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09/09/2020
CAPITOLI 1-2
Introduzione
Per capire cos’è la finanza aziendale, si può pensare che, nella sua versione più basica, sia una
disciplina che si occupa principalmente di tre cose:
1. Capital budgeting, ossia analisi e scelta di investimenti, analizzando il rapporto tra rischio
e rendimento per scegliere i progetti migliori (R/R: tale rapporto dipende, ovviamente e
strutturalmente, dal settore in cui opera l’azienda che si sta analizzando. Occorre, però, ricordare che in
situazioni di efficienza a maggior rischio corrisponde maggior rendimento).
2. Capital structure (struttura del capitale/finanziaria) per ciò che riguarda le scelte di
finanziamento per gli investimenti futuri, con la domanda focale sulla proporzione tra debito
ed equity (azioni) e attenzione alla gestione della liquidità. Tale proporzione mostra il valore
dell’azienda.
3. Cash flow, per l’analisi del CCN e le scelte relative alla gestione del capitale (accertarsi di
avere liquidità e scorte sufficienti per gli investimenti e pianificazione finanziaria di breve e
medio-lungo)
In ogni azienda, tutte queste attività sono raggruppate nell’area finanza a cui capo vi è un CFO
e che, nelle aziende più strutturate, viene accompagnato da un controller e da un treasurer. Il
tesoriere è responsabile della gestione dei flussi di cassa, delle decisioni di investimento e della
programmazione finanziaria. Il controller si occupa della gestione della contabilità finanziaria
e dei costi, oltre che degli adempimenti fiscali e dei sistemi informativi. Il CFO è responsabile
delle decisioni di finanziamento, della pianificazione finanziaria di investimento a breve termine,
sovrintende alla contabilità e all’audio, assicura la sostenibilità finanziaria aziendale.
Corporate Finance 3e
David Hillier, Stephen Ross, Randolph Westerfield, Jeffrey Jaffe, Bradford Jordan
© 2018, McGraw-Hill Education (Italy) S.r.l.
Le relazioni tra tutte le attività della finanza aziendale non sono assolutamente semplici ma
Come fluisce la liquidità…
possono essere schematizzate in questo in questo modo:
1
Ogni azienda si rivolge ai mercati finanziari per ottenere equity e debito al fine di poter
procedere con qualunque tipo di investimento: la proporzione tra queste due componenti crea la
struttura del capitale aziendale. Queste risorse ottenute tramite i mercati finanziari (e che
figurano nel passivo) vengono dedicate alla costruzione degli asset aziendali. Con l’impiego di
tali risorse finanziarie e l’impiego degli asset stessi, si passa dai mercati finanziari ai mercati
reali. Dagli investimenti in asset, si generano flussi di cassa che serviranno per il pagamento
delle imposte, per rimborsare il servizio del debito (oneri finanziari) e il debito stesso (rimborso
capitale a scadenza), per remunerare gli azionisti (tipicamente tramite erogazione di dividendi) e
per l’autofinanziamento (i flussi vengono trattenuti tra gli utili non distribuiti e poi destinati alle
varie riserve).
Due questioni in corporate finance sono fondamentali:
1. Il timing dei flussi: il problema del tempo in modo da valutare tutti i flussi attuali e futuri
e per valutare i risultati nel tempo. La decisione tra due proposte dipende anche dalla
preferenza rispetto a quando ricevere il denaro (in anticipo o più tardi)
2. Il rischio dei flussi, per bilanciare il rischio e il rendimento
L’obiettivo della finanza aziendale è la massimizzazione del valore aziendale perché solo in
quel modo viene valorizzato -e quindi aumentato- il valore dell’azionista. L’obiettivo del
management finanziario consiste, quindi, nel massimizzare il prezzo delle azioni
dell’impresa. A tal proposito, bisogna considerare che gli azionisti sono i “proprietari
residuali” dell’impresa: gli azionisti, infatti, hanno diritto a ricevere ciò che eccede dopo che
sono stati pagati dipendenti, fornitori e creditori. Ne discende che se le cose vanno al meglio per
gli azionisti, allora anche tutti i restanti soggetti avranno raggiunto il loro interesse. Nel caso di
aziende che non posseggono azioni negoziate sul mercato, l’obiettivo del management
finanziario consiste nel riuscire a massimizzare il valore di mercato del capitale proprio esistente.
2
I mercati finanziari
Si distinguono in:
1. Mercati monetari: i sono negoziati i titoli a breve scadenza (entro 1 anno). Sono un
insieme di mercati non rigidamente interconnessi (dealer market). Vi operano imprese che
offrono quotazioni continue alle quali si impegnano ad acquistare e vendere strumenti del
mercato monetario per il proprio portafoglio, assumendosene completamente il rischio.
2. Mercati dei capitali: vi sono negoziati i titoli a lunga scadenza (oltre 1 anno). In tali
mercati operano diversi soggetti tra cui dealer e broker. Il dealer si differenzia del broker,
il quale agisce come agente per conto di un cliente nell’acquisto o nella vendita di titoli sulla
maggior parte delle Borse mondiali, senza acquisire personalmente la proprietà dei titoli
stessi.
In base al momento in cui vengono scambiati i titoli rispetto alla loro emissione, si
configurano diversi tipi di mercato:
1. il mercato primario: utilizzato quando lo Stato e le imprese emettono per la prima
volta titoli. Nel processo di emissione di debito ed equity, le imprese partecipano a due tipi
di mercati primari: l’offerta pubblica e il collocamento privato. In tali mercati:
• le azioni vengono vendute agli investitori,
• i fondi raccolti vanno direttamente all’azienda emittente.
La prima emissione di azioni di chiama Initial Public Offering (IPO), la seconda si chiama
offerta secondaria
3
CORPORATE GOVERNANCE
L’impresa è un mezzo per organizzare l’attività economica di molti individui. Il problema
fondamentale che si pone è come raccogliere i capitali; organizzarsi sotto forma di società di
capitali (e, in specifico, di società per azioni) è il metodo più utilizzato ma esistono anche altre
forme costitutive.
4
come unico obiettivo la massimizzazione del valore ma potrebbero figurare anche la
massimizzazione delle vendite, la massimizzazione della qualità e focalizzarsi su una fetta del
mercato di riferimento. Normalmente, gli azionisti danno dei vincoli ai manager. I problemi
di agenzia sono, effettivamente, influenzati dalle modalità di remunerazione dell’agent.
2. Secondo genere: occorrono ogniqualvolta una società è caratterizzata da una struttura
proprietaria concentrata in cui si distinguono azionisti di controllo e azionisti di
minoranza. tipicamente, è la situazione delle imprese maggiori dove il controllo è detenuto
non da un unico azionisti ma da tanti azionisti che, creando un nocciolo duro, possono
detenere il controllo dell’assemblea. Gli azionisti di minoranza avranno, quindi, minore
possibilità di poter influenzare le decisioni in CdA mentre quelli di maggioranza potranno,
indirettamente, allineare gli obiettivi dell’impresa a quelli personali. Un esempio potrebbe
riguardare le politiche di distribuzione dei dividendi: gli azionisti di minoranza potrebbero
preferire la distribuzione degli utili, mentre gli azionisti di controllo potrebbero preferire una
politica di auto-finanziamento.
3. Azionisti vs obbligazionisti
5
Confronto internazionale tra strutture proprietarie
In U.S.A. e in U.K. le strutture di controllo delle grandi imprese sono largamente diffuse,
ovvero nessun singolo investitore detiene una quota rilevante della società:
Si tratta dunque di contesti in cui tendono a dominare relazioni di agenzia di primo tipo.
Al contrario, nel resto del mondo il controllo delle imprese tende a essere molto più
concentrato nelle mani di famiglie, banche o – in alcuni casi – dei governi stessi:
In questo caso tendono a dominare le relazioni di agenzia di secondo tipo
L'identità degli azionisti di controllo influenzerà gli obiettivi del management e anche ove tutti
gli azionisti manifestino la loro preferenza per l'obiettivo della massimizzazione del valore, non è
detto che tutti condividono la stessa definizione di valore.
Il management e gli azionisti non sono gli unici soggetti interessati alle decisioni aziendali.Uno
stakeholder è un creditore che potrebbe avanzare delle pretese sui flussi di cassa dell’impresa.
Questi gruppi tenteranno anche di esercitare il controllo sull’impresa, potenzialmente a sfavore
dei proprietari. Nei Paesi in cui predominano modelli di amministrazione a due livelli, come i
Paesi Bassi e la Germania, gli stakeholder vengono formalmente inclusi nei processi decisionali
dell’azienda, attraverso il Consiglio di Sorveglianza a cui deve rispondere il board.
6
3. Paesi in cui vige la legge dei principi religiosi (mondo islamico) che influenzano le
diverse decisioni giuridiche che determinano le relazioni economiche. Ad esempio, la
principale applicazione della sharia nel mondo economico-finanziario è che non possono
essere richiesti e pagati interessi.
Queste impostazioni possono determinare la scelta dell’impresa riguardante dove collocare gli
investimenti. Infatti la flessibilità dei contesti di common law tende a proteggere maggiormente
azionisti, investitori e stakeholder e a rendere più attrattivo i relativi mercati. Quanto più, invece,
un sistema è rigido, tanto esso perde di attrattività.
7
LEZIONE 2
10/09/2020
CAPITOLO 3
AUTOFINANZIAMENTO
8
2.1. La riclassificazione dello SP è per pertinenza gestionale dove
• nel passivo ci sono
- passività correnti —> fanno riferimento al ciclo di acquisti, produzione e vendita
- passività finanziarie —> fanno riferimento al ciclo di finanziamento
- equity;
• nell’attivo figurano
- attività correnti —> fanno riferimento al ciclo di acquisti, produzione e vendita
- attività non correnti o immobilizzate che sono principalmente beni tangibili, beni
intangibili, immobilizzazioni finanziarie operative quali partecipazioni in aziende
controllate —> fanno riferimento al ciclo di investimento
- attività immobilizzate non operative come immobili non attivi.
2.2.
9
finanziario netto, ossia del valore delle passività non correnti/finanziarie, al netto delle
disponibilità finanziarie (cassa): indica anche la struttura finanziaria
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
Per calcolare i flussi di cassa nelle loro diverse definizioni, in conclusione, abbiamo bisogno di
disporre di una riclassificazione di bilancio che sia quanto più semplice possibile: lo SP deve
darci, alla fine, pochissime voci e il CE scalare deve evidenziare i valori dall’EBITDA in giù.
Ai fini della corporate finance e ai fini della valutazione dell’azienda, bisogna capire come
condurre determinate variabili finanziarie ai valori aziendali (valore di mercato dei suoi asset
determinato tramite l’attualizzazione dei flussi di cassa futuri oppure come somma del valore del suo debito e del
suo equity a valori di mercato). Molto spesso gli analisti, per le aziende quotate, non utilizzano i
10
valori di borsa per valutare il valore di un’azienda, in quanto tali valori dipendono anche dai
movimenti di borsa che potrebbero portare a sotto o sovrastimare l’azienda in questione. Gli
analisi preferiscono valutarla asset side, ossia utilizzano i flussi operativi futuri attualizzati per
poter determinare i valori degli asset: se il valore asset side di un’azienda è X, tale valore al netto
della posizione finanziaria netta farà ottenere il valore dell’equity. La valutazione asset side
genera dei redditi operativi al lordo di qualsiasi valutazione di natura finanziaria: gli oneri
finanziari, infatti, si legano al debito. L’utile netto, invece, si può collegare con l’equity.
11
LEZIONE 3
16/09/2020
CAPITOLO 3
Consideriamo i flussi finanziari e non i flussi economici perché, dal punto di vista degli azionisti,
interessa sapere quali sono i flussi che effettivamente entrano o escono dall’azienda: il reddito,
invece, non è completamente veritiero perché potrebbe riflettere politiche di bilancio d’imprese
che potrebbero puntare ad una spinta sulle vendite (aumentare vendite, ridurre i tempi medi di incasso,
aumento i tempi medi di pagamenti). Per la determinazione dei flussi, nel CE ci interessano i valori
finali mentre per lo SP ci interessano le variazioni tra dati iniziali e finali:
𝚫 PASSIVO +
1. FONTI DI FINANZIAMENTO
𝚫 ATTIVO -
𝚫 PASSIVO -
2. IMPIEGHI
𝚫 ATTIVO +
La struttura del rendiconto finanziario ha alla base una sua logica: con i primi due flussi, si fa
riferimento alla gestione operativa e caratteristica d’impresa; sono, infatti, flussi che
prescindono da come l’azienda è finanziata. È bene ricordare che i cash flows generati dalle
attività operative sono uguali ai cash flows che vanno ai creditori e agli azionisti.
12
a. FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE CORRENTE (FCGC)
Indica l’ammontare di risorse monetarie generate o assorbite nel corso dell’ultimo anno dalla
gestione caratteristica di impresa. Il flusso di circolante è anche detto “autofinanziamento
potenziale” perché identifica il russo che potenzialmente l’impresa orinerebbe dalla gestione
corrente se tutti i ricavi fossero stati riscossi e tutti i costi correnti fossero stati pagati nell’anno.
Giacché questa situazione non si verifica mai in concreto, occorre sottrarre le variazioni di CCC
che rappresentano le entrate non riscosse ed i costi per acquisti non ancora pagati. Il fFCGC è
l’autofinanziamento reale.
+ EBIT
Per definizione, si considera il CC come un
+ AMMORTAMENTI investimento, una variazione positiva del CC è da
considerarsi un impiego.
- IMPOSTE CALCOLATE SULL’EBIT
Le imposte vengono calcolate sull’EBIT al
FLUSSO DI CIRCOLANTE DELLA fine di vedere quale sarebbe stato
GESTIONE CORRENTE
l’ammontare delle tasse se il debito fosse
+/- 𝚫 CAPITALE CIRCOLANTE stato pari a zero —> non voglio essere
COMMERCIALE influenzato dalle passività finanziarie nel calcolo del
FLUSSO DI CASSA DELLA gettito fiscale.
GESTIONE CORRENTE
13
c. FLUSSO DI CASSA DISPONIBILE PER GLI AZIONISTI (FCFE)
Per la valutazione dell’azienda, bisogna valutare i flussi futuri, ossia FCFO e FCFE ,
attualizzandoli con l’opportuno costo del capitale.
14
ESEMPIO REDAZIONE DEL RENDICONTO FINANZIARIO
1. tc = 40%
Distribuiti 100%
2. Esempio: degliFelino
Poggio utili SpA, Redazione del rendiconto finanziario
NB: NB:
ATTIVO CORRENTE = PASSIVO CORRENTE =
CREDITI + SCORTE DEBITI V/FORNITORI
+ DEBITI TFR
A) RICLASSIFICAZIONE SP
2016 2017
CC = ATTIVO
= 3200
CORRENTE PASSIVO CORRENTE
= 2700
ATTIVO CORRENTE
= 3.500
PASSIVO CORRENTE
= 2.800
CC =
3200 - 3500 -
2700 DEBITI FIN = 1000 DEBITI FIN = 1.300 2800 =
= 500 INVESTIMENTI = 700
OF = 200 INVESTIMENTI = OF = 240
2000 2.200
REDDITO NETTO REDDITO NETTO
=200 =200
Esempio: Poggio
CAPITALE Felino
SOCIALE = SpA CAPITALE SOCIALE =
CASSA = 200 CASSA = 300
1.300 1.460
Conto Economico riclassificato
B) RICLASSIFICAZIONE CE
15
+ EBIT = 800 È pari anche a INVESTIMENTI 2016
- CC 2016 - INVESTIMENTI 2017=
+ AMMORTAMENTI = +500
= 2000 - 500 -2200 = -200
- IMPOSTE CALCOLATE SULL’EBIT = -0,4*800 = - 320
FCFO +80
16
LEZIONE 4
17/09/2020
CAPITOLO 3
La Programmazione Finanziaria
I quozienti di bilancio
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flussi di cassa
DEBITI V/FORN
1.2. Tempo medio di pagamento =
ACQUISTI (MP E SERVIZI)/360
Dal punto di vista finanziario, ridurre il tempo medio di pagamento, porta una riduzione
dei flussi di cassa
SCORTE (RIMANENZE) DI MAGAZZINO
1.3. Tempo medio di giacenza =
COSTO DEL VENDUTO/360
18
PFN DEBITO
3.1. Gearing = =
CN EQUITY
Esso indica quanta parte dell’attivo è finanziata dal debito e quanta da capitale
azionario. In tale indice, debito ed equity sono a valori di mercato e non contabili
PFN DEBITO
3.2. Leverage finanziario = =
PFN + CN DEBITO + EQUITY
4. Indici di redditività:
EBIT
4.1. ROI =
CINO
EBIT
4.2. ROS =
RICAVI
RICAVI
4.3. Asset Turnover =
CINO
1 CINO
4.4. Intensità di capitale = =
ASSET TURNOVER RICAVI
REDDITO NETTO
4.5.ROE =
EQUITY
Gli indici di maggiore importanza, dal punto di vista finanziario, sono ROI e ROE in quanto
mostrano, rispettivamente, la redditività asset Side e la resistività per gli azionisti
5. Indici di mercato o multipli di Borsa: la loro genesi è data dal valore di mercato delle
imprese quotate in Borsa (per queste aziende è possibile conoscere in qualsiasi momento il
valore del capitale azionario —> è possibile conoscere il valore sia del debito che dell’equity).
Tali indici sono fortemente influenzati dalle variazioni dei mercati finanziari (per domanda
ed offerta)
PREZZO CORRENTE AZIONI
5.1. P/E = , è possibile calcolarlo in ogni
EARNING PER SHARE (utile per azione)
momento per le aziende quotate. Non si calcola il P/E quando EPS è negativo. L’EPS è
dato dal rapporto tra il totale degli utili e il numero di azioni in circolazione. A seconda
dei settori, ci sono delle medie di riferimento di P/E che riflettono le previsioni fatte dagli
analisi rispetto alla generazione di redditi e flussi finanziari. Un rapporto alto può
indicare che l’azienda sarebbe più costosa se fosse venduta in questo momento.
PREZZO CORRENTE AZIONI
5.2.Price to Book Value =
VALORE CONTABILE DELLE AZIONI
Tendenzialmente, è sempre maggiore di 1: esso ci dice che il valore di mercato è
superiore rispetto al valore contabile. Se fosse ≤1, significherebbe che non ci sono più
prospettive di crescita, il valore di mercato è inferiore al valore contabile (se tale valore è
strutturale e non momentaneo, l’azienda deve effettuare una svalutazione del capitale).
EV
5.3.EV to EBIT =
EBIT
L’EV (Enterprise Value) è dato dall’attualizzazione di tutti i flussi di cassa operativi
futuri.
19
EV
5.4.EV to EBITDA =
EBITDA
È appropriato affermare che i quozienti di bilancio, presi singolarmente, siano indicatori non
sufficientemente significativi. Affinché si possa condurre una corretta analisi, occorre
interpretarli con il trend storico dei quozienti aziendali e con i quozienti medi di settore/di
aziende compararle.
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LEZIONE 5
23/09/2020
CAPITOLO 4
AUTOFINANZIAMENTO
Per valutare gli investimenti attraverso l’attualizzatone dei flussi futuri, verrano utilizzati tassi di
attualizzazione che altro non sono se non il costo del capitale: tali tassi rappresentano il
rendimento atteso sul capitale che gli investitori danno all’impresa.
Immaginiamo in questo primo momento di essere in condizioni di certezza.
a) Valutiamo la seguente opzione con riferimento monotemporale:
in t0 abbiamo 10.000€ a disposizione con cui poter comprare un terreno che in t1 si potrà
vendere ad 11.000€. Se vengono deposti in banca, invece, si ha un tasso certo r= 8%.
Conviene procedere con l’investimento? Sì conviene procedere con l’acquisto del terreno, in
quanto in t1 il valore di tale denaro consentirà di ottenere un rendimento del 10%, superiore
rispetto all’8% offerto dal deposito bancario, che porterà in t1 ad ottenere 10.800€. Abbiamo
proceduto con l’operazione di capitalizzazione (C * (1+r)t).
Se si volesse procedere in maniera opposta, per valutare quanto valgono in t0 gli 11.000€
disponibili in t1, si dovrà procedere con l’attualizzazione dove C è il capitale e porterà
C 11.000€
= = 10.195€. Tale valore attualizzato è superiore rispetto al valore attuale
(1+r) (1+0,08)
del capitale. Se il tasso di rendimento atteso dal deposito bancario fosse superiore al tasso
atteso di attualizzazione, ovviamente, la situazione si invertirà.
Il valore futuro è il valore di una somma investita per uno o più periodi. In alternativa, il
valore attuale evidenzia il valore in t0 di un flusso che si riceverà in t1. È bene sottolineare che
l'analisi del valore futuro e l'analisi del valore attuale portano alle medesime conclusioni.
Il valore attuale netto dell'investimento è il valore attuale dei flussi di cassa futuri meno il
valore attuale dei costi dell'investimento. Se il suo è negativo, si dovrebbe raccomandare
l'abbandono dell'investimento. In presenza di flussi di cassa certi, il tasso di interesse
appropriato si può determinare interpellando 2 o 3 banche.
21
b) Nel caso in cui ci si trovasse in situazione pluritemporale, la logica non cambierebbe ma,
semplicemente, si avrebbe la capitalizzazione degli interessi.
C
Il valore attuale sarà uguale a mentre il valore futuro sarà pari a C * (1+r)t.
(1+r)t
Se si avesse il capitale iniziale in t0 = 1.000€ con r =10% annuo, in t3 si avrebbe =1.000€ *
(1+10%)3=1.331€.
È bene sottolineare come differenze nei tassi di interesse comportano enormi differenze nei
risultati, se si considera un periodo temporale abbastanza lungo. Nelle valutazioni con
orizzonti di medio-lungo tempo, all’aumentare del tasso di rendimento, diminuirà il valore
attuale.
