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Capitolo 26.

Il diritto inglese (XVI-XVIII secolo)


Alla fine del medioevo il Common Law formava oramai un ampio e articolato
sistema di diritto. Nella rarità di testi di dottrina propria del diritto inglese, alcune
opere spiccano fra le altre:
• 11 trattato Of Tenures di Littleton, dedicato al tema della proprietà: struttura
sistematica che si articola in tre libri, chiarezza del dettato, la precisa disamina
dei diversi modi di accedere alla proprietà e al possesso, l’accurata distinzione
tra aspetti sostanziali e processuali sono qualità che resero tale testo
universalmente consultato e insostituibile per tre secoli.
• Il libro De laudibus Legum Angliae, di Sir John Fortesque del 1470, scritto per
il principe Edoardo in esilio, ove si chiariscono i caratteri peculiari del diritto
inglese in termini accessibili ad un allievo non giurista, con un’interessante
descrizione delle professioni legali e delle Inns of Court.
• Accanto alle opere di Coke, vi sono gli scritti di John Selden, colto giurista che
studiò in alcuni suoi scritti diversi istituiti di diritto ebraico e che nella crisi
costituzionale del 1628 difese le posizioni del parlamento e delle Corti contro
la pretesa della monarchia di esercitare la prerogativa dell'arresto verso singoli
sudditi.
• Le opere di Sir Matthew Hale, il primo vero storico del diritto con le sue opere:
History of thè Common Lax e History of thè Pleas of thè Crown.
La giustizia era un elemento estremamente rilevante del Common Law.
1 writs furono limitati poiché cristallizzati anche a causa della rivendicazione del
parlamento come organo legislativo e ciò portò all’estensione degli strumenti
esistenti.
Un esempio è l’estensione del writ of ejectment, il quale originariamente tutelava gli
affittuari di un immobile o di una terra contro atti di espulsione, che nel corso del
tempo arrivò ad essere lo strumento principale per la tutela generale del possesso e
della proprietà immobiliare. Per ottenere ciò si adottava il curioso espediente di
fingere che i due deleganti delegassero altri due soggetti nella posizione rispettiva di
affittuario e locatore.
Un’evoluzione singolare si ebbe nelle funzioni della giuria: i giurati, originariamente
chiamati a testimoniare sulle persone e sui fatti connessi alla lite o al reato, nel corso
del tempo si trasformarono in veri e propri giudici, autori di un verdetto riguardante
solo la questione di fatto portata in giudizio, accertata attraverso testimonianze,
documenti o altri mezzi di prova.
Al giudice togato spettava invece di applicare al verdetto le regole del diritto. Ciò non
privava il giudice di strumenti incisivi per orientare i giurati prima del loro ritiro in
camera di consiglio; egli poteva mettere in discussione un verdetto ritenuto ingiusto o
errato e chiedere la nomina di una seconda giuria; nei confronti dei giurati vi era
inoltre lo strumento delfattaint, un procedimento penale per l'eventualità che il loro
verdetto fosse falsato.
Nel 1487 uno statuto istituì la Star Chamber, costituita dal Consiglio del Re
(cancelliere, tesoriere e ministri con la partecipazione di un giudice e di un vescovo)
che perseguiva una vasta serie di crimini con procedimento sommario, rapido ed
efficace anche contro personaggi potenti, senza l’intervento della giuria e senza il
potere di condanna capitale, ma con il ricorso alla tortura giudiziaria (che le altre corti
di giustizia non praticavano).
La Star Chamber venne abolita nel 1641 a causa della fine dell'assolutismo in
Inghilterra (causato dal ridimensionamento del potere sovrano e il riequilibrio delle
funzioni di governo).
Il prestigio dei giudici, la loro autonomia, la loro indipendenza di giudizio anche nei
confronti del potere monarchico, dei ceti e degli interessi economici, sono elementi
costitutivi del diritto inglese. Un elemento essenziale del diritto inglese è costituito
dall’estensione della giurisdizione della Corte di Cancelleria.
Fin dall'età normanna il cancelliere era stato titolare di poteri giudiziari: a lui
spettava l'emissione dei nuovi writs che costituivano la base della giurisdzione del re;
egli si pronunciava in nome del re accogliendo o respingendo le richieste di
intervento in casi giudiziari per i quali i sudditi rivolgevano al re la supplica di
ovviare alle procedure cogenti e restrittive delle Corti centrali di giustizia. Nel corso
del 1400 questa funzione della cancelleria si espanse gradualmente affermandosi lì
dove il sistema di Common Law non offrisse congrua tutela.
Il criterio generale adottato dal cancelliere fu di giudicare secondo coscienza, con un
esame congiunto di fatto e di diritto con un notevole margine di discrezionalità. Il
cancelliere era di norma un ecclesiastico, come tale esperto conoscitore del diritto
canonico oltre che del diritto romano, e l’equità era una delle chiavi della giustizia
ecclesiastica.
Uno dei campi in cui la Cancelleria operò più creativamente fu quello dei rapporti
fiduciari. Accadeva che A volesse spogliarsi di beni di sua proprietà cedendoli a B,
con l’intesa però che B li gestisse fiduciariamente nell’interesse o del concedente A o
di un altro soggetto C designato da A.
Questo secondo il Common law era impossibile, poiché il trasferimento della
proprietà a B gli attribuiva il pieno diritto di godere e disporre dei beni senza obbligo
alcuno; la Corte di Cancelleria invece rese efficace il trust, il negozio fiduciario, in
nome dell’equità.
Il re favorì la giurisdizione della Corte di Cancelleria che divenne una giurisdizione
complementare rispetto a quella delle corti di Common Law, con regole dapprima
fluide e poi fissate dai precedenti: prese il nome di Equity.
La procedura era totalmente peculiare: non esisteva giuria, mentre al convenuto il
cancelliere imponeva il giuramento sui fatti contestati. Il cancelliere ampliò
notevolmente i suoi poteri giurisdizionali con lo strumento dell’ingiunzione
(injuction) per cui ove credesse che il giudizio di una Corte di Common Law portasse
ad esiti contro la coscienza, egli era abilitato ad intimare alle parti di presentarsi a lui
per ottenere giustizia, anche nel caso in cui nel frattempo fosse intervenuta un’altra
Corte.
I pregi dell’equity rispetto al common law sono al centro di uno scritto in cui si mette
in rilievo il fatto che nessuna norma cogente può rispondere alle sempre mutevoli e
varie necessità della vita, mentre questo era ben possibile con il ricorso all’equità.
Tommaso Moro (allievo di Erasmo da Rotterdam, umanista, giurista, cancelliere e
poi condannato alla pena capitale per aver rifiutato, per motivi di fede, di riconoscere
il re come capo della Chiesa d’Inghilterra) difese il ruolo di supplenza dell’Equity
insistendo affinché i giudici delle Corti di Common law mitigassero il loro rigore
eccessivo se volevano evitare che il cancelliere intervenisse nei giudizi in nome
dell’equità. Cancelliere fu anche Francesco Bacone.
Nei primi anni del 1700 il contrasto acceso fra re e Parlamento, che condusse alla
crisi della guerra civile e poi al superamento dell’assolutismo con le rivoluzioni del
649 e del 1688, ebbe uno dei principali terreni di scontro nel contrasto fra Common
law ed Equity.
Alle tesi di Coke i difensori dell’Equity opponevano la dottrina della supremazia del
monarca su ogni altra autorità e la sua tradizionale funzione di giudice supremo; i
fautori di Common law contestarono invece il criterio dell’equità alla base della
giustizia cancelliera, ironizzando sul suo carattere arbitrario e mutevole.
La vittoria storica del Parlamento riequilibrò la situazione a favore del Common law.
Nel tempo l'Equity divenne più lenta e incappata, anche perché il responsabile di ogni
decisione giudiziaria era il solo cancelliere, benché coadiuvato da numerosi
collaboratori.
Ecco perché, alla fine dell’ottocento, la giurisdizione di Equity sarà assorbita da
un’unica Corte di giustizia centrale. L’apporto dell’Equity non va però sottovalutato:
gli si deve l’affermazione di importanti istituti e di regole innovative in molti settori
(trust, disciplina dell’errore, della frode, della rescissione dal contratto, il principio
dell’esecuzione in forma specifica).

