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1. Il diritto
Il diritto è un sistema di regole per la soluzione di conflitti fra gli uomini, proibendo l’uso della
violenza per risolverli. L’insieme di regole del diritto formano un sistema, e tutte insieme
concorrono ad assolvere una funzione complessiva. Questi sistemi di regole mutano nel tempo e
nello spazio. Ogni epoca storica ha avuto un suo diritto, così come ce l’ha ogni società nazionale.
Almeno tre ordini di autorità sono, nella nostra società, investiti del potere di creare diritto:
1. Un’autorità nazionale (lo stato)
2. Un’autorità sovranazionale (l’UE)
3. Le autorità infrastatuali (le regioni, gli enti locali)
Le organizzazioni giuridiche si differenziano tra loro. Per esempio, il sistema di common law
(colonie inglesi) si differenziano dal nostro sistema (civil law) a causa del precedente giudiziario
vincolante (le sentenze dei giudici creano dei precedenti, a cui tutti i giudici che dovranno risolvere
casi successivi saranno vincolati. L’autorità giudiziaria ha il potere, in questo caso, di creare diritto).
Il diritto si differenzia dagli altri sistemi di regole (quello della morale, quello del costume, quello
religioso) grazie al carattere della coercività: il diritto è organizzato in modo da imporre
l’osservanza delle proprie regole. La coercività del diritto si declina in diversi metodi (quando è
possibile, vengono eliminate le conseguenze della trasgressione. Quando ciò non è materialmente
possibile, l’osservanza del diritto viene garantita dalle sanzioni).
Il diritto si legittima formalmente in forza del potere di cui sono investite le autorità che lo emanano
e quelle che hanno il compito di farlo osservate. Tuttavia, il diritto è anche espressione della
società in uno specifico tempo e luogo. Esso vige perché accettato: Sostanzialmente, la sua
legittimazione è il consenso, e non l’autorità.
Approfondimento (esplicativo): le concezioni volontaristiche dipingono il diritto come esclusiva
espressione della volontà sovrana. Quelle organicistiche lo spiegano come una spontanea
autorganizzazione della società (Hobbes-Lock).
2. La norma giuridica
La norma giuridica è l’unità elementare del sistema del diritto. Il testo delle norme è diviso in
articoli, a loro volta suddivisi in commi. Ogni articolo o comma può contenere una o più norme.
Più norme coordinate per assolvere una funzione unitaria sono chiamate istituto (es. istituto della
proprietà).
L’insieme di norme che compongono il diritto viene chiamato ordinamento giuridico.
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Le norme hanno sempre funzione precettiva, nonostante siano spesso formulate in maniera
apparentemente descrittiva (es. articolo 3 comma 1º).
Le norme sono precetti generali (si riferiscono ad una collettività, e non a singole persone) ed
astratti (non riguardano fatti concreti, ma una serie ipotetica di fatti). Sono inoltre regole
precostituite, create prima dell’insorgere del conflitto. Al contrario, le sentenze sono provvedimenti
individuali e concreti, che risolvono conflitti già insorti.
Civil law vs common law: il giudice, secondo il sistema del common law, ha il potere di creare
diritto, e quindi la norma secondo la quale risolvere il conflitto. Ma il precedente vincolante termina
comunque per assumere comunque il valore di norma generale astratta. Civil law e Common law
si differenziano per il diverso modo di creare norme: le sentenze dei giudici partono da casi
concreti.
La precostituzione delle regole assicura l’uniformità delle soluzioni e predetermina l’assetto della
società, adeguandola ad un dato modello generale di convivenza.
La precostituzione del diritto corrisponde al concetto di certezza del diritto (principio secondo cui il
diritto debba ricevere un’applicazione prevedibile, in modo che il singolo possa conoscere in
anticipo quali sono i comportamenti giuridicamente leciti e no, gli interessi protetti dal diritto e no).
Il grado di generalità e astrattezza può variare. Le norme di diritto comune (o diritto generale)
raggiungono il grado massimo: si rivolgono a chiunque o a qualunque fatto. Sono di diritto speciale
le norme con limitato grado di generalità ed astrattezza (si riferiscono solitamente a specifiche
categorie professionali, specifiche situazioni sociali, temporali o locali).
Tradizionalmente: il diritto privato corrisponde al diritto che regola i rapporti tra due privati; mentre
quello privato regola i rapporti ai quali partecipa lo Stato o un ente pubblico. Tuttavia, i rapporti
privati non possono essere regolati se non dal diritto privato. I rapporti ai quali partecipa anche lo
stato non sono sempre e solo regolati dal diritto pubblico.
Distinzione di tradizione romana: il diritto privato attiene alla protezione di interessi particolari e
quello pubblico protegge l’interesse generale della collettività. In effetti, allo stato e ad altri enti
pubblici viene richiesto di realizzare l’interesse generale, ma il diritto privato è di per sé neutro
rispetto al tipo di interessi da realizzare (ad es., lo stato e gli enti pubblici agiscono secondo le
norme del diritto privato: comprano, vendono, partecipano a società per azioni ed ubbidiscono alle
stesse norme che regolano i rapporti fra i privati).
Attualmente: possiamo dire che quello privato sia IL DIRITTO. Viene infatti detto anche “diritto
comune”, applicabile nei rapporti tra priv e priv, ma anche in quelli ai quali partecipa lo Stato o enti
pubblici.
Differenze:
1. Il diritto pubblico riguarda esclusivamente i rapporti ai quali partecipa lo stato o altro ente
pubblico.
2. Il diritto pubblico riguarda quei rapporti ai quali lo stato o altri enti pubblici partecipano quali enti
dotati di sovranità => diritto pubblico regola i presupposti, le forme ed i modi dell’esercizio della
sovranità (stato di diritto: quello stato che esercita la sovranità secondo norme precostituite)
In particolare, il diritto pubblico regola l’organizzazione dello stato ed i rapporti autoritativi
(basati sull’esercizio dei poteri sovrani che lo stato stabilisce con singoli individui o enti).
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La possibilità di intraprendere rapporti autoritativi è, per lo Stato o altri enti pubblici, concessa dal
diritto con maggiore o minore larghezza, a seconda del Paese. InItalia vige il modello dello Stato a
diritto amministrativo. L’attività dell’esecutivo e quella degli enti pubblici si svolge per atti
amministrativi (regolati dal diritto amministrativo). Opposto a questo modello è quello dello Stato a
diritto comune: la pubblica amministrazione agisce seguendo le norme del diritto privato).
Ovunque, la pubblica amministrativa può far uso dei poteri autoritativi solo quando autorizzata.
Quando non lo è, resta sottoposta al diritto privato comune.
Il diritto oggettivo è insieme delle leggi che impongono obblighi o divieti, avendo la funzione di
risolvere i conflitti in modo non violento e stabilendo quale interesse sia sia degno di protezione o
meno.
I rapporti regolati dalle norme giuridiche vengono detti rapporti giuridici. Essi si svolgono fra un
soggetto passivo, al quale la norma impone un dovere, ed un soggetto attivo, nell’interesse del
quale è imposto quel dovere. Il soggetto attivo potrà pretendere da quello passivo l’osservanza del
dovere a lui imposto dalla legge. Questa pretesa è esattamente il diritto soggettivo: un interesse
protetto dal diritto oggettivo.
Non tutte le norme del diritto oggettivo che prescrivono doveri riconoscono diritti soggettivi (per
esempio, quelle norme di diritto pubblico che impongono obblighi o divieti a protezione di interessi
solo generali, es. art. 53 costituzione). La pretesa di esigere l’osservanza degli obblighi o dei
doveri spetta allo Stato o ad altri enti pubblici.
Nel rapporto giuridico istaurato da queste norme al soggetto passivo si contrappone un potere
sovrano del soggetto attivo, detto anche potestà di imperio.
Norme poste a tutela di interessi generali della società proteggono spesso anche l’interesse
particolare dei suoi singoli membri. Il potere sovrano che impone l’osservanza di una tale norma
concorre con il diritto soggettivo dei singoli.
Diritto soggettivo assoluto = diritti che vengono riconosciuti ad un soggetto, nei confronti di tutti (es.
diritto di proprietà).
A questa categoria appartengono i diritti reali (diritti sulle cose) ed i diritti della personalità (diritti
riconosciuti a tutela della persona umana, es. quello sulla vita)
Diritto soggettivo relativo = diritti che spettano ad un soggetto nei confronti di una o più persone
determinate o determinabili (es. art. 2043 c.c.)
A questa categoria appartengono i diritti di credito ed i diritti di famiglia.
Il dovere correlativo al diritto di credito è detto obbligazione (o debito). Il rapporto giuridico fra
creditore e debitore viene chiamato rapporto obbligatorio.
I doveri correlativi ai diritti di famiglia vengono chiamati obblighi.
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Diversa situazione rispetto all’obbligo o al divieto è la soggezione. Essa ricorre quando una norma
espone un soggetto a subire, passivamente, le conseguenze dell’atto altrui.
Situazione attiva correlativa ad una soggezione è detta potere. Può essere riconosciuta tanto dal
dir. pubblico (potere sovrano), quanto da quello privato. I poteri riconosciuti dal diritto privato sono
detti diritti potestativi (es. il diritto potestativo di un lavoratore per quanto riguarda il recesso dal
contratto).
Non sempre il soggetto portatore dell’interesse protetto dal diritto oggettivo coincide con il soggetto
titolare del diritto. E’ il caso della potestà (differente dal diritto soggettivo), per es. la potestà dei
genitori sui figli minori.
Fatto giuridico = ogni accadimento a verificarsi del quale l’ordinamento giuridico ricollega un
qualsiasi effetto giuridico, costitutivo, modificativo o estintivo di rapporti giuridici. I fatti umani
producono effetti solo se consapevoli e volontari, indipendentemente dalla conoscenza degli effetti
giuridici da parte del soggetto. Non producono effetti quando il soggetto che li ha posti in essere
non goda della capacità di intendere e di volere.
- Accadimenti naturali: eventi naturali indipendenti dall’opera dell’uomo. Può anche accadere che
ci sia un concorso umano, ma che esso rimanga giuridicamente irrilevante.
- Fatto umano: avviene quando una modificazione, la costituzione o l’estinzione di un rapporto
giuridico avviene come effetto di un volontario e consapevole comportamento umano.
I fatti umani possono inoltre distinguersi in:
- Fatti (o atti) illeciti o leciti: a seconda della loro conformità al diritto.
- Comportamenti discrezionali e dovuti: il soggetto è libero o obbligato.
