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Storia del diritto romano

riassunto
La fondazione di Roma
Non si hanno notizie certe sulla fondazione di Roma; tuttavia negli
ultimi decenni si è giunti alla conclusione che, molto
probabilmente, l’attuale città di Roma sia nata dall’unione di piccole
comunità(pagi) situate sui colli Palatino e Quirinale. Queste
comunità si sono unite in primis per motivi di difesa ed economici;
in secondo luogo, dalla condivisione di usi, costumi, credenze
religiose e lingua.
Il primo periodo della storia di Roma, definito “Monarchico”, è stato
suddiviso in due fasi:
Monarchia SABINO-LATINA
Monarchia ETRUSCA
Secondo il mito, il fondatore e primo Rex di Roma fu Romolo, il
quale delimitò i confini della città e dettò le prime norme. Il Rex è
colui che crea, guida e dota una comunità di regole da osservare.
La comunità delle origini nasce come una confederazione di gruppi
familiari(gentes) strutturate in piccoli villaggi chiamati pagi,
all’interno dei quali vivevano i clientes, ovvero coloro che
obbedivano ad una determinata gens.
La monarchia Sabino-Latina
All’inizio, questa comunità era governata da un consiglio dei capi
della gentes, chiamati patres. Questo aveva il compito di prendere
le decisioni per la comunità e di designare un Rex. L’assemblea
degli anziani si riuniva e collaborava col Rex, e interveniva nei
momenti in cui il comando regio veniva a mancare. Il Re veniva
nominato col meccanismo dell’interregnum. La nomina del Rex, in
qualità di autorità deputata alla preservazione della cosiddetta pax
deorum era accompagnata anche dalla inauguratio, rituale
compiuto dagli àuguri che ratificava l’indicazione offerta dai patres.
Gli Augures accrescevano, attraverso la lettura degli astri e del
volo degli uccelli, il valore degli atti pubblici.
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Col tempo si inserì gradualmente la vendetta privata. La civitas
interveniva solo quando il fatto criminoso metteva a repentaglio la
pax deorum. Spettava al rex irrogare le sanzioni di natura religiosa
nei confronti di colui che ha esposto la comunità alla collera divina.
Le prime fonti del sistema punitivo furono le leges regiae, dei
provvedimenti scritti che riguardavano:
- Le infrazioni di scarso rilievo per la comunità, che comportano
per il reo solo l’obbligo di un’offerta votiva alla divinità offesa.
- Le infrazioni più gravi che non possono essere espiate. In questo
caso esistono due pene sacrali: la consecratio, ovvero l’abbandono
del colpevole alla volontà divina. L’individuo da quel momento
viene espulso dalla città e può essere ucciso da chiunque; la deo
necari, l’immediata messa a morte prevista soprattutto nei casi di
perduellio(tradimento).
La monarchia etrusca
A partite dal VII secolo a.C. Roma conobbe un periodo di
straordinaria fioritura economica, determinata dall’avvento degli
Etruschi. In questo periodo si determinò l’affermazione di una forza
sociale tendente a sottrarsi all’egemonia dei patrizi, la plebe.
Il potere dei monarchi etruschi era di stampo militare, deriva da
loro infatti il comando supremo dell’Imperium.
Servio Tullio introdusse l’ordinamento centuriato e suddivise i
cittadini in grado di portare le armi in base alla loro ricchezza,
formando cinque classi. La prima classe era composta da 80
centurie; seconda, terza e quarta classe da 20 centurie; la quinta
classe era formata da 15 centurie di iuniores e 15 di seniores.
Alle classi si aggiungevano 18 centurie di cavalieri.
La caduta della monarchia e la nascita della repubblica
Dopo la cacciata del sovrano, avvenuta presumibilmente nel 509
a.C., i Romani non avrebbero più tollerato di essere governati da un
sovrano e avrebbero sostituito la sua figura con una magistratura
collegiale(consolato) composta da due uomini e dalla durata
annuale.
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Dalla fondazione della Repubblica alle leges Liciniae-Sextiae
Il passaggio dalla monarchia alla repubblica determinò una
separazione tra potere politico-militare e potere religioso: le
funzioni sacrali passarono al Rex Sacrorum mentre al consolato
venne affidato il comando degli uomini in armi. Onde evitare
tentativi di tirannide, venne subordinata la comminazione delle
pene più gravi al giudizio del popolo riunito in armi nei comizi
centuriati. Nasce così la provocatio ad populum.
La crisi economica determinò un inasprimento dei rapporti tra
patriziato e plebe, la quale decise di reagire con la secessione sul
Monte Sacro (494 a.C.), col quale si dotò di proprie figure politiche
come i Tribuni della Plebe. La svolta si ebbe col decemvirato
legislativo, voluto fortemente dalla plebe per avere certezza del
diritto. Cosi la Plebe scese a compromessi coi Patrizi eleggendo
dieci legislatori: i decemviri, il cui compito era quello di redigere e
pubblicare un corpus di leggi che portò alle XII Tavole.
Questa riforma venne smantellata, però, da una seconda
secessione patrizia guidata dai Valeri e dagli Orazi. Vennero così
ripristinate le magistrature tradizionali; Valerio e Orazio vennero
nominati Consoli ed emanarono le tre Leges Valeriae-Horatie:
- De plebiscitiis
- De provocatione, che ripristinava la garanzia della Provocatio
-De tribunacia potestate, che riconosceva l’inviolabilità dei Tribuni
della Plebe, riconoscendo quindi tutti gli organismi della Plebe.
Veniva abolito il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei e
introdotti i tribuni militum, i quali coinvolgevano i plebei
nell’amministrazione della civitas.
Il riconoscimento definitivo dei Plebei avvenne con la lex De
Consule Plebeio delle leges Liciniae-Sextiae(367 a.C.), grazie al
quale veniva ripristinata la magistratura consolare e anche un
plebeo poteva essere eletto console e il loro accesso al Senato.
L’assetto compiuto dall’ordinamento Repubblicano constava di:
- Magistrature elettive, le quali si dividevano in magistrature
maggiori, minori e rivoluzionarie plebee
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- Senato, il quale orientava la politica dei magistrati e simbolo del
potere oligarchico
- Assemblee popolari, le quali avevano il potere legislativo,
elettorale e in alcuni casi anche giurisdizionale.
Fonti del diritto nella prima fase della Repubblica
- Responsa dei pontefici (prima della formazione delle XII Tavole)
- XII Tavole
- Responsa dei giuristi aristocratici
- Leges delle assemblee
- Plebisciti
- Editti del pretore
Le XII Tavole costituivano una raccolta di norme non ordinate che
riguardavano argomenti come diritto pubblico, privato penale, ecc..
I motivi per i quali furono pubblicate queste tavole sono
essenzialmente due:
- Garantire la certezza del diritto
- far si che venisse revocato ai pontefici il monopolio sul diritto
Esse furono importantissime poiché costituirono la prima
regolamentazione penalistica della città.
Vennero distinti i crimina, reati particolarmente gravi che si
ripercuotono sulla comunità, dai delicta, ovvero delitti privati;
Vennero disciplinate nuove forme di reato, es. falsa testimonianza.
L’organizzazione delle province
Con le comunità molto sviluppate, Roma optò per un controllo più
diretto del territorio, realizzato con il sistema delle province,
ognuna amministrata da un Governatore detto proconsole o
propretore il quale è dotato di imperium. Le province sono a loro
volta suddivise in ripartizioni minori amministrate dal Questore.
I provinciali erano considerati peregrinii e non cittadini romani, di
conseguenza non godevano dei diritti propri del cittadino romano,
anzi erano sottoposti a pesantissimi tributi.