Presidente (Chief Justice) della Court of Common Pleas, Coke si oppose con
decisione alla richiesta del re di sottrarre alla giurisdizione di common law un caso
riguardante i diritti fatto valere da un arcivescovo: egli sostenne che la giustizia dei
giudici di professione doveva essere il vero fondamento del diritto inglese e come tale
non era né sostituibile né infirmabile neppure dalla diretta volontà del sovrano. Egli
concepiva il Common law come legge fondamentale del regno, in grado di imporsi e
prevalere nei confronti della corona e dello stesso parlamento.
Egli sostenne anche una memorabile tesi per cui per giudicare rettamente non basta
l’equità naturale ma occorre applicare una tecnica del diritto che solo gli esperti
possiedono, sulla base della loro familiarità con le decisioni antiche.
Qualche anno più tardi Coke negò che una Commissione speciale di nomina regia
potesse decretare la pena del carcere in un caso specifico e poco dopo, divenuto Chief
Justice del King’s Bench si battè contro la Corte di cancelleria che intendenva
riformare una decisione della Corte regia.
Gli si oppose il cancelliere in carica, Lord Ellesmere, il quale nella battaglia a-
sostegno della Corte di Equity aveva il pieno appoggio del re Giacomo I, che stabilità
in un decreto che il cancelliere poteva intervenire con un suo giudizio anche dopo che
un caso fosse stato deciso dal Common law. Sconfitto, Coke abbandonò la carriera di
Chief Justice, ma negli anni seguenti svolse ancora un ruolo importante sul fronte
dell'opposizione, nel corso della vicenda politica che portò all’affermazione del
parlamento e del moderno costituzionalismo inglese.

