Sei sulla pagina 1di 62

Corso di Finanza aziendale, Massimo Giardina

05.10

Quali sono le tre grandezze che caratterizzano le dinamiche funzionali dell'impresa?

• Reddituale: cosa è accaduto in un periodo distinto,


• Patrimoniale: cosa c'è in un dato momento in un’impresa,
• Finanziaria: la cassa è un indicatore importante dell'azienda.

Le forme di finanziamento

• Finanziamento interno: può nascere dal disinvestimento - tutto ciò che per esempio riguarda la gestione
accessoria, nel momento in cui ho bisogno di liquidità, può contribuire. Tutto ciò che la gestione è in grado di
creare in termini di flussi di cassa, le entrate e le uscite e non i costi e i ricavi.
• Finanziamento esterno: nasce da elementi non appartenenti alla sfera giuridica dell'impresa. Possiamo
distinguere ad un estremo il capitale di rischio ed all’altro il capitale di debito. Gli strumenti ibridi, normalmente
utilizzati in ambito anglosassone e statunitense, si collocano ad un livello di rischiosità medio. Tra questi ultimi
troviamo le obbligazioni, strumenti con cui l’impresa si indebita a lungo periodo con il mercato.

09.10

La riclassificazione del bilancio

Lo Stato patrimoniale riclassificato

Lo stato patrimoniale, ai sensi della legge italiana, è uno dei documenti contabili che compongono il cosiddetto bilancio
d'esercizio. Esso definisce la situazione patrimoniale di una società in un determinato momento individuato come la data
di chiusura dell'esercizio.
Lo Stato patrimoniale è diviso in due sezioni, quella dell’attivo e del passivo. La sezione dell’attivo è costituita da:

• Crediti verso soci;


• Immobilizzazioni: materiali, immateriali e finanziarie;
• Attivo circolante: rimanenze, crediti, attività finanziarie che costituiscono immobilizzazioni, disponibilità liquide;
• Ratei e risconti.

La sezione del passivo, invece, è costituita da:

• Patrimonio netto;
• Fondi per rischi e oneri;
• Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato;
• Debiti;
• Ratei e risconti.

Lo stato patrimoniale così costituito non riesce a darci informazioni però preziose, in quanto non permette di osservare
aspetti insiti nell'azienda, che non sono direttamente rilevabili dallo schema richiesto dal codice civile.
Tale schema civilistico può essere rivisto e riclassificato secondo due diversi criteri, in base ai quali cambia il modo di
interpretare l’azienda:

• Liquidità: elemento discriminante è il tempo , ovvero le scadenze;


• Pertinenza gestionale: elemento discriminante è la natura. Un debito verso banche non è come un debito verso
fornitori: il primo è oneroso, produce interessi negativi per la banca, costa e ha incidenza; il secondo non è di
natura finanziaria, non è oneroso, nasce dalla gestione operativa.

Stato patrimoniale riclassificato secondo criterio della Liquidità :

La contrapposizione tra le sezioni dell’attivo e del passivo permane. Si riaggregano e ridistribuiscono le voci secondo la
loro scadenza.

• Attività di breve termine:


o Liquidità immediate: cassa e titoli in scadenza a breve termine -entro l'esercizio;
o Liquidità differite: crediti ed effetti;
o Disponibilità: rimanenze, ratei e risconti attivi.

• Attività di lungo termine:


o Immobilizzazioni:
~ Materiali: beni, come i capannoni, di natura duratura;
~ Immateriali: i brevetti;
~ Finanziarie: le partecipazioni, ovvero le quote che una azienda compra di una seconda.

• Passività di breve termine:


o Debiti a breve termine: fornitori, banche, tributi;
o Ratei e risconti passivi.

• Passività di lungo termine:


o Debiti a lungo termine: mutui, tributari, ..
o Obbligazioni
o Trattamento di fine rapporto.
• Patrimonio netto (= Equity)
o Capitale, riserve, utili.

Stato patrimoniale classificato secondo il criterio della pertinenza gestionale:

La contrapposizione tra le sezioni dell’attivo e del passivo permane. Si riaggregano e ridistribuiscono le voci secondo la
loro natura.

• Attività correnti:
o Crediti commerciali: i crediti verso clienti, quei crediti che nascono dalla fatturazione, dai ricavi. Si vende
un bene con pagamento differito, principalmente in ottiche di B2B e non di B2C.
o Rimanenze: le giacenze di magazzino, quali le materie prime, i semilavorati, i prodotti finiti;
o Ratei e risconti attivi.

• Passività correnti:
o Debiti commerciali: acconti, che si costituiscono del pagamento anticipato di una parte dell'importo. E’
un debito poiché il fornitore riceve dal cliente del denaro, ma non vi è ancora stato il passaggio della
merce e di conseguenza la fattura che definisce il passaggio di proprietà di quel bene dal fornitore al
cliente. Se l'ordine dovesse venire meno, il fornitore sarebbe costretto a restituire l'importo, che a lui
serviva come garanzia. Dopo la fatturazione non sarà più un debito, ma diventerà un flusso di cassa
incamerato. Non si tratta solo di acconti, ma anche di fornitori, tributi, verso partecipate, .. Queste sono
tutte voci di natura operativa, sono dinamiche quotidiane;
o Ratei e risconti passivi.

Andiamo a rilevare tutte le operazioni di natura operativa, cioè che concorrono a sviluppare la nostra attività di impresa
principale.

La differenza tra queste due sezioni (attivo corrente e passivo corrente) genera il Capitale circolante netto commerciale
(CCNC), o Operating working capital.
È uno strumento di valutazione aziendale molto importante, perché indica l'attivo corrente al netto del passivo corrente.
Il suo significato economico si esprime come l'investimento, se il saldo è positivo, o il finanziamento, se il saldo è
negativo, determinato dalla gestione corrente.

Operating working capital


+ immobilizzazioni tecniche
+ immobilizzazioni materiali
Investimenti strutturali
- trattamento di fine rapporto (TFR)
- altri fondi
Passività strutturali

= Capitale Investito Operativo Netto, o Net asset

Net asset

Rappresentano le risorse necessarie per il funzionamento dell'impresa, senza le quali questo non risulta possibile.
Indicano i capitali necessari per far funzionare l'impresa.

Le risorse, dal punto di vista finanziario, possono essere approvvigionate attraverso:

• Capitale proprio, o Equity;


• Posizione finanziaria netta (PFN), data dalla somma algebrica tra le attività e le passività finanziarie, che esprime
l'indebitamento netto dell'impresa. Un valore positivo indica che c'è un indebitamento, mentre un valore
negativo indica un'abbondanza di cassa.

Uno sguardo di sintesi


L’attività di impresa deve essere finanziata. In che modo? Si possono distinguere:

• Finanziamenti a titolo oneroso, quali i debiti verso banche, il capitale proprio, le obbligazioni;
• Finanziamenti a titolo gratuito, quali i debiti verso fornitori.

Vi sono voci che assorbono liquidità e altre che si muovono in senso contrario. Le voci dell'attivo corrente, tra cui i
crediti, le giacenze di magazzino, .. assorbono cassa, mentre le voci del passivo corrente, tra le quali i debiti verso
fornitori, generano cassa.
Maggiore è la mia forza contrattuale, più tardi pago, meglio è per me: si tratta di un finanziamento senza costi con un
fornitore, al contrario di quanto avviene con la banca.

Procedendo con la riclassificazione, avremo:

L'azienda A e B hanno il medesimo livello di capitalizzazione, ma l'azienda A riesce meglio a gestire la propria attività di
impresa perchè utilizza meno risorse onerose di terzi, infatti è meno impegnata con il sistema bancario, che incide sui
costi. L'attivo di un'azienda assorbe la cassa e deve essere ottimizzato, mentre per le passività il processo è contrario:
vanno massimizzate.

12.10

Il conto economico riclassificato

Anche il conto economico può essere riclassificato per dare informazioni aggiuntive circa la gestione di un’impresa.

Nella riclassificazione vengono poste in evidenza le cinque gestioni che formano il risultato di esercizio, ovvero che
concorrono alla formazione del reddito di impresa:
• Gestione caratteristica: la gestione di costi e ricavi necessari a realizzare il prodotto o servizio;
• Gestione finanziaria: stiamo parlando di conto economico, costi e ricavi, non di stato patrimoniale, quindi oneri e
proventi finanziari.
• Gestione accessoria: Proventi non direttamente legati alla gestione caratteristica, per esempio la locazione,
ossia l’affitto di un locale.
• Gestione straordinaria: evento non ordinario, non ripetitivo, accade una tantum. Può coinvolgere anche fatti che
comprendono elementi della gestione caratteristica o finanziaria, che per il solo fatto di essere straordinari
rientrano in questa categoria.
• Gestione fiscale: tributi e tasse.

La riclassificazione del conto economico può seguire due diversi criteri:

• Criterio a valore aggiunto;


• Criterio del costo del venduto (o funzionale).

Conto economico a valore aggiunto

• Il valore aggiunto mette in luce quanto valore l'azienda è stata in grado di aggiungere alla materia prima e a tutte
le condizioni acquisite all'esterno tramite il processo di trasformazione.

• L'Ebitda (Earning Before Interest, Taxes, Depreciation and Ammortizzation) è il margine operativo lordo (MOL) e
esprime il reddito operativo dove sono considerati solo i costi monetari della gestione caratteristica. E' un valore
importante perchè mette in luce la bontà della prestazione finanziaria caratteristica.
• L'Ebit (Earning Before Interest and Taxes) è il risultato finale della gestione operativa. A differenza dell'Ebitda
comprende anche i costi non monetari, ovvero gli ammortamenti ed è il valore che meglio esprime le
performance della gestione caratteristica tout court.

Conto economico a costo del venduto e ricavi

Gli ammortamenti rappresentano costi non monetari, perché il costo non coincide con l'uscita monetaria, ma è una
decisione a priori di qualcosa che può essere gestito in modo polivalente.

16.10

Gli indici di valutazione aziendale

Gli aggregati individuati nella riclassificazione di bilancio di esercizio (EBITDA, EBIT, ..) possono essere presi a
riferimento e rapportati tra di loro. Gli indici che risulteranno saranno degli indicatori in grado di fornire indicazioni a
coloro che necessitano di un giudizio sintetico dell'azienda in analisi.
Gli indicatori tradizionali possono essere suddivisi in tre categorie: redditività, liquidità e solidità patrimoniale.

I quozienti di bilancio non possono rappresentare la totalità e la complessità dell'azienda, nonostante rappresentino dei
validi strumenti per la comprensione delle dinamiche aziendali. Essi presentano dei vantaggi, quali:

• Valori sintetici;
• Completezza;
• Buona misurabilità,

ma anche degli importanti svantaggi, ovvero:


• Bassa tempestività: si parla di qualcosa che non solo è iniziato, ma si è anche concluso, ovvero di dati riferiti al
passato;
• Informazioni consuntive;
• Basso orientamento al medio-lungo periodo: non si tratta di dati previsionali.

Indicatori di redditività

La redditività indica la capacità dell'impresa di generare profitto / ricchezza.


I quozienti reddituali misurano le performance economiche dell'impresa (dinamica reddituale, costi e ricavi). La
dimensione reddituale permette di misurare la capacità di remunerare adeguatamente i fattori di produzione utilizzati,
ovvero tutto ciò che concorre alla gestione dell'impresa. Il fatto che io come impresa mi muova ha una logica di profitto,
in un'ottica profit-oriented.

Tra gli indici più importanti troviamo il ROE, Return On Equity (quanto l’equity è in grado di generare in termini di
ricchezza). Questo misura il rendimento annuale degli azionisti, ossia la remunerazione del capitale azionario (versato).
Per l'azienda è una componente di costo variabile, più precisamente rappresenta il costo del capitale proprio.

Un altro importante indicatore di redditività è il RONA, Return On Net Asset. Le risorse necessarie per finanziare l'attività̀
di impresa, ovvero i Net Asset, vengono rapportate a un altro aggregato, l'EBIT, o risultato operativo, che consiste nella
ricchezza prodotta dall'attività̀ di impresa. I Net Asset rappresentano il capitale investito, e si ricavano dalla somma della
posizione finanziaria netta (misurazione algebrica: la somma dei crediti di tutte le posizioni finanziarie che l'azienda ha nei
confronti di terzi, alla quale vengono sottratti i debiti di natura finanziaria, che producono oneri finanziari, ovvero costi per
l'azienda) e dell’equity. Al fine del pieno funzionamento di un’azienda ho bisogno di un quantitativo di soldi pari ai Net
Asset.
Questo indicatore permette dunque di capire quanto quelle fonti che hanno contribuito in modo esaustivo al
finanziamento della mia impresa hanno prodotto in termini di ricchezza, in termini reddituali; andiamo cioè a vedere
quanto ciò che hanno fornito tutti i ''contribuenti" ha contribuito all'attività di impresa e soprattutto alla generazione di un
risultato in valore e ricchezza.
Se la componente del debito è alta, una buona parte della ricchezza prodotta andrà alle banche. La remunerazione delle
banche non equivale a quella degli azionisti, ma rientra negli oneri finanziari, che sono fissi, al contrario degli utili.
Poniamo il caso che un’azienda abbia bisogno di € 100.000 e si rivolga ad una banca, al fine della concessione di un
prestito e poniamo che la banca in questione ponga un tasso di interesse annuale pari al 7%: qualunque sia la ricchezza
prodotta dall’azienda, alla banca spetterà questa determinata percentuale.

Domanda di esame: rapporto ROE/RONA e il concetto di leva finanziaria.

Indicatori di liquidità (o solvibilità)

Tramite gli indicatori di liquidità viene analizzata l’attitudine dell'impresa a far fronte agi impegni di pagamento. L'impresa
deve capire le proprie possibilità per mezzo delle risorse finanziarie a sua disposizione.

All’interno di questo gruppo di indicatori troviamo l’Indice di disponibilità. Si tratta di una riclassificazione a criterio
temporale, che al numeratore considera le attività immediate (cassa) e le differite (crediti, effetti, scorte, ..: disponibilità
non immediate come il contante, ma che successivamente si trasformeranno in liquidità, per esempio il magazzino), cioè
tutte le voci dell'attivo in grado di trasformarsi nel breve periodo in liquidità. Se il risultato è >1 l'azienda è capace di
soddisfare gli impegni finanziari a breve.
Un secondo indicatore è costituito dall’Indice di liquidità. Il precedente indicatore, l’Indice di disponibilità, può essere
affinato ulteriormente sottraendo al numeratore le rimanenze: si rappresentano così in modo più puntuale le componenti
dell’attivo disponibili a soddisfare le esigenze di breve periodo.
Consideriamo ad esempio il negozio di un fotografo che ha a magazzino 1.000 rullini, a valore di costo. Questi non si
trasformeranno mai in cassa, in quanto fuori uso, e di conseguenza devono essere svalutati. Questo ci consente di
capire che non sempre le rimanenze possono essere vendute nel mercato a prezzo pieno. Sottraendo le rimanenze, è
possibile considerare quanta cassa e quanti crediti siano effettivamente presenti. Si considerano così le quasi reali
disponibilità in proprio possesso, quasi reali perché ancora sussiste la parte dei crediti e il problema relativo alla
trasformazione delle scadenze.

Un terzo indicatore è l’Indice di liquidità immediata, che fornisce in maniera più puntuale la liquidità immediatamente
disponibile. Se suddiviso per le varie scadenze, questo indicatore mostra il livello di copertura finanziaria degli obblighi di
breve periodo.

Un ultimo indicatore è l’Indice di copertura degli oneri finanziari. Questo indice segnala in che modo l'attività̀ economica
è in grado di remunerare gli oneri pagati al sistema creditizio. Se il quoziente è pari o minore di 1 significa che la gestione
corrente non riesce a remunerare gli oneri finanziari. E' possibile usare al numeratore anche l'Ebit, ma è preferibile
l'Ebitda perchè "esprime il reddito operativo dove sono rilevati solo i costi monetari della gestione caratteristica" e quindi
meglio rappresenta le dinamiche dei flussi di cassa.

Indicatori di solidità patrimoniale

Attraverso questi quozienti si esprime la proporzione tra mezzi propri e mezzi di terzi nelle fonti di finanziamento:
debiti / equity.

Con il Leverage si evince il livello di indebitamento dell'azienda. Un quoziente alto esprime un elevato livello di
indebitamento oneroso verso terzi e una bassa solidità patrimoniale, mentre l'azienda, per essere solida, dovrebbe
essere patrimonializzata. Questo indicatore va considerato in relazione alla capacità dell'impresa di produrre ricchezza.

Oltre al Leverage è presente un altro indicatore chiamato Gearing, il quale misura la percentuale di indebitamento sul
totale delle fonti di finanziamento. Questa è la principale differenza tra i due indicatori: mentre il Leverage esprime il
rapporto tra due grandezze, il gearing dà un valore percentuale. Si individua così in che modo l'azienda è distribuita in
termini di solidità patrimoniale: un indicatore prossimo a 1 segnala un’azienda finanziata quasi interamente con capitale
oneroso.

Gli ultimi due indicatori danno informazioni preziose sulla posizione patrimoniale dell’impresa in analisi, ma per
un’azienda funzionante risulta più appropriato un ulteriore approccio.

Riprendiamo due concetti: la PFN rappresenta la posizione netta debitoria dell'impresa e si costituisce di crediti e debiti
di natura finanziaria, quindi non indirizzati a clienti e fornitori, ma a bancari, obbligazionari, .. Si tratta di soldi chiesti alle
banche; l’EBITDA (MOL) consiste invece in una grandezza economica dove sono rilevati solo i costi monetari della
gestione caratteristica. Dal loro rapporto otteniamo:

19.10

La leva finanziaria

Il valore generato dall'azienda deve essere diviso secondo i soggetti che hanno apportato capitale di rischio e di debito.
In particolare con il ROE si evince la capacità dell'azienda di remunerare il capitale proprio, mentre il RONA indica
l'attitudine dell'impresa nel generare ricchezza prima che questa venga suddivisa per remunerare i capitali utilizzati
necessari a farla funzionare.
Con gli indicatori di solidità patrimoniale si è visto in che misura la parte debitoria incide sul capitale. Risulta immediato
capire che esiste una correlazione tra reddito e solidità patrimoniale e tale legame può essere descritto attraverso il
concetto di leva finanziaria.

Se il RONA misura la capacità di impresa di generare ricchezza – scomponibile in una quota spettante ai soci ed una
spettante alle banche -, possiamo anche dire che rappresenta in termini unitari la somma tra la ricchezza prodotta per
coloro che hanno sottoscritto capitale di rischio e il rendimento per i finanziatori di capitale di debito.

Costo / Rendimento del capitale proprio - in che modo il patrimonio netto incide sulle fonti di finanziamento - :

, dove ROE = tasso di rendimento del capitale di rischio.

Costo del debito di terzi (oneroso) - in che modo il debito incide sulle fonti di finanziamento - :

, dove i = tasso di interesse applicato sul capitale di debito.

Possiamo dunque affermare che:

Partendo da questa formula, con dei semplici passaggi algebrici possiamo arrivare a definire il:
e, togliendo la gestione tributaria:

Si può stabilire una relazione tra ROE, RONA e solidità patrimoniale.

23.10

Le fonti di finanziamento sono necessarie ai fini del funzionamento dell'impresa.


Un apportatore di capitale vuole ottenere una remunerazione del capitale proprio, che corrisponde a quello che le
banche chiamano tasso di interesse. Mentre la ricchezza prodotta è modificabile, secondo variazioni non lineari, il tasso
di interesse no.

Il RONA indica in percentuale quanta ricchezza è in grado di generare il Net Asset (equity + netto del debito).
Se la ricchezza totale è la somma di due ricchezze generate, la ricchezza % è uguale alla ricchezza generata per i soci
più quella generata per gli apportatori di capitale di debito.

Modigliani e Miller: riusciamo a capire la relazione tra la solidità patrimoniale e il rendimento dell'impresa e che incidenza
hanno queste due realtà con il rendimento degli azionisti, il quale dipende dal fatto che la ricchezza generata
dall'impresa in generale deve essere per forza maggiore di quel tasso di interesse fisso – è una grandezza certa - che le
banche chiedono per i loro capitali, ovvero del costo del debito.
Quanto avanza va nelle tasche dell'azionista in modo non lineare, ma moltiplicativo, dato dalla leva finanziaria (D/E): noi
possiamo sfruttare l'indebitamento per arricchire maggiormente gli azionisti.
Se, al contrario, la ricchezza prodotta da tutta l'azienda non è sufficiente a ripagare il debito, l'azionista ci rimette.
Il D/E permette di capire che il capitale, se non è ben utilizzato e funzionale alla generazione di un rendimento, viene
utilizzato male.

Prendiamo due aziende:


A. La prima ha un Equity di 100, un Utile di 20 = ROE 20%. Inoltre ha un Debito di 100 ed un EBIT di 30 = RONA 15%
B. La seconda ha un Equity di 10, un Utile di 20 = ROE 200%. Inoltre ha un Debito di 190 ed un EBIT di 30 = RONA =
15%.
Le due aziende, nel caso A e nel caso B, hanno la medesima capacità gestionale, ossia la medesima capacità di
generare ricchezza: 30 in linea generale e 20 per gli azionisti. Il RONA, rapporto EBIT/Net Asset, è sempre al 15%, ma
c'è una sostanziale differenza: l'azienda B rende più felici gli azionisti, grazie ad un rendimento del 200%: è infatti il ROE
ad esprimere la ricchezza generata per gli azionisti.
Cosi si spiega il concetto di leva finanziaria secondo Modigliani-Miller.

ha un effetto moltiplicativo sul ROE, dato dal rapporto di leva finanziaria.

Tanto questo rapporto è maggiore, tanta è l'incidenza che la ricchezza generata dall'impresa al netto del tasso di debito
andrà a generare nei confronti degli azionisti: se la ricchezza generata è stata realizzata quasi ed esclusivamente grazie
alla fonte finanziaria chiamata debito, tutta la ricchezza che avanzerà una volta pagato il tasso di interesse fisso andrà a
finire nelle tasche dell’azionista.

Questo si verifica nel caso in cui RONA > i. Al contrario, se RONA < i si avrà il medesimo effetto leva, che a noi piaceva
nel momento in cui si generava ricchezza e andava a generare una ricchezza moltiplicata per l'azionista, in negativo.
Si pensi ad un'azienda con 10.000€ di Capitale sociale, una s.r.l. Questa azienda viene fatta girare bene e rende
200.000€ di utile; se si riesce a far girare l'impresa, magari con un capitale circolante molto basso e Net Asset ristretti e
con un minimo indebitamento bancario, ci si trova in una situazione ottimale.
Ma se in una seconda ipotetica situazione si versano 200.000€ e l’utile annuale è di 3.000€, in base a quanto versato il
rendimento è minimo. Prima che si riesca a guadagnare una somma almeno corrispondente al capitale versato passerà
molto tempo. Al contrario, chi ha versato 10.000€ ed ha un utile pari a 200.000€, guadagna moltissimo.
Questo è un esercizio teorico.

Il concetto di leva finanziaria è importante per due ragioni:


1. Ad ogni unità di capitale proprio investito, attraverso il ricorso al capitale di debito è possibile massimizzare il
rendimento (dell'azionista) in misura pari al livello di Leverage, cioè D/E. È un effetto moltiplicativo del rendimento per
l'azionista.