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Crisi del modello repubblicano e cambiamento del processo penale
Le conquiste romane del III-II sec. a.C. da un lato rafforzarono
l’egemonia dell’urbe, dall’altro indebolirono le stesse istituzioni
sulle quali Roma aveva sempre fatto affidamento. La continua
disparità tra Patrizi e Plebei e il diffondersi dei latifondi
costituirono le premesse dalle quali scaturirono i tentativi di
riforma dei Gracchi e la crisi che investì il sistema politico, al quale
si aggiunge il progressivo accentramento del potere nelle mani di
singole figure che privarono le istituzioni delle loro prerogative.
Per rendere più pratico il processo penale, si introdusse il sistema
delle quaestiones, processo che permetteva al pretore di avvalersi,
con l’aiuto del consilium, di un provvedimento speciale detto
senatoconsulto. Venne anche creato il primo tribunale permanente
della storia romana: la quaestio de repetundis, incaricata di
condannare i reati di corruzione e concussione.
Il periodo graccano
Gracco, proveniente da una nobile famiglia plebea, venne eletto al
tribunato nel 133 a.C. Egli fu il promotore di una riforma agraria
che prevedeva la restituzione dei terreni dell’ager publicus,
qualora eccedessero il limite massimo di 500 iugeri di terra.
Quanto restituito doveva essere distribuito a nuovi coloni scelti tra
i cittadini più poveri. Nonostante l’iniziale fallimento della sua
riforma causato dall’intercessio del suo collega tribuno Caio
Ottavo, Tiberio non si dette per vinto e decise di deporre Ottavio dai
concili della plebe. Con questa mossa e contro il parere del Senato,
riuscì a far approvare la legge agraria. Quel che scatenò la violenta
reazione dei suoi avversari politici fu la rielezione al tribunato
della plebe, rielezione contraria alla legge in quanto una “lex
Vallia” stabiliva che, per esercitare nuovamente una magistratura,
dovevano trascorrere almeno 10 anni. I senatori accusarono quindi
Tiberio di adfectatio regni, dichiarando lo stato di emergenza.
il Pontefice massimo Cornelio Scipione dichiarò Tiberio “sacer”,
bandendolo dalla civitas con la “evocatio”.