Nel 1628 lo scontro fu aspro fra la Corte del Kings Bench e il governo del re, che
aveva fatto incarcerare cinque cavalieri che si erano rifiutati di sottoscrivere un
prestito forzoso imposto dalla corona. Coke argomentò che la pretesa di imprigionare
senza causa un suddito era contraria alla Magna Charta, ma tale argomentazione non
fu risolutiva.
La controversia fra monarchia e Parlamento arrivò al suo esito finale a causa della
pretesa di Giacomo Il di non osservare (in nome della tolleranza e della libertà
religiosa), per moto proprio in casi specifici, disposizioni legislative votate dal
Parlamento. Ciò portò alla sua abdicazione e all’avvento al trono della figlia Mary
insieme con il coniuge Guglielmo III.
Il nuovo assetto fu esplicitato nel 1689 con il Bill of Rights, in cui si dichiarava
illegale ogni ordine del re che sospendesse, senza autorizzazione del Parlamento,
l’applicazione di una legge; ogni impostazione stabile di tributi non votata dal
parlamento; il mantenimento di un esercito in tempo di pace senza autorizzazione del
Parlamento. Stabiliva inoltre il principio della libera elezione dei membri
parlamentari, la loro incondizionata libertà di parola, la necessità di convocazioni
regolari delle sessioni parlamentari.
Dieci anni prima una legge, l’Act of Habeas Corpus, aveva introdotto forti garanzie
nei confronti di ordini governativi restrittivi della libertà personale, indicando il
potere del giudice di farsi consegnare in custodia chi fosse detenuto illegalmente da
parte del potere esecutivo.
Ogni suddito poteva ottenere il writ of habeas corpus al fine di venire sottoposto ad
un regolare processo alla presenza di giurati: dapprima esso fu imitato al solo
controllo delle irregolarità Charta
Sul terreno del diritto privato importante fu lo strumento dell’assumpsit, un writ che
estendeva all’inadempimento di un’obbligazione la tutela che era assicurata alla
vittima di un atto illecito attraverso il writ of trepass.
La denominazione derivava dalla formula adoperata nel writ in cui, nella descrizione
schematica della fattispecie concreta, si affermava che il convenuto si era assunto un
determinato obbligo ma, non avendolo adempiuto o avendolo adempiuto male, aveva
arrecato un danno all’attore. Funzione di tale azione era, quindi, quella di sanzionare
il comportamento del convenuto il quale con sua colpa contrattuale non aveva
rispettato le regole dell’affidamento e mirava ad ottenere il mero risarcimento del
danno.
Più tardi si estese analoga tutela a chi si fosse indebitato e avesse iniziato a pagare il
debito senza però saldarlo.
Il fatto posto a fondamento dell’assumpsit, l’inizio dell’esecuzione dell’obbligazione,
doveva essere provato per ottenere la corrispondente tutela.
I contrasti sorti in materia fra King’s Bench e Court of Common Pleas, entrambe
competenti, condussero allo Slade Case nel 1602, ove si affermò che se era provata
l’esistenza di un accorso, l’assumpsit si doveva presumere senza la necessità di
provarlo.
Ma sua quale forma dovesse rivestire l’accordo per diventare azionabile si dibattè a
lungo visto che la Common law non ammetteva razionabilità dei patti nudi: dopo lo
Slade Case si diede rilievo per cui alla consideration, cioè alle motivazioni espresse
dalle parti alla stipula del contratto.