2. Se RONA - i dà un valore negativo, il debito produce una situazione negativa per l'azionista in misura pari al livello di
Leverage. Si perde capitale in maniera moltiplicativa. Non conviene pertanto indebitarsi quando il valore generato è
inferiore al tasso pagato sui debiti (RONA-i).
Questo è il motivo per cui in un periodo di crisi aziendale il tempo non è lineare, ma l'erosione di capitale ha valore
moltiplicativo. La crisi alimenta in maniera esponenziale altra crisi e la perdita ha capacità di erosione del capitale molto
veloce. Le crisi vanno pertanto tamponate immediatamente, anche con soluzioni drastiche: taglio del personale,
razionalizzazione dei costi, ..
Questo è un ragionamento pratico.

Il modello Modigliani-Miller: Ogni unità di capitale deve essere funzionale alla generazione della ricchezza. Il debito può
aiutare in qualche modo: un'azienda senza debito è buona sotto certi profili, ma non sta facendo probabilmente
investimenti. Non avere mutui, leasing, etc. significa essere un'azienda ferma e quindi una azienda fissa nel presente ma
senza sguardo sul futuro, quindi magari oggi ha requisiti di redditività e patrimoniali buoni, ma ciò non significa che
possa permanere nel breve e lungo periodo. Non guardare al futuro, non adattarsi al mercato e alle sue richieste, è fonte
di rischio. Si pensi alla Kodak, che negli anni 80 era una azienda pazzesca nel settore dell'analogico; con l'arrivo del
digitale non si è adeguata, ha subito vari tagli ma non ha resistito ed è entrata in fallimento.
Bisogna acquisire capacità manageriali, l'uso della leva finanziaria rientra qui, ma non indebitarsi all'infinito. Un
indicatore ai fini della valutazione della propria posizione è il capitale circolante: finché questo viene finanziato in modo
autonomo attraverso la cassa va bene, ma nel momento in cui si inizia a dover usufruire del credito bancario per far
fronte ai debiti verso i fornitori, gli stipendi, l’IVA, le tasse, i debiti a breve periodo, bisogna iniziare a prestare attenzione.
Questi tipi di finanziamenti inoltre costano più di un mutuo o un credito a medio-lungo periodo.
Le aziende americane si indebitano se devono fare degli investimenti, non per pagare i fornitori o i dipendenti, perchè
questa è una patologia. Il pagamento dei dipendenti non può dipendere dal pagamento a fine mese di una commessa;
può succedere che un cliente non paghi, ma non possiamo per questo non pagare i dipendenti. Manca una variabile
nella formula, la variabile rischio. Una variazione di fatturato o di RONA da un anno all'altro può creare problematiche
rilevanti.

Il modello di leva finanziaria di Modigliani e Miller è un esercizio teorico. Bisogna collocarsi nel reale e in particolare in
una serie temporale dove i valori cambiano. In merito a come e quanto è opportuno indebitarsi, le diverse dottrine
economiche si sono espresse nel corso degli anni: da una parte risiede la solidità patrimoniale, dall’altra l’opportunità di
massimizzare il reddito per l’azionista. In modo sintetico possiamo affermare che ai fini di una sana e prudente gestione
e ai fini del rischio per tutti i soggetti coinvolti, ovvero gli azionisti e le banche, è opportuno che una sana gestione tenda
ad autofinanziare il debito relativo al CCNC, dato da debiti vs fornitori, vs dipendenti, di lavoro, tributari, .., mentre a
ricorrere al mercato del debito per gli investimenti, per esempio per l’acquisto di un nuovo macchinario ai fini
dell’aumento della capacità produttiva, anche se questa non è una regola.

La sottocapitalizzazione delle imprese, che si traduce in un Equity molto basso, è una problematica per le aziende
italiane, poiché ha indotto il sistema delle imprese italiano ad essere estremamente dipendente dal sistema bancario: il
nostro sistema è bank-oriented e non market-oriented, tutto gravita intorno alla banca.
All’interno di un’azienda, una situazione interessante vede il Capitale circolante finanziato dall'Equity e la parte strutturale
– sia le immobilizzazioni tecniche, sia il TFR, i vari fondi, .. - finanziata dal Debt. Questa è un'ottima soluzione, poiché da
un lato senza parte strutturale l'azienda non si muove in positivo, e dall'altra parte si pone una posizione debitoria sugli
investimenti e non sul circolante, dove ogni minima variazione potrebbe arrecare dei danni.
Se la quota di circolante è estremamente bassa e si fa girare adeguatamente l'azienda, cioè si pagano i fornitori in un
periodo mediamente più lungo rispetto a quello in cui vengono incamerati i propri crediti, se le giacenze di magazzino
sono ottimizzate, etc., questa è tutta capacità di gestione dell'impresa e ad un minore valore di working capital può
corrispondere una maggiore remunerazione del capitale investito.

I flussi di cassa

Entriamo nel dettaglio di come si vadano a calcolare e prevedere le entrate e le uscite di una azienda.
Questo è estremamente importante perché in base alla gestione dei flussi di cassa si riesce a capire in modo
microscopico, nel dettaglio, come sta andando l'azienda che osserviamo.

Differenze flussi di cassa / flussi economico-reddituali? Se non ci fosse differenza troverei tutto in conto economico. Ma
a me interessa andare a vedere una dinamica finanziaria, legata alle entrate e alle uscite, che non sempre coincidono
con i costi e i ricavi.

Come analizzato nella riclassificazione del Conto Economico, si possono suddividere gli effetti prodotti dalle singole aree
di gestione sull’ammontare delle risorse liquide trattenute nell’impresa.
Quando si parla di aree di provenienza e di destinazione dei Cash Flow ci riferiamo a quei comparti che sono
espressione sintetica di attività che possono generare o assorbire moneta. In particolare, abbiamo:

• Cash Flow della gestione corrente;


• Cash Flow della gestione degli investimenti;
• Cash Flow della gestione finanziaria;
• Cash Flow della gestione accessoria.

Cash flow della gestione corrente

Andiamo a vedere ciò che riguarda la gestione corrente, già vista nella riclassificazione dello stato patrimoniale per
pertinenza gestionale. Avevamo visto le voci di attivo e di passivo correnti, che andavano a toccare la nostra operatività
e non tutta una serie di altre voci, per esempio quelle finanziarie.

I ricavi e i costi monetari si differenziano dai non monetari perché hanno o avranno una relativa manifestazione
finanziaria, ci sarà una corrispondenza tra entrate e uscite relativamente per ricavi e costi.
A tal fine è utile riprendere le differenze già analizzate tra EBIT ed EBITDA: il secondo tiene in considerazione solo i costi
di natura monetaria, gli ammortamenti non vengono considerati. Gli ammortamenti non sono infatti costi di natura
monetaria, perché sono un'indicazione, una locazione che si fa in via di calcolo, in via approssimativa: per esempio,
davanti ad un investimento che prevedo duri dieci anni andrò a distribuire una quota di competenza per ogni esercizio (a
seconda che venga usato per un periodo superiore o inferiore a quanto previsto avrò delle plus- o minusvalenze), ma qui
parliamo di investimenti, mentre a noi interessa la gestione corrente, cioè quei costi che hanno natura monetaria, i costi
operativi, propri delle attività di ogni giorno: faccio le penne, devo comprare la plastica e il costo della plastica è
monetario in quanto tra 60 o 90 giorni dovrò pagare il mio fornitore; il costo del lavoro è monetario, per ogni lavoratore
che presta il suo servizio nella mia azienda dovrò versare uno stipendio ad ogni mese e di conseguenza ci sarà una
uscita di cassa. La stessa cosa vale per i ricavi: ho dei ricavi che hanno una natura monetaria, cioè si trasformano in
cassa nel breve periodo.

Vi è una differenza anche tra le entrate e le uscite e i ricavi ed i costi monetari; le prime, sia le entrate che le uscite,
esprimono dei movimenti di natura finanziaria, ovvero la cassa che si muove, verificati nel periodo di osservazione,
mentre i secondi potrebbero aver visto applicato solo il principio di competenza e non di cassa.
Il principio di competenza registra i costi e i ricavi accaduti nell'esercizio di impresa. Le entrate e uscite sono invece quei
movimenti finanziari che sono realmente accaduti, per i quali si osservano le movimentazioni finanziarie.
Poniamo che io abbia un ricavo il 30 Novembre, che però genera un movimento di cassa al 31 Gennaio: quel periodo di
osservazione mostra un movimento economico, ma non un movimento finanziario. La cosa è ben diversa se io registro
un ricavo il 31 Marzo e il 31 Maggio vado a registrare anche il movimento finanziario: nel periodo di osservazione il ricavo
ha anche coinciso con una entrata finanziaria. Dobbiamo quindi tenere a mente due dimensioni, quella economica e
quella finanziaria, per entrare nella logica dei flussi di cassa.

Prima di tutto occorre calcolare il flusso di cassa della gestione caratteristica attraverso due approcci:

• Top down,

, ovvero la differenza tra i costi e i ricavi

• Bottom up,

Punto di riferimento è sempre il conto economico.

C'è differenza tra un movimento economico e un movimento finanziario, tra un costo e un'uscita e tra un ricavo e
un'entrata. Se il fatturato, i nostri ricavi coincidessero con le entrate finanziarie non ci sarebbero problemi.
Stiamo analizzando i flussi di cassa, costruiamo un documento che fa emergere i movimenti finanziari avuti nel periodo
di osservazione. La cassa, o le fonti di finanziamento, sono estremamente importanti e vediamo come l'aspetto
finanziario può essere tenuto sotto controllo attraverso questa nuova tipologia di documento che riguarda l'analisi dei
flussi di cassa, dei Cash Flow, a seconda delle diverse gestioni.
La gestione più importante è la gestione corrente, che nel nostro conto economico può essere osservata da due punti di
vista: partendo dall'alto, quindi dai ricavi e togliendo i costi e arrivando al MOL (Margine Operativo Lordo, detto anche
EBITDA) e vedendo il flusso di cassa della gestione caratteristica, o dal basso, andando a eliminare dal reddito netto,
dall'utile, quelle componenti che non rappresentano la gestione corrente e quindi gli interessi finanziari, gli elementi di
gestione accessoria, etc. ..

Dal flusso di cassa della gestione corrente occorre rettificare alcune voci:

1. Ricavi,

Entriamo in logica top-down nel dettaglio. Un ricavo generato il 30 Novembre con flusso di cassa in entrata a Gennaio,
nel nostro periodo di osservazione verifica che c'è stato un movimento economico ma non finanziario.

Allora, se il mio scopo è andare a rilevare i movimenti finanziari, se io osservo il fatturato tutto quel fatturato non mi ha
prodotto dei movimenti in entrata dal punto di vista finanziario.
I ricavi che non generano cassa, i crediti, sono soldi che devo prendere da altri.
Al fatturato andrò a togliere o mettere la variazione dei crediti verso clienti, cercando di capire rispetto all'inizio del
periodo e con riferimento alla chiusura, come sono variati i crediti. Sono aumentati o diminuiti? Se ad inizio periodo
questi erano 100 ed a fine periodo ammontano a 80, avrò una variazione di -20 e di conseguenza più cassa.
Contrariamente se io ho 100 di crediti ad inizio periodo e 120 alla fine dello stesso, c'è qualcosa che ha assorbito cassa.
Una buona gestione tende a razionalizzare i crediti, in quanto mangiano cassa.
Se i soldi in entrata sono di più è meglio. Se ci aspettiamo un'entrata domani di 1.000€ ma il debitore non li versa, chiede
di aspettare, per me inizia ad essere un problema, poiché facevo affidamento su quei soldi per delle spese. Un flusso di
cassa in entrata massimizzato è positivo. Se i crediti sono pari a 0 e il fatturato coincide con il flusso di cassa in entrata,
ci si trova in una posizione perfetta.

2. Costi operativi monetari,

Abbiamo i costi connessi all'acquisto di materie prime, quella materia che è strumentale alla mia produzione. Stiamo
parlando di costi e quindi uscite finanziarie. Qui si inserisce un altro elemento: uno sono i debiti verso fornitori, se ho al 1
Gennaio 100 come debiti verso fornitori e 120 al 31 Dicembre avrò più disponibilità di cassa poiché avrò pagato di meno,
avrò spuntato qualche giorno contrattuale in più.

3. Variazione delle rimanenze di prodotti finiti e semilavorati – il magazzino non è fatto di sole materie prime.
• Nel caso in cui si adotti il CE a produzione e valore aggiunto tali variazioni vanno
sottratte al flusso di cassa in entrata;

• Nel caso in cui si adotti il CE a fatturato e costo del venduto nel computo dei flussi di
cassa in uscita vanno considerate anche queste variazioni.

Se il materiale che ho comprato non si è trasformato in ricavo, rimane in magazzino ed il magazzino assorbe cassa: per
questo, se immaginiamo di avere al 1 Gennaio un magazzino di 100 ed al 31 Dicembre un magazzino di 150 in
rimanenze di materie prime, quella differenza di 50 è un assorbimento di cassa che non si è trasformato in ricavo.
Un’azienda in Franciacorta ha un milione di bottiglie non vendute a magazzino; ogni anno, negli ultimi esercizi, aveva una
produzione di 400-500.000 bottiglie, ma riusciva a venderne solo 200.000. Questa situazione per l’impresa è
sfavorevole, poiché si sostengono dei costi che non vengono bilanciati con nessun flusso di cassa in ingresso.
Se non si gestiscono i debiti verso fornitori o le rimanenze di materie prime si avranno dei flussi di cassa in uscita molto
grandi e ci troveremo in situazioni in cui saremo in utile, ma non avremo i soldi; senza soldi ci dovremo rivolgere ad una
banca, per la quale saremo dei debitori ideali in quanto dal punto di vista reddituale non siamo una società in perdita, e
quindi rientriamo nelle società finanziabili. Peccato che per una cattiva gestione della gestione finanziaria la banca
prenderà una buona parte della ricchezza che abbiamo prodotto nel bilancio di esercizio, nel conto economico.
26.10

Ripasso
C'è un punto comune tra le dinamiche reddituali (costi e ricavi) e le dinamiche finanziarie (entrate ed uscite): ciò che è
costo o ricavo col tempo si può trasformare in entrata o uscita. Questo comporta delle rettifiche nel momento in cui
andiamo ad analizzare i flussi di cassa.
Il conto economico rileva la presenza di quattro gestioni per noi importanti.
Abbiamo inoltre analizzato due differenti approcci: top down e bottom up: il CE si guarda dall'alto o dal basso. Il CE
parte sempre dal fatturato, dal valore della produzione, da quelle voci che hanno valore positivo e in seguito si tolgono i
costi rilevati in esercizio. Rimane così l'utile.
Se l’approccio da noi utilizzato è bottom up partiamo dal reddito netto, dal basso verso l’alto; se è top down partiamo da
quei valori positivi quali i ricavi, il fatturato, il valore produzione.
Il MOL è espressione di una differenza tra ricavi e costi della gestione corrente, l’EBITDA scoperto nel momento in cui si
andavano a riclassificare i conti economici. A mancare a quel MOL era la gestione fiscale, decurtata in seguito.

Abbiamo introdotto le rettifiche, delle variazioni. Prendiamo il fatturato come riferimento: il fatturato coincide con
l'emissione di fatture e la registrazione di ricavi, ma sappiamo che questi non coincidono con le entrate finanziarie,
perchè spesso si viene pagati a 30, 60, 90 o 120 giorni, a meno che si abbia una attività B2C come il supermercato, il
benzinaio, che ha una coincidenza tra ricavo ed entrata di cassa, attraverso il pagamento immediato in contanti.
Ciò che differenzia il ricavo dai flussi di cassa che questo ha generato in entrata è il valore dei crediti, cioè il valore di
quei ricavi parcheggiati in attivo dello stato patrimoniale in attesa di essere riscossi.
La stessa cosa vale per i flussi di cassa in uscita, funzionali alla produzione di un bene. Il cliente fa un accordo con il
fornitore. In base a questo accordo, riceve la materia prima necessaria per realizzazione del prodotto, ma fa allo stesso
tempo presente che non venderà subito il prodotto finale, quindi chiede una dilazione del pagamento. Certi costi che
ancora non hanno coinciso con delle uscite finanziarie, e che quindi corrispondono a un debito, devono essere tolti.

Le materie prime concorrono alla formazione di un altro aggregato, il magazzino. Questo valore deve essere tolto dal
conto dei flussi di cassa, perché rappresenta cassa parcheggiata. Le materie prime che abbiamo in stock vanno a
incidere sui flussi di cassa, perché il magazzino assorbe cassa. Stiamo parlando di variazioni, valori tra il 1 gennaio e il
31 dicembre: avremo delle variazioni in aumento, o delle variazioni in diminuzione. Se abbiamo delle variazioni in
diminuzione delle rimanenze di materie prime, per esempio 100 al 1 gennaio e 80 al 31 dicembre, questa è una cosa
buona dal punto di vista dei flussi di cassa.

4. Imposte di esercizio
La gestione fiscale si va a comprendere nella gestione corrente, quello che nel CE emerge in modo autonomo e
autoritario. Andiamo qui a verificare la variazione del fondo imposte di stato patrimoniale, ovvero se questo è
andato ad aumentare o a diminuire. Nello Stato Patrimoniale c’è un fondo imposte.

L'aumentare dei crediti verso l’erario è da imputare come un aspetto negativo, perchè significa che a causa di
errori o procedure forfettarie ho pagato delle tasse in eccesso in passato: piuttosto che sbagliare, spesso si
pagano delle tasse in eccesso che vengono in seguito rilevate dall’Agenzia delle entrate tramite delle verifiche. In
seguito a ciò, si viene contattati e si gode di un rimborso versato nel corso degli anni. Si vanta così un credito nei
confronti dell'erario, che per noi però è negativo, perché questo significa che abbiamo usato della cassa che
avremmo potuto usare per altro. Il rimborso ha un effetto positivo sulla cassa, in quanto fa diminuire il fondo
imposte.

L'effettiva uscita di cassa relativa alla gestione delle imposte di esercizio sarà:
In una visione di insieme, mettendo a confronto le grandezze reddituali e le relative rettifiche finanziarie, risulterà che:

Variazione CCNC (Capitale Circolante Netto Commerciale, o Working capital): La sommatoria di tutte le rettifiche,
ovvero delle variazioni che hanno avuto luogo tra il 1 Gennaio e il 31 Dicembre, coincide con la variazione del Capitale
circolante, del Working capital, ovvero ci dice come il Capitale circolante fotografato il 1 Gennaio è variato nel corso
dell’esercizio: se questo aumenta, per esempio mediante i crediti o il magazzino, avrò bisogno di più cassa per far
funzionare l'azienda, poiché la cassa sarà diminuita rispetto a quelle che erano le previsioni e quindi il flusso di cassa
della Gestione Corrente (GC) sarà più basso di quanto dovrebbe, avremo in tasca meno soldi.
Se ad un ricavo coincide un’entrata finanziaria ci troviamo in una situazione perfetta. In quelle aziende che si trovano in
difficoltà, che arrancano, si va a vedere come prima cosa la gestione dei crediti e la gestione del magazzino.
Generalmente la gestione dei crediti è pessima. La prima cosa da fare è cercare di ottenere più cassa possibile dai
crediti ancora attesi, poiché continuare ad indebitarsi, con alti tassi di interesse, è un rischio. Piuttosto è meglio
svendere, poiché si stanno pagando oneri finanziari, interessi alle banche, su una cassa che si potrebbe avere vendendo
quanto è a magazzino: questo è quello che succede nei saldi, dove non si ha un guadagno, ma neanche una perdita. Al
contrario, la cassa costa, indebitarsi con le banche costa e vincola.

Gli altri flussi di cassa sono meno impegnativi rispetto a quello della GC.

Cash flow della gestione investimenti


Il flusso di cassa della Gestione Investimenti è dato da un flusso di cassa generato da ciò che vado a disinvestire, che
normalmente è gestione straordinaria. Abbiamo un impianto che gestiamo da dieci anni in produzione; all’undicesimo
anno lo disinvestiamo, lo vendiamo a un buon mercato dell’usato: questo è un flusso di cassa che nasce da una attività
di disinvestimento. Quando investiamo, mettiamo dei soldi; magari facciamo un mutuo per comprare un nuovo
capannone. Dobbiamo rivolgerci ad una banca, che provvederà a fornirci i soldi di cui abbiamo bisogno. In quel
momento rileviamo un’entrata di cassa, ma anche una uscita di cassa, che va registrata.
In questo modo si calcola il saldo tra le uscite finanziarie sostenute per acquistare nuove immobilizzazioni operative e le
entrate originate dalla cessione di immobilizzazioni operative. Si vanno a comprare o a vendere attività che hanno valore
pluriennale.

Per determinare il flusso è necessario sommare alla variazione delle immobilizzazioni operative nette nel periodo di
osservazione i relativi ammortamenti d’esercizio nel CE, che è il nostro riferimento. Come variazione di cassa dovremo
registrare cosa è accaduto nel periodo; ho incassato perché ho venduto quel cespite, o è un’uscita cassa perché ho
acquisito un cespite nuovo.
Con gli ammortamenti di periodo vado a rilevare nel CE la quota annuale relativa alle immobilizzazioni in corso.

Per concludere l’analisi dei flussi di cassa derivati dalla gestione investimenti occorre infine prendere in considerazione le
minusvalenze e le plusvalenze generate dalla cessione delle immobilizzazioni.

Le immobilizzazioni cambiano valore in bilancio rispetto alla quota di ammortamento imputata ogni anno. A noi interessa
il valore lordo, perché l’ammortamento è un costo che non ha valore monetario. Noi dobbiamo andarlo a riprendere. In
bilancio, all’interno dello Stato Patrimoniale io vedo le immobilizzazioni nette, già decurtate dei relativi ammortamenti. Da
una parte avrò quindi la variazione delle immobilizzazioni operative lorde, dall’altra devo andare a guardare la gestione
straordinaria che ha un’incidenza notevole rispetto ai flussi di cassa.

(Per una migliore comprensione, guarda il capitolo “Cash flow della gestione investimenti” successivo)

30.10

A noi interessa monitorare i movimenti finanziari, che riguardano la cassa.


La variazione di working capital ha degli effetti diretti sulla cassa: se aumenta il CCNC, dal punto di vista della cassa
avrò una minore disponibilità. Un aumento del working capital ha come effetto immediato l'assorbimento di cassa;
questo infatti significherà che saranno aumentati i crediti, le rimanenze, tutte quelle voci che nel dettaglio assorbono
cassa, pertanto necessiterò maggiormente di fonti di finanziamento che andrò a trovare nei due soggetti
precedentemente menzionati: il sistema bancario in generale, oppure il socio, attraverso un aumento del capitale, che
può verificarsi in varie forme.
Per esempio, se una società avesse bisogno di 500.000€, un socio abbastanza solido dal punto di vista patrimoniale
(10.000.000€) personalmente, al posto di depositarli in banca dove renderebbero il 5%, li potrebbe versare alla azienda
come conto soci fruttifero, facendo un prestito alla sua azienda che non risulterebbe quindi come versamento di capitale
di rischio.
Il flusso di cassa della GC ci dice realmente se nel periodo di osservazione, che tendenzialmente è l'esercizio, l'azienda è
stata in grado di produrre o meno dei flusso di cassa, cioè se la gestione corrente ha generato dei flussi di cassa positivi
o ha eroso dei flussi di cassa, anche a prescindere dall'utile. Per esempio, possiamo avere avuto 10.000.000€ di utile,
ma se soltanto il 2% dei clienti ci paga la cassa va male, il nostro utile viene mangiato dalla variazione del CCNC, perchè
aumentano i crediti del 98%.

