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CAPITOLO 1

Perché studiare le istituzioni e i mercati finanziari?

Le istituzioni e i mercati finanziari, insieme agli strumenti finanziari, sono di fondamentale


importanza perché costituiscono l’intero sistema finanziario. Per quanto riguarda le
istituzioni finanziarie, queste producono e offrono servizi finanziari, garantendo il
funzionamento dei mercati finanziari. In generale tutte le istituzioni finanziarie
rappresentano un meccanismo per trasferire fondi dagli operatori in surplus a quelli in
deficit. E’ chiaro però che tra tutte, le banche sono il maggior esponente delle istituzioni o
intermediari finanziari. Quest’ultime si occupano appunto di “raccolta” del risparmio (quasi
tutte le famiglie depositano una parte delle loro risorse in banca, sottoforma per esempio
di conti correnti) e dell’esercizio di credito (se una persona ha bisogno di un prestito per
acquistare una casa o un auto, generalmente si rivolge proprio ad una banca). Per
conoscenza, altri esempi di intermediari finanziari sono compagnie di assicurazione, fondi
pensione, società di investimento in fondi comuni ecc…
Soffermandoci ancora sulle banche, l’istituzione più importante di ogni sistema finanziario
è la banca centrale, ovvero quell’organo pubblico, responsabile delle decisioni e
dell’implementazione della politica monetaria (che tratta la gestione dei tassi di interesse e
della moneta). In Europa questo ruolo è svolto dalla BCE; in USA dal Federal Reserve
System.
Per quanto riguarda invece i mercati finanziari, rappresentano un meccanismo
alternativo per trasferire fondi dagli operatori surplus a quelli deficit. E’ inoltre chiaro che,
un perfetto funzionamento di questi mercati garantisce una crescita economica elevata, un
suo malfunzionamento “incatena” i paesi nella povertà. In base a quale strumento
finanziario poniamo il nostro interesse, abbiamo tre diversi mercati:
• Il mercato del debito/obbligazionario: in questo mercato lo strumento finanziario
protagonista è l’obbligazione (bond), un titolo di debito che contiene la promessa di
pagamenti periodici per un determinato lasso di tempo. Questo mercato è molto
importante per l’economia, perché consente alle società e agli stati di finanziare
mediante prestiti le loro attività, e perché sul mercato si determinano i tassi di
interesse. Questo rappresenta il costo del credito, ed è espresso generalmente in
percentuale. Sono strumenti molto importanti, perché tassi d’interesse elevati
potrebbero costringere società a non prendere a prestito una somma di denaro, che
magari poteva essere utile per vari scopi. E’ importante sottolineare la diversificazione
dei tassi d’interesse: quelli sui Buoni del Tesoro a 3 mesi sono relativamente più bassi
rispetto a quelli sull’obbligazioni USA a lungo termine, a loro volta inferiori rispetto a
quelli sulle obbligazioni societarie.
• Il mercato azionario: in questo mercato lo strumento finanziario protagonista è
l’azione, una quota di proprietà in una società, ovvero un diritto sui redditi e sul suo
patrimonio. Questo mercato è in generale quello a cui si fa riferimento. Spesso si vede
anche in Tv, l’andamento degli indici di borsa (medie pesate dei prezzi delle azioni delle
società più importanti di un paese), come il Dow Jones Industrial Average e il FTSE
MIB; questo è un andamento molto altalenante, che rappresenta appunto le fluttuazioni
dei prezzi delle azioni, che influiscono positivamente o negativamente sui patrimoni
delle persone.

• Il mercato dei cambi/valutario: fondamentale non solo ai fini di trasferimento di valuta


fra stati, ma anche perché determina il tasso di cambio, ovvero il prezzo di una valuta
nazionale espresso in quella di un altro paese. E’ chiaro che una variazione del tasso di
cambio ha un effetto diretto sui consumatori perché influisce sul costo delle merci.

CAPITOLO 2
Sistema Finanziario: uno sguardo d’insieme
Nel precedente capitolo abbiamo già parlato di come gli intermediari e i mercati finanziari,
rappresentino quel meccanismo di trasferimento fondi, dagli operatori surplus a quelli
deficit. Possiamo schematizzare questo concetto in questo modo:

• Nel circuito diretto, gli operatori in deficit (prenditori di fondi) prendono a prestito i
fondi direttamente dagli operatori in surplus (datori di fondi), sul mercato finanziario,
tramite l’emissione di strumenti finanziari. Quest’ultimi rappresentano attività per chi li
acquista, e passività per chi li emette. In realtà, a causa di una serie di problematiche
legate per esempio alle diverse preferenze dei prenditori/datori di fondi, lo scambio
diretto sui mercati finanziari è difficile. Per questo si parla di circuito indiretto

• Nel circuito indiretto troviamo infatti la figura dell’intermediario finanziario,


rappresentata dalle banche, che agevola il trasferimento delle risorse dai datori ai
prenditori di fondi. Per capire l’importanza di questo circuito, e soprattutto degli
intermediari, è necessario parlare di costi di transazione: il tempo e il denaro spesi per
effettuare un’operazione finanziaria. Sono proprio gli intermediari finanziari che
riescono ad abbassare questi costi di transazione (per dire la banca usa un contratto di
prestito più volte nelle operazioni di finanziamento, magari anche per 2000 prestiti,
chiedendoci una commissione di soli 2.50 euro; talvolta recandoci da un avvocato a
parte ci costerebbe sui 500).Un altro vantaggio dei bassi costi di transazione è che
possono contribuire a ridurre l’esposizione degli investitori al rischio, cioè l’incertezza
dei rendimenti realizzati. La funzione viene svolta dagli intermediari finanziari tramite il
processo di ridistribuzione del rischio. Un altro motivo per cui è importante
l’intermediario finanziario è legato al concetto di asimmetria informativa: siamo in
presenza di asimmetria informativa quando un soggetto che partecipa allo scambio
finanziario non dispone di adeguate informazioni sulla controparte che gli consentano di
prendere decisioni accurate. Informalmente si parla dunque di mancanza di
informazione, che crea due tipi di problemi nel sistema finanziario:
• Prima della transazione, e in questo caso si parla di selezione avversa: questo
fenomeno consiste nel fatto che i prenditori di fondi con maggior probabilità di
“generare” un risultato indesiderabile (l’insolvenza), sono gli stessi che cercano
maggiormente di richiedere un finanziamento, e proprio per questo lo ottengono. Ora
visto che questo comporta l’erogazione di finanziamenti a prenditori maggiormente
rischiosi (proprio per quello detto sopra), i datori potrebbero decidere di concedere
nessun finanziamento, anche penalizzando il “buon” prenditore (che potrebbe
richiedere il prestito).

• Dopo la transazione, e in questo caso si parla di azzardo morale: si tratta del rischio
che il prenditore di fondi possa compiere azioni che aumentino la sua probabilità di
insolvenza, cosa chiaramente non gradita al datore di fondi. L’azzardo morale riduce
dunque la probabilità che il prestito venga rimborsato, e per questo i datori potrebbero
decidere di non concederlo (prestiti impiegati in scommesse)

Dunque gli intermediari finanziari sono importantissimi nell’economia perché offrono


servizi di liquidità, riducono il rischio e risolvono/attenuano i problemi legati all’asimmetria
informativa. Essi inoltre, si dividono in tre gruppi:
• Intermediari creditizi: sono le banche, che ovviamente raccolgono fondi attraverso
l’emissione di depositi in conti corrente e anche obbligazioni, e li impiegano per
concedere prestiti alle imprese o agli individui, o per acquistare altri titoli/obbligazioni

• Intermediari assicurativi: sono le imprese di assicurazione vita, danni e i fondi


pensione. La loro principale fonte di finanziamento (e quindi ciò che “raccolgono”) sono i
debiti verso gli assicurati, usati per effettuare investimenti in azioni e obbligazioni.

• Intermediari mobiliari: sono la SIM (società intermediazione mobiliare) e banche di


investimento, SGR.. Si finanziano tramite azioni e obbligazioni per effettuare sempre
investimenti in azioni e obbligazioni

A questo punto è importante chiedersi : perché i mercati finanziari, e in particolar modo


questa “canalizzazione” delle risorse finanziarie dai datori ai prenditori di fondi, è così
importante? Supponiamo di aver risparmiato 1000 euro, ma non possiamo ne dare ne
chiedere a prestito perché non esistono i mercati finanziari —-> ci teniamo i 1000 euro
senza percepire interessi.
Supponiamo ora che ci sia una persona che può impiegare quei 1000 euro in maniera
produttiva, acquistando un macchinario molto utile per il lavoro che fa, tanto che gli
garantirebbe un guadagno di 200 euro l’anno. Se noi avessimo la possibilità di entrare in
contatto con questa persona, potremmo prestargli i nostri 1000 euro a fronte di una
remunerazione di 100 euro l’anno. E’ chiaro che entrambi ne trarremmo un vantaggio,
ottenibile solo se ci fossero appunto i mercati finanziari—-> senza di essi è quindi difficile
trasferire le risorse finanziarie da un soggetto che non ha possibilità di investimento (noi),
a uno che invece ne ha (persona). In termini più formali, i mercati finanziari sono
fondamentali per realizzare un’efficiente allocazione del capitale (ricchezza finanziaria
impiegata per produrre altra ricchezza) la quale contribuisce a migliorare l’intera
economia.
Passiamo ora a vedere la vera struttura dei mercati finanziari:

• Mercato dei titoli di debito e mercato dei titoli azionari: un’azienda può raccogliere
fondi sul mercato finanziario, in due modi: 1) la maniera più comune è l’emissione di
uno strumento di debito, come l’obbligazione. In generale esistono differenti
strumenti di debito, in base alla loro durata; si parla di strumenti di debito a breve-
medio-lungo termine se la loro scadenza è rispettivamente inferiore a 1 anno, compresa
tra 1 e 10, e maggiore di 10 anni 2) emissione di azioni, che come ricordiamo sono
diritti su una quota dell’utile netto (reddito al netto dei costi e delle tasse).

• Mercato creditizio e mercato mobiliare: questi mercati sono caratterizzati da


strumenti trasferibili e non trasferibili. I trasferibili sono titoli che, oltre a poter
circolare facilmente dopo la loro emissione, sono “standardizzati”(obbligazioni e azioni);
i non trasferibili sono contraddistinti da una forte personalizzazione (mutui e depositi
bancari). Per esempio la scadenza, l’importo ecc di un mutuo sono differenti da persona
a persona, dato che sono stabilite tra il singolo debitore e la banca. Le obbligazioni o le
azioni sono invece piuttosto standardizzate. I mercati finanziari dove si negoziano
strumenti trasferibili sono i mercati mobiliari; quelli in cui si negoziano i non
trasferibili sono i mercati creditizi.

• Mercati primari e secondari: un mercato primario è un mercato finanziario


caratterizzato da imprese/p.amministrazione che emettono nuovi titoli, obbligazioni e
azioni. L’istituzione finanziaria che contribuisce al collocamento iniziale dei titoli sul
mercato primario è la banca di investimento. Un mercato secondario invece, è
caratterizzato da vendita e acquisto di titoli già in circolazione. L’esempio principe è
la borsa valori. E’ importante specificare che ai fini di un buon funzionamento dei
mercati secondari è essenziale la presenza dei dealer, che comprano i titoli dai
venditori per concederli poi ai compratori, e dei broker, che pur non effettuando
nessuna compravendita, mettono in contatto potenziali acquirenti e venditori di titoli.

• Mercati regolamentati e mercati OTC (over the counter): I mercati secondari


possono essere organizzati in due modi: la
borsa valori: gli acquirenti e i venditori si incontrano in una sede per realizzare gli
scambi, e sono per l’appunto mercati regolamentati. Il principale mercato finanziario
regolamentato italiano è Borsa italiana SPA. L’altra modalità per
organizzare il mercato secondario è predisporre un mercato OTC, in cui operatori in
sedi differenti hanno un “magazzino” di titoli, pronti ad acquistare o vendere a chiunque
si faccia avanti. Questa è la tipica situazione che si adotta nel caso in cui si stanno
negoziando sul mercato dei titoli con un alto grado di personalizzazione, proprio perché
questa forte personalizzazione impedisce l’ingresso di questi titoli in un mercato
regolamentato, più rigido.

• Mercato obbligazionario internazionale, eurobbligazioni ed eurovalute: gli


strumenti tradizionali nel mercato internazionale delle obbligazioni sono noti come
obbligazioni estere, ovvero vendute all’estero e denominate nella valuta di quel
paese (Enel emette negli USA obbligazioni denominate in dollari americani).
Un’innovazione è l’eurobbligazione, ovvero denominata in una valuta diversa da
quella del paese di emissione (obbligazione denominata in dollari americani ma
emessa e venduta a Londra). Una variante è l’eurovaluta, ovvero denaro che viene
depositato in banche fuori del paese d’origine, l’eurovaluta più importante è
l’eurodollaro.
CAPITOLO 3
Perché esistono le istituzioni finanziarie?

Dopo aver ampiamente parlato del sistema finanziario in generale, dobbiamo spiegare 8
fenomeni di base per capire il suo funzionamento da vicino:
1) Le azioni non sono la principale fonte di finanziamento esterno per le aziende: al
giorno d’oggi l’attenzione dei media è spesso rivolta al mercato azionario, anche se come
appena detto, le azioni non “dominano”. Se facciamo riferimento al caso degli USA, le
azioni rappresentano infatti solo l’ 11% dei finanziamenti esterni delle aziende

2) L’emissione di titoli negoziabili, quali obbligazioni e azioni, non costituisce la


fonte primaria di finanziamento delle aziende: come notiamo dalla figura infatti,
l'insieme delle obbligazioni e delle azioni è il 43%, ovvero meno della metà

3) Il circuito indiretto è molto più importante di quello diretto: ricordiamo che il


circuito diretto implica l’emissione e la vendita di titoli negoziabili, ovvero obbligazioni e
azioni, che come visto prima è il 43%. Dunque questo ci fa capire come, seppur il “peso”
del circuito diretto nel sistema americano sia del 43%, è considerato “superiore” rispetto al
circuito indiretto (che per differenza ovviamente è del 57%)

4) Gli intermediari finanziari, in particolare le banche, rappresentano per le aziende


la fonte principale di approvvigionamento di fondi esterni: sempre facendo riferimento
alla figura , la fonte primaria di fondi esterni per le aziende di tutto il mondo è costituita da
prestiti bancari.

5) Il sistema finanziario è uno dei settori più regolamentati dell’economia: questo


ovviamente come già visto, per promuovere la corretta informazione e garantire la stabilità
del sistema

6) Solo le aziende grandi hanno facile accesso ai mercati dei titoli per finanziare le
proprie attività
7) La presenza di una garanzia reale è una caratteristica molto diffusa nei prestiti
bancari: questa garanzia reale non è altro che un bene di cui la banca può disporre nel
caso in cui il debitore non riesca a onorare il debito.

8) I titoli di debito sono molto complessi, tanto da porre limitazioni al debitore : sia i
prestiti che le obbligazioni diventano sempre lunghissimi e complicatissimi contratti dotati
delle clausole restrittive, che pongono appunto alcuni limiti alle attività del debitore

Abbiamo già parlato nello scorso capitolo dei costi di transazione, ma possiamo citare un
altro metodo per abbassare questi costi: le economie di scala. Queste consistono nel
riunire insieme fondi di molti investitori, proprio perché via via che aumenta la “scala” delle
operazioni, i costi di transazione crescono molto poco. Per capirci, in quest’ottica il costo
per l’acquisto di 10000 azioni non è poi così diverso da quello per l’acquisto di 50 azioni.
L’esempio di un intermediario finanziario che realizza economie di scala è il fondo
comune di investimento, in cui appunto confluiscono i fondi di un numero elevato di
persone. L’intero patrimonio viene dunque investito in obbligazioni e azioni, e il rendimento
al netto dei costi di transazione (più bassi), è potenzialmente più elevato di quello che
otterrebbe il singolo individuo.

Il premio Nobel George Akerlof, portò un esempio del problema della selezione avversa,
e di quanto essa influisca negativamente sul mercato: il “problema dei bidoni”. Se ci
poniamo nell’ambito del mercato delle auto usate, è chiaro che gli acquirenti non sono in
grado di valutare con certezza la qualità dell’auto in vendita. Dunque il prezzo pagato da
un soggetto di questo tipo rifletterà quello medio sul mercato, ovvero sarà un prezzo di
“mezzo” tra quello pagato per un “bidone” e quello pagato per un auto usata di qualità
eccellente. Al contrario, il proprietario dell’auto in vendita sa benissimo se questa è un
bidone o no, perciò se così fosse, il proprietario sarà felicissimo di aver venduto il suo
catorcio ad un prezzo in realtà medio, offerto appunto dall’acquirente; se invece l’auto
fosse in buone condizioni, il proprietario non cederebbe mai la sua auto per una cifra
“media” che non rispecchia il vero valore dell’auto appunto. Questo comporta che sul
mercato saranno vendute poche auto usate di buona qualità, e invece molti “bidoni”. E’
chiaro che il problema si risolverebbe se entrambe le parti (acquirente e venditore)
avessero le stesse informazioni sulla qualità dell’auto. Infatti i proprietari di auto di buona
qualità saranno disposti a vendere dato che l’acquirente offrirebbe stavolta un prezzo più
alto, proprio perché conosce con certezza il vero stato dell’auto. Lo stesso esempio può
essere generalizzato al mercato obbligazionario e azionario. Come notiamo, la soluzione
al problema di selezione avversa, è chiaramente fornire maggiori informazioni ad
entrambe le parti. Proprio facendo riferimento a questo, esistono delle aziende private che
raccolgono, elaborano e vendono informazioni sulle aziende che emettono titoli sul
mercato finanziario. In questo modo chi acquista queste informazioni, godrebbe di un
vantaggio, proprio perché sa se quei titoli (obb o azioni) sono scadenti o meno. In realtà
questo non basta, a causa del free-rider problem, fenomeno che si verifica quando un
investitore utilizza informazioni che altri investitori hanno acquistato a pagamento (noi
acquistiamo delle informazioni grazie alle quali selezioniamo le aziende buone e quelle
scadenti, quindi investiamo in dei titoli piuttosto che in altri; gli altri investitori invece di fare
la stessa cosa, guardano su che titoli investiamo, e investono anche loro. Questo porta
all’aumento di domanda per quel titolo, e quindi all’aumento del prezzo—-> non è più
possibile trarre profitti ). Per risolvere il problema del free-riding potrebbe essere d’aiuto
l’intervento del governo, che potrebbe procurarsi informazioni e fornirle gratuitamente al
pubblico, così da aiutare tutti gli investitori. Pur tuttavia questa soluzione porterebbe alla
divulgazione di informazioni negative su certe aziende, cosa non sempre sostenibile.
Un'alternativa potrebbe essere dunque quella di regolamentare i mercati, obbligando le
aziende a divulgare informazioni circa la loro situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica. Ci sono degli enti governativi che si occupano di richiedere alle aziende
revisioni contabili, in Italia per esempio CONSOB. Ancora una volta però, questi controlli
possono solo attenuare il problema, perché anche se le aziende sono obbligate a fornire
dati al pubblico, comunque godono di un’informazione maggiore rispetto agli investitori;
inoltre le aziende scadenti potrebbero truccare i propri conti, alternando così le
informazioni trasmesse al pubblico. Riassumendo dunque, sia la produzione e vendita di
informazioni da parte di aziende private, sia le normative introdotte dal governo (obbligo
delle aziende di divulgare dati), non riescono ad eliminare il problema della selezione
avversa. A risolverlo, sono gli intermediari finanziari come già visto nel capitolo
precedente. E’ importante inoltre sottolineare che, la selezione avversa interferisce con il
sistema finanziario solo se un investitore subisce una perdita notevole a causa di un
debitore insolvente. Per contenere il problema la soluzione è l’introduzione di garanzia
reale all’interno del contratto che sottoscrivono investitore e debitore: se un debitore non
rimborsa il prestito, il creditore può vendere la garanzia reale per compensare le proprie
perdite. E’ chiaro che l’introduzione della garanzia reale, rende più “tranquillo” il creditore
che quindi sarà più disposto a concedere il prestito al debitore. Un ruolo simile alla
garanzia viene svolto dal capitale netto, la differenza tra attività e passività di un’azienda.
Un’azienda che ha un capitale netto elevato vuol dire che è in grado di affrontare anche
investimenti rischiosi, e nel caso in cui dovesse diventare insolvente a causa appunto di
questi investimenti, il creditore si impossessa di un titolo dell’azienda, cedendolo così da
rientrare delle perdite avute a causa dell’insolvenza dell’azienda. Il capitale netto funziona
quindi come una sorta di cuscinetto, in grado di assorbire le eventuali perdite (capitale
netto maggiore equivale a una migliore capacità di assorbimento perdite)

Torniamo a parlare ora dell’azzardo morale, in particolare nei contratti azionari.


