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fiscale. Questo stato, ovviamente, non presenta una costituzione in quanto non è
concepibile che esista un potere indipendente dal sovrano e dalla sua volontà.
- Il secondo tipo di stato fu quello liberale o stato di diritto: tale tipo di stato si formò a
seguito della presa del potere da parte della classe borghese a sfavore della
borghesia e dell’alto clero, in Francia, o attraverso concessioni da parte del sovrano
come accadde nel 1215 in Inghilterra con la Magna Charta de libertatum. Nel 1689 il
parlamento ottenne maggiore potere e si distaccò dai poteri del sovrano. Questo
tipo di stato differisce da quello assoluto in diversi aspetti: 1. I diritti non sono
concessi ma addirittura riconosciuti diventando quindi inviolabili; 2. Si raggiunge
una uguaglianza formale che garantisce equità in termini di giustizia e diritti; 3. I
rapporti tra potere e cittadini sono garantiti dal diritto e non dal re. Tra i diritti dello
stato liberale vi è la proprietà e la libertà dallo stato (il diritto all’iniziativa privata).
In questo tipo di stato vi è il primato della legge e la centralità del parlamento. I
sudditi diventano così cittadini e ottengono un diritto fondamentale: quello di voto.
La legittimazione del potere ora non deriva più dall’alto (da dio o dal re) ma dal
basso ossia dal popolo. In questo stato è garantita la divisione dei poteri. Le leggi
diventano generali e astratte. Tuttavia, soprattutto per l’epoca storica, questo stato
presento alcuni difetti: nonostante il concetto di uguaglianza formale, il voto era
concesso solo ad alcuni; lo stato e il modello liberale erano funzionali solo alla
borghesia che aveva vinto le rivoluzioni culturali e politiche; il parlamento era
espressione di pochi cittadini; essendo l’istruzione riservata solo a ceti più abbienti,
la figura del legislatore era espressione appunto della classe nobiliare e borghese; le
donne avevano minori diritti ed erano considerate escluse dal mondo legislativo.
- Dallo stato liberale si sviluppa lo stato liberal-democratico. Questo sviluppo avvenne
attraverso l’introduzione del suffragio universale maschile. Grazie al diritto di voto
universale, ogni classe sociale iniziò ad essere rappresentata a differenza dei tipi di
stato precedenti che garantivano una rappresentanza solo alle classi alte. In questo
stato si sviluppò la concezione di Costituzione intesa come strumento necessario per
affermare obiettivi di equità e di eguaglianza sostanziale.
- Successivo allo stato liberal-democratico, affermatosi nella seconda metà dell’800,
vi fu lo stato totalitario: questo tipo di stato nega il pluralismo politico, comprime i
diritti fondamentali e abolisce il concetto di indipendenza tra poteri.
- Lo stato sociale: questo tipo di stato si affermò tra la crisi del 29 e la seconda
guerrra mondiale. In questo tipo di stato, accanto al principio di uguaglianza formale
si affianca quello di uguaglianza sostanziale. Qui lo stato è chiamato a promuovere e
a giovare le condizioni delle classi meno abbienti e a garantire situazioni effettive di
uguaglianza. Con questa nuova concezione dello stato, esso diviene interventista
nel senso che si pone come obiettivo garantire i diritti sociali a tutti i cittadini.
Tuttavia questo stato presente un grosso limite: il costo dello stato sociale. Questo
stato nacque all’inizio del novecento a causa delle richieste della nuova classe
proletaria. In questa epoca venne ottenuto l’ampliamento del suffragio universale
maschile (Giolitti 1912). Questo tipo di stato è diverso rispetto a quello liberale che
sosteneva che lo stato doveva astenersi dalla vita individuale del cittadino: il nuovo
stato provvede a distribuire la ricchezza, istituisce la previdenza sociale e comincia
a intervenire sull’economia del territorio (ferrovia, elettricità). Il mercato non è più
sregolato ma è soggetto a regolazioni statali al fine di garantire un benessere
comune. Questo stato quindi è una evoluzione del modello liberale in quanto, oltre a
garantire i diritti, ne garantisce una concreta attuazione. In questo stato nasce
anche la plurirappresentanza essendo il legislatore non più della classe borghese ma
di diversi ceti. Nascono anche le leggi speciali, dette leggi provvedimento, che
perdono la caratteristica dell’astrattezza e della generalità.
