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Introduzione alla macroeconomia

- La macroeconomia studia il sistema economico nel suo insieme, concentrando la propria


attenzione sulla trasmissione degli effetti economici da un mercato all'altro, mentre la
microeconomia si sofferma sui meccanismi che spiegano il funzionamento del singolo mercato.
- L'analisi macroeconomica fa uso di modelli in cui si considera un numero limitato di soggetti
aggregati (famiglie, imprese, settore pubblico, settore estero), un numero limitato di beni (di
consumo, di investimento, consumi pubblico, beni acquistati dall'estero e venduti all'estero), di
prezzi e di mercati.
- I macroeconomisti hanno spesso prodotto modelli differenti in contrapposizione tra loro. Ciò è
dovuto al fatto che l'oggetto di studio dell'economia possiede una dimensione storica. Ne segue
che le personali valutazioni non sono, necessariamente, delle distorsioni dei fatti che occorrerebbe
eliminare,,ma una parte costitutiva della ricerca stessa.
- Possiamo pensare al Prodotto Interno Lordo (PIL come alla misura della produzione
aggregata, in tre modi equivalenti: a) il PIL è il valore*dei beni e dei servizi finali prodotti in
un'economia in un dato periodo; b) il PIL è la somma del valore aggiunto in un sistema economico
in un dato periodo di tempo; e) il PIL è la somma dei redditi distribuiti a tutti i partecipanti al
processo produttivo in un dato periodo.
- Le componenti della domanda aggregata di beni e servizi prodotti in un paese sono quattro:
(1) la spesa in consumi delle famiglie; (2) la spesa in investimenti delle imprese; (3) gli acquisti
pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni di beni e servizi; (4) le esportazioni nette, ossia la
differenza tra le esportazioni e le importazioni di beni e servizi.
- Il PIL nominale è uguale alla somma delle quantità di beni e servizi finali prodotti nel sistema
economico valutate al loro prezzo corrente. Ne segue che le variazioni del PIL nominale, detto
anche a prezzi correnti, riflettono sia cambiamenti nei prezzi sia cambiamenti nelle quantità.
- Variazioni del PIL reale, detto anche a prezzi costanti, riflettono solo cambiamenti nelle quantità
prodotte. Dai confronti appropriati tra le misure reali e nominali è possibile ricavare i deflatori
impliciti. Il deflatore implicito del PIL può essere calcolato come rapporto tra il PIL nominale e
quello reale.
- Il livello dei prezzi è misurato da un prezzo indice che esprime il costo di un insieme di beni in
un determinato anno rispetto a quello registrato in un anno base, scelto arbitrariamente come
riferimento. Due esempi importanti sono l'indice dei prezzi al consumo e l'indice dei prezzi alla
produzione.

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II modello di determinazione del reddito

- In questo capitolo ė stato illustrato il modello base di derivazione keynesiana di determinazione


del PIL reale. Per semplicità, tutti i settori produttivi šono aggregati in uno soltanto, in modo tale
che il sistema economico produce un solo bene.
- II calcolo della produzione (o reddito) nazionale ė eseguito sulla base delle principali
categorie di spesa: consumi delle famiglie, investimenti effettuati daile imprese, gli acquisti di beni
e servizi da parte della pubblica amministrazione e le esportazioni nette verso il resto del mondo.
Si assume inoltre che il livello generale dei prezzi sia costante.
- La spesa aggregata desiderata comprende il consumo desiderato, gli investimenti desiderati, la
spesa pubblica desiderata, le esportazioni nette desiderate, e costituisce il valore del reddito
nazionale che tutti gli operatori economici intendono spendere per acquistare la produzione
nazionale.
- La variazione del reddito disponibile comporta una variazione dei consumi e dei risparmi. La
reattività di tali variazioni è misurata dalla propensione marginale al consumo e dalla propensione
marginale al risparmio, i cui valori sono entrambi positivi e tali per cui la loro somma è pari all'unità.
Ne segue che il reddito disponibile è interamente speso per consumi o risparmiato.
- Nel presente capitolo si è assunto che gli investimenti decisi dalle imprese ed il consumo che
non dipende dal reddito disponibile fossero entrambe considerate spese autonome.
- In corrispondenza del reddito nazionale di equilibrio la spesa aggregata coincide con il livello
della produzione. In corrispondenza di un livello del reddito al di sopra di quello di equilibrio, la
spesa desiderata è inferiore al reddito nazionale e la produzione tenderà a ridursi. Viceversa, in
corrispondenza di livelli del reddito nazionale inferiori a quello di equilibrio, la spesa desiderata
supera il reddito nazionale e la produzione tenderà ad aumentare.
- In un'economia chiusa e priva di settore pubblico, il risparmio desiderato è uguale
all'investimento desiderato in corrispondenza del reddito nazionale di equilibrio.
- L'ampiezza degli effetti sul reddito nazionale degli spostamenti della spesa autonoma è indicata
dal moltiplicatore. Esso è pari a [1/(1 – c1)] dove c1 è la propensione marginale al consumo.
- Maggiore è il valore della propensione marginale al consumo, maggiore sarà il valore del
moltiplicatore.
- Le politiche pubbliche di spesa e d'imposizione fiscale influenzano il reddito nazionale
d'equilibrio in due modi: in primo luogo, la spesa pubblica è parte della spesa autonoma, in
secondo luogo, nel calcolo del reddito disponibile, le imposte devono essere sottratte dal valore del
reddito nazionale, mentre i pagamenti per i trasferimenti pubblici devono essere aggiunti.
- Il reddito nazionale di equilibrio è negativamente correlato all'ammontare del gettito fiscale
che è associato a ciascun livello di reddito e le dimensioni del moltiplicatore sono negativamente
correlate all'aliquota delle imposte sul reddito.

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- Il teorema del bilancio in pareggio afferma che un aumento della spesa pubblica ha effetti
espansivi sul reddito, anche quando è integralmente finanziato mediante aumenti d'imposte, senza
quindi peggiorare la situazione del bilancio pubblico. Al contrario, una riduzione di spesa e
d'imposte per lo stesso ammontare provoca una riduzione di domanda e di reddito d'entità pari alla
riduzione considerata.
- Poiché le importazioni desiderate aumentano all'aumentare del reddito nazionale, le esportazioni
nette desiderate diminuiscono all'aumentare del reddito nazionale, a parità delle altre variabili.
- Il moltiplicatore del reddito nazionale in un'economia aperta è inferiore rispetto a quello
relativo ad un'economia chiusa, poiché il denominatore è aumentato del valore m della
propensione marginale all'importazione.
- In questo caso, infatti, l'effetto espansivo sul reddito d'equilibrio è smorzato perché una parte
dell'incremento della domanda si rivolge all’estero traducendosi in un incremento delle
importazioni.

La moneta, natura e ruolo del sistema finanziario

- I moderni sistemi economici si caratterizzano per essere delle economie monetarie, vale a dire
dei sistemi in cui i beni acquistano la moneta e la moneta acquista i beni, ma non si può avere
l'acquisto diretto di beni pagandoli con beni.
- La moneta è un'attività universalmente accettata come mezzo di pagamento e possiede alcune
caratteristiche essenziali: è un mezzo di scambio, un'unità di conto ed una riserva di valore.
- Nei moderni sistemi economici la moneta non ha più un suo valore intrinseco, cioè non è più una
merce che possiede una propria utilità derivante dalle sue caratteristiche fisiche (come è invece il
caso dell'oro, dell'argento, ecc), ma è invece una moneta-segno, cioè essenzialmente carta-
moneta che viene accettata in pagamento in virtù di una disposizione di legge.
- La moneta è allo stesso tempo un'attività del settore privato non bancario (famiglie ed imprese)
ed una passività del settore bancario.
- Il circolante è una passività della Banca centrale, mentre i depositi bancari sono una passività
delle banche.
- Il Consiglio Direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha adottato le seguenti tre
definizioni di moneta: 1) M1, data dalla somma del circolante (biglietti e monete metalliche) e
dell'ammontare dei depositi a vista bancari e postali; 2) M2, data dalla somma della quantità Mie
dell'ammontare dei depositi "rimborsabili con preavviso finoatre mesi" e di quelli "con scadenza
fino a due anni"; 3) M3, data dalla somma della quantità M2, dell'ammontare dei "pronti contro
termine bancari", e delle "quote di fondi comuni monetari", dei "titoli obbligazionari con scadenza
fino a due anni" e di quelli "di mercato monetario".

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- Lo svolgimento dell'attività economica comporta la necessità di trasferire risorse finanziarie dai
soggetti o settori che spendono in misura inferiore alle proprie disponibilità finanziarie (settori in
surplus), verso quelli che spendono in misura superiore (settori in deficit). In particolare,
l'evoluzione del sistema economico ha portato ad una dissociazione sempre maggiore tra le
decisioni di risparmio e quelle d'investimento.
- Il sistema finanziario realizza, attraverso la produzione e l'offerta di servizi finanziari, tre
fondamentali processi del funzionamento di un'economia moderna: a) il regolamento degli scambi;
b) l'accumulazione del risparmio e il finanziamento degli investimenti; e) la gestione dei rischi.
- Tali funzioni soddisfano specifiche esigenze del sistema economico, rendendo così possibile lo
sviluppo dei processi produttivi e distributivi: il regolamento monetario degli scambi, il trasferimento
delle risorse finanziarie dagli operatori o settori in surplus (risparmiatori) a quelli in deficit, il
trasferimento e la gestione dei rischi.
- I mercati e gli intermediari finanziari svolgono questa funzione attraverso a) la raccolta e
l'elaborazione dell'informazione; b) l'accentuazione del grado di liquidità; e) la trasformazione del
rischio.
- Il comportamento d'ogni operatore sarà caratterizzato, oltre che da accumulazione di ricchezza
(patrimonio netto), da investimenti in attività reali e da investimenti sotto forma di crediti. D'altra
parte il finanziamento di queste due classi d'investimento non è necessariamente ristretto al
patrimonio netto, ma può essere effettuato con il ricorso ai debiti.
- Il saldo finanziario di un'unità economica sarà definito come divario tra risparmio e
investimento. In questo modo si vuole misurare il surplus o il deficit di risorse a fronte dei
fabbisogni per investimenti (rispettivamente se tale saldo è positivo o negativo).
- La qualificazione "finanziario" si riferisce al fatto che, date le grandezze in gioco, un saldo
finanziario positivo comporta necessariamente un riequilibrio attraverso nuovi investimenti in
attività finanziarie; un saldo finanziario negativo comporta, invece, un ricorso a nuove passività
finanziarie.
- Le unità economiche possono essere aggregate "in relazione all'omogeneità di comportamento
in campo economico-finanziario. Possiamo quindi distinguere: a) le imprese che hanno lo scopo di
produrre beni e servizi non finanziari destinati alla vendita; b) il sistema finanziario che raggruppa
le aziende di produzione che, a differenza delle precedenti, producono servizi finanziari; e) il
settore pubblico che produce beni e servizi non destinatali alla vendita secondo le regole di
mercato e comprende le Amministrazioni pubbliche centrali, locali e gli enti di previdenza e
assistenza sociale; d) le famiglie in cui sono comprese le unità di consumo vere e proprie e le
istituzioni senza fini di lucro; e) II resto del mondo o settore estero in cui sono considerati tutti gli
operatori non residenti limitatamente alle operazioni che essi effettuano con unità economiche
residenti.