Ricordiamo che un’azione attribuisce al possessore il diritto a una quota dei profitti e delle
attività di un’azienda. Questi contratti sono soggetti al principal-agent problem (un
particolare azzardo morale) : quando il manager (agent) di un’azienda detiene solo una
piccola parte del capitale dell’azienda stessa, si crea una distinzione con gli azionisti che
possiedono la maggior parte del capitale (principal). Abbiamo dunque una separazione tra
proprietà e controllo, che comporta l’azzardo morale perché i responsabili del controllo
(agents) possono massimizzare il loro interesse anziché quello degli azionisti-proprietari
(prinicipal). Come al solito la problematica sarebbe risolta, se non ci fosse asimmetria
informativa tra i principali e gli agents, e cioè se i principali avessero informazioni su come
si comportano i manager. Analizziamo invece ora l’azzardo morale nei contratti di
debito: dato che un contratto di debito obbliga il debitore a sostenere dei pagamenti fissi e
periodici fino alla scadenza del contratto, l’investitore che ha concesso il contratto, non
deve preoccuparsi di monitorare il debitore, proprio perché i pagamenti sono sempre gli
stessi, indipendentemente se il debitore (azienda) varia i propri utili aziendali.
All’investitore non importa dunque il comportamento dei manager. Il fatto che a un
contratto di debito sia associato minor controllo, implica minori costi da sostenere per
l’investitore e ci spiega perché i contratti di debito siano strumenti finanziari più utilizzati
rispetto a quelli azionari. In realtà l’unico rischio associato ai contratti di debito è appunto
legato a questa “libertà”: le aziende potrebbero essere incentivate a investire in progetti
rischiosi con il denaro preso a prestito. Al fine di attenuare l’azzardo morale, abbiamo
bisogno di un capitale netto elevato, perché rende il contratto di debito incentive-
compatible, ovvero mette sullo stesso piano gli incentivi del debitore e dell’investitore:
tanto più grande sarà il capitale netto del debitore, tanto maggiore sarà il suo incentivo a
comportarsi nel modo in cui il creditore desidera, per cui molto minore sarà l’azzardo
morale. E’ importante specificare che, nei contratti di debito, c’è la possibilità di inserire
delle clausole restrittive al fine di limitare il comportamento del debitore: clausole per
scoraggiare/incoraggiare comportamenti indesiderabili/desiderabili, clausole per
mantenere alto il valore della garanzia (mantenere in buono stato la garanzia,
assicurandosi che rimanga in possesso del debitore), clausole che impegnano a fornire
informazioni periodicamente, sulle proprie attività.

Parliamo ora del conflitto di interessi: è una manifestazione del problema di azzardo
morale che si verifica quando un individuo o un’istituzione ha molteplici obiettivi
(interessi),e quindi deve scegliere tra obiettivi contrastanti. Questo porta le persone che
lavorano per istituzioni finanziarie a occultare o distorcere determinate informazioni. E’
importante cercare di combattere questo fenomeno proprio perché aumenta il livello di
asimmetria informativa, peggiorando dunque l’efficienza dell’intera economia. Negli ultimi
anni 3 tipi di attività finanziarie hanno generato problemi di conflitto d’interesse:
• Sottoscrizione (underwriting) e la ricerca nelle banche di investimento : le banche
di investimento svolgono allo stesso tempo attività di ricerca sulle società che emettono
titoli, e sottoscrivono tali titoli, per poi rivenderli al pubblico. Un conflitto di interesse è
presente tra l’attività di brokeraggio (vendita dei titoli agli investitori) e quella di
underwriting, perché la banca sta servendo due tipi di clienti diversi : le società che
emettono titoli, e gli investitori a cui venderli. Visto che queste due parti hanno
ovviamente interessi diversi, gli analisti delle banche di investimento potrebbero creare
appositamente delle distorsioni per avvantaggiare l’uno o l’altro. Un’altra pratica che
sfrutta il conflitto di interessi è lo spinning: nel caso di IPO (offerte pubbliche di
vendita) promettenti, lo spinning si verifica quando la banca di investimento assegna
una parte delle nuove azioni, ad un prezzo inferiore al normale, ai dirigenti delle altre
aziende in cambio del loro impegno a operare con la banca stessa.

• Auditing e consulenza nella società di revisione: nell’attività di auditing ci sono


minacce alla qualità del controllo, dovute a numerose situazioni di conflitto di interesse.
In primis, i revisori dei conti potrebbero alterare i loro giudizi per ottenere altri incarichi
da quei clienti; in secondo luogo i revisori potrebbero evitare di fare critiche circa i
sistemi informativi; oppure dare dei giudizi estremamente positivi rispetto alla realtà dei
fatti

• Valutazione del merito di credito e consulenza nelle agenzie di rating: gli investitori
usano il rating per determinare il valore del credito degli emittenti. Di conseguenza, la
valutazione del credito svolge un ruolo importante nella determinazione dei prezzi dei
titoli. Un conflitto di interessi può sorgere quando gli investitori e le autorità di vigilanza
si aspettano una valutazione imparziale nella qualità del credito, mentre l’emittente trae
beneficio da un rating favorevole. Il problema è appunto che le agenzie di rating
emettono delle valutazioni benevole allo scopo di attrarre più clienti

Per risolvere il conflitto di interessi, è stata introdotta la direttiva MiFID, che ha modificato
l’assetto della regolamentazione dei servizi di investimento.

CAPITOLO 4
Perché le istituzioni finanziarie sono più rilevanti in alcuni sistemi
L’obiettivo di questo capitolo è di comprendere perché nei vari sistemi finanziari c’è una
differenza sostanziale circa il ruolo svolto dalle banche e dai mercati finanziari; quindi
analizzeremo quei sistemi orientati prevalentemente alle banche e quelli orientati
prevalentemente ai mercati. Le differenze tra i grandi paesi sono mostrate in figura
• Notiamo che i sistemi finanziari di Regno Unito e USA sono esempi di sistemi orientati
prevalentemente ai mercati, proprio perché i mercati sono più importanti delle banche;
detta formalmente, la capitalizzazione dei mercati rappresenta una quota maggiore del
PIL, rispetto al credito bancario. Con riguardo alle famiglie, queste detengono una % più
elevata di attività finanziarie, in particolare di azioni, ma lo vedremo meglio dopo

• Giappone e Germania sono invece sistemi orientati prevalentemente alle banche, per la
situazione opposta

• Ci sono interessanti casi intermedi come la Francia, in cui banche e mercati hanno
stessa importanza. Anche Italia e Spagna possono essere considerati casi intermedi,
dato che si ha una differenza molto meno pronunciata

A questo punto la domanda sorge spontanea: qual è la ragione economica di questa


divisione dei sistemi finanziari, uno orientato alle banche e uno ai mercati? La
risposta sta nella diverse reazioni all’instabilità associata ai mercati finanziari. Per
esempio, come conseguenza della “bolla della Compagnia dei mari” del sud
dell’Inghilterra, e della “bolla del Mississippi” in Francia, si sono sviluppati i due tipi di
sistemi finanziari. Questo avvenne perché ? Perché il Regno Unito abrogò la pesante
regolamentazione del mercato azionario, mentre la Francia non allentò per nulla le
restrizioni. Molte altre crisi finanziarie e bolle speculative hanno influenzato il sistema
finanziario mutandolo, facendoci capire come appunto sia molto fragile. E’ importante
sottolineare che in realtà, i mercati non si sono sviluppati spontaneamente, ma sono frutto
della nascita della Borsa di Amsterdam
nel 17 secolo. Inoltre, se inizialmente a causa delle imperfezioni nel mercato (costi di
transazione e asimmetria informativa), i sistemi finanziari non erano orientati verso di
esso, man mano che il sistema finanziario si sviluppò, si è notato che quello basato
sui mercati finanziari è diventato molto popolare, perché? In primis l’intervento dello
stato è sempre più screditato (un sistema orientato sulle banche, in situazione di crisi
necessita l’intervento dello stato ; esempio delle “too big to fail” del prof); in secondo luogo,
i mercati finanziari sono molto più efficienti se si parla di allocazione del capitale. E’ chiaro
però che i sistemi basati sui mercati hanno importanti limiti, rappresentati, come già visto,
dai costi di transazione e asimmetria informativa.
Andiamo ad analizzare ora gli effetti di questa duplice divisione del sistema finanziario:

• Allocazione delle attività finanziarie delle famiglie: come illustrato in figura, si può
notare che nel Regno Unito e USA le famiglie preferiscono possedere azioni, più di

quanto lo preferiscano le famiglie in Giappone,Francia e Germania. Vale il contrario


invece per quanto riguarda contanti o equivalenti, come conti bancari e postali, e
obbligazioni.

• Il ruolo dell’intermediazione indiretta (fondi pensione, compagnie assicurative, fondi


comuni di investimento): per quanto riguarda le diverse forme in cui le attività finanziarie
sono detenute, come mostrato dalla figura, la maggior parte è detenuta direttamente
dalle famiglie, ad eccezione del Regno Unito. Notiamo inoltre che nel Regno Unito e
negli USA i fondi pensione e le compagnie assicurative sono molto più importanti che in
altri paesi, come Germania e Giappone.
• Finanziamento delle imprese: vista in questi termini, la distinzione dei sistemi orientati
alle banche e quelli orientati ai mercati, è meno netta. Tuttavia , ci sono differenze nel
modo in cui le aziende ottengono fondi da fonti esterne: nei paesi con un sistema
finanziario orientato verso le banche come Giappone e Germania, il finanziamento alle
imprese da parte degli intermediari finanziari è stato quasi 10 volte superiore rispetto a
quello dei mercati. (Riferimento anche al capitolo 3)

CAPITOLO 5
Perché si verificano le crisi finanziarie e perché sono così dannose per l’economie
Le crisi finanziarie sono gravi perturbazioni dei mercati finanziari, caratterizzate da forti cali
dei prezzi delle attività finanziarie e del fallimento di molte istituzioni, tra cui le banche. E’
importante capire come queste crisi si verificano, per questo analizziamo alcuni aspetti
fondamentali:

• Abbiamo detto molte volte che i problemi di asimmetria informativa generano fenomeni
di selezione avversa e azzardo morale; questa analisi, viene chiamata in gergo Teoria
dell’agenzia, ed è molto importante per capire il perché si verifichino le crisi, proprio
perché i problemi di asimmetria informativa fungono da barriera al trasferimento
efficiente di fondi da risparmiatori agli operatori. Questi problemi, vengono denominati
frizioni finanziarie. Più frizioni ci sono, più è difficile per i datori di fondi accertare la
capacità di credito dei prenditori (ovvero se i prenditori sono in grado di restituire il
prestito), e devono dunque richiedere un tasso di interesse più elevato, per proteggersi
contro l’insolvenza del prenditore appunto. Questo porta ad un aumento dello spread
creditizio (differenza tra tassi di interesse sui prestiti alle imprese e i tassi di interesse
sulle attività risk free)

Detto ciò, una crisi si verifica quando i flussi informativi nei sistemi finanziari subiscono
una forte perturbazione, in conseguenza della quale aumentano bruscamente le frizioni
finanziarie e lo spread creditizio. Possiamo ora vedere la struttura di queste crisi, articolata
in 3 fasi:

1) Le crisi possono cominciare in diversi modi: una rapida ascesa e uno successivo crollo
(boom and bust) dell’erogazione del credito e dei prezzi delle attività, oppure un
incremento generale dell’incertezza causato da fallimenti di importanti istituzioni
finanziarie. Analizziamo meglio questa parte: i semi di una crisi sono gettati quando in
un’economia si ha innovazione finanziaria, tramite erogazione di nuovi prodotti
finanziari, seguita da una liberalizzazione finanziaria, ovvero l’eliminazione di
restrizioni sugli intermediari finanziari. Se da una parte la liberalizzazione è una cosa
buona, dall’altra non lo è, perché nel breve periodo genera un credit boom, ovvero
l’espansione del credito. Ma i prestatori non hanno quella competenza per gestire il
rischio associato a queste nuove linee di business, facendo si che il credit boom faccia
circolare sul mercato prodotti e prestiti eccessivamente rischiosi. Questo fa sì che le
banche e gli altri intermediari finanziari concedano prestiti rischiosi a tassi di interesse
elevati, sapendo di ottenere profitti nel caso in cui i debiti saranno rimborsati; se i
debitori non riescono a rimborsare il prestito invece, le banche si affideranno alle
assicurazioni sui depositi. E’ chiaro però che in questo modo le perdite sui prestiti
cominceranno ad aumentare, così come il valore dei prestiti stessi, facendo diminuire
il capitale netto delle banche e delle altre imprese. Quest’ultime quindi, diventeranno
più rischiose (disponendo di meno cap netto), inducendo i creditori a non concedere i
loro fondi. Minori fondi, equivale a dire minori prestiti, e quindi una stretta creditizia. Da
credit boom siamo arrivati a un credit crunch, che appunto porta all’aumento delle
frizioni finanziarie e alla conseguente contrazione dell’attività economica.

OSSERVAZIONE su BOOM&BUST: I prezzi di titoli azionari e di immobili possono essere


spinti al di sopra del loro valore economico fondamentale ( valore basato su aspettative
realistiche future delle attività). Questo porta a delle bolle dei prezzi delle attività, come
per esempio la bolla delle azioni tecnologiche, piuttosto che la classica bolla immobiliare.
Queste bolle sono spesso innescate dal credit boom come già detto, e quando scoppiano,
i prezzi delle attività si riavvicinano ai loro fondamentali, e quindi i prezzi azionari e
immobiliari crollano, facendo si che le società si trovino con un capitale netto diminuito.
Questo causa un inasprimento degli standard per la concessione di credito in contratti di
prestito, e una riduzione del valore delle attività delle istituzioni finanziarie, determinando
una diminuzione del patrimonio netto.

2) La diminuzione del patrimonio netto e il deterioramento dei bilanci, porta all’insolvenza


di alcune istituzioni finanziarie, proprio perché il capitale netto diventa negativo. Questa
situazione, può portare al panico bancario, situazione in cui molteplici banche falliscono
contemporaneamente. Ancora una volta, il colpevole di tutto ciò è l’asimmetria informativa:
durante un panico bancario infatti, i risparmiatori, temendo appunto per i loro risparmi,
chiedono in massa la restituzione dei propri fondi, portando al fallimento delle banche.
Inoltre, il clima di incertezza circa la salute del sistema bancario, porta ad una corsa agli
sportelli, che costringerà le banche a liquidare le proprie attività per raccogliere i fondi
necessari. Il tutto chiaramente aumenta le frizioni e inasprisce la crisi finanziaria. Alla fine
le autorità pubbliche imporranno l’uscita dal mercato delle imprese insolventi, facendo così
ridurre l’incertezza nel mercato, e migliorare i bilanci aziendali . Diminuiscono le frizioni, la
crisi si attenua, e si avvia un processo di ripresa

3) Un eventuale processo di ripresa può andare in cortocircuito, a causa del fenomeno di


deflazione del debito, ovvero un forte e improvviso calo dei prezzi che comporta un
ulteriore deterioramento del capitale netto delle aziende dovuto all’aumento
dell’indebitamento. Infatti poiché i pagamenti dei debiti sono in termini nominali, un calo
dei prezzi accresce il valore delle passività delle imprese in termini reali: se un’impresa nel
2018 ha un livello di attività pari a 100 milioni, e uno di passività a lungo termine pari a 90,
avremo un capitale netto pari a 10 milioni di dollari. Se poi nel 2019 il livello dei prezzi
scendesse del 10%, il valore reale delle passività sarà 99 milioni di dollari in dollari del
2018, quindi avremo un valore del capitale netto in termini reali pari a 1 milione, non più
10! .