Il Valore Attuale Netto di un investimento, dato un certo numero di flussi futuri di cassa, è
T
C
i
pari a −C0 + ∑ t
t=1
(1+r)
NB: quando l’investitore riceve più flussi di cassa, il valore attuale dell’insieme dei flussi di
cassa è rappresentato dalla somma dei valori attuali dei singoli flussi di cassa.
e) Nel caso di rendite perpetue crescenti, ossia quelle rendite in cui il capitale cresce
costantemente nel tempo ad un saggio di crescita g costante, il VALORE ATTUALE è pari
22
C
a . Il numeratore è il flusso di cassa del periodo successivo e non al tempo zero; il tasso di
r - g
attualizzazione deve essere superiore al tasso di crescita g in quanto se i tassi fossero molto
vicini, il denominatore della formula utilizzata diventerebbe infinitamente piccolo E il valore
attuale diventerebbe infinitamente grande. Tale formula del valore attuale assume che i flussi
di cassa entrino ed escano scadenze periodiche separate, pertanto verrà applicata assumendo
una sequenza regolare e cadenzata di flussi di cassa. Pur essendo una posizione ragionevole,
non si dovrebbe dimenticare che è un'ipotesi.
1.000€
Immaginando di avere C = 1.000€, r = 10% e g = 5%, il VA = = 20.000€.
0,1 - 0,05
Quanto più i due tassi si avvicineranno, tanto più il valore attuale crescerà. Immaginare un
tasso di crescita troppo elevato, non avrebbe alcun senso economico in quanto,
immaginando tale situazione in perpetuo, si avrebbe che l’azienda si trovi ad occupare una
posizione di monopolio. In tale posizione di monopolista, per l’azienda non ci sarebbero
ulteriori spazi di crescita e, quindi, il saggio di crescita non avrebbe più senso. È per questo
che, normalmente, il tasso di crescita è pari al tasso di inflazione.
f) Nel caso di rendita annua, che è un flusso di pagamenti costanti con una durata pari a un
numero prefissato di periodi, il valore attuale delle cellule che si ricevono per soliti periodi
deve essere inferiore al valore attuale di una rendita perpetua.
1−
1
(1+r)T
Il VALORE ATTUALE è pari a C * .
r
[ESEMPIO]
Flussi di cassa netti annui in entrata per 30.000€
T = 10 anni
Investimento iniziale di 200.000€
Investimento finale in t11 = 35.000€
r = 5%
T
Ci 35.000
—> VAN = −C0 + ∑ t
= -200.000 + (30.000 * 7,7217) - = +11.187€. Dove il
t=1
(1+r) 1,0511
7,7217 è il valore preso dalle tavole di attualizzazione di un flusso annuo per 10 anni al 5%
annuo (tavola A2 sul libro).
—> NB: Se r = 7%, VAN = -5.920 €.
23
LEZIONE 6
24/09/2020
CAPITOLO 5
Siamo interessati alle obbligazioni semplicemente perché si identificano come una forma di
debiti finanziari.
Siamo interessati, invece, al valore delle azioni in questa sede in quanto il valore dell’azione
viene calcolato, in approccio teorico, tenendo presente l’aspetto dell’investimento oggi e della
crescita futura.
a) OBBLIGAZIONI
Un’obbligazione è un certificato che attesta l’esistenza di un prestito di una somma specifica
da parte di un creditore; a date prefissate il debitore rimborserà capitale ed interessi. Le
obbligazioni possono essere:
a1) con cedola (coupon bonds) sono quelle obbligazioni in cui il creditore, a tempi
prestabiliti, ottiene delle cedole, mentre il capitale è rimborsato ingrandente a scadenza. Il
prezzo dell’obbligazione dipende dal tasso di interesse.
C C C VA L OR E NOM
Il valore di tale obbligazione è + + ... + T
+
1+R (1+R) 2
(1+R) (1+R)T
Un’obbligazione a cedola fissa è negoziata:
• alla pari (= al valore nominale) se tasso della cedola = tasso di mercato
• sotto la pari se tasso della cedola < tasso di mercato.
È un risultato logico: se si partisse da un tasso pari al 10%, una volta che il tasso di interesse è
pari al 12% un'obbligazione di nuove emissione con una cedola del 12% si venderà 100.
Questo titolo avrà una cedola di 12 € e l'obbligazione precedente che dà una cedola di 10 €,
verrà pagata meno di 100 €.
• sopra la pari se tasso della cedola > tasso di mercato
Quando un’obbligazione è quotata a meno di 100, vuol dire che le cedole che l’obbligazione
da sono inferiori in termini % al tasso di mercato di attualizzazione.
a2) senza cedola (zero coupon bonds) in cui l’obbligazione emessa al tempo t, ottiene il
rimborso completo a fine periodo senza cedole periodali. Il valore iniziale è minore del
valore finale per il valore del tempo. Poiché il valore nominale è l'unico flusso di cassa
VA L OR E NOM
generato da tale obbligazione, il valore attuale è pari a
(1+R)T
a3) rendite: pagano una cedola all’inibito e non hanno scadenza. Il capitale, invece, non è
mai rimborsato. Questi titoli garantiscono al detentore un flusso di cassa fisso all’infinito
b) AZIONI
E azioni ordinarie forniscono due tipi di liquidità: in primo luogo, pagano spesso dividendi
intervalli regolari; in secondo luogo, gli azionisti incassano il prezzo di vendita al momento
24
stesso in cui si realizza la vendita del titolo. Pertanto, le azioni possono essere valutate in
diversi modi:
DI V1 P1
b1) P0 = +
1+R 1+R
∞
t DI V
b2) Sommatoria dei dividendi futuri = ∑ t
t=1
(1+R)
Ambedue le impostazioni sono equivalenti. Se, infatti, la formula (b1) è vera, è anche vero
DI V2 P2
che P1 = + , allora si può procedere con una sostituzione nella (b1)
1+R 1+R
DI V1 DI V2 P2
P0 = + 2
+ e così via anche con P2, P3, . . . , Pn , fino all’ultimo termine
1+R (1+R) (1+R)2
Pn
e, quindi, il valore dell’azione risulta pari alla sommatoria di tutti i dividendi futuri. Il
(1+R)n
modello di attualizzazione dei dividendi futuri si dimostra solido anche con riferimento ad
4 – VALORE ATTUALE DELLE AZIONI
orizzonti temporali brevi. Anche volendo sbarazzarsi di fretta del titolo per convertirlo in
liquidità, l'investitore deve trovare un altro soggetto disposto acquistarlo e il prezzo che
quest'ultimo sarà disposto a pagare dipenderà dai dividendi generati dopo il suo acquisto.
Il tasso R è il tasso di attualizzazione delle azioni ed è il rendimento richiesto.
q Valutare le azioni richiede pertanto delle ipotesi circa
Valutare le azioni richiede pertanto delle ipotesi circa l’andamento dei dividendi
l’andamento dei dividendi attesi. Considereremo 3 casi:
attesi. Considereremo 3 casi: crescita zero, costante e differenziale.
crescita zero, costante e differenziale.
14
1) la crescita nulla implica che i dividendi siano costanti nel tempo, ossia
DI V1 = DI V2 = . . . = DI Vn . In questo caso il prezzo dell’azione è pari alla rendita perpetua
DI V1 DI V1 DI V1 DI V1
semplice e, quindi, P0 = + 2
+ 3
... = .
1+R (1+R) (1+R) R
2) la crescita costante implica che i dividendi crescano ad un tasso g, tali per cui si hanno
DI V1; DI V2 = DI V1(1 + g) ; DI V3 = DI V1(1 + g)2 , ecc . Dove DI V1 è il dividendo alla fine
del primo periodo.
DI V1 DI V1(1 + g) DI V1(1 + g)2 DI V1
In questo caso P0 = + 2
+ 3
... = .
1+R (1+R) (1+R) R-g
La crescita costante e perpetua è solo teorica: la crescita perpetua effettuata su valori di g
25
elevati non è possibile.
26
128.000
128.000€. Gli utili sono cresciuti di = 6,4%. Con la formula si sarebbe arrivati al
2.000.000
medesimo risultato, infatti g = 40% * 16% = 6,4%.
DI V1 DI V1
Il tasso di attualizzazione delle azioni R, sapendo che P0 = ;R−g = ; allora è
R-g P0
DI V1
pari a R = + g.
P0
In tale formula, il primo componente è il rendimento del dividendo; il secondo componente, il
tasso g, non solo il tasso di crescita del dividendo, ma è anche il tasso con cui cresce il prezzo
dell'azione. Questo tasso di crescita, in definitiva, si può interpretare come il rendimento del
capital gain - ovvero il tasso a cui cresce il valore dell’investimento. Il capital gain viene calcolato
Pt+1 − Pt
anche come , mentre il rendimento totale è dato da dividend yield + capital gain. È
Pt
bene sottolineare che man mano che si va avanti nel tempo e si incassano i dividenti, il dividend
yield aumenta mentre il capital gain diminuisce.
NBB: la politica dei dividendi non influisce mai sul prezzo delle azioni: infatti, tale
politica non fa variare il valore dell’azienda che varia solo ed unicamente in funzione degli
investimenti possibili (quindi, solo se il VAOC>0)
27
LEZIONE 7
30/09/2020
CAPITOLO 5
Finora ci siamo occupati del modello teorico di investimento delle azioni e, in particolare modo,
siamo partiti inquadrando il cd dividend discount model (o modello di Gordon), modello che
aiuta a capire il tema della rilevanza della crescita e, quindi, della rilevanza degli investimenti:
esso prende in considerazione il tasso di crescita g, il tasso di attualizzazione del capitale
DI V1
azionario R e il valore dei dividendi (per cui P0 = ).
R-g
L’utilizzo di P0 e DIV1 è perché si assume che l’utile dell’anno 0 venga distribuito, in parte o in
toto, come dividendo nell’anno 1. Applichiamo tale modello a diversi modelli di crescita: nulla,
costante o differenziale. Quest’ultimo caso è il più comune proprio perché (1) salvo casi
particolari, tipo start-up in cui l’orizzonte di crescita significativa è abbastanza lungo, per le
aziende che sono già sul mercato è difficile immaginare che essa possa crescere stabilmente nel
lunghissimo tempo/infinito; (2) il futuro non è per nulla prevedibile, pertanto le aziende
preparano business plan e piani finanziari che non vanno mai oltre i 3-5 anni (oltre il sesto anno
si immagina che i saggi di crescita siano cosasti o mediamente inferiori a quelli attuali —> si va
verso il cd terminal value). La costruzione del tasso di crescita è importante perché nel momento
in cui il saggio di crescita aumenta e si avvicina a R, il valore di P0 cresce esponenzialmente.
Il calcolo di g si ottiene con g = plowback ratio (valore da 0 a 100) x ROE . Ricordiamo che il
plowback è pari a 1 - payout (sempre ricordarsi che plowback è ritenzione e payout è
distribuzione).
Il calcolo di R, invece, può essere costruito sia partendo dal modello di Gordon sia in modi più
DI V1
soddisfacenti (modi che vedremo più avanti nel corso): R = + g , dove il primo termine è
P0
anche chiamato dividend yield.
NB: per calcolare il valore del dividendo devo comprendere quanta parte del guadagno per
azione (EPS) posso trattenere e quanta parte devo, invece, distribuire —> si calcolano plowback
e payout.
Con la lezione di oggi, cerchiamo di capire se ci sono delle opportunità di crescita derivanti dalla
ritenzione degli utili per poi comprendere il VAN di tali investimenti.
a) Ipotizzando che un’azienda generi in perpetuo lo stesso livello di utili che verranno
corrisposti interamente agli azionisti come dividendi, con un payout del 100%, avremo:
EPS=Div. Si dice che l’azienda opera da cash cow.
EPS DI V
In questo caso, il valore dell’impresa è pari a P0 = = , non c’è il tasso di crescita g
R R
in quanto abbiamo ipotizzato che il payout sia 100%: si è nel caso di perpetuità semplice.
28
b) Ipotizzando invece che l’azienda trattenga parte dell’utile per finanziare progetti di
EPS
investimento (plowback>0), allora P0 = + VA NOC . Il VANOC è il VAN degli
R
investimenti effettuati tramite gli utili trattenuti. L’entità di tale valore dipenderà da, in
particolar modo, dalla crescita g e/o dal rendimento che avrà l’investimento addizionale:
non è detto che tale rendimento sarà pari al rendimento storico degli investimenti aziendali.
Il primo termine, quindi, mostra il valore che avrebbe l’impresa se si limitasse a distribuire
tutti gli utili agli azionisti; il secondo esprime il valore addizionale che l’impresa avrebbe se
trattenesse gli utili per finanziare nuovi progetti.
Molte aziende scelgono di non pagare dividendi (plowback = 100%) e le loro azioni vengono
comunque negoziate a prezzi elevati. Gli azionisti razionali sono convinti che ad un certo
punto riceveranno dei dividendi o qualcosa di altrettanto redditizio. invero, l’azienda
potrebbe essere acquistata da un’altra società e gli azionisti si troverebbero a ricevere denaro
contante o nuove azioni.
[ESEMPIO 1]
Auto Shipping SPA prevede di guadagnare €1 milione all’anno (utile) in perpetuo se non
persegue nuove opportunità di crescita.
Ha in circolazione 100.000 azioni, perciò gli utili per azione sono uguali a €10 (EPS =
€1.000.000/100.000).
Al periodo 1 l’impresa avrà l’opportunità di intraprendere un investimento che prevede una
spesa all’anno 1 di €1.000.000 (trattiene tutti gli utili e payout in anno 1 = 0%) per una nuova
campagna di marketing.
La nuova campagna farà aumentare gli utili in tutti i periodi successivi di €210.000 (o €2,10 per
azione).
Il tasso di attualizzazione è R = 10%.
Qual è il prezzo dell’azione prima e dopo la decisione di effettuare la campagna di marketing?
—> La campagna alternativa ha un rendimento intrinseco del 21% (=210.000/1.000.000), che
è superiore al tasso di attualizzazione che utilizza l’impresa: indicativamente, sembra essere
conveniente
EPS = DI V 10
a: senza crescita) P0 = = = 100€
R 0,1
EPS 10
b: con crescita) P0 = + VA NOC = + 10 = 110€ dove:
R 0,1
2.100.000
↪︎ valore della campagna di marketing in t1 = − 1.000.000 + = 1.100.000€
0,1
1.100.000
↪︎ valore della campagna di marketing in t0 = VA NOC = = 1.000.000€
1,1
1.000.000
↪︎ VANOC per azione = = 10€
100.000
Se il delta utili fosse stato di 90.000 (e non di 210.000), non sarebbe stato conveniente effettuare
l’investimento: il rendimento dell’investimento futuro sarebbe del 9%, inferiore al valore medio
di attualizzazione degli investimenti aziendale che è pari al 10%.
29
Il valore dell’impresa cresce se il VANOC è positivo (è la logica del VAN, che è sempre
>0 quando la sommatoria attualizzata dei flussi di cassa successivi all’investimento è maggiore al
valore dell’investimento).
Tuttavia, alcuni manager potrebbero accettare anche investimenti con VAN negativo al solo fine
di aumentare le dimensioni aziendali.
[ESEMPIO 2]
Gold Supermarket, un’impresa appena costituita, guadagnerà €100.000 in perpetuo (utili) se
distribuirà tutti i propri utili sotto forma di dividendi.
Ma l’impresa intende reinvestire il 20% (plowback = 20%) in progetti che renderanno il 10%
all’anno (rendimento degli utili non distribuiti = ROE).
Il tasso di attualizzazione R = 18%.
DI V 100.000
1. Nel caso in cui la ritenzione sia pari a 0, P0 = = = 555.555€
R 0,18
DI V1 80.000
2. Nel caso in cui la ritenzione sia del 20%, invece, P0 = = = 500.000€
R-g 0,18 - 0,02
con g = plowback x ROE = 20% * 10% = 2%
↪︎ senza calcoli si poteva dire che non sarebbe convenuto l’investimento perché il
tasso di rendimento degli utili è inferiore al tasso di attualizzazione
DI V1 80.000
3. Nel caso in cui il rendimento degli utili sia il 20%, P0 = = = 571.428€
R-g 0,18 - 0,04
con g = plowback x ROE = 20% * 20% = 4%
↪︎ conviene perché il tasso di rendimento degli utili è superiore al tasso di
attualizzazione
↪︎ conviene rispetto al caso (2) perché g aumenta
DI V1 80.000
4. Nel caso in cui il rendimento degli utili = 18% = R, P0 = = = 555.555€
R-g 0,18 - 0,036
con g = plowback * ROE = 20% * 18% = 3,6%
↪︎ è indifferente l’investimento se il rendimento degli utili è pari al tasso di
attualizzazione
NB: quando R=ROE, il VAOC SEMPRE = 0 —> ci troviamo nel caso in cui R = TIR
[ESEMPIO 3] Il modello di crescita dei dividendi e il VANOC portano allo stesso risultato?
Supponete che Manama Books abbia EPS di €10 alla fine del primo anno, un tasso di
distribuzione dei dividendi (payout) del 40%, un tasso di attualizzazione (R) del 16%, e un
rendimento degli utili non distribuiti (ROE) del 20%. Qual è il valore dell’impresa che si
otterrebbe con i due modelli?
DI V 0,4 * 10 = 4
a) dividend discount model (modello di Gordon, DDM), P0 = = = 100€
R-g 0,16 - 0,12
con g = plowback * ROE = 60% * 20% = 12%
30
b) modello del VANOC
6 * 0,2 = 1,2
↪︎ valore investimento in t1 = − 6 + = 1,5€
0,16
su 10€ di utile per azione, l’impresa ne trattiene 6. Su questo investimento di 6€,
guadagna 1,20€ all’anno. Il valore dell’investimento è calcolato al tempo 1, in quanto
l’investimento avviene al tempo 1 e il primo flusso di cassa avviene al tempo 2. Il VAN non
è stato ancora riportato al tempo 0.
1,5
100€
}
↪︎ VANOC =
0,16 − 0,12
= 37,5
⇩
10
↪︎ valore senza crescita = = 62,5€ cioè se l’azienda opera da cash cow
0,16
31
LEZIONE 8
01/10/2020
CAPITOLO 6
L’apertura di nuovi punti vendita è una tipica decisione di capital budgeting. Decisioni come
queste, ognuna delle quali comporta investimenti significativi, sono fondamentali e i rischi e i
benefici vanno ponderati con la massima attenzione.
0. Valore Attuale Netto
Il valore attuale netto (VAN) è il principale criterio per la valutazione economica di un
investimento ed è il valore attuale di tutti i flussi che l’investimento genererà in futuro, al netto
del flusso in uscita all’anno zero.
REGOLA DEL VAN: si accetta un investimento solo se VAN > 0 perché ciò avvantaggia gli
azionisti. Il valore dell’azienda aumenta all’aumentare del VAN del progetto.
Il valore dell'azienda è rappresentato dalla somma dei valori dei diversi progetti, delle diverse
divisioni o delle altre entità aziendali. Questa proprietà, denominata additività del valore, è
di importanza fondamentale, visto che è un contributo di qualunque progetto al valore di
un'impresa sarà semplicemente il VAN del progetto.
Viene utilizzato il VAN per tre principali motivi:
1. Perché il VAN utilizza i flussi di cassa e non i redditi (gli utili), che sono una misura artificiale:
non rappresentano denaro
2. Perché utilizza tutti i flussi di cassa, sia in entrata che in uscita (gli altri metodi utilizzano solo
quelli fino a una certa data)
3. Perché attualizza correttamente i flussi di cassa, ossia con un costo del capitale (tasso di
attualizzazione) corretto. Gli altri approcci potrebbero ignorare il valore temporale del
denaro nella determinazione dei flussi di cassa.
Le aziende, tuttavia, non utilizzano necessariamente il VAN ma utilizzano anche altri metodi
alternativi:
1. Il periodo di recupero (payback period)
2. Il rendimento medio contabile
3. Il tasso interno di rendimento
4. L’indice di redditività
32
1. Payback period
Il periodo di recupero mostra in quanto tempo l’azienda recupererà, dal punto di vista
finanziario, l’investimento. È importante calcolare tale periodo al fine di non avere importanti
fabbisogni o surplus finanziari. L’impresa individua una soglia temporale, cut-off period, entro
la quale desidera che l’investimento rientri.
REGOLA DEL TEMPO DI RECUPERO: si accetta un investimento se il suo tempo di
⇩
recupero è minore di una data specifica di rientro (cut-off date) decisa dal management;
altrimenti, si rifiuta.
[ESEMPIO]
Investimento di 50€ che rientra secondo le seguenti diverse ipotesi
HP1)
t1 t2 t3 t4 t5
HP2)
t1 t2 t3 t4 t5
HP3)
t1 t2 t3 t4 t5
Il cut-off dell’impresa è a 2 anni, pertanto la modalità scelta sarà il secondo metodo che,
tuttavia, non è detto che sia il migliore in quanto dipende dalla logica dei tassi.
I punti di debolezza di tale metodo sono (1) non attualizza, (2) non considera la distribuzione
nel tempo dei flussi, (3) non considera cosa succede dopo il cut-off, (4) non dice in base a quale
logica viene scelto il periodo di cut-off. Il primo punto può essere facilmente superato scegliendo
un metodo di payback attualizzato.
↪︎ Tale metodo è molto utilizzato quando viene affiancato ad un altro criterio (normalmente al
VAN) perché da alla direzione finanziaria una indicazione aggiuntiva sul tema dei picchi del
fabbisogno/surplus finanziario, in modo da far fronte a tali situazioni con l’utilizzo di risorse
finanziarie interne ed esterne.