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Questo provvedimento sfociò in un massacro nel quale persero la
vita, oltre allo stesso Tiberio Gracco, anche 300 suoi sostenitori.
Dopo Tiberio, la riforma rimase formalmente in vigore, ma la
distribuzione delle terre arrivò a un punto morto.
L’eredità di Tiberio venne raccolta dal fratello Caio, il quale in
primo luogo affidò a Pompilio il compito di ricercare i colpevoli
dell’assassinio di Tiberio. Ma al contrario, Pompilio e il senato
sfruttarono la situazione per colpire le ultime sacche di resistenza
graccana. Per rispondere al senato, Caio fece approvare dai concili
della plebe una legge in virtù della quale tutti i processi che
avevano ad oggetto la morte di un cittadino dovevano essere
instaurati attraverso una legge o plebiscito. Le quaestiones non
venivano più attivate attraverso un provvedimento senatorio, ma
da un provvedimento delle assemblee popolari. Successivamente
impedì ai senatori di intromettersi nelle decisioni sui reati di
corruzione e di consentire agli equites di comporre il consilium.
Cosi gli equites accrebbero a dismisura il loro potere.
Caio cercò quindi di portare a termine la riforma di Tiberio, ma i
Concili della Plebe gli tolsero il loro appoggio e gli venne così
negata la rielezione al tribunato. Caio Gracco si suicidò ed i suoi
seguaci massacrati.
L’agonia della Repubblica
Dopo la morte di Caio, si riaprì una nuova stagione di lotte
politiche. Emerse la figura di Caio Mario, la cui importanza fu
quella di impiegare nei conflitti i nullatenenti, formando un esercito
di volontari che, attraverso le concessioni di terre al termine del
loro servizio, avrebbero avuto modo di elevarsi socialmente.
Nel corso del 180 a.C. circa, esplose il confronto tra i sostenitori di
Mario ed i seguaci del console Lucio Cornelio Silla. Il casus belli
che determinò l’ostilità fra i due fu l’improvvisa revoca del
comando a Silla delle truppe destinate a fronteggiare il re del
Ponto. Accusando Mario di aver fatto una manovra illegale, Silla
marciò armato con i suoi uomini alla volta di Roma, bandendo i
suoi nemici politici. D’ora in poi le lotte politiche si sarebbero vinte
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non col voto, ma con la forza delle legioni. Silla riottenne il
controllo delle legioni in Asia e partì alla volta dell’Oriente. Nel
frattempo Mario e Cornelio Cinna s’impadronirono del potere fino
alla morte di Mario per causa naturale nell’85 a.C. e all’assassinio
di Cinna un anno dopo. A questo punto Silla prese il controllo
definitivo su Roma divenendone padrone assoluto.
Egli si attribuì poteri illimitati e allargò anche il numero dei suoi
sostenitori in Senato; il suo governo fu particolarmente dispotico.
Con Silla venne definito il sistema attraverso il quale vennero
perseguitati i reati minori: la cognitio extra ordinem. Questo
modello è ispirato dal vecchio modello inquisitorio, molto più
snello di quello accusatorio dedicato alle questioni perpetue; si
forma cosi un parallelismo tra i due modelli di quaestiones.
Alla sua morte, Silla viene tributato con tutti gli onori e divinizzato.
Nel giro di dieci anni l’assetto costituzionale formato da Silla cadde
e subentrarono figure politiche fondamentali come Gneo Pompeo,
Marco Licinio Crasso e Gaio Giulio Cesare.
Nel ’60 Pompeo grazie ai suoi successi militari venne indicato
come l’uomo più potente di Roma. Egli decise quindi di stringere
un’alleanza personale con Marco Crasso, l’uomo più ricco di Roma,
e Giulio Cesare, l’uomo più promettente, formando il primo
triumvirato. Questo triumvirato era rivolto principalmente a privare
il Senato dei suoi poteri e preservare gli equilibri di potere
all’interno della civitas.
Il primo triumvirato: l’inizio della fine della Repubblica
Cesare fu quello che ottenne più vantaggi dall’accordo; avviò la sua
campagna militare per la conquista della Gallia grazie alla quale
acquistò enorme popolarità. Alla morte di Crasso, Cesare e
Pompeo si contesero il controllo assoluto del potere. La loro
rivalità giunse al culmine quando Cesare si propose per il
consolato inviando la candidatura dal suo comando in Gallia, ma
questa venne rigettata. Cesare allora optò per l’invasione dell’Italia
decretando l’inizio della seconda guerra civile. Il conflitto durò un
anno, si concluse con la vittoria di Cesare e l’uccisione di Pompeo.
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Cesare era ormai solo al potere e nel 44 a.C. gli venne riconosciuta
la dittatura perpetua. La sua nomina spaventò le classi dirigenti e
per questo motivo, nello stesso anno, venne assassinato da un
gruppo di congiurati guidati da suo figlio Bruto.
Alla sua morte, Marco Antonio, fidato ex generale di Cesare, riuscì
ad estromettere i cesaricidi dalla gestione degli affari politici. Egli
trovò un pericoloso rivale nel pronipote di Cesare, Ottaviano,
nominato da Cesare stesso suo erede. Inizialmente, i due decisero
di coalizzarsi e strinsero insieme a Marco Emilio Lepido il secondo
triumvirato. Negli anni successivi Ottaviano accrebbe la sua fama
danneggiando Antonio, e dopo aver estromesso Lepido nel 35 a.C.,
i due dettero inizio alla loro guerra personale. Marco Antonio,
grazie all’appoggio della regina d’Egitto Cleopatra, si assicurò il
controllo delle province orientali, e quindi sulla fonte degli
approvvigionamenti alimentari dei romani. La guerra ebbe inizio
nel 31 a.C. con la battaglia navale di Azio. L’anno dopo, Ottaviano
conquistò l’Egitto, mentre Antonio e Cleopatra si tolsero la vita.
L’epoca Augustea
Con Ottaviano ebbe luogo la restituzione della Res Publica al
Senato e al popolo. Egli propose ai senatori la rinuncia ai propri
poteri straordinari. In seguito a questo atto il Senato lo ribattezzò
Augustus e princeps senati, equiparandolo al fondatore della città,
Romolo. Ebbe inizio cosi l’epoca del Principato.
Vi sono due teorie riguardo questo periodo:
• Il principato è stata una diarchia tra princeps e Senato
• Il principato è stato un protettorato, poiché il Princeps
esercitava funzioni di controllo sul Senato
Secondo quanto inciso sull’Ara Pacis, scultura che celebrava le
imprese del princeps, Ottaviano fu colui che ha sconfitto i suoi
nemici, il suo fu un potere proconsolare senza limiti di tempo o
spazio.

