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l diritto comune e il rapporto con i diritti particolari (fondamenti teorici

e sistema delle fonti)

Il diritto longobardo-franco continua a essere normativa vigente in alcune regioni (in


particolare nel ducato di Benevento) dove costituiva un diritto comune integrabile
dal diritto romano solo in caso di lacuna

La nuova scienza del diritto ebbe origine in Italia (vertice della civiltà economica, culturale
e artistica) in particolare nella città di Bologna, e fu la matrice di un insieme di norme e
dottrine che assunsero la denominazione di “diritto comune” (Con l'espressione "diritto comune"
(in lingua latina ius commune) si indica nella storiografia del diritto, l'esperienza giuridica che si sviluppò nell'Europa
continentale dall'XI secolo fino alle codificazioni del XIX secolo, influenzata dal diritto romano):
- diritto comune civile, che assunse come sua base normativa fondamentale la
compilazione giustinianea e dunque il grande lascito del diritto romano classico e
postclassico;
- diritto comune canonico, relativo alla Chiesa;
entrambi universali e comuni perché costituiti da norme generali e superiori rispetto a
quelle dei tanti diritti particolari e speciali.
Dall’esempio o modello bolognese nacquero numerose altre università italiane ed europee.

I DIRITTI PARTICOLARI Il sistema di diritto comune


• Sistema caratterizzato da una pluralità di fonti concorrenti: l’ordinamento si
scompone in più diritti differenti:
1) Dal punto di vista oggettivo > diritti locali: fonti di carattere locale (statuti,
consuetudini) che definiamo ius proprium
2) Dal punto di vista soggettivo > diritti particolari: in relazione allo status delle
persone, riflettono la stratificazione in ceti, ordini, stati, e la frammentazione
in enti associativi tipici della società medievale
• Se pensiamo che le differenziazioni a livello oggettivo e soggettivo operavano
congiuntamente, il sistema di diritto comune risulta molto complicato

I diritti particolari
• Dal punto di vista sostanziale: la disciplina giuridica di una situazione tollera una
serie di deroghe a vantaggio o a svantaggio di determinate categorie di persone
Ad es. nel diritto penale, lo status personale del reo influisce sulla determinazione
(anche qualitativamente) della pena (influisce anche la condizione della persona
offesa)
• Dal punto di vista giurisdizionale: in collegamento col variare della disciplina
sostanziale, pluralità di giurisdizioni, ciascuna competente a decidere la causa in
relazione allo status personale delle parti

Il diritto longobardo
Il diritto longobardo, più precisamente longobardo–franco, aveva trovato nella
compilazione detta Lombarda, una sistemazione per materie che continuò ad
essere vigente nelle regioni d’Italia più germanizzate, come soprattutto nel ducato
di Benevento, ove il diritto longobardo fu considerato un vero e proprio diritto
comune, integrabile dal diritto romano solo in caso di lacuna.
Ci furono giuristi dotti che si dedicarono allo studio del diritto longobardo allo
scopo di approntare strumenti per la pratica legale: 1) Andrea da Barletta, che trattò
le differentiae tra il diritto romano e il longobardo. Ricordò che un piccolo avvocato,
usando un’appropriata citazione dei testi longobardi, aveva prevalso su un esperto
di diritto romano; 2) Carlo di Tocco, autore di un apparato che diverrà la Glossa
ordinaria alla Lombarda nelle edizioni cinquecentesche.
Le Costituzioni di Melfi di Federico II (1231) richiamavano la vigenza di due diritti
comuni - il longobardo e il romano - sussidiari rispetto alla normativa regia.
Ma le differenze non scomparivano, perciò vari autori raccolsero tali differenze in
opere ad uso dei giuristi. Ad esempio:
- per il diritto longobardo la maggiore età si raggiungeva a 18 anni anziché a
25;
- il diritto longobardo privilegiava per la successione legittima la linea degli
agnati (discendenza o parentela da uno stesso capostipite maschio: padre, figlio,
nipote, pronipote...) piuttosto che quella dei cognati (discendenza o parentela
femminile: madre, figlia, nipote femmina, pronipote femmina... La differenza tra adgnatio e
cognatio e la preferenza dell’adgnatio sulla cognatio, era essenzialmente rivolta a
preservare il patrimonio delle famiglie che con la successione legittima poteva essere
ereditato da altre famiglie. Infatti, se si seguiva la linea maschile-adgnatio il patrimonio
della famiglia era assicurato perché tramandandosi il cognome si tramandava anche il
patrimonio, se invece si seguiva la linea femminile-cognatio il patrimonio
automaticamente passava sotto il nome della famiglia in cui entrava a far parte la figlia
sposandosi con un suo componente);
- la pena prevista per il reato di furto era maggiore del doppio.