Dall’altro lato, per ciò che riguarda i punti di forza, tale metodo (1) è utile per gli investimenti
routinari e molto limitati, (2) è adatto alle imprese a forte razionamento di capitale, (3) è
33
q Consiste nell’attualizzare i flussi di cassa e poi chiedersi quant
metteranno i flussi attualizzati ad eguagliare l’investimento inizial
q REGOLA DEL TEMPO DI RECUPERO ATTUALIZZATO: si acc
eccezionalmente semplice da capire. un investimento se il suo periodo di payback attualizzato è infer
al benchmark e si rifiuta in caso contrario.
t0 t1 t2 t3
ATTUALIZZAZIONE
-100.000 € 45.454,55 € 41.322,31 € 15.026,29 €
AL 10%
Nel caso di tempo di recupero semplice, il tempo di recupero è di due anni; nel caso di
attualizzazione, presenta un tempo di recupero leggermente inferiore ai tre anni.
Finché i flussi di cassa e il tasso di attualizzazione restano positivi, il tempo di recupero
attualizzato non sarà mai inferiore al tempo di recupero, perché l'attualizzazione riduce il valore
dei flussi di cassa. Tuttavia, se ci si è presi la briga di attualizzare i flussi di cassa, sarebbe meglio
sommare tutti i flussi di cassa attualizzati ed utilizzare il VAN per prendere la decisione. Il tempo
di recupero attualizzato è solo un compromesso scadente tra la regola del tempo di recupero e
quella del VAN.
[ESEMPIO]
UTILE = 100.000, 150.000, 50.000, 0, -50.000
Durata dell’investimento = 5 anni
Investimento al tempo 0 = 500.000
34
100 + 150 + 50 + 0 − 50
5 50
R MC = = = 20 %
500 250
2
Tale risultato viene confrontato con un benchmark di riferimento soggettivo (ad esempio, faccio tutti
gli investimenti che hanno un RMC superiore ad una certa soglia e poi si sceglie).
Punti di debolezza: (1) non è un approccio di tipo monetario, (2) non tiene conto del timing
dei flussi perché non c’è alcun tipo di attualizzazione, (3) il tasso di rendimento da considerare
come parametro di confronto è soggettivo.
L’unico vantaggio è che è un indicatore semplice basato sul rendimento. Infatti, sia azionisti che
media sono particolarmente attenti alla redditività aziendale: alcuni manager si sentiranno
obbligati a selezionare progetti immediatamente profittevoli, benché insoddisfacenti in termini di
VAN.
REGOLA DEL TIR: si accetta di investire in un progetto se il suo tasso interno di rendimento
è maggiore del tasso di attualizzazione di mercato; si rifiuta se il TIR risulta inferiore al tasso di
attualizzazione.
35
Il TIR è un indicatore immediato per la valutazione degli investimenti che, tuttavia, porta con sé
vari problemi:
b. Il secondo problema di natura generale riguarda il caso dei tassi multipli: si avranno
tanti TIR quante sono le inversioni di segno nei flussi di cassa
t0 = − 1000
t1 = + 800
t2 = + 150
t3 = + 150
t4 = + 150
t5 = + 150
t6 = − 150
6 – I PROBLEMI RELATIVI ALL’APPROCCIO DEL
TIR
In questo
q caso comuni
Problemi saranno due i TIR cheindipendenti
ai progetti rendono il VAN ea = quelli
0 : unoalternativi
pari al 15,2%, l’altro pari al
-50%.
• Tassi di rendimento multipli (si hanno ad es. quando flussi positivi si
ogni volta che asi flussi
alternano ha piùnegativi).
di un cambio di segno nei flussi, si avrà più di un TIR: in questo caso
abbiamo due cambi (-,+,-) e, quindi, due TIR. Quando c’è il plurimo cambio di segno, è
In questo caso si a avranno tanti TIR, tanti quante le inversioni di
segno non utilizzare il TIR
meglio
36
c. Il terzo problema riguarda il confronto tra progetti di investimento alternativi (uno
esclude l’altro): non è detto che tutti gli investimenti che si vanno a confrontare siano uguali
(si ha un problema sia di tempo che di dimensione dei flussi).
c.1. problema di dimensione degli investimenti:
[ESEMPIO]
Immaginando di non avere alcun vincolo di cassa, per valutare la scelta tra i due
investimenti con dimensione diversa, si utilizza il cd metodo incrementale: si vanno a
calcolare i flussi differenziali, sottraendo dal progetto di investimento maggiore, quello
minore. In questo caso:
[ESEMPIO 1]
t0 t1 t2 t3 t4 t5 TIR
PROGETTO
-10.000 € 11.200 0 0 0 0 12%
1
PROGETTO
-10.000 € 0 0 0 0 17.623 12%
2
37
In teoria, in questa situazione, si sarebbe indifferenti tra i due investimenti che non solo
hanno lo stesso TIR ma anche la stessa dimensione: l’unica differenza riguarda il timing
dei flussi di cassa.
[ESEMPIO 2]
PROGETTO
-9.000 6.000 5.000 4.000 0 0 0 33% 3.592
A
PROGETTO
-9.000 1.800 1.800 1.800 1.800 1.800 1.800 20% 9.000
B
38
4. L’indice di redditività
valore attuale della sommatoria dei flussi successivi all'investimento iniziale
IR = * −1
investimento iniziale
• Se IR >1, allora il VAN > 0, conviene effettuare l’investimento
• Se IR <1, allora il VAN < 0, non conviene effettuare l’investimento
Se si confrontano più progetti di investimento, di cui calcoliamo i diversi IR, si potrebbe andare
incontro agli stessi problemi che si affrontano nel caso dei problemi di dimensione affrontati con
il TIR: allo stesso modo, si costruisce l’indice di redditività differenziale tra il progetto maggiore
e quello minore. Se IR differenziale >1, attueremo il progetto maggiore, in quanto il VAN
incrementale sarà positivo, e viceversa.
PROGETTO
-10.000 55.000 -30.000 25.200 2.52 15.200
A -B
—> Caso razionamento del capitale: caso in cui non c’è abbastanza liquidità per investire
in tutti i progetti che presentano un VAN positivo. Non potendo classificare i progetti in base al
VAN, si usa l’IR o il VAN incrementale.
[ESEMPIO 1]
Disponibilità per investire = 20.000€
39
fondi sono limitati anche dopo il periodo iniziale: se al tempo 1 ci dovessero essere altri
consistenti flussi di cassa in uscita in altre aree aziendali, il progetto C non sarebbe più
conveniente in quanto prevede anch’esso un flusso in uscita in t1.
Inoltre, le cd indivisibilità potrebbero ridurre l’efficacia della regola dell’IR.
[ESEMPIO 2]
Disponibilità per investire = 30.000€
In questo caso, si ha una liquidità sufficiente per gli investimenti A e B. Poiché la somma dei
VAN di questi due progetti è superiore alla somma dei VAN dei progetti B e C, l’azienda
avrebbe più convenienza ad accettare i primi. Tuttavia, poiché gli IR dei progetti B e C sono
ancora superiori a quello del progetto A, la regola dell’IR porterebbe alla decisione sbagliata. La
regola risulta fuorviante perché i progetti B e C comportano un investimento combinato di soli
20.000 €: i restanti 10.000 € rimarranno in banca.
40
LEZIONE 9
07/10/2020
CAPITOLO 7
Decisioni di investimento
41
2 MAGIC
[ESEMPIO – MAGIC BALLS
BALLS SPA: UN ESEMPIO
SPA]
Magic Balls SpA è un’azienda leader nella produzione di palle per uso sportivo.
Possibile nuovo prodotto: palle da bowling dai colori brillanti. Un’indagine di
marketing del costo di €250.000 sostiene che le palle da bowling colorate
potrebbero conquistare una quota di mercato compresa tra il 10% e il 15%.
Portare avanti l’investimento? NB: con ammortamento a
• Le palle verrebbero prodotte in un edificio attualmente inutilizzato. Il terreno si
può vendere a €150.00 al netto delle imposte quote decrescenti, l’aliquota di
• Il costo della macchina da impiegare per produrre le palle da bowling è
€100.000. Tra cinque anni la macchina avrà un valore di mercato di €30.000 ammortamento rimane
• La produzione annua nei cinque anni di vita utile della macchina è prevista sempre costante (e pari al
rispettivamente in: 5.000, 8.000, 12.000, 10.000 e 6.000 unità
• Il prezzo delle palle da bowling nel primo anno sarà €20, e aumenterà del 2% 25% in questo caso) ma la
all’anno, contro un’inflazione del 5% all’anno
• I flussi di cassa in uscita per la produzione dovrebbero crescere del 10%
quota annua si calcola non sul
all’anno. I costi unitari di produzione saranno di €10 valore iniziale ma sul valore
• L’aliquota fiscale incrementale appropriata per l’azienda nel progetto delle palle
da bowling è il 28%. Il tasso di ammortamento è il 25% (a quote decrescenti) ammortato per gli anni
• L’investimento dell’anno 0 in capitale circolante è €10 000. Il capitale circolante successivi.
dovrebbe crescere nei primi anni del progetto e scendere a 0 alla fine del
progetto. 14
Per semplicità, si assuma che il capitale circolante sia ogni anno pari al 10% del fatturato
Ci interessa individuare il flusso di cassa della gestione operativa FCFO.
2 – MAGIC
1. Sulla base dei dati, BALLS SPA:
andiamo UN ESEMPIO
a definire costi, ricavi e discorso sugli ammortamenti.
42
3. Calcolo FCFO
0 1 2 3 4 5
RICAVI 100 163 249 212 129
(COSTI) -50 -88 -145 -133 -87
(IMPOSTE) -7 -15 -25 -19 -11
FLUSSO DI
43 59 79 59 30
CIRCOLANTE
+/- DELTA CCC -10 0 -6 -8 3 21
FLUSSO DI
CASSA DELLA
-10 43 53 70 63 51
GESTIONE
CORRENTE
INVESTIMENTI -250 0 0 0 0 180
FCFO -260 43 53 70 63 231
VAN con R=10% sarebbe 63.500. Se il tasso fosse questo, si approverebbe l’investimento perché
il VAN è positivo. Ogni volta che esso è positivo si aumenta il valore dell’azienda.
Se R=20% il van sarebbe negativo e pari a -22.600
TIR/RR tasso che rende il VAN uguale a 0 ed in questo caso sarà tra il 10% e il 20% (in questo
caso 17%).
[ESEMPIO]
Due offerte diverse per l’acquisto di due macchinari.
0 1 2 3 4
A 500 120 120 120 -
B 600 100 100 100 100
43
Il confronto tra le due offerte si fa valutando i VAN
VANa= 798,42
VANb=916,98
Che cosa c’è di problematico in questa analisi? Il macchinario A ha vita utile 3 e poi dovrà essere
sostituito mentre il macchinario B ha vita utile 4 anni.
Per risolvere il problema utilizziamo il metodo del Costo Annuo Equivalente (CAE).
Utilizzando il costo annuo equivalente si capisce quale sarebbe il flusso annuo costante nella vita
del singolo investimento. Si deve trovare il valore di una rendita di A che, attualizzata, dia il
risultato di 798,42 e lo stesso discorso vale per B (con valore 916,98).
Il fattore annuo di rendita si può calcolare matematicamente ma è più comodo trovarlo nelle
tavole. Guardando le tavole:
Per offerta A, fattore annuo di rendita = 2,486
Per offerta B, fattore annuo di rendita = 3,169
VAN
Successivamente, si calcola il CAE =
fattore annuo di rendita
A = 798,42/2,486 = 321,08
B = 916,98/3,169 = 289,28
Essendo CAE(A) < CAE(B), si sceglie il macchinario B perché ha un CAE minore.
[ESEMPIO]
44
Tasso di inflazione Ti = 5%
Tasso nominale Tn = 10%
Tasso reale =? differenza tra tasso nominale e tasso di inflazione? 5%? NO
Attraverso la formula di Fisher, in questo caso Tr = 4,76%
Il metodo risulta essere molto più preciso rispetto alla differenza tra tasso nominale e tasso di
inflazione, ma spesso si approssima a tale ultima formula per questioni di comodità.
La maggior precisione si evidenzia nel caso di calcolo del VAN di un investimento. Ipotizzando:
t0 t1 t2
Utilizzando i dati espressi precedentemente per la quantificazione dei tassi, notiamo che
600 650
1. Con Tr = Tn − Ti = 5%, il VAN è pari a -10.000€ + + = -8.839€
1,05 (1,05)2
1,10
2. Con formula di Fisher, Tr = − 1 = 4,76%, il VAN è pari a -8.835€
1,05
La valutazione è simile ma con cifre più importanti potrebbe portare a risultati diversi.
45
LANCIO NUOVO PRODOTTO: UN ESEMPIO
[ESEMPIO AGGIUNTIVO ANALISI DI INVESTIMENTO]
LANCIO
L’ultima parte riguardante le scorteNUOVO PRODOTTO:
è molto importante: UNparliamo
quando ESEMPIO di 9valutazione di un
investimento, si devono considerare solo le variabili ed i dati (ricavi, costi e scorte) attinenti
esclusivamente a quel progetto di investimento e non i valori complessivi attinenti alla società (in
questo caso bisognerà utilizzare i primi dati perché quelli attengono al progetto di investimento).
10
Inoltre, si ipotizza che il capitale circolante si azzeri alla fine dell’anno successivo alla
conclusione della vita utile dell’investimento. Inoltre, il tasso di attualizzazione (in questo caso, il
WACC) è pari al 6,24%.
Scelgo il primo investimento, perchè anche se non è possibile confrontare 2 investimenti con i relativi
TIR, in questo caso il 1° ha TIR > di WACC e il 2° ha TIR < di WACC, per cui:
il 1° è conveniente, il 2° è non conveniente (domanda su 2° investimento) 46
Se IRR di 14,10% non avrei potuto rispondere perche non si confrontano due investimenti confrontandone il
TIR. In questo caso avrebbero tutti e 2 VAN >0 perche hanno entrambi TIR > WACC
11
il VAN è pari a circa 187€. Poiché il VAN>0, allora il TIR è maggiore di 6,24%. Essendo la
serie caratterizzata da un doppio cambio di segno, in teoria, ci troviamo davanti due TIR:
tuttavia, il cambio all’ultimo anno non è rilevante in quanto è modestissima l’entità del
valore. Calcolando il TIR con Excel si avrà TIR = 15,56%, dunque, potrà assumere valori
appartenenti al range di (0;15,56%).
Domande addizionali
a nulla, è un sunk cost
b inserisco tra i costi del 2019 anche i 900euro della ricerca
c inserisco tra i costi di ogni anno (2019-2022) 100euro (costo opportunità)
d tra i ricavi o costi inserisco minori costi di prodotto X per -30euro l'anno (effetti collaterali)
e nulla, non sono incrementali
f1 inserisco tra i costi di ogni anno (2019-2021) 10euro perche sono incrementali
f2 nulla, i 10 euro non sono incrementali
f2 inserisco tra i costi annui per 7,5€, la parte incrementale rispetto alla situazione prima dell'investimento
g trovo il tasso nominale (1+ tasso int. nominale) = (1+ tasso int. reale) × (1+ tasso inflazione ) 13.30%
12
13
47
LEZIONE 10
08/10/2020
CAPITOLO 8
48
Si arriva allo stesso valore utilizzando
1 – L’ANALISI DI SENSIBILITÀ, DI SCENARIO E DEL PUNTO
la formula della rendita annua
DI PAREGGIO 1−
1
(1+r)T
costante C *
Differenti stime per il r
progetto
In questo caso vengono fatte 3 stime
facendo variare la quota di mercato e
Calcolo del VAN per
mantenendo costanti tutte le altre
il progetto
utilizzando l’analisi
variabili. In questo caso, notiamo
di sensitività come il progetto di investimento sia
*Nell’analisi di sensitività
di modfica un input mentre
particolar mente sensibile alle
si assume che tutti gli altri
siano in linea con le variazioni delle quote di mercato: nel
aspettative.
caso di altre variabili, anche in
ipotesi di stime pessimistiche di altre
variabili, il VAN rimane positivo. Tale analisi permette di capire dove occorrono maggiori
informazioni. Vengono fatte sensitivity analysis sempre sia sui tassi che sulle quote di mercato nel
caso di valutazioni d’azienda: esse sono variabili troppo delicate per non valutare eventuali
variazioni.
Sia l'analisi di sensibilità che l'analisi di scenario, anche se utilizzate frequentemente nella vita
reale, comportano dei limiti fisiologici: l'analisi di sensibilità consente di modificare una sola
variabile alla volta mentre, in realtà, molte variabili si modificano contestualmente; l'analisi di
scenario considera determinati eventi verificabili nell'ambiente di business ma non può coprire
tutte le fonti di variabilità. In realtà, infatti, i progetti tendono a mostrare una grandissima
variabilità all'interno di uno stesso scenario economico.
49
La simulazione Monte Carlo è un ulteriore metodo utilizzabile per modellizzare l’incertezza
e consiste nel simulare casualmente tanti scenari diversi: per ogni variabile principale vengono
individuate le probabilità di successo. Nelle simulazioni Monte Carlo, il campionamento ripetuto
di tute le variabili connette in un modello specifico genera una distribuzione statistica.
Le fasi principali di una simulazione Monte Carlo volta a stimare il VAN di un progetto sono:
• fase 1: specificazione del modello di riferimento;
• fase 2: specificazione di una distribuzione di probabilità per ogni variabile del modello;
• fase 3: estrazione di un risultato da parte del computer;
• fase 4: ripetizione del procedimento: si ripetono i risultati, migliaia o milioni di volte. La
conseguenza è una distribuzione del flusso di cassa per ogni anno futuro;
• fase 5: calcolo del VAN.
La simulazione Monte Carlo viene considerata spesso più avanzata rispetto all'analisi di
sensibilità o all'analisi di scenario perché le interazioni tra le variabili sono specificate
esplicitamente: questa metodologia fornisce, perciò, quantomeno in teoria, un'analisi più
completa. Uno dei grandi benefici della simulazione Monte Carlo è che essa fornisce una
distribuzione dei VAN E non una sola stima puntuale. Inoltre, essa dispone anche delle
variazioni dei possibili risultati, viste attraverso le osservazioni simulate. Le due informazioni
congiunte forniscono informazioni molto più dettagliate in merito al possibile successo di un
progetto di investimento, migliorando in modo significativo le decisioni di investimento.
I metodi di valutazione di un investimento visti finora ignorano gli aggiustamenti che un’impresa
può compiere dopo l’accettazione del progetto. Questi aggiustamenti sono chiamati opzioni
reali. Si parla di opzioni reali, dunque, per considerare gli aggiustamenti che possono essere
posti in atto dopo l’avvio di un progetto di investimento. L'analisi standard del VAN sottostima il
valore effettivo di un progetto nella misura in cui non riesce a rendere conto del dinamismo
inerente alle decisioni di investimento. L'importanza dell'analisi delle opzioni reali risiede nella
sua capacità di valutare la flessibilità del management e delle strategie aziendali. Questo
esame richiede l'identificazione di tutte le possibilità: la flessibilità strategica fornisce ai manager
un'opzione che, allo stesso modo di qualunque opzioni, ha un suo valore e, in questo senso,
consente di valutare la flessibilità strategica insita in ogni progetto.
Le opzioni reali possono essere:
1. Di espansione: è quella che si potrebbe avere se ci si accorge che il progetto di
investimento ha particolare successo e, per questo, può essere incrementato nella sua
dimensione.
2. Di abbandono: è l’opposto dell’opzione di abbandono. L’abbandono può far risparmiare
alle aziende tantissimi soldi e, per questo, tale opzione accresce il valore di qualunque
progetto potenziale.
3. Di differimento: riguarda la possibilità di bloccare e spostare in avanti la continuazione di
un investimento. Essa è l’opzione più comune da trovare in quei settori che danno la
possibilità di poter fermare le attività in relazione all’andamento del mercato (ad esempio, nei
50
mercati immobiliari si può rinviare la costruzione di immobili, dopo aver acquistato un terreno da edificare,
per aspettare il momento in cui il mercato sarà più redditizio).
Gli alberi delle decisioni sono un metodo grafico che consente di visualizzare in modo
alternativo le opzioni che il management ha a disposizione (opzioni reali) dopo aver intrapreso
un progetto e al verificarsi di determinati eventi. In particolare, con gli alberi decisionali i
processi decisionali avvengono in ordine inverso e consentono di calcolare diversi livelli di VAN a
seconda dello scenario che si realizza e della scelta che si decida di compiere. Vengono utilizzati
gli alberi decisionali perché i manager rettificano le proprie decisioni in base alle nuove
informazioni disponibili: le scelte sono le opzioni reali e, in molti casi, un singolo progetto si può
assimilare ad una serie di opzioni reali attraverso cui è possibile costruire approcci valutativi che
vanno aldilà dell'approccio standard della valore attuale.
51
LEZIONI 11-12
14-15/10/2020
CAPITOLI 9-10
Rischio e rendimento
1. Rendimenti monetari
Il rendimento ottenuto da un investimento in azioni può derivare da due fattori: il reddito da
dividendo e il capital gain (se negativo, si parla di capital loss). Nel calcolare il rendimento si
deve tenere conto del capital gain anche se alla fine di un determinato periodo si è deciso di
non monetizzare la posizione (es. se in t=1 non vendo l’azione che avevo comprato in t=0,
dovrò comunque considerare il capital loss/gain nel rendimento monetario totale). Infatti
tale decisione di non monetizzare il guadagno o la perdita, non intacca minimamente la
possibilità di ottenere il controvalore in denaro delle azioni.