OSSERVAZIONE sulle BOLLE FINANZIARIE: le crisi spesso si verificano


successivamente alle bolle dei prezzi delle attività (asset). Quesì bolle attraversano tre fasi
distinte:
• La liberalizzazione finanziaria genera un’espansione del credito (ovvero maggiori
concessioni di credito come mutui ecc ecc). Questo porta ad un eccesso di domanda,
che a sua volta porta ad un aumento dei prezzi. La bolla si gonfia dunque

• La bolla scoppia e i prezzi crollano

• Si verifica un fallimento delle imprese, che porta ad una crisi bancaria, la quale causa
problemi in tutta l’economia reale

Capitolo 6
BANCHE: FONDAMENTI DELL’ATTIVITA’ E DELLA GESTIONE
La banca è l’intermediario finanziario per eccellenza ed è una componente centrale
dell’intermediazione complessiva. Alcune tipologie di banca sono:
 Banca commerciale: quelle “comuni” che si dedicano alla raccolta del risparmio
presso il pubblico e si dedicano all’esercizio di credito
 Banca d’investimento: si dedicano ad operazioni di finanziamento a medio-lungo
termine (spesso con assunzione di capitale di rischio, ossia azioni)
 Banche d’affari: indica in prevalenza il ruolo di intermediario finanziario, che assiste
le imprese nelle operazioni straordinarie (cessione di pacchetti, aumenti di capitale,
collocamento di azioni e obbligazioni, scalate, fusioni, scissioni)
Il principale ruolo della banca risiede nell’esercizio dell’attività bancaria, che si sostanzia
in un’attività di intermediazione creditizia. La banca quindi si occupa di raccogliere il
risparmio da operatori che offrono risorse finanziarie, come le famiglie, per impiegarlo per
finanziare le operazioni di prestito, generalmente richieste dalle imprese; queste due
operazioni, di raccolta del risparmio ed esercizio del credito, avvengono attraverso la
stipulazione di due contratti distinti con le parti (famiglie ed imprese). In sintesi, quindi, con
l’intermediazione creditizia la banca raccoglie risorse dalle unità in surplus e le trasferisce
alle unità in deficit. Il Testo Unico Bancario (TUB) è la principale fonte normativa della
disciplina bancaria e definisce l’attività bancaria come attività sistematica che consiste
nell’erogazione di prestiti e nella raccolta di depositi tra il pubblico da parte di un’impresa.
Le aree di attività delle banche non si limitano all’attività bancaria, ma tramite il TUB
quest’ultime esercitano anche le cosiddette attività finanziarie. La banca, quindi, svolge
una serie di altre operazioni come:
 Servizi di pagamento (creazione di una propria carta di credito o adesione ad un
programma di carte di credito già esistenti)
 Servizi di intermediazione mobiliare (negoziazione di strumenti finanziari per conto
degli investitori, servizio di gestione individuale di patrimoni e servizi di
collocamento)
 Servizi di custodia e amministrazione titoli (custodia del titolo di un investitore, il
quale verrà contattato nel caso di eventi che possono interessare il titolo stesso)
 Servizio di cassette di sicurezza (custodia di gioielli, opere d’arte o denaro
contante)
 Concessione di crediti firma (la banca garantisce le obbligazioni monetarie e non
monetarie dei propri clienti nei confronti di terzi)
 Consulenza d’impresa (offerta di strategie finanziarie)
In sintesi, le quattro aree fondamentali in cui le banche svolgono la propria attività sono:
raccolta di risparmio, attività di credito, servizi finanziari e di intermediazione mobiliare,
investimenti in partecipazioni; è la singola banca a decidere in quale delle attività
precedenti operare. L’esercizio delle attività finanziarie può essere svolto, oltre che dalle
banche, anche da società di leasing, società di intermediazione mobiliare, società di
gestione patrimoniale individuale, società finanziarie e infine banche d’investimento.
Tre sono le funzioni tipiche della banca: funzione di intermediazione creditizia, funzione
monetaria e funzione di riduzione dell’incertezza.
Nell’esercizio della funzione di intermediazione creditizia, la banca esercita tre attività:
 Trasformazione di attività/passività: le banche erogano prestiti a lungo termine
finanziati per il tramite di depositi a breve termine (trasformazione delle scadenze).
Inoltre, raccolgono risorse di ammontare modesto per erogare prestiti di maggiori
dimensioni (trasformazione delle dimensioni). Infine, emettono passività (depositi)
caratterizzate da elevata liquidità e detengono attività (prestiti) illiquide
(trasformazione della liquidità)
 Selezione ex ante e controllo ex post: vengono selezionate le richieste di
affidamento accoglibili attraverso screening e vengono monitorate le attività poste in
essere da prenditori di fondi in modo tale da controllare eventuali comportamenti di
moral hazard.
Nell’esercizio di funzione monetaria la banca deve:
-mantenere un efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti
-realizzare l’offerta di strumenti e servizi di pagamento.
Per fare questo la banca emette propri segni di debito, chiamati quasi moneta o moneta
bancaria. La funzione monetaria si è indebolita nel tempo a causa dell’innovazione
tecnologica realizzata nel sistema dei pagamenti.
Infine, abbiamo l’attività di trasformazione dei rischi in cui le banche cercano, dal lato del
passivo, di assicurare stabilità della disponibilità di fondi, dal lato dell’attivo di ridurre il
rischio del portafoglio prestiti. In generale per gestire i rischi la banca impiega una serie di
tecniche per il trasferimento di rischi tra operatori economici e finanziari.
Tornando alla funzione di intermediazione creditizia, possiamo separare la funzione
creditizia dall’attività di concessione dei prestiti. In particolare, nell’esercizio della funzione
creditizia la banca sopporta il rischio di credito ossia la possibilità che alcuni flussi di
cassa attesi dai prestiti fatti in precedenza non vengano corrisposti. Il rischio di credito è
legato quindi alla perdita che la banca può subire in caso di insolvenza del debitore, o al
deterioramento del suo merito di credito (rischio di migrazione). Questi due rischi possono
portare all’insolvenza della banca stessa. Per questo si usano delle procedure per la
gestione del rischio di credito, basati sui seguenti strumenti:
 Screening
la banca individua i prenditori di fondi migliori attraverso una serie di informazioni
interne (o tramite agenzie di rating) sul richiedente, nell’intento di poter calcolare la
probabilità di insolvenza. I modelli usati per misurare il rischio di insolvenza dei
singoli prenditori sono di tre tipologie: modelli di natura quali-quantitativa, modelli di
credit scoring e modelli fondati sul mercato dei capitali.
-I primi, sono modelli basati su giudizio ed esperienza individuali del singolo
analista, il quale arriva alla stima di probabilità di default del singolo prenditore
attraverso un apparato procedurale che nel caso delle banche italiane è l’istruttoria
fido, ossia un insieme di indagini ed elaborazioni condotte dalle banche per
formulare giudizi sul richiedente dell’affidamento.
-I secondi sono modelli che attribuiscono ad ogni richiedente un punteggio che
indica quanto si merita il credito. Un tipico modello di scoring è quello basato
sull’analisi discriminante lineare, che utilizza informazioni tratte da un campione di
prenditori di fondi al fine di tracciare un confine in grado di separare i prenditori
affidabili da quelli insolventi. La separazione avviene tramite la funzione
discriminante. Ogni prenditore riceve un punteggio che chiameremo Z: tanto
maggiore è Z, tanto minore sarà la probabilità di default del prenditore. I modelli di
scoring hanno però una serie di limiti, ad esempio il fatto che alcune informazioni
(come la reputazione) tendono a non essere considerate.
-I terzi sono impiegati per la valutazione del merito di credito delle grandi imprese
che possono emettere obbligazioni e azioni sul mercato. L’osservazione degli
spread di rendimento tra un titolo rischioso e uno risk free consente di stimare la
probabilità di default del prenditore.

 Monitoring
Per limitare il problema dell’azzardo morale le banche pongono in essere azioni di
monitoring delle attività dei prenditori durante tutta la vita del rapporto creditizio.
Questo permette di verificare il permanere delle condizioni del merito di credito ed è
attuata tramite clausole contrattuali e tramite la costruzione di una relazione
personalizzata di lungo periodo con la clientela (relationship banking). Le clausole
servono per incoraggiare determinati comportamenti futuri dei prenditori, mentre la
relazione con la clientela permette alla banca di far riferimento ai rapporti con il
cliente per accertare, ad esempio, la puntualità nei pagamenti.
 Diversificazione
Poiché le banche possiedono portafogli di prestiti, devono misurare il rischio di
credito anche dell’intero portafoglio e realizzare una diversificazione di esso. Per
misurare il rischio si usano modelli di portafoglio basati su dati finanziari di mercato.
Dopo averlo misurato, le banche impiegano tecniche di diversificazione per ridurre il
rischio complessivo del portafoglio prestiti. Le diversificazioni realizzate sono lungo
diverse direttrici, ad esempio diversificazione per classi di importo dei fidi,
diversificazione per settori di appartenenza degli affidati, ed altre.

Oltre al rischio di credito le banche sono esposte ad altri rischi, come: rischio di interesse,
rischio di mercato, rischio di liquidità, rischio di cambio e rischio operativo.
Rischio di interesse
Tale rischio deriva dalla variabilità dei tassi di interesse di mercato; questa variabilità porta
all’effetto reddito e l’effetto valore di mercato. L’effetto reddito è il rischio di una perdita
dovuta a una variazione dei tassi di interesse; tale rischio si divide in rischio di
rifinanziamento (rischio che il costo della raccolta sia superiore al ricavo sui prestiti) e
rischio di reinvestimento (rischio che il ricavo sulle risorse da reinvestire sia inferiore al
costo della raccolta). L’effetto valore di mercato, invece, è il rischio che si determini una
riduzione del valore attuale dei flussi di cassa attesi da attività e passività della banca a
seguito di una riduzione dei tassi di interesse. Un aumento dei tassi genera un incremento
del tasso di sconto dei flussi futuri e si traduce in una riduzione del prezzo, viceversa una
riduzione dei tassi si traduce in un aumento del prezzo. Ci sono dei metodi per la
copertura del rischio di interesse, come income gap e duration gap.
Rischio di mercato
Rappresenta l’incertezza dei ricavi della banca nell’area di investimenti e di negoziazione
di valori mobiliari, generata da variazioni inattese nelle condizioni di mercato in termini di
tassi di interesse, tassi di cambio e prezzi di obbligazioni, azioni e altro. Per definizione è il
rischio associato alla sola attività di negoziazione di strumenti finanziari detenuti per
periodi brevi e che possono essere facilmente negoziati su mercati organizzati. Si
consideri la crisi generata dai mutui subprime (dal capitolo 5): da tale crisi è discesa una
riduzione dei prezzi degli strumenti finanziari sui mercati che ha generato ingenti perdite.
Rischio di liquidità
È il rischio che la banca non sia in grado di onorare tempestivamente il rimborso di proprie
passività a causa di un’inattesa serie di prelevamenti da parte dei depositanti oppure che
la banca sia costretta, per far fronte a tali richieste, a liquidare attività in tempi rapidi e a
condizioni di prezzo sfavorevoli. A questo punto la banca può vendere attività poco liquide
oppure prendere a prestito altri fondi. Se però molte banche si trovano simultaneamente di
fronte a questo problema, il costo dei fondi ottenibili dal mercato aumenta e
contemporaneamente la disponibilità dei fondi diminuisce. Quindi l’unica cosa da fare è
vendere velocemente attività meno liquide a prezzi inferiori ai valori di mercato. Questo
può provocare a livello macroeconomico conseguenze anche per altre banche e dare così
vita al fenomeno di rischio sistemico.
Rischio di cambio
È il rischio che variazioni nei tassi di cambio (ossia nei prezzi a cui una valuta può essere
negoziata con un’altra) impattino sfavorevolmente sul valore delle attività e passività della
banca denominate in valuta diversa dall’euro. Ci si espone a questo rischio in maniera
diretta se si compra valuta e in maniera indiretta se si erogano prestiti in valuta o si
acquistano titoli di debito in valuta. In caso di diminuzione del valore della valuta estera
rispetto all’euro la banca subisce una svalutazione delle attività in valuta; in caso di
aumento del valore della valuta estera rispetto all’euro la banca subisce un aumento di
valore delle proprie passività. La banca trae vantaggio da un deprezzamento della valuta
estera quando le attività in valuta estera sono inferiori alle passività, mentre se le attività in
valuta estera sono maggiori delle passività la banca trae vantaggio dall’apprezzamento
della valuta estera. Non c’è rischio di cambio quando il gap (ossia la posizione netta in
valuta estera) tra attività e passività in valuta è nullo.
Rischio operativo
Secondo la definizione fornita da Basilea 2: “è il rischio di perdite derivanti dalla
inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da
eventi esogeni.” Questi fattori portano una diminuzione dei ricavi o un aumento dei costi,
che provocano a loro volta una riduzione dei profitti. I fattori che determinano il rischio
operativo sono: malfunzionamento e disfunzioni della tecnologia (come errori di
programmazione), errori di progettazione dei processi interni (carenze nell’organizzazione
dei ruoli e delle responsabilità), risorse umane nei casi di frodi interne o violazioni di leggi
e regolamenti interni, eventi esterni quali calamità naturali (terremoti) e attività criminali di
soggetti esterni (atti di terrorismo). L’adozione di strumenti di gestione del rischio
informativo, come cyber risk management, consentono di evitare i malfunzionamenti della
tecnologia, diventata molto importante per le banche.

In conclusione, l’attività bancaria è esposta nello stato patrimoniale con l’indicazione della
raccolta tra le passività e dei prestiti erogati nelle attività. I riflessi economici dell’attività
bancaria si trovano invece nel conto economico in termini di interessi attivi sui prestiti e
passivi sulla raccolta. Al contrario solo alcune delle attività finanziarie trovano esposizione
nello stato patrimoniale.
Capitolo 7
Gli Stati Uniti hanno avuto un sistema bancario duale, cioè si ha una specializzazione
produttiva delle banche che è stata sancita dal Glass-Steagall Act (tale separazione oggi
almeno formalmente non esiste più). Le banche commerciali sono impegnate nell’attività
di raccolta di fondi e di erogazione di prestiti, mentre le banche d’investimento svolgono
attività in titoli. Negli ultimi anni, grazie ad un processo di innovazione, l’attività bancaria di
erogazione dei prestiti è stata in parte sostituita dallo shadow banking system, in cui il
credito bancario è stato sostituito dal credito erogato dal mercato mobiliare; anche se la
banca commerciale continua ad essere la più importante istituzione finanziaria.
Le ragioni che hanno portato all’innovazione finanziaria sono riconducibili a tre ambiti:
Risposte ai cambiamenti nelle condizioni della domanda, risposte ai cambiamenti nello
stato dell’offerta, necessità di alleggerire il peso della regolamentazione.
• Risposte ai cambiamenti nelle condizioni della domanda: Il cambiamento più
significativo del sistema economico ad aver alterato la domanda di prodotti finanziari è
stato l’aumento della variabilità del tasso di interesse. Le fluttuazioni di quest’ultimo
conducono ad una maggiore incertezza nel rendimento degli investimenti che è
chiamato rischio di tasso di interesse. Questo cambiamento nell’ambiente economico
porta la necessità di creare nuovi strumenti finanziari che riducano il rischio: i mutui a
tasso variabile e i derivati finanziari. I mutui i tassi a tasso variabile sono dei prestiti
ipotecari il cui tasso di interesse cambia in funzione delle variazioni che intervengono su
quelli di mercato. Mentre gli strumenti finanziari derivati sono chiamati così perché i loro
profitti sono legati a titoli già in circolazione (usati per coprire il rischio e fungere da
copertura) .
• Risposte ai cambiamenti nello stato dell’offerta: Il più grande cambiamento dal lato
dell’offerta è stata il miglioramento della tecnologia informatica e delle telecomunicazioni
detta tecnologia dell’informazione. L’IT ha ridotto il costo di elaborazione delle
operazioni finanziarie e ha semplificato l’acquisizione delle informazioni da parte degli
investitori e dunque reso più semplice l’emissioni di titoli da parte delle imprese.
Il rapido sviluppo della tecnologia ha permesso la creazione di nuovi prodotti e servizi
finanziari come per esempio le carte di credito/debito, l’electronic banking, pagamenti
elettronici, moneta elettronica, commercial paper e obbligazioni spazzatura.
Le carte di credito/debito permettono di fare pagamenti elettronici (che hanno un basso
costo per le banche), la differenza tra le due è la modalità in cui le spese vengono
addebitate, infatti con la carta di credito vengono addebitate una volta al mese in un’unica
soluzione, mentre con la carta di debito la spesa viene addebitata sul conto il giorno
stesso. La forma più importante di e-banking è l’ATM cioè uno sportello automatico che
permette ai clienti di una banca di prelevare contanti, pagare bollette ecc.. e presentano il
vantaggio di non comportare costi aggiuntivi e di essere sempre disponibili. Un’altra forma
importante è l’home banking che da la possibilità ai clienti di svolgere le operazioni
bancarie da casa. Tutto ciò ha portato alla nascita di banche interamente virtuali e alla
sempre meno necessità di personale. Il miglioramento della tecnologia però ha portato
anche alla possibilità di avere informazioni più dettagliate sulle imprese che emettono
obbligazioni ed evitare così le obbligazioni spazzatura, ovvero quelle che sono emesse
con alti rating e poi declassate sotto il livello Baa a causa delle difficoltà economico-
finanziarie. Infine il commercial paper è uno strumento a breve termine negoziato sul
mercato monetario internazionale.
Una delle più importanti innovazioni finanziarie è la cartolarizzazione che consiste nel
processo di raggruppamento e trasformazione delle attività finanziarie piccole e altrimenti
non liquide in titoli obbligazionari negoziabili sul mercato secondario. La cartolarizzazione
è alla base dello shadow banking System, conseguenza di queste due innovazioni sono
i mutui subprime, cioè mutui immobiliari concessi a debitori non adeguati che portarono
alla grande crisi del 2007-2009.
• Necessità di alleggerire il peso della regolamentazione: la normativa promuove
l’innovazione finanziaria creando incentivi affinché le imprese aggirino le disposizioni
che limitano la loro capacità di creare utili. In particolare modo ci sono state due norme
molto limitanti: gli obblighi di riserva obbligatoria, sulla base dei quali le banche devono
costruire riserve di liquidità in base ad una percentuale dei propri depositi e le limitazioni
sui tassi di interesse che possono essere corrisposti sui depositi. Quando i tassi di
interesse di mercato aumentavano oltre il limite massimo che le banche potevano
corrispondere sui depositi, i depositanti ritiravano i loro fondi per investirli in titoli che
offrivano rendimenti più alti (tale fenomeno è chiamato disintermediazione
finanziaria). In risposta a tali limitazioni nascono i fondi comuni di investimento
(emottono quote che sono rimborsabili a un prezzo fisso attraverso un assegno) che
funzionano come i depositi di conto corrente ma in termini strettamente legali non lo
sono e quindi non sono soggetti alle due norme. Gli sweep account consentono alle
banche di evitare gli obblighi di riserva, ma gli consentono anche di corrispondere un
interesse sul conto aziendale (cosa non possibile dalla corrente normativa): il saldo di
conto corrente di una società che al termine di una giornata lavorativa ecceda un
determinato ammontare viene tolto dal conto e investito in titoli , che fruttano un
interesse prestabilito.
Tutte queste innovazioni finanziarie hanno innescato un progressivo declino dell’attività
bancaria tradizionale e hanno spinto le banche a dedicarsi a nuove attività più
rimunerative. Infatti hanno fatto si che le banche subissero una diminuzione dei loro
vantaggi di costo nella raccolta dei fondi e una perdita dei vantaggi in termini di ricavi dal
lato delle attività. Successivamente però ci sono state delle modifiche normative che
hanno eliminato i massimali sui tassi d’interesse.

Il sistema bancario italiano


Il sistema bancario italiano è regolato da norme di legge che influenzano le scelte
strategiche dei soggetti vigilati. La banca può operare sotto due forme giuridiche: società
per azioni (SpA) o società cooperativa a responsabilità limitata e la differenza risiede nei
vincoli alle partecipazioni dei singoli soci al capitale della banca.
La società cooperativa a responsabilità limitata riguarda il caso specifico di due categorie
di banche: banche popolari e quelle di credito cooperativo (BCC).
Anche il sistema italiano come quello statunitense era diviso in “istituti di credito speciale”
e “banche”. La scelta normativa di tenere separate le attività di medio/lungo termine da
quelle di breve termine era legata alla volontà diminuire il grado di trasformazione delle
scadenze delle istituzioni finanziarie riducendo l’assunzione di rischi e la possibilità di crisi
bancarie.
Il concetto di banca è molto ampio, che comprende imprese in grado di svolgere anche
compiti molti diversi tra loro, dunque la scelta strategica “sul cosa fare” è elaborata
tenendo conto ciò che è previsto dall’ordinamento finanziario e formulare decisioni in
termini di maggiore o minore specializzazione/diversificazione. I tre elementi che
possono giustificare le scelte di diversificazione di una banca sono:
• La possibilità di sfruttare l’effetto portafoglio: operando su comparti di attività diversi in
caso di sfavorevole andamento di un mercato può essere compensato dagli altri.
• Allargamento della gamma dei prodotti e dei servizi: evitando di lasciare la propria
clientela scontenta.
• Si può beneficiare delle economie di scopo e della presenza dei costi congiunti.