Gli stati che presentano una costituzione forte sono detti stati costituzionali in quanto
riconoscono il primato della costituzione nella gerarchia delle fonti del diritto. Tali
costituzioni sono definite rigide in quanto sono difficilmente modificabili e subordinano
le altre leggi. Le costituzioni sono tutelate da diversi tribunali costituzionali che hanno
il compito di rilevare gli eventuali abusi del legislatore e più in generale di controllare
che tutti i pubblici poteri rispettino la costituzione.
La costituzione di uno stato è al tempo stesso una fonte del diritto, intesa come
insieme di regole e principi giuridici che disciplinano i poteri pubblici, e un mainifesto
politic che contiene una enunciazione di principi filosofico-politici relativi alla
costituzione.
Un costituzione per essere considerata tale, deve garantire la tutela dei diritti e la
separazione di poteri.
Uno stato che ha una costituzione non è per forza uno stato costituzionale in quanto i
diritti potrebbero non essere presenti e/o descritti: tali stati non sono costituzionali in
quanto la costituzione non è concepita esclusivamente come fonte del diritto ma
anche come strumento di garanzia.
Per garantire la tutela dei diritti, la storia ha indicato due tipi di modelli: la civil law
(francese) e la common law (inglese):
- la civil law, ispirata dal modello francese, predilige la proclamazione scritta dei diritti
ordinando al giudice di concretizzare tali concetti attraverso l’interpretazione e
l’applicazione delle disposizioni normative al caso concreto. La necessità di scrivere
un documento scritto fu avvertito in quei paesi come la Francia dove il passaggio
dallo stato assoluto a quello di diritto avvenne in tempi relativamente brevi.
- La common law, di materia consuetudinaria e giurisprudenziale, sostiene che i diritti
emergono e si affermano anche senza la necessità di testi scritti attraverso
progressive evoluzioni del pensiero giuridico. Si spiega così l’assenza delle
costituzioni (intesa come documento) in stati come il Regno Unito dove il sistema
costituzionale si è evoluto senza troppi problemi grazie anche al l’ausilio di
strumenti e documenti come la Magna Charta.
Grazie alla costituzione nacque il cosiddetto stato di diritto, uno stato dove si
garantisce la tutela dei diritti, la separazione dei poteri e l’affermazione del pricnpio di
legalità
La forma di stato
Si hanno sostanzialmente tre tipi di firme di stato:
- stato unitario: questo stato è “centralizzato” ossia senza autonomia locali e, gli
organi pubblici e amministrativi, risiedono interamente nella capitale
- Stato federale: in questo tipo di stato, la sovranità è divisa tra lo stato centrale e i
vari stati federali. Gli stati federati godono di enorme autonomia tanto da essere
considerati come degli Stati semi-indipendenti: possiedono una propria costituzione
e sono rappresentati in parlamento. Tuttavia, su alcuni temi come politica estera o
economica, hanno un’autorità più limitata. In questa forma di stato, gli stati federati
hanno un ruolo molto attivo e importante riguardo la revisione costituzionale.
- Stati regionali: l’Italia è uno stato regionale (gli articoli della costituzione che parlano
di questa divisione vanno dal 114 al 133). In questo tipo di stato la sovranità
appartiene allo stato centrale ma la ripartizione delle funzioni legislative ed
amministrative (ma non giudiziarie) sono tra lo stato centrale e le regioni. A
differenza dello stato federale, tuttavia, il ruolo delle regioni nel procedimento di
revisione costituzionale è molto limitato o mancante.
