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1 LEGGENDA:

Gli scrittori latini della prima età imperiale primo secolo d.C., come Virgilio e Tito Livio, elaborarono un
racconto che nobilitava le origini della città facendola discendere da Enea scampato alla distruzione di
Troia, si faceva così di Roma l'erede diretta della grande civiltà greca.

Secondo la leggenda dunque gli scampati alla rovina di Troia sotto la guida di Enea sarebbero giunti nel
Lazio dopo lungo peregrinare seguendo il comando divino di fondare una nuova grande città. Qui Enea
sposò Lavinia figlia del re dei latini e fondò la città di lavinio mentre suo figlio Ascanio fondò Albalonga;
dopo alcune generazioni Rea Silvia principessa di albalonga e discendente di Enea fu violentata da Marte
Dio della guerra e ne ebbe due gemelli Romolo e Remo. Nel frattempo Numitore padre di Rea Silvia e re di
Alba longa era stato cacciato dal fratello Amulio. Costui fece gettare nel Tevere Romolo e Remo. I gemelli
riuscirono però a salvarsi vennero prima allattati da una Lupa poi accuditi dal pastore Faustolo e dalla
moglie di questi Acca larenzia. Ai piedi del Colle palatino una volta cresciuti essi uccisero Amulio riportarono
sul trono Numitore e decisero di fondare una nuova città su quel Colle.
Essendo gemelli per decidere chi avrebbe dovuto fondare la città e darle il proprio nome ci si affidò al
volere divino scrutando il volo degli uccelli. Il responso parve favorevole al Romolo che segnò il tracciato
che avrebbe delimitato i confini sacri della città il pomerio, che nessuno avrebbe potuto oltrepassare in
armi. Remo che non era d'accordo con il responso varcò provocatoriamente il confine e Romolo lo uccise
divenendo primo re della città era secondo la tradizione il 21 Aprile del 753 a.C.

MONARCHIA: La monarchia a Roma durò due secoli e mezzo, dalla metà del VIII sec. al 509 a.c.
Si trattava di una monarchia elettiva, in cui il re era nominato dal senato , un'assemblea che, secondo la
tradizione, fu creata dallo stesso Romolo riunendo i capi delle 100 famiglie aristocratiche più influenti.
Nonostante questo limite il potere dei monarchi romani dovette essere piuttosto forte, anche perché essi
godevano di un'importante legittimazione religiosa in quanto intermediari tra il popolo e le divinità dunque
erano figure pressoché sacre.
Un elemento di verità storica è certamente rappresentato dal succedersi di re di origine latina e sabina e
altri di origine etrusca, poiché questo corrisponde all'affermazione della potenza etrusca nel corso del VI
secolo a.

Fase latino-sabina:
 Romolo, fonda Roma, primi Ordinamenti politici e sociali compreso il Senato (753-716)
 Numa Pompilio, stabilisce l'ordinamento religioso e fissa il calendario (715-673)
 Tullo Ostilio, sotto di lui Roma sono un ruolo egemone per i latini (672-640)
 Anco Marcio, estende il territorio di Roma fino al mare fonda il porto di Ostia (640-616)
Fase etrusca:
 Tarquinio Prisco, ingrandisce la città e costruisce il Circo Massimo (616-578)
 Servio Tullio, riforma ordinamento socio-politico (578-534)
 Tarquinio il Superbo, tiranno (534-510)
2 ETÀ REPUBBLICANA
La maggior parte delle istituzioni romane si formò già in età monarchica e nella prima età repubblicana e
sopravvisse poi per secoli, pur trasformandosi. Questo dipeso sia dalla stabilità che caratterizzava i romani
sia il fatto che non amavano cancellare le loro istituzioni bensì modificarle e adeguarle ai cambiamenti.

