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L’ATTIVITA’ ECONOMICA

1.1.1 La centralità della persona e delle società umane nell’analisi


economica.

Le persone, perseguono molteplici fini di varia specie e di vario grado; il


perseguimento di tali fini suscita bisogni; per soddisfare i bisogni le persone
svolgono, l'attività economica, ossia l'attività di produzione e di consumo di
beni economici.

Gran parte dell'attività economica si svolge nell'ambito di società umane,

in particolare nell'ambito di istituti quali le famiglie, le imprese, gli istituti

nonprofit e lo Stato.

1.1.2 I bisogni e i beni

L'attività economica è svolta, per il soddisfacimento dei bisogni. Si definisce


bisogno l'esigenza di un bene

necessario agli scopi della vita. Tradizionalmente, si distinguono due grandi


classi di bisogni: i bisogni naturali (o fisiologici) e i bisogni sociali.
-I bisogni naturali: tratta dei bisogni di alimentazione, di protezione contro
le intemperie e di riposo. Inoltre i bisogni naturali sono universali.

-bisogni sociali : stanno ad indicare la vasta gamma dei bisogni sociali,


etici, estetici e religiosi. Si tratta dei bisogni suscitati dalla sfera spirituale
delle persone e dal fatto che le singole persone interagiscono con vari
insiemi di altre persone che formano le società umane.I bisogni sociali
possono essere distinti in «bisogni radicali» (informazione, giustizia,
libertà, uguaglianza) e in bisogni «non radicali» ( amicizia, sicurezza )

Sia i bisogni naturali sia i bisogni sociali possono essere distinti in bisogni

essenziali (o primari) e bisogni voluttuari (o secondari, o superflui).

- I bisogni voluttuari sono fortemente influenzati (talora forse creati) dal


fenomeno delle mode.

I bisogni delle persone si dispongono in una gerarchia che si manifesta nelle


variazioni delle scelte di consumo al variare dei redditi disponibili; mano a
mano che i redditi disponibili crescono, si accede a certi consumi
abbandonandone altri. L'ordine di priorità è piuttosto rigido per i bisogni e
per i redditi più bassi; variano invece significativamente le preferenze per i
redditi più elevati.

Si distinguono due grandi classi di beni: i beni economici e i beni non


economici. -Sono beni economici le merci ed i servizi utili per il
soddisfacimento dei bisogni delle persone e sono scarsi rispetto alle
esigenze espresse dalle persone.Sono beni non economici, o beni liberi, i
beni non soggetti al limite

di scarsità ossia liberamente disponibili in quantità e qualità più che


sufficienti rispetto alle esigenze di tutte le persone che ne sentono il bisogno.

Molti bisogni sono soddisfatti dal concorso necessario di più beni che

sono denominati beni complementari. Uno stesso bisogno

può essere soddisfatto da beni differenti alternativi; si parla allora di beni


fungibili. Molti beni possono essere progettati, prodotti e venduti da una

certa impresa con caratteristiche particolari differenti rispetto a quelle di

prodotti offerti dalle imprese concorrenti; sono i beni differenziabili.


In altri casi la caratteristica rilevante è una sola, uniforme e costante; quel

bene è offerto con caratteristiche uguali da tutte le imprese; si tratta dei beni
non differenziabili. I beni utilizzati direttamente dalle persone per soddisfare
i loro bisogni sono chiamati beni di consumo, mentre i beni utilizzati per
produrre altri beni sono chiamati beni strumentali. I beni di consumo e i beni
strumentali possono essere beni ad utilizzo singolo oppure beni durevoli a
seconda che cedano la loro utilità totalmente in occasione di un solo
impiego.

1.1.3 Le attività economiche di produzione e di consumo

L'attività economica si svolge mediante varie classi di operazioni:

-Trasformazione tecnica (fisica - come una torta partendo dagli ingredienti,


spaziale costruendo un edificio, logica - cioè dati e informazioni)
trasformando impianti ,dati e conoscenze.

-Operazioni di negoziazione di beni pubblici e privati (tutto il retail), non


trasformano i beni ma li rivendono sul proprio marketplace, agenzie di
lavoro, negoziazioni di capitali come le banche che vendono e acquistano
denaro, sulle coperture dei rischi come le assicurazioni.

-Operazioni di configurazione e di governo degli Istituti come la


configurazione

dell'assetto istituzionale (= distribuzione di diritti e doveri all'interno


dell'azienda),

l'organizzazione, rilevazioni e informazione (come raccolgo e distribuisco i


dati

dell'azienda).

1.1.4 La produzione economica, la produzione dei beni e la produzione di


redditi

Tutte le imprese svolgono attività di produzione economica, ovvero di


marketing o di vendita. Non tutte le imprese attuano in senso stretto di
produzione di beni (merci o servizi). Lo fanno le imprese manifatturiere o
agricole che producono beni tipicamente nella forma di merci. Invece, le
imprese commerciali, le imprese di credito e le imprese di assicurazione non
producono beni, ma la loro attività consiste nello svolgimento di negoziazioni
aventi per oggetto, rispettivamente beni, crediti di prestito ecc …

la produzione economica non è il fine dell'impresa, bensì la funzione


caratteristica

1.1.5 Le condizioni di produzione

La produzione economica è un insieme di operazioni attraverso le quali i beni


sono

trasformati con l'impiego di energie umane e materiali, in modo da renderli


idonei a

soddisfare i bisogni. I fattori di produzione sono:

- materie prime,

- - infrastrutture,

- lavoro, risorse naturali,

- beni pubblici. I fattori di produzione sono fondamentali per ogni impresa e


suscitano, nelle persone che le conferiscono, interessi economici nei
riguardi dell'impresa. I fattori principali sono: il Lavoro, inteso come
complesso di azioni svolte dagli uomini che dedicano in modo continuo la
propria attività lavorativa presso l'impresa, ed il Capitale, destinato ad
essere impiegato per originare una produzione.

1.2 LE PERSONE E I GRUPPI DI PERSONE

Per oltre due secoli, i giuristi hanno rappresentato l'essenza economica

della persona umana usando la figura dell'Homo Oeconomicus, soggetto


egoista,

orientato alla massimizzazione dei propri redditi, infatti secondo la teoria


economica neoclassica, il soggetto ideale delle decisioni economiche,
doveva essere caratterizzato da razionalità e perfetta informazione.

Le moderne ricerche economiche tendono, invece, ad adottare la figura di


persona

umana, membro di una società, che svolge l'attività economica per


soddisfare i propri bisogni, che compiono le loro scelte economiche con
razionalità limitata e che condividono i valori della solidarietà, della lealtà e
del progresso.

L'Attività Economica comporta una serie di continue scelte e decisioni che le


persone seguono attraverso la logica della razionalità assoluta o limitata.

Secondo l'economista Herbert Simon, gli individui, più che fare scelte
ottimali fanno scelte soddisfacenti , per i vincoli svolti dalle organizzazioni e
per i limiti imposti dal sistema cognitivo umano.

Razionalità assoluta
Si tratta di un modello di razionalità che suppone che l’individuo, nel
prendere decisioni, sia in grado di prevedere e controllare, in maniera
lineare ed esaustiva, tutte le possibili variabili incidenti nel processo.

Razionalità limitata
Si tratta di un modello di razionalità che suppone che l’individuo, nel
prendere decisioni, non sia in grado di prevedere e controllare, in
maniera lineare ed esaustiva, tutte le possibili variabili incidenti nel
processo.

Egli, nell’ipotesi di una razionalità assoluta, giungerà a delle scelte


secondo un criterio di ottimizzazione, alla ricerca della soluzione
migliore in assoluto, mentre, nel caso della razionalità limitata, utilizzerà
il criterio della soddisfazione, alla ricerca della soluzione più
soddisfacente nella situazione data.

I GRUPPI SOCIALI

L'uomo, incapace di vivere in modo solitario, porta con sé con la


necessità innata di intessere rapporti diversi con un numero elevato di
altri individui; rapporti che possono avere carattere di occasionalità o di
stabilità e durevolezza. La società, può essere considerata quale
insieme di soggetti che tendono ad aggregarsi fra loro in modi diversi e,
di conseguenza, quale insieme di aggregazioni che possiamo definire
gruppi sociali.Ogni gruppo sociale deve avere un leader che lo guidi ed
attorno ad ogni persona che occupa una certa posizione in una
collettività si forma un sistema di attese di comportamento, ossia un
ruolo. Un gruppo è in equilibrio quando i ruoli sono coerenti e
complementari, se le attese sono incoerenti ed incompatibili si
originano tensioni di ruolo che compromettono l'efficacia e l'esistenza
del gruppo.

La leadership visionaria prevede una linea direttiva che mira


a condividere gli obiettivi e la mission aziendale con i dipendenti, per far
sì che si crei una sorta di ‘sogno condiviso’. Un leader democratico è in
grado di  valorizzare i propri collaboratori  attraverso il coinvolgimento
degli stessi nelle decisioni aziendali. Secondo la teoria X e Y di
McGregor (1960) la gran parte delle soddisfazioni che il dipendente
ricava dalla sua vita lavorativa dipende dal rapporto che il diretto
superiore è capace di instaurare con lui.

La teoria di McGregor (1960) si focalizza sulla definizione di due


possibili concezioni. Le due concezioni sono conosciute come Teoria X
e Teoria Y.

Secondo la Teoria X la direzione e il controllo dei subordinati devono


essere esercitati attraverso l’autorità in quanto il lavoratore medio:

• non ama il lavoro in senso assoluto;

• deve essere obbligato a lavorare;

• preferisce essere guidato;

• non ama assumersi responsabilità;

• non ha ambizioni.

Dall’altro lato la Teoria Y descrive la natura umana con maggiore


accuratezza, suggerendo che tutti gli individui hanno un potenziale da
esprimere e che lo faranno solamente se troveranno un’adeguata
motivazione. Il lavoratore identificato da questa teoria:

• ama il lavoro in quanto fatto di soddisfazioni;

• desidera conseguire degli obiettivi;

• è capace di risolvere da solo i suoi problemi;

• può positivamente contribuire al successo dell’organizzazione;

• desidera essere produttivo;

• ama la responsabilità.

L’ECONOMIA AZIENDALE

L’economia aziendale è una disciplina nata con lo scopo di studiare


l’ordine economico degli istituti ossia l’azienda. E’ necessario ora fare
attenzione poichè azienda ed impresa non sono sinonimi!

AZIENDA E IMPRESA: l'azienda è un complesso di beni organizzati

dall'imprenditore per l'esercizio di un'attività economica, mentre


l'impresa è un'attività economica professionalmente organizzata al fine
della produzione o dello scambio di beni o di servizi.

L’economia aziendale è quindi lo studio dell’ordine economico degli

istituti. Ogni istituto ha un proprio ordine economico “peculiare”. Nelle


famiglie è principalmente il consumo, negli istituti pubblici sono la
produzione ed il consumo di beni pubblici, nelle imprese è la
produzione.

1.3.2 L’innovazione economica e l’innovazione tecnologica

L'attività economica si svolge secondo modalità che variano


intensamente nel tempo. Tali cambiamenti si possono analizzare
usando il concetto di innovazione economica. L' innovazione
economica consiste nella sperimentazione di nuove e più convenienti
modalità di svolgimento delle produzioni e dei consumi.

CAP 2 GLI ISTITUTI

La complessiva società umana è articolata in numerose società umane


“particolari”; ciascuna persona partecipa contemporaneamente a più
società umane.

La partecipazione a gruppi e alle società, più in particolare, risponde a


due obiettivi:

1. Il soddisfacimento dei bisogni di socialità

2. La realizzazione di fini non attuabili individualmente.

Quindi La vita delle persone nella società umana è caratterizzata dal


sorgere e dall'evolversi di

ISTITUZIONI di varia natura, ossia da regole di comportamento stabili


per i singoli e per i gruppi.

Le società umane che assumono caratteri di istituzioni sono chiamate


ISTITUTI (es, famiglie,

imprese, partiti politici, sindacati, Stato..).

Un istituto è un complesso di elementi, di fattori, di energie e di risorse


personali e materiali.

Mentre le imprese sono ISTITUTI tipicamente economici, le famiglie e


gli istituti pubblici territoriali, presentano caratteristiche diverse: sociali,
etiche, religiose e politiche.

2.1.2 Gli istituti, le aziende e i vari tipi di aziende

Si definisce AZIENDA, l’ordine strettamente economico di un istituto,


ossia l’insieme degli accadimenti economici disposti ad unità secondo
proprie leggi.

Di seguito, le tre classi fondamentali di aziende:



1.  Azienda di consumo e gestione patrimoniale (famiglia)

2.  Azienda di produzione (impresa)

3.  Azienda composta pubblica (istituti pubblici territoriali, il cui ordine
economico sono le Pubbliche Amministrazioni)

2.2.1 Le aziende familiari

La famiglia è considerato istituto primario della società umana, ed ha come


fine il soddisfacimento dei bisogni dei suoi membri (educare, crescere,
assistere, ecc.) pur essendo al contempo anche un’unità economica (il
cui fine immediato consiste nel soddisfare i bisogni dei suoi membri) .
L'azienda familiare è anzitutto azienda di consumo combinato con la
produzione di energia di lavoro e di studio. Ad essa pertengono una
proprietà di beni di consumo ed un patrimonio. Il patrimonio è formato
da beni conferiti al momento della costituzione della famiglia, dalle
eredità e dal risparmio; per quanto riguarda il patrimonio parliamo
anche di gestioni patrimoniali ,si tratta di servizi come le banche che
vengono offerti da professionisti del risparmio , il risparmiatore delega
la gestione del proprio patrimonio a questi servizi.

I redditi dell'azienda familiare derivano principalmente dal lavoro


prestato in imprese o in istituti pubblici. La famiglia inoltre, partecipa al
finanziamento delle produzioni e dei consumi degli istituti pubblici
mediante il pagamento di tributi.

Il risparmio all’interno disuna famiglia è originato principalmente dalla


differenza tra il totale dei redditi percepiti ( stipendio), i costi di consumo
(luce, gas) e i tributi pagati( tasse).

2.2.2 Le aziende di produzione

L’espressione “aziende di produzione” è più ampia e indica tutte


quelle organizzazioni che hanno come scopo il conseguimento di un
guadagno che prende il nome di lucro.

Queste aziende sono più genericamente chiamate imprese.

Si chiamano aziende di produzione quelle aziende il cui scopo è


realizzare uno scambio con terze economie (altre aziende,
amministrazioni pubbliche, consumatori finali). Tale scambio ha per
oggetto beni o servizi in cambio dei quali l’impresa riceve un
compenso.

-Le aziende di produzione diretta attuano un processo di produzione


materiale, cioè producono materialmente dei beni o dei servizi.

Sono aziende di produzione diretta:

-le industrie che trasformano le materie prime in prodotti finiti (imprese


tessili, imprese dolciarie, imprese alimentari, imprese automobilistiche,
ecc..);

-le imprese di servizi che producono dei servizi (imprese di pulizia,


imprese di consulenza, imprese di trasporto, ecc..);

-le imprese agrarie che ottengono prodotti agricoli attraverso la


coltivazione dei terreni,

-le imprese edili e di costruzioni che fabbricano edifici, ponti,


autostrade.

Le aziende di produzione indiretta non attuano un processo di


produzione materiale, ma realizzano un processo di trasformazione
economica.

Sono aziende di produzione indiretta:

-le imprese mercantili che acquistano le merci per rivenderle così


come sono;

-le imprese bancarie che raccolgono il risparmio dai risparmiatori e lo


investono concedendo prestiti ai privati e alle aziende favorendo così la
circolazione e l’investimento del denaro;

-le imprese assicuratrici che con la loro attività rendono meno


rischiosa l’attività economica degli assicurati.

2.2.3 Le aziende composte pubbliche ( es. le aziende familiari)

Nelle aziende composte una parte della produzione di beni o servizi è


dedicata al soddisfacimento dei bisogni delle persone che lavorano
nell’azienda, mentre la restante parte della produzione è, invece,
destinata ad essere scambiata sul mercato.

I beni e i servizi prodotti dalle aziende composte sono, quindi, in parte


consumati dai soggetti che appartengono all'organizzazione aziendale
e in parte consumati da soggetti esterni tramite lo scambio di mercato.
Un esempio tipico di azienda composta è quello della piccola azienda
agricola familiare che riserva per sé una parte del prodotto agricolo per
l'autoconsumo e destina la parte residua alla vendita sul mercato.

I Fini immediati delle aziende composte pubbliche sono:

2.2.4 Le aziende nonprofit

Sono aziende non orientate al lucro (non profit) le aziende che, pur
svolgendo un'attività di produzione non solo diretta all'immediato
utilizzo o consumo ma anche parzialmente allo scambio, non si
pongono finalità di guadagno, ma finalità religiose, filantropiche,
culturali, sportive, socio-sanitarie, di ricerca e, in generale, di interesse
sociale.

Sono aziende non profit:


- le famiglie, i circoli ricreativi, sportivi e culturali

-gli enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni)

2.3.1 La specificazione economica

L'attività economica di produzione e di consumo è svolta da persone e da


istituti. variamente "specializzati", e di possessori di distintive competenze
ed abilità. L'attività di

produzione e di consumo è quindi caratterizzata dalla specializzazione


economica.

Sono tre i livelli della specializzazione economica:

1. Nel primo livello si ha la specializzazioni che individua la distinzione dei


tre istituti (nelle imprese si ha la produzione di beni privati; nelle famiglie i
consumi; nelle amministrazioni pubbliche produzione ed il consumo di
beni, soprattutto servizi, pubblici

2.2 secondo livello intermedio: si ha la specializzazione


Scrivi
nell'ambito di ciascuna classe di istituti appartenenti alla stessa
per macro classi.

inserire
testo 3 terzo livello di maggior dettaglio: specializzazione nell'ambito
delle singole aziende, dove le singole persone e unità organizzative
svolgono compiti particolari, utilizzando speciali competenze e
risorse.

La specializzazione ha moltissimi vantaggi come :


-le attività si svolgono più efficacemente ,più rapidamente e soprattutto con
una qualità maggiore.

-La differenziazione degli orientamenti tencnici e manageriali: a compiti


specializzati possiamo far corrispondere persone con orientamenti tecnici
spiecializzati e quindi abbiamo anche un un miglioramento del
raggiungimento degli obbiettivi

-i costi di apprestamento e di passaggio tra le fasi: se una stessa persona


deve compiere più di una fase di un certo processo produttivo , perde molto
più tempo perché deve abituarsi alla nuova attività

Gli svantaggi della specializzazione


- i costi elevati di coordinamento: più specializzazione c’è, maggiore sono le
fasi da

coordinare.

- la demotivazione di coloro che svolgono sempre la stessa identica attività

-i costi di rigidità e gli investimenti specifici: impianti che svolgono la solita


attività

LA DIFFERENZIAZIONE DEGLI ISTITUTI


MODELLI ECONOMICI ALTERNATIVI
La società umana si articola in una pluralità di istituti di varia natura e
differenziati; per comprendere la natura degli istituti dobbiamo riflette in
merito ad alcuni punti:

1. Perché l’attività economica non è totalmente svolta all’interno delle


società umane elementari, ossia delle famiglie? Gran parte dell’attività
economica non viene svolta all’interno delle famiglie per via del fenomeno
delle economie di specializzazione, ovvero che le persone specializzate sono
più efficienti rispetto a persone non specializzate, e perché i volumi di
produzione ottenibili sarebbero molto scarsi anche a causa dell’impossibilità
di adozione di determinate tecnologie progredite.

2. Perché le singole persone specializzate nello svolgimento di piccole


sezioni di attività economica, tendono ad aggregarsi in istituti anziché
operare indipendentemente scambiandosi input e output secondo le regole
del mercato? Le singole persone possono operare come entità autonome
scambiandosi input e output ma questo non è particolarmente efficiente per
via dei costi di transizione, costi di integrazioni e per via dei bassi capitali
che hanno le singole persone.

3. Perché l’intera attività economica non si svolge nell’ambito di una sola


grande organizzazione che suddivide, pianifica e coordina l’attività di tutti i
soggetti assicurando così l’integrazione ottimale dei singoli contribuenti? La
capacità umana di raccogliere e di integrare una grande massa di
informazioni è grandemente inferiore a quanto richiesto; così
nell’applicazione di modelli economici vengono dispersi enormi volumi di
conoscenze e di capacità individuali e sociali.

4. Perché i vari istituti esterni alle famiglie si differenziano in macroclassi


quali le imprese, gli istituti pubblici, gli istituti nonprofit? Il formarsi di 3
macroclassi di istituti è dovuto principalmente ad alcuni fattori, come:
l’opportunità di sfruttare l’efficienza e l’innovatività di imprese che operano
nei mercati; la necessità di interventi dello Stato; l’opportunità di dare spazio
ad attività organizzate ispirate da motivazioni altruistiche.

5. Perché all’interno di ciascuna macroclasse si trovano realtà molto diverse


tra di loro? La grande varietà di forme all’interno di una macroclasse è dato
da vari fattori come: le differenti caratteristiche dei prodotti e dei mercati; la
ricerca di vantaggi competitivi; l’innovazione; le differenze di competenze. Le
differenze che promuovono invece l’uniformità di configurazione delle
imprese sono: l’imitazione delle forme adottate da altre imprese di successo;
l’adattamento a modelli di impresa giudicati affidabili e correttti; l’uniformità
delle regole formali; l’integrazione tecnica dei mercati tramite lo sviluppo di
fonti di energia, sistemi di comunicazione e di trasporto, dei mercati
finanziari regolamentati.

CAP 3 LE COMBINAZIONI ECONOMICHE

Le combinazioni economiche generali sono date dall’insieme complessivo


delle operazioni economiche svolte dalle persone all’interno di un istituto.
Per poter capire l’economia degli istituti (come si formano i costi e i ricavi;
perché e come si hanno utili o perdite; perché ci si deve indebitare oppure
no; ecc.) è essenziale saper analizzare l’articolazione (ossia la struttura) delle
combinazioni economiche che in essi si svolgono.

LE COORDINAZIONI PARZIALI DELLE IMPRESE

Sono l’insieme delle attività che hanno la funzione di ideare e di sviluppare


nuovi prodotti e nuovi processi produttivi. Inoltre,si svolge utilizzando
particolari competenze di progettazione, di calcolo, di prova, e così via

Le coordinazioni parziali di tutte le imprese sono riconducibili alle seguenti


classi e sottoclassi:

• Configurazione dell’assetto istituzionale

• Gestione

– Gestione caratteristica

– Gestione finanziaria

– Gestione patrimoniale

– Gestione tributaria

– Gestione assicurativa

• Organizzazione

• Rilevazione

LE NEGOZIAZIONI

Lo svolgimento delle combinazioni economiche si attua in parte attraverso


insiemi di operazioni interne (es. attività di progettazione, di fabbricazione, di
rilevazione).

Le classi di negoziazioni svolte dalle imprese sono:

- Negoziazioni di beni privati;

- Negoziazioni di beni pubblici;

- Negoziazioni di lavoro;

- Negoziazioni di capitale di rischio;

- Negoziazioni di capitale di prestito;

- Negoziazioni di rischi particolari.

Quando si svolge una negoziazione, il venditore e il compratore sostengono


dei costi di attivazione e di gestione della negoziazione, denominati costi di
transazione.

