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PERIODI DELLA STORIA DEL DIRITTO PUBBLICO Germanico-Bizantino: 476-774 (caduta Regno Longobardo): cambiamenti: - muta la concezione di Stato,

non pi unico soggetto titolare della sovranit, ma tutti i liberi possono partecipare alle assemblee per eleggerlo allinterno delle assemblee popolari, e allo stesso legiferare, decidere la guerra e amministrare il massimo grado di giustizia. - Si attenua il concetto di Stato: no sistema giudiziario, tributario: lunica cosa che conta essere in grado di portare le armi - Nasce il concetto di nazionalit, non pi popoli diversi uniti sotto linsegna dellImpero, ma ogni popolo si separa affermando la propria personalit nazionale - Consacrazione del Cristianesimo, che gi era stato riconosciuto da Costantino del 333 come unica religione ufficiale dello Stato: i Germani erano quasi tutti Cristiani, per lo pi Ariani Periodo Carolingio-Feudale: 774-1183 (Pace di Costanza) - periodo caratterizzato dalla ricostruzione dellImpero Romano dOccidente, che per Sacro, per via della consacrazione riconosciuta dal Papa allImperatore e del ruolo di questultimo come protettore della Chiesa. Prima i Carolingi, poi gli Ottoni e altri sino al 1806. - Periodo da ricordare per la nascita del feudalesimo (tra VIII e X secolo) e per laccrescimento del potere dei feudatari rispetto al potere centrale - Da ricordare anche la crescente rilevanza della Chiesa anche nellorganizzazione sociale e nella gestione del potere, con il clero e i suoi rappresentanti, vescovi su tutti, che possedevano immensi beni. Periodo dei comuni e delle Signorie: 1183-1530 (Caduta della Repubblica di Firenze) - da quando con la pace di Costanza viene sancita la vittoria dei comuni ai danni dellImperatore Federico Barbarossa e il raggiungimento della autonomia amministrativa e legislativa. - Comune medievale: come un piccolo stato che vive autonomamente allinterno dellImpero, il quale non esercita praticamente pi il proprio potere, almeno in Italia; ha un territorio determinato, propria legislazione, propria amministrazione della giustizia. - Ha il merito di far cessare i privilegi feudali. C la fine della servit della gleba, schiavi e aldioni sottomessi ai proprietari terrieri - La sovranit ritorna al popolo. Assemblee cittadine che esercitano tutte le funzioni sovrane. Grande importanza delle corporazioni delle arti e dei mestieri. - Ad un certo punto le famiglie pi illustri riescono ad imporsi sulla massa, dapprima solo di fatto, poi anche di diritto grazie alle investiture ricevute dallImperatore: nascono cos le Signorie (Visconti e Sforza a Milano, Scaligeri a Verona, de Medici a Firenze, Gonzaga a Mantova, Estensi a Ferrara. - In alcune zone, come lo stato Pontificio o i Regni di Sicilia e di Napoli, rimase, invece, un unico sovrano, teoricamente sottomesso allImperatore, ma praticamente autonomo. In questi stati il potere era amministrato con la collaborazione di assemblee di ecclesiastici e nobili, i parlamenti medievali, generali o provinciali, che rispecchiavano una societ divisa in ordini privilegiati. Periodo degli stati autocratici: 1530-1735 (Pace di Vienna) - cadono tutti i comuni autonomi e sulle loro rovine nascono stati autocratici che riescono a garantire la pace e la stabilit di cui sempre pi si sentiva la necessit. Si afferma il concetto di Stato che gestisce lamministrazione pubblica, limita i poteri degli ecclesiastici, costituisce milizie stanziali Periodo degli Stati Moderni: 1735-1861 (Proclamazione del Regno dItalia) - numerosi sovrani italiani impongono la propria sovranit e limitano in maniera drastica le autonomia dei comuni e delle corporazioni. Crollano, soprattutto in seguito alla Rivoluzione Francese, tutti i privilegi che si erano costituiti durante il periodo Medievale.

ITALIA ALLA CADUTA DELLIMPERO DOCCIDENTE 476, data convenzionale, perch vero che Odoacre destituisce Romolo Augustolo, e impedisce che ci sia un nuovo imperatore dOccidente, ma altrettanto vero che non ci furono cambiamenti radicali nella condizione dellItalia e delle istituzioni romane. La crisi era in atto da qualche decennio, e i veri capi erano i capi dellesercito, ossia dei Germani assoldati. Un mutamento istituzionale si ebbe solo con lavvento dei Longobardi nel 568. Nel basso Impero si ha una condizione drammatica dellagricoltura, perch, cessate le conquiste, si interrompe la crescita del numero di schiavi che lavoravano la terra. Con gli agri deserti lImperatore decide di introdurre la servit della gleba, ossia lobbligo per i contadini, e i propri discendenti, di coltivare sempre lo stesso appezzamento, e il dovere di sottostare alla volont dei padroni. Si ebbero scarsit di approvvigionamenti e di popolazione, con conseguente diminuzione potere economico e militare dello stato. Si inizi ad assoldare schiavi e barbari nellesercito, con questi ultimi che aumentavano sempre pi la loro influenza: dapprima erano stanziati al di fuori dei confini dellImpero, poi ottennero addirittura delle province interne allImpero (federati, che dovevano fare da cuscinetto tra i territori dellImpero e le pressioni esterne). Alla fine del V secolo i barbari erano contemporaneamente alleati e nemici dellImpero. Amministrazione dItalia alla caduta dellImpero dOccidente Il diritto romano era stato esteso a tutti i territori conquistati, non cera personalit del diritto, ma diritto unico. Dopo la Costituzione di Caracolla del 212 che riconosceva a tutti lo status di cittadino dellImpero il territorio era stato organizzato capillarmente. Periodo di Diocleziano: lImperatore ha assunto tutti i poteri del Senato, del quale fanno parte solo membri di famiglie patrizie. In pi la carica di Imperatore diviene sempre pi ereditaria grazie al fatto che lImperatore veniva nominato dallesercito e non dal Senato, e grazie alle cooptazioni con cui un Imperatore presentava un proprio parente come erede. Nel V secolo esistono ancora i consoli, non pi eletti dal senato, ma dallImperatore, uno per lOriente e uno per lOccidente, e ormai privati di ogni potere. Sacra Comitiva imperiale: insieme di funzionari e cortigiani che aiutavano limperatore nella gestione del potere. Sacra per via del carattere sacrale che limperatore assunse con il Cristianesimo unica religione di Stato. Ogni membro ha compiti ben precisi, quello che fa uno non fa un altro. Nascono gli uffici, ognuno con una competenza specifica. Magister officiorum: colui che stava a capo della comitiva, della corte. Praefectus sacri cubicoli: colui che regolava tutto ci che era inerente alla persona del sovrano. Giureconsulti: aiutanti per lamministrazione del supremo esercizio giudiziario, che formavano il consitorium. I comites amministravano le finanze, divisi tra chi gestiva le finanze (comes sacrarum largitionum), chi il demanio (comes rerum privatorum) e chi i beni della corte imperiale (comes sacri palatii). Vi erano imposte sulla base dellampiezza e della fertilit dei fondi (riportate in catasti) captatio terrena- e altre sulla base del numero di schiavi captatio humana-, e altre ancora sul commercio. Ordinamento dellesercito: truppe mobili che vengono spostate in base alle necessit (milites praesentiali) e truppe stanziali poste ai confini (milites limatinei), che venivano ripagati con terre che potevano trasmettere ai figli in modo che anche questi divenissero soldati. Due grandi capi dellesercito: magister equituum, per la cavalleria, e magister peditum, per la fanteria., che potevano essere svolte da un unico soggetto, il magister utriusque militiate. Governo delle province: prefetto del pretorio che era, in Italia, il principale magistrato. Originariamente cerano 4 prefetti del pretorio (oriente, Illirico, Italia e uno per le Gallie), ma questultimo cess ben prima del 476. il pdp presiedeva alla amministrazione della giustizia, alle finanze, alla viabilit, al commercio e sorvegliava i governatori delle province. LItalia era divisa in 2 diocesi: una dipendente dal praefetctus urbis, che comprendeva i territori del sud fino a Firenze, e laltra dipendente dal vicarius Italiae, residente a Milano. Le diocesi erano divise in province, e le province (simili alle nostre attuali regioni), in citt o municipi, questi ultimi governati dalle curie municipali composte dai proprietari.

Sempre maggior importanza del Papa e dei Vescovi, per via del vuoto di potere che Imperatori poco abili crearono: il Vescovo diviene rappresentante e tutore della cittadinanza, tanto che molti preferivano far decidere le proprie controversie da lui, nella sua audientia, anzich dal tribunale pubblico. Nelle campagne ci sono contadini schiavi e altri liberi, o parzialmente liberi, come i coloni, che sono glebae adscripti, ossia costretti a lavorare sempre lo stesso campo e impossibilitati di abbandonarlo. I terreni agricoli erano per lo pi organizzati in fundi, con a capo la villa del padrone, con stalle, granai, frantoi. In Italia meridionale i territori legati ad una singola villa erano molto pi vasti, dando vita ai latifundi. GERMANI Alle origini erano per lo pi nomadi, poco dediti allagricoltura e molto impegnati nella guerra per poter conquistare le risorse necessarie per il loro sostentamento. Erano gruppi separati, che agivano per lo pi singolarmente, almeno fino a quando non sentissero una minaccia imminente che li costringesse a nominare un Re, o duce, e a combattere insieme, per poi nuovamente separarsi. Grande importanza degli aggregati gentilizi, quindi non solo della famiglia, ma anche degli aggregati pi ampi, le fare (simili alle gentes romane), che riuniscono i discendenti di un progenitore comune, e che avevano labitudine di spostarsi da luogo a luogo. Le Fare costituivano delle sorte di piccoli villaggi autonomi, e svolsero un ruolo fondamentale nel processo di insediamento dei Longobardi. Fara: costituita da famiglie unite dallagnazione. La famiglia nasce con il matrimonio, e comprende anche i semi liberi e i servi oltre a genitori, figli e fratelli. Il padre famiglia ha poteri diversi a seconda che si tratti di servo, moglie, figli, semi liberi o figli incapaci di combattere. Sui servi esercita la propriet, sulla moglie e sui semi liberi ha un potere per lo pi economico, sui figli non ancora in grado di impugnare le armi esercita una sorta di patria potestas, che, per, non si protrae fino alla sua morte o allemancipazione dei figli come nel diritto romano, ma cessa quando il figlio diventa abile a combattere. Commercio limitatissimo. Le terre erano ridistribuite ogni anno a seconda del numero di membri e della dignatio, in modo che non ci si potesse affezionare ad un terreno. No diritti reali, maggiore rilievo del possesso e del godimento. Il regno di Odoacre (476 d.C.) La crisi dellImpero era generale, da Oriente ad Occidente, solo che nel primo caso cerano ancora abbastanza uomini per difendere i territori. LOccidente inizi il suo declino con la sconfitta subita da parte dei Vandali in Africa e la conseguente perdita di parte della flotta e della Sicilia. A questa si aggiunsero le due spedizioni di Attila, di cui la seconda, vittoriosa, port al sempre pi diffuso potere di generali barbari sullItalia. Quando Oreste, capo della guardia imperiale, depose limperatore e fece nominare proprio figlio Romolo Augustolo insorse una gravissima questione tra Oreste e le truppe barbariche, che pretendevano di ottenere i territori nei quali erano stanziati, e il cui movimento era capeggiato da Odoacre il quale, grazie a un nutrito numero di Eruli espugn Oreste a Pavia e poi la capitale Ravenna, imponendo al Senato di inviare le insegne dellImpero dOccidente allImperatore dOriente Zenone, affinch ci fosse un solo imperatore. Zenone fu costretto a nominare Odoacre capo del Governo dItalia, e quindi suo sottomesso, e allo stesso tempo le truppe lo nominarono Re dei soldati barbarici. Odoacre fu molto poco influenzato dal fatto di essere rappresentante imperiale. Lesercito interamente composto da barbari, e diviene una pratica consuetudinaria quella del salgamum, ossia lesigere da parte dei soldati, poco pagati, una parte dei frutti prodotti nei territori di un proprietario. Pratica ritenuta abusiva in periodo imperiale e divenuta fatto normale. Non il territorio che conta, ma il gruppo etnico cui si fa riferimento, con gli Eruli si ha la personalit del diritto: ognuno segue il diritto del proprio popolo (viene meno il concetto di territorialit del diritto). Il suo fu un regno romano-barbarico perch non smantell quanto preesisteva, e anzi, fece s che antico e nuovo coesistessero.

Parallelamente la Chiesa inizia ad assumere un ruolo sempre pi fondamentale, istituzionale: si organizza in un ordinamento molto simile a quello dellImpero, con a capo il Vescovo di Roma, che, per, ancora considerato come primis inter pares rispetto ad altri Vescovi. Episcopi a capo delle diocesi sparse per tutto il territorio. I Vescovi con le audientiae amministravano la giustizia, soprattutto dopo che Giustiniano ne riconobbe la validit. Il regno degli Ostrogoti Zenone si accord con il capo degli Goti, il Re Teodorico, affinch scacciasse dallItalia gli Eruli di Odoacre. Odoacre perse due battaglie e si rifugi a Ravenna, che era molto ben difesa. Allora Teodorico giunse a patti con Odoacre, in modo che entrambi potessero esercitare il loro potere, separatamente sulle 2 popolazioni, insieme sullItalia, ma alla fine Teodorico fece uccidere Odoacre. C uno stretto rapporto tra Re ed Imperatore. I Goti riconoscono ai romani la personalit del diritto, ma un ruolo sociale inferiore al loro. Nel caso di problemi di giustizia tra Goti interviene il Comes Gotos, nel caso di problemi tra romani interviene lepiscopalis audientia del Vescovo. Per, per lo pi, i barbari furono Ariani, tranne i Franchi che, proprio per questo motivo, furono in stretti rapporti con la Chiesa. Contrasti tra romani, che coltivavano anche per i Goti, e Goti stessi, che erano i detentori della forza militare. Nonostante fosse stato perseguito un piano di hospitalitas, ci sono scontri. Da ricordare il fatto che, con il tempo, vengono messe per iscritto le consuetudini tipiche di un gruppo: cos nacquero la lex Visigotorum, la lex Burgundiorum e altre. Giustiniano invia due spedizioni per riconquistare lItalia. DOMINAZIONE BIZANTINA Giustiniano riusc a riconquistare la diocesi italiana e quella Illirica, ma non quella Gallica e la Spagnola. Il rinato impero dOccidente era, per, molto pi greco di quanto non fosse stato in passato, perch ad esso Giustiniano estese tutto il diritto dellImpero Romano dOriente (553 Pragmatica Sanctio su richiesta del Papa pro petitio Vigilii), ossia il Codex ( raccolta di frammenti di leggi pi importanti, dalla Legge delle XII Tavole agli editti imperiali passando per i senatoconsulti), il Digesto (o Pandectae, raccolta delle opinioni dei giuristi del passato, che Giustiniano raccolse e modific secondo le esigenze del suo tempo e in modo che fossero concordi. Raccolta di iurisdictio), le Istituzioni ( definizioni principali del diritto in modo da spiegarlo ai giovani) e le Novellae constitutionis, che insieme formavano il Corpus Iuris Civilis, composto tra il 530 e il 553. Se in un primo momento potere civile e militare riuscirono ad essere separati, con laumento della pressione esterna il potere fu per lo pi concentrato nelle mani del capo militare. Allinizio troviamo dunque appaiati lesarca (capo militare) e il prefetto del pretorio, il primo con compiti militari e di controllo del prefetto, il secondo con funzioni per lo pi legate alla raccolta dei tributi e allamministrazione della giustizia (infatti era il giudice supremo di tutte le controversie). Con il passaggio dei pieni poteri allesarca la funzione giuridica venne delegata ad un suo ministro, il consiliarius. Il Senato svolgeva sempre pi una funzione meramente rappresentativa, avendo perso quasi del tutto la funzione legislativa e di controllo. Roma era sempre pi tagliata fuori a favore di Ravenna. I TERRITORI BIZANTINI IN SEGUITO ALLINVASIONE LONGOBARDA Nel 568 i Longobardi entrarono prepotentemente in Italia, spinti dallavanzata di altre popolazioni barbariche, riuscendo ad impossessarsi di gran parte dellItalia centro-settentrionale, meno la zona di Ravenna, la zona costiera della Liguria, le Marche, un corridoio tra Ravenna e Roma (comprendente le due citt) e tutto il sud fatta eccezione per Benevento. Laddove i Longobardi non presero il potere, i Romani continuarono ad organizzarsi come prima, affidando o meno il potere civile al capo militare in base al rischio di attacco. In pi si assiste a un fenomeno in base al quale, a partire dalla Pragmatica Sanctio, le cariche pubbliche tendono ad essere rese ereditarie, in quanto costituite per elezione dei grandi della provincia. In generale le province italiane erano governate

dai duchi, duces, che ha il potere sulle forze militari e hanno il potere sui tribuni, che a loro volta hanno il controllo delle citt minori. Il diritto era quello Giustinianeo, mentre nel resto dellOccidente continu ad essere in vigore il Codex Teodosianus del 428 ca. e con esso il principio della personalit del diritto. Lentamente, per, i Longobardi si impossessarono di gran parte dei territori rimanenti, fatta eccezione per Roma, Venezia, Napoli, Gaeta e la Sardegna. Il Regno Longobardo cade, sotto lavanzata dei Franchi, nel 774, e i bizantini ne approfittano per riconquistare alcune zone del sud Italia, dovendo per abbandonare la Sicilia alloccupazione musulmana. I nuovi territori vennero riformati dal punto di vista amministrativo: vennero creati 2 temi, compartimenti pi piccoli delle antiche province, il tema di Longobardia, con capitale Bari, e il tema di Calabria, con capitale Reggio, comandati da 2 diversi strateghi. I temi svolsero un importante ruolo di controllo: il primo doveva controllare il Re Franco e i Longobardi di Benevento, il secondo invece la Sicilia e gli Arabi che ne erano a capo. Ogni tema era suddiviso in turmae, delle divisioni militari. Limmagine di un impero che sta rinascendo data dal fatto che, intorno al 1000, lImperatore dOriente istitu la figura del Catapano dItalia, dal quale fece dipendere sia lo stratega longobardo sia quello calabro. I bizantini non avevano quindi rinunciato alla riconquista dellItalia, ma dovettero arrendersi nel 1131 sotto lavanzata dei Normanni, che li cacciarono dalla Puglia e dalla Calabria ed entrarono anche nella musulmana Sicilia. La lotta iconoclasta Chiesa e Impero si trovarono spesso in attrito tra loro nei primi secoli del I millennio, per lo pi perch lImperatore voleva ingerirsi nelle cose spirituali. In compenso, per, la Chiesa si occup sempre pi di problemi della popolazione, e si schier in difesa di chi era minacciato dai Longobardi. Lelezione del Pontefice era per sottoposta al controllo imperiale. Ad un certo momento, per, larmonia si ruppe definitivamente per colpa del crescente influsso che, in Oriente, veniva esercitato dai monaci sopra la popolazione, soprattutto grazie alle ricchezze ottenute con la produzione di immagini sacre arricchite da pietre preziose, le icone. LImperatore Leone III, per porre fine a questo processo, proib il culto delle immagini, espropri numerosi beni ecclesiastici e ordin la distruzione di tutte le immagini. Ovviamente questi ordini sarebbero dovuti essere eseguiti anche in Italia, ma lesarca si trov di fronte la dura resistenza del popolo, favorita dalla presenza del Papa a Roma, il quale dichiar eretica liconoclastia e tutti coloro che ne prendessero parte; il papato entrava in netta collisione con limperatore. A Roma rimaneva un duce, ma questo non prendeva pi ordini dallImperatore, ma bens dal Papa, il quale divenne leffettivo sovrano di Roma, come gli fu solennemente riconosciuto da Pipino il Breve nel 750. Emblema di questo acquisto del potere temporale da parte del Pontefice fu la famosa donazione di Costantino, redatta in greco e latino, nella quale sarebbe stata contenuta la dichiarazione dellImperatore che, essendo guarito dalla lebbra grazie alla fede cristiana, riconosceva al Pontefice tutti gli onori dellImperatore e decideva di ritirarsi in Oriente, per non contrastare con il potere del Vicario di Dio. Ritenuta valida, la donazione si rivel un falso grazie agli studi di Lorenzo Valla nel XV secolo. I LONGOBARDI IN ITALIA Nel 568 inizi la conquista, non la pacifica occupazione come era avvenuto con i Goti, dellItalia settentrionale da parte dei Longobardi, la quale port radicali mutamenti della storia politica e giuridica dellItalia. I Longobardi, a differenza dei Goti e degli Eruli, crearono uno stato autonomo, non riconoscendo la sovranit dellImperatore e, soprattutto, non mantennero, come fatto dai precedenti occupanti, il diritto romano e le sue istituzioni. Sotto la guida di Alboino (il re veniva eletto dallassemblea solo per il periodo della spedizione militare in modo da razionalizzare lo sforzo bellico delle fare), i Longobardi entrarono da nord est e avanzarono conquistando tutto ci che non riusc ad opporre una forte resistenza (come Padova, Piacenza, Genova) arrivando fino a Milano, il che rese Alboino signore dellItalia settentrionale. In seguito anche il centro e il

meridione caddero, fatte pochissime eccezioni, in mano ai Longobardi (grazie ad Autari, Agilulfo, Rotari). Allinizio i Longobardi erano organizzati come tutti gli altri popoli germanici: nomadi, con il potere basato sulla forza, sulla capacit di combattere, con il controllo del capo che esercitato non su un territorio ma su un popolo. Non cera un ordinamento di diritto. Quello che contava era lesercizio della forza e il legame di sangue. Si aveva cos la vendetta familiare (la faida), che poteva essere evitata solo se la famiglia delloffensore dava alla famiglia delloffeso colui che aveva commesso il reato (responsabilit oggettiva della famiglia delloffensore, come oggi per la camorra). Alboino ebbe un regno molto breve, e subito i longobardi sentirono lesigenza di tornare al modello del Governo dei duchi, luno indipendente dagli altri, e si crearono pi di 30 ducati autonomi, e conseguentemente ci furono 10 anni di grande confusione (interregno). Per resistere alle minacce longobarde era allora necessario tornare alla forma monarchica (584), che rimase fino alla caduta del Regno (774). In 10 anni i longobardi si trasformano in un popolo legato al territorio. A capo cera il Re che riceveva ancora il suo potere dallassemblea ma che diveniva una figura stabile, al quale ogni duca (10 in tutto) doveva donare delle terre del proprio ducato, in modo che avesse un controllo globale, e che erano gestite dal gastaldo, un funzionario del re. Lassemblea del regno longobardo, lexercitus, si riunisce a Padova, elegge il Re, approva le leggi e ha funzione consultiva. Questa era originariamente composta da tutti gli arimanni, ossia da tutti gli uomini liberi capaci di combattere; le donne, i bambini e i vecchi non cintavano nulla. Lentamente, per, lassemblea di arimanni si trasforma in assemblea di notabili, relegando il popolo ad una funzione meramente passiva. Questo per via delle dimensioni del Regno, sempre pi grande, che rendevano difficile accorrere una volta allanno a Pavia. Aveva funzioni legislative, giudiziarie, consultive e nominava il Re. Il re era eletto ma scelto fra i membri delle famiglie pi eccelse, ma non , come per gli altri popoli germanici, sovrano di un popolo vagante, bens di un territorio ben definito (Rex Italiae) Il Regno rimase, tranne che per un brevissimo periodo in cui fu diviso tra due fratelli, unitario (lo stato non appare, come per i Franchi, un bene patrimoniale) I duchi, che una volta erano strettamente legati al popolo e quindi eletti da questo, vengono invece nominati dal re, legando il proprio potere al territorio che controllano. Lentamente, per, tendono a rendere la propria carica ereditaria e a staccarsi dalla volont del re. Il duca supremo capo politico e militare del proprio ducato. Nellesercito era a capo dei soldati che lui stesso forniva. una figura a met strada tra lantico capo germanico (per lindipendenza dal re) e il dux limitis dellesercito romano (per il potere sugli arimanni). Il gastaldo un funzionario del re che ha il controllo, politico e militare, delle terre che il re ha allinterno di ogni ducato: queste derivano dalla donazione che ogni duca fece al primo re longobardo dopo linterregno, Autari, dalle confische e dalle conquiste ottenute dal solo esercito del re senza laiuto delle milizie ducali. Il gastaldo amministra anche la giustizia. Il re crea intorno a s una vera e propria corte, con funzionari specializzati; alcune cariche prettamente germaniche e altre tipiche del mondo bizantino. Il pi importante era il Marpais, lo strator, che era il capo degli ufficiali di corte. Il maior domus era il responsabile degli approvvigionamenti, oltre ad altri funzionari (domesticii, ostiarii, deliziosi). A sua difesa personale cerano i comites, o fideles, in germanico gasindii, che offrivano la propria vita in cambio della protezione del re. Questi erano rinomati nel mondo germanico per la loro fedelt e il loro eroismo. Il re fa la pace e dichiara la guerra, a capo della polizia e della giustizia, ed a capo di un tribunale per cause di grande rilevanza (conflitti fra duchi..) Condizione dei romani sotto la dominazione longobarda Esistono due teorie opposte riguardo alla condizione dei romani allinterno dei territori conquistati dai longobardi. Bisogna sicuramente partire, per, dallindividuazione di tre differenti periodi cronologici: il primo, quello delle conquiste, vide un duro scontro tra le due popolazioni; in un

secondo momento, cessata la conquista, rimasero scontri dovuti alle differenze religiose; in seguito alla conversione dei Longobardi, infine, i Romani vennero sempre pi accettati allinterno del Regno, tanto che il re Astolfo divise i sudditi in proprietari e commercianti, intendendo con questultimo termine (negotiatiores), con gran probabilit, proprio i romani, i quali partecipavano attivamente anche alle pratiche militari. Per quel che riguarda le due tesi, va menzionata quella del Troya, il quale sostiene che i romani furono privati della libert e resi aldii, ossia semi-liberi, mentre contro di lui si trova lopinione di Carlo Federico de Savigny, il quale sostiene che i romani rimasero sempre liberi, salvo casi speciali, tanto da poter mantenere i loro ordini municipali. Entrambe le teorie sono soggette ad obiezioni: le prove a favore della seconda teoria appaiono infatti poco attendibili, mentre nel primo caso le prove sono suscettibili di una lettura che non dimostra lo stato di semi libert: tra queste una nella quale riportato che i romani erano costretti a dare 1/3 del prodotto ai longobardi, ma questa non appare pratica difforme rispetto al salgamum che gi da tempo era praticato dai militari nei confronti dei proprietari terrieri. In un secondo passo richiamato dal Troya si fa riferimento alla divisione dei populi adgravati, e lo studioso collega questo termine a quello di nobiles: in realt non si tratta di altri che i lavoratori della terra, che vengono divisi tra i longobardi poich vengono divise le terre a cui sono legati. Il diritto romano continuato sotto la dominazione longobarda? Il Troya giunge alla conclusione che i romani non conservarono le proprie leggi poich nessun riferimento esplicito fatto nelle leggi longobarde. Analizzando per gli atti giuridici longobardi, in particolare leditto di Rotari, si trovano elementi tipici del diritto romano, e non di meri rimasugli, ma di forze continuamente operanti (basti pensare al riferimento al diritto naturale). Si pu allora validamente ritenere che i romani abbiano conservato le proprie leggi. Quale diritto operava nelle relazioni tra romani e longobardi, e tra soli romani? In caso di controversie miste sicuramente il diritto longobardo, nel caso di discussioni tra romani difficile che unautorit longobarda si pronunciasse sulla base del diritto romano, e allora prende corpo lidea che in questo caso ci si rivolgesse al Vescovo per unepiscopalis audientia. Leditto di Rotari ebbe il compito di fissare le consuetudini del Regno Longobardo in modo da congelarle e renderle immodificabili; in questo modo possiamo conoscere i Longobardi. Tale editto venne fatto approvare dallAssemblea del popolo in armi dal re Rotari, che garant con esso il potere per il re di emanare editti, tanto da essere, per gli ultimi 100 anni del Regno, gli unici detentori del potere legislativo. Militarmente i Longobardi erano organizzati in fare, molto compatte nelle quali gli arimanni, legati dal sangue, combattevano con grande vigore. Col tempo, per, il modello dellesercito venne a mutare, tanto che alcune colonie militari longobarde vennero addirittura formate con gruppi gentilizii. I FRANCHI I franchi prima della venuta in Italia Lespansione del regno dei Franchi a tutta la Francia fu realizzata da Clodoveo, di dinastia Merovingia, il quale riusc anche a occupare la Svizzera settentrionale, che era in mano agli alemanni (496), assoggettando in questo modo numerosi Romani. In seguito si convert al cattolicesimo, il che fu fondamentale per il futuro dei Franchi: tutti gli altri popoli germanici erano, infatti, Ariani, e quindi in contrasto sia con i Romani sia con il Papato. I franchi ottennero, invece, il supporto della Chiesa nella costruzione del loro immenso regno, molto pi grande di un regno nazionale. La dinastia dei Merovingi si infiacch (re fannulloni) nellVIII secolo,e il potere venne esercitato di fatto dai maestri di palazzo, che erano due, ognuno con il potere su una parte del regno. Tra questi spicc la figura di Carlo Martello che riun le due cariche, sconfisse gli arabi a Poitiers (732) e fu assunto a Re di fatto. Fu poi suo figlio, Pipino il breve, a deporre lultimo re della dinastia Merovingia e a dare inizio a quella Carolingia sul trono del Regno Franco. Il regno franco