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L’offerta di moneta ed il ruolo della banca centrale

- Lo stock di moneta è determinato dall'azione congiunta della Banca Centrale, attraverso il


controllo della base monetaria; dal pubblico, mediante il rapporto desiderato circolante-depositi, e
dalle aziende di credito, attraverso le preferenze relative al livello delle riserve detenute presso la
Banca centrale.
- La quantità di moneta è maggiore della base monetaria perché parte di essa consiste di
depositi bancari e per ogni euro sotto forma di depositi le banche detengono meno di un euro sotto
forma di riserve.
- Il moltiplicatore della moneta è dato dal rapporto tra lo stock di moneta e la base monetaria.
Esso è tanto maggiore quanto minore è il rapporto circolante-depositi e il rapporto riserve-depositi.
- La banca centrale crea base monetaria quando acquista attività sul mercato aperto (titoli di
stato, oro, valuta estera), generando passività nel proprio bilancio. Questi acquisti accrescono le
riserve bancarie detenute presso la banca centrale mediante il meccanismo del moltiplicatore e
determinano un aumento dello stock di moneta che è maggiore dell'incremento della base
monetaria.
- La funzione di offerta di moneta è una funzione crescente della base monetaria, del tasso sui
depositi, del tasso sugli impieghi, mentre è negativamente correlata al tasso di rifinanziamento
delle aziende di credito ed al coefficiente di riserva obbligatoria.
- Il Trattato di Maastricht ha previsto, per l'Unione Europea, una moneta unica e,
conseguentemente, una politica monetaria unica affidata a un'istituzione sovranazio-nale, la Banca
Centrale Europea.
- La BCE opera attraverso due categorie d'interventi: le operazioni di mercato aperto e quelle su
iniziativa delle controparti. Attraverso questo secondo tipo di interventi, la BCE fissa il tasso di
interesse che essa pratica alle istituzioni finanziarie e monetarie europee che richiedano liquidità a
breve termine per esigenze impreviste.
- La BCE è inserita in una cornice giuridica che ne stabilisce e ne tutela l'indipendenza
nell'attuazione della politica monetaria.
- Il modello di funzionamento della BCE si fonda sull'attribuzione alla banca centrale, per legge,
del fine primario della stabilità dei prezzi nonché dei poteri, da esercitare in autonomia, coerenti
con il conseguimento di quel fine.
- Per ciò che concerne l'indipendenza di una banca centrale se ne possono prendere in
considerazione quattro aspetti: istituzionale, strumentale, personale, finanziario.
- Il Trattato di Maastricht e lo Statuto istitutivo della BCE hanno previsto una serie di disposizioni
che ne fanno un'istituzione "sindacabile", come si richiede in paesi a democrazia rappresentativa.
- La BCE è tenuta a presentare una relazione annuale al Parlamento europeo, al Consiglio
Europeo e a quello dei ministri dell'Unione Europea, nonché alla Commissione sull'attività del Sebc
e sulla politica monetaria attuata e in corso.

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- Lo Statuto della BCE prevede, inoltre, obblighi di diffusione periodica d'informazioni di natura
contabile nonché d'illustrazione della politica monetaria adottata.
- La BCE e le venticinque banche centrali nazionali, te undici che hanno adottato l'euro e le altre
che ancora non lo hanno fatto, compongono il Sebc. Quest'ultimo non ha personalità giuridica; ce
l'hanno invece le banche centrali componenti, compresa la BCE.
- Il Sebc condivide, con quello americano e tedesco antecedente il Sebc, la caratteristica di avere
al vertice un unico organo decisionale; si differenzia da entrambi per il maggior grado di
decentramento sia delle funzioni analitiche di supporto alle decisioni sia di quelle operative.
- Il decentramento operativo non solo è molto accentuato ma mette anche tutte le banche centrali
in condizioni di parità, tenendo ovviamente conto delle dimensioni e delle connesse capacità
operative.
- Le operazioni per regolare la liquidità e i tassi d'interesse sul mercato monetario sono eseguite
dalle singole banche centrali nazionali. Il decentramento è ampio anche per le operazioni in cambi
e per la gestione delle riserve in valuta. Altre due rilevanti funzioni decentrate sono la stampa delle
banconote in euro e la raccolta ed elaborazione delle statistiche monetarie e finanziarie.
- Le banche centrali nazionali possono svolgere anche funzioni non connesse con quelle del
Sebc; lo Statuto stabilisce che per queste funzioni le banche centrali nazionali operano sotto la
propria responsabilità e non sono considerate parte del Sistema.
- Tra queste funzioni la più importante, svolta da molte banche centrali nazionali, è quella della
vigilanza su sistemi bancari, mercati finanziari, intermediari non bancari. È questo il caso, ad
esempio, della Banca d'Italia.

La domanda del settore privato

- L'analisi moderna delle decisioni di consumo e di risparmio delle famiglie trae origine dall'opera di
John Maynard Keynes: egli postulò l'esistenza di una funzione del consumo in cui il consumo
corrente era posto in relazione al reddito corrente. La semplice funzione del consumo keynesiana
fu in seguito soppiantata da un approccio intertemporale alle decisioni di consumo e di risparmio.
- Tale approccio sottolinea come le famiglie tentino di suddividere i propri consumi in modo
tendenzialmente equo lungo l'intero arco della propria esistenza. Le scelte di consumo e di
risparmio dipendono quindi non solo dal reddito corrente, come nel modello keynesiano, ma anche
dal reddito futuro atteso e dal tasso di interesse.
- Nella scelta di un determinato sentiero di consumo le famiglie sono vincolate unicamente dal
cosiddetto vincolo di bilancio intertemporale: esso impone che il valore attuale del consumo sia
uguale al valore attuale dei redditi prodotti.

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- Questo modello consente di individuare il punto di equilibrio del consumo attraverso la
sovrapposizione della mappa con le curve di indifferenza della famiglia e del suo vincolo di
bilancio.
- Il modello del reddito permanente proposto da Milton Friedman rappresenta una tipica
applicazione dell'approccio intertemporale. Esso è basato sulla semplice osservazione del fatto
che le famiglie preferiscono un sentiero del consumo stabile a uno caratterizzato da maggiore
variabilità. Poiché il reddito percepito da una famiglia varia in genere da un periodo a quello
successivo, le decisioni di consumo non sono basate sul livello del reddito corrente, quanto
piuttosto sul livello del reddito permanente, definito come una sorta di media del reddito corrente e
dei redditi futuri attesi.
- Nel caso di una diminuzione temporanea del livello del reddito, il reddito permanente diminuisce
in misura assai modesta, e anche la variazione del livello del consumo risulta, quindi, assai
limitata. Tutto ciò determina necessariamente una diminuzione del livello del risparmio corrente.
- Al contrario, nel caso di una diminuzione permanente del livello del reddito - ed in particolare nel
caso di una diminuzione percepita dalle famiglie come permanente -tanto il reddito permanente
quanto il consumo diminuiscono di un ammontare approssimativamente pari a quello della
diminuzione del reddito e il risparmio non varia quindi in misura apprezzabile.
- Il modello del ciclo vitale proposto da Franco Modigliani rappresenta una particolare
applicazione dell'approccio intertemporale alle decisioni di consumo e di risparmio delle famiglie.
Ciò che lo distingue maggiormente rispetto al modello del reddito permanente, è l'enfasi posta
sulla regolarità con cui il reddito di un individuo varia durante il corso della vita.
- Poiché le famiglie desiderano mantenere un livello di consumo relativamente stabile nel tempo,
esse devono necessariamente contrarre prestiti durante il periodo iniziale (quando il reddito
percepito è relativamente modesto) risparmiare durante il periodo lavorativo (per ripagare i debiti
contratti e per finanziare il consumo durante gli anni della pensione), e consumare, infine, le
risorse così accumulate durante il periodo finale.
- L'impatto di una variazione del tasso di interesse sul consumo e sul risparmio è estremamente
difficile da determinare, tanto a livello teorico, quanto a livello empirico. Un aumento del tasso di
interesse determina infatti un aumento del prezzo del consumo corrente rispetto a quello futuro (il
cosiddetto effetto di sostituzione), e ciò rappresenta un incentivo a consumare di meno e a
destinare un maggiore ammontare di risorse al risparmio. Al tempo stesso, tuttavia, se la famiglia
in esame è creditrice netta, l'aumento del tasso di interesse determina un aumento del reddito
disponibile; questo contribuisce a deprimere il risparmio e ad accrescere il consumo (si tratta del
cosiddetto effetto di reddito).
- L'ipotesi più comune è che l'effetto di sostituzione prevalga sull'effetto di reddito e che quindi il
risparmio risponda positivamente a un aumento del tasso di interesse. Alcuni studi empirici hanno