Per attivare e mantenere relazioni di lungo periodo una delle parti è indotta
ad effettuare investimenti il cui valore può azzerarsi (o ridursi drasticamente)
quando una relazione si interrompesse. Tali investimenti sono denominati
investimenti specifici.

Spesso le parti di una negoziazione omettono informazioni che potrebbero


danneggiare la negoziazione stessa, ci troviamo di fronte una situazione di
asimmetria informativa, che può portare a comportamenti opportunistici.

Negoziazioni di beni privati

Le negoziazioni di beni privati sono le operazioni di acquisto e di vendita di


merci e servizi che sono ceduti da soggetti privati (imprese, famiglie, istituti
nonprofit ), ossia non dallo Stato.Di regola, nelle economie moderne, le
negoziazioni di beni privati si svolgono secondo la forma dello scambio
monetario ossia mediante lo scambio di un bene a fronte di una quantità di
moneta.Nello scambio monetario il prezzo complessivo può essere pagato
«in contanti»», ossia al momento del perfezionamento del contratto, oppure
in un tempo successivo; in questo caso, per il venditore sorge un credito di
regolamento e per il compratore un debito di regolamento. Grande
attenzione deve essere dedicata da coloro che conducono le negoziazioni di
beni privati come: la qualità del bene oppure le condizioni di assistenza pre e
post acquisto.

LE ATTIVITA’ DI CONFIGURAZIONE DELL’ASSETTO ISTITUZIONALE


Sono le operazioni che determinano la nascita, il disegno di base, le
trasformazioni e la cessazione dell’istituto.

LA GESTIONE
La gestione è il vasto insieme di operazioni attraverso le quali l’impresa attua
direttamente la produzione economica (progetta, acquista, trasforma,
vende).

La gestione è utilmente scomponibile in cinque insiemi di attività:

– gestione caratteristica

– gestione finanziaria

– gestione patrimoniale

– gestione tributaria

– gestione assicurativa

LA GESTIONE CARATTERISTICA

l suo risultato è la differenza fra i ricavi ottenuti a fronte della vendita di beni
o servizi oggetto dell’attività dell’azienda e i costi sostenuti per realizzarli
(spese commerciali, costi di produzione, spese amministrative e generali).

Tale dato, chiamato Reddito Operativo della Gestione Caratteristica, è di


fondamentale importanza nella valutazione di un’azienda perché ne misura
l’effettiva capacità di generare reddito.

All’interno della gestione caratteristica vi sono:

-operazioni di ricerca e sviluppo: si tratta di attività che configurano il


prodotto e la sua fabbricazione

-operazioni di acquisto di merci e di servizi destinati alla produzione, si

possono distinguere; a) acquisto di fabbricati, impianti e macchine


b )acquisto di materie prime destinate alla lavorazione

-operazione di fabbricazione: consiste nelle attività di lavorazione e di


assemblaggio delle materie prime

-operazione di commercializzazioni: si tratta di vendere i prodotti


dell’impresa massimizzando la convenienza economica della stessa

-operazioni di logistica: consiste nelle operazioni svolte per trasportare,

immagazinare e movimentare le materie prime, i semilavorati e i prodotti


finiti.

GESTIONE FINANZIARIA

Con gestione finanziaria si intende l’insieme di tutte le operazioni e decisioni


finalizzate al reperimento e all’uso di capitale (denaro sonante in parole
povere) necessario al funzionamento della tua attività. La gestione finanziaria
interessa tutte le operazioni aziendali  che, per poter funzionare, necessitano
ovviamente di risorse: dal pagamento dei dipendenti, all’acquisto di beni,
macchinari e attrezzature, bollette, affitti, ecc…Tutte queste attività
richiedono un determinato fabbisogno di liquidità per poter essere
produttive. Il fabbisogno finanziario delle imprese deriva essenzialmente dal
fatto che di norma le imprese devono sostenere i costi ed effettuare i
pagamenti prima di poter vendere i prodotti, di conseguire i relativi ricavi e di
realizzare i conseguenti incassi.

Il fabbisogno finanziario di un’impresa può ricorrere essenzialmente a due


fonti: il capitale proprio (o capitale di rischio) e il capitale di prestito.

Le negoziazione di capitale proprio

Le negoziazioni di capitale proprio consistono nell'acquisire la

disponibilità di mezzi monetari a titolo di capitale proprio; i conferenti di

capitale proprio apportano all'impresa mezzi monetari attendendosi ai


risultati reddituali dell’impresa. I conferenti di capitale proprio decidono
quanta parte debba essere distribuita ai soci e quanta parte debba essere
trattenuta nell'impresa per alimentarne lo sviluppo. Per quanto riguarda il
rimborso del capitale proprio, si intende che questo avverrà di regola al
momento della cessazione della vita dell'impresa, ma il conferente di
capitale proprio può, a determinate condizioni, decidere di cedere la propria
quota ad altre persone prima di tale cessazione; quando la cessione si
realizza (o quando l'impresa cessa) il conferente di capitale proprio realizza
un guadagno (o subisce una perdita) in conto capitale che rappresenta una
parte essenziale della rimunerazione del suo investimento.

Le negoziazioni di capitale di prestito

Le negoziazioni di capitale di prestito hanno per oggetto l'acquisizione e la


cessione di mezzi monetari destinati alla copertura dei fabbisogni finanziari
delle aziende.l soggetto che riceve il capitale di prestito si impegna a
rimborsarlo entro certi tempi (in una sola soluzione o in più rate) e concorda
di pagare un prezzo sotto forma di interessi passivi, gli interessi passivi sono
proporzionati alla quantità di denaro ricevuta in prestito, alla durata della
disponibilità. Il ricorso al capitale di prestito si può realizzare in forme molto
differenti: a) i conferenti di capitate di prestito possono essere aziende di
credito, altre imprese, famiglie, b) le forme tecniche vanno dai mutui bancari
alle emissioni obbligazionarie agli scoperti di conto corrente; c) i tempi
previsti di rimborso possono essere molto brevi o estendersi anche a molti
anni.

GESTIONE PATRIMONIALE

Può accadere che, per un certo periodo di tempo, un’impresa disponga di


mezzi monetari in eccesso rispetto a quanto richiesto dalla gestione
caratteristica (in generale, dalle altre gestioni); in questi casi, si attiva la
gestione patrimoniale che consiste nell’investimento di tali mezzi monetari al
fine di trarne un reddito. L’investimento può consistere, ad esempio,
nell’acquisto di titoli di Stato o di azioni di altre imprese.La gestione
patrimoniale è in linea di principio una gestione “attiva”, ma talvolta può
provocare perdite.

In corrispondenza delle scelte di investimento, la gestione patrimoniale si

attua attraverso vari tipi di negoziazioni:

• negoziazioni di capitale di prestito, se si decide di investire in titoli di Stato


o in obbligazioni emesse da imprese;

• negoziazioni di capitale di rischio, se si decide di comprare azioni (quo-

te di capitale di rischio) di imprese puntando sulla distribuzione di dividendi

e sui guadagni in conto capitale;

• negoziazioni di beni privati, se l'investimento consiste nell'acquisto di

beni da reddiro e da rivalutazione (immobili, preziosi, opere d'arte, ecc.);

GESTIONE ASSICURATIVA

Ciascun istituto è soggetto ad un rischio economico generale, ossia alla

possibilità che le combinazioni economiche producano perdite che ne


sostengono o ne minacciano la vita duratura. Ciascun

istituto è però soggetto anche a rischi particolari (o rischi specifici) che


possono essere oggetto di «copertura» mediante assicurazione: Si tratta di
rischi come FurtI, incendi ecc.Le negoziazioni tipicamente suscitate dalla
gestione assicurativa sono denominate negoziazioni di rischi specifici o, con
termini correnti, contratti di assicurazione, e sono volte a coprire in forme
varie i danni derivanti da possibili eventi negativi nell'ambito della gestione
caratteristica, della gestione patrimoniale e di aspetti speciali della gestione
tributaria. Un tipico contratto di assicurazione contiene: una definizione del
tipo di evento e di danno coperto dalla polizza; un elenco di eventi e di danni
analoghi, ma esplicitamente esclusi dalla copertura; un elenco di circostanze

GESTIONE TRIBUTARIA

Deriva dal fatto che tutte le imprese sono soggette al pagamento di tributi di
varia natura a fronte del diritto di fruire dei beni pubblici messi a disposizione
dallo Stato.

Si possono distinguere: a) tributi correlabili direttamente ai beni acquisiti;


( trasporti pubblici ) b) tributi non correlabili direttamente all’uso di particolari
beni pubblici.( la polizia locale , le strade )

Da questo punto di vista, la gestione caratteristica e la gestione patrimoniale


sono due tipiche gestioni attive nel senso che da esse ci si attendono
risultati reddituali positivi, mentre le gestioni finanziaria, assicurativa e
tributaria sono tre tipiche gestioni passive.

Le negazioni di beni pubblici

Per quanto detto, nel caso dei beni pubblici il termine negoziazione si

deve intendere in senso molto ampio; si fa qui riferimento alla vastissima

gamma di operazioni mediante le quali da un lato gli istituti della pubblica

amministrazione cedono i beni pubblici e, dall'altro lato, le famiglie e le

imprese li acquisiscono Mediante un tributo

Le attività di organizzazione e di rilevazione

La progettazione dell’assetto organizzativo consiste anzitutto nella


progettazione della struttura organizzativa dell’impresa: si definiscono i
compiti da svolgere, si assegnano insiemi di tali compiti agli organi che
formano la struttura e alle persone che vi operano, si giunge a far sì che
ciascun prestatore di lavoro sappia quali attività deve svolgere, a quale unità
organizzativa (reparto, ufficio ecc.) appartiene, chi è il suo capo e così via.
Complementare alla progettazione della struttura organizzativa è la
progettazione dei sistemi operativi che si suddividono in:

a) sistemi di pianificazione e di programmazione attraverso i quali si


definiscono le strategie da perseguire; b) sistemi di gestione del
personale che definiscono le regole in merito alle modalità di
ingresso delle persone, alla loro retribuzione ecc.

CAP 4 ASSETTO ISTITUZIONALE (= GOVERNARE)L’istituto è


considerato come l’insieme di soggetti che forniscono dei contributi e che
ricevono ricompense; questi soggetti sono anche chiamati PORTATORI
D’INTERESSI. Affinchè la vita di un istituto sia duratura è necessario che il
suo governo sia unitario, ovvero:
a) che i contributi forniti dai vari soggetti siano organizzati in un quadro
unitario e complementari, cosi da garantire il perseguimento del bene
comune;
b) è importante che la responsabilità delle decisioni ultimesiaattribuitaaunsolo
organo (principio di unità del comando) cosi da dare chiarezza alle linee di
comando.
Per realizzare un governo efficace occorre prendere una serie di decisioni,
ovvero:
a) decidere il/i soggetto/i a cui assegnare il diritto e dovere di governare
l’istituto;
colui che ha questo compito prende il nome di SOGGETTO D’ISTITUTO.
b) occorre delineare quali siano i fini istituzionali che il soggetto d’istituto deve
perseguire.

c)occorre configurare una serie di organi e di meccanismi di governo che


consentano al soggetto d’istituto di governare efficacemente; l’insieme di
questi organi è chiamato anche STRUTTURA DI GOVERNO.

La combinazione di tutti questi elementi coincide con la configurazione


dell’ASSETTO ISTITUZIONALE. In particolare il soggetto d’istituto e le
strutture di governo permettono di attivare dei rapporti costruttivi con tutti i
portatori di interessi.

Quando i portatori d’interesse, con relativi contributi e ricompense


rimangono stabili nel tempo, solitamente anche soggetto d’istituto e strutture
di governo rimangono stabili. Quando invece lo sviluppo dell’istituto richiede
nuovi portatori d’interesse, contributi e ricompense, allora è probabile che
cambino anche i soggetti d’istituto e le strutture di governo. Per analizzare
correttamente un assetto istituzionale è necessario avere un quadro chiaro
dei portatori d’interessi, tenendo conto che ognuno fornisce contributi
diversi; in questo senso può essere utile distinguere tra AZIONISTI DI
MAGGIORANZA E AZIONISTI DI MINORANZA. Può essere inoltre utile
capire che tipi di contratti regolano i portatori d’interessi all’istituto. Da
queste osservazioni possiamo notare che:

a) attorno a un istituto vi sono sempre interessi di varia natura (economici,


sociali, morali ecc);

b)i vari interessi sono parzialmente in competizione tra loro poiché il


soddisfacimento di uno può compromettere quello dell’altro;

c) molte relazioni sono dettate da scambi di prestazioni reciproche, ma a


volte può anche esserci asimmetria tra ciò che un soggetto dà e ciò che
riceve (vedi destinatario di beneficenza);

d) le relazioni sono spesso influenzate da rapporti di forza


contrattuale(investimenti specifici, asimmetria informativa ecc );

e) spesso le attese dei soggetti sono implicite, cioè non dichiarate ma


sottintese.

4.2.2 Il sistema degli interessi convergenti nell’impresa

Sono numerosi i soggetti che offrono contributi alle imprese e che ne


ottengono ricompense. La prima classe che analizziamo è quella dei
PRESTATORI DI LAVORO.

I prestatori di lavoro conferiscono il loro lavoro qualificabile in termini di:

tempo dedicato all'impresa; competenze possedute e messe a disposizione

dell'impresa; impegno ed energia profusi nell'attività lavorativa;


imprenditorialità e creatività espressi nello svolgimento dei compiti loro
assegnati; risultati conseguiti.In cambio, i prestatori di lavoro si aspettano
dall'impresa: una rimunerazione periodica.

L'impresa, per contro, dei prestatori di lavoro attese di lealtà, obbedienza


nell'ambito di quanto previsto dal contratto di lavoro, elevato impegno,
disponibilità al cambiamento. Per quanto riguarda i contratti che regolano i
rapporti di lavoro si può affermare che: il prestatore di lavoro gode di diritti
ampi, ma corre sempre il rischio di perdere il lavoro, specie quando i risultati
sono scarsi; le retribuzioni sono proporzionate alle mansioni svolte, alle
competenze del prestatore di lavoro e ai risultati ottenuti.

Questi rapporti possono tuttavia essere influenzati da una serie di fattori


quali il rapporto tra domanda e offerta di lavoro, che può spostare la forza
contrattuale verso le persone o verso le imprese, e gli investimenti specifici
effettuati dal prestatore di lavoro.

I rapporti di lavoro sono quindi regolati da una serie di contratti espliciti che
determinano le modalità d’assunzione, di rimunerazione, di assicurazione, di
dimissione, di licenziamento ecc, ma anche da patti impliciti riguardanti
l’impegno, i tempi di carriera ecc. Inoltre i prestatori di lavoro possono
partecipare ai risultati reddituali dell’impresa sia in maniera esplicita (premi di
produzione, partecipazione agli utili) sia in maniera implicita (retribuzioni più
alte nelle imprese a maggiore redditività)

Altra categoria di portatori d’interessi è rappresentata dai CONFERENTI


CAPITALE DI RISCHIO, i quali conferiscono mezzi monetari di capitale
proprio all’impresa, a titolo di rischio. I conferenti capitali di rischio hanno
diritto agli utili prodotti dall’impresa, possono cedere tali diritti vendendo la
propria quota e, in caso di liquidazione dell’impresa, hanno diritto a parte del
patrimonio. Essi si attendono solitamente due tipi di rimunerazioni: una
liquidazione periodica degli utili e u guadagno in conto capitale,
rappresentato dalla differenza tra quanto conferito e quanto realizzato al
momento della cessione delle proprie quote o della liquidazione dell’impresa.

In ogni caso non è detto che il conferente capitale di rischio ottenga una
rimunerazione positiva; essa infatti può anche manifestarsi come perdita,
anche per questo nelle imprese capitalistiche occidentali i conferenti capitale
di rischio hanno il diritto-dovere di esercitare il governo economico
dell’impresa. Solitamente i conferenti capitale di rischio hanno delle
aspettative nei confronti dell’impresa, tra le quali:

a) una rimunerazione del capitale soddisfacente rispetto a quella ottenibile


con investimenti alternativi;

b) la possibilità di cedere le proprie quote in tempi e condizioni convenienti;

c) la possibilità di influenzare e controllare il governo dell’impresa.

I conferenti capitale di rischio possono essere di vario tipo, ciò è dovuto a


delle varianti quali:

a) la numerosità dei conferenti capitale di rischio, la distribuzione delle quote


e l’interesse a un ruolo attivo; tutti questi fattori danno origine a vari
conferenti come quello unico, di controllo , di minoranza attiva o di
minoranza passiva;

b) la natura giuridica dei conferenti capitali di


rischio;famiglie,imprese,statoecc; 18

c) il grado di concentrazione di rischio del soggetto che può aver investito


gran parte del patrimonio, cosi come una piccola parte. Dal punto di vista
dell’impresa, l’interesse è sicuramente quello di avere molti soggetti disposti
a investire capitale di rischio, soprattutto nei momenti di crescita o di crisi.

Un fornitore è una persona o, a volte, un'azienda che fornisce qualcosa a

un'imprenditore in modo che questo possa svolgere la propria attività. Si può

trattare di beni, ovvero prodotti, materiali, approvvigionamento o articoli che

verranno elaborati per essere poi venduti ai consumatori. C'è però anche un
altro tipo di fornitore, quello di servizi, che fornisce la manodopera
necessaria affinché l'attività dell'azienda possa essere svolta in modo
corretto. Ci sono fornitori di servizi di costruzione, progettazione,
produzione, trasporto, Internet e così via.Detto questo, è normale che
l'imprenditore si chiederà se ha davvero bisogno dei fornitori, ma la risposta
sarà sempre affermativa: quella del fornitore è una figura indispensabile. Per
esempio, se ho un negozio di scarpe, avrò bisogno di qualcuno che mi
fornisca scarpe di qualità a un prezzo ragionevole e che non sia in ritardo
con le consegne, altrimenti la mia attività potrebbe subirne le conseguenze
in senso negativo. In conclusione, il successo dell'attività dipende anche in
gran parte dal modo in cui il fornitore fa il proprio lavoro.

Altri portatori di interessi sono i CONFERENTI CAPITALE DI PRESTITO, i


quali forniscono mezzi monetari all’impresa per un dato periodo di tempo in
cambio del rimborso del capitale e del pagamento di interessi passivi. Le
attese delle imprese che ricorrono al capitale di prestito sono: tempi di
rimborso, garanzie, provvigioni favorevoli, varietà e flessibilità delle modalità
di finanziamento, supporto per la scelta delle forme di finanziamento più
convenienti. I conferenti capitale di prestito sono invece principalmente
interessati a fattori quali la trasparenza , la solidità patrimoniale e la
redditività dell’impresa. I rapporti possono assumere caratteri particolari
quando:

a) quando il finanziatore ha investito una quota molto alta del suo patrimonio
in un’impresa in difficolta; in questo caso chiede di partecipare al governo
economico dell’impresa;

b)quando il finanziamento prevede la possibilità che il prestito si trasformi in


capitale di rischio ( prestiti obbligazionari convertibili).

LE IMPRESE DI ASSICURAZIONE sono altri portatori di interessi; esse


coprono rischi particolari al fronte del pagamento di “premi assicurativi”. In
generale valgono le considerazioni fatte per i fornitori.

A volte però non si verificano rischi standard, ma rischi speciali difficili da


prevedere; in queste situazioni di incertezza si verificano due tipi di
comportamento opportunistico:

a) fenomeno della selezione avversa ( persone che sapendo di essere ad alto


rischio, tentano di nascondere questa condizione per pagare premi
standard);

b) fenomeno dell’azzardo morale(in caso di sinistro,l’assicurato,approfittando


della difficoltà di accertamenti oggettivi tende ad esagerare la valutazione del
danno per ottenere un rimborso maggior

Altri portatori di interessi sono I CLIENTI; la numerosità, l’intensità e la


stabilità dei rapporti con i clienti rappresenta una parte fondamentale del
patrimonio di ogni impresa, motivo per cui molte imprese compiono grandi
investimenti al fine di consolidare o sviluppare questi rapporti (pubblicità,
campagne di fidelizzazione ecc).

I Concorrenti giocano un ruolo importante nel mondo economico, poiché


stimolano la competizione. Ciascuna impresa dovrebbe gestire attentamente
le relazioni con le altre imprese, adottando una competizione leale, che si
rispetti la normativa, per creare anche a delle alleanze.

Gli alleati istituzionali sono le imprese partner, come i consorzi, le joint-


ventures e le reti di franchising. Essi hanno il compito di tutelare il marchio e
l’immagine di un’impresa e si aspettano quote associative, stabilità e
cooperazione, mentre le attese delle imprese nei loro confronti sono:
sviluppo di una politica comune ed una collaborazione proficua.

LO STATO ha anche esso numerosi interessi nelle imprese; è infatti visto


come produttore ed erogatore di beni pubblici e come percettore di tributi da
cui le imprese si aspettano sempre qualità dei beni offerti, apparati statali
efficienti e livello impositivo non troppo alto, equità e correttezza; lo Stato si
aspetta invece che le imprese non tentino evasioni fiscali. Lo Stato è inoltre
visto come regolatore del comportamento delle imprese mediante
emanazione di norme e come dispensatore di incentivi finanziari e fiscali.
Infine per alcune imprese lo Stato è anche un importante cliente.

Le Collettività Locali istaurano particolari relazioni con le imprese che


s’impegnano a fornire lavoro agli abitanti di una certa area geografica. Si
aspettano generali condizioni di benessere; invece l’impresa si aspetta di
ricevere impegno e fedeltà da parte dei propri lavoratori e contesti sociali e
politici favorevoli.

Il sistema degli interessi convergenti nelle famiglie

L’operatore famiglia occupa un ruolo primario nel sistema economico, in


quanto la produzione, il consumo, il risparmio e gli investimenti dipendono
dalle scelte e dall’attività economica dei suoi membri. I soggetti che offrono
contributi alle famiglie e che ne ottengono ricompensa sono: i membri, i
prestatori di lavoro presso la famiglia, i fornitori, lo Stato, gli istituti presso cui
i membri prestano lavoro, le altre famiglie legate da rapporti di parentela e gli
istituti cui la famiglia ha prestato capitale di rischio.

IL SISTEMA DI INTERESSI CONVERGENTI NELLO STATO

I portatori di interessi principali sono i cittadini, i quali si aspettano di poter


disporre di beni pubblici in quantità e qualità sufficiente a soddisfare i propri
bisogni. Per contro, lo Stato si aspetta che i cittadini contribuiscano alla
copertura dei costi di produzione tramite pagamento di tributi. La gestione di
tali attese è spesso complicata perché:

a) differenti categorie di cittadini hanno differenti attese e bisogni;

b) i servizi pubblici sono in competizione tra loro poiché gli investimenti fatti
in uno possono precludere gli investimenti fatti in altri;

c) i cittadini propendono sempre verso l’elusione o l’evasione fiscale.