2. Rendimenti periodali
Il rendimento periodale è il rendimento percentuale che si ottiene su un orizzonte temporale
di T anni con l’ipotesi di reinvestire tutti i flussi intermedi (es. dividendi) nella stessa attività
finanziaria. Per cui, R = (1 + R1) x (1 + R2 ) x ... x (1 + Rt ) x ... x (1 + RT ).
[ESEMPIO]
Consideriamo i rendimenti registrati in Italia nel 2012 (5,30%), nel 2013 (16,56%) e nel 2014
(0,23%). Consideriamo un investimento di 1€ all’inizio del 2012. Questo investimento
avrebbe reso: (1+0.0530) x (1+0.1656) x (1+0.0023) = 1.2302.
Il rendimento totale è pari al 23.20%: ciò include il rendimento derivante dall'investimento
in azioni dei dividendi del primo anno per altri due anni e il reinvestimento dei dividendi del
secondo anno per un altro anno. Quel 23.02% prende il nome di rendimento periodale dei
tre anni.
52
3.1.Per calcolare il rendimento dei rendimenti di una serie di società in un determinato
periodo di tempo si utilizza la media.
Un possibile approccio alla valutazione del rischio sui rendimenti delle azioni concerne lo
spread delle distribuzioni di frequenza. Lo spread o dispersione di una distribuzione
indica quanto un determinato rendimento possa deviare dal rendimento medio. Se la
distribuzione è poco dispersa, i rendimenti stanno tutti in un range di pochi punti
percentuali E, quindi, saranno meno incerti.
3.2.La varianza
La varianza e la sua radice quadrata, lo scarto quadratico medio, sono le più
comuni di variabilità o dispersione.
n
∑i=1 (ri − rmedio )2
VAR =
n
σ = VA R
Un campione sufficientemente numeroso, estratto da una distribuzione normale,
presenta una curva a campana: questa distribuzione è simmetrica rispetto alla sua media,
e assume una forma più regolare rispetto alla distribuzione effettiva dei rendimenti
annui. La distribuzione normale riveste un ruolo centrale e lo scarto quadratico medio
rappresenta il mezzo utilizzato per rappresentare la dispersione di una distribuzione
normale. In una distribuzione normale, la probabilità di avere un rendimento
5 – LA MISURAZIONE DEL RISCHIO
superiore o inferiore alla media di un certo ammontare dipende unicamente
dallo scarto quadratico medio.
La distribuzione normale
53
Passiamo ad analizzare più titoli 1contemporaneamente:
– RENDIMENTO ATTESO, VARIANZApassiamo
E COVARIANZAalla logica del portafoglio.
q Esempio
Gli analisti finanziari stimano per due società i seguenti rendimenti
per quattro diversi scenari economici (equiprobabili, ossia
ciascuno ha una probabilità di realizzarsi del 25%).
• Varianza: è la misura che utilizzeremo per valutare la volatilità dei rendimenti di un titolo. In
particolare considereremo la sua radice quadrata ovvero la deviazione standard (chiamata
anche scarto quadratico medio).
Lo scarto di Supertech è pari al 25,86% mentre è 11,50% per Slowpoke.
54
La varianza di un portafoglio dipende sia dalla varianza dei vari titoli in portafogli, sia dalla
covarianza tra questi. Infatti nel caso semplice di due soli titoli A e B si ha:
Var (portafoglio) = ( p esoA2 * σA2 ) + ( p esoB2 * σB2 ) + 2( p esoA * p esoB * COVA.B ).
Dove:
• σA2 è la varianza del titolo A;
• p esoA è il peso (soldi investiti %) del titolo A nel portafoglio.
La varianza di un portafoglio, quindi, dipende sia dalle varianze dei singoli titoli sia dalla
covarianza tra i due titoli. La varianza di un titolo misura la variabilità del suo rendimento. La
covarianza misura la relazione tra due titoli.
Date le varianze dei singoli titoli:
a. una relazione positiva o una covarianza positiva tra i due titoli, accresce la varianza
dell'intero portafoglio.
b. una relazione negativa o una covarianza negativa tra i due titoli, riduce la varianza
dell'intero portafoglio.
Ciò appare ragionevole: se il rendimento di uno dei due titoli sale quando l'altro scende, o
viceversa, i due titoli si compenseranno. Si determina un meccanismo protettivo che in finanza è
denominato copertura, e il rischio dell'intero portafoglio sarà più basso
L’interpretazione dello scarto quadratico medio di un portafoglio è identica a quella dello scarto
quadratico medio di un singolo titolo
5. Effetto diversificazione
Se abbiamo almeno due titoli, si ha un portafoglio, si ha un effetto di diversificazione che si
nota nel rischio. È utile confrontare lo scarto quadratico medio del portafoglio con lo scarto
quadratico medio dei singoli titoli. Si ottiene un risultato diverso tra lo scarto quadratico
medio di un portafoglio rispetto a quello ottenuto per il rendimento atteso di un portafoglio:
il risultato relativo allo scarto quadratico medio di un portafoglio è dovuto alla
diversificazione.
Ad esempio, il rendimento di un titolo potrebbe essere un po' al di sotto della media, mentre
un di un altro titolo leggermente al di sopra. I vantaggi della diversificazione sono maggiori
quando la correlazione fra i titoli è negativa, in quanto si compensano andamenti positivi e
negativi, si ha meno rischiosità e la media del rendimento è cosante.
Per verificare se c’è o meno effetto diversificazione in un portafoglio si deve confrontare la
media ponderata degli scarti quadratici medi dei titoli con lo scarto quadratico medio del
portafoglio.
In particolare, nel caso di due soli titoli ci sarà sempre diversificazione se la correlazione tra
essi è <1. In questo caso, la deviazione standard del portafoglio sarà minore della media
ponderata delle singole deviazioni standard dei titoli (( p esoA * σA) + ( p esoB * σB ).
Nel caso in cui la correlazione sia esattamente pari a uno, lo scarto quadratico medio del
rendimento di un portafoglio è uguale alla media ponderata degli scarti quadrati medi dei
singoli rendimenti. In altre parole, l'effetto di diversificazione si verifica solo quando vi è una
correlazione meno che perfetta.
55
6. Frontiera efficiente per due titoli (frontiera dei rendimenti di un portafoglio)
I rendimenti attesi e gli scarti quadrati medi dei vari titoli possono essere rappresentati
graficamente. La retta che unisce i due punti corrispondenti ai titoli A e B sul grafico, mostra
la correlazione tra i titoli ed è l’insieme dei rendimenti che si otterrebbero al variare dei pesi
dei titoli nel portafoglio.
6.1.L'effetto di diversificazione può essere valutato dal grafico. Il segmento che unisce i
due titoli rappresenta i punti che sarebbero stati generati se il coefficiente di correlazione
fosse stato 1. L'effetto di diversificazione è visualizzato nella figura perché la linea curva
occupa la sinistra del segmento: tutti punti presenti su questa curva hanno lo stesso
rendimento atteso dei punti presenti sul segmento ma con scarto quadratico medio
inferiore (quindi, rischio inferiore). Anche se il segmento e la curva sono rappresentati
entrambi in figura, in realtà non possono esistere contemporaneamente.
6.2.Il punto di minima varianza rappresenta il portafoglio che a minore scarto
quadratico medio possibile.
6.3.La curva rappresenta un insieme di possibilità di investimento, detto insieme
ammissibile. L'investitore può collocarsi in qualunque punto della curva selezionando
la combinazione appropriata dei due titoli. Non può, invece, posizionarsi in alcun punto
al di sopra o al di sotto della curva per modificare il rendimento dei singoli titoli,
modificare il loro scarto quadratico medio o modificare la correlazione fra loro
(naturalmente, non varrebbe la pena posizionarsi al di sotto della curva, neppure se
l'investitore fosse stato in grado di farlo perché ciò significherebbe ridurre il rendimento
dei titoli, aumentarne il rischio o incrementarne la correlazione).
6.4.La curva è ripiegata all'indietro tra il punto massimo e il punto di minima varianza:
per una parte dell'insieme ammissibile, lo scarto quadratico medio diminuisce
all'aumentare del rendimento atteso. Questo risultato è dovuto all'effetto di
diversificazione: quando i titoli sono negativamente correlati tra loro, si applica la
copertura in modo da ridurre il rischio complessivo del portafoglio, facendo ripiegare
all'indietro la curva. Naturalmente, la curva ripiega all'indietro solo per una parte della
sua lunghezza.
Nessun investitore vorrebbe detenere un portafoglio il cui rendimento atteso è inferiore a quello
del portafoglio di minima varianza. I portafogli che si posizionano al di sotto del punto di
minima varianza hanno rendimento atteso più basso e rischio maggiore: tali portafogli sono
dominati dal portafoglio di minima varianza. La parte di curva che va dal punto di minima
varianza al punto massimo, è detta insieme efficiente o frontiera efficiente.
Con due soli titoli c’è effetto
diver sificazione finché la
correlazione è minore di +1,
ma i profili rischio-rendimento
del portafoglio e i pesi del
portafoglio necessari per
ottenere un deter minato
rendimento atteso variano al
variare della correlazione.
56
4 – LA FRONTIERA EFFICIEN •L
•La
q Nel caso di
combinazio
è
è il
7. Frontiera efficiente per molti titoli
gr
Poiché 4 – gli
LA FRONTIERA
investitori hanno,
gras
EFFICIENTE PER MOLTI TITOLI
generalmente, in portafoglio più di due titoli, bisogna
colle
titoli. grafico risultante sarebbe il seguente:
combinazioni possibili sono molto più numerose: infinite.
Tutte le possibili combinazioni si posizionano in
combinazioni possibili sono m
4 – LA
4 –FRONTIERA
LA FRONTIERA
un'area
di titoli
è il PER
EFFICIENTE
EFFICIENTE
ben delimitata: nessun titolo o combinazione
•La frontiera efficiente
ramopuò
PER
MOLTI collocarsi
diTITOLI
MOLTI curva
TITOLI in al di fuori della regione
grassetto azzurro
ombreggiata. Inoltre, che nessuno può scegliere un
q Nel
q Nel
casocaso
combinazioni
•L
di molti
di molti
combinazioni
titolititoli
possibili
conconcui cui
portafoglio
possibili
sono sono
formare
collega
molto
formare
molto
il nostro
MV il nostro
più numerose:
a
più numerose:
X.portafoglio,
che infinite.
portafoglio,
abbia
le le
infinite. lo scarto quadratico medio
•L’ar inferiore
•L’area a •Laquelli
colorata
•La
frontiera registrati
azzurra
frontiera
efficiente
efficiente in quell'aria: i mercati dei
è
è il èramo
il ramodi curva
di curva in in
è l’insieme
capitali impediscono di
grassetto
grassetto tutti
azzurroi
azzurro chead che un ipotetico individuo di
portafogli ammissibili.
collega
collega
MV a MVX.a X.
è l’in
subire una•L’area perdita
•L’area
colorata
garantita.
colorata
azzurra
azzurra
Il bordo portafoglisuperiore,
è l’insieme
è l’insiemedi tutti
rappresentato
di tutti
i i
da una curva più
p
portafogliammissibili.
ammissibili.
57
importanza; mentre, nel caso in cui un singolo titolo debba essere aggiunto al portafoglio,
assume importanza la parte del rischio che non può essere eliminata dalla diversificazione.
Questo rischio è il contributo di un titolo al rischio dell’intero portafoglio. Gli individui
scelgono portafogli diversificati perché sono avversi al rischio e, quindi, cercano di evitare il
rischio non necessario, come quello non sistematico di un titolo azionario.
58
59
LEZIONI 13-14
29/10/2020
CAPITOLI 10-11
Rischio e rendimento
Fino ad ora abbiamo ragionato solo in termini di titoli rischiosi, ipotizzando che il portafoglio sia
composto solo ed unicamente da titoli rischiosi. Ora, invece, iniziamo a ragionare su un
portafoglio contenente anche titoli non rischiosi (come, ad esempio, una qualsiasi obbligazione
governativa o un buono del
6 – L’INDEBITAMENTO Tesoro).
O L’INVESTIMENTO AL TASSO
PRIVO DI RISCHIO
q Esempio (investimento nel titolo privo di rischio)
Ipotizziamo ora che oltre ad un titolo rischioso nel mercato ci sia anche un
titolo privo di rischio al cui tasso ci si può indebitare o si può investire. Il rischio di tale portafoglio, composto
da due titoli, è pari sempre a alla
formula vista in precedenza, in cui
La signora Sanchez decide di investire in totale €1.000, di cui €350 andranno in
però due dei fattori sono nulli. Il
azioni Buenasuerte €650 andranno nell’asset privo di rischio. r i s ch i o t o t a l e è , q u i n d i , p a r i
Quali sono il rendimento atteso e la deviazione standard del suo portafoglio?
Rendimento atteso = (350/1.000)x(14%)+(650/1.000)x(10%) = 0.114 = 11,4% semplicemente al rischio del titolo
Deviazione standard = (0.35x0.20) = 0.07
…poiché l’asset privo di rischio ha correlazione nulla con ciascun asset rischioso,
rischioso (7%).
quindi 2COV e rischio del titolo free risk sono pari a zero.
29
Se l’investitore è molto propenso al rischio, si può inoltre ipotizzare la possibilità per l’investitore
di indebitarsi al fine di poter far leva sul differenziale dei rendimenti e aumentare il
rendimento personale (se il tasso di indebitamento = 10% e il tasso di rendimento dei titoli =
14%, il differenziale è del 4% aggiuntivo rispetto al portafoglio senza indebitamento).
1
Nella realtà è probabile che un investitore combina un investimento nell'attività priva di rischio
con un portafoglio di attività rischiose. Gli individui che combinano investimenti nel punto Q
con investimenti nell’attività priva di rischio, si posizionerebbero lungo la retta che va da RF a Q ,
6 – L’INDEBITAMENTO
che verrà denominata come O L’INVESTIMENTO
linea I. AL TASSO
PRIVO DI RISCHIO
q Il portafoglio ottimale La linea I potrebbe essere una linea
(ipotesi N titoli rischiosi + 1 asset privo di rischio) ottimale per alcuni investitori ma nessun
punto su tale linea può essere considerato
Linea I bis o t t i m a l e. I m m a g i n a n d o d i p o rc i
a l l ’ i n t e r n o d e l l ’ i n s i e m e o t t i m a l e,
scegliendo un portafoglio al di sopra di
tale linea, l’investitore potrebbe tracciare
una linea I bis preferibile alla
precedente in quanto su di essa si
posizionano i portafogli di titoli rischiosi e
30
del titolo non rischioso che hanno
rendimenti migliori a parità di rischio. In sintesi, ogni volta che si aumenta il coefficiente
angolare della linea I, si migliora il rapporto tra rischio e rendimento (cosa certamente positiva).
L’aumento del coefficiente angolare può avvenire fino a che la linea sia tangente all’insieme
ammissibile: non potendoci essere alcun portafogli all’esterno di tale insieme, la linea può essere
al massimo tangente (in un punto solo) alla frontiera efficiente (punto A nel grafico).
Il portafoglio A, punto di tangenza è detto portafoglio ottimale (o portafoglio di mercato) e la
linea II è la linea del mercato di capitali (CML, capital market line) che è quella retta che
unisce il tasso privo di rischio e il portafoglio ottimale, individuato appunto dalla retta che parte
dal tasso privo di rischio ed è tangente la frontiera efficiente.
Il fatto che la linea II sia tangente alla gorgiera efficiente significa che per qualsiasi
posizionamento conseguibile da un individuo su qualunque altra linea posta più in basso (linea I
e linea I bis), è possibile individuare un punto sulla linea II avente lo stesso scarto quadratico
medio e un rendimento atteso più elevato. Tale linea offre, dunque, all’investitore le migliori
opportunità possibile: tale linea si può considerare la frontiera efficiente di tutte le attività,
rischiose e non.
I punti compresi tra RF e A sono portafogli in cui una certa somma è investita nell’attività priva
di rischio e il resto è investito in A. I punti che si trovano oltre A sono raggiunti prendendo a
prestito al tasso privo di rischio per investire in A più di quanto avremmo potuto permetterci
solo con i nostri fondi originari. Un individuo mediamente avverso al rischio potrebbe scegliere
un punto più vicino ad A o, addirittura, oltre A.
Il portafoglio è ottimale perché, rispetto a tutti gli altri portafogli interni all’insieme ammissibile,
è caratterizzato dall’avere l’ottimizzazione del rapporto tra rischio e rendimento. Infatti, se esiste
la possibilità di investire e prendere a prestito a un tasso privo di rischio, il portafoglio di attività
rischiose detenuto da qualunque investitore sarebbe sempre rappresentato dal punto A.
Indipendentemente dalla sua propensione al rischio, l’investitore non sceglierebbe mai alcun
punto sulla frontiera efficiente delle attività rischiose (curva XAY) né alcun altro punto
all’interno dell’insieme ammissibile: egli combinerebbe, invece, i titoli di A con l’attività priva di
2
rischio se avesse una forte avversione al rischio, mentre prenderebbe a prestito l’attività prova di
rischio per investire più fondi in A se avesse una scarsa avversione al rischio.
Il principio di separazione definisce esattamente quanto detto finora. La decisione di
investimento in un portafoglio, nel caso di N titoli rischiosi e un asset privo di rischio, si compone
di due fasi:
1. Bisognerà stimare anzitutto il portafoglio ottimale (punto A), calcolando la frontiera
efficiente. Si parla di fase oggettiva in quanto tale determinazione è fatta unicamente
secondo la stima dei rendimenti, delle varianze e delle covarianze, senza alcuna rilevanza per
le caratteristiche personali dell’individuo, come la propensione al rischio.
2. In seguito si dovrà decidere quanto investire nel portafoglio ottimale e quanto investire o
quanto prendere a prestito nell’asset privo di rischio, in base alle proprie preferenze in
termini di propensione/avversione al rischio. Si parla di fase soggettiva.
Ovviamente, vi è una assunzione forte alla base del principio di separazione, quella delle
aspettative omogenee: tutti gli investitori hanno le stesse informazioni e la stessa capacità di
analizzarle. Se tutti gli investitori hanno, infatti, le stesse aspettative e fanno le stesse stime, allora
tutti tendono ad individuare lo stesso portafoglio rischioso ottimale. Se tutti detengono lo stesso
portafoglio ottimale (il portafoglio A, detto portafoglio di mercato), allora seguiranno tutti lo
stesso comportamento.Nella realtà, ovviamente, le aspettative sono, invece, eterogenee e il
ragionamento, così come visto finora, non sta in piedi: gli investitori hanno informazioni diverse
e diverse capacità di analisi delle stesse, pertanto detengono portafogli altamente diversificati
proprio per sopperire ai diversi gradi di avversione al rischio, derivanti dal diverso paniere di
informazioni.
Per calcolare il costo del capitale, si ha necessità di individuare una nuova misura che non
esclusivamente sia di tipo statistico. Il beta è la migliore misura del rischio di un titolo ed è
BETA DI UN TITOLO - FCA
calcolato come misura per la sensibilità del rendimento di un singolo titolo (qualsiasi titolo rischioso
sia esso azione, obbligazione, asset) e il rendimento del mercato su cui tale titolo insiste.
Ponendo graficamente, in ascissa il
La stima del b : FCA (Fiat Chrisler Automobile)
rendimento del mercato e in ordinata
Rendimento settimanale
del titolo FCA il rendimento del titolo scelto
b
(omogenei per lasso temporale), tutti i
punti individuati nel grafico, mostrano
le combinazioni del rendimento del
titolo e del rendimento del mercato.
Rendimento settimanale
del mercato
EUROSTOXX50
Ciò significa che, per ogni titolo avente
uno specifico β, ogni qual volta il
bi mercato si muova in una certa
R i ,E = ai + b i × R Mkt ,E = 0,0047 + 1,3537 × R Mkt direzione -in aumento o in
diminuzione- il titolo si muove nella
1
stessa direzione β-volte.
37
In questo caso, la regressione dà un β di 1,3537: il titolo di cui ci si occupa, avendo un β >1,
implica che la sensibilità dei suoi rendimenti è maggiore del rendimento del mercato (il β del
3
mercato è sempre 1, mentre i β dei singoli titoli si possono muovere attorno a questo valore,
al di sopra e al di sotto di 1). Ogni volta che il mercato aumenta, dunque, i rendimenti del titolo
di FCA dovrebbero andare 1,3537 volte oltre il rendimento del mercato stesso, e viceversa
quando il mercato va giù. Per via del β, l’investitore riterrà correttamente che questo titolo
contribuirà in misura sostanziale al rischio del portafoglio, perché è più sensibile alle variazioni
che intervengono nel mercato.
NB: più aumenta la diversificazione, più aumenta l’esposizione del portafoglio al solo rischio
sistematico (che è il β stesso, che mostra la sensibilità del titolo alle variazioni di mercato)
NBB: β è il coefficiente angolare dell’interpolante (ossia della regressione lineare) dei
punti della dispersione: più è inclinata tale curva, tanto più il beta è aggressivo.
È importante tenere in considerazione nel caso del calcolo del β, di un periodo temporale
abbastanza lungo al fine di ottenere la ragionevole certezza di una relazione vera, data dalla
stima della regressione.
1. Se β > 1, il beta è detto aggressivo perché amplifica i rendimenti del mercato. I
rendimenti del titolo specifico, si muovono di più dei rendimenti del mercato: il titolo è più
rischioso, perché vi è una maggiore dispersione dei rendimenti.
2. Se β < 1, il titolo ha movimenti inferiori rispetto al mercato, in termini di rischio. Una
società di servizi tende, generalmente, ad avere una rischiosità inferiore (beta < 1) a quella
del mercato perché il settore dei servizi è più stabile rispetto al settore di produzione di beni,
risentendo meno degli andamenti generali dell’economia.
3. Per β = 1, il beta è detto neutro. Per ogni variazione dell’1% che interviene nel mercato, il
mercato reagisce anch’esso con una variazione dell’1%, per definizione.
