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Le FONTI DEL DIRITTO

AUCTORITAS = attività mediante la quale un determinato soggetto od organo


integrava gli effetti dell’attività di un altro, di per sé non sufficiente a produrli
pienamente

L’IMPERIUM =  La valenza di base è ordine o comando. All'inizio dunque l'imperium


doveva essere nelle mani di una sola persona, una sola tra molti, che possedeva il
diritto di esercitare l'imperium. Sotto la Repubblica romana l'imperium era esercitato
dal Senato, che operava per conto del popolo romano. Sotto il Principato l'imperium
venne riservato ad un gruppo di comandanti militari il cui comando non derivava dalla
sfera civile ma da quella militare

LA IURISDICTIO=  il potere, di cui sono dotati alcuni magistrati, detti giusdicenti, di


impostare in termini giuridici la controversia

La miglior presentazione delle fonti del diritto è contenuta in apertura del I libro delle
Istituzioni di Gaio:

“Tutti i popoli retti da leggi (leges) e consuetudini


(mores) si valgono di un diritto che in parte è loro proprio, in parte è comune a tutti
gli uomini.

Il diritto, che ciascun popolo si è stabilito da se stesso, è proprio di quel popolo e si


chiama diritto civile (ius civile), nel senso di diritto proprio della civitas.

Il diritto che la ragion naturale ha stabilito fra tutti gli uomini viene osservato nello
stesso modo presso tutti i popoli e viene chiamato diritto delle genti (ius gentium),
nel senso di diritto del quale tutte le genti si valgono.

il popolo romano si vale in parte di un diritto che gli è proprio, in parte di un diritto
comune a tutti gli uomini

Le istituzioni giuridiche del popolo romano prendono


consistenza dalle

-leggi è quel che il popolo dispone.

- plebisciti quel che la plebe dispone.


PLEBE = tutti gli altri cittadini esclusi i patrizi
un tempo i patrizi non erano vincolati dai plebisciti, perché venivano fatti senza la
loro partecipazione, ma poi fu emanata la legge Ortensia, con la quale fu previsto che
i plebisciti vincolassero l’intero popolo, e così essi furono equiparati alle leggi.

-senatoconsulti quel che il senato dispone, ed esso ha valore di legge.

-costituzioni dei principi è quel che


l’imperatore ha stabilito con decreto o con editto ovvero con una lettera (epistula), e
mai si è dubitato che ciò abbia valore di legge, dal momento che l’imperatore stesso
ha ricevuto il potere in forza di una legge

-editti di coloro che hanno il ius edicendi appartiene ai magistrati del popolo romano,
ma questo diritto appare nella forma più ampia negli editti dei due pretori, urbano e
peregrino, la cui giurisdizione spetta nelle province ai rispettivi presidi; e così pure
negli editti degli edili curuli, la cui giurisdizione spetta ai questori nelle province del
popolo romano; infatti nelle
province di Cesare (= le province imperiali) non vengon del tutto inviati dei questori,
per cui questo editto non si affigge in tali province.

-responsi dei giuristi sono i pareri di coloro ai quali è stato consentito di creare il
diritto: e se i
loro pareri sono tutti concordi, quel che essi pensano ha valore di legge, se invece
dissentono, il giudice può seguire l’opinione che vuole.

Alle origini il diritto consta di MORES, ossia di consuetudini e di usi gentilizi,


entrambi non scritti.

Le fonti antiche informano anche di LEGGI REGIE (provvedimenti scritti dei vari
re) non si tratta però di ‘leggi’, ma di comunicazioni formali del re alle curie, senza
alcuna possibilità di discussione.
MORES
All’interno di esse si trovano regole giuridiche,e religiose o magico-religiose:
Ciò denota l’assenza di una distinzione tra ius e fas, cioè tra sfera del diritto e sfera
della religione.

In caso di dubbio sul contenuto / esistenza di una norma dei mores venivano
consultati i pontefici ( collegio vitalizio costituito da 5 membri) che chiamati o a
formulare la nuova regola per la questione fino ad allora inedita dando luogo ad
un’interpretazione creatrice di diritto o a chiarire quelle già esistenti.

