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La costituzione

La costituzione è la legge fondamentale di uno stato. Essa definisce le regole essenziali


del funzionamento delle istituzioni, ma anche i diritti e doveri dei cittadini, e i principi a
cui devono ispirarsi tutte le leggi. Terminata la seconda guerra mondiale e sconfitta la
dittatura fascista dal 2 giugno 1946, i cittadini italiani (comprese le donne) furono
chiamati alle urne per due motivi essenziali: scegliere tra due forme istituzionali, ossia
monarchia o repubblica quale l’Italia avrebbe avuto adeguare i rappresentati dei vari
partiti, che avrebbero dovuto far parte dell’assemblea, - che avrebbe dovuto a sua volta
stilare la nuova costituzione. Il referendum fu vinto dai sostenitori della repubblica, per
cui l’Italia cessò di essere una monarchia e iniziava un nuovo cammino istituzionale ossia
repubblicano. Per questa ragione il 2 giugno si festeggia la festa della repubblica. I lavori
dell’assemblea costituzionale si conclusero alla fine del 1947 e solo il 1 gennaio del ’48
entrò in vigore la nuova costituzione, in sostituzione del vecchio statuto albertino,
sospeso durante la dittatura fascista e durata in vita per ben 100 anni. Infine lo statuto era
stato da Re Carlo Alberto nel 1848 ed era stato poi esteso dallo stato Sardo-Piemontese a
tutta l’Italia unificata. In realtà quello statuto era stato concesso dal re solo come
autolimitazione dei propri poteri, infatti aveva un carattere conservatore e il sovrano
conservava ampi poteri, tenendo conto poi del fatto che le due somme assemblee erano
una eletta direttamente dal re e l’altra su base censitaria. Cosi dal 1948 incomincia un
nuovo percorso della storia italiana. Ma quali furono le caratteristiche della nuova
costituzione? Essa innanzitutto consta di 199 articoli e si occupa di tutti i tipi di diritti
politici, civili e sociali, e inoltre rigido in quanto eventuali modifiche o parziali –
(modificare) o aggiunte devono essere sempre prima approvate da entrambe le camere
parlamentari in due diverse sedute distanziate tra di loro almeno di 3 mesi e a
maggioranza assoluta quelle della seconda votazione. Tutto ciò viene fatto per tutelarla
da facili e improvvisate modifiche che potrebbero maturarla. In ogni caso non possono
essere oggetto di revisioni neanche con la maggioranza assoluta delle due camere: la
forma repubblicana, la libertà individuale, la sovranità popolare, il suffragio
universale, la pluralità dei partiti. Inoltre la costituzione è composita in quanto
entrarono a far parte dell’assemblea costituenti i candidati eletti dei diversi partiti, ossia
persone appartenenti a ideologie diverse. Infatti all’interno della costituzione sono
evidenti gli apparti delle diverse ideologie, ad esempio l’apparto socialista e comunista
evidente nel riconoscimento dei divieti sociali, garantiti e resi possibili dallo stato. Infine
ultima caratteristica della costituzione è quella di essere stata deliberata, cioè stilata da
un’assemblea componente eletta dal popolo e non connessa dal sovrano come lo erano le
costituzioni ottocentesche.
I Principi Fondamentali
Articolo 1

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.


La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.”

Il primo articolo della Costituzione dà rilievo al tema del lavoro. Proviamo a


chiederci perché. Il lavoro è il mezzo con cui la gran parte delle persone si
guadagna da vivere e quindi ha una funzione strumentale. Il lavoro però
fornisce anche una definizione sociale della persona (per esempio “sono un
meccanico”, “sono un impiegato”, “sono un medico”). Il lavoro, inoltre,
impegna buona parte della giornata ed è un’attività in cui si immette qualche
cosa di sé stessi. Questo è evidente in un’attività intellettuale o artistica, ma
vale anche per i lavori manuali e persino per lavori ripetitivi.
Dire che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro equivale ad ammettere
l’importanza di tutti questi aspetti e a impegnarsi affinché il lavoro sia
tutelato e promosso, soprattutto in periodi di crisi.

Articolo 2

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Con questo articolo la Costituzione stabilisce l’esistenza di diritti che in


nessun caso possono essere negati da persone o istituzioni. Tali diritti non
sono annullati dal fatto che l’uomo partecipa ad associazioni.
L’articolo secondo associa il rispetto dei diritti all’adempimento dei doveri,
come chiave per il mantenimento della società. Diritti e doveri in questo
articolo vanno di pari passo. I doveri sono espressi in questo articolo come
forma di solidarietà: essi cioè vengono intesi come una condizione necessaria
per il mantenimento di una società solidale. La Costituzione si esprime in una
forma generale e un po’ astratta, ma intende in realtà comportamenti molto
concreti. Pagare le tasse, per esempio, fa parte di questi doveri; ci si può
lamentare del peso delle tasse e dell’uso che se ne fa, ma senza di esse non
sarebbe possibile la sopravvivenza dello Stato e dei suoi servizi e la società
piomberebbe nel caos.
Articolo 3

“Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.”

L’articolo assume il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini come un diritto


fondamentale. L’uguaglianza è innanzitutto un’uguaglianza formale, cioè l’uguaglianza di
fronte alla legge: per esempio che un cittadino sia cattolico, ebreo, musulmano o ateo,
per la legge non cambia nulla e i suoi diritti restano i medesimi. Il principio di
uguaglianza è molto radicato nella nostra società, anche se periodicamente episodi di
razzismo e di intolleranza sembrano metterlo in discussione. Secondo questo principio
gli uomini sono uguali per natura, non nel senso che sono identici come se fossero
fotocopie o che devono diventarlo, ma nel senso che hanno gli stessi diritti. Razza, sesso,
opinioni politiche ecc. determinano importanti differenze tra i cittadini, ma non tali da
rendere alcuni superiori e altri inferiori dal punto di vista dei diritti. Fanno parte delle
loro caratteristiche naturali (come il sesso), culturali (come la lingua) o personali (come
le opinioni politiche). Conoscere e frequentare persone diverse da noi arricchisce la
nostra conoscenza del mondo, aiuta a modificare o a consolidare le nostre opinioni. In
una società democratica la diversità non è solo un dato di fatto, ma una caratteristica
essenziale, senza la quale la democrazia si trasformerebbe in un regime.

Articolo 4

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso
materiale o spirituale della società.”

Al pari di altri articoli, anche l’art. 4 sottolinea l’importanza del lavoro. Il diritto al lavoro
è qui inteso come principio e non come norma giuridica: lo Stato ha il dovere di
sviluppare le condizioni idonee a che ciascuno possa lavorare, non il dovere di trovare un
lavoro a chi ne è privo. Da questo punto di vista il diritto al lavoro è come il diritto alla
salute: tutti hanno il diritto di essere curati, ma nessuno può pretendere che lo Stato
ripristini una condizione di salute nel malato, perché un potere di questo genere non
appartiene allo Stato. Il diritto morale del singolo ad avere un lavoro va di pari passo con
il dovere a contribuire al progresso dell’intera società.
Il diritto al lavoro è stato spesso interpretato come difesa del posto di lavoro: un
lavoratore non può essere licenziato senza giusta causa. Eppure proprio questo aspetto
viene oggi da molti messo in discussione.

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