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La miglior presentazione delle fonti del diritto è contenuta in apertura del I libro delle
Istituzioni di Gaio:
Il diritto che la ragion naturale ha stabilito fra tutti gli uomini viene osservato nello
stesso modo presso tutti i popoli e viene chiamato diritto delle genti (ius gentium),
nel senso di diritto del quale tutte le genti si valgono.
il popolo romano si vale in parte di un diritto che gli è proprio, in parte di un diritto
comune a tutti gli uomini
-editti di coloro che hanno il ius edicendi appartiene ai magistrati del popolo romano,
ma questo diritto appare nella forma più ampia negli editti dei due pretori, urbano e
peregrino, la cui giurisdizione spetta nelle province ai rispettivi presidi; e così pure
negli editti degli edili curuli, la cui giurisdizione spetta ai questori nelle province del
popolo romano; infatti nelle
province di Cesare (= le province imperiali) non vengon del tutto inviati dei questori,
per cui questo editto non si affigge in tali province.
-responsi dei giuristi sono i pareri di coloro ai quali è stato consentito di creare il
diritto: e se i
loro pareri sono tutti concordi, quel che essi pensano ha valore di legge, se invece
dissentono, il giudice può seguire l’opinione che vuole.
Le fonti antiche informano anche di LEGGI REGIE (provvedimenti scritti dei vari
re) non si tratta però di ‘leggi’, ma di comunicazioni formali del re alle curie, senza
alcuna possibilità di discussione.
MORES
All’interno di esse si trovano regole giuridiche,e religiose o magico-religiose:
Ciò denota l’assenza di una distinzione tra ius e fas, cioè tra sfera del diritto e sfera
della religione.
In caso di dubbio sul contenuto / esistenza di una norma dei mores venivano
consultati i pontefici ( collegio vitalizio costituito da 5 membri) che chiamati o a
formulare la nuova regola per la questione fino ad allora inedita dando luogo ad
un’interpretazione creatrice di diritto o a chiarire quelle già esistenti.
Così che si viene a formare il nucleo più antico e fondamentale delle regole di
comportamento fra privati, quel ius Quiritium ( diritto privato arcaico e i riti sacri
delle prime comunità romane. Essendo composto da usanze arcaiche ha caratteristiche
più magico-religiose che tipicamente giuridiche) che sarà fissato in buona parte per
iscritto nelle Dodici Tavole.
Alle origini, si presentava come una compravendita con effetti reali, uno scambio
immediato di una data cosa contro una certa quantità pesata di metallo (prima
dell’introduzione della moneta coniata, che avvenne solo poco prima del 300 a.C.)
Il rito prevedeva la partecipazione di otto persone alla presenza della cosa stessa o di
una sua parte:
Infine, il pater familias acquirente poneva sul piatto della bilancia il bronzo grezzo
(aes rude) richiesto per lo scambio.
ESSI andarono oltre, adattando il rito della mancipatio per conseguire ulteriori
risultati.
LE XII TAVOLE
Secondo il racconto tradizionale, le Tavole andarono perdute durante il saccheggio di
Roma per mano dei Galli nel 390 a.C.;
La conoscenza moderna del testo è soltanto indiretta, poiché dipende da citazioni, più
o meno attendibili, eseguite da fonti posteriori, datate o databili, al più presto, al I
secolo a.C.
Costituito da 120 enunciati normativi, di cui circa 50 si presentano come citazioni
letterali
Il dettato originario delle norme aveva un andamento ritmico, per favorire
l’apprendimento mnemonico del testo
VI-VII trattano delle Obbligazioni e dei diritti reali (Poche sono le norme note in
materia di obbligazioni)
LEGGE ROGATA
Detta anche, già allora, legge pubblica (lex publica)
-E’ una disposizione approvata da una delle assemblee di tutto il popolo su proposta
di un magistrato e, dunque, o dai comizi centuriati, che esprimono il loro voto per
centurie, o dai comizi tributi, che lo esprimono per tribù territoriali: la legge s’intende
approvata quando ottiene il voto favorevole della maggioranza assoluta delle centurie
o delle tribù dell’assemblea.
