativa). il codice rocco del1930 disciplina i nuovi reati a mezzo stampa, le fattispecie criminose si
riassumono in due sole grandi categorie:
1. quella in cui la pubblicità costituisce elemento essenziale del reato, come il vilipendio o l’istigazione a commettere
delitti contro lo stato o la promozione di pratiche contro la procreazione;
2. quella in cui la pubblicità è un elemento aggravante, come l’istigazione dei militari a disobbedire alle leggi o la
diffamazione.
Riforma della legislazione di pubblica sicurezza: 1926, inasprimento del regime delle licenze di polizia per l’esercizio di
attività connesse alla stampa, trasformazione dell'istituto del sequestro degli stampati, da strumento repressivo a
strumento preventivo.
Finanziamento della stampa: forme istituzionalizzate di sostegno economico alla stampa, azione protezionistica delle
aziende italiane, specifici apparati amministrativi che culminano nel 37 con il ministero della cultura popolare e nel 40
l’ente stampa, ad esso collegato, per curare tutto il settore. lo scopo reale era il controllo completo dei mezzi di
comunicazione. anche gli spettacoli teatrali infatti, e successivamente il cinema e la radiofonia, hanno subito un
percorso simile, uno sviluppo regressivo dal periodo liberale a quello fascista. anche qui infatti, sin dal periodo liberale,
esistevano meccanismi censori di natura preventiva (lo spettacolo si faceva solo con autorizzazione a discrezione della
polizia). La censura preventiva fu inasprita dal fascismo, che trovò terreno facile. con la scusa della tutela del
pubblico pudore e degli interessi economici e politici della nazione, venivano utilizzati i mezzi di comunicazione per la
propaganda fascista. Anche il settore dello spettacolo fu regolato attraverso i finanziamenti pubblici, erogati dallo
specifico ministero di settore e di grandi enti che sopravviveranno alla fine del regime, come l’eist, l’eti, l’inda. Per
quanto riguarda la radio, invece, la disciplina organizza è proprio ad opera del regime fascista, visto che non era mai
stata trattata approfonditamente dal legislatore. impianto pubblicistico della disciplina della radio.
Libertà di riunione: nello statuto Albertino c’era un solo limite generale, che le riunioni fossero pacifiche e senza armi.
tuttavia il fatto che fosse soggetta al limite della tutela dell’ordine pubblico, lasciava alle autorità di polizia una
enorme discrezionalità. aumentata con l’obbligo di preavviso all’autorità di pubblica sicurezza, introdotto nel
1889. Inasprito dal regime fascista. libertà di associazione: lo statuto Albertino non ne parlava esplicitamente. Durante
il fascismo fu regolata con il divieto di associazioni armate, associazioni a delinquere e associazioni che svolgessero
attività contraria allo stato e alle istituzioni (questa iii terza categoria permise restrizioni enormi). periodo di massima
restrizione, mentre quello di massima espansione fu nel periodo giolittiano. Il codice penale del 1930 moltiplicò i reati
associativi e molte associazioni furono sciolte. Diritti politici: lo statuto prevedeva una prima forma di rappresentanza
politica, con la camera dei deputati (elettiva) e il senato del regno, con membri nominati dal re. dal 1880 al 1882 la
percentuale di popolazione votante aumentò dal 2 al 7%. Il fascismo liquidò tutti i diritti acquisiti , la società conosce
un partito unico, un capo di governo che è duce e esercita la sua attività di controllo e guida su tutti gli organi
istituzionali. nacque la milizia volontaria per la sicurezza nazionale, la legge acerbo sul sistema maggioritario spinse il
fascismo alla schiacciante vittoria. Le successive leggi, del 1928 e del 1939 (sostituzione della camera dei deputati con
quella dei fasci e delle corporazioni). Governo Badoglio: de-fascistizzazione, soppressione delle strutture
portanti. ritorno alla legalità dei partiti, prima costituzione provvisoria. Voto alle donne (’45), diritto di sciopero.
Nuova concezione dei diritti fondamentali a fondamento del nuovo stato democratico. Essi nn sono concessi ma
preesistono ad esso e trovano posto nel diritto grazie alla costituzione, che deve essere rigida e non flessibile come lo
statuto albertino. Con la nuova costituzione c’è un mutamento sostanziale nella legittimazione dello stato.
Legittimazione dello stato: la sovranità appartiene al popolo, unico soggetto a cui compete tale legittimazione. totale
rovesciamento dell’impostazione statualistica dell’esperienza precedente, la legge non è più onnipotente, la carta
costituzionale è rigida e i diritti che sancisce sono irretrattabili. Lo stato non è più un’entità statica e separata dal
contesto sociale, diviene dinamica, i diritti individuali e collettivi sono finalmente individuati e tutelati ma lo sono
anche i diritti sociali, lo stato liberale lascia il posto allo stato sociale. la libertà non è più solo negativa, dallo stato, ma
anche positiva, nello stato. previsti anche i diritti e doveri degli stranieri sul suolo italiano. sono riconosciuti tutti i
diritti fondamentali e il diritto di asilo. Particolare situazione de rifugiati politici e la protezione sussidiaria -
convenzione di Ginevra. questione aperta, i diritti politici nella società multietnica. Cittadinanza europea: status del
tutto particolare che differenzia i cittadini nazionali dagli stranieri comunitari e quelli extra-comunitari.
si acquista essendo cittadini di uno stato membro. consente di partecipare alle elezioni amministrative e per il
parlamento europeo ai comunitari che debbono iscriversi ad una specifica lista elettorale.
art. 1-12 principi fondamentali
art. 13-54 diritti e doveri dei cittadini
art. 55-139 ordinamento della repubblica
capitolo 3
i diritti fondamentali nella costituzione italiana: quadro generale
La Costituzione repubblicana disegna un ordinamento radicalmente difforme da quello che aveva trovato espressione
nello statuto Albertino e un’esemplare dimostrazione sta nel mutamento della legittimazione dello stato: secondo
l’art. 1 comma 2 “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il
principio della sovranità popolare sta a significare che nel nuovo sistema costituzionale nessun organo di governo
potrà vantare una legittimazione autonoma nell’esercizio delle funzioni statali, ma, dovrà invece poter contare su una
legittimazione proveniente dall’unico soggetto (popolo) che, in quanto titolare della sovranità, è in grado di attribuirne
l’esercizio ad altri soggetti.
Tutto il sistema costituzionale trova nell’istituzione e nei poteri della Corte Costituzionale, in una posizione di grande
autonomia ed indipendenza dagli altri poteri dello stato, lo strumento di garanzia fondamentale del rispetto della
legalità costituzionale, anche in riferimento agli atti o ai comportamenti degli organi supremi dell’ordinamento statale.
Il senso di questo impianto è quello di rovesciare l’impostazione accentuatamente statalistica dell’esperienza
precedente, fare della Costituzione l’elemento fondante dell’azione dei pubblici poteri così come dei singoli e delle
diverse collettività sociali, rompere il principio di onnipotenza della legge.
Il ruolo dello stato si riassume in una funzione strumentale di garanzia, di pieno sviluppo dei valori personalistici e
comunitari dei cittadini e più in generale dell’intero consorzio umano: non a caso l’art.2 afferma che la repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, facendo quindi riferimento a tutti gli uomini, individuati come portatori di valori individuali e sociali
preesistenti alla stessa organizzazione statale.