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trovato sostegno per questa ipotesi, ma il dibattito è ancora iontano dall'avere trovato una
soluzione definitiva,
- La teoria dell'investimento parte dall'osservazione che l'investimento in capitale fisico
rappresenta un'alternativa rispetto all'investimento in attività finanziarie come metodo per
redistribuire il consumo tra periodi di tempo differenti. Ciò implica che, affinchè un imprenditore
decida di intraprendere un certo progetto d'investimento, il tasso di rendimento ottenibile
investendo in capitale fisico in tale progetto, deve essere esattamente uguale a quello sulle attività
finanziarie. Questo, a sua volta, richiede che la produttività marginale del capitale sia
necessariamente uguale al tasso di interesse.
- Tra i numerosi modelli impiegati per studiare le decisioni di investimento, il modello con
acceleratore è uno dei più semplici e diffusi. Tale modello è basato sull'ipotesi secondo cui esiste
una relazione sufficientemente stabile tra lo stock di capitale desiderato e il livello di produzione
complessivo. Accettando tale ipotesi, la spesa per investimenti è proporzionale alla variazione del
livello di produzione. In altri termini, l'investimento aumenta quando la produzione accelera.
- La teoria dell'investimento sviluppata da James Tobin, e nota come approccio "q", parte
dall'idea che la differenza tra il valore di mercato del pacchetto azionario di un'impresa e il costo di
rimpiazzo (a prezzi correnti) del suo stock di beni capitali, consenta di misurare la differenza
esistente tra lo stock di capitale desiderato e quello effettivamente posseduto dall'impresa.
- L'analisi delle decisioni di investimento di un'impresa richiede che si individui anche la struttura
finanziaria ottimale, vale a dire la combinazione migliore delle fonti di finanziamento. L'offerta da
parte delle imprese di proprie passività finanziarie nelle varie forme tecniche e scadenze (dalle
azioni ai debiti a breve) mette in contatto le imprese con il sistema finanziario e rappresenta il
nesso fra le decisioni delle imprese e le decisioni delle unità in surplus, degli intermediari e degli
altri operatori.
- Nel contributo di Modigliani e Miller si dimostra che, all'interno dell'ipotesi di massimizzazione del
valore dell'impresa, il suo valore è indipendente dal grado d'indebitamento.
- Le assunzioni cruciali sono: a) capacità di tutti i creditori potenziali di valutare la rischiosità delle
imprese; b) perfezione del mercato del debito, cioè tassi di interesse uguali per tutti i soggetti
economici appartenenti alla stessa classe di rischio; e) assenza di tasse; d) inesistenza di costi di
bancarotta: ciò significa che il rischio dell'impresa resta accollato agli azionisti.
- La funzione dell'investimento è la relazione che riassume in modo compatto tutti i concetti che
sono stati sviluppati nel corso del capitolo. In primo luogo, l'investimento è inversamente correlato
al tasso d'interesse; mentre esso è positivamente associato dalla produzione Y ed alla q di Tobin.

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La domanda di moneta e di attività finanziarie

- La funzione essenziale della moneta è quella d'essere intermediario degli scambi e mezzo di
pagamento, tuttavia, una stessa unità monetaria può servire ad effettuare più pagamenti nel corso
di un certo intervallo temporale.
- La velocità di circolazione della moneta, rappresenta il numero medio dei passaggi d'ogni unità
monetaria durante un determinato periodo di tempo*
- Secondo la teoria quantitativa della moneta, variazioni della quantità di moneta in circolazione,
dato il livello della produzione reale e la velocità di circolazione della moneta, danno luogo ad
eguali variazioni del livello generale dei prezzi.
- La teoria quantitativa applica alla moneta il principio della domanda e dell'offerta che, secondo la
teoria microeconomica regola i prezzi relativi di tutti i beni e servizi. È allora chiaro che la perdita di
valore della moneta rispetto a quello dei beni è la conseguenza di un'espansione monetaria
superiore a quella della produzione.
- La domanda nominale di moneta varia proporzionalmente al livello dei prezzi.
- Keynes distingue tre moventi principali per cui si detiene moneta, e cioè i moventi transattivo,
precauzionale e speculativo: il principale contributo di Keynes all'analisi della domanda di moneta
riguarda il terzo di questi moventi.
- La detenzione di moneta comporta un costo-opportunità rappresentato dall'interesse cui si
rinuncia sui titoli che si potrebbero acquistare in cambio di questa.
- Gli individui vogliono possedere moneta, secondo Keynes, non soltanto per effettuare le
transazioni commerciali correnti ma anche come riserva di valore o di ricchezza. Essi sono disposti
a detenere la propria ricchezza in moneta infruttifera a causa dell'incertezza rispetto all'andamento
futuro del tasso d'interesse.
- Il prezzo dei titoli esistenti varia inversamente al tasso di interesse. Un aumento del tasso di
interesse abbassa il prezzo di quelli ancora in circolazione e viceversa.
- Secondo Keynes, la domanda di moneta a scopo speculativo è inversamente correlata al tasso
di interesse sui titoli.
- La presenza della trappola della liquidità implica che il tasso di interesse non possa scendere
al di sotto di un livello minimo, comunque positivo, in corrispondenza del quale la domanda di
moneta diventa potenzialmente infinita, nel senso che le autorità non saranno in grado né di
aumentare ancora l'offerta di moneta, né di diminuire ulteriormente il tasso d'interesse attraverso
nuovi acquisti di titoli sul mercato aperto.
- Nel modello delle scorte proposto da Baumol le famiglie utilizzano la moneta per effettuare le
proprie transazioni; esse devono quindi porre a confronto il costo opportunità di investire la propria
ricchezza in moneta, che è pari all'interesse cui rinunciano, con i costi che è invece necessario
sostenere per convertire frequentemente in moneta le attività fruttifere.

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- Nel modello si dimostra che la domanda di moneta per transazioni è una funzione crescente del
reddito reale, e una funzione decrescente del tasso d'interesse.
- La teoria delle scelte di portafoglio ripresa da Tobin per la formulazione della sua funzione di
domanda di moneta, parte dal presupposto che gli investitori siano avversi al rischio, cioè che
tentino non solo di massimizzare il rendimento atteso dei propri investimenti ma anche di ridurre al
minimo il rischio di questi ultimi. Egli dimostra che il desiderio di tenere moneta può essere
riconducibile all'atteggiamento nei confronti del rischio derivante dal possesso di titoli. La domanda
di moneta risulta in generale correlata negativamente rispetto al tasso di interesse.
- La teoria del comportamento avverso al rischio sembra avere diversi vantaggi in confronto
all'analisi keynesiana della preferenza per la liquidità. Può fornire una spiegazione dell'elasticità
rispetto al tasso d'interesse della domanda di moneta non effettuata da speculatori che abbiano
un'idea precisa su cosa stia per accadere al tasso d'interesse. Può anche spiegare perché per
alcuni individui può valere una relazione positiva tra la loro domanda di moneta e il tasso
d'interesse, in relazione all'entità degli effetti di reddito e di sostituzione tra moneta e titoli.
- In una prospettiva più ampia in cui vi siano differenti attività finanziarie in cui investire la propria
ricchezza, la teoria delle scelte di portafoglio prevede che gli investitori siano interessati alle
caratteristiche di rischio e di rendimento dell'intero portafoglio, anziché al rischio ed al rendimento
dei singoli strumenti finanziari che lo compongono.
- Il rischio associato ad un'attività dipende in gran parte dalla sua correlazione con le altre.
Un'attività il cui rendimento vari in direzione opposta a quella delle altre contribuisce a ridurre il
rischio globale del portafoglio.
- Il rapporto tra il rischio associato ad un'attività e quello del mercato nel suo complesso è definito
indice |3 di quell'attività.
- La teoria del CAPM consente di derivare una relazione generale nota come linea di equilibrio di
mercato, che mette in relazione il rendimento atteso di equilibrio di un'attività con le caratteristiche
di rischio dell'attività medesima.
- Il tasso di rendimento di equilibrio di un'attività, che è correlata positivamente con l'intero
portafoglio di attività finanziarie disponibili sul mercato risulta superiore a quello di un'attività che
presenti invece una correlazione negativa con il mercato.
- Secondo il CAPM, ciò che conta ai fini della determinazione del tasso di rendimento atteso di
un'attività non è il livello di rischiosità di tale attività, singolarmente considerata, bensì il suo livello
di rischio considerato in relazione alle altre attività espresso dalla covarianza tra l'attività in
questione e l'intero portafoglio di attività.
- La condizione di equilibrio fondamentale nei mercati delle attività che scaturisce dal CAPM
stabilisce che i rendimenti delle attività corretti in relazione al rischio devono essere uguali.
- Quando si verifica un eccesso di domanda di moneta, gli individui cercano di vendere titoli.
Questo spinge il prezzo dei titoli verso il basso e aumenta il tasso d'interesse.

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- Quando si verifica un eccesso di offerta di moneta, gli individui cercano di comprare titoli. Questo
spinge il prezzo dei titoli verso l'alto e riduce il tasso d'interesse.
- L'equilibrio monetario si ha quando gli individui sono disposti a detenere tutti gli stock esistenti
di moneta e di titoli al tasso d'interesse corrente.

L'equilibrio macroeconomico in un'economia chiusa a prezzi dati

- Il modello IS-LM descrive l'equilibrio simultaneo nel mercato dei beni e della moneta ipotizzando
che il livello generale dei prezzi sia dato.
- L'equazione IS e la corrispondente curva IS mostrano le combinazioni del tasso d'interesse e del
livello di produzione compatibili con l'equilibrio nel mercato dei beni.
- Un aumento del tasso d'interesse è correlato con una diminuzione della produzione.
- Un aumento della spesa pubblica o del consumo autonomo e una riduzione delle imposte
determinano uno spostamento verso destra della curva IS.
- Una riduzione della spesa pubblica o del consumo autonomo e un aumento delle imposte
determinano uno spostamento verso sinistra della curva IS.
- L'equazione LM e la corrispondente curva LM mostrano le combinazioni del tasso d'interesse e
del livello di produzione compatibili con l'equilibrio nel mercato della moneta.
- Data l'offerta di moneta in termini reali, un aumento della produzione è correlato con un
incremento del tasso d'interesse.
- L'equilibrio macroeconomico corrisponde ad una situazione in cui il mercato dei beni ed il
mercato della moneta sono contemporaneamente in equilibrio; in corrispondenza del punto
d'intersezione delle curve IS ed LM si determina un livello del reddito e un tasso d'interesse che
soddisfano tale condizione.
- Possiamo escludere dall'analisi delle condizioni di equilibrio il mercato dei titoli, in quanto, a
causa del vincolo sulle attività finanziarie totali, siamo sicuri che quando il mercato della moneta è
in equilibrio, anche il mercato dei titoli obbligazionari si troverà nella stessa situazione.
- Un'espansione fiscale sposta la curva IS verso destra causando un aumento sia della
produzione sia del tasso d'interesse; il contrario avviene in caso di contrazione fiscale.
- Il finanziamento del disavanzo pubblico attraverso emissione di titoli del debito pubblico,
lasciando inalterata la quantità di base monetaria, provoca un aumento del tasso d'interesse e,
conseguentemente, un effetto frenante (retroazione monetaria) sull'incremento di reddito indotto
dall'espansione fiscale (spiazzamento finanziario).
- L'effetto di spiazzamento è tanto più accentuato quanto più elevate sono l'elasticità della
domanda di moneta, rispetto al reddito e quella degli investimenti, rispetto al tasso d'interesse.

