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Che cos’è il diritto: un sistema di regole per la soluzione di conflitti tra gli uomini. La funzione del diritto è di proibire
l’uso della violenza per la soluzione di conflitti; dunque, di risolvere i conflitti attraverso regole predeterminate, le quali
stabiliscono quale fra gli interessi in conflitto sia degno di protezione e debba prevalere e quale debba soccombere.
Questo sistema concorre alla funzione complessiva di adeguare i rapporti tra gli uomini, nella loro complessità, ad un
modello di ordinata convivenza, di realizzare un equilibrio generale e stabile fra i diversi interessi in conflitto nella
società.
Questi sistemi di regole mutano nel tempo, si diversificano nello spazio: un elemento di rottura fondamentale è stato,
tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, la transizione da antica società agricola a moderna società industriale, resa
possibile dalla tecnologia.
È profondamente cambiata anche l’organizzazione civile attraverso il tramonto dell’antica famiglia patriarcale,
sostituita dall’avvento della moderna famiglia coniugale.
L’organizzazione giuridica: occorre che ad una superiore autorità sia riconosciuta la preliminare funzione di creare
regole per la soluzione dei conflitti, e in secondo luogo che vi sia attribuita la funzione di applicare quelle regole per
risolvere conflitti di volta in volta insorti.
Se si considera la società attuale, vi sono 3 ordini di autorità investite del potere di creare diritto:
- lo Stato
- l’UE
- una serie di autorità infrastatuali: sono Regioni ed enti locali.
Il potere di creare diritto è inoltre separato dal potere di applicarlo.
Complessità del diritto: l’intensità dei rapporti economici, il livello delle culture, la molteplicità degli interessi sociali in
conflitto tra loro e l’acutezza dei conflitti sono i principali fattori che rendono complesso il nostro sistema di diritto.
Il sistema è complesso sia per aspetti:
- quantitativi (grande estensione dei codici, migliaia di leggi promulgate ogni anno dagli Stati)
- qualitativi (nelle migliaia di controversie instauratesi ogni anno nei tribunali, il diritto da applicare può
apparire incerto, e il compito del giudice è quello di stabilire quale delle diverse regole che coesistono
all’interno del sistema sia la regola secondo la quale risolvere il conflitto).
Il diritto e gli altri sistemi di regole: il diritto è distinto da altri sistemi di regole che governano la convivenza umana,
come:
- i principi della morale
- le regole del costume
- i comandamenti delle religioni
Il contenuto di queste regole spesso coincide con i contenuti del diritto, che talvolta le richiama. Questi sistemi di
regole hanno, talvolta, una intrinseca forza obbligante superiore a quella del diritto, ma sono sistemi di regole ai quali
si obbedisce solo per interiore adesione ai valori che esprimono, non per esterna coercizione.
Il diritto si distingue per il carattere della coercitività: esso è altresì un sistema organizzato per imporre l’osservanza
delle proprie regole.
Quando è materialmente possibile, vengono eliminate le conseguenze della trasgressione (es. demolizione di un
edificio, esecuzione forzata di un debito), mentre per i casi in cui questo non sia possibile, l’osservanza del diritto è
assicurata dalla minaccia delle sanzioni, che per le più gravi trasgressioni assumono il carattere della pena.
Legittimazione del diritto: da un punto di vista formale, il diritto è un insieme di comandi a cui si deve ubbidire e si
legittima solo in forza del potere di cui sono investite l’autorità che lo emana e quella che ha il compito di farlo
osservare.
Il diritto vigente in un dato tempo e luogo: è l’espressione della società di quel tempo e luogo, il riflesso di quella data
civiltà, la traduzione in regole di comportamento delle forme di vita economica e civile della società. Esso vige perché
accettato dalla maggior parte di coloro che vi sono sottoposti; infatti, la sua legittimazione è il consenso.
Il diritto e lo Stato
Stato: fondamentale forma di organizzazione politica della convivenza umana. Ogni Stato esercita la propria sovranità
su un dato territorio e sulla collettività in esso stanziata.
Sovranità: potere originario, ossia non derivante da alcun superiore potere, di governare un determinato territorio, la
originaria potestà di imperio, o di comando, su quanti vi si trovino.
Lo Stato si presenta come un soggetto astratto, un ente o persona giuridica, che per mezzo dei suoi apparati
esercita la sovranità sugli altri soggetti.
Lo Stato è la moderna forma di organizzazione politica della società: modello delineato tra XVI e XVII sec. In Gran
Bretagna, Francia, Germania, per poi estendersi gradualmente e diventare un modello pressoché universale.
