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MARCO TULLIO CICERONE

E' l'autore della letteratura latina che conosciamo meglio grazie ad una gran quantit di opere
conservate che ci danno la possibilit di ricostruire dettagliatamente le vicende della sua vita sia
pubblica che privata. Egli era il punto di riferimento degli Umanisti, non solo per la scrittura della prosa
ma anche come esempio di virt civile, fu infatti un intenso partecipante alla politica seguendo il
cursus fino alla carica di console e quella di proconsole del suo tempo (epoca cruciale per l'evoluzione
politico-istituzionale del mondo romano) e fu anche un importante testimone della Roma dell'Et di
Cesare. Ha dato a Roma tanti nuovi generi letterari come l'epistolografia, il trattato filosofico in latino
ed il trattato di retorica. Scrisse 864 lettere di cui, la maggior parte, venne scritta durante la guerra
civile tra Pompeo e Cesare. Le lettere di Cicerone non erano state scritte per essere pubblicate e perci
in esse troviamo la fedelt nella storia romana. Sono tutte dedicate a suoi amici e parenti, con cui poteva
quindi esporre il proprio pensiero. Le sue opere son tutte politiche poich per lui letteratura e politica
andavano di pari passo. Fu inoltre non solo un grandissimo oratore, ma anche un avvocato eccelso che
prese parte ad alcuni processi che fecero la storia romana. E' il personaggio che fece proprio il concetto
di humanitas (concetto non suo ma appartenente al Circolo Scipionico), secondo lui infatti la cultura
sarebbe stata la base per un sapiens romano, il quale doveva mettersi al servizio dello Stato ed entrare
in politica. A lui dobbiamo inoltre il tentativo, riuscito, di armonizzare il mondo romano e quello greco,
vissuto secondo la mentalit romana. La visione del mondo da lui elaborata sar infatti destinata ad
influenzare le et successive.
1. VITA
Cicerone nasce il 3 gennaio del 106 a.C. (6 anni prima di Cesare) nella cittadina di Arpino, nel Lazio
sud-orientale. La sua famiglia appartiene all'ordine equestre ed abbastanza ricca da permettergli di
avere dei maestri di altissimo livello in tutte le discipline. Egli inoltre un homo novus infatti il primo
della sua famiglia a ricoprire delle cariche politiche. Questa una cosa molto importante poich,
trovandosi Roma in un periodo di sconvolgimenti politici, a sole 10 famiglie era stato permesso di
avanzare un nuovo membro in politica. Cicerone, studia con passione ed interesse al fine di entrare in
Senato. La parte iniziale della sua formazione avviene a Roma con dei grandissimi maestri greci di
retorica e filosofia. Nella Capitale frequenta assiduamente il Foro, sotto la guida dei pi illustri oratori
del tempo. A quel tempo infatti gli oratori erano obbligati ad andare a parlare sui rostri, posti appunto
nel Foro romano, affinch tutta la popolazione potesse essere messa al corrente delle decisioni prese in
politica. [Anche Cesare, come Cicerone, si form frequentando il Foro. La differenza tra i due consiste
nel fatto che per quanto riguarda le loro orazioni, di Cicerone ci giungono quelle scritte di suo pugno e
da lui pubblicate, di Cesare invece la parte di orazioni che ci giunge deriva dalla trascrizione da parte
di altri scrittori.] A 25 anni, nell'81 a.C., appare per la prima volta sulla scena politica sostenendo la
sua prima causa con l'orazione Pro Quinctio in difesa di Publio Quinzio. L'anno successivo (80 a.C.)
riscuote un enorme successo pronunciando la Pro Sexto Roscio Amerino, difendendo e facendo
assolvere un personaggio molto ricco accusato di parricidio da parte di un liberto del dittatore Silla.
L'accusa di parricidio era estremamente grave e, prevedeva, non solo che l'omicida venisse messo a
morte con una pena durissima, ma anche che gli venissero confiscati i beni. Cicerone riesce a dimostrare

non solo che il suo difeso innocente, ma riesce addirittura a far ricadere l'accusa sul liberto.
Nonostante l'assoluzione a Roscio non viene restituito il patrimonio e questo dimostra il fine iniziale
dell'accusa, ovvero far incamerare nelle casse dello stato le ricche propriet dell'umbro. Durante questa
prima apparizione tuttavia discolpa Silla dall'essere a conoscenza del comportamento scorretto del
liberto Crisogono. Si presenta quindi come un personaggio a difesa di chi occupa una carica politica. Dal
79 al 71 a.C. decide di andare a studiare in Grecia ed in Asia Minore al fine di completare la sua
formazione. Frequenta le pi importanti scuole filosofiche ad Atene e nelle isole. E' determinante il
soggiorno a Rodi, in cui era presente una famosissima scuola di retorica disciplina fondamentale per
intraprendere la carica di avvocato e per l'ingresso in Senato dove segue le lezioni tenute dal retore
Apollonio Milone e grazie al quale, trova delle tecniche scrittorie pi equilibrate. Rincontra qui l'amico
Tito Pomponio Attico, fuggito da Roma, e che vivr in Grecia per molto tempo, estraniandosi dalla vita
politica. Al ritorno a Roma, Cicerone, intraprende la vita politica. Nel 75 a.C. diviene questore in Sicilia,
a Lilibeo (l'odierna Marsala), e l'anno dopo (74 a.C.) entra in Senato. Nel mentre, nel 76 a.C. si sposa
con Terenzia che lo stesso anno gli da una figlia, Tullia, a cui sar sempre molto legato, e poi nel 65 a.C.
un figlio maschio: Marco. La stima che i siciliani hanno di lui si consolida, nel 70 a.C., in seguito al
processo intentato al precedente governatore della Sicilia, Gaio Verre, il quale viene accusato di
malgoverno e di concussione (Verre aveva depredato templi, imposto tasse inique alla popolazione,
mandato in carcere e torturato dei cittadini romani cosa non permessa etc...). Cicerone accetta di
assumere il ruolo di accusatore e ottiene una vittoria schiacciante su Verre, il quale veniva, invece,
difeso dal miglior oratore nonch miglior avvocato del periodo: Ortensio Ortalo. Cicerone infatti
raccoglie talmente tante prove e le mette insieme talmente tanto bene nella sua prima orazione, che
Ortalo e Verre decidono di non ascoltare neanche il secondo discorso, gi sicuri dell'esito del processo.