Un passo ulteriore fu compiuto da Lord Mansfield, un giudice che dichiarò che la


consideration era un semplice mezzo di prova del contratto ed in quanto tale poteva
essere sostituito da altri modi per provare il debito o l’obbligazione. Egli dichiarò che
quando si poteva provare, con uno scritto anche informale, l’esistenza di un impegno
assunto, l’obbligazione diventava azionabile.
La trascrizione dei dibattimenti processuali, nella forma degli Year Books, iniziata
sin dalla fine del duecento, proseguì fino al cinquecento. Dopo la metà del
quattrocento alcuni membri delle Inns of Court curarono raccolte di reports che
spesso si estendono su più anni o decenni.
Con l’avvento della stampa cominciarono le edizioni cumulative di Year Books,
dedicate dapprima ai due secoli di giurisprudenza dal 1327 al 1535.
Dall’inizio del 500 si andò modificando lo stile dei Reports poiché andarono
assumendo sempre più rilevanza i profili di diritto discussi nel processo e il King’s
Bench fu la corte cui i reporters diedero più attenzione. Anche dopo l’introduzione
della stampa si continuò a ricorrere a raccolte manoscritte. Alcune raccolte di Reports
acquistarono particolare prestigio, prima fra tutte gli 11 volumi di Reports di Sir
Edward Coke.

Contemporaneamente si impose la necessità di disporre di poter sistemate per materia


che aiutassero a ritrovare i casi relativi alle singole materie: dalla fine del 400 furono
composti degli indici, pubblicati a stampa, nei quali si rinviava ai Reports dei singoli
casi inquadrandoli in ordina alfabetico per materie. Il maggior fu Abridgments di
Viner, alla metà del 700.
IIdiritto commerciale fu un settore che conobbe sviluppi importanti: nel medioevo le
consuetudini commerciali italiane avevano raggiunto l’Inghilterra e la giustizia dei
mercanti era esercitata dalle Corti “dal piede impolverato”, cioè da giudici mercanti
sul modello continentale dei giudici di fiere, mercati, corporazioni. Ma all’inizio del
Seicento, giuristi come Coke e Holt attrassero nella giurisdizione della Court of
Common Pleas i casi di diritto commerciale.
Anche la giustizia deirAmmiragliato (Admirality Court) in materia di controversie di
diritto marittimo testimonia come l’influenza della tradizione romanistica e
canonistica sia stata tutt’altro che marginale nel diritto inglese: per tali controversie si
doveva infatti ricorrere al diritto romano.
Un’apposita associazione, Doctor’s Common, riunì i giuristi specializzate nel
discutere le cause che richiedevano l’impiego di conoscenze di diritto canonico e
civile.
Le Corti di Common law riuscirono poi col tempo a circoscrivere sensibilmente la
giurisdizione dell'Admorality Court rivendicando a sé la competenza di tutto ciò che
concerneva le terre, i reati marittimi e la pirateria e i contratti marittimi tra stranieri.
Nel dissidio fra Common law cd Equity assunse ruolo di protagonista Sir Edward
Coke.
Conoscitore profondo del Common law, egli compose una serie di opere destinate
rimanere basilari: i suoi Reports in 13 volumi ricostruirono l’intero sistema del
Common law attraverso il richiamo e il commento di migliaglia di casi decisi dall’età
medievale fino al primo seicento e i suoi libri degli Institutes esposero
sistematicamente il diritto immobiliare, criminale, i principali statutes e il sistema
delle corti di giustizia.

La sua cultura comprendeva il diritto romano e la dottrina continentale, dalla quale


estrapolava regole che applicava nelle sue decisioni, innestandole con abilità nel
contesto delle consuetudini e delle tradizioni di common law.