Atto giuridico = sottocategoria dei fatti giuridici. Questi sono fatti destinati a produrre effetti
giuridici, ma solo se il soggetto che li pone in essere, oltre a godere della capacità di intendere e di
volere, sia considerato legalmente capace di agire.
Le due tipologie di atto giuridico sono:
Nel C.C si parla di “fatto” per designare fatti volontari dell’uomo. Gli atti diversi dal contratto sono
invece gli atti unilaterali.
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Il corrente linguaggio dei giuristi talvolta utilizza una diversa classificazione, dove:
- Fatto giuridico = fatto naturale
- Atto giuridico = fatto umano
- Negozio giuridico = atti di volontà (chiamati dal c.c. “atti giuridici”, contratti e atti unilaterali). (??
GO MIA CAPIT EN CASO)
Le fonti delle fonti del diritto sono indicate dalle Preleggi, che precedono il Codice Civile. E’ però
un’indicazione incompleta, giacché il Codice Civile entrò in vigore nel 1942, quindi
precedentemente rispetto alla Costituzione Repubblicana, alla comunità europea e all’autonomia
legislativa delle regioni.
Quest’ordine rappresenta una gerarchia. Infatti, fonti di grado inferiore non possono produrre
norme in contrasto con quelle già formate da fonti di grado superiore, pena l’illegittimità della
norma di grado inferiore.
1. La costituzione: è la legge fondamentale. Quella italiana è una costituzione rigida: non può
essere modificata se non attraverso il procedimento di revisione costituzionale (le altre
costituzioni vengono dette “elastiche”).
Le leggi per le quali la Costituzione formula una riserva di legge (costituzionale) sono chiamate
leggi costituzionali, e possono essere modificate esclusivamente tramite legge costituzionale.
In altri casi la costituzione formula riserve di legge ordinaria, ossia impone che date materie
non possano essere regolate con fonti di grado inferiore alla legge.
La riserva può essere:
- Assoluta
- Relativa: la legge ordinaria può fare rinvio, per quanto riguarda la disciplina di dettaglio, a
fonti di grado inferiore.
Una norma di legge in contrasto con la costituzione viene chiamata costituzionalmente
illegittima. E’ la corte costituzionale che la giudica tale, tramite uno specifico procedimento.
Se nel corso di un processo civile, penale o amministrativo, una delle due parti o il giudice si
appella all’incostituzionalità di una legge da cui dipende l’esito del processo stesso, allora il
giudice è tenuto a pronunciarsi sull’eventuale “non manifesta infondatezza”, e rimette gli atti
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5. Gli usi/consuetudini: fonte non scritta e non statuale (= degli aspetti politico/giuridici
dell’attività statale). Consistono nella pratica uniforme e costante di dati comportamenti. A
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livello di fonte del diritto, è necessario che i soggetti che attuano tali comportamenti siano
convinti di ubbidire ad una non scritta norma di diritto.
Nei paesi anglosassoni (common law), gli usi godono ancora di una grande importanza. In
Italia, essi assumono valore giuridico solo per quanto riguarda materie non regolate da alcuna
legge e quando sono richiamati da leggi o da regolamenti.
Ogni decisione circa l’effettiva esistenza di una consuetudine è rimessa al giudice. E’ per
questo che, per esempio nelle camere di commercio, si trova talvolta una raccolta scritta di usi:
questa ha valore probatorio.
Le fonti del UE occupano posizioni più alte nella gerarchia, rispetto a quelle nazionali. Esse sono:
- Il trattato sull’UE
- Il trattato sul funzionamento dell’UE
- La carta dei diritti fondamentali dell’UE
- I Regolamenti.
Esse limitano la sovranità degli stati membri. Il giudice dello stato è tenuto a disapplicare le norme
interne che risultino contrarie con quelle dell’UE.
L’efficacia della legge nel tempo
Le leggi ed i regolamenti divengono ufficiali solo nel quindicesimo giorno successivo alla loro
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Questo perché, in astratto, essi dovrebbero poter essere
conosciuti da chi deve osservarli (Nella pratica, l’ignoranza della legge non scusa).
Le leggi cessano di avere efficacia per:
- Disposizione di una legge successiva (si dice quindi che la legge precedente è stata tacitamente
abrogata)
- Referendum costituzionale o llegittimità costituzionale (si dice quindi che la legge è stata
espressamente abrogata).
I criteri da seguire nell’interpretazione delle norme sono fissati dalla legge (nelle preleggi).
Nell’applicare una legge non si può attribuire ad essa un senso che non sia quello palesato da:
- Il significato proprio delle parole con la quale è formulata e secondo la connessione tra esse
(interpretazione letterale)
-L’interpretazione del legislatore (interpretazione teleologica)
Questi criteri impediscono al giudice di erigersi a creatore del diritto, e garantiscono il rispetto della
finalità che la norma si propone.
duplice applicazione della legge: diretta e analogica. Le norme penali e quelle eccezionali (che
fanno eccezione a regole generali) non possono essere applicate a casi simili.
Per il diritto, ogni uomo è una persona (espressione usata dal c.c.) o un soggetto di diritto (uso
dottrinale). Queste due espressioni indicano l’uomo come centro di imputazione (ossia, che ha
capacità di essere titolare di situazioni giuridiche soggettive) o punto di riferimento di diritti e doveri.
Ogni uomo è, in quanto tale, una persona. Questo stato vale dalla nascita alla morte. L’essere
titolare di diritti e doveri rende l’uomo giuridicamente capace. Quest’attitudine si acquista al
momento della nascita e perdura fino al momento della morte. L’atto di nascita e morte sono iscritti
nei registri dello stato civile, ed hanno forza probatoria.
Ogni persona viene identificata con un nome, che consiste in nome e cognome. Il nome viene
dato dai dichiaranti della nascita all’ufficiale di stato civile, o dallo stesso ufficiale. Il cognome del
figlio è quello del padre nel caso di coniugi sposati, in caso di figli nati fuori dal matrimonio, il loro
cognome è quello di colui che per primo ne ha dichiarato la nascita (se essa viene dichiarata
contemporaneamente, allora sarà del padre). Se il figlio è di ignoti, sarà l’ufficiale di stato a dargli il
nome.
Il domicilio è la sede degli affari o interessi di una persona.
Si distingue in:
Domicilio generale = sede principale dei suoi affari o interessi
Domicilio speciale = sede eletta per determinati atti o affari
Non coincide necessariamente con la residenza, abituale dimora della persona.
La dimora è il luogo in cui la persona soggiorna attualmente (es. seconda casa o la camera n
locazione per il periodo degli studi).
Il soggiorno è il luogo in cui momentaneamente o occasionalmente si alloggia (es. albergo)
Se la persona scompare dalla sua residenza o domicilio per un certo periodo di tempo, coloro che
presumono di esserne i successori, qualsiasi altro interessato o il pubblico ministero possono
chiedere al tribunale la nomina di un curatore dello scomparso. Dopo due anni dal giorno cui
risale l’ultima notizia, il tribunale può dichiarare l’assenza della persona e immettere nel possesso
temporaneo dei beni dell’assente coloro che ne sarebbero stati eredi. Se trascorrono dieci anni
dall’ultima notizia, il tribunale ne dichiara la morte presunta. Si apre quindi la successione
ereditaria, e coloro che furono nominati curatori acquistano la piena disponibilità dei beni dell’ex
assente, ed ora presunto morto.
2. La capacità di agire
La capacità d’agire è l’attitudine del soggetto a compiere atti giuridici, mediante i quali acquistare
diritti o assumere doveri. Essa si acquista con il raggiungimento della maggiore età. Alcuni atti
giuridici sono consentiti anche al minore (molti ai sedicenni).
Il minore acquista diritti ed assume doveri per mezzo dei suoi legali rappresentanti. E’ quindi
sottoposto alla potestà dei genitori o alla cura di un tutore. Ai genitori/tutore spetta la legale
rappresentanza del minore (amministrano i suoi beni, compiono atti giuridici mediante i quali il
minore acquista diritti o assume doveri).
Nè i minorenni né i loro legali rappresentanti possono compiere atti giuridici di carattere
strettamente personale (come l’iscrizione ad un partito politico). Il sedicenne autorizzato a
sposarsi è emancipato. L’emancipazione comporta l’acquisto della piena capacità d’agire,
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istituzionali dell’ente. Gli enti strumentali hanno solo la capacità di diritto privato.
5. Associazioni e fondazioni
Persone giuridiche private sono organizzazioni collettive costituite secondo le norme del codice
civile. Sono persone di diritto comune.
- Associazioni: organizzazione collettiva attraverso la quale vengono perseguiti scopi
superindividuali. La Costituzione (art. 2) fa della Repubblica la garante dei diritti dell’uomo sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Formazioni sociali
possono essere organizzazioni volontarie, associazioni, o le organizzazioni collettive
necessarie, come gli enti pubblici territoriali o la famiglia.
Le associazioni si costituiscono per contratto, mediante il quale i membri di questa si impegnano
al perseguimento di uno scopo di natura ideale (e non economica. In questo si distinguono dalle
società e dalle cooperative).
Alle associazioni possono aderire nuovi membri. I membri che ne fanno parte possono uscirne
mediante la dichiarazione di recesso. Le associazioni agiscono per mezzo dei propri organi.
L’assemblea di tutti gli associati costituisce l’organo sovrano, che elegge gli amministratori
dell’associazione, costituenti dell’organo esecutivo.
- I comitati: organizzazione cui fondi sono destinati ad uno specifico scopo di pubblica utilità e
sono raccolti per pubblica sottoscrizione da una pluralità di promotori. Questi rispondono delle
obbligazioni assunte.
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- Fonda la categoria dei beni pubblici, di utilità generale e che appartengono alla società nel suo
insieme. Appartengono quindi allo Stato o ad altri enti pubblici, che hanno il compito di:
- Consentirne l’uso da parte di tutti
- Utilizzarli in modo da volgerli a vantaggio di tutti (es. foreste, miniere, torbiere)
- Proteggere la natura e salvaguardare il patrimonio culturale
_ Beni demaniali: cose immobili di valore storico, archeologico, artistico e cose mobili in musei,
pinacoteche, biblioteche. Sono beni inalienabili (non cedibili a privati)
_ Beni indisponibili: beni con valore artistico/ ritrovati nel sottosuolo, che non possono essere
sottratti alla loro destinazione, sono inalienabili.
(Beni demaniali ed indisponibili sono cose fuori dal commercio (sono inalienabili e i privati non
ne possono acquistare la proprietà neppure tramite il possesso).
_ Beni disponibili: beni che lo stato acquista in forza della sua capacità di diritto privato e sui
quali esercita il diritto di proprietà.