Bisogna ricordare che tutte queste forme di stato hanno alla base un concetto ossia
quello di decentramento: maggiore è il potere lasciato alle autonomie locali, maggiore
è il decentramento.
- Stato centrale: in questo tipo di stato vi è l’assenza di articolazioni del potere nel
territorio, vi è un solo centro (solitamente la capitale) dell’ente statuale. Ciò non
toglie che possano esserci altri organi amministrativi dislocati nel territorio ma si
badi che questo è frutto di un decentramento burocratico e non politico. Questo
modello nacque nel XVI secolo al fine di soffocare il particolarismo e la
frammentazione dell’ordinamento medioevale.
- Stato federale: in questo tipo di stato il decentramento è massimo . Per essere
considerato tale, in esso devono affiancarsi uno stato centrale ed altre entità
territoriali denominate stati membri che rappresentano le comunità locali. Esso può
nascere in due modi: per aggregazione (Stati Uniti e Svizzera) o per disgregazione
(Belgio, Germania e Austria). Per essere definito stato federale e non
confederazione, gli stati membri devono essere autonomi ma non sovrani tanto è
vero che lo stato federale è dotato di una Costituzione posta al vertice
dell’ordinamento giuridico. Lo stato federale possiede un bicameralismo, in una
camera sono rappresentati i cittadini di tutto il territorio mentre nell’altra ci sono i
rappresentati degli Stati membri.
- Stato regionale: esso può essere definito come uno stato unitario in cui operano enti
territoriali intermedi dotati di autonomia politica. Lo stato regionale non vanta radici
storiche paragonabili a quelle dello stato federale ma nasce nel novecento a seguito
di processi di parziale disarticolazione di stati centrali che decidono di concedere
qualche limitata forma di autonomia a comunità locali. Esse tuttavia non
partecipano alla revisione costituzionale, possiedono degli statuti ma non delle
costituzioni e non sono rappresentate presso lo stato centrale in un ramo del
parlamento come avviene invece negli Stati federali.
Forme di governo
Per forma di governo si intende il modo in cui il potere è distribuito e organizzato fra i
diversi organi statali: la forma di governo è quindi il mezzo con cui lo stato si prefigge
di raggiungere determinati fini.
A premessa di tutto vanno delineate le differenze tra monarchia e repubblica: nella
monarchia il Capo di stato non è ne rappresentativo ne elettivo ed è in carica per tutta
la vita. Nella repubblica invece il capo dello stato è rappresentativo ed elettivo
(direttamente o indirettamente) e ha una carica limitata.
La costituzione italiana
Da un punto di vista costituzionale, la prima forma di costituzione venne attuata nel
1848. Il 4 marzo di quell’anno, il re di Sardegna Carlo Alberto di savoia, emise e attuò
lo statuto albertino. Tale statuto limitava, anche se in modo lieve, i suoi poteri
garantendone maggiori alle camere anche se il re esercitava ancora forte peso in
relazione a ciascuno dei tre poteri: nominava i magistrati e interveniva nella funzione
legislativa mediante la convocazione e lo scioglimento delle camere e il potere di
sanzione e di promulgazione delle leggi.
I cardini della costituzione: la centralità della persona in uno stato pluralista; diritti e
doveri alla luce dell’uguaglianza sostanziale.
La costituzione ha una precisa architettura ed è articolata in 2 parti più 2 enunciazioni:
- principi fondamentali (art. 1-12)
- Parte 1 - Diritti e doveri dei cittadini (articoli 13-54) che sono a loro volta divisi in
quattro: rapporti cvili, etico-sociali, economici e politici.
- Parte 2 - ordinamento della repubblica che a sua volta è suddivisa in sei parti:
Parlamento, Presidente della repubblica, Governo, Magistratura, Regioni, Province,
Comuni e Garanzie costituzionali
- Disposizioni transitorie e finali
Nonostante la costituzione si apra coi principi fondamentali enunciati nei primi 12
articoli , si pensa che in realtà essi dovrebbero essere espressi dal testo nel suo intero.