COV (Ri, RM )
Dal punto di vista statistico, il β si calcola come βi = , dove COV (Ri, RM ) è la
Va r (RM )
N
covarianza tra il titolo i e il portafoglio di mercato. Inoltre, ∑ Xi * βi = 1, dove Xi è la quota del
i=1
valore di mercato del titolo i rispetto all’intero mercato, quindi il beta del portafoglio di
mercato è, per definizione, pari a 1. Infatti, se prenderemo tutti i titoli in base al loro valore di
mercato, il portafoglio che ne deriva è il mercato stesso. In ogni caso, il beta si può ricercare
facilmente sul web senza alcuna necessità di calcolarlo.
4
Se un individuo, anziché un solo titolo, detenesse un portafoglio diversificato, continuerebbe
a considerare la varianza del rendimento del suo portafoglio come la misura appropriata del
rischio di quel portafoglio ma non sarebbe più interessato alla varianza del rendimento di
ciascun titolo. Si concentrerebbe, piuttosto, sul contributo in termini di rischio che ciascun
singolo titolo apporta alla varianza del portafoglio.
Nell’ipotesi di aspettative omogenee, tutti gli individui detengono il portafoglio di mercato e,
pertanto, misureremo il rischio in base al contributo di un singolo titolo alla variano del
portafoglio di mercato. Ciò rappresenta il beta del titolo.
Nel caso dei portafogli S e T, essi hanno stesso beta di portafogli sulla SML ma rendimenti
minori: sono titoli* Non confondere la SML
sopravvalutati, con la CML
i prezzi vista precedentemente
dei titoli si ridurranno nel (slide 30). i rendimenti
tempo,
Ora sull’asse orizzontale c’è il beta e non la deviazione standard e
attesi aumenteranno sulla
fino semiretta
a che i due titoli non
giacciono tuttisii titoli
collocheranno sullaefficienti.
e non solo quelli SML.
Al contrario, il titolo V che si trova al di sopra della SML, è un titolo sottovalutato 40 (tutti
vorrebbero detenere tale titolo che, a parità di beta, ha un rendimento maggiore). All’aumento
della domanda, il prezzo di V aumenterà, il rendimento atteso calerà fino a che V non si
collocherà sulla SML
5
È importante non confondere la SML con la CML vista precedentemente (slide 30). Ora
sull’asse orizzontale c’è il beta e non la deviazione standard e sulla semiretta giacciono tutti i
titoli e non solo quelli efficienti.
—> caso β = 0, Ri = RF cioè, poiché un titolo con beta pari a zero non presenta alcun rischio
rilevante, il suo rendimento atteso dovrebbe essere uguale al tasso privo di rischio.
—> caso β = 1, Ri =RM cioè il rendimento atteso del titolo è uguale al rendimento atteso del
mercato, proprio perché il beta del portafoglio di mercato è 1.
Il modello ha caratteristiche importanti:
• è un modello di equilibrio;
• l’equazione può essere rappresentata graficamente dalla security market line;
• il portafoglio di mercato ha beta uguale ad 1; il titolo privo di rischio ha beta nullo.
6
Il CAPM aiuta nel lungo periodo ad avere rendimenti che siano allineati (il mercato offre un
certo R per un qualsiasi titolo, ma il rendimento corretto è RCAPM). Infatti gli arbitraggi hanno
vita breve in tale contesto perché gli investitori informati sono in grado di capire se i titoli sono
sotto/sopravalutati oppure in equilibrio e si comporteranno in maniera razionale fino a far
coincidere il rendimento di tali titoli con il proprio rendimento corretto.
Il CAPM non è un modello perfetto in quanto alla base vi sono delle ipotesi molto forti e
semplificative, tuttavia è il modello più utilizzato in quanto non è stato ancora trovato un altro
metodo più preciso. Varie sono state le critiche fatte al CAPM, ricordiamo la critica di Roll
per cui è impossible costruire un portafoglio che contenga ogni singola azione (il vero portafoglio
di mercato): il CAPM, quindi, non può essere testato empiricamente perché il portafoglio di
mercato sottostante è inosservabile. Qualunque test del CAPM che impieghi dei mercati di
riferimento è soggetto a questa critica.
Esistono, tuttavia, anche altri modelli (detti modelli fattoriali) che possono essere
sostanzialmente utilizzati al fine di sostituire o affiancare il CAPM. Sono detti fattoriali in quanto
i rendimenti dei titoli dipendono da fattori diversi, fattori di rischio sistematico.
Il rendimento atteso di un titolo azionario in un periodo futuro può essere scomposto in due
fattori da sommare:
1. Una parte attesa del rendimento, Ř
2. Una parte inattesa del rendimento, U, che scaturisce da sorprese o annunci inaspettati (come
gli annunci sulle variazioni del PIL di un paese da parte del Governo).
La parte non anticipata del rendimento, quella derivante da sorprese, rappresenta il vero rischio
di un investimento. Possiamo dividere il rischio in due componenti:
• Rischio sistematico (o di mercato): è qualunque rischio che incide, in misura maggiore o
minore, su un gran numero di asset (ad es. notizie riguardanti PIL, tassi di interesse, condizioni
economiche in genere).
• Rischio non sistematico: è un rischio che incide specificamente su un singolo asset o su un
numero limitato di asset (ad es. annuncio di sciopero all’interno di una piccola società).
Allora, R = Ř+U = Ř + m + ε
dove la lettera m rappresenta il rischio sistematico ed ε il rischio non sistematico. A volte il
rischio sistematico viene definito anche rischio di mercato poiché si vuole sottolineare il fatto che
m influenza in qualche misura tutti gli asset presenti sul mercato.In particolare essendo ε
specifica dell’azienda, essa sarà non correlata al rischio specifico di tutte le altre aziende
Cor r (εA, εB ) = 0
Alcune aziende sono più sensibili a certi rischi di altre. Utilizzando i coefficienti beta è
possibile cogliere l’influenza del rischio sistematico su un titolo. Ci sono molti fattori
di rischio (ad es. l’inflazione, il PIL e i tassi di interesse, ecc.). In generale un modello fattoriale in
cui i coefficienti di sensibilità ai fattori di rischio sono i beta può essere scritto come:
R = Ř + β1F1 + β2F2 +…+ βKFK +ε
Mentre le componenti non sistematiche dei rendimenti di due imprese non sono fra loro
correlate, ciò non avviene per le componenti sistematiche. Il coefficiente beta determina
7
l’influenza del rischio sistematico su un titolo. Esso misura infatti la sensibilità del rendimento di
un titolo a un certo rischio sistematico Se consideriamo n tipi di rischi sistematici, anziché il solo
rischio di mercato come fa il CAPM, i modelli seguenti sono una «generalizzazione» del CAPM.
I modelli multifattoriali, in teoria, sono migliori del CAPM in quanto legano il rendimento del
capitale azionario non solo a fattori aziendali ma anche a fattori di sistema (come PIL e inflazione,
fattori non controllabili dall’azienda stessa e a cui le diverse aziende sono sensibili in diverso modo): essi,
tuttavia, sono modelli molto complessi che implicano, quindi, molta soggettività dell’analista.
Ecco perché sono pochi gli analisti che usano tali modelli mentre la maggioranza continua ad
utilizzare il CAPM. Ricordiamo che tanto più un modello è complesso, tanto più vi sarà la
probabilità di commettere errori.
8
LEZIONE 15
04/11/2020
CAPITOLO 12
Ci concentriamo, ora, alla costruzione del costo del capitale sia in senso di equity (proseguendo
sul tema del CAPM) sia in senso generale (un costo del capitale che tenga conto anche del
debito).
Il rischio fa parte di qualsiasi decisione di natura finanziaria: se non comprendiamo quanto sia
rischioso un investimento un progetto, non possiamo svolgere alcun esercizio di valutazione. Il
concetto di tasso di attualizzazione è estremamente variabile: per un investitore è il rendimento
atteso dal progetto, per un CFO E il costo del capitale necessario da raccogliere per finanziare
gli investimenti dell'impresa. Il costo del capitale non è solo importante per la valutazione di
titoli azionari ma anche uno dei principali input nelle decisioni di capital budgeting. Senza una
valida stima del costo del capitale, i manager finanziari sono in capaci di valutare correttamente
la qualità degli investimenti delle loro aziende.
Caso in cui un'impresa disponesse di liquidità in eccesso, potrebbe agire in due modi: distribuire
immediatamente dividendi o investire in un progetto per poi distribuire i flussi di cassa futuri
come dividendi. Gli azionisti, se potessero reinvestire il dividendo in un'attività finanziaria avente
lo stesso rischio del progetto, essi opterebbero per l'alternativa che offre rendimento atteso più
elevato. In altre parole, il progetto dovrebbe essere intrapreso solo se il suo rendimento atteso
superiore a quello di un'attività finanziaria con rischio analogo. Una delle regole fondamentali di
capital budgeting dice, dunque, che in fase di valutazione, il tasso di attualizzazione di un
progetto deve essere uguale al rendimento atteso di un’attività finanziaria con analogo rischio.
In modo equivalente, dal punto di vista dell’impresa, il rendimento atteso è il costo del capitale
(dell’equity).
NB: Stiamo per il momento considerando un’azienda il cui capitale sia interamente equity.
1 –Nel CAPM,DEL
IL COSTO il rendimento
CAPITALE dell’equity si può scrivere come: RE = RF + β x (ŘM - RF)
dove RF è il tasso del titolo privo di rischio e (ŘM - RF) è la differenza tra il rendimento atteso del
q Per stimare il costo del capitale (100% equity) occorre
dunqueportafoglio
conoscere: di mercato e quello del titolo non rischioso: questa differenza si definisce spesso
• Il tassorendimento
corrispondente in aleccesso del mercato
titolo privo di rischio o premio di rischio del mercato. RE è, quindi, il costo del
capitale
• Il premio di rischioazionario.
di mercato
• Il beta dell’azienda
La stima del costo del capitale è
estremamente semplice se si conoscono:
• Il tasso corrispondente al titolo privo di
rischio
• Il premio di rischio del mercato che
ricordiamo è la differenza tra il rendimento
4
del mercato e il rendimento non rischioso.
9
1 – IL COSTO DEL CAPITALE
• Il beta dell’azienda
ogetto costa Una
inizialmente €100. Si assume che tutti i progetti
volta costruito il costo del capitale, si può procedere con il calcolo della convenienza del
no lo stessoprogetto
rischiodidell’impresa nel suo complesso.
investimento, utilizzando la solita regolaPoiché
del metodo del VAN (si rifiuta se VAN
to del capitale (equity) è il 11,3%, i progetti di un’impresa
negativo e se, alternativamente, il tasso di attualizzazione è maggiore del TIR).
costituita da equity vengono attualizzati a questo tasso.
La SML può essere
utilizzata per valutare
etti A e B graficamente la scelta del
o VAN progetto di investimento,
vo grazie all’individuazione
ttati) di un’area di accettazione
getto C ha (sopra la SML per cui il
negativo VAN è positivo) e una di
ato) rifiuto.
Per le aziende quotate, il calcolo del beta è semplicissimo in quanto bisogna semplicemente
decidere qual è il lasso temporale entro cui si vuole lavorare (solitamente tra i 2 e i 5 anni, molto
spesso ci si assesta sui 3) con misurazioni di solito settimanali e/o mensili. Spesso, nel caso di
aziende non quotate, viene utilizzato il beta delle aziende direttamente comparabili con quella
che si sta analizzando al fine di verificare se c’è grande differenza tra i beta e analizzare le
ragioni di tali differenze. La stima è di grandissima importanza sia nel caso di valutazione
d’azienda che di valutazione di singoli progetti di investimento.
Infine, la stima del beta ci serve per quei casi in cui i progetti di investimento vengano effettuati
da aziende non quotate. In questo caso, si potrà effettuare uno screening del beta delle aziende
quotate comparabili e valutare il beta dell’azienda in analisi alla luce dei risultati ottenuti.
Problemi legati all’utilizzo del beta
• I beta variano nel tempo: essi vanno sempre contestualizzati in funzione del tempo
• La dimensione del campione di riferimento potrebbe essere inadeguata. Nel caso in cui non vi
sia una numerosità sufficiente di aziende quotate per cui calcolare il beta, si potrebbe dover
costruire un beta medio dei comparable individuati, ossia aziende con caratteristiche simili
anche se non servono la stessa domanda e lo stesso mercato merceologico. Viene utilizzato il
beta del settore al fine di ridurre l’errore di stima se si ritiene che le attività operative di
un'impresa siano simili a quelle delle altre imprese che compongono il settore stesso. Se,
tuttavia, un direttore finanziario è convinto che le attività della sua impresa siano
sostanzialmente diverse da quelle delle altre imprese caratterizzanti il settore, Si dovrebbe
utilizzare il beta specifico dell'impresa.
• I beta sono influenzati dalle variazioni della leva finanziaria e del rischio
Soluzioni
• I primi due problemi potrebbero essere risolti da statistiche più attendibili
10
• Il terzo problema potrebbe essere attenuato dall’adeguamento al rischio economico e
finanziario
• Occorre esaminare le stime dei beta medi di aziende comparabili del settore
Adottando una tecnica di regressione standard, si possono interpolare i punti che indicano i
rendimenti dei titoli azionari delle società che si vogliono analizzare rispetto ad un mercato. Si
ottiene, così, la cosiddetta "linea caratteristica" del titolo. L'inclinazione di questa linea
rappresenta il beta.
Le determinanti del beta
Il beta di un titolo non si ottiene dal nulla mai determinato dalle caratteristiche dell’impresa.
Due delle determinanti attengono all’aspetto operativo delle imprese (ciclicità dei ricavi. Ella
operativa) mentre la terza attiene alla parte finanziaria (la leva finanziaria)
1. Ciclicità dei ricavi
Ci sono settori ed attività che vengono considerati ciclici, ossia che si muovo in
contemporanea al ciclo economico (ricavi molto buoni nelle fasi di espansione del ciclo
economico e meno buoni nelle fasi di contrazione). È il caso ad esempio di aziende
tecnologiche, automobilistiche, commercianti al dettaglio. Settori non ciclici, invece, sono
settore alimentare, dei servizi di comunicazione, settore farmaceutico. I settori ciclici, di
conseguenza, tendono ad avere un beta più elevato perché c’è un effetto di correlazione
diretta.
NB: la ciclicità non va confusa con la variabilità dei risultati Es.: Le case di produzione
cinematografica hanno ricavi variabili (in funzione della «bontà» del film) ma non sono
cicliche (non dipendono granché dal fatto che il PIL cresce o cala).
2. Leva operativa
La leva operativa può essere rappresentata come la maggiore incidenza dei costi fissi o dei
costi variabili sulla struttura di costo aziendale: consente, quindi, di cogliere l’impatto dei
costi fissi sul reddito operativo. Nelle aziende con struttura dei costi più rigida (con maggiori
costi fissi), il punto di pareggio a volume assume un valore molto alto e, di conseguenza,
anche l’area delle perdite assume maggiori dimensioni. La leva operativa, di fatto, amplifica
l’effetto della ciclicità dei ricavi. I progetti i cui ricavi attesi sono fortemente ciclici e la cui
leva operativa appare elevata, avranno verosimilmente beta elevati. Per contro, una ciclicità
debole e una bassa leva operativa implicheranno beta bassi. Purtroppo, questo approccio è di
natura qualitativa: poiché generalmente i dati sui nuovi progetti sono pochi, di solito, non è
possibile effettuare stime quantitative del beta.
3. Leva finanziaria
La stima del beta tramite il confronto del rendimento dei titoli rispetto al mercato, porta alla
stima di un rendimento strettamente connesso all’equity di un’azienda. Tuttavia, spesso le
aziende sono anche indebitate: il debito assume incidenza nella struttura del capitale (le
aziende zero-levered sono aziende a debito zero con solo equity ed, eventualmente, liquidità).
La leva finanziaria è la misura in cui un'impresa finanziata tramite debito: poiché è
un'impresa indebitata deve pagare interessi indipendentemente dall'andamento delle proprie
11
vendite, la leva finanziaria fa riferimento ai costi fissi di finanziamento.
Se il debito fosse pari a zero, il beta equity sarebbe pari al beta assets. Il beta delle attività
potrebbe essere anche concepito come il beta che avrebbe il portafoglio dell’individuo che
possiede tutto il debito e tutto l'equity dell’impresa (da foglio composto dalle obbligazioni e
dalle azioni dell’azienda). Nel caso in cui l'azienda non fosse indebitata, il beta delle attività
coincide con il beta dell’equity. Nel caso in cui l’azienda fosse indebitata, si avrebbe sia il beta
equity che il beta debito e il debito del portafoglio, invece, sarebbe pari al beta asset (beta
delle attività) pari a sua volta alla media ponderata dei beta.
In assenza di imposte, il beta assets è pari alla media ponderata tra beta equity e beta del
debito. Facendo una ipotesi molto forte ma accettata spesso dagli analisti finanziari, ossia che
il beta del debito sia pari a zero, si comprende facilmente che la rischiosità degli assets sia
inferiore alla rischiosità dell’equity (beta assets è minore di beta equity).
E D
βattivita = * βequit y + * βdebito
E+D E+D
D
Se βdebito = 0, allora βequit y = βattivita * [1 + ].
E
E
Poiché < 1 per un'impresa indebitata, ne deriva che βattivita < βequit y
E+D
Ovviamente, in presenza di imposte, la formula precedente deve considerare l’aliquota di
D
imposta societaria tc —> βequit y = βattivita * [1 + (1 − tc )
]
E
3 – LE DETERMINANTI DEL BETA
12
4 – ESTENSIONI DEL MODELLO DI BASE
q Esempio ( Il WACC)
ArcelorMittal ha debiti per €4.4 miliardi di euro e un equity di €71.4 miliardi.
ArcelorMittal ha in circolazione 8 diversi tipi di bond; assumete che tutti
i bond siano identici e paghino un interesse annuo del 6%. Le azioni
dell’azienda hanno un beta di 1.81. Nel 2008 l’aliquota fiscale effettiva
dell’azienda è stata del 13.1%. Supponete che valga la SML, che il
premio di rischio del mercato sia il 9.5% e che il rendimento attuale dei
buoni del tesoro sia il 4.5%.
Qual è il WACC di questa azienda?
Riassumendo:
4 – ESTENSIONI DEL MODELLO DI BASE
q Esempio (valutazione di un progetto e WACC)
Un’impresa ha (e prevede che avrà in futuro) un rapporto debito-equity pari
a 0.6, un costo del debito (netto) del 15.15%, e un costo dell’equity del
20%. L’aliquota fiscale è il 34%. Qual è il WACC?
Supponete che l’impresa stia prendendo in considerazione l’ipotesi di
ristrutturare un deposito, al costo previsto di € 50 milioni.
La ristrutturazione del deposito dovrebbe generare risparmi di €12 milioni
all’anno per sei anni. Qual è il VAN di questo progetto?
4 – ESTENSIONI DEL MODELLO DI BASE
q Esempio (valutazione di un progetto e WACC)
13
L’azienda dovrebbe rifiutare il progetto (Il VAN è negativo)
I pesi utilizzati negli esempi sono riferiti ai valori di mercato: tali pesi sono più appropriati
rispetto a quelli riferiti ai valori contabili perché i valori di mercato dei titoli sono più vicini a
quel che si ricaverebbe dalla loro vendita. In effetti, conviene spesso ragionare in termini di pesi
di mercato “target”, cioè dei paesi che dovrebbero prevalere sul mercato nell'arco di vita
dell’impresa o del progetto.
14
capitale. Potrebbero essere divulgati dati finanziari più approfonditi su diversi segmenti
dell'azienda e maggiori previsioni da parte del management. Per le imprese di grandi
dimensioni e appartenenti a settori importanti, le società di intermediazione hanno degli
analisti che seguono tali settori, riducendo esistessi il divario tra gli investitori informati e
quelli disinformati. Dall'altro lato, le imprese di dimensioni minori vengono spesso ignorate
dagli analisti: tali aziende dovrebbero applicarsi nel distribuire il maggior numero possibile di
informazioni al fine di suscitare l'interesse della comunità degli esperti. Anche lo sviluppo di
rapporti cordiali con gli analisti potrebbe rivelarsi d'aiuto, interessandoli alle sorti
dell’azienda, riducendo la simmetria informativa tra investitori informati e investitori
disinformati.
15
LEZIONE 16
05/11/2020
CAPITOLO 13
Il tema dell’efficienza dei capitali è fortemente importante: più di una volta, in precedenza,
abbiamo fatto riferimento alle logiche alla base del CAPM, avendo sempre assunto che le
informazioni siano disponibili sul mercato a tutti gli investitori azionari e che vi siano delle
aspettative omogenee. Queste ipotesi reggono la costruzione logica che ci ha permesso di
arrivare al CAPM. Tuttavia, non è scontato che i mercati siano da considerare efficienti.
Benché il procedimento per valutare le decisioni di finanziamento sia identico a quello per
valutare i progetti, i risultati sono diversi: l'impresa tipica offre molte più opportunità di
investimento con VAN positivi che opportunità di finanziamento con VAN positivi. Le imprese
hanno tre modi per creare opportunità di finanziamento vantaggiose:
a) sfruttare l'insufficiente comprensione che gli investitori hanno circa il rischio la valutazione di
titoli complessi. Sebbene i manager finanziari cercano sempre di proporre al mercato la
combinazione di titoli in modo da riceverne il massimo valore, la teoria dei mercati dei
capitali efficienti implica che gli investitori non possano essere ingannati facilmente.
b) ridurre i costi o incrementare i benefici
c) creare nuovi strumenti finanziari che non possano essere facilmente riprodotti attraverso
combinazione di titoli esistenti: una clientela precedentemente insoddisfatta potrebbe pagare
un prezzo più elevato per un titolo specifico che risponda le sue esigenze.