I caratteri fondamentali sono l’unità e la concentrazione del potere sovrano: tutto il potere è nello Stato, qualsiasi altra
concorrente autorità è disconosciuta.
Diritto pubblico: diritto che regola i rapporti ai quali partecipa lo Stato, o altro ente pubblico.
Protegge l’interesse generale della collettività. Riguarda quei rapporti ai quali lo Stato (o altro ente pubblico) partecipa
quale ente dotato di sovranità.
Si può definire come il sistema di norme che regola i presupposti, le forme e i modi di esercizio della sovranità, della
quale sono investiti gli apparati dello Stato/enti pubblici che concorrono con essi all’esercizio della sovranità.
Il concetto di diritto pubblico è perciò implicito nel concetto di Stato di diritto.
È diritto pubblico quello che regola l’organizzazione dello Stato e i rapporti autoritativi.
Il diritto pubblico, a sua volta, si articola in:
Diritto costituzionale: attiene alle regole fondamentali di organizzazione dello Stato-comunità e dello Stato-
apparato.
Diritto amministrativo: riguarda i compiti e l’attività degli apparati dell’esecutivo e degli enti pubblici.
Diritto penale: regola la potestà punitiva dello Stato.
Diritto processuale: attiene all’esercizio della giurisdizione, ossia dell’attività dei giudici di applicazione del
diritto ai casi concreti, si suddivide in diritto processuale civile e diritto processuale penale.
La possibilità per gli apparati dello Stato/enti pubblici di stabilire con i privati rapporti autoritativi, basati sulla
sovranità, può essere concessa dal diritto con maggiore o minore larghezza:
in Italia vige il modello dello Stato a diritto amministrativo: l’attività degli enti pubblici si svolge per atti autoritativi
regolati dal diritto amministrativo.
Negli stati di common law, ad esempio la Gran Bretagna, la pubblica amministrazione agisce invece secondo il diritto
privato.
In ogni caso, i principi dello Stato di diritto esigono ovunque che la pubblica amministrazione non possa fare uso di
poteri autoritativi se non quando la legge la autorizzi a farne uso.
In mancanza di una norma di legge che le riconosca poteri autoritativi la pubblica amministrazione resta sottoposta al
diritto privato comune.
L’applicazione del diritto privato caratterizza poi un intero e vasto settore dell’attività pubblica: quello dell’attività
economica. Le imprese esercitate dallo Stato o da enti pubblici sono quindi sottoposte alle medesime norme
applicabili alle imprese private.
Ogni norma giuridica inoltre stabilisce quale degli interessi in conflitto sia degno di protezione e debba prevalere e
quale debba soccombere: prescrive obblighi e divieti per impedire la realizzazione di interessi valutati come non degni
di tutela e consentire la realizzazione di interessi degni di tutela.
Ogni rapporto tra uomini regolato dal diritto oggettivo è un rapporto giuridico, si distingue:
- un soggetto passivo al quale la norma impone un dovere
- un soggetto attivo nell’interesse del quale il dovere è imposto
Diritto soggettivo: indica la pretesa di un soggetto a che altri assuma il comportamento prescritto da una norma. È
l’interesse protetto dal diritto oggettivo, la pretesa di un soggetto ad esigere da un altro soggetto l’osservanza di un
dovere che una norma impone al secondo nell’interesse del primo.
La tecnica di formulazione dei precetti non segue sempre lo schema dell’imposizione di un dovere ad un soggetto, alla
quale si ricollega il riconoscimento del diritto di un altro soggetto di pretendere l’osservanza del dovere altrui.
Spesso la tecnica di formulazione è rovesciata: la norma riconosce un diritto ad un soggetto, ossia la pretesa di esigere
da altri un dato comportamento. Vi si ricollega un dovere di comportamento altrui.
Potere sovrano: quelle norme di diritto pubblico che impongono obblighi o divieti a protezione di interessi generali,
ossia che si riferiscono all’intera società e che nessun membro di questa può considerare anche come proprio
interesse (es. obbligo di pagare le tasse o di prestare servizio militare).
In questi casi la pretesa di esigere l’osservanza degli obblighi/divieti imposti dal diritto oggettivo spetta allo Stato/ente
pubblico in quanto soggetto che impersona l’intera società: al
dovere giuridico del soggetto passivo si contrappone un potere sovrano del soggetto attivo detto potestà di imperio.
Le norme poste a tutela di interessi generali della società proteggono, al tempo stesso, anche l’interesse particolare
dei singoli membri, e con il potere sovrano di esigerne l’osservanza spettante allo Stato, concorre il diritto soggettivo
dei singoli.
