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Concetto di Costituzione
La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. Essa contiene le norme e i principi generali
relativi all'organizzazione e al funzionamento della collettività, nonché le norme riguardanti i diritti
e i doveri fondamentali dei cittadini.
I primi 12 articoli del testo costituzionale sono dedicati ai principi fondamentali della Repubblica.
I successivi articoli sono divisi in due parti:
la Parte Prima (artt. 13-54) riguarda i diritti e i doveri dei cittadini, nell’ambito dei
rapporti civili (artt. 13-28), dei rapporti etico-sociali (artt. 29-34), dei rapporti economici
(artt. 35-47) e dei rapporti politici (artt. 48-54);
la Parte Seconda (artt. 55-139) è dedicata all’ordinamento della Repubblica.
Principi fondamentali
I principi fondamentali rappresentano valori inderogabili dell’ordinamento e non possono essere
oggetto di modifica o revisione costituzionale.
Il punto di partenza è l'affermazione della natura democratica della Repubblica nata nel 1946 e della
centralità del lavoro, essenziale nella ricostruzione post-bellica per risollevare l'economia, nonché il
senso di dignità del popolo reso sovrano dalla Carta costituzionale.
L'art. 2 sancisce, in generale, i diritti e i doveri dei cittadini, collegando questi ultimi alla
solidarietà. La libertà assume così un significato sociale e la partecipazione degli individui alla
politica, al lavoro e al sostentamento di beni comuni come l'istruzione o la sanità viene finalizzata al
benessere di tutti.
Molto importante anche l'art. 3, che proclama il principio di uguaglianza in due significati
complementari:
il primo comma stabilisce l'uguaglianza formale di fronte alla legge, specificando le
discriminazioni inammissibili;
il secondo precisa la responsabilità della Repubblica di rendere sostanziale tale
uguaglianza, creando le condizioni perché tutti vivano una vita dignitosa, sviluppino le
proprie capacità e partecipino alla vita del Paese.
All'art. 4, che riprende il diritto al lavoro sancito in apertura della Carta costituzionale, seguono
una serie di articoli che riconoscono le autonomie locali (art.5), le minoranze linguistiche (art. 6), i
rapporti con la Chiesa cattolica (art. 7) e la libertà religiosa (art. 8), la tutela della cultura e del
paesaggio (art. 9), i diritti degli stranieri (art. 10), i colori della bandiera (art. 12).
È utile soffermarsi sull'art. 11 che, in linea con la storia dell'Assemblea Costituente, stabilisce il
rifiuto della guerra, tranne quando sia uno strumento di difesa, e la disponibilità a limitare la
sovranità italiana a favore di organizzazioni internazionali che promuovano la pace, come, per
esempio, l'Onu e l'Unione europea. Questa esplicita propensione alla cooperazione internazionale si
pone in netta rottura con il nazionalismo fascista, eredità dolorosa della storia recente.
Il primo e più importante tra i diritti civili è il diritto alla libertà personale, che la Costituzione
considera inviolabile. Ciò significa che nessuno, nemmeno lo Stato (salvo in alcune eccezioni
previste dalla legge), può limitare le azioni delle persone.
La Costituzione riconosce anche le c.d. libertà collettive, che possiamo esercitare insieme agli
altri:
la libertà di riunione (art. 17), che ci consente di riunirci con gli altri per scopi pacifici;
la libertà di associazione (art. 18), cioè la libertà di dar vita ad organizzazioni volte
raggiungere uno scopo specifico, come, per esempio, la difesa dell'ambiente o la pratica di
uno sport.
Le libertà individuali e le libertà collettive possono essere esercitate solo se gli individui sono
realmente liberi di esprimere sé stessi senza subire condizionamenti esterni da parte delle autorità o
di altri individui.
Per evitare questi condizionamenti la Costituzione sancisce, oltre all'inviolabilità della persona,
anche l'inviolabilità del domicilio (il luogo dove la persona vive) e quella della corrispondenza,
cioè dei mezzi che gli individui usano per comunicare i propri pensieri in forma privata
(rispettivamente agli artt. 14 e 15).