2.8 Il Diritto Comune


Il diritto comune
- la renovatio imperii
- unum ius, unum imperium
- dall'unum ius al ius commune
- ius commune e iura propria
- l'utrumque ius

Il Sacro Romano Impero


• Renovatio Imperii: Ideale, vagheggiato in tutto il Medioevo, di restaurazione
dell’antica potenza imperiale romana, elevata dalla missione ancor più
universalistica del cristianesimo, che in Roma aveva il suo centro. Sostenuto già da
Carlomagno, il concetto trovò poi una sua formulazione esplicita alla fine del 10°
sec. con Ottone III.  idea della restaurazione dell’Impero Romano d’Occidente,
affermata da Carlo Magno e compiutamente formulata nell’età degli Ottoni
• Il Sacro Romano Impero è l’ideale continuatore dell’antico Impero romano  ha
un’auctoritas superiore a tutti gli altri ordinamenti

Universalismo
• L’Impero è universale > unità politica e religiosa di tutti i popoli dell’Europa
• Da un punto di vista giuridico l’universalismo dell’Impero si traduce
nell’aspirazione a una lex communis a tutti i popoli dell’Impero
• All’idea di coesione politico-religiosa corrisponde l’ideale di unità giuridica
• L’Impero è il depositario del diritto romano
• Questa idea non è assente nell’alto medioevo, ma viene compiutamente elaborata
dalla dottrina solo a partire dal XII sec.

La riscoperta della compilazione giustinianea (fine XI-inizio XII sec.)


• Per i glossatori la compilazione giustinianea è legge vigente
• Il diritto romano, in quanto diritto dell’Impero, ha una legittimazione ad essere lex
communis per tutti i popoli dell’Impero
• Dalla superiorità dell’Impero deriva la superiorità del diritto romano
(legittimazione della vigenza del diritto romano)

Unum Imperium, unum ius


• L’Impero è l’ordinamento universale di tutti i popoli, quindi il diritto universale che
deve reggere tutti i popoli è il diritto dell’Impero > diritto romano della compilazione
giustinianea

Quaestiones de iuris subtilitatibus (XII sec.)


• «aut unum esse ius, cum unum sit imperium, aut si multa diversaque iura sunt, multa superesse regna»
• «quisque populus ipse sibi ius constituit ius proprium est ipsius civitatis. Hinc evenit ut multi populi non
modo moribus verum etiam scripto constituant sibi iura legibus contraria»

Ius commune
• Occorre conciliare il principio ideale dell’unum ius nell’unum Imperium con la
pluralità di diritti nell’Impero
• Il concetto di unum ius evolve in quello di ius commune per la concreta situazione
politica dell’Impero medievale, caratterizzata da una pluralità di ordinamenti
giuridici locali e particolari ciascuno con un proprio diritto (monarchie, comuni,
feudi, signorie, corporazioni ecc.)
• Il diritto romano imperiale (universale e generale) coesiste con i diritti locali e
particolari > conciliazione tra unità e pluralismo
Unum ius come ius commune
• Unità da cui deriva la molteplicità («omnis multitudo derivatur ab uno»)
• L’idea del diritto comune nasce dal fondamento universalistico dell’Impero
• Inizialmente il diritto comune è in una posizione di preminenza gerarchica rispetto
ai diritti particolari > diritto superiore ai diritti particolari che postulano sopra di sé
una normativa generale

