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- dogma della indipendenza (formale) di enti sovrani superiorem non reconoscentes (d.int.pubb.)
- idea dell’interdipendenza degli Stati intesa come scambio tra macrosistemi economici (d.int.eco)
- le sanzioni sono disciplinate dall’ insieme delle regole consuetudinarie sulla responsabilità
internazionale (d.int.pubb.)
risposta ad un illecito altrui, della stessa norma violata in prima battuta dall’autore dell’illecito.
Ciò perché la sanzione serve piuttosto a ricostruire l’equilibrio degli interessi economici degli
Stati (d.int.eco.)
Le fonti
Accanto alle fonti classiche del diritto internazionale (consuetudine ed accordo) vi sono anche
meccanismi di produzione normativa non rientranti strictu-sensu nel diritto internazionale (per
esempio, atti di diritto interno, codici di condotta,ecc…) o facenti capo ad attività svolte da privati
(multinazionali).
ATTI DI DIRITTO INTERNO: vanno solitamente ad integrare il diritto pattizio e si tratta di atti che
uno Stato compie all’interno del proprio ordinamento, nell’esercizio della sovranità, ma che si
di lavoro ovvero le multinazionali possono darsi proprie regole di condotta allorché debbano agire
soggetti
a) gli Stati
b) ONG ed i privati
c) organizzazioni internazionali
Le organizzazioni internazionali (c) cominciano a svilupparsi alla fine del XIX secolo come
forma di cooperazione tra Stati sovrani, dapprima in settori tecnici per poi espandersi in modo
rilevante.
1) UNIVERSALI
2) REGIONALI
Le organizzazioni internazionali (c) cominciano a svilupparsi alla fine del XIX secolo come
forma di cooperazione tra Stati sovrani, dapprima in settori tecnici per poi espandersi in modo
rilevante.
Possono essere tendenzialmente classificate in .
1) UNIVERSALI
2) REGIONALI
1) UNIVERSALI
Vanno ricordate quelle nate alla fine della seconda guerra mondiale con gli accordi di Bretton-
Woods (FMI e BM) e collegate alle Nazioni Unite, con le quali condividono in larga parte la
membership.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio è nata nel 1955 a partire da un accordo , il GATT ’47;
realizza quel terzo pilastro economico (FMI= monetario BM=finanziario) che avrebbe dovuto
completare l’architettura istituzionale dei rapporti internazionali prefigurata nel II dopoguerra.
2) REGIONALI
Realizzano peculiari forme di coordinamento e cooperazione tra gli stati membri caratterizzate dalla
presenza di un vincolo associativo più forte che si esprime in forme più o meno perfette di
integrazione economica.
In relazione all’intensità del vincolo associativo :
a) modello classico della COOPERAZIONE : unione delle energie degli Stati partecipanti per il
conseguimento di obiettivi comuni, ma senza richiedere ai membri alcun trasferimento di
competenze sovrane.
b) modello dell’INTEGRAZIONE: richiedono agli stati membri rinunce più o meno accentuate ad
una parte della loro sovranità economica, a seconda della precipua forma di integrazione che si
intende realizzare
modello dell’INTEGRAZIONE: richiedono agli stati membri rinunce più o meno accentuate ad
una parte della loro sovranità economica, a seconda della precipua forma di integrazione che si
intende realizzare.
I modelli di integrazione economica principali sono tre:
1- aree di libero scambio: abolizione delle tariffe doganali interne, mantenimento verso l’esterno di
tariffe doganali differenziate (es. NAFTA)
2- unioni doganali: abolizione delle barriere tariffarie e doganali interne all’unione, tariffa esterna
comune fissata dagli stati partecipanti
3- mercato comune: abolizione delle barriere tariffarie e doganali interne, creazione di una tariffa
esterna comune, abolizione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e di tutti gli altri fattori
produttivi all’interno del mercato unico.
Questa terza tipologia è quella che richiede un maggior trasferimento di competenze sovrane il
quale fa sì che alcune materie vengano disciplinate esclusivamente ad opera dell’organizzazione
non solo nello spazio “interno”, ma anche nei rapporti con stati terzi/organizzazioni terze
Le multinazionali sono quelle società che operano sul territorio di diversi stati.
Dal punto di vista del diritto privato interno alle multinazionali non viene attribuita una personalità
giuridica distinta ed unitaria: la veste è quella di un gruppo di società, di nazionalità diversa, legate
tra loro da rapporti particolari.
Sono astrattamente in grado di generare notevoli benefici per l’economia degli stati un cui operano
anche se, tradizionalmente, i paesi ospiti avanzano riserve sia di ordine economico che politico.
La prassi mostra infatti come le multinazionali tendano a perpetuare rapporti di dipendenza
economica del paese ospite e non contribuiscano all’avvio di un processo di sviluppo autonomo,
fondato sulla diffusione ed il trasferimento di tecnologie.
Sono anche accusate di rimpatriare gli utili e gli altri proventi dell’investimento anziché riversarli in
loco ed in più si afferma che vengano utilizzati processi produttivi ormai obsoleti per ridurre i costi.
Da un punto di vista politico spesso si è parlato di ingerenze indebite , in virtù anche delle difficili
situazioni nelle quali versano di norma i paesi ospiti.
Al fine di ottenere una realistica cooperazione delle imprese si è sempre più fatto ricorso a strumenti
non vincolanti come codici di condotta e Guidelines.
Il primo tentativo di codificare standards di condotta per le imprese multinazionali è stato elaborato
nel quadro delle Nazioni Unite nei primi anni 70.
Il progetto si divide in quattro parti :
1- disciplina delle attività delle multinazionali
2- trattamento delle stesse
3- cooperazione intergovernativa
4- mezzi di attuazione
L’ultima versione del progetto del 1990 afferma l’obbligo per le multinazionali
a) di tenere conto degli obiettivi e delle priorità di sviluppo degli stati ospiti e di contribuire al loro
perseguimento
b) di astenersi dall’interferire negli affari politici interni e nelle relazioni esterne.
2. I VERTICI ECONOMICI
I vertici o conferenze al vertice sono incontri informali tra rappresentanti di due o più stati, che si
distinguono dalle altre forme di cooperazione internazionale per :
1- il massimo livello di rappresentanza dei partecipanti ( capi di stato o di governo,ministri
delegati)
2- la condivisione tra i partecipanti di principi, finalità ed interessi
3- l’ utilizzo del metodo della concertazione
Generalmente le riunioni sono caratterizzate da un alto grado di informalità e flessibilità del metodo
operativo; i Vertici possono essere istituiti nel quadro di una organizzazione internazionale oppure
possono riguardare esclusivamente un club di stati (i quali decidono le materie oggetto dei
colloqui)
Vengono definite “Conferenze istituzionalizzate” quei vertici che, pur non venendo riuniti in base
ad un accordo internazionale né disciplinati da uno strumento statutario, si contraddistinguono per
la regolarità degli incontri ed il rispetto di specifiche procedure.
Nessuno dei due organismi è dotato di personalità giuridica internazionale distinta da quella degli
stati partecipanti; ciò implica che gli atti emanati durante tali riunioni sono una manifestazione
collettiva della volontà dei singoli stati.
Gruppo G-7/G-8
Trova la propria origine nel contesto storico; negli anni ’70 gli interventi della BM e del FMI non
avevano portato nessun miglioramento in risposta alla crisi petrolifera ed al crollo del sistema della
parità aurea.
L’ideazione del G-7 viene fatta risalire al 1973, quando i ministri finanziari di USA,GB,FR, e GER
si riunirono per affrontare la spinosa questione della riforma del sistema monetario internazionale.
Il primo summit ufficiale avvenne a Rambouillet nel 1975; a partire dal vertice di Londra del 1977
la Comunità Europea è stata rappresentata in seno al G-7 dal Pres.della Commissione.
Venne inaugurata la prassi di fare precedere il summit G-7 da una riunione del Consiglio Europeo,
in modo da elaborare una posizione comune sui punti all’ordine del giorno.
Il confronto avviato nel 1991 con la federazione Russa ha portato alla nascita del G-8.
Il G-7 continua a funzionare parallelamente ai Vertici annuali G-8: la federazione Russa, anche in
ragione della instabilità economica e finanziaria, non viene ancora ammessa a partecipare ai vertici
ministeriali in materia finanziaria.
Struttura organizzativa e processo decisionale dei Vertici G-7/G-8
Il G-8 è un club di stati la cui struttura rispecchia la volontà dei singoli partners di assumere un
ruolo guida nella c.d. governance mondiale.
Nei documenti ufficiali i partners affermano la condivisione degli indirizzi economici generali e di
alcuni valori politici
A livello ministeriale non è rara l’organizzazione di incontri ad hoc per discutere e trovare un
coordinamento su questioni contingenti, in ordine alle quali sia opportuno individuare una posizione
comune.
Sono state altresì istituite delle task forces per discutere e dibattere dei problemi più complessi
prima di affrontarli ufficialmente ai Vertici.
Dall’analisi della prassi emerge che il processo decisionale del G-8 consta di alcune fasi:
- convocazione
- lavori preparatori
- esecuzione dei deliberati
- verifica dei risultat
Come già detto i Vertici vengono generalmente preceduti da una intensa attività preparatoria
condotta dai rappresentanti personali (sherpa) , ciascuno dei quali agisce con l’aiuto di due vice-
sherpa e del rispettivo staff.
Gli sherpa non si limitano ad individuare gli argomenti che saranno oggetto di discussione, ma
danno vita ad una bozza dell’atto finale che verrà poi discusso nel corso del vertice.
G-7 e G-8 si concludono con l’adozione di atti finali, denominati Dichiarazioni finali o
Communiqué (dichiarazioni di principi).
Questi sono redatti in forma di best endeavors o best efforts, non impongono obblighi agli stati che
le hanno formulate se non quello di ispirare la loro condotta al principio generale della buona fede.
Hanno inoltre una importante funzione informativa poiché rendono note le posizioni dei singoli stati
in ordine a determinate situazioni internazionali
Le relazione economiche tra gli stati hanno sempre oscillato tra forme di protezionismo e forme di
liberismo.
Nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale le relazioni economiche internazionali si sono
ispirate a principi neoliberisti e , però, di un liberismo c.d. garantito nel quale il libero
funzionamento del mercato viene controllato, nel suo sviluppo dinamico, da enti e/o organizzazioni
internazionali.
Alla fine della II G.M. USA e GB cominciarono a pensare alla possibilità di costruire un nuovo
sistema complessivo di rapporti internazionali che spaziasse dalla sfera politica a quella
Ancor prima della nascita delle Nazioni Unite e che la guerra fosse terminata, nel 1944, furono
sottoscritti da 43 stati, a Bretton Woods, due accordi distinti che diedero vita a
- Banca Mondiale : nasce con l’obiettivo di mettere a disposizione dei paesi maggiormente colpiti
dalla guerra fondi per la ricostruzione (tuttavia tale funzione fu in realtà espletata dagli USA
Funzione secondaria era quella di aiutare lo sviluppo economico dei paesi membri anche attraverso
- Fondo Monetario Internazionale : doveva indirizzare e controllare la condotta degli stati membri
in relazione al regime dei cambi, per evitare che l’eccessiva variabilità dei tassi potesse nuocere allo
Conferenza de L’Avana, 1947 : gli allora 53 stati membri delle UN sottoscrissero la Carta istitutiva
Questa, in realtà, non vide mai la luce per l’opposizione dell’esecutivo USA; entrò in vigore, seppur
in via provvisoria, solo la parte relativa alla liberalizzazione degli scambi di merci.
Di nuovo furono gli USA a premere affinché quella parte dello statuto che prevedeva la progressiva
liberalizzazione degli scambi di merci, fosse estrapolata dal contesto generale e sottoposta
Già nel 1947 un gruppo di 23 stati aveva aderito a questo gruppo di norme che costituivano il GATT
dando vita a quella regolamentazione internazionale del commercio di merci rimasta in vigore fino
al 1994, quando il GATT è stato “sostituito” dall’ OMC
Il principio vigente in materia fino a quel momento era stato quello della libertà di accesso e di
sfruttamento delle risorse comuni , secondo il principio “first came, first served”. Tale regime di
sfruttamento non garantiva gli interessi dei PVS soprattutto in relazione all’utilizzazione delle
risorse esauribili, potendosi tradurre piuttosto in una esclusione di fatto di tali stati.
Per questi motivi i PVS proponevano, nell’auspicato nuovo ordine economico mondiale,
l’applicazione dei principi di equità, disuguaglianza compensatrice e cooperazione per la soluzione
dei problemi economici mondiali relativamente all’uso delle risorse naturali comuni collocate fuori
dalla giurisdizione esclusiva degli stati.
Il nuovo principio propugnato dai PVS e fatto proprio dall’ assemblea del 1970 è quello secondo il
quale le risorse comuni non riproducibili costituiscono il patrimonio comune dell’umanità.
La qualificazione è un indice significativo del cambiamento, la risorsa comune non è più
considerata una res nullius che ogni stato possa liberamente utilizzare; si tratta di un bene che è
proprietà dell’intera umanità nella sua componente attuale e futura.
Ciò implica che non potrà essere consentito lo sfruttamento individuale da parte di singoli Stati, ma
sarà necessario procedere sulla base di un meccanismo internazionale disegnato all’interno di una
organizzazione internazionale a vocazione universale, che assicuri uno sfruttamento
esclusivamente
pacifico della risorsa.