Gaio Verre, procede infatti all'auto esilio nella citt di Marsiglia. La sua carriera politica prosegue con
l'edilit nel 69 a.C., la pretura nel 66 a.C. ed infine il consolato nel 63. Sostengono la sua candidatura
contro Lucio Sergio Catilina appoggiato da Cesare ed appartenente alla fazione dei populares il
fratello Quinto e l'amico Attico, tornato appositamente per ci dalla Grecia. Cicerone si schiera con il
partito degli optimates e durante la carica di console si impegna su posizioni conservatrici, a difesa degli
interessi della classe senatoria. Lo stesso anno sventa la congiura ordita da Catilina, fatto che gli procura
la massima gloria ma che segna anche l'inizio del suo declino politico. Catilina, sconfitto due volte
all'elezione per il consolato, cerca di prendere il potere attraverso un atto di forza. Le sue trame vengono
sventate da Cicerone che con un'orazione lo costringe ad allontanarsi da Roma. Altri cinque capi della
congiura, rimasti nella Capitale, vengono per catturati ed arrestati ed in una seduta del senato che vede
fronteggiarsi Cicerone e Cesare, il quale difendeva Catilina, si discute della possibilit di esiliarli oppure
mandarli a morte. Cesare si schiera contro la condanna a morte, Cicerone, appoggiato da Catone
Uticense, favorevole a questa. La maggioranza del Senato, decide di approvare la pena capitale. Dal
termine del processo fino all'esecuzione, sarebbero poi dovuti passare alcuni giorni, nei quali i
condannati avrebbero potuto ricorrere alla provocatio ad populum, la quale consisteva nel far s che
fosse il popolo a pronunciarsi riguardo la messa a morte o meno degli accusati, al fine di avere salva la
vita. Cicerone tuttavia, volendo chiudere in fretta il processo, si reca immediatamente al carcere
Mamertino il carcere romano in cui venivano tenuti i criminali politici e d alle guardie l'ordine di
uccidere i 5 catilinari. Catilina muore l'anno dopo, nel 62 a.C., combattendo a capo delle truppe che

aveva raccolto in Etruria). Nel 60 a.C., si forma in Roma il cosiddetto mostro a tre teste, ovvero il
primo triumvirato, con cui si vede venir meno alla democrazia romana. Questo patto, stipulato tra Caio
Giulio Cesare, rappresentante dei populares, Gneo Pompeo, rappresentante dell'aristocrazia senatoria,
e Marco Licinio Crasso, membro del ceto equestre, prevede che i massimi poteri dello Stato vengano
accentrati tutti su queste 3 figure. Cicerone non appoggia il triumvirato, neanche indirettamente. La sua
decadenza politica inizia nel 58 a.C., quando Clodio diviene tribuno della plebe. I due gi si
conoscevano e Cicerone nutriva disprezzo per lui, ritenendolo una persona spregevole e viscida. Il
nuovo tribuno della plebe, sostenuto da Cesare, ricorda al Senato della legge secondo cui impossibile
per lo Stato romano mandare a morte un cittadino senza prima ricorrere al giudizio del popolo. Il
Senato riconosce come giuste le affermazioni portate avanti da Clodio e Cicerone viene condannato
all'esilio con l'accusa di aver mandato a morte dei cittadini romani con una procedura sommaria. La sua
casa sul colle Palatino e tutti i suoi beni vengono inoltre confiscati. Il terreno su cui si ergeva la casa
viene trasformato in un terreno consacrato e questo impediva a chiunque di poterci ricostruire sopra
(capita alla casa di Cicerone ci che in precedenza era capitato alla citt di Cartagine). L'esilio dura 16
mesi, che egli trascorre in Grecia in attesa del richiamo a Roma, in cui riesce a tornare grazie
all'intervento di Pompeo e dell'amico Milone, tribuno della plebe in quell'anno (57 a.C.). Nel 56 a.C.
Cicerone si avvicina ai triumviri appoggiando, con l'orazione De provinciis consolaribus la proroga del
comando di Cesare nelle Gallie (che rappresentavano una terra di conquiste in quel periodo per Roma).
Negli anni successivi si allontana dalla politica ma inizia ad appoggiare in tribunale personaggi legati a
Cicerone e Cesare. Nel 54 a.C. muore a Carre, in Oriente, Crasso. Restano cos due sole personalit di
spicco a Roma: Pompeo, appoggiato dal Senato, e Cesare che, grazie alle conquiste in Gallia, riscuoteva
un notevole successo. In quel periodo, inoltre, Roma era resa poco sicura da delle bande armate che
scorrazzavano per le vie. Queste bande erano contrapposte le une alle altre e rappresentavano le due
fazioni romane. Durante uno dei frequenti scontri, nel 52 a.C. il tribuno della plebe, Clodio, che
comandava una delle bande dei populares, resta ucciso. Ad essere accusato della sua uccisione Milone,
capo di una banda armata appartenente alla fazione degli optimates nonch amico di Cicerone, che
chiama in sua difesa. Durante il processo, tenutosi nel Foro, Cicerone non riesce a pronunciare
l'orazione Pro Milone, il discorso in difesa dell'amico, facendo s che egli venga condannato all'esilio.