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- Nel caso estremo in cui la domanda di moneta dipende esclusivamente dal livello del reddito, la
retroazione monetaria è massima e tale da provocare una caduta degli investimenti, che
compensa esattamente l'impulso iniziale della maggiore spesa pubblica.
- Nel caso in cui la LM presenti un tratto iniziale orizzontale in corrispondenza della trappola della
liquidità keynesiana, il tasso d'interesse non è modificato dato che esiste ingente liquidità nel
sistema che può essere mobilitata per il finanziamento della spesa pubblica attraverso operazioni
di mercato aperto da parte delle autorità monetarie.
- L'immobilità del tasso d'interesse annulla la retroazione monetaria e consente di sviluppare
integralmente il moltiplicatore keynesiano.
- Una stretta monetaria sposta la curva LM verso sinistra, causando una contrazione della
produzione ed un aumento del tasso d'interesse.
- Un'espansione monetaria sposta la curva LM verso destra, comportando un aumento della
produzione ed una riduzione del tasso d'interesse; l'efficacia di tale manovra sarà tanto più ampia
quanto più modesta sarà la reattività della domanda di moneta al tasso d'interesse.
- Nel caso in cui la banca centrale decida di intraprendere una politica monetaria espansiva, con
mercati finanziari caratterizzati dalla presenza della trappola della liquidità, tale intervento di
politica monetaria si rivela completamente inefficace ad aumentare il reddito e a ridurre il tasso
d'interesse.
- Se assumiamo che la moneta sia detenuta dagli operatori soltanto per finanziare le transazioni,
l'impulso monetario avrà la massima efficacia e l'incremento del reddito sarà proporzionale alla
velocità di circolazione della moneta, dato il livello generale dei prezzi.

Equilibrio macroeconomico, bilancia dei pagamenti e flussi di capitali

- La bilancia dei pagamenti è il conto in cui sono registrate le transazioni economiche


internazionali di un paese.
- Il conto corrente registra il commercio in beni e servizi di trasferimenti; il conto capitale registra
gli acquisti e le vendite di attività.
- Ogni transazione che dia luogo ad un pagamento da parte di un residente nel nostro paese
costituisce una voce passiva della nostra bilancia dei pagamenti.
- L'avanzo complessivo della bilancia dei pagamenti è la somma dell'avanzo in conto corrente e
dell'avanzo in conto capitale.
- Se la bilancia dei pagamenti è complessivamente in disavanzo, significa che effettuiamo
all'estero più pagamenti di quanti i residenti all'estero ne effettuino da noi.
- La valuta estera necessaria per questi pagamenti è messa a disposizione dalla banca centrale
che attinge alle sue riserve ufficiali.

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- In regime di tassi di cambio fissi, la banca centrale mantiene costante il prezzo delle valute
estere in termini di valuta nazionale, acquistando e vendendo la valuta estera al tasso di cambio
fisso.
- A questo scopo la banca centrale deve detenere riserve in valuta estera.
- In regime di tassi di cambio fluttuanti, o flessibili, il tasso di cambio è soggetto a continue
variazioni.
- In un sistema di fluttuazione "pulita" il tasso di cambio è determinato dall'andamento della
domanda e dell'offerta di valuta.
- In un sistema di fluttuazione "sporca" la banca centrale interviene sul mercato dei cambi,
acquistando e vendendo valuta estera nel tentativo di sostenere il tasso di cambio.
- L'introduzione del commercio internazionale di beni implica che parte della domanda di prodotti
nazionali provenga dall'estero e, che d'altro canto, parte della spesa dei residenti nel nostro paese
sia destinata a beni di produzione estera.
- Poiché la differenza tra esportazioni e importazioni costituisce l'avanzo della bilancia
commerciale, ossia le esportazioni nette, la spesa in prodotti nazionali è anche pari alla somma
della cifra spesa dai residenti e dell'avanzo della bilancia commerciale.
- Le esportazioni nette, ossia l'eccedenza delle esportazioni sulle importazioni, dipendono dal
nostro reddito nazionale, che influisce sulla spesa in importazioni, dal reddito dei paesi stranieri,
che incide sulla domanda estera delle nostre esportazioni e dal tasso di cambio.
- Un incremento del reddito estero migliora la bilancia commerciale del nostro paese e, quindi, fa
salire la domanda aggregata.
- Un deprezzamento della valuta nazionale, migliora la bilancia commerciale facendo aumentare,
anche in questo caso, la domanda aggregata.
- Un aumento del reddito interno accresce la spesa in importazioni e peggiora la bilancia
commerciale.
- La curva IS di un'economia aperta comprende le esportazioni nette quale ulteriore componente
della domanda aggregata.
- L'introduzione di movimenti di capitali evidenzia gli influssi delle politiche monetarie e fiscali sulla
bilancia dei pagamenti, attraverso gli effetti dei tassi d'interesse sui flussi di capitali.
- Un aumento del tasso d'interesse interno, rispetto a quello mondiale, determina un afflusso di
capitali in grado di finanziare un disavanzo in conto corrente.
- Quando esiste perfetta mobilità dei capitali, i tassi d'interesse interni non possono differire da
quelli esteri.
- In regime di tassi di cambio fissi e perfetta mobilità dei capitali, la politica monetaria non è in
grado di incidere sulla produzione.

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- In regime di tassi di cambio fissi e perfetta mobilità dei capitali, un paese non può perseguire una
politica monetaria indipendente. I tassi d'interesse non possono allontanarsi dal livello prevalente
sul mercato mondiale.
- Qualsiasi tentativo di condurre una politica monetaria indipendente, determina flussi di capitali e
la necessità d'intervento da parte delle autorità monetarie, fino a quando i tassi d'interesse non
sono nuovamente in linea con quelli del mercato mondiale.
- La politica fiscale in regime di cambi fissi e perfetta mobilità dei capitali risulta, al contrario,
efficace per stabilizzare il reddito di equilibrio.
- In questo caso, con un'offerta di moneta endogena, il tasso d'interesse, in effetti, è fisso quindi
qualunque intervento di politica fiscale sarà pienamente efficace sulla base del modello del
moltiplicatore keynesiano.
- In regime di tassi flessibili e perfetta mobilità dei capitali, la politica fiscale espansiva non
modifica il prodotto d'equilibrio; determina, invece, un apprezzamento del tasso di cambio, che
compensa l'effetto dell'espansione stessa, e una modifica della composizione della domanda
interna a favore dei prodotti esteri e a svantaggio di quelli nazionali.
- In regime di cambi flessibili e perfetta mobilità dei capitali, una politica monetaria espansiva
determina un aumento del prodotto e un deprezzamento del tasso di cambio.
- Un'espansione monetaria determina un deprezzamento del tasso di cambio, un incremento
delle esportazioni nette e quindi una crescita del prodotto e dell'occupazione.
- L'aumento delle esportazioni nette determinato da una svalutazione della valuta nazionale
corrisponde ad un deterioramento della bilancia commerciale per i gli altri paesi stranieri: ne
consegue che all'estero produzione^ occupazione diminuiscono.
- Un miglioramento della bilancia commerciale, indotto da un deprezzamento, tende ad
accrescere il livello di occupazione interna a spese del resto del mondo.

Stock e flussi nel modello macroeconomico a prezzi dati

- Uno degli sviluppi più interessanti dell'analisi macroeconomica ha riguardato l'inclusione, nel
tradizionale modello IS-LM, degli effetti ricchezza nelle funzioni della spesa e della domanda di
moneta.
- La conseguenza dell'introduzione di "effetti ricchezza" nel modello IS-LM è di modificare
completamente gli effetti, sia di breve sia di lungo periodo, delle politiche monetarie e fiscali.
- Una politica di finanziamento del deficit pubblico in tutti o in parte basata sull'emissione di titoli
può condurre ad una situazione d'instabilità, vale a dire il sistema tende ad allontanarsi da una
posizione di equilibrio caratterizzata dal pareggio del bilancio.
- Ciò accade se l'elasticità della domanda di moneta rispetto alla ricchezza è maggiore
dell'elasticità dei consumi, sempre rispetto alla ricchezza.

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- Al contrario, una politica di finanziamento basata sull'emissione di base monetaria, da luogo ad
un sistema stabile.
- Nel modello IS-LM senza effetti ricchezza, quindi, la dimensione del moltiplicatore della spesa
pubblica - con bilancio in deficit - dipende dalle modalità di finanziamento del disavanzo; il
finanziamento di un medesimo disavanzo con base monetaria è più espansivo di quello finanziato
con emissione di titoli di stato.
- Considerando gli effetti ricchezza nel modello IS-LM, si può mostrare che la dimensione del
moltiplicatore della spesa pubblica è invece indipendente dal metodo di finanziamento.
- Il modello IS-LM integrato con gli effetti ricchezza consente di studiare anche il caso della politica
monetaria attuata attraverso operazioni di mercato aperto.
- Poiché il moltiplicatore della produzione di lungo periodo è determinato interamente dal vincolo
di bilancio del settore pubblico, una politica monetaria pura è inefficace.
- Il modello può essere ulteriormente complicato introducendo, oltre agli effetti ricchezza, il
pagamento d'interessi netti nel vincolo di bilancio. In tali circostanze un deficit finanziato con titoli
fa aumentare lo stock di titoli, e quindi gli oneri per interessi sul debito pubblico, a differenza di
quanto avviene se il deficit è finanziato con moneta. Gli oneri per interessi fanno aumentare il
reddito disponibile e quindi la domanda aggregata.
- Si può ritenere che, in presenza di effetti ricchezza, una politica fiscale espansiva (con bilancio
in deficit finanziata con titoli) considerando anche il reddito da interessi, se stabile, è più efficace
rispetto a quanto avviene nel modello IS-LM.
- Il modello macroeconomico con tre attività, moneta, titoli di stato e capitale, parzialmente
sostituibili tra loro, consente di esaminare in dettaglio il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria e fiscale.
- Un aumento dello stock di moneta da origine ad una diminuzione del tasso sui titoli e di quello
sul capitale che si traduce, nel lungo periodo, in un aumento della domanda aggregata.
- Nell'analisi IS-LM tradizionale, un aumento dello stock di obbligazioni è considerato come un
fenomeno recessivo, in quanto esso riduce il rapporto moneta-titoli, aumenta il tasso d'interesse e
deprime gli investimenti.
- Nel modello integrato con le scelte di portafoglio, gli effetti sul tasso di rendimento del
capitale, che influisce sulle decisioni di investimento, potranno essere sia espansivi che recessivi.
Il risultato dipenderà dal grado di sostituibilità esistente nel portafoglio del settore privato tra
moneta e titoli, e tra questi ultimi ed il capitale azionario.
- Un aumento dello stock di titoli del debito pubblico farà aumentare il tasso di rendimento del
capitale azionario, e quindi prevarranno gli effetti recessivi, se la sostituibilità tra i titoli
obbligazionari e le azioni è maggiore di quella tra i titoli e la moneta, e quanto maggiore è la quota
di portafoglio detenuta sotto forma di moneta, rispetto a quella investita in azioni.