Una prima espressione normativa si ha con la Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del
1982.
La Parte XI della Convenzione contiene un insieme di norme che definiscono lo status dei fondi
marini internazionali e disciplinano il meccanismo di sfruttamento delle loro risorse, basato proprio
sul principio del patrimonio dell’umanità.
È prevista inoltre la costituzione di un’Autorità internazionale dei fondi marini, a vocazione
universale della quale fanno parte gli stati firmatari della Convenzione.
L’organo principale di questa è l’Impresa, che nel disegno originale avrebbe:
a) dovuto presiedere allo sfruttamento diretto dei siti minerari individuati dai singoli stati e registrati
presso l’autorità;
b) proceduto, in via esclusiva, allo sfruttamento dell’area, devolvendo una parte dei proventi allo
stato che l’aveva individuata ed un’altra parte ad un fondo costituito in favore dei PVS.
Questa soluzione non è stata affatto condivisa dai paesi industrializzati perché considerata troppo
macchinosa e poco economica; in attesa dell’entrata in vigore della Convenzione alcuni paesi
industrializzati, dietro impulso USA, decisero di avviare uno sfruttamento unilaterale dell’area
internazionale sulla base di provvedimenti normativi nazionali.
Tali leggi non disconoscevano il principio dell’appartenenza dei fondi marini internazionali e delle
loro risorse al patrimonio comune dell’umanità, prevedendo che una quota dei proventi fosse
devoluta dallo stato al fondo comune costituito presso l’Autorità in favore dei PVS
In sede di redazione si era convenuto che la Convenzione di Montego Bay sarebbe entrata in
vigore
solo se avesse raggiunto un numero di ratifiche pari a 60; per superare l’impasse venne esplorata
la
possibilità di modificare la Convenzione secondo le richieste dei paesi industrializzati.
Si concluse un c.d. Accordo applicativo, adottato dall’Assemblea generale nel 1994, di
modificazione della Parte XI: questo prevede che lo stato pioniere che ha individuato il sito per lo
sfruttamento venga autorizzato, previa registrazione del sito presso l’Impresa, a procedere allo
sfruttamento del 50% della zona mineraria individuata, lasciando che l’altro 50% venga sfruttato
direttamente dall’Impresa in favore dei PVS.
Questo accordo, definito Intesa, è stato accorpato alla Convenzione di Montego Bay, modificando
la Parte XI della Convenzione sulla quale dichiara espressamente di prevalere in caso di
incompatibilità
Il problema del debito estero e i vertici economici
- Vertice di Genova (2001): la presidenza italiana del G-8 ha proposto, in un documento chiamato
Beyond Debt Relief, una piattaforma programmatica diretta a ridurre l’esposizione dei paesi poveri
attraverso la rimozione delle barriere al commercio, la promozione degli investimenti privati e
l’assistenza nei settori della salute e della educazione.
- Vertice di Kananaskis (2002): il G-8 ha ribadito il proprio impegno a sostenere l’ Iniziativa HIPC
per l’alleggerimento del debito , subordinandolo al rispetto da parte dei paesi eleggibili dei requisiti
della good governance; gli stati hanno altresì manifestato la volontà di incrementare le politiche di
aiuto pubblico allo sviluppo, conformemente agli auspici della Conferenza Internazionale di
Monterrey del 2002 sul finanziamento allo sviluppo.
- Vertice di Sea Island (2004): i capi di stato e di governo hanno auspicato una proroga di due anni
della durata del Programma, il cui termine era previsto per la fine del 2004.
L’iniziativa è stata prorogata fino al 2006.
- Vertice di Gleneagles (2005): i paesi partecipanti hanno assunto l’impegno di cancellare il 100%
del debito dei paesi eleggibili alla iniziativa HIPC nei confronti dei creditori istituzionali (BM,FMI
e Banca Africana per lo sviluppo).
L’Iniziativa HIPC coinvolge, accanto al FMI, alla BM ed al G-8, una ulteriore forma atipica di
cooperazione e concertazione tra stati: il Club di Parigi
Il Club di Parigi
Nasce nel 1956 per far fronte ad una crisi finanziario-debitoria dell’Argentina; riunisce i 19
principali stati creditori dei Paesi poveri più indebitati.
Si riunisce periodicamente in riunioni nelle quali non sono sempre coinvolti tutti gli stati del Club,
bensì solo quei paesi membri che risultano essere i principali creditori dello stato debitore di cui si
discute.
Il Club riunisce esclusivamente i governi degli stati creditori e possono partecipare, in qualità di
osservatori, i rappresentanti delle principali istituzioni finanziarie.
Agisce in stretto collegamento con il FMI sulla base del criterio del burden sharing (condivisione
dei costi e dei rischi).
Il negoziato di ristrutturazione del debito nel Club di Parigi
Nel momento in cui un paese richiede per la prima volta l’intervento del Club per la ristrutturazione
viene stabilita una data convenzionale, la c.d. cut off date, che va a suddividere temporalmente il
debito maturato fino ad allora (oggetto di ristrutturazione) dal debito che potrà maturare
successivamente (in linea di principio,non ristrutturabile)
La cut off date serve a tutelare le agenzie per il credito all’esportazione le quali, in mancanza di
tale
indicazione, potrebbero non assicurare operazioni economiche all’interno del paese debitore (nel
timore che questo non onori i nuovi debiti).
Tale data vale quindi ad aiutare il paese debitore in crisi A) in termini di possibilità di nuovo
accesso al credito
B)fungendo da stimolo a nuovi investimenti privati stranieri.
In casi eccezionali e limitatamente ai paesi HIPC il Club può decidere di ristrutturare anche parte
del debito sorto dopo la cut off date.
paesi creditori hanno il compito di controllare che i fondi erogati in favore di un paese debitore
siano impiegati conformemente ai principi dettati in materia dal G-8 :
. sistema delle condizionalità :
- good governance
- stato di diritto
- principio democratico
- rispetto dei diritti umani. sistema delle condizionalità
La richiesta di ristrutturazione viene portata dal paese debitore all’ esame del Club nel corso di una
riunione che raggruppa il paese debitore e i suoi principali creditori.
Di solito vi partecipano anche rappresentanti del FMI, della BM e dell’UNCTAD.
Si svolge, in definitiva, un negoziato intergovernativo, i cui risultati consistono in un programma di
risanamento del debito, sottoscritto dai rappresentanti dei paesi creditori e da quello del paese
debitore (a seguito di tale intesa quest’ultimo dovrà impegnarsi a non riconoscere condizioni più
vantaggiose a creditori diversi da quelli facenti parte del Club di Parigi clausola di
comparabilità)
Come già detto aderendo al fondo gli stati assumono una serie di obblighi, tra i quali quello di
sottoscrivere una quota di partecipazione per la costituzione delle riserve dell’ente.
A tali obblighi corrisponde la possibilità per gli stati di ottenere da parte del Fondo l’assistenza
finanziaria necessaria.
Attualmente è possibile distinguere due grandi settori in materia di disponibilità:
a) ORDINARIE: ogni stato membro può accedere alle risorse del Fondo acquistando valute di altri
stati membri detenute dal Fondo in cambio della propria (prelievi).
Sono ordinari quei prelievi esplicitamente previsti dall’accordo Istitutivo che gli stati membri
possono effettuare attingendo alle risorse di cui il Fondo dispone.
Sono stati introdotti numerosi correttivi per attribuire maggiore automaticità,snellire le procedure e
superare i limiti quantitativi previsti dallo statuto.
A seguito del I emendamento del 1969 ogni stato membro può acquistare valuta straniera fino ad
un
ammontare pari a quello della propria tranche di riserva in modo automatico.
È prevista inoltre la possibilità per lo stato di effettuare acquisti ulteriori rispetto a quelli relativi
alla tranche di riserva che possiede, purchè, per effetto degli stessi, le disponibilità del Fondo nella
valuta nazionale del paese interessato non vengano incrementate in misura superiore al 200%.
In questo caso, la disponibilità ulteriore di riserve cui lo stato membro può accedere al di là della
tranche di riserva viene distinta in quattro c.d. credit tranches.
Gli acquisti relativi alle credit tranches non sono automatici, ma sottoposti a condizioni di accesso
tanto più rigorose quanto più elevato è l’ammontare delle risorse finanziarie impegnate.
Per prelevare la prima è necessario dimostrare che lo stato stia facendo degli “sforzi ragionevoli”
per riequilibrare la bilancia dei pagamenti.
Per le successive lo stato richiedente si deve impegnare a rispettare condizioni via via più
impegnative sulle politiche da attuare.
L’assistenza è temporanea; lo stato che ha effettuato prelievi è tenuto a riacquistare la propria
valuta
entro un periodo di tempo relativamente breve (3-5 anni).
b) SPECIALI: il FMI ha creato (dopo aver capito che le cause degli squilibri nella bilancia dei
pagamenti degli stati possono avere cause diverse) un insieme di disponibilità speciali (facilities o
policies: sportelli) finalizzate al sostegno delle esigenze finanziarie dei membri, derivanti da
specifici problemi.
In generale, ove lo squilibrio sia dovuto a fattori esogeni (calamità naturali e simili) il paese può far
ricorso a facilitazioni non condizionate; ove lo squilibrio è, invece, di natura strutturale si
applicano facilitazioni che consentono l’articolazione dei programmi di aggiustamento in un arco di
tempo più lungo.
Il FMI presta assistenza finanziaria indistintamente a tutti gli stati membri, nel caso attraversino
crisi economiche legate a difficoltà nella bilancia dei pagamenti.
Il denaro prestato viene generalmente restituito entro 3-5 anni e gli interessi sono al di sotto dei
tassi
di mercato.
Come già detto aderendo al fondo gli stati assumono una serie di obblighi, tra i quali quello di
sottoscrivere una quota di partecipazione per la costituzione delle riserve dell’ente.
A tali obblighi corrisponde la possibilità per gli stati di ottenere da parte del Fondo l’assistenza
finanziaria necessaria.
Attualmente è possibile distinguere due grandi settori in materia di disponibilità:
a) ORDINARIE: ogni stato membro può accedere alle risorse del Fondo acquistando valute di altri
stati membri detenute dal Fondo in cambio della propria (prelievi).
Sono ordinari quei prelievi esplicitamente previsti dall’accordo Istitutivo che gli stati membri
possono effettuare attingendo alle risorse di cui il Fondo dispone.
Sono stati introdotti numerosi correttivi per attribuire maggiore automaticità,snellire le procedure e
superare i limiti quantitativi previsti dallo statuto.
A seguito del I emendamento del 1969 ogni stato membro può acquistare valuta straniera fino ad
un
ammontare pari a quello della propria tranche di riserva in modo automatico.
È prevista inoltre la possibilità per lo stato di effettuare acquisti ulteriori rispetto a quelli relativi
alla tranche di riserva che possiede, purchè, per effetto degli stessi, le disponibilità del Fondo nella
valuta nazionale del paese interessato non vengano incrementate in misura superiore al 200%.
In questo caso, la disponibilità ulteriore di riserve cui lo stato membro può accedere al di là della
tranche di riserva viene distinta in quattro c.d. credit tranches.
Gli acquisti relativi alle credit tranches non sono automatici, ma sottoposti a condizioni di accesso
tanto più rigorose quanto più elevato è l’ammontare delle risorse finanziarie impegnate.
Per prelevare la prima è necessario dimostrare che lo stato stia facendo degli “sforzi ragionevoli”
per riequilibrare la bilancia dei pagamenti.
Per le successive lo stato richiedente si deve impegnare a rispettare condizioni via via più
impegnative sulle politiche da attuare.
L’assistenza è temporanea; lo stato che ha effettuato prelievi è tenuto a riacquistare la propria
valuta
entro un periodo di tempo relativamente breve (3-5 anni).
b) SPECIALI: il FMI ha creato (dopo aver capito che le cause degli squilibri nella bilancia dei
pagamenti degli stati possono avere cause diverse) un insieme di disponibilità speciali (facilities o
policies: sportelli) finalizzate al sostegno delle esigenze finanziarie dei membri, derivanti da
specifici problemi.
In generale, ove lo squilibrio sia dovuto a fattori esogeni (calamità naturali e simili) il paese può far
ricorso a facilitazioni non condizionate; ove lo squilibrio è, invece, di natura strutturale si
applicano facilitazioni che consentono l’articolazione dei programmi di aggiustamento in un arco di
tempo più lungo.
Il FMI presta assistenza finanziaria indistintamente a tutti gli stati membri, nel caso attraversino
crisi economiche legate a difficoltà nella bilancia dei pagamenti.
Il denaro prestato viene generalmente restituito entro 3-5 anni e gli interessi sono al di sotto dei
tassi
di mercato.
L’assistenza finanziaria porta spesso il FMI a condizionare le politiche economiche degli stati che
ne beneficiano, talvolta dettando o suggerendo loro profonde riforme strutturali; ciò attraverso lo
strumento delle condizionalità.
La decisione del Comitato esecutivo di mettere a disposizione di uno stato alcune disponibilità
finanziarie è adottata a fronte della messa a punto, da parte dello stato richiedente, di un preciso
“pacchetto” di misure di politica economica.