abbandon linfiacchimento dei maestri di palazzo merovingi, e inizi una politica di dominio che lo port allo scontro contro i Longobardi, sconfitti da Carlo Magno, definitivamente, nel 774. Ordinamento politico dei Franchi A capo c il Re, che non eletto dallassemblea e non ha poteri solo temporanei. Anzi, il trono ereditario e c una visione privatistica del concetto di sovranit, con un forte legame tra demanio pubblico e patrimonio personale del re. Per via di questo motivo il regno era diviso tra i successori, escluse le donne (legge Salica, anche se questa non ha un capitolo che riguardi il passaggio della dignit regia), proprio come se si trattasse di propriet del re, e non di qualcosa che veniva esclusivamente amministrato. Il re era circondato da una corte, sin dai tempi dei Merovingi, per molti aspetti simile alla comitiva romano-bizantina, in cui il ruolo principale era svolto dai comites palatini, ossia i fideles del re, gli amici fidati a cui il re assegna delle cariche e poteri locali sulle contee (comitati). Tra le cariche spiccava il cancellarius, divenuto poi maior domus e primo ministro al momento dellinfiacchimento della dinastia Merovingia. I Carolingi, che avevano svolto in passato il ruolo di maior domus, abolirono tale carica e costituirono i comites sacri palatii come capo supremo della corte e, soprattutto, supremo giudice. A differenza dei longobardi, i capi delle contee erano nominati dallalto, e non scelti dal basso (come per il primo periodo avveniva per i duchi). Da annoverare anche lApocrisario, supremo ministro del culto, occupato di tenere relazioni con la Chiesa. Al fianco del re si trovava lAssemblea, che aveva il compito di controllare loperato del re. Come per i Longobardi, anche i Franchi riunivano lassemblea una volta allanno, originariamente a Marzo, in seguito a Maggio, e di qui il nome campus Madii, in modo che fosse esercitato il potere legislativo, si deliberassero guerre e paci e venisse discusso dei principali problemi. Originariamente i partecipanti erano tutti gli uomini liberi in grado di combattere, ma in seguito, anche per i Franchi, lassemblea assunse caratteristiche di ristrettezza e aristocraticit. I provvedimenti legislativi erano i decreta o praecepta, emanati prevalentemente per volont del re o dellassemblea a seconda di chi avesse in quel momento pi rilevanza (nessuno dei due poteri era infatti assoluto). Elemento fondamentale del regno franco appare, allora, la vicinanza tra conti e re: il re voleva tenere vicino a s i propri uomini fidati e dava a loro il compito di controllare il territorio: allora li nominava conti, e donava loro grandi appezzamenti di terreni in cambio della loro fedelt e del controllo su di questi: nasceva cos, soprattutto con Carlo Martello e Pipino il Breve, il feudalesimo. I Franchi in Italia 774 disfatta Longobardi, per via del tradimento di molti duchi, che strinsero patti segreti con il Re dei Franchi. Carlo Magno assunse cos il titolo di Re dItalia oltre a quello di Re dei Franchi, cosa che non avvenne quando, in seguito, conquistarono i territori degli Alemanni o dei Bavari. Se in un primo momento Carlo non mut lordinamento, e mantenne uomini italiani, dopo una prima ribellione subito sedata, nomin, al posto dei duchi, conti francesi, dando vita al feudalesimo in Italia. Nella notte di Natale dell800 venne inoltre incoronato Imperatore da Papa Leone III, si ricostituiva, in questo modo, lImpero Romano. Carlo era gi da tempo Re dei Re (re del Re dei Longobardi, suo figlio Pipino, e re del Re dAquitania, suo figlio Lodovico), ma in questo modo si contrappose allImperatore dOriente e si faceva consacrare come dominatore dellOccidente, protettore della Chiesa Cattolica e benefattore del Papato. Banno e Mundiburdio regio Il re dei Franchi, poi Imperatore, aveva alcuni strumenti speciali grazie ai quali poteva garantire la stabilit del suo potere: il principale era il banno, ossia la facolt di colpire con una pena pecuniaria

chi contravvenisse ai suoi ordini: esistevano diversi tipi di banno: eribanno, contro chi non rispondeva allinvito di presentarsi allesercito o che ne turbava lordine; banno della pace, contro tutti coloro che turbassero la tranquillit dei luoghi ove si svolgevano i giudizi; banno di tutela, in modo da punire chi turbasse gli indifesi; banno a favore della Chiesa, in quanto questa era protetta dallImperatore; banno della pace del Re, per garantire la tranquillit dei luoghi strategici. Vi erano poi le lettere di mundiburdio, protezioni speciali che il re garantiva attraverso delle lettere spedite dalla sua cancelleria in modo da considerare come offensori diretti dellImperatore tutti coloro che avessero offeso il protetto. Il Re aveva poi la possibilit di attuare la ius evocationis, ossia di far decidere a un tribunale di Corte determinate cause particolarmente rilevanti: tale strumento venne sempre pi degenerando, e per questo motivo le odierne costituzioni prevedono linamovibilit dal giudice naturale. Certe persone avevano anche il diritto allo ius reclamationis, una sorta di appello nel caso si ritenessero ingiustamente colpiti da una sentenza dei duchi. Lultimo potere dellImperatore la tuitio della Chiesa, ossia il controllo e la protezione di tutto lordine ecclesiastico: se da un lato lImpero garantiva la stabilit del Papato, in quanto la visione era quella di un Impero nato per attuare in terra la citt di Dio (nei limiti delle possibilit umane), daltro canto lImperatore controllava le nomine di tutte le maggiori cariche ecclesiastiche, e in particolare quella del Papa, e aveva il compito di sorvegliare il patrimonio ecclesiastico, dovendo acconsentire ad ogni atto amministrativo. La tuitio si trasforma allora in una vera e propria ingerenza. In cambio di tutto ci Carlo Magno venne incoronato dal Papa, cos da consacrare lImpero, e i suoi deboli discendenti, che non riuscivano a legittimare il proprio potere autonomamente, poterono trovare nella consacrazione papale un ottimo strumento legittimante. Il Regno dItalia Nel 774 Carlo Magno vinse gli ultimi re longobardi e assunse il titolo di Rex Francorum et Longobardorum. In seguito ad una improvvisa ribellione, per, il titolo venne mutato in quello di Rex Italiae. In questo modo il Regno dItalia andava ad equipararsi al Regno della Francia occidentale e dellAquitania e della Francia orientale, autonomo ma con un sovrano direttamente dipendente dallImperatore. Per certi tratti abbiamo Re indipendenti, mentre in altri periodi lImperatore riveste anche la carica di Re dItalia, che poi si tramuter in attributo stabile dellImperatore a partire dal 1012. Il Regno comprendeva lItalia settentrionale fino alla Toscana e a Bologna nellEmilia Romagna. La capitale era, come al tempo dei Longobardi, Pavia, ma molto spesso il Re risiedeva a Ravenna, in particolare gli Ottoni. Era comunque a Pavia che si trovava la camera regia, ove si raccoglievano i proventi, e dove risiedevano i grandi ufficiali, come il comes sacri palatii. Amministrazione locale I duchi longobardi vengono sostituiti con i conti, i comites, i fideles del Re. Carlo Magno, infatti, introdusse in Italia lordinamento franco: a capo dei territori si trovavano, dunque, funzionari del re. Il conte riunisce il potere militare, amministrativo e giudiziario, detenendo la quasi totale giurisdizione nel suo territorio. I gastaldi sono spesso sotto la sua diretta dipendenza. Nei territori di confine, minacciati sia dal duca di Benevento, che voleva vendicare i Longobardi, dagli Arabi e dai Bizantini, il Re assegn territori pi ampli ai Mark-Graf (conte del confine), i marchesi, i quali, grazie alla maggior estensione territoriale, potevano contare su un maggior numero di soldati. Da Carlo Magno venne creata anche la figura del visconte, che sostituiva il conte il caso di sua assenza. Il collegamento tra amministrazione locale e provinciale era, come nel Regno franco, affidata ai missi dominici, gli occhi e le orecchie del re, che erano sempre in coppia, almeno fin verso la fine della dinastia Carolingia, quando la carica, invece di essere attribuita dallImperatore di volta in volta a conti o marchesi, venne stabilmente assegnata da Carlo il Calvo ai vescovi. In questo modo i

vescovi erano gerarchicamente superiori ai conti e ai marchesi, perch ne controllavano loperato. A volte nelle citt troviamo dei giudici locali, gli iudices civitatis, che aiutavano il conte nellamministrazione della giustizia. IL FEUDALISMO Nuovo assestamento sociale che ebbe grandissima importanza per i destini dellEuropa Occidentale, a partire dal IX secolo fino alla fine del XVIII, se non oltre. La nascita del regime feudale quindi da attribuire alla dinastia Franca, e in particolare alloperato di Carlo Martello, il quale se ne serv per potersi garantire la fiducia e lapporto dei comites. Tipicamente francese, questo modello di organizzazione sociale venne introdotto anche nellItalia settentrionale, giungendo in quella meridionale solo con la conquista Normanna; da ci si capisce che, sebbene lItalia fosse propensa ad accogliere il feudalismo, senza lintervento dei conquistatori, molto probabilmente questo non sarebbe mai stato introdotto. Gli elementi del feudalismo sono prevalentemente di tre tipi: un elemento personale, ossia la commendazione, con la quale un vassallo promette fedelt al signore in cambio di protezione; un elemento reale, il beneficium, ossia la concessione a titolo gratuito, e allorigine revocabile, di terre fatte dal signore a chi era gerarchicamente inferiore; limmunit, che dapprima era solo negativa, ossia unaffrancazione delle terre dagli oneri pubblici, ma che in seguito divenne positiva, ossia fonte di privilegi per il vassallo. La commendazione Lorigine della commendazione da individuare nellintreccio di una tradizione dellultimo periodo romano e di uno tipicamente germanico. A Roma, negli ultimi tempi, data la condizione di incertezza e di perenne pericolo, nacque labitudine per i poveri e i deboli di porsi sotto la protezione dei potenti: tale fenomeno, chiamato clientela, ovviamente, non si arrest al momento delle invasioni barbariche, ma, anzi, si intensific dato il crescente rischio. Cos i dignitari, i grandi proprietari terrieri del Regno Franco, fossero Germani o Romani, avevano i loro clienti, che presero il nome di amici e che vivevano nelle case dei signori e venivano mantenuti in cambio di alcuni servigi. Legato alla tradizione Germanica era, invece,lo stretto legame di fedelt che nasceva tra il Re, o un potente, e persone, liberi o schiavi, che si legavano a lui in un vincolo di assoluta dedizione, obbligandosi a prestar qualunque servigio, il pi delle volte di tipo militare. Erano questi i vassi, nel Regno Franco, e i gasindii, nel regno longobardo e negli altri regno germanici. Ci che fece passare il rapporto da qualcosa di privato alla sfera del diritto pubblico fu lazione di reperimento di fedeli che Carlo Martello comp nel momento in cui si trov a dover scalzare la dinastia Merovingia. Si distinguono due tipi di fedeli: alcuni, i ministri, rimanevano infatti a corte, e avevano un ruolo piuttosto modesto, altri, invece, ottennero terre, specialmente ai confini, che potevano liberamente amministrare. Nasceva in questo modo la nobilt feudale, con rapporti che si andarono sempre pi infittendo mano a mano che la situazione politica si complicava. Lomaggio vassallatico si prestava ponendo le proprie mani giunte tra le mani del signore, e, specialmente ai tempi di Carlo Magno, cera anche un giuramento di fedelt da pronunciare. Lelemento personale era, allorigine del feudalismo, fondamentale. Il criterio sulla base del quale avveniva la commendazione non era meritocratico, ma la preferenza che il Re, poi lImperatore, nutrivano nei confronti di un determinato soggetto piuttosto che di un altro. Il beneficium Il beneficio, ossia la cessione di terre da parte del potente a coloro che gli stavano vicini, un istituto che affonda le sue radici nel mondo romano: i patroni erano infatti soliti ricevere da parte dei clienti delle lettere di preghiera (precaria) dalle quali veniva invitato a concedere beni. Altre

volte, invece, era il patrono che riceveva dai clienti dei beni in modo che li difendesse, per poi essere restituiti. Tale modello si estese ai franchi fino a diventare fondamentale per il loro ordinamento sociale: sebbene in origine vassallaggio e beneficium fossero due istituti separati, con il tempo tendono sempre pi a coincidere, e in particolare si ha un incremento deciso del numero di vassi beneficiari con la conquista del titolo di Re da parte di Carlo Martello: il beneficio venne allora visto come la concessione, revocabile, di beni immobili per far s che i cavalieri potessero mantenere cavalli e servi necessari per garantire la sua presenza sul campo di battaglia. Il beneficium era, sebbene precario, vicino alle concessioni di terre che venivano fatte ai milites limitanei, in quanto in entrambi i casi si tratta di una sostituzione dello stipendio. Concedere il beneficio si tramut in una sorta di obbligo per il Re, tanto che Carlo Martello dovette addirittura assegnare territori appartenenti alla Chiesa, che erano stati donati dai Merovingi, dando vita alla secolarizzazione dei beni ecclesiastici. Le immunit Listituto dellimmunit risale, anchesso, al periodo romano, quando alcuni soggetti erano esentati dallobbligo tributario. Nel Regno Franco grande importanza ebbero limmunit dei beni ecclesiastici e della res privata imperiale. Dapprima tali immunit erano solo negative, impedendo che qualcuno facesse, ma ben presto si trasformarono in positive, in quanto lasciavano la possibilit di eseguire tali azioni esclusivamente al proprietario del fondo. Sono da ricordare, tra tutte, lintroitus (divieto per i funzionari regi o imperiali di entrare nei beni dellente privilegiato); lexactio (fare esazioni) e la districtio (possibilit per i pubblici ufficiali di esercitare atti di esecuzione di sentenze o costringere a presentarsi in giudizio). Solo i signori privilegiati potevano, allora, riscuotere i tributi e rendere giustizia sostituendosi agli ufficiali regi o imperiali. Se si pensa, poi, che la maggioranza dei territori dati n beneficio ai vassi provenivano dal patrimonio personale dellImperatore, o ancor pi frequentemente, dai beni della chiesa, si capisce quale fu limportanza delle immunit nellordinamento feudale. Sulla terra immune si esercita il potere del signore titolare. Diffusione del feudo e mutamento del suo carattere La concezione patrimoniale del potere tipica del Regno Franco e la frammentazione della sovranit, avvenuta proprio a causa del primo elemento, furono in grado di assegnare al ruolo del feudatario unimportanza molto pi ampia di quella che, altrimenti, avrebbe ricoperto. Le lotte tra i discendenti di Carlo Magno per ottenere il potere, portarono infatti alla lotta per potersi accaparrare pi fedeli possibili, e quindi alle conseguenti grandi cessioni di terre: in questo modo ogni feudatario diventa un piccolo sovrano che riconosce sempre meno lautorit centrale, concepisce il vincolo come un contratto con diritti e obblighi ben precisi e tende a rendere il proprio potere ereditario. Introduzione del feudo in Italia Bisogna ricordare che il modello vassallatico non fu una prerogativa regia, ma che tale schema caratterizz anche lordinamento ecclesiastico. La complicazione dellordinamento feudale porta a un regime di particolarismo giuridico senza precedenti. In Italia lImperatore, Carlo Magno, ripete a favore dei suoi fideles quello che era avvenuto in Francia, secolarizzando i beni ecclesiastici come aveva gi fatto il padre Carlo Martello. La pratica franca si diffuse rapidamente anche ai territori sotto il controllo longobardo, ma con qualche differenza, come si vedr in seguito. Al fianco dei grandi vassi si ha lestensione di questo modello ai grandi signori ecclesiastici i quali iniziarono a circondarsi di milites. I Vescovi sarebbero poi diventati, soprattutto con gli Ottoni, fondamentali per lesercizio del potere, soprattutto perch si riteneva di porre rimedio, in questo modo, allereditariet del beneficio. Lentamente i signori feudali riescono ad ottenere di poter essere a capo delle milizie fornite dai propri sudditi, divenendo capitani nati della loro gente (anche gli ecclesiastici a volte comandavano le truppe), tanto che conti e marchesi iniziarono a vedere nei

territori sotto il loro controllo non una concessione temporanea, ma un emolumento per la carica ricoperta e quindi come patrimonio personale soggetto a successione a favore dei propri figli. Uffici pubblici come quelli di conte e di marchese divengono allora retaggio di famiglie feudali: ognuno presiede il proprio territorio, esercitando il potere militare, amministrativo e giuridico sui sudditi e sui liberi che abbiano l dei territori. Ad un certo punto si arriva alla creazione del famoso schema piramidale del feudalismo, in quanto il Re aveva i propri vassi, i duchi, i marchesi e i conti, che a loro volta avevano valvassori e valvassini in gran numero (interpretazione in senso vassallatico anche delle cariche pubbliche). Elemento che modifica decisamente la concezione del privilegio feudale la sua ereditariet, diffusasi dapprima come pratica di fatto e poi di diritto: se in origine il beneficio non era ereditario perch legato alle qualit di chi lo riceveva (e allora non si poteva sapere se il figlio avrebbe avuto le stesse doti del padre), in seguito i grandi signori, da cui dipendeva la stabilit del Regno, pretesero di ottenere lereditariet, finch i re non poterono pi opporsi e Carlo il Calvo, nel Capitolare di Quercy, dell877, (prima della guerra contro i Normanni) prese delle disposizioni per la conservazione dei benefici dei conti morti in guerra a favore dei loro figli: anche se non resa ufficiale, lereditariet dei feudi maggiori veniva accettata; per quel che riguarda lereditariet dei benefici minori, ossia di quelli concessi ai vassalli dei vassalli, se ne ebbe il riconoscimento solo nel 1037 con il decreto de beneficiis dellImperatore Corrado II, che fu emanato per assicurare allImperatore la fedelt dei vassalli minori anche contro la volont dei vassalli maggiori. In questo modo, allinizio dellXI secolo, si formava il sistema feudale nella sua completezza. Era ormai venuto totalmente meno il rapporto personale che era stato alla base della nascita del feudalismo. Feudo franco e feudo longobardo Il feudo in Italia si and a confrontare con la tradizione tipicamente longobarda del primato non dellindividuo, ma del nucleo familiare, e per questo motivo si trov ad essere mutato: il rapporto non pi tra il signore e il vassallo, ma tra il signore e il casato: si capisce dunque come mai in Italia, ancora prima di Quercy e del decreto de beneficiis, il privilegio feudale fu considerato un bene ereditario che poteva essere trasmesso da chi laveva ottenuto ai propri discendenti, in quanto parte del patrimonio della famiglia (come i bottini di guerra). Nel territorio romano-bizantino linfluenza del feudo si fece sentire soprattutto nel periodo degli Ottoni, ma, dato che per lo pi i territori erano di propriet ecclesiastica, e che ufficialmente tali beni non potevano essere dati come feudo, si preferiva parlare di carre enfiteutiche o di terzo genere. Nel territorio romano-bizantino si assiste allora al riavvicinamento tra enfiteusi e feudo. In Italia meridionale il feudo fu esteso dai Normanni quando arrivarono ad inizio X secolo dal nord della Francia, dichiarandosi vassalli dei principi longobardi e istituendo, a loro volta, altri vassalli minori. Cera cos differenza tra i feudi iure Longobardorum e i feudi iure Francorum ,come quelli introdotti dai Normanni in meridione. Le consuetudini feudali tipiche del modello longobardo furono raccolte nei libri feudorum, inseriti nellultima parte del Corpus Iuris Civilis dai glossatori. Effettive differenze: il feudo del regno dItalia denominato longobardo per via del suo grande sviluppo nellex territorio occupato dalla popolazione germanica: in questo feudo lelemento personale del tutto soppiantato dallelemento reale, patrimoniale: il feudo , infatti, alienabile, divisibile e trasmissibile anche per linea femminile. Il feudo franco, o imperiale, si basava invece sullelemento personale, era indivisibile, inalienabile e intrasmissibile in via femminile. Indole del feudo: rapporti tra signore e vassallo Il rapporto feudale si trasforma sempre pi in contratto feudale, con signore e vassallo che hanno obblighi e diritti sempre pi ben definiti.

Il vassallo ha un diritto di carattere reale sul feudo, molto vicino alla propriet, mentre il signore ha un potere che ricorda la sovranit: si parla allora di potere diviso, tra dominio eminente, o diretto, spettante al signore, e un dominio utile che spetta al vassallo: al vassallo spetta allora il pieno godimento effettivo, mentre il signore aveva solo dei poteri di carattere pubblico di fronte al vassallo, come quello di consilium et auxilium, ossia di farsi dare aiuto nel caso di guerra e di aver da lui consiglio. In pi poteva, in caso di fellonia, di assalto ai propri castelli, di uccisione di parenti prossimi commessi dal vassallo, sciogliere il vincolo. I rapporti tra signore e vassalli vengono formalizzati del decreto de beneficiis di Corrado II il Salico nel 1037, con il quale si proteggevano direttamente i vassalli minori, anche contro gli abusi dei signori: i signori maggiori, duchi, conti, marchesi, vescovi, potevano infatti privare il vassallo del beneficio solo per certa et cunvincta culpa, sulla base di un giudizio formulato da un tribunale di pari (del vassallo) in contraddittorio con il signore, o davanti allImperatore o davanti al messo imperiale. Per consuetudine (per lo pi assenza di qualunque documento scritto) erano anche stabiliti i casi in cui il vassallo potesse abbandonare il signore, quando questi avesse cercato di ridurlo in schiavit, se avesse insidiato alla sua vita, se lavesse minacciato con la spada, o altro. Un ulteriore problema che venne affrontato dagli Imperatori fu quello della possibilit di alienare e dividere il feudo tra gli eredi da parte dei vassalli senza il consenso dei signori: contro tali abusi si schier Federico Barbarossa durante la Dieta di Roncaglia nel 1158, ma a nulla servirono questo intervento o altri successivi. Un merito di questa legge fu quella di assegnare un organo giudicante ad ogni tipo di controversia: tra vassalli dello stesso signore avrebbe deciso il signore; tra vassallo e signore avrebbe deciso una curia di pari. Tra le caratteristiche di ogni feudo cerano poi particolari obblighi che il feudatario era tenuto a rispettare, degli aggravi speciali, di 44 tipi diversi, che variavano da feudo a feudo: cerano cos i feudi in capite, che erano quelli concessi da un sovrano (Imperatore, Papa, Re di Sicilia) e gli unici nei confronti dei quali il sovrano avesse poteri effettivi, i feudi ecclesiastici (concessi ad o da una chiesa), i feudi nobili (dei quali erano possessori dei milites), gli ignobili (dei quali potevano essere possessori anche membri che non fossero milites), che determinavano se un feudo fosse proprio (se aveva tutti i requisiti ordinari obblighi di fedelt, milizia,giurisdizione, carattere ereditario) e improprio (che mancavano di uno o pi). Vi era poi il feudo ligio, nel quale si creava un cos stretto rapporto tra signore e feudatario, che questultimo era costretto a servire il primo contro tutti, anche contro i propri parenti. Organizzazioni commerciali ed artigiane nellalto Medioevo In et romana vi erano i collegi di coloro che esercitavano un mestiere, al quale bisognava essere iscritto per poterlo esercitare. In epoca medievale questa situazione era ancora ben presente nei territori romano-bizantini, mentre appare un po pi offuscata in quelli longobardi, per poi tornare in epoca tardo Carolingia e Sassone. A Napoli, Roma, Ravenna, citt non cadute sotto il controllo longobardo, troviamo dunque dei collegia, o corpora, i cui partecipanti hanno il privilegio desercizio della loro professione, ma non pi lobbligo di esercitarla, come nei collegi romani: ci che importa maggiormente lattenzione rivolta verso leducazione di garzoni e la cessazione dei vincoli ereditari. In et Carolingia troviamo, invece, i ministeria, a capo dei quali stavano i magisteri, i partecipanti dei quali avevano il privilegio desercizio e lobbligo di contribuire al tesoro regio. Erano organizzazioni di ordine pubblico, perch sotto il diretto controllo di un funzionario del re, e comprendevano commercianti che, comunque, non perdevano la loro libert. LItalia meridionale longobarda In Italia meridionale, e in particolare nel Ducato di Benevento, diviso tra principato di Benevento e di Salerno, il Duca, invece di assumere il titolo di re al momento dellinvasione franca, si proclam Summus Princeps Longobardorum, avendo tra i propri intenti quello della difesa dei longobardi

scampati alla conquista franca. In questi territori troviamo, parzialmente modificati, le stesse istituzioni che avevano caratterizzato il Regno Longobardo: a capo non c il re, ma il principe, uno per ogni principato, ad ognuno dei quali affiancata unAssemblea, sulla scia dellantico exercitus, che per ormai composto da ricchi ecclesiastici e notabili. Il principe detentore del potere legislativo, giudice supremo e capo militare. Lassemblea ha invece il compito di nominare un successore, e gestisce insieme al principe il potere legislativo. anche presente una corte, il Sacrum Palatium, che ha lo scopo di assistere il principe e di curarne lamministrazione dei beni, della quale fanno parte, come avveniva gi nel Regno, diversi funzionari, ognuno con compiti diversi. Gli ordinamenti degli stati romanici Lentamente dei territori si staccarono dallImpero romano dOriente e si costituirono come stati autonomi, detti stati romanici, tra cui il pi importante fu sicuramente Venezia. Questa nacque riunendo tra loro molte piccole isole, e ottenendo dai Franchi la possibilit di battere moneta, e quindi lautonomia, che conservarono anche quando lImpero orientale riacquist grande vigore. Amalfi fu un altro di questi stati, prima assoggettata dai longobardi e in seguito, 839, in grado di liberarsi dalloccupazione e di costituire un proprio ducato. Percorso simile fu quello della Sardegna, originariamente assoggettata a Bisanzio, che per se ne stacc nel momento in cui lImpero Orientale perse il predominio sul mare. A nulla servirono i tentativi del Papa di farla ricadere tra i propri possedimenti. Roma ebbe una storia ancora pi ardua da definire: infatti non solo bisogna analizzare lordinamento interno della citt, ma, in particolare, i rapporti tra Roma e lImpero, ossia tra il Papa e lImperatore. Prima dellincoronazione ad Imperatore di Carlo Magno, il Re dItalia non aveva nessun tipo di supremazia nei confronti di Roma, ma, in quanto Imperatore di un Impero Sacro, era implicito che fosse sovrano del mondo Cristiano e che la Chiesa dovesse essere sotto la sua protezione, e Roma la sua sede ideale. Ludovico il Pio prese per accordi tali per cui lImperatore non sarebbe intervenuto che per contrastare violenze e oppressioni, non ingerendosi nella nomina del Papa, ma solo su coloro che amministravano la giustizia. Ad un certo punto sembra che lincoronazione da parte del Papa sia addirittura lunico modo per legittimare degli Imperatori molto deboli, e che lImpero sia sotto la protezione del Papato. Tutto cambia con la dinastia di Sassonia, la quale intervenne in maniera sempre pi massiccia sia nella nomina del Papa sia nellamministrazione di Roma, con la presenza costante di prefetti imperiali. La caratteristica quasi unica di Roma era, ovviamente, la presenza di una nobilitas costituita quasi esclusivamente da ecclesiastici, che non solo faceva parte della corte pontificia, ma che prendeva parte allamministrazione della societ. In pi rimaneva, come solo accadeva a Costantinopoli, un Senato, composto dai membri delle famiglie pi facoltose, che svolgeva prevalentemente compiti di assemblea giudiziale. La lotta per le investiture Tra il XI e lXI secolo la Chiesa si trov in una condizione di forte debolezza nei confronti dellImpero: gli Imperatori avevano infatti trovato come rimedio allereditariet dei feudi quello di investire delle cariche pubbliche, e conseguentemente di grandi ricchezze, i Vescovi che, almeno ufficialmente, non avrebbero potuto avere eredi. Era per necessario che tali uomini fossero uomini di loro fiducia, e per questo motivo lImperatore si inger sempre pi nella nomina dei Vescovi, tanto che era lui, dopo aver approvato lelezione, a donargli lanello, simbolo del potere spirituale, e il bastone, simbolo del potere temporale. Frequenti erano i casi di corruzione e di abusi, e, soprattutto, di simonia, ossia di acquisto delle cariche ecclesiastiche da parte di laici. Inoltre gli Imperatori riuscirono anche a far nominare Pontefici di proprio gradimento, in modo da avere un controllo quasi totale della Chiesa oltre che dellImpero. Se per un po tutto ci fu accettato, a partire dal Concilio di Sutri, del 1059, la Chiesa, e in particolare Papa Gregorio VII, decisero di

porre fine a queste pratiche, stabilendo che lelezione del Pontefice sarebbe stata riservata al collegio dei cardinali (e non pi con la partecipazione del popolo di Roma, che aveva solo pi il diritto di acclamazione), per poi estendere tale novit anche alla nomina dei vescovi (in seguito alle teorie della sempre pi importante dottrina Cluniacense) Lo scontro pi acceso vide gli Imperatori Enrico III, IV e V pronti a tutto pur di riottenere i propri privilegi, tanto da arrivare a nominare degli antipapi pretendendo di deporre Papi eletti secondo il metodo introdotto a Sutri. Un ruolo fondamentale per la risoluzione del conflitto fu svolto dalla Contessa di Toscana Matilde, che in origine fu fedele alleata del Papato (basti ricordare lepisodio di Canossa con Enrico IV), ma in seguito si riavvicin allImperatore, Enrico V portando il conflitto ad una conclusione che accontentasse entrambe le parti, e in particolare la Chiesa. Nel 1122 fu infatti stipulato il Concordato di Worms tra lImperatore e i legati Pontifici, composto di due parti: nella prima lImperatore, Enrico V, rinunciava alla Chiesa romana, allinvestitura del Papa e di tutti i vescovi nelle Chiese dellImpero; si impegnava inoltre alla restituzione di tutte le terre sottratte. Nella seconda parte il Papa Calisto II concedeva allImperatore che nel Regno Teutonico le elezioni dei vescovi si facessero in sua presenza e che egli investisse simbolicamente i vescovi donando loro lo scettro. La rinascita dellanno mille DallXI secolo si ha una rinascita culturale, giuridica e morale (arti del trivio e del quadrivio, riforma gregoriana Dictatus Papae sulla base delle teorie dei monaci di Cluny contro la simonia e il decadimento morale della Chiesa) che migliora decisamente le condizioni della popolazione. Oltre alla nuova economia di mercato che si sviluppa grazie al ruolo sempre maggiore svolto dal mercato della citt (superamento delleconomia curtense), quello che interesse come in Italia si assista alla rinascita della scienza del diritto, con la rinascita della figura del giurista e il recupero del diritto scritto e del ragionamento. Le universit medievali (da universitas studentium, oggi universitas studiorum) Rinascita dello studio e della conoscenza del diritto romano: viene sempre pi abbandonato il diritto consuetudinario, perch si diffonde lidea che solo di fronte ad un testo scritto si possano fare riflessioni e ragionamenti. Scientia iuris: riemerge la scienza del diritto con lo studio di testi che per secoli erano stati inutilizzati: riscoperto il Digesto, che va ad aggiungersi al Codex e alle Insitutiones, che non erano mai stati abbandonati: viene citato nel placito di Marturi. Viene cos ricostruito il Corpus Iuris Civilis: il Digesto viene infatti diviso da Irnerio (caposcuola dei glossatori di Bologna) in tre parti: Vetus (1-22), Infortiatum (22-38, detto cos perch ha rafforzato le conoscenze precedenti) e Novum (38-50), ai quali si aggiungono il Codex (solo i primi 9 libri) il Volumen (gli ultimi 3 libri del Codex), le Insitutiones, le Novellae, le Costituzioni Imperiali Medievali, la Pace di Costanza e la Lombarda. Nasce cos la scuola di Bologna, che forma ununiversitas di studenti iscritti che seguono le lezioni di Irnerio: egli legge i testi e poi li commenta e gli studenti, alcuni dei quali daranno poi vita ad altre scuole, glossano, ossia commentano. Tra i successori di Irnerio vanno ricordati i quattro dottori: Bulgaro e Martino (i due pi importanti), Jacopo e Ugo, che continuano con il metodo del maestro, e alle cui lezioni partecipano studenti di tutte le parti dItalia. Il diritto rinasce perch nasce un nuovo modo di avvicinarsi al diritto: non pi il capo politico che, secondo le consuetudini, emana il diritto, ma sono i tecnici che, esperti, affiancano i signori e i giudici con il loro consilium sapientiae. In particolare bisogna ricordare le summae, ossia le raccolte delle opere dei giuristi: tra queste in particolare la Summa codicis di Azzone e la Magna Glossa di Accursio (nella quale raccolse tutto il lavoro dottrinale dei glossatori sui testi del diritto giustinianeo). Oltre allUniversitas di Bologna nacque anche quella di Padova, in seguito a un contrasto tra alcuni studenti di Bologna e la citt, portando con loro alcuni maestri. In seguito si ebbero addirittura i riconoscimenti papali o imperiali,