Tra Stato e cittadini vi sono inoltre rapporti economici dovuti al conferimento


di credito di prestito

IL SISTEMA DEGLI INTERESSI CONVERGENTI NEGLI ISTITUTI NON


PROFIT

Come sappiamo esistono numerosi tipi di istituti no profit. Prendiamo come


esempio un istituto impegnato nella valorizzazione del patrimonio artistico e
ambientale; i soci e i finanziatori sentono il bisogno di tutelare questo
patrimonio e forniscono mezzi monetari per il soddisfacimento di tali bisogni.

La collettività apprezza questa iniziativa e lo Stato fornisce contributi sotto


forma di finanziamenti, autorizzazioni, esenzioni ecc., che ci si aspetta siano
utilizzati solo per le finalità dichiarate. Anche i cittadini, apprezzando
l’iniziativa, forniscono contributi sotto forma di mezzi monetari o di lavoro
come volontari; lo Stato e i cittadini possono diventare quindi i principali
fornitori dell’istituto e richiedere quindi di partecipare al governo economico
dell’istituto. Tutti i soggetti condividono inoltre un’attesa comune ad ogni
istituto no profit, cioè che nessuno possa appropriarsi dei risultati reddituali
dell’istituto o disporre del patrimonio. L’istituto no profit prevede l’opera di
prestatori di lavoro regolari ma anche di volontari, con attese naturalmente
differenti. Infine, anche questi istituti hanno dei concorrenti, cioè istituti che
svolgono attività analoghe e che competono per le stesse risorse, con cui le
relazioni sono spesso molto critiche.

L’INTEGRAZIONE DEI CONTRIBUTI:IL SOGGETTO ECONOMICO

Affinché gli istituti possano avere una vita economica duratura, un aspetto
fondamentale è quello della cooperazione, dell’integrità armonica dei
soggetti, dei contributi e delle ricompense. Pensiamo ad un istituto in cui i
soggetti hanno instaurato relazioni di fiducia e cooperazione; questi rapporti
permetteranno di perseguire il bene dell’istituto, cioè la vita economica
duratura, di avere dei soggetti fiduciosi che le ricompense saranno ripartite
in modo adeguato e che eviteranno comportamenti opportunistici.
Sicuramente rapporti di integrazione così positivi porteranno all’istituto
anche dei vantaggi economici quali: bassi costi di transazione, di
coordinamento interno, bassi prezzi-costo degli input, maggiore qualità e
flessibilità degli input, elevato impegno dei prestatori di lavoro, maggior
soddisfazione dei bisogni di socialità dei lavoratori e processi di
apprendimento collettivo all’interno dell’azienda, che porta a produrre un
“vantaggio competitivo”.

Tuttavia, raggiungere un buon livello di integrazione non è cosi semplice; vi


sono infatti degli ostacoli da superare quali:

a) la difficoltà nel proporre un disegno complessivo che garantisca


l’efficienza e la complementarità della combinazione di risorse e
competenze, reso spesso complicato dal fenomeno della specializzazione e
quindi da numerosi soggetti con

obbiettivi e idee diversi;

b) il problema delle risorse limitate,cheponeisoggettiincompetizioneper

l’ottenimento della rimunerazione;

c) gran parte dei risultati derivano da lavori di gruppo, il che rende difficile
assegnare a ciascuno una retribuzione equa al lavoro svolto;

d) l’incertezza produce spesso risultat iresiduali ed è sempre problematico


stabilire a chi debbano andare questi risultati;

e) i vari soggetti dell’istituto hanno differenti propensioni al rischio.

Per cercare di raggiungere un’integrazione ottimale è importante:

• assegnare il diritto-dovere di governo dell’istituto a dei soggetti, che


formeranno gli

organi massimi di governo e che avranno il compito di fissare le linee guida ,


di prendere le decisioni ultime e di guidare il comportamento degli altri
soggetti coinvolti;

• assegnare a dei soggetti il diritto-dovere di percepire i risultati residuali


( solitamente sono gli stessi soggetti che governano l’istituto );

• attuare un assetto organizzativo che permetta di: definire fini, strategie e


politiche dell’istituto, definire i compiti assegnati a ciascuna persona, favorire
la socializzazione delle persone interne all’istituto;

• la scelta dei meccanismi d’integrazione con i soggetti esterni all’istituto,


ovvero: contratti chiari e con eventuali clausole che minimizzino il rischio di
comportamenti opportunistici, sistemi di comunicazione che rendano
l’istituto trasparente agli occhi esterni all’istituto, controllo nei confronti dei
soggetti esterni (controllo delle merci in arrivo) e stipulazione di alleanze,
che riduce il rischio di comportamenti opportunistici.

Le prime due scelte che definiscono l’assetto di governo sono: la scelta del
soggetto d’istituto e la definizione dei fini istituzionali. In linea di massima,
tutti i portatori di interessi partecipano alla guida dell’istituto, ma alcuni lo
fanno direttamente, tramite l’organo massimo di governo (nominato da una
sola categoria di portatori d’interessi), altri lo fanno indirettamente attraverso
strutture di influenza e di controllo. Il soggetto d’istituto ha 2 insiemi
fondamentali di diritti-doveri: quello di governare l’istituto (e quindi anche di
prendere le decisioni ultime), e quello di godere dei risultati residuali, positivi
o negativi che siano.

Questi due diritti sono denominati DIRITTI DI PROPRIETA’. IL SOGGETTO


D’ISTITUTO, quindi, non è solo colui che governa, ma anche colui che si
assume il rischio generale connesso all’attività, e va quindi scelto in modo da
massimizzare la probabilità che l’istituto perduri nel tempo. Solitamente è
opportuno assegnare questi diritti di proprietà a: persone il cui benessere
dipende principalmente dallo sviluppo dell’istituto, persone che hanno
effettuato importanti investimenti specifici, persone che per sentirsi protette
hanno bisogno di governare direttamente e che siano disposte ad assumersi
una quota importante del rischio generale di istituto.

Ogni istituto ha poi degli interessi istituzionali, che coincidono con le attese
del soggetto d’istituto. In ogni istituto convergono interessi economici e non
economici; definiamo INTERESSI ISTITUZIONALI ECONOMICI gli interessi
economici che fanno capo al soggetto d’istituto; definiamo SOGGETTO
ECONOMICO alle quali fanno capo gli interessi economici istituzionali. Vi
sono poi anche interessi non istituzionali che possono essere a loro volta
economici e non economici. L’insieme delle persone che portano gli interessi
istituzionali (economici e non) forma il SOGGETTO D’ISTITUTO; l’insieme
delle persone che portano solo gli interessi istituzionali economici forma il
SOGGETTO ECONOMICO. Il soggetto d’istituto è l’insieme delle persone
che si associano per la realizzazione del bene comune; il soggetto
economico è invece colui che ha i diritti di governo economico.

Il governo economico consiste principalmente nel:

• fissare obbiettivi e strategie di dimensione economica;

• scegliere i soggetti che partecipano alla vita economica dell’istituto e


stipulare contratti appositi;

• mettere in atto le strutture di governo e di controllo dell’istituto e sorvegliare


sul funzionamento dell’istituto, eventualmente apportando le dovute
modifiche. Spesso il soggetto d’istituto e il soggetto economico sono molto
numerosi, di conseguenza non sarebbe efficiente far partecipare ognuno alle
attività di governo economico; per questo vengono configurate delle
strutture che rappresentino adeguatamente gli interessi di tutti i membri del
soggetto economico e che prendano decisioni efficienti.

Nel caso in cui il soggetto economico sia formato da una sola categoria di
portatori d’interessi, solitamente la soluzione è la seguente: la formazione
dell’organo supremo di indirizzo, composto da tutti i membri del soggetto
economico; un organo decisionale di governo economico, composto da
poche persone con competenze manageriali; un organo di controllo che
verifichi l’operato dell’organo decisionale.

L’ORGANO SUPREMO DI INDIRIZZO detta le linee di indirizzo e nomina i


membri degli altri organi.

L’ORGANO DECISIONALE DI GOVERNO ECONOMICO configura e


indirizza l’attività della struttura organizzativa composta da organi direttivi ed
esecutivi.

Eccezione a questo schema è rappresentata dallo Stato, in cui i cittadini


nominano tramite elezioni i rappresentanti degli organi assembleari
rappresentativi (parlamento) e questi nominano poi gli organi decisionali
(governo, giunta ecc) e dalle imprese e no profit composte da più categorie
di portatori d’interessi: in questo caso si configurano più assemblee , una
per ciascuna categoria di portatori d’interessi i quali nominano un organo
intermedio rappresentativo di ogni categoria che, a sua volta, nominerà gli
organi di controllo e di direzione.

Il governo economico DEVE ispirarsi ad alcuni principi tra cui il PRINCIPIO


DI ECONOMICITA’ E IL PRINCIPIO DEL CONTEMPERAMENTO DEGLI
INTERESSI.
La vita duratura deve svolgersi secondo economicità, cioè l’azione
dell’azienda deve ispirarsi al principio della vita duratura economica; tale
principio si realizza quando l’azienda si svolge in autonomia economica, cioè
senza il ricorso sistematico a copertura delle perdite. L’istituto che dipende
sistematicamente da altri per sopravvivere, prima o dopo perderà la sua
autonomia e si dissolverà.

Il principio del contemperamento si attua invece adottando comportamenti e


atteggiamenti ispirati alla logica della partecipazione e del confronto in
quanto tali logiche consentono di evitare gli sprechi di risorse assorbite dalla
gestione dei conflitti e dalla resistenza al cambiamento, oltre che aiutare lo
sviluppo di atteggiamenti innovativi.

GLI ASSETTI DI GOVERNO NELLE FAMIGLIE

Sono membri del soggetto d’istituto ed economico tutti i membri della


famiglia. A volte vi sono anche interessi economici di altre famiglie, legate da
parentela (interessi economici non istituzionale) o casi di famiglie legate da
parentela che condividono un patrimonio comune (interessi economici
istituzionali).

Il governo economico dell’azienda familiare comporta una serie di decisioni


complesse non solo di significato economico; si deve decidere chi prenderà
impegni di studio, chi impegni di lavoro esterno, chi domestico; si devono
decidere i livelli di consumo e di risparmio tenendo conto dei redditi periodici
ma anche la disposizione di patrimoni destinati ai figli e la possibilità di
ricorrere a finanziamenti.

Nella famiglia la prerogativa di governo economico spetta a tutti i membri


che per età siano in grado di prendere le decisioni idonee. Per natura, la
famiglia non necessità di assemblee né organi di decisione; spesso le
decisioni sono invece delegate a un membro che svolge il ruolo di ”capo
famiglia”, altre vengono prese in forma collegiale e molto raramente vengono
formalizzate. Il contemperamento non risulta sempre agevole ma, nella
famiglia più che in altri istituti, valgono i principi del confronto e della
partecipazione, attuati assumendosi secondo etica le proprie responsabilità
e pensando ai bisogni e ai consumi della famiglia.

L’ASSETTO DI GOVERNO NELLE IMPRESE

Attorno a un’impresa possono esserci come abbiamo visto vari portatori di


interessi, a seconda dei quali variano anche gli assetti di governo: in alcuni
casi l’assetto di governo è incentrato su una sola categoria di portatori di
interessi; in altri casi viene dato rilievo a più categorie di portatori di interessi.
Trattiamo il caso di un’impresa nella quale il soggetto d’istituto e quello
economico sono formati da due categorie: conferenti capitale di rischio e
prestatori di lavoro.

Nel mondo occidentale la maggior parte delle imprese sono di tipo


capitalistico, cioè assegnano i diritti di proprietà ad una sola categoria: i
conferenti capitale di rischio. Va però detto che forma e sostanza non
spesso coincidono; infatti, molto spesso i prestatori di lavoro esercitano
un’influenza importante sul governo delle imprese ed altrettanto spesso
accade che i diritti di cui godono tutti i conferenti capitale di rischio siano
esercitati solo da una parte di essi. Quando si adotta un sistema di governo
a due classi si manifestano due problemi:

o la formazione degli organi decisionali di governo; questo problema si


risolve solitamente creando due assemblee, una per ogni categoria, che poi
voteranno a loro volta i membri dell’organo decisionale. Ciò avviene per far si
che entrambe le categorie abbiano il loro spazio nelle decisioni.

o determinazione e ripartizione del risultato residuale tra le due categorie di


portatori d’interessi; in altre parole si tratta di:

a) determinare il risultato reddituale complessivo;

b) assegnare ai conferenti capitale di rischio una rimunerazione adeguata alla


grandezza del loro investimento e del rischio corso;

c) ripartire l’eventuale residuo tra conferenti capitale di rischio e prestatori di


lavoro secondo equità.

alcuni temi invece hanno svolgimento universale qualunque sia la struttura


d’impresa, tra cui:

a) fini dell’impresa,

b) prerogative di governo economico dell’impresa,

c) unità e unitarietà del soggetto economico,

d) applicazione del principio del contemperamento degli interessi,

e) il formarsi di soggetti economici impropri con le annesse inefficienze.

Il fine immediato di ogni impresa è la produzione di rimunerazioni e non la


produzione di ben, che rappresenta invece l’attività caratteristica, o
semplicemente il mezzo scelto dal soggetto economico per produrre
rimunerazioni. Le imprese hanno oltre al fine economico anche fini sociali e
politici, essendo considerate come elemento importante della struttura e del
progresso della collettività.

Il soggetto economico è composto solitamente da una pluralità di persone


con interessi non uniformi; il soggetto economico è però unitario ed unico in
corrispondenza dell’unitarietà e dell’unicità dell’attività economica d’impresa
che produce la possibilità di soddisfare le diverse attese. I compiti di
governo economico spettano al soggetto economico nella sua unitarietà.

Un principio generale di conduzione di istituti è il contemperamento degli


interessi.

▪ chi governa l’impresa deve sempre tener conto delle attese di tutte le
categorie di

portatori di interessi e deve ricercare le soluzioni atte a soddisfarle. Quando


ciò non avviene sono frequenti tensioni e squilibri che riducono l’efficienza
dell’attività, mettendo a volte a rischio la vita duratura economica
dell’impresa.

▪ non sempre coloro che esercitano il governo economico coincidono con


il soggetto economico; spesso le imprese sono governate da insiemi di
persone che non rappresentano l’intero soggetto economico, ma solo da
una parte, o anche da persone che non fanno proprio parte del soggetto
economico. In questi casi si forma un soggetto economico improprio che
può essere deleterio per lo sviluppo dell’impresa poiché non rispetta il
principio del contemperamento degli interessi.

In realtà, chiamiamo quindi SOGGETTO ECONOMICO colui che HA ED


ESERCITA il supremo potere nell’azienda.

L’ASSETTO DI GOVERNO DELLO STATO

Lo Stato cura il perseguimento dei fini generali della collettività e si articola in


varie strutture di istituti pubblici tra cui quelli territoriali (Stato, regioni e
province) chiamate anche aziende composte pubbliche. I portatori di
interessi istituzionali sono i cittadini dello Stato stesso, ma anche i prestatori
di lavoro per lo Stato.

I fini economici istituzionali sono quindi il soddisfacimento dei bisogni


pubblici dei cittadini. Anche qui è possibile che si formino soggetti
economici impropri; ciò accade quando l’azienda composta pubblica diventa
strumento di particolari categorie di utenti e di prestatori di lavoro
(comportamenti opportunistici dei singoli), anziché strumento di realizzazione
del bene comune della collettività. La numerosità di membri e la varietà di
interessi all’interno della collettività rende complesse le scelte relative
all’esercizio del governo economico; le prerogative di governo economico
negli istituti pubblici si esercitano solitamente attraverso organi.

L’ASSETTO DI GOVERNO DEGLI ISTITUTI NONPROFIT

Gli interessi istituzionali possono appartenere a 3 categorie:

1. gli associati delle associazioni, che si aggregano per soddisfare bisogni


comuni,

coprendone i costi tramite quote di associazione;

2. donatori, che donano mezzi monetari o prestano lavoro da volontari o beni


ecc.;

3. i prestatori di lavoro.

Queste categorie formano il soggetto d’istituto.

Sono interessi istituzionali economici le attese di soddisfacimento dei


bisogni comuni agli associati e le attese di rimunerazione dei prestatori di
lavoro non volontari; sono invece interessi istituzionali non economici quelli
dei donatori.

Negli istituti non profit, proprio per la natura degli istituti, il soggetto d’istituto
può essere molto diverso dal soggetto economico. Infine, la progettazione
delle strutture di governo può essere molto delicata soprattutto quando le
persone che forniscono i contributi non coincidono con chi riceve i benefici e
quando i conferenti di contributi sono numerosi e disomogenei.

In questi casi di solito si affianca agli organi di amministrazione e di controllo


un “consiglio di garanti”, persone che mettono in gioco la propria
reputazione come garanzia della correttezza ed equità della gestione
dell’istituto

L’EQUILIBRIO ISTITUZIONALE E L’EQUILIBRIO ECONOMICO

L’economicità, o equilibrio economico di un istituto, è una delle


condizioni fondamentali dell’equilibrio istituzionale. Abbiamo
equilibrio istituzionale quando tutti i membri del soggetto di istituto:
• Condividono valori e gli obbiettivi che ispirano la vita dell’istituto,
le sue strutture e le modalità di governo
• Ricevono ricompense e benefici equi secondo i contributi forniti
Quindi (in altre parole) si ha equilibrio istituzionale se gli attuali e
potenziali membri del soggetto d’istituto sono motivati ad entrare a far
parte dell’istituto e a permanervi.

L’equilibrio istituzionale è un equilibrio di lungo periodo, questo


perché gli istituti prediligono la continuità (o durabilità) che
dev’essere rispettata secondo tre aspetti
1. Le persone che partecipano alla vita dell’istituto si attendono che
esso perduri nel tempo in modo che le loro attese vengano soddisfatte
anche nel lungo periodo
2. I fondatori e i membri si aspettano che l’istituto sia a tempo
indeterminato (anche
oltre la durata della loro vita)
3. Gli istituti nella loro vita accumulano patrimoni di relazioni e di
competenze
(relativamente indipendenti dalle persone), che hanno un valore nel
tempo. Ogni volta che un istituto cessa di esistere, esso perde tale
patrimoni. In maniera sintetica, l’economicità è la capacità dell’istituto
di operare senza accumulare perdite.
Equilibrio istituzionale ed economico sono interconnessi, ma non
sincroni. Si può manifestare equilibrio istituzionale per un certo tempo
anche in condizioni di perdita( generalmente piccole perdite). Quando
però le perdite si accumulano per importi e per tempi estesi, tale
equilibrio viene compromesso e ciò si può manifestare in tre forme:
- L’istituto cessa di vivere
- Un altro istituto acquisisce e ingloba l’istituto in disequilibrio
economico
-Uno o più soggetti ( persone o istituti) si rendono disponibili a
ripianare

Durabilità e autonomia

I caratteri di durabilità e autonomia degli istituti si riflettono sul


concetto di azienda e sull’economicità. L’azienda dev’essere duratura,
deve quindi svolgersi secondo condizioni di vita e di funzionamento
tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente mutevole.
L’azienda oltre a durare nel tempo, non deve manifestare un
sistematico ricorso a interventi di sostegno o di coperture delle perdite
da parte di altri istituti. Quindi l’autonomia è un carattere che
accompagna la durabilità e che qualifica quest’ultima. Nella realtà
abbiamo vari casi di durabilità non è accompagnata da autonomia, per
esempio una famiglia può durare e svilupparsi grazie a continui
sussidi o aiuti da parte di terzi, così come un’azienda può essere
aiutata indirettamente, tramite esenzione fiscale, ”protezioni” godute
dalle imprese ecce cc

L’ECONOMICITÀ NELLE IMPRESE

Equilibrio reddituale
L'equilibrio reddituale si ottiene quando i ricavi derivanti dalla
cessione di beni e servizi nel mercato coprono i costi sostenuti per
l'acquisto di tutti i fattori di produzione. Solo quando i componenti
positivi di reddito coprono i componenti negativi di reddito l'impresa
può considerarsi vitale, cioè capace di vivere nel tempo in modo
autonomo senza richiedere l'intervento di terzi. Tale condizione, per
essere significativa, deve essere accompagnata da altre condizioni
accessorie. In primo luogo, l'azienda deve essere efficiente, cioè
mantenuta a un livello medio di efficienza, espressa in termini di
rendimento tecnico dei processi produttivi. Un'altra condizione è
quella della congruità dei prezzi pagati per i fattori di produzione e
dei prezzi conseguiti, e in particolare della congruità della
remunerazione del capitale e del lavoro.

L’efficienza, le rendite monopolistiche e le economie estere, la


flessibilità
Non si ha economicità senza il mantenimento di un livello
accettabile di efficienza, espressa in termini di rendimento fisico-
tecnico dei processi produttivi. Solo in condizioni particolari e
temporanee, le inefficienze possono essere trasferite all’esterno,
senza danneggiare l’equilibrio reddituale dell’azienda
(es.monopolio), ma penalizzando altre aziende.In generale, per
efficienza s’intende la relazione che intercorre tra risultati conseguiti
e mezzi impiegati e viene riferito a sfere operative diverse. Una
particolare espressione dell’efficienza sono i rendimenti fisico-
tecnici. L’azienda in economicità è quella che ricerca anche
flessibilità, ossia la predisposizione di strutture e di combinazioni
produttive efficienti in grado di adeguarsi prontamente all’ambiente

La congruità delle remunerazioni

Essa riguarda la congruità dei prezzi-costi sostenuti e dei prezzi-ricavi


conseguiti, con particolare

riferimento alla congruità delle remunerazioni del capitale risparmio e del


lavoro. In particolare questi costi e queste remunerazioni devono essere
eque: non è possibile parlare di economicità

se si è in presenza di condizioni particolari che rendono ad esempio più


bassi i costi delle condizioni di produzione oppure che rendono molto
elevati i ricavi - si pensi ad esempio a situazioni di monopolio con facoltà
dio fissare i prezzi a proprio piacimento o a settori temporaneamente protetti
dallo stato mediante

elevate contribuzioni – quando ciò avviene evidentemente ci sono altri istituti


o altre aziende che subiscono le conseguenze di queste situazioni e il
sistema non è in equilibrio economico.

L'equilibrio monetario
L'equilibrio reddituale può essere conseguibile nel lungo periodo ma
non nel breve. È quanto può accadere, per esempio, a imprese che
costruiscono impianti e opere pubbliche la cui realizzazione richiede
anni di lavoro, o a imprese a elevatissima intensità di capitale. In
questi casi è vitale per l'impresa il verificarsi di una seconda
condizione, l'equilibrio monetario. Si tratta di un vero e proprio
vincolo da soddisfare contemporaneamente alla condizione di
economicità e alle altre condizioni. Mentre consegue l'equilibrio
reddituale (si assicura, cioè, ricavi di esercizio sufficienti a coprire i
costi di esercizio), l'impresa deve essere in grado, momento per
momento, di far fronte agli impegni di pagamento. È compito della
gestione finanziaria provvedere alla raccolta dei mezzi finanziari
sufficienti a consentire lo svolgimento dell'attività dell'azienda.

La “massimizzazione del profitto”


Massimizzare il profitto significa rendere l'utile il più elevato
possibile. Si tende, dunque, ad eliminare i costi e gli sprechi per
ottenere i più alti ricavi possibili.

In altre parole, il profitto raggiunge il suo massimo valore quando è
massima la differenza tra ricavi e costi.

