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Secondo la leggenda, Roma sarebbe stata fondata il 21 aprile del 753 a.C. da Romolo e Remo,
discendenti del mitico Enea che, scampato alla distruzione di Troia, era approdato nel Lazio
seguendo il comando divino di dare vita a una nuova, grande città.
Perciò, secondo la leggenda, Romolo, salito sul colle Palatino, decise di fondare Roma.
La posizione era particolarmente favorevole dal punto di vista economico. Anzitutto, la foce del
Tevere costituiva uno dei pochissimi centri di estrazione del sale presenti nella penisola. Da qui
partiva la cosiddetta “via del sale”, che portava nelle regioni appenniniche interne la preziosa
sostanza, fondamentale per al preparazione e la conservazione degli alimenti. lI fiume, infatti, era
navigabile e si era formato un vero e proprio porto, abbastanza vicino al mare ma ben protetto dalle
incursioni di pirati e predatori.
L’ETà MONARCHICA
ROMOLO: A Romolo, leggendario fondatore della città, viene attribuita l'originaria fusione di
romani e sabini e il primo tentativo di fissare precisi ordinamenti sociali e politici. A lui risalirebbe
anche la fondazione del Senato (da senex, "vecchio"), l'assemblea dei capi delle famiglie nobili.
NUMA POMPILIO: avrebbe gettato le basi dell'ordinamento religioso romano, creando un insieme
di divinità comuni per i vari gruppi che avevano dato vita ai primi insediamenti.
TULLO OSTILIO: A lui si deve una fase di rafforzamento dei confini e di espansione territoriale,
tramite la guerra vittoriosa controAlba Longa, la cui popolazione venne poi trasferita a Roma.
ANCO MARCIO: portò Roma ad affacciarsi direttamente sul mare, conquistando la zona
dell'attuale città di Ostia, porta di ingresso ai traffici commerciali sul Tirreno. È probabile che in
questa fase sia stato costruito il ponte Sublicio, il primo ponte stabile sul Tevere.
TARQUINIO PRISCO: Con Tarquinio Prisco iniziò il periodo delle opere pubbliche - bonifiche,
creazione del Foro (cioè della piazza del mercato), costruzione del primo sistema fognario, con la
Cloaca massima - e all'organizzazione politica della città.
SERVIO TULLIO: al quale si fa risalire la costruzione di una cinta di mura, dette appunto
"serviane".
LA SOCIETà ROMANA
Le strutture portanti della società nella Roma arcaica erano la familia e la gens. La familia era il
nucleo sociale più piccolo, che comprendeva tutti coloro che erano soggetti all'autorità del maschio
più anziano, il pater familias, vale a dire la moglie, i figli, i nipoti e anche gli schiavi. Si trattava
dunque di una famiglia patriarcale, fondata sul dominio del componente maschile: le donne, al
momento del matrimonio, passavano sotto l'autorità del pater familias, cioè del marito. Tale autorità
era pressoché assoluta, e si esercitava non solo sule persone ma anche sui beni. Il pater familias
amministrava tutte le questioni inerenti al gruppo familiare, a cominciare dal fatto che, alla nascita
di un figlio, poteva decidere se riconoscerlo o abbandonarlo; stabiliva l'impiego del patrimonio di
famiglia; decideva chi si dovesse sposare, e con chi; assegnava ai figli i beni di cui potevano
disporre; pare che, almeno nella fase più arcaica, avesse persino potere di vita e di morte sui
membri della sua famiglia. Si trattava di rapporti familiari caratterizzati da un fortissimo
autoritarismo, che tuttavia romani consideravano una virtù fondamentale per la compattezza e la
coesione della società.
La gens (al plurale, gentes) era costituita da un gruppo di più famiglie che discendevano (o
ritenevano di discendere) da antenati comuni, portavano lo stesso nome (gens Iulia, gens Claudia e
così via), osservavano culti particolari e celebravano feste e cerimonie in comune. Tutti i suoi
membri, i gentili, avevano obblighi di aiuto reciproco. Non esisteva un "capo" della gens, ma erano
i pater familias a prendere deliberazioni vincolanti per tuti. Nell'età monarchica e nei primi secoli
della repubblica i membri della gens condividevano anche il possesso di pascoli e terreni, poiché la
terra era di proprietà comune. Facevano parte della gens anche i clienti (clientes), persone di
condizione libera (quindi non schiavi) che godevano della protezione di uno dei membri della gens,
detto patrono. In cambio, i clienti gli assicuravano fedeltà e servigi di ordine economico (come il
lavoro nei campi) e militare: i clienti costituivano infatti la forza militare che la gens impiegava
nelle razzie o nelle guerre.
- Patrizi e plebei
L'insieme dei cittadini romani costituiva il popolo romano. Di esso facevano parte sia gli individui
appartenenti a una gens, sia quelli che ne erano privi. Questo ci conduce a una distinzione sociale di
grande importanza nella società romana: quella fra patrizi (da patres, "padri") e plebei (da plebs,
"moltitudine"). Con li primo termine si indicava l'aristocrazia romana, cioè gli appartenenti alle
gentes più antiche “quelli che avevano un cognome famoso”. Era il gruppo sociale che deteneva li
potere politico e monopolizzava le funzioni statali: solo i patrizi potevano far parte del Senato,
comandare l'esercito, celebrare iriti religiosi.
I plebei costituivano un gruppo sociale molto eterogeneo:ne facevano parte contadini,
commercianti, artigiani; spesso erano poveri, ma non mancavano fra loro i benestanti. Ciò che li
accomunava era il fatto di essere esclusi dai diritti politici e dal governo della città.
L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE
Roma si guardò bene dal far entrare a forza le città e i popoli vinti nello stato romano, cosa che
l'avrebbe costretta ad esercitare un controllo diretto estremamente oneroso. Essa diede vita, invece,
ad un sistema flessibile di rapporti basato su un principio fondamentale: ottenere il consenso dei
potenti delle diverse città, facendo comprendere loro che esse avevano tutto l'interesse a
"comportarsi bene", cioè a restare fedeli ai vincitori, non solo per evitare dure punizioni, ma anche
per partecipare con profitto ai successi di Roma.
L'Italia romana non era dunque organizzata in modo unitario, ma secondo tre tipologie principali:
. i municipi;
. le città alleate o federate;
. le colonie, distinte in romane e latine.