16
1 – MERCATI DEI CAPITALI EFFICIENTI
17
la maggior parte degli investitori potrebbe essere considerata non del tutto razionale.
Dunque, l'efficienza del mercato non presuppone la presenza di individui razionali ma solo
di irrazionalità che si controbilanciano.
C) Arbitraggio: possono esistere sul mercato delle possibilità che alcuni investitori (di solito
investitori professionisti) abbiano o elaborino delle informazioni per poi influenzare,
attraverso i propri investimenti, il mercato verso il livello di prezzo corretto (perché hanno
maggiori capacità di investimento). Infatti, i dilettanti irrazionali cedono alle proprie
emozioni e, nel caso di dilettanti diversi, se queste non si compensassero a vicenda, i
dilettanti tenderebbero a negoziare azioni al di sopra o al di sotto del prezzo efficiente. Nel
caso dei professionisti che agiscono metodicamente e razionalmente, essi Sulla base delle
proprie informazioni studiate, stimano il prezzo delle azioni agiscono di conseguenza,
acquistando sia un'azione ha un prezzo più basso del dovuto o vendendola nel caso
contrario. I professionisti potrebbero rischiare grandi somme sapendo che l'azione non è
correttamente apprezzata e sarebbero perfino disposti a rimodulare l'intero portafoglio alla
ricerca del profitto. È questo l'arbitraggio in cui viene generato profitto attraverso l'acquisto e
la vendita contestuali di azioni diverse ma reciprocamente sostitutive. Se l'arbitraggio
effettuato dei professionisti predominasse sulla speculazione dei dilettanti, i mercati
sarebbero comunque efficienti.
Un mercato è efficiente in forma debole (ma pur sempre efficiente) se i prezzi incorporano
pienamente tutte le informazioni sui prezzi passati delle azioni.
In genere questo tipo di efficienza è espressa anche dicendo che il prezzo di un titolo oggi è
uguale alla somma tra l’ultimo prezzo osservato, il rendimento atteso dell’azione e un errore
casuale. L'ultimo prezzo osservato potrebbe risalire a ieri, la settimana scorsa al mese scorso,
seconda dell'intervallo di campionamento. Il rendimento atteso è una funzione di rischio del
titolo. La componente casuale è dovuta a nuove informazioni sull'impresa e potrebbe essere
positivo negativa ma, comunque, non prevedibile e indipendente da quella di qualsiasi periodo
precedente. Sequenza, la componente casuale non è desumibile dai prezzi passati. In ragione di
quest’ultima considerazione, si dice che i prezzi seguono un percorso casuale (random walk).
Tale modello di percorso casuale è utilizzato per prevedere le variazioni del prezzo e non per
spiegarle (differentemente dal CAPM). Esso si basa su due ipotesi principali:
a) gli investitori sono razionali le loro previsioni su ciò che accadrà in futuro non sono né
ottimistiche né pessimistiche
b) le variazioni del prezzo sono causati unicamente dall'arrivo di nuove informazioni che
giungono in maniera casuale determinando l'evolversi casuale dei prezzi azionari
Se il prezzo di un’azione ha, invece, andamento ciclico, gli investitori acquisterebbero ai
minimi e venderebbero ai massimi. Attraverso la competizione sarebbero eliminate le regolarità
ciclica e resterebbero solo le fluttuazioni casuali.
18
Un mercato è efficiente in forma forte se i prezzi riflettono tutte le informazioni, pubbliche e
private. In questo contesto non esisterebbe l’insider trading: non appena l’informazione privata
viene resa disponibili ad alcuni soggetti, in quel momento sarà disponibile anche al mercato.
Ovviamente, all’interno di qualunque impresa vi sono delle informazioni private che non
vengono rilasciate (know-how, conoscenze che generano valore).
L'efficienza in forma forte implica l'efficienza in forma semi-forte e quest’ultima implica
l'efficienza in forma debole.
Se l’esistenza dell’efficienza in forma debole è controversa, quella dell’efficienza semi-forte e
forte lo sono ancora di più. Infatti per l'efficienza in forma debole si ha la ragionevole aspettativa
che oggi è davvero semplice e poco costoso identificare degli schemi di andamento dei prezzi
azionari.
L’efficienza in forma semi-forte presuppone, invece, che ogni investitore conosca contabilità,
finanza, statistica, andamento settoriali e singole imprese...
L’efficienza in forma forte, ancor peggio, presuppone che ogni investitore conosca tutte le
informazioni che, nel mondo reale, sono in verità spesso di dominio di poche persone (ad es.: il
CFO dell’azienda che sta attuando un progetto). L’evidenza empirica appare tendenzialmente
sfavorevole a questa forma di efficienza del mercato.
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Secondo molti, l’efficienza in forma semi-forte esiste anche se, a volte, gli investitori recepiscono
con qualche ritardo le informazioni. Altri studi, invece, mostrano la non omogeneità di
comportamento dei fondi di investimento alle informazioni (essi, nella media, non battono il
mercato anche se costituiti da analisti e investitori professionisti): dato che tutti i fondi lavorano
su informazioni pubbliche, si ha coerenza con l’efficienza semi-forte.
L’efficienza forte, invece, secondo molti studi di finanza comportamentale, non esiste: per alcune
società, i top manager hanno tratto vantaggio dalle informazioni interne. Tali studi vanno a
verificare quali siano, di fatto, le condizioni di comportamento degli investitori e se i prezzi dei
titoli azionari riflettono puntualmente le informazioni disponibili e se, quindi, sono corretti.
Le tre ipotesi alla base della teoria dell’efficienza dei mercati valgono davvero nella realtà?
Secondo la finanza comportamentale no. Analizziamo di nuovo le tre ipotesi, ma questa
volta con un approccio comportamentale.
1) Razionalità: gli individui, nella realtà, risultano molto frequentemente irrazionali anche
nell’investire nei mercati finanziari (ad es. non diversificano a sufficienza o non considerano
attentamente commissioni e imposte). L’approccio comportamentale non sostiene che tutti
gli investitori siano irrazionali ma che alcuni, se non molti, lo siano.
2) Deviazioni indipendenti dalla razionalità: gli psicologi hanno dimostrato che le persone si
discostano dalla razionalità seguendo principi euristici. Ad esempio due di questi sono la
rappresentatività e il conservatorismo.
• Si ha rappresentatività quando gli individui traggono conclusioni sugli eventi futuri sulla
base di dati insufficienti. Applicato alla finanza questo aspetto spiega l’esposizione alle bolle
speculative. Infatti, in un mercato dominato dalla rappresentatività, gli investitori vedono
una breve storia di alta crescita dei ricavi e nei su mano che quella crescita continuerà per
sempre. Quando la crescita si ferma, i prezzi non possono fare altro che scendere.
• Si ha conservatorismo quando gli individui sono troppo lenti nell’adattare le proprie
convinzioni alle nuove informazioni.
3) L’arbitraggio: consiste nell’acquistare le azioni che mostrano anomalie di prezzo (mispricing).
In particolare gli investitori professionali venderebbero le azioni negoziate a prezzi troppo
alti (rispetto al prezzo equo) e comprerebbero quelle sottostimate. Nella realtà tali operazioni
risultano essere molto rischiose per chi le mette in atto e quindi non sempre si riesce ad
eliminare l’inefficienza nel mercato.
Le scelte contabili non influiscono sul prezzo delle azioni. 1) nel bilancio devono essere fornite
informazioni sufficienti affinché gli analisti finanziari possano ricostruire gli utili in base a metodi
contabili alternativi. 2) il mercato dev’essere efficiente in forma semi-forte. In sostanza,
l’evidenza empirica indica che gli aggiustamenti contabili non ingannano il mercato, e di
conseguenza che i manager non possono far aumentare artificiosamente il prezzo dell’azione
manipolando i dati contabili: il mercato sembra abbastanza efficiente da capire cosa si nasconda
dietro le scelte contabili.
Le scelte sul momento di emissione dei finanziamenti risentono delle convinzioni sul
prezzo dei titoli azionari. Se i manager sono convinti che i titoli siano sopravvalutati,
20
8 – LE IMPLICAZIONI PER LA FINANZA
AZIENDALE
La scelta del momento di emissione dei finanziamenti
Le reazioni sui prezzi di mercato devono essere attentamente studiate dai manager con
riferimento a qualunque loro annuncio riguardante una nuova iniziativa. L’efficienza del
mercato implica che i prezzi riflettano tutte le informazioni disponibili. In quasi tutti i paesi
emergenti, i mercati dei capitali non sono molto efficienti per cui bisognerebbe usare i prezzi
azionari con estrema cautela. Nei paesi sviluppati, le imprese prendono più in considerazione i
prezzi di mercato.
21
LEZIONI 17-18
11-12/11/2020
CAPITOLO 15
Partiamo da un articolo (scritto da Modigliani e Miller nel 1958) molto importante che ha
modificato sostanzialmente il modo con cui la prassi e la teoria della finanza aziendale hanno
approcciato il tema della definizione sia del costo del capitale che del calcolo del valore
dell’impresa. Focus sarà la comprensione delle proposizioni poste da Modigliani e Miller
dapprima in un mondo senza imposte, per poi procedere all’analisi di tali proposizioni -
leggermente modificate dai due-
1 – I in un mondoDELLA
PROBLEMI in cui STRUTTURA
compaiono anche le imposte societarie.
FINANZIARIA
Qual è il giusto rapporto debito-equity che un’impresa dovrebbe
Partendo dall’ipotesi inscegliere?
cui si è in un mondo senza imposte, il valore dell’impresa è pari alla
somma del valore del Assunto:
debito eil valore
del valore dell’equity
dell’impresa (V =
la somma delD + E),
valore del se è possibile
debito e a valori di
del valore dell’equity cioè
mercato. Con quale modalità un'impresa dovrebbe scegliere il suo rapporto debito-equity?
V=D+E
Basandoci sul modelloPossiamo
a torta, che è lail rapporto
visualizzare sommadebito-equity
di diritti finanziari
con un grafico vantati
“a nei confronti
torta” (dove il valore impresa non è (necessariamente) il totale
dell'impresa, in questo caso debito ed equity, tale somma definisce il valore dell'impresa stessa.
della torta, ma solo la somma delle fette che spettano a D e E!).
22
dell’impresa è la stessa che porta a massimizzare gli interessi degli azionisti, ponendoci due
domande fondamentali:
1. Perché gli azionisti dovrebbero preoccuparsi della massimizzazione del valore dell’impresa
nel suo complesso e non della massimizzazione dei loro interessi?
i cambiamenti che intervengono nella struttura finanziaria vanno a beneficio degli azionisti
se e solo se il valore dell’impresa aumenta.
2. Quale rapporto (di leva, D/E) massimizza gli interessi degli azionisti?
i manager dovrebbero scegliere la struttura finanziaria che ritengono in grado di
massimizzare il valore per l’impressa, perché tale struttura del capitale sarà la più
3 – LEVA FINANZIARIA E VALORE DELL’IMPRESA
vantaggiosa per gli azionisti
q I in
La struttura finanziaria manager
grado didi un’impresa
massimizzaredovrebbero
il valorescegliere la struttura
dell’impresa, dunque, è idonea a
finanziaria che ritengono in grado di massimizzare il valore
massimizzare la ricchezza degli azionisti. Qual è la struttura ottimale?
per l’impresa, perché questa struttura del capitale sarà la più
[ESEMPIO] vantaggiosa per gli azionisti.
Esempio
Autoveloce S.p.A. è una società non indebitata. L’azienda sta
valutando l’ipotesi di emettere titoli di debito per riacquistare
una parte delle proprie azioni
ROA * assets =
6 7
23
Proposizione I MM in assenza di imposte (attiene al valore)
Modigliani e Miller affermano che un’impresa non può modificare il valore totale dei titoli in
circolazione modificando la ripartizione tra azioni e debito. Il valore dell’impresa è sempre lo
stesso quale che sia la struttura finanziaria. Ciò implica che nessuna struttura finanziaria è
migliore o peggiore di qualsiasi altra per gli azionisti dell’impresa.
Da questa proposizione, si capisce che l'investitore non riceve dal leverage dell'azienda nulla di
diverso da ciò che riceverebbe dal proprio indebitamento personale.se si supponesse che, per
qualunque ragione, il valore dell'impresa indebitata sia superiore a quello dell'impresa
indebitata, un investitore potrebbe direttamente prendere a prestito del denaro e investire
nell'azione dell’impresa non indebitata. Otterrebbe, così, gli stessi utili netti che avrebbe ottenuto
investendo nell'azione dell'impresa indebitata ma sosterrebbe un costo più basso. Questa
strategia non sarebbe esclusiva di quell'investitore. Tenuto conto del maggior valore dell'impresa
che si finanzia ricorrendo al debito, nessun investitore razionale acquisterebbe le azioni
dell'impresa indebitata. Chiunque desiderasse detenere azioni di una simile impresa, infatti,
otterrebbe lo stesso rendimento in termini assoluti ma a un costo più basso, prendendo a prestito
dei soldi per finanziare l'acquisto di azioni dell'impresa che non abito nella sua struttura
finanziaria. Ne conseguirebbe, naturalmente, un nuovo equilibrio in cui il valore dell'impresa
indebitata scenderebbe e quello dell'impresa non indebitata salirebbe fino a che non si
eguagliano. A questo punto gli investitori sarebbero indifferenti tra le due strategie di acquisto.
VL = VU —> Valore impresa levered = valore impresa unlevered
Questo è il risultato più importante di tutta la finanza aziendale in quanto prima di MM l'effetto
della leva finanziaria sul valore dell'impresa era considerato alquanto complesso mentre, in
questo modo, si è dimostrato un rilievo incredibilmente semplice: se alle imprese indebitate
attribuito un prezzo troppo elevato, gli investitori razionali si indebiteranno a titolo personale per
acquistare azioni di imprese prive di debito. Ci si riferisce a questo tipo di situazione con
l’espressione homemade leverage: finché gli individui si fanno prestare denaro alle stesse
condizioni delle imprese, possono riprodurre personalmente gli effetti dell'indebitamento
aziendale.
Comprendiamo allora che il ricorso al debito non incide sul valore dell'impresa: poiché la
ricchezza degli azionisti è direttamente collegata al valore dell'impresa, le variazioni intervenute
nella struttura finanziaria non possono influenzare la ricchezza degli azionisti.
Sottinteso a tale ragionamento, vi sono gli assunti per cui gli individui possono indebitarsi allo
stesso tasso cui possono indebitarsi le imprese (in teoria, ciò è possibile), che non vi siano costi di
transazione né costi di fallimento.
24
E D
WACC = * RE + * RD
E+D E+D
Ricordando che RO è il costo del capitale per l’impresa unlevered, allora WACC = RO perché
non c’è ponderazione (nella prima formula) se non c’è debito.
Tale equazione rileva che se RO eccede il costo del debito, il costo del capitale aumenta
all'aumentare del rapporto debito-equity (cosa che normalmente dovrebbe accadere). Siccome
anche il capitale azionario dell'impresa non indebitata e rischioso, esso dovrebbe avere un
rendimento atteso superiore a quello del debito privo di rischio.
Quando l'impresa fa aumentare il rapporto debito-equity, ogni euro di capitale azionario è
gravato di un debito addizionale: ciò accresce il rischio dell'equity e, di conseguenza, il
rendimento atteso richiesto su di esso (RE).
Un’implicazione di Modigliani-Miller Proposizione II in assenza di imposte è che il WACC di
un’impresa è costante e non dipende dalla struttura finanziaria.
4 – MODIGLIANI E MILLER: LA
[CONTINUO ESEMPIO DI PRIMA]
PROPOSIZIONE II (ASSENZA DI IMPOSTE)
Calcolo del WACC per Autoveloce S.p.A. (Rd=10%)
4 – MODIGLIANI E MILLER: LA
PROPOSIZIONE II (ASSENZA DI IMPOSTE)15
q M&M proposizione II (in assenza di debito):
costo dell’equity, costo del debito e WACC a confronto
16
25
Man mano che si modifica la leva finanziaria, siccome RE è funzione lineare di RO e RD, che sono
fattori che influenzano la leva, esso si modificherà a sua volta.
In sintesi, le proposizioni di MM in assenza di imposte affermano che il valore dell’impresa e il
costo complessivo del capitale sono entrambi indipendenti dalla leva finanziaria.
29
26
l’impresa unlevered sarà sempre lo stesso mentre per l’impresa levered comprenderà anche gli
interessi versati. In questo modo si comprende bene come il piano II sia maggiormente
vantaggioso. La differenza di 140.000€ tra i due flussi di cassa è tutta determinata dal beneficio
fiscale sugli interessi (minori imposte pagate in piano II): tale differenza è il cd scudo fiscale del
debito ed è l’importo annuo di beneficio fiscale. Se ci si spostasse in ipotesi di continuità, per
valutare il valore di un’impresa complessivo e non annuale, il valore del beneficio fiscale può
essere calcolato come una rendita perpetua (dove RD è anche fattore di attualizzazione), ossia
tc * RD * D
= tc * D , dove tc * RD * D è la riduzione delle imposte societarie (tale prodotto è
RD
l’importo che l'impresa pagherà in meno in presenza di debito, indipendentemente dal suo
carico fiscale anno).
5 – LE IMPOSTE SOCIETARIE
[ESEMPIO]
Esempio
Divided Airlines è un’impresa unlevered. L’azienda prevede un
EBIT di €153.85 in perpetuo. L’aliquota fiscale dell’impresa è il
35%, il che implica utili al netto delle imposte di €100. Tutti gli utili al
netto delle imposte vengono distribuiti sotto forma di dividendi*.
Divided Airlines sta studiando una ristrutturazione del capitale che
le consenta di assumere debito per €200 (Rd=10%). Le imprese
unlevered dello stesso settore hanno un costo del capitale di 5 equity
– LE IMPOSTE SOCIETARIE
del 20%. Quale sarà il nuovo valore di Divided Airlines?
300
27
33
Proposizione II MM in presenza di imposte
In caso di assenza di imposte c’è una relazione positiva tra rendimento atteso sul capitale
azionario e la leva finanziaria. Ciò si verifica perché il rischio dell'equity aumenta all'aumentare
del debito. La stessa intuizione vale anche in presenza di imposte societarie, ma la formula del
D
rendimento levered si modifica, diventando RE = RO + * (1 − tc ) * (RO − RD ).
E
200
Nel caso di Divided Airlines, RE = 0.2 + * (1 − 0.35) * (0.2 − 0.1) = 0.2351. Graficamente:
5 – LE IMPOSTE
370 SOCIETARIE
Il fatto che il WACC sia calante, implica che diventa conveniente aumentare35 il debito, in quanto
all’aumentare del debito, diminuendo il WACC, si riduce il costo del capitale con cui si
attualizzano i flussi futuri di un progetto di investimento, il VAN di un qualsiasi progetto futuro
tende ad aumentare e aumenta il valore dell’azienda.
Ricordiamo che anche in questo caso, rimangono ferme le ipotesi che il costo dell’indebitamento
si costante, che siano assenti i costi di transazione così come i costi di insolvenza e di fallimento.
Per calcolare l’equity, in ipotesi di non ammortamenti e di assenza di variazioni del CCN, la
(E BI T − RD * D) * (1 − tc )
formula è pari a E = , ovviamente può essere calcolato anche come
RE
valore levered al netto del valore del debito (sottolineiamo che quando attualizziamo con RE ,
attualizziamo con un valore maggiore un valore necessariamente inferiore, ossia l’FCFE).
È bene sempre controllare, per essere prudenti ed attenti, che RE > RO > WACC > RD.
Tutte le volte che RO > RD, RE aumenta con la leva finanziaria, un effetto riscontrato anche nel
caso di assenza di imposte. RE dovrebbe essere maggiore di RO (a sua volta maggiore di RD ) poiché
l'equity (anche quello di un'impresa non indebitata) è rischioso, dovrebbe avere un rendimento
atteso superiore a quello del debito, per definizione meno rischioso.
Il WACC, nel caso di presenza di imposte societarie, viene sempre calcolato come media
ponderata dei costi del capitale di debito e di equity ma tenendo in considerazione anche le
E D
imposte societarie. In particolare, WACC = RE + RD(1 − tc ) . Notiamo che il costo del
VL VL
debito viene moltiplicato per 1 − tc poiché gli interessi sono deducibili dalle imposte a livello
societario mentre, invece, RE non viene moltiplicato perché i dividendi non sono deducibili. Il
28
fatto che il debito sia fiscalmente avvantaggiato rispetto all’equity, dimostra perché il WACC è
calante con la leva finanziaria in un mondo in cui esistono le imposte societarie.
Inoltre, attualizzando il reddito operativo al netto delle imposte (ossia FCFO) con WACC,
E BI T * (1 − tc )
VL = , si avrà un valore pari all’enterprise value a valori di mercato, ossia il valore
WACC
asset side.
E BI T * (1 − tc ) 100
Nel caso di Divided Airlines, con WACC = 17.54%, VL = = = 570€ che
WACC 0.1754
è il valore complessivo dell’impresa a valori di mercato.
Le imposte personali
Fino ad ora abbiamo ragionato solo con l’ottica dell’impresa, considerando solo le imposte
societarie. Poiché gli interessi sul debito sono fiscalmente deducibili mentre i dividendi non lo
sono, abbiamo affermato che il sistema tributario incentiva le imprese ad emettere debito. Gli
individui devono pagare, invece, le imposte sia sui dividendi sia sugli interessi che ricevano.