Cicerone aveva mancato il suo impegno a causa di alcuni uomini armati mandati nel Foro proprio per
incutergli timore ed impedirgli di difendere nel modo migliore l'amico. In seguito, egli riscriver il
discorso e lo invier all'amico in esilio a Marsiglia. L'anno successivo, nel 51 a.C., esercita con onest ed
efficienza i compiti di proconsole in Cilicia, provincia dell'Asia Minore. Al suo ritorno a Roma in
procinto di scoppiare la guerra civile tra Cesare e Pompeo ed egli decide di schierarsi dalla parte del
Senato e del suo favorito. Tuttavia, Cicerone, in un primo tempo, spera, mantenendosi neutrale, di
favorire una riappacificazione tra i due e, solo in un secondo tempo, decide di raggiungere i pompeiani
in Grecia. Sarebbe stato tuttavia impossibile non arrivare ad una guerra civile, poich il Senato non
voleva varare le proposte che sarebbero state necessarie per migliorare le condizioni del popolo, ma che
avrebbero rappresentato la perdita di alcuni privilegi da parte loro. Queste proposte verranno poi varate
durante la dittatura di Cesare. Tornato in Italia dopo la sconfitta di Farsalo (48 a.C.) torna in Italia e
nel 47 a.C. si riconcilia con Cesare, andando ad accoglierlo al porto di brindisi e prostrandosi ai suoi
piedi chiedendo misericordia. Durante la dittatura di Cesare, Cicerone si dedica all'attivit filosofica e

letteraria e limita i suoi discorsi pubblici a delle orazioni in cui elogiava la clemenza di Cesare. Nel 46
a.C., dopo 30 anni di matrimonio, divorzia dalla moglie Terenzia, per risposarsi in seconde nozze, in
seguito a gravi difficolt finanziarie, con la giovane orfana Publilia di cui era tutore. L'anno dopo (45
a.C.), muore, in seguito ad un parto, la figlia Tullia a cui era estremamente legato. Questa perdita, a sua
detta, stata la pi dura della sua esistenza. Cicerone, pur non prendendo parte al cesaricidio, avvenuto
alle Idi di Marzo del 44 a.C., si schiera apertamente dalla parte dei suoi uccisori. Egli, infatti, non
stato, certamente, colto di sorpresa dall'assassinio. Era sicuramente al corrente della congiura che si
andava tessendo, ma avrebbe sempre deciso di tenersene al di fuori, pur manifestando una grande
ammirazione per l'uomo-simbolo stesso della congiura: Bruto. E lo stesso Bruto, infatti, con il pugnale
sporco del sangue di Cesare ancora in mano, avrebbe pronunciato il nome dell'oratore. Alla morte del
dittatore, due figure si fanno largo sulla scena politica: il giovane Cesare Ottaviano Augusto, colui che
Cesare stesso aveva designato come suo successore come scritto esattamente nel testamento
consegnato dal dittatore alla vestale maggiore e Marco Antonio, grandissimo generale che vantava
l'appoggio dell'esercito. Nel conflitto che subito si apre tra i due possibili successori, si schiera con il
giovane Cesare Ottaviano Augusto, sperando di poter diventare la sua guida e di poter, in tal modo,
restaurare il potere del Senato. In realt Ottaviano lo utilizza per riuscire a regolarizzare la propria
figura nei confronti del Senato e contro il suo avversario Marco Antonio, contro cui Cicerone scaglia le
14 Filippiche, al fine di farlo nominare hostes dal Senato e . Nel 43 a.C., quando i due avversari si
alleano nel secondo triumvirato insieme a Marco Emilio Lepido, il suo nome finisce nelle liste di
proscrizione. Cicerone era infatti diventato un personaggio scomodo, inviso tanto ad Ottaviano quanto a
Marco Antonio, a causa delle sue posizioni tradizionaliste. Raggiunto dai sicari nella sua villa di Formia,
Cicerone viene ucciso il 7 dicembre del 43 a.C.. Le mani e la testa vengono tagliate al cadavere, portate
a Marco Antonio e, per suo volere, appese ai rostri nel Foro Romano. Si dice anche che Cicerone, stanco
ormai a causa dell'et e degli avvenimenti capitatigli, abbia detto ai suoi servi di posare i pugnali ed
abbia accettato di farsi uccidere. Il grande oratore muore poco pi di un anno dopo il suo grande
rivale, Cesare.
2. ORAZIONI
Le orazioni scritte da Cicerone sono classificabili in due categorie: quelle giudiziarie, le quali vennero
pronunciate in tribunale per la sua attivit di avvocato, e quelle deliberative, pronunciate in Senato o nei
rostri, davanti al pubblico dei cittadini romani, a favore o contro una delibera del Senato. Le orazioni
che ci giungono per intere sono solo 58, di molte altre invece abbiamo dei frammenti. Queste sono
ancora oggi importanti perch in esse Cicerone usa la lingua in tutti i suoi aspetti rendendola uno
strumento malleabile a seconda delle necessit. Secondo lui, l'oratore doveva informare il pubblico sulla
verit, con onest ed allo stesso tempo doveva smuoverne i sentimenti, creando il cosiddetto pathos. Il
discorso di Cicerone era dotato di concinnitas ovvero di armonia tra le varie parti del periodo. Questa
era data dalla simmetria con cui venivano scritte le orazioni simili, quasi, a poesie. Assunse grande
importanza l'eufonia ed il ritmo della prosa, la quale era dotata di abbondanti figure della ripetizione.
Nelle sue orazioni Cicerone assolve alla funzione di docere ovvero di informare e dimostrare la propria
tesi nel modo migliore, grazie alle sue doti di narratore inoltre persegue la funzione di delectare, ovvero
di conciliarsi le simpatie del pubblico procurandogli piacere. Servendosi di mezzi emozionali,

soprattutto nel caso di una causa oggettivamente debole, egli riusc ad assolvere anche alla funzione del
movere, ovvero trascinare gli uditori al consenso suscitando emozioni.