oltre che la nascita di altre universit, come quella di Napoili per volont di Federico II, la prima fondata da unautorit pubblica (1224) La riforma del diritto canonico 1057, concilio di Sutri: riforma dellelezione pontificia. Viene riordinata la Chiesa e, con essa, il diritto ecclesiastico: era da sempre una cultura scritta, anche quando lorganizzazione civica si basava sulle consuetudini. Nel 1140 ca. c il Decretum Gratiani, il Decreto di Graziano, originariamente chiamato Concordia discordantium canonum, nel quale riun in un unico testo tutte le regole giuridiche che conosceva relativamente alla Chiesa: raccolta ad uso privato con collegamenti e commenti (dicta e palese), che per venne assunto dalla Chiesa come base del diritto canonico fino al 1917. si pu quindi dire che sia stato Graziano, riordinando i testi (e di qui il titolo di concordia tra i canoni che sono discordanti), a fondare il diritto canonico: si tratta di 3 libri, divisi per argomento, nei quali sono contenuti tutti i documenti relativi alle diverse parti dellordinamento canonico. Il nome di decretum Gratianii fu assegnato qualche decennio dopo proprio per sottolineare limportanza di questa che era nata come raccolta privata e che diviene fonte primaria di tutto il diritto canonico. Circa 100 anni dopo, nel 1234, Papa Gregorio IX decide di raccogliere le norme successive al decretum Gratianii nei Decretales, divisi in 5 libri (chiamati anche libri extra perch contengono ci che non contenuto nel decretum). Bonifacio VIII verso la fine del XIII secolo compone il liber sextus, e nel 1517 viene redatto da J. Chappuis il Corpus Iuris Canonici (comprendente il decretum Gratiani, i Decretales e il liber sextus), che si contrappone al Corpus Iuris Civili di Giustiniano (rivisitato dai glossatori), e che fu elemento fondamentale del diritto comune fino alla rivoluzione francese, che ne limit la rilevanza allambito religioso. Infatti il Corpus Iuris Canonici regolava istituiti che il Corpus Iuris Civilis non regolava, come il matrimonio, le eresie, lo stato civile. Era quindi elemento fondamentale dello ius comune: se i due corpi erano tra loro in disaccordo intervenivano allora i commentatori: chi volesse conoscere bene il diritto doveva laurearsi in utriusque ius. I COMUNI La rivoluzione dellanno 1000 porta alla nascita di un nuovo centro di sovranit, i comuni, profondamente differenti dalle campagne e dai borghi rurali tipici del periodo precedente; al loro interno infatti troviamo, oltre ai contadini, anche commercianti e artigiani. I cives formano, autoorganizzandosi e gestendo in proprio problemi comuni come quelli della difesa, delle universitas, la comunit dei cittadini, che fanno riemergere i comuni sia economicamente, sia socialmente sia, soprattutto, politicamente. Elemento che diede impulso a questo processo di autogoverno fu, molto probabilmente, la presenza di un vescovo con grandi poteri a capo della comunit, il quale tendeva a coinvolgere i cittadini; senza dubbio fu per anche fondamentale lassenza prolungata degli Imperatori dal suolo italico per un lungo periodo (dalla morte di Enrico V allinvestitura di Federico Barbarossa), a causa delle difficili condizioni sociali tedesche che richiedevano una presenza stabile dellImperatore. Sia lorigine sia la struttura dei vari comuni, in particolare in Italia, varia per profondamente da uno allaltro. Ci che hanno in comune , sicuramente, il tentativo di combattere lidea di monarchia universale e di autoregolarsi sotto pi aspetti possibili. Sorti sia in territorio romano-bizantino, sia in territorio carolingio, i comuni portarono a un grande sviluppo del diritto marittimo, commerciale e anche pubblico, creando vari tipi di stato comunale governati o da unaristocrazia commerciale, o da una borghesia di piccoli commercianti ed artigiani o, in altri casi, da capi unici che, esponenti di una parte cittadina, agiscono come unici sovrani. Uno dei due elementi fondamentali per la nascita dei comuni fu, come detto, il grande potere rivestito dai Vescovi: alcuni si erano addirittura sostituiti ai conti e ai marchesi, altri avevano ricevuto il potere sulla citt, altri, anche senza alcun tipo di investitura, esercitavano la propria autorit entro le mura cittadine. Limportanza della presenza del vescovo fu dovuta soprattutto al

fatto che questi necessitassero dellassistenza di particolari ufficiali nellamministrazione del potere temporale: si affermava cos, sempre pi, la figura dellavvocato della Chiesa (advocatus), che, oltre al compito di giudicare sulle pene criminali maggiori (placito di sangue), teneva giustizia, esercitava certe funzioni amministrative, come la vigilanza sui mercati, ed era a capo delle truppe militari vescovili. A volte gli avvocati della Chiesa giunsero ad usurpare il potere dei vescovi. Le origini del comune medievale italiano; le teorie principali; i punti fondamentali Vi sono molti tipi diversi di comuni, ci che per li unisce la ricerca dellautonomia nei confronti del potere sovrano e dei vincoli feudali in modo da essere autosufficienti ed autoregolati: se le citt diventano centro di produzione di diritto, nelle campagne rimangono ancora i feudatari e tutti i loro privilegi. In generale sono molte le teorie sulla formazione dellautonomia comunale, tutte parzialmente soddisfacenti, valide per alcuni casi e non per altri: ci che per unisce le teorie, e i comuni, sono tre punti: il distacco del comune dal contado; la costituzione di un governo staccato da quello feudale; la formazione di nuove classi che prendono il potere. Un carattere comune del quale bisogna tener conto che, molto spesso, i comuni nascono in quei luoghi fortificati, circondati da mura, allinterno dei quali bisogna osservare norme particolari per far s che la citt possa resistere agli attacchi esterni: dei qui lesigenza di un diritto particolare, che punisca in maniera pi severa chi minaccia la stabilit della citt; e da questa esigenza nacque il concetto di pace, di trewa, cittadina, una tregua permanente imposta alle vendette cittadine. Lorigine dellunione cittadina appare, quindi, strettamente connessa con esigenze di carattere militare. Un altro carattere tipico del fenomeno comunale fu quello dellimitazione tra le varie citt, oltre alla perdita di rilievo del diritto consuetudinario, alla rapida mutevolezza della normativa statuaria (c un continuo legiferare per poter regolare il numero maggiore di situazioni possibili). I comuni riconoscono comunque, anche se per lo pi in via teorica, la supremazia imperiale, ma sono autonomi. Teoria delle origini romane: Viene mantenuto lassetto comunale romano sotto il dominio longobardo. Tale tesi, sostenuta da Carlo Federico di Savigny, ha qualche elemento di fondatezza se si pensa che alcune cariche presenti nei comuni, come il curator o lexactor giunsero direttamente dallordinamento municipale del basso impero. per da ricordare il fatto che verso la fine dellImpero i comuni si dissolsero e ci fu la presa di potere da parte del poter militare. Teoria dellevoluzione delle magistrature precomunali Secondo questa teoria i comuni nacquero dallevoluzione di quelle magistrature locali che gi curavano i particolari interessi dei cittadini. Lamministrazione della vita cittadina era infatti una buona ragione per separare citt e contado. Teoria del comune signorile questa ipotesi parte dallidea che molte famiglie feudali si divisero un po alla volta in vari rami, uniti poi tra loro in un consorzio che amministrava la citt e i suoi interessi. Tra le varie alternative va ricordata quella del comune militum, ossia di un caso in cui le famiglie feudali cittadine si uniscono con il compito di difendere le mura cittadine. Teoria del diritto particolare dei mercanti Unulteriore teoria parte dal radicale cambiamento che si ebbe nel modo di concepire i traffici economici e il mercato cittadino: fino al X-XI secolo, infatti, il mercato era un evento sporadico, che si ripeteva una volta al mese, essendo vietata la vendita permanente in fondaci o negozi. Il mutamento delle esigenze port per alla concessione della possibilit di tenere aperte in permanenza delle botteghe: se poi pensiamo che il territorio del mercato era soggetto a banno imperiale, e quindi che erano previsti dei magistrati speciali, possiamo formulare lipotesi per cui fu proprio laumento del potere e dellinfluenza di questi magistrati, dovuta alla permanenza dei mercati, a far nascere le nuove magistrature per la citt; in questo modo si spiegherebbe anche la separazione tra contado e citt. Teoria dei privilegi

Secondo unaltra teoria, furono proprio i sovrani, il Re o lImperatore che diedero privilegi agli abitanti del borgo che circondava il castello feudale, nella speranza che questo nuovo centro di autonomia potesse contrastare il sempre pi autonomo feudatario. In questo modo si creava una separazione tra gli abitanti del contado e quelli della citt. (franchigie che concedono lautonomia) Teoria della coniuratio Unulteriore teoria propone lidea che lautonomia comunale sia il frutto di violenti scontri tra il detentore del potere, molto spesso il Vescovo-Conte, contro un movimento associativo, sorto allinterno del comune, che cerca di impossessarsi del potere e di ottenere lautonomia. Si parla allora di coniuratio, ossia di contrasto tra un gruppo che si unito e chi detiene il potere (si trovano associazioni fra commercianti, servi ministeriali, artigiani). Tale tesi appare valida per quei comuni in cui il comune nacque dopo uno scontro, meno per quelli in cui era assente il potere del Vescovo, o in cui questultimo riusc a difendere la propria autorit. Estensione dellautonomia comunale. La pace di Costanza Ci sono differenti tipi di rapporti tra i comuni e lautorit: alcuni comuni riconoscevano in via teorica la sovranit imperiale, ma erano ugualmente autonomi. Altri, come Venezia, non riconoscevano per nulla lautorit imperiale. Altri erano, invece, ancora legati al sovrano, che poteva ingerirsi nellamministrazione comunale con atti ufficiali. I tentativi dei comuni di ottenere pi potere possibile a discapito dellImperatore, dei duchi, dei conti e dei marchesi port a dure lotte, di cui la pi importante fu quella combattuta tra la Lega Lombarda, composta da comuni del nord Italia, e Federico I di Svevia detto il Barbarossa, [il quale aveva convocato nel 1158 a Roncaglia tutti i detentori del potere temporale (vescovi, conti) e aveva ribadito la sua supremazia sui territori dellImpero: tutti dovevano infatti giurare fedelt, pagare il fodro. In pi i 4 maestri bolognesi, convocati dallimperatore, conoscitori dellultimo diritto imperiale romano, illustrano e giustificano il modello assolutista dellImperatore che pu tutto. Federico I sarebbe cos legittimato, ma lesito molto differente da quello sperato] che si concluse con la Pace di Costanza del 1183, tentativo, mal riuscito, di inserire le autonomie comunali nellordinamento imperiale riconoscendo loro i diritti di regalia di cui avevano gi goduto in passato, ossia di fodro (imposta speciale che si pagava per la venuta in Italia dellimperatore), e i diritti sui boschi, i pascoli e le acque e sui pedaggi dei ponti. La vera novit per costituita dal riconoscimento del diritto consuetudinario di ogni comune per quel che riguardava la possibilit di formare proprie milizie, fortificare citt e sobborghi, essere vertice giurisdizionale per i casi di criminalit e diritto privato. Dopo la Pace i consoli, i supremi magistrati cittadini, venivano assoggettati allinvestitura da parte del vescovo o dellImperatore, ma venivano nominati dallassemblea cittadina: la citt viene in questo modo considerata come un ente feudale, luogo di privilegi, con a capo i consoli. Essi sono infatti investiti dal sovrano e devono essergli fedeli. I comuni vedevano per la possibilit di ottenere qualcosa in pi rispetto alle concessioni imperiali: lequilibrio della Pace di Costanza era allora destinato a cadere. Organizzazione del comune In alcuni casi il comune ancora assoggettato al potere degli antichi signori feudali (conte, duca, Vescovo). In questi casi lo sviluppo dellautonomia molto lento: il comune aveva delle milizie e faceva leggi, ma in entrambi i casi cera il controllo del sovrano, al quale andavano versati i contributi. Il comune inviava i propri rappresentanti al parlamento, ove sedevano anche nobili ed ecclesiastici, ma ha poco peso. Ogni comune dispone, per, di una costituzione e di unestensione di poteri molto superiori a quelli attribuiti oggi ad un organo amministrativo: ha il compito di difendere le mura, forma statuti (non leggi perch non hanno carattere generale, ma territoriale) che creano un corpo di leggi particolari e a carattere territoriale, ha propri giudici. In altri casi, invece, interamente libero: si ha allora il Governo dei Consoli, il governo del Podest e la formazione delle corporazioni.

Governo dei Consoli: struttura molto semplice: consoli, consiglio di credenza e assemblea generale (arengo, parlamento, a seconda della zona dItalia). I consoli sono coloro che stanno a capo del comune, eletti dalla popolazione in maniera indiretta: tale sistema elettorale prevede che larengo scelga alcuni elettori e questi, dopo aver prestato giuramento di esercitare la propria funzione elettorale per il bene comune, scelgono i consoli. I consoli sono solitamente 4, o 8 o 12, probabilmente in base al numero di rioni della citt. Il consiglio di credenza un organo formato da un numero ristretto di cittadini, gli homines credentes, cio degni di fede, che appartengono alla classe pi elevata della popolazione e svolgono il ruolo di consiglieri. Lassemblea generale, larengo, nasce differentemente a seconda di quale sia la classe dominante: se il comune aristocratico, allora lassemblea sar formata soltanto da milites; altre volte, invece, ha il sopravvento la classe inferiore composta da pedites. A volte poi il comune composto solo da commercianti, perch il castello rimane separato dal comune. Esistono poi altre cariche che affiancano i consules: il massaio (amministratore delle finanze cittadine), i pacieri (che hanno il compito di far mantenere la trewa) e poi ufficiali quali notai, procuratori etc. che diventano tanto pi numerosi quanto pi si estendono le competenze del comune. Governo del Podest: fino ai primi del XIII secolo lequilibrio interno dei comuni dei Consoli resiste, ma ad un certo punto i commercianti e gli artigiani, sempre pi ricchi e numerosi, iniziano a cercare di far valere le proprie ragioni per ottenere posti nellarengo: tali richieste, unite ad alcune sconfitte dei comuni, portano ad una situazione di instabilit che viene temporaneamente risolta con la costituzione di grandi assemblee, il consiglio grosso, alla quale partecipassero anche loro. La situazione creatasi con i contrasti interni non fu per arginata neanche da questo espediente, e allora si cerc il rimedio nellistituzione di un nuovo magistrato che stesse a capo del comune: il Podest. Nel nome ricordava lantico ufficiale imperiale che amministrava la giustizia nelle citt soggette allImperatore, nei comuni era, invece, un funzionario eletto dai consiglieri della citt, non tra i cittadini, ma scelto in terra straniera poich in questo modo si pensava di trovare una persona che unisse alla capacit militare, politica e amministrativa anche una buona dose di neutralit e imparzialit. La carica durava da 6 mesi ad 1 anno, percepiva un forte stipendio ed era, oltre che un magistrato, capo militare. Finito il mandato il podest era soggetto a sindacato: alcuni cittadini, appositamente nominati, avevano infatti il compito di indagare se avesse commesso abusi, se si fosse indebitamente appropriato di somme di denaro o avesse violato la giustizia, sulla base delle testimonianze di chi ritenesse di aver subito ingiustizie (Il potere quindi amministrato secondo cosa sia meglio per chi amministrato, non per chi amministra). In questo modo si voleva porre un freno allarbitrariet che era ormai elemento tipico dellamministrazione della giustizia: a volte poteva essere anche incarcerato. I forti attriti tra le varie fazioni non riuscirono a portare alla totale imparzialit, ma si ebbe comunque un miglioramento nellandamento della giustizia, tanto pi importante se si pensa che, al di l degli assessori (i familia) che lo stesso podest portava con s, non venne mutato lordinamento del comune. Per breve tempo convivono consoli e podest, ma poi questo prese il sopravvento. Nellultima fase dei comuni il podest esclusivamente un magistrato, mentre nelle Signorie si trasforma in un ufficiale inviato dal signore per governare i sudditi. Le corporazioni delle arti e il comune del popolo Espressione tipica dellassociazionismo medievale, che quanto rimane del concetto di famiglia e di unione familiare tipico delle popolazioni germaniche, che avevano dato forma alle Gilde, le associazioni di mestieri di cui si ebbe traccia nel mondo tedesco per tutto il periodo medievale. In epoca comunale nascono infatti numerose corporazioni di commercianti ed artigiani che assumono i nomi pi vari e che riguardano cittadini di ogni categoria: dai commercianti ai banchieri, dai fabbricanti di stoffe fino ai venditori al dettaglio, ma anche giudici e notai e, soprattutto, ricchi

mercanti. Caratteristica evidente quella di essere formate esclusivamente da gente di pari condizione, che svolge lo stesso mestiere e, quindi, ha le stesse problematiche e le stesse esigenze. Alcune teorie partono, oltre che dalla tradizione germanica, dal modello delle curtes feudali, o, addirittura, dallorigine religiosa di tali associazioni, le Scholae di epoca alto medievale. Molto pi probabile , sicuramente, il collegamento con i ministeria di epoca carolingia, nei quali i commercianti o gli artigiani erano libri di esercitare, o meno, la professione, ma erano organizzati in maniera comune. Queste erano, per, delle organizzazioni statali: le corporazioni comunali sono, invece, un fenomeno di diritto privato: non pi, nella maggior parte dei casi, il Comune a disciplinare le associazioni, ma sono i componenti stessi che, con un contratto di societ, giurano di rispettare determinate clausole, come il non farsi concorrenza, far giudicare le controversie interne da un arbitro, e altre che sono contenute nei loro statuti, pi o meno complessi a seconda che si tratti di grandi associazioni di mercanti e dindustriali o di piccoli commercianti. Nelle grandi associazioni possiamo individuare tre classi di partecipanti: i compagni, ossia i padroni, i fattori, ossia gli impiegati, e i sottoposti, gli uomini di fatica, la cui somma alle volte port a corporazioni di pi di mille persone. Nelle arti pi modeste troviamo invece il maestro e i discepoli, i giovani apprendisti o coloro che non hanno i mezzi necessari per divenire maestri. Il passaggio dalla condizione di discepolo a quella di maestro dipendeva infatti dalla valutazione data da tutti i maestri esistenti che sottoponevano laspirante ad un esame, denominato capolavoro: si capisce quanto lessere o meno un maestro dipendesse molto pi dalla capacit di ingraziarsi i maestri esistenti piuttosto che dalle proprie capacit. Ogni membro era contrassegnato con una matricola. Ogni arte doveva svolgere varie funzioni legate a diversi ambiti della vita sociale, e, in particolare, alleconomia e alla giustizia. Funzione economica: obiettivo fondamentale evitare di farsi concorrenza, il che poteva essere facilmente raggiunto dato che chi non era iscritto alla corporazione non poteva esercitare la professione: per questo motivo i maestri erano propensi a ridurre il pi possibile il numero di maestri, preferendo i propri discendenti piuttosto che altri discepoli (anche perch in questo modo era pi facile custodire i segreti di produzione), il che provocher la stasi del sistema economico e la conseguente reazione da parte del resto degli abitanti del Comune. Funzione giurisdizionale: ogni corporazione si organizza in maniera da avere un proprio tribunale formato per le decisioni relative a controversi insorte fra commercianti, o fra stranieri e commercianti. Nascono i tribunali della mercanzia (o rote della mercanzia) che danno forma giuridica a molte specie di contratti che dapprima non erano formalizzati e che oggi costituiscono lessenza del diritto commerciale e marittimo. Le arti godevano, dunque, di grandi privilegi! Funzioni politiche e militari: nel periodo di instabilit dei comuni dovuto alle lotte tra le varie fazioni si inseriscono anche le arti, che, con la loro presenza, vogliono raggiungere un duplice scopo: riuscire a far valere le proprie ragioni e quindi ottenere maggior potere decisionale; evitare che gli scontri possano turbare lo svolgimento dei loro traffici commerciali. Il sempre crescente ingerirsi da parte delle arti nelle cose pubbliche port alla costituzione del Comune del popolo: prime manifestazioni si hanno a Bologna e Firenze, per poi essere imitato da altri comuni, intorno allinizio del XIII secolo. A Bologna il Comune del popolo il risultato degli scontri interni al comune, e del fatto che le arti avessero costituito delle societ armate pronte ad intervenire in difesa delle arti qualora fossero state attaccate: il consiglio di credenza veniva dunque sostituito dal Consiglio del popolo, con a capo un capitano che comandava le schiere di popolani armati e gli anziani nominati dallo stesso consiglio. A Firenze invece il capitano del popolo venne eletto in seguito ai disordini provocati dalla morte di Federico II, che pose a gran repentaglio il dominio dei ghibellini in Toscana: le arti riuscirono infatti a sostituirsi ai capi ghibellini nella creazione di milizie armate. Grazie alla presenza del capitano del popolo e della successiva magistratura dei Quattordici, i membri delle arti riuscirono ad attuare una politica fortemente partigiana che andasse a colpire i grandi signori feudali e i magnati e che aprisse le porte a tutti coloro che erano iscritti ad unarte, considerati gli unici che potessero ricoprire una carica pubblica.

Il popolo minuto, i Ghibellini ed i magnati erano per totalmente esclusi, e questo port allo scoppio di gravi insurrezioni. Il caso particolare di Venezia Venezia deve le sue origini dallunione sotto un unico governo delle varie isole che si trovavano sullestuario del Po, prima sotto il magister militium e pi tardi sotto il doge, carica che rimase, seppur modificata, anche nei secoli successivi. Il primo mutamento dato dallereditariet della carica, rimasta almeno fino alla fine del XII secolo, quando una costituzione viet tale pratica e inizi a differenziare potere politico e funzione giudiziaria. La costituzione di Venezia si basa su alcune istituzioni: il Doge e la Signoria, il Maggior Consiglio, il Senato, le Quarantiae, gli Avogadori di Comuni, il Consiglio dei dieci. Il doge veniva inizialmente eletto dallassemblea popolare, mentre in seguito gli elettori vennero scelti dal Maggior Consiglio, il vero e proprio sovrano dello stato veneziano, mentre il doge e i suoi sei consiglieri, che costituivano la signoria, erano solo pi elemento rappresentativo. Al Maggior Consiglio infatti spettava la scelta degli elettori del futuro Maggior Consiglio, la nomina del Doge e di tutte le magistrature cittadine, lapprovazione delle leggi e delle misure tributarie oltre che tutti i provvedimenti relativi al commercio. La Quarantia era una magistratura di 40 giudici, creata intorno al 1179, che costituiva il supremo organo giudiziario dello stato, e che quindi si sostitu al Doge relativamente a queste funzioni. Gli Avogadori di Comune erano rappresentanti di ogni comune che potevano partecipare nella misura di 3 per ogni gruppo sociale alle deliberazioni del Maggior Consiglio, del Senato e degli altri consigli. Il Senato era, infine, un organo di 120 membri, nominati dal Maggior Consiglio, che aveva il compito di gestire il commercio e la navigazione, oltre alla fabbricazione di navi da traffico e da battaglia. Comuni rurali e atti di affrancazione collettiva dei servi della gleba Accanto ai comuni cittadini troviamo i comuni rurali, nei quali furono spesso raggiunti importanti livelli di libert per i contadini che, fino a quel momento, avevano costituito il nucleo della servit della gleba, indissolubilmente legata alla terra da coltivare. Certo che, soprattutto alle origini, il Comune rurale presenta molta meno autonomia rispetto a quelli cittadini, dovuta anche al fatto che la maggior parte degli statuti indirizzato alla regolamentazione della vita dei campi e non allaffrancamento dal potere del sovrano o del feudatario. In alcuni casi, quindi, alcuni aggregati rurali, chiamarli comuni troppo, dipendevano ancora dal sovrano, dal duca, dal vescovo, e poche volte riuscivano ad ottenere una qualche libert. Ci avveniva per mezzo delle carte di libert, attraverso le quali il sovrano riconosceva dei diritti che si sarebbe impegnato a rispettare. Certamente un elemento che favor la formazione dei comuni rurali fu lo sganciamento dei contadini dalla gleba, ossia il venir meno dellobbligo di coltivare la terra per se stesso e per i propri figli: tali provvedimenti vennero presi per lo pi dai governi dei Comuni cittadini, che se ne servirono per ridurre il potere dei feudatari cui i contadini erano legati e per poter aumentare la quantit di manodopera nei Comuni. IL COMUNE SIGNORILE Ultime vicende tra Impero e Comuni A met del XIII secolo d.C. viene meno il nesso politico tra lImpero e il Regno dItalia, ossia tra i territori del Nord Italia, parte del Sacro Romano Impero, e quelli del meridione che appartenevano alla casa di Svevia, ossia ai Normanni. Con la sconfitta di Federico II, figlio di Federico Barbarossa (Imperatore) e Costanza dAltavilla, figlia del re Normanno Ruggero II, ogni tentativo di ricostruire un forte potere unico su tutto il territorio italiano sarebbe stato destinato a fallire: ogni sforzo per riorganizzare lItalia, sempre pi divisa in unit comunali, sarebbe infatti fallito. I Normanni avevano ricevuto dal Papa la legazia apostolica, ossia il riconoscimento di difensori della Chiesa, dopo aver sconfitto gli Arabi in Sicilia, e la conseguente possibilit di nominare i propri Vescovi, quindi erano a lui molto legati. La nomina di Federico II come Imperatore fece per

temere per le sorti dello stato pontificio, che si trovava dunque stretto tra due possedimenti che facevano capo alla stessa persona: fu molto probabilmente questo il motivo per cui la Chiesa appoggi la seconda Lega Lombarda contro lImperatore. Nonostante la sua grande intelligenza politica e i tentativi di riorganizzare lItalia dei comuni, Federico II venne infatti fortemente contrastato dai comuni, che non potevano tollerare la presenza di un capitano imperiale, o podest, al fianco delle magistrature elettive in ogni comune. La riorganizzazione dellItalia aveva infatti previsto la divisione di questa in due vicariati imperiali, uno al nord controllato da Ezzelino da Romano (che svolgeva gli stessi ruoli del Re al sud) e uno al sud sotto la sua diretta supervisione, e, soprattutto, lobbligo per ogni comune di avere, al fianco delle magistrature elette, un podest, o capitano imperiale, direttamente dipendente dal sovrano assoluto, che avrebbe dovuto supervisionare lattivit del comune (non pi fideles, no vassalli, ma funzionari fidati). Tutto ci ebbe per vita breve. Nel 1226 infatti si organizz la seconda Lega Lombarda, che, dopo una sconfitta a Cortenuova nel 1237, ottenne la vittoria fondamentale a Fossalta, vicino a Bologna, anche grazie allappoggio del Papa (per le ragioni sopra enunciate). Con la morte di Federico II e di suo figlio Manfredi, ultimo erede della dinastia Sveva, il potere sullItalia meridionale passa a Carlo II dAngi, che fu il benvenuto per il Papa. Dal comune libero alla Signoria Nonostante lintroduzione del Comune del popolo e i tentativi di Federico II, i vari comuni italiani nel XIII secolo erano continuamente scena di scontri tra opposte fazioni che minavano non solo la tranquillit politica, ma anche le attivit commerciali dei ricchi mercanti. La soluzione fu trovata in alcuni casi nella figura del podest, in altri, invece, la tranquillit fu raggiunta grazie ad un colpo di mano di un signore che, con la forza, riusciva ad impadronirsi del sostegno dei cittadini (a volte invece era acclamato dalla maggioranza della popolazione). Il signore quindi il capo della fazione vincitrice, nominato grazie allelezione da parte dellassemblea della popolazione, e legittimato da un atto solenne rogato dai notai del comune. Assume cos il controllo del comune, lasciando per apparentemente invariata la struttura, ossia non modificando le varie istituzioni, ossia il doge, il Senato, il consiglio di credenza, il consiglio degli anziani e gli altri: in pratica, per, il signore diveniva lentamente capo assoluto del comune, controllando tutti gli altri poteri e rendendo la propria carica ereditaria. Il problema che si pose era, per, quello della legittimazione: ricevere lincarico dal Senato, dallassemblea dei cittadini, non sembrava infatti sufficiente per poter rivendicare la propria supremazia: i signori fecero allora ricorso allImpero, che ormai non aveva pi alcun potere sul territorio italiano, per farsi concedere un titolo dorigine imperiale, come quello di vicario imperiale che era stato senza successo introdotto da Federico II. Il nuovo concetto di vicario imperiale era per del tutto diverso da quello introdotto dallImperatore: in questo caso infatti si trattava di un ufficiale nominato dallImperatore in modo che controllasse il territorio, nella nuova accezione, invece, era solo un titolo che doveva legittimare il ruolo del signore a capo della signoria. Lo stesso avvenne con le nomine di vicari apostolici da parte del Papa. Il ruolo del giurista nellepoca del diritto comune Periodo medievale: glossatori, scuola di Bologna, Irnerio e i suoi allievi. Nel periodo dei comuni si sviluppa la scuola dei commentatori, in particolare ad Orleans. Sulla base dei modelli logici proposti da Aristotele e poi da S. Tommaso, i giuristi non si limitano al mero commento ma creano trattati organici e pi complessi. Da ricordare in particolare de Belleperche e de Revigny. In Italia il nuovo metodo giuridico introdotto dai commentatori francesi viene ripreso in particolare da Cino da Pistoia, Bartolo da Sassoferrato e Baldo: ci a cui si fa attenzione la logica giuridica che sta alla base del diritto. Non solo delle glosse, ma dei ragionamenti giuridici, sia per quel che riguarda il diritto civile (del Corpus Iuris Civilis) sia il diritto Canonico, che formano lo ius