Cash flow della gestione investimenti (ripresa ed approfondimento di quanto già detto)

Ci sono due dimensioni. La prima dimensione è quella degli investimenti e dei disinvestimenti delle immobilizzazioni, dei
cespiti. Questo vuol dire che compro un macchinario o vendo un macchinario.
Se io oggi compro un macchinario, questo ha un impatto dal punto di vista finanziario. Finanziandoci per esempio
attraverso un mutuo, la banca finanzia questa acquisizione e nasce un rapporto di finanziamento a medio-lungo termine.
Ma se la banca finanzia l'acquisizione di un macchinario, eroga nei nostri confronti un'entrata finanziaria, che ora noi non
guardiamo, perché siamo nella gestione degli investimenti, ma sappiamo che avremo un'entrata di cassa di 100.000€,
perché dovrò pagare il macchinario che sto comprando. Al tempo stesso avrò un'uscita di cassa di 100.000€ a tal fine.
Qui non vedo dove reperisco quei soldi, vedo solo che o compro o vendo.
Se compro, prendo 100.000€ dalla mia cassa e li verso al produttore del macchinario.

La stessa cosa vale dal punto di vista del disinvestimento. Ho per esempio un macchinario che non mi serve più e lo
vendo come usato, c'è un grande mercato secondario. Immaginiamo un muletto di 10 anni, ammortizzato
completamente, posto in vendita. Al momento della vendita, rilevo un'entrata di cassa.

Qui abbiamo visto i flussi di cassa generati da attività di investimento e disinvestimento. Un altro aspetto che dobbiamo
considerare è che quel cespite è iscritto in bilancio. Ricordando la stesura della scrittura contabile per le
immobilizzazioni, a queste vanno tolti gli ammortamenti.
Le immobilizzazioni sono ciò che io iscrivo in attivo di stato patrimoniale e che riguarda il valore di un determinato
investimento. Per le immobilizzazioni si va a creare un fondo, il fondo ammortamenti, incrementato ogni anno dalle quote
di ammortamento, che a noi in questo caso non interessano perché sono un costo non monetario: noi scriviamo il costo
dell'ammortamento in bilancio, ma a questo non corrisponde ogni anno un'uscita fisica di cassa. Si tratta di una
distribuzione che noi facciamo con un rilievo prettamente fiscale, nonché di competenza.
Noi ipotizziamo che un macchinario acquistato duri 10 anni e su ciascuno di questi 10 anni distribuiamo una quota del
valore, sarebbe assurdo imputare questo costo in un solo anno. In modo forfettario, si individua un periodo di tempo
chiamato "vita economica del bene".
Oltre a questo esiste anche un discorso fiscale per cui questi aspetti possono essere distribuiti per ragioni fiscali: ai fini
della determinazione delle tasse da versare esistono delle tabelle dalle quali non è possibile prescindere. A seconda
della tipologia di macchinario varia il periodo di ammortamento.

Il valore di ammortamento, che è un costo non monetario, a noi non interessa. Noi andremo a vedere come sono variati i
valori delle nostre immobilizzazioni, senza considerare la quota di ammortamento imputata a quell'oggetto. In questa
considerazione, dobbiamo solo guardare ciò che ha valore reale di mercato, quindi patrimoniale, e ciò che ha
un'incidenza dal punto di vista finanziario. Il costo non monetario per noi ha un rilievo forfettario, si fa per andare a fare
dei ragionamenti di distribuzione logici, ma che non hanno un immediato riscontro nella parte finanziaria e patrimoniale.

Tenendo in considerazione investimenti e disinvestimenti e tenendo in considerazione le immobilizzazioni al lordo degli


ammortamenti, andremo a vedere il flusso di cassa della gestione degli investimenti, quindi le variazioni delle
immobilizzazioni operative lorde e come sono cambiate le plus- o minusvalenze da cessione delle immobilizzazioni.
Ipotizziamo che io abbia iscritto in bilancio una immobilizzazione, al lordo dell'ammortamento, di 100. Vendo
quell'immobilizzazione per 80. Andrò a verificare un flusso di cassa in entrata di 80, ma allo stesso tempo una
minusvalenza di 20, perchè l'uscita di cassa era stata di 100 e di conseguenza ho una minusvalenza rispetto al valore
iscritto in bilancio.
Se al contrario avessi venduto per 120, avrei registrato una plusvalenza di 20 rispetto al valore dell'immobilizzazione
lorda di 100.
Da una parte quindi vedremo cosa accade per quanto riguarda le minus- e le plusvalenze, dall'altra come si modificano
nel nostro periodo di osservazione le immobilizzazioni.

Cash flow della gestione finanziaria

Quando si parla di gestione finanziaria? Accade per esempio che la banca presta 100.000€, il socio fa un aumento di
capitale per 50.000€, emettiamo obbligazioni per 500.000€, .. Sono tutte quelle operazioni che hanno natura finanziaria.
Non si tratta di movimenti di cassa dalla gestione corrente, dalla gestione investimenti, .. ma hanno la loro definizione
all'interno dell'ambito finanziario.
Tutto ciò che è in rapporto col sistema bancario, col sistema dei finanziatori.

o +/- Proventi/oneri della gestione finanziaria, si tratta di quegli interessi pagati nel momento in cui ci si indebita
con il sistema bancario, oppure quegli interessi che vengono accreditati nel momento in cui ci si trova in una
posizione finanziaria positiva per la nostra azienda, quindi quando portiamo a casa un interesse positivo.
Sono costi monetari, dalle nostre tasche esce questo determinato importo. Ci interessa monitorarli, ci interessa
capire quanti sono perché costituiranno un fattore determinante nelle mie entrate e uscite. Si registra un valore
netto.
o + Accensione di nuovi debiti, in quanto dal punto di vista finanziario un debito è una entrata: ipotizziamo che la
banca mi dia 100.000€ per l'acquisto di un impianto o un macchinario. Questa rappresenta una entrata di cassa
relativa a un nuovo debito. Che poi il debito vada restituito è un'altra faccenda, ci interessa solo in seguito.
o - Rimborso di debiti in scadenza: nel momento in cui ottengo un debito pari a 100.000€, la banca fissa come
condizione per lo stesso che il rimborso del finanziamento avvenga entro 5 anni. Il prossimo anno, quindi, io
dovrò ridare alla banca 20.000€, andrò ad imputare per cinque anni 20.000€ nel rimborso dei debiti in scadenza.
Quei 100.000€ produrranno però degli interessi passivi per l'azienda. Quei 100.000€ generano così degli oneri
nella gestione finanziaria, quindi degli interessi passivi che andranno imputati lì. La restituzione del conto capitale
andrà invece nel rimborso del debito.
Si deve ricordare che qualsiasi forma di finanziamento onerosa ha due elementi: il conto capitale e il conto
interessi. La rata corrisponde alla somma tra conto capitale e conto interessi. Se per esempio ci indebitiamo per
100.000€ ed ogni anno dovremo restituire 20.000€ di quel capitale, ogni anno avremo come rata 23.000€, di cui
20.000€ quali rimborso della quota capitale, 3.000€ in qualità di oneri relativi al finanziamento. Quei 20.000€
rappresentano un'uscita, ma non un costo: sono solo un rimborso.
In CE valuteremo solo i 3.000€ corrispondenti agli oneri finanziari, questo è il costo da sostenere generato
dall'utilizzo di quei 100.000€.
o + Aumenti di capitale sociale a pagamento (nuove sottoscrizioni) e vendita di azioni proprie: Le nuove
sottoscrizioni si costituiscono della richiesta ai soci di mettere capitali all'interno della società, è cassa che entra
dai soci. Per quanto riguarda il secondo aspetto, all'interno di certi limiti definiti dal codice civile, le aziende
possono vendere azioni proprie, con effetto sulla cassa.
o - Rimborso di capitale sociale (sporadico, si parla di liquidazioni o fenomeni particolari), riacquisto di azioni
proprie (con relativa uscita di cassa) e pagamento dividendi.

Cash flow della gestione accessoria

Spesso non esiste, è estremamente marginale.


Questo costituisce un macro aggregato di tutte le voci, di tutte le variazioni patrimoniali non operative della azienda,
quelle attività esistenti, ma non caratteristiche dell'azienda.
Tutto questo ci serve per capire se la nostra società è stata in grado di generare della cassa o se ha assorbito della
cassa. Allora andremo a prendere il flusso di cassa generato dalla GC - dato dalla sommatoria dei flussi di cassa in
entrata meno i flussi di cassa in uscita -, +/- il flusso di cassa della gestione degli investimenti, +/- il flusso di cassa della
gestione finanziaria, +/- il flusso di cassa della gestione accessoria.
Tutte le gestioni viste hanno prodotto dei risultati.
Ipotizziamo di avere dei valori corrispondenti a + 1000€ - 500€ - 200€ +/- 0€: la nostra attività di impresa dal punto di
vista della cassa ha generato 300.000€ di disponibilità liquide maggiori.

Molti imprenditori ragionano solamente su una dinamica reddituale, senza tenere in considerazione la cassa. Se questa
non è disponibile, si rischia di indebitarsi con la banca ai fini della distribuzione dell'utile, il che è assurdo perchè significa
vedere mangiato l'utile stesso e un aumento esponenziale dei costi.
Questa è la situazione ideale per le banche, poiché trovano davanti a sé imprenditori con bilanci in utile, ma incapaci di
gestirlo, che si affidano a loro, vedendo cosi decimato il proprio utile.

02.11

Private equity

I fondi di Private Equity (fondo-PE) sono degli aggregati di capitale gestiti da terze società volte all’acquisizione di
società appetibili e potenzialmente sviluppabili. Un esempio è un’azienda che nell’immediato può essere acquisita a 10 e
che in seguito ad un lasso di tempo di cinque - sette anni può essere rivenduta a 100. Lo scopo è quello di generare un
capital gain interessante, una differenza tra acquisizione e cessione che sia in grado di generare ingenti utili per il fondo
stesso.

Il fondo-PE consiste nell'attività di investimento nel capitale di rischio di società non quotate. La natura delle operazioni è
normalmente di carattere strategico per le società emittenti, sia per la dimensione rispetto al capitale, sia per la portata
sull’assetto strutturale e proprietario delle stesse. Ma soprattutto è strategica nel senso che si tratta di operazioni che
prevedono, oltre all’apporto di capitale, il coinvolgimento delle società di PE nella condotta delle società partecipate.

Il fondo-PE riesce teoricamente a dare alla società oggetto dell'acquisizione una reputation maggiore, riesce ad abbellire
la società che va a comprare. Innanzitutto, si parla di istituzione finanziaria, pertanto le banche tenderanno a fidarsi di
più. Inoltre, teoricamente i fondi-PE hanno delle strutture manageriali competenti: se questo entra al 70% in un'azienda,
tenderà a massimizzarne la gestione, la redditività attraverso un'equipe di manager competenti.

Il fondo-PE costituisce un’organizzazione finalizzata a:


• Partecipazioni, di maggioranza o di minoranza, nel capitale di rischio di imprese non finanziarie:

Nel caso di partecipazione di maggioranza, il PE entra nella gestione: non è solo un consulente o un finanziatore,
vuole partecipare alla gestione, dando un supporto notevole.
• Organizzazione e finanziamento di operazioni di leva finanziaria (LBO), una modalità con cui attraverso il debito è
possibile acquisire delle aziende;
• Consulenza su assetti proprietari: da qualche anno a questa parte, i vecchi imprenditori che negli anni Sessanta
e Settanta hanno costituito delle imprese hanno un problema di cambio generazionale, dato non solo dalla
cessione di padre in figlio, ma anche da manager che vanno in pensione e devono essere sostituiti da leve
giovani. Il fondo-PE si può rendere conto di questo e fare da bridge su un passaggio generazionale.
• Finanziamento e servizio, montaggio di una serie di operazioni, rispetto a quelle che possono essere le modalità
di uscita, di cessione del fondo nella compagine societaria.

Strutture organizzative. I fondi comuni chiusi.

Il fondo chiuso è la cassaforte, è il contenitore dei capitali raccolti, ma la gestione dei fondi viene affidata alle società di
gestione-risparmio, le cosiddette SGR. La SGR deve essere patrimonialmente autonoma rispetto al fondo e, al fine di
poter operare, deve ottenere l’autorizzazione da Banca d’Italia, per la quale è necessario predisporre un programma che
illustri l’attività̀ di impresa, le sue linee di sviluppo, gli obiettivi perseguiti, le strategie che la società intende seguire per la
loro realizzazione, nonché ogni altro elemento che consenta di valutare l’iniziativa e versare interamente un capitale
minimo di €1.000.000, secondo l’aggiornamento effettuato da Banca d’Italia nel 2013.
Istituita la SGR avrà luogo il fund raising e l'istituzione dei fondi, i quali investiranno in società target ritenute idonee nella
successiva fase di scouting, con la quale si individuano imprese appetibili, sulle quali devono essere condotte le giuste
analisi delle SGR. Attraverso questa fase di analisi se ne osserva la redditività, la solidità patrimoniale, la PFN, i flussi di
cassa .. C'è possibilità di internazionalizzazione? C'è mercato in evoluzione che può consentire all'attività di evolvere?

Caratteristiche imprese target

Il fondo di PE individua imprese potenzialmente appetibili, che devono avere certe caratteristiche, tra le quali:
• Prospettive di crescita che ne aumentino il valore: internazionalizzazione, innovazione di prodotto e/o di
processo, ..;
• Acquisizioni strategiche: un fondo, che detiene già una partecipazione in una società, compra dei competitors
interessanti. In questo caso l’assorbimento del competitor aumenta notevolmente il peso della società target nel
mercato;
• Appartenenza a settori ad alto grado di sviluppo, a cui coincide normalmente un elevato grado di competenze
tecnologiche (Facebook, che ora ha circa dieci anni, inizialmente era un embrione; tutto è stato puntato sulla
capacità di crescita);
• Possibilità di realizzo di margini stabili e sostenuti;
• Fatturato elevato per eventuale quotazione in borsa. Questa è un'azione che costa;
• Buona struttura organizzativa dotata di strumenti di Programmazione e Controllo: la Programmazione e Controllo
consiste nel riassemblaggio e nella riaggregazione dei costi diretti e indiretti di produzione, che permette di
capire in modo appropriato se si stia vendendo bene o male, guadagnando o perdendo sul prodotto, come
funzioni l'azienda nel suo interno, ..
Modalità di investimento (domanda esame)
L'investitore è colui al quale viene chiesto di partecipare nel fondo attraverso l’attività di fund raising. L’investitore può
decidere tra tre modalità fondamentali (trade-off) per investire nel Private Equity:
• Investimento diretto, entrando nel capitale della società target: l’investitore compra direttamente un'azienda
all’interno del mercato;
• Sottoscrivendo una quota di un fondo di PE: un fondo di PE andrà ad acquisire una serie di società, magari in
settori diversi, con dei tagli diversi;
• Sottoscrivendo una quota di un fondo di fondi che investe in fondi di PE: questo prevede una maggiore
variabilità, si tratta di più fondi che avranno investito in una pluralità di società, che avranno acquisito la proprietà
di più aziende.

Qual è la scelta migliore, ammesso che questa esista? Chi lavora in un fondo-PE, ovvero la SGR, svolge un servizio a
pagamento. Ogni passaggio che noi andiamo a sommare fa nascere una somma di costi aggiuntivi, cosa che
nell'investimento diretto non si verifica. C’è sicuramente una variabile costo di rilevanza.
Dall'altra parte abbiamo una variabile rischio: un investimento unico ha maggiore probabilità di perdita, mentre attraverso
l’investimento in un fondo di fondi si investe in un fondo che ha acquisito una pluralità di fondi, che a loro volta hanno
acquisito ciascuno una pluralità di aziende, e quindi il fallimento di una non implicherebbe il fallimento di tutte le altre.
Questo trade-off che si va ad insinuare vede dunque il rischio da una parte e il rendimento dall'altra. In un fondo dei
fondi il rendimento è probabilmente minore, a seguito dei costi, ma in un investimento diretto potrei perdere tutto.

06.11

Il processo di investimento

I fondi-PE vanno ad acquisire aziende con lo scopo di rivalutarle e generare valore al loro interno.
I fondi-PE hanno un tempo medio di permanenza nelle aziende di 5-7 anni, dopodiché vengono per legge venduti.
I fondi chiusi hanno per peculiarità il fatto che non è facile entrarvi ed uscirne, mentre i fondi aperti, o le SICAV (Società
di Investimento a Capitale Variabile) hanno una possibilità quotidiana di ingresso ed uscita dal fondo.
Per questa ragione, a tutela del risparmiatore, ma anche secondo una logica propria, il fondo chiuso ha una durata
limitata nel tempo e suddivisa in fasi: fund raising, scouting, investimento, disinvestimento e la dismissione del fondo,
momento in cui le quote vengono ridistribuite ai soci, a coloro che hanno investito capitale all’interno del fondo.

Come interviene il PE?


• Due diligence e valutazione dell’azienda: la valutazione dell'azienda avviene attraverso metodologie viste fino ad
oggi, evolute e nel dettaglio perché tengono in considerazione delle operazioni con carattere matematico e
quantitativo specifiche. Ciò che conta è andare a vedere la valutazione, noi dobbiamo comprare un'azienda e
pertanto capire il giusto prezzo per la sua acquisizione.
• Deal structuring: definito nelle clausole contrattuali tra il fondo e la partecipata. C’è una serie di clausole, quando
un fondo compra una azienda. Vengono definiti:
o La ripartizione dei profitti:
o I compensi del gestore del fondo: ad un fondo-PE non basta acquisire oggi e rivendere entro cinque
anni, deve ripagarsi gli stipendi: ci sono sempre delle fatturazioni che vengono fatte dalla SGR nei
confronti della partecipata;
o I covenant: dei limiti, delle barriere che vengono imposte in termini contrattuali, per esempio
l’impossibilità di superare certi livelli di leva finanziaria;
o La struttura del CDA, nel momento in cui il fondo-PE interviene in maggioranza nelle azioni di una
società;
o La struttura finanziaria, una serie di ragionamenti sui flussi di cassa.
• Monitoring (nel PE operativo): partecipazione determinante alla corporate governance della società e valutazione
delle opportunità strategiche. Il fondo-PE, attraverso la partecipazione alla società, interviene anche nella
gestione: ci mette il proprio amministratore delegato, il proprio direttore generale. Normalmente i fondi hanno
inoltre una rete di manager che utilizzano all'occorrenza.
• Exit way, la dismissione della partecipazione da parte del fondo. IL fondo segue un proprio processo e giunge
ad un momento in cui deve decidere cosa fare delle partecipazioni. Ci sono diverse opzioni, tra le quali le più
rappresentative sono:
o Dismissione della partecipazione con IPO nella forma di una OPV (Offerta Pubblica di Vendita): si vanno
a collocare nei mercati di borsa delle azioni già esistenti, non di nuova emissione. Non si tratta di un
aumento di capitale e con queste azioni si entra in borsa, ma si entra con le azioni già esistenti.
Il fondo deve dismettere, vendere quelle azioni. Pertanto, in seguito al processo di miglioramento
operato sull’azienda nel periodo dell’acquisizione, si realizza un processo di quotazione e il fondo-PE
dismette quelle azioni nei mercati regolamentati.
o Secondary sale: vendita ad altro fondo-PE. Questo ha senso quando vedremo il venture capital, il quale
è sempre un fondo di PE, ma va ad interessarsi a realtà start-up ed a progetti, alle fasi iniziali nelle quali
si possono ottenere crescite esponenziali. In seguito a questa crescita sarà possibile vendere a un
fondo-PE tradizionale, che tende ad uno sviluppo, ma non così aggressivo.
o Buyback da parte dell’imprenditore: normalmente i fondi, in particolar modo in Italia, vanno a comprare
realtà aziendali fortemente caratterizzate da un’impronta familiare.
A volte, i fondi-PE intervengono nelle società con dei patti di riacquisto dell'imprenditore. Le ragioni a tal
fine sono molteplici: l'imprenditore può ad esempio essere alle strette e decidere di far intervenire un
fondo-PE per il risanamento della società. Lui rimane in minoranza, la società si riprende e mette da
parte dell’utile, ma c'è un accordo, rispetto agli obiettivi raggiunti, sul successivo riacquisto. Devono
essere aziende di certi numeri, in cui la possibilità di recupero e di reinvestimento da parte
dell’imprenditore deve essere fattibile.
All'inizio si identificano quelle condizioni per le quali l'imprenditore, rimasto in minoranza, può andare a
riacquisire il pacchetto azionario intero a condizioni stabilite precedentemente. Questi patti normalmente
si fanno sulla generazione dei flussi di cassa.
o Write off: abbandono dell’investimento in caso di insuccesso.

Il PE italiano nel 2006/2007 aveva lo stesso modello del PE anglosassone-americano, collocato nel nostro contesto. Il
modello italiano di impresa è tuttavia caratterizzato da piccole/medie imprese a conduzione familiare, che seguono certe
logiche. Pensare di intervenire all'interno del mercato italiano con delle logiche americane è impraticabile. Un’azienda di
500 persone circa nel contesto americano è una piccola/media impresa, mentre in Italia è una grande impresa. Il paniere
di osservazione americano nei fondi-PE è molto più ampio.
Ciò ha causato il fatto che i fondi-PE italiani non sono stati capaci di cogliere opportunità nel mercato, proprio perchè
non rappresentavano i loro modelli.
Azienda significa creare valore, questo è quanto dovrebbe fare il fondo-PE, mentre la maggioranza degli imprenditori
italiani cerca aziende da comprare che ne abbiano già, al fine di farlo proprio. Razionalizzare i costi senza dare leve
operative strategiche non consente sviluppo nel lungo periodo.

LBO, Leverage BuyOut (non usare come argomento a scelta)


Il LBO consiste in una serie di operazioni finanziarie: non un'unica, ma alcune, una somma di operazioni di natura
finanziaria volte all'acquisizione di una impresa, che noi chiamiamo società target, o dei soli cespiti di essa, con fondi
derivanti prevalentemente da capitale di debito: si va a comprare una azienda con del debito, il cui rimborso è garantito
dagli Asset dell’impresa acquisita ed è sostenuto dalla generazione dei cash flow da parte dell’azienda che si è andati a
comprare; vado quindi a ripagare l'azienda che ho comprato attraverso i cash flow che questa in futuro genererà, oltre
che dall’eventuale dismissione delle attività non strategiche da essa possedute, ovvero dalla gestione accessoria.

Il LBO nasce negli Stati Uniti come una evoluzione di una già nota tecnica di acquisizione denominata Going Private.
Questa tecnica si sviluppò negli anni Sessanta ed era caratterizzata da un takeover delle azioni di società diffuse fra il
pubblico, cioè quotate. Data la presenza di una grossa frammentazione di partecipazioni, si prendeva tutto in un’unica
realtà.