Capitolo 2
Le fonti del diritto: nozioni generali
Sez.1 - le fonti
Le modalità di produzione delle norme giuridiche
Le norme giuridiche sono regole vincolanti che disciplinano comportamenti e rapporti
in una qualsiasi società organizzata. Nel loro insieme compongono l’ordinamento
giuridico che è un sistema in costante evoluzione poiché le regole giuridiche che ne
fanno part sono soggette a continue modifiche dovute alla necessità di aggiornare il
diritto rispetto alle inevitabili evoluzioni della società.
Tali norme sono prodotte dalle fonti del diritto che si dividono in fonti di produzione del
diritto e fonti sulla produzione del diritto:
- fonti di produzione del diritto: sono quelle fonti che immettono direttamente
nell’ordinamento le norme giuridiche che regolano la vita in comune, sono dunque
fonti di produzione del diritto quelli atti o fatti cui l’ordinamento riconosce l’idoneità
a produrre e modificare norme giuridiche.
- Fonti sulla produzione del diritto: esse sono dette anche norme riconoscimento e
hanno un ruolo strumentale perché stabiliscono come si produce il diritto: sono
dunque fonti sulla produzione del diritto quelle che indicano l’autorità, il
procedimento e l’atto con il quale le fonti di produzione possono essere create. Sono
quindi il mezzo attraverso cui l’ordinamento dispone in che modo una fonte di
produzione del diritto può correttamente dare vita ad una norma giuridica che
modifica l’ordinamento stesso.
Le fonti del diritto sono organizzate in un ordine gerarchico:
- fonti superprimarie: le fonti superprimarie sono le leggi costituzionali e la
costituzione stessa
- Fonti primarie: le fonti primarie sono la legge e gli atti aventi forza di legge
- Fonti secondarie: le fonti secondarie sono i regolamenti e le consuetudine.
Le fonti fatto scritte sono quelle prodotte da organi non appartenenti allo stato italiano
ma che nello stato italiano hanno comunque un rilievo giuridico. Come le fonti fatto
che si rifanno alle norme del diritto internazionale privato o alle fonti fatto che si
rifanno alle norme dell’Unione Europea. Le norme internazionali da un punto di vista
esterno presenta tratti di fonte atto ma appena diventa interna e applicata all’interno
dell’Italia diventa fonte fatto.
Diversamente da quelle ufficiali, quelle non ufficiali sono strumentali alla sola
conoscibilità del diritto non concorrendo a determinarne l’entrata in vigore.
Ogni legge possiede una forza, ossia l’intensità dei suoi effetti. La forza aumenta man
mano che la legge in vigore appartenga a un livello gerarchico superiore. Vi sono due
tipi di forza:
- attiva: è l’idoneità della fonte di abrogare, modificare o derogare altre fonti del
diritto. È detta invece forza passiva la capacità della stessa di resistere alla
abrogazione, alla modifica e alla deroga da parte di altre.
- Passiva: la capacità di resistere alla abrogazione, alla modifica e alla deroga da
parte di altre.
Sezione 3 - L’interpretazione
La distinzione tra disposizione e norma: l’attività interpretativa
Si è detto che le fonti del diritto producono norme giuridiche. Il passaggio dalla fonte
alla norma non è diretto e a mediarne il rapporto è la disposizione che rispetto alla
norma ha una funzione servente e strumentale.
La disposizione è l’enunciato linguistico scritto adottato dallordine che manifesta la
volontà normativa.