Fondamentali furono le sentenze che modellarono il diritto commerciale, includendo


definitivamente le sue regole e le sue consuetudini nel solco della Common law,
sottolineando il rilievo dato al valore dei patti e alla buona fede.
Egli aveva l’abitudine di sottoporre i casi controversi in materia a giuristi scelti fra i
miglior mercanti londinesi, e ascoltava con attenzione le loro valutazioni prima di
affrontare le questioni di diritto del caso. Inoltre prendeva appunti accurati durante
l’udienza, e di essi si serviva per istruire puntualmente la giuria, non evitando
neppure di intervenire in questioni di fatto.
Egli aveva espressamente e deliberatamente un atteggiamento antiformalistico
nell’affrontare questioni legali, ed era molto soddisfatto quando riscontrava
convergenze fra common law ed equity. Anche su altri temi le decisioni di Lord
Mansfield furono di grande peso: in tema di schiavitù, per esempio, il giudice Holt
aveva dichiarato che uno schiavo diviene libero quando giunge in Inghilterra e che
non conta al riguardo la circostanza che egli sia cristiano o infedele;
in Inghilterra vi è la servitù, ma non la schiavitù che rende l’uomo una semplice cosa
mobile come lo sono gli animali. Il problema stava nell’ipotesi in cui uno schiavo
divenuto libero poiché entrato in Inghilterra potesse tornare schiavo se usciva dal
paese.

Una celebre decisione di Mansfield non negò la legittimità della schiavitù, in linea di
principio, ma nel caso specifico affermò che uno schiavo divenuto libero sul suolo
inglese non poteva uscire dall’isola contro la propria volontà. L'abolizione della
schiavitù fu disposta solo nel 1807.
Il principio dello stare decisis consiste nel principio della vincolatività del precedente
giudiziario. Dalla metà del 200 Bracton fece un ampio utilizzo delle decisioni da lui
consultate e trascritte, e tale fatto fu eccezionale visto che i registri erano di norma
non ancora accessibili o consultabili in quel tempo, e comunque lo stesso Brancton
non sempre si adeguava ai casi citati contrapponendo loro le decisioni dei giudici
antichi, ritenuti molto più preparati di quelli contemporanei.
Il richiamo dei precedenti aveva un peso non vincolante, basato non sul precedente in
sé ma sulla consuetudine, che andava dimostrata richiamando più giudicati. Non
esisteva quindi la regola del precedente vincolante, anzi, il giudice Hale, Chief Justice
della Court of Common Pleas, affermava che non sarebbe stato razionale rimettersi
ad un precedente giudiziario erroneo, che doveva applicarsi al caso in esame come
cosa giudicata ma non necessariamente essere ripetuto.
Tra 500 e 600 si fece strada il criterio di ritenere vincolanti per il futuro quelle
decisioni assunte dalla Exchequer Chamber, cioè da una Corte suprema che per casi
giudiziari di particolare rilievo riuniva i giudici regi delle tre corti centrali: la Corte
dello Scacchiere, il Banco del re e la Corte dei placiti comuni. Nella stessa opera si
andò affermando la vincolatività delle pronuncie di Equity.
Si distingueva ormai tra il dispositivo specifico della sentenza e le proposizioni
collaterali, ma la libertà dei giudici era ancora considerevole nel valutare il peso da
attribuire a tali precedenti: non era raro che il giudice (spesso lo fece Mansfield)
dichiarasse impropriamente riportato un precedente che lui non approvava,
contrapponendogli un diverso principio legale da lui ritenuto valido. Solo nell’800 si
affermerà la regola per cui anche un solo precedente ha valore vincolante
inderogabile per il giudice di corte inferiore.
Mentre sulla vincolatività di un precedente per la Corte stessa che lo ha enunciato le
opinioni sono state discordanti.
Sir William Blackstone fu l'autore più letto e diffuso nella plurisecolare storia del
diritto inglese con i suoi Commentaries on thè Laws of England. un trattato in quattro
volumi concepito quale testo per l’insegnamento alla cattedra di Oxford, cui
Blackstone era stato chiamato.
L’intero Common law viene riesposto con riferimento alle fonti giurisprudenziali e
legislative; egli espone anche gli strumenti creati per aggirare procedure oramai
desuete da secoli ma non ancora commesse alla procedura dell’arresto, poi venne
esteso a strumento per accertare il fondamento dell’arresto medesimo.
Nel 1701 l’Act of Settlement sancì formalmente le garanzie di indipendenza dei
giudici, assicurando loro la sicurezza del salario e la stabilità dell’ufficio, dal quale i
giudici potevano essere rimossi solo con il voto di entrambi i rami parlamentari.
Tali disposizioni ridussero le prerogative del re rafforzando il ruolo del Parlamento e l’indipendenza
del potere giudiziario: si superò l'assolutismo monarchico e venne posto il fondamento del moderno
stato costituzionale europeo, basato sull’equilibrio dei tre poteri.