L’art. 1 Cost. definendo l’Italia come una repubblica democratica fondata sul lavoro, individua nel lavoro inteso come
contributo che ciascuno dà al progresso materiale e culturale della società italiana, il valore sociale primario che non
può essere letto che come polemica puntualizzazione rispetto ai sistemi in sostanza fondati sulla preminenza sociale
dei possessori dei beni. Coerenti con questa impostazione sono quei principi che disegnano il rapporto tra lo stato e
l’economia, ossia i principi della COSTITUZIONE ECONOMICA, tra i quali vanno ricompresi innanzitutto quello che
ribaltano la precedente tradizione fascista e prefascista, che riconoscono non solo la libertà sindacale ma anche il
diritto di sciopero.
Il ruolo dello stato si riassume in una funzione strumentale di garanzia, di pieno sviluppo di piani personalistici e
comunitari dei cittadini in più in generale dell’intero consorzio umano:non a caso, l’art.2 afferma che la repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità facendo quindi riferimento a tutti gli uomini, individuati come portatori di valori individuali e sociali
preesistenti alla stessa organizzazione statale.
L’art. 1 Cost. definendo l’Italia come una repubblica democratica fondata sul lavoro, individua nel lavoro inteso come
contributo che ciascuno dà al progresso materiale e culturale della società italiana, il valore sociale primario il che non
può essere letto come polemica puntualizzazione rispetto ai sistemi statali in sostanza fondati sulla preminenza
sociale dei possessori dei beni. Tra questi vanno ricompreso innanzitutto quelli che ribaltando la precedente
tradizione fascista e prefascista, riconoscono non solo la libertà sindacale ma anche il diritto di sciopero.
Con il tramonto del liberalismo di stampo ottocentesco e con l’avvento dello stato sociale le tecniche di garanzia dei
diritti di libertà, sia pure reinterpretate alla luce dei mutamenti più generali introdotti nel sistema costituzionale, ed
estese a nuove fattispecie, presentano alcune novità fondamentali. Per rendersene conto è sufficiente uno sguardo
anche superficiale alle costituzioni di questo secondo dopoguerra. I diritti di libertà trovano un’articolata disciplina
direttamente nella Carta Costituzionale. Lo svolgimento dei principi in essa affermati è di norma riservato alla legge
(riserva di legge) ad esclusione di ogni altra fonte. Una riserva è assoluta nel senso che esclude del tutto l’intervento di
altre forme normative, in alcuni casi è relativa nel senso che consente un tale intervento ma solo nel quadro e nel
rispetto dei principi fissati dalla legge.
Infine l’applicazione alla singola fattispecie concreta dei limiti così definiti è generalmente riservata al giudice (riserva
di giurisdizione).
L’introduzione del principio della rigidità costituzionale muta profondamente il significato dell’istituto della riserva di
legge: da strumento di esaltazione dell’autorità ma anche l’arbitrio della legge essa diventa strumento di applicazione
necessariamente di una disciplina costituzionale già così articolata e dettagliata da ridurre entro i binari
predeterminati l’opera del legislatore. Quest’ultimo infatti in certi casi deve esercitare la sua discrezionalità in
attuazione di istituti e categorie già fissati dalle disposizioni costituzionali: si parla allora di riserva di legge rinforzata
volendo con ciò significare che la riserva alla legge della disciplina dei diritti fondamentali và, appunto esercitata nel
rigoroso rispetto delle direttive tracciate dalla costituzione e, in particolare, del principio della tassatività dei limiti ad
essa opponibili.
In secondo luogo anche il significato della riserva di giurisdizione si rafforza sicché alla garanzia formale della
sottrazione alla discrezionalità dell’autorità amministrativa del potere di limitare l’esercizio dei diritti di libertà e del
radicamento del medesimo in capo alle autorità giudiziaria, si aggiunge, ora, la garanzia sostanziale rappresentata dal
necessario rispetto dei principi costituzionali relativi al procedimento che davanti ala giudice si svolge.
In terzo, sul piano dell’arricchimento del sistema di tutela dei diritti di libertà va ancora sottolineato l’ingresso accanto
le tradizionali libertà individuali delle cosiddette libertà collettive cioè di quelle libertà la cui titolarità spetta sì al
singolo ma che acquistano significato solo attraverso l’esercizio che di esse facciano più soggetti, nonché dei cosiddetti
diritti sociali.
Le LIBERTA’ NEGATIVE rientrano tra i diritti inviolabili dell’uomo che l’art. 2 gli riconosce e garantisce sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. La garanzia data loro dalla legge consiste nel fatto che le
limitazioni da parte delle pubbliche autorità possono essere adottate non a discrezione o ad arbitrio di chi detiene il
potere politico, ma solo nei casi e nei modi previsti dalla legge e in seguito ad un provvedimento motivato dall’autorità
giudiziaria. Tali limitazioni sono state introdotte per assicurare il rispetto reciproco delle varie sfere di autonomia
privata e la pacifica coesistenza dei consociati.
la cittadinanza europea
Il trattato di Maastricht sull’U.E. introduce per la prima volta accanto alla nozione di cittadinanza nazionale, una
nozione di cittadinanza europea, che si acquista in virtù dell’acquisto della cittadinanza di uno degli stati membri e
comporta il riconoscimento di una serie di diritti che, al di là della libertà di circolazione e soggiorno nel territorio di
detti stati, riguardano il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche di uno qualunque degli stati membri,
qualora il cittadino europeo si trovi nel territorio di un paese terzo, il diritto di rivolgere petizioni al parlamento
europeo, nonché il diritto a ricorrere al MEDIATORE. La novità più importante sotto questo profilo è rappresentata dal
riconoscimento ai cittadini europei dell’elettorato attivo e passivo nello stato in cui si richiede per ciò che attiene alle
elezioni comunali e a quelle per il parlamento europeo alle stesse condizioni di quelle dei cittadini dello stato di
residenza.
lo stato di guerra: Per ciò che riguarda la deliberazione dello stato di guerra ai sensi dell’art 78, questo può produrre
compressioni gravi ai diritti fondamentali dell’uomo. Il concetto di guerra ci deriva dal diritto internazionale; il
conferimento dei poteri necessari al governo avviene mediante un atto legislativo secondo il modello della
delegazione.
Non si deve in ogni caso dimenticare tale disposizione dev'essere interpretata alla luce del principio fondamentale
affermato dall’art 11 comma 1 che sancisce il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
le ordinanze di necessita’ e di urgenza: Strumenti che nell’ordinamento precostituzionale erano stati usati in funzione
di sospensione di diritti fondamentali erano le ordinanze di necessità e di urgenza previste in varie disposizioni. Tra
queste la più significativa era l’art2 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, secondo il quale il “prefetto nel
caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela
dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”.
Tale disposizione dichiarata in un primo tempo conforme alla Costituzione dalla Corte costituzionale, è stata
successivamente dichiarata incostituzionale, sia pure solo nell’ipotesi in cui il potere di ordinanza sia esercitato in
contrasto con le leggi emanate in materie coperte da riserva di legge, anche solo relativa.
Con questi limiti le ordinanze di necessità sono rimaste nel nostro ordinamento ed hanno efficacia temporanea di
poter derogare anche alle prescrizioni legislative vigenti, con l’unico limite rappresentato dai principi generali
dell’ordinamento giuridico dello stato.
il limite dell’ordine pubblico: Si è molto discusso circa la possibilità di annoverare tra i limiti generali all’esercizio dei
diritti di libertà quello dell’ordine pubblico. La costituzione non lo menziona e tuttavia la corte costituzionale ha
ritenuto operante tale limite volto a tutelare la pacifica convivenza sociale e a consentire a tutti il godimento effettivo
dei diritti inviolabili dell’uomo.