comune, base del diritto fino alla riforma napoleonica, insieme a tutto linsieme di norma particolari che vengono prodotte dalle corporazioni, dai comuni, dalle citt, etc.). Cambia anche il ruolo del giurista, che diviene consulente sia dei giudici sia degli uomini di potere, come nel caso di Pier delle Vigne, ricordato da Dante nellInferno, che fu collaboratore di Federico II. Il giurista, che ormai ripone la sua attenzione solo sul diritto positivo (diritto scritto), cos avvocato, giudice, notaio e funzionario. Con i principati e i primi modelli di stato moderno si assister poi ad una nuova fase del diritto, quella della creazione da parte dei capi politici, che porter ad un radicale cambiamento della visione relativa allo ius commune e del ruolo del giurista. MONARCHIE E PRINCIPATI Alcuni territori italiani, il Regno di Sicilia, lo Stato della Chiesa, il Regno di Sardegna, gli stati della Casa Savoia e il Patriarcato di Aquileia non furono soggetti ala suddivisione delle unit territoriali per via dellevoluzione delle individualit comunali. Tali territori, in cui rimase forte lassetto feudale, furono dunque caratterizzati dalla presenza nellordinamento di ceti privilegiati, che non si cerc mai di eliminare, ma sui quali si tent di instaurare stati compatti e duraturi. Qui prevale la territorialit del diritto per un vasto territorio, lesistenza di un potere centrale coadiuvato da alcuni organi appositi come la Corte regale e il Parlamento (Stati generali o provinciali nel quale prendono posto i vari ordini privilegiati del territorio con attribuzioni di carattere legislativo, militare e finanziario). Lordinamento del Regno di Sicilia sotto i Normanni e gli Svevi La nascita del Regnum Siciliae, il pi importante Regno fino al risorgimento, dovuto al fatto che il Duca longobardo di Benevento riusc a non essere mai assoggettato dai Franchi, e a mantenere intatto il proprio dominio su parte del sud Italia, difendendosi sia a Nord sia a sud dai bizantini. Lavvento dei Normanni allinizio del XII secolo port allaumento dei territori appartenenti al Regno di Sicilia, ma anche allesautorazione della dinastia longobarda a favore di una Sveva, e pi precisamente degli Altavilla, con Ruggero II incoronato imperatore dallAntipapa Anacleto II nel 1130. Il regno comprendeva la Sicilia, i territori del Ducato di Napoli la Puglia e la Calabria, ed aveva carattere fortemente feudale (feudo franco e non feudo longobardo) e uno stretto rapporto con la Chiesa. Tutto ci venne meno con la morte di Manfredi contro Carlo dAngi, che riusc a legare le sorti del Regno di Sicilia alla dinastia Aragonese a partire dal 1266. Con i Vespri Siciliani, 1282, si ebbe poi la scissione tra Regno di Napoli, degli Angioini, e il Regno di Sicilia, degli Aragonesi. Ordinamento centrale e provinciale normanno Uno degli aspetti fondamentali del Regno normanno fu sicuramente linfeudamento che port alla diffusione nel sud Italia del feudo franco, ma, a differenza di quanto si potrebbe pensare, i sovrani riuscirono a limitare la quantit di territori legati al vincolo feudale, riuscendo ad evitare tutti i problemi legati al particolarismo e alla scarsit di proventi che una terra data in beneficio generava. Erano moltissimi, infatti, i territori che costituivano il demanio pubblico, ossia sotto la diretta amministrazione del Re. La monarchia era indubbiamente ereditaria, per cera la consuetudine di far approvare dallassemblea dei baroni del regno di Sicilia il passaggio del trono. Tale assemblea di baroni, alla quale prendevano parte anche gli alti ecclesiastici, era la curia procerum, o parlamento di Sicilia. Accanto al parlamento cera la magna curia, che in origine era il tribunale supremo che sercitava le funzioni giuridiche spettanti al re. Ruolo molto importante era svolto dalla Corte del re, nel quale un ufficio, denominato dohana, aveva il compito di presiedere sia alla magna curia (prendendo il nome di dohana de secretis, con compiti di cancelleria e finanziari) sia alla curia baronum (con il nome di dohana baronum e con compiti di cancelleria). Sempre a corte si trovano poi i 7 grandi funzionari di Corte, ognuno con grandi poteri e funzioni molto ben definite (Ammiraglio, Siniscalco, Cancelliere..).

Lamministrazione delle province era in mano a una serie di funzionari regi, chiamati giustizieri con anche compiti giurisdizionali relativamente alle cause maiores, che sotto di loro avevano i balivi, capi delle singole citt feudali e che avevano giurisdizione sulle cause minores. Particolare importanza ebbe la posizione del Regno nei confronti della Chiesa: a Ruggero I infatti furono concessi larghi privilegi dal Papa per via del ruolo che aveva avuto nel cacciare gli Arabi dalla Sicilia. Lui fu infatti nominato legato pontificio, estendendo tale carica a tutti i suoi discendenti, che sarebbero stati legati nati. Secondo tale diritto di Legazia (di qui Legazia apostolica), detto anche Monarchia sicula, il Re era il supremo magistrato di appello in materia ecclesiastica e poteva addirittura nominare vescovi. Lo stato della Chiesa ed altri Regni e Principati italiani Lo Stato della Chiesa: la Chiesa romana non riusc mai, per un motivo o per un altro, ad avere un saldo dominio sui territori da essa dipendenti (o per le ribellioni dei baroni, o per lingerenza degli Imperatori. In pi furono molto spesso costretti a rivolgersi a Principi, come gli Angioini, per poter sedare le rivolte interne dei baroni: alla fine Clemente V decise di trasferire la sede papale ad Avignone nel 1305, lasciando campo libero ai signori nei territori dello stato pontificio. In questo modo si crearono signorie autonome, si staccarono comuni che rivendicavano la loro autonomia e, soprattutto dentro il territorio di Roma, scoppiarono aspri contrasti tra esponenti delle opposte fazioni. Un tentativo di riportare la stabilit fu attuato da Cola di Rienzo, il quale, divenuto arbitro dellUrbe, riusc ad infliggere un duro colpo alle potenti famiglie feudali romane. Grazie allopera del cardinale Albornoz i Papi riuscirono per a riformare in maniera radicale il disordine, sottomettendo direttamente numerosi territori e nominando una lunga serie di vicari apostolici in temporalibus, con compiti sia di amministrazione sia di affari spirituali sia temporali. Il Regno Pontificio aveva anche un parlamento nel quale risiedevano rappresentanti delle tre classi, e che con le proprie leggi vincolava tutti, anche gli abitanti dei comuni, tanto che qualunque statuto cittadino ad esse contrario andava abrogato entro 1 mese. Dominii della Casa Savoia La dinastia di Casa Savoia riusc a formare un vasto stato comprendente territori che adesso si trovano sia in Italia, sia in Francia (luogo originario dei Savoia) sia in Svizzera. Allinizio del XIV secolo troviamo i domini divisi in 8 baliati, con a capo un baiulo scelto arbitrariamente dal conte, che presiedeva alla circoscrizione e aveva sotto di s varie castellanie, ossia circoscrizioni minori che facevano riferimento ad un castello. In origine i possedimenti erano poco estesi, ma aumentarono verso la seconda met dellXI secolo, quando in seguito ad un matrimonio i Savoia ottennero Susa, Pinerolo, Torino, Ivrea, Albenga e altri feudi. Torino rimase per autonoma fino alla seconda met del XIII secolo, quando cadde in potere del marchese Guglielmo del Monferrato, il quale la cedette a Tommaso III di Savoia. Seppur sottomessa, Torino mantenne per lo pi gli stessi ordinamenti di quando era autonoma, con lunica differenza di avere un vicario del conte, poi duca di Savoia, al posto del podest eletto dal Consiglio Cittadino. Rimaneva lassemblea generale di tutti i capi famiglia, il consiglio di credenza composto da 60 elementi e anche un consiglio minore di 20 uomini. Lorganizzazione dei territori sabaudi fu, come visto, fortemente improntata sul modello feudale, con i baliati e le castellanie, ma, a differenza delle Signorie, il potere non era rappresentato dalla citt dominante, bens dal Principe, nei confronti del quale tutti erano sudditi allo stesso modo, fossero abitanti di Torino o di una citt appena conquistata. Accanto al conte, poi duca di Savoia, troviamo due consigli composti da ecclesiastici e nobili, uno per la zona doltralpe, a Chambery, e uno, risiedente a Torino, che controllava i territori al di qua, chiamato magnificum consilium citramontanum. Ruolo fondamentale era poi svolto dalla Corte, nella quale stavano alcuni grandi ufficiali, come il maresciallo, o il maestro della corte, che svolgevano sia ruoli amministrativi sia giurisdizionali. I vari comuni avevano diversi rapporti con il conte a seconda dei diversi patti di dedizione.

I Parlamenti o Stati Generali e provinciali Il feudo port a numerosi mutamenti degli ordinamenti precedenti, perch si ebbe una frammentazione effettiva del potere pubblico, la creazione di nuovi legami derivanti dalla commendazione o dal contratto feudale, la formazione di classi ben distinte luna dallaltra e, a volte, lo svolgimento di larghe autonomie da parte di chi riusc a creare Comuni autonomi e indipendenti dallautorit sovrana. In epoca medievale troviamo quindi due diversi tipi di ordinamenti: uno quello del comune, con uno schema associativo, e a volte corporativo, fondato sul predominio della borghesia. Altre volte, in quei territori ove rimane preminente il potere di un unico sovrano, laico od ecclesiastico, abbiamo invece la nascita del concetto di stato moderno, con il potere assoluto del sovrano che viene mitigato dalla necessit di assenso dei tre ordini, o stati (nobilt feudale, alto clero, comuni principali), alle pi importanti decisioni di governo. Tale fenomeno tipico dellEuropa occidentale, in quanto lo troviamo in Francia, in Italia, in Inghilterra, in Germania, in Spagna e nelle Fiandre: il nome corretto , per, quello di Assemblee di Stati, non parlamenti o curie generali, per evitare di confondere questo istituto con gli arenghi italiani o con le magistrature francesi che giudicavano in ultima istanza le questioni giudiziarie. La prima distinzione da attuare quella tra assemblee generali e assemblee provinciali (o particolari come erano chiamate in Francia), molto accentuata in Francia (distinzione tra assemblea generale e quelle che si tenevano ad esempio in Normandia, Bretagna o Provenza) e meno apprezzabile in Italia. I parlamenti medievali sono il prodotto pi tipico di una societ tutta divisa in corpi chiusi, dei quali ciascuno ha privilegi particolari: nobilt, clero e Comuni godevano infatti tutti di una posizione speciale allinterno del territorio grazie alle immunit che venivano loro donate. Il principio giuridico sul quale si basano, preso dal diritto romano anche se in questo era riferito ai rapporti fra coeredi, che quod omnes tangit omnibus adprobari debet (Digesto), ossia che ci che tocca tutti deve essere approvato da tutti. In questo modo lorganizzazione dei tre aspetti fondamentali della vita dello stato, leconomia, le leggi e le milizie dipendeva anche dalla volont di queste assemblee generali, che in Italia non ebbero grande fortuna ma che nel resto dellEuropa riuscirono a contrastare con grande efficacia lautorit del sovrano e a condurre una politica rivolta alla modernit. In Italia troviamo lassemblea degli stati generali sia nel Regno dItalia sia nel Regno Normanno sia in quello di Sardegna dopo la conquista Spagnola: mentre nel primo caso la fine della dinastia Sveva port alla decadenza delle assemblee, nel Regno di Sicilia, invece, queste durarono fino al 1812, venendo sempre pi affinate e regolamentate con precisione. Nel Regno di Sicilia, prima Normanno e poi in mano a Carlo dAngi, il compito fondamentale dellassemblea era quello di concedere sussidi per la difesa del Regno: lunico modo che il Re aveva per poter ottenere il denaro necessario era quello di chiederlo allassemblea degli stati generali. Accanto a questa troviamo anche unaltra funzione, ossia quella di approvazione dellatto legislativo: anche se non espressamente ricordata, ma anzi negata, impossibile pensare che baroni e vescovi accettassero di applicare leggi alla cui approvazione non avessero direttamente partecipato (la funzione legislativa nella formazione delle Assise normanne era quindi meramente recettizia, e non attiva). Il diritto di partecipare allassemblea spettava a baroni e vescovi che fossero feudatari in capite, ossia direttamente dipendenti dal re; nel 1232 Federico II estese poi il diritto ai comuni demaniali, ossia che fossero anchessi direttamente sotto le sue dipendenze. Egli stesso aveva poi cercato di ordinare e disciplinare il ruolo del parlamento, prevedendo la convocazione annuale e le regole per la sua composizione, alla quale avrebbero dovuto partecipare prelati, baroni e rappresentanti di citt che si riunivano separatamente. Il parlamento proponeva al re delle grazie che divenivano poi leggi, qualora il sovrano le emanasse con il nome di capitoli. Ma la funzione principale era, ovviamente, quella daccordare sussidi. Con la conquista della Sicilia da parte di Carlo dAngi ci non fu rispettato: si ebbe addirittura un primo periodo in cui non vennero convocati gli stati generali, in quanto il nuovo sovrano pensava di non essere tenuto a farlo avendo conquistato la Sicilia con la forza. Fu per costretto dal Papa, il

quale riconobbe in forma scritta la validit della consuetudine che stava a fondamento dellistituto parlamentare. Il parlamento, diviso in tre bracci, secondo la terminologia spagnola, esercit un notevole influsso fino al XVI secolo, dopo il quale il governo cerc di ridurne limportanza.. Le convocazioni venivano fatte ogni 3 anni per la concessione del sussidio, mentre la funzione legislativa prevedeva listituzione di un Vicer al quale spettasse il compito di trasmettere, o meno, le grazie al sovrano. Venne contemporaneamente istituita la deputazione, una giunta composta da 12 persone, e stabile, che doveva amministrare i donativi e fare rimostranze al re qualora fossero violati i capitoli. Nel Regno di Napoli, dopo la separazione dalla Sicilia, avvenuta con il Vespro siciliano di fine 1200, vi furono stati generali, che per non raggiunsero mai limportanza di quelli siciliani. Erano composti da membri dei tre ordini, e il compito principale era quello di concedere il sussidio. Nellisola di Sardegna si ebbe una terza espressione di assemblea generale, ma solo dopo la conquista Aragonese, in quanto venne riprodotto il modello spagnolo, non prevedendo per riunioni ogni tre anni, ma con intervalli molto pi lunghi, anche di dieci anni, durante le quali si concedeva il donativo e si potevano chiedere capitoli al Re. Tali assemblee erano dette Stamenti. Nello Stato della Chiesa troviamo soltanto pochi casi di assemblee generali, nei quali troviamo vescovi e abati, conti e baroni, podest e consoli delle citt. Le varie province avevano per parlamenti particolari, come nel caso di Ancona. Un problema grave dello stato della Chiesa era lelettivit, e non ereditariet, della carica di sovrano. In questo modo ogni volta che cambiava il Papa cambiavano tutti gli ufficiali, i funzionari. Inoltre ci fu il grave problema delle indulgenze, della corruzione e del grande nepotismo tra 400 e 500, a cui il Concilio di Trento volle porre rimedio a met del 500. si diffonde cos il piccolo nepotismo, con la creazione della figura del Cardinal Nipote, lattuale Cardinale segretario di Stato, carica ricoperta da un uomo di fiducia del Papa, e che ha il compito di dirigere la politica dello Stato. In pi si dividono dei settori dellamministrazione, in tutto 15, ognuno dei quali viene affidato ad una congregazione con a capo un determinato cardinale. Da ricordare la Sacra Rota, il grande tribunale ecclesiastico. Interessante il Parlamento Friulano, perch riuniva sia funzioni politiche sia amministrative; era composto da tre ordini, il primo di vescovi, abati e capitoli, il secondo da feudali liberi e ministeriali, il terzo dalle comunit, che non avevano attivit separate, ma si riunivano per lo pi insieme. Il parlamento aveva potere legislativo e finanziario; determinava il contingente della milizia, aveva il controllo amministrativo ed era supremo giudice del territorio patriarcale. Nei secoli XIV e XV si riuniva pi volte allanno ed eleggeva consiglieri che reggevano la contrada. Tutto ci venne meno con la caduta sotto il controllo di Venezia del Patriarcato di Aquileia. Per concludere si deve parlare dei domini di Casa Savoia, nei quali troviamo due diversi parlamenti, uno con sede a Chambery e uno con sede a Torino, per regolare la zona transalpina e cisalpina del territorio. In Piemonte troviamo poi anche un parlamento nel Monferrato e uno nel marchesato di Saluzzo, tutti con lo schema dei tre stati. Il potere tributario accordato al parlamento sabaudo ebbe per un risvolto negativo quando il duca Carlo II chiese urgentemente dei contributi per poter difendere il ducato dallimminente attacco dei francesi di Francesco I nel 1517: tali mezzi furono rifiutati, portando alla disfatta sabauda: per questo motivo si capisce come mai Emanuele Filiberto, dopo aver riconquistato i territori che erano stati persi grazie a Chateau-Cambresis, non si tenne vincolato dai patti e dalle consuetudini che gli avrebbero imposto di convocare gli stati generali, e non li convoc pi, fatta eccezione per le congregazioni del ducato dAosta, in omaggio alla fedelt dimostrata. Non convocando pi gli stati generali era necessario un nuovo modo per ottenere il donatio, e Emanuele Filiberto riusc ad imporre un tributo annuale da far pagare alla nobilt e ai signori feudali a seconda del loro reddito in base alla zona che controllavano: quindi una zona che paga, star al feudatario dividere il tasso (tributo per lo stato) tra i vari sudditi. In questo modo si assicur delle entrate piuttosto costanti, e comunque tali da permettergli di mantenere un esercito perenne. Inoltre riforma la giustizia, lasciando che il primo grado sia gestito autonomamente dalle autorit locali, ma introducendo i giudici dappello, nominati direttamente dal sovrano, che prendono il nome di Senati, che hanno anche il potere di interazione, ossia di accettare

e utilizzare o di rimandare al principe le norme da lui appena emanate. Ai Senati, tra 500 e 600 spetta quindi una sorta di controllo di legittimit (come nelle corti di parlamento francesi). Cos in zone diverse potevano essere accettate norme diverse PERIODO DEGLI STATI AUTOCRATICI Il periodo che va dalla met del XVI secolo alla met del XVIII vide in Italia la dominazione di sovrani stranieri, la divisione dei territori, il particolarismo giuridico e limpossibilit di progredire, di evolversi del diritto pubblico e della comunit. Da un lato cerano infatti i commentatori, che tendevano a fossilizzarsi nel commentare, e ponevano linterpretazione al di sopra di tutto, traendo dal diritto romano la giustificazione dellassolutismo. Daltro lato cerano le corporazioni che avevano creato una situazione di immobilizzazione economica, in quanto era difficile divenire maestro, aprire nuove attivit ed espandere il mercato. LItalia era, quindi, in un periodo di crisi economica, sociale e giuridica. Mentre in tutta Europa assistiamo, a partire dal XVII secolo alla nascita delle moderne monarchie, che superano il particolarismo, creano un potente esercito e attuano una forte organizzazione centrale sia della giustizia, sia dellattivit finanziaria, in Italia ci avviene, in maniera molto ridotta, solo qualche secolo dopo, fatta eccezione per la Savoia. VERSO LUMANESIMO E LETA MODERNA A partire dal XV-XV secolo cambia la visione del mondo, passando dal mondo come qualcosa di precostituito, di assoluto, allidea che ognuno sia faber suae fortunae. Ci che conta la volont: il mondo, cos come il diritto, non pi qualcosa di immutabile che viene dato dallalto: negli stati allora il principe che, in qualit di capo dello stato, vuole abbattere le barriere che si trovano tra di lui ed ogni suo suddito (i privilegi, le corporazioni, i vincoli feudali ed ecclesiastici) in modo da proporre il proprio diritto, che sempre meno legato al diritto comune universale nella pratica, ma ancora nella ratio ispiratrice di ogni legge. Sono quattro le grandi novit che portano verso lumanesimo: lintroduzione della stampa (che fece aumentare rapidamente la diffusione della cultura, soprattutto relativamente alleditoria giuridica si ebbe un grande incremento), la scoperta del Nuovo continente, lintroduzione della polvere da sparo, che diede inizio alla rivoluzione militare, e la riforma protestante, che mise in crisi il diritto canonico perch Lutero ne critic i costumi ormai corrotti tanto da non riconoscerlo pi come elemento del diritto comune a partire dalla fine del 400. Nasce la nuova cultura umanistica rinascimentale, con luomo al centro delluniverso, che non accetta pi in maniera passiva ci che viene dalle generazioni precedenti (e di qui si scopre come Giustiniano avesse modificato il diritto classico e anche la falsit della donazione di Costantino grazie a Lorenzo Valla-). Per questo motivo si capisce allora la Lettera pisana o fiorentina di Poliziano, il quale recuper il testo del Digesto che si pensava i fiorentini avessero sottratto ai pisani che a loro volta lavrebbero preso dagli Amalfitani. Lobiettivo quello di recuperare il pi possibile loriginalit dei testi classici, non volendo per prenderli come unautorit immanente, immodificabile e immutabile: di fronte alle stesse norme infatti si hanno pi interpretazioni diverse che danno vita ad un forte spirito critico, che porta a considerare le norme non come qualcosa di imposto, bens come qualcosa su cui riflettere. Accanto a tutto ci si crea il concetto di sovranit, intesa come rapporto diretto tra il detentore del potere e il suo territorio, di cui capo indiscusso, e sul quale hanno forza solo le sue leggi. Tale tendenza evidenziata dallopera di Bodin, che nel 1586 con i Six livres de la republique, ossia relativi allordinamento dello stato, sostiene che questa si realizza con la figura del principe, il quale cerca, in ogni provincia, di ridurre le autonomie locali, e di passare dal suzerein, ossia dallessere un signore a capo di altri signori, alla souverain, ossia sovrano assoluto che ha di fronte a se sudditi. il libro che sta alla base del nuovo concetto di sovranit. Il principe fonte di potere capace di emanare ordini vincolanti per tutti. Ci avviene, come detto, particolarmente in Francia, dove a partire dal XIV secolo si diffonde il concetto di rex superiorem non reconoscens in regno suo est imperator, in Spagna, dove Carlo V attua una riforma innovativa dello stato, e in

Inghilterra, con Carlo VIII ed Elisabetta I, ove furono attuati cambiamenti che ebbero grande influenza su tutta la storia politica europea: mentre lassolutismo francese tale da far s che non vengano quasi mai convocati gli stati generali, in Inghilterra, dopo la rivoluzione di Cromwell che ostacola le tendenze assolutistiche e cattoliche del sovrano, si ha la nascita di un nuovo modello di parlamento medievale: non pi tre stati che votano insieme, ma due camere separate, i Lords e i Commons, rispettivamente composte da nobili e da delegati dei comuni eletti in ognuno di questi. In Inghilterra nasce lo stato moderno tanto propagandato da Montesquieu nelle sue opere di inizio 700 (in particolare nell Esprit des lois). Contemporaneamente cambia il ruolo del giurista, che non pi colui che deve spiegare il diritto comune ai suoi contemporanei, ma svolge ormai un ruolo attivo che assiste il titolare della sovranit quando emana leggi. In pi viene meno la figura del giurista poliedrico, a favore della specializzazione nei vari settori della giurisprudenza. Il corpus iuris civilis e il corpus iuris canonici (ossia lo ius commune) vengono visti con diffidenza perch limitano luomo e si presentano come unica verit e unica strada percorribile: allora il principe che interviene ed emana leggi per i propri sudditi, per il proprio territorio, avendo per qualitativamente molto ben presenti sia i principi del Corpus Iuris Civilis sia di quello canonico. Quantitativamente, invece, prevalgono le nuove leggi del principe, che sovrastano le norme del diritto comune e regolano sempre pi campi, estendendosi sempre a pi settori della societ. Se il diritto comune aveva validit universale, e quindi era preso come punto di riferimento per tutta lEuropa, si assiste adesso alla nascita di tanti diritti territoriali diversi. Si hanno allora pi diritti, e anche pi interpretazioni: ai principi si chiede allora di fare chiarezza: per primo fu Nevizzano dAsti, professore dellUniversit di Torino. Poi fu la volta del francese Hotman, che chiese al re di indicare quale fosse linterpretazione da seguire. Per riuscire ad ottenere e consolidare la propria supremazia il re deve per cancellare tutti i privilegi e le immunit che caratterizzano sia il feudo, sia il clero sia i comuni, e in particolare le corporazioni sorte al loro interno. LO STATO MODERNO E LILLUMINISMO La nuova struttura dello stato, incentrato sul sovrano e sui suoi funzionari che avevano il controllo diretto del territorio, richiedeva, oltre ad unattenta organizzazione giuridica (con le rote, i Senati, le Camere o la Cour de parlament), allaccentramento giudiziario e alla territorialit del diritto, labolizione di tutti i privilegi e le immunit che avevano portato ad un forte particolarismo giuridico. A partire dai nuovi ragionamenti di Hobbes, Locke e Grozio relativamente allo stato di natura e al suo diritto si arriva infatti a una nuova concezione del potere, visto come uno strumento attraverso il quale il principe porta a tutti la sua felicit. E questo il periodo delle monarchie illuminate, che ebbe riscontri sia in Europa sia in Italia, pi o meno evidenti a seconda del carattere del sovrano e della sua volont di ribaltare un ordine, quello dei privilegi, che era ormai un elemento fondante di ogni stato. La legge non pi un mezzo di registrazione del presente, ma uno strumento per cambiare la societ secondo obiettivi politici. Con lilluminismo si tenta di costruire in modo razionale un futuro migliore e pi felice per tutti i sudditi. Ci non avviene in Francia, dove lassolutismo totale, mentre se ne hanno grandi esempi in Prussica e in Austria, ove i sovrani illuminati si fanno affiancare da collaboratori illuminati, come Voltaire al fine di migliorare la societ. Secondo Montesquieu sono infatti i lumi della ragione che fanno vedere una societ migliore che deve essere raggiunta attraverso uno strumento legislativo razionale. Guardando allInghilterra di inizio 700 Montesquieu propone il modello della divisione e dellequilibrio dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, allinterno di una democrazia in cui il popolo si esprime per mezzo della delega affidata a membri che faranno parte del parlamento (Democrazia delegata o rappresentativa). Rousseau, invece, sostiene il valore e la bellezza dello stato di natura, la miglior condizione possibile, dalla quale per luomo era uscito entrando in civilt. A suo avviso ci sarebbe bisogno di

un modello ideale di societ verso il quale la volont generale fosse indirizzata (volont generale che non sempre espressione della maggioranza: ci avviene solo se non si trova soluzione migliore di quella proposta dalla maggioranza), e al quale il popolo tendesse grazie ad una democrazia diretta, ossia grazie ai referendum. La situazione a livello europeo muta radicalmente in seguito alla Pace di Aquisgrana, del 1748, in seguito alla quale si hanno 30 anni di apparente tranquillit, durante i quali i sovrani illuminati possono dar vita alle proprie riforme. Nei confronti della Chiesa si assiste molto spesso alla lotta tra giurisdizionalismo e curialismo, ossia tra chi sosteneva che la Chiesa non dovesse regolare la societ, che lo Stato fosse la prima autorit, che la Chiesa non potesse amministrare la giustizia, che toccasse al principe il compito di dare il placet per accettare la nomina di un ecclesiastico, e chi invece era un sostenitore dellantico ruolo della Chiesa allinterno della societ. Bisogna a questo punto esaminare in che modo i sovrani dei piccoli stati italiani cercarono di abolire il particolarismo e combattere contro i privilegi. Come in et medievale, cos anche i et moderna troviamo i privilegi: se prima erano per delle limitazioni della sovranit per condizionamenti operati dai tre stati, a cui doveva acconsentire perch da qui aveva fonte il suo potere, in epoca moderna il privilegio una concessione benevola del sovrano che vuole trattare in maniera differente condizioni differenti, ci per porta i rappresentanti della popolazione, i sudditi, a cercare nel sovrano la tutela dei diritti essenziali, dei diritti innati. Nel Regno di Napoli, sotto dominazione spagnola, grazie alla forza e al carisma del ministro Bernardo Tanucci, il giurisdizionalismo ebbe un fortissimo impulso, capace di contestare i privilegi della Chiesa e di sancire la supremazia dello Stato, tale da far s che si ingerisse nelle sue funzioni. Basti ricordare leliminazione della mula bianca, lomaggio che il Re di Napoli doveva recare al Papa, insieme a somme doro, come omaggio per linvestitura (fu per reintrodotto dopo breve tempo). Sempre al Tanucci si devono dei provvedimenti contro i privilegi feudali, in quanto tent di recuperare i diritti regali usurpati dai baroni e di liberare dagli abusi i comuni a loro assoggettati. In pi fece s che il Re si rimpossessasse del potere giurisdizionale che i baroni detenevano abusivamente, obbligandoli ad esercitarlo in nome del Re e in base alle sue disposizioni. Le regole non erano quindi le consuetudini, ma le leggi emanate dallautorit centrale. Anche queste riforme non ebbero particolare fortuna, soprattutto per via della morte precoce del Tanucci. In Toscana troviamo invece molto attivo Pietro Leopoldo, fratello di Giuseppe II dAustria e, come lui, gran sostenitore del giurisdizionalismo e della necessit di abolire tutti i tipi di privilegi (nobiliari e delle corporazioni). Lazione anti ecclesiastica fu favorita dalla presenza a corte del Vescovo Scipione de Ricci, che fu un gran sostenitore dellautonomia dei Vescovi nei confronti della Chiesa, e per questo motivo sostenne le teorie di Pietro Leopoldo, almeno fino a quando fu giudicato eretico e quindi sconfessato dallo stesso Granduca. In ambito economico il Granduca Leopoldo tent di sopprimere i privilegi delle corporazioni, anche in ambito giurisdizionale, e attu una politica economica anti-vincolistica, togliendo dazi e barriere doganali. Un elemento molto importante della politica di Leopoldo dato dallemanazione della Leopoldina, una legge molto simile ad un codice, con la quale viene abolita la legge di morte, sulla scia dellopera di Cesare Beccarla Dei delitti e delle pene, al posto della quale sono introdotti i lavori forzati. La Lombardia si presenta come il primo stato ad avere una riforma un po organica, per via del fatto che si trovasse sotto il controllo Asburgico, e quindi che ad essa furono estese le novit introdotte dal Sovrano dAustria. La prima fu Maria Teresa, madre di Giuseppe II, e il figlio ne segu le orme. Le riforme austriache non furono eclatanti, ma sicuramente incisive. La pi importante fu sicuramente quella giudiziaria e procedurale: veniva completamente rinnovato lordinamento dei tribunali e si diede ai feudatari solo la possibilit di nominare i giudici, seguendo per le regole imposte dallo stato. Venne anche riformato in maniera decisa il catasto, in maniera che si pagassero le tasse in base allampiezza di terreni e fabbricati. In pi Giuseppe II, succeduto alla madre, fu il primo in Europa a rivendicare la competenza statale sulla famiglia e sul matrimonio.

