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LA REPUBBLICA IMPERIALISTICA (II periodo)

Roma afferma la sua egemonia sull’Italia centrale e meridionale (isole escluse): la


sfera d’influenza si amplia attraverso una serie di trattati (foedera), mentre il dominio
diretto ha portato all’annessione
di nuovi territori e città.

Le comunità preesistenti, una volta annesse da Roma, sono


denominate municipi (municipium da mùnera càpere, cioè assumere gli oneri, oltre ai
diritti,
dei cittadini); i loro abitanti diventano cittadini romani, con o senza diritto di voto
(attivo
e passivo) a seconda dei momenti e delle situazioni:

Due sistemi (federazione o annessione) rispecchia due diversi indirizzi, talora


confliggenti:

il primo, espressione degli interessi mercantili, preferisce stringere legami attraverso


trattati (foedera) di amicizia o di alleanza, spec. con le fiorenti
città portuali del sud, lasciandole formalmente sovrane;

il secondo, vuole soddisfare la fame di terra dei cittadini meno abbienti, preferisce
l’annessione di nuovi territori da sfruttare.

E’ in questo periodo che Roma inizi da ora la costruzione di strade di grande


comunicazione e inaugura una politica nuova di insediamento con la fondazione di
colonie latine, sul modello delle colonie di cittadini romani fondate da tempo a
scopo di difesa.

Con l’espansione nella Penisola, Roma diviene centro di attrazione per stranieri
(peregrini), che vi giungono per svolgere i loro commerci.
Ciò induce a istituire, nel 242 a.C., un nuovo PRETORE, detto PEREGRINO, con il
compito di “esercitare
la giurisdizione civile a Roma, per lo più nelle controversie fra stranieri” (così
Pomponio,
giurista del II sec. d.C.), ma anche tra Romani e stranieri.

Dall’attività giurisdizionale (indirizzata dai giuristi) di questo pretore e,, del pretore
giusdicente istituito nel 367,detto urbano, nascerà un nuovo processo privato.

II PERIODO =
 Guerre contro Cartagine.

 l’espansione avviene a danno dei cd. stati ellenistici, sorti dalla disgregazione
dell’impero di Alessandro Magno (morto nel 323 a.C.).
I primi territori conquistati (Sicilia, Sardegna e Corsica, Spagna) affidati alle
cure di nuovi pretori:le prime provinciae, in latino “circoscrizioni territoriali”.

Più tardi, si farà ricorso a ex consoli o ex pretori, detti proconsoli o propretori, che,
dopo il loro anno di carica a Roma, erano inviati a governare le varie
province con un imperium prorogato.

Ogni governatore di provincia è titolare


dell’imperium, fortemente caratterizzato in senso militare,godendo così di poteri quasi
illimitati. Fra i quali rientra l’esercizio della giurisdizione civile nelle città principali
dei distretti provinciali: a questo scopo emana un apposito editto,analogo a quelli dei
pretori (urbano e peregrino) titolari della giurisdizione civile a Roma.

I territori delle province divengono ager publicus del popolo romano/del Principe
quando si afferma il principato.

I provinciali erano considerati sudditi stranieri sottoposti alla sovranità romana


(peregrini sub imperio) e all’obbligo di versare tributi.

Molto spesso avveniva che con trattati di alleanza o per sue concessioni unilaterali,
Roma riconosce alle città principali della provincia una formale indipendenza
secondo varie posizioni, pur essendo la loro
sovranità puramente nominale.

Questa espansione porta a degli squilibri economici-sociali.

Dopo il 150 a.C. le istituzioni cittadine si


rivelano inadeguate a fronteggiare i cambiamenti comportati dall’espansione
(problemi economici e sociali):
nell’Italia peninsulare si formarono dei latifondi e si assiste all’inurbamento di masse
di cittadini-contadini impoveriti, che sono un fattore di instabilità, perché il loro
disagio li rende politicamente strumentalizzabili anche nelle votazioni delle
assemblee.
Si assiste inoltre alla affermazione del ceto equestre, una sorta di aristocrazia del
denaro che, grazie alle conquiste territoriali, accumula ricchezza :

-dai traffici Commerciali

-dall’appalto delle imposte nelle province e delle opere pubbliche

-da speculazioni finanziarie

Questo ceto emergente condiziona in modo sempre più pesante la vita politica, pur
essendo ad essa estraneo, ed entra così in contrasto con la nobìlitas senatoria (il
gruppo dirigente patrizio-plebeo), che fonda il suo
patrimonio essenzialmente sulla proprietà fondiaria e sulle connesse attività agricole.
Dal (133-31 a.C.) si susseguono svariati tentativi, diversi per ispirazione politica e per
obiettivi, di riforma costituzionale, nessuno dei quali è
risolutivo:

-tentativo democratico (in senso lato) dei fratelli Tiberio e Caio Gracco (entrambi, in
tempi diversi, tribuni della plebe).

-I tentativi autoritari operati per via militare


nel I secolo a.C.: la dittatura filo senatoria di Silla;

-la soluzione monarchico- militare filo


popolare di Cesare, da ultimo anch’egli dittatore;

-il triumvirato con poteri costituenti composto dagli eredi politici di Cesare, cioè
Antonio e Lépido, e dal suo giovane erede testamentario, Ottaviano: in realtà, si tratta
di una magistratura straordinaria, creata ad
hoc, che nasconde la lotta feroce per il potere personale.

La militarizzazione della crisi favorisce la trasformazione dell’esercito in un esercito


di mestiere, con clientele militari, che alimentano rivalità di potere e mettono a rischio
le libertà tradizionali: s’incrinano i valori, individuali e sociali, finora
largamente condivisi.

L’atto finale della crisi, nel 31 a.C., vede prevalere Ottaviano su Antonio, che
coltivava il disegno, di una monarchia sul modello ellenistico.

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