Le banche possono adottare due modelli istituzionali:


• Il modello della banca universale: una banca è universale se opera in tutte le aree di
attività tipicamente bancarie e finanziarie (raccolta, credito, servizi, partecipazioni) e
svolge queste attività in via diretta, attraverso cioè un unico soggetto giuridico. I vantaggi
sono la maggior efficacia dei sistemi di coordinamento e controllo e il risparmio dei costi
fissi legati alla costituzione di società distinte.
• Il modello del gruppo bancario: fa le stesse cose della banca universale ma alcune
attività sono separate e svolte all’interno di specifici soggetti giuridici. Il gruppo bancario
deve essere inteso come un’impresa unitaria, che decide di separare giuridicamente
alcune attività. E’ composto da un capogruppo che disegna la strategia comune e attua
il coordinamento sulle diverse unità e da partecipate a cui possono essere assegnati dei
compiti specifici o delle aree territoriali di competenza. Le partecipate possono non
essere banche in termini formali, e sono spesso chiamate società-prodotto perché si
presentano sul mercato come imprese specializzate in differenti prodotti. I vantaggi sono
la flessibilità operativa, la possibilità di concedere ampia autonomia alle società del
gruppo, l’opportunità di coinvolgere nuovi soci in alcune delle attività svolte.
In Italia i gruppi bancari sono molto più numerosi delle banche universali e questo si può
spiegare facendo riferimento alla storia passata del sistema bancario (che era diviso e
specializzato).
L’industria bancaria ha sperimentato un fenomeno progressiva concentrazione, cioè c’è
stata una diminuzione del numero delle banche che però non ha determinato eccessi di
concentrazione nelle banche maggiori ma un relativo riassesto su tutte le classi
dimensionali. Simultaneamente si è registrata anche una tendenza costante all’incremento
del numero di sportelli operativi che si è fermata, si può parlare anche di riduzione, a
causa della crisi finanziaria.

Capitolo 8
Per delineare un quadro d’insieme dell’attività di regolamentazione del settore finanziario,
è possibile individuare 4 principali ambiti di intervento della vigilanza:
• Vigilanza strutturale: norme che regolano la struttura del settore finanziario, incidendo
sul numero di lavoratori, attività che possono svolgere ecc..
• Vigilanza prudenziale: norme tese a favorire una gestione prudente e sana, come per
esempio livelli minimi di patrimonio, di requisiti di capitalizzazione ecc..
• Vigilanza informativa: strumenti di comunicazione e informazione che possono
contribuire a ridurre asimmetrie informative all’interno del settore finanziario.
• Vigilanza protettiva: norme fatte al fine di evitare che lo stato di difficoltà di una
istituzione finanziaria possa trasformarsi in crisi, ovvero che la crisi si diffonda al resto
del sistema.
La regolamentazione e la vigilanza delle banche italiane è diventata europea a seguito
della crisi finanziaria globale e della crisi del debito sovrano che hanno fatto emergere la
necessità di un’ Unione Bancaria Europea. Essa aiuta a creare un mercato bancario più
trasparente, unificato e sicuro; consta di 3 pilastri:
• Meccanismo di vigilanza unico: l’obiettivo è la salvaguardia della sicurezza e la
solidità del sistema bancario europeo, l’accrescimento dell’integrazione e della stabilità
finanziaria e l’assicurazione di una vigilanza coerente.
• Meccanismo di risoluzione unico: la finalità è un’efficiente risoluzione delle banche in
dissesto con l’obiettivo di minimizzare i costi per i contribuenti e l’economia reale.
• Schema di garanzia dei depositi: è ancora in fase di discussione.

Esistono 9 aree fondamentali di regolamentazione e vigilanza che puntano a ridurre i


problemi di asimmetria informativa e dell’eccessiva assunzione di rischi nei sistemi
finanziari:
1. Safety net e assicurazione sui depositi: La safety net è una rete di sicurezza
organizzata dalle autorità per assicurare la stabilità del sistema, si fonda
principalmente sull’ assicurazione dei depositi, che garantisce il diritto a ogni
depositante di ottenere, in caso di dissesto della banca, il rimborso dei fondi entro un
determinato limite massimo. Il meccanismo di assicurazione sui depositi prevede
l’intervento in Italia del FITD - fondo interbancario di tutela sui depositi e negli Stati
Uniti della FDIC - Federal deposit Insurance Corporation. Questo meccanismo tutela
la funzione sociale del risparmio e incentiva la mobilitazione verso il canale bancario.
Oggi le banche italiane per poter svolgere la propria attività hanno l’obbligo di aderire
ad un sistema di garanzia dei depositanti, con l’eccezione di quelle di credito
cooperativo, che aderiscono ad un fondo di categoria. Il FITD utilizza il Pay-off
method che consiste nel rimborsare i depositanti per un importo massimo di 100.000
euro, tale limite riflette l’idea che questi depositi piccoli siano di risparmiatori non
consapevoli. Il FDIC invece utilizza sia il Pay-off method che il purchase and
assumption method che consiste nel sostenere le banche in difficoltà ricercando sul
mercato acquirenti disposti ad accollarsi i debiti della banca in crisi. Dunque in questo
secondo caso i depositanti sono tutelati integralmente.
Esistono però altre forme di safety net infatti in alcuni casi possono intervenire
direttamente i governi a finanziare le istituzioni in difficoltà acquistandole e quindi
nazionalizzandole.
Gli aspetti negativi dei meccanismi di safety net è che possono favorire fenomeni di
azzardo morale, infatti l’esistenza di una copertura assicurativa aumenta gli incentivi ad
assumere rischi, selezione avversa, poichè ad assicurarsi saranno proprio le istituzioni
finanziarie che hanno più probabilità di fallire. Un ulteriore problema è noto come il
dilemma del too big to fail: le autorità di regolamentazione sono riluttanti a lasciare che le
istituzioni di primaria importanza falliscano poiché questo generebbe una grande crisi
finanziaria. Il più grande problema della too big to fail policy è che essa aumenta i
comportamenti opportunistici delle grandi banche, tale problema però diventa sempre più
grande e comune in seguito ai processi di concentrazione delle banche (parlato nel
capitolo 7).
2. Limiti delle attività detenibili: Le banche sono istituzioni fortemente soggette a
situazioni di panico generalizzato e per tale motivo sono sottoposte a una stretta
regolamentazione per minimizzare il problema dell’azzardo morale, limitare la loro
partecipazione ad attività rischiose (come le azioni ordinarie) e promuove la
diversificazione. Il pericolo però è che tali limiti possano diventare talmente onerosi da
danneggiare l’’efficienza del sistema finanziario.
3. Requisiti patrimoniali minimi obbligatori: L’imposizione di requisiti minimi
patrimoniali è un ulteriore modo per ridurre il problema dell’azzardo morale. La
normativa bancaria in questa materia ha origine in un documento redatto nel 1988 dal
Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria(il cui obiettivo era perseguire una
stabilità monetaria e finanziaria) chiamato Accordo sul Capitale ma noto come
Basilea 1. Basilea 1 ha introdotto un sistema di requisiti patrimoniali finalizzato a
indurre le banche a detenere un ammontare di patrimonio commisurato ai rischi di
credito, ha introdotto come misura di adeguatezza patrimoniale il coefficiente di
solvibilità pari all’8%, questo esprime il rapporto tra il patrimonio di vigilanza e le
attività delle banche ponderate per il rischio di credito. Dunque una banca può
assumere i rischi che desidera purché sia adeguatamente patrimonializzata. Il fatto
però che si applicasse la stessa ponderazione a qualsiasi tipo di impresa ha dato
adito a strategie di arbitraggio regolamentare, derivante da uno scostamento tra
rischio effettivo e rischio misurato in un’ottica regolamentare. Per risolvere questi limiti
è stato fatto Basilea2 ma si è rivelato molto problematico di fronte ai problemi della
crisi 2008-2009, dunque è stato redatto anche Basilea 3 che rafforza l’impianto
dell’accordo in essere e estende l’intervento anche al campo della liquidità e
dell’equilibrio di scadenze attivo-passivo. C’è stata un’ultima revisione nota come
Basilea 4 che però ancora non è entrata in vigore.
4. Autorizzazione e attività ispettiva: La previsione di una vigilanza finanziaria è un
modo per ridurre i fenomeni di selezione avversa e azzardo morale; una norma volta a
ridurre la selezione avversa è quella in materia di autorizzazione allo svolgimento
dell’attività bancaria che è rilasciata se siano rispettati determinati requisiti come la
forma giuridica, dotazione minima di capitale ecc.. Invece l’esecuzione di regolari
ispezioni da parte delle autorità di vigilanza presso la banca permette di ridurre
l’azzardo morale. E’ possibile notare come i metodi di controllo usati per minimizzare
l’azzardo morale e la selezione avversa nei confronti delle banche sia molto simile a
quelli usati nei confronti dei prenditori di fondi.
Con riferimento alla banca italiana: Per molto tempo la Banca d’Italia ha esercitato
un’attività di controllo direzionale basata su un sistema di concessioni/dinieghi di
autorizzazioni a svolgere l’attività ma con l’innovazione tecnologica e finanziaria l’azione di
controllo si è orientata verso una forma prudenziale cioè una gestione della banca sana e
prudente.
5. Valutazione dei sistemi risk management: Un’attività ispettiva che si concentri in un
determinato momento può non essere più sufficiente per dimostrare se l’istituzione
finanziaria sta assumendo rischi eccessivi. Per tale motivo oggi gli ispettori bancari
pongono molta più attenzione sulla valutazione della adeguatezza dei processi di
management della banca con riferimento al controllo dei rischi. Lo spostamento
dell’attenzione verso i processi di gestione interna è riflesso nell’introduzione del Risk
Appetite Framework che delinea il quadro di riferimento in materia di rischi e
definisce la propensione al rischio, soglie di tolleranza, limiti di rischio ecc.. All’interno
della banca stessa quindi ci sarà un addetto alla supervisione strategica, un
responsabile della gestione dei rischi e un senior management.
6. Obblighi di trasparenza: Costituiscono un elemento chiave della regolamentazione
finanziaria e costituiscono uno dei tre pilastri di Basilea 2. Gli organi di controllo
richiedono che ogni banca metta a disposizione un’ampia gamma di dati poiché tali
informazioni (su per esempio la qualità del portafoglio e sui rischi supportati) possono
consentire ai clienti di valutarla e controllarla meglio e prendere decisioni
documentate. La regolamentazione volta a potenziare la trasparenza è necessaria
quindi per limitare gli incentivi all’assunzione di rischi eccessivi ed aumentare la
qualità dell’informazione sul mercato.
7. Tutela del consumatore:La normativa a tutela dei consumatori può avere diverse
forme, come per esempio le norme in materia di trasparenza delle condizioni
contrattuali, che sono un insieme di regole intese a mettere il cliente in condizioni di
conoscere i diritti e gli obblighi che derivano dall’acquisto di prodotti bancari. Una
maggiore conoscenza permette di diminuire lo squilibrio informativo e indirettamente
favorisce la concorrenza degli intermediari.
8. Limitazioni alla concorrenza: Il tema della concorrenza in ambito finanziario è molto
delicato. Infatti un eccesso di concorrenza rende il sistema instabile ma un mercato
poco concorrenziale rende il sistema inefficiente. Un’eccessiva concorrenza rende il
sistema instabile perché può incrementare gli incentivi di azzardo morale che
spingono le istituzioni finanziare ad assumere maggiori rischi (perché aumentando la
concorrenza diminuiscono i guadagni e questo porta le banche a considerare attività
più rischiose). Per tale motivo i governi di molti paesi hanno emanato norme per
limitare il livello di concorrenza, ma facendo sempre molta attenzione a conseguire
contestualmente obiettivi di stabilità e di efficenza. Un altro modo per influire sulla
concorrenza è quello di prevedere riserve di legge: alcune attività sono riservate a
determinate istituzioni finanziarie.
9. Regolamentazione prudenziale: Prima della crisi finanziaria globale le autorità di
regolamentazione adottavano una vigilanza microprudenziale, che si concentrava cioè
sullo stato di salute delle singole istituzioni finanziarie,. Controllava la rischiosità delle
attività detenute, il grado di adesione agli obblighi di trasparenza e particolari indici
patrimoniali; in caso negativo hanno la facoltà o di attivare la prompt correttive action
o avviare le procedure di liquidazione. Ma la crisi finanziaria globale ha messo in
evidenza che questo tipo di vigilanza non è sufficiente e per questo occorre una
vigilanza macropjrudenziale, incentrata sulla sicurezza e salute del sistema finanziario
nel suo insieme.
Leggere pagina 188 da “Le politiche macroprudenziali possono assumere diverse
forme..” Fino a fine paragrafo 8.2.10.
CAP 9 – FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO
I fondi comuni sono strumenti di investimento che riuniscono le somme di più risparmiatori
e le investono, come un unico patrimonio, in attività finanziarie o, in determinati casi, in
immobili, rispettando regole volte alla riduzione dei rischi. Sono suddivisi in quote unitarie
che vengono sottoscritte dai risparmiatori e garantiscono uguali diritti. In base alle
caratteristiche di tali quote i fondi sono definiti chiusi o aperti. I primi emettono quote le
quote con un’offerta iniziale, non accettano versamenti aggiuntivi e non si possono
riscattare; i secondi emettono quote in funzione delle sottoscrizioni e il fondo è tenuto al
riacquisto delle quote in qualunque momento lo voglia un investitore. Ad oggi la maggior
parte dei nuovi fondi è aperta.
I fondi comuni di investimento fanno parte di una più ampia categoria di istituzioni
finanziarie dette investitori istituzionali (quella categoria di soggetti che operano
prevalentemente nell’ambito della gestione professionale del risparmio per conto della
clientela; oltre ai f.c. ne fanno parte le assicurazioni, i fondi pensione e le gestioni
patrimoniali). Vedi Tab 9.1, Investitori istituzionali in Italia: partecipazioni a f.c. in netto calo
tra il 2000 e il 2010, ora in leggera ripresa insieme ai fondi pensione, assicurazioni e
gestioni patrimoniali rispettivamente al 35,2% e 41,4% del totale degli investitori
istituzionali in Italia anche se in calo nel 2016.
 In Italia i fondi comuni vengono istituiti nel 1983, molto in ritardo rispetto ai paesi
industrializzati (es. 1824 in America).
VANTAGGI DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO:
Vi sono cinque principali vantaggi nell’investire in questo tipo di fondi:
1) Intermediazione della liquidità, gli investitori possono convertire rapidamente i loro
investimenti in contanti a basso costo (solo nei fondi aperti). Ad esempio,
acquistando un CD (certificato di Deposito) o un’obbligazione, potreste essere
soggetti a penalità per l’estinzione anticipata o a commissioni di negoziazione
qualora aveste bisogno dei vostri fondi prima della scadenza dei titoli. Inoltre è
permesso agli investitori non solo di riscattare ma anche di acquistare in qualunque
momento e per qualunque importo.
N.B. La liquidità è influenzata dalla negoziabilità di un titolo (quanto facilmente si vende),
vita residua dello strumento (più vicina è la scadenza del titolo, in questo caso
obbligazionario, più è liquido lo strumento), credibilità dell’emittente (esempio azioni
Google Vs azioni società sconosciuta) e ampiezza, spessore ed elasticità del mercato in
cui è trattato lo strumento.
2) Intermediazione dei tagli, permette ai piccoli investitori di accedere a titoli che non
potrebbero permettersi senza il fondo (es. alcuni CD statunitensi soni disponibili
solo in tagli da 100.000 dollari o superiori).
3) Diversificazione, un portafoglio di titoli diversificati riduce notevolmente il rischio. In
particolare, un portafoglio di strumenti finanziari i cui rendimenti attesi presentano
bassa correlazione rappresenta un potente meccanismo di contenimento del rischio
di cui si avvantaggiano tutti i sottoscrittori del fondo.
4) Vantaggi in termini di costo, gli investitori istituzionali possono contrattare
commissioni di negoziazione molto più basse di quelle disponibili agli investitori
singoli (gli scambi di grandi blocchi di azioni (100.000) sono soggetti ad una
struttura di commissioni di negoziazione diversa rispetto a quelli più modesti).
5) Competenza professionale, gli investitori si fidano di più di manager professionisti
(anche se una ricerca dimostra che questi fondi non battono portafogli scelti a caso,
esempio bambino che sceglie dal giornale).

DISCIPLINA E ORGANIZZAZIONE DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO


I fondi comuni di investimento, insieme alle SICAV (Società di Investimento a Capitale
Variabile) e alle SICAF (Società di Investimento a Capitale Fisso), sono classificati come
Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR). In base al TUF (Testo
Unico della Finanza, o Legge Draghi, 1998), il fondo comune di investimento è:
 Il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissione di quote, tra una
pluralità di investitori con la finalità di investirlo sulla base di una predeterminata
politica di investimento;
 Suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti;
 Gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti ma in autonomia da essi.
I soggetti che agiscono in modo indipendente e nell’interesse dei partecipanti al fondo
sono:
a) La Società di Gestione del Risparmio (SGR)
b) La società promotrice del fondo, si occupa di promozione, istituzione e
organizzazione del fondo. Inoltre amministra i rapporti con i partecipanti
(solitamente una SIM);
c) La banca depositaria ha il compito di custodire gli strumenti finanziari e le
disponibilità liquide del fondo. Inoltre è incaricata di accertare la legittimità delle
operazioni (emissione e rimborso delle quote, destinazione dei fondi), la
correttezza del calcolo del valore delle quote del fondo (talvolta esegue essa
stessa il calcolo, su incarico della SGR), esegue le istruzioni impartite dalla SGR
(se non contrarie alla legge) ed è responsabile nei confronti della stessa SGR e
dei partecipanti di ogni pregiudizio da loro subito in conseguenza
all’inadempimento dei propri obblighi. Il compito di banca depositaria è
assegnato da Banca d’Italia e i suoi amministratori comunicano, a Banca d’Italia
e CONSOB, eventuali irregolarità nell’amministrazione della SGR e dei fondi.

Ogni fondo ha la stessa struttura organizzativa di base, sia nel caso in cui sia chiuso sia
aperto. La SGR si occupa di gestire gli investimenti e di calcolare il valore delle quote. Il
Consiglio di Amministrazione è responsabile della nomina del direttore agli investimenti
(detto gestore, in pratica si occupa di selezionare i titoli che saranno tenuti dal fondo e
prendono le decisioni di acquisto e vendita: è la loro competenza a determinare il
successo del fondo) e del direttore amministrativo, che si occupa degli adempimenti
amministrativi del fondo.
Spetta invece alla CONSOB la vigilanza sulla correttezza dell’operato della SGR e della
collocazione delle quote da parte della società promotrice; si occupa inoltre
dell’approvazione dei prospetti informativi. Questo documento, redatto e consegnato ai
potenziali sottoscrittori dalla SGR, ha il fine di agevolare il confronto tra fondi comuni
presenti sul mercato. La CONSOB ha previsto uno schema standard composto da:
 Parte prima: contiene le informazioni di ordine generale sulla natura giuridica del
fondo e sulle funzioni della banca depositaria e dei soggetti collocatori, le
caratteristiche dei singoli fondi e le modalità per sottoscrivere, rimborsare o passare
da un fondo all’altro. Viene inoltre specificato il benchmark;
 Parte seconda: riporta i risultati storici del fondo e un confronto tra i suoi rendimenti
e quelli del benchmark.
Esaminando questi documenti, un investitore può quindi capire le caratteristiche del fondo
e quanto questo sia appropriato per raggiungere i suoi obiettivi e le sue strategie di
investimento.