L’ordine pubblico appare ricostruibile come concetto riassuntivo di quei limiti speciali che delle esigenze al medesimo
sottese fanno espresso riferimento in relazione a singoli diritti di libertà: artt. 17-18.
limite della sicurezza pubblica: punta a consentire l’esercizio di attività finalizzate alla prevenzione dei reati;
un esempio sono l’art. 16 comma 1 o l’art. 17 comma 3
limite della sanita’ e dell’incolumita’ pubblica: deve essere interpretato in stretto collegamento con la tutela
del diritto alla salute assicurata dall’art. 32; in particolare esso si collega a quell’accezione del diritto alla
salute intesa non solo come diritto dell’individuo ma anche come interesse della collettività
limite del buon costume: è l’unico espressamente previsto nei confronti della libertà di manifestazione del
pensiero in ognuna delle sue diverse accezioni, sia cioè che si realizzi attraverso la stampa, sia attraverso
attività teatrali o cinematografiche. Ne sono escluse dall’ambito di operatività solo le manifestazioni del
pensiero collegate alla scienza ed all’arte, che, godono di una tutela più particolare.
limite della dignita’ umana: si collega strettamente al canone dell’art. 2 e deriva dal principio personalistico
proprio della prima parte della costituzione. Esso si trova richiamato nell’art. 13 comma 4 che punisce ogni
violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni di libertà ecc.
capitolo 4
l’interpretazione dell’art. 2 della costituzione
L’art. 2 cost, come si è visto, afferma “la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita’ e, richiede l’adempimento di doveri inderogabili di
solidarieta’ politica economica e sociale”.
La Repubblica, ordinamento generale al cui interno si collocano i diversi enti, riconosce la preesistenza ad essa dei
diritti fondamentali dell’uomo, ne prende atto e si impegna a difenderli, attribuendo ad essi forza primaria.
I DIRITTI INVIOLABILI DELL’UOMO sono le libertà e i valori fondamentale della persona umana e in quanto tali sono:
3 IRRINUNCIABILI e INALIENABILI, rappresentando quasi una seconda pelle per l’uomo
4 Il loro esercizio non può essere limitato dai pubblici poteri se non temporaneamente e con il rispetto di
determinate garanzie enunciate dalla costituzione
5 SOTTRATTI alla revisione costituzionale in quanto la loro soppressione determinerebbe un sovvertimento
dell’assetto democratico
6 Riferiti ai cittadini e in molti casi anche agli stranieri, in occasione del fatto che l’Italia aderisce a convenzioni
internazionali e regionali che riconoscono e tutelano i diritti fondamentali di tutti gli uomini.
La norma trascrive in linguaggio giuridico il PRINCIPIO PERSONALISTA, in base al quale al vertice dei valori riconosciuti
dall’ordinamento giuridico si colloca la persona umana, sia nella sua dimensione individuale che in quella sociale. La
Costituzione, cancellando ogni retaggio del passato, non considera più l’individuo separato dalla comunità e
contrapposto all’onnipotenza dello stato, ma lo inserisce in un contesto di rapporti sociali dove crea le premesse
affinché maturino le condizioni per lo sviluppo della sua personalità.
Ciò spiega perché la Costituzione riconosca alle formazioni sociali un ruolo essenziale nella crescita dell’individuo,
proteggendole da interferenze dei pubblici poteri e rendendole destinatarie degli stessi diritti dell’individuo (principio
pluralista).
Il PLURALISMO ISTITUZIONALE è incentivato dalla nuova formulazione dell’art. 118 che impone ai pubblici poteri di
favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ma soprattutto associati, per lo svolgimento di attività di interesse
generale in alternativa all’intervento pubblico.
Per scongiurare il pericolo di prevaricazioni attuate dalle formazioni sociali in danno dei singoli membri, lo stato
garantisce i diritti del singolo non solo verso se stesso ma anche all’interno delle formazioni sociali.
L’ultimo comma di detto articolo afferma infine il PRINCIPIO SOLIDARISTA che impone ai cittadini non solo di
rispettare le altrui libertà e diritti, ma anche e soprattutto di attuare e difendere i valori supremi del sistema,
partecipando attivamente alla vita economica politica e sociale. Da tale principio scaturiscono una serie di doveri a
vantaggio della comunità a cui il singolo non può sottrarsi.
L’articolo in esame presuppone anche l’adempimento di DOVERI INDEROGABILI DI SOLIDARIETA’, posizioni giuridiche
di obbligo a contenuto politico economico e sociale a cui nessuno può sottrarsi. Esempi sono: difesa della patria,
obbligo di contribuzione alle spese pubbliche, fedeltà alla repubblica.
La norma viene interpretata nel senso di garantire la copertura costituzionale anche a quei diritti che non rientrano
nel catalogo delle libertà previsto dagli artt. 13 e seguenti: si tratta cioè di una norma a fattispecie aperta, nell’ambito
di cui troverebbero posto anche nuovi diritti di successiva elaborazione giurisprudenziale, come il diritto alla
riservatezza, all’identità personale e sessuale ecc.
La stessa Corte Costituzionale in diverse pronunce ha riconosciuto alcuni diritti non scritti sia basandosi sull’art. in
esame senza collegamenti con altre norme del testo costituzionale, sia utilizzando il richiamo a tale disposizione per
dotare di rango costituzionale diritti riconosciuti in trattati e convenzioni internazionali.
Al riconoscimento di UOMO quale titolare di diritti e doveri, si fa riferimento sia ai cittadini che agli stranieri, aprendo
però un dibattito circa la tutela del CONCEPITO: il nostro ordinamento non equipara il concepito al già nato, in
funzione di cui la madre può decidere di interrompere la gravidanza nei primi 90 giorni per sua scelta e nei giorni
successivi qualora il nascituro le comporti un aggravamento dello stato di salute; il nostro ordinamento, infatti, tutela
principalmente la vita della madre, quale persona già viva.
Tuttavia, la Corte Costituzionale si è espressa dando valore primario alla vita, suscitando però dei dubbi circa ad
esempio, la vendita e la somministrazione delle cosiddette pillole del giorno dopo: è un ossimoro.
Varie sono anche le disposizioni in merito alla procreazione assistita, concessa solo in presenza di uno stato di sterilità
permanente, a due soggetti di sesso diverso coniugati e conviventi ed è sanzionata la fecondazione eterologa, nonché
la commercializzazione di gameti.
Riconducibili all’art. 2 sono anche i temi delicati di morte del soggetto, sia per suicidio che per eutanasia, quest’ultima
severamente proibita dal nostro ordinamento, in virtù del valore primario che appunto viene dato alla vita. Allo stesso
tempo però, non si può punire il suicidio, perché, essendo tutelato il diritto alla vita e alla salute, non ci si può
permettere di esercitarlo coattivamente su di un soggetto che, pur agendo nel peggiore dei modi, intende disporne a
suo libero arbitrio.
Capitolo 5
il principio di eguaglianza
L’art. 3 cost stabilendo al primo comma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge
senza distinzione di sesso lingua razza religione, pone il principio dell’uguaglianza giuridica dei cittadini (uguaglianza
formale) in linea con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, manifesto ideologico della rivoluzione
francese e americana.
Anche se la Costituzione talvolta attribuisce tali diritti solo ai cittadini, in genere li riconosce a tutti gli uomini
indistintamente. In base al principio dell’eguaglianza, non è consentita alcuna discriminazione a favore di alcune
categorie di persone. Ciò non significa che il legislatore non possa però emanare provvedimenti a favore di particolari
situazioni o categorie (donne incinte), che rispondono ad un principio di ragionevolezza che, in quanto tale non viola il
principio di eguaglianza.