In una prima fase,la legge approvata diviene operativa e quindi vincolante per tutti i
cittadini (tanto patrizi, quanto plebei) solo dopo avere ottenuto la auctoritas “ratifica”
del senato.
Ma una legge del 339 a.C. stabilisce che la auctoritas del senato intervenga
preventivamente, cioè sia data al progetto di legge ad esso presentato, e non più alla
legge già approvata.
IL PLEBISCITO
Decisione presa a maggioranza assoluta (18 tribù su 35) dai concili della plebe su
richiesta di un magistrato (tribuno o edile plebeo).
Poi verso la fine del I periodo, nel 286 a.C., una legge rende vincolanti i plebisciti per
tutti i cittadini, anche senza il parere favorevole del senato.
IL SENATOCONSULTO
E’ la deliberazione (consultum) approvata dalla maggioranza dei senatori su richiesta
di un magistrato con il potere di convocarlo.
I pretori, urbano e peregrino (istituito nel 242 a.C.), e qualche altro magistrato,
avevano facoltà di emanare ordinanze, chiamate editti.
Comincia a formarsi verso gli inizi del II periodo,quando l’espansione dei commerci
aveva creatp il problema di come dare tutela a controversie tra romani e stranieri
oppure stranieri fra di loro.
Il pretore urbano in forza del suo imperium, fissava in un breve schema scritto i criteri
per la risoluzione delle singole liti.
Spettava poi a un giudice privato, scelto dalle parti, risolvere la lite sulla base dello
schema scritto.
Schemi del genere sono poi introdotti anche dal pretore peregrino, per dare la prima
tutela alle nuove figure nate dai traffici commerciali, i futuri contratti consensuali,
primo e più importante nucleo di quel diritto che dai giuristi sarà chiamato ius
gentium “diritto dei popoli”, essendo nell’ottica romana applicabile ai rapporti fra
romani e stranieri o fra stranieri tra di loro.
Si forma così un numero crescente di schemi-tipo, detti formule, tra le quali si può
scegliere la formula adatta alla lite concreta.
I pretori, restano in carica un anno e solitamente sono uomini politici poco o per nulla
esperti di diritto, le nuove formule sono suggerite dai giuristi nella veste di loro
consiglieri o di consulenti delle parti in lite.
Perciò il nuovo processo, detto formulare, per fòrmulas, è nella sostanza una
costruzione dei giuristi.
Nella forma, però, sono i pretori giusdicenti che all’entrata in carica emanano
l’editto, il quale contiene le formule più tipizzate fino a quel momento e altri mezzi
processuali (e non).
L’editto annuale è detto perpetuo, perché vale per tutto l’anno di carica.
Si chiama decreto ogni provvedimento preso dal pretore, in corso d’anno, per uno
specifico caso concreto.
Un editto giurisdizionale è emanato a Roma anche dagli edìli curùli, benché siano
privi di imperium: essi hanno una giurisdizione limitata alle compravendite di schiavi
e animali.
IL DIRITTO ONORARIO
Complesso di norme creato dall’attività (honor) del pretore, per regolare i casi
concreti non direttamente disciplinati dal ius civile, attraverso una procedura snella e
priva,di formalismi.
-Venne definito da Papiniano come (ciò che fu introdotto dai pretori per favorire
attraverso aiuti, integrazioni o concessioni, una migliore applicazione del ius civile a
fini di pubblica utilità).
-Nei casi in cui esso si contrapponeva al ius civile, questo non era formalmente
abrogato, non avendone il magistrato il potere, ma solo reso inoperante: in pratica il
dualismo si componeva con la prevalenza del diritto onorario, poiché il magistrato
rendeva il ius civile inattivo nel caso concreto.
-Per tutta l’epoca classica (27 a.C. – 305 d.C) questo sistema interferì con il ius
civile e il diritto onorario ma ne rimase distinto.
LA GIURISPRUDENZA
-Dagli inizi del II periodo, gradualmente, anche persone estranee al collegio
pontificale incominciarono ad acquisire conoscenze giuridiche.
-I primi giuristi ‘laici’ pensano il diritto nello stesso modo dei pontefici
-A differenza del pontefice, che è autorevole in quanto tale, il giurista ‘laico’ deve
guadagnarsi la propria autorevolezza (auctoritas) tramite l’attività di dare, a chiunque
lo consulti, responsi che siano accolti nella prassi giudiziaria.