2. Facoltà di disporre delle cose: (e di disporre delle cose) è la facoltà di vendere o non
vendere, donare o non donare, lasciare in testamento una cosa, o di costituire su essa diritti
reali minori a favori di altri. Entro questa facoltà si inserisce anche la facoltà del proprietario di
costruire sulle cose garanzie reali (es. ipoteca). Le cose hanno qualità di valore di scambio:
vendendole, il proprietario ne realizza il contro-valore in denaro.
Caratteri generali riconosciuti dalla proprietà di godere delle cose e di disporre sono:
1. La pienezza del diritto di proprietà: (in modo pieno) il proprietario può fare della cosa che
possiede tutto ciò che non sia espressamente vietato (le norme di legge si limitano
possibilmente ad imporgli di fare o non fare qualcosa con quella determinata cosa). La
pienezza del diritto di proprietà viene meno quando sulla cosa siano costituiti diritti reali minori
che limitino le facoltà di godimento del proprietario. Nel momento in cui si estingue il diritto
reale minore, si riespande la pienezza del diritto di proprietà (= elasticità della proprietà).
2. L’esclusività del diritto di proprietà: (ed esclusivo) il proprietario può escludere chiunque altro
dal godimento e dalla disposizione della sua cosa. Il diritto di proprietà rende quindi legittima la
pretesa del singolo di servirsi delle cose con esclusione degli altri. La pretesa del proprietario è
protetta dall’autorità giudiziaria e dalla possibilità di rivolgersi al giudice per azioni civili.
“Entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”: correttivi
ai caratteri di pienezza e di esclusività, che possano bilanciare l’interesse del proprietario e quello
della collettività: la limitazione del contenuto di proprietà e l’imposizione di obblighi al proprietario.
- I limiti:
(Alla facoltà di godere) Tradizionale è il divieto degli atti di emulazione: il proprietario non può
godere della sua cosa per compiere atti che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o
recare molestia ad altri. Un altro esempio è il limite alla scelta della destinazione di un fondo da
parte del proprietario (all’agricoltura, all’industria ecc.). Sono i comuni a scegliere l’assetto del
territorio mediante piani regolatori.
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Le cose che vengono assemblate in modo da formare un’unica cosa formano cose che vengono
definite composte (es. l’auto). Mancando una cosa all’insieme, la cosa risultante perderebbe la
sua identità (es. l’auto senza le ruote).
Cose fungibili/infungibili = cose fungibili sono cose indifferentemente sostituibili con altre (es.
denaro). Infungibili sono quelle cose che consistono in un unico esemplare (es. un dipinto).
Cose consumabili/inconsumabili = cose consumabili sono quelle che si estinguono per l’uso.
Inconsumabili sono quelle che consentono di essere usate ripetutamente nel tempo.
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Capitolo 5: Il possesso
1. Concetto di possesso
Concretamente, nella differenza tra possesso e detenzione interviene una presunzione: chi
esercita il potere di fatto si presume possessore, salvo che non si provi che egli ha cominciato
ad esercitarlo come semplice detentore e cioè sulla base di un titolo che implicava il
riconoscimento dell’altrui possesso.
La legge consente in soli due casi l’inversione del possesso (= passaggio da detenzione in
possesso)
1. Quando il titolo per il quale si ha la materiale disponibilità della cosa venga mutato per
causa proveniente da un terzo. Es. Ho un appartamento in locazione ed un terzo,
arrogandosi i diritti del proprietario, me lo vende o me lo lascia in eredità.
2. Quando il detentore faccia opposizione contro il proprietario e faccia constare al possessore
con esplicita dichiarazione o con atti concreti, che intende tenere la cosa come propria.
La protezione giuridica del possesso prescinde dalla buona/mala fede del possessore, anche se
quello in buona fede gode di maggior protezione. E’ in buona fede colui che possiede ignorando
l’altruità della cosa. E’ in mala fede colui che sa di possedere la cosa altrui o che, usando un
minimo di diligenza, poteva venire a conoscenza dell’altruità della cosa.
A questo riguardo interviene una presunzione: il possessore si presume in buona fede sino a prova
contraria. E’ sufficiente, perché il possesso sia considerato di buona fede, che il possessore fosse
originariamente in buona fede. In diverse situazioni conta la durata del possesso. Per la prova
della durata, il possessore è assistito da due presunzioni:
- Chi prova di essere possessore attuale e di aver posseduto anche in tempo più remoto, si
presume abbia posseduto anche durante il tempo intermedio.
- Chi prova il possesso attuale ed il titolo in forza del quale possiede, si presume che abbia
posseduto dalla data del titolo.
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Il possesso dell’erede continua quello del defunto, conservandone l’originaria qualificazione (in
buona/mala fede: successione nel possesso).
Il possesso è modo di acquisto della proprietà. Ma il proprietario può esercitare nei confronti del
possessore l’azione di rivendicazione ed ottenere la restituzione della cosa.
Se la cosa, nel frattempo, dovesse aver portato frutti percepiti dal possessore, a rigore, essi, o il
loro controvalore in denaro, spetterebbero al proprietario. Tuttavia, la legge distingue tra possesso
in buona e mala fede: il possessore in buona fede fa propri i frutti, mentre quello in mala fede
deve restituirli. Anche al possessore in mala fede è dovuto il rimborso delle spese incontrate per la
produzione ed il raccolto, oltre che a quello per eventuali riparazioni straordinarie. A quello in
buona fede è dovuta un’indennità pari al maggior valore che la cosa ha conseguito per effetto dei
miglioramenti apportati, mentre a quello in mala fede la minor somma fra l’aumento di valore della
cosa e l’importo delle spese affrontate.
Al possessore spetta il diritto di ritenzione (può rifiutarsi di consegnare la cosa al proprietario).
Capitolo 6: i modi d’acquisto della proprietà
1. Modi d’acquisto a titolo derivato: quando si acquista sulla cosa il diritto di proprietà già
spettante ad un altro. La cosa viene trasferita tramite un contratto, o tramite la successione alla
morte del proprietario precedente. A chi trasferisce il diritto si dà il nome di dante causa, mentre
l’acquirente è chiamato avente causa. Il trasferimento dei diritti su una cosa è possibile solo se
il dante causa ne era proprietario. Se sulla cosa in questione erano costituiti altri diritti reali o
garanzie reali, essi vengono trasferiti al nuovo proprietario.
2. Modi d’acquisto a titolo originario: non solo quando non c’è un precedente proprietario della
cosa o quando il precedente proprietario l’ha abbandonata, ma anche se il diritto del
precedente proprietario è destinato a soccombere di fronte al diritto di chi acquista a titolo
originario. Il titolo originario dell’acquisto libera la cosa da ogni diritto altrui che avesse gravato
il precedente proprietario ed estingue i diritti reali e garanzie reali in precedenza costituiti sulla
cosa.
5. L’usucapione
Capitolo 9: l’obbligazione
- Diritti ad una prestazione personale, che può consistere in una prestazione di dare, di
consegnare, di fare o di non fare.
- Diritti relativi (quelli reali sono assoluti): spettano ad un soggetto nei confronti di uno o più
soggetti determinati o determinabili.
- Fruiscono di una difesa relativa: il loro titolare può difenderli solo nei confronti della persona
dell’obbligato (e non nei confronti di terzi che contestino il suo diritto). Quelli reali fruiscono di
una difesa assoluta: anche il titolare di diritti minori ha azione in giudizio contro chiunque
contesti l’esercizio del suo diritto.
- Si possono acquistare solo a titolo derivativo (solo i diritti reali sono suscettibili di possesso e
di acquisto a titolo originario).
2. Il rapporto obbligatorio
L’obbligazione è un vincolo che lega:
- Un soggetto attivo (creditore)
- Un soggetto passivo (debitore)
- Un oggetto dell’obbligazione (prestazione)
Nel rapporto obbligatorio possono esserci sia più debitori che più creditori. I soggetti devono
essere, al momento in cui sorge l’obbligazione, determinati o determinabili.
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- Di non fare
In queste due situazioni di solidarietà/parziarietà si manifesta il principio del favore per il
creditore, secondo il diritto. Eccezionale sarà l’obbligazione la cui prestazione consista nella
consegna di una cosa indivisibile o in una prestazione di fare indivisibile: l’obbligazione sarà
necessariamente solidale. L’obbligazione può anche avere ad oggetto due prestazioni in
alternativa fra loro.
b. Il tempo di esecuzione
La prestazione dev’essere eseguita a richiesta del creditore (può esigerla in ogni momento, fino
a che il suo diritto di credito non sia estinto per prescrizione, solitamente dieci anni) o alla
scadenza del termine, se fissato (si presume a favore del debitore. Il creditore generalmente non
può esigere la prestazione prima della scadenza del termine)
c. Il luogo
La prestazione dev’essere eseguita nel luogo pattuito dalle parti. Se non è stato pattuito, valgono
tre regole:
- La cosa determinata va consegnata nel luogo in cui la cosa si trovava quando è sorta
l’obbligazione.
- La somma di denaro va consegnata al domicilio del debitore al tempo dell’adempimento
- Ogni altra obbligazione si adempie al domicilio del debitore al momento dell’adempimento.
2. Le obbligazioni pecuniarie
Il denaro è un bene mobile che assolve la funzione di mezzo di scambio. Le obbligazioni
pecuniarie (debiti di valuta es. pagamento di un dipendente, pagare il prezzo di una cosa
acquistata) hanno come oggetto la consegna di una quantità di denaro. Si adempiono con la
moneta avente corso legale nello Stato al momento del pagamento. Secondo il principio
nominalistico, la moneta è presa in considerazione per il suo valore nominale, non per il suo
potere d’acquisto (indipendentemente dall’inflazione, per esempio).
Contrapposti ai debiti di valuta sono i debiti di valore, che ricorrono quando una somma di denaro
è dovuta come valore di un altro bene. Il denaro è quindi considerato come l’equivalente
economico di un bene. E’ debito di valore l’obbligazione di risarcire il danno.
Nel momento in cui il valore viene liquidato (ossia tradotto in una somma di denaro), il debito di
valore si tramuta in debito di valuta.
Il denaro è considerato un bene produttivo: produce frutti civili, chiamati interessi. L’obbligazione
di denaro liquida (determinata nel suo ammontare) ed esigibile (non scaduta) è sempre
accompagnata da un’obbligazione accessoria, ossia quella di corrispondere gli interessi secondo
il tasso legale o secondo quello convenuto tra le parti. Gli interessi compensativi sono quelli
dovuti sui debiti non sottoposti a termine, o su quelli sottoposti a termine e scaduti, dei quali il
creditore non abbia la costituzione in mora del debitore.