CATEGORIE DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO


Esistono diversi modi di classificare i fondi comuni. Il primo confronto possibile è quello tra
fondi aperti e chiusi.
Un fondo chiuso vende un numero fisso di quote non riscattabili e tali quote vengono
scambiate, al pari delle azioni ordinarie, nel mercato. Al termine della durata contrattuale
(solitamente 10 anni), gli investitori hanno diritto al rimborso delle quote e il loro prezzo di
mercato oscilla con il valore delle attività detenute dai fondi. Un aspetto peculiare di questi
fondi è che, una volta collocate le quote iniziali, essi non possono fare ulteriori emissioni;
quindi, per aumentare la raccolta di capitali, devono necessariamente lanciare un nuovo
fondo. Il vantaggio, dal punto di vista dei gestori, è costituito dal fatto che i detentori delle
quote non possono chiedere al fondo di rimborsare i loro investimenti: l’unico modo di
recuperare prima della scadenza il denaro è vendere sul mercato le quote.
Oggi questa formula è stata quasi completamente sostituita da quella del fondo aperto.
Sottoscrivendo questi fondi gli investitori possono contribuire in qualsiasi momento
aumentando semplicemente il numero di quote circolanti. Essi sono anche vincolati al
riacquisto in ogni momento delle quote detenute dagli investitori le quali vengono
scambiate al valore netto delle attività di quel giorno. Vedi box Caso 9.1, valore netto delle
attività (NAV, Net Asset Value) calcolato partendo dal valore totale del fondo meno le
passività (come le commissioni maturate) diviso per il numero delle quote in circolazione. Il
NAV aumenta e diminuisce con la valutazione delle attività possedute dal fondo. Lo
sviluppo di questi fondi è legato in primo luogo alla grande liquidità dell’investimento,
aspetto particolarmente importante per molti investitori, e in secondo luogo alla possibilità
di crescere senza vincoli, accogliendo sempre nuovi capitali.

Un secondo confronto possibile è quello basato sulle asset class (su quali strumenti
investono). Nell’ambito dei fondi aperti, si distingue tra fondi armonizzati e non armonizzati
in relazione al fatto che seguano (i primi) regole e criteri comuni previsti a livello
comunitario in materia di limitazione dei rischi e tutela degli investitori. In pratica, si tratta di
fondi comuni d’investimento aperti appartenenti a un paese dell’Unione europea che
investono essenzialmente in strumenti finanziari quotati. Con particolare riferimento ai
fondi aperti armonizzati, si può richiamare la classificazione che fa riferimento agli
strumenti di portafoglio:
 Di liquidità (non possono investire in azioni);
 Obbligazionari (non possono investire in azioni, ad eccezione dei fondi
obbligazionari misti che possono arrivare al 20% del portafogli in azioni);
 Bilanciati (investono in azioni per importi che vanno dal 10% al 90%);
 Azionari (investono almeno il 70% in azioni);
 Flessibili (non hanno vincoli di asset allocation azionaria).
Ogni categoria si distingue quindi per la percentuale minima e massima di investimento
azionario. Ancora nell’ambito dei fondi aperti si ricordano i fondi speculativi (hedge fund) e
i fondi di fondi (gestiscono portafogli costituiti da quote di partecipazione ad altri fondi). Per
quanto riguarda i fondi chiusi, esiste una distinzione basata sulle finalità dell’investimento
tra fondi chiusi mobiliari e fondi chiusi immobiliari.
Nei fondi visti fino ad ora, i gestori ricoprivano un ruolo fondamentale selezionando azioni
e obbligazioni per ottimizzare il portafoglio e il loro lavoro è remunerato attraverso le
commissioni. Molti investitori desiderano trarre profitto dai vantaggi offerti da un fondo
comune, senza il pagamento dei servizi di gestione. La risposta a questa esigenza è il
fondo a gestione passiva, o fondo indice (index fund), il cui portafoglio contiene i titoli
appartenenti ad un indice: i titoli vengono tenuti in una proporzione tale che i cambiamenti
nel valore del fondo corrispondono molto da vicino a quelli del livello dell’indice. Questa
struttura consente di minimizzare le decisioni di investimento e quindi i costi operativi;
eliminando anche le emozioni e l’isterismo che spesso offuscano il giudizio dei gestori e
dei singoli investitori, permettendo a questi fondi di surclassare la maggior parte degli altri.

STRUTTURA DELLE COMMISSIONI DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO


In origine, gran parte delle quote dei fondi comuni di investimento veniva venduta dagli
intermediari finanziari, che ricevevano una commissione per la loro attività. Poiché la loro
commissione era pagata al momento dell’acquisto e immediatamente detratta dal valore
delle quote, questi sono stati chiamati fondi con commissione d’entrata (load fund). Se
la commissione viene addebitata al momento dell’acquisto, si tratta di una commissione di
ingresso (front-end load); se si addebita al momento del riscatto, si tratta di una
commissione d’uscita (deferred load). Lo scopo primario delle commissioni è garantire un
compenso agli intermediari di vendita e, nel caso di fondi con commissione d’uscita, anche
scoraggiare il riscatto delle quote dopo un periodo di investimento breve. A partire dagli
anni 90 sono apparsi i fondi comuni di investimento senza commissioni dirette, denominati
fondi senza commissione d’entrata (no-load fund) e acquistabile senza l’intervento di
nessun intermediario finanziario.
Uno dei fattori principali che un investitore dovrebbe considerare prima di scegliere il fondo
è il costo complessivo di investimento in un fondo comune (total shareholder cost, TSC).
Esso è calcolato come somma degli oneri indiretti e dei costi direttamente a carico
dell’investitore, diviso il patrimonio. Gli oneri indiretti includono le commissioni di gestione
e di incentivo, la remunerazione della banca depositaria e gli altri oneri residuali, che
vengono periodicamente decurtati dal valore delle quote del fondo comune; in rapporto al
patrimonio definisco il total expense ratio (TER). Stime basate sui dati di bilancio delle
SGR italiane mostrano che nel perioso 2006-2017 il TSC è stato in media dellì1,6% del
patrimonio complessivo dei fondi comuni aperti italiani. Nel 2017 il TSC è stato pari
all’1,9%, in aumento rispetto all’anno precedente.
Nessuna ricerca supporta la tesi che gli investitori ottengano rendimenti migliori
investendo in fondi che addebitano le commissioni più alte: al contrario, la maggior parte
dei fondi comuni di investimento con commissioni elevate non riesce a raggiungere, al
netto delle spese, i risultati dei fondi con basse commissioni.

FONDI SPECULATIVI o FONDI HEDGE


I fondi hedge sono un tipo speciale di fondo comune di investimento che si propongono
di guadagnare rendimenti sfruttando le deviazioni tra i rapporti storici dei titoli e le
condizioni attuali del mercato; sebbene tali fondi cerchino spesso di essere neutrali
rispetto al mercato, non sono privi di rischi. Vedi esempio Long Term Capital Management
pagina 209-211, dimostra che non siano privi di rischio.
Figura 9.1
I fondi hedge cercano titoli correlati che storicamente si muovono in sincronia ma deviano
provvisoriamente. In questo esempio, il fondo hedge venderebbe i titoli A allo scoperto e
acquisterebbe i titoli B.

I fondi hedge si distinguono dai fondi tradizionali per alcune caratteristiche. In primo luogo,
negli Stati Uniti, hanno un requisito minimo di investimento compreso tra 100.000 e 20
milioni di dollari, con il minimo tipicamente fissato ad 1 milione (gli individui ad alto
patrimonio netto (high net worth individuals HNWI) sono quelli che hanno fondi “investibili”
di almeno 1 milione di dollari). In secondo luogo, solitamente richiedono che gli investitori
impegnino i loro capitali per periodi di tempo lunghi, spesso di diversi anni. Lo scopo è
fornire ai gestori del fondo la stabilità del capitale disponibile per impostare strategie a
lungo termine. Inoltre addebitano pesanti commissioni agli investitori, circa l’1% annuo sul
capitale investito, oltre una speciale commissione (carried interst) pari a circa il 20% dei
profitti.
Anche in Italia le SGR possono costituire fondi hedge, chiamati fondi speculativi. In
questo caso, però, l’importo minimo di ogni quota non può essere inferiore a 500.000 euro
e il regolamento del fondo deve esplicitamente menzionare la rischiosità dell’investimento
e la circostanza che esso avviene in deroga ai divieti e alle norme prudenziali di
contenimento e razionamento dei rischi stabiliti dalla Banca d’Italia con riferimento ai fondi
comuni.

CONFLITTO DI INTERESSI NEL SETTORE DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO


La fiducia degli investitori nella stabilità e nella rettitudine del settore dei fondi comuni di
investimento è un fattore critico. Nessuno sostiene che essi possano garantire un
determinato rendimento, né che dovrebbero farlo, tuttavia dovrebbero trattare tutti gli
investitori in modo equo e informare in maniera completa sui rischi e sulle commissioni
applicate, nonché attenersi alle politiche e alle regole che pubblicizzano nei prospetti.
Il conflitto di interessi si presenta quando si verificano situazioni di asimmetria informativa
e gli interessi dell’agente e del mandante non sono sufficientemente allineati. In assenza
di verifiche adeguate, i gestori potrebbero tentare di aumentare la loro influenza e i loro
redditi personali, anche a scapito degli investitori (dato che gli azionisti della SGR
scelgono i membri del Consiglio di Amministrazione, i quali selezionano i gestori che si
occupano concretamente delle politiche di investimento del fondo; potrebbero quindi
essere esercitate pressioni o influenze). La recente pubblicità negativa sui fondi comuni di
investimento, soprattutto negli Stati Uniti, è dovuta proprio a questo tipo di conflitto di
interessi tra gestori ed investitori.
La maggior parte degli abusi si è riscontrata in due attività: il late trading e il market timing.
Entrambe traggono vantaggio dalla formula dei fondi aperti, che prevede il rimborso delle
quote valorizzandole al valore netto delle attività (NAV) al momento della chiusura
giornaliera del mercato, ossia le 16:00.
1. Late trading. È la pratica di permettere che le transazioni ricevute dopo le 16:00
possano essere regolate al prezzo di chiusura del giorno corrente e non invece,
come dovrebbero, al prezzo del giorno dopo. Il procuratore generale degli Stati Uniti
ha affermato che “il late trading è come scommettere a una corsa ippica dopo che i
cavalli hanno attraversato la linea del traguardo”.
2. Market timing. Questa pratica, seppur legale dal punto di vista tecnico, è
considerata non etica ed è espressamente proibita da quasi tutti gli standard di
comportamento dei fondi comuni di investimento. Il market timing consiste
nell’approfittare delle differenze di fuso orario che consentono opportunità di
arbitraggio, particolarmente in azioni estere. I fondi comuni definiscono il NAV alle
16:00, usando i prezzi esteri disponibili più recenti. Tuttavia, tali prezzi potrebbero
essere molto vecchi: il Giappone, per esempio, chiude nove ore prima di New York.
Se dal Giappone giungessero notizie che non sono riflesse nei prezzi di chiusura
giapponesi, esisterebbero opportunità di arbitraggio acquistando ai vecchi prezzi.
Esempio chiaro a pagina 215, “per capire meglio […] (39,54-35.00).”
Dopo numerosi abusi, le questioni sono balzate all’attenzione del pubblico, sia la SEC sia
il Congresso stanno cercando di garantire maggiore tutela nell’attività di questi fondi
attraverso una serie di iniziative:
I. Consiglieri indipendenti. Questa proposta prevede una maggiore percentuale di
membri del Consiglio di Amministrazione di fondi comuni sia indipendente dalla
proprietà e dalla gestione del fondo.
II. Inasprimento della regola di valutazione delle ore 16:00.
III. Commissioni di riscatto aumentate e rese obbligatorie. Prevede una commissione
sulle quote che vengono vendute entro 60 o 90 giorni dall’acquisto, tuttavia questo
può penalizzare l’investitore che necessita di un ritiro inatteso per motivi di
emergenza, rendendo il fondo meno attraente.
IV. Aumento della trasparenza. I membri del CDA dovrebbero rivelare in modo più
chiaro e aperto tutti i rapporti che esistono tra i proprietari del fondo o i gestori.
CAP.10 COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE E FONDI PENSIONE
Le compagnie di assicurazione svolgono un’attività che consiste nell’assumere rischi per
conto dei loro clienti in cambio di una somma di denaro, chiamata premio. In pratica,
addebitano premi che sono sufficienti per pagare gli esborsi previsti (gli indennizzi), più un
profitto. La ragione per cui la maggior parte delle persone pagano un’assicurazione è che
sono avverse al rischio e preferiscono pagare un equivalente certo (il premio di
assicurazione) che accettare di perdere la casa o l’automobile. In questo senso,
l’assicurazione ci garantisce la tranquillità che un singolo evento potrà avere un limitato
effetto finanziario sulle nostre vite.
Benché vi siano numerosi tipi di assicurazioni e di compagnie, qualsiasi assicurazione è
soggetta ad alcuni principi di base:
1. Deve esistere un rapporto tra l’assicurato (la parte coperta da assicurazione) e il
beneficiario (la parte che riceve il pagamento nel caso in cui si verifichi un evento,
detto sinistro).
2. L’assicurato deve fornire alla compagnia assicurativa informazioni complete ed
esatte.
3. L’assicurato non deve ottenere un profitto a seguito della copertura assicurativa.
4. Se un soggetto terzo copre le perdite dell’assicurato, le compagnie di assicurazione
riducono corrispondentemente il loro indennizzo.
5. Le compagnie di assicurazione devono avere moltissimi assicurati, in modo da
distribuire il rischio tra un grande numero di polizze.
6. La perdita deve essere quantificabile.
7. La compagnia di assicurazione deve essere in grado di calcolare la probabilità della
perdita potenziale.
Lo scopo di questi principi è mantenere l’integrità del processo di assicurazione. Senza di
esse, le persone potrebbero essere tentate di usare le compagnie di assicurazione per
scommettere o fare speculazioni sugli eventi futuri.
Come visto nel Cap 2, un problema di selezione avversa si verifica quando gli individui che
trarranno vantaggio con maggiore probabilità da una transazione sono proprio coloro che
cercano la transazione più attivamente. In altre parole, la parte più esposta alla perdita è la
stessa che maggiormente cercherà di assicurarsi. L’implicazione della selezione avversa è
che le statistiche di probabilità di perdita riferite all’intera popolazione potrebbero non
riflettere esattamente il potenziale di perdita delle persone che effettivamente desiderano
stipulare le polizze. Oltre alla selezione avversa, anche l’azzardo morale affligge il settore
delle assicurazioni. Esso si verifica quando l’assicurato non prende adeguate precauzioni
per evitare le perdite e i danni e lo fa proprio perché tali eventi sono coperti da
assicurazione (ad es. non chiudo le portiere della macchina perché sono assicurato in
caso di furto). Un modo utilizzato dalle compagnie di assicurazione per combattere
l’azzardo morale è l’applicazione di una franchigia. A fronte di qualsiasi perdita, la
franchigia è la parte del danno che rimane a carico degli assicurati, sulla quale cioè la
compagnia non fornirà nessun rimborso. Oltre alla franchigia il contratto può prevedere
altre clausole volte a ridurre il rischio.
Un altro problema delle compagnie assicurative è che spesso le persone hanno la
tendenza a non richiedere tutte le coperture assicurative di cui hanno effettivamente
bisogno. Le compagnie devono così impiegare notevoli risorse commerciali per collocare i
loro prodotti (la maggior parte degli addetti alla vendita viene remunerata in base a una
provvigione). Per mantenere il controllo del rischio che i venditori stanno assumendo a
nome dell’azienda, le compagnie si servono dei cosiddetti assuntori (underwriter),
funzionari che rivedono e firmano ogni polizza preparata dal venditore e che hanno
l’autorità per rifiutare una polizza se ritengono il rischio inaccettabile.
ORGANIZZAZIONE DELLE COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE
Le compagnie di assicurazione possono essere organizzate come società per azioni o
come mutue. Una compagnia società per azioni è di proprietà degli azionisti e ha
l’obiettivo di realizzare un profitto. Una compagnia mutua è invece posseduta dai titolari
delle polizze e il suo obiettivo è fornire assicurazioni al costo più basso possibile per gli
assicurati. Ai titolari delle polizze vengono pagati dividendi che riflettono l’eventuale
eccedenza dei premi sui costi. Poiché essi si ripartiscono la riduzione del costo di
assicurazione, può esserci una certa diminuzione dell’azzardo morale che in generale le
compagnie di assicurazione si trovano ad affrontare.

TIPI DI ASSICURAZIONE
Le assicurazioni sono classificate al tipo di evento indesiderabile che è oggetto di
copertura. I tipi più comuni sono le assicurazioni malattie, vita e danni. L’assicurazione vita
garantisce un reddito agli eredi dell’assicurato in caso di morte. L’assicurazione danni
protegge la proprietà dalle perdite dovute a incidenti, incendi, disastri naturali e altre
calamità. Le polizze danni sono generalmente contratti a breve termine, soggetti a
frequenti rinnovi.
Assicurazione vita: si suppone che la vita si svolga secondo una sequenza prevedibile. Il
problema è che si potrebbe morire troppo giovani e non avere tempo a provvedere ai
propri cari, o vivere troppo a lungo ed esaurire le risorse risparmiate per la pensione. Lo
scopo di un’assicurazione vita è alleviare alcune delle preoccupazioni connesse all’una o
l’altra eventualità. I prodotti di base di queste compagnie sono l’assicurazione vita
propriamente detta, l’assicurazione infortuni, le rendite e l’assicurazione malattie. Se
l’assicurato diventa incapace di continuare a lavorare in seguito ad una malattia o un
incidente, l’assicurazione infortuni sostituisce una parte de suo reddito con un’annualità (o
rendita). Si noti che quando gli assicurati sono parecchi, l’importo reale che la società
deve pagare può essere stimato con molta precisione (vedi approssimazione normale,
Teorema limite centrale, Legge dei grandi numeri). Per stimare quando devono essere
pagati gli indennizzi in caso di morte le assicurazioni ricorrono alle tavole attuariali,
apposite statistiche che aiutano a prevedere le speranze di vita. Le grandi categorie di
questi prodotti sono l’assicurazione caso morte temporanea, caso morte vita intera, mista.
 Temporanea, questa forma di assicurazione paga se l’assicurato muore durante
l’intervallo pluriennale in cui la polizza è in vigore. Questa forma di contratto non
contiene elementi di risparmio: una volta che il periodo di validità della polizza
termina, non vi sono benefici residui.
 Vita intera, è una polizza temporanea senza scadenza: l’assicuratore paga quando
il titolare muore. Le polizze vita intera solitamente richiedono che gli assicurati
paghino un premio costante per la loro durata e sono presentate come una
copertura per tutta la durata della loro vita.
 Mista, paga sia in caso di morte sia in caso di vita. Le polizze vita miste uniscono i
benefici delle polizze che proteggono in caso di morte con quelli di un investimento.
La polizza vita mista è strutturata in 2 parti, una per l’assicurazione caso morte
temporanea e una per l’investimento dei risparmi. Con riferimento a questa
seconda componente, la compagnia può poi impegnarsi a riconoscere un
rendimento legato:
i. A quello effettivamente realizzato a seguito dell’attività di investimento dei
premi, come nel caso dei prodotti rivalutabili;
ii. A quello di uno o più fondi di investimento, come nel caso di prodotti unit-
linked;
iii. A quello di uno o più indici di mercato, come nel caso di prodotti index-
linked.
Le polizze miste sono il contratto vita più diffuso.
 Rendite, se consideriamo l’assicurazione vita come un’assicurazione contro la
morte, le rendite possono essere considerate un’assicurazione contro la vita. Se si
vive più a lungo di quanto si era prospettato al momento di andare in pensione, si
potrebbero spendere tutti i soldi e concludere la vita in povertà. Un modo per
evitare questo rischio è quello di acquistare rendite, che continueranno a garantire
pagamenti finché il beneficiario sarà in vita. Le rendite sono particolarmente
esposte al problema della selezione avversa. Quando le persone vanno in pensione
hanno più informazione sulla loro speranza di vita di quante ne abbia la compagnia
di assicurazione. Per evitare questo problema, le compagnie di assicurazione
tendono a rendere costoso il prezzo delle diverse rendite. La maggior parte viene
venduta a collettività di individui come dipendenti di grandi aziende, o aderenti ad
un fondo pensione sempre in modo da ridurre il problema della selezione avversa.
Assicurazione malattie: la copertura assicurativa sulla salute individuale è molto esposta
ai problemi di selezione avversa. Chi sa di avere probabilità di ammalarsi,
ragionevolmente cercherà una copertura assicurativa sanitaria. Questo fa si che
l’assicurazione malattia individuale sia molto costosa. Al fine di limitare il fenomeno della
selezione avversa, buona parte delle polizze è offerta tramite programmi aziendali, in cui
le imprese pagano in tutto o in parte il premio assicurativo dei propri dipendenti.
Assicurazione danni: sono la forma più antica di assicurazione (già i mercanti nel
Medioevo). Dall’inizio dell’Ottocento, le attività delle compagnie di assicurazione danni
hanno superato persino quelle delle banche commerciali, rendendo queste società il più
importante intermediario finanziario. Oggi le principali assicurazioni danni proteggono da
incendio, furti, eventi atmosferici esplosioni e perfino la negligenza (in particolare, sia
contro proprietà che contro la responsabilità civile). L’assicurazione sulla proprietà
protegge le aziende e i privati dall’effetto dei rischi connessi con la proprietà: beni
danneggiati, distrutti e rimborsi per interruzione dell’attività produttiva in seguito dei danni
subiti. L’assicurazione contro la responsabilità civile protegge dalle responsabilità
conseguenti ai danni che gli assicurati potrebbero causare a terzi come conseguenza di
eventi fortuiti. Ad esempio, per quanto riguarda le automobili, la copertura RCA è
un’assicurazione contro la responsabilità civile, mentre la copertura furto è sulla proprietà.
L’assicurazione contro la responsabilità civile protegge dalle perdite finanziarie
determinate da richieste di indennizzo a fronte di danni provocati dalla negligenza, per
questo motivo viene sottoscritta anche da professionisti come medici e imprenditori edili.
Mentre l’esposizione al rischio nelle polizze di assicurazione sulla proprietà è
relativamente facile da prevedere, perché solitamente limitata al valore della proprietà,
quella nelle polizze contro la responsabilità civile è molto più difficile da determinare.
Inoltre, essa può avere lungo periodo di latenza: ciò significa che una richiesta di
responsabilità civile può essere avanzata anche molto tempo dopo che la polizza è
scaduta. Un metodo utilizzato dalle compagnie di assicurazione per ridurre la loro
esposizione al rischio consiste nel ricorso alla riassicurazione, ovvero nel cedere una
parte del rischio a un’altra compagnia in cambio di una parte del premio. Le compagnie più
piccole ricorrono più spesso alla riassicurazione rispetto alle grandi. La riassicurazione si
può considerare come un’assicurazione riservata alle compagnie assicurative.