-Deve inoltre rafforzare il suo prestigio mediante l’esemplare esercizio di cariche
pubbliche (le magistrature). Questo almeno fino I secolo a.C., nella fase più acuta
delle
guerre civili.
-era avvicinabile, gratuitamente, nel Foro (= piazza centrale) o nella propria casa. A
chi lo consulta
elargisce sapienti pareri tecnici con responsi, che
spesso sono senza motivazione, come nell’antica tradizione dei pontefici.
- L’occasione del responso era anche il modo di apprendere il diritto, non esistendo
scuole o accademie che lo insegnassero : perciò gli allievi sono detti auditores
“uditori” e imparavano tecniche e logiche giuridiche discutendo col giurista le
argomentazioni poste a fondamento dei suoi responsi.
-Attorno al 200 a.C., nasce la letteratura giuridica, ma delle prime opere, che segnano
l’inizio della trasmissione scritta del sapere giuridico, pochissimo è noto, e solo
attraverso brevi notizie in fonti posteriori.
-Da circa il 100 a.C., nel lavoro dei giuristi si trovano influenze filosofiche greca,a
effetto dell’espansione di Roma nel Mediterraneo: attraggono soprattutto i modelli
teorici di astrazione e rigore logico, elaborati da
Platone, da Aristotele e dagli Stoici; in particolare, è la dialettica greca ad aiutare i
giuristi nel fare chiarezza nella massa puntiforme dei responsi, dai quali essi cercano
induttivamente di ricavare o affinare concetti e, poi, di utilizzare i concetti,
deduttivamente, per dare un primo ordine sistematico alla materia giuridica mediante
divisioni in generi e specie, introducendo classificazioni, stabilendo differenze o
analogie, cimentandosi nella difficile arte della definizione.
II) il quesito rivolto dall’interessato al giurista, anche se nella redazione scritta può
essere sottinteso, qualora sia ovvio;
III) la risposta del giurista (responso in senso stretto), con o senza motivazione:
quando sia presente, la
motivazione, spec. se ampia e articolata, può risentire delle discussioni susseguenti fra
il giurista (come maestro) e i suoi allievi, o contenere argomenti utili in vista di una
eventuale estensione a casi analoghi.
L’avvento del Principato non porta novità sostanziali nelle tecniche interpretative dei
giuristi allora operanti, che, sulla scia della vecchia storiografia, si continuano a
definire classici .
Delle molte opere giuridiche di questo periodo una sola è pervenuta quasi integra: le
Istituzioni di Gaio.
Il principe riesce a condizionare l’attività dei giuristi, mutando i loro rapporti con il
potere politico, poiché già Augusto concede solo ad alcuni di loro il
ius respondendi, ossia la “facoltà di dare responsi in base alla sua auctoritas”,.
Questo privilegio, pone gli altri giuristi su un piano pratico d’inferiorità, perché nei
processi sono i responsi emessi dai giuristi privilegiati, e allegati
dalle parti, a orientare le decisioni dei giudici.
-i pareri espressi su un singolo caso dai giuristi privilegiati, qualora siano concordi,
vincolano il giudice come se fossero legge;
1) scuola proculiana (da Pròculo, figura poco nota) presentava idee marcatamente
progressiste.Erano indipendenti dal potere imperiale . l’opera dei Proculiani, aveva
carattere casistico e pratico.
2) scuola sabiniana (da Sabino, autore di un breve manuale di ius civile) aveva
tendenze conservatrici ed era legata ai valori tradizionali.era legata al potere
imperiale.
l’opera dei Sabiniani, era culturalmente meno originale e basata sull’esposizione
sistematica.
Formate da 4 libri , frutto delle sue lezioni, vi si espongono le basi del diritto e del
processo privati, con ampio utilizzo didattico del metodo
dialettico.
I 4 libri sono composti di una breve introduzione sulle fonti del diritto .
► La prima parte tratta delle personae, cioè dello status personale (iniziando dalla
distinzione tra liberi e schiavi), dei poteri del pater familias e del diritto
di famiglia.