Un ultimo gruppo di diritti civili riguarda le persone sottoposte a giudizio. I più importanti tra
questi diritti sono:
il diritto alla difesa (art. 24), cioè il diritto a essere rappresentato da un avvocato durante il
processo;
il diritto al giudice naturale (art. 25), cioè al giudice stabilito dalla legge in base al luogo e
al tipo di infrazione;
il diritto alla presunzione di innocenza (art. 27), cioè ad essere considerato innocente fino
a prova contraria.
Rapporti etico-sociali
Il Titolo II è dedicato ai rapporti etico-sociali e comprende gli artt. da 29 a 34. Questi articoli
riguardano alcuni valori etici essenziali per la convivenza in società: la famiglia, la salute e
l'istruzione.
La Costituzione (agli artt. da 29 a 31) riconosce i diritti della famiglia e stabilisce la pari dignità
morale e giuridica tra i coniugi. Tra i diritti e i doveri reciproci dei coniugi ci sono:
la fedeltà;
la coabitazione, cioè l'obbligo di vivere nella casa scelta di comune accordo come residenza
della famiglia;
l'assistenza reciproca morale e materiale, cioè l'impegno a prestarsi aiuto a vicenda e a
contribuire alle necessità della famiglia in base alle proprie capacità economiche e di lavoro.
I genitori hanno anche l'obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli. Il diritto dei figli al
mantenimento, all'istruzione e all'educazione è valido anche in caso di figli nati fuori dal
matrimonio. Ciò significa che i figli nati da coppie non sposate hanno gli stessi diritti di quelli nati
da coppie sposate.
Il diritto alla salute (art. 32) non è inteso solo a livello individuale (come assenza di malattia), ma
anche a livello sociale (come benessere della collettività). Quando si parla di diritto alla salute si
parla dunque del diritto di vivere in un ambiente sano: alla dimensione individuale si associa quindi
una dimensione sociale.
La Costituzione (agli artt. 33 e 34) garantisce, infine, il diritto di ricevere un'istruzione, che si
realizza principalmente attraverso le scuole pubbliche di ogni ordine e grado, gratuite e aperte a
tutti. La costituzione stabilisce un periodo di istruzione obbligatoria di almeno 8 anni (la legge ha
esteso questo limite a 10 anni). Anche i privati possono istituire scuole di ogni ordine e grado,
purché siano capaci di offrire docenti, programmi e formazione di livello pari a quelli delle scuole
istituite dallo Stato (si parla in questo caso di scuole private o paritarie).
Rapporti economici
Il Titolo III è dedicato ai rapporti economici e comprende gli artt. da 35 a 47.
I rapporti economici sono quei rapporti che regolano il lavoro, la produzione e la gestione del
risparmio.
All'interno di questi rapporti sono espressi i diritti economici, cioè i diritti grazie ai quali possiamo
procurarci i mezzi necessari per vivere una vita libera e dignitosa.
Il primo e più importante dei diritti economici è il diritto al lavoro (art. 35), che la Costituzione
considera lo strumento fondamentale per la piena affermazione umana e sociale degli individui. La
Costituzione tutela innanzitutto il lavoro dipendente, cioè il lavoro che un individuo (il lavoratore)
svolge sotto la direzione di un altro soggetto (il datore di lavoro): il rapporto tra questi due individui
è detto rapporto di lavoro.
Il lavoratore dipendente svolge la sua attività nel luogo, nei tempi e nei modi decisi dal datore di
lavoro; in cambio percepisce una retribuzione, cioè un corrispettivo in denaro, che, secondo l'art.
36 Cost., deve essere proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente
ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La Costituzione (all’art. 36) riconosce ai lavoratori anche altri importanti diritti:
il diritto ad una giornata lavorativa che non superi le 8 ore;
il diritto al riposo settimanale;
il diritto a ferie annuali retribuite, cioè a periodi di riposo e di sospensione del lavoro
durante i quali il lavoratore percepisce ugualmente il suo salario.