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- Se, al contrario, il grado di sostituibilità tra i titoli obbligazionari e le azioni è minore di quello tra i
titoli e la moneta, un aumento dello stock di titoli di stato determinerà una riduzione del tasso di
rendimento sul capitale azionario ed un conseguente effetto espansivo.
- Il vincolo di bilancio del settore pubblico descrive l'evoluzione del debito pubblico in funzione
della spesa per interessi, della spesa pubblica al netto degli interessi, e delle imposte, e della
eventuale quota di disavanzofinanziata con moneta.
- Il vincolo comporta che la variazione del debito (il disavanzo complessivo) sia uguale al
disavanzo primario più gli interessi sul debito.
- Il disavanzo primario è dato dalla differenza tra la spesa pubblica al netto degli interessi e le
imposte al netto dei trasferimenti.
- In un'economia in crescita è più utile considerare il rapporto debito su PIL, anziché il livello
assoluto del debito. La variazione del rapporto debito su PIL dipende dal fatto che il governo
consegua avanzi o disavanzi primari, nonché dal fatto che il tasso d'interesse reale sia maggiore o
minore del tasso di crescita reale del PIL.
- Alcuni paesi europei, tra cui l'Italia, presentano un rapporto debito su PIL molto elevato: in Italia
tale rapporto è progressivamente aumentato dagli anni Ottanta in poi, superando la soglia del
100% nel 1990.
- La riduzione del rapporto fra debito pubblico su PIL, se si escludono misure di disconoscimento
del debito stesso, può essere ottenuta attraverso l'uso di molteplici strumenti di politica economica.
- Le politiche di rientro si sono rafforzate nella seconda metà degli anni Novanta, in relazione al
proposito di rinnovare l'adesione agli accordi di cambio previsti dallo SME e di partecipare
all'Unione Monetaria Europea, uniformandosi alle prescrizioni degli Accordi di Maastricht.
- Il Trattato di Maastricht prevede per i paesi che aderiscono all'Unione Monetaria Europea, un
limite superiore sia al rapporto fra disavanzo del bilancio pubblico e PIL (3%), sia al rapporto fra
debito pubblico e PIL (60%).

Domanda e offerta aggregata

- Il modello domanda-offerta aggregata (AS-AD) descrive l'andamento della produzione e dei


prezzi, tenendo conto dell'equilibrio sui mercati reali, finanziari e del lavoro.
- La curva di domanda aggregata (AD) descrive le condizioni di equilibrio sul mercato dei beni e
della moneta per ogni possibile livello dei prezzi.
- Una variazione del reddito nazionale di equilibrio, a seguito di una variazione del livello di prezzi,
è indicata da un movimento lungo la curva AD.
- Un aumento del livello dei prezzi riduce i saldi monetari reali, provocando un aumento del tasso
di interesse e una riduzione della produzione.

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- La curva AD si sposta ogniqualvolta varia una componente della domanda autonoma e l'offerta
nominale di moneta.
- La curva di offerta aggregata (AS) di breve periodo descrive le condizioni di equilibrio sul
mercato del lavoro in corrispondenza di ogni possibile livello dei prezzi.
- La curva dell'offerta aggregata di breve periodo, tracciata sotto l'ipotesi che i prezzi dei fattori
produttivi rimangano costanti, è inclinata positivamente poiché i costi unitari aumentano
all'aumentare della produzione e poiché l'aumento dei prezzi dei beni rende conveniente
aumentarne la produzione.
- Un aumento di produttività o una riduzione del posto dei fattori produttivi sposta la curva verso
destra, mentre una diminuzione di produttività o un aumento dei prezzi dei fattori produttivi genera
l'effetto contrario.
- L'equilibrio macroeconomico è riferito all'equilibrio dei valori del reddito nazionale e del livello dei
prezzi, individuati dall'intersezione della curva AD e della curva AS.
- Gli spostamenti delle curve AD e AS, detti, rispettivamente, shock da domanda aggregata e
shock da offerta aggregata, provocano la variazione dei valori di equilibrio del reddito nazionale e
del livello dei prezzi.
- Quando la curva AS è positivamente inclinata; uno shock da domanda aggregata fa si che il
livello dei prezzi e il reddito nazionale varino nella stessa direzione. La scomposizione dell'effetto
complessivo tra la variazione del reddito nazionale e la variazione del livello dei prezzi dipende
dalla forma della curva AS: quando la curva è piatta, gli spostamenti della curva AD influenzano
principalmente il reddito nazionale; quando invece la curva AS è ripida, gli spostamenti della curva
AD influenzano principalmente il livello dei prezzi.
- Uno shock da offerta aggregata causa uno spostamento del reddito nazionale di equilibrio lungo
la curva AD, cosicché il livello dei prezzi e il reddito nazionale si muovono in due direzioni opposte.
Uno spostamento verso sinistra della curva AS provoca una situazione di stagflazione, vale a dire
prezzi in aumento e reddito nazionale in diminuzione. Uno spostamento verso destra, invece,
causa un aumento del reddito nazionale reale e una riduzione del livello dei prezzi.
- Il prodotto o reddito potenziale rappresenta la produzione complessiva che può essere
ottenuta quando tutte le risorse produttive sono impiegate ai loro normali tassi di utilizzazione.
- Il reddito potenziale è considerato come dato ed è rappresentato dalla retta verticale YF. Il divario
della produzione è uguale alla distanza orizzontale tra il livello potenziale e quello effettivo del
reddito.
- Vi è un divario inflazionistico ogni volta che Y è superiore a YF e, quindi, la domanda sul mercato
del lavoro è relativamente alta. Di conseguenza i salari aumentano più rapidamente della
produttività, provocando un incremento dei costi unitari. La curva AS si sposta verso sinistra e il
livello dei prezzi sale.

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- Vi è un divario recessivo ogni volta che Y è inferiore a YF e, quindi, la domanda sul mercato del
lavoro è relativamente bassa. Nonostante vi sia una tendenza dei salari a diminuire rispetto alla
produttività, l'esistenza di un comportamento asimmetrico significa che l'intensità di questa forza è
assai minore di quella indicata nel precedente punto. I costi unitari diminuiranno solo leggermente,
cosicché il divario della produzione continuerà per un certo periodo.
- Uno shock espansivo da domanda crea il divario inflazionistico. Esso fa sì che i salari
aumentino più rapidamente della produttività. I costi unitari, quindi, aumentano, spostando la curva
AS verso sinistra e generando un più alto livello dei prezzi, mentre la produzione ritorna infine al
suo livello potenziale.
- Uno shock restrittivo da domanda opera nella direzione opposta, causando il divario recessivo.
Dal momento che i prezzi dei fattori produttivi tendono a essere rigidi, il processo di aggiustamento
automatico tende a essere lento e il divario recessivo tende quindi a persistere per un certo tempo.
- Le fluttuazioni economiche sono il risultato di una serie continua di shock dal lato dell'offerta o
da quello della domanda, e degli effetti dinamici di ognuna di queste perturbazioni sulla
produzione. A volte gli shock sono talmente gravi, o accadono in circostanze così sfortunate da
provocare una recessione.
- In linea di principio, la politica fiscale e monetaria possono essere utilizzate per stabilizzare la
posizione della curva AD in corrispondenza o in prossimità del prodotto potenziale. Per rimuovere
un divario recessivo, le autorità di politica economica possono causare uno spostamento della
curva AD verso destra, riducendo le imposte e aumentando le spese, oppure aumentando l'offerta
nominale di moneta. Per rimuovere un divario inflazionistico, invece, i responsabili della politica
economica possono adottare misure di segno opposto.
- Una politica monetaria espansiva comporta nel breve periodo un aumento dei saldi monetari
reali, una riduzione del tasso di interesse e un aumento della produzione. Nel corso del tempo, il
livello dei prezzi aumenta, facendo diminuire i saldi mone-tari reali finché la produzione non torna
al suo livello potenziale. Nel lungo periodo, la moneta è neutrale: essa non influisce sulla
produzione, e variazioni dello stock di moneta si ripercuotono in aumenti proporzionali del livello
dei prezzi.
- La politica fiscale produce effetti molto diversi nel breve e nel lungo periodo. Un aumento del
disavanzo di bilancio provoca nel breve periodo un aumento della domanda di beni e quindi della
produzione. Nel corso del tempo, il livello dei prezzi aumenta, causando una diminuzione dei saldi
monetari reali e un aumento del tasso di interesse. Nel lungo periodo, la produzione torna al suo
livello potenziale, ma il tasso di interesse è maggiore e l'investimento minore.
- La politica fiscale produce un effetto analogo a quello prodotto dalla politica monetaria per
quanto riguarda il reddito nazionale e il livello dei prezzi, ma ha ripercussioni differenti sulla
composizione del prodotto.

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- La curva dell'offerta aggregata di lungo periodo (ASLP) mette in relazione il livello dei prezzi
e il reddito nazionale dopo che tutti i salari e gli altri costi si sono adeguati pienamente all'equilibrio
di lungo periodo. La curva ASLP è verticale in corrispondenza del reddito potenziale YF.
- Dal momento che la curva ASLP è verticale, la produzione nel lungo periodo è determinata dalla
posizione della curva ASLP e l'unico ruolo di lungo periodo della curva AD è quello di determinare
il livello dei prezzi. La crescita economica determina la posizione della curva ASLP.