Così che si viene a formare il nucleo più antico e fondamentale delle regole di
comportamento fra privati, quel ius Quiritium ( diritto privato arcaico e i riti sacri
delle prime comunità romane. Essendo composto da usanze arcaiche ha caratteristiche
più magico-religiose che tipicamente giuridiche) che sarà fissato in buona parte per
iscritto nelle Dodici Tavole.

I patres familias, i giudici, i re e poi, nel periodo repubblicano, il senato e i magistrati


si rivolgono ai pontefici, per conoscere quale comportamento adottare per conseguire
un determinato scopo in uno specifico caso.

La risposta dei pontefici, espressa in forma orale e


gratuita ,responso (responsum)
Ai patres familias il responso era dato non dal collegio, ma da uno dei pontefici, che
ogni anno era investito di questo incarico dai colleghi.

i pontefici rielaborarono i pochi schemi formali arcaici, creandone nuovi


applicazioni.
Come la mancipatio (da manu càpere “prendere con mano”), il più antico atto
formale per i rapporti fra privati.

Alle origini, si presentava come una compravendita con effetti reali, uno scambio
immediato di una data cosa contro una certa quantità pesata di metallo (prima
dell’introduzione della moneta coniata, che avvenne solo poco prima del 300 a.C.)
Il rito prevedeva la partecipazione di otto persone alla presenza della cosa stessa o di
una sua parte:

-il pater familias che cedeva la cosa e quello che la acquistava;

- cinque cittadini romani maschi e almeno adolescenti nella funzione di testimoni

-lìbripens “reggitore della bilancia” per la pesatura del bronzo.

Infine, il pater familias acquirente poneva sul piatto della bilancia il bronzo grezzo
(aes rude) richiesto per lo scambio.

Con l’introduzione della moneta coniata, la mancipatio, grazie all’elaborazione


creatrice dei pontefici, diviene un negozio astratto, un atto che può servire a
trasferire, per cause diverse, da un pater familias all’altro il potere sulle res mancipi,
le cose ‘più preziose’ sotto il punto di vista economico (fondi italici, animalida tiro e
da soma, schiavi, servitù prediali rustiche di passaggio e di condotta)
e sulle persone libere sottoposte a un pater familias (ad es., un figlio).

ESSI andarono oltre, adattando il rito della mancipatio per conseguire ulteriori
risultati.

Nacque così, ad esempio, il rituale della emancipatio. I I pontefici si occupavano pure


della costruzione dei rituali, verbali e gestuali, del più antico processo privato (oggi,
civile).

LE XII TAVOLE
Secondo il racconto tradizionale, le Tavole andarono perdute durante il saccheggio di
Roma per mano dei Galli nel 390 a.C.;

La conoscenza moderna del testo è soltanto indiretta, poiché dipende da citazioni, più
o meno attendibili, eseguite da fonti posteriori, datate o databili, al più presto, al I
secolo a.C.
Costituito da 120 enunciati normativi, di cui circa 50 si presentano come citazioni
letterali
Il dettato originario delle norme aveva un andamento ritmico, per favorire
l’apprendimento mnemonico del testo

I-III trattano del PROCESSO PRIVATO

IV-V trattano delle Persone e successione

VI-VII trattano delle Obbligazioni e dei diritti reali (Poche sono le norme note in
materia di obbligazioni)

VIII tratta del diritto penale


Riferendosia sia agli atti illeciti allora perseguiti,
senza ancora distinguere tra

-gli illeciti perseguiti dall’autorità pubblica (i futuri crimina)

-illeciti perseguibili su iniziativa della parte lesa in un processo privato (i futuri


delicta “delitti”: lesioni fisiche, danneggiamento, furto e rapina )

IX tratta del Diritto Pubblico.


X tratta delle Norme funerarie.