In Piemonte si ha invece una condizione di assolutismo preilluminista, con Vittorio Amedeo II che ha come modello lo stato assoluto francese, e quindi nelle sue riforme c lintento di creare non una monarchia illuminata, ma assoluta. LA RIVOLUZIONE AMERICANA (G.S. P. Vidari) La situazione delle colonie americane nel XVIII secolo rientra nella pi ampia questione della necessit dei sudditi di vedersi riconosciuti i diritti essenziali, quelli considerati innati nelluomo, che lassolutismo regio tendeva a non riconoscere, se non a pochi privilegiati. Merito delle 13 colonie americane fu quello di riuscire a mettere in pratica una discussione teorica che in Europa andava avanti da qualche secolo, incentrata sullesistenza di diritti innati, sulleguaglianza formale e sul dovere del governo di rispettarli. Le colonie, che erano nate proprio sulla base di un privilegio, la carta coloniale, concessa dal Re dInghilterra, erano controllate da un Governatore, di nomina regia, disponevano di unAssemblea con il potere di emanare norme (che non contrastassero con quelle del Parlamento Inglese) che dovevano essere approvate dal re, avevano anche ottenuto la possibilit di armarsi, ma mancava loro totalmente la rappresentanza nel parlamento Inglese. In questo modo, seppur rispettosi della Corona Inglese, i coloni si sentivano fortemente penalizzati dal Parlamento, lo stesso organo che per molti europei era un modello da seguire (Montesquieu su tutti), perch con la sua politica economica protezionistica impediva alle colonie di commerciare liberamente. Da quanto emerse in alcune riunioni collegiali tenutesi nel 1765 tra alcuni rappresentanti delle varie colonie, si capisce come queste sentissero violato non un loro privilegio, ma il diritto naturale di commerciare liberamente che, a loro avviso, era tipico di ogni cittadino inglese. Per questo motivo si ribellarono allimposizione delle tasse da parte del Parlamento inglese, costringendo il Re Giorgio III a reprimere linsurrezione per mezzo dellesercito (1774-1776), in seguito al Boston Tea Party. Era quindi evidente come anche il sovrano inglese, e non solo pi il Parlamento, avesse infranto quei diritti naturali che, secondo le teorie di Locke, erano innati in ogni essere umano, comportandosi come un tiranno. Si erano quindi verificate le condizioni per dichiarare la perdita di potere su di loro da parte della Corona inglese e la propria autonomia. La Dichiarazione dei Diritti della Virginia Nel 1776 ci furono, da parte delle colonie, numerose Dichiarazioni dei diritti, il cui scopo era proprio quello di ribadire come in ogni uomo fossero innati dei diritti che anche il sovrano aveva lobbligo di rispettare. Tra le tante la pi famosa fu sicuramente quella del buon popolo della Virginia, redatta il 12 giugno 1776: in pochi articoli vengono enunciati i punti essenziali che porteranno, pochi giorni dopo, alla proclamazione della autonomia. 1. tutti gli uomini sono per natura eguali ed indipendenti ed hanno vari diritti innati di cui non possono privarsi neanche per contratto (indisponibilit): godimento della vita e della libert mediante lacquisto e il possesso della propriet, il perseguimento e il raggiungimento della felicit. Vita, libert e felicit sono tre diritti indisponibili, che permangono anche quando luomo passa dallo stato di natura allo stato sociale. Si deduce, allora, che ogni governante deve rispettare i diritti innati, a pena di perdere il potere. 2. tutto il potere nel popolo: i magistrati sono suoi fiduciari e servitori e responsabili verso di lui 3. il governo istituito per la comune utilit, protezione e sicurezza del popolo; quando un governo appaia inadeguato a tale risultato la maggioranza della comunit ha il diritto, anchesso inalienabile, di riformarlo, mutarlo ed abolirlo per il miglior bene pubblico. 4. nessun uomo o gruppo di uomini ha diritto ad esclusivi o separati emolumenti o privilegi rispetto alla comunit. Questo larticolo che sancisce labbattimento dellancien regime, non pi in via teorica, ma anche effettiva. 5. i poteri dello stato devono essere separati (come teorizzato da Montesquieu)

C poi una serie di articoli garantisti, con i quali il popolo della Virginia vuole ribadire le garanzie di cui ogni cittadino dispone: propriet individuale, garanzie processuali, libert personale, libert di stampa. Larticolo 11 introduce conferma, invece, lantico giudizio a mezzo di giuria popolare, a discapito del giudice togato tipico della giustizia inglese. In materia militare si riconosce la validit dellesercito popolare, il quale non deve per essere fisso, ma deve venire sciolto in tempo di pace. La Dichiarazione dei diritti e dindipendenza di Filadelfia Il 4 luglio 1776 a Filadelfia i rappresentanti dei 13 stati mentre proclamano la propria indipendenza dalla madrepatria, riaffermano i diritti delluomo alleguaglianza, alla libert e alla ricerca della felicit in una nuova Dichiarazione dei diritti. Scopo di questa Dichiarazione quello di dimostrare il perch della dichiarazione di indipendenza, ossia mostrare che i diritti del popolo americano non erano stati rispettati dalla madrepatria. Tutti gli uomini sono stati creati uguali da Dio, che li ha dotati di alcuni diritti inalienabili, come la vita, la libert, la ricerca della felicit, per la cui conservazione e sicurezza gli uomini creano i governi, che, quindi, traggono i loro poteri dal popolo stesso; ogni qual volta un governo tenda a negare tali diritti, diritto del popolo modificarlo o distruggerlo e creare un nuovo governo. Ci ancor pi giustificato se il popolo, come nel caso delle colonie, ha subito un lungo corteo di abusi ed usurpazioni, tale da rendere il diritto al cambio del governo un vero e proprio dovere la sicurezza futura. Da questa dichiarazione deriva la conclusione, ossia che I rappresentanti degli Stati dAmerica, riuniti in Congresso Generale, appellandosi al Supremo Giudice dellUniverso e alla rettitudine delle loro intenzioni, proclamano solennemente e dichiarano, che le loro colonie Unite sono e devono di diritto essere Stati liberi e indipendenti. La costituzione americana Il Re dInghilterra tent, ovviamente, di reprimere e sedare la ribellione delle colonie americane, ma non vi riusc, per via della situazione in patria e dellaiuto che la Francia offr alle colonie, ormai tutto proclamatesi stati. Lo scontro dur dal 1776 al 1781, quando lesercito inglese dovette desistere. Nel 1783 a Parigi fu firmata la Pace con la quale i 13 Stati si videro riconosciuta lindipendenza. A questo punto, risolti contrasti interni tra gli Stati del nord e del sud riguardo al tipo di governo da adottare e alla regolamentazione della schiavit, nel 1787 a Filadelfia i rappresentanti dei 13 Stati diedero vita ad una Convenzione, una sorta di Assemblea Costituente, che aveva il compito di stabilire le nuove regole essenziali del nuovo stato federale, gli Stati Uniti dAmerica, che i rappresentanti avrebbero poi votato. Era questa la prima, seppur breve (appena 7 articoli) costituzione scritta. Fu scelto il modello della Repubblica Presidenziale retto sulla divisione dei poteri tra due Camere, il Congresso elettivo e il Senato composto da rappresentanti degli Stati, che hanno il potere legislativo, il Presidente, che ha il potere esecutivo ed direttamente eletto dal popolo ogni 4 anni, e la magistratura, anchessa elettiva secondo il modello inglese. I diritti innati non vennero ribaditi, in quanto la Dichiarazione di Filadelfia del 1776 era ancora ben presente nelle menti di tutti i padri fondatori: due anni dopo, per, con dieci emendamenti vennero aggiunti i diritti delluomo. Ad oggi sono stati fatti numerosissimi emendamenti, ma il nucleo centrale della costituzione americana ancora quello del 1787. LE CARTE COSTITUZIONALI IN FRANCIA Mentre a Parigi gli stati americani e il sovrano inglese firmavano la pace, la Francia versava in condizioni disastrose, sia dal punto di vista sociale sia, soprattutto, economico. Per rimediare allo svuotamento delle casse, il Re pens di convocare, dopo oltre un secolo e mezzo, gli stati generali a Versailles nel maggio del 1789, in maniera da poter salvaguardare la monarchia in cambio di qualche concessione. Il numero imponente di cahiers de doleances redatti in vista degli stati generali, oltre 60.000, e il diffuso malcontento che da essi emergeva (relativamente alla

amministrazione della giustizia, alle prepotenze dei signori feudali e dei funzionari regi, alla eccessiva pressione fiscale, alla insopportabilit del regime dei privilegi) mostravano la criticit della situazione, che venne ancor pi acuita nel momento in cui i tre stati si ritrovarono a Versailles. Gi da subito, infatti, si aprirono le discussioni tra di loro, e in particolare relativamente al tipo di voto con cui si sarebbero dovuti prendere i provvedimenti: clero e nobilt volevano il voto per stato, il popolo voleva invece quello per testa, in quanto erano numericamente superiori alla somma degli altri due. Dopo un mese di discussioni il terzo stato, insieme a qualche rappresentante del clero, si stacc dagli stati generali e si proclam Assemblea Nazionale, giurando (giuramento della pallacorda) di rimanere uniti fino a quando non avessero dotato la Francia di una nuova Costituzione. Il 9 luglio, ottenuto il riconoscimento da parte del Re, assunse la designazione di Assemblea Nazionale Costituente, la cui sopravvivenza fu garantita dallo scoppio dellinsurrezione popolare il 14 luglio con la presa della Bastiglia. La Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino del 1789 In questo modo possono continuare i lavori dellAssemblea, e, in particolare, del Comitato di 30 membri che aveva istituito per preparare il testo della nuova costituzione, alla quale sarebbe dovuta essere anteposta una Dichiarazione dei diritti, redatta a sua volta da unapposita Commissione, che approv il testo il 26 Agosto. Il compito della Dichiarazione sarebbe stato quello di mettere dei punti fermi sui risultati conseguiti, in modo da evitare un ritorno al passato, tanto completa da non essere mai pi modificata in futuro. Questa si compone di un preambolo, pomposo e solenne e di 17 articoli che enunciano i diritti naturali delluomo e i punti fondamentali che vanno rispettati per giungere alla loro realizzazione e conservazione. La Dichiarazione quindi un elenco dei punti fermi per una futura Costituzione. Proemio: i rappresentanti del popolo francese e la sua Assemblea Nazionale affermano in una solenne dichiarazione i diritti naturali, inalienabili sacri delluomo, che devono essere sempre presenti nelle future Costituzioni a garanzia dei cittadini francesi, poich loblio e il disprezzo dei diritti delluomo sono le uniche cause della sciagure pubbliche e delle corruzioni dei governi. Art. 1 afferma i principi di libert ed uguaglianza, a partire dalla nascita, di tutti gli uomini Art. 2 il fine dellordinamento la conservazione dei diritti naturali, imprescrittibili, che consistono nella libert, nella propriet, nella sicurezza e nella resistenza alloppressore (da qui appare chiaramente il carattere borghese della Costituzione, sia la sua negativit difesa dello Stato e non stimolo per il futuro-, lastrattezza eguaglianza formale e non sostanziale- e garantismo per evitare il ritorno dellancien regime e ogni ulteriore rivoluzione sociale). Art. 3 sovranit nazionale, non pi del re o dei singoli cittadini, ma della nazione intera, considerata come un soggetto distinto dai cittadini che la compongono: si evita la monarchia assoluta, ma anche la democrazia diretta di Rousseau. Art. 4 libert: ogni uomo libero di fare tutto ci che non noccia ad altri: i limiti dellagire umano possono essere determinati solo dalla Legge. Art. 5 la libert pu essere limitata dalla legge e solo dalla legge, in base alla fiducia che la maggioranza possa emanare buone leggi. Ci che non vietato dalla legge non pu essere vietato da nessun altro. Art. 6 la legge lespressione della volont generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere personalmente o mediante i loro rappresenti alla sua formazione. I cittadini sono tutti eguali davanti alla legge C poi, dallart.7 all11, lelencazione di alcune garanzie dei cittadini, come quella nei confronti degli arresti arbitrari (7), la presunzione dinnocenza (9), la libert di espressione e di religione (10), che comprendono la parola, la scrittura e anche la stampa. Nellultima parte sono previsti gli strumenti attraverso i quali lo Stato pu presidiare e garantire i diritti dei cittadini, ossia i mezzi coercitivi e di forza pubblica di cui pu disporre, il cui limite che siano istituiti a vantaggio di tutti. La forza pubblica (12) istituita a garanzia dei diritti delluomo. Per il suo mantenimento necessaria la partecipazione di tutti. In pi inserito il principio di

responsabilit diretta di ogni membro dellamministrazione nei confronti dei cittadini: ogni cittadino ha infatti il diritto di chiedere conto delloperato dellagente. Larticolo 16 poi lespressione della necessit della divisione dei poteri, ossia del modello di Montesquieu, che rafforzata dallidea secondo cui se non c divisione dei poteri non si ha una costituzione. Larticolo 17 rafforza il valore della propriet privata, di cui nessuno pu essere privato salvo necessit pubblica, legalmente constatata, e in cambio di una giusta indennit. Le carte costituzionali francesi (1791, 1793, 1795, 1799) Costituzione del 1791 LAssemblea Nazionale Costituente, dopo la redazione della Dichiarazione dei diritti si pose come obiettivo quello di redigere la nuova carta costituzionale, che fu pronta solo nel 1791, dopo quasi due anni di lavori. Questa prevedeva una monarchia limitata in cui il Re, non pi di Francia ma dei Francesi perch da loro, detentori della sovranit, che riceve il potere e la legittimazione, che detiene il potere esecutivo ed affiancato da unAssemblea, lAssemblea Nazionale Legislativa, che detiene il potere legislativo, che durava in carica due anni ed era eletto a suffragio indiretto e ristretto. Il potere giudiziario era esercitato da giudici elettivi. Unico potere legislativo del re, che sceglie i suoi ministri, quello di porre il veto alle leggi dellAssemblea, ma ci non avvenne praticamente mai. finita la monarchia di diritto divino, e in breve tempo tutti i poteri si spostano a favore dellAssemblea, tanto che circa un anno dopo il re fu esautorato e lAssemblea cedette il posto ad una Convenzione che proclam la Repubblica Francese e inizi i lavori per una nuova carta costituzionale, finita nel 1793 ma entrata in vigore pi tardi per via della situazione sociale e del fortissimo potere esercitato dal Comitato di Salute Pubblica presieduto da Robespierre, che prefer la politica del terrore ad una nuova costituzione. Costituzione del 1793 La Costituzione del 1793, preparata dai Girondini ma portata a compimento dai Giacobini, in realt non entr mai in vigore, poich, per via della situazione sociale, fu preso un provvedimento per il quale il governo sarebbe stato rivoluzionario del Comitato di Salute Pubblica fino alla pace. Il dettato costituzionale, anticipato da una nuova Dichiarazione dei diritti pi amplia di quella del 1789, che introduceva il concetto di sovranit popolare al posto di quella nazionale (in questo modo ogni cittadino deteneva un pezzo di sovranit) precisava con maggior dettaglio le garanzie liberali. A livello di ordinamenti, la Costituzione del 1793 prevedeva labbandono della separazione dei poteri, e laccentramento di tutti nel Corpo legislativo unicamerale. Tale assemblea, eletta a suffragio universale e diretto aveva potere legislativo e sceglieva un Consiglio esecutivo di 24 membri. Una volta proposta una legge, questa sarebbe stata inviata alle comunit municipali, le quali avrebbero deciso sulla loro introduzione, o meno, per mezzo di referendum. Il Corpo legislativo era unico, indivisibile e permanente per tutto lanno in cui rimaneva in carica. La Costituzione dellanno III (1795) lopera di chi era riuscito a scampare al periodo del terrore di Robespierre, e quindi appare pi come una costituzione volta a tutelare il potere e ad impedire che avvengano colpi di stato e prese di potere piuttosto che a migliorare la societ e spingerla verso un futuro migliore (ritorna la divisione dei poteri). Ci che domina infatti la paura degli estremisti, che appare chiaramente nella complessit e articolazione delle istituzioni. Alla ormai tradizionale Dichiarazione dei diritti introduttiva dunque affiancata quella dei doveri, e alla sovranit degli individui sostituita quella dei cittadini, ossia di coloro che rispettano i propri diritti e doveri. Il potere legislativo suddiviso tra due Camere, il Consiglio dei 500 e il Consiglio degli Anziani (250), con il primo che formula le leggi, in quanto dovrebbe essere limmaginazione della Repubblica, e il secondo che ha solo il potere di porre il veto o di accettarla, in base alla loro presunta saggezza. LEsecutivo del tutto staccato dal legislativo, ed riposto nelle mani del Direttorio, un organo composto da 5 membri eletti dal Consiglio degli anziani (1 allanno decade), in modo che non ci sia un unico capo. A sua volta la magistratura, elettiva, separata dagli altri due poteri. Il modello della costituzione

dellanno III fu molto importante non per la sua applicazione in Francia, infatti fu minata da ben 4 colpi di stato, ma perch tutte le repubbliche che si formarono in Italia in seguito allavvento dellarmata napoleonica tra il 1796 e il 1799 si organizzarono proprio sul modello di questa costituzione del 1795 (tranne quella di Venezia, pi giacobina). La costituzione dellanno VIIII (1799) Con questa costituzione, frutto di un colpo di stato, si ha il definitivo abbandono dei principi espressi dalla Dichiarazione dei diritti del 1789 e linizio del periodo di dominio assoluto di Napoleone, prima come Primo console e poi come Imperatore. Grazie alle teorie di Sieyes, si fece strada un nuovo principio, sulla base del quale la fiducia viene dal basso, ma il potere viene dallalto. In questo modo il popolo deve solo esprimere, per mezzo dei plebisciti, la propria fiducia, ma tutto il potere nelle mani di chi a capo dello stato, che pu agire quasi indisturbato. Attraverso il suffragio universale vengono infatti predisposti degli elenchi di chi potrebbe ricoprire determinati uffici, ma spetta poi al titolare dellEsecutivo la scelta, entro lelenco, della persona adatta, molto spesso di una persona di proprio gradimento. LEsecutivo appare, quindi, quasi onnipotente: esso composto da tre consoli, di cui il primo Napoleone, che ha il potere decisionale effettivo (e che sceglie i suoi funzionari). LEsecutivo ha anche il potere di iniziativa legislativa, in quanto d al Consiglio di Stato le indicazioni per formulare le leggi, che vengono poi discusse dal Tribunato (senza votarle) e votate dal Corpo legislativo (senza discuterle). In questo modo si capisce come anche il potere legislativo risieda nelle mani del titolare del potere Esecutivo, e la divisione appaia solo come una facciata. Infatti le leggi sono preparate in base alle indicazioni del Primo Console, che anche colui che sceglie sia i membri del Tribunato sia del Corpo Legislativo. Il Primo Console designa, inoltre, anche i giudici. Tale modello, molto poco rivoluzionario, caratterizzer di qui in avanti gli ordinamenti dei diversi Stati Italiani gravitati nella sfera di dominio napoleonico a partire dall800. Il regime napoleonico Napoleone dopo Marengo, ormai primo console in base alla costituzione del 1799, era alla ricerca di una nuova organizzazione dei territori italiani, che prevedesse un governo forte e autoritario, libert ed eguaglianza di fronte alla legge, nessuna licenza od arbitrio da parte di alcuno. Dopo aver rifiutato un primo progetto nel 1801, indisse lassemblea di Lione, nella quale 500 notabili cisalpini elaborarono, in meno di un mese, la Costituzione di una nuova Repubblica italiana, della quale Napoleone fu eletto presidente e Francesco Melzi dEril vicepresidente, era il 26 gennaio 1802. Primo punto fu il solenne riconoscimento della religione cattolica apostolica romana quale religione di stato, lasciando agli altri culti il solo libero esercizio privato. Politicamente c nuovamente il primato dellesecutivo, che creava uno stato non lontano dagli antichi modelli di monarchia assoluta antecedenti alla rivoluzione, in cui lelemento del controllo del territorio e dei cittadini era predominante. A capo del governo e dello Stato cera un presidente eletto per 10 anni, con al fianco un vicepresidente di nomina presidenziale. Il presidente ha potere di iniziativa legislativa e nomina le pi importanti cariche dello stato. Cerano poi una Consulta di Stato (formata da 8 membri eletti dai Collegi elettorali) che regola le questioni attinenti alla sicurezza e ai rapporti internazionali, i ministri (di nomina e revoca presidenziale, cos come gli alti funzionari e le alte cariche militari) ed un Consiglio Legislativo (sempre di nomina presidenziale) che preparava le leggi e dava pareri alle amministrazioni. Vi era poi un Corpo Legislativo unico, i cui membri, 75, erano eletti dai tre Collegi elettorali (divisi non per zone ma per categorie sociali: possidenti, dotti e commercianti) che costituiscono la pi grande novit della nuova organizzazione repubblicana. In pi cera la Censura, che aveva compiti pi vari comunque legati al controllo delle attivit che si svolgevano allinterno dello Stato. Dopo lincoronazione ad Imperatore (1804), Napoleone diede ordine di preparare la nuova costituzione del Regno dItalia, del quale egli sarebbe stato ovviamente Re (a partire dal 26 maggio 1805). In quattro anni vennero formulati cinque statuti diversi, di cui fu fondamentale il

terzo: infatti dichiarava il Regno ereditario, unito allImpero dei Francesi, in cui il rispetto per la religione, lintegrit del territorio nazionale, le libert civiche e politiche e la propriet privata erano gli elementi fondamentali. Vennero per ripristinati i titoli nobiliari pi importanti e i tre Collegi elettorali venivano riformati e trasferiti a Milano, in modo che fossero pi facilmente controllabili. Consulta di Stato e Consiglio Legislativo venivano uniti nel Consiglio di Stato, mentre il Corpo Legislativo conservava il potere di approvare o di respingere le proposte governative, almeno fino a quando Napoleone lo sospese e non lo convoc pi, creando al suo posto il Senato, supremo organo politico e legislativo, composto da membri di diritto (principi, grandi ufficiali, ministri, arcivescovi) e di 48 membri elettivi, con compiti di Consulta e di repressione degli attentati contro la libert, di delibera sui progetti di legge e registrazione dei titoli concessi dal sovrano. Il costituzionalismo Regio: Spagna e Sicilia La rivoluzione francese esport in fretta i propri principi di libert, uguaglianza e fraternit in tutta Europa, costringendo alcuni sovrani a scendere a compromessi con il popolo non tanto nei propri Stati, quando nelle zone di confine, ove la loro presenza era inferiore: accade cos che nel 1812 vennero concesse due Costituzioni, una in Spagna e una nel Regno di Sicilia. Nel primo caso tutto nasce per via delloccupazione francese di Giuseppe Bonaparte, che porta a guerriglie e scontri armati contro i Francesi con laiuto da parte di truppe inglesi. La rivoluzione, che aspirava alla libert nazionale, riusc a far radunare a Cadice le Cortes, secondo la vecchia prassi parlamentare iberica, in modo che redigessero un nuovo testo costituzionale: il 18 marzo 1812 fu approvata la Costituzione di Cadice, la prima ad essere votata. Tale Costituzione prevedeva una monarchia moderata ereditaria (Art.14) il cui fine la felicit della nazione (Art.13), con il Re unico detentore del potere esecutivo, e che nomina i magistrati, i ministri (che sono 7, secondo la costituzione) e i membri del Consiglio di Stato sulla base delle terne proposte dalle Cortes. Il potere legislativo spetta invece alle Cortes (ciascun deputato ha potere di iniziativa legislativa), un parlamento unicamerale (che venne ben visto dai liberali perch in questo modo veniva meno la camera di nomina regia che aveva funzioni frenanti), sulla scia del modello dellancien regime, rispetto alle cui leggi il Re aveva diritto di veto (il potere di far leggi sta nelle corti insieme col re, Art.15). Lelezione avveniva attraverso un modello piramidale composto da tre gradi, le parrocchie, le province e il parlamento, con scrutinio palese. Era prevista una riunione annuale a palazzo, con durata di tre mesi, con possibilit di proroga di un altro mese. Oltre al compito legislativo, alle Corti, secondo il Capo VII della Costituzione, spetta anche il potere di ricevere il giuramento del re, approvare i trattati internazionali, stabilire i tributi e le imposte, proteggere la libert di stampa. Il Titolo IV interamente dedicato al Re Art.168 la persone del re sacra, inviolabile e non soggetta a sindacabilit. Art.170 il re unico detentore del potere esecutivo e di tutto ci che riguarda la conservazione dellordine pubblico e la sicurezza, interna ed estera, dello stato Art.171 il re ha anche il potere di fare decreti, regolamenti, dichiarare la guerra, fare e ratificare la pace, nominare i giudici, nominare tutti gli impieghi civici e militari, nominare liberamente i ministri Art.172 limitazioni dei poteri del re: il re non pu in nessun modo impedire che le corti si riuniscano quando stabilito dalla costituzione, n sospenderle, n discioglierle, n renderne pi difficile lattivit. In generale la Costituzione era composta da 384 articoli, un numero abbastanza considerevole viste le esperienze costituzionali precedenti, e si separa dalla tradizione illuminista, risentendo maggiormente delle tradizioni anteriori, in particolare di quella Inglese. La sovranit risiede essenzialmente nella Nazione, e non pi nel re, e questa obbligata a proteggere la libert civile, la propriet e gli altri diritti legittimi di tutte le persone che la compongono: viene meno sia la Dichiarazione dei diritti, sia il riferimento ai diritti naturali e indisponibili, per lasciar spazio ai diritti legittimi (chiara lassenza della matrice illuministica). In pi si ha un riconoscimento della religione cattolica come unica vera religione (art.12, la religione della nazione spagnola e sar

perpetuamente la Cattolica, Apostolica, Romana, unica vera. La nazione la protegge con leggi savie e giuste. E vieta lesercizio di ogni altra). La Costituzione siciliana Sempre nel 1812 il Re di Sicilia, Ferdinando, fu persuaso, se non addirittura costretto, da un inviato del governo inglese, Lord Bentwick, capo delle truppe che difendevano il Regno da possibili attacchi francesi, ad abbandonare il governo al figlio Francesco, a creare un governo esclusivamente siciliano (infatti i Siciliani erano stanchi del fatto che il Re preferisse stare a Napoli e li governasse attraverso unamministrazione non siciliana), a cedere al comandante inglese il controllo militare e a stabilire una nuova Costituzione. I tre Bracci (che, secondo il modello del parlamento medievale componevano il parlamento), ossia gli esponenti delle varie classi sociali, elaborarono una nuova costituzione fortemente influenzata da quella inglese. Prima della Costituzione venivano pubblicate dodici basi, dodici principi generali, ai quali il re dette la sua approvazione, fatta eccezione per la proposta di maggiori poteri finanziari per il parlamento. Non c, quindi, una vera e propria Dichiarazione dei diritti del cittadino, ma solo un lungo elenco di libert, diritti e doveri inserito dopo il titolo legato al potere legislativo. Seppur non particolarmente rivoluzionaria, ma anzi di stampo molto moderata, la costituzione ebbe una realizzazione nel complesso fiacca, tanto che il Re, tornato in Sicilia dopo il periodo di Regno di Gioacchino Murat, abrog la Costituzione siciliana. Le basi della costituzione siciliana I. la religione dovr essere unicamente, ad esclusione di qualunque altra, la cattolica, apostolica, romana; se il re professer unaltra religione decadr dal trono II. il potere legislativo risiede solo nel Parlamento, ma le leggi avranno vigore dopo la sanzione del Re, che pu porre il placet o il veto (quindi ha forte influenza) III. il potere esecutivo risieder nella persona del re IV. il potere giudiziario sar distinto ed indipendente dagli altri due, ed esercitato da un corpo di giudici. V. La persona del re sacra ed inviolabile VI. I ministri sono soggetti al controllo da parte del Parlamento VII. Il Parlamento sar composto di due Camere: una dei Comuni, rappresentante del terzo Braccio, e laltra dei Pari, nella quale si venivano a trovare i rappresentanti dei primi due bracci (militari, ecclesiastici) VIII. Viene abolito il voto plurimo: ogni membro della Camera dei Pari dispone di un solo voto IX. il re che convoca il parlamento, ma secondo quanto previsto dalla Costituzione X. Principio di legalit. Nulla pu essere fatto a discapito di un cittadino se non in base a quanto previsto dalla legge XI. Abolizione dei feudi. Cessazione delle giurisdizioni baronali. XII. la camera dei Comuni che dibatte relativamente ai sussidi da dare al re: alla camera dei Pari spetta solo acconsentire o dissentire. Ogni camera pu in generale fare una proposta, e allaltra spetter il compito di assentire o dissentire. La Costituzione siciliana del 1812 Capo I 1. il potere di fare, interpretare, dispensare, modificare e abrogare leggi spetta solo al parlamento. Tali atti legislativi avranno forza di legge e saranno obbligatori in seguito alla sanzione del re (accettazione) placet 2. il re pu solo accettare o porre il veto, non pu modificare. placet, per solo a partire dalla nuova costituzione, della quale saranno analizzati dal re i singoli articoli e ciascuno approvato o meno 3. spetta al parlamento la nomina di magistrati. placet, tranne che in casi straordinari Capo V

1. la camera dei Comuni sar formata da rappresentanti delle popolazioni di tutto il regno, senza alcuna distinzione demaniale o baronale, secondo proporzioni stabilite dalla costituzione. placet Capo XI 1. sar unicamente diritto di S.M. quello di convocare, sciogliere e prorogare il Parlamento. placet 2. il re sar tenuto a convocarlo ogni anno. placet LE RESTAURAZIONI Dopo la disfatta di Napoleone si assiste alla riconquista del potere da parte delle antiche dinastie europee, con i Sovrani che, legittimati dal Congresso di Vienna, cercano di ristabilire il proprio potere, e allo stesso tempo di riorganizzare gli Stati: se da un lato troviamo chi cerca di cancellare le innovazioni politiche introdotte negli ultimi venticinque anni (tra la rivoluzione francese e il regime napoleonico), come nel caso di Vittorio Emanuele I di Savoia, in altri casi ci furono tentativi di equilibrare le spinte reazionarie-restauratrici, con quelle liberali-costituzionali dellelite borghese. Era daltronde impensabile che bastasse un colpo di spugna per cancellare tutto quanto era avvenuto negli anni precedenti: diverse furono le situazioni, diverse furono le reazioni dei nuovi Sovrani; per questo motivo non si pu parlare di ununica restaurazione, ma delle Restaurazioni. Elemento comune fu, per, il fatto che ovunque il regime del privilegio fosse stato abolito, questo non venne reintrodotto (fa eccezione Vittorio Emanuele I). In Italia troviamo diverse correnti di pensiero, da chi guardava al modello costituzionale inglese, a chi invece avrebbe preferito una costituzione octroyee come quella francese del 1814, per arrivare a qualche gruppo rivoluzionario che guardava ancora alla costituzione francese del 1793, o ad ulteriori rielaborazioni di stampo repubblicano; vi erano poi i liberali di tradizione monarchica che guardavano alla Costituzione di Cadice e a quella siciliana del 1812. Lesperienza napoleonica aveva per insegnato limportanza di unamministrazione unitaria, efficiente e coordinata, che abolisse il particolarismo giuridico e i privilegi, a favore del diritto comune (codici) e delleguaglianza. Al di l dei modelli teorici di monarchia amministrativa (con un potere centrale molto forte) e di monarchia consultiva (con Consigli Comunali, Provinciali e Consiglio di Stato) furono due i riferimenti pratici cui si rifecero i pensatori liberali italiani, soprattutto i redattori dello Statuto Albertino, ossia le costituzioni francesi del 1814 e del 1830. La carta del 1814 fu concessa dal re Luigi XVIII: il re titolare della sovranit, non pi la Nazione, ma egli decide di autolimitarsi per la felicit del popolo. Era questo un modo per far s che tutto quanto avvenuto in Francia negli anni precedenti non fosse negato, con il rischio di unulteriore rivoluzione. Il re mantiene una posizione predominante in tutti e tre i poteri (detiene quello esecutivo, ha il potere di iniziativa legislativa, di sanzione e dordinanza, oltre che di nomina dei giudici). Non esiste assolutamente una Dichiarazione dei diritti, ma il primo articolo della carta riconosce leguaglianza davanti alla legge, i diritti di libert (personale, di stampa e di espressione) e linviolabilit della propriet privata, ossia le grandi conquiste del periodo rivoluzionario. Il Parlamento composto da due Camere, quella dei Pari (di nomina regia) e quella dei Deputati (elettiva, con suffragio censitario), secondo uno schema molto vicino a quello inglese. Dopo la rivoluzione parigina del 1830, linsediamento di Luigi Filippo porta alla redazione di una nuova carta costituzionale nellagosto del 1830, non lontana da quella precedente per meccanismi costituzionale, ma mutata in alcuni principi: il Re Re dei Francesi, per volont e delega di questi. La costituzione non pi octroyee, ma deliberata dallAssemblea ed accettata dal re. Ritorna il concetto della sovranit nazionale. Viene abbassato il censo per poter eleggere i Deputati, liniziativa legislativa anche parlamentare, il re non ha pi il potere dordinanza.