Il secondo comma di detto articolo, assegnando allo stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, detta i criteri guida cui deve ispirarsi il legislatore ordinario
per garantire le giuste opportunità che non limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla vita sociale nel
tentativo di raggiungere un’auspicabile uguaglianza sostanziale generale.
Nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, sono riconosciuti ai cittadini i diritti sociali che
presuppongono un intervento attivo dello stato per la loro costante attuazione.
L’uguaglianza senza distinzione di razza lingua o religione: La norma sul divieto di discriminazione in base alla razza
ribadisce la ferma volontà del ripudio dell’antisemitismo, propugnato precedentemente dal fascismo. Dal divieto di
discriminazione in base alla lingua combinato con il dettato dell’art. 6 cost. deriva anche la tutela delle minoranze
linguistiche, attraverso l’adozione nelle varie regioni di appartenenza, di statuti speciali. L’uguaglianza si riscontra nel
diritto per esempio, delle minoranze di utilizzare la propria lingua madre durante i procedimenti giurisdizionali, o
l’affiancamento di questa all’italiano nelle scuole.
Nel nostro ordinamento trova pieno riconoscimento il principio della laicità dello stato, in base al quale lo stato
garantisce a tutti la libertà di religione in un regime di pluralismo di confessioni e di culti. Tale principio si ricava dal
primo comma dell’art. 8 che riconosce a tutte le confessioni eguale libertà.
In omaggio alle tradizioni storiche e culturali del nostro paese, l’art. 7 cost. riconosce direttamente alla Chiesa cattolica
la qualità di ordinamento giuridico sovrano, i cui rapporti con lo stato italiano sono regolati da accordi bilaterali che
già dal nome riecheggiano la sostanza dei trattati internazionali. Le confessioni acattoliche invece, giovano solo del
diritto di organizzarsi secondi i propri statuti, purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro
rapporti con lo stato sono regolati per la legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.(art. 8 comma 2).
Se gli artt. 7 e 8 cost. prevedono un sistema differenziato di disciplina dei rapporti tra lo stato e le varie confessioni
religiose, altre due disposizioni costituzionali, prevedono invece un regime di tutela uniforme per ciò che attiene
all’esercizio del culto da parte dei fedeli, sia come singoli che come gruppi.
L’ ART. 19 COST. afferma il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o
associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato e in pubblico il culto. Esso garantisce la libertà di coscienza,
intesa come facoltà di professare la fede religiosa in forma individuale o associata; la libertà di culto, ossia la facoltà di
esercitare in privato o in pubblico le espressioni esterne del sentimento religioso; la libertà di propaganda religiosa,
intesa come facoltà di fare opera di proselitismo.
L’ ART. 20 COST. afferma che il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di un'associazione o istituzione
non possono essere causa di speciali limitazioni legislative né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità
giuridica e ogni forma di attività.
I gravami fiscali sono le prestazioni patrimoniali imposte dal fisco per la costituzione di un ente e lo svolgimento della
sua attività. La legge non può introdurre trattamenti sfavorevoli o discriminatori a carico degli entri religiosi rispetto
ad altre associazioni che perseguono scopi diversi, né utilizzare lo strumento fiscale per rendere più difficoltosi la
costituzione e il funzionamento degli stessi.
L’uguaglianza in materia di opinioni politiche e condizioni personali e sociali: L’uguaglianza in materia di opinioni
politiche sancita dall’art. 3 si ricollega al disposto dell’art. 22 cost. secondo cui nessuno può essere privato per motivi
politici della capacità di agire della cittadinanza e del nome. La ratio di queste due norme sta nel voler impedire agli
organi dello stato di operare discriminazioni a danno di eventuali oppositori politici del regime. Le condizioni personali
e sociali non possono in ossequio al principio di uguaglianza, essere in nessun caso motivo di discriminazione tra i
cittadini.
capitolo 6
la liberta’ personale art. 13 cost.
La libertà personale costituisce il presupposto logico e giuridico di tutte le altre libertà riconosciute all’individuo dalla
Costituzione e si oggettiva nel diritto del singolo a non subire coercizioni non sanzionate dalla Carta fondamentale.
Tale libertà non è solo la libertà fisica ma anche la libertà morale, cioè libertà da ogni forma di coazione della psiche
dell’individuo, tutelato da ogni forma di intimidazione o minaccia.
L’art. 13 proclama l’inviolabilità della libertà personale, ma ne ammette eventuali limitazioni per atto motivato
dall’autorità giudiziaria (riserva di giurisdizione) nei casi e nei modi previsti dalla legge (riserva di legge).
Questo inquadramento crea una nozione di libertà personale, quale situazione soggettiva caratterizzata da un
contenuto non suscettibile di subire interferenza e, dunque, quale diritto soggettivo perfetto sia nei confronti dei
privati che nei confronti dei pubblici poteri.
Modi di limitazione della libertà personale sono: detenzione, ispezione, perquisizione, custodia cautelare, arresto di
polizia di chi è colto in flagranza di un delitto e il fermo di indiziati di delitti, che viene disposto dal pubblico ministero.
Il vigente codice di procedura penale del 1988 ha peraltro maggiormente garantita la libertà personale dell’imputato
adottando alcuni istituti del sistema accusatorio; per cui il ruolo del PM risulta nettamente distinto da quello del
giudice, unico organo competente a pronunciarsi non soltanto sulla colpevolezza e sull’innocenza dell’imputato, senza
partecipare alla raccolta delle prove, ma anche sulle misure cautelari coercitive della libertà personale. Pertanto il PM
non può emettere provvedimenti restrittivi della libertà personale. Inoltre non è più previsto il mandato di cattura
obbligatorio, di modo che, anche nel caso di commissione di reati di particolare gravità, il giudice potrà in relazione
alle circostanze del caso, non disporre la cattura.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza (flagranza di delitto), tassativamente indicati dalla legge, gli ufficiali e gli
agenti di polizia giudiziaria possono adottare provvedimenti provvisori restrittivi della libertà personale, che devono
essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria e si intendono revocati e restano privi di ogni effetto qualora il
giudice non decide sulla convalida entro 48 ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è posto a sua
disposizione.
La definizione di flagranza è indicata nel codice di procedura penale ai sensi del quale è in stato di flagranza chi viene
colto nell’atto di commettere il delitto o chi, subito dopo il reato è inseguito dalla polizia giudiziaria dalla persona
offesa o da altre persone. La legge ha esteso tale nozione anche ai reati commessi con violenza alle persone o alle cose
a causa di manifestazioni sportive per cui è obbligatorio l’arresto. In questi casi, qualora non si possa procedere
immediatamente all’arresto, si considera in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video
fotografica o di altri elementi oggettivi dai quali emerga il fatto, ne risulti autore, sempre che l’arresto sia compiuto
entro trentasei ore dal fatto.
Nel fermo, nella determinazione dei presupposti, appare chiaro l’intento di ridurre l’area di operatività dell’istituto in
esame e di ricollegarne l’applicazione ad una valutazione di specifiche esigenze cautelari.
Nello scegliere quale tipo di misura applicare, bisogna riflettere su quella meno invasiva per il soggetto, risultante
infatti la custodia cautelare in carcere estrema decisione cui ricorrere.
Il principio quindi di pluralità e gradualità si collega anche al principio di adeguatezza, da intendersi come specifica
idoneità di ciascuna misura a rispondere alle concrete esigenze cautelari che il giudice deve far salve.