Elementi definitori

• E’ una forma di acquisizione societaria da parte di una società che viene costituita ad hoc, denominata shell
company o new company – new.co.
• Si configura, in generale, come un’attività di acquisizione del controllo di una società, denominata società
bersaglio o target company – target, prevalentemente finanziata da indebitamento, il cui piano di remunerazione
e rimborso si fonda sui flussi finanziari generati dall’azienda acquisita derivanti dalla gestione operativa
dell’impresa, e/o dalla vendita di assets non strategici;
• Ha probabilità di andare a buon fine solo se l’impresa genera la liquidità sufficiente per ripagare il debito nei
primi anni, e se la società è attraente per altri acquirenti mano a mano che il buyout si perfeziona. I flussi di
cassa finanziari dovranno sempre essere inferiori ai flussi di cassa della gestione corrente, o si andrà a generare
maggiore debito.

Caratteristiche LBO

• La ristrutturazione proprietaria dell’impresa target,si va a cambiare la compagine societaria;


• L’utilizzo di un elevato finanziamento a debito una forte leva finanziaria, un forte rapporto Debt/Equity.

I soggetti coinvolti

• Soggetto proponente, è chi ha l’idea dell’operazione;


• Investitori finanziari, persone che vogliono partecipare al progetto, di natura finanziaria: non sono imprenditori,
ma persone che vogliono fare un investimento e ci credono. A differenza dei finanziatori, tuttavia, partecipano al
capitale azionario della new.co.

Soggetto proponente e investitori finanziari mettono una quota del capitale azionario, Equity, nella new.co;

• New.co, quella scatola che noi andiamo a creare per l’acquisizione della società target;
• Finanziatori, coloro che prestano, erogano debito nei confronti della new.co, Debt.
• Società target, la realtà che ci interessa comprare.

Merger - Leveraged BuyOut

Asset sale LBO

Il soggetto proponente e gli investitori finanziari mettono capitale di rischio ed insieme costituiscono la new.co.
Il soggetto proponente è colui che ha l’idea dell’operazione e che si rivolge all’investitore finanziario, chiedendo un aiuto
dalla sua parte attraverso dell’Equity per acquisire la società target. Insieme fanno un’operazione di leverage, si
rivolgono a delle banche che finanzino l’operazione. Quelli che sono diventati gli amministratori, i proprietari della new.co,
quella scatola nuova che non ha utilità se non l’acquisizione della target, si rivolgono alle banche chiedendo un prestito
al fine dell’acquisizione della target. In seguito si rivolgono alla target e la acquisiscono. La new.co diviene così la holding
e la target diviene la partecipata.
I soldi devono essere restituiti attraverso i cash flow. Affinchè ciò possa realizzarsi, si deve fare in modo di mettere quel
debito a capo della società target: questo avviene con la fusione, cioè si fondono le due aziende ed i due patrimoni si
fondono così sia in termini di attivo che di passivo. Si viene a creare una nuova società, che sarà l’insieme della new.co e
della target. La new.co non ha attività produttiva, è creata solo per acquisire la target.
Si tratta di una tipologia di fusione inversa, la società che trae origine dalla fusione prende il nome della target e non
della new.co. Questa nuova società avrà di nuovo solo il debito ereditato dalla new.co. La target è sempre la stessa, ma
avrà del debito da ripagare che prima non aveva.

Specializzazioni LBO, a seconda del proponente

Il LBO si differenzia a seconda di chi sia il soggetto proponente.

• Corporate BuyOut, un’acquisizione effettuata da una società;


• Management BuyOut/BuyIn, acquisizioni effettuate da un gruppo di manager che vogliono comprare l'azienda
target.
• Workers/Employee BuyOut: in Italia esistono le cooperative. I lavoratori di alcune aziende, che si trovano in
difficoltà, per non perdere il proprio posto di lavoro possono mettersi insieme, impegnando per esempio il loro
TFR, e comprare con leva finanziaria l'azienda in cui lavorano trasformandola in cooperativa, diventando
imprenditori di se stessi.
• Family buyout, sfruttato in particolar modo nel 2000, quando ha permesso a tante famiglie di ridefinire gli assetti
proprietari. Attraverso i processi di cessione ereditaria della azienda si arrivava ad avere compagini azionarie
eccessivamente frammentate. Per mezzo del Family BuyOut si andava a prendere ogni quota della
frammentazione, queste potevano essere liquidate e poteva essere creata una new.co In alternativa, tante realtà
familiari hanno creato liquidità: si pensi ad una famiglia che detiene il 100% della target. Al fine di rendere liquida
questa proprietà, si creava attraverso il Leverage BuyOut una società ad hoc con la quale comprare la target. La
proprietà era invariata, ma vendendo le proprie azioni alla propria new.co, attraverso una fiduciaria, si
liquidavano le azioni creando cassa.

Un’altra tipologia di azione è l’Asset sale, un particolare tipo di LBO: non si andrà più a comprare la target, ma una sua
parte, un asset: l'immobile, una sua divisione, ossia andiamo a prendere una parte dell'attivo dello Stato Patrimoniale.
Sempre negli anni 2000 sono state realizzate molte operazioni di questo tipo, con lo scopo di togliere la parte
immobiliare da una società, vendendola alla new.co di propria proprietà, in modo da liquidarla. Operazioni di questo tipo
sono state fatte specialmente per i leasing immobiliari.
L'immobile andava in capo alla new.co, la quale metteva sulla società target, che continuava ad utilizzarlo, un canone di
affitto più alto rispetto al debito usato per comprare quell'asset. Si andava a causare un costo alla target nei confronti
della new.co, che ripagava il debito. Chi ci aveva guadagnato erano i soci che avevano reso liquido il bene di proprietà
loro, della target.

09.11

Requisiti di fattibilità

Il nuovo soggetto, nato dalla fusione o dallo spin off, deve essere in grado autonomamente di rimborsare il debito
generato per l’operazione di LBO. I flussi di cassa della gestione investimenti devono essere coperti dagli altri flussi di
cassa. Il debito che si è andato a generare per l’acquisizione della target deve essere coperto dai flussi di cassa della
gestione corrente ed anche accessoria, o di disinvestimento di asset non strategici.
Questo è un principio di compatibilità finanziaria.

C’è anche un discorso di compatibilità economica: l’EBIT (Earning Before Interest and Taxes), deve essere maggiore
della quota degli oneri finanziari più le tasse. Questo solo in Italia. Perché? Esiste una tassa, denominata IRAP, sulle
attività produttive, che non considera il costo degli oneri finanziari e del lavoro come tali.

Infine, vi è un principio di compatibilità in termini di rischio: la propensione al rischio di ciascun finanziatore deve essere
soddisfatta dal livello di rischio dell’operazione.

Questi tre requisiti di fattibilità devono essere contemporaneamente soddisfatti.

LBO fonti di finanziamento

I soggetti proponenti e gli investitori finanziari costituiscono una New.co, dotata di capitale proprio, un equity. Quanto
pesa questo equity, necessario per acquisire la target, all’interno dell’operazione?

• Capitale azionario, capitale sottoscritto della NewCo. Nella prassi è un valore compreso tra il 10 e il 30%
dell'ammontare totale dell'operazione di Buy-Out. Quando si propone un’operazione, le banche devono capire,
si deve dar loro dimostrazione che si crede nell’operazione. Il modo più semplice di dimostrare alla banca la
credibilità di una operazione è mettere in questa la partecipazione dell'imprenditore stesso.
• Debito senior: complesso dei finanziamenti a medio-lungo termine necessario per portare a compimento il buy-
out. E’ nella prassi un debito privilegiato con valore superiore al 50% sul totale dell’operazione. I piani di
rimborso di questo debito variano dai 5 agli 8 anni.
• Debito subordinato, detto anche debito mezzanino. Si parla di valori che oscillano tra il 20 e il 30%.

La differenza tra questi ultimi due consiste nel principio di prelazione al rimborso del debito: il rischio attribuito al debt
senior è sempre minore al debt junior. Tanto più ci si alza come rischio, tanto più ad un livello finanziario il prestito costa.
Il debt senior è un debito normalmente garantito, per esempio attraverso pegni sulle azioni, ipoteche su beni immobili, ..,
cioè ha livello di privilegio molto più alto rispetto al debt junior. Ciò significa che in caso di inadempienza, nel caso in cui
il debito non fosse restituito, viene preferito nel rimborso il debt senior rispetto al debt junior. Se il debt senior è a basso
rischio, il debt junior, o mezzanino, sta nel mezzo, cioè è uno strumento ibrido che si trova nel mezzo tra il capitale di
rischio e il debt senior.
Il debt junior, in quanto caratterizzato da una maggiore percentuale di rischio, costa di più all'azienda. Avrà una
maggiore incidenza sugli oneri finanziari rispetto al debt senior, che dunque costerà di meno.

Il capitale azionario

I soggetti che apportano capitale azionario abbiamo detto essere:

• i proponenti: è il contributo necessario dei promotori dell’operazione, che devono dimostrare di crederci;
• gli intermediari finanziari, attraverso le opportunità di investimento, l’integrazione dell’apporto dei proponenti e la
possibilità di esercitare controllo interno della New.co. Si pensi ad un fondo-PE che entra come intermediario
finanziario all’interno della compagine societaria della New.co.

Nella determinazione delle quote occorre rendere evidente:

• un’adeguata dotazione di mezzi patrimoniali: ci deve essere una solidità patrimoniale;


• coinvolgere il più possibile i soggetti coinvolti nel management quale forma di incentivazione alla responsabilità;
• fissazione di un Tasso Interno di Rendimento (IRR) coerente. Questa è una modalità di valutazione degli
investimenti: i fondi in particolar modo calcolano i propri investimenti tramite questo mezzo. Sostanzialmente si
attualizzano flussi di cassa futuri, i quali devono avere un rendimento che il finanziatore reputa sufficiente per sé
rispetto a quanto versato.

Il debt senior

Il debt senior, nella prassi, è erogato da banche tradizionali o da un sistema di banche in pool: questo normalmente
coincide nell’avere una capogruppo che coordina i lavori per andare a rilevare nel mercato possibili partner con cui
distribuire le quote di finanziamento per una operazione.
Il debt senior può vantare la presenza di garanzie reali su determinate attività o meno. Si distingue pertanto tra un senior
secure debt ed un senior unsecured debt. Questo fa la differenza anche in termini di costo, minore per il primo e
superiore per il secondo.

Possono esistere dei covenants: le banche possono chiedere dei vincoli che limitano l'operato del management a tutela
del capitale prestato e degli apportatori di capitale di debito della società. Si distinguono:
• positive covenants, ovvero vincoli di facere che obbligano i manager a rispettare alcuni must – tra questi
troviamo i financial covenants, dove vengono tenute monitorate alcune variabili finanziarie fissando i valori
massimi di alcuni indicatori -;
• negative covenants, cioè vincoli di non facere che impediscono ai manager di compiere determinate operazioni.

Il debt junior
Finanziatori con prelazione di rimborso e remunerazione inferiore rispetto al debt senior. Chi ha in mano un debt junior è
sicuramente meno tutelato rispetto a chi ha in mano un debt senior.

Nella prassi viene sempre corrisposta per queste forme di finanziamento la remunerazione dell’Equity Kicker, che
permette a chi apporta debito subordinato di beneficiare di eventuali apprezzamenti del valore di mercato di capitale di
rischio dell’impresa attraverso opzioni esercitabili di sottoscrizione di azioni dell’emittente a un prezzo di esercizio
calcolato in modo da soddisfare le esigenze remunerative dei sottoscrittori di mezzanino.
L’Equity Kicker consiste nella differenza di costo tra il debt senior e il debito mezzanino. Si tratta della valutazione di un
ulteriore componente di rischio intrapresa da colui che fa fronte a questa tipologia di finanziamento piuttosto che un
debt senior.

13.11

Venture capital

Con il termine venture capital si definisce l’apporto di capitale azionario, o la sottoscrizione di titoli convertibili in azioni,
da parte di operatori specializzati, in un’ottica temporale di medio lungo termine, effettuati nei confronti di imprese non
quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti e servizi, tecnologie e concezioni di mercato.

Parliamo di fonti di finanziamento legate non al debito, ma all’Equity.


Attraverso il Venture Capital si va ad intervenire nel capitale azionario.
In alternativa, anche qui si possono includere quegli strumenti ibridi, come i convertible bonds, che attraverso processi
di conversione possono comportare la trasformazione di strumenti di debito, come le obbligazioni, in strumenti di equity,
cioè il capitale azionario.

Questo avviene attraverso operatori specializzati: negli USA addirittura si verifica all’interno del Venture Capital
un’ulteriore suddivisione di tipologie di fondo a seconda di dove si va ad intervenire nel processo di crescita. Abbiamo
per esempio fondi di seed corn, o fondi di venture capital puri.

Rientrando nella grande famiglia del PE, sono tutti investimenti duraturi, destinati ad un periodo di attesa di medio-lungo
termine. Si tratta di investimenti che si realizzano dai 3, ai 5, ai 7 anni.

Qual è la caratteristica principale di questa impresa? La prima parte di questa definizione non la distingue dal PE: si parla
di acquisizioni attraverso capitale azionario, tramite operatori specializzati come dei fondi, su investimenti con ottica di
medio-lungo periodo.
In realtà, si aggiunge una caratteristica: il venture capital è indirizzato ad imprese non quotate, ma con un elevato
potenziale di sviluppo: parliamo di realtà embrionali, talvolta ancora non esistenti se non in forma di idea o progetto. Un
esempio classico è Facebook: nel suo progetto di realizzazione era un’idea, nessuno aveva mai pensato ad un social
network di questo genere, che aveva bisogno di essere implementato. Ha sperimentato una crescita esponenziale.

Nell’ambito del PE, ci troviamo davanti ad un’attività di investimento e finanziamento dell’impresa, volta a sostenere la
nascita e lo sviluppo di aziende indipendenti ad elevato potenziale di crescita.

Nasce in USA come spin off di progetti universitari, che vedevano una concreta possibilità di realizzazione nel mercato.

Le sue caratteristiche sono:

• Settori ad elevato contenuto scientifico;


• Privilegia start-up e primo sviluppo;
• Frequente presenza di istituzioni non primariamente finanziarie.

Venture capital e fasi di avvio (importante!)


Si rappresenta lo sviluppo dell’azienda.
Si parte dal momento in cui l’azienda inizia ad esistere, cioè dal punto 0. Prima abbiamo qualcosa, ma non un’azienda:
abbiamo un’idea, che dobbiamo verificare, capire se possa essere utilizzata per esercitare una attività di impresa.
Abbiamo la linea dei fabbisogni finanziari, i Net Asset: andiamo a vedere la loro quantificazione. All’inizio è molto basso e
tende ad aumentare e stabilizzarsi.

Abbiamo il BEP operativo e finanziario. Perché i due flussi sono disgiunti, e perché il BEP finanziario arriva solo
successivamente, rispetto a quello operativo? Il punto di pareggio operativo non è altro che la differenza tra costi e ricavi;
il punto di pareggio finanziario consiste nella differenza tra entrate e uscite.
Io realizzo dei finanziamenti iniziali per avviare il progetto, che hanno un’incidenza sui flussi di cassa: il rimborso dei flussi
di cassa inizialmente sarà negativo, perché non avrò sufficienti flussi di cassa della gestione corrente in grado di far
fronte ai flussi di cassa totali.
Se i flussi di cassa della gestione corrente sono sotto zero, come possiamo pretendere che il BEP finanziario sia sopra lo
zero? O abbiamo una assurda gestione accessoria, o abbiamo dei finanziatori che investono molto, o è molto più
ragionevole che a fronte di un inizio abbiamo dei flussi di cassa negativi che tenderanno a migliorare, poiché tenderà a
migliorare il margine operativo, così come gli indicatori economici.
Crescendo l’azienda ed andando a generare dei flussi di cassa positivi della gestione corrente si andrà a generare un
volume d’affari tale da essere sufficiente per ripagare anche gli investimenti iniziali.
Non basta andare a vedere se il bilancio sia in utile o in perdita, ma occorre osservare i flussi di cassa, occorre osservare
se la generazione di cassa dovuta alla gestione corrente è in grado di assorbire pienamente tutte le uscite di cassa, tutto
ciò che l’azienda deve registrare in termini di uscita di cassa nelle altre gestioni.

Fasi dell’investimento

• Seed corn financing: ancora non c’è un’azienda, ma un’idea, un progetto, che necessita di capitali, di risorse,
di lavoro, di ricerca, di macchinari per essere sviluppato.
Come possiamo sviluppare un progetto? Chiedendo aiuto a dei soggetti finanziatori. Si tratta di investitori
specializzati nelle fasi iniziali del finanziamento dei progetti: intervengono in una situazione embrionale e molto
spesso lavorano con altri soggetti non finanziari, gli incubatori: luoghi dove si fa ricerca, luoghi fisici di
emanazione universitaria o profit-oriented utili ai fini della realizzazione del progetto. Si parla di proto tipizzazione,
si va a realizzare un prototipo di quello che potrebbe essere un prodotto da collocare sul mercato.
In Italia il venture capital ha avuto poco slancio: non era nella mente degli italiani, per due ragioni particolari: il
nostro è un sistema bancocentrico – nel momento in cui si necessita di soldi, non si pensa agli intermediari
finanziari presenti all’interno del mercato, ma ci si rivolge alla banca, non principalmente orientata a questo tipo
di attività; dall’altro lato ci sono state delle forti patologie di frode, progetti messi su carta ma mai realizzati al
solo fine di ottenere dei finanziamenti. Questa cultura non ha promosso lo sviluppo di nuove idee.

Ci troviamo dunque in una fase pre-competitiva, senza ricavi e con esigenze di capitali forniti dall’imprenditore,
dall’industria, dal settore pubblico e dagli investitori finanziari.
- L’industria opera con acquisizioni tramite captive companies;
- Ci troviamo nel settore pubblico, con finanziamenti a fondo perduto o indiretti;
- L’investitore finanziario ricerca l’IRR obiettivo e apporta disciplina dei costi e gestione finanziaria attraverso un
manager;
Gli altri soggetti coinvolti sono:
- I fondi specializzati: spesso emanazione di fondi più grossi che operano nelle fasi successive;
- Gli incubatori: luoghi adibiti alla ricerca. Possono essere profit oriented (privati) e non profit oriented
(pubblici/politecnici).

• Start-up financing: Nel momento in cui noi andiamo a sviluppare l’impresa, crescono anche i fabbisogni
finanziari, perché finanziamo la nostra attività. Dovrò avere non solo una produzione, quindi comprare materie
prime, sussidiarie, ma dovrò assumere del personale e pagare loro gli stipendi, ..
Il fabbisogno finanziario, prima minimo, ora cresce.

L’azienda inizia la produzione dei ricavi con l'obiettivo di raggiungere il BEP. L'impresa ha finalmente realizzato
un prodotto destinato al mercato di sbocco e un valore.
- Industria interviene con modalità soft di finanziamento e contratti di fornitura;
- Settore pubblico permano nell'investimento;
- Investitori finanziari, fondi di venture capital che apportano capitali e ricercano IRR;
Gli altri soggetti coinvolti sono:
- I fondi specializzati: come nella fase pre-competitiva;
- I business angels: ex manager e imprenditori con conoscenze di settore e organizzative, in grado di dare molte
indicazioni per il nuovo progetto;
- Gli incubatori: è ancora fondamentale in questa fase la ricerca e l'affinamento dei prodotti.

• Early stage financing: l’azienda, strutturata e consolidata, nata poco prima con un progetto, inizia ad essere
sviluppata in termini dimensionali, ha avuto uno sviluppo esponenziale, moderna e capace di creare valore.
L’azienda ha raggiunto il suo BEP operativo, ma deve ancora migliorare dal punto di vista finanziario per
proseguire nella fase di expansion dove i fondi di VC usciranno dall'investimento per gli operatori di PE. I
contratti con i privati iniziano a prendere forma, non solo sono presenti ma sono andati a crescere nel tempo.
L’azienda, sviluppata, non ha più bisogno di incubatori.
Tra i soggetti non si trovano più i seed corn funds, il settore privato e il settore pubblico, ma vari operatori del
sistema finanziario.

Tutte le imprese prima o poi finiscono. Si verifica perciò una fase di declino, con successiva liquidazione
dell’azienda.

Way out: l’uscita dai fondi di Venture capital può finire con la dismissione della quotazione, OPV, trade sale o la
vendita a un fondo di PE tradizionale.
Solo il 20% dei casi di Venture Capital finisce con un successo; per questa ragione gli IRR annui attesi sono
molto alti (>50%). Solo uno su cinque riesce, ma in modo tale da coprire le perdite realizzate attraverso gli altri
insuccessi.
Mezzi finanziari

• Equity. Non attraverso la leva finanziaria, poiché in una situazione iniziale che prevede già dei flussi di cassa
negativi non ha senso alcuno iniziare un’impresa gravando su di essa con un debito.
- Non prevede scadenze di rimborso ed il disinvestimento avviene di norma con cessione al mercato od a terzi,
senza gravare l’impresa;
- È una fonte flessibile di capitali, utile per finanziare processi di crescita;
- La remunerazione del capitale dipende dalla crescita di valore dell’impresa e dal suo successo;
- L’investitore nel capitale di rischio rappresenta un partner che può fornire consulenza strategica e finanziaria.
Non è una presenza inerme e passiva.
• Prestito obbligazionario convertibile;
• Finanziamento mezzanino (mezzanine fin.);
• Debito subordinato (subordinated debt);
• Senior debt.

20.11

IPO - Initial Public Offering

La borsa è un mercato e come tutti i mercati prevede una domanda e un'offerta, uno scambio di azioni, pacchetti di
proprietà di aziende.
Una prima distinzione da delineare è tra quella tra mercato primario, dove avviene la quotazione in borsa, ossia il
mercato di collocamento, e il mercato secondario, dove avvengono scambi di azioni già quotate. Si tratta di scambi che
avvengono tra privati di azioni già quotate, sono azioni già emesse dalle aziende in un mercato regolamentato, ossia
soggetto a regole dettate dalla vigilanza e fatte eseguire da una società di gestione. I due soggetti che regolano queste
discipline a Milano sono la Consob, ente di vigilanza dei mercati regolamentati in Italia; chi gestisce invece i mercati?
Borsa italiana, di proprietà del London Stock Exchange.
All’interno dei mercati regolamentati ci sono varie suddivisioni: troviamo da un lato il mercato Star, costituito da imprese
a media capitalizzazione - considerate le piccole imprese per la borsa, dall’altro le Blue Chip, imprese ad alta
capitalizzazione azionaria, come Eni, la più grande in Italia e punto di riferimento a livello internazionale.

La quotazione

A noi interessa analizzare il processo di quotazione delle imprese.


L’IPO o Offerta Pubblica Iniziale consiste nell’offerta ad un pubblico di investitori di azioni di una società come atto
conclusivo di un processo che porta alla quotazione dell’emittente in uno o più mercati.
L’elemento centrale dell’operazione di quotazione in borsa è la definizione del prezzo di collocamento, ovvero il prezzo di
accesso al mercato primario.
L’Initial Public Offering si delinea come un processo ben definito, con dei tempi e delle modalità proprie, che comporta
un cambiamento rilevante all’interno della struttura e dell’organizzazione aziendale.