PRIMA E DOPO I MOTI DEL 1820-21 Lo Stato Sabaudo Vittorio Emanuele I attu una politica volta a cancellare tutto quello che era stato ottenuto dai cittadini in seguito alla rivoluzione francese e al controllo napoleonico. Eman un editto con cui toglieva ogni effetto a tutti gli atti giuridici posteriori al 23 giugno del 1800, ripristinava i privilegi feudali, usando come motivazione che tutti gli editti precedenti erano stati determinati dalla paura per una Rivoluzione e perci erano nulli per via di vizi del consenso. Ripristinava i tribunali ecclesiastici, le pene corporali, i privilegi della Chiesa, la Censura e le limitazioni alle minoranze religiose. Scoppiati i moti del 1820-21, Vittorio Emanuele I abdic a favore del fratello Carlo Felice. Il nipote Carlo Alberto, reggente, proclamava la costituzione spagnola salvo le modifiche apportate dal Re, e prestava giuramento di osservarla e di farla osservare (lordine di successione rimaneva quello tradizionale piemontese, oltre alla religione cattolica, apostolica, romana, veniva concesso lesercizio di altri culti, pi ulteriori modifiche determinate eventualmente in seguito dal Parlamento e dal Re). Questo modello, precostituito, che prevedeva una sola camera elettiva, sembrava la miglior situazione per porre fine in maniera rapida ai moti insurrezionali. Due giorni dopo Carlo Felice revocava e sconfessava tale concessione, considerando che solo la sovrana Autorit, investita da Dio, potesse giudicare a riguardo del bene dei sudditi. Salito al trono Carlo Alberto nel 1833, cre un Consiglio di Stato per essere consigliato in modo da poter introdurre alcune modificazioni ad alcune istituzioni che apparivano ormai vetuste. A partire dal 1847 inizi un processo di riforma legislativa e amministrativa allo scopo di dare ai suoi sudditi tutta la libert compatibile con le basi della monarchia, e di dar vantaggi anche maggiori di quelli che allora si trovavano in alcuni Governi costituzionali. Fu poi nel 1848 che, in seguito agli ulteriori moti rivoluzionari, Carlo Alberto concesse ai suoi regnicoli, e non sudditi, una nuova carta costituzionale, lunica in grado di resistere di l in avanti, a differenza di tutte le altre costituzioni che vennero concesse, o votate, negli altri Regni Italiani nel 1848 (Stato Pontificio, Lombardia, Granducato di Toscana, Regno di Sicilia, Regno delle Due Sicilie), divenendo in questo modo lunico punto di riferimento per tutte le aspirazioni liberali. MOVIMENTO COSTITUZIONALE: LITALIA NEL 1848 Gli avvenimenti, prettamente italiani, che allinizio del 1848 portarono alla rapida diffusione, nella maggioranza degli stati italiani, delle carte costituzionali, mostrano come ormai nel nostro paese si fosse giunti a una maturit del dibattito e delle esigenze del popolo tale da non poter pi consentire ai vari sovrani di non prendere pi in considerazione le richieste dei propri sudditi. Palermo, e quindi il Regno di Sicilia, riuscirono ad ottenere da Ferdinando II la Costituzione in seguito ad uninsurrezione armata del popolo, che dichiarava di non volersi arrendere fino alla promulgazione della carta costituzionale. Il 29 Gennaio il Re dichiara di voler accondiscendere, e il 10 febbraio promulga il testo della costituzione. L8 febbraio 1848 Carlo Alberto di Savoia con un proclama ufficiale dichiarava la propria volont di concedere una carta costituzionale, che venne poi pubblicata, con il nome di Statuto fondamentale del regno, il 4 marzo. Contemporaneamente nel Granducato di Toscana, il Granduca Leopoldo II, su richiesta del popolo di Firenze, concede una costituzione sullo stile della carta dei francesi del 1830, pubblicata il 17 febbraio. Anche Roma, dove il pontefice Pio IX sembrava aver scelto di preferire il potere spirituale sulla Chiesa Universale a quello temporale su Roma, dopo molte richieste ed altrettanti rifiuti, dato quanto avvenuto tutto intorno a lui decise, il 14 marzo, di concedere ai buoni Romani una Costituzione. Il modello comune a tutte era, sicuramente, la carta francese del 1830. LItalia era ormai quasi tutta costituzionale, e si rafforzano cos gli ideali di emancipazione nazionale dallo straniero e di unit: messe per in pratica, le costituzioni mostravano tutti i loro lati negativi e le loro debolezze: il destino di quasi tutte loro, fatta eccezione per lo Statuto Albertino, sarebbe infatti stato molto breve. La crisi delle Costituzioni fu molto probabilmente dovuta al verificarsi di tutti gli eventi risorgimentali, che misero molto a dura prova le Costituzioni e i

Sovrani. Lesperimento toscano infatti fall per via della poca partecipazione popolare, Papa Pio IX fu costretto alla fuga a causa delle sommosse popolari e unassemblea costituente eletta a suffragio universale proclamava la Repubblica e progettava una nuova Costituzione, proprio il giorno prima dellingresso delle truppe francesi a Roma per ristabilire lordine; la sorte della nuova Costituzione siciliana and invece a scontrarsi con la reazione borbonica. Merito dello Statuto, fu, molto probabilmente, la sua intrinseca elasticit, che gli permise di essere adattato e modificato a seconda delle situazioni, ossia allevoluzione, quasi inconsapevole, che ebbe in sede applicativa. Il moto della Costituente italiana Un ulteriore elemento che caratterizz il 48 italiano fu il tentativo, attuato da intellettuali di un po tutti gli stati italiani, di dar vita ad unassemblea Costituente italiana. Tra i maggiori fautori ci fu, sicuramente, Mazzini. A tale progetto ader senzaltro la Lombardia, che preparava lunione con il Piemonte, e che invitava alla creazione di una Costituente che ponesse le basi per una monarchia italiana nelle mani della dinastia Savoia. I Mazziniani, repubblicani, volevano invece la nascita di una Repubblica Italiana, mentre i piemontesi proponevano Carlo Alberto come il re salvatore che voleva fondare il Regno italiano e dare alla penisola lunit nazionale. Venezia, la Toscana, Roma e Napoli attendevano gli esiti del dibattito. Immediatamente si cre per un dibattito tra coloro che erano favorevoli a diversi tipi di costituente, a diversi modelli di Stato e al cammino che doveva essere intrapreso, se prima accordarsi con il Piemonte, o prima indire la costituente. A Torino era sorta nel frattempo una societ per la federazione italiana, che perseguiva la via del giusto mezzo, pronta a combattere sia i separatismi sia lunit incondizionata. Il presidente era Vincenzo Gioberti, che diede il via ad un congresso, a Torino, con il compito di studiare, formulare, analizzare le varie proposte. A Roma e Napoli i Governi tacquero. In Piemonte, invece, le folle acclamavano Gioberti, che divenuto primo ministro, inizi le trattative con i Governi di Roma e della Toscana: il suo ideale era quello di una confederazione di stati, con al centro il Piemonte Sabaudo, retta da una nuova Costituzione. Ogni Governo cercava, per, di rinunciare il meno possibile alla propria sovranit, e quindi il tentativo mediatico di Gioberti alla fine si rivel vano: i contrasti e le divergenze sembravano insuperabili. Tutto venne poi reso ancor pi vano dalla sconfitta di Novara dellesercito Piemontese e dalla restaurazione dei sovrani legittimi e dei loro regimi assoluti. LO STATUTO ALBERTINO L8 febbraio 1848 Carlo Alberto con un proclama ufficiale rassicurava i propri sudditi che di l a poco avrebbe realizzato cambiamenti apparsi ormai indifferibili, al fine di creare un compiuto sistema di governo rappresentativo dettato, a quanto scritto nel proclama, dal Desiderio della loro felicit. Venivano inoltre fissate, in 14 articoli, le basi della futura carta costituzionale octroyee, come si vede chiaramente dal proclama: Siccome i popoli governati hanno sempre compreso il Nostro affetto, Noi abbiamo cercato di comprendere i loro bisogni Il proclama non faceva diretto riferimento al termine Costituzione, ma si rifaceva alle tradizioni medievali di Decreta o di regole fondamentali di vita di un ordinamento monarchico. Il modello proposto dai 14 articoli fu quello della monarchia costituzionale come era in quel momento presente in Francia: le basi del proclama sarebbero state tutte rispettate. Punti in comune con la costituzione francese del 1830: art. 4 potere di sanzione regio. Il re solo sanziona le leggi e le promulga art. 5 competenze del re in materia giudiziaria. Ogni giustizia emana dal re, ed amministrata in suo nome. art. 6 compartecipazione del re al potere legislativo. Il potere legislativo sar collettivamente esercitato dal re e dalle due camere. art. 7 Parlamento bicamerale. La prima sar composta da membri nominati a vita dal re: la seconda sar elettiva sulla base del censo da determinarsi. art. 9 competenze del re nei confronti delle Camere. Il re convoca ogni anno le due Camere: ne proroga le sessioni e pu disciogliere lelettiva.

art. 11-12 garanzie delle libert personali e di stampa. La stampa sar libera, ma soggetta a Leggi repressive. La libert individuale sar garantita E inoltre la composizione delle due camere, lirresponsabilit regia e la responsabilit ministeriale, laccettazione dei principali diritti di libert senza una vera e propria dichiarazione. Lo Statuto Albertino (breve, flessibile ed elastico) Il 4 marzo 1848, in uno scenario politico certamente agitato, viene promulgato lo Statuto Albertino, composto da 84 articoli, pi un preambolo. Carlo Alberto emana lo Statuto Fondamentale con lealt di Re e affetto di Padre, a dispetto di quanto stia accadendo allestero, con la caduta della monarchia in Francia e con tutte le incognite del caso: egli infatti confida nella maturit del suo popolo ed fiducioso che questo sapr apprezzare il suo sforzo. Il re concede allora questo Statuto, e si impegna a conservarlo (perpetua e irrevocabile), considerandosi lunico in grado di farlo: non previsto n prevedibile un meccanismo di revisione costituzionale (si tratta in realt d una costituzione flessibile, modificabile anche da una legge ordinaria), il che fece s che lo Statuto rimase lo stesso nel corso degli anni, anche se con qualche modifica. Manca una dichiarazione dei diritti, in quanto il sovrano si limita, ma per propria volont, non perch riconosca nei sudditi dei diritti innati. I diritti sono poi trattati al fianco dei doveri, molto brevemente nella seconda parte, dopo quella che elenca i poteri del re (da 1 a 23). Nonostante si autolimiti, il re comunque punto di riferimento dellintero Statuto, entrando a fondo nellesercizio di ciascuno dei tre poteri dello Stato: la sua posizione preminente non per nulla annullata. I diritti del cittadino, o dei regnicoli, sono riconosciuti solo per autolimitazione del potere assoluto: nessun riferimento fatto a diritti naturali o innati. Il modello previsto quello di una monarchia costituzionale, nella quale il Governo non necessita della fiducia da parte delle Camere: la prassi, sin dallinizio, vedr per il passaggio ad una monarchia parlamentare, nella quale spesso il re sostituisce il Governo in caso di mancanza della fiducia parlamentare, mentre altre volte minaccia di sciogliere le Camere per ottenere la fiducia. Non essendo nata come monarchia parlamentare, qualunque votazione negativa delle camere poteva mettere in crisi il Governo. Molto poco detto a riguardo del Governo, lasciando molto alla discrezionalit regia (come il numero, lesistenza di un Presidente del Consiglio), ribadendo per la responsabilit dei ministri di fronte allirresponsabilit regia. Nello statuto, per, allersecutivo sono dedicati solo 3 articoli (65-67). La prassi porter poi allaumento del potere da parte del Presidente del Consiglio, un primus inter pares allinterno del Governo, al quale il Re delegher lentamente parte dei propri poteri, e che avr il compito di coordinare le attivit dei Ministri. Articoli fondamentali dello Statuto Albertino Art 2: lo Stato retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Tale definizione lascia aperta la possibilit di dare differente peso ad ognuno dei tre termini a seconda delle situazioni. Se infatti si d maggior rilievo ad un termine piuttosto che ad un altro si accentua il potere Esecutivo, o la figura del Re, oppure il ruolo del Parlamento, organo rappresentativo del popolo. Art 2 a Art 12: sempre citata la persona del Re. Ci indica che lo Statuto incentrato sulla sua figura. I cittadini (o meglio regnicoli, in quanto un cittadino gode di diritti innati)e i loro diritti vengono dopo, a partire dallart 24. Art 3: il potere legislativo sar collettivamente esercitato dal re e da due Camere Art 5: al re solo appartiene il potere esecutivo. I trattati che importassero un onere alle finanze, o variazioni di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto lassenso delle Camere (clausola che permise di dichiarare illegittima la pace con lAustria e di dar vita al proseguimento delle guerre risorgimentali). Il re a capo delle forze armate. Art 7: il re sanziona le leggi e le promulga (il ruolo del re nelliter legislativo fortissimo) Art 10 Liniziativa delle leggi spetta al Re e a ciascuna delle due Camere

Art.22 Il Re salendo al trono presta il giuramento di rispettare il presente Statuto Dei diritti e dei doveri dei cittadini (24-32) Art 24 tutti i regnicoli (non sudditi perch hanno diritti, ma non cittadini perch non hanno diritti innati), sono eguali dinnanzi alla legge Art 25 eguaglianza di doveri tributari, senza alcuna delle discriminazioni che lancien regime faceva a favore degli appartenenti alla nobilt e al clero Art 26 La libert individuale garantita Art 27 Il domicilio inviolabile Art 28 La stampa sar libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Art 29 Tutte le propriet sono inviolabili, tranne che per interesse pubblico Art 30 Nessun tributo pu essere imposto o riscosso se non stato consentito dalle Camere e sanzionato dal re Art 32 E riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senzarmi (non concessa la libert dassociazione, ma solo di riunione) Del Senato (33-38) Art 33 Il Senato composto da membri nominati a vita dal re, in numero non limitato Art 36 Il Senato costituito in Alta Corte di Giustizia con decreto del re per giudicare dei crimini di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello stato, e per giudicare i Ministri Art 37 Immunit parlamentare: niun Senatore pu essere arrestato se non in forza di un ordine del senato, fuori dal caso di flagranza di delitto (principio nato in Inghilterra dove i Parlamentari venivano arrestati qualora disturbassero i lavori della Camera) Della Camera dei Deputati (39-47) Art 39 la Camera elettiva composta di Deputati scelti dai Collegi Elettorali conformemente alla legge Art 41 i deputati rappresentano la Nazione in generale e non le sole province in cui furono eletti (ostilit nei confronti dei mandati limitati o imperativi, che erano tipici dei parlamenti medievali) Art 42 I Deputati sono eletti per cinque anni Art 45 Nessun Deputato pu essere arrestato, fuori dal caso di flagrante delitto, senza il previo consenso della Camera. Disposizioni comuni alle due camere (48-64) Art 48 Le sessioni del Senato e della Camera dei Deputati cominciano e finiscono nello stesso tempo. Ogni riunione di una camera fuori dal tempo della sessione dellaltra illegale. Art 50 Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo a nessuna indennit o retribuzione Art 51 Libert dopinione e dei voti dati nelle Camere Art 55 Discussa ed approvata da una Camera, la proposta di legge sar trasmessa allaltra per la discussione ed approvazione; e poi presentata alla sanzione del re. Dei Ministri (65-67) Art 65 Il re nomina e revoca i suoi Ministri Art 67 I Ministri sono responsabili DellOrdine Giudiziario (68-73) Art 68 La Giustizia emana dal Re, ed p amministrata in suo Nome dai giudici chEgli istituisce Art 69 I Giudici nominati dal re sono inamovibili dopo tre anni di esercizio Art 71 Nessuno pu essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non potranno perci essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie

Disposizioni generali (74-84) Art 79 I titoli di nobilt sono mantenuti a coloro che ne hanno diritto. Il Re pu conferirne di nuovi. Art 81 Ogni legge contraria al presente Statuto abrogata Riforme istituzionali e flessibilit dello Statuto Lo Statuto Albertino, perpetuo e irrevocabile, nellideale di Carlo Alberto non sarebbe mai dovuto cambiare. Lo Statuto, Sacro, prevedeva una monarchia costituzionale, nella quale il re era a capo dellesecutivo, amministrava il legislativo con il parlamento e la giustizia era esercitata da magistrati scelti dal sovrano. Gli eventi storici, la prassi e la necessit portarono per a un sostanziale cambiamento dellordinamento statale, favorito proprio dallelasticit dello Statuto (che poteva essere modificato con una legge ordinaria) e dalla generalit del secondo articolo, nel quale lo Stato era presentato come un Governo Monarchico Rappresentativo, il che lasciava spazio alle pi varie interpretazioni. In breve il concetto di Monarchia Rappresentativa venne ad essere inteso come Monarchia Parlamentare, con i Ministri, nominati dal Re, che si sentivano legati e condizionati dal consenso delle Camere, e in particolare di quella dei Deputati. In questo modo larticolo 67, quello relativo alla responsabilit dei Ministri, veniva inteso in un senso differente da quello originario. Le modifiche non furono mai epocali, ma si segu sempre la strada del lento e costante mutamento, che doveva accompagnare levoluzione dello stato e dei suoi abitanti. Una modifica del dettato statutario ci fu, per, subito dopo la pubblicazione del testo: il 23 marzo 1848, nel momento in cui le truppe di Carlo Alberto iniziavano lavanzata per liberare la Lombardia dagli Austriaci, il sovrano, in un Proclama ai popoli di Lombardia e Venezia, annunciando di voler porgere loro laiuto che il fratello aspetta dal fratello, lamico dallamico, ordin che le Sue truppe entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portassero lo Scudo di Savoia sovrapposto alla Bandiera tricolore italiana, e, non pi, alla coccarda azzurra prevista dallo statuto allarticolo 77. Ma il lento mutamento del modo di intendere lo Statuto e lordinamento da esso proposto port ad una forte instabilit dei Governi, che potevano cadere anche se non avessero ottenuto il voto da parte di una sola delle due Camere relativamente ad una qualunque proposta di legge: il sistema della fiducia, che in origine non era presente, era ormai esasperato. Per via della difficile questione dei rapporti con la Lombardia, Austriaca, e della successiva sconfitta di Novara, cui fece seguito larmistizio di Vignale, vediamo succedersi una lunga serie di Governi differenti, da Gioberti, a Chiodo-Rattazzi, sino ad arrivare a DAzeglio, e con loro vengono pi volte sciolte e rivotate le Camere dei Deputati, sino a quando le elezioni del 15 luglio 1949, successive allarmistizio, segnarono in trionfo dei democratici, ossia dellopposizione, che era fortemente contraria ad un trattato di pace con lAustria: a questo punto Vittorio Emanuele II era alle strette: sciolta la Camera (perch non venne ratificato larmistizio con gli austriaci in quanto non era stato chiesto e ottenuto il consenso delle Camere a un trattato che comportava sgravi economici e limitazioni territoriali), riconvoc il corpo elettorale, ma prima delle elezioni, nel famoso Proclama di Moncalieri, del 20 novembre 1949, si rivolse al popolo elettore, che in precedenza aveva disertato i seggi, ammonendolo che, se avesse negato il suo aiuto alla politica del Re (che aveva dato la sua parola agli austriaci), non si sarebbe preso la responsabilit per il futuro che sarebbe accorso allItalia. Era questo una sorta di colpo di Stato: il Sovrano, capo unico del potere esecutivo, determinava da s lindirizzo politico del paese e lo persegue tramite ministri da lui stesso scelti e verso di lui responsabili. Forzando il voto elettorale il Sovrano interveniva nel gioco delle forze politiche, abusando dei suoi poteri. In questo modo ottenne un successo elettorale, e Massimo DAzeglio, nominato Presidente del Consiglio, ebbe la maggioranza parlamentare dalla sua: il trattato venne ratificato e il Primo Ministro pot dar vita alla sua politica di laicizzazione dello Stato, attuata a partire dallintroduzione del matrimonio civile. Il Re, per, dichiar apertamente di non poter sanzionare una siffatta legge, e per la prima volta dallintroduzione dello Statuto si ebbe una crisi di Governo dovuta ad una decisione del Sovrano.

Il potere del Sovrano di intervenire e di far valere la propria linea politica fu poi limitata dallazione di grandi Primi Ministri come Rattazzi e Cavour, che sancirono il ruolo centrale del Parlamento: ci ebbe un tale effetto da tramutare loriginario regime monarchico costituzionale, in un regime parlamentare, in cui il ruolo del Parlamento, ma soprattutto del Consiglio dei Ministri e del Presidente del Consiglio vengono decisamente accentuati rispetto a quanto previsto dal dettato dello Statuto Albertino. Il Consiglio dei Ministri, organo propulsore dellindirizzo politico dello Stato, accrebbe e rafforz il suo potere di emanare norme giuridiche, direttamente o per delega da parte delle Camere, soprattutto in momenti eccezionali, tanto che numerosi decreti si rivelarono pi importanti di molte leggi. La prassi port infatti lautorit e competenza del governo ad abbracciare tutti gli atti da emanare in nome del Re, persino quelli relativi alle sue prerogative, ossia gli atti di convocazione e scioglimento della Camera dei Deputati, lesercizio del diritto di grazia e di amnistia: se il re infatti era irresponsabile, occorreva che qualcun altro ne rispondesse, e questo era il Consiglio dei Ministri. La prassi port a differenziare il Governo dal re, a pretendere che il primo godesse sempre della fiducia delle Camere e che lazione fosse coordinata dal Primo Ministro. A volte il Governo ottenne dal Parlamento il potere di emanare delle vere e proprie leggi, ossia di regolare per decreto dei settori che erano di competenza esclusiva del Parlamento. Durante le guerre risorgimentali, 48 e 59, il Governo del Re ottenne poteri straordinari, che poi rimasero, in parte, anche in seguito, come si nota dalle leggi elettorali, provinciali e sulla pubblica istruzione (legge Casati) che vennero emanate dai Governi di Cavour in un periodo di pace. Il Capo del Governo era il capo della Maggioranza parlamentare: se non ne avesse avuta una al momento delle nomina era suo compito procurarsela, con alleanze, persuasioni, connubi, o con la minaccia di sciogliere la Camera e di indire nuove elezioni. Il sistema elettorale, seppur non specificato dallo Statuto, era di tipo uninominale, ossia ogni collegio eleggeva un rappresentante: questo modello, di stampo inglese, appariva quello in grado di far scegliere i migliori. La prima legge elettorale, del 48, prevedeva che gli elettori fossero scelti sia sulla base del censo sia sulla base delle capacit, ossia che potesse votare chi partecipava attivamente alla vita del paese e chi svolgeva una carica di rilievo. Il criterio censitario era un retaggio degli antichi parlamenti medievali, dei quali facevano parte tutti coloro che contribuivano alle spese dello stato poich il compito dellassemblea era quello di concedere, o meno, il donativo e il sussidio richiesto dal sovrano. La seconda legge elettorale, del 1859, introdusse alcune modifiche sostanziali: tolse il voto agli analfabeti, anche se contribuenti, aument il numero di deputati da eleggere e fu in grado di aumentare il numero degli elettori perch abbasso la soglia di censo richiesto. In pi furono ammessi tutti quei cittadini che disponevano di un titolo di studio tale da essere reputati capaci di esercitare i diritti politici. Fu questa la legge elettorale con cui prese forma il Parlamento che avrebbe condotto allUnit dItalia nel 1861. Politica e diritto tra 1848 e proclamazione del Regno dItalia Dopo la seconda guerra di indipendenza, 1859-1861, il Piemonte Sabaudo riusc nellintento di essere il portatore dellunit nazionale: dopo il trattato tra Austria e Francia, e poi tra Francia e Italia, con il quale la Lombardia passava al Piemonte il cambio di Nizza e della Savoia, ci fu infatti il periodo dei grandi plebisciti a suffragio universale (sar il popolo a scegliere il proprio destino), in Toscana, nel Ducato di Parma, a Modena e negli altri regni Italiani, fatta eccezione per il Regno di Napoli e delle Due Sicilie, che sancirono la volont di quei popoli di aderire al Governo costituzionali di Vittorio Emanuele II piuttosto che tornare ad una monarchia assoluta. Ci si potrebbe aspettare che, tale ampliamento territoriale, e soprattutto la creazione del Regno dItalia, abbiano portato a sostanziali modifiche dello Statuto, ma cos non fu: con una leggina del 17 marzo 1861 si sanc lassunzione da parte di Vittorio Emanuele II e dei suoi successori del titolo di Re dItalia, mentre con una legge votata dal Parlamento si stabil che lannessione degli altri territori in seguito a plebiscito non sarebbe dovuta essere approvata dal popolo Piemontese, ma solo