L’economicitá delle famiglie

Nell’azienda familiare l’economicità si consegue quando la produzione di


redditi da lavoro e da gestione patrimoniale al netto dei tributi consente
consumi adeguati ossia il soddisfacimento dei bisogni che la famiglia

possiede in relazione alle proprie consolidate abitudini.Si può notare anche


che l’economicità delle famiglie è fortemente condizionata dallo stato
sociale:

-laddove i servizi pubblici garantiscono il soddisfacimento di molti bisogni


(gestione dei figli durante le

ore lavorative tramite asili, loro educazione tramite scuole pubbliche, sussidi
per l'istruzione, sanità

gratuita, ecc.) è meno pressante la necessità di accumulare redditi

L’economicità dello stato e degli istituti pubblici

Le combinazioni economiche dello Stato e degli istituti pubblici sono svolte


secondo economicità quando garantiscono:

-La produzione e il consumo di beni pubblici soddisfacenti per lo sviluppo


sociale della collettività;

-La corresponsione di remunerazione adeguata per i collaboratori e i


finanziatori;

-l'efficienza delle combinazioni economiche sia nella produzione di beni


pubblici sia nella gestione dei

tributi;

-L'imposizione di tributi ripartiti secondo criteri di equità condivisi dalla


collettività e utilizzati per

coprire spese utili e gestite in modo efficiente;

-L'attuazione di una limitata gestione patrimoniale che produca redditi


convenienti;

-La realizzazione di un risultato sintetico di risparmio o comunque di un


disavanzo contenuto tale da non

compromettere la stabilità del sistema economico nazionale, del sistema


politico e del sistema sociale nel

lungo periodo.

L’economicità degli istituti nonprofit

In linea generale per gli istituti nonprofit, vale quanto detto per le imprese.
Ovviamente presentano alcune varianti visto che tali istituti, non operano
cedendo prodotti a condizioni di mercato e non possono distribuire risultati
reddituali.

In sintesi, l’equilibrio reddituale non si raggiunge come equilibri fra ricavi e


costi, bensì ai raggiunge facendo conto su elargizioni volontarie, donazioni,
lasciti, quote associative ecc.., provenienti sia do soggetti privati che enti
pubblici. Ma il fulcro della questione sta nella stabilità e nella continuità dei
flussi di tali contributi nel tempo. Infatti, in molti casi, dopo qualche anno, tali
flussi svaniscono. Vi sono però due modelli ideali, che permettono una
buona stabilità

• il modello dell’associazione chiusa, nella quale ciascuno degli associati


riceve dei benefici da parte dell’istituto, derivati dal versamento di quote
associative e contributi

• il modello della fondazione costituita con l’apporto di un patrimonio da


reddito sufficientemente grande da garantire con i suoi frutti la copertura
dei costi correnti

Se i flussi per l’istituto nonprofit diventano insufficienti, vi sono tre alternative


principali:

• La cessazione dell’attività dell’istituto

• La rifondazione dell’istituto con l’ingresso di un nuovo soggetto privato

• Il passaggio dell’istituto nella sfera dello Stato con la conseguente perdita


dello

Cap 6 Conoscere per decidere


L’esigenza di conoscere: i sistemi informativi.

Tutti i soggetti coinvolti in un’impresa hanno il diritto e il dovere di essere a


conoscenza delle condizioni del suo svolgimento e la prospettiva in termini
di economicità:

• Prestatori di lavoro: desiderano essere informati sulla redditività;

• Conferenti di capitale di rischio: // sui rischi a cui si va in contro, aumento


capitale, valore in borsa;

• Fornitori: // se l’azienda è in crescita o contrazione, quindi sui volumi di


fornitura;

• Clienti: // se l’azienda offre un buon prodotto e sulle assistenze post-


vendite con garanzia;

• Stato: // per applicare giuste imposte fiscali.

Tutto questo pesa sul ‘’governo economico’’, ovvero l’uomo o il gruppo di


uomini che hanno il compito di decidere le azioni per l’impresa.

• Gli amministratori devono essere a conoscenza dei mercati e della


prospettiva dell’impresa per poi andare in caso sul capitale di rischio o di
impresa;

• Direttore commerciale: decide il prezzo del prodotto da vendere in base a


costi, concorrenti, domanda e marchio;

• Direttore produzione/acquisti: necessitano di previsioni di vendita,


produzione e scorte per tempi di sviluppo;

• Direttore amministrativo: analizza acquisti e vendita per poi valutare


operazioni di copertura da mettere in atto.

Sistemi informativi= strutture che raccolgono e conservano tutti i dati.

La pluralità dei modelli di economicità

• Modello dell’equilibrio reddituale: capacità di coprire costi con ricavi;

• // equilibrio monetario: rispettare tutti gli impegni di pagamento;

• // equilibrio istituzionale: livello di soddisfazione, motivazione, voglia, clima


buono, immagini, rating;

• // competitività: la capacità dell'impresa di soddisfare le

• attese dei clienti proponendo «sistemi di prodotto» che presentano


vantaggi rispetto a quelli offerti dalle imprese concorrenti;

• • // competenze e risorse: quantità e qualità dei prodotti disponibili per il


futuro vantaggio competitivo e del potenziale di crescita ;

• • // del valore del patrimonio: esprime redditività e competitività.

Un modello di assoluto rilievo per la rappresentazione dell'economicità è

il modello del bilancio di esercizio. Si tratta di un modello sviluppato attorno

al XV secolo che da allora è diventato uno strumento di uso universale,

dando prova di una grande capacità di rappresentazione efficace dei f

fenomeni aziendali.

IL MODELLO DEL BILANCIO DI ESERCIZIO

Il bilancio di esercizio si compone di due sezioni complementari: la sezione


del reddito di esercizio e la sezione del capitale di funzionamento. Ciascuna
delle due sezioni è un sistema di valori; i due sistemi di valori sono
comunemente rappresentati mediante due tavole denominate
rispettivamente «tavola del reddito di esercizio» (o «conto economico») e
«tavola del capitale di funzionamento» (o «stato patrimoniale»). In essenza, la
tavola del reddito di esercizio ci presenta da un lato i valori degli input inseriti
nella produzione (i costi e gli altri componenti negativi di reddito) e, dall'altro
lato, i valori degli output della produzione (i ricavi e gli altri componenti
positivi di reddito); per difterenza si ottiene il risultato reddituale, ossia l'utile
o la perdita di esercizio che è la rimunerazione (positiva o negativa) dell'input
capitale di rischio.

Alcuni concetti base

Con riguardo al bilancio, per varie ragioni di ordine pratico e di obblighi


giuridici, tutte le imprese stilano un bilancio almeno una

volta all'anno. In questo modo la vita continuativa dell'impresa viene


«spezzata, a fini conoscitivi, in sezioni annuali e ciò, come illustrato nei
prossimi punti, richiede particolari accorgimenti per l'efficace
rappresentazione del reddito e del capitale.

La costruzione del bilancio si fonda su :

• Esercizio generale, particolari, annuale;

• Principio di competenza;

• Costi, ricavi, input e output;

• Reddito esercizio, risultato reddituale: utile/perdita;

• Capitale di funzionamento;

• Unitarietà dei valori del bilancio.

L’esigenza di spezzettare nasce per il fatto che molti cicli si pongono a


cavallo dei limiti temporali degli esercizi annuali. L’esigenza di rilevare il
reddito si scontra con la sostanziale continuità dei processi economici
aziendali; spezzettare il fluire continuo della vita dell’aziendale.

L’esercizio generale

L'esercizio è l'insieme delle operazioni messe in atto dall'impresa in un

certo periodo di tempo. L'insieme di tutte le operazioni messe in atto durante

l'intera vita dell'impresa si denomina esercizio generale. Per varie ragioni di

ordine pratico, è opportuno misurare e analizzare il reddito di un'impresa

secondo una certa cadenza, supponiamo ogni anno; così, l'esercizio


generale viene scomposto in esercizi parziali annuali. Di regola, dunque, il
reddito rappresentato in un bilancio è il «reddito di esercizio» di un certo
anno. L'arco temporale scelto per delimitare l'esercizio parziale si chiama
«periodo amministrativo»; il periodo amministrativo standard delle imprese è
pari ad un anno che può coincidere o meno con l'anno solare. L'esigenza
pratica di rilevare il reddito di un esercizio annuale si scontra con la
sostanziale continuità dei processi economici aziendali; rilevare il reddito di
esercizio significa dunque spezzare artificiosamente (ma necessariamente) il
fluire continuo della vita aziendale. Da ciò la grande cura che si deve
prestare nella costruzione della tavola del reddito di esercizio.Al termine di
ogni periodo amministrativo tutte le imprese si trovano con produzioni in
corso (per semplicità, si pensi ai semilavorati «a tine anno» di un' impresa
manitatturiera) che rappresentano una parte del valore della produzione
realizzata nell'anno dall'impresa, ma che, non essendo ancora finite e
vendute non appaiono tra i ricavi di vendita; queste produzioni in corso alla
fine di un periodo si denominano «rimanenze finali»,

Rimanenze finali= produzioni in corso che non fanno parte, perché non
ancora venduti, dei ricavi.

Rimanenze iniziali= sono le rimanenze finali che entrano a far parte come
input del ciclo amministrativo successivo. Entrambe entrano sia nel reddito
sia nel capitale di funzionamento.

Il principio di competenza

Il principio della competenza economica consiste in un insieme di regole


necessarie per una corretta correlazione tra ricavi e costi così da poter
determinare il reddito di periodo, dato appunto dalla differenza tra ricavi di
competenza e costi di competenza. Per ricavi di competenza si intendono
quei ricavi realizzati nel periodo ovvero ricavi derivanti da beni effettivamente
ceduti e servizi effettivamente erogati mentre per costi di competenza si
intendono quei costi economicamente sostenuti nel periodo quindi

relativi ad input economicamente utilizzati derivanti da beni o servi

impiegati ovvero quando un bene o servizio na perso in tutto o in parte la


sua utilità futura.

La tavola del reddito, quindi, non è la tavola dei costi e dei ricavi ma solo la
tavola in cui sono presenti tutti i valori negativi e positivi di reddito suscitati in
un certo periodo di tempo.

Il capitale di funzionamento è l’insieme dei valori dell’attività, delle passività e


del capitale netto determinato al termine di ciascun esercizio

L’unitarietà del sistema dei valori di bilancio

Il bilancio di esercizio è un sistema unitario di valori. Il bilancio reddito di


esercizio e il capitale di funzionamento sono due sottoinsiemi di valori tra
loro strettamente correlati.

(capitale netto inizio – capitale netto fine) = risultato reddituale = (componenti


positivi reddito – quelli negativi)

Il reddito di esercizio

Gli input e gli output dell’esercizio

La tavola del reddito non è altro che la differenza tra i componenti positivi e
negativi dell’esercizio, questa ci fa capire quanto abbiamo ottenuto
dall’attività e quanto abbiamo rimunerato.

La struttura della tavola del reddito dispone:

• Elenco condizioni di produzione e il valore delle stesse: componenti


negative;

• Elenco output dell’attività economica e il valore delle stesse: componenti


positive. Bisogna quindi capire quali sono questi all’interno di un’industria,
ad esempio quella manifatturiera.

INPUT

• Materie prime e servizi

• Immobili, impianti, macchine

• Immobilizzazioni di proprietà di terzi

• Il lavoro fornito dai prestatori di lavoro

• Beni pubblici messi a disposizione da parte dello stato

OUTPUT

• Prodotti finiti e venduti

• Produzioni in corso

• Interessi attivi della gestione patrimoniale

• Dividendi e plusvalenze

• Fitti attivi della gestione patrimoniale

Questi due schemi rappresentano uno schema base del redito di esercizio
riferito alle imprese manifatturiere e commerciali.

Le rimanenze iniziali sono i risultati della gestione caratteristica dell’esercizio


n-1 reimmessi nell’esercizio n.Si pensi ad un'impresa manifatturiera che
opera già da più anni. Quali input entrano nelle combinazioni economiche
dell'esercizio annuale n? Entrano i fattori produttivi «nuovi» che

saranno acquisiti nel corso dell'anno n, ma entrano anche fattori produttivi

«ereditati» dall'esercizio precedente.

Un caso importante è quello degli output della gestione che al termine del
periodo n-1 non hanno ancora completato il loro ciclo tecnico-economico e
che diventano input per la gestione caratteristica del periodo »; nel
linguaggio aziendalistico sono denominati «rimanenze di esercizio». Nel caso
di un impresa manifatturiera si tratta di: a) le materie prime che al termine del
periodo n - 1 non sono ancora entrate nel processo di trasformazione fisica?
ma che, presumibilmente, vi entreranno nel periodo »;

Nel nuovo esercizio potranno essere inseriti anche come output


dell’esercizio n-1 come le materie prime non ancora lavorate, i semilavorati, i
prodotti finiti.

- Il costo di acquisto dei beni privati ‘’ad uso immediato’’. Si tratta di beni
che esauriscono al loro primo utilizzo il cui costo all’interno della tavola è il
proprio ammontare degli acquisti.

-Se si parla invece di beni pluriennali, ovvero di beni che garantiscono il loro
utilizzo per più anni si andrà a procedere con le quote di ammortamento che
consiste nel ripartire il costo su vari esercizi (immobilizzazioni tecniche).

- Le quote di ammortamento del costo dei beni privati pluriennali di proprie-

tà. Si tratta di condizioni di produzione caratterizzate dalla lunga durata

(pluriennale) e dal fatto di fornire la loro utilità a più esercizi annuali;

I canoni di locazione dei beni privati pluriennali di proprietà di terzi

I canoni di locazione dei beni privati pluriennali di proprietà di terzi. Il caso

ricorrente è quello di immobili (stabilimenti, magazzini, uffici, aree


commerciali) di proprietà di terzi la cui disponibilità comporta componenti
negativi di reddito denominati canoni di locazione o fitti passivi. I canoni di
locazione danno luogo a particolari fenomeni da tenere in attenta
considerazione per rispettare il principio di competenza; il caso tipico è
quello del formarsi di «risconti attivi». Si consideri il seguente esempio. La
nostra impresa prende in affitto un magazzino il 1° settembre 2004 e paga
120.000 euro anticipati per l'intero anno che termina il 30 agosto 2005; in
base al principio di competenza, nella tavola del reddito di esercizio 2004
dovrà apparire solo l'importo relativo ai mesi di settembre-dicembre del
2004, ossia 40.000 euro; nella tavola del capitale di funzionamento di fine
2004 apparirà, tra le attività, un «Risconto attivo» di 80.000 euro che sta a
rappresentare il diritto (simile a un credito) che la nostra impresa vanta nei
confronti del proprietario dell'immobile per gli otto mesi di affitto già pagati in
anticipo per il 200512. In sintesi, quando i pagamenti sono effettuati
anticipatamente e quando il periodo di riferimento non coincide con il
periodo dell’eserczio, si formano i risconti attivi.

Le rimunerazioni del lavoro

Il costo del lavoro è formato dagli stipendi liquidati periodicamente, dagli


oneri previdenziali e assistenziali e dal trattamento di fine rapporto che
matura progressivamente ma che viene liquidato le persone di lavoro al
momento della loro uscita dall'impresa.

I premi assicurativi per la copertura di rischi particolari.

Le imprese acquistano anche copertura di rischi particolari pagando premi


assicurativi sono correlati con il tempo e sono di regola pagato in via
anticipata rappresentano dunque risconti attivi per le parti di premi non di
competenza del periodo corrispondente all'esercizio.

I tributi a fronte dei beni pubblici

Nelle combinazioni economiche entrano anche beni pubblici; questo


fenomeno non è evidente come quello delle materie prime ma non è meno
importante (si pensi a come potrebbe operare un'impresa in un mondo senza
strade pubbliche, senza sicurezza, senza un sistema giudiziario). A fronte dei
beni pubblici si pagano varie forme di tributi che sono più o meno
direttamente correlati all'intensità di fruizione degli stessi da parte della
singola impresa. Di regola le imprese pagano «tributi vari»» durante l'anno e
un'imposta sul reddito di esercizio (e quindi di competenza dell'esercizio
stesso) che viene liquidata nel corso dell'esercizio successivo; sorge un
debito nei confronti dell'erario.

Gli interessi passivi per la disponibilità di capitale di prestito.


Gli interessi passivi, tuttavia, sono di regola pagati in via posticipata e così
può accadere che un certo importo di interessi passivi sia pagato durante il
periodo dell'esercizio n + 1 pur essendo di competenza dell'esercizio n. Ad
esempio, si stipula un mutuo passivo di 1 milione di euro il 1° settembre
2004 e si concorda che il 31 agosto 2005 avverrà il rimborso dell'intero
importo nonché il pagamento posticipato degli interessi nella misura annua
del 12%, ossia 12.000 euro. Gli interessi che maturano dal 1° settembre al
31 dicembre 2004 (4.000 euro) sono evidentemente di competenza
dell'esercizio 2004 e come tali, anche se non ancora pagati devono essere
inseriti nella tavola del reddito dell'esercizio 2004. Dal punto di vista del
capitale, il 31 dicembre 2004 l'impresa ha un impegno (simile a un debito) di
4.000 euro nei confronti della banca che ha concesso il mutuo; tale importo
deve essere inserito tra le passività e nel gergo contabile si usa l'espressione
«rateo passivo».

I componenti negativi di reddito non di competenza dell'esercizio

Per definizione un bilancio costruito secondo il principio di competenza non


dovrebbe contenere valori non di competenza. Questa anomalia si verifica
perché molto spesso alcuni bilanci sono sbagliati e questo comporta che sul
piano teorico il bilancio poi venga successivamente corretto invece sul piano
pratico è più un problema perché sul piano logico quindi basta comunque
correggere gli sbagli del bilancio fatto precedentemente mentre nel piano
pratico si viene a creare un problema con le aziende portatori di interesse
verso questo esercizio. A questo punto si può parlare di due particolari
sezioni del bilancio: le minusvalenze di immobilizzazioni dismesse e le
perdite su crediti degli esercizi precedenti. (esempio)

-Le minusvalenze di immobilizzazioni dismesse sono illustrate dal seguente


esempio: il 1° gennaio 2000 è stato acquistato un impianto per 200.000 euro

con durata economica stimata in sei anni e valore di realizzo, al termine dei

sei anni, stimato in 20.000 euro. Si tratta di ripartire 180.000 euro sui sei

esercizi corrispondenti ai sei anni di durata; si opta per una congettura che

porta ad attribuire 30.000 euro a ciascun esercizio. Così si procede per


quattro anni; il 31 dicembre 2003 l'impianto risulta ammortizzato per 120.000

euro e il valore «contabile residuo» è pari a 80.000 euro.

Contrariamente a quanto pianificato, il 1° gennaio 2004 l'impianto viene


dismesso e viene venduto per 73.000 euro. In questo momento si scopre
che sarebbe stato corretto ripartire sui primi quattro anni un importo
complessivo pari a 127.000 euro (200.000 - 73.000) anziché a 120.000. I
quattro esercizi precedenti hanno beneficiato di 7.000 euro; non possiamo
andare a correggere i quattro bilanci degli esercizi 2000-2003, ma questa
quota di costo (i 7.000 euro) deve essere evidenziata in un bilancio; lo
facciamo nel bilancio dell'esercizio 2004 sotto forma di un componente
negativo non di competenza dell'esercizio n denominato «minusvalenza da
dismissione di immobilizzazioni».

-Le perdite su crediti di esercizi precedenti sono illustrate dal seguente


esempio: nel corso del 2003 abbiamo venduto e fatturato prodotti finiti per
un importo pari a 900.000 euro; il 1° aprile 2004 scopriamo che una fattura
del 2003, per un importo di 7.000 euro, non ci sarà mai pagata perché il
cliente è fallito ed è dei tutto insolvibile; dovremmo correggere il bilancio del
2003 indicando come ricavi di vendita 893.000 anziché 900.000 euro; non si
può fare e allora i 7.000 euro diventano un componente negativo di reddito
del bilancio 2004 se pur non di competenza dell'esercizio 2004; si usa la
voce «perdite sui crediti di esercizi precedenti».

- La cassa e conti correnti attivi sono le liquidità immediate di cui l'azienda


dispone: i contanti sotto forma di cassa non producono remunerazioni; le
liquidità sotto forma di conto correnti attivi producono interessi attivi, se a
fine anno nella tavola risulterà un valore negativo vuol dire che sarà in debito
con la banca.

-Le obbligazioni e le azioni sono qui presentate come le due forme più
semplici della gestione patrimoniale; per semplicità si suppone che siano
inseriti in bilancio il prezzo di acquisto e che eventuali utili e perdite in conto
capitale sono messi in evidenza solo al momento della loro vendita.

-I ratei attivi della gestione patrimoniale sono quando la gestione


patrimoniale si attua mediante investimenti in obbligazioni e in titoli di Stato
facilmente si producono ratei attivi; tale tipo di investimento, infatti, di regola
produce interessi attivi da riscuotere in via posticipata e così quando alla fine
dell'esercizio si redige il bilancio possiamo trovarci in presenza di interessi
già maturati ma non ancora riscossi.

Nella seconda edizione della tabella sopra indicata vedremo che qui i valori
saranno principalmente sotto forma di debiti.

-Gli impegni verso i fornitori di beni privati si configurano come debiti verso
fornitori debiti commerciali che appartengono alla stessa categoria dei debiti
di regolamento.

-La gestione finanziaria nelle forme elementari considerate in questa sede dà


luoghi a debiti sotto forma di conti corrente passivi e di mutui bancari
passivi: si tratta di debiti di prestito.

-I ratei passivi della gestione finanziaria nascono in corrispondenza degli


interessi passivi maturati e non ancora liquidati.

-Gli impegni verso lo stato: le imprese hanno debiti anche con lo stato e con
altri soggetti pubblici; nel linguaggio corrente si usa l'espressione debiti
verso l'erario di particolare rilevanza è il debito per imposte sul reddito che si
forma a fine esercizio.

-Impegni verso i prestatori di lavoro: nei confronti dei prestatori di lavoro in


Italia si configura l'obbligo di liquidare una parte della retribuzione in forma
differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro. L'obbligo nei
confronti di ciascun prestatore di lavoro matura progressivamente nel tempo:
in ogni momento l'impresa ha un obbligo complessivo nei confronti dei
prestatori di lavoro pari all’importo totale che dovrebbe liquidare in quel
momento a tutti i prestatori di lavoro se interrompessero
contemporaneamente il loro rapporto con l'impresa.

-Gli impegni nei confronti dei conferenti di capitale di rischio alla fine di un
certo esercizio sono composti da: il capitale sociale ossia l’importo conferito
dai soci; le riserve dagli esercizi precedenti non distribuiti ossia le parti di.
utile maturati sino all'esercizio n -1; l'utile dell'esercizio n nella sua interezza
poiché la decisione in merito alla sua destinazione saranno prese in tempi
successivi a quella della redazione del bilancio.

Dagli accadimenti al bilancio di esercizio

Nelle pagine precinti abbiamo parlato dei contenuti del bilancio di esercizio,
ora invece ci concentriamo sui processi.