L'art. 37 riconosce i diritti delle donne lavoratrici e dei minori. In particolare, la Costituzione
stabilisce che le donne lavoratrici hanno gli stessi diritti degli uomini e, a parità di lavoro, hanno
diritto alla stessa retribuzione. L'articolo vieta così ogni forma di discriminazione nei confronti delle
donne: alle lavoratrici, infatti, devono essere garantite le stesse opportunità dei lavoratori in termini
di:
opportunità di accesso al lavoro;
possibilità di migliorare la propria posizione all'interno dell'azienda e di occupare posti di
responsabilità;
ottenere un salario adeguato alle proprie funzioni e capacità.
Lo stesso art. 37 stabilisce i principi fondamentali che regolano il lavoro dei minori, che non
devono essere esposti a lavori pericolosi, nocivi o comunque inadatti al loro sviluppo fisico e
psicologico. Norme particolari valgono per i minori impegnati nel campo dello spettacolo: anche i
minori hanno diritto, a parità di lavoro, alle stesse retribuzioni dovute agli adulti.
L’art. 39 sancisce poi la libertà sindacale, ossia il diritto di fondare o di iscriversi ad un sindacato,
cioè un'associazione che difende i diritti dei lavoratori.
Il diritto di sciopero, sancito dall’art. 40, consiste nella possibilità di astenersi dal lavoro come
strumento per ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative o della retribuzione.
Il diritto di sciopero deve essere esercitato collettivamente: l'astensione dal lavoro deve cioè
coinvolgere un certo numero di lavoratori e non un singolo individuo.
L'art. 41 riconosce invece il lavoro autonomo, affermando che l'iniziativa economica privata è
libera. Ciò significa che tutti, nel rispetto della legge, possono avviare una propria attività o una
propria impresa.
A differenza del lavoratore dipendente, il lavoratore autonomo gestisce da sé il proprio lavoro, i
luoghi e i modi della prestazione, ed è tenuto solo a garantire al committente il rispetto dei tempi e
della qualità previsti dal contratto.
Fra i principali diritti economici tutelati dalla Costituzione ci sono anche il diritto di proprietà
(art. 42) e la tutela del risparmio (art. 47).
Il diritto di proprietà è il diritto di godere e disporre pienamente dei propri beni nei modi e nei
limiti stabiliti dalla legge. La proprietà può essere pubblica (quando i beni economici appartengono
allo Stato) o privata (quando i beni appartengono ad un privato cittadino).
Il risparmio è il reddito che non viene destinato al consumo immediato. La Repubblica tutela il
risparmio attraverso la disciplina, il coordinamento e il controllo dell'esercizio del credito svolto
dalle banche.
Rapporti politici
Il Titolo IV è dedicato ai rapporti politici e comprende gli artt. da 48 a 54, che disciplinano i
diritti politici e i doveri dei cittadini.
I diritti politici sono diritti che permettono ai cittadini di partecipare alla vita pubblica. Il principale
è il diritto di voto, cioè il diritto di scegliere liberamente i propri rappresentanti presso le istituzioni
elettive (es. il Parlamento).
Tuttavia, il secondo comma dell'art. 48 precisa che il voto è anche un dovere civico: i cittadini
sono dunque liberi di non esprimere le proprie opinioni attraverso il voto, ma così facendo
rinunciano ad un aspetto essenziale dello status di cittadino e si affidano passivamente alle decisioni
degli altri. In Italia hanno diritto di voto tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la
maggiore età; sono esclusi gli incapaci, i condannati da una grave sentenza penale e le persone
considerate dalla legge moralmente indegne.
Il voto è:
personale: ciascuno deve esprimere in prima persona la propria scelta;
uguale: tutti i voti hanno lo stesso valore;
libero: i cittadini non devono essere obbligati a votare contrariamente alle proprie opinioni;
segreto: ognuno ha il diritto di non rendere nota agli altri la propria scelta.