Pertanto, ora ragioniamo con l’ottica dell’azionista/obbligazionista, considerando anche le
imposte personali, supponendo che non vi siano ammortamenti né variazioni di CCN:
29
1. Caso impresa priva di debito
Supponendo che un’impresa priva di debito abbia €1 di utili ante-imposte. Se l’aliquota
fiscale dell’azienda è tc , l’azienda paga imposte tc , per cui le rimangono utili al netto delle
imposte di 1 − tc. Assumendo che gli utili al netto delle imposte vengano distribuiti per intero
sotto forma di dividendi. Se l’aliquota fiscale personale sui dividendi è tE , gli azionisti
pagano imposte di (1 − tc ) * tE, per cui rimane loro (1 − tc ) * (1 − tE ) al netto delle imposte.
2. Caso impresa indebitata
Immaginando ora che l’impresa sia finanziata a debito. In questo caso, l’intero €1 milione di
utili andrà nel pagamento di interessi, perché gli interessi sono deducibili per l’azienda. Se
l’aliquota fiscale personale sugli interessi è tD , gli obbligazionisti pagando imposte di tD ,
per cui rimane loro 1 − tD al netto delle imposte.
3. Effetto delle imposte personali sulla struttura finanziaria
3.1.Ignorando i costi del dissesto finanziario, qual è la struttura finanziaria ottimale per
l’imprese se i dividendi e gli interessi vengono tassati alla stessa aliquota personale, ossia
se tE = tD ?
L’impresa dovrebbe scegliere la struttura del capitale che massimizza la liquidità nelle
mani dei suoi investitori, ovvero che minimizza il carico tributario totale sia a livello
aziendale sia a livello personale. A partire da €1 di utili aziendali al lordo delle imposte,
gli azionisti ricevono (1 − tc ) * (1 − tE )mentre gli obbligazionisti ricevono 1 − tD.
Se tE = tD , gli obbligazionisti ricevono più degli azionisti e, pertanto, l’azienda dovrebbe
finanziarsi tramite debito e non tramite equity.
6 – LE IMPOSTE PERSONALI
3.2. Per l’azienda, sarà indifferente emettere azioni o ricorrere al debito quando
(1 − tc ) * (1 − tE ) =q(1Effetto
− tD ) delle imposte personali sulla struttura
finanziaria
In estrema sintesi:
Se (1 - tc) x (1 - tE) < 1 – tD
Scegliere debito
Se (1 - tc) x (1 - tE) = 1 – tD
Indifferente scegliere equity o debito
30
PER GLI ESERCIZI (ESERCITAZIONE 7)
D
B) Si procede con il calcolo di βE , tramite βE = βA + (βA − βD ) * , e poi tramite il CAPM si
E
arriva a RE, per cui RE = RF + βE * (RM − RF )
D
C) Si parte da RA , costante al variare di tutte le altre variabili e, quindi, anche di e,
E
conoscendo il costo del debito RD, si arriva a RE, facendo la media ponderata.
31
32
LEZIONE 19
18/11/2020
CAPITOLO 16
Benché l’uso del debito comporti vantaggi sotto forma di benefici fiscali, per un’impresa esistono
anche dei pericoli: la leva finanziaria può portare al fallimento quando il rischio diventa
eccessivo.
Il debito pone sotto pressione la società poiché i pagamenti degli interessi e il rimborso del
capitale costituiscono degli impegni formali dell’impresa. Se tali impegni non fossero rispettati,
l'impresa rischierebbe di andare incontro a un dissesto finanziario e alla fine, se non riuscisse a
invertire il processo, al fallimento vero e proprio. Gli intermediari finanziari tendono a non
concedere quantitativi di finanziamenti oltre un certo limite, in quanto non è detto che vi sia
capienza sufficiente per il pagamento degli oneri finanziari: la misura per dimostrare tale limite è
l’indice di copertura degli OF che, per definizione, non può essere inferiore o uguale a 1 in
quanto in questi due casi si mostra l’insostenibilità del debito. Quanto più un’azienda si indebita,
tanto più si avvicina alla condizione di insolvenza (sia verso gli istituti creditori che verso gli altri
stakeholder).
Le problematiche di paura finanziaria, di solito, sono la conseguenza di problematiche di natura
reale: di solito, i problemi nascono sui mercati reali (a causa di un aumento dei costi o di
insufficienza delle vendite) e poi si traducono in un’insufficienza di flussi di cassa. Ovviamente,
anche un uso sconsiderato della leva finanziaria può portare a tali problematiche di natura
finanziaria. I costi del debito derivanti dal rischio di fallimento tendono a controbilanciare i
1 – COSTI DEL DISSESTO FINANZIARIO
vantaggi del debito (beneficio fiscale).
Oltre un certo livello, se non c’è
capienza, si va incontro ad una
situazione, certamente, molto
vicina al fallimento, se tale
situazione è strutturale e duratura.
Per Alfa, in entrambi i casi di
espansione e recessione, e Gamma,
solo in caso di espansione, il flusso
di cassa supera il pagamento di
interessi e capitale. In queste
4 circostanze, gli obbligazionisti sono
pagati integralmente e gli azionisti ricevono la differenza.Tuttavia, considerate Gamma in caso
di recessione: agli obbligazionisti sono corrisposti € 60, ma l’impresa dispone solo di € 50 di
liquidità. Poiché abbiamo ipotizzato che la società: non possieda altre attività, gli obbligazionisti
non possono essere pagati integralmente. In caso di fallimento, questi riceveranno tutta la
liquidità dell’impresa, mentre gli azionisti non riceveranno nulla.
Agli azionisti non spetta di erogare gli € 10 aggiuntivi (= € 60 – 50). Le società per azioni, in
33
Europa e in molti altri Paesi, godono infatti della responsabilità limitata, e dunque gli
obbligazionisti non possono citare in giudizio gli azionisti per i mancanti € 10.
La possibilità di fallimento ettaro un effetto negativo sul valore dell’impresa. Tuttavia, la
riduzione del valore non è determinata dal rischio del fallimento in se stesso bensì dei costi
associati.
1. Costi diretti del dissesto finanziario: sono costi legali e amministrativi di liquidazione
o riorganizzazione, competenze peritali degli esperti (di economia e finanza che creino
dei piani per la ristrutturazione, consulenti legali). Tali costi si aggiornano in un intorno del
3-7% del valore di mercato dell’impresa. La perdita di valore dell’impresa legata al
fallimento, è, dunque, importante. Naturalmente, in pochi casi le imprese falliscono
effettivamente: dunque, le stime di costo andrebbero moltiplicati per la probabilità di
fallimento al fine di ottenere il costo atteso del fallimento.
2. Costi indiretti del dissesto finanziario: sono i costi in cui incorre un’impresa quando
comincia ad essere davvero in difficoltà, già in fallimento o molto vicina. Essi sono derivanti
dal fatto che il fallimento pregiudica le relazioni con clienti e fornitori. L’impresa vede
compresa la propria capacità di operare sul mercato; i casi più tipici sono dati proprio dai
rapporti con i fornitori e con i clienti: il primo caso è abbastanza semplice da comprendere,
per quanto riguarda i clienti, se i clienti temono che il prodotto/servizio smetta di essere
erogato, essi si rivolgeranno ai competitor dell’azienda. La capacità di un’impresa di stare sul
mercato, in odore di fallimento, è fortemente compromessa proprio per la mancanza di
fiducia da parte dei clienti: si rischia, dunque, di perdere tout court il cliente.
Questa seconda categoria dei costi ha un peso estremamente importante: studi su campioni
significativi di imprese, entrate poi effettivamente nella condizione di fallimento, hanno
dimostrato che essi possono aggirarsi attorno al 20% del valore di mercato dell’impresa.
3. Costi di agenzia: riguardano conflitti di interesse tra azionisti e obbligazionisti, in quanto
gli azionisti sono indotti a perseguire strategie egoistiche.
Un esempio di comportamenti egoistici riguarda la situazione in cui l’azionista abbia già
capito la situazione fallimentare, egli potrebbe essere incentivato ad assumere rischi
elevati perché “ormai non ha nulla da perdere”, al fine di massimizzare il proprio
vantaggio, utilizzando il dorato degli obbligazionisti e minimizzando il vantaggio
dell’azienda e dei finanziatori terzi. La probabilità di successo di tali progetti è molto bassa e
tale per cui, in caso di fallimento del progetto, si depaupererebbe ancor di più il valore
dell’azienda; in caso di successo del progetto, si massimizzerebbe il valore personale.
Un’altra tipologia di comportamento egoistico consta nel fatto che gli azionisti potrebbero
desistere dall’intraprendere un progetto vantaggioso perché essi non otterrebbero alcun
vantaggio differenziale (gran parte del guadagno differenziale di un progetto con VAN
positivo andrebbe a vantaggio degli obbligazionisti e dei prestatori di capitale, mentre il costo
sarebbe supportato interamente dall’equity). Così anche se il valore dell’azienda aumentasse
per l’investimento, essi potrebbero rifiutare di realizzarlo.
Infine, nell’evenienza di un dissesto finanziario, gli azionisti possono “mungere la proprietà”,
prosciugando le attività aziendali, distribuendo dividendi straordinari per paura di non
ottenere remunerazioni future. In questo caso prosciugano il valore delle attività aziendali,
34
diminuiscono il valore dell’equity con flussi in uscita. Ovviamente, in questo caso, si è ai
limiti della condotta perseguibile legalmente.
I conflitti di interesse in caso di dissesto finanziario sono amplificati e comportano dei costi di
agenzia per l’impresa. Generale, possiamo dire che le strategie egoistiche descritte sopra
vengono pagati dagli azionisti. Gli obbligazionisti razionali, infatti, sanno che non possono
attendersi il supporto degli azionisti in prossimità di dissesto e, di conseguenza, si proteggeranno
aumentando il tasso di interesse richiesto. Dal momento che gli azionisti devono pagare tale
tasso aumentato, su di loro ricadono i costi delle strategie egoistiche: allora, le imprese che
adottano politiche di investimento distorsive, otterranno i prestiti con maggior difficoltà e a un
costo più elevato, ottenendo bassi rapporti di indebitamento.
Uno dei motivi per cui i costi del fallimento sono molto ingenti è dato dall'elevato numero di
creditori in competizione reciproca. Questo problema può essere mitigato attraverso un
appropriato accordo fra obbligazionisti e azionisti: se gli obbligazionisti, ad esempio,
acquistassero anche azioni, detentori di equity e detentori di debito non si misurerebbero su
fronti contrapposti perché non costituirebbero più entità separate.
35
4 – rimborso
INTEGRAZIONI TRAeEFFETTI
degli oneri finanziari FISCALI
del capitale finanziato. La E
teoria non è, quindi, in grado di
predireDEL
COSTI il comportamento
DISSESTO delleFINANZIARIO
aziende nel mondo reale: occorre, infatti, considerare che il
fallimento e i rispettivi costi riducano il valore dell’impresa indebitata.
q Ammontare ottimale di debito e valore dell’impresa. Oltre un certo livello di debito, si va
oltre Modigliani Miller, in quanto si
iniziano a manifestare i costi del
dissesto, ulteriori al beneficio fiscale
sugli oneri finanziari. La curva che
mostra l’EV unlevered al netto dei
costi di dissesto mostra il valore
ottimale del debito (il punto di
massimo di tale curva) che è il livello di
indebitamento a cui l’azienda
dovrebbe tendere: è un punto
teorico non calcolabile in quanto i
costi del dissesto non possono essere
determinati in maniera precisa. In
corrispondenza di tale livello di
indebitamento, si massimizza il valore
dell'impresa. 15
Tale punto è importante perché oltre quel punto (1) non si massimizza più il valore dell’azienda
e (2) l’incremento marginale del valore dei costi del dissesto è maggiore dell’incremento
marginale del beneficio fiscale.
Ovviamente, il momento in cui iniziano a manifestarsi i costi di dissesto variano da settore a
settore, da azienda ad azienda, da paese a paese e in relazione alle dimensioni aziendali: ogni
caso aziendale è a sé stante, la curva non è mai la stessa e nemmeno il punto di massimo lo è.
Notiamo che anche il WACC è diverso dal caso di MM II, esso ora è calante fino al valore
ottimale del debito, punto oltre il quale il WACC inizia a crescere: ciò accade perché per ogni
euro aggiuntivo di debito oltre il valore ottimale porta il mercato a richiedere un rendimento sul
debito maggiore (interessi e cedole maggiori), proprio perché l’impresa diventa più rischiosa.
È questa la teoria del trade-off e mostra il trade-off tra i costi del dissesto e il beneficio fiscale.
Essa, dunque, mette in luce vantaggi e svantaggi del debito nella struttura finanziaria.
Tale teoria permette di andare oltre le proposizioni di Modigliani e Miller: attraverso
l’identificazione del dissesto e fallimento, riesce a tenere conto del limite massimo del debito che
le aziende possono sostenere. Da tale teoria, consegue che esiste un ammontare ottimale di
debito per ogni singola impresa.
36
LEZIONE 20
19/11/2020
CAPITOLO 16
Se pensiamo ai casi più eclatanti di fallimento (che ricordiamo essere la conclusione di una
situazione prima di insolvenza, poi di dissesto) si può verificare che i costi del dissesto sono molto
significativi. Come fa il mercato a tradurre l’idea dei costi del dissesto in concreto? Di solito, si
verificano ex post in quanto il ragionamento ex-ante è più complesso. Tuttavia, il mercato al
crescere del debito pone clausole più stringenti nei contratti di finanziamento e,
progressivamente, nei nuovi slot di debito che concede, pone condizioni finanziarie più onerose
4- UN
(alzaESEMPIO: COSTOdiDEL
il costo del capitale FALLIMENTO
debito. Il WACC, dunque,(1) a parità di condizioni cresce e il valore
dell’impresa non può che diminuire).
[ESEMPIO BOEING]
Notiamo che il tax rate diminuisca a
partire da debt ratio superiore al 40%:
ciò significa che oltre il 40% l’azienda
non ha più capienza per ripagare gli
oneri finanziari tramite l’EBIT. Oltre
4 - segue: COSTO DEL FALLIMENTO (2) questo livello, il beneficio fiscale cresce
pienamente fino al livello del 40% per
poi diminuire.
37
Notiamo che il valore levered
dell’impresa si massimizza
tendenzialmente attorno al 30%. In
corrispondenza, dunque, del valore
ottimare di leva finanziaria, il valore
dell’impresa è massimo.
Il valore della torta è, dunque, pari a alla somma di valore delle azioni, valore del debito, valore
dell’imposizione fiscale, e valore che alcuni soggetti ricevono quando l’impresa 22 è in fase di
fallimento. Tuttavia, il valore dell’azienda è dato solo dalle fette di torta che spettano ad azionisti
e obbligazionisti.
Esiste una differenza sostanziale fra i diritti degli azionisti e degli obbligazionisti (che sono
negoziabili) e quelli dello Stato e delle potenziali controparti in un'azione legale (che sono non
negoziabili). I diritti negoziabili possono essere comprati e venduti nei mercati finanziari,
mentre ciò non è possibile per i diritti non negoziabili. Quando è emesso equity, gli azionisti
pagano un corrispettivo in denaro all'impresa per ricevere in seguito dei dividendi; gli
obbligazionisti offrono un corrispettivo all'impresa per il privilegio di ricevere gli interessi. Lo
Stato, invece, non paga alcunché all'impresa per il privilegio di ricevere periodicamente le
imposte e, analogamente, gli avvocati non pagano nulla all'impresa per il privilegio di ricevere le
parcelle alla fine del proprio servizio. Dunque, quando si parla di valore dell'impresa, ci si
riferisce solo al valore dei diritti negoziabili e non al valore dei diritti non negoziabili. Il
valore dei diritti negoziabili può variare al variare della struttura finanziaria: i manager
finanziari razionali sceglieranno una struttura finanziaria che massimizzi il valore dei diritti
negoziabili e minimizzi il valore di diritti non negoziabili.
38
Gli effetti di segnalazione
Finora abbiamo detto come le decisioni circa il livello di indebitamento implichino un trade-off
tra i benefici fiscali e i costi del dissesto finanziario. Il beneficio fiscale del debito supera i costi del
dissesto quando i livelli di indebitamento sono bassi e viceversa. La struttura finanziaria
dell'impresa è ottimizzata laddove il beneficio marginale del debito uguaglia il costo marginale.
Qual è la relazione fra la redditività di un'impresa e il suo livello di indebitamento? Le imprese
razionali innalzano i propri livello di indebitamento, e i conseguenti pagamenti di interessi
sul debito, quando i profitti attesi crescono. Se un’azienda prevede di generare un basso
reddito imponibile, si affiderà probabilmente a un basso livello di indebitamento. Una piccola
deduzione degli interessi passivi è sufficiente a compensare tutti i profitti mentre un
indebitamento eccessivo innalzerebbe soltanto i costi attesi del dissesto finanziario.
Un’azienda più redditizia, invece, tenderà verso livelli di indebitamento più elevati. Essa
potrebbe impiegare i benefici fiscali del debito per abbattere il suo abbondante reddito
imponibile. Essendo finanziariamente solida, questa azienda potrebbe reperire ulteriore capitale
di debito aumentando di poco il suo rischio di fallimento.
Gli investitori reagiscono ad un aumento del debito, aumentando il prezzo delle azioni, in
quanto percepiscono un maggiore valore dell’azienda. Il debito, dunque, funge da segnale del
valore dell’impresa. A volte, però, le aziende aumentano il debito per «trarre in inganno» il
pubblico, facendo credere in un maggior valore dell’azienda e provocare un aumento del prezzo
delle azioni. Prima o poi, però, il mercato prenderà che il valore dell'impresa non è così alto e, a
quel punto, il prezzo delle azioni scenderà al di sotto della soglia che avrebbe raggiunto in
assenza di emissione di ulteriore debito. Tuttavia, mentre tutte le società incrementeranno il loro
livello di indebitamento anche per imbrogliare un po’ il pubblico, i costi associati all’emissione di
debito aggiuntivo impediscono alle società meno redditizie di assumere la stessa leva finanziaria
di quelle più redditizie. Ecco perché gli investitori possono sempre interpretare ragionevolmente
il livello di indebitamento come un segnale del valore dell'impresa.
Si consideri il caso specifico delle offerte di scambio (ossia quando un’impresa offre al
mercato di scambiare equity per debito o debito per equity): mediamente, i rendimenti azionari
aumentano nel momento dell’annuncio per le imprese le cui offerte di scambio innalzano la leva
finanziaria (in cui si aumenta il livello di indebitamento, convertendo equity in debito). Ciò
accade perché il mercato si attende che un mutato rapporto di indebitamento, mutato al
crescere, consenta all’azienda di godere di un maggiore beneficio fiscale. Viceversa, i rendimenti
azionari diminuiscono per le imprese le cui offerte di scambio abbassano la leva finanziaria (si
cede debito per equity, si convertono obbligazioni in azioni): la curva è progressivamente
decrescente già da molto tempo prima, fino ad arrivare al giorno dell’annuncio in cui l’effetto è
ulteriormente negativo. Ciò accade perché un’offerta di scambio debito per equity è disposta
dall’impresa al mercato quando essa è da un po’ di tempo in condizioni di difficoltà finanziarie
(sa di non poter rimborsare tutti i prestiti in scadenza o di pagare tutti gli oneri connessi al
debito): in questo modo l’impresa chiede di mutare il proprio profilo di rischio. Se l’offerta non
viene accettata, si entra in una situazione di dissesto.
La teoria del trade-off non è l’unica teoria che la finanza aziendale e la finanza
comportamentale portano sul campo.
39
Per la teoria dell’ordine di scelta un'impresa che necessiti di capitale può scegliere se
emettere debito oppure equity. Nella scelta è opportuno considerare il timing: nella teoria i
manager preferiscono emettere equity dopo che il prezzo delle azioni è salito (ossia soltanto
quando le azioni sono sopravvalutate) mentre emettono debito quando le azioni sono
sottovalutate.
Tuttavia, nella realtà, la decisione di emissione quando le azioni sono sopravvalutate diventa più
spinosa: se emettesse equity, gli azionisti capirebbero che le azioni sono sopravvalutate e non le
acquisterebbero finché il prezzo non scende al livello in cui qualsiasi vantaggio dell’emissione
dell’equity sparisce. Inoltre, solo le imprese con elevatissimi range di sopravvalutazione hanno un
reale incentivo ad emettere equity: le imprese moderatamente sopravvalutate, infatti, sarebbero
considerate fortemente sopravvalutate dagli investitori che provocherebbero una caduta dei
prezzi azionari bene al di sotto del loro valore equo.
Dunque, tutte le imprese dovrebbero preferire all'emissione di debito, tenendo in mente anche le
imposte, i costi del dissesto e i costi di agenzia.
La pecking-order theory si basa principalmente su due regole pratiche per orientare le imprese
che hanno fabbisogni per finanziare investimenti:
1. Usare finanziamento interno
Al debito societario è sempre associata una qualche possibilità di insolvenza, perciò i
manager tendono ad emettere debito solo quando stimano che esso sia sopravvalutato. Ne
consegue che gli investitori si ritroveranno a valutare il prezzo di emissione della debito con
lo stesso scetticismo con cui valutano il prezzo dell'emissione dell’equity. Si dovrà, dunque,
preferire il finanziamento interno, attraverso il reinvestimento degli utili, in modo da non
preoccuparsi dello scetticismo degli investitori.
2. Emettere prima titoli meno rischiosi
Debito societario presenta un rischio relativamente inferiore al confronto con l'equity: se,
infatti, non si verifica un dissesto finanziario, gli investitori ricevono un rendimento fisso. In
caso di necessità di un finanziamento esterno, il debito deve essere emesso prima dell'equity.
Soltanto quando è saturata la capacità di indebitamento, l'impresa può procedere
all'emissione di azioni.
La teoria del trade-off si pone un’impostazione strategica per l’individuazione di una struttura
del capitale ottimale (rispetto al quale è bene che l’impresa si posizionasse su un livello
leggermente inferiore rispetto a quello ottimale); la pecking order theory, invece, si orienta verso
il tema del finanziamento degli investimenti.