CREDIT DEFAULT SWAP


Un CDS può essere concepito come un’assicurazione contro l’insolvenza su uno
strumento finanziario, costituito di solito da un’obbligazione cartolarizzata. Tipicamente, il
detentore del titolo di debito acquisterà un CDS da una società finanziaria o assicurativa
per trasferire il rischio di insolvenza a una terza parte. Il prezzo del CDS sarà
proporzionale con la probabilità di default.
Le assicurazioni monolinea: invece di fornire un’assicurazione sui crediti attraverso i
CDS, una compagnia assicurativa può farlo direttamente come con qualsiasi altra polizza.
Tuttavia, le regolamentazioni in materia assicurativa non permettono alle compagnie di
assicurazioni danni o vita di stipulare assicurazioni sui crediti. Le compagnie di
assicurazione monolinea, che si occupano esclusivamente sull’assicurazione sui crediti,
sono perciò le uniche a cui è concesso offrire una polizza che garantisca il tempestivo
rimborso del capitale e degli interessi relativi a un’obbligazione in caso di insolvenza del
soggetto che ha emesso il debito.

DISCIPLINA ASSICURATIVA
In Italia la disciplina relativa alle assicurazioni si articola su 2 livelli:
 Il Codice delle assicurazioni private che costituisce la cornice normativa di
riferimento;
 I diversi provvedimenti emanati prima dall’ISVAP e poi dall’IVASS (Istituto per la
Vigilanza sulle Assicurazioni) e dalla CONSOB, ai quali è demandata la
regolamentazione di numerosi profili applicativi, quali per esempio i requisiti
strutturali e operativi delle compagnie.
La normativa assicurativa è molto ampia per effetto dell’eterogeneità dei prodotti
assicurativi. In generale, tuttavia, l’obiettivo della maggior parte della legislazione è
proteggere i titolari delle polizze dalle perdite derivanti dall’insolvenza della compagnia. Un
aspetto centrale della disciplina di vigilanza prudenziale riguarda il requisito minimo di
patrimonio, disciplinato nella cosiddetta Solvency II.

PIANI PENSIONISTICI
N.B. La pensione è una obbligazione che consiste in una rendita vitalizia o temporanea
corrisposta ad una persona fisica in base ad un rapporto giuridico con l'ente o la società
che è obbligata a corrisponderla per la tutela del rischio di longevità o di altri rischi
(invalidità, inabilità, superstiti, indiretta). Il sistema pensionistico pubblico è finanziato con
l'imposizione fiscale, da cui deriva il termine obbligatorio, ossia con l'obbligo di pagare agli
enti previdenziali i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie i quali assumono
la forma di imposte dirette o imposte indirette a seconda dei soggetti contribuenti. Nel caso
di gestioni in deficit il finanziamento è integrato con ulteriori trasferimenti dalla fiscalità
generale (definizione di pensione presente sulle slide per introdurre l’argomento dei fondi
pensione).

Un piano pensionistico consiste nell’investimento di contributi da versare durante il


periodo di vita lavorativa al fine di costruire un montante che sarà pagato sotto forma di
rendita a partire dal momento in cui il soggetto titolare avrà terminato questo periodo. I
fondi pensione sono il veicolo mediante il quale tale investimento ha luogo. Le disponibilità
finanziarie dei fondi sono costituite dai contributi degli aderenti al fondo e dal reddito
prodotto dall’investimento dei contributi stessi. Tipicamente il fondo pensione è promosso
da un soggetto (sponsor) che si occupa di stabilire: le caratteristiche della contribuzione; la
tipologia degli investimenti da effettuare mediante le risorse raccolte; la tipologia di
prestazione erogata. Non sempre lo sponsor gestisce le risorse del fondo e la fase di
erogazione delle prestazioni.
In Europa, il finanziamento degli anni post lavorativi della vita era garantito dalla presenza
di sistemi pensionistici pubblici spesso estremamente generosi che, a fronte di una
contribuzione limitata, assicuravano il pagamento di rendite quasi allineate alle retribuzioni
percepite nel periodo precedente. La dinamica demografica ha ridotto la sostenibilità di
questo sistema mentre l’allungamento della vita media ha portato ad una progressiva
riduzione della durata del periodo lavorativo rispetto alla durata della fase di
pensionamento, creando un gap tra i contributi versati e i benefici erogati. I piani
pensionistici sono particolarmente importanti perché possono integrare, mediante il
risparmio privato, le rendite versate ai lavoratori.

TIPI DI PIANI PENSIONISTICI


I piani pensionistici possono essere classificati in diversi modi. Da una parte, a seconda
della tipologia di beneficio ricevuto, si possono distinguere i piani pensionistici a
contribuzione definita da quelli a benefici definiti. Dall’altra, considerando il soggetto che si
occupa della gestione del piano, si distinguono i piani pensionistici pubblici da quelli
privati.
Piani pensionistici a benefici definiti: la prestazione erogata è prefissata. In genere
essa è determinata in funzione della retribuzione del lavoratore al momento dell’entrata in
pensione: in questo caso si parla di sistema previdenziale di tipo retributivo. Ad esempio
potrebbe essere:
pagamento annuo = 2% x media della retribuzione ultimi 3 anni x anni di servizio
Una formula di questo tipo trasferisce sul soggetto che eroga la prestazione il rischio che i
fondi disponibili, investendo i contributi versati dal beneficiario durante la vita lavorativa,
risultino ex post insufficienti al pagamento della rendita promessa. In virtù dell’impegno
che il soggetto in questione ha preso, sarà lui stesso a dover provvedere a ripianare il gap
fra i contributi e prestazioni nel caso in cui ciò si renda necessario.
I piani pensionistici sono sottoposti a periodiche certificazioni contabili esterne per
verificare se le risorse disponibili siano sufficienti per effettuare i pagamenti promessi. Se
le risorse bastano, il piano si definisce capiente o con copertura piena; se i fondi
disponibili sono superiori alle necessità minime, il piano si definisce sovrafinanziato; se
invece sono insufficienti, il piano sarà incapiente o con copertura parziale.
Piani pensionistici a contribuzione definita: specificano soltanto quanti contributi
confluiranno nel fondo e i benefici dipenderanno interamente dai risultati degli investimenti.
Questo tipo di piano è in continua espansione, uno dei motivi principali è che l’onere di
valutare le prestazioni del piano è affidato al dipendente anziché al datore di lavoro, cosa
che riduce le responsabilità di quest’ultimo.

PIANI PENSIONISTICI PRIVATI E PIANI PENSIONISITIC PUBBLICI


I piani pensionistici privati, tipicamente promossi da imprese e da intermediari finanziari,
si sono rapidamente diffusi, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Le modalità dei
due tipi di piano, alla luce delle riforme più recenti dei sistemi pubblici, si sono
notevolmente avvicinate. Il tipo di investimenti effettuati dai fondi pensione privati dipende
dal paese e dalla tradizione che questa forma di risparmio presenta; in Italia, gli impieghi
sono in prevalenza costituiti da titoli di Stato e titoli obbligazionari societari.
Accanto ai piani pensionistici privati, in tutti i paesi esistono i piani pensionistici pubblici,
che provvedono al pagamento di una rendita di base. Numerose riforme, che hanno via
via diminuito la portata dei benefici erogati, si sono succedute nel tempo al fine di evitare
crisi finanziarie dalle vaste conseguenze sociali, tipicamente a danno delle generazioni
future. Vedi scheda 10.1 pagina 241. A differenza degli altri paesi, in Italia esistono due
diversi tipi di pensione: di vecchiaia (prevalente nel resto d’Europa) e di anzianità
(praticamente inesistente altrove e molto popolare da noi). I requisiti di accesso alla prima
sono costituiti dal raggiungimento di un’età avanzata (circa 60-65 anni) e da un numero
minimo di anni di contribuzione al sistema. I requisiti di accesso alla seconda prevedono
invece la possibilità di godere delle prestazioni a età relativamente giovane in virtù di una
contribuzione minima più protratta rispetto a quella richiesta per fruire della pensione di
vecchiaia. In seguito si parla della riforma Fornero.

DISCIPLINA DEI FONDI PENSIONE PRIVATI


I fondi pensione privati, finalizzati a costituire una “previdenza complementare” rispetto a
quella erogata dal sistema pubblico, sono variamente regolati, a seconda del paese nel
quale operano. Vediamo in Italia. Una prima disciplina della previdenza complementare è
stata introdotta nel 1993, inserendosi nel quadro di un sistema già esistente ma non
ancora regolato. Questa legge individua due tipologie di fondo pensione: chiuso e aperto. I
fondi pensione chiusi sono istituiti mediante accordi collettivi (tipicamente fra lavoratori e
datori di lavoro, a livello sia di comparto produttivo sia di singola azienda, ma anche
promossi su base territoriale, ad esempio dalle regioni). I fondi chiusi sono associazioni
senza scopo di lucro, dotati di organi propri anche se si avvale in genere di soggetti esterni
– intermediari finanziari - remunerati tramite commissioni per gli investimenti. I fondi
pensione aperti, invece, sono istituiti direttamente da intermediari finanziari che
provvedono da sé alla gestione delle risorse raccolte mentre demandano a una
compagnia assicurativa l’erogazione delle rendite. L’adesione a questi fondi può avvenire
in forma individuale o collettiva. La sostanziale differenza fra le due fattispecie risiede nel
fatto che tipicamente l’accordo collettivo che istituisce la forma di previdenza
complementare implica anche un contributo da parte del datore di lavoro a incrementare il
beneficio percepito all’atto dell’erogazione delle prestazioni.

CAP 11 – BANCHE DI INVESTIMENTO, BROKER E DEALER, SOCIETÀ’ DI VENTURE


CAPITAL
A differenza degli altri intermediari finanziari visti nel Cap 2, queste istituzioni finanziarie
non svolgono la funzione di intermediazione consistente nell’acquisire fondi emettendo
passività per poi usare tali fondi al fine di acquistare attività finanziarie. In Europa
l’esercizio dei servizi di investimento è riservato, oltre che alle banche, a intermediari
specializzati detti imprese di investimento (banche di investimento, dealer, broker,
gestori di patrimoni individuali). In Italia, la normativa utilizza per le imprese di investimento
la denominazione di società di intermediazione mobiliare.

BANCHE DI INVESTIMENTO
Le banche di investimento, malgrado il loro nome, non sono banche nel senso stretto del
termine, cioè non sono intermediari che raccolgono denaro e poi lo prestano, ma sono più
note come operatori finanziari, che tra l’altro organizzano le operazioni attraverso cui le
società si procurano fondi sul mercato. Oltre a sottoscrivere l’emissione iniziale di azioni e
obbligazioni (underwriting), le banche di investimento svolgono un ruolo fondamentale
come originatori delle transazioni nel settore delle fusioni e delle acquisizioni, come
intermediari nell’acquisto e nella vendita di società e come private banker. Fra le più
conosciute banche di investimento ricordiamo Morgan Stanley, Bank of America Merrill
Lynch, Credit Suisse e Goldman Sachs. Una caratteristica delle banche di investimento è
che solitamente derivano il loro reddito dalle commissioni addebitate ai clienti anziché da
quelle proveniente dallo scambio di azioni.
Le origini delle banche di investimento risalgono all’inizio dell’Ottocento, negli Stati Uniti.
Con il tempo la loro capacità di fare profitti divenne evidente e il settore si sviluppò. In
quegli anni non c’era una netta distinzione tra banche di investimento e commerciali
(introdotta dopo il 1929, vedi Cap 4). Tuttavia, dopo l’abolizione del Glass-Steagall Act nel
1999 le banche commerciali statunitensi hanno cominciato ad acquisire le banche di
investimento, anche per effetto della concorrenza proveniente dalle banche universali
europee. Molte delle più note banche di investimento incontrarono significative difficoltà
finanziarie durante la crisi dei mutui subprime del 2008-09. Le principali banche europee,
seppur da posizioni di minor forza, hanno visto crescere negli ultimi decenni la loro
capacità competitiva nell’investment banking.
In Italia non esiste una relazione univoca fra le attività di investment banking e una
specifica figura istituzionale di intermediario (il nostro sistema finanziario è basato su un
modello centrato principalmente sull’intermediazione creditizia). Nella regolamentazione
italiana attuale, le banche sono abilitate a svolgere direttamente attività di intermediazione
mobiliare, sia di mercato primario (collocamento per contro di emittenti-imprese), sia di
mercato secondario (negoziazione, gestione delle attività); a queste si aggiungono le
operazioni di merchant banking (in particolare l’assunzione di partecipazioni azionarie). Le
Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), sono a loro volta abilitate a svolgere tali
attività in modo analogo alle banche. Nel nostro ordinamento le attività di investment
banking sono quindi svolte da intermediari diversi. Ciò spiega perché fra gli intermediari
italiani non sia individuabile un’istituzione corrispondente alla banca di investimento.
Quando una società ha bisogno di nuovi capitali, può decidere di emettere debito a lungo
termine (obbligazioni), oppure azioni. In questo caso, di solito si affida a una banca di
investimento che ha il compito di organizzare l’operazione di emissione e il successivo
collocamento dei titoli. La banca stessa, prima del collocamento, può sottoscrivere
l’emissione (underwriting), fase che richiede che la banca acquisti l’intera emissione a un
prezzo predeterminato e poi la rivenda sul mercato.
I banchieri di investimento aiutano le aziende emittenti fornendo altri servizi:

Consulenza
Gran parte delle società non emette azioni o lo fa di rado. Dato che i banchieri di
investimento partecipano quotidianamente a questo mercato, sono in grado di consigliare
le aziende che stanno valutando l’opportunità di procedere ad una emissione (ad es
valutare il momento migliore o il prezzo dei titoli). La determinazione dei prezzi non è
troppo complicata se l’azienda ha già emesso in passato azioni che sono attualmente
scambiate nel mercato secondario: si parla in questo caso di emissioni di società
quotate (SEO, Seasoned Equity Offering). Quando un’azienda colloca azioni sul
mercato ai fini della quotazione, nel processo chiamato IPO (Initial Public Offering,
“offerta pubblica iniziale”), è invece molto più difficile determinare quale dovrebbe essere il
prezzo corretto.

Preparazione e deposito dei documenti


Le banche di investimento aiutano a preparare la documentazione richiesta dalle autorità
di controllo del mercato (CONSOB nel nostro caso). In Italia, la società che vuole quotarsi
in borsa deve presentare una domanda di ammissione alla società di gestione del mercato
(Borsa Italiana Spa) e ricevere il nulla osta da parte della CONSOB. Insieme alla
domanda, devono essere predisposti diversi documenti e, se non insorge alcuna
obiezione, la CONSOB concede il nulla osta per la pubblicazione del prospetto
informativo, cioè il principale atto contenente i dati messi a disposizione degli investitori.
Un discorso analogo vale nel caso in cui l’emissione riguardi obbligazioni.

Underwriting
Superate le pratiche che portano alla pubblicazione del prospetto informativo, inizia la fase
di marketing dell’emissione. Il profilo dell’emittente e i termini dell’operazione vengono cioè
presentati al mercato dei potenziali investitori (se sono investitori istituzione, si
organizzano appositi eventi detti roadshow). La presentazione agli investitori è importante
sia per promuovere il collocamento dell’emissione, sia per ottenere dal mercato
informazioni utili alla configurazione della curva di domanda del titolo e, quindi, per
definirne il prezzo (tecnica definita bookbuilding). A questo punto, tutto è pronto per dare
esecuzione all’emissione e la banca di investimento potrà procedere all’effettivo
underwriting dei titoli. L’operazione si concluderà con la distribuzione dell’emissione al
pubblico degli investitori. Nella Tabella 11.1 sono riportati i 10 più grandi underwriter di
emissioni azionarie al mondo

In questa operazione, la banca di investimento associa il proprio nome a quello


dell’emittente; in qualche modo, dà al mercato un segnale sulla qualità dell’investimento.
Ancora una volta, l’asimmetria informativa giustifica la presenza di un intermediario
finanziario: gli investitori contano sulla capacità della banca di investimento di raccogliere
informazioni complete sulla società emittente e di esprimere stime attendibili sul suo
valore. Essi si fidano della valutazione della banca anche perché essa stessa acquista i
titoli in fase di underwriting. In questo momento si assume n rischio notevole; un modo per
ridurlo è formare un sindacato di collocamento, ossia un gruppo di banche che si
ripartiscono il compito e il rischio dell’underwriting (garanzia di collocamento). Le banche
di investimento pubblicizzano le offerte dei titoli tramite avvisi di emissione, pubblicati ei
maggiori quotidiani finanziari (detti tombstone negli Stati Uniti). Nella Tabella 11.2 sono
riportate le fasi del processo di IPO, inutile secondo me ma lui l’ha messa nelle slide 😊.
L’obiettivo è l’intero collocamento dell’emissione. Un’emissione interamente sottoscritta
è, dunque, quella in cui tutti i titoli disponibili per la vendita sono stati prenotati prima della
data di emissione. Un’emissione di titoli può anche essere non interamente sottoscritta
(undersubscribed): in questo caso, la rete di vendita non ha suscitato fra i clienti un
interesse tale da collocare tutti i titoli entro la data di emissione, o semplicemente
l’operazione non è abbastanza attrattiva. Un’emissione può essere infine oversubscribed
(“sovrasottoscritta”), nel qual caso vi saranno più offerte di acquisto di quanti sono i titoli
disponibili. La tentazione sarebbe quella di ipotizzare che l’alternativa migliore sia quella
che un’emissione sia sovrasottoscritta , ma in effetti questo potrebbe allontanare i clienti
della banca perché ritengono che abbia fissato un prezzo troppo basso e che di
conseguenza vi abbia fatto perdere denaro. Non meno grave è il caso del mancato
collocamento completo dell’emissione, per la banca potrebbe diventare necessario
abbassare il prezzo dei titoli per venderli al pubblico e andrebbe incontro alla perdita di
un’ingente somma di denaro. Bisogna tuttavia osservare che per la banca di investimento
il danno più serio è forse quello reputazionale, connesso cioè al fatto di essere
responsabile di un’operazione che non ha avuto successo. L’elevato rischio assunto dai
banchieri spiega perché tendano ad essere la principale élite e i professionisti meglio
pagati di Wall Street.