ISTITUZIONI: In origine l'insieme dei cittadini romani, che chiamavano se stessi quiriti, era suddiviso in tre
tribù: Tizi, Ramnensi e Luceri che riunivano le diverse gentes. Ciascuna tribù era ripartita in 10 curie.
Ogni curia doveva fornire 10 cavalieri e 100 Fanti. La riunione delle 30 curie formava i comizi curiati che
furono alla prima assemblea del popolo romano essi comprendevano tutti i cittadini ma svolgeva funzioni
civili relative alla vita della gentes.
Questa prima suddivisione della gentes venne successivamente sostituita da un ordinamento a base
geografico e censitario cioè fondato sulla ricchezza del censo. Questo nuovo ordinamento fu attribuito a
Servio Tullio.
La riforma serviana cancellò le tre antiche tribù e introdusse una nuova suddivisione di tipo territoriale
creando: 4 tribù urbane e 17 tribù rustiche, cioè di campagna, che poi diventarono 35 mano a mano che il
territorio si si estendeva. La cittadinanza non era più legata alla nascita o al patrimonio ma esclusivamente
alla residenza. Il nuovo sistema di tribù fu anche la base dei comizi tributi, un'assemblea a cui erano amessi
tutti i cittadini con il compito di eleggere alcuni magistrati di grado inferiore.
In secondo luogo fu introdotto una riforma militare. La popolazione viene divisa in classi in base al censo
una classe cavalieri equites e 5 classi di fanti pedites e al di sotto si trovavano i proletarii (coloro che
possedevano solo la prole)
Le classi erano tenute a fornire all'esercito 193 centurie, ovvero gruppi di 100 uomini, ma in proporzione
diversa. Questa riforma militare creò una nuova assemblea popolare ossia i comizi centuriati, che avevano
il compito di deliberare alcune leggi, eleggevano i magistrati di grado superiore e facevano dichiarazioni di
pace e guerra. Possiamo dire che è con questa riforma che nasce veramente la città-stato fondata sul
cittadino soldato.

SENATO: Quando Tarquinio il Superbo venne cacciato e ci fu l'instaurazione della repubblica i patrizi
conquistarono il pieno potere. La nuova repubblica ebbe dunque un carattere spiccatamente aristocratico.
Il carattere aristocratico della Repubblica romana si esprimeva pienamente nel primato del senato che
riuniva i più influenti capi delle famiglie patrizie.
In età monarchica il senato eleggeva il re e nominava l’ interregno e aveva funzioni consultative.
Con l'avvento della Repubblica esso divenne l'organismo che dirigeva di fatto la vita politica interna e
estera. Inoltre mentre tutte le magistrature avevano durata limitata, la carica di senatore era vitalizia.
In età monarchica i senatori erano 100 e in repubblicana diventarono 300.
Originale dei romani fu il modo in cui essi concepirono e impostarono il sistema delle magistrature, ossia
delle funzioni di governo. Per impedire che il potere potesse concentrarsi nelle mani di una singola persona
istituirono tre caratteristiche essenziali: erano elettive, collegiali e temporanee inoltre non davano alcun
compenso economico.

CONSOLATO: La massima magistratura repubblicana era il consolato ricoperto da due persone elette dai
comizi centuriati, in carica per un anno. I Consoli detenevano il più alto potere militare e civile avevano il
comando dell'esercito e la facoltà di stipulare accordi internazionali, convocavano il Senato e i comizi
facendo poi seguire le loro decisioni e controllavano l'ordine pubblico.
Avevano anche il potere di coercizione ossia di condannare un cittadino. Ciascuno aveva il potere di veto,
ossia poteva bloccare le decisioni del collega