XI-XII trattano di diversi argomenti

LEGGE ROGATA
Detta anche, già allora, legge pubblica (lex publica)

-E’ una disposizione approvata da una delle assemblee di tutto il popolo su proposta
di un magistrato e, dunque, o dai comizi centuriati, che esprimono il loro voto per
centurie, o dai comizi tributi, che lo esprimono per tribù territoriali: la legge s’intende
approvata quando ottiene il voto favorevole della maggioranza assoluta delle centurie
o delle tribù dell’assemblea.

La richiesta di approvazione, la rogatio, è formulata dal magistrato proponente, lo


stesso che ha formalmente convocato l’assemblea (assemblea che può essere
convocata dai magistrati eletti da tale assemblea, oltre al dittatore).

In una prima fase,la legge approvata diviene operativa e quindi vincolante per tutti i
cittadini (tanto patrizi, quanto plebei) solo dopo avere ottenuto la auctoritas “ratifica”
del senato.

Ma una legge del 339 a.C. stabilisce che la auctoritas del senato intervenga
preventivamente, cioè sia data al progetto di legge ad esso presentato, e non più alla
legge già approvata.

In questo modo, il senato è in grado di fermare le proposte di legge sgradite alla


nobìlitas patrizio-plebea.

IL PLEBISCITO
Decisione presa a maggioranza assoluta (18 tribù su 35) dai concili della plebe su
richiesta di un magistrato (tribuno o edile plebeo).

In un primo tempo vincolava sola la PLEBE, si estendeva poi a tutti se riceveva la


ratifica del senato che dapprima era successiva poi preventiva (data al progetto).

Poi verso la fine del I periodo, nel 286 a.C., una legge rende vincolanti i plebisciti per
tutti i cittadini, anche senza il parere favorevole del senato.
IL SENATOCONSULTO
E’ la deliberazione (consultum) approvata dalla maggioranza dei senatori su richiesta
di un magistrato con il potere di convocarlo.

Durante la Repubblica non ha valore di legge, ma è un autorevole direttiva impartita


ai magistrati che devono tradurla in pratica (tramite editti, presentazione di progetti
di legge).
Nel Principato il senatoconsulto , a seguito dell’interpretazione dei giuristi assume il
valore di legge.
EDITTO DEL PRETORE
Affermatosi agli inizi del II periodo insieme alla GIURISPRUDENZA .

I pretori, urbano e peregrino (istituito nel 242 a.C.), e qualche altro magistrato,
avevano facoltà di emanare ordinanze, chiamate editti.

Ed essendo il compito principale dei pretori l’esercizio della giurisdizione civile, il


loro editto riguarda la procedura civile.

Comincia a formarsi verso gli inizi del II periodo,quando l’espansione dei commerci
aveva creatp il problema di come dare tutela a controversie tra romani e stranieri
oppure stranieri fra di loro.

Il processo esistente, per legis actiones, è e resterà riservato ai soli cittadini


romani.

Il pretore urbano in forza del suo imperium, fissava in un breve schema scritto i criteri
per la risoluzione delle singole liti.

Spettava poi a un giudice privato, scelto dalle parti, risolvere la lite sulla base dello
schema scritto.

Schemi del genere sono poi introdotti anche dal pretore peregrino, per dare la prima
tutela alle nuove figure nate dai traffici commerciali, i futuri contratti consensuali,
primo e più importante nucleo di quel diritto che dai giuristi sarà chiamato ius
gentium “diritto dei popoli”, essendo nell’ottica romana applicabile ai rapporti fra
romani e stranieri o fra stranieri tra di loro.

Si forma così un numero crescente di schemi-tipo, detti formule, tra le quali si può
scegliere la formula adatta alla lite concreta.

I pretori, restano in carica un anno e solitamente sono uomini politici poco o per nulla
esperti di diritto, le nuove formule sono suggerite dai giuristi nella veste di loro
consiglieri o di consulenti delle parti in lite.

Perciò il nuovo processo, detto formulare, per fòrmulas, è nella sostanza una
costruzione dei giuristi.
Nella forma, però, sono i pretori giusdicenti che all’entrata in carica emanano
l’editto, il quale contiene le formule più tipizzate fino a quel momento e altri mezzi
processuali (e non).