3. L’inadempimento dell’obbligazione
Il debitore è inadempiente se non esegue la prestazione dovuta o non la esegue esattamente.
L’inadempimento è un fatto oggettivo, a cui consegue la responsabilità del debitore, che dovrà
risarcire il danno cagionato dal suo inadempimento.
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Secondo l’art. 1218 Il debitore può liberarsi dalla responsabilità offrendo una duplice prova:
- Provare l’impossibilità della prestazione, che deve essere oggettiva (qualsiasi debitore non
avrebbe potuto eseguirla)
- Provare che l’impossibilità sia sopravvenuta per causa a lui non imputabile, ossia non
prevedibile né evitabile (caso fortuito o forza maggiore)
- Prestazioni di dare che abbiano per oggetto una cosa di genere: il debitore sarà sempre
responsabile per l’inadempimento (una cosa di genere non diventa mai impossibile
oggettivamente).
- Prestazioni di dare che abbiano per oggetto una cosa di specie/un genere limitato: possono
diventare oggettivamente impossibili. Le cause ignote sono a carico del debitore.
- Prestazioni di fare consistenti in prestazioni di mezzi: solo nel caso del direttore d’orchestra o
del lavoratore subordinato. L’onere di provare la colpa del debitore incombe sul creditore. Ma può
comunque risultare oggettivamente impossibile.
- Prestazioni di fare consistenti in prestazioni di risultato: l’impossibilità soggettiva non libera il
debitore da responsabilità. Quella oggettiva sì.
- Prestazioni di non fare. Il debitore è sempre responsabile, in quanto ogni fatto compiuto in
violazione dell’obbligazione è un fato volontario. Si dice quindi che il debitore è in dolo.
4. La mora del debitore e del creditore
La mora del debitore è il ritardo di questo nell’adempiere la prestazione dovuta.
Non basta che un debitore sia inadempiente per essere definito in mora: occorre un atto formale,
chiamato “costituzione in mora”, che è la richiesta o l’intimazione scritta di adempiere rivolta dal
creditore al debitore, necessaria poiché si presume che il ritardo del debitore sia tollerato dal
creditore; per vincere questa presunzione è necessaria la costituzione in mora.
E’ superflua nel caso in cui il debitore abbia dichiarato per iscritto di non voler adempiere o quando
il termine della prestazione da eseguirsi al domicilio del creditore è scaduto, quando l’obbligazione
è da fatto illecito o è di non fare.
Il creditore è dispensato dallo scrivere la costituzione in mora quando è impossibile attendersi o
non è ragionevole attendersi una prestazione tardiva della prestazione, quando essa non dipende
dall’iniziativa del creditore o quando il debitore è considerato immeritevole di tolleranza.
La mora produce due effetti:
- L’aggravamento del rischio del debitore: se dopo la costituzione in mora la prestazione
diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, egli ne risponde ugualmente, a meno
che non dimostri che la prestazione sarebbe diventata impossibile anche nelle mani del
creditore.
- L’obbligazione di risarcire i danni subiti dal creditore a causa dell’inadempimento o ritardo.
E’ detta responsabilità contrattuale.
Il danno è formato da due componenti:
_ Il danno emergente, ossia la perdita subita dal creditore
_ Il lucro cessante, ossia il mancato guadagno che il danno ha causato.
La prestazione della consegna di denaro non diventa mai impossibile: anche dopo la
costituzione in mora il debitore è tenuto ad eseguirla, in più dovrà consegnare anche gli
interessi moratori, secondo il tasso legale. Se già decorrevano interessi compensativi superiori
al tasso legale, continueranno a decorrere a titolo di interessi moratori.
Il ritardo nell’inadempimento può anche dipendere dal comportamento del creditore. La mora
del creditore è l’ingiustificato (illegittimo) rifiuto di ricevere la prestazione offertagli o di mettere il
debitore in condizioni di poterla eseguire, nei casi in cui il suo rifiuto danneggi il debitore. Per
non essere in mora il debitore deve fare il necessario affinché il debitore possa adempiere.
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La costituzione in mora del creditore si effettua con l’offerta della prestazione da parte del
debitore (reale per le cose mobili da consegnare al suo domicilio, per intimazione per gli
immobili e le cose mobili da consegnare in luogo diverso).
Effetti della costituzione in mora del creditore sono:
- L’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al creditore: questa è a
carico del creditore (il debitore conserva il diritto alla controprestazione).
- Cessazione degli interessi sulle somme di denaro
- Il rimborso per le spese di custodia della cosa, e il risarcimento dei danni subiti a causa della
mora.
Il debitore potrà anche, in caso persista il rifiuto del creditore, conseguire la propria liberazione
con il deposito della somma dovuta in banca o delle altre cose mobili nel luogo indicato dal giudice
o con la consegna degli immobili al sequestratario nominato dal giudice.
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def. Patrimoniale: deve avere ad oggetto cose o prestazioni suscettibile di valutazione economica.
Questo è il requisito per la definizione di beni e delle prestazioni che formano oggetto di
obbligazione.)
La regolazione del contratto si articola in due serie di norme:
1) “Contratti in generale”
2) “Singoli contratti”, ossia quelli che trovano nel codice civile una disciplina particolare, specifica.
Le norme sui contratti in generale valgono per tutti i contratti e si applicano a ciascuno di essi.
def. Accordo tra le parti: ciò che costituisce/regola/estingue un rapporto patrimoniale. Nel
contratto gioca un fondamentale ruolo la volontà dell’uomo. L’effetto giuridico del contratto è
prodotto della volontà delle parti interessate. L’importanza del contratto deriva dal riconoscimento
legislativo della signoria della volontà: la legge riconosce ai privati il potere di provvedere, con il
proprio atto di volontà, alla costituzione/estinzione/regolazione dei rapporti patrimoniali.
Per definire questo ruolo della volontà dei privati si parla di libertà o autonomia contrattuale.
- In senso negativo ciò significa che nessuno può essere spogliato dei propri beni o costretto ad
eseguire una prestazione a favore di altro contro o indipendentemente dalla propria volontà;
quindi nessuno è vincolato dalla volontà altrui (il contratto non vincola chi non ha partecipato
all’accordo, infatti non produce effetti rispetto ai terzi)
- In senso positivo ciò significa che i privati possono, volontariamente, costituire o regolare o
estinguere rapporti patrimoniale. La libertà contrattuale è quindi:
1. Libertà di scelta tra i diversi tipi di contratto previsti dalla legge, a seconda dei propri scopi.
2. Libertà di determinare il contenuto del contratto: ciascuna determinazione prende il nome di
clausola o di patto, che insieme vengono chiamati regolamento contrattuale.
3. Libertà di cocludere contratti atipici o innominati, non corrispondenti ai tipi contrattuali
previsti dalla legge, ma ideati e praticati nel mondo degli affari. Essi sono validi purché siano diretti
a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’O.G (art. 1322).
Il contratto è bilaterale quando le parti sono due. Devono necessariamente esser due, ma
possono essere di più: in questo caso, il contratto sarà plurilaterale. Quello di “parte del contratto”
non coincide con il concetto di persona: per parte si intende il centro di interessi. Un contratto
come quello di vendita resta bilaterale anche se ad essa partecipano più di due persone: ci
saranno in ogni caso un’unica parte venditrice, ed un’unica parte compratrice.
Dai contratti si distinguono gli atti unilaterali, ossia le dichiarazioni di volontà di una sola parte.
Costituiscono una categoria chiusa: sono solo quelli previsti dalla legge (ad esclusione di quelli
atipici), che dispone una disciplina particolare per ciascuno di essi. Per quanto compatibili, ad essi
si applica la disciplina dei contratti.
2. I requisiti del contratto: l’accordo tra le parti
L’accordo tra le parti è l’incontro delle manifestazioni o dichiarazioni di volontà di ciascuna di
esse. Un contratto si dice concluso quando si raggiunge la piena coincidenza tra le dichiarazioni di
volontà delle diverse parti contraenti.
Può essere una conclusione espressa (quando la volontà delle parti è dichiarata oralmente o per
iscritto, o con qualsiasi altro segno) o tacita (quando viene desunta dal loro comportamento).
L’accordo si può formare in modo simultaneo (quando ad esempio, le parti si recano insieme dal
notaio) o per fasi successive: le dichiarazioni di volontà prenderanno il nome di:
- Proposta; dichiarazione di volontà di colui che prende l’iniziativa del contratto
- Accettazione: dichiarazione di volontà che il destinatario della proposta rivolge al proponente. E’
accettazione solo quando corrisponde alla proposta. Se non è conforme, corrisponde ad una
nuova proposta.
Il contratto è concluso quando chi ha fatto la proposta riceve notizia dell’accettazione dell’altra
parte, che deve pervenire entro il termine stabilito o in un tempo che possa ritenersi ragionevole in
relazione alla natura dell’affare.
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- Possono essere limiti posti all’autonomia contrattuali di una delle parti: ricorre nel contratto in
serie (ossia quello il cui contenuto è predeterminato da una delle parti, privando l’altra della
possibilità di contrattare. Il suo opposto è il contratto isolato, frutto di trattative tra le parti
contraenti). La sua funzione è quella di regolare in modo uniforme i rapporti contrattuali con i
consumatori dei produttori o con gli utenti dei servizi. Giuridicamente il suo aspetto giuridico si
manifesta nell’efficacia che la legge attribuisce alle condizioni generali di contratto, quelle
predisposte in modo uniforme da uno dei contraenti. Per il primo comma dell’articolo 1341,
esse sono efficaci nei confronti dell’altro se al momento della conclusione del contratto questi le
ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. Il consumatore è un
contraente debole, protetto dalla legge. Il secondo comma prevede alcune eccezioni al primo: le
clausole vessatorie devono essere specificatamente approvate per iscritto. Esse sono le
“condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità ,
facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico
dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla
libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole
compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria”.
Un limite all’autonomia contrattuale a carico del contraente forte è l’obbligo a contrarre (nei
casi dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile o in quello del monopolista). Chi
esercita un’impresa in condizione di monopolio legale (es. azienda di trasporto pubblico) ha
l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa. La
scelta di contrarre è quindi libera per l’utente, ma non per il contraente forte. L’imprenditore è
tenuto a giustificare le ragioni del diniego di prestazione e a rispettare la parità di trattamento
(quindi secondo specifici criteri o secondo l’ordine delle richieste, e non secondo il proprio
arbitrio.