Le quantità economiche, le stime e le congetture

Il sistema delle operazioni (o combinazioni economiche) nella sua

espressione quantitativa da luogo al sistema delle quantità economiche che

sono grandezze certe.Esempi di quantità economiche, con riferimento


sempre all'azienda di produzione, sono i prezzi-costo e i prezzi-ricavo, i
saggi di interesse, le retribuzioni, crediti e i debiti di regolamento e di
finanziamento.L'utilizzazione delle quantità economiche e i calcoli che
spesso essa comporta danno origine sia a stime di quantità economiche sia
a congetture fondate su quantità economiche.
Le stime sono un fenomeno che non si conosce in modo definitivo.

La stima, sebbene richiami la previsione, non sempre riguarda dati futuri.


Molte volte in azienda si procede a stime di quantità presenti o passate per
evitare determinazioni che comporterebbero tempo e denaro.

Il dato economico congetturato non si identifica con un fatto reale, è un


«immaginato» frutto di un calcolo che si tonda su una ipotesi-finzione
coerente con le esigenze di investigazione o di operare economico.Se le
ipotesi-finzione sono molteplici si avranno più dati congetturati, ciascuno
con un suo significato e ciascuno con una sua specifica utilità, Nel calcolo
della congettura, oltre che di quantità economiche, ci si avvale spesso di dati
stimati (ad esempio di un impianto acquistato per 100 e che fornirà la propria
utilità per 5 anni l'importo complessivo (100) è una quantità economica certa,
le previsioni circa la durata e l'impiego dell'impianto sono stime.

Il sistema dei valori di azienda

Quantità stimate e congetturate si possono individuare vari sotto sistemi dei


quali uno in particolare offre le basi per impostare modelli di valutazione e di
rappresentazione dell'economicità. Si tratta del sistema dei valor di azienda,
che accoglie la moneta come espressione del valore e che trova
essenzialmente la sua origine nelle operazioni di scambio che l’impresa
intrattiene con i terzi.

Le quantità-flusso e le quantità-fondo

Dalle combinazioni economiche, vista la loro natura dinamica, scaturiscono


quantità-flusso, mentre quando si intende accertare le condizioni produttive
a disposizione dell'impresa ad un certo mo-mento si determinano quantità-
fondo. La tavola del reddito di esercizio si compone di quantità-flusso; la
tavola del capitale di funzionamento si compone di quantità-fondo.

Le variazioni numerarie e non numerarie

Tutti i valori che esprimono strumenti di regolamento degli scambi si

denominano «valori numerari»; si tratta principalmente dei mezzi monetari

liquidi disponibili (la «cassa») e dei debiti e crediti di regolamento; Si


consideri un'operazione di acquisto di materie prime, in un'impresa

industriale, regolata con il pagamento del prezzo a trenta giorni data fattura.

La negoziazione di compravendita si sviluppa in un ciclo temporale articolato


in fasi che sono: la trattativa tra le parti, la stipulazione del
contratto ,l’esecuzione del contratto con il trasferimento dei beni e con la
definizione del prezzo alla quale segue il regolamento del prezzo stesso.Se si
osserva la natura sinallagmatica dell'operazione e, se si adotta una visione
patrimoniale, si nota come dall'operazione stessa nascano due valori di
segno contrapposto:

A) una variazione numerica : esprimono movimentazioni di denaro o di

"titoli" ad esso assimilabili.

Registrano, in particolare:

• il verificarsi di ENTRATE/USCITE di cassa (o banca);

• l'insorgere o l'estinguersi di:

- un diritto a riscuotere denaro (CREDITO);

-un obbligo a pagare (DEBITO)

b) una variazione non numeraria che consiste in un

aumento di materie prime; si tratta dunque di un'altra variazione, ma in


questo caso positiva in quanto vi è un incremento di una condizione attiva di
produzione (le materie prime).

La variazione non numeraria in oggetto, ha però un doppio significato:il

primo, sopra illustrato, è quello di una variazione positiva di condizioni di

produzione disponibili per l'azienda; il secondo significato, è quello di un


costo di acquisto delle materie prime), ossia di un componente negativo di

reddito che si contrappone ai componenti positivi quali sono, tra gli altri, i

ricavi di vendita. In sintesi, l'operazione di acquisto produce due variazioni:

una variazione numeraria negativa (aumento dei debiti di regolamento) ed

una variazione non numeraria; la variazione non numeraria ha


contestualmente due significati: (aumento di materie prime) (il costo delle
materie prime).

Il tempo di rilevazione dei valori e dei conti

Quanto al tempo in cui determinare i valori, si adotta il momento in cui

si manifesta la variazione numeraria, che viene a identificarsi in pratica nel

momento in cui si emette o si riceve la fattura. I motivi che spingono alla


scelta del momento numerario come momento di determinazione dei valori
sono:

a) l'esigenza di ottenere valori con un certo grado di certezza; se si


adottassero momenti antecedenti, come quello della stipula del contratto, si
dovrebbero determinare valori spesso molto incerti

b) la possibilità di effettuare un riscontro in tempi brevi

La scelta di questo momento consente anche di inserire simultaneamente

I due valori con segno contrario, in tavole di raccolta di dati tra loro collegate
che si chiamano conti. Essi accolgono i valori con segno «più» a sinistra e i
valori con segno «meno» a destra. I conti rappresentano pertanto il modo
con cui i valori vengono raccolti, che dà luogo al metodo della partita
doppia.

Cap 7 Le analisi di redditività, solidità, liquidità

Le sintesi di bilancio e gli equilibri delle aziende di produzione

Dopo aver proceduto alla costruzione delle sintesi di bilancio, analizziamo


quali sono le informazioni che esse possono fornire a capire lo stato di salute
dell’azienda in funzionamento (per apprezzare i diversi equilibri che stanno a
fondamento dell’economicità). Le due sintesi di bilancio (sintesi del reddito e
sintesi del capitale di funzionamento) formano il bilancio d’esercizio, cioè lo
strumento conoscitivo che serve a tutelare gli interessi (quanti) che entrano
in contatto o in rapporto con l’azienda. La forma è dettata da delle regole,
alcune sono anche leggi. Serve, quindi, per avere un giudizio riguardante la
capacità dell’azienda di rispettare il principio di economicità. E’ un giudizio
che si fonda su quanto l’azienda ha finora realizzato da un tot periodo
trascorso. Tuttavia, se appropriatamente analizzati, i vincoli di bilancio
possono avere informazioni sull’economicità futura. In particolare dalla
sintesi di bilancio si possono avere informazioni sulla situazione patrimoniale
futura.

Abbiamo due tecniche di analisi:

a) la riclassificazione delle sintesi di bilancio;

b) la costruzione di indici che hanno la capacità di sintetizzare fenomeni


complessi.

La riclassificazione delle sintesi del bilancio consiste nel riesporre le voci ed i


valori in esse contenute, ma in un ordine diverso, con l'obiettivo di ottenere
informazioni ulteriori rispetto a quelle offerte dagli schemi originari.

Il conto economico è la sintesi dalla quale si ricava la misura del reddito


prodotto e si ricavano informazioni per valutare se il risultato reddituale del
periodo è tale da essere di giudizio positivo sull’economicità dell’azienda.
Una struttura di conto economico, che mette in risalto i risultati parziali
relativi delle singole gestioni o raggruppamenti di gestioni, è la struttura “a
ricavi e costo del venduto”. Essa coglie i seguenti dati:

1. Il risultato operativo della gestione caratteristica, prodotto dall’insieme


delle operazioni di gestione

2. Il risultato operativo, che raccoglie il risultato della gestione caratteristica


con i proventi netti (entrate) derivanti dalla gestione patrimoniale;

3. Il risultato lordo di competenza, che tiene conto del risultato operativo e


degli oneri finanziari (interessi passivi);

4. Il reddito prima delle imposte che considera i componenti di reddito


correlati a costi e ricavi di più esercizi trascorsi.

5. Il reddito netto, risultato dalle operazioni di tutte le gestioni e quindi anche


della gestione dei tributi.

Il capitale di funzionamento e l’equilibrio patrimoniale

Il capitale di funzionamento è il valore che si assegna al capitale aziendale


nel momento in cui alla fine del periodo si procede a valutare gli investimenti
in essere e le relative fonti allo scopo di determinare l’ammontare di
ricchezza creata o distrutta in un dato periodo.

Per classificare gli elementi del attivo si adotta Il criterio della liquidità cioè la
loro attitudine a trasformarsi in mezzi monetari senza danneggiare la
gestione operativa, mentre per gli elementi del passivo e del netto si

adotta il criterio della scadenza, cioè il termine entro il quale occorre far
fronte agli impegni.

• L’attivo corrente si classifica in:


a) liquidità

immediate, rappresentate dai fondi liquidi disponibili in azienda (cassa) o in


banca;

b) liquidità differite, cioè crediti di regolamento che si realizzano entro un


anno;

c) disponibilità, rappresentate dalle varie classi di rimanenze (materie prime,


semilavorati e prodotti finiti nelle aziende industriali).

• L’attivo fisso si divide in:


a) immobilizzazioni finanziarie, che comprendono crediti esigibili oltre l’anno
(partecipazioni e crediti di finanziamento);

b) immobilizzazioni materiali nette, espresse dal valore contabile residuo (al


netto degli ammortamenti) e comprende impianti, mobili, attrezzature e beni
con durata economica poliennale (beni pluriennali);

c) immobilizzazioni immateriali nette, che comprendono (sempre al netto


degli ammortamenti) spese già sostenute, costi per brevetti e marchi. Essi
daranno la loro utilità negli esercizi futuri perché si realizzano gradualmente
nel tempo (spese di impianto, di ricerca, ecc.).

• Il passivo e netto comprende:


a) passivo corrente, rappresentato dai debiti di regolamento e finanziamento
con scadenza inferiore a un anno;

b) passivo consolidato, comprende debiti con scadenza oltre un anno e


fondo di trattamento a fine rapporto (TFR);

c) capitale netto o cap. proprio, che comprende capitale sociale, riserve e


l’utile d’esercizio.

La differenza tra: Attivo corrente - Passivo corrente = Capitale Circolante


Netto che è un indicatore di equilibrio monetario che collega investimenti
(entrate a breve termine di mezzi monetari) e fonti (uscite a breve termine di
mezzi monetari) che determinano la gestione monetaria dell’anno
successivo.

Da uno stato patrimoniale riclassificato si possono tratte 3 fondamentali


tipi di giudizi sull’equilibrio patrimoniale:
1. Compensazione e struttura degli impieghi, si può capire il peso delle varie
poste dal loro trasformarsi in mezzi monetari e quindi capire l’elasticità
strutturale dell’azienda (incidenza immobilizzazioni sull’attivo corrente), cioè
l’efficienza nell’impiego delle risorse investite (rapportando vendite all’attivo).
Così si può valutare i rischi che la struttura dell’attivo comporta. Un’impresa
che presenta un attivo con più immobilizzazioni tecniche (realizzate da sé) è
più vulnerabile rispetto un’impresa che possiede una fornitura esterna per
molti componenti

2. Compensazione e struttura delle fonti di finanziamento, cioè capire il


rischio finanziario determinato dal peso dei debiti rispetto al capitale proprio
e dalla tipologia dei debiti utilizzati. E’ chiaro che un azienda che ricorre, la
maggior parte delle volte, a debiti a breve termine lo fa a scopo di liberare “in
fretta” il finanziatore e per evitare che le imposte si modifichino a sfavore
dell’azienda.

3. Equilibrio strutturale, cioè l’equilibrio tra natura e variabilità delle fonti e


degli investimenti. Un capitale circolante netto rilevante dà una garanzia sulla
solvibilità a breve dell’azienda essendo che gli impieghi immediati sono
coperti dalle prospettive di entrate di cassa a breve termine.

Sono aspetti diversi tra loro ma collegati dal fenomeno dell’equilibrio


patrimoniale.

Dalla nozione di capitale di funzionamento emerge che questo, a differenza


del capitale economico:

1. non è un valore unico, ma la somma algebrica di valori assegnati alle


attività ed alle passività con lo scopo di stimare il risultato di periodo;

2. non include il valore di tutti quei beni immateriali e di tutte quelle


condizioni di produzione a fronte delle quali non esistono investimenti in fase
di realizzo.

3. non ha significato autonomo, ma è strumentale alla stima del risultato di


periodo.

Il capitale economico: il valore economico del patrimonio


La nozione di capitale economico

Il capitale economico è la nozione di capitale-valore che prende in


considerazione l’ipotesi che l’azienda nel complesso sia ceduta in blocco.
Determinare un capitale economico vuol dire esprimere un apprezzamento
sull’attitudine del patrimonio d’impresa a produrre redditi in futuro. NON va
confusa con il prezzo o con il valore effettivo di scambio. Essa è un indice,
un valore teorico di riferimento. Quindi abbiamo il capitale economico e il
prezzo di cessione, sapendo che il primo è strumentale al secondo.
Numerose sono le circostanze aziendali che richiedono la scelta di utilizzo (la
determinazione) del capitale economico come termine per operazioni di
gestione straordinaria. (es. cessione di “azienda” o dei titoli che
rappresentano il capitale di una società, la fusione di più società attraverso
l’incorporazione o per la costruzione di una nuova società, ecc.)

I FLUSSI DI CASSA

Il cash flow, o flusso di cassa, è una grandezza finanziaria estremamente


importante sia per i professionisti del mondo della finanza sia per la
contabilità delle imprese. Si tratta di un indicatore da tenere in
considerazione quando si analizza il bilancio societario.Il cash flow è
dunque una spia della capacità dell’azienda di generare denaro, di
autofinanziarsi per rispettare i propri impegni societari e pagare i
dipendenti.

GLI INDICI DI BILANCIO: natura e obiettivi

L'analisi per indici del bilancio d'esercizio consiste nel calcolare, partendo
dai dati dello Stato patrimoniale e del Conto economico opportunamente
revisionati e riclassificati, indici (quozienti, espressi talvolta in percentuale)
che mettono a confronto gruppi di valori, anche di diversa natura. Gli indici si
possono raggruppare in base al tipo di analisi: analisi della redditività, analisi
della produttività, analisi patrimoniale e analisi finanziaria.

Gli indici intendono analizzare tre fenomeni:

1. la redditività;

2. la solidità;

3. la liquidità.

L'analisi per indici costituisce un importante strumento a supporto della


verifica della prospettiva della continuità aziendale; gli squilibri di carattere
reddituale,

patrimoniale o finanziario, sono infatti indicatori di crisi che possono causare


insolvenze e portare l'impresa alla liquidazione giudiziale.

Gli indicatori di redditività

Sono indici che permettono di osservare la capacità di un'impresa di


produrre reddito e di generare risorse.

Tali indicatori sono utili sia per gli investitori, che possono avere una
previsione circa i possibili ritorni economici del loro investimento, sia in
generale per analizzare l'affidabilità di un'impresa attribuendogli un rating
specifico.

E sono :

➢ROE (Return on Equity),Il ROE è un indicatore della redditività


effettivamente ottenuta dall'impresa e quindi del grado di remunerazione
del rischio affrontato dall'imprenditore o dai soci.

Per poter valutare la convenienza a investire in una impresa non è sufficiente


considerare il solo risultato economico in valore assoluto; occorre
considerare sempre il risultato economico in rapporto al capitale impiegato.

Quando depositiamo una somma in banca, chiediamo sempre quale sia il


tasso netto di interesse applicato.

Chiediamo, cioè, quanto mi verrà remunerato il capitale depositato


(investito).

Ad esempio se la banca applica un tasso del 3% significa dire che per ogni €
100 di capitale depositato saranno corrisposte € 3 di rendimento in un anno.

I fattori determinanti del ROE sono:


▪ La redditività operativa (ROA)

▪ Il rapporto di indebitamento (RI=Attivo Netto/Capitale Netto= AN/CN)


Esprime la relazione che intercorre tra capitale investito (Attivo Netto) e i
mezzi propri (Capitale Netto), e quindi indirettamente esprime il peso del
capitale di terzi.

▪ L’incidenza del reddito netto sul reddito operativo

(TI=Reddito Netto/Reddito Operativo = RN/RO). Esprime il peso dei


componenti di reddito estranei alla gestione operativa, cioè oneri finanziari e
imposte, e dei componenti di reddito non di competenza dell’esercizio. Più
elevato è tale peso, più basso è il tasso di incidenza.

IL ROI
Per valutare l'andamento della redditività aziendale e predisporre le
opportune strategie per migliorarla, i manager e gli amministratori hanno
bisogno di un indicatore che misuri le potenzialità di reddito dell'azienda,
indipendentemente dagli eventi extracaratteristici, dagli eventi finanziari e
dalla pressione fiscale a cui il reddito d'impresa è sottoposto.

Inoltre è importante valutare la redditività dell'intero capitale investito


nell'attività aziendale. Tale indicatore è costituito dal ROL(Return On
Investment).

➢ ROA (Return on Assets), che esprime la redditività della gestione


operativa

ROA=Reddito Operativo/Attivo Netto = RO/AN

Misura la redditività della gestione operativa. I fattori determinati del ROA


sono:

▪ La redditività delle vendite (ROS=Reddito Operativo/ Vendite= RO/V)

Esprime il grado di convenienza economica delle vendite effettuate


nell’esercizio.

▪ Il tasso di rotazione dell’attivo (TF= Vendite/Attivo Netto= V/AN)

Esprime il numero di volte che l’attivo netto gira in un anno per effetto dei
ricavi di vendita. E’ un indicatore di efficienza della gestione.

IL ROS

Il ROS esprime una sintesi delle relazioni tra volumi, costi e prezzi di vendita,
in quanto risulta dipendente dall'efficienza interna e dalla situazione di
mercato.

Oltre che dal volume delle vendite (fatturato), i risultati ottenuti nel corso
dell'esercizio sono influenzati anche dal numero di operazioni (quantità
vendute)

effettuate nel periodo. Poiché dal bilancio si vuole conoscere l'origine della
redditività globale, bisogna calcolare il “ numero di volte" che nell'anno, si è
ripetuta la redditività unitaria (rotazione degli impieghi) espressa dal ROS.

Il ROI che misura la redditività del capitale complessivamente investito,


direttamente influenzato dal ROS

Leva finanziaria
Attraverso l'utilizzo della leva finanziaria (o "leverage") un soggetto ha la
possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare
superiore al capitale posseduto.

VEDIAMO COME FUNZIONA IL CONCETTO DI LEVA PARTENDO DA UN CASO SEMPLICE.


IPOTIZZIAMO DI AVERE 100 € A DISPOSIZIONE DA INVESTIRE IN UN TITOLO.  PONIAMO CHE LE
ASPETTATIVE DI GUADAGNO O PERDITA SIANO PARI AL 30%: SE LE COSE VANNO BENE, AVREMO
130 €, IN CASO CONTRARIO, AVREMO 70 €. QUESTA È UNA SEMPLICE SPECULAZIONE IN CUI
SCOMMETTIAMO SU UN DETERMINATO EVENTO.
NEL CASO IN CUI DECIDESSIMO DI RISCHIARE DI PIÙ INVESTENDO, OLTRE AI NOSTRI 100 €,
ANCHE ALTRI 900 € PRESI IN PRESTITO, ALLORA L'INVESTIMENTO ASSUMEREBBE
UN'ARTICOLAZIONE DIVERSA POICHÉ UTILIZZIAMO UNA LEVA FINANZIARIA DI 10 A 1
(INVESTIAMO 1000 € AVENDO UN CAPITALE INIZIALE UNICAMENTE DI 100). SE LE COSE
ANDRANNO BENE E IL TITOLO SALE DEL 30%, RICEVEREMO 1300 €, RESTITUIAMO I 900 PRESI IN
PRESTITO CON UN GUADAGNO DI 300 € SU UN CAPITALE INIZIALE DI 100. OTTENIAMO, QUINDI,
UN PROFITTO DEL 300% CON UN TITOLO CHE IN SÉ DAVA UN 30% DI RENDIMENTO.
OVVIAMENTE SUI 900 € PRESI IN PRESTITO DOVREMO PAGARE UN INTERESSE, MA IL PRINCIPIO
GENERALE RIMANE VALIDO: LA LEVA FINANZIARIA PERMETTE DI AUMENTARE I POSSIBILI
GUADAGNI.

Gli indici di solidità


Gli indici di solidità misurano la capacità dell’azienda di far fronte agli
impegni nel medio e lungo periodo. I principali indici di solidità sono:

• il Rapporto di Indebitamento (RI);

• il grado di Copertura delle Immobilizzazioni (CI). Esprime il rapporto tra il


capitale

netto e le immobilizzazioni tecniche nette

CI=Capitale netto/Immobilizzazioni Nette = CN/IM

Gli indici di liquidità

Gli indici di liquidità misurano la capacità dell’azienda di far fronte, momento


per momento, agli impegni di pagamento. I principali indici di liquidità sono:

• il Quoziente di Disponibilità (QD). Esso è espresso come:

QD=Attivo Corrente/Passivo Corrente= AC/PC

• il Quoziente di Liquidità (QL). Esso è espresso come:

QL = Liquidità (immediate e differite) / Passivo Corrente = L / PC

Cap 8 I processi di rilevazione: i sistemi informativi

Le rilevazioni e i loro processi


I sistemi informativi sono strutture e procedure che raccolgono, conservano,
elaborano e distribuiscono i dati e le informazioni aziendali, basati sulle
rilevazioni dei valori. Per svolgersi in maniera cosciente la gestione e
l'organizzazione dell'azienda si ha bisogno di dati e informazioni riguardanti
l'interno dell'azienda e dell'ambiente in cui opera. Infatti,

la coscienza è un fattore importante essendo che l'azienda vive in un


ambiente mutevole. Il termine rilevazione in economia aziendale ha significati
diversi: si può intendere con un significato ampio come la determinazione
qualitativa e quantitativa, la classificazione, l'elaborazione, la
rappresentazione e l'interpretazione dei fenomeni aziendali; si può intendere
con un significato più ristretto come la raccolta di dati che determinano i
fenomeni oggetto di osservazione. Le rilevazioni possono essere suddivise,
in base allo strumento utilizzato per la raccolta dei

valori, in:

1. Contabili, quando utilizza il conto economico

2. Extra-contabili sono suddivisi in:

-Elementari: le rilevazioni elementari riguardano tutti i documenti di raccolta

(fattura, la nota di accredito, la bolla di spedizione, ecc.)

-Statistiche: le rilevazioni statistiche quando si utilizzano strumenti di


raccolta diversi dal conto (tabelle, grafici, diagrammi, ecc)

L'insieme di queste rilevazioni costituisce il sistema informativo aziendale.

Sappiamo che la partita doppia è il metodo in cui si raccolgono tutti i dati e


dove vengono inseriti sistematicamente nei vari conti e possono essere
distinti in:

-processi di raccolta di valori, in un libro giornale dove i fatti vengono raccolti


cronologicamente;

- processi di rielaborazione, per inserire i valori derivanti dalle operazioni


ancora in corso;

- -processi di rappresentazione, dei valori nelle sintesi di bilancio;

- processi di diffusione dell’informazione

Gli oggetti di rilevazione, del sistema delle informazioni, possono essere


distinti in base a:

- i livelli decisionali, ai quali le rilevazioni danno supporto conoscitivo e


sono suddivisi:

-attività di pianificazione strategica, si tratta di dati esterni che


servono ad orientare l'azienda per le decisomi sul posizionamento
strategico;

-attività direzionale, si rilevano dati e informazioni interni che servono


a impostare il processo di programmazione e controllo;

-attività operativa, si tratta di informazioni necessarie per svolgere


l'attività.