La Costituzione garantisce quindi molti diritti, ma gli artt. 52, 53 e 54 stabiliscono anche alcuni
doveri dei cittadini.
Il primo è il dovere di difendere la patria, che riguarda innanzitutto le forze armate, ma in caso di
grave pericolo tutti i cittadini.
C'è poi il dovere di contribuire alle spese pubbliche in base alle proprie possibilità: questo
dovere si adempie pagando i tributi stabiliti dallo Stato; la Costituzione stabilisce che il criterio
generale del sistema fiscale è quello della progressività, cioè i più ricchi devono contribuire
maggiormente.
C'è infine il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di rispettarne le leggi: questo dovere è
tanto più importante se si ricoprono cariche pubbliche.
L’art. 83 dispone invece che il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta
comune integrato da 3 delegati per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne designa
solo 1.
L’elezione avviene a scrutinio segreto e risulta eletto:
nei primi 3 scrutini: chi ha riportato la maggioranza di almeno di 2/3 dell'assemblea;
negli scrutini successivi (qualora i primi non siano stati sufficienti): chi ha riportato almeno
la maggioranza assoluta.
Il Presidente della Repubblica rimane in carica 7 anni, che decorrono dalla data del giuramento,
ed è immediatamente rieleggibile.
Prima di assumere le sue funzioni, il Capo dello Stato deve, ai sensi dell’art. 91 Cost., prestare
giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinnanzi al Parlamento in
seduta comune.
L’art. 86 Cost. prevede che, nelle ipotesi in cui, a causa di un impedimento, il Presidente della
Repubblica non possa svolgere la propria attività, le sue funzioni siano esercitate dal Presidente del
Senato.
La cessazione dall'ufficio di Presidente della Repubblica può avvenire per:
morte;
fine del mandato;
dimissioni;
decadenza, per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità (cittadinanza, godimento dei
diritti civili e politici etc.);
destituzione, a seguito di condanna per alto tradimento o attentato alla Costituzione, ad
opera della Corte costituzionale.
Alla cessazione della carica il Presidente diviene, automaticamente e di diritto, senatore a vita
(salvo i casi di rinuncia e di perdita della cittadinanza o dei diritti civili e politici) (art. 59 Cost.).
Responsabilità
L’art. 90 Cost. afferma che il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti
nell'esercizio delle sue funzioni tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
Le ipotesi di alto tradimento e di attentato alla Costituzione costituiscono reati propri del
Presidente della Repubblica, ciò in considerazione della funzione di tutore della Costituzione
attribuitagli.
Può considerarsi alto tradimento ogni comportamento doloso che, offendendo la personalità
interna ed internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di fedeltà alla
Repubblica. Esso presuppone una intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi
nazionali o, addirittura, per sovvertire l'ordinamento costituzionale.
Deve ritenersi attentato alla Costituzione ogni comportamento doloso diretto a sovvertire le
istituzioni costituzionali o a violare la Costituzione. In particolare, l'art. 283 c.p. definisce tale reato
come «un fatto diretto a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo con mezzi non
consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato».
Prerogative
Il Capo dello Stato, oltre ad essere dotato di irresponsabilità politica, non è sindacabile e non può
essere perseguito per i pareri e le opinioni espresse nell'esercizio delle sue funzioni.
La controfirma ministeriale
Condizione di validità di tutti gli atti emanati dal Presidente della Repubblica è la controfirma
ministeriale del Ministro proponente o del Presidente del Consiglio (o di entrambi, in caso di
decreti-legge o decreti legislativi e per i regolamenti).
In particolare, l'art. 89 Cost. stabilisce che:
nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai Ministri
proponenti, che ne assumono la responsabilità;
gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche
dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Parlamento
Il Parlamento è un organo:
costituzionale (partecipa all’esercizio della sovranità attraverso la funzione legislativa);
complesso (è costituito dalle Camere);
collegiale (è formato da più individui che non agiscono individualmente ma come collegio);
rappresentativo (rappresenta e rispecchia la volontà politica del corpo elettorale, da cui è
eletto nella quasi totalità dei suoi membri).