PRETURA: Di importanza poco inferiore al consolato era la pretura. I pretori amministravano la giustizia sia
interpretando le leggi vingenti sia creando un nuovo diritto. Al loro in ingresso in carica pubblicavano infatti
un editto con il quale dichiaravano aggiornavano le norme e i principi giuridici a cui si sarebbero attenuti.
DITTATURA: In situazioni critiche dovute a gravi minacce esterne o conflitti interni che richiedevano
decisioni rapide e senza possibilità di veto i Consoli in accordo col Senato potevano nominare un dittatore
che aveva carica non superiore a sei mesi.
QUESTORI: Si occupavano della riscossione delle tasse e gestione dell'erario (il tesoro pubblico romano)
all'inizio furono due, poi divennero quattro e il loro numero aumentò mano a mano
CENSORI: Eletti dai comizi centuriati avevano il compito di redigere le liste dei senatori e di ripartire i
cittadini nelle classi di censo cioè svolgere i censimenti, per formare comizi centuriati. Questa operazione
durava 5 anni e in seguito ascensori assunsero un'ulteriore potere ossia controllare il comportamento dei
senatori con la facoltà di infliggere agli indegni una nota censoria che poteva condurre all'espulsione dal
Senato.
EDILI: che si occupavano della vita quotidiana della città della sua pulizia, della sorveglianza contro gli
incendi e di organizzare lavori pubblici.

3 Nella fase iniziale della sua vita, per tutto il V e il IV secolo a.C., la stabilità e la sopravvivenza stessa della
repubblica romana furono messe a rischio da due problemi che travagliavano anche le pòleis greche: i
conflitti esterni, con città vicine, e i conflitti interni, quello stato di guerra civile che i greci chiamavano stasis
e che a Roma si presentava come conflitto sociale fra patrizi e plebei.

La soluzione che Roma diede a questi problemi fu militare, nel caso dei conflitti esterni, e politica, per quelli
interni. Le due dimensioni erano strettamente intrecciate: la classe dirigente patrizia imparò che, essendo la
forza militare della città legata ai cittadini-soldati, in gran parte plebei, bisognava trovare un compromesso
politico in grado di mantenere la coesione della repubblica, cosi da salvaguardare l'indipendenza e il futuro
della città.

Entrambe le soluzioni ebbero successo: da questa difficile fase Roma uscì come potenza dominante nel
Lazio, in grado di iniziare un poderoso movimento di espansione con istituzioni profondamente rinnovate
grazie soprattutto all'equiparazione dei diritti fra patrizi e plebei.

Ricordiamo che nel 509 a.C., secondo la tradizione i capi delle gentes spodestarono Tarquinio il Superbo,
presero nelle loro mani il potere e posero fine all'esperienza monarchica.
Porsenna, fece un tentativo per ripristinare l'influenza etrusca su Roma (e probabilmente riuscì a conquistare
per qualche tempo la città), ma nel 506 a.C. fu sconfitto ad Ariccia da una coalizione di città latine guidate
da Cuma, un evento che segnò la fine del controllo etrusco sul Lazio.

Era il primo atto di un lungo conflitto fra i latini, Roma e le città etrusche. In questa circostanza, Roma aveva
avuto le città della Lega latina come sue alleate; ma, sconfitti gli etruschi, i latini si volsero contro Roma,
temendone le ambizioni di dominio.
Si apri una fase di scontri, culminata nel 496 a.C. con la vittoria romana sui latini nella battaglia del lago
Regillo, presso Frascati. Nel 493 a.C. si giunse a un trattato di alleanza fra Roma e le città latine, il foedus
Cassianum, dal nome del console Spurio Cassio che lo stipulò foedus, in latino, significa "patto").

FOEDUS CASSIANUM era un trattato sostanzialmente paritario, in cui romani e latini si impegnavano a
difendersi reciprocamente in ca-so di pericolo esterno; ma il fatto stesso che i contraenti fossero la sola
Roma, da un lato, e tutta la Lega latina, dall'altro, ci rivela che in realtà questo accordo era sbilanciato a
favore di Roma.

LA CONQUISTA DI VEIO La rivalità tra Roma e Veio nasceva dunque dal conflitto per il controllo di
un'area strategica del Lazio. Nel 426 a.C. I romani riuscirono a impadronirsi di Fidene e nel 396 a.C. il
dittatore Marco Furio Camillo conquistò Veio, dopo un assedio che durò, secondo la tradizione, ben dieci
anni. La città etrusca fu distrutta, i suoi abitanti furono ridotti in schiavitù e il suo territorio fu annesso a
quello romano.