Capitolo 7
liberta’ di domicilio
Il domicilio costituisce la proiezione spaziale della libertà personale: ciò spiega perché sono a lui attribuite le stesse
garanzie per la libertà personale anche se sono consentiti atti di accertamento e controllo di natura non coercitiva per
fini tassativamente determinati, di sanità incolumità, economici e fiscali. Tali interventi devono sempre essere previsti
da apposite leggi speciali e legati da un nesso funzionale con i motivi che li rendono costituzionalmente legittimi.
Per la Costituzione il concetto di domicilio è molto più ampio di quello civilistico e non coincide solo con la sede
principale dei propri affari ed interessi, ma è lo stesso cui si riferisce il codice penale in quanto in esso rientra oltre
all’abitazione in senso proprio, qualsiasi luogo dove si estende la proiezione spaziale di un individuo.
Sulla base di un atto motivato dal giudice si può procedere alle seguenti limitazioni:
1 ISPEZIONE, quale mezzo di ricerca della prova disposto su luoghi determinati diretto ad acquisire una piena
conoscenza del fatto
2 PERQUISIZIONE, quale mezzo di ricerca della prova disposto per acquisire il corpo del reato o in generale le
cose che hanno concorso nella commissione del reato
3 SEQUESTRO, che crea un vincolo di indisponibilità sulle cose che ne sono oggetto o nel loro spossessamento.
Può essere disposto nella materia penale, per ottenere la prova di un reato o per evitare la perdita di
garanzie reali per il pagamenti di eventuali pene pecuniarie, o anche per interrompere l’attività criminosa.
Poteri di intervento collegati alla fase delle indagini preliminari nel processo penale
Si tratta del potere di ispezione, perquisizione e sequestro connessi alle esigenze di accertamento dei fatti relativi alla
commissione di un reato per finalità di discriminazione, odio, violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, che
consente di procedere con margini più ampi di discrezionalità, alla perquisizione dei luoghi che gli autori del reato
abbiano usato per riunioni o depositi, dandone notizia entro 48 ore al procuratore della repubblica, il quale, se ne
ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive 48.
Legislazione speciale
In merito alla legislazione speciale si possono citare:
1 Potere di procedere ad ispezioni negli stabilimenti e negli esercizi pubblici dove si producono o si conservano
sostanze alimentari
2 Potere di ordinanza ministeriale relativo alla visita a disinfezione di immobili nell’ipotesi di sviluppo di
malattie infettive
3 Potere di procedere a perquisizione domiciliare qualora si ha il sospetto di violazione di leggi finanziarie
costituenti reato o per verifiche ai fini dell’accertamento dell’IVA.
Capitolo 8
liberta’ e segretezza della corrispondenza art 15 cost.
A differenza dello statuto albertino la costituzione repubblicana tutela all’art. 15 la libertà e segretezza della
corrispondenza che rappresenta il terzo aspetto di un unico disegno sistematico del costituente attinente alla
disciplina della persona.
La libertà di corrispondenza e comunicazione garantisce i contatti dell’individuo con i suoi simili consentendogli di far
giungere ad altri il suo pensiero. È un aspetto del diritto alla riservatezza contro le altrui interferenze abusive. Si ricordi,
infine, che non è prevista alcuna forma urgente di limitazione di tale diritto rimessa all’autorità di polizia di
convalidare successivamente da parte del giudice.
Anche la garanzia costituzionale della libertà e segretezza della corrispondenza ruota intorno ai due istituti
fondamentali in materia di tutela dei diritti di libertà: la riserva di legge e la riserva di giurisdizione. Solo la legge può
disciplinare i casi ed i modi con cui interferire nell’esercizio della libertà suddetta e, in questo quadro di previsioni
legislative, solo l’autorità giudiziaria può disporre limitazioni a questo riguardo.
il codice postale: Il codice postale, sostitutivo di quello del 1936 pone a carico degli addetti ai servizi postali, di
bancoposta e di telecomunicazioni il divieto di divulgare il contenuto della corrispondenza di cui essi siano in possesso
per ragioni di servizio.
Disciplina penalistica
L’art. 616 c.p. punisce chiunque prenda cognizione della corrispondenza altrui o sottragga distragga o sopprima
corrispondenza aperta a lui non diretta.
La revisione della disciplina processualpenalistica ha apportato un importante intervento in materia di comunicazioni
telefoniche, i cui elementi essenziali erano:
1 Sottoposizione dell’attività di intercettazione alla previa autorizzazione del giudice
2 Delimitazione del potere di autorizzazione del giudice ai soli casi in cui vi fossero motivi che portassero a
ritenere che attraverso dette intercettazioni si potessero rilevare elementi positivi per le indagini in corso
3 Obbligo di motivazione del provvedimento autorizzato del giudice con indicazione del periodo di tempo per
cui era consentita l’attività di intercettazione
4 Inutilizzabilità delle notizie acquisite in procedimenti diversi da quelli per i quali erano raccolte.
Tuttavia, la successiva legislazione, dettata sotto la pressione del crescente fenomeno terroristico, aveva in parte
ridotto tale legge.
L’intercettazione può essere compiuta solo per iniziativa del PM con decreto che la dispone e indica modalità e durata
delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni ma può essere prorogata dal giudice con decreto
motivato per i successivi 15.
Difronte il problema dell’acquisizione dei tabulati telefonici a fini investigativi con cui viene meno non la segretezza del
contenuto della conversazione, ma quella degli elementi esterni alla comunicazione come identità degli interlocutori
data e ora della conversazione.
Ad avviso della Corte va riconosciuto il diritto di mantenere segreti tanto i dati che possano portare all’identificazione
dei soggetti della conversazione, quanto quelli relativi al tempo e al luogo dell’intercorsa comunicazione.
La TUTELA CONTRO LE INTERFERENZE PRIVATE è un tema assai complesso ma rilevante in considerazione degli
sviluppi della tecnologia. Vi è l’obbligo per il fornitore di un servizio di telecomunicazioni di informare gli abbonati e
ove possibile gli utenti circa la sussistenza di situazioni che permettono di apprendere in modo non intenzionale il
contenuto di comunicazioni o conversazioni da parte di soggetti ad esse estranei; vi è inoltre l’obbligo dell’utente di
informare l’altro utente quando nel corso della conversazione vengano utilizzati dispositivi che consentono l’ascolto
della conversazione stessa da parte di altri soggetti.
Limitazioni specifiche relative a status particolari
Infermi di mente: la corrispondenza diretta a soggetti che versino in stato di infermità mentale deve essere
consegnata al tutore o essere trattenuta fino al momento in cui il giudice assuma gli opportuni provvedimenti
a riguardo.
Fallito: la corrispondenza destinata al fallito viene consegnata al curatore che una volta eseguitone lo spoglio,
può trattenere presso di se quella avente ad oggetto interessi di natura patrimoniale
Minori: una parte della corrispondenza diretta ai minori deve essere consegnata ai loro rappresentanti legali,
qualora ne facciano richiesta.
Detenuti: il giudice di sorveglianza deve imporre con atto motivato, il visto di controllo del direttore della
casa di pena o di altra persona da lui designata sulla corrispondenza del detenuto.
capitolo 9
Liberta’ di manifestazione del pensiero
La libertà di manifestare il proprio pensiero costituisce una pietra angolare di ogni sistema democratico in quanto,
garantire ad ognuno di esprimere le proprie opinioni e farne propaganda è il presupposto imprescrittibile del
pluralismo ideologico. In una società di grandi strutture che gestiscono l’informazione, tuttavia, il problema centrale è
quello di garantire in condizioni paritarie e di trasparenza, spazio, libertà e autonomia ai soggetti che fanno
informazione. Si pone pertanto, l’esigenza di assicurare un’adeguata libertà di informare, intesa come libertà di
comunicare e diffondere idee e notizie. Peraltro, la libertà di informare e il diritto di cronaca hanno un risvolto passivo
che consente nel diritto ad essere informati, ossia nel diritto di ricevere e ricercare informazioni e notizie non coperte
da segreto e nel diritto di accedere alle fonti informative.