Prezzi, occupazione ed aspettative: un dibattito di politica economica

- La visione keynesiana è in grado di descrivere il funzionamento del sistema economico nel


breve periodo in cui possono verificarsi situazioni di instabilità caratterizzate da capacità produttiva
inutilizzata.
- Nel breve periodo i salari monetari e i prezzi sono rigidi e il sistema economico è correttamente
descritto dal modello con una curva di offerta aggregata orizzontale e il raggiungimento del pieno
impiego è affidato alla politica della domanda.
- Nel lungo periodo la pressione delle forze di mercato porta a un salario monetario coerente col
pieno impiego, ovvero ad una situazione in cui l'offerta aggregata interseca la domanda aggregata
in corrispondenza del reddito potenziale.
- Secondo gli economisti appartenenti alla "sintesi neoclassica" la posizione keynesiana è
riassorbita come "caso particolare", valido in presenza della rigidità del salario nominale, all'interno
di una visione del sistema economico che non rinuncia all'idea di una tendenza verso l'equilibrio di
domanda e offerta su tutti i mercati.
- Il "caso keynesiano" è rilevante per la politica economica, giacché l'equilibrio di domanda e
offerta, specie nel mercato del lavoro, può affermarsi spontaneamente solo nel lungo periodo e
dunque ha senso cercare di accelerare il raggiungimento del pieno impiego attraverso la politica
della domanda e rendere socialmente meno costoso il processo d'aggiustamento.
- Il tasso di disoccupazione è uguale al rapporto tra il numero dei disoccupati e le forze di
lavoro. Queste ultime sono definite come la somma di tutti gli individui in possesso di
un'occupazione e di tutti coloro che stanno attivamente cercandone una, ovvero come la somma
degli occupati e dei disoccupati.
- Nel mercato del lavoro, secondo lo schema neoclassico, si assume che imprese e lavoratori
siano perfettamente identici tra loro, e che vi sia competizione perfetta nel mercato dei beni e dei
fattori produttivi.
- Ogni impresa, sceglie la quantità del fattore produttivo che massimizza i profitti prendendo i
prezzi come dati. L'impresa che massimizza i profitti impiega ogni fattore sino al punto in cui il suo
costo marginale eguaglia il valore del prodotto marginale; nel caso del lavoro, il costo marginale

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sostenuto dall'impresa per aumentare di un'ora il lavoro impiegato è rappresentato semplicemente
dal salario nominale.
- Ogni individuo può scegliere la proporzione di tempo da dedicare al tempo libero o al lavoro.
Lavorando ottiene un salario che gli permette di aumentare il proprio consumo; il salario costituisce
dunque il costo opportunità del tempo libero.
- Per ogni individuo, la scelta ottimale fra lavoro e tempo libero avverrà nel punto di tangenza tra
la retta del vincolo di bilancio e la curva d'indifferenza. Se il salario reale è molto basso, può
capitare che egli non sia per nulla disposto a lavorare; al crescere del salario reale l'offerta di
lavoro da parte dell'individuo aumenterà. Il salario soglia sotto al quale un individuo non è disposto
a lavorare è chiamato salario di riserva.
- Il risultato centrale di tale modello è che il prezzo (in questo caso il salario reale) si aggiusta
sempre per eguagliare domanda e offerta, non c'è spazio per l'esistenza della disoccupazione
involontaria.
- Il persistere della disoccupazione a livelli molto elevati ha generato insoddisfazione nei confronti
del modello neoclassico di mercato del lavoro; di conseguenza, sono state presentate numerose
ipotesi alternative per spiegare l'esistenza di disoccupazione involontaria come fenomeno
d'equilibrio anziché come situazione transitoria.
- La teoria dei "salari d'efficienza" dimostra non solo che una riduzione salariale può implicare
costi, oltre ai benefici in termini di minori spese, ma anche che vi possono essere situazioni in cui i
costi sono maggiori dei benefici, perciò le imprese preferiscono pagare un salario superiore a
quello in cui domanda e offerta di lavoro si eguagliano al fine di accrescere la produttività dei
lavoratori.
- I modelli insider-outsider offrono, invece, una spiegazione dei motivi per cui le imprese, pur
desiderando pagare salari più bassi, sono impossibilitate a farlo, ponendo l'attenzione sulla
modalità con cui i lavoratori occupati influenzano la determinazione del salario.
- Il tasso di disoccupazione associato al reddito nazionale potenziale è definito tasso naturale di
disoccupazione. Tale tasso di disoccupazione è causato dalle frizioni determinate, a loro volta,
dall'esistenza di individui che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro e cercano
un'occupazione ed altri che passano da un impiego all'altro.
- La curva di Phillips indica che i salari nominali variano lentamente al variare del livello di
disoccupazione; i salari nominali tendono ad aumentare quando il tasso di disoccupazione
diminuisce e viceversa.
- Friedman e la scuola monetarista concepiscono il sistema economico come intrinsecamente
stabile: ogni tentativo da parte delle autorità monetarie di ridurre il tasso di disoccupazione al di
sotto di quello naturale innesca un processo inflazionistico e rende la politica monetaria efficace
solo nel breve periodo; nel lungo periodo non vi è trade off tra inflazione e disoccupazione come
previsto dalla curva di Phillips che diviene verticale.

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- Le politiche dell'offerta, al contrario delle politiche di domanda non comportano un trade off di
breve periodo tra disoccupazione ed inflazione. Esse sono volte ad incrementare in modo
permanente il prodotto potenziale.
- Un principio fondamentale di tali politiche è dato da un inadeguato funzionamento dei mercati.
Attraverso la rimozione delle imperfezioni dei mercati possono essere migliorate la produzione e la
produttività complessiva del sistema economico.
- Un ampio ambito di interventi delle politiche dell'offerta attiene alle misure di natura fiscale che
incidono sull'offerta di lavoro e su quella di risparmio.
- Gli economisti appartenenti alla "Nuova Macroeconomia Classica" partono dal presupposto
secondo il quale nel sistema economico i mercati siano continuamente in equilibrio e che le
aspettative degli individui siano razionali.
- In questo schema analitico qualunque effetto espansivo originato dal lato della domanda non
avrà alcun effetto sulle quantità, ma soltanto sul livello generale dei prezzi.
- La curva di Phillips è verticale anche nel breve periodo e le politiche fiscali e monetarie
propugnate dagli economisti della "sintesi neoclassica" sono del tutto inutili, se non dannose, per
gli effetti inflazionistici che provocano.

La condotta della politica monetaria: agenti e strategie

- Nel lungo periodo il tasso di crescita dello stock di moneta in circolazione non influisce né sulla
produzione, né sulla disoccupazione, ma si traduce in un uguale tasso d'inflazione.
- La banca centrale deve quindi porsi come obiettivo la determinazione di un tasso ottimale di
inflazione che sia stabile nel tempo.
- I motivi che militano a favore della stabilità monetaria, e quindi per una politica monetaria che si
ponga l'obiettivo di un tasso d'inflazione nullo, sono molteplici.
- La combinazione di inflazione e sistemi tributari non perfettamente indicizzati può generare
distorsioni fiscali {fiscal drag).
- Un tasso d'inflazione instabile può dar luogo a fenomeni di illusione monetaria che induce gli
operatori a adottare decisioni non corrette.
- L'inflazione è di per sé un fenomeno negativo perciò l'obiettivo della stabilità monetaria ha il
pregio di essere semplice e credibile per le autorità monetarie che s'impegnino a conseguirlo.
- È possibile individuare anche dei benefici associati ad un tasso d'inflazione positivo. Attraverso
la creazione di moneta - la fonte ultima dell'inflazione - il governo può finanziare la sua spesa.
Infatti, la creazione di moneta è un'alternativa al prestito presso il pubblico o all'introduzione di
nuove imposte.

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- Un altro motivo è dato dal fatto che un tasso di inflazione positivo consente alle autorità
monetarie di ottenere tassi di interesse reali negativi, possibilità che può essere utile nel caso in
cui l'economia si trovi in una recessione.
- Inoltre, quando sono necessarie riduzioni dei salari reali, un'inflazione positiva consente alle
imprese di operare tagli salariali senza ricorrere a riduzioni dei salari nominali, attraverso il
meccanismo dell'illusione monetaria.
- Un'economia con un tasso d'inflazione positivo consentirebbe un margine di manovra più ampio
nell'uso della politica monetaria per combattere una recessione.
- Il dibattito tra questi due orientamenti ruota intorno al ruolo della politica monetaria, vale a dire se
essa debba essere improntata alla fissazione di regole fisse oppure se, invece, debba essere
improntata ad un certo grado di discrezionalità.
- Nel caso in cui le aspettative siano formate in modo razionale non esiste alcun trade-off tra
inflazione e disoccupazione.
- Le autorità monetarie possono quindi conseguire un tasso d'inflazione pari a zero, senza
incorrere in costi di alcun tipo sul versante della produzione e quindi dell'occupazione, se la misura
di politica monetaria annunciata è credibile.
- Nel caso di aspettative adattive che tendono, quindi, a modificarsi lentamente, se la banca
centrale adotta una politica restrittiva, che consente di eliminare l'inflazione, ciò avverrà al prezzo
però di un aumento del tasso di disoccupazione nel breve periodo.
- In questo caso, infatti, le aspettative circa il tasso d'inflazione prevalente nel periodo successivo
saranno riviste gradualmente, quindi anche i salari monetari si adegueranno con ritardo, e la
conseguenza sarà un aumento temporaneo del tasso di disoccupazione oltre il suo livello naturale.
- Affinchè le politiche monetarie antiinflazionistiche non siano socialmente costose è necessario
che si vendichino tre condizioni: in primo luogo il mercato del lavoro deve trovarsi continuamente in
equilibrio (non devono quindi esistere contratti di lavoro multiperiodali); inoltre, le aspettative non
devono essere di tipo adattivo; infine le politiche monetarie annunciate devono essere credibili.
- Gli esiti di un intervento di politica economica dipendono anche dalle reazioni degli operatori che
incorporano nel loro comportamento, attraverso le aspettative che essi si formano, le decisioni dei
responsabili della politica economica.
- Secondo la visione tradizionale, l'azione dei responsabili della politica economica si basa
sull'assunto che esista una stabile relazione tra le variabili che rappresentano gli obiettivi di politica
economica e gli strumenti, ossia le variabili che i policy makers sono in grado di manovrare. Ciò ha
determinato la costruzione di modelli econometrici di grandi dimensioni.
- A tale proposito, Lucas ha sostenuto che, ai fini della vantazione dell'impatto delle differenti
manovre di politica economica, i modelli econometrici di grandi dimensioni non sono affidabili.