2.1. ORAZIONI GIUDIZIARIE
- Pro Sexto Roscio Amerino: con quest'orazione dell'80 a.C., difese e fece assolvere un
personaggio molto ricco, chiamato appunto Sesto Roscio, accusato di parricidio da parte di un liberto
del dittatore Silla. L'accusa di parricidio era estremamente grave e, prevedeva, non solo che l'omicida
venisse messo a morte con una pena durissima, ma anche che gli venissero confiscati i beni. Cicerone
riusc a dimostrare non solo che il suo difeso fosse innocente, ma riusc addirittura a far ricadere
l'accusa sul liberto di Silla. Nonostante l'assoluzione a Roscio non venne restituito il patrimonio e
questo dimostr il fine iniziale dell'accusa, ovvero far incamerare nelle casse dello stato le ricche
propriet dell'umbro. Durante questa prima apparizione tuttavia discolp Silla dall'essere a conoscenza
del comportamento scorretto del liberto Crisogono. Si present quindi come un personaggio a difesa di
chi occupava una carica politica.
- Verrine: pronunciate nel 70 a.C. furono chiamate cos le 7 orazioni che Cicerone aveva preparato
per il processo de reputandis (= per concussione) intentato dai siciliani contro il loro precedente
governatore, Gaio Verre.
1. Divinatio in Cecilium: fu l'orazione cui Cicerone chiese il permesso al Senato di sostenere
l'accusa, contrapponendosi a Cecilio, un tale che aveva reclamato a sua volta tale diritto. In questo
discorso, Cicerone dimostr che Cecilio non sarebbe potuto essere un buon avvocato per i siciliani, in
quanto egli, essendo uno stretto amico di Verre, non avrebbe garantito equit nel processo e non
avrebbe difeso nel modo migliore i suoi assistiti. Quest'orazione pu essere effettivamente inserita tra le
Verrine poich in esso troviamo gi una parte delle prove che Cicerone aveva trovato sul cattivo operato
di Verre. La divinatio fu composta poich, in Roma, era solito che, quando in un processo si
proponevano due avvocati a difesa della stessa parte, fosse il Senato a scegliere quale tra i due sarebbe
stato l'avvocato, attraverso una pratica chiamata, appunto, divinatio. Avendo vinto, Cicerone, avrebbe
avuto 110 giorni per raccogliere prove e fare indagini, prima di doversi presentare in tribunale.
2. Actio prima in Verrem: l'orazione tenuta da Cicerone durante il primo atto del dibattito
giudiziario. Senza aspettare la seconda fase del processo, che sarebbe dovuta essere un mese dopo,
Verre, decise di sua spontanea volont di scegliere la via dell'esilio, schiacciato dall'evidenza delle prove
e certo di non poter vincere. Le azioni commesse da Verre furono tanto gravi da far si che venisse
ritenuto il peggior governatore di sempre. Cicerone rimase amico di Ortensio Ortalo, avvocato
dell'accusa, anche dopo averlo sconfitto nel processo.
3. Actio secunda in Verrem: costituita dalle 5 orazioni che Cicerone non pronunci mai in
tribunale, ma che compose e pubblic utilizzando l'abbondante materiale raccolto durante le indagini.
Le orazioni hanno per argomento: I) misfatti di Verre prima del governatorato in Sicilia, II) soprusi,
ruberie e misfatti di Verre in Sicilia, III) illegalit ed angherie commesse nella requisizione delle
granaglie, IV) furti di oggetti ed opere d'arte di cui era un maniaco collezionista, V) orrendi supplizi a
cui sottoponeva persone innocenti.

- Pro Archia poeta: orazione del 62 a.C., in cui difese il suo maestro di poesia di giovent
dall'accusa di aver usurpato la cittadinanza romana. Archia in cambio gli aveva promesso la scrittura di
un poema celebrativo del suo consolato, anche se, in realt questo poema non venne mai composto. Non
ci giungono notizie certe sul fatto che Cicerone fosse riuscito a vincere o meno il processo, tuttavia
possiamo presupporre che agli lo avesse vinto poich egli riscriveva solamente le orazioni dei processi
dai quali era uscito vincitore. Gran parte del discorso era dedicata inoltre ad un'appassionata
esaltazione della poesia e della cultura. Supponiamo che Cicerone avesse accettato di difendere il poeta
non solo poich questi era stato il suo maestro, ma anche per il rispetto che Cicerone nutriva nei
confronti dei poeti e degli uomini di cultura in generale.
- Anticlodiane: queste 3, non sono orazioni pronunciate in processi contro il tribuno della plebe
Clodio, esse vengono tuttavia chiamate cos perch in esse compare sempre la sua figura. Cicerone lo
attaccava definendolo un immorale, un corrotto, che, pur di arrivare al potere, per riuscire ad
accumulare consenso tra il popolo, aveva cambiato il nome della sua gens da Claudius (egli era un
discendente diretto di Appio Claudio Cieco) a Clodius (forma popolare del nome della gens). Clodio
inoltre ebbe a che fare anche con Cesare, poich, venuto a sapere che la moglie di questi compiva dei riti
iniziatici in casa propria, decise di travestirsi da donna per riuscire ad entrare nella casa e spiarla. Fu
scoperto, ma Cesare mise tutto a tacere poich altrimenti la moglie sarebbe stata accusata. Quando
Clodio morir, il Senato dar l'ordine di trascinare il suo corpo nudo lungo tutta la citt, affinch tutti
vedessero che fine aveva fatto.
1. Pro Sesto: orazione del 56 a.C., a difesa di Sestio, il tribuno della plebe adoperatosi l'anno
precedente al fine di far tornare Cicerone a Roma. Egli era accusato de vi (= violenza contro lo Stato),
per aver pagato delle bande armate da opporre a quelle del tribuno Clodio. Cicerone in questo testo
conduce una analisi della situazione politica interna allo Stato romano, sostenendo che il ricorso a mezzi
illegali, si reso necessario proprio al fine di difendere le istituzioni, gravemente minacciate dai
programmi politici dei populares. Lancia inoltre un appello ad un' allenza di tutti i cittadini romani per
la salvaguardia degli interessi comuni. Sestio fu assolto anche grazie all'intervento di personaggi
importanti, quali Pompeo stesso, chiamati a testimoniare.