La costituzione disciplina solo la stampa fra i mass media disponibili. La disciplina della stampa prevede un categorico
divieto di autorizzazioni e censure preventive mentre ammette il sequestro successivo. Il sequestro è però sottoposto
ad una riserva di legge assoluta nonché ad una riserva di giurisdizione. E’ ammesso il sequesto:
1 Nel caso di delitti,per il quale la legge sulla stampa espressamente l’autorizzi,dove per legge sulla stampa si
intende in generale la legge penale. Es. sequestro di pubblicazioni attraverso le quali si compia il reato di
apologia del fascismo
2 Nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per l’indicazione dei responsabili. La stampa è
libera ma non può infatti essere anonima. Il direttore,che deve essere regolarmente iscritto all’albo dei
giornalisti,risponde penalmente se omette di esercitare sul contenuto sul suo periodico il controllo necessario
per impedire che con esso siano commessi reati.
3 Se disposto dal giudice. Nel caso in cui vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo
intervento dell’autorità giudiziaria,può provvedere la polizia con provvedimento che deve essere comunicato al
giudice entro 24 ore e convalidato nelle 24 ore successive.
La legge può stabilire,con norme a carattere generale,che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa
periodica.La ratio di questo comma è quello di garantire trasparenza all’informazione. La libertà di stampa non implica
che chiunque abbia il diritto di avere accesso alla pubblicazione di un eventuale articolo o di un’altra manifestazione
del pensiero su periodici già esistenti;implica piuttosto che chiunque abbia il diritto di pubblicare un proprio libro,un
volantino,appendere manifesti,pubblicare un proprio periodico (se in possesso dei requisiti idonei).
Il sistema radiotelevisivo
Il sistema radiotelevisivo italiano è stato oggetto nel corso degli anni di una complessa evoluzione tecnologica e
normativa, che lo ha portato da un regime di tipo monopolistico a un regime di tipo misto pubblico e privato, grazie
alla legge Mammì (l. n. 223 del 1990), modificata dalla legge Maccanico (l. n. 249 del 1997). Il testo si articola quindi in
cinque capitoli in cui viene descritta la disciplina del sistema radiotelevisivo italiano analizzando in particolare:
1 i principi costituzionali su cui poggia l’attività radiotelevisiva (cap. 1);
2 il regime giuridico-amministrativo, la struttura e il funzionamento sia della concessionaria pubblica
3 il regime giuridico amministrativo delle concessionarie private incaricate di svolgere il servizio pubblico
radiotelevisivo;
4 gli organi di governo e di garanzia del sistema radiotelevisivo, dando rilevanza al ruolo svolto dall’autorità per
le garanzie nelle comunicazioni, istituita dalla l. n. 249 del 1997;
5 il testo esamina le recenti problematiche economiche e le innovazioni tecnologiche che hanno interessato il
settore radiotelevisivo. In particolare, viene affrontato il tema della liberalizzazione di tutto il campo delle
telecomunicazioni, ma soprattutto il mutamento tecnologico legato all’introduzione di nuovi mezzi di
trasmissione e ricezione del segnale radiotelevisivo oltre all’etere (il cavo in fibra ottica, il satellite, la pay-tv e
i suoi servizi derivati) e l’imminente avvio della tecnologia digitale applicata al sistema radiotelevisivo, di
sostituzione di quella analogica fino ad ora usata.
La normativa «antitrust»
La disciplina «antitrust» , dettata dalla l. n. 223 del 1990, tocca tre diversi aspetti del fenomeno delle concentrazioni: il
primo, relativo ai rapporti tra le emittenti radiotelevisive (quello cioè delle concentrazioni monomediali); il secondo,
relativo ai rapporti tra emittenti radiotelevisive e stampa (quello cioè delle concentrazioni multimediali, ancorché
limitato alla sola televisione e stampa); infine, il terzo, relativo ai rapporti tra emittenti radiotelevisive e
concessionarie di pubblicità (25) .
Quanto al primo profilo, la legge opera innanzitutto attraverso la fissazione di un numero massimo di
concessioni rilasciabili ad uno stesso soggetto, distinguendo il livello nazionale dal livello locale.
Quanto al secondo profilo, quello relativo ai rapporti tra emittenti radiotelevisive e stampa, la legge
introduce un meccanismo flessibile, che tende a bilanciare la presenza di uno stesso soggetto nei due settori.
Essa prevede, infatti, che, mentre nessuna concessione televisiva di livello nazionale possa essere rilasciata a
chi operi nel campo della stampa quotidiana con una tiratura superiore al sedici per cento di quella
complessiva sul territorio nazionale, una sola concessione possa essere rilasciata se questa percentuale
supera l'otto per cento e due se la stessa percentuale è inferiore all'otto per cento.
Infine, per ciò che attiene ai rapporti tra emittenti e concessionarie di pubblicità, la legge prevede che, ove
esistano situazioni di controllo o collegamento tra titolari di concessioni radiotelevisive e imprese del tipo
indicato, queste ultime non possano raccogliere pubblicità per più di tre reti televisive nazionali, per più di
due reti nazionali e tre locali ovvero per più di una rete nazionale e sei locali, comprese quelle di cui sono
titolari i soggetti controllanti o collegati.
La nuova legge di sistema -- l. n. 112 del 2004 (legge gasparri)
La legge successiva alla n.223 del 1990 ( l.n.249/1997) ha istituito l’autorità per le garanzie delle comunicazioni, con il
preciso compito di vigilare sul rispetto del divieto di posizioni dominanti, considerate ostacoli al pieno esplicarsi del
pluralismo dell’informazione. Organo principale è la Commissione che esercita funzioni:
Definisce le misure di sicurezza delle comunicazioni e promuove l'intervento degli organi del Ministero
delle comunicazioni per l'eliminazione delle interferenze elettromagnetiche. Anche l’unione europea
recepisce i principi della libertà di opinione e di trasmissione delle informazione e idee, nonché la libertà
dei mezzi di comunicazione e del loro pluralismo.
Esercita poteri consultivi e di proposta, tra i quali ricordiamo il parere sullo scherma di piano nazionale
di ripartizione delle frequenze e il potere di proporre al Ministro i disciplinari per il rilascio delle
concessioni e autorizzazioni in materia radiotelevisiva.
Anche l’unione europea recepisce i principi della libertà di opinione e di trasmissione delle informazione e idee,
nonché la libertà dei mezzi di comunicazione e del loro pluralismo.
La corte costituzionale è intervenuta nel 2002 per affermare l’incostituzionalità della situazione di fatto attuale, e per
fissare un termine finale al legislatore per rimuovere tale situazione e ridurre la concentrazione delle reti in mano ad
un unico imprenditore privato.
La L. n. 112 del 2004 intervenuta per definire la materia, cerca di aggirare l’ostacolo, introducendo un concetto molto
ampio di sistema economico delle comunicazioni, il cosiddetto “sistema integrato delle comunicazioni” comprensivo
di stampa, editoria anche elettronica, radio e televisione, cinema, pubblicità esterna, sponsorizzazioni. Il limite del
20% per ciascun operatore viene calcolato sul totale dei ricavi derivanti da tale sistema così diluito. Viene inoltre
fissato un limite del 20% del totale dei programmi radiotelevisivi, rispetto a tutte le frequenze terrestri disponibili, sia
quelle disponibili via etere, sia quelle in digitale. La legge contiene, inoltre, una delega al Governo per l’emanazione di
un testo unico di radiotelevisione, un sistema articolato di principi in materia di comunicazioni e le linee di una futura
privatizzazione della RAI.