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- Nel caso in cui i policy makers adottassero politiche economiche radicalmente differenti rispetto
a quelle adottate in precedenza, i valori dei coefficienti di tali modelli si dimostrerebbero del tutto
instabili.
- Il problema risiede nel fatto che all'interno dei modelli econometrici le aspettative degli operatori
non sono trattate in modo appropriato; per cui essi non sono in grado di prevedere in modo
sufficientemente accurato gli effetti derivanti da eventuali mutamenti delle politiche economiche
attuate dalle autorità.
- Nel valutare gli effetti di una manovra di politica monetaria occorre tenere presente che gli agenti
che non si adattano passivamente alle decisioni della banca centrale, ma reagiscono attivamente
alle stesse, cercando di individuare le regole di comportamento dei responsabili della politica
monetaria e, ove possibile, "anticipando le mosse" che essi potranno compiere in futuro,
influenzando in tal modo l'equilibrio macroeconomico.
- Il problema dell'incocrenza temporale della politica ottimale si riferisce all'incentivo da parte della
banca centrale a deviare dalla politica ottimale, dopo che gli altri agenti economici hanno fatto le
loro mosse.
- La banca centrale può migliorare l'esito deviando dalla politica monetaria annunciata di
inflazione nulla: accettando invece un tasso d'inflazione positivo, essa potrebbe ridurre il tasso di
disoccupazione. Tuttavia se lo fa, coloro che fissano i salari adegueranno probabilmente le proprie
aspettative di inflazione. Il risultato finale sarà un tasso di disoccupazione non dissimile da quello
naturale al quale sarà associato un tasso d'inflazione positivo.
- La politica migliore per la banca centrale è impegnarsi in modo credibile a non tentare di ridurre
la disoccupazione sotto il tasso naturale.
- Rinunciando alla possibilità di deviare, la banca centrale può conseguire l'obiettivo di un tasso
d'inflazione pari a zero e di un tasso di disoccupazione pari a quello naturale.
- Per risolvere il problema dell'incocrenza temporale, e necessario fare in modo che il banchiere
centrale acquisisca una buona reputazione agli occhi dei soggetti privati.
- Se la banca centrale gode di un'elevata reputazione, non solo la soluzione noninflazionistica
risulta più facilmente raggiungibile, ma l'efficacia e la rapidità di trasmissione della politica
monetaria, risulta accresciuta, in quanto i segnali lanciati dalle autorità monetarie risultano più
chiari e credibili.
- Un'altra possibilità, in alternativa ai meccanismi reputazionali, consiste nell'imporre un vincolo
esterno alla banca centrale; in altre parole, occorre "legare le mani" alla banca centrale, affinchè
s'impegni, oppure sia vincolata, a adottare una politica di stabilità monetaria.
- Una soluzione intermedia tra l'approccio discrezionale (con bassa credibilità) e quello normativo
delle regole (con scarsa flessibilità) è stata individuata nei meccanismi volti ad accrescere la
credibilità degli annunci, prevedendo la nomina di un banchiere centrale "conservatore" ed avverso
all'inflazione, dotato, inoltre, di un elevato grado di autonomia dal potere politico.

23
- La strategia di politica monetaria formulata in termini di crescita della quantità di moneta
nominale, e seguita in parte anche dalla BCE, è basata sull'ipotesi di una stretta relazione tra
inflazione e crescita dello stock nominale di moneta nel medio periodo.
- A causa della debole relazione tra inflazione e crescita dello stock di moneta, è emerso un
nuovo approccio basato non sul tasso d'inflazione. La politica monetaria può essere quindi
concepita in termini di determinanti del tasso d'inflazione invece che in termini di crescita dello
stock di moneta in circolazione.
- La regola di Taylor rappresenta una norma di comportamento della banca centrale. In
conformità a questa regola le autorità monetarie dovrebbero variare il tasso d'interesse come
risposta a due fattori principali: il divario tra tasso d'inflazione obiettivo e tasso d'inflazione effettivo
e lo scostamento tra il tasso di disoccupazione dal suo livello naturale.

Tassi di cambio, prezzi ed aggiustamento internazionale

- Il tasso di cambio reale è il rapporto tra prezzi esteri e prezzi interni, calcolati nella stessa
moneta. Esso misura la competitività di un paese nel commercio internazionale.
- Due valute si trovano al livello della parità dei poteri d'acquisto, quando un'unità della moneta
nazionale può acquistare lo stesso paniere di beni nel paese in cui circola o all'estero.
- La parità dei poteri d'acquisto si misura attraverso il tasso reale di cambio.
- Se il tasso di cambio reale è uguale a uno, le monete si trovano dunque al livello di parità dei
poteri d'acquisto.
- Un tasso di cambio reale superiore all'unità significa invece che i beni commerciati all'estero
sono più costosi di quelli prodotti a livello nazionale, si parla in questo caso di deprezzamento
reale.
- Un tasso di cambio reale inferiore all'unità significa invece che i beni commerciati all'estero sono
meno costosi di quelli prodotti a livello nazionale, si parla in questo caso di apprezzamento reale.
- La teoria della parità dei poteri d'acquisto, pur essendo valida nel lungo periodo, è solo uno
dei fattori che determinano il tasso di cambio nel breve periodo.
- In regime di cambi fissi, il meccanismo di aggiustamento automatico agisce attraverso i prezzi e
la quantità di moneta. La disoccupazione provoca la discesa dei salari e dei prezzi ed un aumento
di competitivita, una crescita delle esportazioni nette e quindi un incremento dell'occupazione.
- La quantità di moneta reagisce agli squilibri della bilancia commerciale influendo sui tassi
d'interesse, sul livello della spesa e pertanto sul saldo della bilancia dei pagamenti.
- Se i responsabili della politica economica intendono perseguire sia l'equilibrio interno sia quello
esterno è quindi necessario combinare politiche di modifica della spesa (svalutazione o
rivalutazione) con politiche di riduzione (o di incremento) della spesa.

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- La svalutazione è un aumento di prezzo della valuta estera in termini di valuta nazionale: dati i
prezzi nominali in due paesi, essa accresce il prezzo relativo dei beni importati nel paese che la
attua e riduce il prezzo relativo dei beni esportati dallo stesso paese.
- La svalutazione rappresenta il principale strumento di politica economica per correggere i
disavanzi della bilancia commerciale in un regime di tassi di cambio fissi.
- La svalutazione può essere vanificata, se è accompagnata da un aumento dei prezzi interni:
l'importante è che un paese con un deficit estero riesca a ridurre i pro-pri prezzi espressi in valuta
estera, P/e; se invece la svalutazione determina un incremento dei prezzi interni pari all'incremento
del tasso nominale di cambio, non vi sarà alcun miglioramento di competitivita.
- Poiché i flussi commerciali si adeguano solo gradualmente ad una variazione del tasso di
cambio reale, si ha una curva a forma di "J": un deprezzamento reale fa peggiorare il saldo della
bilancia commerciale nel breve periodo, ma poi, con il passare del tempo, il saldo della bilancia
commerciale migliora.
- Dato un certo livello dei prezzi, un'espansione monetaria, in un sistema di cambi flessibili in cui vi
sia perfetta mobilità dei capitali, provoca un deprezzamento della valuta e un aumento del reddito.
Nel caso in cui anche i prezzi sono flessibili, l'adeguamento della produzione è solo transitorio. Nel
lungo periodo un'espansione monetaria provoca un deprezzamento della moneta e un aumento
dei prezzi, quindi non si ha alcuna variazione della competitivita.
- L'overshooting dei tassi di cambio è una conseguenza del fatto che i tassi di cambio
reagiscono immediatamente alla politica monetaria, mentre i prezzi si adeguano lentamente.
Un'espansione monetaria provoca un deprezzamento immediato ed un aumento graduale dei
prezzi; l'overshooting dei tassi di cambio implica che i tassi di cambio reali sono molto variabili.
- I capitali finanziari tendono a spostarsi, se non ci sono barriere di tipo legale o istituzionale, da
un paese all'altro attratti non solo dai differenziali dei tassi d'interesse, ma anche dalle variazioni
attese dei tassi di cambio.
- In un paese la cui moneta tende a deprezzarsi, i tassi d'interesse devono essere abbastanza
elevati, dati i tassi di interesse internazionali, per compensare il deprezzamento ed arrestare il
deflusso di capitali.
- Le aspettative riguardo ai tassi di cambio, attraverso il loro impatto sui flussi di capitali e quindi
sui tassi di cambio effettivi, possono turbare l'equilibrio macroeconomico, cosa di cui devono
tenere conto i responsabili della politica economica che tentano di stabilizzare i tassi di cambio in
presenza di elevata mobilità dei capitali.
- Le aspettative di una svalutazione possono innescare una crisi del tasso di cambio. Di fronte a
tali aspettative, le autorità monetarie possono arrendersi e svalutare, oppure lottare per difendere
la parità, al costo di un tasso di interesse molto alto e di una potenziale recessione.

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L'evoluzione del sistema monetario internazionale

- Gli accordi monetari internazionali che si sono succeduti nel corso della storia sono stati
sviluppati per fornire al commercio internazionale le adeguate risorse finanziarie.
- L'evoluzione del sistema monetario internazionale dopo il primo conflitto mondiale può
essere vista come una serie di risposte agli squilibri dell'economia internazionale derivanti dalla
riconversione dei sistemi produttivi dalla produzione bellica a quella di pace, prima, e dalla
propagazione degli effetti della crisi del 1929 che colpì l'economia statunitense, dopo.
- La prima lezione che si può trarre da quell'esperienza è che i tassi di cambio liberamente
fluttuanti sono intrinsecamente soggetti ad enorme volatilità, com'evidenziato dal principio
dell'overshooting.
- In secondo luogo, le svalutazioni competitive inevitabilmente scatenano ritorsioni, con un
peggioramento generale della situazione.
- Infine, un sistema monetario internazionale è stabile solo se si basa su un unico centro; una
doppia leadership, quale quell'anglo-americana che ha caratterizzò gli anni Venti e Trenta, può
essere considerata una fonte d'instabilità.
- Il sistema di Bretton Woods si proponeva di evitare le svalutazioni competitive, tipiche del
periodo tra le due guerre, stabilendo un sistema di tassi di cambio fissi basato sul legame tra il
dollaro statunitense e l'oro.
- L'oro costituiva lo standard fondamentale, ma per tutte le valute il legame avveniva tramite il
dollaro, da cui il nome di gold exchange standard dato al sistema di Bretton Woods. Il sistema
quindi si basava sulla capacità degli USA di mantenere la parità dichiarata di 35 dollari per oncia
d'oro.
- La fine del sistema di Bretton Woods nel 1971 è riconducibile all'incoerenza interna di un
sistema che richiedeva che gli Stati Uniti fornissero crescenti stock dì riserve internazionali
convertibili in oro. I grandi deficit della bilancia dei pagamenti statunitense della fine degli anni
Sessanta crearono un ammontare di passività ufficiali sull'estero in dollari che eccedeva di gran
lunga lo stock di riserve auree detenute dagli Stati Uniti.
- La situazione attuale è spesso descritta come un non-sistema, perché ogni paese è libero di
scegliere il proprio regime di tassi di cambio, il ruolo dell'oro è marginale e non c'è alcun accordo
su quale debba essere la valuta internazionale.
- Sui vantaggi relativi dei cambi fissi e flessibili il dibattito è molto ampio ed articolato. I tassi di
cambio flessibili possono imporre ampie e costose oscillazioni di breve periodo dei tassi di cambio
nominali e reali. D'altronde fissare il tasso di cambio non solo richiede la conoscenza del corretto
tasso reale di cambio, ma presuppone anche la capacità per i responsabili della politica economica
di identificare le variazioni delle caratteristiche fondamentali dell'economia - soprattutto le
modificazioni, in termini reali, della competitivita e della ricchezza - che richiedono cambiamenti
dello stesso.