- Possono essere limiti posti all’autonomia contrattuale di entrambe le parti: caso tipico è la
determinazione autoritativa, da parte dei pubblici poteri, dei prezzi di vendita di beni di largo
consumo (es. energia elettrica, pedaggi autostradali) o delle tariffe di determinati servizi
pubblici: l’organo che se ne occupa è il Cip (comitato interministeriale prezzi). Le clausole
imposte dalla pubblica autorità sono automaticamente inserite nel contratto, anche in
sostituzione a clausole difformi poste dalle parti. Questo processo di sostituzione automatica
avviene anche quando una clausola contrattuale voluta dalle parti sia contraria ad una norma
imperativa di legge (non derogabile per volontà delle parti). Quindi il contenuto del contratto non
è solo il risultato dell’accordo fra le parti, ma il frutto di una pluralità di componenti derivanti
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da fonti differenti: il codice civile esprime questo principio all’articolo 1374: “Il contratto obbliga le
parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne
derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”.
Si deve perciò distinguere tra:
- Contenuto pattizio del contratto: voluto dalle parti
- Contenuto legale del contratto: imposto dalla legge
Usi ed equità assumono un carattere suppletivo (valgono in mancanza delle altre due).
4. I requisiti del contratto: la causa
La causa è la funzione economica-sociale dell’atto di volontà. Il codice civile la definisce
“giustificazione dell’autonomia privata”. Ad esempio, la causa della vendita è lo scambio di cosa
con prezzo (è quindi una ragione oggettiva). La causa della permuta è lo scambio di cosa con
cosa, quella del contratto di lavoro è lo scambio di prestazione di lavoro con retribuzione in denaro.
Oltre a quelli di scambio, esistono anche:
- Contratti a titolo oneroso (la cui causa è lo scambio di prestazioni)
- Contratti a titolo gratuito, la cui prestazione di una delle parti non trova una controprestazione
da parte dell’altra parte. Ma anche quelli a titolo gratuito hanno una loro causa. Per esempio,
quella della donazione è lo spirito di liberalità.
I contratti tipici (quelli previsti e regolati dalla legge) hanno tutti una causa (detta “tipica”). La
questione di trovare una causa è già risolta dalla legge. Essi si presentano come modelli o schemi
precostituiti secondo i quali i privati possono regolare i loro reciproci interessi.
La causa in astratto è diversa da quella in concreto, particolarmente esemplificativo è il contratto
sottoscritto da colui che acquista un bene già suo: il contratto è tipico, ma nullo per mancanza di
causa. Il problema della causa in astratto si pone per i contratti atipici, non previsti dall’OG. Per
essi sarà il giudice a doversi accertare che essi siano diretti a realizzare interessi meritevoli di
tutela secondo l’OG (art. 1322, comma 2º), quindi che ricorra una causa (detta “atipica”): è
quindi previsto un controllo giudiziario sull’uso che i privati fanno della propria autonomia
contrattuale (si esercita in senso negativo quando il giudice si accerta che la causa non sia
illecita), ma anche in senso positivo, quando egli si accerta che gli interessi siano meritevoli di
tutela).
Il giudice dovrà giudicare secondo il diritto, a protezione degli interessi degli stessi contraenti e
soprattutto di quello più debole.
La legge esige la cosiddetta expressio causae, ossia l’enunciazione esplicita della causa, anche
per gli atti di liberalità (causa donandi).
Quando i contratti atipici risultano dalla combinazione di più contratti tipici, la causa sarà detta
mista (ma sarà unica).
Il fenomeno dei contratti collegati si manifesta nella situazione in cui esiste una pluralità
coordinata di contratti, che conservano causa autonoma, anche se mirano ad attuare un’unitaria
funzione economica. Ci possono per cui essere molti documenti contrattuali che formano un
contratto unico ed un unico testo che raggruppa più contratti: l’unità o pluralità di cause
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L’astrazione materiale della causa si ha quando la legge riconosce che la sola dichiarazione di
volontà possa produrre effetto traslativo di diritti, indipendentemente dall’esistenza di una causa
(es. Deutschland).
I motivi del contratto sono ≠ dalla causa. Questi sono le ragioni soggettive che inducono le parti al
contratto, e sono giuridicamente irrilevanti. Possono infatti differenziarsi rispetto alle due (o più)
parti. La causa è unica per entrambe.
5. I requisiti del contratto: l’oggetto
L’oggetto è la cosa o, più in generale, il diritto, che il contratto trasferisce. Normalmente il
contratto ha più oggetti (nella vendita sono oggetto sia la cosa che il prezzo), ma può essere unico
nei contratti che trasferiscono cose o diritti a titolo gratuito, o in quelli con obbligazioni di una sola
parte.
L’oggetto deve essere:
- Possibile
- Materialmente: è impossibile quando si tratta di una cosa che non esiste o di una prestazione
ineseguibile. Può però formare oggetto del contratto una cosa suscettibile di venire ad esistenza
(come le cose future). E’ però vietato donare cose future.
- Giuridicamente: l’oggetto è impossibile quando consiste in una cosa che non è un bene in
senso giuridico (es. le parti del corpo umano); oppure quando la legge dichiara il bene
inalienabile o fuori commercio (es. un bene demaniale).
- Lecito (vdi cap. 12)
- Determinato/Determinabile: la cosa dev’essere identificata in maniera sicura. Può anche
essere determinabile in base a criteri di individuazione enunciati nello stesso contratto o
altrimenti ricavabili (es. la determinazione del prezzo di vendita può fare riferimento a listini o
quotazione ufficiali, ma non è necessario il riferimento quando le cose hanno un concreto prezzo
di mercato).
Nel nostro sistema vige il principio della libertà delle forme. E’ sufficiente, perché il contratto sia
valido e produttivo di effetti, che la volontà delle parti si sia manifestata.
Un’eccezione è rappresentata dai contratti immobiliari, che trasferiscono/costituiscono/
modificano/estinguono proprietà o altri diritti reali sugli immobili: questi dovranno essere conclusi
per atto scritto. La forma scritta è necessaria anche per altri contratti o atti unilaterali indicati dalla
legge.
La forma scritta può consistere in due differenti mezzi di prova, che formano titolo per la
trascrizione:
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- Atto pubblico: redatto dal notaio, che attesta le volontà dichiarate alla sua presenza dalle parti.
Fa prova, fino a querela di falso, di quanto il notaio attesta essere stato detto e fatto in sua
presenza. L’atto pubblico è richiesto solo in casi eccezionali (“forma solenne”): la donazione, il
contratto di s.p.a e di società a responsabilità limitata.
- Scrittura privata: documento redatto e sottoscritto direttamente dalle parti. Può essere
autenticata da un notaio (che si limita ad attestare che le parti hanno sottoscritto il documento alla
sua presenza, e che quindi le firme sono autentiche). Il requisito della forma scritta è soddisfatto
anche se la scrittura privata non è autenticata. Fa prova dell’autenticità delle forme e serve per
impedire che una delle parti possa disconoscere la propria firma.
Differente è la forma scritta che la legge richiede per la prova del contratto o per il patto di non
concorrenza fra imprenditori. In questi casi il contratto è valido anche se non è redatto per iscritto,
ma se una delle parti ne contesta l’esistenza, la sua prova sarà particolarmente ardua: potrà
essere provato solo con la confessione dell’altra parte, o con il giuramento. E’ qui richiesta la forma
scritta solo per la prova.
7. Il contratto preliminare
Il contratto preliminare è quello con il quale le parti si obbligano a concludere un futuro contratto,
del quale predeterminano il contenuto essenziale. Il codice civile ne prescrive la forma, che deve
essere la stessa che la legge richiede per il contratto definitivo; inoltre prevede l’eventualità che
una delle parti non adempia: in quel caso l’altra parte può rivolgersi ad un giudice ed ottenere
l’esecuzione forzata dell’obbligazione contrattat1a. La sentenza del giudice produrrà gli effetti del
contratto non concluso.
La minuta di contratto o lettera di intenti è quella attraverso la quale le parti concordano su alcuni
estremi del futuro contratto, ma non sui punti essenziali. Se non si raggiunge un successivo
accordo, il contratto peccherà di oggetto, in quanto indeterminato e non determinabile, quindi nullo.
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E’ però una categorie aperta: anche fuori dalle venti ipotesi previste, il consumatore può dare
prova dello squilibrio provocato da una data clausola. La sorte delle clausole vessatorie è diversa:
nel caso di quelle citate (a-b-l), esse sono sempre comunque nulle. Negli altri casi, esse sono
nulle solo se unilateralmente predisposte dal professionista, al di fuori della trattativa contrattuale
(anche quando il contratto è stato concluso mediante la sottoscrizione di un modulo o formulario)
La nullità è relativa: opera solo a vantaggio del consumatore. E’ anche parziale: non colpisce
l’intero contratto ma solo la singola clausola vessatoria.
Nel 2º comma del 1418 sono presentate una serie di applicazioni alla regola di nullità del contratto
per contrasto con una norma imperativa di legge; prima fra tutte la mancanza di uno dei requisiti
del contratto: l’accordo, la causa (negli atipici), l’oggetto o la forma (se richiesta a pena di nullità)
L’accordo è il risultato della concorda dichiarazione di volontà delle parti. Si compone di due (o
più) dichiarazioni di volontà (con le quali il contraente partecipa all’accordo), in cui si può
distinguere fra volontà (interna al soggetto) e dichiarazione (atto scritto-parole-segni), mediante
la quale il soggetto esterna la propria volontà. La volontà è irrilevante. La dichiarazione è valida
solo quando corrisponde ad una volontà del dichiarante (se salutassi un mio amico all’asta,
ovviamente non desidererei acquistare. Quindi il gesto sarebbe giuridicamente irrilevante).
Un contratto è nullo per mancanza dell’accordo quando manca l’interna volontà delle parti di
produrre effetti giuridici.
- Dichiarazione non seria: per esempio quando un contratto è dichiarato per finzione scenica o
esemplificazione didattica.
- Dichiarazione non voluta a seguito di una violenza fisica: ad esempio il caso di contratto firmato
in caso di assoluta incapacità di intendere o di volere provocata dall’altro contraente: c’è la
dichiarazione esterna, ma manca la volontà.
Quando c’è divergenza fra interna volontà e dichiarazione, la legge prevede la semplice
annullabilità del contratto. In questi casi il dichiarante vuole la dichiarazione, ma questa è per
errore formulata non esattamente (errore ostativo) o inesattamente trasmessa.
2. Il contratto illecito
Il contratto è nullo per illiceità della causa, dell’oggetto e dei motivi. Il contrario le norme
imperative del risultato che le parti si propongono di realizzare.