Montesquieu scrisse nel 1721 una breve opera, le Lettres Persanes, in cui immaginò
che un musulmano venuto dalla Persia descrivere ai familiari, in una lettera, le sue
impressioni sulla Francia del tempo in occasione di un viaggio a Parigi: tale
espediente letterario gli consentì di rappresentare con apparente ingenuità non pochi
aspetti dei costumi del tempo e dei profili criticabili della giustizia. La sua opera
maggiore è però l’Esprit des lois datato 1748 in cui fautore si ripropose di tracciare
un compiuto disegno delle relazioni necessarie che intercorrono fra il regime
politico-costituzionale di un paese e il suo diritto pubblico e privato.
Fondato su una vasta cultura antica romana e greca, ma anche su una approfondita
conoscenza della storia medievale e moderna, Montesquieau riformula la tripartizione
aristotelica dei regimi politici considerando tre forme di governo:
1. Il governo repubblicano, a sua volta distinto a seconda che il potere risieda nel
popolo (democrazia) o nella sola componente aristocratica. Il suo principio cardine è
la virtù, e con essa la ricerca dell’uguaglianza.
2. Il governo monarchico, in cui il sovrano opera attraverso le leggi. L’autore ha
ben presenti le repubbliche di Venezia e Genova e afferma che in esso è essenziale il
ruolo della nobiltà che al contempo rafforza e modera il potere sovrano. Tra le
monarchie l’autore distingue i modelli di Francia e Inghilterra, soffermandosi sulle
loro differenze. Il principio su cui regge il governo monarchico è l’onore. anche se vi
sono monarchie strutturate per il perseguimento della gloria (Francia) e altre
imperniate sul valore della libertà (intesa come la tranquillità di spirito che proviene
dall’opinione della propria sicurezza), come il caso della monarchia inglese.
Montesquieau mostra ammirazione verso la cosituzione inglese, una costituzione non
scritta che per la prima volta veniva descritta dall’opinione colta continentale.
3. Il governo dispotico, in cui il despota può operare a suo arbitrio in ogni
campo. L’autore ha presente la Turchia, che al sultano attribuiva poteri
indiscriminati.
Su questa base Montesquieau teorizza la dottrina dei tre poteri, legislativo,
esecutivo e giudiziario e difende i pregi di un regime rappresentativo che affidi il
potere legislativo congiuntamente ad una Camera elettiva e ad una seconda Camera
alta, espressione della nobiltà e dell'elitè della nazione. Dichiara inoltre di preferire il
modello inglese della separazione dei poteri, poiché la libertà cresce quando il potere
è limitato, e ciò che rende la limitazione dei poteri possibile è appunto la loro
separazione, in quanto è il potere che blocca il potere.
Al potere giudiziario spetta il compito non di creare la legge, ma di applicarla, in
modo però differenziato: nel governo repubblicano il giudice deve limitarsi ad una
applicazione automatica della legge, mentre nelle monarchie può far ricorso anche
allo “spirito della legge”.
In Montesquieau sono ravvisabili componenti di natura diversa: alcune regole
considerate preferibili in assoluto atte a garantire il bene dell'individuo e della
società, si ispirano all’impostazione giusnaturalistica: a volte le regole sono invece
connesse con la forma di governo (così anche a proposito del sistema penale: nel
regime repubblicano si impongono sanzioni rigide e discrezionalità minima o nulla
nella loro applicazione, mentre nel regime monarchico il sovrano può ricorrere alla
grazia); altre volte le regole derivano dai caratteri fisici del paese (geografia, clima
ecc).
Questi elementi sono tutti trattati con la consapevolezza della storicità del diritto,
presente in forme diversissime nel tempo e nello spazio: secondo Fautore il diritto
delle genti non è ovunque il medesimo, ogni popolo ha il proprio diritto e i suoi
costumi.
Una fase significativa della nuova cultura illuminista fu l’impresa dell’Enciclopedia,
direta da due giuristi di diversa formazione, Diederot e D'alembert. pubblicata
nell’arco di un quindicennio a partire dal 1750. All’Enciclopedia collaborò Jean
Jacques Rousseau
In questo campo fu decisiva anche l’opera di Lord Mansfield, cadetto di una nobile
famiglia scozzese, latinista, oratore, studioso di Oxford, poi barrister, solicitor,
attomey e infine, nel 1756, Chief Justice nel Kings Bench.

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