L’applicazione del criterio gerarchico per la risoluzione di antinomie tra fonti di grado
diverso
L’ordinamento giuridico si presenta come un sistema di fonti gerarchicamente
organizzato in cui ciascuna fonte trova una propria collocazione: al vertice si situano le
fonti di grado superprimario (costituzione e leggi costituzionali), poi le fonti di grado
primario (leggi, atti aventi forza di legge e regolamenti parlamentari) e quella di grado
secondario (regolamenti governativi) e infine le altre fonti. Il criterio da utilizzare
qualora si accerti un contrasto fra due disposizioni di grado diverso è proprio quello
gerarchico che impone di preferire la disposizione che tra la due è posta al più elevato
livello nella gerarchia delle fonti: la prevalenza della fonte gerarchicamente superiore
comporterà l’invalidità della fonte subordinata con essa confliggente. Quest’ultima,
proprio perché in contrasto con la fonte posta su un piano gerarchico più elevato,
potrà essere annullata (cioè dichiarata illegittima). Tuttavia se il contrasto si presenta
tra una fonte primaria (ad esempio una legge) e una fonte superprimaria (la
La riserva di legge
Attraverso la previsione di una riserva di legge, la costituzione prescrive che una certa
materia sia disciplinata dalla legge con esclusione o limitazione d’intervento delle fonti
normative ad esse subordinate.
Nella costituzione la riserva di legge è intesa come tutela dei diritti fondamentali.
Le ragioni per le quali la costituzione pretende che in delicati ambiti si eviti
l’intervento di atti normativi non approvati dal parlamento sono molteplici:
- in primo luogo il parlamento è l’organo rappresentativo di tutti i cittadini e le leggi
emanate sono un esito della volontà popolare. Queste garanzie invece non sono
garantite se l’atto è emanato dal governo perché il governo non esprime le volontà
dell’opposizione. Inoltre il procedimento legislativo a differenza di quello esecutivo è
trasparente in quanto i lavori parlamentari sono pubblici mentre le sedute del
governo sono più private. Inoltre gli atti del parlamento possono essere revisionati
dalla corte costituzionale.
- La riserva di legge può essere applicata sia in ambito statale sia in ambito regionale.
Si applica la legge regionale o statale a seconda dell’area di competenza prevista. Si
può applicare la riserva di legge in quanto, anche se non sono veri e propri atti del
parlamento, essi sono atti aventi forza di legge.
- La riserva di legge è formale quando la costituzione richiama un atto normativo
emanato direttamente dal parlamento.
La riserva di legge prevede quindi l’adozione di una fonte di rango primario e quindi
anche di un decreto legislativo o di un decreto-legge del Governo. Breve spiegazione:
quando il governo interviene con un decreto legislativo o un decreto legge, la volontà
del parlamento non è totalmente estromessa. Quest’ultimo infatti conserva un ruolo
significativo nel complessivo procedimento di adozione degli atti aventi forza di legge.
Abrogazione
Capitolo 3
Le singole fonti del diritto
1. La costituzione
La prima fonte del diritto è la costituzione, essa è una fonte superprimaria.
L’iniziativa legislativa
Per quanto riguarda l’iniziativa legislativa, la corte costituzionale ha affermato che
l’iniziativa legislativa è riservata a: il governo, a ciascun parlamentare, a 50.000
elettori e gli altri organi di enti indicati da leggi costituzionali in cui non si opera il cui
riferimento alla fonte dell’atto che viene proposto: I soggetti legittimati a presentare
un progetto di legge costituzionale, dunque, sono i medesimi che hanno facoltà di
presentare un progetto di legge ordinaria.
La fase di approvazione
La fase di approvazione è disciplinata nella sua specificità dell’articolo 138 della
costituzione. La norma delinea, come già più volte detto, un procedimento che si
definisce aggravato perché è più complesso rispetto a quella descritta dall’articolo 72
della costituzione ossia quello per l’approvazione delle leggi ordinarie. La gravità della
procedura risponde alla più volte richiamata esigenza di sottrarre il testo
costituzionale alla volontà delle mutevoli maggioranze semplici presenti in
parlamento. A differenza della legge ordinaria, per la quale è richiesta una sola
deliberazione con votazione a maggioranza semplice, l’articolo 138 della costituzione
prevede che le leggi costituzionali siano adottate con due successive deliberazioni ad
intervallo non minore di tre mesi e a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna
camera nella seconda votazione. Sia la camera sia Senato devono quindi esprimersi
due volte sul medesimo testo; la prima volta a maggioranza semplice (maggioranza
dei presenti), la seconda a maggioranza assoluta (maggioranza dei componenti), con
una deliberazione che non può intervenire prima che siano trascorsi tre mesi dalla
precedente. L’intervallo di tempo di tre mesi ha come obiettivo quello di obbligare
senatori e deputati, dopo la prima votazione, a riflettere sull’opportunità di proseguire
nell’iter di approvazione di una legge tanto importante quanto è una legge
costituzionale.