L’editto annuale è detto perpetuo, perché vale per tutto l’anno di carica.

Si chiama decreto ogni provvedimento preso dal pretore, in corso d’anno, per uno
specifico caso concreto.

Insieme crescente di formule e altri mezzi, che si trasmette immutato da un pretore


all’altro = editto tralatizio.

L’editto, da un lato, semplifica il lavoro dei pretori e, dall’altro, soddisfa l’esigenza


di ‘certezza del diritto’ avvertita soprattutto nel mondo del commercio, contribuendo
a superare il formalismo arcaico.

Un editto giurisdizionale è emanato a Roma anche dagli edìli curùli, benché siano
privi di imperium: essi hanno una giurisdizione limitata alle compravendite di schiavi
e animali.

Nelle province (durante il Principato solo in quelle che conservano l’ordinamento


repubblicano), è il governatore a emanare un editto giurisdizionale, modellato su
quello del pretore urbano e adattato alle esigenze della singola provincia.

IL DIRITTO ONORARIO
Complesso di norme creato dall’attività (honor) del pretore, per regolare i casi
concreti non direttamente disciplinati dal ius civile, attraverso una procedura snella e
priva,di formalismi.

-Colma alcune lacune del ius civile,

-talvolta, vi apportava correttivi, onde impedire la rigida applicazione di norme


ritenute non più accettabili in un mutato panorama storico-politico.

-Venne definito da Papiniano come (ciò che fu introdotto dai pretori per favorire
attraverso aiuti, integrazioni o concessioni, una migliore applicazione del ius civile a
fini di pubblica utilità).
-Nei casi in cui esso si contrapponeva al ius civile, questo non era formalmente
abrogato, non avendone il magistrato il potere, ma solo reso inoperante: in pratica il
dualismo si componeva con la prevalenza del diritto onorario, poiché il magistrato
rendeva il ius civile inattivo nel caso concreto.

-Nell’opera imperiale a questi due sistemi giuridici si aggiunse gradatamente


la cognitio extra ordinem cui appartenevano quelle nuove norme imperiali che non si
facevano valere attraverso il processo per formulas, ma al di fuori di questo sistema,
cioè extra ordinem.

-Per tutta l’epoca classica (27 a.C. – 305 d.C) questo sistema interferì con il ius
civile e il diritto onorario ma ne rimase distinto.

-In epoca post-classica ( 305 -565 d.c. ) si accelerò il processo di unificazione,


che si concluse nel diritto giustinianeo con la affermazione del principio dell’unità del
diritto: scomparso il sistema formulare e diventato il processo esclusivamente extra
ordinem e venuto meno ogni potere discrezionale del magistrato (costretto ad attenersi
alla legge) la separazione tra ius civile,ius honorum e ius extra ordinem scomparve.

LA GIURISPRUDENZA
-Dagli inizi del II periodo, gradualmente, anche persone estranee al collegio
pontificale incominciarono ad acquisire conoscenze giuridiche.

-Ci fu l’avvio di un processo di ‘laicizzazione’ della giurisprudenza: i giuristi ‘laici’si


affermano spec. dopo il 150 a.C., relegando i pontefici alla elaborazione del diritto
sacro, cioè di quello regola i rapporti fra gli uomini e gli dei.

-I primi giuristi ‘laici’ pensano il diritto nello stesso modo dei pontefici

-Essi entrambi appartengono al ceto dirigente patrizio-plebeo (nobìlitas).

-A differenza del pontefice, che è autorevole in quanto tale, il giurista ‘laico’ deve
guadagnarsi la propria autorevolezza (auctoritas) tramite l’attività di dare, a chiunque
lo consulti, responsi che siano accolti nella prassi giudiziaria.
-Deve inoltre rafforzare il suo prestigio mediante l’esemplare esercizio di cariche
pubbliche (le magistrature). Questo almeno fino I secolo a.C., nella fase più acuta
delle
guerre civili.

-Opera nella città e per i cittadini.