I NUOVI MEDIA, messi a disposizione dallo sviluppo tecnologico in atto, hanno generato numerose innovazioni che
hanno inciso tanto sui mezzi quanto sulla loro capacità, velocità e modalità di trasmissione, a cui si riconduce il
fenomeno della MULTIMEDIALITA’.
CONVERGENZA TECNOLOGICA: utilizzo di uno stesso mezzo per diffondere una pluralità di servizi.
capitolo 10
Le liberta’ collettive
Gli artt. 17 e 18 insieme agli artt. 39 e 49 formano il sistema delle garanzie costituzionali di quelle libertà che, si
possono definire collettive, in quanto il loro esercizio presuppone il concorso di una pluralità di soggetti, accomunati
da un unico fine.
Un problema che merita di essere affrontato è quello relativo alla distinzione tra riunioni e associazioni: una
distinzione che, non è agevole tracciale, in quanto entrambe appaiono caratterizzate da due elementi fondamentali: la
plurisoggettività e la sussistenza di uno scopo comune.
Per risolvere questo problema la dottrina ha proposto diversi criteri distintivi individuati nella sussistenza di un patto
sociale che caratterizzerebbe solo le associazione e nella temporaneità tipica invece delle riunioni; inoltre si mette in
risalto il vincolo ideale giuridicamente rilevante, che lega i componenti di un’associazione a prescindere dalla loro
compresenza fisica, necessaria invece per l’effettivo perseguimento dello scopo delle riunioni.
Liberta’ di riunione art. 17 cost.
Garantire ai cittadini il diritto di riunirsi costituisce il presupposto indispensabile per un dialogo ed uno scambio di
opinioni che sia effettivamente libero. L’unica condizione richiesta per il libero esercizio del diritto di riunione è che il
suo svolgimento sia necessariamente pacifico. L’art. 17 detta un regime di regole particolari per le riunioni che si
svolgono in un luogo pubblico consistenti nell’obbligo del preavviso all’autorità di pubblica sicurezza e nella possibilità
per quest’ultima di vietarle per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica. Il preavviso non è requisito
essenziale di liceità ma è comunque sanzionabile. Quanto alle riunioni private, esse non devono essere comunicate
all’autorità di pubblica sicurezza; non possono essere vietate preventivamente né possono essere sciolte per motivi di
pubblica sicurezza.
Quanto ai comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica che consentono di vietare preventivamente le
riunioni in luogo pubblico, si deve osservare che essi impongono all’autorità di pubblica sicurezza di addurre
motivazioni specifiche e non generiche circa i possibili turbamenti dell’ordine pubblico. Al di là dei limiti
espressamente previsti dalla costituzione, limitazioni alla libertà di riunione possono desumersi da altre disposizioni
costituzionali, ad esempio sulla tutela della salute e al buon costume. A ciò si aggiunge che limitazioni possono
derivare anche dalle condizioni di soggezione speciale a cui il soggetto si viene a trovare, come ad esempio quella di
chi è sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale o del cittadino militare.
Le garanzie dispose dall’art. 17 si riferiscono anche ai semplici smembramenti, ossia le riunioni occasionali di più
persone in luogo pubblico, purchè sussista l’elemento della volontarietà nella permanenza dello stare insieme anche
occasionalmente e casualmente.
Capitolo 11
I diritti sociali
Per diritti sociali si intendono i diritti dei cittadini a ricevere prestazioni dagli apparati pubblici: sono diritti caratteristici
del passaggio dallo Stato Moderno allo Stato Sociale,in cui non esistono più solo libertà negative,ma vengono istituite
anche libertà positive.
I diritti sociali sono espressi nella Costituzione attraverso norme programmatiche che lasciano l’attuazione dei
programmi in mano alla legge ordinaria.
I diritti di prestazione sono strettamente collegati con l’art.3 comma 2 che sancisce l’uguaglianza sostanziale,ovvero
l’abbattimento degli ostacoli che impediscono un eguale accesso ai diritti.
I diritti di prestazione devono essere bilanciati con le esigenze di tipo organizzativo e di finanza pubblica,ma non sono
comprimibili agli estremi e godono comunque,pur essendo contenuti in norme programmatiche,di una tutela
giurisdizionale.
Prevalentemente sono le leggi a attuare strumenti di tutela per i diritti sociali.
Fra i diritti sociali ricordiamo:
Diritto al lavoro
Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una
funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
La Costituzione pone a fondamento del nuovo ordinamento repubblicano il lavoro, ossia l’attività economica
produttiva che accomuna le esistenze di ciascun individuo piegato, affaticato, teso ed immerso nel lavoro, orgoglioso
della ricchezza sociale prodotta con esso o desideroso di produrla, se impegnato nella ricerca di un’occupazione.
L’art.4 cost. ricalca il diritto alla libera scelta di un’attività lavorativa o di una professione; questo diritto comprende sia
la libertà di accesso al lavoro, sia la libertà di svolgere un’attività corrispondente alla propria scelta e alle proprie
capacità professionali.
È riconosciuto inoltre il diritto dei lavoratori a non essere licenziati ingiustamente: la legge garantisce ai lavoratori
nelle imprese che occupino più di 15 dipendenti una tutela reale contro i licenziamenti individuali intimati senza giusta
causa, e, nelle imprese più piccole, i dipendenti hanno diritto al risarcimento del danno.
Dal diritto al lavoro come mero impiego di energie si evincono i diritti dei lavoratori quali un equa distribuzione, un
totale massimo di ore lavorative giornaliere e settimanali ( otto ore al giorno, massimo 48 ore la settimana), mezzi
adeguati alle varie esigenze in caso di infortunio, riposo settimanale e ferie.
Infine, quale corollario del diritto al lavoro si deve ricordare il diritto al risparmio che favorisce l’accesso del risparmio
popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario
nei grandi complessi produttivi del paese.
Le donne lavoratrici
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
Tali diritti devono essere bilanciati con le funzioni che la donna svolge a tutela della famiglia e della maternità di modo
che, in relazione a tali esigenze, si apre un’ampia possibilità di intervento del legislatore e dei contratti collettivi, volto
a trovare una ragionevole composizione dei diversi interessi, anche attraverso norme in deroga alla disciplina comune
e a prevenire tutte le ipotesi in cui la parità formale possa tradursi, di fatto, in una disuguaglianza sostanziale, a danno
della donna.
Per ciò che concerne la maternità la Corte Costituzionale ha assecondato il processo di riforma posto in essere dal
legislatore: essa ha ribadito il principio secondo cui l’astensione obbligatoria è posta a tutela della madre, del bambino
e del rapporto che tra i due si instaura, dichiarando incostituzionale, nel caso del parto prematuro, la mancata
previsione di una decorrenza dei termini del periodo di astensione obbligatoria per assistere il bambino una volta
dimesso dall’ospedale.
Diritto all’abitazione
Il diritto all’abitazione viene definito come un diritto strumentale rispetto ad altre situazioni soggettive riconosciute di
bisogno. Essendo l’abitazione un bene di primaria importanza, il legislatore è tenuto a facilitarne il godimenti ai quei
soggetti considerati più deboli e, in primo luogo, lo stato deve facilitare l’acquisto di immobili alla stregua dei diritto al
risparmio che garantisce agli individui.