dal Parlamento suo rappresentate: ecco che cos avvenne lunificazione. Lo Statuto fu esteso a tutta la penisola, invariato nella forma, ma aggiustato nella prassi per poter venire incontro alle esigenze di un territorio nuovo, molto pi vasto, e composto da un numero di persone di molto superiore. Per cinquantanni lordinamento istituzionale italiano sub solo aggiustamenti, come quello della legge elettorale, ma nessun cambiamento essenziale: la classe politica, gli indirizzi parlamentari, tutto mutava, ma lo statuto, per merito della sua flessibilit, rimaneva integro. La prossimit della prima guerra mondiale, e, in seguito, lavvento del fascismo, ebbero un effetto rivoluzionario nei confronti del dettato statutario. La politica legislativa e amministrativa subalpina nei confronti della Chiesa La politica attuata dal governo sabaudo nei confronti della Chiesa assunse alcuni dei caratteri del giurisdizionalismo illuminato dei sovrani europei del settecento. Analizzando a fondo la politica seguita in particolare da alcuni governi, quelli di Rattazzi e Cavour soprattutto, ci si trova di fronte ad una sorta di persecuzione della Chiesa cattolica romana, dovuta al tentativo di eliminare ogni tipi di privilegio, e allo stesso tempo di garantire leguaglianza e la laicit dello stato. Larticolo 1 dello Statuto, voluto espressamente da Carlo Alberto, il quale sperava che lo stato rimanesse cattolico, non deve illudere: era impossibile, infatti, conciliare lidea di uno Stato aperto alla libert di pensiero e di coscienza con il suo restare cattolico. Obiettivo dei Governi successivi fu, dunque, quello di ricondurre anche gli ecclesiastici al diritto comune, magari anche controllando preventivamente e successivamente il loro operato. Tale politica fu, bisogna dirlo, fortemente favorita dallatteggiamento altrettanto intransigente degli ecclesiastici torinesi, che si opposero sempre in maniera molto decisa alle riforme sociali che li interessavano: in particolare larcivescovo di Torino Frasoni, cavaliere dellordine della SS Annunziata, giunse addirittura al punto di protestare clamorosamente contro lintroduzione dello Statuto Albertino, vietando alle maggiori autorit di celebrare levento nelle chiese della citt. In compenso la politica di laicizzazione continuava ugualmente, portando dapprima allemancipazione degli acattolici (Valdesi ed Ebrei), poi allespulsione della compagnia di Ges, allabolizione del Foro ecclesiastico (9 aprile 1850: Legge Siccardi), uno degli ultimi retaggi dei privilegi medievali e alla limitazione della facolt dei corpi morali di acquistare beni immobili (accrescere il patrimonio, accettare donazioni e lasciati testamentari) senza il consenso del Sovrano (9 aprile 1850) Un altro terreno su cui Governo Sabaudo e Chiesa si scontrarono fu quello della secolarizzazione dei beni ecclesiastici, che per i patrioti subalpini sarebbero stati molto utili per rimettere in sesto le finanze gravemente colpite dagli esiti nefasti delle campagne di guerra. Tale politica, liberal laicista, ebbe il suo momento di massima espansione con la coalizione tra Cavour e Rattizzi, che fecero sopprimere le comunit religiose e fecero istituire una cassa ecclesiastica nella quale fossero tutti incamerati, e sulla quale abbazie, seminari, arcivescovadi e altri pagassero una tassa. La legge Rattizzi, del 1854, intervenne poi per punire tutti i ministri di culto che, nellesercizio del loro ministero, in pubblica adunanza, pronunciassero discorsi contenenti censure delle istituzioni e delle leggi dello Stato. Ci che i vari Governi non riuscirono mai ad ottenere fu lintroduzione del matrimonio civile: n DAzeglio n Cavour riuscirono infatti ad introdurlo, in entrambi i casi per opposizione del sovrano. Lettere patenti di riconoscimento dei diritti civili e politici a favore dei Valdesi Carlo Alberto (17 febbraio 48) Cos come i suoi predecessori avevano abrogato in parte o moderato le leggi che anticamente restringevano le capacit civili delle popolazioni Valdesi, cos Carlo Alberto dopo aver concesso sempre pi ampie facilitazioni, decide di farla partecipi di tutti i vantaggi che la nuova legislazione pu dare. Per questo, di Sua certa scienza, ordina che i Valdesi siano ammessi a godere di tutti i

diritti civili e politici degli altri sudditi, a frequentare le scuole dentro e fuori delle Universit, ed a conseguire i gradi accademici. Nulla per innovato quanto allesercizio del loro culto.. Tale patente di poco antecedente alla pubblicazione dello Statuto, che dichiara tollerate, conformemente alle leggi, tutte le altre religioni differenti da quella cattolica. Decreto di ammissione degli Ebrei a godere di tutti i diritti civili Carlo Alberto (29 marzo 1848) Concessione agli ebrei delle stesse libert gi attribuite ai valdesi poco prima della pubblicazione dello statuto. Gli israeliti regnicoli (nella patente invece parla di sudditi) godranno dalla data del presente di tutti i diritti civili e della facolt di conseguire i gradi accademici, nulla innovato quanto allesercizio del loro culto, ed alle scuole da essi dirette. Legge di riconoscimento del godimento dei diritti civili e politici senza distinzione di culto Eugenio, luogotenente Generale di S.M. nei regi stati in assenza della S.M. (19 giugno 48) Volendo togliere ogni dubbio sulla capacit civile e politica dei cittadini, che non professano la religione cattolica, il Senato e la Camera dei Deputati, hanno adottato, Noi in virt dellautorit delegataci abbiamo ordinato ed ordiniamo: la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici, ed allammissibilit alle cariche civili e militari. Da notare, a mio avviso, che una legge, non pi patente o decreto, e quindi emanata dal Parlamento. il punto di arrivo di una politica iniziata il 17 marzo da Carlo Alberto relativamente ai Valdesi, passata per il decreto sugli Ebrei. In seguito a questa legge lo Statuto non pi visto come fonte di privilegi, ma come constatazione di uno stato di fatto, che, quindi, non ha nessun motivo per essere abrogata. Legge Siccardi: abolizione del privilegio di foro e altre immunit ecclesiastiche Vittorio Emanuele II (9 aprile 1850) Art 1 Le cause civili tra ecclesiastici e laici od anche tra soli ecclesiastici, spettano alla giurisdizione civile sia per le azioni personali, che per le reali o miste Art 3 Gli ecclesiastici sono soggetti, come gli altri cittadini, a tutte le Leggi penali dello Stato. Essi verranno giudicati nelle forme stabilite dalle Leggi di procedura, dai Tribunali laici, senza distinzione tra crimini, delitti e contravvenzioni. Art 4 I Tribunali applicheranno le pene stabilite dalle Leggi dello Stato, allAutorit ecclesiastica comunque lasciata la possibilit di applicare le pene spirituali, a termini delle Leggi ecclesiastiche. Art 6 Rifugiandosi nelle Chiese od altri luoghi, sino ad ora considerati come immuni (Fra Cristoforo), qualche persona alla cui cattura si debba procedere, questa vi si dovr immediatamente eseguire, e lindividuo arrestato verr rimesso allAutorit giudiziaria pel pronto e regolare compimento del processo, giusta le norme statuite dal Codice di procedura criminale. Si osservano per nellarresto i riguardi dovuti alla qualit del luogo e le cautele necessarie, affinch lesercizio del culto non venga turbato. Viene meno un istituto tipico del periodo medievale, ossia lepiscopalis audientia, e con esso anche il diritto di asilo. Legge limitativa della facolt dei corpi morali di acquistare beni immobili e di accettare donazioni e disposizioni testamentarie Vittorio Emanuele II (9 Aprile 1850) Gli Stabilimenti e Corpi morali, siano ecclesiastici o laicali, non potranno acquistare stabili senza essere a ci autorizzati con Regio Decreto, previo il parere del Consiglio di Stato. Le donazioni tra vivi e le disposizioni testamentarie a loro favore non avranno effetto se essi non saranno nello stesso modo autorizzati ad accettarle.

Questa legge, conosciuta anche con il nome di seconda legge Siccardi, venne introdotta per osteggiare la manomorta ecclesiastica. Lo stato italiano dal 1865 al 1915 Creato il Regno dItalia, lo Stato, inteso non pi nella figura del Sovrano, ma come insieme di poteri che cooperano per il bene della popolazione, si trov a dover assumere nuovi poteri e ad ampliare quelli di cui gi disponeva: il suo compito principale, il suo obiettivo primario, era divenuto, oltre alla totale unificazione italiana, raggiunta nel 70 con la presa di Roma, la creazione di uno Stato Sociale che favorisse e promuovesse lelevazione delle masse, correggesse le disuguaglianze sociali, creasse la possibilit di lavoro per tutti, in pratica raggiungesse oltre alla libert formale, anche quella sostanziale. Parallelamente continu lo scontro con la Chiesa dovuto alla politica giurisdizionalista, che aveva come obiettivo principe quello dellintroduzione del matrimonio civile, in modo da poter sottrarre alla Chiesa uno dei pi forti poteri di controllo sulla popolazione e di influenza nei suoi confronti. Tale scopo venne raggiunto con la riforma del codice civile albertino, ossia con lapprovazione del codice civile italiano nel 1865 (c.d. Codice Pisanelli), che lo avrebbe regolato in un intero libro, Del matrimonio, composto da pi di cento articoli. Il matrimonio, seppur nella sua veste laica, diventava un fatto legato al diritto pubblico. In seguito alla presa di Roma, venne redatto un documento, la Legge delle guarentigie pontificie (13 maggio 1871) che si proponeva di porre fine agli scontri tra Stato e Santa Sede, trovando un compromesso. Era questo un atto unilaterale che si proponeva di regolare i rapporti tra uno Stato lItalia, e un altro Stato, quello Pontificio, che risiedeva nella stessa capitale, e che disponeva di un corpo diplomatico e di guardie proprie. La figura del Papa viene riconosciuta, seppur priva di alcun potere temporale, sacra e inviolabile, come il Re, e anche sovrano; a lui venivano lasciati in godimento i palazzi del Vaticano e del Laterano e la Villa di Castel Gandolfo; gli era inoltre concessa una rendita annua molto elevata, e la possibilit di mantenere delle proprie guardie. Nonostante questa legge lanticlericalismo continu a serpeggiare anche negli anni successivi, con una sempre pi forte limitazione del ruolo e dei poteri dei membri della Chiesa nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni. Legge delle guarentigie (13 maggio 1871) TITOLO I; Prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede Art 1 la persona del Sommo Pontefice sacra ed inviolabile Art 2 lattentato nei confronti del Sommo Pontefice e la provocazione a commetterlo sono puniti colle stesse pene stabilite nel caso siano fatti contro il Re Art 3 Il Governo Italiano rende al Sommo Pontefice, nel territorio del Regno, gli onori sovrani. Il sommo pontefice ha facolt di tenere consueto numero di Guardie addette alla sua persona Art 4 conservata a favore della santa sede la dotazione della rendita annua Art 5 il sommo pontefice continua a godere anche dei palazzi (Vaticano, Laterano, Castel Gandolfo, con tutte le pertinenze) Art 7 nessun ufficiale della pubblica Autorit od Agente della forza pubblica pu, per esercitare atti del proprio ufficio, introdursi nei palazzi del Sommo Pontefice se non autorizzato dal Sommo Pontefice, dal Conclave o dal Concilio Art 8 sono vietate le perquisizioni Art 9 il sommo pontefice pienamente libero di compiere tutte le funzioni del suo ministero spirituale Art 13 nella citt di Roma le Accademie, i Collegi e gli altri Istituti cattolici, continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza alcuna ingerenza delle Autorit del Regno TITOLO II: relazioni dello Stato con la Chiesa Art 14 abolita ogni restrizione allesercizio del diritto di riunione del Clero cattolico Art 15 fatta rinuncia del Governo al diritto di Legazia apostolica in Sicilia. I Vescovi non saranno richiesti di prestare giuramento al Re

Art 16 gli atti delle Autorit ecclesiastiche per essere pubblicati ed eseguiti non necessitano del placet e dellexequatur regio Art 18 con una futura legge Speciale sar provveduto al riordinamento, alla conservazione e allamministrazione delle propriet ecclesiastiche del Regno (ossia si rivedranno le leggi Siccardi del 1850 relative alla disponibilit degli immobili) MODIFICHE DELLO STATO DAL 1861 ALLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE Raggiunta lunit dItalia si assiste ad un processo di modifica, integrazione e rimodellamento del dettato statutario attraverso non tanto le leggi emanate dal parlamento, che comunque furono in buon numero, quanto piuttosto attraverso la prassi che si venne a formare per via delle esigenze che la situazione politica e sociale richiedeva. La prassi port infatti allevoluzione delle due maggiori istituzioni: il Governo (compreso il ruolo dei Ministri, del Consiglio dei Ministri e del Presidente del Consiglio), e il Parlamento (non tanto il Senato, in quanto di nomina regia, quanto la Camera, che prese decisamente un ruolo di primo piano nel nuovo schema di monarchia parlamentare che si and a creare) Lo schema era sempre quello di Re, Governo e Parlamento, ma in questo triangolo molte modifiche furono apportate. Il Governo, composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, non era disciplinato nella sua formazione d alcuna norma scritta. Nessuna norma prevedeva lingerenza del Sovrano, nessuna norma prevedeva lesistenza di un Gabinetto (gruppo pi ristretto di Ministri). Il fatto che a volte potessero insorgere degli scontri tra i Ministri (in quanto questi erano rappresentanti di diverse fazioni parlamentari) e che alcuni dei Ministri, date le loro peculiari qualit, riuscissero a mettere in ombra il vecchio concetto di Collegio di Eguali, fece nascere lidea del Presidente del Consiglio, per la cui regolamentazione dei poteri si dovr aspettare per qualche anno. Un primo decreto, del 1867, era intitolato oggetti da sottoporsi a deliberazione del consiglio dei ministri, ma contemporaneamente esaminava le attribuzioni del Presidente del Consiglio, accrescendone i poteri nei confronti della Corona per via di una maggior applicazione dei principi del sistema parlamentare e delle tendenze di alcuni Primi Ministri, come Crispi, che attuarono una politica fortemente accentratrice. Dopo il Presidente fu regolata la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ossia tutto linsieme di funzionari che esaminavano, prima della discussione in Consiglio, i progetti e le proposte dei vari Ministeri. Lo sviluppo del Consiglio dei Ministri, del Presidente del Consiglio e della Presidenza fecero s che non pochi intellettuali auspicassero, o addirittura chiedessero a gran voce, un ritorno allo Statuto, con il ripristino dellautorit sovrana, in quanto si assisteva ormai ad una grave confusione tra i poteri dei singoli organi, ma soprattutto un lento soverchiamento dei poteri del Sovrano da parte del Presidente del Consiglio. Ma Crispi e Giolitti erano di idee profondamente diverse, tanto che nei primi anni del 900 venne emanato un decreto che riportava con precisioni sia le attribuzioni del Consiglio dei Ministri, sia, cosa ancor pi importante, del Presidente del Consiglio: il progetto era quello di concentrare nelle mani del Consiglio dei Ministri tutte le principali competenze politiche e amministrative, come la nomina del Presidente e del Vicepresidente del Senato e dei Senatori. Il decreto del 1901, quando a capo del Governo a si trovava Zanardelli, segnava allora linizio della crisi del potere del Capo dello Stato, e laffermazione del ruolo del Consiglio dei Ministri e, in particolare, del Primo Ministro. La Camera dei Deputati I due rami del parlamento del Regno dItalia non erano, come oggi, identici in tutto tranne che nel numero dei membri (in modo da dar vita ad bicameralismo perfetto), bens erano differenti in quasi tutto, creando il cosiddetto bicameralismo zoppo, o imperfetto. Oltre alle attribuzioni e al modo in cui si formavano, differivano per durata e numero di membri.

Tra i due rami quello che sicuramente assunse il ruolo primario fu il ramo elettivo, la Camera dei Deputati, in quanto rappresentante dellorientamento politico della popolazione, o, almeno, di chi poteva votare. La composizione della Camera rispecchiava, dunque, quella di parte del paese, e quindi non bisogna scandalizzarsi se ci troviamo di fronte a corruzione, anticlericalismo (dovuto al non expedit che venne eliminato solo alla vigilia della prima guerra mondiale) e altri fenomeni non proprio trasparenti. Ci fu anche chi sottoline lingiustizia dellarticolo dello Statuto, 50, che prevedeva la gratuit della carica di parlamentare, sostenendo che in questo modo si vietava ad una gran parte della popolazione di poter pensare alla carriera politica, costringeva a votare persone del ceto abbiente e rendeva difficile per i Parlamentari soggiornare a lungo a Roma. Per rimediare a questa mancanza venne nel 1912 introdotta lindennit parlamentare nella veste di rimborso spese mensile e di un rimborso annuo. Determinante fu, nella storia del Parlamento del Regno, la mancanza totale di un potere di autoconvocazione, tale da mettere il Governo a riparo da qualunque possibile voto contrario da parte dellassemblea: emblematico quanto avvenne prima della prima guerra mondiale, con il Parlamento che non venne convocato per votare ladesione allo scontro bellico, e la maggioranza dei Deputati che lasciarono il proprio biglietto da visita a Giolitti per indicare il proprio dissenso. Il Capo del Governo era di nomina regia, ma, sullo sfondo della tradizione inglese, quasi sempre questo era il Capo della maggioranza parlamentare, in modo da garantire una fiducia immediata al momento della presentazione del programma alle Camere subito dopo aver ricevuto linvestitura regia. Il Senato era invece, per lo pi, tagliato fuori da tutti i giochi politici che venivano quotidianamente combattuti per ottenere la maggioranza, lappoggio ai propri progetti di legge. Ci anche perch la nomina regia faceva s che, in caso di instabilit, potessero essere nominati Senatori in numero sufficiente per riportare lequilibrio dalla parte del Governo e garantirne la stabilit. I diritti di libert Sebbene lo statuto tratti dei diritti e dei doveri dei cittadini in maniera molto sbrigativa (appena 10 articoli, dal 24 al 33), la legislazione, la giurisprudenza, lopinione pubblica e le discussioni parlamentari ne trassero un vero e proprio sistema di vita associata. In particolare bisogna analizzare la parte relativa alle varie libert, garantite sulla carta, ma molto spesso un po meno garantite nella pratica. Per quel che riguarda la libert di stampa, sancita dallarticolo 28 dello Statuto, venne immediatamente emanato da Carlo Alberto un Regio Decreto, in data 26 marzo 1848, che introduceva quelle limitazioni che lo stesso Statuto prevedeva come legittime, in quanto era opinione comune che la stampa fosse un elemento positivo per il coinvolgimento delle masse, ma che allo stesso tempo presentasse alcune caratteristiche negative per il potere precostituito. Quanto alla validit in concreto del diritto di associazione, bisogna ricordare che questo non era stato espressamente previsto dallo Statuto, che, invece, si occupava del diritto di riunione pacifica e senzarmi, legittimandolo qualora si trattasse di luoghi aperti al pubblico, negandolo nei luoghi pubblici. La concessione, o meno, del diritto di associazione, dipese nei vari periodi, a partire dal 1848, dalla situazione politica, e dal fatto che i Governi si potessero, o meno, aspettare dal formarsi di associazioni delle conseguenze negative per la stabilit dello Stato. Fermo il principio, i Governi furono quale pi blando e permissivo, quale pi severo. Cos mentre Crispi convenne la libert del diritto di associazione, Depretis espresse lopinione che una monarchia non dovesse tollerare determinate espressioni di pensiero allinterno di associazioni o riunioni. Per quel che riguarda il diritto di sciopero, invece, bisogna sottolineare una generale tendenza a contrastarne le manifestazioni, in quanto pi che da ragioni economiche, erano mosse da ragioni politiche legate allo scontro di classe, alla lotta sociale, che, in quanto tale, non poteva essere appoggiata da nessun governo. In generale manc, infatti, la fiducia nei confronti del movimento operaio; nessuno credeva che questo avrebbe potuto avere risvolti pacifici, e quindi bisognava difendere chi aveva intenzione di svolgere il proprio lavoro.

Altri settori di particolare attivit per lo Stato italiano furono la politica sociale e la regolamentazione dellemigrazione, fenomeno che mut profondamente la societ italiana a cavallo tra il 1800 e il 1900 Editto sulla libert di stampa Carlo Alberto (26 marzo 1848) La libert di stampa vuole essere mantenuta e protetta in quel modo che meglio valga ad assicurarne i salutari effetti. Nello Statuto si era dichiarato che la stampa sar libera, ma soggetta a leggi repressive, ecco dunque le regole con le quali si debba svolgere lesercizio di questa libert. Art 2 ogni stampato dovr indicare il luogo, la officina e lanno in cui fu impresso, ed il nome dello stampatore Art 3 ogni stampato che non abbia le indicazioni di cui nellarticolo precedente sar considerato proveniente da officina clandestina, e lo stampatore sar punito per questo solo fatto con una multa Art 13 chiunque attraverso un qualunque mezzo della stampa avr provocato a commettere un crimine, un delitto od una contravvenzione, sar punito Art 17 sar punito col carcere chiunque offenda i buoni costumi con uno dei mezzi di stampa contemplati dalleditto Lo stato italiano tra le due guerre mondiali Nel 1913 si tennero nuove elezioni, che avrebbero dovuto essere molto diverse dalle precedenti per via di due motivi: per prima cosa il suffragio era divenuto finalmente universale, e, seconda cosa, era definitivamente venuto meno il Non expedit che, dal 1870, condizionava la partecipazione alla vita politica di tutti i cattolici: tale risultato venne ottenuto da Giolitti che, con la conclusione del Patto Gentiloni, si assicur limpegno dei cattolici a partecipare alle elezioni, dando il voto a quei candidati che si fossero impegnati a considerare favorevolmente la possibilit di convivenza di scuola pubblica e privata, di dare uneducazione religiosa alle elementari e di opporsi al divorzio. Prima la guerra di Libia, e poi lo scoppio della Prima Guerra mondiale tra le potenze dellIntesa e le Potenze Centrali, alleate dellItalia, portarono a una situazione piuttosto convulsa a livello sociale, con il Governo Salandra stretto nella morsa degli interventisti, sia socialisti sia nazionalisti. Il risultato degli scontri sociali (come la settimana rossa delle Romagne) la maggioranza decise di abbandonare il destino italiano alla volont del Governo, attribuendo poteri speciali per via di eventi straordinari: iniziata la guerra, il Governo fece un uso indiscriminato dei poteri ottenuti, emanando leggi anche in materia fiscale. In pi bisogna ricordare che la guerra fu decisa ed attuata in seguito ad una votazione della Camera tuttaltro che libera e sincera: la decisione era infatti il frutto delle violenze che avevano turbato il paese fino a quel momento, e non la vera volont dei Deputati (episodio dei biglietti da visita a casa di Giolitti). Il paese veniva a trovarsi in stato di guerra e, di conseguenza, veniva sospeso lordinamento giuridico ordinario a favore del diritto di guerra: oltre ai pieni poteri allesecutivo, venne infatti impiegato il diritto penale militare, che prevedeva pene durissime e, molto spesso, sproporzionate (era infatti quello del regno di Sardegna del 1840). Finita la guerra si procedette a nuove elezioni, questa volta con il sistema proporzionale, e non pi uninominale, che portarono alla schiacciante vittoria di popolari e socialisti: la situazione interna era per critica: la smobilitazione e la riconversione industriale avevano infatti creato una voragine finanziaria che si faceva molta fatica a colmare. Si cre cos una situazione di vuoto di poter della quale approfitt, il 22 ottobre del 1922, il movimento fascista, capeggiato dal duce Benito Mussolini, ex direttore del quotidiano socialista LAvanti, che si proponeva di attuare una rigida politica volta alla cessazione dei disordini sociali e alla rinascita della nazione, ma che, come obiettivo principale, aveva laccrescimento del proprio potere individuale. Compiuta la marcia su Roma, e non avendo il re Vittorio Emanuele III dichiarato lo stato dassedio, Mussolini fu chiamato dal re steso a formare il nuovo governo e ad assumere il ruolo di Presidente del Consiglio: il 29 ottobre 1922 Mussolini sal al potere, per poi

esserne privato solo il 25 luglio 1943, dopo che il Gran Consiglio del Fascismo sconfess il proprio capo. Il diritto fascista Obiettivo del fascismo, e in particolare di Mussolini, era quello di ottenere il potere, ma, soprattutto, di far diventare tutto il paese espressione degli ideali fascisti: tutto quello che veniva pensato, ideato e realizzato dal Governo aveva come fine la fascistizzazione del paese: lItalia sarebbe diventata uno stato fascista, perch nel pensiero di Mussolini il fascismo non sarebbe dovuto essere solo un partito, ma un modello di pensiero tale da permeare ogni ambito della vita sociale, dalla scuola al lavoro: le leggi, anche se si trattava di leggi come tante altre, erano cos le leggi fascistissime e il diritto italiano si era trasformato nel diritto fascista. Non solo il fascismo era il centro del potere, ma era anche ci che determinava ogni aspetto della vita di ogni individuo. Tale dualismo StatoFascismo si basava prevalentemente sulla figura del Duce, iniziato il suo declino, inizi la decadenza dello Stato. Obiettivo principe della politica Mussoliniana, fu lo spostamento del potere dalle mani del Sovrano alle mani del Governo e, in particolare, del Capo del Governo, ossia nelle proprie. Emblema della sua volont di rompere con la tradizione, con il vecchio regime, fu listituzione di un nuovo organo consultivo, che svolgesse compiti ausiliari di ispiratore e suggeritore della politica governativa, formato da gerarchi, ministri e alti funzionari: il Gran Consiglio del Fascismo. Al fianco di questo, che ricevette un ordinamento preciso solo il 9 dicembre 1928, con la fascistissima riforma, fu istituita la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, nella quale confluirono molti dei membri delle squadre fasciste che avevano disseminato il terrore negli anni precedenti, sotto il controllo del Governo, che in questo modo abbandonava il regime democraticoliberale aprendo le porte al totalitarismo. Il Gran Consiglio del Fascismo era, nella visione di Mussolini, una sorta di stato maggiore, cui venivano assegnate funzioni di rilievo, esercitate per quasi sempre su indicazione di Mussolini stesso: la legge del 9 dicembre 1928 attribu infatti a tale organo il potere di scelta dei membri delle liste elettorali per la formazione della Camera dei Deputati, di decidere le direttive del partito e riguardo al suo ordinamento, di nominare e revocare gli alti gerarchi. Inoltre tutte le questioni di carattere costituzionale, e relative alla successione al trono e alle prerogative della Corona sarebbero dovute essere sottoposte a suo parere. In pi il Gran Consiglio del Fascismo aveva il potere di nomina del capo del Governo: il re veniva lentamente privato dei suoi poteri fondamentali, tutto questo lasciando apparentemente intatto il dettato statutario. Tutto era, per, nelle mani di Mussolini: in qualit di Capo del Governo, e di capo del Gran Consiglio, infatti spettava a lui la possibilit di convocare e chiudere a suo piacimento i lavori del G.C., di fissarne lordine del giorno, di scegliere i relatori, di dare la parola e di sospendere in ogni momento le deliberazioni. Il 24 dicembre 1925 venne emanata la Legge sulle attribuzioni e sulle prerogative del Capo del Governo, capace di alterare drasticamente il sistema, relegando nelle mani del Capo del Governo tutto il potere esecutivo e collocando il Parlamento alle sue dipendenze. I Ministri erano, dora in avanti, nominati e revocati dal re su proposta del Capo del Governo ed erano responsabili verso entrambi. Il capo del Governo dirigeva e coordinava lopera dei ministri e doveva dare il suo consenso a qualunque ordine del giorno di ognuna delle due Camere. In pi aveva la facolt di chiedere che una proposta di legge, rifiutata da una Camera, fosse rimessa in votazione, senza discussione, almeno tre mesi dopo; poteva, inoltre, porre allordine del giorno di una Camera la votazione su un progetto di legge che fosse stato bocciato dallaltra Camera (art 6). Inoltre le Camere vennero lentamente provate di parte dei propri settori di competenza legislativa, che vennero attribuiti al Consiglio dei Ministri. Al Governo fu infatti attribuito il potere di disciplinare lorganizzazione e le norme per il funzionamento delle amministrazioni dello Stato e di altri enti pubblici. Con la legge elettorale del 2 settembre 1928 venne ancor di pi sancita la supremazia dellesecutivo sul Parlamento: la Camera dei Deputati veniva trasformata nella Camera dei Fasci e delle

Corporazioni, i cui membri erano gi scelti dal Capo del Governo e dai suoi funzionari, cui nomi erano inseriti in una lista che il popolo elettore aveva solamente la facolt di approvare o meno. Legge sulle attribuzioni e prerogative del capo del Governo (24 dicembre 1925) Art 1 il potere esecutivo esercitato dal Re per mezzo del Governo. Il Governo costituito dal Primo Ministro e dai Ministri Art 2 il Capo del Governo nominato e revocato dal re ed responsabile verso il re dellindirizzo generale politico del Governo. I Ministri sono nominati e revocati dal re, su proposta del Capo del Governo. Essi sono responsabili verso il re e verso il Capo del Governo Art 3 il Capo del Governo dirige e coordina i Ministri, convoca il Consiglio dei Ministri e lo presiede Art 4 il numero, la costituzione e le attribuzioni dei Ministeri sono stabilite per decreto Reale, su proposta del Capo del Governo Art 6 nessun oggetto pu essere messo allordine del giorno di una delle due Camere, senza ladesione del Capo de Governo. Leggi sul Gran Consiglio del Fascismo (9 dicembre 1928) Art 1 il Gran Consiglio del Fascismo organo supremo, che coordina e integra tutte le attivit del Regime sorto dalla Rivoluzione dottobre 1922. Ha funzioni deliberative (art 11) e d pareri (art 12) Art 2 il Capo del Governo di diritto il Presidente del Gran Consiglio del Fascismo. Egli lo convoca quando ritiene e ne fissa lordine del giorno. Art 3-7 norme relative a chi sia membro di diritto, e a chi invece possa essere nominato membro Art 9 immunit per i membri del Gran Consiglio del Fascismo Art 11 Il Gran Consiglio del Fascismo delibera: sulla lista dei deputati designati; sugli Statuti, gli ordinamenti e le direttive del Partito Fascista; art 12 deve essere sentito il parere del Gran Consiglio del Fascismo su tutte le questioni aventi carattere costituzionale. Sono considerate aventi carattere costituzionale le seguenti questioni: successione al Trono, attribuzioni e prerogative della Corona; composizione e funzionamento del Gran Consiglio; attribuzioni e prerogative del Capo del Governo; facolt del potere esecutivo di emanare norme giuridiche; ordinamento sindacale e corporativo; rapporti tra Stato e Santa Sede Da ricordare che tale legge venne poi in parte modificata da una legge del 1929 che modificava i criteri per essere ammessi come membri permanenti del Gran Consiglio, e anche solo come membri. I Comuni e le Province La legge del 31 gennaio 1926 negava che bastasse un decreto legislativo per disciplinare lordinamento di Comuni e Province. Ma precedenti disposizioni normative avevano contribuito ad estendere linfluenza dellEsecutivo su tutte le autonomie locali. Dopo aver creato a Roma un Governatorato con a Capo un Governatore (1925), venne imposto a tutti i comuni del regno listituto del Podest (4 febbraio 1926). Nelle province venivano (1928) invece create le figure del Preside e del Rettorato provinciale. Tutte le cariche erano, ovviamente, di nomina governativa. Legge sulla facolt del potere esecutivo di emanare norme giuridiche (31 gennaio 1926) Art 1 sono emanate con decreto Reale, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, le norme giuridiche necessarie per disciplinare: lesecuzione di leggi; luso delle facolt spettanti al potere esecutivo; lorganizzazione ed il funzionamento delle Amministrazioni dello Stato, eccettuati i Comuni e le Province Art 3 con decreto Reale, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, possono emanarsi norme aventi forza di legge: quando il Governo sia delegato da una legge, entro i limiti della delegazione; nei casi straordinari, nei quali ragioni di urgente e assoluta necessit lo richiedano.