CONQUISTA DELLA PLEBE Mentre affrontava questa ininterrotta serie di guerricciole, Roma dovette
anche fare i conti con le tensioni interne derivanti dalle rivendicazioni dei plebei.
Sin dall'inizio, i plebei avanzarono due rivendicazioni fondamentali e strettamente connesse: la terra e la
rappresentanza politica. All'inizio dell'età repubblicana, la proprietà terriera apparteneva in gran parte alle
gentes patrizie.
Con l'espansione di Roma, venne ampliandosi il territorio dello stato, l'agro pubblico : questi terreni
venivano assegnati in utilizzo ai privati cittadini, pur rimanendo di proprietà statale ma erano i patrizi ad
accaparrarsene la maggior parte. Per questo una fondamentale rivendicazione della plebe fu quella di vedersi
assegnare quote più ampie di agro pubblico.

SCHIAVITÙ Vi era poi il problema della schiavitù per debiti occorre considerare che nei periodi di guerra,
frequenti e ripetuti, le spese per l'armamento erano molto gravose per i ceti meno abbienti, e che i contadini
dovevano lasciare incolti i loro terreni per combattere: così i più poveri erano spesso costretti a indebitarsi e
correvano il rischio di diventare schiavi del creditore, poiché risultava difficile saldare il debito.
Per questo, le rivendicazioni economiche della plebe comprendevano la riduzione del peso dei debiti e il
diritto di utilizzo dell'agro pubblico.

SUL PIANO POLITICO Ma le più forti rivendicazioni plebee erano di ordine politico: benché pienamente
inseriti nella vita della città, cui davano un contro fondamentale di lavoro e di forza militare, i plebei erano
esclusi dal governo.
I plebei eleggevano i magistrati nei comizi, ma non potevano candidarsi; condividevano con i patrizi il
dovere e i rischi della guerra, ma non i benefici che ne derivavano; non potevano mescolarsi con i patrizi
nemmeno sposandosi, perché c'era il divieto ai matrimoni misti patrizio-plebei: una norma particolarmente
odiata dai plebei, perché precludeva loro la possibilità di entrare a fare parte del patriziato.

Secessione e "contropotere plebeo" A sostegno delle loro rivendicazioni i plebei inventarono due forme di
lotta. La prima fu la secessione, che fu attuata per la prima volta nel 494 a.C. Durante le secessioni i plebei si
ritiravano in un luogo decentrato (sul Monte Sacro in questa circostanze poi Aventino nel 449 a.C.),
rifiutando di prendere parte alla vita della comunità. Soprattutto in periodi di guerra, la secessione si rivelò
un'arma formidabile, perché poteva sottrarre all'esercito repubblicano gran parte dei suoi effettivi.
Accanto alla secessione, la plebe elaborò anche un'altra geniale forma di lotta: la creazione di veri e propri
organi di contropotere, cioè organismi plebei, istituiti in modo unilaterale. Una sorta di "stato plebeo"
contrapposto a quello patrizio. Inizialmente questi organismi non erano riconosciuti dallo stato, ma con il
tempo divennero istituzioni ufficiali, modificando in modo profondo l'organizzazione della repubblica.

L'assemblea della plebe, riservata ai soli plebei, faceva da contraltare ai comizi centuriati: non era infatti
divisa in base al reddito, ma era aperta a tutti. Le sue deliberazioni erano dette plebisciti, cioè "decreti della
plebe". Il tribunato della plebe fu istituito con la prima secessione del 494 a.C. Divenne istituzione dello
stato nel 471 a.C, quando acquisì il potere di proporre leggi ai comizi tributi.
I tribuni della plebe erano due magistrati che difendevano gli interessi dei plebei ed erano considerati sacri
e inviolabili: non potevano essere arrestati né condannati, e chi li avesse offesi o minacciati poteva venire
ucciso impunemente. Godevano di due poteri molto importanti: il diritto di veto, che consentiva loro di
bloccare le decisioni di qualsiasi autorità, consoli compresi; il diritto di ausilio, che li autorizzava a
intervenire in aiuto di un plebeo ingiustamente condannato o perseguitato dai magistrati.