L’effettiva erogazione è possibile solo in esito all’accertamento della progressiva adozione delle
misure/riforme comprese nel pacchetto e del rispetto dei parametri inizialmente fissati.
Il sistema della condizionalità è nato con la prassi e solo con il primo emendamento del 1968 sono
state inserite nell’Accordo istitutivo alcune scarne disposizioni.
- Art. V,sez.3, lett. a) Statuto: tra le condizioni che regolano l’uso delle risorse generali del Fondo,
menziona l’adozione da parte del Fondo stesso di politiche volte ad “ aiutare i paesi membri a
risolvere i loro problemi di bilance dei pagamenti in modo conforme alle disposizioni del presente
Accordo” e a “salvaguardare in modo adeguato il carattere temporaneo dell’utilizzo delle risorse
generali”.
- Art. V,sez.3, lett. c) Statuto: “il Fondo prenderà in esame le richieste di acquisto per stabilire se
l’acquisto proposto sia conforme alle disposizioni del presente Accordo e alle politiche adottate in
base ad esso”.
- Guidelines in Conditionality: la prima versione risale al 1979 e nel 2002 il Comitato esecutivo ne
ha adottato una versione “ripensata”.
Il programma di politiche e riforme oggetto della condizionalità è descritto in una lettera di intenti
firmata dal Ministro del tesoro e dal Governatore della Banca centrale dello stato membro
richiedente l’assistenza.
Talvolta l’esposizione è affidata ad uno o più documenti:
* MEP : Memorandum of Economic Policies
* TMU : Memorandum of Understanding tecnico.
Tutto questo pacchetto di lettere d’intenti e documenti sono allegati alla decisone del Comitato
esecutivo relativa alla concessione dell’assistenza (a seconda dei casi, stand-by arrangement o
extended arrangement).
Molti autori riconoscono a tali decisioni natura di accordi internazionali tra stati e Fondo
A partire dagli anni ’50 ed in maniera più marcata nei primi anni ’60 le richieste di intervento
aumentarono sensibilmente quando i maggiori paesi europei ed il Giappone accettarono di
difendere
stabilmente il tasso di cambio in presenza di forti squilibri della bilancia dei pagamenti.
Durante tutto questo periodo l’assistenza finanziaria del Fondo ai PVS assunse un ruolo
marginale,
per poi tornare tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70 ad essere incisiva.
Tale mutamento per due ragioni:
1) la fine del sistema dei cambi fissi del 1973 svincolò i paesi membri dall’obbligo di mantenimento
del tasso di cambio
2) il declino dei proventi delle esportazioni di molti PVS, insieme all’aumento del prezzo del
petrolio, rese insostenibile per questi paesi perseguire lo sviluppo
A fronte della carenza di risorse e strumenti furono adottate nuove iniziative ed introdotti nuovi
meccanismi riguardanti -) l’accrescimento delle riserve
-) nuove regole in materia di sospensione/espulsione degli Stati
membri inadempienti
I EMENDAMENTO (1969)
Fu creato uno strumento di riserva internazionale chiamato Diritti Speciali di Prelievo (DSP),
finalizzato ad integrare il volume di liquidità internazionale ed evitare stagnazione economica e
deflazione.
Questo nuovo strumento veniva incontro all’esigenza di aumentare le riserve degli stati membri.
I DSP erano inizialmente definiti in relazione all’oro; dal 1 Luglio 1974 vennero definiti in funzione
di un paniere ponderato di monete (yen giapponese, sterlina GB, dollaro USA, euro)
II EMENDAMENTO (1976, IN VIGORE NEL 1978)
Ci fu un adeguamento normativo alla situazione monetaria internazionale quale si era venuta a
creare a seguito della dichiarazione di Nixon del 1971 sulla sospensione temporanea della
convertibilità del dollaro in oro.
I punti salienti di questa modifica normativa:
* muove dall’assunto che sono le economie interne, attraverso i meccanismi di intervento dei
singoli stati, a mantenere la stabilità della bilancia dei pagamenti
* gli stati sono liberi di adottare regimi di cambio diversi
* viene sancita l’uscita di scena dell’oro come mezzo ufficiale di pagamento nelle transizioni
internazionali.
L’oro non è più considerato, come prevedeva l’art.4 Accordo istitutivo, il “comune denominatore”
delle monete
* gli stati membri non sono più tenuti ad effettuare pagamenti al Fondo in oro, neppure per quanto
riguarda la sottoscrizione di una parte della loro quota; il nuovo testo prevede che il Fondo si liberi
di una parte rilevante del suo oro, vendendolo all’asta al prezzo di mercato vigente e restituendolo
agli stati al prezzo ufficiale.
III EMENDAMENTO (1992)
Vengono introdotte varie sanzioni nei confronti degli stati che non ottemperano agli obblighi
statutari.
In particolare risultano modificati gli artt. XII e XXVI e gli allegati D e L prevedendo che qualora
uno stato non adempia ad uno degli obblighi, il Fondo possa dichiararlo decaduto dal diritto di
utilizzare le risorse generali.
Qualora poi lo stato continui a non adempiere, il Fondo a maggioranza del 70% dei voti
complessivi, può sospendere lo stato dal diritto di voto.
Se questo persiste, una decisione del Consiglio dei Governatori a maggioranza dell’85% dei voti
complessivi può ingiungergli di recedere.
IV EMENDAMENTO (1997, IN VIGORE NEL 2009)
Modifica dell’art. XV, Sez.1 Statuto, al fine di autorizzare una allocazione speciale di DSP
(attualmente lo stock di DSP ammonta a 42,8 miliardi)
Un terzo delle risorse e dell’attività del Fondo è dedicato all’assistenza tecnica, un terzo alla
sorveglianza ed un terzo alla prevenzione e risoluzione delle crisi.
a) la funzione di ASSISTENZA TECNICA: è un’attività cresciuta negli anni, a seguito della richiesta
dei paesi più poveri di ricevere in loco missioni tecniche del Fondo che aiutino il paese a creare
un’architettura istituzionale spesso assente o fortemente carente, aprire i mercati finanziari, porre le
basi per una politica fiscale adeguata.
Questo risulta essere un problema per il Fondo, considerati i vincoli di bilancio molto ristretti, che
renderebbero necessari consistenti interventi di finanziamento ulteriore; ma, a tal proposito, i
membri più forti sembrano decisamente contrari ad un aumento dei finanziamenti.
b) la funzione di SORVEGLIANZA: si ritiene che sia la principale funzione del Fondo.
Si sviluppa a diversi livelli:
X- sorveglianza BILATERALE: questo tipo di controllo coinvolge il rapporto tra il Fondo e gli stati
singolarmente considerati.
Sta ad un livello obbligatorio (le c.d.d. missioni articolo IV), viene svolta annualmente ed i paesi
membri non possono sottrarvisi.
Tale tipo di sorveglianza è di norma sollecitata dai paesi poveri e con economie emergenti i quali, a
causa della fragilità del loro sistema, ritengono di poter avere bisogno in futuro di un intervento di
prestito del Fondo.
Dai paesi più ricchi e maggiormente avanzati è percepita come una forma di monitoraggio sulle
politiche finanziarie, economiche e fiscali.
XX- sorveglianza MULTILATERALE: uno dei temi degli ultimi anni è stato quello degli squilibri
globali.
Si occupa dello stato complessivo dei pagamenti internazionali e recentemente è stato elaborato
dallo staff del fondo un documento di analisi dal quale emerge che in realtà. gli squilibri, sono assai
più significativi ed aumentano di continuo.
c) la funzione di PPREVENZIONE delle crisi: dalla metà degli anni ’90 fino agli inizi del nuovo
secolo quasi tutti i paesi emergenti hanno subito profonde crisi, comportando perdite in tema di
mancata crescita e provocano un ripensamento del modello economico utilizzato dal Fondo per
valutare la salute di un paese.
Le crisi hanno dimostrato che il modello standard elaborato in proposito dal Fondo non ha
funzionato.
Significativo è il rapporto pubblicato nel 2004 dall’IEO, il quale ha valutato criticamente l’efficacia
dell’assistenza finanziaria fornita all’Argentina nel periodo 1991-2001.
Nel corso degli anni ’90 il Fondo aveva concesso all’Argentina, a vario titolo,l’accesso alle proprie
finanze subordinandolo (secondo il meccanismo delle condizionalità) alla realizzazione di incisive
riforme strutturali e fiscali da parte del governo argentino.
In particolare il Fondo aveva condiviso la scelta del governo di introdurre un regime di cambio a
tasso fisso basato sulla convertibilità del peso argentino con il dollaro.
Nel 2001, dopo tre anni di grave recessione, l’espansione del debito pubblico ha costretto il governo
argentino ad adottare provvedimenti di emergenza fortemente impopolari.
La responsabilità del default andrebbe ripartita tra stato e Fondo.
Il mondo ha ancora bisogno di un’istituzione regolatrice dei mercati finanziari? O forse sarebbe
preferibile affidare l’onere ad altri enti, anche privati; ovvero individuare soluzioni diverse sul piano
regionale e/o ripensare l’organizzazione delle funzioni del Fondo?
Già negli anni ’90 i paesi asiatici avrebbero voluto creare un fondo monetario asiatico, ma gli USA
si opposero; nel frattempo l’Asia ha compiuto un altro tentativo in tal senso, nel 2000, con una
iniziativa denominata Chang May (località in Thailandia) alla quale hanno partecipato i ministri
delle finanze dei 10 paesi membri dell’ASEAN.
Nacque in tal senso una sorte di mini-accordo monetario asiatico.
La Cina ha accumulato oltre mille miliardi di dollari in riserve valutarie derivate dal saldo import-
export; tale cifra consentirebbe alla Cina ed ai paesi amici di coprire eventuali crisi finanziarie
senza ricorrere all’assistenza del Fondo.
Ulteriore elemento di criticità nella governance attuale è costituito dall’Europa, poiché manca una
voce unica europea.
È chiaro che una eventuale unificazione, in termini di potere di voto,implicherebbe un peso ridotto
rispetto a quanto è attualmente rappresentato dalla somma delle singole quote di voto.
Ma, da un punto di vista politico, il peso dell’Europa sarebbe nettamente superiore.
Va inoltre ricordato come numerosi paesi, come Cina/Brasile/Russia, siano oggi sottorappresentati
nel Fondo: è in atto, però, nel sistema che determina il peso dei voti, un rapido spostamento in
favore di questi.
Marzo 2008: approvata una prima riforma del sistema di allocazione delle quote con l’obiettivo di
riconoscere ai PVS e alle economie emergenti un peso maggiore.
I punti della riforma:
-) revisione della formula utilizzata per il calcolo delle quote, basta su indicatori quali il PIL, il
grado di apertura al commercio internazionale, il livello di riserve valutarie del paese
-) redistribuzione delle quote, con un aumento in favore dei paesi particolarmente
sottorappresentati
in relazione al loro PIL e dei PVS
1999: nasce il Financial Stability Board (FSB), istituzionalizzato in occasione del G-20 di Londra.
Il mandato del FSB:
a) monitorare l’andamento dei mercati finanziari
b) assistere i Paesi nell’attuazione di standards regolamentari
c) stabilire linee guida per la formazione dei collegi dei supervisori di imprese finanziarie
transfrontaliere
d) elaborare piani di emergenza per far fronte alle crisi di imprese finanziarie transfrontaliere
e) collaborare con il FMI nella conduzione di esercizi di Early Warning che promuovano il dialogo
ed il confronto tra i vari paesi, con l’obiettivo di redigere una Early Warning List da discutere con le
autorità nazionali
Il 18% del capitale rimanente dovrà essere versato, su semplice richiesta della Banca, nella valuta
dello Stato membro.
L’altro 80% può essere richiesto dalla Banca (c.d. Capital Call) solo quando fosse necessario far
fronte a pretese avanzate dai debitori della Banca o per rispettare certe obbligazioni di garanzia
della Banca, non per finanziare prestiti.
La principale fonte di approvvigionamento è data dalle obbligazioni (bonds) e da una serie di altri
strumenti debitori innovativi (debt instrument), emessi dalla Banca a partire dal 1947, sulla base di
un Programma di prestiti annuale (Borrowing Programme), strettamente legato al Programma di
prestiti erogati dalla BIRS (Lending Programme).
I prestiti dell’IDA
L’International Development Association nasce nel 1960 ed opera come sportello della BIRS.
La sua attività consiste essenzialmente nell’erogazione di prestiti, sebbene esclusivamente in
favore
degli stati membri,necessariamente membri della BIRS, con la particolarità che i beneficiari sono
gli stati più poveri del pianeta.
Fissa parametri che consentono di individuare i paesi beneficiari; per poter accedere attualmente il
reddito pro-capite annuo del paese (PIL/n. di abitanti) deve ammontare, al massimo,
all’equivalente
di 1025 dollari USA.
La condizione di IDA-eligible country è quindi transitoria, i prestiti sono erogati ad interessi zero e
con un periodo di grazia di dieci anni
IFC (International Finance Corporation)
Il suo statuto è stato adottato a Washington nel 1955, è un’entità giuridicamente e finanziariamente
distinta dalla BIRS ed opera con risorse proprie.
Ha lo scopo di promuovere lo sviluppo del settore privato nei PVS, integrando per questo aspetto
l’attività BIRS, investendo le proprie risorse in imprese private a carattere produttivo operanti nel
territorio dei PVS.