In relazione alla natura delle azioni offerte al pubblico è possibile distinguere tre tipologie di IPO. Infatti, una azienda può
decidere di quotare:

• azioni di nuova emissione: OPS – Offerta Pubblica di Sottoscrizione: attraverso un aumento di capitale, le nuove
azioni vanno ad essere quotate nel mercato;
• azioni già esistenti e di proprietà di qualcuno, che vengono vendute nel mercato primario: OPV – Offerta
Pubblica di Vendita: si pensi ai fondi-PE. Alla fine i fondi dovevano vendere le proprie azioni e la possibilità di
accedere in borsa è un'opzione di way out molto ragionevole;
• la società può decidere di vendere e nello stesso tempo emettere nuove azioni, è un collocamento che vede la
presenza di azioni già esistenti e azioni nuove: OPVS – Offerta Pubblica di Vendita e Sottoscrizione. Ciò che si va
a quotare, il quantitativo di azioni che si va a quotare, prende il nome di flottante. Per esempio, un’azienda
quotata può avere un flottante del 40%, all’interno delle quali il 20% è di nuova emissione, o OPS.
Attraverso un primo collocamento inizia uno scambio che la conduce poi nel mercato secondario, dove il prezzo varia.
Per esempio, Ferrari è stata collocata a 52 dollari, ma nello stesso giorno ha raggiunto un prezzo di 60 dollari, per poi
riscendere nei giorni successivi, risalire, stabilizzarsi e così via. Il prezzo di collocamento è deciso e fisso, ma tutti i
successivi scambi andranno a fare oscillare questo prezzo, a seconda dell'andamento del mercato.
Ci sono tre andamenti che si devono osservare:

• ciclici, dove c’è una correlazione col mercato – se il mercato sale, lo stesso farà la nostra azione;
• anticiclici, opposti all’andamento del mercato – si prenda come esempio l’oro, che nei momenti di crisi sale
incredibilmente, in quanto considerato un bene-rifugio e che tutti comprano;
• aciclici, assolutamente decorrelati rispetto all’andamento di mercato, non soggetti alle sue fluttuazioni.

Gli attori coinvolti nell’IPO

• La società emittente, la società che decide di quotarsi;


• Gli investitori istituzionali o individuali, quei PE che, arrivati alla fase di disinvestimento, hanno la necessità di
vendere le azioni e, laddove esistono i requisiti, la quotazione in borsa è una modalità che valorizza
l'investimento iniziale;
• Azionisti che partecipano all'offerta vendendo azioni possedute. Zuckerberg possedeva le azioni di Facebook e
ne ha vendute una parte all’interno del mercato;
• Advisor e banche, aziende di certe dimensioni; un operatore del corporate banking propone all'imprenditore una
quotazione, con la possibilità di essere seguito dal corporate banking stesso. Ci sono delle attività, denominate
investment banking, che nascono come servizio di quotazione alle imprese. Andare a quotare una società in
borsa non è semplice, per via di regolamenti, procedure anche dettagliate da seguire, per le quali si necessitano
soggetti che conoscano il mercato ed accompagnino in questo processo.
• Società di gestione del mercato di quotazione, come Borsa Italiana;
• Autorità di controllo, come Consob.

Il disegno economico dell'IPO

• La dimensione dell'operazione: è diverso quotare una piccola azienda, piuttosto che Poste Italiane;
• La composizione dell'offerta, di che azioni stiamo trattando;
• La tempistica del collocamento: normalmente i tempi sono ben stabiliti. Si può decidere di effettuare un
collocamento nell'arco di x anni: una azienda decide di collocarsi andando a massimizzare una serie di requisiti
economico-finanziari che possono a loro volta andare a massimizzare il prezzo di vendita. C'è un bridge
temporale orientato a massimizzare i dati aziendalistici, base per determinare il prezzo di collocamento.
E’ di fondamentale importanza scegliere il momento più propizio per quotarsi. Infatti, collocarsi nel momento
sbagliato può compromettere l’andamento futuro dell’azienda, sia in termini di performance economiche, sia in
termini di performance sui mercati finanziari. Il mercato delle IPO è altamente ciclico e chiedere agli operatori di
entrare a far parte del capitale di rischio di una impresa in un momento di “stanca” del mercato o di recessione
può compromettere l’intera operazione, anche se i fondamentali dell’azienda sono buoni.
• La scelta del mercato di quotazione. Per esempio, Prada decide di quotarsi ad Hong Kong, Ferrari decide di
quotarsi a Wall Street: a Prada interessa Hong Kong perché rappresenta un’azienda del settore lusso e di
conseguenza ha un certo costo ed in Asia c'è un mercato crescente e potenzialmente appetibile per un’azienda
come Prada. Questa quotazione ha permesso la ristrutturazione della società, che ha potuto investire molto in
quel mercato ed ha superato Louis Vuitton in termini dimensionali. Se Prada si fosse quotata a Milano non
avrebbe avuto lo stesso successo, perché Milano era più cara in termini di prezzo di collocamento ed anche
come scelta strategica di mercato.
Per Ferrari , il mercato statunitense è importantissimo. Ferrari vende molto negli Stati Uniti, perché rappresenta
uno status symbol e lì, rispetto all'Italia, trova molte più persone propense all'acquisto.
La scelta del mercato tiene in considerazione non solo gli aspetti di convenienza economica, ma anche il valore
strategico del collocamento.
• La ripartizione tra investitori, chi detiene le azioni?;
• La forma del collocamento, il quantitativo di flottante che si va a collocare;
• Il pricing, aspetto centrale del collocamento.

Le motivazioni della quotazione

Nella letteratura economica esiste un’ampia raccolta di studi e ricerche che vagliano i motivi per cui un’impresa decide
di quotarsi.
Si ricorda brevemente che, secondo la teoria del “pecking order” (Myers, 1984), esiste un ordine gerarchico nelle fonti di
finanziamento e la scelta del capitale di rischio è l’ultima da attuare.
Secondo un differente approccio (Myers – Majluf, 1984), i manager, che dispongono di informazioni più precise sul reale
stato di salute dell’impresa, tendono ad offrire azioni solo quando il mercato le sopravvaluta.
Per Ibbotson e Ritter (1995), la decisione di quotarsi costituisce parte del ciclo di vita di un’impresa, che si rende
necessario quando l’investimento da effettuare sarebbe troppo grande ed illiquido se le azioni non fossero quotate.

Ci sono sicuramente delle ragioni di natura finanziaria, perché la quotazione permette di accedere a nuove forme di
finanziamento e soprattutto se si va a compiere una OPS entrano capitali nell’azienda. E’ una forma di finanziamento di
tipo equity che rende solida, patrimonializza la società e naturalmente va a migliorare i quozienti e gli indicatori di natura
economico-finanziaria.
C’è una ragione istituzionale e strategica: si va a creare valore aggiunto. Una società quotata ha uno status quasi nobile,
la quotazione la rende importante. Chi decide di quotarsi decide anche di essere fatto oggetto di una serie di
regolamenti di trasparenza e controlli, di regole aggiuntive a tutela del risparmiatore, che deve essere messo a
conoscenza in modo adeguato del proprio investimento, che una non quotata non ha: tutto ciò che è informazione viene
messo nero su bianco. Anche rispetto alle banche, ai finanziatori, al pubblico, si acquista un'altra luce.

Chi si quota deve dotarsi di una struttura, di un modello organizzativo non più artigianale. Vengono richiesti standard
qualitativi elevati.

I vantaggi/svantaggi percepiti della quotazione: un’indagine di Borsa Italiana


V1. Raccogliere capitali per far crescere l’azienda, come nel caso Prada: il mercato asiatico e la quotazione al suo
interno ha consentito di guadagnare molte posizioni, tanto da superare Louis Vuitton.
V2. Migliorare i rapporti col sistema bancario, si acquista uno standing superiore e si viene visti in maniera diversa, tutto
è scritto e pubblico.
V5. Monetizzare parte dell’investimento fatto dai proprietari: nell’OPV e nell’OPVS si trasformano in cassa quelle azioni.
V7. Ottenere finanziamenti più vantaggiosi: aumenta lo standing, il rating della società – se entrano capitali la società si
patrimonializza e nel momento in cui si patrimonializza la società diventa più appetibile – agli occhi delle banche, che
sulla base di questo erogano i crediti alle imprese. Sarà molto più semplice ottenere un finanziamento e questo costerà
di meno: il rischio è minore ed un credito erogato costa di meno.
V8. Risolvere il problema del passaggio generazionale: un discorso molto importante, specialmente oggi. La Borsa può
essere una risposta perché le azioni vanno nel mercato, che ha delle richieste di struttura e managerialità e quindi si va a
risolvere non solo il problema del passaggio azionario, ma anche quello della governance dell’azienda.

S1. Oneri ed adempimenti: quotarsi in borsa costa, molto. Una azienda che fattura tra i 20.000.000€ ed i 30.000.000€,
che inizia ad avere una propria dimensione, fatica a supportare una quotazione in borsa, che è sempre superiore a
1.000.000€. Possono accedere alla quotazione in borsa soltanto aziende di una certa dimensione. Parliamo di mercati
regolamentati.
S2. Esposizione maggiore ai controlli: si è soggetti ad una serie di controlli, certificazioni obbligatorie da parte di una
società di revisione contabile, a sua volta certificata dalla Consob.
S3. Esposizione alle speculazioni: certi titoli possono essere fatti oggetto di andamenti di Borsa che poco c’entrano con
l’andamento dell’azienda.
Si pensi a Tiscali, oggetto della buble tech che negli anni Duemila portò a una grande speculazione sui titoli tecnologici.
Il suo prezzo arrivò a 300, cadendo nuovamente in seguito.
Un altro caso è rappresentato dalle vendite allo scoperto, dove si guadagna sul ribasso e non sul rialzo delle aziende. Si
possono verificare dei movimenti di mercato che tendono a far decrescere il valore di una azienda solamente perché si
vende allo scoperto.

Ancora, un altro fenomeno si verificava in passato in alcuni fondi a impulsi nell’attività di acquisto o di vendita. Ogni x
secondi si effettuavano dei movimento di mercato di x centinaia di dollari, erano impulsi frequentissimi. Si potevano così
notare dei movimenti di mercato rapidi e ingenti su un determinato titolo, che portavano l’osservatore ad agire di
conseguenza.
S8. Rischio di perdita del controllo della propria azienda: questo dipende dalle maggioranze relative che si riescono a
mantenere nelle proprie società. Si si va a destinare il 60% di flottante alla quotazione in borsa, ma si tiene il 40%, quel
40% non sarà la maggioranza ma controllerà l’azienda, in quanto il 60% è frammentato in tanti, tantissimi piccoli
investitori.

Limiti e rischi connessi alla quotazione

• Aumento della formalizzazione del processo decisionale;


• Costi di compliance;
• Crescente pressione delle performance di breve periodo;
• Esposizione al rischio di takeover: le azioni, essendo quotate nel mercato, sono disponibili alla vendita per
chiunque ne voglia comprare. Superate certe soglie si deve fare la cosiddetta OPA, Offerta Pubblica di Acquisto,
per la quale se si vuole una partecipazione rilevante all’interno di una società, questo deve essere dichiarato
pubblicamente. Quando succede questo, l’azienda inizia ad apprezzarsi, il prezzo dell’azione inizia ad
aumentare. Nel Gennaio 2014 è cambiata la legge per le banche popolari: le banche popolari con un attivo
superiore a 8.000.000.000€ devono trasformarsi in SpA. Questo, soprattutto per le popolari quotate è un
problema, poiché toglie loro quello scudo prima costituito dai limiti sulle partecipazioni alle banche cooperative.
Ciò la rende disponibile a un takeover da parte di qualsiasi investitore, anche estero.

Vi sono dei casi di delisting, ovvero di uscita di una società dai mercati regolamentati. Questo può avvenire:

• Per decisione autonoma;


• Per mancanza di requisiti, di entrata o permanenza;
• Per acquisizione della società da parte di un nuovo soggetto di controllo: il takeover detto sopra. Si vanno a
comprare tutte le azioni presenti nei mercati regolamentati e queste vengono trattenute da un singolo, che le
toglie così dal flottante.

Il processo di quotazione

Entriamo nel dettaglio delle fasi che vanno a determinare il processo di quotazione di una azienda.

• Fase pianificazione/preparatoria (4-6 mesi ante offerta): è la parte in cui si decide questo approccio, attraverso
gli organi di controllo (da un lato il c.d.a., dall’altro l’assemblea dei soci) e la scelta dei soggetti che
accompagneranno l'azienda in questo processo.
Inoltre, si realizza un processo di due diligence - attività in cui si fa uno screening dell'azienda che vogliamo
quotare, fatta ad esempio dai fondi-PE nel momento in cui vogliono entrare nel capitale azionario di una società,
al fine di vederne ogni aspetto e fare un controllo.

1. Delibera da parte degli organi aziendali;


2. Presentazione preliminare della società ai rappresentanti del mercato di riferimento;
3. Nomina dei consulenti: advisor, global coordinator, sponsor, studio legale ..;
4. Definizione e dimensione offerta;
5. Due diligence;
6. Predisposizione documentazione;
7. Filing (comunicazione) a Borsa Italiana e Consob, o Autorità di controllo;

• Fase esecutiva (2/3 mesi ante offerta):

1. Diffusione di un documento, il cosiddetto Equity Research Report;


2. Fase di pre-marketing, dove si va a testare il mercato e comprendere se sia o meno ricettivo; un’operazione di
quotazione può anche andare a cattivo fine;
3. Ammissione alla quotazione: l’autorità di vigilanza ritiene che ci siano i requisiti per procedere a una
quotazione;
4. Roadshow
5. Bookbuiling; si va a relazionarsi con gli investitori istituzionali.

• Pricing e allocazione dell'offerta

Fase di pianificazione/preparatoria

1. Delibera da parte degli organi aziendali.


Ci sono una serie di motivazioni che spingono l’impresa ed una serie di motivazioni che spingono i soci.

I2. Ridefinire D/E diversificando le fonti di finanziamento: cosa succede se andiamo a quotarci con una OPS?
Aumenta l’equity, e dunque il rapporto di leva finanziaria migliora e diminuisce. Se abbiamo meno leva
finanziaria, aumenta il prestigio societario ed il monitoring, ovvero la possibilità di controllo della società.

S2. Capital Gains: il socio che aveva comprato un’azione a 10€ privatamente ora la può rivendere a 20€. La
differenza che intercorre è il cosiddetto capital gain, ciò che si guadagna nelle differenze di pricing tra acquisto e
vendita.

2. Presentazione preliminare della società ai rappresentanti del mercato di riferimento (scelta del mercato
regolamentato di quotazione).
È di fondamentale importanza scegliere in quale mercato di riferimento si vuole collocare la propria società.
Infatti, la scelta di un mercato/settore piuttosto che di un altro, condiziona la percezione degli operatori riguardo
la tipologia di società che si sta quotando.
In particolare i fattori che influiscono sulla scelta del mercato di collocamento sono:
1. I tempi ed i costi di quotazione;
2. La localizzazione geografica del mercato;
3. La dimensione del mercato;
4. L’immagine di efficienza e di trasparenza del mercato;
5. La specializzazione del mercato in termini di settori/imprese quotate.

Si prospetta così un trade-off tra quotazione domestica e estera, che va a tenere in considerazione anche le
securities law, cosa richiede la vigilanza, i principi contabili ora internazionali.
La quotazione non deve essere per forza in un unico mercato: si parla pertanto di dual listing o multiple listing.

3. Scelta (pitch) e nomina dei consulenti: vengono definiti i soggetti che interagiscono con la quotanda e che
rappresentano il successo di una quotazione, perché fanno la differenza. I primi tre soggetti hanno tre ruoli molto
particolari:
1. Advisor: soggetto che lavora per la quotanda, la assiste e ne cura gli interessi nella realizzazione della
quotazione. E’ un soggetto di parte, tenderà a fare il bene della sola società, mentre il global coordinator e lo
sponsor si elevano in uno stato di imparzialità.
2. Sponsor: Soggetto che presenta al mercato la società quotanda, garantendone la qualità. Mette a rischio la
sua reputazione
3. Global Coordinator: effettivamente il soggetto più importante del processo di quotazione. E’ colui che va a
coordinare tutte le operazioni, decidere le tempistiche, è una sorta di garante della quotazione, colui che ci mette
la faccia. A tal fine ha bisogno di avere un alto standing, non può essere un soggetto casuale. Si tratta di
persone inserite nel mercato, considerate con alta stima e che quindi non lasciano niente al caso. Non fa gli
interessi dell’azienda, fa gli interessi di tutti: permette la quotazione e che questa avvenga in modo trasparente,
perché se non dovesse essere così anche lui, in prima persona, ne sarebbe danneggiato, rimettendoci in termini
di vigilanza ma soprattutto di reputation. Spesso coincide con lo sponsor.
4. Società di revisione: non si parla del classico revisore contabile, ma si parla di una società, iscritta agli albi
Consob, che ha determinati requisiti di professionalità. Prepara la due diligence (legale,contabile, di business).
5. Studi Legali: assistono la società in tutti gli aspetti di natura giuridico-formale.
6. Consulente di comunicazione: cura tutti gli aspetti destinati a una comunicazione efficace verso il pubblico
della quotazione. Quando una azienda si quota necessita di qualcuno che, all’interno del mercato, compri le sue
azioni. Ci deve essere un elemento pubblicitario importante, di peso, rappresentato da questo tipo di società.

27.11

I soggetti

• Advisor: quel soggetto che lavora per la società, pur non essendone un dipendente. Assiste il cliente in tutto il
processo.
Lavora in ambito finanziario e agisce negli interessi degli azionisti e della quotanda.
Il punto centrale di una quotazione è il pricing, il prezzo di collocamento, in quanto ne definisce l'appetibilità. Il
pricing è il luogo dove la domanda incontra l'offerta e chi deve cercare di massimizzare e giustificare il pricing
proposto al mercato è l'advisor, che a tal fine deve mettere in evidenza gli elementi positivi della società.
Non necessita di placing power o boutique finanziaria. L'advisor deve essere riconosciuto nell’ambito del
mercato e deve essere credibile.

• Global coordinator: la figura più importante all’interno dell’intero processo. Si deve trattare di una persona che
ha reputation, riconosciuta e che metta la faccia nell’operazione. Non opera nell’interesse degli azionisti, ma
opera per gli interessi della buona riuscita dell'operazione, lavora per l'operazione in se stessa, affinché la
procedura e tutto ciò che è richiesto in termini di adempimenti venga fatto nel migliore dei modi. Deve essere
maggiormente credibile nei confronti degli investitori istituzionali e degli acquirenti nel mercato primario.
Si tratta di quel soggetto che garantisce la bontà dell'operazione. Può essere ritenuto responsabile nel caso in
cui la quotazione non avviene, se le cause sono ad esso imputabili: può entrare in Black List ed in ambito
finanziario questo incide molto sulla persona.
Deve dimostrare (track record) che le operazioni svolte in passato sono andate a buon fine, la propria
competenza, e mette una responsabilità pecuniaria.
Gli elementi rilevanti sono dunque:
1. Track record delle operazioni svolte nel passato
2. Reputation nel settore
3. Placing power
4. Propria specializzazione (equity research)
5. Solidità finanziaria (caso di underwriter)
6. Stima preliminare della società quotanda
7. Può essere ritenuto responsabile nel caso in cui la quotazione non avviene se le cause sono ad esso
imputabili.

• Le società di comunicazione: l'efficienza di una operazione dipende molto dalla sua notorietà, da come e quanto
questa sia conosciuta. L'attività di comunicazione è quindi di estrema importanza: si comunica che avviene una
quotazione ed i suoi elementi favorevoli.
Rispetto al target dell’operazione ci sono diverse modalità comunicative. Da un lato abbiamo un rapporto con gli
istituzionali che ha una gestione a sé, anche in termini procedurali, dall’altro la gestione della quotazione del
retail, attraverso altri canali.

Possiamo riassumere dicendo che:


1. La società di comunicazione è responsabile della comunicazione e dell’immagine;
2. Più un’IPO è rilevante ai fini del capitale, più si necessita per questa attività di una forte reputation.
Per le IPO di piccole dimensioni si utilizzano anche realtà poco conosciute;
3. Il rapporto di collaborazione può permanere anche dopo l’IPO per le attività di investor relationshi.p

• La società di revisione: si tratta della società che certifica i bilanci, che fa due diligence di ogni livello, che per
Consob va a definire la veridicità dei dati emersi dalle due diligence.

• Lo sponsor: è quel soggetto, a volte coincidente con il global coordinator, che presenta la società a Borsa
Italiana e al mercato, garantendone la qualità. E’ un altro soggetto che mette la faccia. Viene nominato dalla
società, magari su suggerimento dell'advisor, ma deve essere imparziale. Ci mette la faccia per garantire la
trasparenza della qualità dell'operazione. Migliore è la sua reputazione, meglio è.

• Lo specialist: è una figura che sostanzialmente cerca di evitare i fenomeni speculativi o di eccessivo
deprezzamento del titolo. Interviene dopo la quotazione quindi, e propone acquisti o vendite quotidianamente su
un mercato per un quantitativo minimo giornaliero.
Tende alla stabilità del prezzo nel periodo successivo alla quotazione.
Un titolo è liquido quando viene scambiato molto; un titolo che non ha liquidità non è ben visto, non piace alla
Borsa. Lo specialist interviene comprando e vendendo, mantenendo una sorta di liquidità media, al fine di
renderlo interessante.
La sua presenza è obbligatoria nel mercato STAR: che ENI abbia dei voluti di scambio importanti è evidente, che
ne abbia una società marginale quotata nello STAR non è automatico. E’ stata pertanto richiesta la presenza
dello specialist, il quale dà movimentazione al titolo.
Per lo specialist ci sono dei ricavi nel trading.

• Sindacato di collocamento “in senso stretto” e “di collocamento e garanzia”: troviamo una serie di soggetti che
predispongono per sé e per gli altri una serie di requisiti atti a far andare a buon fine una operazione. Le funzioni
tipiche sono infatti:
1. La produzione di informazioni;
2. La reputazione e certificazione dell’emittente;
3. Lo sviluppo e la selezione della domanda.
Abbiamo diverse strutture:
1. Managing group (origination – l’attività all’origine, l’idea della quotazione; underwriting; placement)
2. Non-managing underwriter (underwriter; placement)
3. Selling group (placement).

Ci sono due canali differenti: uno è quello relativo al retail, ossia collocamento al pubblico, l'altro è il
collocamento istituzionale.
Il collocamento istituzionale è composto mediamente da 4 o 6 banche importanti, che poi faranno di queste
azioni quello che vorranno. C’è un lead manager che in alcuni casi può legarsi, può mettere delle garanzie, sulla
buona riuscita dell'operazione. Il coordinamento viene sempre svolto dal global coordinator. Non viene offerta la
garanzia del collocamento ex ante, ma solo ex post.
Il collocamento al pubblico deve seguire una logica di diversificazione molto ampia, si deve essere capillari e per
questo si compone da un minimo di 15 ad un massimo di 30 banche. Cerca di avere un collocamento frazionato
e diffuso, nel modo più diversificato possibile. Ci si può quotare anche in più mercati (multiple listing); ciò
prevede la presenza di un consorzio per nazione. La garanzia del collocamento viene offerta ex ante.

Le banche possono fare raccolta diretta o raccolta indiretta. Una banca può agire per conto del cliente o
acquisire per conto proprio.

4. Definizione e dimensione dell’offerta: le azioni possono essere offerte:


1. Al pubblico, dove viene utilizzato come canale distributivo lo sportello bancario in senso lato. Le banche
hanno incrementato la parte consulenziale. A seconda della capacità patrimoniale di ogni singolo cliente ci sarà
un differente livello di attenzione. Si parla di tranche retail, fa riferimento a un “consorzio di collocamento al
pubblico”;
2. Ad investitori istituzionali, i fondi: compagnie di assicurazione, i fondi pensione, i fondi di gestione TFR.
Avvengono tramite i desk degli intermediari collocatori. Si parla di tranche institutional,fa riferimento a un
“consorzio di collocamento istituzionale”;
3. Club deal: limitato numero di soggetti importanti identificati individualmente. Si parla di friends&family tranche.