La teoria dell’ordine di scelta ha, invece, alcune implicazioni importanti:
a) non esiste un ammontare target di leva finanziaria (contrariamente a quanto
afferma la trade-off theory), ma la leva dipende dallo specifico fabbisogno finanziario da
coprire. Così, l’ammontare di leva finanziaria dipende dalla quantità di progetti disponibili e
dalla fortuna che essi incontrano.
b) le imprese redditizie usano meno debito e, dunque, hanno meno bisogno di
finanziamenti esterni (risultato opposto alla teoria del trade-off che collega la maggiore
redditività, alla maggiore capacità di indebitamento e il maggiore beneficio fiscale).
40
c) le imprese preferiscono una capacità finanziaria (liquidi) in eccesso invece che
emettere azioni (segnale di sopravvalutazione equity) o debito (che ha un limite). Poiché le
imprese sanno che dovranno finanziare progetti redditizi nel futuro, accumulano liquidità nel
presente, così da non dovere rivolgersi ai mercati dei capitali quando emerge una buona
opportunità di investimento.
La teoria del market timing prevede un effetto permanente sulla struttura finanziaria che
non ha nulla a che vedere con i costi di fallimento o con le gerarchie. I manager approfittano
semplicemente delle condizioni di mercato quando decidono di raccogliere nuovo capitale.
Secondo la teoria del Market Timing, è invece il differenziale differenziale tra valore di mercato
e valore contabile che determina la struttura del capitale delle imprese:
• se un’impresa ha bisogno di fondi in un periodo in cui il suo rapporto tra valore di mercato e
valore contabile è elevato (azione è sopravvalutata), tende maggiormente a raccogliere equity;
• nei periodi in cui il rapporto tra valore di mercato e valore contabile è basso (azione è
sottovalutata), il mezzo di finanziamento elettivo è quasi sempre il debito.
Le tre teorie presentate (trade-off, pecking order, market timing) per la determinazione della
struttura finanziaria ottimale che le imprese dovrebbero adottare risultano alquanto vaghe.
Analisi empiriche hanno mostrato che nel determinare la struttura del passivo:
1. la maggior parte delle società ha bassi rapporti di indebitamento
Quanto debito è utilizzato nel mondo reale? Il rapporto di indebitamento medio non
raggiunge mai il 100%.
2. molte società non fanno ricorso al debito, hanno leva bassa o addirittura nulla
Queste imprese pagano dividendi più elevati, sono più profittevoli, pagano più tasse,
emettono meno equity e hanno maggiori disponibilità liquide e riserve. Sono solitamente
imprese meno diversificate e con maggior controllo proprietario di tipo familiare. Ciò è,
ovviamente, in contrasto con la trade-off theory
3. le differenze nelle strutture finanziarie riflettono i differenti settori in cui
operano le imprese
I rapporti debito-attività tendono a essere bassi nei settori ad alta crescita con ampie
opportunità future di investimento (come i settori farmaceutico e tecnologico). I settori con
grandi investimenti in attività tangibili (come quello immobiliare) tendono invece ad avere
alti rapporti di indebitamento. Tali settori hanno maggiore facilità di ottenimento del debito
proprio perché i prestatori di capitale hanno maggiori garanzie in caso di insolvenza.
4. una parte non indifferente delle società fa riferimento a rapporti di
indebitamento target
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LEZIONI 21-22
25-26/11/2020 RICLASSIFICAZIONE SP
CAPITOLO 17
SCHEMA GENERALE FLUSSI
Valutazione e capital budget dell’azienda indebitata
3. Valutazione 11
• Fase 3 – valutazione
Il valore attuale del cash flow levered è:
FCL / RE = €91.045/0.224 = € 406.451
Il VAN sarà:
Valore attuale cash flow levered + Debito anno 0 –
Investimento anno 0
12
E D
Un altro metodo di valutazione utilizza il WACC = * RE + * RD * (1 − tc ).
E+D E+D
Tale metodo prende le mosse dall’intuizione che i progetti delle imprese indebitate siano
finanziati sia tramite debito sia tramite equity.
E D
Il peso dell’equity, , e il peso del debito, sono rapporti target che si esprimono
E+D E+D
generalmente in valori di mercato, e non i valori contabili.
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+∞
t
FCU
Il VAN del progetto può essere espresso come: ∑ − investimento iniziale
t=1
(1 + WACC )t
FCU
Se il progetto è una rendita perpetua, allora il VAN sarà pari a − investimento iniziale.
WACC
È bene sottolineare che WACC è inferiore a RE per un’impresa priva di debito e che ciò è
sempre vero: il finanziamento 3tramite debito
– IL METODO DELfornisce un beneficio fiscale che abbassa il costo
COSTO MEDIO
PONDERATO DEL CAPITALE, WACC
medio del capitale.
Es.: nel caso di Omega SpA
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FLUSSO
CASSA R VA (FC/R) VA fin D E INV EV calcolo EV VAN
135.482 406.451
VAM 100.800 20% (Ro) 504.000 37.935 - EV - D 520.000 541.935 (Vu + VAfin) 21.935
FTE 91.045 22,4% (Re) 406.451 - 135.482 FTE/Re 520.000 541.935 (E + D) 21.933
1. APV: valuta per primo il progetto in assenza di debito (FCU) e attualizza al costo del capitale
unlevered. Poi somma il valore del beneficio fiscale netto del debito (debt all’anno 0).
2. FTE: attualizza i flussi di cassa (al netto delle imposte) che spettano agli azionisti (FCL o
FCFE o FTE) utilizzando il costo del capitale per gli azionisti di un’impresa indebitata (RE).
15
In questo caso RE deve essere superiore al costo del capitale per gli azionisti di un’impresa
non indebitata perché, ovviamente, la leva finanziaria aumenta il rischio sostenuto dagli
azionisti.
3. WACC è il metodo più semplice e più veloce: calcola il flusso di cassa del progetto (FCU o
FCFO) al netto delle imposte ipotizzando un finanziamento senza ricorso al debito. Tale
flusso è poi attualizzato utilizzando il WACC. In tale metodo il beneficio fiscale si riflette al
denominatore, inc tanto il costo del capitale di debito è determinato al netto delle imposte
societarie mentre, invece, il numeratore non riflette in alcun modo il debito.
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dei casi particolari, le decisioni di capital budgeting sono tipicamente riconducibili al
WACC e all’FTE e, quindi, sono da preferire. Ancor più nel dettaglio, nel capital budgeting,
il WACC è attualmente l’approccio più diffuso nel mondo reale.
Se, invece, il rapporto debito-valore varia di anno in anno, allo stesso modo sia WACC che
RE varieranno: poiché il denominatore cambia di anno in anno, i calcoli saranno alquanto
complessi, maggiori saranno le probabilità di errore.
• Utilizzare il VAM se il livello di debito del progetto è noto per tutta la sua vita anche se varia
di anno in anno (in questo caso WACC e RE varierebbero, R0 no). Viceversa, se il livello di
debito è incerto, l’approccio dell’APV diventa più problematico.
Esistono numerose situazioni in cui si deve preferire il metodo dell’APV, tra cui le operazioni
di finanza straordinaria che implicano un livello di debito variabile nel tempo. Per esempio,
in un LBO (Leveraged BuyOut, operazione di finanza straordinaria con cui si finanza
l’acquisizione di un’impresa attraverso debito) l’impresa comincia con un notevole
ammontare di debito, ma rapidamente lo rimborsa. Siccome il piano di rimborso del debito
nel futuro è conosciuto al momento dell’organizzazione del’LBO, i benefici fiscali in ogni
anno futuro possono essere agevolmente stimati. Un’operazione di LBO è attuabile
solamente solo se si è certi di avere una solida e ottima generazione di flussi di cassa.
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[ESEMPIO BETA CON COMPARABLE]
7 – IL BETA E LA LEVA FINANZIARIA
q Esempio 2
L’impresa TxU sta progettando l’investimento di €1.000.000 nello sviluppo di
un adesivo per aerei. L’azienda stima di ottenere cash flow unlevered al
netto delle imposte (CFU) di €300 000 all’anno in perpetuo dalla
realizzazione del progetto. Finanzierà il progetto con un rapporto debito-
valore di 0,5 (ossia con un rapporto debito-equity di 1:1).
I tre concorrenti che operano nel settore degli adesivi per aerei sono
attualmente unlevered, con dei beta di 1,2, 1,3 e 1,4.
Ipotizzando un tasso privo di rischio del 5%, un premio di rischio di mercato
del 9%, ed un’aliquota fiscale dell’azienda del 12.5%, qual è il valore
attuale netto del progetto?
• Fase 1: calcolare il beta medio unlevered del settore
• Fase 3: calcolare il costo dell’equity levered per il nuovo progetto • Fase 5: determinare il valore del progetto
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Nel caso del settore del lusso, ipotizzando di avere un’azienda di moda non quotata che,
dunque, non ha alcun riferimento interno di valore del capitale. Per calcolare il costo del
capitale, l’azienda non quotata dovrà parte dalla costruzione di un campione di comparable
quotate. Per ognuna di tali comparable trovate, bisogna iniziare a guardare il valore del totale
del Debito, la Market Cap (ossia il valore dell’equity a valori di mercato) e l’aliquota fiscale
vigente nel paese dove tale comparable è quotata. In seguito, per queste stesse imprese, vengono
ricercati i beta equity (che si può notare siano tutti relativamente vicini) e poi, attraverso la
formula di Hamada, viene calcolato il beta unlevered.
Nel caso dei player del lusso, si nota come i grandi player abbiano stock di debito bassissimi o,
addirittura, pari a zero, così come postulato dalla pecking-order-theory.
Il calcolo del beta equity adjusted tiene in considerazione il beta equity specifico dell’impresa
ponderato per 2/3, mentre, per il terzo restante, si considera il beta di mercato (che è sempre pari a
1 e, quindi, viene considerato 0,33). Il beta viene “aggiustato” perché, nel lungo termine, le aziende
crescono e la volatilità tende a diminuire, avvicinandosi, seppur molto lentamente, alla volatilità
del mercato.
46
LEZIONE 24
03/12/2020
CAPITOLO 18
Una delle possibili destinazioni dei flussi di cassa è la distribuzione dei dividendi. La scelta di
distribuzione dei dividendi agli azionisti dovrebbe una scelta “residuale”, in quanto prima di tale
distribuzione devono essere soddisfatti tutti gli altri stakeholder.
Pur parlando sempre di politica di distribuzione dei dividendi, in realtà, la dividend policy si
accompagna ad un’altra scelta aziendale, assolutamente rilevante e di rilevanza crescente, del
riacquisto delle azioni proprie. Ovviamente, dobbiamo sempre ricordare che entrambe le azioni
connesse alla dividend policy, sono conseguenza di una scelta importantissima per l’azienda, cioè
il non reinvestimento di flussi di cassa disponibili per la crescita aziendale, pertanto di fronte a
politiche di distribuzione dei dividendi molto spinte, si può ipotizzare che l’impresa non abbia un
programma di crescita di lungo-periodo.
Con il termine dividendo si è soliti indicare una distribuzione di utili ma ogni pagamento diretto
della società ai propri azionisti può essere considerato parte integrante della politica dei
dividendi. Un’azienda può distribuire dividendi in diverse forme:
1. Dividendi ordinari in contanti: ad un certo periodo dell’anno, dopo l’approvazione
dell’Assemblea, viene distribuita la liquidità aziendale e si riducono gli utili trattenuti che
compaiono nel prospetto della posizione finanziaria. Vengono distribuiti a cadenze regolari 1
o 2 volte l’anno. Ovviamente, l’azienda non ha alcun obbligo a distribuire dividendi.
2. Dividendi straordinari: la natura stessa di questi dividendi dice che vengono distribuiti a
cadenze irregolari. Essi sono conseguenza di eventi particolari come particolari esigenze
degli azionisti, risorse aziendali eccessive sottoforma di riserve derivanti da un mancato
investimento
3. Dividendi in azioni: non si tratta di un vero e proprio dividendo, inc tanto non toglie
liquidità all’impresa, ma semplicemente aumenta il numero di azioni esistenti, riducendone il
valore unitario.
4. Frazionamento in azioni: il numero delle azioni in circolazioni aumenta. Poiché ogni
azione, in seguito al frazionamento, dà diritto a una minore percentuale dei flussi di cassa
generati dall’impresa, il suo presso deve diminuire.
La decisione di pagare o meno un dividendo spetta al CdA. Il procedimento che porta alla
distribuzione dei dividendi segue una strada ben precisa:
1. Il primo momento è la data di annuncio in cui la scelta, dopo essere stata presa e
confermata dal Consiglio di Amministrazione, viene annunciata dal Consiglio stesso
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2. La data ex-dividend, di fatto, è una data che stabilisce che da quel momento
automaticamente l’azionista ha il diritto a ricevere il dividendo. La procedura della data di
registrazione non sarebbe corretta se si creassero delle disparità nel trattamento di
transazioni diverse, poste in essere nella stessa data. Questa data venne istituita, prima
dell’avvento di internet e delle tecnologie digitali, per assicurare che le operazioni di
registrazione venissero tutte completate. Assume importanza cruciale perché un individuo
che ha acquistato il titolo prima di quel giorno è certo di ricevere il dividendo corrente
mentre chi l’ha acquistato quel giorno stesso o in data successiva, sarà certo di non riceverlo.
In un mondo privo di imposte e costi di transazione, il prezzo azionario diminuisce nella
data di ex-dividendo di un importo pari a quello del dividendo.
3. La data di registrazione è la data in cui ogni singolo azionista viene registrato come
possessore di un determinato titolo azionario
4. Infine, la data di pagamento in cui i dividendi sono accreditati agli azionisti registrati.
La politica dei dividendi è irrilevante: l’azionista, se non è soddisfatto della dividend policy
dell’azienda, può decidere di prendere contromisure effettive per modificare la dividend policy
aziendale. Un qualsiasi azionista che preferisse non ricevere alcun dividendo, nel momento in
cui l’azienda distribuisce dividendi, l’azionista può utilizzare tali dividendi per riacquistare azioni
dell’azienda in modo da non perdere valore del suo investimento. Vale anche l’osservazione
opposta: l’azionista che preferisse ricevere dividendi da un’azienda non distributrice, potrebbe
vendere parte del titolo azionario e considerarlo come dividendo.
Un incremento dei dividendi effettuato tramite l’emissione di nuove azioni non favorisce né
danneggia gli azionisti; analogamente, una riduzione dei dividendi ottenuta tramite il riacquisto
di azioni proprie non modifica il valore degli azionisti. Ovviamente, le imprese non
dovrebbero ami rinunciare ad un progetto con VAN positivo per incrementare o
distribuire i dividendi: essa sarebbe una scelta irrazionale in quanto, rinunciando ad un
progetto con VAN positivo, si rinuncia ad un rendimento superiore al rendimento medio.
Il tema del riacquisto di azioni proprie, in cui il tema fiscale assume importanza rilevante,
ad oggi ha visto destinazione di risorse aziendali maggiori rispetto alle risorse destinate per la
distribuzione dei dividendi. Il riacquisto può avvenire in tre differenti modalità:
1. L’impresa acquista le azioni alla stessa maniera in cui lo farebbe qualunque individuo che
volesse investire in un titolo (open market purchase). In questo caso, l’impresa non è
tenuta a dichiararsi in quanto compratrice: il venditore non sa se i titoli sono rivenduti
all’azione da che li aveva originariamente emessi o ad un altro investitore.
2. L’impresa organizza un’offerta pubblica di acquisto e annuncia ai suoi azionisti che vuole
comprare un certo numero di azioni a un determinato prezzo (tender offer).
3. L’impresa riacquista le azioni negoziando direttamente con i singoli azionisti, con riacquisto
mirato (targeted repurchase). Le società effettuano operazioni mirate per varie ragioni.
Frequentemente, si acquistano titoli detenuti da grossi azionisti allo scopo di evitare un
tentativo di takeover ostile.
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Gli orientamenti che guidano la scelta tra distribuzione di dividendi e riacquisto di azioni sono
sintetizzabili in:
1. Flessibilità: imprese con flussi di cassa stabilmente elevati preferiscono distribuire
dividendi questo perché gli azionisti che ottengono dividendi, iniziano a nutrire aspettative
sulla distribuzione di dividendi anche in periodi successivi. Imprese con elevati flussi
temporanei, invece, preferiscono il riacquisto delle azioni perché assumono natura meno
vincolante.
2. Remunerazione dei manager: la distribuzione dei dividendi deve tenere in
considerazione l’eventuale esistenza di altre forme di remunerazione. Nel caso delle stock
options, i manager non vedono di buon occhio la distribuzione dei dividendi perché vedono
l’azienda impoverita.
3. Compensazione della diluizione, mediante riacquisto di azioni proprie per compensare
la diluizione dell’equity dovuta ad un eventuale aumento del numero di azioni in
circolazione (come avviene nel caso delle stock options)
4. Sottovalutazione: se un’impresa si ritiene sottovalutata riacquista azioni proprie in quanto
il riacquisto può rappresentare il migliore investimento possibile.
5. Imposte: certamente il buyback presenta maggiori vantaggi fiscali rispetto alla distribuzione
di dividendi che, invece, non presenta alcun vantaggio giacche porta a doppia tassazione
(prima con imposta societaria e poi la tassazione sulle persone fisiche).
L’azienda che non abbia liquidità sufficiente per distribuire dividendi ma che li distribuisse
egualmente, emettendo debito, fa aumentare la preoccupazione del mercato.
In presenza di liquidità sufficiente a distribuire dividendi, invece, l’azienda ha a disposizione
anche altre alternative:
1. Selezionare ulteriori progetti di capital budgeting: dato che tutte le opportunità di
avviare progetti con VAN positivo sono state sfruttate, la liquidità eccedente deve essere
investita in progetti con VAN negativo. Si tratta, evidentemente, di una politica che
contraddice ogni principio di finanza aziendale, ma studi mostrano che ciò si realizza in
realtà. La ratio sottostante a questo comportamento si ravvisa nel fatto che spesso i manager,
per far del bene a se stesso, non distribuisce gli utili generati dalle attività aziendali,
danneggiando in questo modo gli azionisti.
2. Acquistare altre società: si acquisiscono attività profittevoli, ma si può incorrere altresì in
costi ingenti. Inoltre, le acquisizioni saranno invariabilmente effettuate ad un prezzo
superiore a quello di mercato, e non sono rari i casi in cui la società acquirente si trova a
dover pagare un premio che può variare fra il 20 e l’80%. È, dunque, alquanto improbabile
che un’acquisizione intrapresa con l’unico fine di evitare una distribuzione di dividendi abbia
successo
3. Acquistare attività finanziarie
4. Riacquistare azioni proprie
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Nel contesto della politica dei dividendi, ci si trova di fronte ad una situazione di incertezza
conoscitiva di cui si ha la certezza solo relativamente a:
• Il valore intrinseco di un’impresa si riduce quando, per distribuire un dividendo, vengono
rifiutati progetti con VAN positivi
• In presenza di imposte sul reddito delle persone fisiche, le imprese non dovrebbero emettere
azioni per pagare un dividendo
• I riacquisti di azioni proprie rappresentano una valida alternativa ai dividendi.
Tuttavia, non esiste alcuna formula idonea a calcolare il rapporto dividendi-utili ottimale né
alcuna formula per determinare il mix ottimale tra riacquisti di azioni proprie e dividendi. Per
ragioni fiscali, tuttavia, le aziende dovrebbero sempre preferire il buyout rispetto al payout. La
distribuzione dei dividendi, invece, presenta alcuni dei seguenti vantaggi:
1. Fidelizza gli azionisti e attira azionisti che hanno bisogno di rendite anche elevate e costanti
ma che non vogliono sostenere i costi di transazione derivanti dalla vendita periodica di
quote dei propri titoli azionari.
2. I manager, agendo nell’interesse degli azionisti, possono pagare dividendi per sottrarre
liquidità agli obbligazionisti.
3. Il CdA, agendo nell’interesse degli azionisti, può usare i dividendi per ridurre la liquidità a
disposizione dei manager che tendono a sprecare risorse aziendali.
4. I manager possono incrementare i dividendi per segnalare il loro ottimismo circa i flussi di
cassa futuri dell’impresa.
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VALUTAZIONE SEMPLIFICATA SIMULAZIONE
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• Se cambia l'aliquota d'imposta ho effetti a CE (cambia il reddito netto cioè imponibile -
imposte); inoltre c'è un effetto positivo dello scudo fiscale (beneficio fiscale); se l'aliquota
aumenta l'effetto sul VAN è negativo (diminuisce l'imponibile; aumenta il beneficio fiscale -->
a meno che l'impresa abbia un indebitamentO elevatissimo prevale l'effetto negativo della
riduzione del RN)
• Se aumento la leva, a parità di altre condizioni, si modifica positivamente il valore perché
l'impresa beneficia dello scudo fiscale. Al crescere del debito però devo vedere se c'è una
diversa condizione finanziaria dell'impresa sul mercato cioè se non si crea un maggiore allarme
dell'impresa sul mercato e quindi un possibile aumento del costo dell'indebitamento. Se il
mercato non ha nulla da dire, continua a finanziare debito alle stesse condizioni, aumenta il
van e tale modifica di leva è conveniente; tuttavia un aumento di leva nella maggior parte dei
casi porta a un allarme del mercato; il mercato chiederà un premio al rischio maggiore --> van
aumenta ma aumenta il costo del capitale di debito, il WACC si abbassa; aumenta anche il
costo del capitale equity e anche il WACC perché del relevering per calcolare il beta di settore,
aumenta il rapporto d/e. Tuttavia l'effetto sul WACC si bilancia.
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