Se nell’ambito della prima deliberazione ciascuna camera può provare modifiche al
progetto di legge costituzionale, Questo potere correttivo è invece preclusa nella fase
della seconda di deliberazione, che costa solo del voto, confermativo negativo sul
testo complessivo approvato in prima deliberazione. Nonostante si è detto che nella
seconda deliberazione è necessaria la maggioranza assoluta potrebbe accadere,
tuttavia, che in parlamento si riesco ottenere un consenso ancora più ampio. L’articolo
138 della costituzione prevede che se in seconda deliberazione si raggiunge in
ciascuna camera la maggioranza dei due terzi dei componenti, la legge può essere
trasmessa direttamente per la sua promulgazione il presidente della Repubblica,
successivamente pubblicata ai fini della sua entrata in vigore. Diversamente, se in
seconda deliberazione le leggi costituzionali ottengono la maggioranza assoluta,
l’articolo 138 della costituzione prescrive che esse siano sottoposte a referendum
popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un
quinto dei membri di una camera o 500.000 elettori o cinque consigli regionali.
Il referendum costituzionale
Nel caso invece in cui la consultazione referendaria sia richiesta e conseguentemente
indetta, L’articolo 138 della costituzione stabilisce che la legge non è promulgata se
non è approvato dalla maggioranza dei voti validi. Come si vede, lo svolgimento di un
referendum costituzionale è un’ipotesi meramente eventuale e sendo la decisione
circa modifiche delle più importanti regole della vita consociata rimessa
primariamente alla rappresentanza politico parlamentare, mentre il popolo può
intervenire successivamente solo come istanza di freno, di conservazione di garanzia
ovvero di conferma successiva rispetto alla volontà parlamentare di revisione già
perfetta che in assenza di un pronunciamento popolare consolida comunque i propri
effetti giuridici. Si ritiene che il referendum abbia un carattere o positivo: a confermare
la natura oppositiva del referendum costituzionale e il suo essere strumento di
garanzia delle minoranze è, poi, la mancata previsione di un quorum partecipativo.
Mentre il referendum abrogativo disciplinato dal articolo 75 della costituzione è valido
solo se partecipa alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto, perché la
legge costituzionale o di revisione costituzionale sia bloccata è sufficiente invece che
si esprima in tal senso la maggioranza dei votanti, risultando indifferente quanti siano
stati i partecipanti al voto.Qualora l’esito del referendum sia favorevole alla legge
costituzionale, questa sarà promulgata dal presidente della Repubblica nuovamente
pubblicata ai fini della sua entrata in vigore.
Limite espresso
Un limite espresso alla revisione costituzionale è per esempio quello dell’articolo 139
della costituzione che sostiene che la forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale.
Limite implicito
Riprendi i limiti impliciti e desumibili
Iniziativa legislativa
L’iniziativa legislativa ossia il potere di presentare proposte di legge è affidato a
diversi soggetti:
I disegni di legge emanati dal governo sono solitamente presentati dal ministro o dai
ministri che detengono la competenza in quell’ambito.
L’iniziativa parlamentare
Ogni deputato e ogni senatore ha titolo per presentare progetti di legge. Possono
essere firmatari dello stesso progetto anche più parlamentari. L’unico limite che
questa prerogativa incontra è l’impossibilità di sottoscrivere proposte di legge nelle
materie riservate all’iniziativa governativa.