2. Pro Caelio: orazione del 56 a.C. con cui Cicerone difende il giovane Marco Celio Rufo, che la
famiglia aveva affidato alla sua protezione al fine di farlo divenire un brillante uomo politico. Celio era
accusato di aver rubato dei gioielli dalla casa di Clodia, sua ex amante e sorella del tribuno Clodio, e di
aver provato ad avvelenarla. Cicerone in questa orazione sfog il proprio odio verso il tribuno della
plebe attaccando violentemente la sorella, accusata di essere una donna corrotta e dissoluta. Cicerone
riusc a vincere facendo ricadere l'accusa dall'accusato all'accusatore, egli infatti, fingendo di
impersonare ne imit addirittura le movenze, gesticolando l'illustrissimo antenato dei due fratelli,
Appio Claudio Cieco, si be di essere cieco perch cos non avrebbe potuto vedere il comportamento
sconsiderato della sua progenie. Per definire la donna, Cicerone, utilizz il termine noto (lat. notus)
che in latino significava conoscenza fisica, e disse che ella era nota a tutti in Roma.
3. Pro Milone: l'orazione in difesa dell'amico, venne riscritta da Cicerone in una fase successiva
rispetto al processo de vi, del 52 a.C., in seguito al quale Milone venne esiliato e fu costretto a rifugiarsi
nella citt di Marsiglia. E' considerata come la migliore orazione di Cicerone, nonch l'unica che egli

decise comunque di scrivere nonostante avesse perso il processo. Si dice che, avendola inviata a Milone,
egli avesse detto che se il suo avvocato avesse avuto la possibilit di pronunciare quel discorso, lui in
quel momento non si sarebbe trovato a Marsiglia a mangiare triglie. Cicerone dimostra l'assenza di
premeditazione da parte di Milone confermata dalla mancanza di un movente ed afferma che Clodio, in
questo modo, avrebbe trovato la giusta punizione per i suoi innumerevoli delitti.
- Pro Scauro: orazione a difesa di Marco Emilio Scauro, mandato a governare la Sardegna.
L'orazione si tenne nel 54 a.C.. Scauro, si comport in Sardegna come Verre si era comportato in Sicilia,
utilizzando la propria carica politica per trarne un profitto personale. Cicerone riusc a farlo assolvere,
tuttavia Scaur perpetr nel suo comportamento e, rinviato a processo, venne condannato.
2.2. ORAZIONI DELIBERATIVE
- Pro lege Manilia (de imperio Gnaei Pompei): fu la prima orazione deliberativa tenuta da
Cicerone nel 66 a.C., durante il pretorato, davanti al popolo, a favore della legge proposta dal tribuno
Manilio che assegnava a Pompeo poteri straordinari per la guerra contro Mitridate e contro i pirati
(Pompeo con questa legge avrebbe avuto libert di azione senza dover chiedere al Senato il permesso
per agire, cosa che avrebbe richiesto molto tempo). Cicerone insistette sulla gravit della guerra che
imponeva delle misure straordinarie ed inser nella parte centrale del discorso un grandioso elogio di
Pompeo e delle sue qualit come imperator. La proposta di Manilio venne approvata all'unanimit.
Qualcuno ha ipotizzato che Cicerone avesse appoggiato questa proposta poich necessitava di Pompeo
affinch potesse compiere il cursus.
- De lege agraria: tre orazioni risalenti 63 a.C. durante la carica di console, di cui la prima venne
pronunciata in Senato, mentre le altre due sui rostri) contro la proposta di riforma agraria proposta da
Rullo, un tribuno della plebe. Egli chiedeva, infatti, che l'ager publicus venisse spartito equamente dopo
l'acquisizione di territori da parte di Roma. Se questa legge fosse stata approvata, i proprietari dei
latifondi, sarebbero stati gravemente danneggiati, poich sarebbero stati tolti loro i terreni di propriet
dello Stato. A favore della legge par Cesare, Cicerone si schier invece dalla parte degli optimates,
insistendo soprattutto sull'anticostituzionalit della proposta. La legge venne cos ritirata e riproposta
solo quattro anni dopo da Cesare.
- Catilinariae: 4 orazioni contro Lucio Sergio Catilina pronunciate tra il novembre ed il dicembre
del 63 a.C. durante i giorni della scoperta della congiura di Catilina ed il consolato di Cicerone. La
prima e la quarta vennero tenute in Senato, mentre la seconda e la terza davanti al popolo. Vennero
tutte rielaborate successivamente dall'oratore e pubblicate successivamente, nel 60 a.C.. In seguito alla
congiura, per un periodo il Senato decise di riunirsi in un luogo pi fortificato, vicino al Colosseo.
Catilina, in seguito alla pubblica accusa da parte di Cicerone, abbandon Roma e raggiunse i suoi
seguaci. Morir l'anno dopo nel 62 a.C. nella battaglia di Pistoia, combattendo valorosamente e
morendo sul campo di battaglia.
- Pro domo sua: fu pronunciata da Cicerone davanti al collegio dei pontefici per ottenere la

restituzione del terreno su cui sorgeva la sua casa sul Palatino (Clodio, infatti, dopo averlo esiliato, non
si era limitato a far distruggere la casa, ma aveva consacrato il terreno alla dea Libertas). Cicerone
raggiunse il suo scopo e fece dichiarare illegale la consacrazione. Dal nome di questa orazione deriva il
nostro proverbio che significa operarsi in favore di un interesse proprio.
- De provinciis consolaribus: orazione tenuta in Senato nel 56 a.C. a favore della proroga,
contraria alle leggi vigenti, dell'imperium di Cesare nelle Gallie. Cicerone si comport da uomo di Stato,
pensando prima che agli interessi della fazione, agli interessi di Roma, affermando che la
preoccupazione per gli interessi dello Stato deve passare sopra tutto il resto.