Concede prestiti direttamente alle imprese private per iniziative nei PVS, partecipa come
investitore diretto nel capitale di rischio ed opera come catalizzatore di risorse finanziarie.
I criteri per attivare l’investimento :
-) interesse di un territorio di un PVS
-) congrua percentuale di capitale privato.
Le risorse sono di tre tipi:
a) fondi di dotazione forniti dagli stati membri alla IFC per un ammontare che deve essere
integralmente versato
b) fondi presi a prestito dalle risorse della Banca
c) vendita di titoli sui mercati finanziari internazionali
L’istituzione dell’ICSID e i rapporti con la BIRS
È stato messo a punto il testo della sua Convenzione nel 1965 su impulso della BIRS.
Il Preambolo della Convenzione afferma che l’istituzione dei meccanismi di soluzione delle
controversie resi disponibili nell’ambito dell’ICSID è avvenuta sotto gli auspici della BIRS.
La partecipazione all’ICSID è aperta ai soli stati membri della BIRS; non vale l’inverso.
Gli stati membri son 147
Il ruolo dell’ICSID nell’incentivazione degli investimenti privati stranieri
Art. 1,par.2 Accordo: scopo dell’ICSID è di mettere a disposizione meccanismi di conciliazione e di
arbitrato per la soluzione delle controversie in materia di investimenti, sorte tra gli stati parti
dell’accordo (ospiti dell’investimento) e i cittadini di altri stati parti (investitori).
Uno dei fattori capaci di disincentivare i privati ad investire in un paese straniero è proprio la
prospettiva di vedere risolte le eventuali controversie,sorte in merito all’investimento, dalla
magistratura locale.
Di qui il ruolo dell’organizzazione che fornisce agli investitori privati la possibilità di devolvere ad
istanze internazionali le eventuali controversie sorte con gli stati ospiti dell’investimento.
Aspetti istituzionali
Il presupposto per l’attivazione delle procedure di soluzione delle controversie ed il consenso delle
parti della controversia
La nazionalità dell’investitore
Art.42 Convenzione : nel decidere delle controversie gli arbitri devono applicare il diritto che le
parti hanno scelto.
In assenza di scelta, il tribunale dovrà decidere sulla base del diritto dello stato ospite e delle regole
del diritto internazionale che risultino applicabili (con funzione integrativa/correttiva del diritto
locale).
La scelta del diritto applicabile può essere effettuata:
a) all’interno del contratto di investimento tra stato ospite ed investitore straniero
b) mediante un successivo accordo tra le parti
c) tramite un accordo bilaterale sugli investimenti cui il contratto espressamente rinvia
Art.43,par.3 Convenzione: con il consenso delle parti il tribunale ICSID può anche decidere la
controversia ex aequo et bono
Le funzioni e la struttura
1) incrementare tra gli stati membri il flusso di investimenti privati a fini produttivi, in
capitale e
tecnologie, tenendo conto delle reali necessità dei PVS
2) offrire, nel contempo, agli investitori una garanzia contro i rischi non commerciali.
La Convenzione prevede che possano usufruire del sistema di garanzia MIGA gli
operatori, persone
fisiche o giuridiche, che abbiano la nazionalità di uno degli stati membri, purchè non quella
dello
stato che ospiterà l’investimento.
Nel caso in cui l’investitore sia una società, la sua nazionalità potrà essere individuata
sulla base
1) del criterio del luogo di incorporazione, 2) del luogo in cui è situato il principale centro
degli
affari, 3) del criterio del controllo da parte degli azionisti di maggioranza
La copertura assicurativa viene predisposta per i c.d. rischi politici o non commerciali.
La Convenzione indica:
a) rischio di valuta: la MIGA assicura l’investimento contro i danni provocati da misure
restrittive,
adottate dal governo dello stato ospite, volte ad impedire il trasferimento all’estero dei
capitali
ricavati dall’investimento o anche la conversione della moneta locale in valuta straniera
b) rischio di espropriazione: tutte le misure, di natura legislativa o amministrativa, che
abbiano
l’effetto di privare l’investitore della proprietà o del controllo del suo investimento.
Rientrano le nazionalizzazioni, le confische, i sequestri, il congelamento dei beni,ecc…
c) rischio di risoluzione del contratto: nel caso in cui all’investitore sia precluso l’accesso
alle vie di
ricorso interne, ovvero quando l’azione giudiziale promossa davanti ai tribunali locali
venga
irragionevolmente ritardata o allorché l’investitore non riesca ad ottenere l’esecuzione di
una
sentenza
d) rischio di guerra o disordini civili: l’Agenzia si limita a garantire copertura assicurativa
solo nel
caso in cui si verifichi una reale interruzione dell’operatività dell’investimento.
La surroga nei diritti dell’investitore
Al verificarsi di uno degli eventi l’investitore deve, preliminarmente, adire le vie giudiziarie
interne
dello stato.
In caso di esito negativo potrà rivolgersi all’Agenzia, la quale dovrà corrispondere al
danneggiato
l’indennizzo pattuito nel contratto in relazione a quella fattispecie di rischio.
Una volta che l’indennizzo è stato corrisposto, l’Agenzia si surroga nei diritti e nei crediti
spettanti
all’investitore, eliminandosi così qualsiasi possibilità di controversia diretta tra stato ospite
ed
investitore straniero.
La soluzione delle controversie e l’attività di promozione degli investimenti
L eventuali controversie tra l’Agenzia sur
La creazione del Panel è il risultato di una serie di esigenze legate alla necessità di una
maggiore
trasparenza dell’operato della Banca che consenta di “chiamarla a rispondere” dei danni
eventualmente arrecati alle persone o all’ambiente, a causa dei progetti da essa finanziati.
Molti PVS si opposero ritenendo il meccanismo una indebita intrusione nei loro affari
interni.
Il Consiglio dei Direttori è riuscito tuttavia a raggiungere un accordo adottando il testo
finale della
risoluzione
La composizione
Il Panel è stato istituito dai Direttori esecutivi della BM con due risoluzioni di analogo
contenuto:
- Ris 93-10 della BIRS
- Ris 93-6 della IDA
Si compone di tre membri, chiamati ispettori, nominati dai Direttori esecutivi su proposta
del
presidente della BIRS, che rimangono in carica per cinque anni.
I criteri per la nomina sono :
-) capacità
-) integrità
-) indipendenza dalla Banca e conoscenza delle questioni legate allo sviluppo e alle
condizioni di
vita nei PVS.
Ciascun ispettore deve provenire da un differente stato membro della Banca; i membri del
Panel
non possono aver lavorato per la Banca nei due anni precedenti alla nomina e non
potranno
lavorarvi nei due anni successivi alla cessazione del mandato
L’obiettivo è quello di migliorare la qualità del controllo sui progetti finanziati, accrescendo
la
trasparenza dell’attività della Banca e facendo valere il principio della responsabilità dello
staff e
dell’amministrazione dell’organizzazione relativamente all’osservanza nella fase di
realizzazione
del progetto delle politiche e delle procedure operative prestabilite.
In occasione di una richiesta di ispezione che va inoltrata al Presidente, il Panel avvia un
esame
preliminare del caso sulla base del quale (a meno che non ritenga che la richiesta esuli dal
suo
mandato) raccomanda ai Direttori esecutivi l’opportunità di procedere o meno ad una
indagine;
sulla base di un’espressa autorizzazione del Consiglio dei Direttori esecutivi, il Panel potrà
poi procedere all’indagine.
Par. 12 Risoluzione Istitutiva: il mandato del Panel si limita a valutare la conformità
dell’azione
della BIRS e dell’IDA alle “policies”, alle “procedures” e alle “operational directives”, alle
quali
la Banca deve attenersi durante la realizzazione di un progetto.
Politiche e procedure operative della Banca costituiscono delle vere e proprie istruzioni
interne
impartite dal management della Banca al proprio staff (per il quale sono vincolanti).
Tali politiche e procedure riguardano numerosi aspetti legati, tra l’altro, alla protezione
dell’ambiente e alla tutela delle popolazioni locali, le quali rappresentano i gruppi sociali
passibili
di ricevere un pregiudizio in conseguenza della realizzazione del progetto finanziato dalla
Banca.
Il Panel esamina soltanto i progetti finanziati da BIRS e IDA, mentre IFC e MIGA non sono
soggette alle indagini del Panel.
Vi sono dei casi tassativi per i quali l’organo non è autorizzato ad agire:
a) una richiesta di indagine non può essere accolta se la responsabilità della presunta
lesione non è
da imputare alla Banca, ma ad un’altra parte
b) la richiesta deve essere respinta se l’indagine riguarda un aspetto sul quale il Panel,
sulla base di
una precedente richiesta di indagine, aveva già adottato una raccomandazione, a meno
che l’esame
risulti giustificato dalla scoperta di una circostanza non conosciuta dalle parti al momento
della
precedente richiesta
c) non potrà essere accettata una richiesta proveniente da un fornitore di beni o servizi
che abbia
ricevuto un finanziamento dalla Banca o da coloro che abbiano perso una gara d’appalto
in vista di
un’attività finanziata dalla Banca
d) una richiesta di indagine è da respingere se è stata avanzata dopo la data di scadenza
del prestito
oppure dopo che il prestito è stato sostanzialmente elargito.
La procedura
opo tale accertamento e aver ricevuto le relative risposte da parte del management, il
Panel dovrà
raccomandare ai Direttori esecutivi di avviare o meno un’inchiesta.
Saranno loro a prendere la decisione che autorizza il Panel ad avviare una inchiesta.
II) L’inchiesta: il Panel ha il potere di condurre le indagini consultando staff, Direttore
generale e
Operation Evalutation Department.
Inoltre l’organo potrà avere accesso a tutti i documenti della Banca e potrà consultare il
Direttore
esecutivo che rappresenta il paese beneficiario del prestito.
Una eventuale indagine in loco sarà possibile solo previo consenso dello Stato
interessato.
III) Il rapporto: alla fine dell’inchiesta il Panel elabora un rapporto scritto che accerta se la
Banca si
sia conformata/non conformata alle proprie politiche e procedure.
Il rapporto è presentato ai Direttori esecutivi e al Presidente della Banca; tutte le decisioni
dovranno essere prese sulla base del consensus.
Il potere di assumere qualunque decisione spetta ai Direttori esecutivi.
Dopo tale accertamento e aver ricevuto le relative risposte da parte del management, il
Panel dovrà
raccomandare ai Direttori esecutivi di avviare o meno un’inchiesta.
Saranno loro a prendere la decisione che autorizza il Panel ad avviare una inchiesta.
II) L’inchiesta: il Panel ha il potere di condurre le indagini consultando staff, Direttore
generale e
Operation Evalutation Department.
Inoltre l’organo potrà avere accesso a tutti i documenti della Banca e potrà consultare il
Direttore
esecutivo che rappresenta il paese beneficiario del prestito.
Una eventuale indagine in loco sarà possibile solo previo consenso dello Stato
interessato.
III) Il rapporto: alla fine dell’inchiesta il Panel elabora un rapporto scritto che accerta se la
Banca si
sia conformata/non conformata alle proprie politiche e procedure.
Il rapporto è presentato ai Direttori esecutivi e al Presidente della Banca; tutte le decisioni
dovranno essere prese sulla base del consensus.
Il potere di assumere qualunque decisione spetta ai Direttori esecutivi.
Da qui, la tesi per la quale il Panel sarebbe un “Independent Investigatory Body” con il
compito di
contribuire al miglioramento del processo decisionale all’interno della Banca durante le fasi
di
preparazione e realizzazione di un progetto
Dall’OECE all’OCSE
Il limitato numero di stati membri rendono l’OCSE un forum ristretto dotato, però, della
competenza ad occuparsi di qualsiasi questione che abbia una rilevanza economica.
L’acquisto dello status di membro non avviene in automatico, ma segue uno specifico iter
(art. 16
Convenzione)
Il consiglio dell’OCSE può invitare uno stato ad avviare negoziati finalizzati all’ammissione;
per
poter essere ammesso lo stato deve:
1) avere una economia di mercato
2) condividere i principi di una democrazia pluralista
3) rispettare i diritti fondamentali dell’uomo
4) provare la volontà e la capacità di recepire gli atti normativi rientranti nell’acquis OCSE,
ma
può apporre riserve rispetto ad atti che non voglia/non sia in grado di adottare.
La verifica delle condizioni di ammissione viene affidata al Segretario generale e ad alcuni
comitati; in particolare, l’ Investment Committee verifica la compatibilità dell’assetto
normativo
dello stato con il recepimento delle disposizioni di alcuni codici il cui rispetto è obbligatorio
per gli
stati membri.
Gli organi
Dal 1976 ad oggi sono stati adottati nel quadro OCSE numerosi atti diretti a disciplinare la
condotta
delle multinazionali.
Le Guidelines allegate alla Dichiarazione sugli investimenti e le imprese multinazionali,
sono
raccomandazioni elaborate nel quadro di un negoziato svolto tra i governi dei paesi membri
dell’OCSE: non si tratta,quindi, di atti imputabili all’Organizzazione
Lo stesso giorno, il Consiglio OCSE, ha adottato tre decisioni di carattere obbligatorio che
disciplinano diverse procedure di consultazione intergovernativa:
- meccanismo di controllo rispetto alla corretta applicazione delle Guidelines
- obbligo per gli stati di notificare all’OCSE le misure ritenute incompatibili con il principio
del
trattamento nazionale
- meccanismo di controllo sulle misure adottate dagli stati membri e destinate ad
incentivare/disincentivare gli investimenti internazionali.