Il diritto comune come diritto sussidiario


• Si afferma la precedenza degli iura propria rispetto al diritto comune
• Il diritto comune ha una funzione suppletiva  colma le lacune degli iura propria
• Concezione più aderente alla realtà politica del DueTrecento (definitiva
affermazione degli ordinamenti locali e particolari)
• Il diritto comune è normativa sussidiaria delle concorrenti (non più subordinate)
normative locali e personali che hanno assunto di fatto un’efficacia prevalente (i
giuristi giustificano le autonomie)

L’utrumque ius
• Impero e Chiesa sono ordinamenti distinti, ma hanno il medesimo fine (ordinatio
ad unum)
• Specialis coniunctio tra diritto romano (dell’Impero) e diritto canonico (della
Chiesa) • Entrambi formano il diritto comune
• N.B. nelle materie nelle quali il diritto canonico ha una specifica competenza (ad
es. nel matrimonio) non costituisce normativa sussidiaria (non accetta deroghe né
limitazioni)

Il diritto comune
• Diritto romano-canonico così come interpretato dalla dottrina e dalla
giurisprudenza di età medievale e moderna e accolto come diritto sussidiario nel
sistema delle fonti degli ordinamenti europei

Cap.15.3 “Ius commune” e “ius proprium”


Il diritto comune civile fondato sui testi della Compilazione giustinianea e
sull’opera dei Glossatori e dei Commentatori conobbe un successo straordinario,
non solo in Italia ma in tutta Europa.
La formazione universitaria, sul modello bolognese, ebbe l’effetto di diffondere non
solo le tecniche di interpretazione e di argomentazione, ma anche i contenuti del
diritto comune; ciò anche grazie allaa Chiesa, che applicava il diritto romano
assieme alle norme canonistiche.
In alcune regioni il diritto comune fu recepito attingendo direttamente dai testi
giustinianei; così nella Francia meridionale, nei paesi di droit ecrit, legittimati da
Filippo il bello nel 1312 (vedi pag. 85).
Così in Catalogna, dove il Liber iudiciorum venne sostituito dalle norme
giustinianee.
In Castiglia, invece la disciplina delle Partidas venne accolta a metà del Trecento.
(Partidas:Codice (più compiutamente Ley de las Siete Partidas «Legge delle sette parti»)
promulgato per il regno di Castiglia dal re Alfonso X il Saggio nel 1265, con lo scopo di
eliminare la straordinaria varietà giuridica in vigore, sostituendola con un corpo di leggi
unitario. Il privilegio accordato alle fonti giustinianee e canoniche, rispetto al diritto
consuetudinario, non ne favorì la buona accoglienza nel popolo, che le respinse con la
violenza, tanto che la loro pubblicazione fu a lungo rinviata, e solo nel 1348 fu promulgata
da re Alfonso XI). Le Partidas (applicate anche in Portogallo) escludevano il ricorso
diretto al diritto comune, ma la dottrina spagnola attingerà alla dottrina europea,
basata sulle fonti di Giustiniano.
Nella Francia del Nord prevalevano le consuetudini locali, ma il diritto comune era
normativa di riferimento.
Nell’Italia dei Comuni la regola era la doppia vigenza dei diritti locali e del diritto
comune: il giudice doveva anzitutto applicare lo statuto e in caso di lacune far
ricorso al diritto comune.
Eccezione faceva Venezia (vedi pag. 73) dove, si stabilisce che le lacune del diritto
scritto veneziano debbano essere colmate, ricorrendo, nell’ordine, all’analogia, alle
consuetudini locali e all’arbitrio del giudice.
Da ciò era desumibile che la normativa locale, detta Ius proprium, doveva avere la
priorità su quella del diritto comune garantendo così che le norme consuetudinarie
o quelle ex novo in sede locale venissero effettivamente applicate anche se fossero
state contrarie rispetto a quanto disposto da diritto comune. Anche i diritti
particolari prevalevano sul diritto comune in quanto relativi a presone e a rapporti
speciali: ad es. per il diritto feudale.
Potrebbe sembrare con ciò che il peso specifico del diritto comune venisse
drasticamente sminuito rispetto allo ius proprium locale ed anche rispetto ai diritti
particolari, che su di esso avevano la precedenza. Ma sarebbe stata una conclusione
errata per diverse ragioni:
- in primo luogo si deve considerare che una larga parte degli istituti
dell’ordinamento, in particolare quelli di diritto civile riguardanti i diritti
della persona, i diritti di proprietà, di successione... era assente dalla
normativa statuaria perché la disciplina romanistica, integrata dalla dottrina,
veniva accettata senza variazioni quale valida base normativa; sicché in tutti
questi settori era direttamente il diritto comune ad essere applicato in
assenza di una norma locale.
- In secondo luogo, l’interpretazione di molti termini e di molti istituti, pur
menzionati nello statuto, veniva elaborata facendo ricorso alle categorie e alle
disposizioni del diritto comune.
- In terzo luogo, la tesi dominante fu di considerare la normativa dello ius
proprium come normativa di eccezione rispetto a quella dello ius commune e
come tale, non estendibile per analogia. A questo proposito sui modi e sui
limiti dell’interpretazione dello statuto, taluni giuristi ebbero opinioni spesso
contrastanti; alcuni negarono l’interpretazione analogica dello statuto nelle
ipotesi di un caso non prevedibile; altri invece consideravano estendibile per
analogia lo statuto se la sua ratio sussisteva nel caso in esame.
Dalla somma di questi criteri il risultato fu quello che il diritto comune conservava
uno spazio davvero molto ampio di applicazione anche in presenza di
un’abbondante normazione locale in continua evoluzione.