Differente da tale ipotesi è il caso disciplinato dall’art. 61 Cost. che prevede una proroga dei
poteri (c.d. prorogatio). In particolare, le elezioni delle nuove Camere devono avvenire entro 70
giorni dalla fine delle precedenti e la prima riunione deve avvenire non oltre 20 giorni dalle
elezioni. Tuttavia, finché non siano riunite le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle
precedenti.
Attività e funzionamento
Le Camere si riuniscono, in via ordinaria, il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre; in
via straordinaria, tutte le volte che lo richiedano il Capo dello Stato, il Presidente della Camera
stessa oppure 1/3 dei suoi componenti.
La prima seduta, dopo le elezioni, è fissata dal Capo dello Stato, le altre dalla Camera stessa. Le
sedute, di regola, sono pubbliche.
Le deliberazioni sono valide se presente la maggioranza dei componenti e sono adottate a
maggioranza dei presenti.
I parlamentari godono di particolari prerogative (da non confondersi con le prerogative delle
Camere), dirette ad assicurarne l'indipendenza da pressioni esterne.
Tali prerogative sono:
l'immunità: secondo il testo dell'art. 68 Cost. non si può arrestare, perquisire o intercettare
le comunicazioni di un parlamentare senza la preventiva autorizzazione della Camera cui
appartiene, tranne nel caso di un reato per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in
flagranza o in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna;
l'insindacabilità: ai sensi dell’art. 68 Cost., i parlamentari non possono essere chiamati a
rispondere dei voti dati e delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni;
l'indennità: prevista dall'art. 69 Cost., mira a garantire l'indipendenza economica e il
decoro del parlamentare.
La funzione legislativa
La funzione legislativa costituisce la sua funzione tipica del Parlamento.
Tale funzione, ex art. 70 Cost., viene esercitata dalle due Camere collettivamente, nel senso che
ogni legge deve essere approvata, nell'identico testo da entrambi i rami del Parlamento.
Il procedimento legislativo
Per procedimento legislativo si intende quello specifico procedimento il cui risultato finale
consiste nell’adozione di una legge. Il procedimento legislativo costituisce manifestazione della
principale funzione espletata dal Parlamento, la funzione legislativa.
La Costituzione, in virtù della sua rigidità, ha distinto, a differenza dello Statuto albertino, tra il
procedimento legislativo per le leggi ordinarie e il procedimento di revisione costituzionale,
che si struttura in modo diverso dal primo.
L’iniziativa legislativa
L’iniziativa legislativa, che consiste nella presentazione ad una delle due Camere di un progetto di
legge, è attribuita:
al Governo;
ai singoli membri delle Camere;
al popolo;
al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;
ai Consigli regionali.
L’iniziativa governativa è la più importante, perché al Governo fa capo l’iniziativa della legge di
bilancio e della legge finanziaria, oltre che in materia di rapporti internazionali e comunitari.
Peraltro, i progetti di legge di iniziativa governativa (che assumono, più tecnicamente, il nome di
disegni di legge) hanno maggiori probabilità di essere approvati, potendo, di regola, il Governo
contare sul voto favorevole della maggioranza dei parlamentari.
L’iniziativa governativa si esercita con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un
disegno di legge, per la cui presentazione alle Camere è, però necessario un decreto di
autorizzazione del Presidente della Repubblica.
L’iniziativa dei Consigli regionali è esercitata dai singoli Consigli regionali o da più Consigli
congiuntamente e deve avere per oggetto materie che interessano la Regione.
Nel procedimento decentrato tutte le fasi sono compiute dalla Commissione permanente
competente per materia, la quale, proprio perché ha anche il potere di approvare la legge, agisce in
sede deliberante.
In tale procedimento la Commissione legislativa competente procede:
all'esame preliminare del progetto;
alla sua discussione, che non avviene quindi in assemblea;
alla votazione dei singoli articoli;
alla votazione finale e quindi all'approvazione della legge.