Le Guidelines prevedono un meccanismo di aggiornamento consistente nello svolgimento
di
periodiche Reviews organizzate al tal fine dal CIME in cooperazione con il BIAC ed il
TUAC.
Le Guidelines approvate nel 1976 elencano alcuni standard di condotta raccomandati; nel
documento l’impresa multinazionale viene definita come un insieme di società, dotate di
distinta
personalità giuridica e riconducibili a stati differenti, sottoposte alla direzione unitaria di una
società capogruppo.
La multinazionale non viene qualificata come un ente unico, ma si preferisce attribuire
rilevanza ai
legami di natura finanziaria e personale, nonché ai vincoli contrattuali esistenti tra società
dotate di
distinta personalità giuridica.
Nel documento del 1976 inoltre venivano sollecitate a contribuire allo sviluppo ed alla
diffusione
delle conoscenze tecniche e veniva loro raccomandato di non porre in essere atti di
corruzione nei
confronti di pubblici ufficiali o qualsiasi indebita interferenza negli affari interni.
17 Dicembre 1997 “Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in
International
Business Transactions”.
La Reviews del 2000 ha introdotto una vera e propria riformulazione degli standard; ciò
poiché
c’era la necessità di adattare il testo delle Guidelines al nuovo assetto delle relazioni
economiche
internazionali e di trasformare il contenuto per contribuire alla realizzazione del principio
dello
sviluppo sostenibile ed alla promozione dei diritti dell’uomo.
Le principali novità:
- “Guideline on Genral Policies”: sollecita le imprese a non trarre vantaggio dai differenti
standard
di tutela previsti nelle legislazioni statali e a non chiedere e a non avvalersi di alcuna
esenzione in
materie quali ambiente/salute/lavoro/sicurezza/ecc…
Centrale è il richiamo alle multinazionali affinché promuovano il rispetto dei principi di
corporate
social responsibility nei confronti dei propri partenrs commerciali.
- “Guideline on employement and industrisl relations”: è previsto che le multinazionali
contribuiscano all’abolizione del lavoro minorile e di tutte le forme di lavoro forzato.
- “Guideline on Environment: raccomanda alle imprese di valutare, nel corso del processo
decisionale, l’impatto sull’ambiente e la salute
- Trasparenza : le imprese vengono invitate a rendere note anche le informazioni di
carattere
prevalentemente finanziario.
Nel 2000 si aggiunsero una Guideline sulla tutela dei consumatori e sulla prevenzione e
controllo
delle politiche corruttive
Controllo : gia dal 1976 il Consiglio OCSE aveva introdotto un meccanismo di follow-up
(controllo) ad esito non vincolante.
Attualmente il meccanismo viene realizzato attraverso l’attività di specifici organismi, tra cui
ricordiamo i Punti di contatto nazionali (1984) .
Questi hanno l’obbligo di consultarsi annualmente e di inviare al CIME un rapporto annuale
e
sulla natura e sui risultati dell’attività svolta.
Altro carattere di novità è il capitolo quinto, in relazione al rafforzamento della tutela dei
diritti dei
lavoratori.
Le principali caratteristiche
Ha iniziato la sua attività nel 1930, rappresenta la più antica organizzazione finanziaria
internazionale; ha sede legale a Basilea e dispone di due uffici di rappresentanza ad Hong
Kong e a
Città del Messico.
Ha la forma di una società per azioni a partecipazione internazionale regolata dal diritto
svizzero.
Il capitale della Banca è detenuto, dopo la riforma del 2005, dalle banche centrali.
Il possesso delle azioni conferisce, tra l’altro, il diritto di rappresentanza all’interno
dell?assemblea
generale; il bilancio viene calcolato in DSP.
Gli organi
-) Assemblea Generale : si tiene ogni anno, riunisce le banche centrali membri della
Banca al fine di
approvare il bilancio annuale e decidere in merito ad altre questioni connesse.
Delibera altresì circa le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto.
-) Consiglio di amministrazione : composto da 19 membri.
-) Comitato Esecutivo : è composto dal direttore generale, che attua le politiche della
Banca e dirige
l’amministrazione e dal co-direttore generale.
Vi sono poi un Segretariato che comprende una serie di dipartimenti ed un consigliere
giuridico.
Le attività : 1) la Banca come mandatario nei regolamenti internazionali
Originariamente, come detto, la Banca doveva essere il mandatario per l’esecuzione del
Piano
Yung.
In realtà, l’opinione comune diceva che era solo un pretesto per avviare un ampio progetto
di
cooperazione monetaria internazionale dove la Banca si sarebbe posta come organo al
servizio delle
banche centrali.
Nel secondo dopoguerra, la Banca ha svolto questo ruolo relativamente all’esecuzione dei
regolamenti finanziari all’interno delle istituzioni comunitarie, in qualità di terzo designato
dalla
CECA.
Le attività : 2) la Banca come “banca delle banche centrali”
Le attività consistono nell’offerta di un’ampia gamma di servizi finanziari per assistere le
banche
centrali e le altre istituzioni monetarie internazionali nella gestione delle loro riserve
valutarie.
Tale gestione avviene attraverso la raccolta di riserve e la riallocazione delle stesse sui
mercati
internazionali.
La BRI non accetta depositi di privati o entità societarie, né fornisce loro servizi finanziari;
inoltre,
non le è consentito concedere anticipazioni a governi né aprire conti correnti a loro nome.
Svolge altresì le funzioni di fiduciario per diversi prestiti governativi internazionali, nonché
quelle
di depositario di garanzie.
Gestisce l’Asian Bond Fund, un fondo comune obbligazionario che serve 11 banche
centrali e le
autorità monetarie di Asia e Pacifico.
Le attività : 3) la Banca come foro di consultazione e cooperazione monetaria
I governatori delle banche centrali, membri della BRI, si incontrano non solo in occasione
dell’annuale sessione ordinaria dell’assemblea Generale, ma anche nel corso di regolari
riunioni
bimestrali nel corso delle quali vengono analizzati gli andamenti economici e mondiali.
Le attività : 4) l’attività di studio e ricerca
Svolge anche una importante attività di ricerca relativamente ai principali fenomeni
monetari
internazionali, fornendo adeguato supporto tecnico alle riunioni. Attraverso un proprio
organo,
l’Istituto per la stabilità finanziaria (addetto all’organizzazione di
convegni/seminari/conferenze/altre attività) la Banca promuove la diffusione e
l’applicazione di
solidi standard prudenziali.
Venne istituito nel 1974 dai Governatori delle Banche dei dieci paesi più industrializzati.
Nacque in seguito al fallimento di una banca tedesca, la Bnakhaus Herstatt.
Il comitato si riunisce 4 volte all’anno ed ha come obiettivo il miglioramento della collaborazione.
È formato dagli alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di 27 paesi
(inclusi tutti quelli del G-20).
Esso si propone di rafforzare la sicurezza e l’affidabilità del sistema finanziario:
a) stabilendo standard minimi in materia di vigilanza prudenziale
b) diffondendo e promuovendo migliori pratiche bancarie e di vigilanza
c) incentivando la cooperazione internazionale in materia di vigilanza prudenziale.
Non ha capacità regolamentare autonoma nei confronti degli stati membri, e gli atti da esso
emanati
sono predisposti nell’aspettativa che le autorità nazionali convergano volontariamente verso
approcci e standard comuni.
Tali accordi nascono proprio dai lavori di tale Comitato; sono sostanzialmente linee guida in
materia di requisiti patrimoniali delle banche, redatte allo scopo di perseguire una generale
stabilità monetaria e finanziaria.
Gli accordi sono un particolare strumento attraverso il quale il Comitato agisce con l’aspettativa
che
le singole autorità nazionali adottino specifiche disposizioni attuative.
Il primo Accordo di Basilea risale al 1988, aveva ad oggetto il sistema di misurazione del capitale e
stabiliva l’obbligo per le banche di accantonare capitale nella misura dell’8% del capitale erogato,
al fine di garantire la solidità della propria attività.
Tuttavia la percentuale di accantonamento era stata giudicata troppo poco sensibile al rischio.
Gennaio 2001, “The New Basel Capital Accord”: documento di consultazione per la definizione di
una nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche.
Basilea 2
È il nuovo accordo adottato nel 2004 e volto a stabilire principi internazionali comuni all’interno
del sistema creditizio.
Le Banche dei paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionali al rischio
derivante dai vari rapporti di credito assunti, calcolato attraverso lo strumento del rating (sistema di
valutazione della credibilità di un’impresa e della sua capacità di credito).
L’Accordo si basa su tre pilastri:
1- Requisiti patrimoniali minimi: rimane inalterata la percentuale dell’8%, ma vengono presi in
considerazione anche il rischio di mercato e quello operativo valutando a tal fine una pluralità di
fattori : il soggetto a cui la banca sta erogando risorse, il contesto in cui l’impresa opera ed i rischi
congiunturali di vario tipo.
2- Controllo prudenziale svolto dalle banche centrali : garantire che le banche dispongano di un
capitale adeguato per sostenere tutti i rischi connessi con le loro attività.
Gli organi di vigilanza dovranno verificare le modalità con cui le banche determinano il proprio
fabbisogno di capitale in relazione ai rischi assunti ed intervenire ove necessario.
3- Disciplina del mercato e trasparenza : per l’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui
rischi e sulla gestione di questi
Le critiche riguardavano:
A) le piccole banche, nell’impossibilità di utilizzare metodologie più avanzate, rischiavano di subire
un maggior onere patrimoniale rispetto alle banche più grandi.
B) Emerse il problema della prociclicità finanziaria: nei periodi di rallentamento economico, il
sistema introdotto avrebbe avuto come effetto quello di indurre le banche a ridurre gli impieghi a
causa del crescere del rischio, con il conseguente inasprimento della crisi.
C) Dall’applicazione del sistema dei rating interni sarebbe derivata una penalizzazione delle PMI
per quanto riguarda i finanziamenti.
Il Comitato di Basilea ha introdotto nel 2010 l’Accordo Basilea 3 modificando la regolamentazione
prudenziale per migliorarne il funzionamento.
In particolare sono state rafforzate le regole per il controllo del rischio di liquidità ed elevata la
quota di capitale regolamentare nella dotazione degli istituti di credito.
Costituzione e struttura
La BEI è l’istituzione finanziaria dell’UE costituita in base all’art. 129 Trattato istitutivo della
CE.
Lo statuto è stato adottato a Roma nel 1957 ed è contenuto nel Protocollo n.5 allegato al
TUE e
TFUE; sono azionisti gli stati membri dell’Unione Europea.
La sottoscrizione del capitale avviene sulla base di una ripartizione di quote di diversa
entità,
proporzionata alla capacità economica dei membri.
La Banca è dotata di personalità giuridica autonoma distinta da quella dell’Unione ed è
amministrata dai suoi organi secondo le disposizioni dello statuto.
Art.8 Statuto : la Banca è amministrata e gestita da tre organi collegiali:
-) Consiglio dei Governatori: composto dai ministri dell’economia degli stati membri, è
l’organo
decisionale incaricato di definire le direttive generali della politica creditizia della Banca.
A questo sono attribuiti poteri in materia di aumento del capitale sottoscritto, approvazione
del
bilancio, sospensione dei finanziamenti concessi ad un paese nel caso questo non
ottemperi ai suoi
obblighi.
-) Consiglio di Amministrazione: è l’organo al quale sono demandate le decisioni
riguardanti la
concessione di prestiti, garanzie e l’emissione di titoli.
Consta di 28 membri e 18 sostituti
) Comitato direttivo: composto da un Presidente e da 8 vice-presidenti, è incaricato della
gestione
dell’attività ordinaria della banca e assicura l’esecuzione delle decisioni del CDA.
C’è anche un Comitato di Verifica che controlla la regolarità delle operazioni e dei libri
contabili della Banca.
Le attività
Art. 309 TFUE: compito della BEI è di contribuire allo sviluppo equilibrato del mercato
interno
nell’interesse dell’Unione facilitando, mediante prestiti e garanzie, il finanziamento di
investimenti
in vari settori dell’economia.
La Banca eroga finanziamenti per la valorizzazione delle regioni meno sviluppate
dell’Unione, al
fine di eliminare gli squilibri all’interno del mercato interno.
I prestiti possono essere concessi sia ad uno stato che ad imprese pubbliche o private,
purchè si tratti
di investimenti che contribuiscano all’aumento della produttività generale.
Le richieste devono essere sottoposte:
a) al parere dello stato membro, se inoltrate per il tramite della Commissione
b) al parere della Commissione, se inoltrate per il tramite dello stato membro
c) al parere dello stato stesso e della Commissione, se presentate da una impresa
direttamente.
Il gruppo BEI
Nel 1994 è stato istituito il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI), al fine di favorire lo
sviluppo
delle piccole e medie imprese a forte crescita e/o attive nel settore delle nuove tecnologie.
Marzo 2000: nasce il Gruppo BEI, costituito da BEI e dal FEI.