-Le aree funzionali, in cui sorgono le informazioni e sono suddivisi:

-informazioni logistiche, flusso materiale dei prodotti;

-informazioni commerciali, es. risultati di vendita classificati, visite dei


clienti dalla rete di vendita, ecc.

-informazioni di produzione, es, dati sulla capacità produttiva, sugli


impianti;

-informazioni per la ricerca e sviluppo

Le finalità delle rilevazioni sono di 3 tipi:

1) informative o indicative, attirano l'attenzione degli operatori aziendali sui


fenomeni e sui fatti aziendali;

2. prescrittive o decisorie, forniscono un supporto informativo utile per


poter intraprendere delle scelte;

3. valutative o di controllo, forniscono gli strumenti per controllare l'attività


svolta.

LA CONTABILITÀ GENERALE E ANALITICA

La contabilità generale nasce dal sistema informativo dell’azienda e ha lo


scopo di rilevare, elaborare e comunicare dati quantitativi riguardanti
l’azienda stessa. Si occupa soltanto delle rilevazioni che si possono
esprimere in termini monetari o economiche, che vengono organizzate
sistematicamente in conti o prospetti di natura simile e determinano
l’ammontare del reddito e del capitale d’esercizio. Misurano in termini
monetari ed economici gli scambi e il rapporto con l’ambiente esterno e
consentono di arrivare a un risultato della gestione in termini di costi e ricavi.

La contabilità generale è obbligatoria per legge, va tenuta secondo criteri


standard ed è necessario applicare il metodo della partita doppia.

Il bilancio ne rappresenta il documento di sintesi, fornendo informazioni utili


sia per i soggetti esterni all’azienda, che per i soggetti interni. Partendo dal
bilancio si possono ottenere ulteriori informazioni riguardanti lo stato
economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa attraverso il calcolo di
indici e flussi (analisi di bilancio). Ma questo non è sufficiente per verificare
l’andamento economico e finanziario di una linea di produzione, o di un
singolo prodotto, o conoscerne i costi fissi, il costo delle materie prime, i
costi di distribuzione, la redditività.

Ciò è possibile invece con la contabilità analitica (o industriale), che


permette, basandosi sulle rilevazioni effettuate dalla contabilità generale (e
non solo), di approfondire gli aspetti non evidenziati nel bilancio d’esercizio,
fondamentali, però, per un corretto processo decisionale da parte
dell’imprenditore.

Se la contabilità generale si occupa di tutti i fatti amministrativi che


comportano uno scambio con l’esterno, la contabilità analitica si sofferma
invece su quanto avviene internamente all’azienda. Non c’è obbligo di legge
ma approntare un sistema di contabilità analitica è ormai imprescindibile per
disporre di dati sempre aggiornati e precisi.

Oltre a monitorare costi e ricavi, la contabilità analitica è uno strumento in


grado di fornire dati utili e aiutare la direzione nella determinazione degli
obiettivi da raggiungere e nella determinazione del budget. Svolge quindi
una funzione non solo di analisi statica, ma dinamica e anche preventiva.

 Non è necessario applicare la partita doppia e si può adattare secondo le


esigenze della propria azienda.

I COSTI DELLA PRODUZIONE

I costi della produzione sono tutti i costi che l'impresa deve sostenere per
realizzare una determinata produzione di beni e servizi.

Ovviamente l'imprenditore ha interesse a contenere al massimo i costi, dato


che il profitto nasce dalla differenza tra i ricavi e i costi. Tuttavia questo non
significa che occorre puntare sempre e solamente ad una riduzione dei costi.

Esempio: per l'impresa non sempre è conveniente acquistare materie prime


più economiche. Infatti, se il minor costo è dovuto alla scarsa qualità delle
materie prime utilizzate, ciò porterà ad una minore qualità dei prodotti finiti
ottenuti e, a lungo andare, questo si rifletterà sull'immagine dell'azienda e
sulla domanda da parte dei consumatori che potrà ridursi.

COSTI FISSI E COSTI VARIABILI

I costi sostenuti da un'azienda si differenziano in:

- costi fissi;

- costi variabili.

COSTI FISSI

I costi fissi sono quei costi che non variano al variare della quantità prodotta.

Esempio: il costo sostenuto per l'affitto del capannone dove viene svolta
l'attività produttiva non varia sia che produciamo 10 unità di prodotto finito,
sia che ne produciamo 100.

Sono costi fissi i costi per salari e stipendi, gli affitti pagati per i locali nei
quali si svolGe l'attività dell'impresa, gli interessi sui mutui, ecc...

I costi fissi non variano, però, solamente entro certi limiti.

Esempio: se è necessario affittare un altro capannone per svolgere la propria


attività produttiva, in quanto quello di cui si dispone non è più sufficiente, i
costi aumentano seppure in una misura fissa.

I costi fissi hanno un


tipico andamento a
scala:

COSTI VARIABILI

I costi variabili sono costi che variano al variare della quantità prodotta.

Esempio: i costi sostenuti per l'acquisto delle materie prime variano in base
alla quantità prodotta. Se la quantità prodotta aumenta aumentano le
materie prime acquistate e i relativi costi.

Sono costi variabili i costi per le materie prime, i costi per l'energia
elettrica e cosi via.

Il grafico dei costi variabili si presenta così:


COSTI TOTALI

I costi totali sostenuti dall'impresa sono dati dalla somma di costi fissi e
costi variabili.

Per disegnare la curva dei costi totali è sufficiente sommare la curva dei costi
fissi con quella dei costi variabili.

BREVE E LUNGO PERIODO


Come abbiamo detto prima, i costi fissi non variano al variare della quantità
prodotta, ma ciò è vero solamente entro certi limiti.

Se la domanda dei beni cresce e l'impresa si trova a dover aumentare la


propria capacità produttiva, i costi fissi aumentano.

Quindi possiamo dire che i costi fissi sono tali nel breve periodo, mentre nel
lungo periodo tutti i costi sono variabili.

Per breve periodo intendiamo il periodo di tempo nel quale l'impresa non
modifica le dimensioni dei propri impianti.

Per contro, il lungo periodo, è quello nel quale le dimensioni dell'impresa


possono subire variazioni.

Non esiste una precisa quantificazione di ciò che si intende per breve e
lungo periodo ed esso varia in base al tipo di attività svolta dall'impresa.

Esempio: in un'industria dell'abbigliamento le dimensioni possono variare in


tempi più brevi rispetto ad un'acciaieria, dato che gli impianti sono meno
complessi e il loro ampliamento è più semplice.

RICAVI TOTALI E COSTI TOTALI


I ricavi totali conseguiti dall'impresa si ottengono moltiplicando il prezzo di
vendita unitario con il numero di unità vendute.

PRODUZIONE OTTIMALE

L'impresa consegue un profitto solamente se i ricavi totali superano i costi


totali.

Quindi, per l'impresa, è fondamentale stabilire qual è il livello della


produzione che permette di uguagliare i ricavi totali con i costi totali. Tale
livello di produzione si dice produzione di equilibrio.

Solamente superando tale livello di produzione i ricavi conseguiti iniziano a


superare i costi e si inizia a realizzare un profitto.

Per determinare la produzione di equilibrio si usa un grafico cartesiano detto


diagramma di redditività.

Si riportano:

- sull’asse delle x il livello della produzione;

- sull'asse delle y i costi totali e i ricavi totali.

I ricavi sono rappresentati da una retta che passa per l'origine degli assi:
infatti, se la produzione è nulla, i ricavi sono nulli, successivamente i ricavi
crescono in maniera proporzionale al crescere della quantità prodotta e
venduta. Nella costruzione del grafico si ipotizza che tutta la quantità
prodotta sia anche venduta.

Quindi si avrà:

La retta (in rosso) che esprime i costi totali e la retta (in azzurro) che
esprime i ricavi totali si incontrano in un punto denominato Bep ovvero
Break Event Point che significa punto di rottura.

In questo punto, la quantità prodotta, Q, permette di ottenere una situazione


di equilibrio, ovvero i ricavi conseguiti sono esattamente uguali ai costi totali
sostenuti.

Se la produzione è inferiore rispetto a Q, l'impresa opera in perdita, cioè


sostiene più costi rispetto ai ricavi che consegue.

Se la produzione è maggiore rispetto a Q, l'impresa consegue un profitto,


cioè consegue dei ricavi superiori rispetto ai costi che sostiene.

Per questa ragione, l'area situata a sinistra del punto Bep è detta area delle
perdite, mentre l'area alla sua destra è detta area dei profitti.

Il margine di sicurezza
Ai fini dell’analisi del rischio è necessario anche andare a considerare il
margine di sicurezza, ovvero la distanza tra le vendite programmate e quelle
di pareggio.

𝑀𝑑𝑆 = q(previste) − 𝑞(𝑝𝑎𝑟𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜)

q(previste)

Questo margine indica la riduzione delle vendite che l’impresa può tollerare
senza conseguire una perdita.Cioè , un margine di sicurezza di 0,30 sta ad
indicare che le vendite possono essere fino al 30% inferiori rispetto al valore
previsto senza che ciò comporti per l'impresa il conseguimento di una
perdita.

Contabilità analitica a valori standard

Nel momento in cui nella contabilità analitica vengano inseriti i costi standard
si ottiene una contabilità analitica a costi standard, i costi standard sono
costi ipotetici, costi-obiettivo, che ammettono una certa ipotesi di
funzionamento della gestione e utili per valutare alternative di azione. Utili ad
assicurare che gli obiettivi (valori standard) vengano realizzati. Il costo
standard consente di trasformare il costo consuntivo (costo effettivo) = costo
standard +- variazioni di prezzo e quantità (scomposizione).

LA CONTABILITÀ DIREZIONALE INTEGRATA

La contabilità direzionale integrata fornisce le informazioni che servono


all'imprenditore per prendere decisioni ed è data da:

- CONTABILITÀ GENERALE

- - CONTABILITÀ ANALITICA

- - BUDGET O STANDARD

- - RILEVAZIONI EXTRACONTABILI

La contabilità direzionale integrata produce un output (reporting), ovvero un


flusso informativo che consente di soddisfare tre fondamentali fabbisogni
direzionali:

1. stabilire tendenze evolutive del rapporto impresa-ambiente al fine di


anticipare minacce e opportunità;

2. verificare se si stanno realizzando gli obiettivi reddituali, competitivi e


sociali prestabiliti;

3. disporre di una base dati che consenta di creare e richiamare archivi di


dati, la quale impone il rispetto di alcune regole di comportamento (principio
di selettività, di pertinenza e il bilanciamento tra tempestività e attendibilità).

I sistemi di pianificazione, di programma e di controllo


Sono sistemi di autoregolazione con i quali si assegnano gli obiettivi e le
risorse e si valutano a posteriori i risultati conseguiti. Sono strettamente
collegati con i sistemi informativi dai quali traggono gli elementi conoscitivi
indispensabili per la loro concreta applicazione. Essi costituiscono modelli di
comportamento gestionale. Sono costituiti da:

1.2. Il sistema di pianificazione strategica


è il processo mediante il quale vengono definiti gli obiettivi, le politiche e gli
assetti delle combinazioni economiche dell’azienda. Chi decide dovrebbe
possedere la capacità di controllare strategicamente (controllo strategico
come controllo concomitante) tutte le informazioni a disposizione, quelle che
sono state combinate per le simulazioni, le ipotesi, i percorsi e i progetti
strategici. Ovviamente anche le modalità da ipotizzare per il raggiungimento
degli obiettivi sono molto importanti e possono essere molteplici, quindi in
questa fase si possono individuare alternative strategiche, tutte capaci di
giungere al perseguimento degli obiettivi e alla definizione dell’assetto
desiderato (profilo strategico provvisorio).Vi è poi un’attività decisionale
(decisione) che sintetizza ed arriva alla scelta

Il sistema di programmazione e controllo = è l’insieme dei processi


mediante i quali vengono assegnati alle unità organizzative gli obiettivi da
realizzare in un determinato arco temporale e le relative risorse:

➢ Coprono il breve periodo (tipicamente un anno);

➢ Sono orientati all’efficienza (rapporto tra obiettivi da raggiungere e risorse


disponibili);

➢ Sono normalmente intesi come strumenti di controllo organizzativo


(guidano i sistemi di ricompensa).

Cap. 14 LE SCELTE DI FORMAZIONE E DI SVILUPPO DEL PATRIMONIO


Il patrimonio e il capitale di funzionamento

Il patrimonio è l'insieme delle condizioni di produzione e di consumo di


pertinenza dell'azienda in un dato momento, condizioni di produzione e di
consumo denominate condizioni patrimoniali.Le condizioni patrimoniali sono:

- positive (cassa, crediti, immobili, rimanenze, ecc);

- negative (debiti e obbligazioni di vario genere);

- materiali (impianti, macchinari, ecc);

- immateriali (le competenze tecniche, l'immagine commerciale, ecc.);

- monetarie (disponibilità di cassa, debiti e crediti di varia natura); - esogene


(acquistate, tratte dall'ambiente) ed endogene (prodotte internamente).

LE CLASSI DI CONDIZIONI PATRIMONIALI DELLE IMPRESE


Le condizioni patrimoniali sono osservabili e classificabili secondo più criteri:

- Condizioni materiali: sono gli elementi patrimoniali che hanno una


manifestazione fisica (terreni, fabbricati, impianti, ecc.)

- Condizioni immateriali: sono elementi patrimoniali che non operano sotto


forma fisica ma che possono avere rilevanza strategica pari o superiore a
quelli materiali.Nell'ambito di questa classe è utile distinguere:

•Le conoscenze e le capacità di fare (know-how): si manifesta sotto


forma di comportamenti che consentono di svolgere con successo compiti
complessi (le routine). Vengono denominate anche "patrimonio tecnico" e
"capitale intellettuale".

•La rete di relazioni esterne: relazioni di fiducia e di cooperazione con le


varie categorie di portatori di interessi. Vengono denominate anche"capitale
sociale" "capitale reputazionale". Una ricca rete di relazioni riduce i costi di
transazione esterni e attivano anche relazioni di mutua difesa.

•La reputazione e l'immagine: è elemento della rete di relazioni esterne, ma


genera anche riflessi economici riducendo i prezzi di acquisto dei fattori
produttivi e alzando i pressi di vendita. Sono importanti i marchi, le marche,
le firme e vengono denominate anche "capitale reputazionale".

•La coesione interna: lo spirito di squadra, l'intensità di relazioni positive


sociali tra le persone che operano nell'impresa. Promuove la cooperazione,
abbassa i costi di transazione, rende fluidi i flussi comunicativi, decisionali,
ecc. Sono collegati i concetti di Identificazione, Identità aziendale, Cultura
aziendale.

•Condizioni monetarie: includono tutte le condizioni patrimoniali, positive e


negative, che si presentano sotto forma di cassa, debiti e crediti, capitale
netto.

• Complementari alle condizioni patrimoniali in senso stretto (ossia


condizioni di pertinenza di un’impresa) sono le condizioni d’ambiente.
L’economicità delle combinazioni economiche di un’impresa dipende anche
dalle condizioni di ambiente che comprendono: le infrastrutture di
comunicazione e di trasporto, i servizi della pubblica amministrazione, la
struttura del tessuto di imprese vicine fisicamente e socialmente e che
possono formare sistemi locali quali i distretti, la disponibilità di prestatori di
lavoro con determinati profili professionali, la cultura locale, e così via;
quanto più ricche e favorevoli sono le condizioni di ambiente, tanto più
l’impresa gode di <<economie esterne>> che possono essere fonti di
importanti vantaggi competitivi.

• Includendo le condizioni ambientali, si può parlare di condizioni


patrimoniali in senso allargato, ossia di condizioni di produzione sia di
pertinenza dell’azienda, sia esterne ma rilevanti per lo svolgimento delle
combinazioni economiche.

Le condizioni patrimoniali distintive e centrali

Si definiscono condizioni patrimoniali distintive (o risorse/competenze


distintive), quelle condizioni patrimoniali che:

- sono specifiche dell’azienda (firm specific), ossia non sono disponibili sul
mercato dei fattori produttivi, sono state costruite all’interno dell’azienda
sulla base di idee e di processi originali;

- hanno un alto impatto sul valore attribuito dal cliente agli output
dell’azienda;

- sono difficilmente replicabili (o trasferibili) e imitabili da altre imprese,


in quanto:

- - pluridisciplinari ossia conoscenze e capacità di fare basati su una sola


disciplina scientifica o tecnologica oppure nelle quali si fondano più
saperi.

- -frutto di apprendimento collettivo, ossia capacità attivabili da singole


persone oppure con il necessario apporto di numerose persone; i relativi
comportamenti possono essere letti anche come routine individuali o
routine collettive;

- basate su conoscenza tacita o codificate in linguaggi particolari(implicite).


E’ evidente che quanto più un’impresa è dotata di condizioni patrimoniali
distintive tanto più forte è la sua posizione nel realizzare le strategie
competitive. Possiamo avere anche condizioni patrimoniali distintive e
comuni a tutti i sistemi di prodotto offerti da una stessa impresa definiti
condizioni patrimoniali o competenze centrali (core competences). Esse
sono fonte per l’attivazione e lo sviluppo di nuovi sistemi prodotto e sono
alla base:

• delle strategie di estensione orizzontale e verticale

• di diversificazione

Le scelte di formazione e di valorizzazione del patrimonio

Alcune classi di scelte che producono effetti particolarmente evidenti sul


patrimonio dell’impresa sono:

a) le scelte di integrazione verticale e di estensione orizzontale e


interfunzionale;
b) le scelte di dimensionamento delle capacità produttive;
c) le scelte di fusione e di acquisizione di altre imprese;
d) le scelte relative alla formazione di aggregati interaziendali;
e) le scelte di localizzazione;
f) le scelte di struttura del capitale proprio e di terzi;
g) le scelte di gestione dell’organismo personale e di progettazione degli
assetti organizzativi

Le scelte di integrazione verticale e di estensione orizzontale


Integrazione verticale è un'espressione che, nella microeconomia e nel
management strategico, descrive la scelta di un'impresa produttrice o
assemblatrice di un certo prodotto di integrare all'interno della sua attività un
maggior numero di "passaggi intermedi" necessari all'ottenimento del
prodotto finito.

L'estensione orizzontale
E' definita dal grado di diversificazione dell'impresa, dalla numerosità e dalla

eterogeneità delle combinazioni economiche parziali (aree strategiche di


affari) per prodotto e per mercato. Il grado di diversificazione va dall'impresa
monobusiness (una sola combinazione economica parziale) all'impresa con
decine di business diversi a volte correlati tra loro a volte disomogenei.

Le scelte di acquisizione di altre imprese o di fusione con altre imprese


La fusione è l’operazione con la quale due o più società si concentrano in
una sola. La fusione può avvenire con due modalità: (a) fusione per unione,
ovvero costituzione di una nuova società (cd newco); (b) fusione per
incorporazione, cioè assorbimento in una società di una o più altre. La
fusione può avvenire fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), ovvero
fra società di tipo diverso (fusione eterogenea).

Con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società,
preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso
anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”. La
scissione può quindi essere definita come il frazionamento di una società in
più parti, destinate ad essere inglobate in una o più altre società.

Le scelte relative alla formazione di aggregati interaziendali


Le aziende non operano in modo isolato, ma creano relazioni economiche
con altre aziende.Tali relazioni differiscono tra loro per l'intensità del legame.
Si possono distinguere infatti:

- legami deboli, costituiti da semplici relazioni di scambio aventi per oggetto


beni indifferenziati scambiati su mercati competitivi;

- relazioni di tipo forte, tali da creare un intenso legame tra le aziende.

Gli aggregati aziendali si formano quando un insieme di attività economiche


viene realizzato in una logica unitaria da una o più aziende collegate da
legami stabili e intensi, tali cioè da limitare l'autonomia decisionale delle
singole unità a favore della creazione di una logica di gruppo.

Le scelte di localizzazione
Le scelte di localizzazione aprono l’accesso a <<patrimoni ambientali>> più
o meno ricchi che possono dare luogo ad economie esterne per molti versi
assimilabili a condizioni distintive fonti di vantaggio competitivo.

Le scelte di struttura del capitale proprio e di terzi


Scelte di gestione finanziaria e di assetto proprietario determinano
direttamente un aspetto fondamentale della struttura del patrimonio: le
dimensioni assolute e relative del capitale proprio e del capitale di prestito.
La struttura del capitale proprio e del capitale di terzi, a sua volta, influenza
l’immagine dell’azienda, la sua capacità di investire nello sviluppo interno e
nell’acquisizione di competenze, il grado di rischio affrontabile in tali
processi.

Molto importanti sono gli indirizzi strategici che configurano le scelte sul
patrimonio: basare le scelte di ingresso in nuovi mercati sulle proprie
competenze distintive e centrali (diversificazione correlata);

▪ scegliere con cura le modalità di sfruttamento delle competenze


distintive;
a. sfruttare a fondo le economie di replicazione interna di competenze
distintive b. attuare operazioni di fusione e acquisizione per unire
competenze complementari(e non simili o sovrapposte).
▪ internalizzare i processi che producano competenze distintive
▪ puntare su modelli organizzativi originali, da cui possono scaturire
processi di apprendimento differenti e dunque competenze distintive.
▪ attuare strategie di raccolta di capitale di rischio e di capitale di prestito
che permettano di sviluppare in autonomia i progetti innovativi che
contengono competenze distintive;
▪ impostare strategie esplicitamente orientate allo sviluppo di competenze
distintive.
▪ evitare eccessi di cambiamento, che mettano in crisi i processi di
apprendimento e sconvolgano le routine che sottostanno alle competenze.

La dinamica del patrimonio: le scelte di sviluppo

Oltre a competenze distintive e centrali, l’impresa deve dotarsi anche di


competenze dinamiche (dynamic capabilities), che consistono nella capacità
di arricchire, rinnovare, ricombinare e sostituire le competenze distintive
esistenti. Occorre sviluppare assetti organizzativi che massimizzano la
capacità di:

a. integrare gli elementi che compongono l’impresa in competenze solide e


distintive.

b. stimolare l’apprendimento attraverso la ripetizione e la sperimentazione.

c. riconfigurare rapidamente ed efficacemente le strutture e le competenze


aziendali in forme innovative

CAP 9 LA STRUTTURA DELL’AZIENDA, L’AMBIENTE ECONOMICO, IL


SISTEMA COMPETITIVO.

IL SISTEMA DELLE SCELTE E LA STRUTTURA DELLE AZIENDE


1) l’azienda come sistema decisionale
L’azienda può essere osservata come un sistema decisionale (quali decisioni
vengono prese, da chi, quali tempi e sequenze, quali logiche e procedure)
L’esigenza di decidere è dettata dal continuo dinamismo interno ed esterno
all’impresa. La qualità del governo strategico coincide con la qualità delle
decisioni prese.