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Ad Augusto venne attribuita:
• L’intercessio contro i provvedimenti di tutti gli altri magistrati.
• La tribunicia potestas perpetua.
• L’imperium maius et infinitus proconsolare.
Venne attribuita ad Augusto anche la carica di pontefice massimo e
il titolo di pater patriae. Le fonti di diritto riformate ed elaborate da
Augusto furono chiamate Costituzioni Imperiali.
Egli creò un istituto fondamentale, lo ius respondendi,
letteralmente “diritto di dare pareri”, licenza spettante a quei
giuristi che, per qualità riconosciute dal principe, sarebbero stati in
grado di fornire pareri come se ad emetterli fosse Augusto stesso.
Egli sostituì la provocatio ad populum con la appellatio ad
principem, cosi i condannati anziché rivolgersi al popolo per il
giudizio “in secondo grado”, avrebbero dovuto richiamare
l’attenzione del principe.
L’impero dopo Augusto
Augusto, non avendo figli, decise di adottare Tiberio e designarlo
come suo erede. Con Tiberio inizio il periodo della dinastia Giulio-
Claudia, caratterizzata dalla presenza di legami di sangue.
Tiberio rimise le sorti dell’Impero nelle mani del Senato in quanto
incapace di governare. Suo successore fu Caligola; il suo governo
scellerato scatenò i suoi nemici i quali ordirono una congiura per
ucciderlo, supportati anche dalla guardia pretoriana, ovvero la
guardia personale dell’Imperatore. Tolto Caligola, venne nominato
imperatore Claudio, suo zio. Con Claudio prosperò lo studio della
letteratura e filosofia greca; venne rivoluzionato il comparto
amministrativo con la costituzione di officia, deputati alla cura di
una determinata materia e assegnati ciascuno ad un funzionario
liberto. L’immissione di questi ultimi nell’amministrazione statale
suscitò l’ira del Senato, il quale fino ad ora aveva sempre avuto un
ruolo primario. Claudio venne pertanto avvelenato dalla moglie su
commissione del Senato stesso. Salì quindi al potere suo figliastro,
Nerone, di cui si distinguono due fasi di governo.
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La prima fase è caratterizzata da un governo saggio, tanto che egli
viene definito fortunae Romae; una seconda fase, in cui perseguita
i Cristiani e caratterizzata da una serie di leggi volte a favorire i
commercianti a discapito dei Senatori, peggiorando il rapporto con
quest’ultimi e rimanendo quindi vittima di una congiura.
Finì cosi l’epoca della dinastia Giulio-Claudia.
Il 68-69 d.C. passò alla storia come l’anno dei quattro imperatori.
Fu un periodo di anarchia militare alla fine del quale prevalse
Vespasiano, dando inizio alla dinastia Flavia. Per legittimare il suo
potere, elaborò la lex curiata de Imperio Vespasiani, che ratificava
quasi tutte le riforme promosse dai suoi predecessori e stabiliva il
principio di Princeps legibus solutus, il principe è totalmente
svincolato da qualsiasi legame col popolo ed il Senato.
Alla sua morte subentrò il suo primogenito Tito, ma il suo regno fu
breve e caratterizzato da eventi catastrofici come l’eruzione del
Vesuvio e la peste che colpì Roma nell’81 d.C. provocando la morte
dell’Imperatore stesso. Salì quindi al potere il fratello Domiziano, il
quale impostò un governo anti-senato diminuendo il numero di
Senatori e estendendo la cittadinanza romana a quelle province
che appartenevano ai romani ormai da molto tempo. Mal tollerato
dai suoi senatori, Domiziano venne assassinato e bandito con la
damnatio memoriae. Con lui finì la dinastia Flavia.
Il senato decise di eleggere come imperatore il senatore Nerva, il
quale introdusse le modalità che per almeno un secolo regolarono
la successione al trono imperiale: attraverso l’adozione del più
valente tra gli uomini di potere all’Impero. Prima della sua morte,
egli nomino come successore il generale Traiano, un ispanico.
Sotto il suo regno, l’impero romano raggiunse la sua massima
espansione territoriale, durante il quale si ultimò la conquista della
Dacia (attuale Romania). Di altro avviso fu il suo successore
Adriano, il quale cambiò l’atteggiamento in politica estera
dell’Impero. Da Adriano in poi, l’impero si preoccupò solo di
conservare il proprio territorio.

