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Come tutti i popoli del mondo antico, a Roma il concetto di persona umana non
coincideva con quello di soggetto di diritto.
GAIO, ISTITUZIONI:
“ E certamente la distinzione fondamentale (summa divisio) nel diritto delle persone
è questa, che tutti gli uomini o sono liberi o sono schiavi.”
Questa classificazione risale alla struttura patriarcale della famiglia romana arcaica,
nella quale il pater familias era titolare di un potere personale su tutti i membri della
famiglia che si trovavano così sottomessi alla sua potestà paterna (patria potestas).
-alieni iuris (‘di altrui diritto’) cioè persone sottomesse all’altrui potestà
Questa concezione della famiglia era considerata un’istituzione del ius civile e
dunque non applicabile agli stranieri
(Gai.1.55)
“Lo straniero era dunque per il ius civile sempre sui iuris: quando si dovessero
desumere conseguenze giuridiche dalla situazione personale o familiare di un
peregrinus venivano applicate le norme del paese cui egli apparteneva.”
La situazione delle persone appena descritta era giuridicamente inquadrata
mediante la nozione di status.
STATUS = la situazione giuridica complessiva di un soggetto di diritto quanto alla sua
idoneità ad essere titolare di diritti e gli obblighi, ossia, quanto alla sua capacità
giuridica.
Un soggetto libero che avesse solo lo status libertatis era un peregrinus uno
straniero.
Chi avesse lo status civitatis poteva avere anche un ulteriore status che i romanisti
denominano, con un’espressione che però non trova riscontro nelle fonti, status
familiae, che è lo status di persona sui iuris in cui la situazione giuridica del soggetto
si determina esclusivamente con riferimento a lui stesso .
Il cittadino privo era alieni iuris: la situazione giuridica del soggetto dipende da
quella di un altro: in altre parole, una persona alieni iuris è tale in quanto sottoposta
alla potestà di una persona sui iuris.
La qualifica di alieni iuris è appropriata anche per identificare la situazione di uno
schiavo, il quale si trovasse in potestate del suo dominus.
GAIO.
“ Il potere che il soggetto sui iuris aveva sui sottoposti poteva assumere 3
denominazioni e forme diverse: una persona poteva trovarsi in potestate, in manu
ovvero in mancipio di un’altra “
Gli stranieri erano dal punto di vista del diritto pubblico; quanto alla capacità in
materia di diritto privato essi non potevano essere titolari delle situazioni giuridiche
di ius civile, che era esclusivo dei cittadini romani.
Questo comporta, ad esempio, che gli stranieri non potevano essere titolari del
dominium ex iure Quiritium, ossia della proprietà civile, ma solo della proprietà
pretoria, istituto del ius gentium , non aveva neppure, il conubium, la capacità di
unirsi in marimonio con un cittadino romano dell’altro sesso.
Fra i peregrini, i Latini godevano di uno statuto particolare, prevedeva per loro il
conubium, e il diritto di partecipare alle votazioni comiziali se si trovassero a Roma
quando aveva luogo un’assemblea (ius suffragii).
In generale a Roma era negata una capacità di diritto pubblico alle donne, salvo che
fossero membri del collegio delle Vestali.
I cittadini alieni iuris non avevano capacità di diritto privato, non erano titolari di
diritti a contenuto economico e obbligazioni (almeno fino a tutta la Repubblica).
Quando ci si riferisce ai primi secoli della storia romana, l’entità della famiglia
romana, vede il pater familias (“capocasa/patriarca”) rappresentarne, sia il
fondamento che il vertice,
Gentes = ampi gruppi parentali composti da più famiglie, che dopo un iniziale
stanziamento in unità separate sui vari colli, per ragioni di sicurezza e di miglior
difesa, vengono a consociarsi, rinunciando alle singole sovranità in favore di un rex
comune (vitalizio, ma non ereditario).
A seguito di questa trasformazione si rafforza il potere del pater familias,che esercita
un potere assoluto su persone e cose a lui sottoposte e si occupa anche della cura
dei culti familiari, di grande rilievo nella società arcaica. Quando muore un pater
familias senza aver fatto testamento, il patrimonio e i culti familiari vengono
trasmessi ai figli, che, in quanto coeredi, possono decidere se mantenere indiviso il
patrimonio nel “consorzio di proprietà non divisa” per avere vantaggi economici e
politici.
Se ad un certo punto si inserisce una donna, il vincolo si interrompe: lei è agnata dei
suoi fratelli, ma non lo saranno più i suoi figli considerati solo parenti di sangue,
cognati.
Entrambi i vincoli si estendono al massimo sino al sesto grado.
-per quanto riguarda la sfera del diritto pubblico, il re governa ogni cosa con la
mano;
- nella sfera privatistica, dalla locuzione “manu capere”, ossia ‘prendere con la
mano’ derivano mancipatio, atto di trasferimento da un paterfamilias ad un altro
della proprietà dei beni più rilevanti e manumissio cioè allontanamento dalla mano,
atto di liberazione dello schiavo dal potere del padrone.
-si ritroverà nel processo delle origini ( legis actio per manus iniectionem).
Già prima delle Dodici Tavole il potere del paterfamilias viene ad assumere 3
differenti configurazioni:
-1) Manus indicava il potere sulle donne entrate nella famiglia come mogli;
-2) Mancipium il potere sugli schiavi, che poi prenderà il nome di dominica
potestas, e quello sulle cose, indicato più di sovente con il termine dominium;
-atti processuali, con cui tutela un proprio interesse – che ritiene essere stato leso –
nei confronti di un altro paterfamilias.