Il procedimento misto, introdotto dai regolamenti parlamentari, è considerato intermedio fra quello
ordinario e quello decentrato, perché comporta una collaborazione tra l'Assemblea e le
Commissioni.
Si noti che il procedimento seguito da una Camera per l'approvazione non vincola l'altra. Per cui
può accadere che presso una Camera si segua il procedimento decentrato (o quello misto), e presso
l'altra il procedimento ordinario per l'approvazione della stessa legge.
Dal momento dell’entrata in vigore, la legge si presume conosciuta da tutti i destinatari, e non è
possibile invocarne l'ignoranza per giustificare la sua inosservanza.
L’aggravamento della procedura non si esaurisce, però, qui. Il progetto di legge costituzionale,
approvato nel modo appena detto, non si trasforma, infatti, in legge, ma resta allo stato di progetto.
Come tale, esso viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale al solo fine di far conoscere il suo
contenuto.
Entro tre mesi da tale pubblicazione, 500.000 elettori, 1/5 dei membri di ciascuna Camera o 5
Consigli regionali possono richiedere che il progetto di revisione costituzionale o di legge
costituzionale sia sottoposto a referendum popolare.
Il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica ed il progetto sul quale il corpo
elettorale è chiamato a pronunciarsi si intende approvato qualora abbia ottenuto la maggioranza dei
voti validi. Se tale maggioranza non è raggiunta il progetto è respinto. Peraltro, i tre mesi possono
decorrere senza che il referendum venga richiesto. In tal caso, il progetto si intende tacitamente
approvato.
Una volta approvato, il progetto si trasforma in legge, che sarà promulgata dal Presidente della
Repubblica e pubblicata nelle forme dovute.
Qualora, invece, nella seconda deliberazione, il progetto venga approvato da ciascuna delle Camere
a maggioranza di 2/3 dei suoi componenti, esso si trasforma in legge. In tale ipotesi, cioè, non è
prevista la possibilità di sottoporre il progetto stesso a referendum.
L’art. 139 pone, poi, un limite all’attività legislativa costituzionale, disponendo che la forma
repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.
Nell'ambito dell'attività di indirizzo politico vanno ricondotte anche quelle attività di controllo,
svolte singolarmente da ciascuna Camera e da ciascun membro di esse che si possono sostanziare in
una:
interrogazione, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un parlamentare al
Governo o ad un Ministro per verificare la conoscenza di una determinata situazione ed
eventualmente quali misure si intendono adottare;
interpellanza, che consiste nella domanda rivolta per iscritto da un parlamentare al Governo
o ad un Ministro circa i motivi o gli intendimenti della condotta politica tenuta rispetto ad
una data questione;
inchiesta, che è l'indagine disposta da ciascuna Camera al fine di acquisire elementi
necessari di conoscenza in ordine ad una materia di pubblico interesse (art. 82 Cost.). Per
procedere alle inchieste, ciascuna Camera, a maggioranza, provvede alla nomina di una
Commissione formata con criteri di tipo proporzionale, che rispecchi, cioè, la composizione
delle forze politiche in essa presenti. Terminati i lavori, la Commissione presenta
all'Assemblea plenaria una relazione che viene discussa e votata;
mozione, che mira a promuovere una deliberazione della Camera e consiste nella richiesta,
fatta dai singoli membri del Parlamento alla Camera cui appartengono, di procedere alla
discussione e votazione su un determinato oggetto su cui una precedente interpellanza
avesse lasciati insoddisfatti i parlamentari. Può, inoltre, essere posta indipendentemente da
precedenti interpellanze, qualora la promuovano almeno dieci deputati o un presidente di
gruppo oppure otto senatori;
risoluzione, che può chiudere un dibattito provocato da una mozione oppure da una
comunicazione del Governo e può essere votata in aula o in Commissione.
All'esito della propria attività di indagine, che, di regola, non può eccedere la durata di cinque mesi,
il Comitato, ove ritenga che il reato sia diverso da quelli previsti dall'art. 90 Cost., dichiara la
propria incompetenza; può altresì disporre l'archiviazione degli atti qualora ravvisi la manifesta
infondatezza della notizia di reato, altrimenti presenta al Parlamento una relazione.