- Philippicae: 14 orazioni in origine chiamate Antoniane poich rivolte contro Marco Antonio.
Pronunciate tra il 44 ed il 43 a.C., quasi tutte in Senato, vennero scritte al fine di far dichiarare
Antonio hostes pubblico. Furono tenute in Senato, tranne la quarta e la sesta, rivolte invece al popolo.
La seconda, la pi violenta di tutte, fu soltanto scritta da Cicerone e fatta circolare come pamphlet
(piccolo libro scritto in forma di saggio breve). Il loro nome di Filippiche deriva dal richiamo alle
celebri orazioni pronunciate dall'oratore greco Demostene per sollecitare i greci a combattere contro il
pericolo incombente di Filippo II di Macedonia. Cicerone in realt cadde in un equivoco perch vide
Antonio come un nemico e non Ottaviano Augusto. L'oratore era ormai divenuto un personaggio
scomodo per Roma e cos Antonio chiese ad Ottaviano di inserirlo nelle liste di proscrizione (il suo
nome fu il primo della lista).
3. OPERE DI RETORICA
La retorica era la disciplina che insegnava l'arte della parola e della convinzione ed era una disciplina
necessaria per qualsiasi oratore. Le opere pi importanti scritte da Cicerone sono tre: il De oratore,
il Brutus e l' Orator.
- De oratore: opera in tre libri composta nel 55 a.C., un dialogo il primo scritto da Cicerone di
tipo platonico-aristotelico: un'opera cio, in cui l'autore affida il compito di trattare l'argomento a vari
interlocutori inseriti in uno scenario fittizio ma storicamente definito. [I dialoghi platonici erano
caratterizzati da un'ambientazione precisa sia fisica che temporale, quelli di Aristotele dal fatto che
l'esposizione dei contenuti fosse fatta da parte dei vari personaggi, lasciando a loro la parola.] Questa
impostazione gli permette di sostituire ad una trattazione continua, un dibattito vario ed animato in cui
si fronteggiano tesi diverse. Protagonisti sono Lucio Licinio Crasso e Marco Antonio, i pi eminenti
oratori dell'et precedente a quella di Cicerone, coloro che ne avevano permesso la formazione e lo
avevano aiutato quando aveva iniziato a frequentare il Foro. Il dialogo avrebbe avuto luogo nella villa di
Tuscolo, appartenuta a Crasso, e si sarebbe svolto nel 91 a.C., pochi giorni prima della morte di questi.
Nel libro I, Crasso espone la tesi di Cicerone di cui portavoce, ovvero del fatto che nessuno possa
essere riconosciuto oratore perfetto se non ha acquisito una conoscenza approfondita di tutte le
discipline. Egli afferma l'ideale di un oratore impegnato a fondo nella vita pubblica ma fornito, al tempo
stesso, di una ricchissima cultura che gli permetta di parlare con competenza ed efficacia su qualsiasi
argomento. Pur affermando la necessit e l'importanza di una buona cultura filosofica, subordina la

filosofia all'eloquenza. Cicerone confuta le concezioni dei retori greci che credevano di formare il
perfetto oratore solo attraverso regole ed esercizi, ma anche la concezione di Antonio che ritiene che
siano sufficienti le doti naturali ed il saper parlar bene. Nel libro II si parla delle parti della retorica.
Antonio parla dell'inventio, ovvero la ricerca degli argomenti da svolgere e la capacit di muovere
l'ascoltatore attraverso gli episodi narrati, della disposizio, ovvero l'ordine secondo cui gli argomenti
devono essere disposti nel discorso) e della memoria, ovvero delle tecniche per memorizzare ci che si
deve dire. Cicerone in quest'opera riabilita la filosofia. La riabilita perch Catone aveva fatto cacciare da
Roma tre filosofi qui giunti come ambasciatori dalla Grecia, che tuttavia avevano coinvolto i giovani
nello studio della filosofia. Egli la riabilita come disciplina a s stante da studiare e conoscere ma non
alla quale dedicare la propria vita e viene riabilitata perch il filosofo cerca il perch delle cose e si pone
una domanda, esattamente come l'oratore cercava la verit a favore dello Stato. Oratoria e filosofia
cercano quindi utile e verit. Per Cicerone inoltre il contenuto e lo stile nelle opere dovevano essere
equilibrati e questo lo differenzia da Catone per cui era pi importante il contenuto e che definiva
l'oratore come vir bonus dicendi peritus.
- Brutus: opera in forma dialogica datata 46 a.C., ha tra i personaggi Cicerone stesso, che parla nel
discorso principale alla prima persona singolare e che dialoga con gli amici Marco Giunio Bruto, a cui
l'opera intitolata, ed Attico. Quest'opera diversa dalla precedente. Si apre con un excursus
sull'oratoria a partire dalla Grecia fino ad arrivare alla Roma contemporanea. Cicerone riconosce il
primato della cultura greca, ma giungendo alla sua epoca dice che l'oratoria romana si ormai
equiparata a quella greca. C' indirettamente un auto-elogio, presentandosi indirettamente come il
punto dia arrivo di un lungo processo di affinamento dell'eloquenza romana. Sviluppa inoltre una
grandiosa storia dell'oratoria romana presentando ed illustrando le caratteristiche di circa 200 oratori
dalle origini della repubblica all'et a lui contemporanea. Nell'ultima parte del dialogo, l'autore rievoca
gli inizi della propria carriera come oratore che lo avrebbe portato a strappare il primato ad Ortensio
Ortalo.
- Orator: esposizione continuata e non dialogo scritta nel 46 a.C., che si apre con una polemica
contro il nuovo stile che stava affermandosi (lo stile adottato da Cesare nel De Bello Gallico, pi
spoglio e meno elaborato) chiamato neoatticismo. Vi ripresa la teoria dello stile oratorio e le
differenze tra questo e lo stile di poeti, filosofi e degli storici. Si parla inoltre dei tre registri linguistici e
c' un'ampia trattazione della prosa ritmica.