Diritto di sciopero
Art. 40 Cost. – Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Questo articolo garantisce l’esercizio del diritto di sciopero conferendo in tal modo al principio di libertà di
organizzazione un potente strumento di effettività. Il diritto di sciopero si qualifica come un diritto pubblico di libertà
ma esplica i suoi effetti anche nei rapporti intersoggettivi privati, inibendo al datore di lavoro la possibilità di compiere
atti diretti a mortificare l’esercizio del diritto. L’effettuazione di uno sciopero sospende il diritto alla retribuzione e
anche alla tredicesima mensilità e alle ferie se lo sciopero viene esercitato in questi periodi. È vietato lo sciopero che
si configura quando viene esercitato in momenti che possono arrecare pregiudizio per la sicurezza delle persone. Il
legislatore ha introdotto norme sull’esercizio del diritto di sciopero dei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia
dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, precisando quali siano tali diritti, cioè il diritto alla vita alla salute
alla libera circolazione ecc.
Per ciò che riguarda i servizi pubblici essenziali, bisogna dare preavviso almeno 10 giorni prima in forma scritta e
comunicando durata modalità e motivazioni dello sciopero e, bisogna comunque garantire un minimo di servizio ai
cittadini.
Al primo livello di tutela è da ricondursi la garanzia dell’integrità psicofisica posta a fondamento della risarcibilità del
danno biologico (salute come diritto primario e assoluto). Il secondo livello di tutela implica la liberta dell’individuo
nella scelta dei mezzi terapeutici, quindi la libertà di cura, cioè la scelta del medico e della terapia, e il diritto al
consenso informato, inteso come diritto del paziente a partecipare alle decisioni relative alla scelta del trattamento
umanitario.
Le singole prestazioni sanitarie possono essere erogate gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale, ma possono
venir offerte anche in forma di compartecipazione o a totale carico del destinatario, secondo le scelte compiute
discrezionalmente dal legislatore in ordine alle misure di finanziamento delle singole cure.
La salute è considerata quale interesse della collettività, che implica e comprende il dovere dell’individuo di non
ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il
diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli
altri.
Il diritto alla salute è stabilito anche a livello europeo
In base alle norme della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Articolo 3 – DIVIETO DI TORTURA. Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o
degradanti.
Articolo 8 – DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita
privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica
nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una
società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del
paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la
protezione dei diritti e delle libertà altrui.
In base alle norme della Carta dei diritti fondamentali dell’UE
Art. 1 - Dignità umana. La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.
Art. 2 - Diritto alla vita. Ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né
giustiziato.
Diritto all’istruzione
Art. 34 Cost. – La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno 8 anni, è obbligatoria e gratuita. I
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende
effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuiti per
concorso.
Le prestazioni pubbliche in questa materia si riconnettono alla libertà di insegnamento, “espansione e prosecuzione”
della libertà della scienza e dell’arte (art. 33 Cost.). Tale libertà nella scuola impone la tutela della personalità e della
professionalità del docente, e il riconoscimento della “autonomia didattica”, definita come <<libera espressione
culturale del docente>> volta alla formazione degli alunni. La libertà di insegnamento garantisce anche la libertà di
enti e privati di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato, ciò rientra nella libertà della scuola.
Tale articolo prevede quindi il diritto all’assistenza sociale per ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere ed enuncia i principi costituzionali della previdenza sociale, sancita a vantaggio dei lavoratori per
rispondere alle loro esigenze in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.
La determinazione dell’ammontare degli interventi statali è compito riservato al legislatore ordinario, che deve
“bilanciare le esigenze di vita” dei destinatari di tali interventi “con le proprie effettive disponibilità finanziarie”.
Saranno considerate in costituzionalmente illegittime quelle norme che comprimono eccessivamente e
irragionevolmente l’entità dei diritti previdenziali e assistenziali o che introducano arbitrarie discriminazioni tra i
diversi destinatari delle prestazioni pubbliche.
Liberta’ economiche
Proprieta’ privata
Art. 42 Cost. – La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo stato, ad enti pubblici o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti
[riserva di legge] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può
essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. La legge stabilisce
le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello stato sulle eredità.
La funzione sociale della proprietà è volta a legittimare da un lato i limiti imposti dalla necessità di garantire la tutela di
altri interessi costituzionalmente rilevanti, dall’altro a ridurre gli interventi restrittivi del legislatore ai soli casi in cui
siano volti alla realizzazione di un apprezzabile interesse collettivo.
Per ciò che concerne l’espropriazione, la corte costituzionale ha stabilito che l’indennizzo, pur non implicando
l’integrale risarcimento del pregiudizio economico subito dal proprietario, debba comunque garantire a quest’ultimo
un’indennità, da quantificarsi in modo serio, congruo e adeguato. Non può pertanto essere fissato in una misura
irrisoria o meramente simbolica, ma deve costituire un serio ristoro.
La libertà economica privata trova un limite nell’intento di bilanciare tale diritto con l’interesse della collettività.
Art. 43 Cost. – A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e
salvo indennizzo, allo stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti di determinate imprese o categorie di
imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio e abbiano
carattere di preminente interesse generale.
Le nazionalizzazioni o collettivizzazioni, secondo tale norma, sono subordinate ad una riserva di legge rinforzata e
rappresentano misure d’eccezione rispetto alla regola.
La costituzione economica deve essere oggi riletta alla luce di una normativa comunitaria che ha portato
progressivamente all’attuazione di un mercato di libera concorrenza attraverso l’introduzione di tre importanti
capisaldi.
1 Libertà di circolazione di merci, persone, servizi e capitali; (accordo di Shengen).
2 Divieto di aiuti pubblici alle imprese.
3 Creazione di un mercato di libera concorrenza, sgombro da concentrazioni e posizioni dominanti.
La tutela della concorrenza costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere
intesa in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in
quell’accezione dinamica, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un
sufficiente sviluppo del mercato o ad istaurare assetti concorrenziali.
capitolo 12
I doveri di solidarietà politica, economica e sociale
Il dovere di voto
L’art. 48 cost. definisce l’esercizio del diritto di voto come dovere civico. Questa formula è il frutto di un compromesso
tra due tesi che si sono confrontate in Assemblea costituente: una favorevole a valorizzare al massimo la funzione
elettorale, e quindi favorevole all’introduzione del principio del voto obbligatorio, l’altra invece favorevole alla
definizione del voto esclusivamente in termini di diritto di libertà o al massimo di obbligo morale.
L’elettorato è l’esercizio di una pubblica potestà e si sostanzia nella capacità a prendere parte alle elezioni in qualità di
elettore o in qualità di candidato. Elementi necessari sono la cittadinanza italiana e la maggiore età.
L’art. 48 rappresenta la cerniera ideale fra la prima parte della costituzione che vede protagonista l’uomo e il cittadino,
e gli articoli che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento della Repubblica in tutte le sue articolazioni.
Dovere di fedelta’ alla repubblica
Il dovere di fedeltà ai principi e ai valori fondanti della repubblica non comporta che in suo nome possano essere posti
limiti all’esercizio dei diritti di libertà del cittadino, soprattutto della libertà di manifestazione del proprio pensiero:
nella nostra costituzione infatti non è riprodotta una norma analoga a quella della legge fondamentale tedesca,
secondo cui chi abusa dell’associazione, di insegnamento o di riunione, per combattere la libertà e la democrazia,
perde questi diritti.
La democrazia italiana tollera anche il dissenso ideologico anche più radicale, purché non si concretizzi in
comportamenti materiali destinati a colpire le istituzioni democratiche. Ecco perché la dottrina prevalente ritiene che
il presidio penalistico del dovere di fedeltà sia l’art 283 c.p., che punisce chiunque commetta un fatto diretto a mutare
la costituzione dello stato, o la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello stato
stesso.