-) Consilio dei Direttori esecutivi : responsabile delle operazioni condotte dalla Banca, è a
composizione ristretta.
-) Presidente : eletto dal Consiglio dei Governatori, con la possibilità di essere rieletto.
Conduce gli affari ordinari della Banca, ne è il rappresentante legale ed è responsabile
dell’organizzazione e della gestione del personale.
Gli obiettivi
È possibile che gli aiuti forniti dalle banche regionali siano sottoposti a particolari
condizioni.
Ad esempio, nel caso della BERS sono stati previsti degli indicatori di democratizzazione
che i
paesi beneficiari devono rispettare.
Il rispetto della condizionalità democratica, inteso come meccanismo volto a condizionare
la
destinazione di un aiuto economico al rispetto e alla realizzazione di forme di governo
democratico,
risulta di importanza fondamentale nella cooperazione europea ma ha spesso ispirato
anche l’azione
della BM e del FMI.
Queste istituzioni prevedono elementi di valutazione politica, in caso, per esempio, di
gross
violation dei diritti umani; in tal caso può essere contemplata la sospensione dei
finanziamenti allo
stato membro che ha commesso una violazione di questo tipo.
Altra condizione necessaria è la destinazione privatistica dell’aiuto ; tale ragione è dettata,
da un
lato, dall’esigenza di differenziare queste istituzioni dalla BM, che indirizza i propri aiuti
principalmente verso il settore pubblico e, dall’altro, dalla necessità di favorire la creazione
di
un’economia di mercato in paesi caratterizzati per molti anni da un’economia di stato.
Il capitale fisso è formato dalle quote che ciascuno stato membro sottoscrive; in
dipendenza di
queste ciascuno disporrà di un certo numero di voti.
L’attività di finanziamento si realizza con differenti modalità:
1) concessione o garanzia di prestiti di prestiti a lungo termine in vari settori con interessi
di
mercato a lunghissimo termine oppure con interessi inferiori rispetto a quelli di mercato
2) concessione di sussidi per attività di assistenza tecnica e servizi di consulenza
3) ricorso al mercato dei capitali.
Le operazioni svolte dalle banche nell’attività di concessione di prestiti, è possibile
suddividerle in :
- ordinarie: finanziate attraverso le risorse di capitale ordinario, costituito dalle azioni
sottoscritte
dai membri e attraverso l’emissione di obbligazioni
- speciali : effettuate con quelle risorse finanziarie costituite da fondi speciali, finanziati dai
contributi volontari dei paesi membri e vengono utilizzate per investimenti a carattere
sociale.
Sono destinate ai paesi a più basso reddito e finanziano, spesso, interventi di assistenza
tecnica.
In generale le banche regionali concedono crediti che coprono solo una parte del costo
totale del
progetto
La funzione ispettiva
Lo sviluppo di una funzione ispettiva all’interno delle banche regionali prende le mosse
dalla
creazione del Panel d’Ispezione della BM, creato allo scopo di chiamarla a rispondere dei
danni
eventualmente arrecati alle persone o all’ambiente in conseguenza dei progetti da essa
finanziati.
a) Il caso della Banca Asiatica
Dall’inizio degli anni ’90 ha cercato di migliorare la qualità delle sue operazioni.
1993: il Management ha nominato una “Task Force on Improving Project Quality” che ha
provveduto ad elaborare un rapporto, contenente alcune raccomandazioni rivolte alla
Banca e al suo
staff, sottolineando l’importanza che avrebbe dovuto essere data ad un eventuale
monitoraggio sulla
realizzazione dei progetti.
1994: creazione di una funzione ispettiva, come strumento mediante il quale le comunità
locali/ le
organizzazioni non governative/ gruppi di privati possono chiedere un riesame/ l’avvio di
una vera e
propria inchiesta relativamente al ruolo della Banca durante la fase di realizzazione di un
progetto
da essa finanziato.
1996: queste procedure sono state pubblicate in una Guidebook.
Il meccanismo mira ad accertare che la Banca abbia osservato le procedure operative da
essa stessa
stabilite durante la fase di progettazione e realizzazione di un progetto.
Il Management della Banca dovrà, entro 45 giorni, dimostrare all’Inspection Committee di
aver
osservato tutte le procedure
Il regime giuridico del trattamento degli stranieri e dei loro beni ha subito trasformazioni: in una
prima fase agli stranieri non era riconosciuta nemmeno la capacità giuridica; col tempo si è
progressivamente affermato l’obbligo, per lo stato territoriale, di riconoscere la personalità giuridica
dello straniero e di garantirgli un determinato trattamento.
Viene generalmente accolto il principio dello standard minimo.
I BITs prevedono,di solito, una serie di standard di trattamento :
a) il trattamento nazionale: lo stato ospite si impegna a garantire agli investimenti stranieri lo
stesso
trattamento accordato ai nazionali eliminando ogni ineguaglianza giuridica presente o futura
b) il trattamento della nazione più favorita: agli investitori di uno dei due stati contraenti viene
garantito un trattamento non meno favorevole di quello che l’altra parte contraente ha
concesso/concederà agli investitori di un paese terzo.
A tal fine viene inserita la c.d clausola di riadattamento automatico : qualora dalla legislazione di
una delle parti contraenti risulti un regime giuridico più favorevole per gli investitori stranieri, tale
regime dovrà essere applicato agli investitori dell’altra parte contraente.
c) il trattamento giusto ed equo: criterio di natura generale che impone alle parti di tenere un
comportamento conforme agli obiettivi dell’accordo, in modo da non ostacolare la promozione
degli investimenti stranieri.
d) il trattamento non discriminatorio: criterio negativo che prescrive allo stato ospite l’obbligo di
astenersi dall’adottare misure discriminatorie
È riconosciuta l’esistenza di una norma consuetudinaria in virtù della quale ogni stato ha il diritto
di nazionalizzare i beni che si trovino sul proprio territorio, anche se appartenenti a stranieri.
Per questo nei BITs son generalmente presenti clausole sulla protezione contro i rischi non
commerciali; tali disposizioni sono in genere formulate in termini negativi.
Di conseguenza, l’adozione di misure di nazionalizzazione,espropriazione o simili è in via di
principio vietata, salvo che vengano rispettate le condizioni di liceità:
- interesse pubblico
- non discriminazione
- due process of law
- rispetto di impegni specifici assunti
- pagamento di un indennizzo si ammette l’esistenza di una norma consuetudinaria che lo
imponga allo stato. Numerose però sono le incertezze in ordine al quantum e alla modalità.
Nei BITs l’ammontare viene definito sia attraverso il riferimento a parametri teorici sia sulla base
del valore di mercato dell’investimento espropriato; tuttavia è significativo il ritorno allo standard
della formula Corden Hull (impone un indennizzo pronto, adeguato ed effettivo).
Tale approccio è confermato dalla quarta Guidelines della BM
I GUIDELINES:
L’ambito di applicazione
Prevede che queste direttive si applichino relativamente ad investimenti nuovi o già
esistenti,
effettuati all’interno del territorio degli stati membri della BM e delle istituzioni collegate, da
investitori di nazionalità straniera.
Viene ribadito il principio di parità di trattamento tra investitori stranieri e nazionali
IV GUIDELINES: Le espropriazioni
La direttiva contempla tanto le espropriazioni quanto “measures which have similar
effects”, ma
non menzioni esplicitamente le misure di nazionalizzazione.
Il principio espresso si ispira a criteri già affermatisi in passato: lo stato che ospita non può
né
espropriare ne adottare misure analoghe se non in conformità con procedure previste
dall’ordinamento interno e comunque solo per motivi di pubblica interesse, senza operare
discriminazioni basate sulla nazionalità e dietro corresponsione di un indennizzo
appropriato.
L’indennizzo deve essere
adeguato: se corrisponde al giusto prezzo di mercato del bene oggetto di espropriazione
-effettivo: se viene corrisposto in valuta convertibile
- pronto: se viene pagato immediatamente o comunque, in caso di circostanze eccezionali,
entro un
periodo di cinque anni dal momento dell’espropriazione.
Nel Preambolo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo viene considerata uno
standard di
riferimento per stati e componenti la società civile.
Le Norms non individuano un elenco di veri e propri obblighi giuridici che vincolino le
imprese, ma
parametrici etici di condotta suscettibili di diventare obbligatori una volta introdotti negli
ordinamenti nazionali.
L’effetto auspicato è che una impresa si conformi volontariamente ai principi contenuti
nelle
Norms.
La sezione “General Obbligations” sintetizza l’approccio generale delle Norms in materia
di
responsabilità delle multinazionali: gli stati restano titolari della responsabilità primaria
relativa alla
promozione e alla tutela dei diritti dell’uomo , ma anche le multinazionali nella loro sfera di
azione
hanno l’obbligo di promuovere e garantire il rispetto di tali diritti.
Le imprese sono inoltre tenute a rispettare il principio di due diligence in modo da evitare
che le
loro attività possano contribuire direttamente o indirettamente alla violazione dei diritti
dell’uomo;
non devono beneficiare direttamente o indirettamente di quelle violazioni di cui siano a
conoscenza
o delle quali avrebbero dovuto essere a conoscenza; non devono ostacolare le politiche
dei governi
dirette a promuovere il rispetto dei diritti dell’uomo.
1 Gennaio 1995, nasce l’OMC con la finalità di creare un quadro istituzionale per la
negoziazione
di accordi multilaterali relativi al commercio internazionale e strumenti efficaci di
risoluzione delle
controversie a disposizione degli stati membri.
Tra gli scopi figura lo sviluppo del commercio internazionale attraverso la progressiva
riduzione
delle tariffe doganali, l’abolizione delle barriere non tariffarie e la regolamentazione in
senso
liberista degli scambi, in modo da creare un mercato tendenzialmente aperto che possa
dar vita ad
un sistema in grado di offrire benefici a tutti i paesi membri.
La struttura del sistema produttivo italiano: le PMI
Com’è noto la struttura del sistema produttivo italiano è composta da un gran numero di
piccole e
medie imprese.
La definizione è stata “regolamentata” a livello comunitario nel 1996 (Racc. n.96/280) ; i
requisiti
che devono sussistere contemporaneamente , per definire una pmi, sono tre:
a) indipendenza b) numero di dipendenti c) fatturato o bilancio
Dalla Raccomandazione n.361/2003 i criteri sono cambiati in virtù della creazione di una
nuova
“dimensione” : la c.d. microimpresa.
La struttura produttiva italiana ha inciso, però, in modo sfavorevole sulle esportazioni; una
PMI
avrà necessariamente costi più elevati rispetto ad una grande impresa estera.
La PMI potrà ricavarsi una nicchia che la distingua per l’elevata qualità ed unicità del
prodotto ma a
livello di grandi numeri non otterrà un fatturato export di grande peso, in grado di incidere
sulla
bilancia commerciale del Paese.
Una carta vincente è stata la creazione dei c.d. distretti industriali, i quali si distinguono in :
-) verticali: sono coinvolte imprese con produzioni tra loro complementari che, come una
catena di
montaggio, contribuiscono alla manifattura di un unico prodotto finale
-) orizzontali: sono riunite aziende tra loro concorrenti che grazie alla vicinanza geografica
mettono
in comune infrastrutture e mezzi
Le origini risalgono al 1926, anno in cui fu fondato l’INE (Istituto nazionale per le esportazioni)
con il compito di promuovere3 lo sviluppo dell’esportazione dei prodotti del suolo e dell’industria
italiana.
Nel 1945 cambia il nome in ICE; con la legge 68/1997 assume natura giuridica di ente pubblico
non economico, dotato di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa,
contabile e finanziaria, posto sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo.
L’ICE opera con strumenti che possono essere ricondotti a tre diverse tipologie di servizi:
A) servizi personalizzati per le imprese: serie di strumenti che rispondono alle esigenze specifiche
di una singola azienda; le soluzioni vengono studiate ad hoc con l’ufficio ICE presente sul mercato
di interesse dell’impresa.
Tra le tipologie di interventi:
- servizio di individuazione delle controparti
- servizi di assistenza operativa e di sostegno
- servizi di promozione aziendale
B) servizi a sostegno del Made in Italy : riguardano l’attività promozionale dell’ICE secondo un
Programma finanziato annualmente dal ministero, l’attività di studio di mercato e di settore, le
analisi di rischio Paese e la pubblicazione di informazioni.
Il Ministero assegna le risorse per la realizzazione del Programma e vigila sulla corretta
realizzazione; le iniziative possono essere:
- organizzazioni di padiglioni italiani nei quali sono inserite le aziende
- organizzazione di eventi speciali
- organizzazione di incontri mirati
- promozione di accordi di collaborazione industriali
C) le attività di formazione: realizzazione del CORCE, un master in commercio estero per formare
professionalità specifiche, la formazione di operatori stranieri, la formazione aziendale specifica.
Le entrate dell’agenzia sono costituite:
a) contributi annuali del Ministero dello sviluppo
b) eventuali assegnazioni per la realizzazione di progetti finanziati dall’UE
c) corrispettivi per i servizi prestati agli operatori
d) utili delle società eventualmente costituite o partecipate
e) altri proventi patrimoniali e di gestione
Il Gruppo SACE
È un gruppo assicurativo-finanziario, dal 2004 nella forma di una SPA il cui capitale è
interamente
detenuto dal Ministero dell’Economia e Finanze, che ha il mandato di sostenere
l’internazionalizzazione delle aziende italiane attraverso la gestione dei rischi commerciali
e
politici.