Entro la categoria dei diritti soggettivi:
1. Diritti assoluti: sono quelli riconosciuti ad un soggetto nei confronti di tutti (erga omnes).
Il tipico diritto assoluto è la proprietà: al diritto del proprietario corrisponde il dovere di tutti di astenersi
dall’utilizzazione della cosa di proprietà altrui.
Ai diritti assoluti appartengono:
o i diritti reali (diritti assoluti sulle cose)
o i diritti della personalità (diritti assoluti riconosciuti a tutela della persona umana)
2. Diritti relativi: diritti che spettano ad un soggetto nei confronti di una o più persone determinabili.
Alla serie dei diritti relativi appartengono:
o i diritti di credito (diritti ad una prestazione avente carattere economico, il dovere correlativo
assume il nome di obbligazione o debito)
o i diritti di famiglia (diritti reciproci tra componenti della famiglia, il dovere correlativo assume il nome
di obbligo)
3. Diritti potestativi: vi sono norme che espongono i loro destinatari ad una situazione di soggezione: ricorre
quando una norma espone un soggetto a subire, passivamente, le conseguenze di un atto altrui.
La situazione attiva si definisce come potere.
Alcuni esempi sono:
o il diritto di recesso da un contratto
o il diritto di un imprenditore di licenziare il proprio dipendente
Onere: il comportamento che il soggetto è libero di osservare o non osservare, ma che deve osservare se vuole
realizzare un dato risultato.
Un esempio è l’onere della prova, art. 2697.
Potestà: se il diritto oggettivo attribuisce ad un soggetto una determinata pretesa a protezione di un interesse altrui,
non si parla più di diritto soggettivo ma di potestà.
Un esempio è la potestà dei genitori sui figli minori.
Le potestà sono poteri propri del soggetto, anche se spettatigli nell’interesse altrui.
Può essere:
- un accadimento naturale: del tutto indipendente dall’operato dell’uomo (es. se un fiume trasporta terra da
monte a valle)
Tutti i fatti umani producono effetti solo in quanto siano consapevoli e volontari dell’uomo,
indipendentemente dalla circostanza che l’uomo ne abbia voluto o meno gli effetti giuridici e, anzi, anche se
l’autore non li voleva affatto.
Es: il fatto illecito produce l’effetto di obbligare chi lo ha commesso a risarcire il danno cagionato in quanto
fatto doloso o colposo.
I fatti giuridici producono effetti nei confronti del soggetto che li ha attuati sul solo presupposto che questi goda
della capacità naturale di intendere e di volere.
Atti giuridici: atti destinati a produrre effetti giuridici. Per questi, oltre alla naturale capacità di intendere e di volere,
occorre la legale capacità di agire. Le due specie fondamentali sono:
- Le dichiarazioni di volontà: l’effetto giuridico, costitutivo, modificativo o estintivo di rapporti giuridici, non si
collega alla sola volontarietà del comportamento umano, ma all’ulteriore estremo della cosiddetta volontà
degli effetti.
Non basta che il soggetto abbia voluto il fatto: occorre, perché l’effetto giuridico si produca, che il soggetto
abbia altresì voluto l’effetto.
È il caso del contratto, Articolo 1321: atto giuridico risultante dall’accordo di due o più parti diretto a
costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale.
Mentre il fatto umano in genere produce gli effetti che il diritto gli ricollega purché fatto consapevole e
volontario, l’atto di volontà non produce effetti se risulta che il soggetto non li aveva voluti.
- Le dichiarazioni di scienza: con questi il soggetto dichiara di avere conoscenza di un fatto giuridico: così, ad
esempio, la dichiarazione con la quale il creditore dichiara di aver ricevuto il pagamento del proprio credito,
oppure la confessione, che è la dichiarazione di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli ad altri.
L’effetto è di provare l’esistenza di fatti giuridici, di per sé costitutivi o modificativi o estintivi di rapporti
giuridici.
Si tratta di fatti umani produttivi di effetti (probatori) solo in quanto siano fatti consapevoli e volontari,
indipendentemente dalla circostanza che ne siano voluti gli effetti.
Sono fatti ai quali possono conseguire effetti di particolare gravità per il dichiarante: come la capacità d’agire
(es. il minore di 18 anni non può fare una confessione).
Gli atti giuridici si distinguono per essere fatti solo giuridici: hanno valore solo nel mondo del diritto per gli effetti
giuridici che producono.
- i fatti giuridici sono fatti “trovati dal diritto”
- gli atti giuridici sono “creati dal diritto”
Sono atti giuridici anche gli atti della pubblica autorità (atti amministrativi): atti dello Stato civile.