Una prima, fondamentale tappa in questa direzione venivano 450-1 a.C., l'introduzione di leggi scritte.
Vincendo le forti resistenze del patriziato, fu istituita una commissione straordinaria di 10 uomini, i
decemviri (prima tutti patrizi, poi cinque patrizi e cinque plebei), che redasse le leggi delle XIl Tavole, incise
su 12 lastre di bronzo esposte nel Foro. Quello che oggi chiameremmo "diritto civile".
La repubblica patrizio-plebea seguirono altre conquiste della plebe, che modificarono profondamente il
profilo aristocratico della repubblica.
• Nel 445 a.C., su proposta del tribuno Gaio Canuleio, il concilio della plebe deliberò di abolire il divieto di
matrimonio fra patrizi e plebei.
• Nel 409 a.C. si apri l'accesso dei plebei a un'importante magistratura, la questura, anche se le magistrature
maggiori, quelle cum imperio (consolato, pretura, dittatura), rimanevano ancora monopolio dei patrizi.
•- Nel 367 a.C. furono approvate le leggi Licinie-Sestie, un insieme di norme che ridussero l'importo dei
debiti e posero un limite alle proprietà patrizie, fissando in 500 iugeri (pari a 125 ettari) la quantità massima
di agro pubblico che un cittadino poteva detenere.
• Nel 342 a.C. la legge Genucia stabili addirittura che uno dei consoli doveva essere necessariamente plebeo.
• Nel 300 a.C. con la legge Ogulnia, i plebei ottennero l'accesso al pontificato.
• Nel 287 a.C. infine, la legge Ortensia stabili che i plebisciti avevano valore di legge per tutti i cittadini e
senza bisogno della ratifica del senato.

4 SANNITI Il problema principale per Roma era rappresentato dai sanniti.


Nel 354 a.C. i romani e i sanniti strinsero un patto di amicizia con l'obiettivo di evitare uno scontro diretto.
Nel 343 a.C. le città campane di Capua e Teano attaccate dai sanniti chiesero aiuto a Roma che intervenne.
Così iniziò la prima guerra sannitica che si concluse nel 341 a.C.
Ma allo stesso tempo le città latine timorose di venire schiacciate dalle due potenze strinsero un'alleanza
antiromana. Ne seguì un conflitto la guerra Latina che durò dal 40 al 338 a.C.
La seconda fase del conflitto fu aspra e lunga dal 326 al 304 a.C. Abili nello sfruttare in ambiente montuoso
i sanniti inflissero ai romani la dura sconfitta delle forche caudine 321 a.C. I romani reagirono alla sconfitta
con intelligenza e accerchiarono con piccoli gruppi di soldati (manipoli) il territorio avversario e i sanniti
furono costretti nel 304 a.C. a chiedere pace.
Le ostilità ripresero pochi anni dopo perché i sanniti si allearono con gli etruschi Galli e umbri. Contro
questa coalizione Roma riuscì a riportare due fondamentali vittorie: una Sentino nel 295 a.C. e l'altra ad
Aquilonia nel 293 a.C. Nel 290 a.C. i sanniti si arresero.

5 CONQUISTA MAGNA GRECA patto tra Taranto e Roma= 302 a.c/ 282 a.c violato dai romani--- Tarantini
chiedono aiuto a Pirro re dell’ Epiro—Vittoria di Eraclea 280 a.c e Ascoli Satriano 281 a.c
275 a.c sconfitta di Pirro a Benevento. Nei primi decenni del III secolo i romani controllavano un territorio
che si estendeva da Rimini allo Stretto di Messina.