► La seconda parte (libri 2 e 3) tratta delle res “cose”, nel senso di rapporti
patrimoniali, ossia (nell’ordine) di diritti reali, successioni, obbligazioni.
►La terza parte (libro 4) tratta delle actiones “azioni”, del processo privato più antico
(per legis actiones) e, in modo dettagliato, del processo formulare.
● Gli ultimi giuristi classici attivi nei decenni attorno al 200, sotto il principato
autoritario, e a base militare, dei Severi: sono, quasi tutti, membri del
consiglio del principe e, tutti, alti funzionari; alcuni ricoprono la prefettura del
pretorio, che è il culmine della carriera equestre (Papiniano e Ulpiano muoiono di
morte violenta a causa della loro funzione politica).
Dopo di loro, i giuristi quasi si perdono nell’anonimato, perché lavorano nel consiglio
e negli uffici imperiali: anche per questo motivo, le opere dei quattro giuristi
tardoclassici più importanti – Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino – godranno di
una
lunga fortuna, fino al Digesto di Giustiniano, di cui formano circa i tre quarti.
Il più celebrato per l’acutezza di pensiero giuridico,è Papiniano, di origine siriana.
editto carattere generale soprattutto nell’ambito del diritto pubblico: che può
essere destinato a una o più province.
epistola
rescritto è per la risposta che, per conto del principe, gli uffici competenti danno
ai quesiti posti da funzionari o da privati, in particolare durante un processo o in
vista di un processo.
In origine è fondato sulla auctoritas del principe, risolve la questione in linea di diritto
e vincola il giudice nella sua decisione di merito.
Durante la crisi del III secolo, due rilevanti fenomeni accadono nelle fonti del diritto:
-la scomparsa del ruolo tradizionale dei giuristi, con le loro fini interpretazioni
Ma già da prima, con la concessione generale della cittadinanza nel 212, e fino a
Diocleziano, la cancelleria imperiale è impegnata a respingere, con rescritti, le
numerose richieste avanzate soprattutto dai neocittadini delle province orientali, che
vorrebbero
mantenere qualche loro usanza locale.
Agli inizi del III periodo, sotto Diocleziano, molti di questi rescritti sono radunati in
due raccolte non ufficiali, forse attuate con l’assenso imperiale
Chiamate CODICI
Il Codice Gregoriano del 292 raccoglieva rescritti dei cento anni precedenti,
disponendoli cronologicamente sotto rubrìche indicanti l’argomento.
Il Codice Ermogeniano ne era una breve continuazione per gli anni 293-4, con più
tarde aggiunte di alcune costituzioni che attestano la sua circolazione nella prassi.
L’imperatore diviene l’unica fonte creatrice di diritto e, ben presto, pure l’unico
interprete;
più tardi, Giustiniano affermerà: “è giusto che solo l’imperatore sia considerato,
creatore e interprete delle leggi”
Alle leges la cancelleria imperiale usa giustapporre gli scritti dei giuristi classici, che
nella prassi giudiziaria sono ancora usati come diritto vigente, anche se talora in
forma rielaborata e semplificata: li individua come ius vetus “diritto antico” IURA.
Dalla metà del IV secolo, spec. in Occidente, si avvertono crescenti difficoltà nella
applicazione del diritto a causa della gran quantità di leges, di cui non sempre è
facile distinguere l’efficacia generale o particolare, e della difettosa comunicazione
legislativa fra le due parti dell’impero,politicamente diviso.
Gli altri giureconsulti, solo se citati da qualcuno dei cinque sopraelencati, una volta
accertatane la genuinità mediante la collazione dei manoscritti, potevano essere
impiegati nella regolamentazione del caso.
Quanto alle leges, sono dettati alcuni criteri formali per riconoscerne il carattere
generale: una legge è generale, se si definisce editto, o se ordina la sua
pubblicazione in tutte le province.
IL CODICE TEODOSIANO :
-da quando entra in vigore (439) fu vietato usare, nei processi e nella prassi in genere,
le leges in testi diversi da quelli accolti nel Codice, che sono sempre accorciati e
talvolta interpolati a scopo di chiarezza e aggiornamento.
Nel contenuto prevale il diritto privato (7 libri su 12); gli altri si occupano di fonti del
diritto e di diritto pubblico.