-era avvicinabile, gratuitamente, nel Foro (= piazza centrale) o nella propria casa. A
chi lo consulta
elargisce sapienti pareri tecnici con responsi, che
spesso sono senza motivazione, come nell’antica tradizione dei pontefici.

- L’occasione del responso era anche il modo di apprendere il diritto, non esistendo
scuole o accademie che lo insegnassero : perciò gli allievi sono detti auditores
“uditori” e imparavano tecniche e logiche giuridiche discutendo col giurista le
argomentazioni poste a fondamento dei suoi responsi.

-Attorno al 200 a.C., nasce la letteratura giuridica, ma delle prime opere, che segnano
l’inizio della trasmissione scritta del sapere giuridico, pochissimo è noto, e solo
attraverso brevi notizie in fonti posteriori.
-Da circa il 100 a.C., nel lavoro dei giuristi si trovano influenze filosofiche greca,a
effetto dell’espansione di Roma nel Mediterraneo: attraggono soprattutto i modelli
teorici di astrazione e rigore logico, elaborati da
Platone, da Aristotele e dagli Stoici; in particolare, è la dialettica greca ad aiutare i
giuristi nel fare chiarezza nella massa puntiforme dei responsi, dai quali essi cercano
induttivamente di ricavare o affinare concetti e, poi, di utilizzare i concetti,
deduttivamente, per dare un primo ordine sistematico alla materia giuridica mediante
divisioni in generi e specie, introducendo classificazioni, stabilendo differenze o
analogie, cimentandosi nella difficile arte della definizione.

Il metodo dialettico venne assimilato da tutti i giuristi, che lo semplificarono e lo


adattarono alla concretezza della realtà giuridica.

I responsi,vennero ad assumere una struttura in


tre parti:

I) l’esposizione del caso;

II) il quesito rivolto dall’interessato al giurista, anche se nella redazione scritta può
essere sottinteso, qualora sia ovvio;

III) la risposta del giurista (responso in senso stretto), con o senza motivazione:
quando sia presente, la
motivazione, spec. se ampia e articolata, può risentire delle discussioni susseguenti fra
il giurista (come maestro) e i suoi allievi, o contenere argomenti utili in vista di una
eventuale estensione a casi analoghi.
L’avvento del Principato non porta novità sostanziali nelle tecniche interpretative dei
giuristi allora operanti, che, sulla scia della vecchia storiografia, si continuano a
definire classici .

Delle molte opere giuridiche di questo periodo una sola è pervenuta quasi integra: le
Istituzioni di Gaio.

Per il resto la nostra conoscenza dipende da migliaia di


frammenti e citazioni, di lunghezza variabile, trovatesi in fonti giuridiche del III
periodo, spec. nel Digesto di Giustiniano, che contiene oltre 9.000 frammenti di varia
estensione, talvolta alterati.

Il principe riesce a condizionare l’attività dei giuristi, mutando i loro rapporti con il
potere politico, poiché già Augusto concede solo ad alcuni di loro il
ius respondendi, ossia la “facoltà di dare responsi in base alla sua auctoritas”,.

Questo privilegio, pone gli altri giuristi su un piano pratico d’inferiorità, perché nei
processi sono i responsi emessi dai giuristi privilegiati, e allegati
dalle parti, a orientare le decisioni dei giudici.

Poi per volere dell’imperatore Adriano (117-138)

-i pareri espressi su un singolo caso dai giuristi privilegiati, qualora siano concordi,
vincolano il giudice come se fossero legge;

-se invece i pareri sono discordi, il


giudice può – come nel passato – scegliere tra di essi.

-Durante il I secolo d.C., si formano,


sul modello di altre discipline, quali grammatica e retorica

-due principali scuole di diritto:

1) scuola proculiana (da Pròculo, figura poco nota) presentava idee marcatamente
progressiste.Erano indipendenti dal potere imperiale . l’opera dei Proculiani, aveva
carattere casistico e pratico.