4. OPERE POLITICHE
Le opere politiche di Cicerone sono due: il De republica ed il De legibus e sono scritte allo
scopo di mantenere saldi gli ordinamenti repubblicani, in un periodo in cui la repubblica era
traballante.
- De republica: dialogo in sei libri ispirato, sin dal titolo, all'opera in 10 libri di Platone Politeia
(comunemente chiamata La repubblica) databile tre il 55 ed il 54 a.C.. Quest'opera viene scoperta
solo nel 1820 casualmente dal cardinale Angelo Mai nelle biblioteche Vaticane e ci giunge lacunosa
perch non fu possibile salvarla interamente. Platone, parlando del suo Stato, tratteggiava un'utopia,
una forma di Stato ideale, Cicerone invece si propone di affrontare i problemi politico-istituzionali

arrivando poi a parlare della repubblica romana dimostrando e che la migliore forma di governo
possibile. Il testo si conservato solo in parte. Restano, con lacune, i primi due libri e frammenti degli
altri altri tre, del VI libro si conservato esclusivamente il Somnium Scipionis, la quale stata
tramandata separatamente dagli antichi per l'interesse che suscitava. Protagonista del dialogo Publio
Scipione Emiliano, da Cicerone considerato il migliore uomo di Stato e su cui egli proietta i propri ideali
e che impegnato nella conversazione con un gruppo di amici, tra cui Gaio Lelio, nel 129 a.C.. Nel libro
I Cicerone da la propria definizione di Stato, ovvero cosa del popolo (res publica), e di popolo,
ovvero aggregazione di un gruppo di persone unite da un accordo sui reciproci diritti. Presenta e
discute poi le tre forme di governo monarchia, aristocrazia e democrazia e le rispettive degenerazioni,
tirannide, oligarchia e demagogia. Dopo aver affermato il primato della monarchia sulle altre forme
costituzionali, Scipione, sostiene che la costituzione migliore di tutti una mista, un equilibrio di
poteri che garantisca la stabilit dello Stato. Esempio di questa forma la costituzione romana, in cui la
monarchia rappresentata dai consoli, l'aristocrazia dal Senato e la democrazia dal popolo e dai suoi
tribuni. Cicerone parla inoltre di un uomo definito come princeps che avrebbe dovuto sovraintendere
a tutto lo Stato romano. Non sappiamo se Cicerone intendesse una persona ben precisa, plausibile
per che intendesse anche s stesso (l'ipotesi resa dubbia dal fatto che si stesse allontanando dalla vita
politica) Nel libro II sono delineati l'origine e lo sviluppo dello Stato romano a partire da Romolo e fino
ai tempi contemporanei. Nel libro III si tratta della virt politica per eccellenza: la giustizia. I romani
vengono presentati come un popolo di ingiusti poich avrebbero sottratto con la forza i territori ad altri
popoli, Lelio tuttavia assume invece le difese di Roma, sostenendo la legittimit morale del dominio di
Roma, in quanto esercitato a vantaggio dei popoli sottomessi. Il libro IV dedicato alla formazione del
buon cittadino mentre il libro V delinea la figura del governante perfetto. Del libro VI si conserva solo il
finale, il Somnium Scipionis, in cui Scipione Emilano, appena sbarcato in Africa prima della 3 guerra
punica, vi racconta un sogno in cui gli era apparso Scipione l'Africano; il quale, dopo avergli predetto
imprese gloriose ed una morte prematura, gli aveva mostrato che l'immortalit ed una dimora in cielo
sono il premio riservato ai grandi uomini politici. Nel Somnium ci sono forse rimandi al mito platonico
di Er (il soldato che si risveglia e parla di ci che ha visto durante lo stato di incoscienza. Cicerone qui
afferma anche l'esistenza di un sommo Dio e parlando di temi come quello del suicidio, afferma che
l'uomo non autorizzato a spogliarsi di qualcosa che non gli appartiene come ad esempio il corpo
mortale, solo alla divinit infatti permesso di portar via la vita all'uomo.
- De legibus: completamento del De republica, composto ad imitazione di Platone, di cui si
conservano solo tre libri. L'opera, tuttavia, doveva essere pi grande e forse rimasta incompiuta. Gli
interlocutori del dialogo sono Cicerone, suo fratello Quinto e l'amico Attico. Vengono esaminate e
commentate numerosissime leggi romane, l'opera per cui diventa un vero e proprio trattato di storia
delle istituzioni e del diritto pubblico di Roma.
5. OPERE FILOSOFICHE
Cicerone si dedic alla stesura delle opere filosofiche negli ultimi anni di vita (45-43 a.C.) quando fu
costretto a ritirarsi quasi completamente dalla vita pubblica. Cicerone non fu tuttavia un filosofo, in
quanto egli reputava che la filosofia non fosse una disciplina a cui votare la vita. Fu lui stesso a dire che

l'attivit letteraria in campo filosofico oltre a riempire il vuoto di una vita prima estremamente
operativa e che grazie ad esse potesse ancora servire lo Stato. A Roma mancavano ancora, infatti, testi di
filosofia in lingua latina; chiunque volesse avvicinarsi alla filosofia, poteva farlo solo consultando testi
greci, egli fu quindi il primo a trasmettere a Roma dottrine greche analizzate dal punto di vista di un
romano. Quasi tutte le opere sono in forma dialogica ed hanno per protagonisti dei personaggi
realmente esistenti. In queste opere delinea perfettamente l'ideale di humanitas, ovvero l'insieme delle
caratteristiche che un buon uomo di Stato e di cultura deve possedere. Egli ebbe una cultura
enciclopedica, da questa esclude per le discipline scientifiche e, a suo avviso, l'uomo dotato di una
grande cultura doveva mettersi al servizio dello Stato. Non segue nessuna dottrina filosofica particolare,
simpatizza, tuttavia, per lo stoicismo medio di Panezio, il quale faceva parte dell'ambiente Scipionico.