Best effort
Un’alternativa all’underwriting di un’offerta di titoli è il best effort agreement, letteralmente
un “accordo di massimo impegno”. Mediante questo accordo il banchiere vende i titoli su
base commissionale, senza garanzia per quanto riguarda il prezzo che la società
emittente riceverà. Il vantaggio di una transazione best effort è che il banchiere non corre il
rischio di sbagliare il prezzo dei titoli, per cui non ha l’esigenza di dedicare molto tempo
alla determinazione del loro valore di mercato: si limita a cercare di venderli al prezzo
richiesto dal cliente e, se i titoli non hanno mercato, l’offerta potrà essere annullata.

Collocamento privato
È un metodo alternativo, mediante il quale titoli vengono venduti a un numero limitato di
investitori anziché al pubblico in generale, denominato collocamento privato. Il suo
vantaggio è che i titoli non devono essere registrati presso le autorità che regolano i
mercati finanziari se sono soddisfatti determinati requisiti restrittivi. Nel collocamento
privato l’investitore deve avere dimensioni tali da potere acquistare contemporaneamente
grandi quantità di titoli. Ciò significa che i compratori usuali sono società di assicurazioni,
banche commerciali, fondi pensionistici e fondi comuni di investimento.

TRANSAZIONI SU SOCIETÀ E RAMI AZIENDALI


Un altro servizio offerto dalle banche di investimento è rivolto a favorire la vendita delle
aziende e delle divisioni aziendali. Un’azienda in attività non ha un prezzo definito, ma il
suo valore è basato sull’uso che il compratore intende farne e quindi dalle sinergie che ne
può ricavare. Malgrado l’elasticità dei criteri, i banchieri di investimento hanno sviluppato
numerosi strumenti per attribuire alle aziende un intervallo di valori. In questo senso,
vengono in aiuto i banchieri che possono effettuare indagini discrete per scoprire chi, nel
mercato, potrebbe essere interessato all’acquisizione. Inoltre, prepareranno un
memorandum confidenziale contenente le informazioni finanziarie dettagliate necessarie
ai futuri compratori per lanciare la propria offerta. Il passo successivo è la redazione della
lettera di intenti da parte di un potenziale compratore. Una volt che essa sarà stata
accettata dal venditore, inizia il cosiddetto periodo della due diligence, della durata di
20-40 giorni, che serve all’acquirente potenziale per verificare l’esattezza delle
informazioni contenute nel memorandum confidenziale. I risultati definiranno i termini
dell’accordo definitivo, che trasferisce le informazioni raccolte durante il periodo di due
diligence e i risultati delle trattative successive in un contratto di compravendita legalmente
vincolante.

FUSIONI E ACQUISIZIONI
Le banche di investimento sono attive nel mercato delle fusioni e delle acquisizioni.
Una fusione si realizza quando sue aziende si uniscono per formarne una nuova. In
un’acquisizione, o takeover, una società rileva la proprietà di un’altra acquistandone le
azioni. Di norma questo processo è amichevole, e le aziende sono consapevoli che
unendo le risorse potranno ottenere determinate economie. In altre situazioni l’azienda
oggetto dell’acquisizione può opporre resistenza: si parla allora di takeover ostili (caso in
cui l’acquirente tenti di impossessarsi di sufficienti azioni dell’azienda-target per ottenere la
maggioranza in CDA e votare la fusione tra l’azienda-target e quella acquirente).

BROKER E DEALER
Entrambe queste figure operano nei mercati secondari. I broker sono intermediari puri che
svolgono il ruolo di agenti per conto degli investitori nell’acquisto o nella vendita di titoli
(cosiddetta negoziazione per conto terzi). La loro funzione è combinare i compratori con i
venditori, una funzione per cui percepiscono commissioni di negoziazione. I dealer, al
contrario, favoriscono gli scambi in un mercato, ponendosi di acquistare e vendere titoli a
determinati prezzi (cosiddetta negoziazione per conto proprio). Di conseguenza, essi
tengono una giacenza di titoli e li rivendono a un prezzo leggermente più elevato di quello
pagato: in pratica guadagnano sullo spread (“scarto”) tra il prezzo denaro (bid price),
ovvero quello che il dealer paga per i titoli che acquista per il suo “magazzino”, e il prezzo
lettera (ask price), ossia quello che riceve dalla vendita. Questa attività è ad alto rischio,
perché i dealer mantengono in portafoglio titoli che possono aumentare o diminuire di
prezzo; i broker non sono esposti a questo tipo di rischio, perché non possiedono i titoli
oggetto della loro attività. In Italia le attività di dealing e di brokerage sono svolte sia dalle
SIM sia dalle banche.

BROKER
Numerosi sono i servizi svolti dai broker.
Ordini di acquisto e vendita di titoli
Se chiamate un intermediario mobiliare per acquistare titoli, parlate con un trader che
prenderà il vostro ordine. Potete scegliere fra tre tipi principali di transazioni: gli ordini al
meglio, gli ordini con limite di prezzo e le vendite allo scoperto.
Quando piazzate un ordine al meglio (market order) state indicando al vostro trader di
acquistare o vendere titoli al prezzo del mercato corrente. In questo tipo di ordine esiste il
rischio che il prezzo possa cambiare in modo notevole rispetto a quando avete deciso di
investire.
Un’alternativa è l’ordine con limite di prezzo (limit order) nel quale, in caso di acquisto, si
specifica un prezzo massimo accettabile e, in caso di vendita, si indica un prezzo minimo
accettabile. Una variante di questa soluzione è il cosiddetto stop loss order, che si
riferisce però ad azioni già possedute. Mediante questo ordine, indicate al broker di
vendere le vostre azioni quando raggiungono un determinato prezzo.
Quando si è convinti che il prezzo di un’azione in futuro diminuirà la soluzione è vendere
allo scoperto. Una vendita allo scoperto richiede che l’investitore prenda a prestito le
azioni da un intermediario mobiliare e le venda oggi, con la promessa di restituire le azioni
prese a prestito acquistandole in futuro sul mercato.
Si noti come gli ordini con limite di prezzo e gli ordini al meglio permettono di trarre
vantaggio dagli aumenti di prezzo delle azioni, mentre le vendite allo scoperto consentono
di sfruttare le diminuzioni di prezzo. Gli analisti mantengono una traccia del numero di
“posizione corte” prese su un’azione, come un indicatore del numero di investitori che
ritengono che il prezzo di un titolo possa scendere in futuro.

Altri servizi
Gli intermediari mobiliari possono offrire un gran numero di altri servizi. Ad esempio
possono fornire il cosiddetto margine di credito, che si riferisce ai prestiti concessi per
aiutare gli investitori ad acquistare i titoli. La Federal Reserve definisce la percentuale del
prezzo d’acquisto delle azioni che -service.gli intermediari mobiliari possono prestare
(attualmente circa il 50%). I tassi di interesse sui prestiti (margin loan) sono solitamente di
1 o 2 punti percentuali sopra al prime rate, ovvero il tasso che viene applicato alle grandi
aziende maggiormente solvibili.
Confronto tra full-service broker e discount broker: il caso degli Stati Uniti
Possiamo distinguere tra due tipologie di broker: i full-service broker e i discount. I full-
service broker offrono ai clienti la consulenza per l’investimento e la ricerca. Spesso
inviano loro settimanalmente o mensilmente rapporti e raccomandazioni, allo scopo di
consigliare di investire in determinati titoli. I discount broker si limitano a eseguire le
transazioni su richiesta. Quando desiderate acquistare titoli particolari, chiamate questo
intermediario e gli esponete il vostro ordine, senza che di norma vi venga fornita alcuna
consulenza né attività di ricerca. Poiché i costi di gestione di una società di questo tipo
sono sensibilmente minori, vengono addebitati costi di transazione più bassi, spesso una
piccola percentuale rispetto alle commissioni previste da un intermediario full-service.

DEALER
I delear favoriscono gli scambi acquistando e vendendo titoli sui mercati secondari a
prezzi più elevati di quelli che avevano pagato: di conseguenza, guadagnano sullo spread
tra il prezzo denaro, cioè il prezzo a cui hanno pagato i titoli, e il prezzo lettura ossia il
prezzo che ricevono dalla vendita. Questa attività è ad alto rischio, perché essi
mantengono titoli che possono aumentare o diminuire di prezzo. In Italia le attività di
dealing sono svolte sia dalle SIM (imprese di investimento) sia dalle banche. Il loro lavoro
è importante perché consente anche alle piccole imprese di vendere titoli che
normalmente non avrebbero venduto, in quanto gli investitori preferiscono acquistare titoli
che sono facilmente rivendibili; in questo caso i delear acquistano questi titoli e li tengono
nel loro magazzino finché qualcun altro non sia disposto a comprarli. Si preoccupano
quindi di creare un mercato in qualsiasi momento per i titoli assicurandosi che un
investitore possa sempre vendere o acquistare quei titoli. Per questo vengono anche
chiamati market maker, ovvero creatori di mercato.
Il TUF, Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ha recepito
la direttiva comunitaria, nota come MiFID, che si propone di sviluppare un mercato e
regimi normativi unici per i servizi di investimento in Europa. Secondo il TUF, sono
imprese di investimento i soggetti che svolgono uno o più dei servizi seguenti:
 Negoziazione per conto proprio: si tratta dell’attività di acquisto e vendita per
conto proprio di strumenti finanziari, con l'obiettivo di realizzare un profitto dato
dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. Questa attività
(chiamata market making) consente di creare liquidità.
 Negoziazione per conto di terzi: si tratta dell'attività di compravendita di strumenti
finanziari per conto dei clienti.
 Sottoscrizione e/o collocamento: è l'attività intesa a far acquistare sul mercato
primario nuovi titoli o titoli già emessi per conto di un'emittente.
 Gestione di portafogli su base individuale: è l'attività di gestione del patrimonio
affidato da un singolo cliente all'intermediario; tale attività può essere esercitata,
oltre che da banche e SIM, anche da società di gestione del risparmio.
 Ricezione trasmissione di ordini: è l’attività per cui l'impresa di investimento si
limita agevolare il collegamento tra il cliente e il soggetto autorizzato alla
negoziazione.
 Consulenza in materia di investimenti: è l'attività che consiste nel rilascio di
pareri personali alla clientela con riguardo a operazioni su strumenti finanziari.
 Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione: si tratta di un'attività in cui
l'impresa di investimento favorisce l’incontro di domanda e offerta in un sistema
multilaterale di negoziazione sulla base di piattaforme e regole non discrezionali.
Inoltre, il TUF prevede una serie di servizi accessori come: custodia e amministrazione di
strumenti finanziari, locazione di cassette di sicurezza, ricerca in maniera in materia di
investimenti, ecc.
A causa dell’asimmetria informativa gli investitori possiedono meno informazioni sui titoli
offerti di quante ne abbiano i responsabili dell'azienda. Una soluzione a questo problema è
che le varie autorità legislative disciplinino la diffusione delle informazioni in modo da
ridurre gli effetti dell’asimmetria. Nel 2005 l'ordinamento italiano ha adottato la Market
Abuse Directive, una normativa che intende combattere i cosiddetti “abusi di mercato” nei
paesi europei; il fine è quello di creare un mercato equo e affidabile per tutti gli investitori,
limitando le attività che potrebbero essere di ostacolo come: insider trading (un insider
compra o vende azioni in base a informazioni riservate ottenute all'interno dell'agenzia),
improper (quando un'esponente della società rivela informazioni riservate interne
all'agenzia a un estraneo), misure of information (quando viene sfruttato un'informazione
non disponibile al pubblico che potrebbe però influenzare la decisione degli investitori
sull'investimento), manipulating transaction (quando vengono dati ordini di
acquisto/vendita che forniscono la falsa impressione di una forte domanda/offerta di uno
più titoli facendo così salire/scendere il loro prezzo), dissemination (quando sono divulgate
informazioni che generano impressioni false su un investimento o un investitore; ciò
potrebbe alzare un ridurre il prezzo delle azioni e indurre le persone a fare investimenti
sbagliati), distortion and misleading behaviour (quando sussiste un comportamento che
alimenta un'impressione falsa dell'offerta e della domanda di un investimento; ciò distorce
l'opinione del mercato sull'investimento).
Negli Stati Uniti fino alla fine degli anni 90 del secolo scorso le banche commerciali non
potevano vendere azioni ed erano dunque svantaggiati rispetto alle banche
d'investimento. In Italia invece una stessa attività di intermediazione, come la
negoziazione di titoli, è condotta da intermediari diversi (per esempio banche SIM) e lo
stesso intermediario svolge diverse attività di intermediazione nello stesso tempo.
Secondo il TUB, alle SIM sono vietate la raccolta del risparmio fra il pubblico e ogni attività
di gestione dei pagamenti.
Mentre le banche di investimento contribuiscono a portare i titoli sul mercato primario e le
società di intermediazione mobiliare e i broker e i delear facilitano lo scambio dei titoli nel
mercato secondario, esistono anche le società di venture capital le quali forniscono fondi
alle aziende che non sono ancora pronte a vendere i loro titoli nel mercato aperto.
Supponiamo ad esempio di voler introdurre sul mercato un prodotto; tuttavia, questo
prodotto è nuovo e non si possono ottenere i fondi dalle fonti convenzionali. Le società di
venture capital intervengono fornendo i fondi all'impresa per il suo sviluppo iniziale. Il
venture capital, quindi, è il denaro fornito ad aziende appena avviate che promettono
grandi sviluppi futuri. L'attività di investimento in azioni non quotate distingue il venture
capital dal private equity: questo comprende gli investimenti in imprese che si collocano
negli stadi di vita della crescita e del consolidamento.
L’asimmetria informativa accompagna spesso le nuove imprese e ottenere i fondi esterni
con la presenza di asimmetria informativa è molto difficile; le società di venture capital
possono attenuare questa mancanza di informazioni. Per prima cosa, per attenuare
l’asimmetria informativa, le società di venture capital possiedono una partecipazione nel
capitale proprio dell'azienda; di solito queste società non sono quotate quindi le loro azioni
non sono disponibili al pubblico e questo comporta che le prospettive di investimento del
venture capital risultano a lungo termine. Visto che gli investitori in obbligazione non
intendono aspettare per anni che i redditi dell’emittente corrispondano interessi, il
finanziamento del venture capital occupa una nicchia importante lasciata libera dalle fonti
alternative di fondi. Il secondo modo per risolvere il problema dell’asimmetria informativa è
che i rappresentanti della società di venture capital trovino posto nel Consiglio di
Amministrazione della società finanziata; in questo modo possono controllare con
attenzione le spese e la gestione al fine di salvaguardare il loro investimento. Ovviamente
questo tipo di finanziamento comporta alti rischi; i venture capitalist attenuano questi rischi
sviluppando un portafoglio di aziende giovani all'interno di un singolo fondo. Diversificando
i rischi tra un certo numero di nuove imprese il rischio complessivo risulta accettabile. Il
principale campo dove vengono impiegati i fondi raccolti dalle società di venture capital è
nelle start-up tecnologiche.
La struttura di un’attività di venture capital può essere una delle seguenti:
 Limited partnership: esistono due categorie di azionisti, i limited partner
(sottoscrivono le quote del fondo) e i general partner (oltre a sottoscrivere quote del
fondo, sono anche responsabili della gestione di quest'ultimo)
 Società per azioni: gli azionisti sono anche investitori. Le società per azioni sono
soggette alla tassazione sui guadagni in conto capitale, mentre le limited
partnership sono caratterizzate da neutralità fiscale.
 Fondi chiusi di investimento: hanno posizione patrimoniale autonoma rispetto ai
sottoscrittori e alla società che li gestisce.
In Italia l'attività di venture capital avviene spesso attraverso la costituzione di fondi chiusi;
un fondo chiuso colloca un numero prefissato di quote e non è possibile andare oltre. Il
vantaggio della formula del fondo chiuso è che consente la mobilitazione del capitale a
lungo termine necessario per gli investimenti. I sottoscrittori delle quote possono chiedere
il rimborso solo alla scadenza. Negli Stati Uniti a partire dagli anni 70 e 80, gli intermediari
di venture capital hanno cominciato a organizzarsi come limited partnership; quest'ultima
presenta diversi vantaggi, come: 1) godere della naturalità fiscale, 2) i rapporti fra partner
e il funzionamento della società sono disciplinati dall'accordo di partnership, ossia un
documento non soggetto a registrazione né ad alcuna regolamentazione, 3) non vi è
l'obbligo della revisione contabile, ecc.
Quasi tutte le transazioni di venture capital seguono un ciclo di vita simile. Una società di
venture capital inizia sollecitando impegni di capitale da parte degli investitori, che sono in
genere fondi pensioni o banche. Di solito queste società hanno un importo massimo di
portafoglio che si propongono di acquisire. Possono trascorrere diversi anni prima che
l'investimento cominci a fruttare (7-10 anni); la mancanza di liquidità dell'investimento deve
essere quindi valutata con attenzione dall'investitore. Non appena gli apporti sono stati
impegnati, il fondo di venture capital può avviare la fase di investimento. Spesso i venture
capitalist investono in una società prima che questa abbia sviluppato un prodotto: questa
forma è chiamata seed capital. L’investimento in una piccola azienda nelle fasi iniziali del
suo ciclo di vita è detto investimento early-stage. Una volta che viene completato il
disinvestimento, i limited partner ricevono la loro quota di profitti. Ci sono vari modi
medianti i quali un fondo di venture capital può uscire da un investimento: il più
interessante è quello che consiste nel procedere alla quotazione (IPO) delle società in
portafoglio. Il fondo allora partecipa all'offerta pubblica di vendita delle azioni della società
quotanda. Un'altra modalità di disinvestimento avviene attraverso il trade sale, cioè
operazioni di acquisizione condotte da investitori strategici, come soggetti industriali
interessati a prendere il controllo del business delle società vendute dai fondi di venture
capital.
Poiché vi sono molti ostacoli che devono essere superati prima che una nuova idea
imprenditoriale diventi remunerativa, per indurre gli investitori a continuare a fornire fondi
deve esserci la possibilità di ottenere alti rendimenti. Storicamente il tasso interno di
rendimento (IRR) dei venture capital è piuttosto elevato. Generalmente la maggior parte
delle nuove imprese non ha successo malgrado gli attenti controlli, poiché l'investimento in
venture capital presenta un elevato livello di rischio.
I TASSI DI INTERESSE E IL LORO RUOLO NELLA VALUTAZIONE
PRESTITO: il prestatore fornisce al mutuatario una quantità di fondi, detti capitale, che
deve essere rimborsata al prestatore alla data di scadenza, con un pagamento
supplementare per l’interesse.
Se prestito semplice possiamo definire il TASSO DI INTERESSE come:
i = INTERESSE/CAPITALE
La quantità rimborsata, dopo n anni, è pari a:
CAPITALE*[(1 + i)^n]  LEGGE DELLA CAPITALIZZAZIONE: dall’importo attuale a
quello futuro
Se invece determiniamo gli importi attuali partendo da quelli futuri si utilizza la LEGGE DI
ATTUALIZZAZIONE. Definiamo “sconto” il processo per calcolare il valore attuale di
somme che saranno ricevute in futuro:
n
FCt
VA =∑ t
t =1 (1+i)
FC: flusso di cassa futuro (MONTANTE in mate. Finanziaria)
Il valore attuale ci permette di:
- calcolare il valore odierno di uno strumento del mercato di credito ad un
determinato tasso di interesse semplice i
- confrontare due strumenti i cui flussi hanno tempistiche diverse basandoci sul
rendimento annuale
RENDIMENTO A SCADENZA NEI QUATTRO TIPI DI STRUMENTI DEL MERCATO DEL
CREDITO
Il RENDIMENTO A SCADENZA è il metodo più usato per calcolare i tassi di interesse; è
l’unico tasso che uguaglia il valore corrente dello strumento di debito al valore attuale di
tutti i suoi flussi di cassa futuri.
1. PRESTITO SEMPLICE CON UN UNICO FLUSSO DI CASSA: il creditore fornisce al
mutuatario una determinata quantità di fondi che gli devono essere rimborsati alla data di
scadenza con un pagamento supplementare per l’interesse. In questo caso si ha che il
tasso di interesse è uguale al rendimento a scadenza (entrambi indicati con i), nel caso in
cui n=1:
FC
i= −1
VA