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- Uno degli aspetti più appariscenti della globalizzazione è dato dall'unificazione dei mercati
finanziari: capitali in cerca di profittevoli occasioni d'investimento possono oggi rivolgersi all'intero
scacchiere internazionale.
- Ciò è stato reso possibile, sia da modifiche istituzionali, sia da innovazioni tecnologiche, le quali,
combinandosi tra loro, sono all'origine di una crescita impetuosa dei flussi finanziari.
- I risultati di tali modifiche appaiono controversi: da un lato, la disponibilità di mezzi finanziari non
è più ristretta entro i confini nazionali, il che pone almeno virtualmente alla portata di qualsiasi
paese le risorse finanziarie necessarie per sostenere la propria crescita; d'altro canto, il
funzionamento di una struttura di mercato così complessa richiede regole che siano di garanzia
per tutti gli operatori che vi partecipano.
- La necessità di una riforma condivisa delle istituzioni monetarie internazionali è resa necessaria
dalle numerose crisi che hanno turbato la stabilità dei mercati finanziari nell'ultimo ventennio, le
quali hanno fornito prove ripetute degli effetti perversi che la natura speculativa dei movimenti di
capitale può determinare provocando in alcuni paesi una caduta dei livelli di attività, nonché
ripercussioni che possono trasmettersi a tutti i mercati finanziari e, per tale via, a tutte le economie
reali.
- Nell'attuale tendenza alla globalizzazione economica e finanziaria che caratterizza la quasi
totalità dei paesi del mondo, assume una particolare interesse la vicenda europea della
costituzione dell'Unione Economica e Monetaria Europea (UME) e l'introduzione dell'Euro quale
valuta comune tra i paesi che vi partecipano.
- L'adozione di un'unica valuta, quale è l'Euro, equivale ad adottare un regime di cambi
irrevocabilmente fisso all'interno dell'UME. In questo caso il tasso di cambio non si aggiusterà
automaticamente per soddisfare eccessi di domanda e/o di offerta di valuta estera come avviene
in regime di cambi flessibili.
- La presenza di un'unica valuta costituisce, d'altronde, un indubbio vantaggio giacché riduce
notevolmente i costi di transazione legati alla conversione di una valuta nell'altra.
- Tuttavia la valuta unica impedisce di utilizzare il tasso di cambio come strumento di politica
economica; ciò potrebbe rivelarsi costoso in presenza di scarsa mobilità del lavoro, limitata
concorrenza nei mercati se i paesi europei fossero colpiti da shock asimmetrici.
- Questi fattori sono parzialmente presenti nel caso dell'UME, tuttavia è possibile che proprio la
costituzione dell'unione induca istituzioni, governi, famiglie, imprese e sindacati a modificare i
propri comportamenti innescando un circolo virtuoso. Un punto qualificante in tal senso è relativo
alla tutela della concorrenza all'interno dell'UME.
- Un ulteriore meccanismo di aggiustamento che permetterebbe di assorbire uno shock
asimmetrico dal lato della domanda è costituito dall'utilizzo della leva fiscale.
- Queste considerazioni hanno spinto alcuni a ritenere che, una volta raggiunto il coordinamento
delle politiche monetarie, tramite l'adozione di una valuta comune, i paesi aderenti all'UME

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dovrebbero concentrare i propri sforzi per raggiungere un coordinamento delle politiche fiscali,
indispensabili per fronteggiare con successo possibili shock asimmetrici.

Le spiegazioni della crescita economica nel lungo periodo


- Sebbene le economie capitalistiche passano attraverso fasi recessive nell'ambito della dinamica
ciclica, esse tendono tuttavia a seguire nel lungo periodo un processo di crescita, caratterizzato da
aumenti sostenuti sia del PIL totale sia di quello prò capite.
- La crescita economica di lungo periodo e in modo particolare l'aumento del reddito prò
capite, ha fatto la sua comparsa nell'economia mondiale solo nel corso degli
ultimi due secoli.
- Le origini della crescita economica moderna possono essere individuate nel periodo della
Rivoluzione Industriale.
- La fonte dello sviluppo economico è data dallo progresso tecnologico, cioè dall'introduzione di
innovazioni di prodotto e di processo (non sempre distinguibili le une dalle altre) che assicurano la
realizzazione di continui aumenti della produzione e della produttività.
- Una condizione importante perché un paese possa raggiungere un grado elevato di sviluppo
tecnologico è l'esistenza di un contesto sociale che incoraggia la produzione continua di una
grande varietà di nuove conoscenze che hanno rilevanza, direttamente o indirettamente, con i
problemi della produzione di beni e servizi.
- È necessario che si affermi un ceto imprenditoriale capace di recepire queste nuove conoscenze
ed in grado di applicarle su scala sufficientemente ampia, così da renderne possibile lo
sfruttamento sul piano economico.
- Si rendono inoltre necessari dei cambiamenti istituzionali e degli aggiustamenti sociali
indispensabili per incanalare in modo efficiente la nuova tecnologia.
- La crescita economica induce profonde modificazioni nella struttura dell'economia. In genere si
riscontra un modello di sviluppo comune per tutti i sistemi economici interessati da un processo di
crescita.
- Il peso della produzione agricola sul PIL tende, infatti, a diminuire. La contropartita del declino
del settore agricolo è data da, in una prima fase, da un aumento del peso della produzione
industriale, ed in seguito, da un'espansione progressiva del settore dei servizi.
- Anche il processo di urbanizzazione, che si caratterizza per una tendenza alla concentrazione
della popolazione in aree densamente abitate, costituisce un tipico effetto collaterale della crescita
economica.
- Il modello di crescita di Harrod tende ad evidenziare la tendenziale instabilità dinamica del
sistema economico che era già stata sottolineata dall'analisi keynesiana di breve periodo.

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- Nel suo modello Harrod mostra la difficoltà che il tasso di crescita garantito sia pari al tasso di
crescita naturale e che, pertanto, la forza lavoro che nel tempo si rende disponibile possa essere
assorbita.
- I modelli di crescita di derivazione neoclassica, tra cui quello di Solow, hanno cercato di fornire
delle risposte alla possibilità che operino dei meccanismi capaci di assicurare la convergenza dei
due tassi di crescita.
- Nel modello di Solow il prodotto prò capite è una funzione crescente del rapporto capitale-
lavoro e della tecnologia; il risparmio è esattamente uguale agli investimenti, e il tasso di crescita
della popolazione, uguale per definizione al tasso di crescita della forza lavoro, è supposto
costante ed esogenamente determinato.
- Nell'equilibrio di stato stazionario lo stock di capitale ed il livello della produzione crescono tutti
allo stesso tasso, determinato, a loro volta, dal tasso di crescita della popolazione.
- Nel modello si dimostra che un aumento della propensione al risparmio conduce ad un aumento
permanente sia del prodotto prò capite sia del rapporto capitale lavoro, ma non del tasso di
crescita dell'economia nell'equilibrio di stato stazionario.
- Un aumento del tasso di crescita della popolazione conduce invece ad un aumento permanente
del tasso di crescita dell'economia, ma ad una diminuzione del prodotto prò capite nell'equilibrio di
stato stazionario.
- Un aumento del tasso di progresso tecnologico consente infine un maggior tasso di crescita
nell'equilibrio di stato stazionario.
- L'interpretazione del progresso tecnologico nel modello di Solow è che esso sia il frutto della
conoscenza che evolve nel tempo in modo esogeno. Solow ipotizza che l'acquisizione della
conoscenza avvenga a costi praticamente nulli, quindi tutti i paesi dovrebbero essere in grado di
incorporarla nella loro funzione di produzione.
- Ciò implica che i paesi più poveri siano alla rincorsa dei più ricchi, acquisendo le tecniche
necessarie ed imparando a metterle in pratica nell'ambito dei loro sistemi produttivi. Anche se tale
processo fosse lento, si dovrebbe comunque osservare una certa tendenza alla convergenza dei
livelli del PIL prò capite dei vari paesi.
- Il modello dovrebbe prevedere che i paesi più poveri crescano più velocemente per
«raggiungere» i paesi più ricchi. L'evidenza empirica non consente di verificare tali ipotesi.
- Gli standard di vita tra i paesi più ricchi tendono a convergere, mentre quelli dei paesi poveri
sembrano stagnare in una sorta di trappola della povertà, con bassi livelli del PIL prò capite e bassi
tassi di crescita.
- La scomposizione di Solow scompone la crescita in tre componenti principali. La prima è
l'accumulazione del capitale che contribuisce alla crescita in una proporzione pari ad a, la quota
dei redditi da capitale sul reddito totale; la seconda che rappresenta il tasso di crescita delle forze
di lavoro fa aumentare il tasso di crescita del prodotto in misura pari a (1 - a), la quota dei redditi

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da lavoro sul reddito reale complessivo; infine, la terza, è data dal progresso tecnico,
esogenamente determinato, che è misurata in modo residuale una volta calcolate le prime due ed
il tasso di crescita della produzione.
- La mancanza di convergenza tra i tassi di crescita e i livelli di prodotto prò capite tra i vari paesi,
suggeriscono che il progresso tecnico sia "endogeno" e specifico di ciascun paese.
- Un fattore importante della crescita economica è il capitale umano. Siccome non esiste un
mercato organizzato del capitale umano, differenti paesi possono risparmiare ed investire in
capitale umano a tassi molto diversi tra loro. Ciò può rappresentare una spiegazione della mancata
convergenza.
- La conoscenza, il capitale umano e le infrastrutture pubbliche sono fattori che possono originare
esternalità. Misure di politica economica volte ad accrescere la dotazione di questi fattori possono
quindi influenzare positivamente la crescita.

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