A) I RISCHI ASSICURABILI: definiti dal CIPE nel 1999 e confermati nel 2007; sono:
- il rischio del credito rischio che l’assicurato non ottenga il pagamento totale o parziale
degli
importi dovutigli per la fornitura effettuata o del finanziamento erogato a fronte
dell’esportazione
- il rischio degli investimenti all’estero il rischio di perdita del capitale investito o del
prodotto
dell’investimento, nonché il rischio di perdita delle somme spettanti all’impresa costituita
all’estero,
per eventi generatori di sinistri di tipo politico
- rischi accessori rischi di produzione, distruzione o danneggiamento di beni connessi
all’operazione assicurata, ecc…
B) GLI EVENTI GENERATORI DI SINISTRO: eventi al cui verificarsi è subordinato il diritto
dell’assicurato al pagamento dell’indennizzo e si distinguono in
-) eventi di natura commerciale
-) eventi di natura politica: per l’assicurazione di questo rischio la SACE è tenuta al rispetto
delle
Regole del Consensus (si indica l’Accordo sulle linee guida per i sussidi ai crediti
all’esportazione,
OCSE 1978) .
C) CONDIZIONI DI ASSICURABILITÀ : indicano l’atteggiamento assicurativo che si adotta
nei
confronti di diversi Paesi, differenziato in relazione al rischio sovrano,bancario o corporate.
Le possibili classificazioni sono assicurazione:
- senza condizioni: laddove non ci siano restrizioni all’operatività SACE
- con condizioni: quando l’operatività è soggetta a restrizioni derivanti da accordi con
istituzioni
internazionali
- caso per caso: quando la copertura assicurativa è limitata ad operazioni condizionate,
ovvero che
presentino fattori di mitigazione del rischio
- chiusura: laddove ogni operatività è esclusa a causa di situazioni di insolvenza diffusa e
perdurante e/o mancanza di condizioni di sicurezza.
Istituita con l.100/1990 è una spa controllata al 76% dallo Stato e con una partecipazione
privata.
L’obiettivo è di sostenere le aziende italiane nell’ultimo stadio dell’internazionalizzazione,
quello
degli investimenti esteri, ovvero del Made BY Italy.
Offre finanziamenti a tassi agevolati per affiancare l’impresa nelle diverse fasi del suo
sviluppo.
Gli strumenti :
- finanziamenti agevolati per studi di prefattibilità, fattibilità ed assistenza tecnica
- finanziamenti di programmi di inserimento nei mercati esteri
- partecipazione a gare internazionali
- agevolazione dei crediti all’esportazione
- partecipazione al capitale di imprese extra UE
- partecipazione al capitale di imprese UE
- patrimonializzazione delle PMI
- il Fondo di Venture Capital.
Nel 2011 è stato reso operativo il Fondo Start Up volto a favorire la fase di avvio di progetti
di
internazionalizzazione di imprese singole o aggregate
DALL’ITO AL GATT ‘47
La nascita dell’OMC, nel 1995, realizza l’originario progetto volto a creare un’architettura
istituzionale entro la quale incanalare le relazioni tra gli stati.
In seno alla Conferenza di Bretton Woods, i ministri partecipanti avevano adottato una
raccomandazione che esortava i governi a concludere rapidamente un accordo volto alla
riduzione
e alla eliminazione degli ostacoli al commercio internazionale.
I negoziati per la conclusione dell’Accordo Istitutivo dell’ITO furono subito avviati
nell’ambito
delle UN.
L’Accordo venne firmato nel marzo del 1948 durante la Conferenza de L’Avana; l’accordo
era
molto ampio (106 articoli), suddiviso in 9 capitoli, dei quali solo uno (IV) si occupava degli
scambi
internazionali di beni.
L’organizzazione che avrebbe dovuto vigilare sull’applicazione dell’Accordo, l’ITO appunto,
presentava la tradizionale struttura ternaria:
- Conferenza
- Consiglio esecutivo
- Segretariato.
L’esercizio del diritto di voto era regolato secondo il principio “uno stato, un voto”, gli otto
stati
economicamente più “forti” avevano un diritto di partecipazione permanente
IL GATT ‘47
I principi generali
Il Gatt ’47 è stato per quasi cinquant’anni l’unico strumento di regolamentazione multilaterale degli
scambi commerciali su scala globale.
L’obiettivo del GATT era quello di favorire lo sviluppo del commercio mondiale attraverso la
progressiva liberalizzazione degli scambi; questo avrebbe dovuto essere ottenuto, innanzitutto,
diminuendo progressivamente nei rapporti tra i paesi partecipanti i dazi doganali.
• L’Accordo si occupava solo dello scambio di merci, ignorando del tutto significativi settori del
commercio internazionale (i servizi, per esempio) e lasciando fuori dalla disciplina i tessili ed i
prodotti agricoli.
• L’Accordo concentrava la sua attenzione solo sui dazi doganali come ostacoli alla
liberalizzazione degli scambi, trascurando sia gli ostacoli non tariffari, sia altri fattori ed aspetti più
generali (che venivano invece disciplinati nella Carta de L’Avana).
Il principio generale del Gatt ’47 era che i dazi esistenti fossero aboliti progressivamente, sulla
base
di successive riduzioni.
Principi regolatori fondamentali:
-) principio di reciprocità
-) principio di non discriminazione, in una duplice accezione:
a) esterna: consistente nella clausola della nazione più favorita generalizzata, in base alla quale i
benefici ed i privilegi che ciascuno stato parte accordava alle merci provenienti da un altro stato
parte si estendevano, automaticamente, a tutte le altre parti del GATT (art.I Accordo) .
Con l’introduzione della clausola scompare la possibilità per gli stati di concludere accordi
preferenziali poiché le agevolazioni riconosciute da uno stato parte alle merci di un paese terzo
sarebbero state automaticamente estese a qualunque altro stato parte dell’accordo.
b) interna: obbligo del trattamento nazionale, in base al quale le merci provenienti dall’estero
dovevano ricevere all’interno di ciascuno stato parte lo stesso trattamento accordato dallo stato al
prodotto nazionale equivalente (art. III Accordo
Le eccezioni generali
Eccezioni di carattere generale erano costituite da eventuali difficoltà nella bilancia dei pagamenti
dello stato parte.
L’art. XXIV del GATT ’47 esprimeva una sorta di “clausola di compatibilità” con la normativa
multilaterale, degli impegni e degli specifici obblighi che le parti avrebbero potuto assumere con la
partecipazione a forme di cooperazione regionale quali
- zone di libero scambio: comporta la creazione di un’area nella quale sono aboliti i dazi interni fra
paesi che ne fanno parte ma che continuano a mantenere tariffe esterne differenziate
- unioni doganali: viene operata sia una abolizione degli ostacoli tariffari alla libera circolazione
delle merci all’interno dell’unione, sia istituita un’unica tariffa doganale esterna comune degli stati
membri dell’unione.
Il GATT lo consentiva in deroga al generale principio del trattamento della n.p.f., purchè tali
accordi contribuissero effettivamente a favorire la liberalizzazione degli scambi tra i paesi parti
dell’accordo regionale senza comportare l’innalzamento di barriere protezionistiche nei confronti di
paesi terzi.
Art. XXIV GATT : è oramai una disposizione obsoleta, superata dalla diversificata realtà del
fenomeno del regionalismo economico.
Le forme economiche che assumono gli accordi di integrazione economica sono molteplici:
• zone li libero scambio • unioni doganali • mercato unificato • mercato interno
• unione economica (e politica)
Attualmente, le norme che nell’ambito del sistema OMC regolano il fenomeno del regionalismo
economico sono almeno tre:
- art. XXIV GATT ‘94
- art. V del GATS
- enabling clause relativa agli accordi preferenziali tra i PVS
Art. XX GATT : disciplina altre eccezioni generali, relative alle misure che uno stato parte avrebbe
potuto adottare per difendere valori quali la morale pubblica, o la salute umana, o la vita vegetale o
animale o anche il suo patrimonio culturale, purchè tali misure non comportassero discriminazioni
ingiustificate o restrizioni al commercio internazionale.
Art. XXI GATT: ulteriori eccezioni in favore di misure necessarie a tutelare la sicurezza nazionale
ovvero adottate in attuazione degli obblighi stabiliti dalla Carta delle UN nel settore del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
dato con legge ordinaria; si tratta, in genere, dello stesso provvedimento che contiene
l’autorizzazione alla ratifica dell’accordo.
Una volta trasferito con l’ordine di esecuzione il trattato si impone e prevale sull’eventuale
normativa interna difforme.
L’accordo istitutivo del GATT non è mai entrato formalmente in vigore ed è stato continuativamente
applicato solo in via provvisoria; gli stati parti avrebbero potuto sempre invocare, in virtù della
clausola Grandfather, eventuali disposizioni del diritto interno per giustificare il mancato rispetto
delle regole GATT.
La Corte di Giustizia delle allora CE ha tradizionalmente negato efficacia diretta, all’interno della
Comunità delle regole del GATT dando prevalenza, in caso di contrasto, alla norma comunitaria
anche di diritto derivato.
Ulteriore elemento valorizzato dalla Corte è stato quello della “flessibilità” degli obblighi GATT, la
cui violazione non risultava accompagnata nell’Accordo da una sanzione effettiva.
I punti di debolezza sono stati superati con la conclusione, nel 1994, dell’Accordo Istitutivo
dell’OMC, che formalmente impone agli stati membri di assicurare la conformità della loro
legislazione interna con gli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Organizzazione e agli
accordi multilaterali collegati.
È inoltre venuta formalmente meno la Grandfather clause e può ritenersi definitivamente superata
la
presunta natura not-self-executing della normativa commerciale multilaterale.
Tuttavia, nonostante il tenore letterale dell’art. XVI par. 4 Statuto OMC e le innovazioni ricordate,
alcuni tra i più importanti partners commerciali hanno formalmente dichiarato, all’atto della ratifica,
di non considerare direttamente invocabili negli ordinamenti interni le disposizioni di tali trattati.
La Corte di Giustizia mostra tuttora alcune resistenze al riconoscimento dell’efficacia interna diretta
del diritto OMC
Ulteriore elemento di debolezza del GATT ’47 era costituito dalla natura dei meccanismi
disciplinati in ordine alla soluzione di eventuali controversie.
Un accordo è tanto più forte o resistente nei confronti di eventuali violazioni quanto più esso
disciplina al suo interno efficaci procedure di controllo sul rispetto degli obblighi.
L’applicazione di tali meccanismi può essere ancorata al momento della interpretazione,
considerando che l’accordo risulta tanto più efficace quanto più le regole poste vengono applicate
dalle parti uniformemente.
Il controllo può innescarsi nel momento in cui si verifica una presunta violazione del trattato ad
opera di uno stato parte, prevedendo meccanismi obbligatori di soluzione delle controversie che
insorgano tra le parti a motivo della violazione.
Tali meccanismi hanno natura diversa ed i più incisivi sono certamente quelli che fanno perno
sull’esistenza di un organo giurisdizionale che si pronunci sull’interpretazione e la corretta
applicazione della regola alla fattispecie.
Il GATT ’47 disciplinava una specifica procedura di soluzione delle controversie, attivabile dalle
parti sia quando uno stato ritenesse che un altro stato parte avesse violato una regola
dell’Accordo,
sia quando lo stato ricorrente lamentasse di aver ricevuto pregiudizio dalla condotta dell’altro stato.
La base per l’attivazione non era necessariamente l’esistenza di una violazione di un obbligo
dell’Accordo, quanto piuttosto l’esistenza di un pregiudizio che uno stato parte subisse in
conseguenza della condotta, ancorché lecita, di un’altra parte, che fosse tale da alterare la
reciprocità dei vantaggi derivanti dalla partecipazione all’Accordo.
Veniva allora costituito un panel con il compito di esaminare le questioni di fatto e di diritto relative
alla controversia e di indicare i termini per una soluzione; il panel presentava il suo rapporto sia
agli
stati parti della controversia sia alla Conferenza degli stati parti.
Il rapporto non era obbligatorio per le parti in controversia finchè non fosse stato approvato
all’unanimità dalle parti (compreso lo stato soccombente!).
La membership
a) L’allargamento ai paesi socialisti
Nel 1947 facevano parte del GATT i principali paesi occidentali ed i paesi membri del
Commonwealth britannico.
La situazione muta in conseguenza di due fattori: il processo di decolonizzazione che ha dato vita
a
numerosi stati indipendenti e l’ingresso dei paesi socialisti (rimasti a lungo fuori dal GATT).
Il loro ingresso si registra a partire dagli anni ’60 con Romania, Jugoslavia,Polonia ed Ungheria; la
loro partecipazione poneva problemi di coerenza interna della complessiva disciplina del
commercio internazionale a causa della sostanziale incompatibilità di sistemi economici pianificati
con i principi e le regole del libero commercio globale.
Si adottarono soluzioni specifiche nei Protocolli di adesione consentendo a questi paesi
un’applicazione assai flessibile delle regole generali.
b) L’ingresso dei PVS
Altro problema che si pose a partire dagli anni ’60 fu il fenomeno della decolonizzazione.