La causa, l’oggetto ed i motivi sono illeciti quando contrari a norme imperative, all’ordine pubblico o
al buon costume, per difesa dei valori di natura collettiva (pacifica convivenza tra uomini e
progresso della società) ed individuale (libertà, dignità, sicurezza dei singoli).
La difesa di questi valori fondamentali è generalmente espressa attraverso formulazione legislativa
di norme imperative, ma questa non è necessaria perché il giudice consideri illecito un contratto:
può esserlo anche perché in contrasto con l’ordine pubblico ed il buon costume. Le norme sono
comunque imperative, ma si ricavano per implicito dal sistema legislativo. Il buon costume è
costituito da norme che comportano una valutazione del comportamento dei singoli in termini di
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moralità e di onestà.
L’illiceità del contratto si articola in illiceità:
Si potrebbe pensare che nel contratto dell’incapace naturale non ci sia sufficiente volontà, e
provando la sua incapacità naturale si possa ottenere l’annullamento. Non è così.
- Gli atti unilaterali (es. offerta al pubblico) sono annullabili su istanza dell’incapace/dei suoi eredi/
aventi in causa se si prova che dall’atto deriva un grave pregiudizio (= grave danno).
- Per i contratti ciò non basta, bisogna anche dimostrare la mala fede dell’altro contraente, che
conosceva lo stato di incapacità naturale o avrebbe potuto conoscerlo utilizzando l’ordinaria
diligenza.
In questo caso è protetto l’affidamento di chi ha contratto con l’incapace: l’interesse prevalente è
quello generale della vasta e sicura circolazione dei beni.
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L’incapacità naturale del donante comporta l’annullabilità del contratto, anche se ignota al
donatario. Se lo stato di incapacità naturale è stato provocato dall’altro contraente, si tratta di
violenza fisica, ed il contratto è nullo.
Il contratto o l’atto unilaterale è annullabile se la volontà delle parti è stata dichiarata per errore,
carpita con dolo o estorta con violenza. Queste tre ipotesi sono categorizzate come vizi della
volontà (o del consenso, con riferimento ai contratti): la volontà è presente, ma il suo processo di
formazione è alterato.
Ci sono due specie di errori:
- L’errore motivo sorge nella formazione della volontà prima che venga dichiarata all’esterno. E’
quindi una falsa rappresentazione della realtà che induce un soggetto a dichiarare una volontà
che non avrebbe dichiarato altrimenti. Per causare annullabilità dev’essere un errore essenziale,
quindi determinante del volere. Quattro ipotesi di errore emotivo:
Sono errori di fatto (determinati da una falsa conoscenza di fatti/cose/persone):
- Errore sulla natura del contratto (errore sul tipo di contratto che si conclude), o sull’oggetto
del contratto (riguarda la prestazione o la cosa che si ottiene con il contratto).
- Errore sull’identità dell’oggetto (voglio comperare un terreno ma ne acquisto un altro; questo
tipo di errore riguarda anche la qualità dell’oggetto: compro un mobile ad un certo prezzo
credendo sia originale; ma non l’avrei comprato a quel prezzo sapendo che fosse un’imitazione).
L’errore sul valore è irrilevante (il mobile vale molto meno rispetto al prezzo che ho pagato):
l’errore cade sulla convenienza economica del contratto, quindi non è giuridicamente rilevante.
Se è però l’altro contraente ad indurre l’altro contraente in errore, il contratto sarà annullabile per
dolo. L’errore sul prezzo è un errore ostativo: si fraintende la proposta del venditore: il mio
errore sulle dichiarazione altrui diventa errore nella mia dichiarazione.
- Errore sull’identità (credo di contrattare con A, ma contratto con B) o sulle qualità dell’altro
contraente (credo di contrattare con una persona ricca, che in realtà è povera): rileva solo in
contratti intuitu personae, cioè quando l’identità/qualità dell’altro siano determinanti del consenso.
Nei contratti personali l’identità o le qualità dell’altro contraente sono sempre determinanti del
consenso (per esempio, locazione/mutuo/appalto: si tiene conto della solvibilità del locatario/
mutuario, e delle qualità professionali dell’appaltatore: non possono essere persone scelte a caso).
E’ errore diritto quello provocato dall’ignoranza o dalla falsa conoscenza di norme di legge/
regolamento. E’ il caso:
- dell’errore sui motivi del contratto (quando è di diritto): quando questi siano inficiati
dall’ignoranza o dalla falsa conoscenza di una norma, e costituiscono ragione esclusiva o
principale del contratto (e quindi è essenziale). Deve anche essere errore riconoscibile dall’altro
contraente: deve quindi essere un errore rilevabile da una persona di normale diligenza (si va a
proteggere l’affidamento dell’altro contraente e la sicurezza nella circolazione dei beni). Esempio:
se compro un terreno pensando di poterci edificare, ma le disposizioni comunali lo vietano, dovrò
dimostrare che il venditore era in grado di rendersi conto che io non avessi altro scopo fuorché
edificare. In questo senso si dovranno considerare anche il contenuto, le circostanze del contratto
e le qualità del contratto.
L’errore ostativo cade:
- Sull’esterna dichiarazione della volontà, (e non sulla sua formazione): errore commesso dal
dichiarante
- Sulla sua errata trasmissione da parte di uffici o dalla persona incaricata: errore commesso da un
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terzo
L’errore ostativo è giuridicamente equiparato a quello motivo. Il contratto risulta annullato solo se
riconoscibile dall’altro contraente.
5. Continua: c) il dolo; d) la violenza morale
Il dolo, inteso come vizio del consenso, corrisponde al concetto comune di “inganno”.
Errore motivo ≠ dolo: nel caso del dolo l’errore è specificatamente causato dai raggiri usati
dall’altro contraente o da un terzo. Se questi sono stati determinanti per il consenso (dolo
determinante), il contratto è annullabile. Se questa avrebbe ugualmente trattato, ma a condizioni
differenti (dolo incidente), il contratto è valido ma l’altra parte deve risarcire il danno subito. In
generale, non occorre che l’errore sia essenziale: include anche l’induzione in errore sul valore
dell’oggetto del contratto, irrilevante se non indotto da dolo (es. se raggirandoti ti convincessi del
valore di un certo mobile, quando questo valga molto meno, allora il tuo errore sarebbe
giuridicamente rilevante: sarebbe dolo).
Per comportare l’annullamento, il raggiro del terzo dev’essere noto al contraente che ne ha tratto
vantaggio (anche senza che quest’ultimo abbia cospirato con il terzo). Guarda esempio pag. 223.
Il dolus bonus consiste nell’esagerare il decantare le qualità del proprio prodotto o abilità
professionali: una persona di media avvedutezza sa che queste vanterie non corrispondono al
vero. Quindi non potrà esserci annullamento del contratto.
- Nullità: a chiedere la dichiarazione di nullità è legittimato chiunque, anche terzo alle parti,
dimostri di aver interesse. Essa può essere rilevata d’ufficio dal giudice (che può dichiarare nullo
un contratto che sia stato dedotto in giudizio, anche senza apposita domanda). L’azione di nullità è
imprescrittibile (non ha limitazione di tempo). La sentenza opera retroattivamente: elimina
quindi ogni effetto del contratto sia fra le parti sia rispetto ai terzi (anche in buona fede). La legge
sacrifica le esigenze di sicurezza di circolazione dei beni per proteggere quelle di autonomia
contrattuale. Il contratto nullo non può essere convalidato, ma può essere convertito, per esempio
quando esso è nullo come contratto di un tipo ma presenta i requisiti di un altro tipo contrattuale.
La legge segue infatti il principio di conservazione del contratto, e tende finché è possibile, ad
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attribuire effetti ad una dichiarazione di volontà. Infatti le cause di nullità che investono singole
clausole non comportano nullità dell’intero contratto, se non erano essenziali e se sono sostituite
di diritto da norme imperative di legge.
- Annullamento: a chiedere l’annullamento è legittimata solo la parte a favore della quale è
prevista l’annullabilità: la parte incapace di agire, il suo erede o avente causa; la parte vittima
dell’errore/dolo/violenza ecc. L’annullamento può essere pronunciato dal giudice solo su domanda
o su eccezione della parte legittimata. La sentenza che annulla il contratto opera retroattivamente
fra le parti, ma esclusivamente rispetto ai terzi in malafede, che conoscevano (o potevano
conoscere) la causa di annullabilità del contratto. Non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di
buona fede. La legge sacrifica l’autonomia contrattuale per proteggere le esigenze di sicurezza di
circolazione dei beni. Il contratto annullabile può essere convalidato, sanando il contratto e
precludendo l’annullamento, mediante un’espressa dichiarazione di convalida (proveniente dalla
parte a cui spetta l’azione di annullamento) o in modo tacito (se la “vittima” dà volontariamente
esecuzione del contratto, pur conoscendo la causa di annullabilità).
In questa materia torna il conflitto d’esigenze tra la protezione dell’autonomia contrattuale e le
esigenze di sicurezza di circolazione dei beni. Le regole menzionate in annullamento e nullità non
valgono se il terzo ha acquistato diritti a titolo gratuito o se l’annullamento dipende dall’incapacità
legale: la sentenza di annullamento produce rispetto a tutti i terzi (anche di buona fede), gli stessi
effetti della sentenza di nullità.
Gli effetti della nullità in termini di circolazione dei beni possono essere neutralizzati mediante
l’acquisto dei beni a titolo originario, tramite il possesso in buona fede o l’usucapione: per esempio,
la sentenza di nullità sarà inutile per il venditore se il compratore avrà usucapito il bene.
Nel contratto plurilaterale, la nullità o l’annullabilità di una delle parti non comporta nullità dell’intero
contratto, a meno che essa non fosse essenziale. Il contratto potrà quindi, in ogni caso, avere
attuazione con le parti restanti.
- Inefficacia iniziale: ritardano l’efficacia del contratto o ne rendono possibile una successiva
efficacia
- Inefficacia sopraggiunta: tolgono effetti ad un contratto inizialmente efficace.
L’efficacia iniziale può essere subordinata dalle parti al raggiungimento di un termine detto iniziale
(firmo un contratto il 2 gennaio, ma avrà effetto a partire dal 2 marzo). Il termine finale limita nel
tempo l’efficacia di un contratto.
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto al verificarsi del quale è subordinata l’iniziale
efficacia del contratto o di una sua clausola (condizione sospensiva: se diventi biondo ti vendo
casa mia), oppure la cessazione degli effetti di un contratto o di una sua clausola (condizione
risolutiva: se intanto che aspetto che A diventi biondo, posso affittare casa mia a B. Se A dovesse
diventare biondo la condizione risolutiva del suo contratto di locazione ne causerà lo scioglimento).