L’iniziativa popolare
La costituzione prevede che 50.000 elettori possano presentare un progetto di legge
redatto in articoli. Tale disciplina è regolata dalla legge n.352 del 1970: essa disciplina
le modalità di raccolta delle firme e richiede che il progetto ne illustri anche le finalità
e le norme. L’iniziativa popolare incontra il solo limite rappresentato dall’impossibilita
di presentare progetti di legge su materie riservate all’iniziativa governativa. Si tratta
di uno strumento di democrazia diretta che, tuttavia, ha trovato scarsa applicazione.
7. Fase dell’approvazione
L’approvazione della legge richiede che entrambe le camere, essendo il nostro un
bicameralismo paritario perfetto, si esprimano favorevolmente sul medesimo testo.
Una volta che progetto di legge è stata approvata da una delle due camere, essere
trasmesso all’altro ramo del parlamento. Se la seconda camera approva degli
emendamenti testa dura tornare alla prima camera per una nuova approvazione. L’iter
di approvazione da seguire in ciascuna camera trova la sua disciplina nell’articolo 72
della costituzione e nelle norme dei regolamenti parlamentari. Il procedimento
legislativo vede sempre con volte le commissioni parlamentari permanenti, più
precisamente quale competenti per materia di volta in volta considerata dal progetto
di legge.
A seconda del ruolo che la commissione permanente è chiamata a svolgere
nell’ambito dell’iter di approvazione della legge, si possono distinguere tre diverse
modalità di approvazione delle leggi:
1) procedimento ordinario, 2) procedimento decentrato, 3) procedimento misto.
Procedimento decentrato
Il comma 3 dell’articolo 72 consente al regolamento parlamentare di stabilire che in
alcuni casi la commissione possa approvare definitivamente la legge senza bisogno di
una votazione dell’assemblea. In questo caso la commissione ha anche il compito di
giungere anche alla deliberazione conclusiva dell’Iter parlamentare. Si tratta di una
procedure per materie meno importanti, nel caso di: leggi finanziarie, costituzionali ed
elettorali ecc, questo procedimento non può essere attuato.
Nonostante ciò, tale procedimento di legge può essere rivisto su richiesta di un decimo
dei parlamentari o su richiesta del governo.
Procedimento misto
Questo procedimento non è disciplinato dalla costituzione ma dai regolamenti
parlamentari. È una via intermedia tra il procedimento ordinario e il procedimento
decentrato. Alla commissione è rimesso l’esame del progetto e il voto sugli eventuali
emendamenti, mentre all’Assemblea spetta unicamente la votazione sui singoli articoli
e sul t3sto finale, senza possibilità di approvare emendamenti.
Testi unici
Un tipo anomalo di delega legislativa è quella con cui si attribuisce al governo il
compito di raccogliere tutte le disposizioni normative vigenti nell’ordinamento in una
determinata materia, in questi casi l’atto normativo è definito testo unico. Il testo
unico serve a riordinare un certo ambito di disciplina soprattutto quando complicato
da un’eccessiva produzione normativa. La particolarità della delega legislativa con la
quale è conferito tale potere al governo sta nel fatto che spesso il parlamento non
indica i principi e criteri direttivi cui l’esecutivo si deve attenere; questi sono
implicitamente ricavabili dal complesso delle leggi che il governo è tenuto a riordinare.
Rango variabile
Il rango che le fonti dell’ordinamento internazionale assumono quando abbiamo fatto
ingresso nel nostro ordinamento è variabile. La regola generale è che esso corrisponda
al rango della fonte del diritto interno responsabile del loro recepimento.
L’Italia recepisce la fonte esterna in due modi: rinvio fisso e rinvio mobile. Il primo
richiama una specifica disposizione straniera senza attribuire rilievo alcuno ad
eventuali sue modifiche; il rinvio mobile, invece, richiama una determinata fonte del
diritto straniero, comportando in questo modo un adattamento automatico del nostro
sistema alle eventuali correzioni che siano apportate nel tempo a quella disciplina.