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Adriano si preoccupò di riformare l’apparato burocratico e la
materia normativa. Abolì lo ius respondendi sostituendolo con il
consilium pricipis e aumentò le costituzioni imperiali, aggiungendo
i decreta, i rescripta e gli epistula.
Il periodo degli imperatori adottivi cessò con Commodo.
Iniziò il periodo di anarchia militare, durato un secolo, durante il
quale si susseguirono più di trenta imperatori. Un minimo di
stabilità venne assicurato soltanto dalla dinastia dei Severi.
Il più importante imperatore tra i Severi fu Antonio Caracalla,
autore della costitutio Antoniniana, con la quale venne estesa la
cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero, atto con il quale
si venne a creare un processo di contaminazione del diritto
romano chiamato volgarismo giuridico.
Diocleziano
Nel 284 d.C. viene nominato imperatore Diocleziano, che ben
presto chiama al suo fianco un fedele generale, Massimiano, cui
affida il governo delle province occidentali dell’impero mentre egli
conserva l’amministrazione di quelle orientali. Entrambi gli
imperatori hanno il titolo di Augustus ma Diocleziano si riserva i
supremi poteri di comando. Diocleziano procede a nominare due
Cesari. A ogni Cesare spetta il governo di alcune province tra
quelle attribuite al rispettivo Augusto. L’amministrazione
dell’impero è quindi affidata a 4 persone, unite sia da legami di
lealtà che di parentela. I Cesari sposano infatti le figlie dei rispettivi
Augusti e alla morte di un Augusto subentra automaticamente il
proprio Cesare, il quale divenuto a sua volta Augusto provvederà a
nominare un nuovo Cesare.
Con Diocleziano l’imperatore è un autocrate, cioè trae da solo il
proprio potere. Egli riforma l’amministrazione periferica,
suddividendo le province in 2 o più parti e molti governatori
vengono privati dei poteri militari, che sono conferiti a ufficiali di
carriera (Duces). Per quanto riguarda l’amministrazione centrale, il
funzionario di grado più elevato è il prefetto del pretorio, che
conserva anche gli originari poteri militari.
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Per dare maggiore stabilità ai confini, Diocleziano rafforza
l’esercito. Per cercare di risanare l’economia dello stato dapprima
aveva tentato di arginare l’inflazione e di rendere stabili i prezzi
attuando una riforma monetaria ma, a causa di un’eccessiva
circolazione della moneta di rame, questa perde di valore
accentuando ben presto l’inflazione e inducendo l’imperatore a
emanare nel 301 l’edictum, un vero e proprio calmiere con il quale
venivano fissati autoritativamente i prezzi massimi delle varie
merci e delle prestazioni, ma anche questo provvedimento fu un
fallimento. Più efficace fu invece la riforma tributaria: il territorio
dell’impero viene diviso in unità fiscali (iuga) di uguale valore ma di
diversa estensione, a seconda del tipo di coltivazione. L’imposta
grava non solo sui terreni ma anche sulla popolazione rurale e sul
bestiame; vengono censiti gli schiavi, i coloni e gli animali utilizzati
per la coltivazione. Ai proprietari terrieri verrà computata
un’imposta proporzionale al numero delle unità fiscali accertate
mentre i non proprietari di fondi non pagano l’annona ma
un’imposta personale pagabile in denaro.
Diocleziano vuole uno stato romano e pagano. Durante il suo
governo Roma conobbe un lungo periodo di stabilità politica, buona
amministrazione e sicurezza dei confini. Con lui si ebbero le ultime
persecuzioni a danno dei Cristiani i quali, per rendere più efficaci i
processi inquisitori, furono divisi in due categorie:
• Traditores, coloro che abiurano la fede in Cristo e vengono
solo sanzionati.
• Lapsi, coloro che non rinunciano alla loro fede e vengono
quindi martirizzati.
Durante il suo impero si ebbero anche le prime due raccolte di
diritto pre-giustinianeo, redatte per far fronte alla produzione
sregolata di leggi che afflisse l’epoca dell’anarchia militare:
Codice Ermogeniano e Codice Gregoriano.