La condizione più anche consistere in un avvenimento già accaduto ma di cui non si ha ancora
notizia quando si conclude il contratto. L’incertezza può essere di vario grado (può essere incerto
sia il se sia il quando, ma anche solo il quando e non il se).
L’avvenimento futuro ed incerto può essere indipendente dalla volontà delle parti (condizione
causale); ma anche dipendere dalla volontà di una di esse: la condizione potestativa, per
esempio, dipende dal futuro comportamento volontario di una delle parti. Quando la condizione
sospensiva è meramente potestativa il contratto è nullo, in quando manca la volontà attuale di
acquistare un diritto o assumere un’obbligazione.
La condizione contraria a norme imperative/ordine pubblico/buon costume rende nullo il contratto
(ti dono la mia casa se ti fai ebreo —> condizione contraria all’ordine pubblico)
La condizione che consiste in un evento irrealizzabile è impossibile. Può essere irrealizzabile in
assoluto o non realizzabile in concreto (quando la condizione consiste in un evento che non potrà
più verificarsi es. la morte già avvenuta). La condizione impossibile sospensiva rende il contratto
nullo, quella risolutiva si considera come non apposta.
Il codice civile regola la condizione volontaria, quella apposta per volontà dalle parti. Si parla di
condizione legale quando è la stessa legge a rende efficace un contratto al verificarsi di un evento
futuro e incerto (es. l’approvazione del contratto da parte delle autorità).
- La procura non pone limiti: il rappresentante dichiara a nome altrui la propria volontà, quindi i
vizi del consenso renderanno annullabile il contratto solo in caso siano vizi della volontà del
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rappresentante. Gli stati soggettivi (buona-mala fede) devono essere considerati con riguardo al
rappresentante.
- Nella procura sono determinati alcuni elementi del contratto: il contenuto è determinato dalla
volontà del rappresentato e del rappresentante, il quale dichiara una volontà solo in parte sua. I
vizi del consenso che riguardino elementi del contratto predeterminati dal rappresentato
renderanno annullabile il contratto solo se risulta viziata la volontà del rappresentato. Idem per
gli stati soggettivi (rileva la mala/buona fede del rappresentato nel caso siano elementi
predeterminati)
- Tutti gli elementi del contratto sono predeterminati dal rappresentato: il rappresentante si limita a
dichiararne la volontà altrui. In questo caso, si entra nella situazione dell’ambasceria: chi agisce
in nome altrui è un semplice portavoce. I vizi del consenso e gli stati soggettivi da considerare
sono sempre quelli del rappresentato. L’errore ostativo del portavoce (l’errore nella
dichiarazione) rende il contratto annullabile se conoscibile dall’altro contraente.
- Istantanea: contratti il cui adempimenti si esaurisce, per ciascuna delle parti, nel compimento di
un solo atto simultaneo alla conclusione del contratto o senza intervallo di tempo rispetto ad
essa (es. vendita).
- Differita: se l’adempimento è vincolato ad un termine (evidentemente successivo a quello della
conclusione). Può capitare che l’adempimento si frazioni in più atti (es. pagamento a rate).
- Continuata o periodica: obbligano le parti ad una prestazione continuativa (es. lavoro) o che
dev’essere periodicamente ripetuta nel tempo.
Una volta concluso, il contratto ha forza vincolante per le parti. Questa è chiamata dal codice civile
“forza di legge” (sono quindi tenute a rispettarlo allo stesso modo con cui sono tenute ad
osservare la legge).
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Per sciogliere il contratto occorre un nuovo atto di autonomia contrattuale, detto mutuo dissenso:
un nuovo accordo diretto ad estinguere il rapporto contrattuale.
Il contratto può però ammetttere ad una (o entrambe) le parti la facoltà di recesso unilaterale, che
non richiede l’accettazione dell’altra e che vale nel momento stesso in cui questo viene comunicato
(se il contratto aveva forma scritta, il recesso dovrà avere stessa forma).
- Esecuzione istantanea/esecuzione differita: la facoltà di recesso può essere esercitata, salvo
patto contrario, solo prima che il contratto abbia avuto un principio di esecuzione.
- Esecuzione continuata o periodica: il recesso è possibile anche se è già iniziata l’esecuzione del
contratto, e non ha effetto retroattivo (le parti non possono pretendere la restituzione di ciò
che hanno prestato fino a quella data).
Nei contratti plurilaterali la recessione di una parte non comporta lo scioglimento dell’intero
contratto, a meno che la sua partecipazione non fosse essenziale.
Per le modificazioni del regolamento contrattuale valgono le stesse regole (anche se non
espresse). Le parti non possono unilateralmente modificarlo, salvo che questa possibilità non
fosse già originariamente prevista nel contratto.
Il contratto si può sciogliere anche per cause ammesse dalla legge, che sono di due ordini:
quelle che riguardano i contratti a titolo oneroso (risoluzione e rescissione del contratto) cap
16, e quelle che riguardano contratti di durata, ossia quelli che instaurano fra le parti un vincolo
destinato a protrarsi nel tempo.
Per legge i rapporti contrattuali perpetui (che vincolano le parti sino alla morte, o che vincolino
fino alla morte anche i loro eredi) non sono ammissibili: accettare sarebbe come rinunciare alla
libertà contrattuale; inoltre, la legge intende così garantire il mutamento delle destinazione delle
risorse, facendo sì che esse vengano impiegate proficuamente: il vincolo perpetuo lo
impedirebbe.
Per soddisfare queste esigenze la legge utilizza due figure: il termine finale massimo ed il
recesso. Per alcuni contratti ad esecuzione continuata o periodica è considerato requisito
essenziale del contratto la previsione del termine di durata; per altri è direttamente stabilito
dalla legge (la locazione non può, così, durare più di trent’anni). Per altri contratti è ammessa
una durata a tempo indeterminato, ma riconoscendo alle parti facoltà di recesso, che può
essere:
- Ad nutum: recesso puro e semplice, non richiede giustificazione
- Per giusta causa: a volte è concesso solo questo tipo di recesso, che dev’essere giustificato
dal contraente.
2. Continua: contratti con effetti obbligatori e con effetti reali, contratti consensuali e
contratti reali
I contratti non sono solo fonti di obbligazioni, ma anche modo d’acquisto (o trasferimento della
proprietà e degli altri diritti). Per contratto si possono costituire diritti reali su cosa altrui e
trasferire diritti di credito.
Gli effetti obbligatori del contratto sono le obbligazioni che ne scaturiscono. Si parla di effetti
reali riferendosi agli effetti prodotti direttamente dal contratto all’atto stesso della conclusione del
contratto (es. trasferimento di proprietà nella vendita è un effetto reale).
Contratti con effetti obbligatori saranno quindi fonti di obbligazioni delle parti, di una di esse o
entrambe (es. locazione).
Contratti con effetti reali avranno come effetto il trasferimento della proprietà o di altri diritti, ma
anche fonti di obbligazioni (tipo quella di consegnare la cosa venduta).
La disciplina che regola i contratti con effetti reali è retta dal principio consensualistico: lil
trasferimento di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento del diritto vengono
trasmessi o acquistati per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato (quindi non
quando paghiamo il prezzo della cosa).
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Perché operi il principio consensualistico, occorre che il contratto abbia per oggetto il trasferimento
di una cosa determinata. Se si tratta di cose determinate solo nel genere, la proprietà passerà al
momento dell’individuazione, fatta d’accordo fra le parti e nei modi stabiliti (generalmente avviene
all’atto della consegna. Es. il contratto di vendita tra automobilista e benzinaio si perfeziona
quando il benzinaio acconsente di rifornirmi, ma la benzina diventa mia solo quando entra nel
serbatoio). Quando l’oggetto del contratto sono merci da trasportare, l’individuazione avviene al
momento della consegna al vettore (sono proprietario dei pacchi di Amazon che ha in mano la
DHL). Il rischio del perimento, naturalmente, incombe su chi ne è proprietario, che ne dovrà
comunque pagare prezzo.
Il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti, che, nel caso dei:
- Contratti consensuali: è necessario e sufficiente per il perfezionamento. La consegna della cosa
è adempimento di un’obbligazione già sorta al momento dell’accordo, ma può svolgere funzioni
specifiche: se, con successivi contratti, una parte concede a diversi contraenti un diritto personale
di godimento sulla medesima cosa, prevale tra essi quello che per primo ha conseguito il
godimento della cosa.
- Contratti reali i è necessario ma non sufficiente: occorre anche la consegna della cosa: deposito,
comodato, mutuo, contratto costitutivo di pegno.
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- Il caso in cui per l’adempimento sia previsto un termine essenziale già scaduto.
Il rapporto di corrispettività legittima ciascuna parte al rifiuto di adempiere la propria prestazione,
se l’altra parte non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che
non siano previsti diversi termini per l’inadempimento: è la situazione dell’eccezione di
inadempimento (all’inadempiente non si deve adempiere).
Analoga situazione è l’eccezione basata sul mutamento delle condizioni patrimoniali dell’altro
contraente, tale da porre in pericolo il conseguimento delle prestazioni. La parte, che per contratto
è tenuta ad eseguire la prestazione prima dell’altra, la può sospendere salvo che l’altra parte non
offra garanzie. La parte inadempiente è tenuta a risarcire il danno.
La parte che chiede il risarcimento ha l’onere di provare di aver subito il danno per altrui
inadempimento o ritardo, e di provare l’ammontare del danno subito. Il contratto può prevedere
una penale per l’inadempimento o per ritardo, con due effetti:
- Dispensare dall’onere di provare il danno
- Limitare il risarcimento del danno all’ammontare della penale
Questa è versata solo in caso di inadempimento/ritardo.
La caparra è una somma di denaro che talvolta viene versata da una parte all’altra nel momento
della conclusione del contratto.
- Se la parte che ha versato adempie, l’altra parte dovrà restituire la somma
- Se la parte non adempie, l’altra parte potrà trattenere la caparra e recedere.
- Se la parte inadempiente è quella che ha ricevuto la caparra, chi l’ha versata potrà esigere il
doppio della caparra e recedere.
La caparra data o ricevuta non comporta rinuncia all’agire per l’adempimento o per risoluzione, né
quella a chiedere il risarcimento del danno subito. Il recesso, trattenendo la caparra o esigendone
il doppio, è una facoltà dell’adempiente. La caparra penitenziale, data alla conclusione, è invece
corrispettivo del recesso (il recedente dovrà versarla/versare il doppio di quella ricevuta).
3. Risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione; risoluzione per eccessiva
onerosità sopravvenuta
presenza di una controprestazione. Il contratto può essere aleatorio per sua natura o per volontà
delle parti (la vendita di cosa futura, per esempio, può essere voluta come commutativa o come
aleatoria, e in questo secondo caso, la parte acquirente si obbliga a pagare il prezzo anche
nell’eventualità in cui la cosa non verrà ad esistenza).
Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad un altro un danno ingiusto è chiamato fatto
illecito. Il danno illecito è fonte dell’obbligazione di risarcire il danno, che sarà una somma di
denaro che rappresenta l’equivalente del danno cagionato.
L’obbligazione di risarcimento può essere causata anche da contratto (il contraente che non
adempie le obbligazioni derivanti da un contratto è responsabile dei danni che l’inadempimento ha
causato all’altra parte).
Responsabilità per danni del contraente inadempiente: responsabilità contrattuale
Responsabilità per danni cagionati con fatto illecito: responsabilità extracontrattuale (o civile)
Il fatto illecito presenta tre elementi oggettivi (il fatto, il danno ingiusto, il rapporto di causalità fra
fatto e danno) e due elementi soggettivi: il dolo o la colpa.
- Il fatto è un comportamento umano, commissivo (fare) o omissivo (non fare)
- Rapporto tra causalità fra fatto e danno: dev’esserci, fra fatto e danno, un rapporto di causa-
effetto, tale che il fatto ha cagionato il danno. Non basta, per il diritto, che il fatto commesso sia
stato una delle tante cause che hanno portato all’evento dannoso. L’evento dannoso dev’essere
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- Il dolo o la colpa.
Dolo: intenzione di provocare l’evento dannoso (intenzione di uccidere nell’omicidio volontario).
Colpa: mancanza di diligenza, prudenza o perizia: l’evento dannoso non intenzionale. E’ quindi
il comportamento negligente, imprudente o imperito (per impreparazione).
L’onere di provare il dolo e la colpa incombe sul danneggiato (per la responsabilità
extracontrattuale, il debitore deve provare l’impossibilità della prestazione. Per quella non
contrattuale, il creditore deve provare la colpa del debitore).
Dolo eventuale: pur non agendo per realizzare l’evento dannoso, questo si verifica quale
conseguenza della propria azione/omissione
Colpa cosciente: è l’atteggiamento di chi si comporta imprudentemente o negligentemente con
la previsione del dell’evento dannoso.
Il danno biologico è la lesione dell’integrità psico-fisica della persona, quale bene protetto in sé e
per sé, indipendentemente dalla capacità della persona di produrre ricchezza. (lesione
dell’interesse all’integrità. Ad esempio, viene danneggiata una modella. La modificazione
all'aspetto esteriore di una persona è risarcibile come danno biologico.)
Se più persone sono responsabili del medesimo danno, queste ne rispondono solidalmente, a
prescindere dalla gravità della colpa dei singoli: il danneggiato potrà richiedere il risarcimento a
chiunque dei responsabili. Chi ha pagato avrà poi azione di regresso nei confronti degli altri (solo
in questa sede vale il diverso grado di colpa).
debitore ha per oggetto l’intero patrimonio del debitore. Il credito è il diritto ad una data prestazione
dedotta in obbligazione. La garanzia del credito è costituita dall’intero patrimonio del debitore.
Il rapporto fra debito e responsabilità (e fra credito e garanzia) si manifesta in varie fasi del
rapporto obbligatorio:
Il patrimonio del debitore è per il creditore solo una garanzia generica (non ha la certezza di potersi
soddisfare su un dato bene del debitore). Garanzia specifica, che dà certezza al creditore, è la
costituzione del pegno o dell’ipoteca, che hanno funzione di vincolare un dato bene a garanzia di
un dato credito. Il bene può essere di un debitore o di un terzo (che acconsenta di garantire).
Il pegno si costituisce: su cose mobili, su universalità di cose mobili, su diritti di credito
L’ipoteca di costituisce: su beni immobili, su diritti reali su cose immobili, su beni mobili registrati.
Pegno ed ipoteca sono diritti reali di garanzia su cosa altrui: il bene resta di proprietà del debitore o
del terzo, che può alienarlo, ma il creditore pignoratizio/creditizio acquista sul bene un duplice
diritto:
- Diritto di procedere all’esecuzione forzata sul bene anche nei confronti del terzo acquirente.
Pegno ed ipoteca seguono la cosa in tutti i suoi passaggi di proprietà, fino a quando il credito
non è estinto (diritto di seguito). E’ un diritto reale di garanzia (il creditore non non gode della
cosa: essa è solo garanzia di un suo credito).
- Diritto di prelazione: quello di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla vendita forzata del bene con
preferenza rispetto agli altri eventuali creditori del medesimo debitore (se il debitore dà in pegno
un oggetto di valore di 200, quando il suo debito ammonta a 100, il creditore si soddisferà, ed il
ricavato che eccede verrà distribuito fra gli altri creditori (se non ci sono, la somma andrà al
proprietario del bene).
La cosa data in pegno/ipoteca ha solitamente un valore superiore all’ammontare del credito che
garantisce, di cui il creditore on può profittare: è nullo il cosiddetto patto commissorio (la cosa data
in pegno/ipoteca non può passare di proprietà al creditore).
Il pegno si costituisce per contratto in forma scritta.
Il pegno di cose mobili è un contratto reale che si perfezione con la consegna della cosa dal
proprietario al creditore o ad un terzo designato dalle parti. Se il debitore paga, il creditore dovrà
restituirgli la cosa. Se non paga, il creditore, dopo avergli intimato di pagare, può far vendere la
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cosa da un mediatore autorizzato, o chiedere al giudice che la cosa gli passi in proprietà (sarà
necessaria una stima del valore del bene, per accertarsi che non sia superiore al debito).
Il pegno di crediti, si perfeziona con la notificazione del pegno al debitore del credito dato in
pegno o con l’accettazione da parte di questo. Il creditore, alla scadenza, è tenuto a riscuotere il
credito (tratterrà quanto è dovuto. L’eventuale eccedenza sarà al proprio debitore). Il pegno di
crediti implica anche un mandato a riscuotere.
Quando la cosa data in pegno è una somma di denaro o altre cose fungibili non individuate delle
quali è stata conferita la facoltà di disporre al creditore, il pegno è irregolare.
3. Continua: l’ipoteca
Ha come oggetto immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri. Richiede l’iscrizione in pubblici
registri immobiliari o nei pubblici registri specifici per i beni mobili soggetti ad iscrizione.
Può avere tre fonti:
- Ipoteca volontaria: si basa su un contratto fra debitore e creditore o su un atto unilaterale del
debitore o del terzo datore di ipoteca. Deve avere forma scritta.
- Ipoteca giudiziale: si basa su una sentenza di condanna al pagamento di una somma o
all’adempimento di un’altra obbligazione o al risarcimento del danno, o su un decreto ingiuntivo
reso esecutivo.
- Ipoteca legale: nei casi previsti dalla legge (importante quello dell’alienazione di un bene
immobile o mobile registrato che non sia stato pagato: l’ipoteca si costituisce sul bene alienato).
L’ipoteca legale e giudiziale si costituiscono per iniziativa del creditore.
Il contratto o l’atto unilaterale per l’ipoteca volontaria, l’atto di alienazione del bene per l’ipoteca
legale sono il titolo per ottenere la costituzione dell’ipoteca. Questa si costituisce solo con
l’iscrizione nei pubblici registi, che sarà quindi pubblicità costitutiva. Questo però non è
sufficiente: se il titolo sulla base del quale è iscritta l’ipoteca è nullo, l’ipoteca sarà inefficace.
Su un medesimo bene si possono iscrivere più ipoteche a garanzia di crediti diversi. Ogni ipoteca
è contrassegnata da un grado. Con il ricavato della vendita forzata, si soddisferà così il creditore
di primo grado e se c’è un residuo, quello di secondo grado ecc.
L’iscrizione conserva il suo effetto per vent’anni al termine dei quali, se non rinnovata (e in questo
caso equivarrà a nuova iscrizione), l’ipoteca si estinguerà.
L’ipoteca è un diritto reale di garanzia: il bene ipotecato può essere venduto, ma sarà gravato da
ipoteca (il creditore potrà promuovere la vendita forzata del bene anche in confronto del terzo
acquirente).
L’ipoteca è retta dai principi di specialità e indivisibilità: grava solo sui beni specificatamente
indicati e solo per una somma determinata; grava per intero su tutti i beni ipotecati e su ogni loro
parte: continuerà a gravare anche se il credito si è in parte estinto, salvo che non vi sia una
riduzione dell’ipoteca.
La cancellazione dal registro comporta l’estinzione dell’ipoteca, per cui è necessario un titolo
(estinzione dell’obbligazione garantita con l’ipoteca, rinuncia del creditore all’ipoteca, vendita
forzata del bene ipotecato, perimento della cosa stessa, lo spirare del termine ventennale non
rinnovato) e la domanda della parte interessata o di una sentenza.
Le garanzie personali sono quelle in cui una persona garantisce, con il proprio adempimento,
l’adempimento di un’obbligazione altrui. Figura tipica è la fideiussione: un contratto con il quale
il fideiussore garantisce l’adempimento di un obbligazione altrui obbligandosi personalmente. Il
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1. La prescrizione
L’estinzione dei diritti a causa di un loro mancato esercizio per un tempo prolungato è chiamata
prescrizione. Il termine ordinario è di dieci anni: vale per ogni diritto per il quale non sia previsto
termine maggiore o minore.
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2. La decadenza
Anch’essa è l’estinzione di un diritto per mancato esercizio entro un dato tempo. La sua funzione
è, però, limitare entro un breve tempo lo stato di incertezza di situazioni giuridiche. Sottoposto a
termine di decadenza, per esempio, il diritto del compratore di denunciare i vizi della cosa (8
giorni). Termini di decadenza sono anche tutti i termini previsti per il compimento di atti processuali
(se una sentenza di primo grado non è appellata entro trenta giorni dalla notificazione, non sarà
più impugnabile).
La decadenza non ammette né interruzioni né sospensioni. Non può essere impedita se non dal
compimento dell’atto. Può però essere pattuita, a differenza della prescrizione (il contratto può
sottoporre a decadenza l’esercizio dei diritti che da esso derivano). E’ nullo il patto con cui si
stabiliscono stabiliscono termini di decadenza troppo brevi.
FINE.
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