2) scuola sabiniana (da Sabino, autore di un breve manuale di ius civile) aveva
tendenze conservatrici ed era legata ai valori tradizionali.era legata al potere
imperiale.
l’opera dei Sabiniani, era culturalmente meno originale e basata sull’esposizione
sistematica.

GAIO (sabiniano) scrive le Istituzioni l’unica opera di


tutta la giurisprudenza romana pervenuta direttamente e quasi per intero.

Formate da 4 libri , frutto delle sue lezioni, vi si espongono le basi del diritto e del
processo privati, con ampio utilizzo didattico del metodo
dialettico.

I 4 libri sono composti di una breve introduzione sulle fonti del diritto .

► La prima parte tratta delle personae, cioè dello status personale (iniziando dalla
distinzione tra liberi e schiavi), dei poteri del pater familias e del diritto
di famiglia.

► La seconda parte (libri 2 e 3) tratta delle res “cose”, nel senso di rapporti
patrimoniali, ossia (nell’ordine) di diritti reali, successioni, obbligazioni.

►La terza parte (libro 4) tratta delle actiones “azioni”, del processo privato più antico
(per legis actiones) e, in modo dettagliato, del processo formulare.

● Gli ultimi giuristi classici attivi nei decenni attorno al 200, sotto il principato
autoritario, e a base militare, dei Severi: sono, quasi tutti, membri del
consiglio del principe e, tutti, alti funzionari; alcuni ricoprono la prefettura del
pretorio, che è il culmine della carriera equestre (Papiniano e Ulpiano muoiono di
morte violenta a causa della loro funzione politica).

Dopo di loro, i giuristi quasi si perdono nell’anonimato, perché lavorano nel consiglio
e negli uffici imperiali: anche per questo motivo, le opere dei quattro giuristi
tardoclassici più importanti – Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino – godranno di
una
lunga fortuna, fino al Digesto di Giustiniano, di cui formano circa i tre quarti.
Il più celebrato per l’acutezza di pensiero giuridico,è Papiniano, di origine siriana.

I più prolifici sono Paolo e Ulpiano.


Entrambi scrivono molte opere su temi privatistici, in particolare ampi commenti a
Sabino (in materia di ius civile) e all’editto (in materia di diritto onorario), nei quali si
trova lavoro di sistemazione della letteratura giuridica precedente, che talora
sommerge o riduce i tratti originali del loro pensiero.
Questi commenti e altri loro scritti furono sfruttati dai
compilatori del Digesto giustinianeo, dove circa in altre la metà del Digesto è
occupata da Ulpiano e Paolo.
LE COSTITUZIONI IMPERIALI E LE LORO
RACCOLTE.
Nel Principato, in campo normativo – accanto a leggi, plebisciti, editto del pretore – si
trova una nuova fonte di produzione del diritto la costituzione imperiale (constitutio
prìncipis).

E’ una decisione con valore legge, promulagata dall'imperatore nell'esercizio delle sue


funzioni.

può prender la forma d'una serie di ordinanze o pronunciamenti:

 decreto ha tendenzialmente carattere particolare .


Il decreto ed il rescritto sono in relazione ad un processo, quale che sia la procedura,
civile o penale, vecchia o nuova.

-è la sentenza emessa dal principe al termine di un


processo, solitamente in appello e non ulteriormente appellabile.

 editto carattere generale soprattutto nell’ambito del diritto pubblico: che può
essere destinato a una o più province.

 epistola

 mandato il MANDATO, è una direttiva del principe ai suoi


funzionari centrali o periferici.

 rescritto è per la risposta che, per conto del principe, gli uffici competenti danno
ai quesiti posti da funzionari o da privati, in particolare durante un processo o in
vista di un processo.
In origine è fondato sulla auctoritas del principe, risolve la questione in linea di diritto
e vincola il giudice nella sua decisione di merito.

Durante la crisi del III secolo, due rilevanti fenomeni accadono nelle fonti del diritto:
-la scomparsa del ruolo tradizionale dei giuristi, con le loro fini interpretazioni

-la progressiva ma rapida concentrazione del potere normativo nella persona


dell’imperatore

Da un diritto a base giurisprudenziale si passa, nel III periodo, a un diritto legislativo


imperiale con una nuova concezione dell’autorità della legge.