Le decisioni in campo economico:

– sono soggette al vincolo di scarsità delle risorse. Il vincolo delle risorse


scarse può essere visto come un gioco a somma 0;

– impongono attente e rigorose analisi di convenienza economica comparata


che possono essere svolte ricorrendo a modelli di analisi economica per le
decisioni

– sono adottate in condizioni di incertezza e, dunque, comportano rischi

– sono intenzionalmente razionali, ma soggette a limiti di razionalità


(condizioni di razionalità limitata) e di rischi di ritualizzazione

– producono conseguenze più o meno ampie e stabili sulle condizioni di


futuro svolgimento dell’impresa

Sono effettuate seguendo 2 principi:

1) bisogna compiere scelte con flessibilità (capacità di adattamento ai futuri


incerti scenari)

2) rinnovare le basi per il futuro

2) La struttura dell’azienda come frutto di scelte aziendali


Le classi di scelte del governo strategico

- scelte di configurazione del sistema di prodotto col quale presentarsi ai


mercati per suscitare domanda, e fronteggiare i concorrenti

- scelte di dimensionamento della capacità produttiva

- scelte di estensione interfunzionale e scelte di estensione verticale (quali


attività svolgere all’interno e quali fare svolgere ad altri soggetti)

- scelte di estensione orizzontale (più aree strategiche, più business, più


combinazioni prodotto–mercato)

- scelte di gestione patrimoniale, finanziaria, tributaria

-scelte di formazione e sviluppo del patrimonio

- scelte relative all’assetto organizzativo e all’organismo personale

- scelte di assetto istituzionale

La struttura di ogni azienda (qui, in particolare si fa riferimento all'azienda di


produzione, ossia all'impresa) si compone di cinque macrovariabili tra loro
interconnesse a sistema e immerse nell'ambiente (tav. 9.1). Le cinque
macrovariabili sono:

• l'assetto istituzionale; -

• la configurazione delle combinazioni economiche;

• il patrimonio;

• l'organismo personale;

• l'assetto organizzativo

1. L’assetto istituzionale: è la configurazione dei portatori di interesse, dei


contributi che essi forniscono all’azienda

2. Configurazione combinazioni economiche: assetto complessivo delle


attività svolte dall’azienda attraverso i suoi membri o prestatori di lavoro

3. Patrimonio: è formato dalle varie classi di condizioni produttive materiali e


immateriali utilizzate dall’istituto per svolgere la propria attività economica
(riscorse monetarie, materiali e immateriali)

4. Organismo personale: insieme delle persone che prestano il loro lavoro


nell’istituto

5. Assetto organizzativo: è la macrovariabile che definisce la struttura


interna e le modalità di svolgimento dei processi aziendali.

3) l’ unitarietà degli istituti e del loro governo


Ogni istituto è una realtà unitaria e unitario deve essere il suo governo
economico (principio della unitarietà del governo economico: tutte le
decisioni devono comporsi in un disegno unitario e coerente)

L’unitarietà del governo economico è realizzata con la formulazione e la


realizzazione di una strategia aziendale. La strategia aziendale unifica le
politiche delle singole aree funzionali.

La strategia aziendale si compone di due elementi fondamentali:

• l’orientamento strategico di fondo (OSF) è l’insieme di idee-guida,


di valori e di atteggiamenti che definiscono l’identità, effettiva o
ricercata, dell’impresa

-che cosa l’impresa fa o vuol fare (campo di attività e di sviluppo quali-


quantitativo perseguito)

-perché lo fa o lo vuole fare (fini e obbiettivi di fondo)

-come lo fa o lo vuole fare impresa (filosofia gestionale e organizzativa).

-In quali aree competitive l’impresa vuole operare, in che modo intende
affrontare la concorrenza, quali decisioni strategiche sul piano finanziario,
tecnologico, di marketing...

• gli indirizzi strategici in cui l’OSF si concretizza sono rappresentati da


scelte strategiche che definiscono in quali arene competitive l’azienda
intende operare e in che modo intende affrontare la concorrenza, come
intende gestire gli attori istituzionali, quali decisioni strategiche prenderà a
livello finanziario, tecnologico, di marketing e così via..

4) l’unitarietà delle combinazioni economiche


I caratteri di unitarietà delle combinazioni economiche sono:

– complementarità, che si manifesta tra:

• fattori produttivi, ad es.: il lavoro è complementare all’impiego di


impianti nella attività di trasformazione fisico tecnica

• insiemi di operazioni, ad es.: le attività di vendita sono complementari


a quelle di trasformazione per lo svolgimento delle combinazioni
economiche

– fungibilità, che si manifesta tra:

• differenti fattori produttivi, ad es.: nell’ambito di uno stesso processo


di trasformazione fisico tecnica, lavoro e impianti possono essere tra
loro fungibili

• classi di operazioni, ad es.: l’investimento nella qualità può ridurre


l’incidenza di attività di assistenza post- vendita

– comunanza: uno stesso fattore di produzione o un insieme di operazioni


concorrono ad ottenere più risultati, ad es.: un impianto di produzione può
essere comune a più linee di produttive

– congiunzione: da uno stesso processo produttivo escono


contemporaneamente e necessariamente più risultati, detti risultati congiunti,
ad. Es. processo di distillazione del petrolio

– uniformità dei fattori di produzione, dei processi produttivi e dei prodotti,


che si manifesta nei fenomeni di:

• standardizzazione, ad es. standardizzazione dei prodotti fabbricati

• uniformazione, la standardizzazione non riguarda più una singola


azienda, ma tutte le aziende che adottano standard comuni per
svolgere certe attività, ad es. recepimento di norme relative a pesi e
misure da adottare nelle attività di fabbricazione di certi prodotti

• modularità, progettazione di componenti (moduli) che possono


concorre alla produzione di differenti prodotti complessi, ad es. i pianali
delle automobili sono spesso utilizzati per diversi modelli

- interdipendenza tra unità che compongono l’azienda (organi e persone).


Essa analizza in termini organizzativi i precedenti dei caratteri di unitarietà
delle combinazioni economiche. Tanto più forti sono questi caratteri, tanto
più elevata sarà l’interdipendenza tra unità, ad es. l’esistenza di un
impianto comune a più processi di fabbricazione richiederà una forte
interdipendenza tra le unità delle diverse linee produttive, ma anche con
quelle che si occupano della vendita dei singoli prodotti.

L’AMBIENTE ECONOMICO

L’ambiente di un istituto è l’insieme di condizioni e di fenomeni esterni allo


stesso che ne influenzano la struttura e la dinamica.

L’ambiente economico è l’ordine economico dell’ambiente e si compone


di:

– mercati, insiemi omogenei di negoziazioni di beni privati, di rischi


particolari e di credito di prestito

– strutture di domanda e di offerta di lavoro, di capitale proprio, di beni


pubblici

– settori, insiemi di aziende con combinazioni economiche simili ed


operanti negli stessi mercati e nelle stesse strutture di domanda e di
offerta

– politiche economiche, monetarie, finanziarie

L’ambiente non economico, rilevante per la struttura e la dinamica delle


aziende, è composto da fenomeni e condizioni quali:

– sistemi dei valori e cultura caratterizzanti la collettività sociale di riferimento

– normativa giuridica nazionale ed internazionale

– stato e dinamica delle scienze, tecnologie e tecniche

– infrastrutture

– configurazione fisica e climatica del territorio

Bisogna definire i confini dell’azienda rispetto all’ambiente

Per l’individuazione dei confini tra ambiente e istituto si possono impiegare


due criteri:

– della struttura giuridica formale, ossia gli elementi della struttura


aziendale che la normativa vigente indica come campo d’azione degli
organi di governo economico della singola azienda

– dell’influenza, cioè fin dove si estende l’influenza degli organi di


governo economico dell’azienda

La definizione di ambiente può essere articolata non solo per la singola


azienda, ma anche per insiemi di aziende come gruppi economici o
aggregati interaziendali (ambiente di insiemi di aziende) L’ambiente aziendale
può essere scomposto in sottoambienti rilevanti, perché si ha l’esigenza di
definire e analizzare ambienti riferiti ad una parte di un’azienda. I confini
dell’azienda sono modificabili e la loro estensione è oggetto delle scelte di
governo economico

-I mercati:
Non è un luogo fisico. Il mercato è un complesso dinamico di negoziazioni
che hanno per oggetto una certa classe di beni e che si manifestano per
continuità con caratteri omogenei e con elementi di interazione reciproca. Si
ha un mercato quando si hanno molte negoziazioni di un oggetto simile
attuate continuativamente e con elevata frequenza da un certo insieme di
aziende. L’esistenza di un mercato dipende dalla simultanea verifica di
alcune condizioni:

– presenza di un complesso dinamico di negoziazioni

– di uno stesso bene

– che si manifestano con continuità ed elevata frequenza

Se queste condizioni non sono simultaneamente verificate si è in presenza di


negoziazioni fuori mercato

Uno stesso bene può essere negoziato in mercati distinti, ad es. mercati
localizzati in diverse aree geografiche

I mercati sono complessi dinamici ovvero variano nel tempo i loro caratteri
distintivi e i loro confini le negoziazioni che formano i mercati sono
tipicamente negoziazioni tra aziende

In ogni mercato è possibile identificare domanda ed offerta che sono funzioni


di insiemi articolati di variabili (tradizionali categorie di analisi dei mercati)

-I settori :
Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende che hanno uno
stesso tipo di attività economica. Sono legate da relazioni interdipendenza
(di concorrenza o di altro tipo) Esistono diverse prospettive di analisi dei
settori:

❖ dell’economia politica e della politica economica: cioè analisi delle


interdipendenze settoriali in termini di flussi di condizioni, di produzione, di
consumo e di mezzi monetari

❖ dell’economia industriale: analisi del grado di concentrazione e degli effetti


per la collettività. Corrisponde allo studio del contesto competitivo delle
aziende di produzione e del relativo comportamento competitivo
Nell’ambito degli studi del contesto competitivo, particolare importanza ha
il modello “struttura comportamento- risultati” (esempi di struttura:
concorrenza perfetta, oligopolio non differenziato, oligopolio differenziato)

In economia aziendale l’oggetto caratteristico di analisi è l’azienda. Il


settore è la categoria di osservazione dell’ambiente di aziende. I settori,
quindi, non sono solo configurati dalle relazioni di concorrenza, ma si adotta
una visione più ampia. Definiamo settori insiemi di aziende i cui
comportamenti sono connessi da relazioni dinamiche intense per via di
combinazioni economiche simili e per l’operare degli stessi mercati, non solo
nella posizione di venditori tra loro in concorrenza . Pertanto:

– l’analisi si compie con riferimento ad ogni ordine di azienda (azienda di


consumo, azienda composta pubblica), non

solo quella di produzione

– i settori non sono configurati da sole relazioni di concorrenza, bensì da


relazione complesse, dinamiche e intense

come le relazioni di cooperazione

– ciascuna azienda partecipa a tanti settori quanti sono i mercati in cui essa
opera

Ne consegue che a ciascun mercato corrispondono uno o più settori di


aziende in posizione di offerta o di domanda.

IL SISTEMA COMPETITIVO
Una parte fondamentale dell’ambiente economico delle imprese è
rappresentato dal sistema competitivo, ossia dallo spazio economico
popolato di clienti, dai fornitori e dai concorrenti e nei quali l’impresa si
presenta con i sistemi di prodotto risultato della sua attività caratteristica. La
scelta del sistema competitivo in cui operare costituisce una delle scelte più
importanti, si decidono infatti il raggio di azione geografico, le fasce di clienti,
i concorrenti diretti etc.

Il modello della concorrenza allargata è uno dei riferimenti più noti per la
rappresentazione della struttura nei sistemi competitivi.

Teoria di base: in ogni settore la concorrenza non coinvolge solo le imprese


appartenenti allo stesso settore (i concorrenti), ma è allargata ad altre quattro
classi di soggetti i quali:

• Clienti
• Fornitori
• Potenziali entranti
• Produttori di beni sostitutivi

Il termine concorrenza ha un significato molto ampio; esso, infatti, sta a


indicare le pressioni, ossia le forze, esercitate sulle imprese di un settore da
ciascuna delle cinque classi di attori, e quindi non solo delle imprese stesse
nelle loro relazioni di competizione. Tali forze sono:
• La rivalità tra i concorrenti.
• il potere contrattuale dei fornitori.
• il potere contrattuale dei clienti.
• le minacce di ingresso.
• le minacce di sostituzione.
Quanto maggiore è l’intensità delle forze tanto è più difficile il conseguimento
di soddisfacenti livelli di redditività a causa delle pressioni che i diversi attori
possono esercitare sia sui prezzi sia sui costi.

Per quanto riguarda le minacce di ingresso di nuovi concorrenti, esse


dipendono dalla solidità degli ostacoli all’ingresso, ossia dalle barriere
all’entrata. Le barriere all’entrata hanno varie determinanti quali:

A. Il fabbisogno di capitale: insieme degli investimenti necessari allo


svolgimento della

gestione.

B. le economie di scala: in questi casi chi entra nel settore deve farlo con
strutture di

grandi dimensioni.

C. I vantaggi di costo assoluto: derivano, ad esempio, dalla favorevole


localizzazione di

impianti rispetto a fornitori e clienti o da una ccesso privilegiato alle materie


prime.

D. La differenziazione del prodotto.

E. L’accessoaicanalidistributivi:peresempioinvestimentisulpuntovendita;la
barriera è inoltre ancor più elevata se i concorrenti hanno strutture
distributive proprie.

F. Le politiche pubbliche di regolamentazione e controllo: nei casi in cui per


esempio si richiedono licenze o brevetti per svolgere determinate attività.

Le dinamiche del sistema competitivo

I principali cambiamenti che possono intervenire nel tempo in un sistema


competitivo (prospettiva di analisi dinamica) sono:

– Dinamiche congiunturali: mutamenti generalmente reversibili nel breve


periodo come le variazioni dei prezzi dei

prodotti che dipendono per esempio dai tassi di cambio sui mercati

– Dinamiche strutturali interne ad un sistema competitivo: mutamenti di


natura permanente quali:

• Ciclo di vita del settore

• Grado di concentrazione e di frammentazione

• Grado di internalizzazione e di esternalizzazione • Grado di


internazionalizzazione

• Ciclo di sostituzione

– Dinamiche di ricomposizione di più sistemi competitivi: mutamenti che


producono modifiche radicali ai confini dei sistemi competitivi e la nascita di
nuovi

CAP 10 LE SCELTE DI CONFIGURAZIONE DEL SISTEMA D PRODOTTO


E DELLA FORMULA COMPETITIVA IL SISTEMA DI PRODOTTOE IL
VANTAGGIO COMPETITIVO
Ciascuna impresa si propone ai propri clienti, e sfidando i concorrenti, con
uno o più sistemi di prodotto. Un sistema prodotto è un insieme unitario di
beni e di condizioni di scambio. In ogni relazione di scambio con i clienti
l'impresa offre degli elementi come le caratteristiche fisiche dei prodotti,
l'ampiezza dei prodotti fungibili e complementari, l'assistenza tecnica, il
marchio, il prezzo, le condizioni di pagamento e consegna; questi elementi
compongono il sistema di prodotto. Esso è un complesso con il quale
l'impresa ricerca il consenso dei clienti e sfida la concorrenza. La
progettazione del sistema di prodotto è un passaggio cruciale per
l'economicità dell'impresa, da cui dipendono i componenti positivi e negativi
di reddito. A seconda della configurazione del sistema prodotto, i clienti
percepiscono l'utilità del bene attribuendogli un valore e attraverso la
comparazione delle condizioni proposte da altre imprese, sono disposti ad
acquistarlo in certi prezzi e volumi.

Le strategie competitive di base:

Combinando il tipo di vantaggio competitivo e l’ampiezza del mercato di


sbocco (sistema competitivo) si ottengono 4 strategie di base:

• Leadership di costo (vantaggio di costo e ambito ampio) dove il


leader domina un mercato ampio con i costi, e quindi i prezzi, più bassi
di tutta la concorrenza, ed offre in genere un sistema di prodotto
“singolo” (non gamma, ne articolato in sottoinsiemi)

• Differenziazione (vantaggio di differenziazione e ambito ampio, anche


con SP multipli) che possono essere perseguite anche da più aziende
operanti in uno stesso mercato di grandi dimensioni, ciascuna con un
sistema di prodotto (singolo multiplo) caratterizzato di elementi di
originalità

• Focalizzazione orientata ai bassi costi e Focalizzazione orientata alla


differenziazione: le aziende con questa strategia dominano i mercati di
dimensione ridotte di cui spesso i competitori con raggio d’azione più
ampio non riescono a soddisfare pienamente i bisogni.

Il sistema competitivo è lo spazio abitato dai clienti e concorrenti con i quali


l'impresa si rapporta costantemente. La struttura e le risorse aziendali sono
l'insieme delle condizioni fisiche, patrimoniali, relazionali ed organizzative di
cui l'impresa dispone per rispondere alle esigenze dei clienti e fronteggiare la
concorrenza. Queste sono condizioni che permettono di elaborare ed offrire
un sistema prodotto originale e competitivo.

IL VANTAGGIO
Il vantaggio competitivo è l'insieme degli elementi che distinguono il sistema
di prodotto di una determinata azienda da quello dei concorrenti.

Il vantaggio di differenziazione consiste nell'offerta di un sistema di prodotto


diverso da quello della concorrenza. Si ha un vantaggio di differenziazione,
anche quando il sistema prodotto possiede caratteristiche che i concorrenti
non hanno, o quando è completamente unico e non esistono competitori.

Il vantaggio di costo, che si ha quando il sistema di prodotto è ottenuto con


costi unitari bassi e che consentono di offrirlo ai clienti con un prezzo più
basso di quello dei concorrenti.

LA PROGETTAZIONE DELL’ASSETTO ORGANIZZATIVO DELLE


IMPRESE: UN QUADRO D’ASSIEME

L’assetto organizzativo dell’impresa è il risultato della combinazione di


diverse variabili organizzative, fra le quali è possibile distinguere la struttura
organizzativa, che definisce e assegna i compiti e le responsabilità alle
singole unità organizzative, e i sistemi operativi (o di management), che
regolano e guidano i comportamenti delle persone nello svolgimento delle
attività aziendali.

LE VARIABILI ORGANIZZATIVE che si devono progettare per realizzare


l’asseto organizzativo sono:

1) La struttura organizzativa: Il processo di progettazione della struttura


organizzativa consiste nel:

1. Definire quali sono i compiti che devono essere svolti all’interno


dell’impresa

2. Assegnarli alle distinte unità organizzative

3. Suddividere ulteriormente i compiti all’interno dell’unità organizzativa

4. Definire per ogni posizione i compiti specifici a essa assegnata

5. Ordinare le relazioni tra le diverse unità attraverso la determinazione di


una gerarchia

2) La distribuzione del potere (autorità), a chi delegare e in che modo i


sistemi operativi:

- Sistemi di pianificazione strategica, (producono idee, orientamenti, fanno il


quadro di riferimento comune) - sistemi di programmazione e controllo
(funzione critica)

- sistemi di informazione (raccolgono producono, immagazzinano info)

- Sistemi di gestione del personale (sono numerosi e svolgono tante funzioni.


Retribuzione, valutazione delle

competenze, ecc)

L’ORGANISMO PERSONALE, LE VARIABILI INDIVIDUALI E SOCIALI

Un insieme di persone unitario dinamico, flessibile l’organismo personale è


l’insieme unitario delle persone che con il proprio lavoro partecipano allo
svolgimento dell’attività aziendale. L’organismo personale è un complesso
dinamico. Deve essere flessibile (adattabilità alle variazioni di contesto nel
rispetto dei vincoli dell’efficienze e dell’economicità)

La configurazione del l’organismo personale di un’impresa si qualifica in 2


aspetti:

1. le variabili individuali sono le caratteristiche delle singole persone che


compongono l’organismo

personale e si possono dividere in 3 grandi categorie

▪ Le competenze professionali, cioè le conoscenze e capacità


tecniche (contabilità, elettronica, marketing, ecc.) e le conoscenze e
capacità relazionali (leadership, lavoro in gruppo, ecc.)

▪ I valori: le convinzioni e le credenze in generale e, in particolare,


relativamente all’attività economica

▪ I bisogni in generale e, in particolare, i bisogni che si soddisfano


(anche) mediante il lavoro

2. le variabili sociali: sono le relazioni positive (cooperazione, coesione, ...) e


negative (conflitto) che si instaurano tra le persone. La cooperazione e la
coesione sono essenziali per il buon funzionamento delle organizzazioni La
coesione e la cooperazione dipendono anche dalla condivisione di valori
comuni: la cultura

Tre condizioni sono particolarmente importanti per attivare coesione e


collaborazione tra i membri di un gruppo

A. far sì che le persone abbiano valori condivisi o almeno compatibili;

B. assicurarsi che in ogni gruppo ci sia un leader forte (e uno solo); C.


adottare “incentivi” che premino anche i risultati del gruppo.

Essi seguono 2 principi:

1. Principio della coerenza dinamica: non esistono assetti organizzativi


“ottimi” ed “eterni”; ciascuna impresa deve ricercare i propri equilibri in ottica
evolutiva.

2. Principio dell’orientamento alle persone e ai gruppi di persone: l’assetto


organizzativo deve motivare le persone al lavoro e alla collaborazione; la
motivazione e l’efficienza sono complementari, non alternative.

LA SCELTA DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI BASE

Per le imprese la progettazione della struttura organizzativa consiste


essenzialmente nella scelta di una delle quattro forme di base (più due
varianti) che sono denominate:

1)Struttura elementare: ossia una struttura nella quale la funzione del


governo economico e la funzione di direzione sono svolte da un unico
organo di direzione generale. Dalla direzione generale dipendono
direttamente le unità operative.(esempio: officina meccanica).

2) Struttura funzionale: Per i suddetti limiti della struttura funzionale,si


tende ad organizzare le diverse attività dell’impresa in gruppi omogenei di
compiti per affinità di specie, definiti “funzioni”, e affidare ciascuna di queste
funzioni a un responsabile.Gli organi direttivi di funzione hanno relativa
autonomia per il perseguimento degli obiettivi che sono stati loro assegnati
in sede di programmazione.

3) Struttura Divisionale: In uno stadio evolutivo ancora più avanzato,


spesso la struttura viene articolata per divisioni, individuate prevalentemente
per gruppi o famiglie di prodotti, a capo delle quali viene posto un direttore,
responsabile dei risultati di quell’area.Il modello divisionale comporta una
sorta di frazionamento dell’azienda in più parti, ciascuna tendenzialmente
corrispondente ad un’ASA (Area Strategica d’Affari; Le ASA operano in
relativa autonomia, e al loro interno si strutturano ulteriormente per funzioni,
quasi come se fossero mini-imprese. Al di sopra di tutte le divisioni resta una
struttura centrale (composta dall’organo direttivo e da altre funzioni), che
definisce la strategia unitaria dell’impresa, assegna obiettivi e risorse alle
varie divisioni e infine controlla i risultati da queste conseguite sui vari
mercati.

4) struttura a matrice : La struttura a matrice è una delle possibili strutture


organizzative dell’impresa.

Essa è caratterizzata:

• dalla divisione del lavoro direttivo in base a due criteri simultanei;


progetti e le funzioni

• dalla presenza di un sistema di comando multiplo.

In questo caso, la presenza di una gerarchia doppia, è rappresentata:

• dalle funzioni con a capo un manager funzionale;

• dai prodotti o dai progetti con a capo un responsabile di prodotto o un


responsabile di progetto.