Cap.15.6 I due diritti universali: “utrumque ius”


Non dobbiamo dimenticare che il diritto comune, nato dalla nuova scienza del
diritto bolognese, oltre a comprendere ed essere costituito dal diritto civile romano,
comprendeva ed era costituito anche da un altro grande sistema normativo
universale, il diritto canonico.
I confini tra diritto comune civile e diritto comune canonico erano in teroia chairi,
in quanto il primo regolava la sfera dei rapporti secolari, il secondo la sfera
spirituale. La Glossa accursiana scolpì tale rapporto con una doppia negazione
incrociata:” né il papa nelle questioni secolari, né l’imperatore nelle questioni
spirituali”.
Tesi ribadita da Baldo.

Se da un lato però la distinzione tra le due sfere era piuttosto netta, dall’altro,
qualora l’applicazione delle leggi civili avesse indotto al peccato, esse dovevano
essere derogate, preferendo l’applicazione delle leggi canoniche e permettere così la
salvezza dell’anima.
Si discusse aspramente in merito alla competenza giurisdizionale, se temporale
(dello Stato) o spirituale (della Chiesa nel caso di un negozio rafforzato da
giuramento, poiché uno spergiuro era anche un peccato.
Secondo Cino da Pistoia - che come Dante era fautore dell’autonomia dell’Impero
rispetto al papato - solo i reati direttamente legati alla religione dovevano rientrare
nella giurisdizione del giudice canonico, non invece altri reati anche se frutto di un
peccato; era un’usurpazione la competenza canonistica con il pretesto del peccato.
Ad ogni modo i destinatari di questi due ordinamenti universali, il civile e il
canonico, erano le stesse persone, il che rendeva ancora più arduo il loro rapporto e
discusso il loro sottile confine, tra ciò che era di Cesare e ciò che era di Dio.

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