5. La due diligence: svolta da società di revisione contabile iscritte nell’albo Consob, che verificano i dati di bilancio
ed i dati previsionali, in termini di budget, e si vanno a vedere anche le capacità di recepire i dati dell'azienda
(sistema interno di reporting), le procedure interne impiegate per rilevare i dati aziendali.
Tipico esempio: il magazzino e la gestione scorte. Si va a vedere in che modo sono valutate certe voci: un
prodotto finito messo al costo ma che non ha valore di mercato deve essere dichiarato.
Si rilasciano le cosiddette comfort letters, un documento che certifica nei confronti di terzi la veridicità dei dati
esaminati (storici e previsionali), oltre al corretto rispetto dei principi contabili.

I rapporti con le società di gestione del mercato

Nel caso italiano, parliamo di Borsa Italiana.


Viene svolta un’istruttoria sulla quotanda e vengono richiesti alcuni documenti:
1. Business plan, un piano industriale con evidenziati gli obiettivi dell’emittente. Il piano industriale è il documento che
illustra le intenzioni strategiche del management relative alle strategie competitive dell’azienda, le azioni che saranno
realizzate per il raggiungimento degli obiettivi strategici.
Si va a fare una radiografia della quotanda, andandone ad osservare per esempio le quote di mercato, la struttura
organizzativa, la composizione del management e della governance, .. Successivamente si identificano delle leve
operative, commerciali, .. e si fanno delle proiezioni in termini quantitativi, delle previsioni sul futuro dell’impresa in
termini di movimenti economici, patrimoniali, etc.;
2. Q-MAT: un documento obbligatorio con la funzione di definire il posizionamento competitivo della impresa nel
mercato. Dà informazioni relativamente al business model, agli stakeholder ed ai soggetti operanti nel settore di
appartenenza;
3. Management information system: si va a definire il sistema di controllo della società, si dice chi sono i manager;
4. Il codice di Corporate Governance: documenta la Governance della società, quali sono gli scopi di chi governa la
società, ovvero del c.d.a., e di come questo viene posto in essere.
6. Predisposizione dei documenti: il prospetto informativo è un documento che viene pubblicato per l’offerta
pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari. La divulgazione delle informazioni relative agli
strumenti finanziari e ai suoi emittenti promuove la tutela degli investitori. Le finalità sono garantire un adeguato
livello di informazione ai potenziali investitori e tutelare i diritti delle parti coinvolte nell’operazione.

Il prospetto informativo è costituito da tre sezioni:


1. Informazioni sull’emittente:
a. Sull’attività svolta
b. Sugli organi sociali
c. Sugli assetti proprietari
d. Su patrimonio, situazione finanziaria e economica
e. Sulle prospettive
2. Informazioni sugli strumenti finanziari
a. Su strumenti fin della società
b. Su recenti operazioni aventi per oggetto strumenti finanziari
3. Informazioni sulla sollecitazione
a. Sull’offerente
b. Sui collocatori
c. Sulla sollecitazione
d. Sulla quotazione
e. Appendici e documenti a favore del pubblico
f. Sui responsabili del prospetto, sui revisori e sui consulenti

7. Pubblicazione del prospetto informativo conseguente alla domanda di ammissione alla quotazione, fatta alla
società di gestione e all’organismo di vigilanza: la conclusione della fase preparatoria avviene con il filing, ossia il
deposito presso borsa (Borsa Italiana) e autorità di controllo (Consob) della domanda di ammissione alla
quotazione, che entro 60 giorni dalla comunicazione ne può autorizzare la pubblicazione o richiedere
modifiche/integrazioni.
Vengono predisposte delle ricerche sulla società quotanda, le cosiddette equity research, che contengono anche
valutazioni previsionali. Questi documenti non vengono resi pubblici.
Tra investitori istituzionali e investitori retail esiste un rapporto di asimmetria informativa: le informazioni detenute
dagli investitori istituzionali sono di gran lunga maggiori rispetto a quelle detenute dagli investitori retail.
L’investitore istituzionale va a parlare con il global coordinator, con lo sponsor: l’acquisizione di milioni di euro è
diversa dall’acquisizione di ogni singolo retail. Ci sono dei veri e propri incontri e quindi le informazioni sono
superiori.

Fase esecutiva (domanda frequente in sede d’esame)

1. Diffusione di un documento, il cosiddetto Equity Research Report;

2. Fase di pre-marketing: è quella attività che precede il bookbuilding, dove gli incaricati al collocamento
istituzionale prendono contatti con potenziali investitori per capire il “feeling” dell’offerta. Dalle informazioni
ottenute si ottiene un range di prezzo significativo per l’offerta. SI prendono i primi contatti con gli investitori
istituzionali, si dà loro qualche informazione ed inizia una sorta di pre-trattativa sul prezzo della quotanda.

E’ un’attività che precede il roadshow e dà delle indicazioni sul prezzo e sul livello della domanda del titolo della
quotanda. Se si iniziano a interpellare una serie di istituzionali e questi non mostrano interesse, ci sarà un bad
feeling sulla quotazione.
Dopodichè si avrà il Nulla Osta e l’ammissione da parte dell’Autorità di controllo e della Borsa.
3. Ammissione alla quotazione: l’autorità di vigilanza ritiene che ci siano i requisiti per procedere a una quotazione;

4. Roadshow: si dà inizio all’organizzazione e alla realizzazione di una serie di incontri organizzati dall’emittente con
i maggiori clienti e investitori istituzionali dove vengono presentate le caratteristiche dell’operazione. Vengono
raccolti il maggior numero di informazioni su prezzi e quantità di titoli che ogni investitore è disposto ad
acquistare. Attraverso tali informazioni è creato un book che è continuamente aggiornato fino al termine
dell’operazione.
E’ uno dei momenti più delicati del processo, perché è il primo incontro tra i promotori della quotazione e la
comunità finanziaria.
La durata di questo periodo è breve e concentrata (1/2 settimane).
Si capisce qui l’importanza del global coordinator e dello sponsor. Il global coordinator, che è il soggetto che
coordina tutta l’operazione, è colui che ci mette la faccia ed allora è importante avere un global coordinator con
una buona reputation in tutta la comunità finanziaria ed uno sponsor che garantisce la qualità di quei dati. Loro
possono dare valore aggiunto all’operazione nel momento in cui si iniziano a comprendere i valori in gioco, pur
non entrando ancora nel dettaglio del pricing.

5. Bookbuilding: il momento centrale della quotazione, la fase in cui il global coordinator inizia a raccogliere gli
ordini degli investitori istituzionali dalla lead bank del consorzio. Gli ordini vengono raccolti per blocchi ed ogni
blocco identifica una categoria di investitori per qualità. Si va a verificare chi è interessato e in quali termini tra gli
investitori istituzionali. Avviene nel periodo più vicino alla data dell’offerta pubblica.

Metodo open-price

E’ un sistema di attribuzione del prezzo aperto. E’ un’offerta a prezzo variabile dove nel prospetto informativo viene
indicato un intervallo di prezzi.

Con il sistema di raccolta degli ordini si va a definire quello che è un range di prezzo,in seguito ridefinito per il giorno
della quotazione. Il prezzo dipende molto dalla capacità del bookbuilding di raccogliere gli ordini: si va infatti ad
identificare un range possibile dei prezzi possibili determinati in base agli ordini ricevuti dagli investitori istituzionali e
sulla base di queste valutazioni si andrà a costruire quello che sarà il prezzo di collocamento finale (se la domanda è
maggiore dell’offerta –oversubscription-, si tenderà ad avere il prezzo massimo; se al contrario la domanda è inferiore
rispetto all’offerta, si tenderà al ribasso).
L’emittente individua un valore massimo all’interno del price range. I retail aderiscono irrevocabilmente all’offerta solo
conoscendo il prezzo massimo.
Il prezzo definitivo viene fissato al termine dell’IPO e le azioni vengono prenotate dal pubblico senza conoscere
precisamente il prezzo finale.

Come accennato, l’oversubscription si verifica quando la domanda è superiore all’offerta.


Se si verifica occorre determinare dei criteri di assegnazioni delle azioni: se accade nella trance retail in Italia vige
l’obbligo dell’estrazione a sorte; se accade nella trance istituzionale, la decisione spetta unicamente alla lead bank del
consorzio.

Roadshow, bookbuilding e pricing sono le tre parti più importanti di un processo di quotazione. Bookbuilding

Pricing e allocazione dell’offerta

Attraverso il bookbuilding, infatti, vengono raccolti gli ordini degli investitori istituzionali che sono espressi in termini di
numero di azioni e prezzi. Per creare l’order book c’è bisogno che gli investitori diano informazioni molto precise, cosa
che non avverrebbe se il global coordinator non avesse discrezionalità nel collocamento delle azioni agli investitori
istituzionali e non premiasse quelli più collaborativi.
Le manifestazioni di interesse, infatti, possono giungere sotto tre forme diverse. Abbiamo tre tipologie di ordini:

• Strike bid: l’investitore dichiara di essere disponibile ad acquistare un certo numero di azioni, qualunque sia il
prezzo di collocamento, anche il prezzo massimo di quel range indicato nel prospetto informativo;
• Limit bid: l’investitore indica un numero di azioni che intende acquistare e il prezzo massimo disposto a pagare
all’interno del range indicato nel prospetto informativo;
• Step bid: l’investitore presenta un ordine costituito in forma multipla e cioè diverse quantità per diversi livelli di
prezzo.

Chi vende tenderà a massimizzare il prezzo, mentre gli investitori tenderanno nella maggior parte dei casi ad un prezzo
più basso per sfruttare futuri apprezzamenti: si compra nel primario per vendere nel secondario. Per esempio, Ferrari è
stata quotata per 52 dollari e nel giorno stesso è salita a 60 dollari: ciò significa che chi ha partecipato al collocamento e
ha rivenduto in seguito ha avuto un margine di guadagno di 8 dollari per azione.

Il prezzo viene fissato a un valore di poco inferiore rispetto a quello che consente di coprire tutta l’offerta. Si tende a
creare l’underpricing (differenza positiva tra il prezzo del mercato secondario e quello richiesto all’offerta dall’emittente,
per incentivare gli investitori ad aderire all’offerta o per favorire la massima diffusione dei titoli fra un vasto pubblico): un
prezzo di collocamento più basso, in modo tale da rendere appetibile quel titolo. Far capire che quel titolo, comprato sul
mercato primario e rivenduto sul mercato secondario, genera un guadagno, nel collocamento rende appetibile
l’acquisto. Il primo giorno di contrattazione il prezzo subisce infatti in questo modo un’impennata al rialzo, che si protrae
anche per i seguenti 2/3 giorni, per poi scomparire. Questo si tende ad applicare soprattutto sugli istituzionali.
Questi interventi tendono alla stabilizzazione del prezzo.

I costi

• Gross spread: è la percentuale, intorno al 4,5% dei proventi realizzati, trattenuta dal pool di collocamento;
• La ripartizione tra gli aderenti al consorzio avviene secondo gli accordi interni;
• Management fee: è la commissione spettante al global coordinator, che ammonta circa al 25% del gross spread;
• Selling concession: è la commissione per le vendite di ciascun intermediario, che ammonta circa al 50% del
gross spread;
• Underwriting fee: da remunerare in funzione degli ammontare garantiti in caso di mancato collocamento.
Ammonta al 25% del gross spread;
• Success fee: per il global coordinator in caso di raggiungimento degli obiettivi;
• L’attività svolta dallo specialist, colui che garantisce la liquidità e la stabilità del prezzo, viene remunerata
separatamente e dura nel tempo, oltre che essere remunerata anche dall’attività di trading;
• Clausole di lock-up, per cui viene impedito per un certo periodo di tempo di trasferire all'azienda o al socio
dell’azienda, detentore di azioni, la nuova emissione di azioni: si impedisce all’azienda, a seguito di un IPO, di
emettere nuove azioni per un tempo limitato a seguito del collocamento, oppure viene evitato di far vendere ad
azionisti e fondatori, o ai manager con forme remunerative in azioni, le proprie azioni sul mercato per un periodo
di tempo. Un esempio significativo della clausola di lock-up venne esercitata da Zuckerberg che, quando
Facebook si quotò, esercitò questa clausola e per un anno circa non potè vendere le proprie azioni sul mercato.
Questo per una sorta di stabilità del prezzo, perché se inizio a vendere le mie azioni sul mercato, il loro prezzo
tenderà a scendere.
La clausola di lock-up può svolgersi in due modalità: volontaria, per rendere appetibile il titolo nella quotazione, e
obbligatoria, per esempio se una azienda non ha almeno 3 anni di vita Borsa Italiana obbliga la clausola di lock-
up, col fine ultimo di una stabilità del prezzo, per non rendere il titolo troppo volatile.

30.11

Overallotment e greenshoe

Possibilità che viene data in ambito di quotazione.


Stiamo concludendo il percorso che ci ha mostrato e fatto capire come è possibile quotarsi per una azienda che voglia
accedere ai mercati regolamentati. Una volta individuato il prezzo di collocamento, elemento centrale della quotazione,
abbiamo visto che ci sono dei meccanismi after-market e dei meccanismi che possono regolarizzare il prezzo.
Uno di questi è la possibilità di esercitare la greenshoe: si ha un caso di overallotment, ossia un caso in cui la
sottoscrizione di un titolo di nuova emissione è andata bene oltre le aspettative. Il global coordinator può fare le
cosiddette vendite allo scoperto, o shorting.
Si vendono azioni che non si hanno: questo è possibile in quanto si scommette su un ribasso dell'azione, non su un
rialzo. Questa attività è propria dei cosiddetti edge fund, quei fondi denominati - in modo improprio - speculativi.
Si vendono sul mercato delle aziende che non si possiedono: vendendo oggi a 100 e ricomprando domani a 90, in una
logica di abbassamento del prezzo, avrò un margine di guadagno di 10.
Questo avviene attraverso l’affitto di azioni: la vendita allo scoperto avviene attraverso dei soggetti che si fanno prestare
azioni da altri che ne hanno. L'edge fund, o chi fa questa attività, affitta delle azioni che vende. Si va da un altro
soggetto, un’altra realtà finanziaria, e si chiede un prestito di azioni ad un determinato prezzo. Questo prestito che avrà
una remunerazione e le azioni verranno restituite una volta trascorso un certo periodo di tempo. Chi ha in mano queste
azioni le vende, pur non avendone la proprietà, sul mercato pensando che ad un certo punto tenderanno ad abbassarsi.
Il fatto che si vendano azioni tende ad abbassarne di per sé il valore: se tutti tendono a vendere e nessuno compra, il
valore tenderà ad abbassarsi. Si punta sull’abbassamento del prezzo. Le azioni così vendute e che erano di altri vengono
ricomprate ad un prezzo più basso, dando un margine di guadagno.
Se questo funziona, va a vantaggio di tutti i partecipanti: chi ha fatto vendite allo scoperto ha guadagnato, riconsegna le
azioni prese in prestito e chi le ha prestate, detenendole in una logica di long-period, ha ugualmente ricevuto un
guadagno che altrimenti non si sarebbe verificato.

L'overallotment e la conseguente greenshoe funzionano in questi termini: il global coordinator si rende conto di essere in
over-subscription, ossia che la richiesta di azioni è più alta in numero rispetto a quelle messe a disposizione per il
collocamento. Il global coordinator cosa può fare?

Il global coordinator può consegnare agli investitori istituzionali un quantitativo di azioni superiori del 10-15% rispetto al
quantitativo di collocamento. Il global coordinator si fa prestare delle azioni da altri soggetti, quelli che prima del
collocamento hanno in mano delle azioni e non le venderanno in esso.
Normalmente questa attività di short selling dura circa 30 giorni. Si mettono sul mercato altre azioni, che poi verranno
restituiti ai proprietari. La greenshoe è una opzione di acquisto al prezzo di collocamento. In 30 giorni il global
coordinator deve restituire le azioni al proprietario.
Esercitando la greenshoe il global coordinator può esercitare questa opzione, comprare quel quantitativo di azioni al
prezzo di collocamento. Se la quotazione nel mercato è superiore al prezzo di collocamento, lui acquisterà al prezzo
inferiore. La greenshoe dice: puoi comprare a questo prezzo, definisce un valore di mercato che è quello di
collocamento solo per noi. Se, per esempio, il valore di mercato è 100, grazie al prezzo di collocamento noi compriamo a
80.
La ratio è rispetto all’overallotment, rispetto al fatto che quel titolo è molto richiesto ed io lo faccio girare, emettendo più
azioni di quelle previste per il collocamento. Se il collocamento è per 100 azioni, ma c’è una richiesta di 150 azioni, il
global coordinator ne colloca altre 20 sul mercato, affittandone da chi ne ha, cosciente di doverle poi ridare. Per questo
esercita questa possibilità di comprare all’interno del mercato ad un prezzo inferiore.
Se invece la quotazione dopo 30 giorni ha un prezzo di mercato inferiore al prezzo di collocamento, non conviene
esercitare l'opzione. Se il prezzo di collocamento è 80 ed il prezzo di mercato è 70, conviene comprare a 70, o subirei
una perdita di 10.
Ci troviamo in una situazione in cui la quotazione è andata bene, in cui tutti vogliono comprare quei titoli, quindi il global
coordinator può decidere di affittare con il meccanismo di vendite allo scoperto azioni dai detentori e legarle all'opzione
di greenshoe.

Gli impieghi bancari

Abbiamo fino ad ora parlato di operazioni di natura straordinaria che andavano a toccare l’equity di una azienda.
Sappiamo però che i Net asset sono una composizione tra equity e debt, cioè quella posizione finanziaria netta che
andava a definire come un’impresa si finanziava a titolo oneroso,in particolare rivolgendosi ad una banca.
Ci si rivolge ad una banca per richiedere ad essa del capitale. Si apre un universo davanti a una problematica di questo
tipo: ci sono numerose operazioni, che si differenziano a seconda dello scopo, della destinazione, delle esigenze.

L’istruttoria di fido

Se una banca deve erogare degli impieghi, essa dovrà fare una radiografia dell'impresa richiedente l’affidamento
attraverso un procedimento chiamato istruttoria di fido: questa è una procedura che restituisce alla banca il grado di
affidabilità del cliente, chiamato rating, un elemento in continua evoluzione in quanto le regole della sua definizione
evolvono a loro volta continuamente.
Con l’istruttoria di fido, si vanno a verificare due macroaspetti: uno qualitativo, uno quantitativo.
La procedura di fido parte con la richiesta di un’impresa che ha bisogno di capitali. Da questa richiesta parte
un’istruttoria, divisa in più fasi.
1. Analisi delle qualità personali del richiedente (vedi Centrale Rischi);
2. Verifica degli aspetti formali della documentazione: certificati da presentare che attestano chi sia il soggetto, la
personalità giuridica in discussione (visure camerali, ultimi bilanci di esercizio, elenco dei soci e le loro posizioni
patrimoniali , ..). Più il credito è significativo, maggiori saranno le informazioni richieste;
3. Analisi qualitativa;
4. Analisi quantitativa: determinante al fine del rilascio della delibera di fido richiesta. Si forniscono alla banca gli
ultimi tre bilanci d’esercizio e delle situazioni previsionali. La banca inserisce questi dati in un programma che va
a valutare la bontà dei nostri dati (solidità patrimoniale, la capacità di ritorno dei debiti, indicatori di performance,
..) e va a stabilire il cosiddetto merito creditizio. Si valuta la capacità di rimborso, il rischio credito prima citato;
5. Giudizio di sintesi e monitoraggio: dai dati sia di ordine qualitativo che quantitativo inseriti nel sistema esce una
sorta di report. Il cosiddetto deliberante è la figura presente all’interno delle banche come direttore della sezione
crediti, l'a.d., un direttore generale, .. a seconda di come è strutturata la banca (una banca corta è una banca di
piccole dimensioni, dove parlare col direttore generale non è difficile; altra struttura appartiene ad una banca
come Unicredit).
Questo rating deve essere continuamente aggiornato: ogni tre mesi circa, se si ha un fido accordato, la banca
effettua dei controlli. Per questo è opportuno non finanziare in questo modo il circolante.

La Centrale Rischi

Un’altra cosa che le banche vanno a vedere denominata centrale rischi, un documento importantissimo. Ogni azienda
che lavora con le banche è soggetta a questo documento, che va a controllare tutti gli impieghi delle imprese col settore
bancario e va a verificare che non esistano delle patologie, degli sconfinamenti per esempio. Si verifica che quella
azienda col sistema bancario abbia un rapporto sano.
Come funziona? Ogni banca a fine mese invia le informazioni riguardanti una determinata impresa a Banca d'Italia, che
registra e riaggrega le informazioni per quella determinata impresa e, dopo due mesi, invia un flusso di ritorno ad ogni
banca, con il dato relativo della banca e il dato relativo del sistema: poniamo che un’impresa abbia rapporti con tre
banche e una linea di credito di 100.000 euro per ciascuna, ossia può usare 100.000€ che le banche prestano. Il
rapporto di quell’impresa con il sistema bancario è quindi di 300.000€. Può accadere che con una banca l'impresa
utilizzi 90.000€, con una seconda banca 80.000€: si parla di possibilità di utilizzo, non è detto che la cifra debba essere
impiegata per intero. La terza banca vede invece uno sconfinamento: l'azienda sta usando con lei 105.000€, più del
dovuto. Banca d'Italia rileva, riceve questi flussi e aggrega i dati: all'apparenza è questa una situazione tranquilla, con un
accordato di 300.000€ ed un utilizzato di 275.000€, ma in realtà c'è un problema. Nel flusso di ritorno di Banca d’Italia
alle singole banche viene data l’informazione richiesta, verificata. Banca d'Italia dà anche un’informazione di sistema: c'è
una segnalazione in centrale rischi per via dello sconfinamento parziale.
Il verificarsi di questi episodi rappresenta un problema, in quanto incide negativamente sul rating, o merito creditizio: per
esempio, nel momento in cui si avrà la necessità di rivolgersi ad una quarta banca, questa noterà una segnalazione in
centrale rischi e questo potrebbe compromettere l'affidamento ulteriore che viene richiesto.