Ma già da prima, con la concessione generale della cittadinanza nel 212, e fino a
Diocleziano, la cancelleria imperiale è impegnata a respingere, con rescritti, le
numerose richieste avanzate soprattutto dai neocittadini delle province orientali, che
vorrebbero
mantenere qualche loro usanza locale.

Agli inizi del III periodo, sotto Diocleziano, molti di questi rescritti sono radunati in
due raccolte non ufficiali, forse attuate con l’assenso imperiale

Chiamate CODICI

Redatti, forse in Italia, da due funzionari della cancelleria – Gregorio ed


Ermogeniano.

Il Codice Gregoriano del 292 raccoglieva rescritti dei cento anni precedenti,
disponendoli cronologicamente sotto rubrìche indicanti l’argomento.

Il Codice Ermogeniano ne era una breve continuazione per gli anni 293-4, con più
tarde aggiunte di alcune costituzioni che attestano la sua circolazione nella prassi.

Con Costantino (primi decenni del IV secolo) .


Le costituzioni cominciano ad essere denominate anche LEGES “leggi”: la traslazione
dell’antico termine lex alle costituzioni indica che esse sono considerate la
fonte autoritativa per antonomasia, come un tempo lo era la legge rogata, scomparsa
ormai da più di due secoli.

L’imperatore diviene l’unica fonte creatrice di diritto e, ben presto, pure l’unico
interprete;
più tardi, Giustiniano affermerà: “è giusto che solo l’imperatore sia considerato,
creatore e interprete delle leggi”

Alle leges la cancelleria imperiale usa giustapporre gli scritti dei giuristi classici, che
nella prassi giudiziaria sono ancora usati come diritto vigente, anche se talora in
forma rielaborata e semplificata: li individua come ius vetus “diritto antico” IURA.

Quanto ai contenuti, la legislazione imperiale da ora in poi può presentare, oltre


all’accoglimento di alcune usanze giuridiche di matrice greco-ellenistica, tracce di
una influenza, più o meno spiccata, del Cristianesimo, che talvolta va attribuita al
prestigio di grandi teologi o alle pressioni di vescovi autorevoli (come Ambrogio in
Occidente e Giovanni Crisostomo in Oriente).

Gli imperatori cristiani non mettono in discussione


l’ordine sociale esistente; tuttavia, il Cristianesimo fa penetrare nelle coscienze un
nuovo senso di solidarietà e di giustizia, che gradualmente pervade anche gli operatori
del diritto ai vari livelli.

Dalla metà del IV secolo, spec. in Occidente, si avvertono crescenti difficoltà nella
applicazione del diritto a causa della gran quantità di leges, di cui non sempre è
facile distinguere l’efficacia generale o particolare, e della difettosa comunicazione
legislativa fra le due parti dell’impero,politicamente diviso.

Per frenare la crisi del diritto e della


giustizia, vi furono interventi imperiali,presi nella prima metà del V secolo, ma sono
di tipo ed efficacia diversi nelle due parti dell’impero:

-in Occidente si cerca di arginare i problemi

-in Oriente si tenta di risolverli con una codificazione


ufficiale.

In Occidente, nel 426 è emanata – in nome dell’imperatore Valentiniano III ancora


bambino – una lunga legge la (legge delle citazioni) che regolamenta l’uso
processuale di leges e iura.
Quanto ai iura, si dispone che in tribunale possono essere citati, in subordine alle
leges, solo gli scritti di cinque giuristi: i tardoclassici Papiniano, Paolo, Ulpiano,
Modestino, con l’aggiunta di Gaio.

In caso di opinioni discordanti, il giudice è vincolato


a seguire il parere della maggioranza;

in caso di parità, prevale (se è presente) l’opinione


sostenuta anche o solo da Papiniano;

altrimenti, il giudice è tenuto a scegliere una delle


opinioni citate.