Le Corporazioni Il fascismo segu la strada delle Corporazioni per cercare di porre fine agli scontri sociali tra lavoratori e imprenditori. Tutta lorganizzazione del lavoro fu formulata sulla base delle Corporazioni, che assunsero un ruolo talmente fondamentale da far trasformare la Camera dei Deputati nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Il modello di stato corporativo nacque intorno al 1926, quando fu deciso che le organizzazioni sindacali avessero carattere nazionale e fossero organizzate in corporazioni, costituite per decreto del Ministro per le Corporazioni, con il quale fossero determinati funzioni, poteri, organizzazione e competenze. Fu parimenti creato il Consiglio Nazionale delle Corporazioni, che doveva divenire, nel progetto di Mussolini, il cervello pensante delleconomia italiana, unico ad occuparsi dellindustria (a discapito del Ministro dellEconomia). In questo modo il Duce pensava che, organizzando lattivit economica dallalto, si potesse arrivare ad una sorta di pace sociale, anche grazie allistituzione di un Collegio di conciliazione per derimere le eventuali controversie. Il 19 gennaio 1939 il modello corporativo, ancor prima che venisse effettivamente realizzato a livello sociale, veniva introdotto nel sistema parlamentare: veniva infatti creata, al posto della Camera dei Deputati, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, formata da membri del Consiglio Nazionale delle Corporazioni. Legge istitutiva della Camera dei Fasci e delle Corporazioni (19 gennaio 1939) Art 1 la Camera dei Deputati soppressa. istituita, in sua vece, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni Art 2 Senato e Camera dei Fasci e delle Corporazioni collaborano per la formazione delle leggi Art 3 la Camera dei Fasci e delle Corsporazioni formata da componenti del Consiglio Nazionale delle Corporazioni e del Consiglio Nazionale del Partito Fascista Art 4 Il DUCE fa parte di diritto della Camera dei Fasci e delle Corporazioni Art 10 la fine di ciascuna legislatura stabilita con decreto Reale, su proposta del DUCE del Fascismo, Capo del Governo. Art 15 i disegni di legge di carattere costituzionale, le deleghe legislative di carattere generale, i progetti di bilancio ed i rendiconti consuntivi, sono discussi e votati dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni e dal Senato. Art 16 gli altri disegni di legge sono deferiti allesame delle Commissioni legislative delle due Camere, e, se approvati, trasmessi alle Camere, per poi essere trasmessi al DUCE, che pu sottoporli a sanzione regia. Le norme cos emanate (e non votate dalle Camere) hanno forza di legge a tutti gli effetti I diritti di libert I diritti di libert non furono apertamente negati, ma regolati al fine di salvaguardare linteresse nazionale. Sebbene il compito di applicare sanzioni quali lammonizione o il confino, o comunque restrittivi della libert personale, spettasse per legge agli organi giudiziari, in pratica tale compito era svolto dallautorit amministrativa. In questo modo il governo cre una situazione di totale mancanza di eguaglianza, ma, anzi, di profonda diseguaglianza e di privilegi: cattolici e fascisti vennero fortemente favoriti, mentre oppositori di entrambi venivano puniti con sanzioni pesantissime, mentre nel caso dei giornali furono tutti chiusi. Ai concorsi pubblici venivano ammessi solo gli iscritti al Partito e i licenziamenti erano considerati diversamente a seconda dellappartenenza, o meno, del lavoratore al Partito. I casi pi gravi di discriminazione si ebbero nel campo del diritto di riunione e di associazione e nel campo della libert di stampa (tralasciando le leggi razziali). Il diritto di riunione e di associazione furono combattuti su ogni fronte, anche nei confronti delle squadre fasciste, i cui membri furono invitati ad aderire alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Una legge del 1925 sottopose al controllo dellautorit pubblica le associazioni e le corporazioni, di qualunque

tipo. Per sancire il nuovo ordinamento furono emanate le leggi di Pubblica Sicurezza nel 1931, nelle quali furono ribaditi concetti di norme precedenti, furono vietate le associazioni segrete e fu fatto obbligo di ogni associazione il comunicare i propri statuti e regolamenti alla stessa autorit di Pubblica Sicurezza. Quanto alla libert di stampa, questa sarebbe dovuta essere garantita, ma, in realt, pi di un giornale fu oggetto di minacce, aggressioni e devastazioni. Con il Regolamento dellEditto sulla stampa, del 1925, i prefetti furono incaricati di vigilare ed autorizzati a sequestrare, anche prima delle due preventive diffide, tutti i giornali che si opponessero al Regime. Stesso destino della libert di stampa ebbe la libert di pensiero, dato che ognuno era obbligato al Credo fascista, e, in pi settori, era previsto il giuramento (come nel caso dei professori universitari). I doveri del cittadino verso lo Stato Il cittadino tenuto alla lealt e allobbedienza: tutti dovevano, con o senza tessera, tasselli del movimento fascista, ingranaggi dello stato fascista. Obbedienza e fedelt indicavano, oltre che determinati comportamenti, anche osservanza degli ordini, come quelli di Pubblica Sicurezza e del Codice penale Rocco del 1930: obiettivo di questo codice era la difesa dello Stato, e quindi reprimeva ogni manifestazione che potesse in qualche modo essere una turbativa. Il crollo del regime Dopo lo scoppio della guerra e la sua nefasta evoluzione, la figura di Mussolini, fulcro dello Stato fascista, venne sempre pi degradando. Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo, lorgano voluto espressamente da Mussolini, e che lui aveva sempre fino ad allora comandato, affermava la necessit dellimmediato ripristino di tutte le normali funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio e al Parlamento le responsabilit statali delle nostre leggi statutarie e costituzionali e invitava il Capo del Governo a pregare il Re affinch assumesse leffettivo controllo delle forze armate e con essa tutti i poteri a lui attribuiti dallo Statuto. La sera di quello stesso giorno, il Re accett le dimissioni di Mussolini e inform la popolazione che il generale Badoglio assumeva il governo militare del paese con pieni poteri. LA CODIFICAZIONE Sin dai primi tempi dellepoca moderna, la complessit, la vastit e il particolarismo giuridico del diritto comune (ossia del diritto basato sul Corpus Iuris Civilis, sul Corpus Iuris Canonici e sullopinio doctorum) apparvero ad alcuni intellettuali, in particolare francesi, degli ostacoli da superare. Essi confidavano nel fatto che il principe, sovrano di uno stato unitario, fosse in grado, grazie alla propria attivit normativa, di superare tale modello, tipico dellancien regime, dei privilegi e del mondo feudale, per introdurre un nuovo ordinamento giuridico, chiaro, uguale per tutto il territorio e univoco. Ma il risultato della legislazione principesca fu solo parzialmente simile a quanto auspicato, in quanto, seppur relegato alla soluzione dei casi dubbi o di quelli in cui non erano previste norme, il diritto comune continu, fino alla fine del XVIII secolo, ad essere elemento fondamentale di ogni ordinamento. Nei secoli XVII-XVIII alcuni regnanti provvidero a far redigere delle raccolte delle normative esistenti, soprattutto relativamente ad alcuni settori specifici, ma nessuna di queste pu essere definita un codice: lordonnances di Luigi XIV (della marina, del commercio, della procedura), le Regie Costituzioni di Vittorio Amedeo II di Savoia (Leggi e Costituzioni di Sua Maest Re di Sardegna del 1723) e il codice estense del 1771, denominate consolidazioni da Mario Viora, lasciavano infatti intatto il sistema del diritto comune, sul quale si trovavano addirittura a poggiare. La spinta degli intellettuali illuminati sembr poter portare alla nascita di veri e propri codici in quegli Stati ove i Sovrani fossero da essi consigliati: Federico II di Prussia, gli Asburgo in Austria, i Lorena in Toscana, si misero su questa strada, ma i risultati che ottennero furono inferiori alle attese: sia il Landrecht prussiano (1794), sia il regolamento giudiziario civile austriaco (1782), sia il

codice penale giuseppino (1792), sia la Leopoldina toscana del 1786, non possono infatti essere considerati codici nel senso moderno del termine, in quanto si presentarono o disorganici, o complessi, o ammisero la coesistenza con il diritto comune o non furono in grado di rivolgersi egualmente a tutti i soggetti, oppure di prendere in considerazione un determinato ramo del diritto. Solo in seguito alla Rivoluzione francese si giunse, in Francia, alla redazione di codici capaci di introdurre, a dispetto del regime precedente, un sistema basato sullunicit del diritto, la parit di tutti i cittadini di fronte alla legge, labolizione del sistema del diritto comune, la formazione di un corpo di leggi chiaro, semplice, omogeneo che ogni cittadino potesse conoscere e capire senza dover passare per linterpretazione di giuristi. Cos come la costituzione doveva, nellideale rivoluzionario, fissare le garanzie del cittadino nei confronti dellautorit del potere precostituito, i codici verso quella degli altri cittadini. Fu la prima Assemblea Costituente ad indicare tra i suoi primi obiettivi quello della stesura di un codice generale, composto di leggi semplici, chiare e comuni a tutti i cittadini. Si diffondeva, contemporaneamente, lidea della divisione del diritto in diversi settori, e i codici dovevano essere ognuno la regolamentazione di uno di questi. Ordinamento giudiziario, diritto civile e penale, pubblico e privato andavano separati tra di loro. Nel 1790 venne riordinato lordinamento giudiziario, e nel 1791 fu emanato il primo codice francese, quello penale, rivisto poi a quattro anni di distanza. Per quel che riguardava il diritto civile furono istituite 3 Commissioni che si susseguirono elaborando progetti sotto il controllo di Cambaceres, e a questi si aggiunse quello di Jacqueminot, ma tutti questi rimasero solo sulla carta. Spetter poi a Napoleone mettere a frutto quanto elaborato sia in epoca rivoluzionaria, sia consolare, per emanare, in qualit di Imperatore, i cinque codici del diritto francese: il codice civile nel 1804 il codice di procedura civile nel 1806 il codice commerciale nel 1807 il codice penale nel 1808 il codice di procedura penale nel 1810 con la cui introduzione venne definitivamente abolito il sistema del diritto comune e dei privilegi dell ancien regime. Corpus iuris canonici, corpus iuris civili, opinio doctorum e le varie interpretazioni dei giuristi, dei giudici e tutta la legislazione principesca venivano cancellati e rimpiazzati da questi cinque codici e dalla loro semplicit, chiarezza e uniformit. In compenso, per, si assiste alla definitiva statalizzazione del diritto: ci che forma il diritto solo ci che emanato dallautorit sovrana: interpreti, giudici, giuristi si devono attenere al diritto positivo dello stato. Il ruolo del giurista, e del giudice, si ridusse, dunque, alla mera applicazione della norma voluta dal legislatore al caso concreto. Il codice civile francese del 1804 Nonostante la rivoluzione avesse portato allaffermazione dellunione, oltre che dello Stato, anche della Nazione Francese, nel 1790 lelemento caratteristico dellordinamento privato era, senza dubbio, il particolarismo giuridico. Il territorio era da sempre diviso in due grandi zone, una a nord ed una a sud pi aperta agli influssi del Diritto romano, e in pi ogni comune, ogni citt, aveva i propri statuti locali, le sue consuetudini giuridiche che lo rendeva giuridicamente diverso da ogni altro. Il clima allora era quello di una profonda incertezza normativa (perch erano le Cours de parlement che dovevano interpretare le norme in caso di dubbi da parte dei giudici) e soprattutto di diseguaglianza fra i diversi cittadini francesi, tutti uguali davanti alla legge, ma ognuno faceva riferimento alla propria realt particolare. Per queste ragioni lAssemblea pens di affidare ad una Commissione la realizzazione di un codice civile, la cui produzione appariva fondamentale. Nel 1793 una Commissione, guidata da Cambaceres, propose il primo progetto di Codice, che per venne respinto in quanto giudicato troppo prolisso e giuridico rispetto allideale di semplicit e immediatezza auspicato dai teorici della rivoluzione; un secondo progetto, redatto da una seconda Commissione, sempre presieduta da Cambaceres, molto pi snello e semplice, fu proposto poco

tempo dopo, ma questo apparve sin troppo generico e privo di sanzioni, un Codice pi morale che giuridico. Per questo motivo Cambeceres fu incaricato di presiedere ad una terza Commissione, quando ormai lesigenza di un codice andava sempre pi scemando, e quindi il suo terzo progetto, proposto nel 1796, fu esaminato con molta lentezza, fino a quando la discussione si interruppe, ed ogni parlamentare fu invitato, qualora interessato, a fare la sua proposta: lunico che colse linvito fu Jacqueminot, il cui progetto, per, ebbe la stessa fortuna dei tre precedenti. Napoleone, divenuto Primo Console nel 1800, form una Commissione composta da soli quattro giuristi, con il compito di prendere spunto dai lavori delle Commissioni precedenti e di formulare, con una certa rapidit, un codice di diritto civile. I quattro giuristi, Portalis, Tronchet, BigotPreameneau e Maleville, riuscirono, in meno di un anno, a portare a termine il lavoro, soprattutto grazie ai lavori dei propri predecessori. Una volta concluso, il testo fu inviato ai pi elevati tribunali esistenti, che lo discussero e lo rimandarono indietro; tornato alla Commissione con tanto di suggerimenti, il testo sub qualche modifica per poi passare al Consiglio di Stato, ove avvenne la vera e propria discussione sulle scelte da adottare: approvato da questo un testo, fu allora compito del Tribunato quello di discutere, e del Corpo Legislativo di votare il codice civile napoleonico, emanato con una legge del 21 marzo 1804, che riuniva le 36 leggi anteriori con le quali il Corpo Legislativo aveva a mano a mano approvato i pezzi di codice civile che gli venivano sottoposti. Il codes civil des Franais suddiviso in tre libri, preceduti da un Titolo Preliminare, Della pubblicazione, degli effetti e dellapplicazione delle leggi in generale, composto di sei articoli, e inerente non al codice, quanto alla legge in generale, valido non solo per il codice civile, ma per tutte le leggi, e posto allinizio del codice civile proprio per via dellimportanza che questo rivestiva allinterno dellordinamento statale. I tre libri furono cos divisi: 1. diritti delle persone e di famiglia 2. diritti dellindividuo sulla propriet e sulle cose 3. regole sullappropriazione delle cose Lo schema del Codice Napoleonico riprendeva allora quello di Gaio, che aveva suddiviso il diritto privato in personae, res e actiones, ma i contenuti appaiono sicuramente innovativi. Il primo libro, composto di 11 titoli, riguarda le norme relative ai diritti della persona e della famiglia. Contiene perci norme sullo stato civile (registri di nascita, matrimonio e morte), matrimonio (viene introdotto il matrimonio civile), divorzio, la paternit (con la precisazione e la limitazione dei poteri del padre), la filiazione (parificazione tra figli legittimi, fra figli maschi e figli femmine e con il riconoscimento di qualche diritto per i figli naturali), adozione, patria potest (precisazione dei poteri del padre, ma persistenza della soggezione dei figli fino al compimento della maggiore et 21 anni-), tutela (viene ammessa la madre in mancanza del padre). Delle conquiste rivoluzionarie sono quindi mantenute la parificazione tra figli legittimi maschi e femmine, il riconoscimento di qualche diritto ai figli illegittimi, la precisazione della patria potest a favore dellautonomia dei figli maggiorenni; fu inoltre laicizzato il diritto di famiglia (matrimonio civile, divorzio, registri dello stato civile) Il secondo libro, diviso in quattro titoli, intitolato della propriet, oltre che dei beni, lasciando intendere quanto sia ampio il concetto di diritto di propriet espresso in questo codice, tale da farlo considerare il codice della propriet borghese. Abolito il sistema feudale, ognuno pu godere della propriet in modo assoluto, pieno ed esclusivo. Accanto alla propriet sono poi presi in considerazione gli altri diritti reali, e anche il possesso, mentre pegno ed ipoteca sono inseriti nel libro successivo, in quanto considerate pi azioni per lappropriazione di cose che diritti reali di garanzia. Il terzo libro, composto di ben 20 titoli, riguarda le Differenti maniere tramite le quali si acquista la propriet: si parla quindi sia di successioni, sia di obbligazioni, sia di contratti, dando luogo ad un insieme piuttosto eterogeneo. Per quel che riguarda le successioni bisogna ricordare lequiparazione tra maschi e femmine, il rifiuto del fedecommesso (lascito patrimoniale al primogenito che poi, a sua volta, lo lascer al proprio primogenito) e del privilegio a favore di qualche figlio, il riconoscimento di quote legittime per parenti stretti, il riconoscimento di unampia

libert testamentaria, e il riconoscimento di validit del testamento olografo oltre a quello pubblico. Nel campo obbligazionario bisogna ricordare un articolo che anticipa il 1732 del codice italiano, ossia che le convenzioni legalmente formate hanno forza di legge tra le parti. Veniva pienamente riconosciuta lautonomia privata. Vengono disciplinati in maniera essenziale alcuni contratti principali, e contemplata lesistenza di contratti atipici: basta che siano rispettate i quattro requisiti di validit: capacit contrattuale, consenso di chi si obbliga, certezza delloggetto e causa lecita. Se da un lato il codice lemblema del raggiungimento delleguaglianza di tutti i cittadini di fronte ad un'unica legge valida per tutto lo stato, del riconoscimento della loro libert, della autonomia privata e contrattuale, della possibilit di disporre liberamente dei propri beni per soddisfare i propri interessi, anche vero che il simbolo della statualit del diritto: il diritto solo quello emanato dallo stato, valido solo allinterno dello stato, ma valido per tutti quelli che sono allinterno dello stato. Per queste ragioni il codice civile napoleonico fu, per la Francia, il fulcro dellordinamento, redatto per primo e ancora tuttoggi in vigore, anche se con qualche modifica. Ma questo codice fu, soprattutto, il punto di partenza per tutta la codificazione europea dellottocento e del novecento. Tale codice fu talmente importante per la Francia, che nel secolo scorso nacque la scuola dellesegesi, ossia una dottrina filosofica che aveva come ideale quello di seguire da vicino, in modo il pi corretto possibile, le prescrizioni del codice. Gli altri codici francesi Terminato il codice civile, che appariva come il pi importante e per questo quello che sarebbe dovuto essere necessariamente il primo, si pens alla conclusione degli altri. Il primo fu, ovviamente, quello di procedura civile, in modo da poter garantire una tutela giudiziaria ai diritti affermati dal code civil: questo fu pronto nel 1806. Nel 1807 fu varato il code de commerce, nel 1808 il codice di procedura penale, e nel 1810 il nuovo codice penale (dopo quello del 1791 e del 1795). Il codice di procedura civile del 1806 ribadiva lunicit e statualit della giurisdizione contro le corti privilegiate o speciali, e presentava unorganizzazione piramidale della giustizia, che fosse composta da un doppio grado giurisdizionale e con la valutazione delle sole questioni di diritto, e non di merito, da parte della Corte di Cassazione (posta come tutore della unicit interpretativa in tutto il territorio). Il code de commerce del 1807 era un completamento del code civil, in quanto organizzava con pi accuratezza tutto lambito economico: era composto da quattro libri, il primo dei quali regolava gli atti mercantili e i principali istituti mercantili (titoli di credito, assicurazioni), il secondo il diritto marittimo, il terzo quello fallimentare e nel quarto la giurisdizione commerciale, con dei tribunali, composti da commercianti, che giudicassero in maniera pi rapida le controversie relative al settore economico. Viene decisamente meno lorganizzazione corporativa e il privilegio che questa comportava a coloro che ne erano parte: il requisito per essere regolati dal diritto commerciale non era essere un commerciante, ma aver eseguito un atto di commercio. Il codice di procedura penale del 1808 si compie la distinzione tra codice di procedura penale e codice penale che il codice del 1796 non aveva introdotto. Anche qui appaiono evidenti le conquiste del movimento rivoluzionario: viene conservata la giuria popolare, rimaneva la garanzia della pubblicit degli atti processuali, la necessit della motivazione della sentenza e la sua appellabilit, il controllo della Cassazione sui problemi di diritto e di interpretazione, e linamovibilit dal Giudice naturale precostituito. Infine nel 1810 venne emanato il codice penale, basato sul concetto di stretta legalit, ossia sulla ripartizione dei reati in crimini, delitti e contravvenzioni. Era poi lasciata al giudice la scelta della pena, tra un minimo e un massimo previsti dalla legge. Dei quattro libri, il primo era dedicato alle pene (tra cui rimaneva quella di morte), il secondo allimputabilit, punibilit e responsabilit, il terzo alle diverse fattispecie di reato (con tanto di sanzioni) e il quarto alle contravvenzioni. Dalla tripartizione del terzo libro si capisce quali fossero gli interessi che il codice penale del 1810 si

proponeva di difendere: il primo titolo dedicato ai reati contro lo Stato e la cosa pubblica (in primo piano dato il clima imperiale del 1810), il secondo titolo ai reati contro la persona (a difesa dellintegrit del cittadino) e il terzo ai reati contro il patrimonio e la propriet. Il codice civile austriaco Il processo di codificazione austriaco pu essere fatto risalire allopera di Maria Teresa, la quale incaric alcuni giuristi di formare una commissione e di produrre una raccolta normativa che unisse diritto romano e diritto di ragione: il risultato, il Codex Theresianus, fu talmente steso e complesso da suggerire di non essere applicato. Tocc poi al figlio Giuseppe II, che fece pubblicare un primo libro del codice giuseppino, che per ebbe scarsa applicazione. Fu allora nel 1811, quando ormai tutti e cinque i codici francesi erano stati pubblicati, che fu pronto il codice civile austriaco. Era anche questo diviso in tre libri, ma non pi secondo lo schema Gaiano di personae, res e actiones, bens sulla base di quello Kantiano di diritti delle persone e diritti delle cose. Il primo libro era dunque relativo ai diritti delle persone, il secondo ai diritti delle cose (unendo la parte obbligazionaria e quella dei diritti reali, ossia il terzo e secondo libro del codice napoleonico), mentre il terzo conteneva disposizioni di carattere generale relativamente alla costituzione, modificazione ed estinzione dei rapporti giuridici. Le innovazioni rivoluzionarie erano solo in parte accettate, mentre rimanevano alcuni privilegi legati allo status di determinate persone. Questo fu il codice che venne esteso al Lombardo-Veneto. I codici italiani preunitari Dopo la sconfitta napoleonica, in Italia si ebbe il fenomeno della Restaurazione, ossia del ritorno delle vecchie dinastie e degli antichi regimi. Lesperienza della dominazione napoleonica, che aveva introdotto i principi della rivoluzione, oltre che i codici, non pot essere facilmente dimenticata, anche se quasi tutti per prima cosa ristabilirono lantico ordinamento e reintrodussero il diritto comune. Solo il Regno delle Due Sicilie mantenne, in via provvisoria, i codici francesi. Tutti i Sovrani iniziarono, lentamente, a dare vita a delle Commissioni incaricate di formulare codici tipici, che diedero risultati pi o meno positivi. Nessuno volle, infatti, mantenere un codice frutto di una rivoluzione, ma tutti, o quasi, si accorsero dellimportanza e dellirrinunciabilit di avere un ordinamento coordinato da codici semplici, chiari e generali. Il dibattito sulla necessit o meno di codificare fu sostenuto in prima persona da Thibaut e Savigny: il primo dei due intellettuali di inizio 800 individu nella codificazione un modo per poter superare la disastrosa situazione politica, confidando che i sovrani, ispirandosi ai principi dei codici francesi, dessero un taglio con il passato; il secondo sostenne invece linsensatezza di tale tesi, affermando che il codice di ogni societ non potesse dipendere da altri che da se stessi, e quindi sostenendo che non dovesse essere prodotto un codice, ma che questa codificazione dovesse essere pi incerta, e formulata dalla stessa societ. Il Regno delle Due Sicilie mantenne, per lo pi, i codici francesi, fatta eccezione per i punti che contrastavano con i principi della Restaurazione. Fu predisposto un unico volume diviso in cinque parti, tante quante i codici napoleonici. Nel Ducato di Parma la duchessa Maria Luisa, moglie di Napoleone e figlia dellImperatore dAustria, form una Commissione che predispose nel 1820 un testo di codici che tenevano contemporaneamente conto sia dellesperienza napoleonica sia di quella austriaca del 1811. Il codice di commercio non fu ritenuto necessario. Nel Lombardo-Veneto fu esteso il codice austriaco. Nello Stato Pontificio il Papa per prima cosa reintrodusse il diritto comune, ma nomin tre commissioni per la formulazione di nuovi regolamenti (e non codici, perch era un termine rivoluzionario), uno sul processo penale, uno sul processo civile, uno sul diritto civile e uno su quello penale, che per non cancellarono il sistema del diritto comune. In Toscana si ha il ritorno al diritto comune, conservando per il codice di commercio francese, e nellattesa di nuovi codici. I lavori andarono per molto a rilento.

Nello stato Sabaudo Vittorio Amedeo III reintrodusse il diritto comune e le Regie Costituzioni del 1770. Divenuto Re Carlo Alberto (1831), diede inizio ad un processo di codificazione sul modello francese che produsse, a partire dal 1837, tutti e cinque i codici (civile nel 1837, commerciale nel 1842). Nel 1859, giovando dei pieni poteri ottenuti per via della seconda guerra dindipendenza, il Governo eman tre nuovi codici, quello penale, di procedura civile e di procedura penale, non particolarmente brillanti, ma fondamentali per la futura unificazione. La codificazione unitaria del 1865 Al momento dellunificazione il regno di Sardegna presentava cinque codici propri, ossia il codice civile del 1837, il codice commerciale del 1842, il codice penale e le due procedure del 1859. In alcuni territori questi vennero estesi interamente, in altri casi solo alcuni, nel caso della Toscana, invece, non fu esteso nessun codice, anche perch il codice penale toscano non prevedeva la pena di morte. In seguito allunit apparve allora evidente la necessit di unificazione legislativa, allo stesso tempo urgente ma che richiedeva accortezza. Fu allora immediatamente nominata una Commissione Piemontese-Lombarda, alla quale se ne affianc una emiliana, con lobiettivo di riformare il codice civile Albertino del 1837. I lavori andarono per molto per le lunghe, e furono presentati addirittura tre progetti, con lultimo che fu discusso mentre la capitale veniva spostata a Firenze nel 1864. LItalia era dominata dai particolarismi, ma lidea di raggiungere lunitariet fu in grado di farli superare, e di portare allemanazione del nuovo codice civile del Regno dItalia il 25 giugno 1865, entrato in vigore il 1 gennaio 1966. Esso si ispirava ampiamente al modello francese, ma se ne stacc in alcuni punti, tenendo anche conto dei vari codici preunitari. Nello stesso giorno dellemanazione del codice civile fu emanato anche quello di Procedura Civile, i cui lavori apparvero molto pi semplici. Per quel che riguardava il codice di commercio non sembrava cos urgente una sua predisposizione, in quanto pi o meno tutti gli stati ne avevano di simili, chi quello napoleonico mai abbandonato, chi uno preunitario basato proprio sul code de commerce del 1806. Alla fine, per, prevalse lideale unificatore, che port, sempre il 25 giugno 1865, allestensione del codice di commercio albertino (del 1842) a tutto il regno dItalia. Per quel che riguarda il codice penale e il codice di procedura penale si gi visto che al momento dellunificazione erano stati estesi a tutti i nuovi territori i due codici del 1859, eccezion fatta per la Toscana, dove era in vigore il codice penale del 1853 privato, sulla scia della tradizione iniziata dalla Leopoldina, della pena di morte. Un modo per estendere il codice penale italiano anche alla Toscana fu trovato nelleliminazione della pena di morte, ma a ci si oppose il Senato, preoccupato di non poter disporre di tale deterrente in un momento tanto delicato. Il 25 giugno 1865, il codice penale fu dunque estesi a tutto il Regno dItalia tranne che alla Toscana. Lunit anche in questo settore si ottenne solo nel 1889. Il codice di procedura penale del Regno di Sardegna fu invece esteso anche alla Toscana senza intoppi Il 1 gennaio 1866, in tutto il Regno dItalia, tranne che in Toscana per quanto riguardava il codice penale, erano in vigore gli stessi cinque codici, che non erano il frutto di una nuova elaborazione, fatta eccezione per i progetti di quello civile, ma ladattamento di quelli del Regno di Sardegna: sin da subito si not, quindi, larretratezza di questi codici, legati allesperienza francese di 50 anni prima. Con lannessione del Veneto, in cui era in vigore soprattutto il codice commerciale austriaco, rese ancora pi evidente la necessit di modernizzare lordinamento. I codici unitari successivi Laffrettata elaborazione dei codici del 65 e il fatto che il codice penale non fosse stato esteso alla Toscana, port immediatamente alla necessit di rielaborare alcuni di essi. Furono cos principalmente presi in esame il codice di commercio (perch bisognava far fronte a grandi innovazioni e non era sufficiente un codice legato alla societ del 1804) e quello penale (per le vicende della Toscana). I due nuovi codici, pronti rispettivamente nel 1882 e nel 1889, per la prima

volta si staccavano dalla tradizione francese, risentendo maggiormente della Pandettistica tedesca, ossia della corrente di pensiero che in Germania aveva elaborato grandi ragionamenti sul diritto comune e, in particolare sul Digesto, costruendo categorie e concetti giuridici che sarebbero di l in avanti apparsi come fondamentali per la dottrina europea. Il nuovo codice penale prevedeva labolizione della pena di morte. Nel 1900 in Germania si assiste alla creazione di un codice civile, il B.G.B., molto apprezzato nel resto dellEuropa per via della sua precisione terminologica, della concisione, della completezza e per la levatura dogmatica e sistematica, fu poi alla base, insieme al codice napoleonico, del nuovo codice civile che venne prodotto durante il regime fascista. Mussolini riteneva che fosse questione di orgoglio dotare lItalia di nuovi codici, e per questo motivo eman sia un codice di procedura penale, sia un codice penale (denominati Rocco, e pubblicati nel 1830-1831) sia il nuovo codice civile, che, al di l di alcune riforme (come il diritto di famiglia e successorio) quello ancora in vigore oggi. Caratteristica di questo codice, che si compone di ben 5 libri (delle persone, delle successioni, della propriet, delle obbligazioni, del lavoro, della tutela dei diritti) laccorpamento del codice di diritto commerciale: per la prima volta si ha la commercializzazione del diritto civile, e quindi la conseguente abolizione del codice di diritto commerciale. Il nuovo codice, del 1942, si presenta allora composto di 6 libri: il primo sulle persone, il 2 sulla successione, il 3 sulla propriet, il 4 sulle obbligazioni (quindi propriet e obbligazioni sono separate come nel codice napoleonico), il 5 sul lavoro (ossia il codice di commercio) e il 6 sulla tutela dei diritti (ma comprendente anche modi di acquisto della propriet come ipoteca e pegno)

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