04.12

A seguito di una serie di regole armonizzate a livello internazionale, si sono osservati all’interno dei mercati dei rischi
associati all’attività bancaria. Questa osservazione è ancora in fase evolutiva. Il nostro sistema bancario e coloro che
sono destinati alla vigilanza bancaria continuano a riscontrare dei rischi connessi al mondo delle banche.
L’ordinarietà del credito nasconde dentro di sé numerosi rischi: si pensi a cosa ha significato il crack Parmalat per molti
risparmiatori. Questo rischio, connaturato all'attività bancaria, si chiama rischio credito. Si fa fronte ad esso attraverso
dei coefficienti patrimoniali.
La banca deve dotarsi di capitali per far fronte ai potenziali rischi connessi all’attività creditizia. Ogni impiego, ogni
credito che la banca va a erogare ha in sé un rischio, che la banca deve misurare mediante una serie di valutazioni.
La Centrale Rischi è importante in quanto consente di vedere, realizzare qual è la situazione di una particolare azienda
con il mondo bancario.
Come funziona? La banca manda un flusso di andata a Banca d'Italia. Inizialmente, tutto è a 0 in quanto è una banca
che ancora deve iniziare un rapporto con una nuova azienda. A noi interessa sapere cosa accade con le altre banche.
C'è una parte di accordato, ossia il fido che un’impresa può utilizzare, accordato dalla banca stessa.
Per esempio, è possibile utilizzare autoliquidante per un ammontare che non superi 1.500.000€: questa cifra
rappresenta l’insieme di tutte le posizioni bancarie, di tutti i fidi accordati che quella azienda ha col sistema bancario.
La parte dell'utilizzato è la cifra, all’interno del fido, che l'azienda sta utilizzando: l'azienda ne usa 1.355.000€.
Uno sconfinamento in una delle posizioni viene considerato da Banca d’Italia come un fattore negativo, tanto da andare
a peggiorare il cosiddetto merito creditizio, il nostro rating, ossia se e come il sistema bancario ci giudica meritevoli di
essere titolari di un accordato di fido.
Poniamo di avere 300.000€ di accordato e 415.000€ di utilizzato: si verifica uno sconfinamento pari a 115.000€.
Questo fa nascere un warning, un richiamo all’attenzione. Banca d'Italia va a rilevare ogni posizione di sconfinamento,
anche per singola banca, nella Centrale Rischi. Appena questa si verifica iniziano dei controlli da parte delle banche ed
un piccolo sconfinamento crea situazioni patologiche nei rapporti col sistema creditizio.
Le aziende devono avere una gestione della tesoreria curata, non approssimativa, in quanto se il livello di rischiosità
della nostra azienda aumenta, aumenterà anche il valore degli oneri finanziari.

I finanziamenti diretti a breve termine

I finanziamenti diretti a breve termine sono un tipo di finanziamento necessario a coprire quelle necessità di
finanziamento dei Net asset per il capitale circolante. Questi finanziamenti vanno a finanziare il working capital, il capitale
circolante: devono colmare le lacune finanziarie che emergono dalla gestione corrente.
All’interno di questa categoria di finanziamenti è possibile distinguerne alcuni di maggiore importanza:

• Apertura di credito in conto corrente;


• Anticipazione su pegno;
• Riporto finanziario;
• Sovvenzione cambiaria;
• Finanziamento di transazioni commerciali con l’estero.

L'apertura di credito in c/c

Si tratta dell’operazione più utilizzata, ma anche più rischiosa. Non è un’operazione autoliquidante: una operazione
autoliquidante trova propria manifestazione finanziaria nella gestione dei crediti e dei debiti tra i clienti della banca.
Per esempio, tra l’azienda A e l’azienda B esiste un rapporto di natura commerciale: l’azienda A vende per 50.000€ un
prodotto all’azienda B, quindi è creditrice dell’azienda B, che è debitrice. Il pagamento è a 90 giorni. Ma l’azienda A deve
pagare i propri fornitori, i propri dipendenti, l’IVA, e si rivolge ad una banca chiedendo un anticipo del valore della
somma che le spetta da B, facendo leva sul credito esistente. Poniamo che A e B siano clienti di una stessa banca. A si
presenta presso la banca, portando con sé la fattura relativa al credito verso B. La fattura è un documento ufficiale. La
banca anticipa la somma all’azienda A, che dovrà sostenere un costo pari agli interessi. Questo avviene nel giorno 0 o
nel giorno 1, quando è stata emessa la fattura o quando l’azienda realizza di avere necessità di questo capitale. La
banca si occupa, fa intermediazione, anticipa all’azienda A la somma. Quando l’azienda B dovrà pagare l’azienda A,
l’azienda B non pagherà direttamente l’azienda A: il pagamento transiterà dalla banca, la quale tratterrà per sé quel
flusso in quanto corrispondente al capitale che aveva prestato all’azienda A in forza di quel credito che A vantava.
Questo è un credito che si autoliquida,che si autodefinisce nella definizione di crediti e debiti.

Diverso è il concetto che sottosta ai cosiddetti fidi per cassa: per esempio, la banca presta all’azienda A 50.000€
indipendentemente dai rapporti commerciali che questa ha con ogni altra azienda.

L’apertura di credito in c/c è pertanto un contratto in base a quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente,
per un periodo di tempo determinato (credito a scadenza) o indeterminato (credito a revoca), una somma di denaro che
può essere utilizzata anche con prelievi parziali e ripristinata con successivi versamenti.
Ciò significa che la banca mette a disposizione il cosiddetto accordato di fido per cassa. La banca concede all’azienda
di utilizzare dei capitali che l’azienda non ha. Per esempio, supponendo di avere un c/c pari a 0, la banca accorda un
fido di cassa e concede all’azienda di utilizzare 100.000€ ed arrivare fino a -100.000€. Con questa flessibilità è possibile
iniziare a sostenere alcune spese necessarie. A questo fa riferimento la dicitura “utilizzata con prelievi parziali e
ripristinata con successivi versamenti”.
Per esempio l’azienda A, che si trova a 0, paga in data odierna fornitori per 10.000€. L’azienda ha un fido accordato di
100.000€ e ne utilizza 10.000€. Mercoledì l’azienda riceve un bonifico in seguito al pagamento di un cliente per 5.000€.
Andremo così a utilizzare il nostro fido per 5.000€ e non più per 10.000€. Giovedì l’azienda pagherà i propri dipendenti,
utilizzando 15.000€ presenti nel fido e scenderà così a -20.000. Il Martedì successivo l’azienda riceve un bonifico in
seguito al pagamento di un cliente per 30.000€. Andrà così sopra di 10.000€. Ciò significa che non si sta più utilizzando
il fido, ma che si stanno utilizzando capitali propri, disponibili. La banca, in tutto ciò, mi farà pagare interessi per ciò che
andrò ad utilizzare (prime rate: tasso più basso - top rate: tasso massimo, oltre il quale si incorre in un reato penale),
oltre a delle commissioni sull’accordato, o sul fido non utilizzato: per la banca, avere un impegno e che questo impegno
non dia alcun risultato in termini di interesse è un mancato guadagno. E’ frequente che un accordato venga ridotto o
rimosso ad un cliente che non ne fa uso, per devolverlo a clienti più profittevoli per la banca.
La situazione migliore per la banca è quel cliente che sta tra gli 80.000€ e 100.000€, senza andare mai in sconfinamento,
ma utilizzando quasi tutto il capitale messo a sua disposizione.

Abbiamo tre tipologie di apertura di credito in c/c:

• Ordinaria: è una forma tecnica utilizzata per andare a soddisfare delle esigenze finanziarie di breve periodo.
La banca concede al cliente il diritto di utilizzare il credito in più riprese e di effettuare successivi versamenti in
conto per ripristinare la disponibilità originaria ottenuta. Il credito non si esaurisce quindi con un unico prelievo e
non viene estinto con un unico rimborso, ma si commisura ai fabbisogni finanziari oscillanti.
Questa tipologia prevede un maggior costo perché c'è un maggior rischio. Sarà utilizzata in ultima istanza: prima
si cercherà di finanziarsi con operazioni autoliquidanti, caratterizzate da un costo inferiore.
In una situazione di questo tipo, determinante è la capacità dell'azienda di generare dei flussi di cassa tali da
poter ricoprire quella posizione, non legata a crediti da lei detenuti;
(Le caratteristiche principali sono elencate anche nell’esempio precedente.)
• Per elasticità di cassa: il titolare di un c/c viene autorizzato a prelevare in misura eccedente le proprie
disponibilità. Non si ha un accordato. La banca consente, qualora gli scoperti siano occasionali, di utilizzare
degli ulteriori capitali, seppur limitati, per un periodo di tempo breve. Normalmente il saldo di c/c è quindi attivo,
presenta una posizione debitoria per la banca;
• Sconfinamento: chi già vantava un accordato fatica a gestire quel capitale e chiede un extra fido, per intervalli di
tempo e importi limitati. Si va così a sommare a un fido già esistente un altro fido, con dei costi superiori.

L'anticipazione su pegno

L’art. 1846 del codice civile definisce l’anticipazione su pegno come un prestito monetario a breve termine garantito da
pegno di merci, valori mobiliari o crediti. Il finanziato perde la disponibilità, ma non la proprietà del bene.
L’importo del finanziamento è pari al valore del bene meno uno scarto: viste le difficoltà di stima del valore corrente dei
beni e delle possibili variazioni di esso, la banca si cautela applicando uno scarto sul valore corrente dei beni, in
particolare dal 20% al 50% per i titoli, dal 30% al 70% per le merci).
L’anticipazione su pegno è una forma di finanziamento dove esiste una garanzia relativa a dei beni dell'azienda ed è
formata da due tipologie di contratti: da un lato troviamo il contratto di prestito, dall’altro troviamo il contratto accessorio
(al principale) di pegno. Il pegno è una forma di garanzia reale su beni mobili (mentre l'ipoteca su beni immobili).
La banca presta un capitale a fronte di una garanzia che viene data su tre tipologie di beni:

• Le merci: con valore stabile, meglio se crescente - come il vino, o il parmigiano reggiano;
• I valori mobiliari: le azioni;
• I crediti esigibili messi a garanzia alla banca con un contratto di pegno.

L’anticipazione su pegno si realizza attraverso due forme tecniche:

• In c/c, che ha una dinamica operativa tale a quella di apertura di credito ordinaria, ma con costi ridotti. La banca
dà la possibilità di utilizzare un fido grazie a un pegno. Il cliente può effettuare prelievi in più riprese fino al valore
nominale dell’anticipazione – il valore corrente meno lo scarto di garanzia e può ripristinare le disponibilità con
successivi versamenti. Gli interessi vengono conteggiati in via posticipata,trimestralmente o all’estinzione, sulla
base degli effettivi utilizzi. La scadenza è determinata;
• Per somma e scadenza fissa: la banca dà una cifra che andremo a ritornare nel momento in cui ne avremo la
disponibilità. L’accreditamento avviene per il valore nominale al netto degli interessi, calcolati in via anticipata,
indipendentemente dagli utilizzi.
L’anticipazione su pegno prevede dei costi: il tasso d’interesse è maggiore nelle anticipazioni in c/c per la maggiore
elasticità di utilizzo; varia poi in relazione alla durata (specie nell’anticipazione su pegno per somma e scadenza fissa,
non potendo modificare il tasso) e alla misura dello scarto (esiste un rapporto inversamente proporzionale).
Altre forme di costo sono rappresentate dalle spese per la gestione del c/c, dal gioco delle valute, dalle spese di
custodia dei beni, ..

Le operazioni autoliquidabili

A breve termine:

• sconto bancario;
• anticipo sul portafoglio sbf (salvo buon fine), le cosiddette ri.ba;
• il factoring.

A medio-lungo termine:

• il forfaiting

Lo sconto bancario

Lo sconto bancario è l’operazione su cui il codice civile mette l'attenzione su tutte le tipologie di operazioni
autoliquidabili. L’art. 1858 del codice civile lo definisce quale il contratto con il quale la banca, previa deduzione
dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto mediante la cessione, salvo buon
fine, del credito stesso.
In questa definizione troviamo la definizione di operazione autoliquidabile e per questa ragione lo sconto bancario si
prende come elemento normativo di riferimento. Normalmente lo sconto bancario è riferito allo sconto cambiario,
sebbene le cambiali siano una forma di pagamento ormai in disuso, per due ragioni: una cambiale è particolarmente
impegnativa per chi la firma, in quanto è un titolo di credito immediatamente esecutivo che può essere presentato ad un
giudice in caso di mancato adempimento. Il giudice può immediatamente emettere un pignoramento di beni, intervenire
sul c/c, .., ossia rendere immediatamente esecutivo il credito vantato. Il terzo viene tutelato molto più di chi firma. Altra
ragione è che le cambiali costano: si applica un bollo pari al 12 per mille del valore nominale.

Questo tipo di operazione è negativamente caratterizzata per via di:

• riduzione della circolazione cambiaria;


• realizzazione in castelletto o in forma isolata;
• importanti elementi di costo;
• si attende l’estinzione dell’operazione.

11.12

L’anticipo ri.ba sul portafoglio sbf

L’anticipo ri.ba sul portafoglio sbf è un’operazione che consiste nell’accredito su c/c di un importo corrispondente al
valore degli effetti presentati per l’incasso con valuta postergata.

Le imprese nel breve periodo si finanziano, finanziano il proprio capitale circolante, prevalentemente con questo tipo di
operazione.
La ricevuta bancaria è uno strumento di pagamento che non costituisce un titolo di credito e, di conseguenza, il
mancato pagamento di questa non fa nascere alcun diritto per il soggetto che vanta quel credito. Al contrario, se il
creditore avesse in mano una cambiale si potrebbe rivolgere al giudice, il quale immediatamente provvederebbe con una
azione coercitiva al pagamento attraverso espropri o interventi sul c/c a remunerare quel credito.
La ricevuta bancaria è uno stratagemma delle banche italiane per centralizzare tutte le modalità di pagamento all’interno
della banca. Il portafoglio è diventato il maggior strumento di finanziamento delle imprese italiane, che si finanziamo
poco con i propri capitali e tanto con il debito bancario: sono aziende sottocapitalizzate, ossia non hanno un respiro
finanziario tale da coprire il working capital, e questa sottocapitalizzazione si evince nel finanziamento a breve periodo, il
quale avviene con il sistema di autoliquidabilità.
La ri.ba. è l'operazione autoliquidabile per definizione, dove un debitore e un creditore si appoggiano al sistema bancario
per far transitare i pagamenti. Questo sistema può funzionare nel momento in cui la ricchezza, o meglio i ricavi, o meglio
ancora la marginalità prodotta, i flussi di cassa generati dall’impresa sono sufficienti alla remunerazione del capitale
prestato, alla sostenibilità delle uscite di cassa dell’impresa stessa e alla remunerazione degli interessi sui capitali
prestati.
I net asset, o la ricchezza generata dall’impresa, è distribuita tra coloro che apportano capitale: i soggetti che danno
debito ed i soggetti che danno equity. Ma se tutto l’utile è assorbito dal debito non resta alcun equity. Qui siamo in una
situazione in bonis, ossia una situazione tale per cui l’impresa, sottocapitalizzata, necessita di un finanziamento bancario
ma funziona e quindi i flussi di cassa in entrata sono in grado di supportare i deflussi di tutti i tipi.
Possono accadere altre situazioni, per cui gli oneri finanziari vanno a incidere notevolmente sulla situazione economica
della società e superano le entrate. I costi, a causa degli oneri finanziari, sono maggiori dei ricavi e vanno a creare
delle situazioni di involuzione in cui perdita genera perdita, come nel caso Parmalat.
Questo sistema, centralizzando le forme di pagamento, ha arricchito molto il sistema bancario. Negli Usa questo non
avviene, la mentalità è più propensa al finanziamento dell’investimento che non al finanziamento del capitale circolante.

La rimessa diretta è il bonifico, ancora meno tutelato rispetto alla ri.ba: non pagare ricevute bancarie crea in centrale
rischi delle problematiche sia per chi non paga, che per chi non le riceve. Questo lascia una certa tracciabilità che può
andare a minare il merito creditizio. Questo è l’unico aspetto per cui le ri.ba possono garantire una garanzia nell’attesa
che venga dato luogo al pagamento.
Il castelletto sbf è la disponibilità che si ha come possibilità di anticipare capitali che si appoggiano sulle ricevute
bancarie. Le ri.ba. vengono emesse mensilmente, mediamente per 50.000€: si emettono fatture e con queste si dice alla
banca che determinati clienti devono determinati importi. La banca emette lo strumento cartolare di ri.ba. dove si avvisa
il debitore che a fine mese deve corrispondere un importo. Nel momento in cui egli paga c'è il ritiro di ri.ba.
Nel caso in cui ci sia un anticipo – il creditore necessita di capitali che va ad anticipare su fatture già emesse attraverso
le ri.ba – esse vengono depositate alla banca, che riconosce il deposito e concede un fido di castelletto, che andrà a
scaricare nel momento in cui verrà effettuato il pagamento (dal debitore). C’è un giro di autoliquidabilità, si genera un
flusso di finanziamento per l’impresa.
Ognuna di queste operazioni ha un costo e delle commissioni.
In caso di inadempienza, a fronte di un capitale prestato dalla banca, l'onere è a carico dell'azienda nel momento in cui
si tratta di un prestito pro-solvendo. Non è una cessione di credito pro-soluto, dove l’onere dell’inadempienza sarebbe a
carico della banca.
Si ha una entrata ed uscita continua di flussi di capitali.
Se l’azienda è in perdita, avrà sempre più bisogno di finanziamenti.
Se l’azienda guadagna,questo sarà un passaggio transitorio.

Se l’azienda è in pareggio, se tutto ciò che guadagna viene assorbito in termini di interessi e commissioni dalla banca,
avrà sempre necessità di essere finanziata dal sistema bancario. Questo è quello che mediamente accade in Italia.
Diverse sono le modalità di utilizzo del castelletto sbf:

• Accredito diretto sul c/c;


• Conto transitorio fruttifero – conto anticipo;
• Conto transitorio infruttifero – conto evidenza.

Gli interessi possono essere calcolati direttamente sul conto transitorio o imputati sul c/c di riferimento. Il conto
transitorio è un conto virtuale dove si va a vedere l’utilizzo del castelletto.

L’anticipo su fatture funziona come la ricevuta bancaria.


La banca anticipa l'importo di un credito commerciale risultante da fattura a fronte della cessione del credito pro
solvendo. L’importo anticipato viene iscritto in dare di un conto anticipi su fatture e in avere del conto corrente del
cliente.

Nel caso in cui il pagamento del credito non passi attraverso una ri.ba ma attraverso la rimessa diretta, ci si rivolge alla
banca mostrando una serie di fatture, documento significativo per la banca - sulle quali si paga l’IVA, l’iRES, l’IRAP, il cui
falso rappresenta un reato penale - e chiedendo l’anticipo del valore da esse riportato. Non si anticipa la totalità del
credito, ma come nell’anticipo su pegno si applica uno scarto che varia da istituto a istituto,
da cliente a cliente (in genere compreso tra il 20% e il 30%).
Anche in questo caso abbiamo un castelletto, non più ri.ba. sbf, ma un castelletto anticipo su fatture.
La banca può identificare il fido nei confronti dell’impresa attraverso diverse tipologie di credito.

Il factoring

Un’attività che assorbe molto tempo e quindi molti costi e che non genera ricchezza è il recupero crediti, sempre più
prevalente nelle gestioni amministrative delle aziende.

Il factoring è un’attività grazie alla quale un’azienda affida (cede) ad un terzo “factor” la gestione dei propri crediti
commerciali (o una parte di essi) secondo una mera logica di outsourcing.
Il factoring nasce non tanto come esigenza di anticipo del credito, ma come esigenza di gestione dei crediti ed è una
vera e propria cessione del credito. Il factor acquista il credito da una azienda.
La cessione può avvenire in due modi differenti:

• Pro solvendo, lasciando al cliente il rischio dell’eventuale insolvenza dei debiti ceduti;
• Pro soluto, dove il factor si assume il rischio di insolvenza dei crediti ceduti ed in caso di inadempimento di
questi ultimi non potrà richiedere la restituzione degli anticipi versati al cliente.

L'anticipo può essere conventional o maturity:

• Conventional factoring: c'è il vero e proprio anticipo del credito, la vera e propria cessione del credito.
Consistente nell’accredito anticipato di un’alta quota dei crediti ceduti ;
• Maturity factoring: consistente nell’accredito a scadenza dell’importo dei crediti al netto di resi o abbuoni.

I crediti si distinguono per alcune caratteristiche. Essi possono essere:

• Domestic, all’interno di una stessa nazione;


• Import;
• Export.

Clausole:

• Esclusiva: nel rapporto tra il factor e il cliente, il factor ha l’esclusiva su tutti i crediti del cliente;
• Globalità.

Le società di recupero crediti non vanno confuse con il recupero crediti. Nelle prime non vi è una vera e propria cessione
del credito.

I servizi offerti dal factor:

• La gestione dei crediti;


• La garanzia contro l’insolvenza dei debitori, nei casi di pro soluto;
• Il finanziamento attraverso il regolamento anticipato delle partite cedute.

I costi:

• Commissione per servizi di gestione crediti;


• Diritti fissi su fatture cedute;
• Oneri finanziari su somme anticipate;
• Eventuali coperture assicurative (comprese nei canoni dei servizi).

I finanziamenti diretti a medio-lungo termine

• Il mutuo;
• Il leasing;
• Il credito al consumo;
• Il forfaiting, ossia il factoring nella sua versione a medio-lungo periodo;
• I crediti non monetari, ossia i crediti di firma.

Il mutuo

Il mutuo viene (grossolanamente) definito nell’art. 1813 del Codice civile quale il contratto con il quale una parte
consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante
cose della stessa specie e qualità.
Da tale formulazione non si colgono le peculiarità del mutuo, sostanzialmente riconducibili al rimborso secondo un piano
che stabilisce la periodicità e l’ammontare delle rate: il fatto che ci sia un prestito e che questo venga restituito con delle
rate, composte da una quota capitale ed una quota di interessi viene a mancare nella definizione civilistica.

In pratica, il mutuo consiste in un’erogazione di denaro con restituzione attraverso un piano di rimborso, detto piano di
ammortamento. Il mutuo viene rimborsato attraverso delle rate, ognuna delle quali si compone di una quota capitale e
una quota interessi per il godimento del prestito.

Ci sono diverse modalità di calcolo delle quote di ammortamento:

• Quota a capitale costante, o “all’italiana”: la quota capitale rimane sempre la medesima - la quota interessi
decresce, poiché calcolata sul debito residuo. Diminuisce di conseguenza anche la rata. Questo è quanto
succede in un caso di interesse fisso. La questione cambia nel caso di interesse variabile, soggetto alle
fluttuazioni di mercato. Normalmente si fa un tasso variabile legato all’Euribor, che è un tasso di riferimento: le
banche scambiano tra loro capitali quotidianamente al tasso Euribor, che è un tasso base. A questo poi si
applica uno spread;
• Progressivo, o “alla francese”: la quota capitale aumenta - diminuisce la quota di interesse. Questo fa in modo
che la rata resti uguale nel tempo.

• A rate crescenti;
• Ballon: le rate sono formate da soli interessi e il rimborso della quota capitale scatta una tantum, oppure in
alcune tranche in periodi di tempo predeterminati;
• Rata fissa e durata variabile.

Ulteriori caratteristiche del mutuo sono:

• Presenza di una garanzia reale: ipoteca o privilegio;


• Dal 2007, attraverso una serie di leggi, è diventato possibile estinguere anticipatamente il mutuo senza dover
pagare penali, se il finanziamento è richiesto da persone fisiche per attività immobiliari dopo il 2007;
• Importo massimo erogabile dell’80%. Se esistono garanzie integrative può essere l’erogazione può essere del
100%;
• I mutui sono operazioni di medio-lungo periodo, la cui durata massima è compresa nella prassi tra i 5 e i 30 anni;
• Portabilità: è un discorso che riguarda le persone fisiche. Fare un’operazione di mutuo, aprire un’istruttoria di
fido, costa molto, per via delle spese relative al notaio, le perizie dell’immobile, i costi relativi alle ipoteche, ..
Prendiamo come esempio una famiglia che stipula un contratto di mutuo con una banca, per poi rendersi conto
che una seconda banca offre condizioni nettamente migliori. Per rendere il mercato efficiente e più
concorrenziale, ora è possibile mantenere attivo il contratto di mutuo, cambiando il soggetto con il quale la
famiglia ha una relazione bancaria: è possibile traslare il contratto alla seconda banca, senza dover sostenere
nuovamente le spese iniziali;
• Abbinamento a contratti esecutivi: stiamo parlando di immobili, per cui la banca si può tutelare con delle
assicurazioni.