Gli altri giureconsulti, solo se citati da qualcuno dei cinque sopraelencati, una volta
accertatane la genuinità mediante la collazione dei manoscritti, potevano essere
impiegati nella regolamentazione del caso.

Quanto alle leges, sono dettati alcuni criteri formali per riconoscerne il carattere
generale: una legge è generale, se si definisce editto, o se ordina la sua
pubblicazione in tutte le province.

Tutte quelle che non rispondano ai criteri dettati sono


invece da considerare leggi particolari (rescritti, in pratica), per le quali sono ribaditi i
divieti di applicazione in caso di esposizione non veritiera dei fatti o di contrasto con
normative generali.

In Oriente,con Teodosio II,la risposta ai problemi è cercata invece tramite una


codificazione ufficiale.

IL CODICE TEODOSIANO :

-contiene brani di leges generali (o equiparate alle generali), caratterizzati dalla


prevalenza del diritto pubblico.Sono infatti disciplinati le fonti del diritto (con
gerarchia fra leges, generali o particolari, e fra leges e iura) – l’amministrazione civile
e militare, i rapporti fra stato e chiesa e le questioni di fede.

-da quando entra in vigore (439) fu vietato usare, nei processi e nella prassi in genere,
le leges in testi diversi da quelli accolti nel Codice, che sono sempre accorciati e
talvolta interpolati a scopo di chiarezza e aggiornamento.

IL CORPUS IURIS CIVILIS GIUSTINIANEO è diviso in 4 parti ; -il Digestoe le


Istituzioni hanno stesso valore delle costituzioni imperiali.
Riunisce brani di costituzioni imperiali , tratte dai tre precedenti Codici (Gregoriano
ed Ermogeniano, Teodosiano, ), e di costituzioni posteriori alla pubblicazione del
Codice Teodosiano, fino allo stesso
Giustiniano.
E’ diviso, in titoli con una rubrica designante l’argomento;
all’interno di ogni titolo, i brani di costituzioni
sono disposti in ordine cronologico
crescente. In totale si contano oltre 4.600 brani (più o meno lunghi) di costituzioni,
che acquistano efficacia generale nel caso in cui già non la avessero al momento della
loro pubblicazione originaria.

Le costituzioni, tranne un’unica eccezione, sono datate o


databili dall’età dei Severi (circa 200 d.C.) fino a pochi giorni prima della
pubblicazione.

Nel contenuto prevale il diritto privato (7 libri su 12); gli altri si occupano di fonti del
diritto e di diritto pubblico.

L’apertura del Codice è affidata all’editto di


Tessalonica, con cui, nel 380, l’imperatore Teodosio I aveva fissato e imposto a tutti
la ortodossia cattolica.

 DIGESTA O PANDETTE raccolta di iura in 50 libri


Il lavoro di raccolta degli IURA è affidato ad una commissione
composta di diciassette membri: due alti funzionari (uno è lo stesso
Triboniano che era un alto funzionario dell’amministrazione
imperiale e poi questore del sacro
palazzo (quaestor sacri palatii), quattro professori di diritto , e
undici avvocati.
I commissari avevano piena libertà di scelta fra le opinioni di tutti
i giuristi:
Si lavorò sulle opere di giuristi che operarono in età classica (I
sec. a. C.-II sec. d. C)

Quest’opera iniziata nel 530 entra in vigore nel 533.

INSTITUTIONES: manuale elementare voluto da Giustiniano e dedicato


per gli studenti del primo anno di Giurisprudenza,4 libri.trattano di
diritto e processo privati, ma con l’aggiunta di un
breve titolo finale sul processo penale pubblico.

 CODEX REPETITAE PRAELECTIONIS:seconda versione del Codex


pubblicato nel 534, raccolta di leges, in 12 libri

 NOVELLAE CONSTITUTIONES: leges successive alla promulgazione


del Codex (cfr. Authenticum di 134 novelle ) emanate dopo il secondo
Codice, ed aventi tutte valore generale, le quali coprono la maggior parte del
regno di Giustiniano (31 anni su 38).

I testi originari furono redatti quasi sempre in greco.

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