6 SISTEMA Fu l'organizzazione del dominio l'impresa più originale e duratura dei romani. I romani erano
ben consapevoli che l'estrema eterogeneità e la varietà delle situazioni locali esigeva soluzioni politiche di
diversificate. Per questo motivo solo alcune città particolarmente inaffidabili vennero governate da prefetti
per il resto Roma costruire un sistema flessibile di rapporti basato su un principio fondamentale ottenere il
consenso delle classi dirigenti.
Tre furono i modelli principali:
 Colonie: A differenza di quelle greche che erano cellule distaccate dalla madrepatria, quelle romane
erano quasi un'estensione di Roma nelle regioni conquistate. Esse assorbivano l'eccesso di
popolazione, permettevano di distribuire le terre ai cittadini più poveri e assicuravano la presenza
romana in aree lontane dalla città . Esistevano due tipi: le colonie romane che avevano funzioni di
avamposti militari e le colonie latine che godevano solo di alcuni diritti civili.
 Alleati: Erano popoli e città con cui Roma aveva stipulato trattati di alleanza. Restavano
indipendenti e non erano soggetti a tributi ma avevano l'obbligo di fornire a Roma aiuto militare in
caso di guerra.
 Municipi: Erano città che venivano incorporate nello stato romano ma conservavano la possibilità
di governarsi da sé con magistrati propri. Avevano l'obbligo di versare tributi per le spese militari e
fornire soldati. Agli abitanti veniva concessa la cittadinanza romana. Vi erano due tipi di municipi
con e senza diritto di voto, i primi avevano cittadinanza piena con diritto di voto nei comizi i diritti
civili e potevano accedere alle cariche pubbliche. I secondi avevano cittadinanza parziale potevano
sposare i cittadini romani e commerciare con Roma.
7 LE GUERRE PUNICHE
Una guerra per il dominio del Mediterraneo. Le guerre puniche furono tre guerre combattute
fra Roma e Cartagine tra il III e II secolo a.C. e scoppiate per motivi politici, economici e per le ambizioni
di dominio del Mediterraneo dei due popoli contendenti. Le tre guerre, dette puniche perché i Romani
chiamavano Punici i Cartaginesi, si risolsero con la supremazia di Roma sul mar Mediterraneo e con la totale
sconfitta di Cartagine che, secondo la leggenda, fu cosparsa di sale per non farci crescere più nulla.
 La prima guerra punica fu combattuta tra 264 e 241 a.C. per mare e per terra e portò a un trattato di
pace fra Roma e Cartagine
 La seconda guerra punica si svolse dal 241 al 218 a.C. e vide spiccare le figure del condottiero
cartaginese Annibale Barca e del generale romano Publio Cornelio Scipione detto l'Africano
 La terza guerra punica durò dal 149 al 146 a.C. e segnò la definitiva vittoria di Roma su Cartagine
Cartagine fu fondata nell'814 a.C. nelle vicinanze dell'odierna Tunisi da coloni provenienti da Tiro, la più
potente città-stato dei Fenici. Grazie alla favorevole posizione geografica si trasformò in poco tempo da
semplice scalo commerciale a ricco insediamento.
Cartagine con la sua potente flotta e con il suo esercito formato da mercenari riuscì a resistere all'espansione
dei Greci nel Mediterraneo.

L'alleanza tra Roma e Cartagine contro Pirro Nel IV e III secolo a.C. i Greci persero potere al contrario
di Roma che, da piccola potenza italica, era divenuta una forza politico-militare nel Mediterraneo.
Fra Roma e Cartagine, città quasi coetanee, sorsero i primi attriti inizialmente gestiti con dei trattati per
regolare le reciproche sfere di influenza. Tra questi, il più importante fu quello del 279 a.C. che vide Roma e
Cartagine alleate contro Pirro, re dell'Epiro, chiamato in Italia dalla città di Taranto contro i Romani e poi in
Sicilia da Siracusa contro i Cartaginesi.