Il Governo
Il Governo costituisce un organo costituzionale complesso, con funzioni politiche, esecutive, di alta
amministrazione, di controllo ed eccezionalmente legislative.
Il Governo, ai sensi dell’art. 92 Cost., è formato dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
La crisi di governo
Si ha crisi di governo in tutti i casi in cui il Governo è obbligato a dimettersi a causa della rottura
del rapporto di fiducia con il Parlamento.
Si distingue tra crisi parlamentari ed extraparlamentari.
Si verificano le crisi parlamentari quando una Camera, o entrambe, negano la fiducia al Governo.
A prescindere dalla fiducia iniziale, ciò può accadere se le Camere approvano una mozione di
sfiducia (che deve essere firmata da almeno 1/10 dei componenti della Camera) oppure il Governo
pone la questione di fiducia su propri provvedimenti e la fiducia gli viene negata.
Le crisi extraparlamentari, invece, si aprono a seguito delle dimissioni volontarie del Governo
causate da una crisi politica: per esempio, conseguenti alla decisione di un partito di ritirarsi dalla
coalizione di Governo o a causa della pressione dei sindacati con scioperi generali contro il
Governo.
I principali collaboratori dei Ministri sono i Sottosegretari di Stato, nominati con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro
che sono chiamati a coadiuvare, e sentito il Consiglio dei ministri. I Sottosegretari giurano nelle
mani del Presidente del Consiglio. Le loro attribuzioni sono determinate con decreto. I
Sottosegretari non agiscono in vece dei Ministri. Tuttavia sostituiscono i Ministri in caso di loro
assenza o impedimento.
A non più di 10 Sottosegretari può essere attribuito il titolo di Viceministri: ciò consente la delega
di funzioni relative a uno o più dipartimenti, a una più direzioni generali o relative a compiti
speciali, con decreto del Ministro competente, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su
proposta del Presidente del Consiglio.
Con i sistemi maggioritari si assegnano ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza (relativa,
assoluta o qualificata) i seggi attribuiti al collegio. Il sistema maggioritario (nelle sue varie
formulazioni) presenta innegabili vantaggi:
assicura il massimo collegamento fra gli elettori e i candidati;
evita l’eccessivo frazionamento del sistema partitico;
Al tempo stesso, però la sua adozione si presta a favorire la polarizzazione fra i due partiti maggiori
e a sottorappresentare i partiti minori.
Il sistema proporzionale (anch’esso con numerose varianti) si propone, invece, di assicurare alle
diverse parti politiche un numero di seggi in proporzione ai voti ottenuti; di modo che il Parlamento
eletto con questo sistema finisce col rispecchiare, più fedelmente di quanto non avviene nei Paesi in
cui è adottato il sistema maggioritario, la volontà degli elettori. Tuttavia, qualora il corpo elettorale
sia politicamente poco omogeneo, i sistemi proporzionali favoriscono il suo frazionamento fra
diversi partiti, con la conseguenza che i risultati delle elezioni potrebbero rendere difficile la
formazione di stabili maggioranze di governo.
In particolare, i 3/8 dei seggi di Camera e Senato sono assegnati con un sistema maggioritario,
mentre i restanti 5/8 con un sistema proporzionale attraverso un meccanismo di liste bloccate.
Il sistema maggioritario (che prevede l’attribuzione del seggio al candidato che ottiene più voti)
opera nei collegi uninominali dove c’è un solo candidato per ciascuna lista.
I parlamentari eletti attraverso tale modalità sono 221, e precisamente 147 deputati e 74 senatori.
I restanti 367 parlamentari sono eletti invece nei collegi plurinominali con il sistema
proporzionale. Più precisamente si tratta di 245 deputati e 122 senatori appartenenti a liste o
coalizioni di liste che abbiano superato la soglia di sbarramento, prevista al 3 % per i partiti e al
10% per le coalizioni.