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Le ultime fasi dell’impero furono caratterizzate da numerosi
problemi: la gestione del potere, la politica estera e la diffusione
inarrestabile del cristianesimo. La religione cristiana riuscì a
plasmare il diritto romano, introducendo i concetti di humanitas,
civilitas, dignitas propri del messaggio cristiano.
Giustiniano
Giustiniano fu colui che riuscì a codificare l’intera produzione del
diritto romano. Il diritto romano codificato da Giustiniano costituì la
base del diritto moderno. Tanto da restare in vigore fino al ‘900.
Nel 528 Giustiniano annuncia una raccolta di leges, cioè di
costituzioni imperiali il cui scopo è quello di ridurre la lunghezza
delle cause. Creò un’unica compilazione divisa in cinquanta libri e
denominata: Digesto, tutti i pareri emessi dai giuristi dotati di ius
respondendi. L’opera fu pubblicata nel 533. Nel digesto i frammenti
si susseguono in un certo ordine, da qui la congettura che le opere
da spogliare fossero state divise in tre masse, affidate ciascuna ad
una sottocommissione: la massa sabiniana (ius civile), la massa
edittale (ius honorarium); la massa papinianea (opere di casistica).
Il digesto non appare mai utilizzato in sede giudiziale. Esso è
un’opera che attraverso la scansione delle parti storiche e
precettive lascia trasparire i vari intendimenti normativi
dell’imperatore.
L’Ordinamento giuridico è formato in concomitanza da tre volumi:
le Istituzioni, il Digesto e le constitutiones (che formavano il
cosiddetto Corpus Iuris Civilis). Con questa costituzione lo stato
oltre ad assumersi il compito della produzione delle norme
giuridiche si assume anche quello del loro coordinamento in un
ordinato sistema.
Con il termine classicismo, una parte della dottrina attribuisce a
Giustiniano il proposito di rimettere in vigore il diritto classico
come sistema normativo, sostituendolo al diritto volgare. Altri
studiosi invece vedono nel classicismo soltanto una categoria
stilistica che può adattarsi a qualsiasi contenuto.