Le consuetudini internazionali
Appartengono ad una prima tipologia di fonti internazionali le norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute alle quali si è fatto già cenno. Si tratta di
regole non scritte vincolanti per tutti gli stati membri della comunità internazionale,
le quali assurgono al rango di fonte del diritto nel momento in cui, siano venute a
verificarsi due condizioni:
1. Che quella regola di condotta sia osservata dalla generalità degli Stati
costanemtene (elemento oggettivo)
2. Che questo comportamento conformativo discenda dalla convinzione degli
Stati di doverlo tenere in forza di un obbligo giuridico (elemento soggettivo)
L’adattamento automatico
L’adattamento al nostro sistema giuridico di una disposizione internazionale avviene ai
sensi di quanto risponde l’articolo 10 della costituzione il quale prevede che
l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute.
Dal testo si può dedurre che la consuetudine internazionale, per avere effetti nel
nostro ordinamento, non deve essere supportata da leggi interne del nostro
ordinamento giuridico.
L’adattamento è automatico, quindi, in quanto l’articolo 10 funge da trasformatore
permanente di tutte le consuetudini internazionali in fonti dell’ordinamento italiano.
internazionali sono fonti scritte che vincolano unicamente quei paesi che li abbiano
specificatamente sottoscritti e ratificati.
Procedimento
Il procedimento che porta alla formazione di un trattato internazionale si articola in più
fasi. La prima fase è quella dei negoziati, che si concludono con la stipula dell’accordo
da parte di un rappresentante del governo. La seconda fase è quella che porta alla
ratifica del trattato, con la quale lo stato dichiara di aderire al testo della convenzione.
La terza è quella che, passando per lo scambio tra gli stati interessati dei rispettivi
strumenti di ratifica, fa sorgere la responsabilità di tipo internazionale degli uni nei
confronti degli altri. L’ultima fase, quella dell’ordine di esecuzione, determina invece la
produzione di effetti giuridici della fonte internazionale all’interno del sistema italiano.
La ratifica
Le fasi della ratifica e dell’esecuzione del trattato internazionale sono disciplinate da
ciascun ordinamento secondo regole proprie. Nel nostro ordinamento, gli articolo 80 e
87 della costituzione, assegnano al presidente della repubblica la competenza a
ratificare, mediante proprio decreto, i trattati internazionali. La ratifica è competenza
del parlamento invece quando riguarda trattati che sono di natura politica, o
prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od
oneri alle finanza o modificazioni di leggi.
La legge in questione deve essere approvata seguendo la procedura ordinaria di
esame e non può essere abrogata per via referendaria. L’ordine di esecuzione per
prassi è contenuto nella stessa legge di autorizzazione alla ratifica del trattato. Se la
materia regolata dalla fonte pattizia non rientra negli ambiti materiali delineati
dall’articolo 80, il presidente della repubblica potrà direttamente procedere alla
ratifica costituzionale.
Talvolta, alcuni accordi possono essere approvati solo con l’accordo da parte di un
rappresentante del governo, senza l’assenso del presidente della repubblica.
Il controllo sul rispetto dei limiti ulteriori individuati dalla corte costituzionale.
La corte costituzionale ha trattomdalleticolo 75 limiti ulteriori rispetto a quelli appena
visti, finendo per ampliarne comsideralmente il novero. I limiti espressi dalla corte
costituzionale sono su referendum di materia tributaria, internazionale e di bilancio,
che sono considerati referendum illegali. In secondo luogo, la corte ha anche
affermato che non sono ammissibili referendum abrogativi sulla costituzione, su legggi
costituzionali e su tutti gli atti legislativi dotati di una forza passiva peculiare. La corte
ha inoltre escluso che possano svolgersi referendum aventi per oggetto leggi a
contenuto costituzionalmente vincolato ovvero quelle leggi “il cui nucleo normativo
non possa venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i
corrispondenti specifici disposti della costituzione stessa”. In altre parole, si tratta
delle leggi che attuano la costituzione nel solo modo possibile.