Questo tipo di struttura è caratterizzata dal fatto che i managers funzionali e i


managers di prodotto/progetto hanno la stessa autorità all’interno
dell’azienda e le persone appartenenti ad una funzione possono essere
coinvolte in più gruppi di lavoro contemporaneamente, dovendo rispondere
a vari responsabili. Tutto ciò può, talora, essere fonte di notevole stress, ma
indubbiamente la struttura a matrice garantisce una elevata flessibilità.

ESTENSIONE, COMBINAZIONI, INTEGRAZIONE


Il carattere estensione è analizzabile in termini di dimensione e di estensione
orizzontale, verticale, interaziendale e spaziale. La ricerca delle dimensioni
ottimali è un problema caratteristico dell’aziende (soprattutto in quelle di
produzione). Tale problema si pone non solo per le dimensioni complessive
aziendali ma anche per ciascuna coordinazione parziale e per ciascuna
combinazione parziale. Per definire le “dimensioni ottimali” delle
coordinazioni parziali è importante il concetto di economie di scala. Questo
fenomeno è espresso: al crescere della dimensione della “capacità
produttiva installata” decrescono i costi unitari dei risultati prodotti. Vale a
“parità di altre condizioni” e a parità di tasso di utilizzazione della “capacità
produttiva installata

Con riferimento agli impianti abbiamo 6 fonti di economia di scala:

1. Le indivisibilità di una parte dei componenti degli impianti: per configurare


un impianto abbiamo componenti variabili (per dimensioni e per costo) e
componenti relativamente fissi (invarianti entro certi intervalli di produzione)
2. Le proprietà geometriche di alcune parti variabili degli impianti
3. La possibilità di specializzazione di parti degli impianti, che cresce al
crescere delle dimensioni degli stessi
4. La possibilità di specializzazioni delle mansioni dei prestatori di lavoro
5. La maggiore regolarità statistica e programmabilità degli interventi di
manutenzione
6. La maggiore efficienza nei consumi delle fonti di energia
La dimensione della coordinazione produttiva è sempre frutto delle scelte di
bilanciamento tra le capacità produttive da utilizzare per le varie
coordinazioni. Le dimensioni possono essere assolute e relative, ed entrambi
possono essere sia grandi che di piccole dimensioni. All’estensione
verticale si pongono le scelte di internalizzazione (portare e svolgere
all’interno dell’azienda) o di esternalizzazione (portare e far svolgere
all’esterno) delle varie fasi dei processi produttivi in essere e di quelli a
monte e a degli stessi.

E’ importante valutare le economie di transazione (valutazioni riguardanti


maggiori o minori costi da sostenere per gestire le relazioni internalizzate o
esternalizzate). Esso è utile per le scelte di estensione verticale, come è
rilevante per la maggior parte delle scelte che le aziende compiono
riguardanti gli assetti istituzionali, estensioni delle combinazioni economiche
e di organizzazione. I costi di transazioni si manifestano nelle relazioni tra 2
o più soggetti che dispongono di qualche grado di discrezionalità nel gestire
le relazioni stesse, come le transazioni tra clienti e fornitori, tra concorrenti,
capo e subordinato, ecc. Essi sono i costi sostenuti da vari soggetti per
ridurre la possibilità che ci siamo comportamento egoistici e sleali (modo
diverso da quello atteso). In ogni transazione è possibile che ci sia una parte
che prova a sfruttare le circostanze per ottenere per sé un vantaggio che va
a discapito della controparte. (cliente può temere che i fornitori gli porti della
merce di qualità inferiore a quella pattuita o che non rispetti i tempi di
consegna. Se si vuole evitare ciò il cliente sosterrà dei costi di transazione)
Un’azienda tenderà ad internalizzare le attività svolte (a monte o a valle) in
modo da ridurre il più possibile i costi di transazione. Le configurazioni
risultanti dalle scelte di estensione verticale sono quindi: produzioni
specializzate per fasi e produzioni integrate verticalmente.Le ragioni
principali che portano un’azienda ad accrescere il grado di estensione
orizzontale sono le economie d’azione. Esse si realizzano quando si
svolgono in una stessa azienda le combinazioni economiche A e B, il costo
totale è inferiore a quello che sarebbe svolgendo le due combinazioni
economiche separatamente (in due aziende diverse, ognuna specializzata in
una particolare combinazione economica).La scelta di accrescimento
dell’estensione orizzontale dà luogo a combinazioni economiche dette:
produzione concentrate e produzioni diversificate.Riguardante la gamma
delle coordinazioni parziali (funzioni) svolte dentro l’azienda con impiego e
risorse specifiche sono chiamate: combinazioni economiche monofunzionali
e combinazioni economiche multifunzionali. Riguardante il grado di
estensione interaziendali si fa distinzione tra: produzioni autonome e
produzioni connesse in gruppo economico.

Dinamicità della gestione delle imprese


I caratteri distintivi della gestione delle aziende di produzione sono: i tempi,
la flessibilità ed il grado di apertura rispetto all’ambiente.

Con riguardo alla continuità si utilizza una classificazione delle combinazioni


produttive caratterizzata dagli estremi: produzioni per singole unità e
produzioni a processo continuo.

La produzione per singole unità è caratterizzata dal fatto che l’azienda


produce un solo “pezzo” per volta (si pensi ai casi dei cantieri navali). Mentre
nelle produzioni a processo continuo in ogni momento si svolgono
contemporaneamente tutte le fasi del ciclo ed il prodotto fluisce con
continuità dal processo.

In seguito, abbiamo: le produzioni cicliche e produzioni uniformi nel tempo.

Sono cicliche le produzioni che manifestano nel tempo variazioni di volume,


di composizione e di qualità. Particolarmente evidenti sono i casi delle
produzioni con cicli stagionali nei settori, ad esempio, dell’agricoltura, della
produzione dei beni alimentari etc. Mentre le produzioni uniformi nel tempo
sono andamenti ciclici particolari di breve, medio e lungo periodo e sono
caratteristici di alcune classi di aziende (ad esempio: alle variazioni
giornalieri, settimanali ed annuali nei consumi di energia elettrica; acqua etc)

Le imprese maggiormente soggette a fenomeni di ciclicità tendono a


stabilizzare i volumi di attività ricorrendo da un lato a condizioni di
produzione particolarmente flessibili, dall’altro lato, ad un’estensione
orizzontale (per prodotti, clienti, etc.) che consenta l’impego costante delle
condizioni produttive disponibili.

Le durate delle operazioni e dei processi caratterizzano le combinazioni


produttive delle aziende. Le durate dei cicli di trasformazione tecnica, di
acquisto variano nelle differenti aziende, da pochi secondi a molti anni. Tali
durate concorrono a determinare i tempi di manifestazione delle entrate e
delle uscite dei mezzi monetari. Alcuni fattori di produzione partecipano a
cicli economici brevi; altri permangono per molti anni. Altre durature sono
quelli dei “cicli di vita dei prodotti”, ossia gli intervalli temporali che
intercorrono tra le fasi di produzione e di vendita. La crescita e lo sviluppo
delle imprese moderne sono stati caratterizzati dalla ricerca di soluzioni
tecniche ed organizzative. Le soluzioni più adottate sono state combinazioni
di:

- Prodotti standardizzati;

- Grandi volumi di produzione;

- Lunghi cicli di vita dei prodotti;

- Impianti

Queste soluzioni danno luogo, a combinazioni economiche efficienti, ma,


anche rigide. Facendo riferimento agli “impianti” si distinguono i caratteri di:

- Adattabilità: sono adattabili gli impianti che consentono di produrre un


dato bene secondo la tecnica ideale in volumi differenti;

- Versatilità: si definiscono versatili gli impianti capaci di trattare “materie


prime”, di eseguire lavorazioni e di produrre beni differenti;

- Alterabilità: si qualificano alterabili gli impianti di cui si possono modificare


le caratteristiche per variarne la capacità produttiva (impianti modulari) e gli
impieghi (sostituendo parti);

- Elasticità: è la caratteristica degli impianti in grado di produrre volumi


differenti di un dato prodotto con costi medi unitari “bassi”;

- Flessibilità: è per molti aspetti una combinazione dei caratteri di


adattabilità, versatilità, alterabilità ed elasticità. Sono flessibili gli impianti che
consentono di ottenere prodotti differenti. La ricerca della flessibilità delle
combinazioni produttive è condizione di vita economica duratura per tutte le
imprese operanti in ambienti dinamici.

Il tema della flessibilità si collega direttamente a quello più ampio e generale


del grado di apertura all’ambiente delle combinazioni economiche aziendali.

Si possono giudicare particolarmente “aperte” verso l’ambiente le aziende


che tendono a “dominare” i mercati ed i settori in cui operano.

Si possono qualificare “chiuse” le aziende che “subiscono” le dinamiche


ambientali, che gestiscono il declino, che operano “isolate” e che
privilegiano lo sviluppo interno delle conosce e delle competenze utili per lo
svolgimento dell’attività economica. Questi aspetti della dinamica delle
combinazioni economiche delle aziende di produzione sono sviluppati in:
combinazioni economiche innovative e combinazioni economiche reattive.

GLI AGGREGATI AZIENDALI

I confini degli istituti e le relazioni istituzionali

Molti istituti includono combinazioni economiche che potrebbero essere


svolte in altri istituti. Le relazioni tra gli istituti non sono solo relazioni di
scambio condotte secondo regole di mercato, ma anche delle relazioni nelle
quali si condividono scelte di governo e risultati economici. Le scelte di
aggregazione interaziendale influenzano la configurazione degli istituti
coinvolti. Il fenomeno degli aggregati caratterizza tutti i sistemi economici
evoluti e nei tempi recenti si è manifestato con particolare intensità
coinvolgendo tutti i settori. Lo sviluppo dei grandi aggregati d’imprese
private ha prodotto molti vantaggi per il processo tecnico, economico e
civile, e reso possibile e conveniente le forme di organizzazione economica
differenti rispetto ai concorrenti.

Le teorie dell’organizzazione economica; le forze di aggregazione e di


disaggregazione delle aziende

Il fenomeno degli aggregati aziendali è condizionato dal progresso


tecnologico, dallo sviluppo dei mercati finanziari, dai contesti culturali,
giuridici e dalla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi in grado di
ridurre i costi di transazione.

Le spinte all’aggregazione
Gli aggregati aziendali sono condizioni che facilitano ed ostacolano
l’aggregazione o che spingano gli aggregati a disaggregarsi. Le circostanze
che spingono l’aggregazione sono: le economie di scala, di raggio d’azione,
di transazione, l’integrazione delle competenze distintive, la condivisione dei
rischi e le rendite monopolistiche.

• Le Economie di Scala contribuiscono a determinare le aggregazioni


di combinazioni economiche e di aziende simili alla ricerca di
dimensioni economicamente convenienti; le economie di scala si
raggiungono fondendo ed integrando in una sola impresa insiemi di
attività prima svolte da più imprese oppure mediante la crescita
interna. Molte alleanze tra imprese si realizzano per conquistare nuovi
mercati; l’impresa che dispone di validi prodotti e che vuole aumentare
i volumi di vendita si allea con le imprese che hanno clienti e canali
commerciali ai quali i prodotti potrebbero essere destinati. Molte si
aggregano in reti franchising per realizzare grandi dimensioni e
sfruttare le economie di scala e di replicazione.

• Le Economie di Raggio d’Azione spingono l’aggregazione di attività


disomogenee (ovvero quando sono disponibili condizioni di produzione
utili per combinazioni economiche dissimili e l’aggregazione di tali
combinazioni economiche produce costi totali inferiori a quelli che si
sosterrebbero in caso di combinazioni attuate disgiuntamente). Questo
è una spiegazione al formarsi di impresi e di gruppi di imprese
diversificati.

• Per realizzare una combinazione economica occorre combinare le


competenze distintive di diverse imprese, ciò può avvenire con forme di
aggregazione molto differenti che originano la fusione d’imprese con varie
competenze e la formazione di joint-ventures dove convergono solo le
competenze che devono essere combinate.

• La condivisione dei rischi tra più imprese può diventare un fattore di


aggregazione importante quando si avviano progetti innovativi ed un
eventuale esito negativo può avere gravi ripercussioni sull’economia dei
soggetti coinvolti.

• • Le Economie di Transazione, si manifestano quando si aggregano


combinazioni economiche o aziende interdipendenti ed i costi di gestione
siano minori rispetto a quelli che si sosterrebbero nel caso contrario.

• Le rendite monopolistiche, ossia accordi, contratti a lungo termine,


acquisizioni e fusioni.

Altre forze aggreganti sono: le reti di relazioni sociali (l’evoluzione degli


aggregati internazionali è fortemente condizionata dalla rete di relazioni
sociali, in cui ogni impresa è immersa. Aggregarsi significa cooperare e ciò
porta inevitabilmente ai rischi di selezione avversa e azzardo morale, che si
possono ridurre mediate meccanismi e strutture o anche se si collocano in
un contesto positivo di relazioni sociali), l’orientamento al dominio (molte
aggregazioni sono frutto di strategie di dominio, attuate da vari di persone e
di aziende) e le relazioni di solidarietà e di affinità politica (anche le relazioni
di solidarietà sono alla “base” degli aggregati aziendali, che si formano in
corrispondenza di relazioni di parentela e di affinità).

Gli ostacoli all’aggregazione e le spinte alla disaggregazione Nei sistemi


economici agiscono anche forze contrarie all’aggregazione come:

▪ l’ultracomplessità organizzativa (queste tipo di complessità possono


rendere non economicamente conveniente e organizzativamente
ingovernabile l’aggregato di aziende, portando anche a spezzare l’aggregato
in due o più parti autonome),

▪ il fabbisogno di differenziazione degli orientamenti manageriali


(significa che alle differenti combinazioni economiche devono corrispondere
unità organizzative caratterizzate da risorse e competenze differenziate
rispetto a quelle destinate alle combinazioni di produzione),

▪ il rischio di erosione delle conoscenze e delle competenze distintive


(le imprese tendono a protegge le competenze distintive sulle quali si fonda il
loro vantaggio competitivo: ogni forma di aggregazione interaziendale può
sia rafforzare le competenze di ciascun partner sia fare perdere la istintività
delle stesse)

▪ la separazione dei rischi (gli aggregati aziendali tendono a produrre


rischi relativi alle differenti combinazioni economiche: perciò si evitano gli
aggregati di aziende strette o si allentano ed eventualmente si recidono le
relazioni esistenti).

{Formando aggregati aziendali s’internalizzano le transazioni con vari


strumenti di coordinamento e comportano un elevato livello di complessità
organizzativa dell’aggregato. Il fabbisogno di differenziazione degli
ordinamenti manageriali consiste nell’esigenza di gestire combinazioni
economiche il cui successo è basato su leve competitive e differenti.}

Altre forze disaggreganti sono:

• l’orientamento all’indipendenza e alla competizione (può succedere


che i singoli membri dell’azienda diano vita a nuove aziende, creando
dissapori nelle aziende di origine e ovviamente anche la competizione)

• le divergenze di valori e d’interessi (sono propri di vari insiemi di


persone membri del soggetto economico di una stessa azienda o più
aziende).

Fattori ambientali facilitanti e ostacolanti l’aggregazione


Esistono anche dei fattori ambientali che possono giocare a favore o a
sfavore degli aggregati aziendali, come:

- i sistemi di comunicazione e di trasporto (il formarsi di ampi aggregati


aziendali è agevolato da estesi ed efficienti sistemi di comunicazione e
di trasporto, poiché spesso gli aggregati operano su aree geografiche
molto estese in termini di mercato di acquisto e di vendita e di
localizzazione delle unità operative di trasformazione tecnica e di
commercializzazione),

- il mercato dei capitali (il livello di efficienza del mercato dei capitali
può essere il fattore dominante in senso positivo o negativo; la
trasparenza del mercato dei capitali agevola od ostacola alcune forme
di operazioni di aggregazione o disaggregazione),

- la normativa economica (la normativa che regola i sistemi economici


è la variabile determinante in questo contesto, poiché talvolta certi
aggregati sono costruiti esclusivamente per fruire dei vantaggi offerti e
concessi dalla normativa civile e fiscale)

- la cultura economica e politica prevalente.

Le classi di aggregati aziendali


Gli aggregati che si configurano possono essere:

➢I gruppi economici sono: gruppi privati e pubblici di aziende di


produzione, joint-ventures e gruppi di gestioni patrimoniali familiari. Si ha
un gruppo economico quando più combinazioni di produzione sono
istituite e rette da un unico soggetto economico che ha la potestà di
governo economico. Possono venirsi a creare gruppi con strutture molto
varie: con o senza società capogruppo detta holding, e con funzioni
differenti. Una forma particolare di gruppo economico si ha quando due o
più aziende danno vita ad una combinazione economica congiunta
mantenendo, in maniera autonoma, anche le altre combinazioni
economiche, ossia la joint-ventures.

➢ Le associazioni formali di aziende sono composte da: consorzi,


cartelli, associazioni franchising, licenze, concessioni, le associazioni in
accordi quadro, di categoria e di aziende di consumo

a) Un consorzio è un aggregato costituito da più aziende che si aggregano


per svolgere in comune una coordinazione parziale. Un aggregato si forma
nel momento in cui le singole aziende non sono in grado di operare in modo
economicamente conveniente o con adeguata forza contrattuale. Il
consorzio è costituito da una struttura comune che svolge tutte le operazioni
per le varie aziende (acquisti, vendite, ricerca, sviluppo...). Ad esso
corrispondono anche istituti pubblici territoriali (consorzi per l’erogazione
dell’acqua, per la protezione dell’ambiente...)

b) Un cartello è un insieme di aziende che si associano per l’elaborazione e


l’attuazione di politiche e programmi comuni atti a ridurre la competizione.
Sono composti da aziende concorrenti o potenziali con prodotti
scarsamente differenziati.

c) Gli aggregati di franchising composti da un’azienda centrale detta


franchisor e da aziende ad essa collegate dette franchisee. L’azienda
centrale trasferisce alle associate il diritto d’uso di un marchio comune ed un
insieme di conoscenze tecniche, organizzative e gestionali, mentre le
aziende associate s’impegnano a rispettare le modalità di svolgimento delle
combinazioni economiche stabilite dall’azienda centrale in modo che i beni
prodotti e venduti da ciascuna associata presentino caratteri uniformi e
costanti di elevata qualità.

d) Tra le aziende in rapporti di fornitura si possono costruire aggregati formali


mediante la stipulazione di accordi quadro, dove si definiscono le modalità di
svolgimento delle operazioni interne delle aziende in relazione di scambio.

e) Le aziende di produzione si aggregano in associazioni di categoria,


configurate per settore, dimensione, localizzazione ecc. Tali associazioni
manifestano i propri interessi e linee comuni di azione in vari contesti.

f) Nel campo delle aziende di consumo si diffondono associazioni di famiglie


volte a tutelare gli interessi in merito alla qualità dei beni di consumo
acquistati, alla modalità di campagna pubblicitaria e di distribuzione
commerciale ecc.. Queste sono le cosiddette associazioni di consumatori.

➢ Le associazioni informali di aziende e distinguiamo: le reti di


subfornitura, le costellazioni di aziende, i distretti e le intense informali.

a) Le reti di subfornitura sono composte da un’azienda principale con


combinazioni economiche esternalizzate e da aziende fornitrici dove gran
parte della loro attività economica trova sbocco nel rapporto di fornitura che
si svolge secondo le modalità determinate dall’azienda principale.

b) Le costellazioni di aziende si concretizzano quando l’aggregato è


composto da un numero ridotto di aziende di dimensioni omogenee e con
combinazioni economiche complementari che risultano relativamente
autonome ed integrate fra di loro.

c) Il distretto è costituito da imprese connesse da relazioni di mercato e


settore e localizzate in una stessa area geografica; la dimensione geografica
indica un complesso insieme di condizioni tecniche, economiche, sociali e
culturali che danno un carattere unitario alle aziende. In un’area circoscritta
si formano servizi, provati e pubblici, comuni: scuole, strutture espositive,
laboratori di ricerca.

d) Le intense informali si attuano in varie relazioni interaziendali.

➢Gli aggregati intraziendali sono una pluralità di combinazioni economiche


aggregate in una stessa entità giuridica. Le forme ricorrenti sono: aziende
multi-unità, con più stabilimenti, filiali ed uffici; aziende integrate
verticalmente e le aziende diversificate.

La gestione degli aggregati Gli aggregati aziendali sono realtà dinamiche


che attraversano fasi di preparazione, formazione, evoluzione,
trasformazione ed eventuale cessazione, ciò può accadere per ragioni
economiche, tecniche e sociali. Le alleanze interaziendali nascono da
condizioni iniziali che comprendono certi interessi, obiettivi e rapporti: il tutto
è destinato a modificarsi nel tempo; è importante, perciò, essere in grado di
gestire e impostare la singola relazione, o meglio l’insieme delle relazioni. Si
tratta di impostare e governare un insieme di alleanze.

ECONOMIE DI SCALA
Indica la riduzione del costo unitario medio associata alla crescita della
dimensionale.

Esempio : Immaginiamo due aziende che producono vaccini per il Covid, e


che abbiano entrambe, dei frigoriferi per la refrigerazione del vaccino.

Supponiamo che un’azienda produce vaccini su grande scala (1.000.000 di


vaccini a settimana ). Mentre l’altra ne produce 300.000 a settimana.

L’azienda farmaceutica più grande, dovrà avere un frigorifero più grande, ma


il costo del frigo della società più grande, costa di più del frigo della società
più piccola, che produce la metà dei vaccini?

Dipende. In quanto ci sono delle componenti fisse del frigorifero, che sono
uguali per entrambe ( es: maniglia dello sportello), dunque non è detto che
costi di più.

Importante è la capacità del frigorifero, che è in funzione del volume. Dunque


un frigo che contiene di più ha un volume maggiore. Per realizzare un volume
maggiore dobbiamo sostenere dei costi maggiori per la fabbricazione del
frigo. I volumi crescono secondo proprietà geometriche, cioè il contenitore
che è vuoto, cresce secondo produzioni aritmetiche. Per fare un frigo più
grande, occorre meno del doppio della superficie del contenitore.

Per raggiungere un’economia di scala, un'impresa deve investire grandi


somme di denaro nell’impianto di produzione e nei macchinari.

Lo scopo principale delle economie di scala è quello di ridurre il costo


medio, quindi di aumentare il volume di produzione fino ad avere tutte le
macchine che lavorano a pieno regime.

In questo modo il prezzo unitario del prodotto si abbassa perchè tutti i costi
fissi vengono distribuiti sul maggior numero possibile di prodotti e le
inefficienze vengono ridotte al minimo.

Inoltre distinguiamo economie di saturazione o di assorbimento dei costi


fissi, dalle economie di scala.

Le economie di saturazione/assorbimento dei costi fissi sono quelle legate ai


miglioramenti, in termini di costi unitari, associati alla quantità prodotto nel
limite della capacità produttiva installata nell’analisi del punto di pareggio.

Quando parliamo di economie di scala ci riferiamo al confronto tra la


capacità produttiva installata dall’azienda e quella di un’altra azienda con
una scala produttiva diversa.

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