Vi è una serie di costi correlati al mutuo:

• Un tasso di interesse fisso (IRS, EURIRS), variabile (EURIBOR), o misto, nonché un tasso di ingresso,
promozionale per un breve periodo.
• Spese notarili;
• Spese di istruttoria;
• Spese di perizia;
• Imposta sostitutiva;
• Premio di assicurazione.

Il leasing

Il leasing è una forma contrattuale per la quale un’azienda cede in locazione ad un’altra azienda uno o più beni per un
periodo di tempo predefinito, dietro remunerazione di un canone periodico.

Nel caso in cui un’azienda sia interessata all’acquisizione di un determinato bene di medio-lungo periodo, di durata
pluriennale, quella azienda può far passare il passaggio di proprietà attraverso un terzo soggetto, la società di leasing.
La società di leasing acquista un determinato bene da un produttore ed in seguito presta il bene ad una società
richiedente, stante il pagamento di un canone annuale.
È questa una forma di finanziamento con un passaggio formale diverso rispetto al mutuo. La casa, o il capannone,
finanziato attraverso un mutuo entra direttamente nella proprietà di chi lo compra.
Immaginiamo invece un’azienda che si interessa ad un macchinario, come un tornio. L’azienda si accorda con il
produttore di quel tipo di macchinario e contatta una società di leasing, la quale acquista quel tornio per conto della
azienda che ne era interessata, stipulando un contratto di cinque anni. Per quei cinque anni l’azienda che utilizza il bene
non ne diventa proprietaria, la società di leasing lo è, ma l’azienda che utilizza il bene pagherà a alla società di leasing
una quota di locazione, che comprende il rimborso di quanto da lei speso ed una quota di interessi.

Vi è nel leasing la possibilità di riscatto del bene da parte del locatario attraverso un pagamento supplementare rispetto
ai canoni concordati.
Per esempio, alla fine dei cinque anni previsti dal contratto, l’azienda utilizzatrice del tornio può proporsi alla società di
leasing per l’acquisto del tornio stesso, a fronte del pagamento della differenza tra il costo del macchinario e quanto già
versato secondo contratto nei cinque anni precedenti.
In alternativa, può decidere di non utilizzare più il tornio e lasciarlo alla società di leasing.

Vi sono due tipologie di leasing:

• Il leasing finanziario, una forma di finanziamento attuata dal locatore per l’utilizzo (costruzione) di un bene
necessitato da un locatario. Questo si applica maggiormente su beni tailor-made, fatti su misura, richiesti
direttamente. L’impianto di packaging della Barilla, per esempio, non potrebbe essere richiesto da Voiello.
E’ caratterizzato da canoni di locazione netti, comprensivi solamente dell’ammortamento del bene, dell’interesse
sul capitale investito e di uno spread. La durata è correlata alla vita fiscale del bene. Nella prassi i beni locati si
riscattano, con un valore di riscatto basso;
• Il leasing operativo, per quei beni strumentali il cui periodo di locazione è inferiore alla loro vita economica. Non
prevede un intermediario, ma un produttore del bene ed un utilizzatore. Si pensi alla gestione delle macchine
fotocopiatrici, delle stampanti, dei computer: le aziende si rivolgono ai produttori che, attraverso contratti di
servizio o di locazione, danno in locazione i propri prodotti, includendo la manutenzione, la sostituzione, ogni
servizio utile. Normalmente il leasing operativo si fa su beni standard, soggetti cioè a forte obsolescenza.
I principi di convenienza prevedono il trasferimento al locatore dei rischi di obsolescenza e di svalutazione dei
beni che, nella prassi, non si riscattano.

14.12

Turnaround: il private equity e la ristrutturazione delle aziende in crisi

Si parla di aziende in crisi: quando una azienda è in crisi? Una azienda è in crisi quando l’azienda non è più in grado di
operare nella propria gestione caratteristica ed ordinaria, quando questa non è in grado di generare ricchezza, quando
costi e ricavi sono negativamente sproporzionati.
Si parla invece di insolvenza quando il problema viene a crearsi a livello finanziario: l’azienda, a fronte di uno sbilancio tra
attivo e passivo, non è più in grado di rimborsare i propri debiti. Questo accade per esempio quando i clienti non pagano:
si compra dai fornitori, si genera molto, si deve pagare l'IVA ma i clienti non pagano. In alternativa, si può per esempio
avere una buona gestione caratteristica, eppure una situazione di insolvenza: si sbaglia un investimento e questo implica
un assorbimento di cassa tale da mettere in discussione tutta l'azienda nella sua funzionalità. Tutto ciò che genera la
gestione corrente viene assorbito da una gestione investimenti sbagliata.

Col turnaround si tende a risanare l’azienda. A tal fine si presentano diverse possibilità:

• ristrutturazione in bonis;
• procedure concorsuali, quali concordato preventivo e fallimento.

Finanza e legislazione della crisi

• La crisi d’azienda dal punto di vista finanziario: creare valore dalla crisi, il turnaround;
• La crisi d’azienda dal punto di vista legislativo: le norme per le aziende in crisi, la legge fallimentare;
Obiettivo: superare la crisi attraverso la valorizzazione del business tramite le norme del contesto legislativo.

Come riconoscere la crisi?

• Evidenze pratiche: difficoltà correnti, di business, di finanziamento e rimborso, ..;


• Evidenze numeriche: la riclassificazione di bilancio, il MOL negativo, gli indici, il patrimonio netto, ..

Chi sono i soggetti interessati dalla crisi?

La crisi di una azienda implica tutti coloro che partecipano alla vita aziendale, sia persone interne che persone esterne.
I dipendenti, l’imprenditore, i clienti - si pensi ad una azienda in crisi con ordini in corso, che un cliente si aspetta e la cui
produzione o vendita, i cui ricavi dipendono da questo ordine -, i fornitori, altre aziende del mercato e tutto ciò che
riguarda l’indotto – si pensi a quello che era anni fa Torino, che lavorava solo per la Fiat, attraverso aziende collegate
direttamente o indirettamente -, gli istituti finanziari quali le banche, l’erario e gli enti previdenziali.

La crisi dal punto di vista finanziario

Abbiamo due tipi di turnaround: operativo e finanziario. La distinzione tra queste due tipologie di turnaround riprende la
differenza tra crisi e insolvenza.

Le operazioni di private equity nelle imprese in crisi: le operazioni di turnaround

Il turnaround è un giro di boa, un’inversione di tendenza, un risanamento drastico che spesso prevede tagli del personale,
la ridefinizione del modello organizzativo o governance, la riconsiderazione delle fasi del processo aziendale, il
cambiamento della compagine societaria. Si parla di cambiamenti radicali per ripristinare gli equilibri economici,
finanziari, patrimoniali e operativi dell’impresa.
Una caratteristica del turnaround è sicuramente il tempo, che in fase di crisi ha un valore esponenziale. Il tempo di
azione e reazione è molto accelerato rispetto al tempo normali. La fase di crisi ha la capacità di erodere capitale a
velocità vertiginosa. Per questo motivo, le previsioni e le azioni nell'ambito del turnaround devono essere veloci: non si
possono fare piani a medio-lungo termine, ma si parla di giorni, settimane, mesi al massimo.

All’interno del ciclo di vita di un’impresa, la fase di declino ha dei tempi accelerati rispetto al processo di crescita.
Il turnaround si applica qui, in questo cambio di tendenza lungo la linea di sviluppo che vede una forte discesa, dove si è
in presenza di un forte calo della redditività dell’impresa e la situazione finanziaria declina verso l’insolvenza. Senza
alcuna tipologia di intervento il declino diventerebbe crisi e di qui si passerebbe al fallimento.
La bravura del management si deduce dalla sua abilità nel rendersi conto di quel flesso e dalla prontezza nell’intervento.
Spesso i manager non si rendono conto di quel cambio tra development e turnaround. Chi lavora in una azienda è
abituato alla continuità, a margini temporali normali, tradizionali e quando si instaura il cambiamento il manager
non capisce.
Le aziende oggetto di un’operazione di turnaround possono essere distinte in:

• Aziende in tensione finanziaria a causa di un modello di business debole. E’ qui necessario un turnaround
operativo: la ristrutturazione necessita, oltre che di un intervento sulla struttura e sulla gestione finanziaria, anche
di un intervento radicale di ridefinizione strategica dell’operatività aziendale.
Si interviene dal punto di vista gestionale. Un problema di alcune grandi aziende italiane è che sono aziende
artigiane: si sviluppano come family business e crescono con questo orientamento. Si deve cambiare la modalità
di gestione dell'azienda, la governance, perché inefficiente ed inefficace: porta a perdite e quindi a crisi;
• Aziende con un valido modello di business, ma in situazione di tensione finanziaria per cause straordinarie. E’ qui
necessario un turnaround finanziario: le aziende hanno un modello di business e risorse manageriali che si sono
rivelate storicamente valide ma che attraversano un momento di crisi finanziaria dovuta a circostanze
straordinarie: un errore di valutazione negli investimenti, il mancato pagamento da parte di un cliente, un
aumento repentino dei tassi di interesse, ..
Queste aziende racchiudono un forte potenziale poiché, una volta risanate dal punto di vista finanziario, sono in
grado di generare nuovamente flussi di cassa interessanti e quindi di tornare alla creazione di valore.

Gli stadi del turnaround operativo

Gli interventi di ristrutturazione nel turnaround operativo

Il turnaround finanziario: le caratteristiche delle aziende target


Le aziende target delle operazioni di turnaround finanziario presentano le seguenti caratteristiche:

• Mercato stabile;
• Solida posizione di mercato;
• Appartenenza a settori le cui dinamiche sono facilmente comprensibili;
• Presenza di risorse manageriali valide o facilmente integrabili;
• Sottocapitalizzazione e necessità in generale di una revisione della struttura del capitale;
• Flussi di cassa interessanti almeno nelle attività di core business;
• Struttura informativa efficiente o facilmente integrabile;
• Possibilità di disinvestimento ben identificabile e accessibile.

Chi sono gli investitori nella crisi?

• Imprenditori già attivi in business correlati: concorrenti, altri imprenditori interessati perché vicini a quel settore
come filiera produttiva, ..;
• Nuovi imprenditori alla ricerca di una ‘start up matura’, come semplice investimento;
• Investitori finanziari per l’apporto di risorse monetarie (c.d. club deal);
• Dipendenti (management buy out), che acquistano le aziende in cui lavorano soggette al fallimento, se non
opportunamente risanate;
• Talvolta partecipa il vecchio imprenditore, quando non viene a svilupparsi una situazione in cui interviene il
tribunale, quale il concordato o il fallimento.

Strumenti per realizzare le operazioni di turnaround finanziario

La prima risoluzione è una procedura non concorsuale, ma una possibilità di risanare l’azienda senza passare dalla
soglia del tribunale.
La seconda risoluzione prevede investimenti in discontinuità col passato, dove subentra un terzo investitore, nonché
finanziatore che fa cambiare la compagine societaria. È il concordato preventivo o la costituzione di una new.co.
La crisi dal punto di vista legislativo: il Diritto Fallimentare nelle operazioni di turnaround

Le aziende possono fallire: ci sono le crisi, i fatturati scendono, cambiano i prodotti, .. le aziende sono fatte oggetto di
mutamenti. Un tempo si pensava però che il fallimento fosse sempre legato a un comportamento fraudolento, che
doveva essere punito.
Negli USA, al contrario, vi era la possibilità di fallimento ed a questa non era obbligatoriamente legato il dolo del
management, della governance. Il maggiore interesse era dare continuità all’impresa, se vi era convenienza.
Il legislatore se ne è reso conto nel 2005.
Vi è stata una prima fase dove è stato ammorbidito, dilatato, il panorama delle procedure utilizzabili a seguito delle crisi
aziendali. Dall’altra parte, a seguito della crisi, è stata posta l’attenzione eccessivamente a favore dei debitori: bastava
fare una semplice dichiarazione in tribunale e si veniva coperti dall’attacco dei creditori.
Generalmente, se qualcuno vanta un credito, si rivolge a un giudice per un decreto ingiuntivo ed egli opera al fine di
remunerare il richiedente. Nel momento in cui si accede al concordato, invece, il patrimonio diventa inattaccabile.
In una procedura concorsuale nessuno può chiedere ed ottenere nulla, è la procedura che poi andrà a definire la
remunerazione dei crediti.
Con la legge del 2012 e del 2013, il Decreto Sviluppo ed il Decreto del Fare,si è spostato il favore verso i debitori,
piuttosto che verso i creditori, cosa che la Legge 132 del 6 Agosto 2015 ha modificato, rimettendo le proporzioni tra
oneri e diritti di debitori e creditori.

L’intento del legislatore con la riforma del 2015

Nel 2012 e nel 2013, il Decreto Sviluppo ed il Decreto del Fare sono stati eccessivamente a favore del debitore. Si era
creato un meccanismo tale per cui se nel 2005 c’era una soglia minima, una percentuale da remunerare al chirografario,
del 40%, questa era stata eliminata. Dall’altra parte era stato creato un “silenzio assenso”. Con la riforma del 6 Agosto
2015 la proposta di concordato è approvata solo se ottiene il voto favorevole espresso dai creditori rappresentanti la
maggioranza dei crediti ammessi e, in caso di loro suddivisione in classi, della maggioranza delle stesse: prima di questa
riforma, l’assenza nell’assemblea dei creditori rappresentava un voto favorevole, un assenso. Adesso vale esattamente il
contrario: il concordato passa solo se c’è la volontà esplicita della maggioranza dei creditori. Ottenere un concordato è
quindi più difficile rispetto a prima, dove non c’erano dei limiti inferiori e non era richiesta neppure una maggioranza, o
meglio, vi era una maggioranza fittizia dove il silenzio assenso andava ad aumentare la parte dell’accettazione.
E’ stata introdotta con la legge del 6 Agosto 2015 una soglia minima del 20%, sotto la quale il concordato si trasforma in
fallimento.

Proposte concorrenti: si può controproporre una proposta concordataria, non da una singola persona. Si dà la facoltà ad
una maggioranza qualificata di creditori, che rappresentino almeno il 10% dei crediti, di presentare una proposta
migliorativa rispetto a quella formulata dal debitore, da porre in votazione in sede di adunanza in concorrenza con
quest’ultima.

Offerte concorrenti: l’obbligo di attivare procedure competitive finalizzate alla ricerca ed alla selezione di potenziali
acquirenti anche qualora la proposta di concordato contenga già un’offerta per l’acquisto dell’azienda o di altri beni
specifici. Si va a creare un regime concorrenziale migliorativo a favore del creditore.

Questa legge è quindi andata da un lato a limitare i benefici dei debitori, creando una soglia minima del 20% e togliendo
il silenzio assenso; inoltre, è stata in grado di introdurre un principio concorrenziale sia in termini di proposta di
concordato, che di offerta di concordato.

Altro punto cruciale della riforma riguarda la finanza interinale. Quando in passato si entrava in concordato, le banche
davanti all’idea di perdere tutto congelavano il capitale: si apriva un nuovo c/c in una banca con la quale normalmente
non si lavorava, al fine di incassare tutti i crediti e non avere uscite. Ora le banche non possono più bloccare l’operatività
di una azienda in concordato o in fase di avvio di questo.

Il Diritto Fallimentare nelle operazioni di turnaround: l’Accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis L.F.

Si tratta di procedure stragiudiziali, al di fuori delle procedure che vedono come soggetto il tribunale, tra creditori e
debitori.
Il Diritto Fallimentare nelle operazioni di turnaround: il “Piano di Risanamento” ex Art. 67 L.F.

Il concordato preventivo

Il concordato preventivo è una procedura concorsuale minore a cui può ricorrere l'impresa per superare un periodo crisi
ed evitare fallimento. È già una procedura fallimentare, che evita però il fallimento dell'azienda, cercando di salvare il
salvabile.

I creditori, in un piano di concordato, si dividono in:

• Creditori chirografari, quali le banche (a meno che ci siano delle garanzie, come l’ipoteca, che esprime un
privilegio rispetto a quel bene);
• Creditori privilegiati, che hanno diritti di prelazione nei confronti dei chirografari. Rientrano in questa categoria i
dipendenti della società, o l’erario. Il lavoratore ha privilegi ulteriori che riguardano per esempio l’insinuazione
dell’INPS nel fallimento: per esempio, l’INPS liquida pro soluto il TFR al dipendente. Sarà poi l’INPS ad insinuarsi
nella procedura fallimentare ed il creditore non sarà più il dipendente, ma l’INPS stesso.

Nel piano di concordato si fa una radiografia dell'azienda: Come evitare il fallimento? Quanti debiti e crediti si hanno?
Quanto attivo si può liquidare? L’attivo liquidabile, oltre ai crediti, consiste nel magazzino. Questo può immediatamente
essere trasformato in cassa: si vendono i prodotti finiti, le scorte.
Mentre il passivo è certo, l’attivo ed i crediti esigibili e non, in bonis e deteriorati vanno analizzati singolarmente, così
come il magazzino ed il suo valore di fair value, ossia quanto realmente posso realizzare attraverso la sua vendita. Gli
immobili non sono invece di facile dismissione.

Una volta analizzati il passivo e l’attivo realizzabile, si deve procedere alla realizzazione di una sorta di piano di
concordato, che può prevedere:

• La ristrutturazione dei debiti;


• La cessione dei beni ai creditori;
• La possibile suddivisione dei creditori in classi (di merito);
• Il pagamento totale o parziale dei creditori;
• La transazione fiscale.

Il pagamento totale o parziale dei creditori: rispetto all’attivo realizzabile, tenendo in considerazione che normalmente il
creditore privilegiato viene pagato almeno per l’80% del credito, tutto ciò che rimane serve per pagare i creditori
chirografari. Poniamo che si abbia un attivo realizzabile di 200.000€ ed un passivo di 500.000€, di cui privilegiato di
100.000€. Si riescono quindi a recuperare 200.000€, di cui 100.000€ sono già occupati per pagare il privilegio. Restano
100.000€, insufficienti per remunerare il passivo. Per il chirografo rimangono 400.000€ da pagare, su 100.000€
disponibili. Si fa una proposta di concordato, ci si concorda con i creditori chirografari: si specifica loro che non si riesce
a dar loro il 100% di quanto richiesto, ma avviando un fallimento non vedrebbero neppure una minima parte di quanto
spetta loro. Un concordato consente loro in questo caso di ottenere il 25% di quanto richiesto.
Il piano di concordato dice che il creditore privilegiato si paga al 100% e quello che avanza si impiega per pagare il
creditore chirografario, con una percentuale minima del 25%.

Tipologie di concordato preventivo

Il concordato in continuità è utile al fine di dare continuità all’azienda, la quale ridefinisce il debito e può ripartire,
continuando ad operare. Per il creditore, per esempio un fornitore, è meglio continuare ad avere quel cliente: perderà
una percentuale, anche elevata, del proprio credito, ma quella azienda potrebbe essere stata fonte importante di
fatturato in passato e potrebbe generarne altrettanto in futuro, ridefinita la sua situazione patologica.
Questa soluzione è tuttavia difficilmente attuabile nella pratica: ci si accorge delle situazioni di crisi quando queste
iniziano ad essere pesanti, mentre al fine della realizzazione di questo concordato il management dovrebbe prevedere lo
sviluppo della crisi in anticipo ed avere un attivo ancora soddisfacente.

Il concordato preventivo con cessione di beni e con continuità aziendale è la tipologia di concordato preventivo più
utilizzata: l’impresa cede il ramo d’azienda ed eventuali altri beni a terzi e c’è una discontinuità con il passato. Si fa il
cosiddetto affitto di ramo d’azienda, attraverso il quale un terzo manifesta l’intenzione di partecipare al concordato. Nella
realizzazione dell’attivo, un terzo manifesta l’intenzione di comprare i crediti, il magazzino, la cassa, gli immobili, tutto ciò
che si ha. L’attivo realizzabile può così salire. Oppure, può manifestare l’intenzione di togliere una parte di debito. C’è
una vera e propria trattativa attraverso la quale si comprano singoli rami di azienda.
Si va a creare una new.co, in discontinuità rispetto all’azienda che fino a quel momento aveva operato. Il management,
la compagine societaria precedenti vengono meno. Il terzo continua l’azienda, l’attività rilevandola, ma la società viene
fermata ed entra in liquidazione.
I fondi-PE hanno perso in questo senso molte opportunità di rilevare buone aziende in crisi momentanee in un momento
di crisi globale.

Il concordato preventivo con cessione di beni e senza continuità aziendale porta alla liquidazione totale e alla morte
dell’azienda, che cerca di non entrare in fallimento. Non essendoci alcun tipo di continuità, non c’è interesse da parte di
terzi.
Purtroppo questo è il caso in cui il concordato sfocia per la maggiore in fallimento, perché se non si realizza quanto è
accordato il fallimento è automatico. Il concordato ha senso nel momento in cui la realizzazione dell’attivo è sufficiente a
ripagare quanto si è concordato, altrimenti si entra in fallimento.

Il concordato in bianco, o domanda prenotativa


L’azienda denuncia al Tribunale e ai creditori il proprio stato di crisi mediante la richiesta di protezione dall’aggressione
del patrimonio da parte dei creditori: il patrimonio viene così salvaguardato (par condicio creditorum).

I documenti depositati presso il Tribunale sono:

• Bilanci degli ultimi 3 esercizi;


• Elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti;
• Presupposti soggettivo della natura commerciale dell’impresa e requisiti dimensionali (art 1, comma 2 L.F.)

La domanda di Concordato Preventivo: il Piano di Concordato

La domanda di Concordato Preventivo in allegato deve contenere:

• una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;


• uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi
crediti e delle cause di prelazione;
• l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
• il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
• il piano di riparto ai creditori.

Tutta la documentazione e il piano di concordato devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista che
attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano (ex Art.161 Comma 3° L.F.).

I soggetti del concordato

• Imprenditore in crisi;
• Investitore nell’azienda in crisi;
• Creditori;
• Dipendenti;
• Il Tribunale e gli Organi della procedura (Commissario giudiziale, Liquidatore giudiziale);
• Il perito attestatore del piano;
• I consulenti dell’azienda in crisi;
• I consulenti della procedura.

Il concordato garantito invoglia molto i creditori a dare assenso alla procedura. Definita per esempio una soglia del 25%
interviene il “cavaliere bianco”: il raggiungimento di una soglia del 25% non è certo, è labile e questo rischia di minare il
concordato. Il concordato può essere però garantito: per esempio, chi compra fa l’affitto del ramo di azienda può
garantire il concordato: in caso di raggiungimento per il chirografo non del 25%, ma del 17%, il differenziale viene messo
da lui in termini di garanzia, onde evitare un fallimento. Nel momento in cui c’è un terzo che interviene con capitali, dà
continuità all’azienda e rende possibile il suo risanamento, oltre a dare una garanzia almeno su quel 25%, il concordato
ha un’immagine migliore, rispetto a un concordato non garantito o un concordato senza continuità aziendale.

Potrebbero piacerti anche