La prima guerra punica scoppiò perché i Mamertini, una banda di mercenari che aveva occupato Messina,
non contenti dell'aiuto offertogli da Cartagine per sconfiggere il tiranno di Siracusa Gerone chiesero di
potersi alleare con Roma, che accettò. I Cartaginesi, che considerarono questa alleanza un affronto ai loro
interessi in Sicilia, decisero di muovere guerra a Roma.
Il primo scontro di rilievo della prima guerra punica fu vinto nel 260 a.C. dalla flotta romana
a Milazzo grazie alla potente flotta militare. I romani tentarono successivamente un'operazione terrestre
guidata dal console Attilio Regolo che sbarcò in Africa ma venne annientato dai cartaginesi nel 255 a.C.
Vittoria decisiva alle isole Egadi nel 241 a.C. grazie alla flotta sotto il controllo del consolo Gaio Lutazio
Catulo. Nel 237 i romani occuparono la Sardegna e la Corsica.

La seconda guerra punica A Cartagine si crearono due partiti:


 Il primo era quello dei proprietari terrieri contrari a una nuova guerra perché timorosi di perdere le
loro terre e i loro beni
 Il secondo favorevole alla ricostruzione dell'impero cartaginese e alla distruzione dei Romani era
guidato dalla famiglia Barca di cui faceva parte Annibale e suo fratello Asdrubale. Questi decisero di
puntare alla conquista della penisola iberica, obbiettivo anche romano
Nel 219 a.C. Annibale trovò un pretesto e dichiarò guerra a Sagunto, città amica di Roma.
Roma in base a un trattato siglato con la città fu costretta a scendere in campo: iniziava così la seconda
guerra punica.

I cartaginesi Non disponevano delle false sufficienti per distruggere Roma così adottarono una strategia
militare del tutto attraversarono anche con l'aiuto di elefanti i Pirenei e le Alpi, cosa che disorientò i
Romani: il generale Publio Cornelio Scipione fu battuto nel 218 a.C. sui fiumi Ticino e Trebbia.
Nel 217 a.C. Annibale continuò la sua avanzata sconfiggendo l'esercito del generale Gaio Flaminio in Italia
centrale, presso il lago Trasimeno.

Successivamente Annibale si diresse in Puglia dove sconfisse i Romani nel 216 a.C. a Canne. Le
conseguenze di questa sconfitta furono:
 Le ribellioni dei Galli della valle padana
 Le defezioni dalla confederazione dei popoli italici guidata da Roma dei Sanniti, dei Bruzi e
dei Lucani
 L'alleanza di Annibale con il re di Macedonia Filippo V

Tuttavia la maggioranza dei popoli confederati rimase fedele a Roma permettendole di resistere e di
riorganizzarsi. Grazie alla paziente tecnica del militare Quinto Fabio Massimo, chiamato il
temporeggiatore, l'esercito romano riuscì a riconquistare lentamente e senza combattere in campo aperto le
città che Annibale aveva appena preso. Siracusa fu conquistata dai Romani nel 212, Capua nel 211 a.C.
Nel 209 a.C. Cartagena, il principale centro nemico. Nel 205 a.C. i due fratelli di Annibale entrarono in
Italia: Asdrubale fu sconfitto e ucciso nelle odierne Marche, mentre Megone tentò, senza successo, di
rianimare la rivolta dei Galli.
I Romani erano nelle condizioni di rovesciare la situazione e di portare la guerra in Africa.
Scipione, sbarcato sulle coste africane nel 204 a.C., dopo essersi alleato con Massinissa re dei Numidi, vinse
ai Campi Magni e impose una pace in base alla quale Annibale e il fratello Megone si sarebbero
dovuti ritirare dall'Italia e avrebbero dovuto rinunciare alla Spagna.
Quando Annibale tornò a Cartagine la guerra ricominciò, ma questa volta i Cartaginesi furono
definitivamente sconfitti da Scipione nel 202 a.C. a Zama.
Le condizioni di pace imposero a Cartagine di:
 Cedere i territori in Spagna e quelli in Africa che erano appartenuti ai Numidi
 Rinunciare a tutta la flotta
 Pagare un indennizzo di guerra
 Fare guerre solo con il consenso dei Romani