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Giustiniano incaricò una ristretta commissione della redazione di
un manuale istituzionale, volto a offrire ai giovani uno strumento
per apprendere i primi elementi del diritto.
Le Istituzioni giustinianee sono un manuale polivalente, cioè non
limitato solo al diritto privato e al processo civile, ma esteso anche
al diritto penale.
La prima edizione del Codice andava sempre più rivelando le sue
lacune. Appare quindi ovvia la decisione di procedere ad un
emandatio del Codice e ad una seconda edicto. Compito della
nuova commissione era quello di raccogliere le nuove costituzioni,
dividendole in capitoli e ponendole nei titoli più opportuni. I
compilatori erano anche stati autorizzati ad introdurre delle
emandationes; ad eliminare le costituzioni superflue e quelle che
risultassero contrastanti fra di loro. A partire dal 29 Novembre
534, data di pubblicazione dell’opera, perderà vigore ogni altra
costituzione non compresa nel Codice cosi come lo stesso primo
codice. Il nuovo codice è diviso in dodici libri a loro volta divisi in
titoli ognuno con apposita rubrica. Tratta dei dogmi religiosi, dei
rapporti tra stato e chiesa, delle fonti del diritto. Nei libri dal
secondo all’ottavo viene trattata la materia privatistica; nel libro
nono il diritto penale e negli ultimi tre libri il diritto finanziario e il
diritto amministrativo.

Con il 534 si chiude l’età delle compilazioni e si apre il lungo


periodo della legislazione corrente giustinianea che durerà fino al
565.

Vennero fondate in oriente diverse scuole di giuristi. Le più famose


furono quella di Costantinopoli e quella di Berito. Gli studenti di
diritto utilizzavano come testo scolastico le institutiones pubblicate
da Giustiniano.

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Onde evitare che le opere titaniche da lui commissionate venissero
sconfessate o violate, Giustiniano promulgò tre leggi con le quali:
1. Ciò che è scritto nei codici non può essere interpretato;
2. Sono vietati riferimenti ulteriori rispetto a quelli già codificati;
3. Chi contravveniva era condannato alla reclusione.
Nel medioevo, i giuristi studiavano diritto direttamente dal corpus
iuris civilis. Furono fondati due indirizzi di studio:
Dei commendatori; Dei Glossatori. Glossatori erano coloro che
leggevano il corpus iuris civilis e lo interpretavano, stilando le
glosse, ovvero dei piccoli commenti a margine.
L’opera dei giuristi medievali è stata determinante. L’intenso lavoro
di interpretazione e di interpolazione delle norme giustinianee ha
plasmato il diritto romano cosi come noi lo conosciamo.

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