Segu inoltre il metodo insegnatogli dal maestro Antioco di Ascalona, che imponeva il probabilismo
accademico, ovvero l'accettazione dell'esistenza di tante possibili verit, si pu inoltre giungere alla
soluzione di un problema attraverso il confronto rispettoso di opinioni diverse per trovare punti in
comune. E' perci necessario il dialogo.
- Consolatio ad se ipsum: opera scritta in occasione della morte della figlia (45 a.C.), in cui
Cicerone prova a consolarsi per la gravissima perdita attraverso la filosofia. La consolatio era un
genere greco in cui l'autore appunto scriveva l'opera al fine di consolare un un amico o un parente.
- Hortensius: opera scritta per esortare lo studio della filosofia. Il protagonista l'oratore Ortensio
Ortalo e fu un'opera determinante per la conversione di Sant'Agostino, come disse lui stesso ne Le
confessioni.
- De finibus bonorum et malorum: opera in 5 libri in cui tratta quale sia lo scopo supremo della
vita, tema su cui le scuole di pensiero ellenistiche avevano impostato le loro dottrine morali. Nel libro I,
Torquato, amico di Cicerone, espone la posizione epicurea secondo cui il sommo bene coincide con il
piacere ed il sommo male con il dolore. Nel libro II, Cicerone confuta questa posizione. Nei libri III e IV
presentano e discutono la posizione stoica. La tesi stoica del libro III esposta da Marco Porcio Catone
(Catone Uticense) e confutata nel libro IV da Cicerone. Nel libro V egli espone la dottrina accademica
per cui egli pare esprimere una preferenza. Secondo questa dottrina (trattata anche nell'opera
Academici) la felicit consiste nella virt, che tuttavia completa solo quando ai beni spirituali si
aggiungono i beni materiali.
- Tusculanae disputationes: dialogo tra Cicerone ed un anonimo interlocutore secondo lo
schema botta e risposta che si risolve con un'esposizione continuata fatta dall'autore. Vi si tratta della
felicit e degli ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento. E' diviso in 5 libri: I) paura della
morte, II) sopportazione dolore fisico, III) lotta contro il dolore spirituale, IV) rimedi alle altre passioni,
V) tesi stoica della virt sola che basta a raggiungere la felicit.
- De natura deorum: opera in tre libri in cui sono esposte e confutate sia la tesi epicurea
dell'indifferenza delle divinit, sia quella stoica di una divinit razionale che governa il mondo.

- De divinatione: opera in due libri in cui l'autore respinge la fede nella divinazione nelle sue varie
forme.
- De fato: opera che tratta sul problema se la vita umana sia determinata dal destino o dalla liber
volont dell'uomo.
- Cato Maior / De senectute: opera in cui Cicerone immagina che nell'anno 150 a.C., all'et di
84 anni, Catone il Censore dialoghi con i giovani amici Scipione Emiliano e Gaio Lelio facendo elogio
della vecchiaia e mettendo in evidenza i vantaggi ed i piaceri che essa arreca all'uomo virtuoso.
Cicerone attribuisce a Catone la propria cultura letteraria e filosofica ed esprime la nostalgia per il
tempo in cui a Roma l'uomo politico poteva mantenere la sua autorevolezza fino all'et pi tarda.
- Lelius / De amicitia: opera dedicata all'amico Attico. Dialogo in cui Gaio Lelio, pochi giorni
dopo la morte dell'amico Scipione Emiliano, ne rievoca la figura e tratta dell'amicizia il bene pi grande
dell'uomo dopo la sapienza.
6. EPISTOLOGRAFIA
Cicerone scrisse tantissimo poich era un uomo colto ed appartenente alla vita politica. La segretezza
delle lettere era garantita dal fatto che in quel periodo esistessero dei corrieri privati. L'epistolario
composto da quasi 1000 lettere, scritte tra il 68 a.C. ed il 43 a.C. e divise in quattro categorie: I)
Epistulae ad Atticum 16 libri di epistole inviate ad Attico, II) Epistulae ad familiares 16
libri di epistole inviate a parenti, amici e uomini politici eminenti, tra le quali sono comprese non solo
lettere inviate da Cicerone, ma anche una novantina di lettere inviate dai suoi corrispondenti, III)
Epistulae ad Quintum fratrem 3 libri di epistole inviate al fratello Quinto, IV) Epistulae ad
Marcum Brutum 2 libri di lettere scritte a Marco Giunio Bruto con 26 lettere, di cui 9 scritte da
Bruto, scritte dopo la morte di Cesare. Non un epistolario letterario, poich Cicerone non aveva alcuna
intenzione di rendere pubbliche queste lettere, in particolare quelle inviate ad Attico o ad alcuni membri
della sua famiglia, in cui si lascia andare e si sfoga con riflessioni che non avrebbe potuto rendere
pubbliche (anche giudizi su Pompeo o Cesare). In queste lettere compare il Cicerone come uomo e non
come politico. Egli si era proposto di pubblicare alcune lettere per far s che Roma avesse un modello
per la scrittura delle lettere. In quelle che leggiamo manca una revisione contenutistica che Cicerone
avrebbe dovuto fare prima di pubblicarle, da cui sappiamo che non fu lui a pubblicarle, egli mor prima,
infatti. Queste lettere vennero rese pubbliche forse dall'amico Attico, che si era occupato anche della
pubblicazione di altre opere (tra cui il De rerum natura di Lucrezio), e che forse si occup della
parte di lettere a lui indirizzate. Le restanti forse vennero pubblicate da Tirone, lo schiavo che aveva
affrancato e con cui, per tutta la vita, era rimasto amico. Un'ultima opzione potrebbe essere Ottaviano.
Egli avrebbe pubblicato le sue lettere per denigrarlo e farlo apparire in tutta la sua vanit e con tutti i
suoi dubbi e le insicurezze. A causa della mancata rivisitazione, l'epistolario di Cicerone ci giunge come
un'opera storica, inerente il periodo in cui visse: l'Et di Cesare.

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