La terza guerra punica

Con la vittoria nella seconda guerra punica, Roma divenne la padrona del Mediterraneo occidentale da un
punto di vista politico e commerciale. Inizialmente tollerò la ripresa cartaginese, ma a Roma iniziò a
circolare l'idea che Cartagine dovesse essere distrutta per due motivi:

 L'espansione economica di Roma spingeva a eliminare ogni tipo di concorrenza


 La piccola proprietà di Roma aveva bisogno di nuovi terreni fertili da coltivare

Nel 151 a.C. Massinissa, re di Numidia, provocò Cartagine che fu costretta a dichiarargli guerra. Il trattato
con Roma fu violato, ma i Cartaginesi pur di evitare lo scontro, cedettero a tutte le richieste romane. Non
poterono accettare solo l’ordine di abbandonare la città per fondarne una nuova più lontana dal mare.
Dopo una resistenza iniziata nel 149 a.C., il generale Scipione Emiliano espugnò nel 146 a.C. Cartagine. La
città fu distrutta e i cittadini uccisi o resi schiavi. Quasi tutto il territorio cartaginese fu trasformato nella
provincia romana d'Africa.

8 LE GUERRE MACEDONICHE

La vittoria nella seconda guerra punica lasciava la classe dirigente romana difficili problemi da risolvere
L'Italia, in particolare i contadini e gli alleati italici erano in fermento. La risposta che la classe dirigente
romana diede a questi problemi fu ancora una volta la guerra.

L'imperialismo cioè la tendenza a espandersi con le armi era dunque una strada che Roma aveva ormai
imboccato con decisione. Sconfitta cartagine infatti la macchina da guerra romana si rimise subito in moto in
tre direzioni: a nord verso l'Italia settentrionale, a ovest verso la Spagna ma soprattutto a est verso il mondo
ellenistico.
La terza grande direzione dell'espansione romana fu verso Oriente dove fiorivano i regni ellenistici sorti
dalla disgregazione dell'impero di Alessandro Magno. Noti per la grande vitalità economica e culturale ma
anche per una notevole instabilità politica vhe caratterizzava questi Stati. In particolare la Grecia era ancora
un'insieme di poleis indipendenti in conflitto fra loro e con il potente Regno di Macedonia.

Per scontrarsi con i greci i romani sapevano che non bastava la forza militare ma erano necessari strumenti
politici e culturali che a Roma ancora non possedeva. Ma decisero comunque di provare.

Occorreva un pretesto per riprendere le ostilità contro il re di Macedonia Filippo V con il quale i romani
come sappiamo si erano già scontrati durante la seconda guerra punica (prima guerra macedonica durò dal
205 al 215 a.C.) L'occasione venne quando Filippo V cercó di limitare l'autonomia delle città greche, mosse
in loro soccorso il console di Tito Quinzio Flaminino. La seconda guerra macedonica iniziò nel 200 a.C. e
si concluse con la sconfitta di Filippo nel 197. Flaminino si presentò come il liberatore della Grecia.

Di fatto però con questa vittoria a Roma si sostituì alla Macedonia nella tutela delle città greche con una
forma di dominio indiretto.

Il re seleucide Antioco III volendo approfittare del vuoto di potere creato dalla sconfitta dalla Macedonia
entrò in Grecia. I romani ergendosi nuovamente a difensori delle polis intervennero sconfiggendoli alle
Termopoli nel 191 a.C. La pace di Apamea 188 a.C. punì duramente Antioco che dovette pagare una
pesante ammenda e subire l'affondamento della propria flotta.

Le crescenti ingerenze di Roma in Grecia provocarono però l'insofferenza di molte poleis. Sfruttando questi
sentimenti il nuovo re di Macedonia Perseo figlio di Filippo riprese le ostilità contro Roma.

La terza guerra macedonica scoppiata nel 171 a.C. si concluse nel 168 a.C. con la netta vittoria del
console Lucio Emilio Paolo il cui padre era stato sconfitto a Canne.

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