Prima che si avviasse questo processo di “accesso di massa” all’indipendenza, era stata prevista e
disciplinata nel GATT una condizione di membership particolare per quei territori che avessero col
tempo raggiunto l’indipendenza.
Art. XXVI Accordo Generale: consente ai paesi di nuova indipendenza una forma di partecipazione
semplificata, che aggira la procedura di adesione, sulla base di una dichiarazione dello stato
responsabile.
Lo stato di nuova indipendenza era lasciato libero di definire la sua adesione successivamente,
potendo prendere parte come osservatore ai lavori del GATT e venendo richiesto di applicare solo
alcune disposizioni dell’Accordo.
1964: revisione formale del GATT, si aggiungono ai 35 articoli originari altri 3 articoli riguardanti
l’integrazione dei PVS; si tratta di disposizioni redatte in modo alquanto generico, che esprimono a
carico delle parti obblighi di carattere programmatico riconducibili al principio di non
reciprocità i paesi sviluppati si impegnavano a non pretendere la reciprocità relativamente agli
impegni di riduzione tariffaria assunti nei confronti dei prodotti provenienti dai PVS; la
realizzazione della non reciprocità era però lasciata agli sforzi “conscious and purposeful” delle
parti contraenti.
Nel 1964 viene convocata per la prima volta l’UNCTAD (Conferenza delle UN sul commercio e lo
sviluppo) con l’obiettivo di individuare principi e regole per la conduzione dei rapporti
commerciali tra gli stati che fossero alternativi rispetto ai principi liberisti del GATT’4
L’UNCTAD era stata originariamente concepita in funzione alternativa rispetto al GATT ’47, nei
cui principi i PVS non si riconoscevano.
Essa venne trasformata in organo sussidiario dell’Assemblea Generale (ris. 1995/1964).
Ad essa si deve l’elaborazione delle Dichiarazioni di principi adottate dall’Ass.Gen. intorno agli
anni ’60-’70 sul NOE.
Due conferenze (1992-1996) hanno fatto si che l’UNCTAD abbandonasse l’attività quasi normativa
sviluppata dedicandosi piuttosto ad attività di studio e assistenza tecnica agendo di concerto con il
GATT, poi OMC.
All’UNCTAD si deve la formulazione di un sistema di preferenze generalizzate in favore dei PVS,
consistente nella concessione da parte dei paesi industrializzati, senza reciprocità e senza
discriminazione, di esenzioni o riduzioni tariffarie per singoli prodotti.
Approvato nel 1968 e specificato nel 1970 il sistema di preferenze generalizzato è stato poi
adottato
dai paesi parti del GATT nel 1971 i quali hanno formalmente introdotto una deroga all’art.1
Accordo Generale concernente il trattamento della n.p.f.
1979, Tokyo Round: deroga permanente all’art.1 Accordo per trattamenti preferenziali riservati ai
PVS.
Il nuovo sistema nato nel 1994 abbandonerà il principio della non reciprocità nei confronti della
categoria dei PVS, puntando ad una integrazione piena di questi paesi nel sistema multilaterale
degli scambi
Tali accordi sono contraddistinti dal single undertaking cioè costituiscono un pacchetto
negoziale unico
Gli Accordi Plurilaterali sono degli accordi sui quali non è stato raggiunto il consenso di tutti gli
stati; presentano la caratteristica di poter essere accettati o meno dagli stati senza che questa
circostanza, o l’eventuale recesso dello stato da uno di tali accordi, abbia conseguenze sulla
partecipazione all’OMC.
Tali accordi sono regolati, in caso di controversie, dall’Intesa (DSB).
Clausola di Opting-Out : gli stati membri possono dichiarare di non ritenersi vincolati al rispetto
degli impegni derivanti dai singoli accordi multilaterali nei confronti di un altro stato; si applica
all’intero pacchetto degli accordi multilaterali, con l’eccezione dell’Intesa e del Meccanismo di
controllo
Nel corso dell’Uruguay Round erano emersi alcuni problemi relativi ad aspetti e fattori non
commerciali, ma correlati con gli scambi internazionali nella misura in cui possano
falsare/interferire la liberalizzazione degli scambi.
Uno di questi era quello di cui la ITO, nel 1947, dichiarava di volersi occupare , cioè lo
sviluppo del
pieno impiego ed il rispetto di condizioni eque di lavoro.
Se è vero che il lavoro non è una merce, è indubbio d’altro canto che il costo della
manodopera è
uno dei fattori della produzione che incide significativamente sul prezzo finale del prodotto.
Alcuni paesi (USA,FR,UE) avevano avanzato proposte perché l’ITO affrontasse il nodo
delle
garanzie fondamentali del lavoro nell’ambito di un sistema di scambi liberalizzati su scala
globale.
Tuttavia questa posizione non fu sostenuta dai PVS i quali avevano ed hanno interesse ad
attirare la
produzione delle multinazionali nei loro territori.
Nonostante questa disparità va detto che lo sviluppo normativo che si è avuto nel settore
“tutela dei
diritti umani”, accompagnato da una corrispondente presa di posizione dei governi, è valso
ad
individuare taluni diritti fondamentali dei lavoratori, i cosiddetti core labour standards.
Un’altra questione nell’ambito dei c.d. non trade values (cioè valori non commerciabili,ma
suscettibili di essere coinvolti nei rapporti commerciali) era quella delle ricadute delle
normative
interne ed internazionali di tutela ambientale.
Gli stati possono decidere autonomamente, nell’esercizio della propria sovranità, qual è il
livello di
tutela della salute pubblica o di altri valori sociali e di sviluppo che intendono assicurare
nell’immissione in commercio dei prodotti.
A sua volta, la normativa statale in materia di tutela può riguardare le caratteristiche del
prodotto in
sé o il processo di produzione chiedendo che alcuni elementi del processo di
fabbricazione o
l’impiego di certi addittivi/ormoni vengano, per es., indicati sull’etichetta.
Eventuali misure interne o in esecuzione di trattati internazionali che abbiano effetti
extraterritoriali
costituendo ostacoli o difficoltà all’ingresso di prodotti esteri, ove non riconducibili alle
eccezioni
generali ex art. XX, possono tradursi in violazioni dei principi fondamentali del commercio
La membership
Possono entrare a fare parte dell’OMC anche territori doganali separati che godano di piena
autonomia nelle relazioni esterne ed in particolare nelle materie governate dagli accordi.
Membri Originari dell’OMC sono quegli stati che, parti del GATT’47 nel momento dell’entrata in
vigore dell’Accordo Istitutivo OMC (1/1/1996), avevano espressamente accettato tale accordo.
Si entra a far parte del sistema sulla base di un accordo di adesione negoziato con l’OMC,
approvato dalla Conferenza con i 2/3 ed accettato, con la procedura interna, dallo stato aderente.
Il recesso: è su base volontaria ed è disciplinato dall’art. 15 richiede allo stato membro di
comunicare per iscritto al Direttore Generale l’intenzione di recedere.
6 mesi dopo il recesso si perfeziona con riguardo a tutti i trattati ricompresi nel single undertaking.
È prevista anche una forma di recesso obbligatorio, che può essere imposto dalla Conferenza
Ministeriale allo stato che non abbia accettato eventuali emendamenti adottati a maggioranza.
Partecipazione “attenuata “ all’OMC: lo stato interessato può godere dello status di osservatore per
5 anni, rinnovabile a certe condizioni dal Consiglio
Art. XI Accordo Istitutivo: annovera tra i membri originari “the European Communities”
(malgrado
non sia mai stata formalmente parte del GATT’47).
Nel 1957 gli stati firmatari del Trattato di Roma erano già tutti parti del GATT’47; tale
situazione
risultava disciplinata dall’art. 234 Trattato di Roma (ora 351 TFUE), relativo al rapporto tra
gli
obblighi che tali stati avevano assunto nei confronti di stati terzi (in materie rientranti nella
competenza delle Comunità), sulla base di accordi precedenti il 1/1/1958.
Sul piano GATT’47, la condizione di particolare favore che i paesi si riconoscevano
nell’ambito
CEE era legittimata dall’art. XXIV concernete le unioni doganali e le aree di libero
scambio.
1968: con l’ introduzione della tariffa esterna comune ed il perfezionamento del mercato
unico, la
competenza della Comunità nei settori commerciale tariffario diviene esclusiva.
Si era così realizzata, de facto, una piena ed effettiva sostituzione della Comunità agli stati
membri;
tuttavia tale adesione non si era mai formalizzata in una adesione.
Parere n.1/94 Corte di Giustizia : la Commissione sosteneva che, avuto riguardo allo
sviluppo delle
competenze materiali della Comunità e all’ambito di applicazione della normativa
multilaterale sul
commercio, solo la Comunità sarebbe dovuta entrare a far parte dell’Organizzazione.
Nell’opinione del Consiglio sussistevano giustificati dubbi sulla esclusiva competenza
comunitaria
relativamente alle materie disciplinate dal GATS e TRIPs ; secondo il Consiglio, sel settore
dei
servizi, accanto ad una competenza della Comunità in ordine ai servizi prestati in modo
transfrontaliero, sussisteva una indubbia competenza degli stati relativamente ai servizi
forniti.
La Corte di Giustizia appoggia la tesi del Consiglio; pertanto sia Stati che Comunità
avrebbero
dovuto sottoscrivere gli Accordi di Marrakech, assumendone i relativi obblighi, ciascuno
nell’ambito delle rispettive sfere di competenza.
Ma il trattato Istitutivo OMC ed Accordi Multilaterali collegati costituiscono un pacchetto
negoziale unico.
In conseguenza di ciò la Comunità è diventata parte nel 1995, come membro originario,
dell’Accordo Istitutivo OMC e degli altri 5 Accordi, al pari degli stati membri.
Le trattative per l’ingresso della Repubblica popolare cinese sono state lunghe e
complesse: avviate
nel 1987 si sono concluse nel 2001.
I fattori del ritardo sono di due tipi:
A) Fattori economici: le difficoltà erano date dalla peculiare struttura del paese,
contrassegnata da
un controllo prevalentemente pubblico delle attività produttive e dalla scarsa trasparenza
delle
misure di ordine legislativo e regolamentare disciplinanti a livello interno gli scambi.
Anche dopo due significative riforme (1978-1997) l’apertura della Cina agli scambi
internazionali
si è sviluppata maggiormente nel senso di favorire le esportazioni.
B) Fattori politici: tutto ruota intorno alla famosa questione cinese, cioè le conseguenze
della
vittoria della rivoluzione Maoista nel 1949-1950. (vedi pagina 303-304
Principi generali comuni del commercio int(GATT;GATs)
principi generali alla base del commercio internazionale sono gli stessi che erano alla base del
GATT’47.
Questi principi vincolano allo stesso modo, sulla base del single undertaking approach, tutti gli stati
membri, paesi industrializzati e PVS.
A questi ultimi viene riservata l’assistenza tecnica del segretariato ed alcune deroghe temporanee
nonché alcune concessioni nell’applicazione di talune regole generali.
L’Accordo Istitutivo dell’Organizzazione riconosce formalmente i PMA (Paesi Meno Avanzati); essi
sono individuati secondo crateriche fanno perno
a) PIL pro-capite al di sotto dei 750 dollari annui
b) debolezza del paese in termini di risorse umane in relazione a parametri come
salute/educazione/alfabetizzazione
c) vulnerabilità economica del paese.
Ai PMA può esser richiesto di assumere impegni e di fare concessioni solo in misura compatibile
con il livello del loro sviluppo economico, con le loro capacità istituzionali e le loro specifiche
necessità finanziarie.
I principi comuni sono quello di non discriminazione e reciprocità.
• GATT’94
GATS
È un accordo del tutto nuovo che governa la liberalizzazione degli scambi dei servizi su scala
mondiale; è costituito da una serie di principi di applicazione generale che si impongono
automaticamente a tutti i paesi membri e a tutti i servizi, e da obblighi specifici settoriali il cui
ambito è limitato al settore per il quale il paese ha inteso sottoscrivere tali impegni.
Sono inoltre parte integrante dell’Accordo alcuni allegati che definiscono regole specifiche relative
a singoli settori.
Tra i principi di carattere generale figurano il trattamento della nazione più favorita ed il principio
della trasparenza.
• TRIPs
L’accordo sugli aspetti commerciali relativi alla proprietà intellettuale è stato concluso a Marrakech.
Questo rappresenta un importante pilastro del sistema OMC, nonché, insieme al GATS, uno dei
risultati più importanti conseguiti dall’Uruguay Round.
Tutti gli aspetti della proprietà intellettuale sono stati inseriti in uno strumento pattizio multilaterale,
che ha come obiettivo quello di evitare che una tutela inadeguata dei diritti di proprietà intellettuale
integri un ostacolo al commercio internazionale
Rappresenta l’unico esempio di accordo che propone un modello di integrazione positiva: non
impone solo obblighi di non facere, ma definisce il contenuto positivo della disciplina che gli stati
sono tenuti ad adottare nei rispettivi ordinamenti.
Sono fissati standard minimi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale.
Prima parte: definisce l’applicazione, nella specifica materia, dei principi generali del commercio
internazionale
Seconda parte: fornisce una disciplina specifica in relazione ai diritti di proprietà intellettuale
tutelati (diritti d’autore,brevetti,marchi,disegni industriali,ecc…)