2. PRESTITO A RATA COSTANTE: il creditore fornisce al mutuatario alcuni fondi che


devono essere rimborsati restituendo periodicamente, per un certo numero di anni, un
medesimo quantitativo (rata R) composto da una quota di capitale e una di interesse
(ammortamento francese). Il suo valore attuale è la somma dei valori attuali di tutti i flussi
di cassa; quindi, il rendimento a scadenza si ottiene facendo corrispondere il valore
odierno al suo valore attuale:
n
R
M =∑ t
t =1 (1+i)
Se noto il valore della rata costante risolvo questa equazione per i e trovo il rendimento a
M
R= n
scadenza. Se invece la rata non è nota utilizzo la formula per calcolarla.
∑ (1+i)−t
t =1

3. OBBLIGAZIONE CON CEDOLA: assicura al proprietario il pagamento di una cedola (C)


ogni anno fino alla data di scadenza quando verrà rimborsato il valore nominale. È
principalmente identificata da: l’ente o la società che la emette, la data di scadenza e il
tasso cedolare (o tasso nominale), cioè il valore della cedola espresso come percentuale
del valore nominale. In questo caso il rendimento a scadenza è l’unico tasso che uguaglia
la somma dei valori attuali dei flussi di cassa (cedole e valore nominale), prodotti da una
obbligazione a tasso fisso, al prezzo di acquisto del titolo stesso. In Italia si parla di TRES
(titolo di rendimento effettivo a scadenza) che si basa su due ipotesi: il mantenimento del
titolo fino a scadenza e quindi il suo rimborso al valore nominale; il reinvestimento dei
flussi intermedi a un tasso costante pari al TRES. Il TRES è una misura ex ante cioè può
essere calcolato al momento iniziale dell’investimento. Come prima cosa si calcola il
PREZZO DI UN TITOLO CON CEDOLA:
C C VN
P= + …+ +
1+i ( 1+i ) ( i+i )n
n

i: tasso cedolare
Ora calcoliamo il RENDIMENTO A SCADENZA o TRES risolvendo la prossima equazione
per i o TRES:
n
FCt
P=∑ n
t =1 (1+ TRES)
FCt generalizza tutti i flussi provenienti dal titolo (cedole e valore nominale).
Se le cedole vengono pagate semestralmente (BTP) si utilizza il tasso cedolare
semestrale pari al tasso annuale diviso 2 e come unità di tempo il semestre (ad esempio 1
anno = 2 semestri).
Relazione tra il TRES e il prezzo di un’obbligazione:
- prezzo dell’obbligazione con cedola = valore nominale  TRES = tasso cedolare
- prezzo dell’obbligazione con cedola e il TRES sono negativamente correlati: se il
TRES aumenta il prezzo diminuisce e viceversa
- prezzo dell’obbligazione con cedola < valore nominale  TRES > tasso cedolare
RENDITA PERPETUA: obbligazione perpetua senza data di scadenza e nessun rimborso
di capitale che garantisce per sempre pagamenti di cedola fissa C. In questo caso il
PREZZO è:
C
Pc=
ic
C
ic=
Pc
Quest’ultima formula ci permette di calcolare il RENDIMENTO A SCADENZA che fornisce
un’utile approssimazione del rendimento a scadenza sulle obbligazioni con cedola che
hanno scadenza a lungo termine, in quanto hanno valori attuali scontati così bassi che il
valore dell’obbligazione è molto prossimo a quello di una rendita perpetua con lo stesso
tasso cedolare. Questo tasso ic prende il nome di TASSO DI RENDIMENTO IMMEDIATO.
4. ZERO-COUPON BOND (TITOLO A SCONTO): titolo che viene acquistato a un prezzo
inferiore al suo valore nominale; alla scadenza è previsto il rimborso del valore nominale.
Non garantisce pagamento di interesse ma rimborsa unicamente il valore nominale. Il
rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di emissione e il valore di rimborso.
VN
Nel caso annuale il RENDIMENTO A SCADENZA è i= −1.
P
Se considero un titolo a sconto di qualsiasi durata, partendo da
VN
P= ¿
( 1+i) 360
Otteniamo che il RENDIMENTO A SCADENZA è

( )
360
VN ¿
i= −1
P
gg: vita residua del titolo
Notiamo che, come per le obbligazioni con cedola, il rendimento a scadenza è
negativamente correlato al prezzo corrente dell’obbligazione (diminuzione del rendimento
a scadenza significa un aumento del prezzo).
Rendimenti a scadenza negativi implicano che si è disposti a pagare un’obbligazione oggi
più di quanto non si riceverebbe per tale obbligazione in futuro.

DIFFERENZA FRA I TASSI DI INTERESSE REALI E NOMINALI


Importante distinguere il TASSO DI INTERESSE NOMINALE, che non considera
l’inflazione, e il TASSO DI INTERESSE REALE che tiene conto dell’inflazione in modo da
riflettere più esattamente l’effettivo costo di un prestito.
Il tasso di interesse reale ex ante è aggiustato per le variazioni attese dei prezzi, mentre il
tasso di interesse ex post stabilisce il guadagno di un creditore in termini reali a posteriori.
EQUAZIONE DI FISHER: i=ir +π e. Con i tasso di interesse nominale, ir tasso di interesse
reale e π e tasso di inflazione previsto; da qui definiamo il tasso di interesse reale:
e
ir=i−π
Quando il tasso di interesse reale è basso o negativo, vi sono notevoli incentivi nel
prendere in prestito e pochi motivi per prestare. Serve per valutare come il pubblico sarà
influenzato da ciò che sta accadendo nei mercati del credito.
OBBLIGAZIONI INDICIZZATE ALL’INFLAZIONE: obbligazioni i cui pagamenti di capitale e
di interesse sono collegati alle variazioni nel livello dei prezzi.

DIFFERENZA FRA I TASSI DI INTERESSE E I RENDIMENTI (DA VEDERE SUL LIBRO


12.3)

RISCHIO DI TASSO DI INTERESSE


I prezzi e i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono più volatili di quelli delle
obbligazioni a più breve termine; le variazioni dei tassi di interesse rendono gli investimenti
in obbligazioni a lunga scadenza abbastanza rischiosi in quanto il loro prezzo varia in
modo sensibile al variare dei tassi. Il RISCHIO DI TASSO DI INTERESSE è il rischio
legato alla variazione di prezzo delle attività detenute in portafoglio in risposta a
cambiamenti dei tassi di interesse di mercato.
Nel caso di titoli senza cedola se la vita residua è uguale all’holding period gli investimenti
non presentano rischi legati al tasso di interesse poiché il prezzo al termine dell’holding
period è già fissato al valore nominale; le variazioni dei tassi non hanno effetto sul prezzo
al termine dell’holding period e il rendimento sarà quindi uguale a quello effettivo a
scadenza.
I titoli a breve termine con cedola presentano un rischio non trascurabile legato al fatto di
dover reinvestire a una certa data futura e a un tasso di interesse che non è noto ex ante,
cioè il RISCHIO DI REINVESTIMENTO. Quindi se l’holding period è più lungo della vita
residua dell’obbligazione l’investitore è esposto a un tipo di rischio legato al tasso di
interesse denominato appunto rischio di reinvestimento in quanto il ricavato
dell’obbligazione a breve scadenza deve essere reinvestito a un tasso di interesse futuro
incerto che rende incerto anche il rendimento stesso. In particolare, l’investitore trae
beneficio da un aumento nei tassi di interesse ed è danneggiato da una diminuzione dei
tassi.

DURATION E MISURA DEL RISCHIO DEL TASSO DI INTERESSE


Il gestore di portafoglio ha bisogno di informazioni più precise sul guadagno o la perdita di
capitale effettivi che avvengono quando il tasso di interesse varia di una determinata
percentuale e per far ciò l’investitore deve ricorrere alla DURATA MEDIA FINANZIARIA o
DURATION cioè il tempo di vita medio di un flusso di pagamenti sui titoli di debito. La
duration è considerata un indicatore sintetico del rischio di tasso di interesse di un titolo
obbligazionario perché permette di misurare la variazione del prezzo di questo titolo a
seguito della variazione del livello dei tassi di interesse.
Se due obbligazioni hanno la stessa vita residua non significa che abbiano lo stesso
rischio. L’obbligazione con cedola produce dei flussi di cassa anticipati rispetto ai titoli
senza cedola; quindi, la scadenza media dei flussi di cassa attesi è più breve rispetto a
quella dei titoli a sconto senza cedola. Nel caso dello zero-coupon bond il prezzo del titolo
risponde alla variazione dei tassi in modo superiore quindi il prezzo è più volatile in
risposta ad una variazione di interesse (la duration è più alta).
La DURATION nel caso di un TITOLO SENZA CEDOLA è pari alla media ponderata delle
scadenze effettive delle singole obbligazioni senza cedola con le ponderazioni equivalenti
alla proporzione del valore totale rappresentato da ogni obbligazione senza cedola. Quindi
la DURATA MEDIA FINANZIARIA rappresenta una media delle scadenze, ponderata con
il valore attuale dei relativi cash flow:
n
FCt
∑ t (1+i) n
FCt
DUR= n
t =1
t
∑ t
= t =1 (1+i)t
FCt
∑ (1+i) t P
t=1
La duration è un indicatore completo in quanto considera tutte le caratteristiche importanti
del titolo (le sue scadenze e l’entità dei flussi).
Nel caso di un titolo senza cedola, la vita residua e la duration coincidono.
Nelle obbligazioni con cedola invece la duration segue delle proprietà:
- a parità di ogni altra condizione, quanto più lunga è la vita residua di
un’obbligazione e tanto maggiore è la sua duration
- a parità di ogni altra condizione, la duration è inversamente correlata con il livello
delle cedole
- a parità di ogni altra condizione, la duration è inversamente correlata con il tasso di
interesse di mercato
- la duration è additiva cioè la duration di un portafoglio di titoli è la media ponderata
delle duration dei diversi titoli, con ponderazioni che riflettono la proporzione di
ciascun titolo sul totale del portafoglio
La duration fornisce una buona approssimazione di quanto si modifichi il prezzo dei titoli a
fronte di una determinata variazione nei tassi di interesse, in particolare:
∆i
% ∆ P≈−DUR ×
1+i
( Pt +1−Pt )
% ∆ P= : variazione del prezzo del titolo da t a t+1, variazione percentuale in
Pt
conto capitale
DUR
: DURATION MODIFICATA EFFETTIVA
1+i
Il segno negativo è dovuto alla relazione negativa tra prezzo e tasso di interesse.
Quanto più elevata è la duration dei titoli, tanto più è grande la variazione percentuale nel
valore del mercato del titolo per una determinata variazione nei tassi di interesse. Quindi,
quanto più elevata è la duration dei titoli, tanto più elevato è il rischio legato al tasso di
interesse.

Capitolo 13
Le operazioni bancarie
La banca acquisisce risorse finanziarie dai risparmiatori, assumendo una posizione
debitoria nei loro confronti, per finanziare l’erogazione di prestiti. I capitali così raccolti
sono di proprietà della banca e rappresentano la raccolta diretta. Le operazioni di
raccolta però pongono la banca di fonte al rischio di liquidità, causato da inattesi
prelevamenti da parte dei depositanti.
Le banche offrono diversi servizi alla clientela, quali
 Depositi moneta: l’obiettivo è mettere a disposizione della clientela strumenti di
pagamento e consentire l’accesso alle offerte dei servizi bancari. L’unica forma
tecnica con cui le banche concedono depositi moneta è il conto corrente passivo, di
cui parleremo a breve.
 Depositi tempo: sono depositi la cui finalità primaria del cliente è investire le
risorse finanziarie per avere una remunerazione. Alcuni esempi di depositi tempo
sono depositi a risparmio, conti di deposito, certificati di deposito, obbligazioni
bancarie e operazioni pronti contro termine passive.
Tornando al conto corrente passivo, è un deposito dotato di massimo grado di liquidità
in quanto è rimborsabile in ogni momento e ciò lo rende una passività a vista per la banca.
Il conto corrente consente al cliente di: depositare moneta legale presso la banca; disporre
liberamente del deposito prelevando moneta o impiegando strumenti di pagamento come
assegni circolari o bancari, bonifici, carte di debito o di credito; accedere ad altri servizi e
operazioni bancarie.
Quindi, il cliente può chiedere alla banca di prelevare o versare sul proprio conto e a ogni
accredito o addebito la banca attribuisce una valuta, cioè una data a partire della quale
decorrono o cessano gli interessi attivi e passivi. L’attribuzione della valuta alle operazioni
di prelevamento e versamento determina la presenza di varie configurazioni del saldo di
conto corrente:
 Il saldo liquido è la somma di tutte le operazioni per le quali la valuta è
effettivamente maturata;
 Il saldo contabile è l’insieme delle operazioni a prescindere dalla maturazione
della loro valuta;
 Il saldo disponibile è il saldo di tutte le operazioni di cui la banca ha verificato il
buon fine.
La banca invia periodicamente tre documenti al correntista: (esempio pagina 312)
 L’estratto conto è un riepilogo periodico delle operazioni che consente a chi
detiene il conto corrente di verificare la regolarità delle registrazioni effettuate dalla
banca;
 Il conto scalare è un riepilogo dei saldi relativi a tutte le operazioni che consente al
correntista di determinare i suoi interessi a credito ed eventuali scoperti di valuta
che originano saldi a debito del cliente;
 Il prospetto competenze e spese è l’importo degli interessi maturati dal cliente (su
cui si applica una ritenuta fiscale di aliquota del 26%), la ritenuta fiscale praticata
sugli interessi attivi, l’imposta di bollo e le spese relative al conto.
Accanto alla forma tradizionale di conto corrente, le banche offrono altri tipi di conti come:
 conti correnti online, molto diffusi poiché offrono la possibilità di compiere
operazioni online in qualsiasi momento ed inoltre hanno favorevoli condizioni di
tasso e commissione sui servizi
 conti liquidità, che associano un conto corrente di corrispondenza all’investimento
in prodotti di risparmio gestito
 conti a pacchetto, i quali prevedono il pagamento di un canone periodico a cui si
associa l’accesso gratuito a una serie di operazioni bancarie
 conti correnti di servizio, utili al fine di fornire uno strumento di pagamento e di
gestione delle liquidità, particolarmente conveniente per le imprese. Hanno una
remunerazione nulla a fronte dell’assenza di spese di gestione
 Conti convenzionati, i quali prevedono lo stesso trattamento per tutti i correntisti
che rientrano nella convenzione
 Conti a target, a cui si abbinano servizi come finanziamenti, che rispondono ai
bisogni finanziari del target.
Analizziamo ora i depositi tempo.
I depositi a risparmio consentono alla clientela di ottenere una remunerazione
dall’investimento (al contempo questi sono anche depositi moneta poiché si dispone
liberamente delle somme depositate). Il cliente alla stipula del contratto riceve dalla banca
un documento, detto libretto di deposito, su cui vengono segnate tutte le operazioni di
prelevamento e versamento. In base alle modalità di movimentazione del deposito a
risparmio (versamenti o prelevamenti), si distinguono: depositi a risparmio liberi (si può
prelevare in qualsiasi momento e l’estinzione avviene mediante un prelevamento) e
depositi a risparmio vincolati (non si può prelevare per un determinato periodo). Il
rendimento dei depositi a risparmio è maggiore rispetto ai conti correnti poiché il cliente
rinuncia alla disponibilità dei fondi per un periodo più o meno lungo.
I conti di deposito sono strumenti di raccolta nella forma del deposito a risparmio, i quali
però non dispongono di un libretto di risparmio. Questi sono privi di spese e offrono dei
tassi di interesse alti; richiedono inoltre di essere abbinati ad un conto corrente, ossia il
conto di appoggio, tramite il quale si possono effettuare versamenti e prelievi.
I pronti contro termine si compongono di un’operazione e pronti e una a termine; un
soggetto realizza una vendita di titoli a pronti (tipicamente sono i BTP e CCT) a un altro
soggetto, con l’impegno a riacquistare a termine la stessa quantità di titoli della stessa
specie. I soggetti coinvolti, il cui scopo è quello di impiegare o reperire risorse finanziarie,
possono essere: famiglie/imprese da un lato e banca dall’altro, banca da un lato e banca
centrale dall’altro oppure banche in entrambe le posizioni. Si parla di pronti contro
termine passivo se è la banca a vendere alla controparte a pronti, mentre si parla di
pronti contro termine attivo se è la banca ad acquistare a pronti titoli. In generale, per le
operazioni con la clientela, la durata oscilla tra i 15 giorni e i 6 mesi; tra le operazioni con
la banca centrale difficilmente eccede i 15 giorni mentre tra banca e banca la durata e tra
1 e 14 giorni. Per quanto riguarda l’importo, per le operazioni con la clientela il taglio
minimo è 25 mila euro, mentre l’operazione sull’interbancario hanno un taglio minimo di
2,5 milioni di euro. Per quanto riguarda il rendimento, questo è determinato dal livello del
prezzo a termine (determinato tramite la capitalizzazione semplice del prezzo a pronti
impiegando il tasso stabilito) rispetto al prezzo a pronti (che comprende il rateo maturato
dall’ultima cedola); viene calcolato come
R= [(P1-P0)/P0]*(365/gg)
dove P1 prezzo di vendita, P0 prezzo di acquisto, gg numero di giorni tra acquisto e
vendita.
I certificati di deposito sono titoli emessi dalle banche presso la clientela retail a fronte di
somme di denaro depositate per un periodo di tempo; tra questi certificati ci sono quelli
interbancari che sono titoli di breve durata e di importo molto elevato. Per l’emittente
bancario rappresentano una forma di raccolta che consente il rifornimento di risorse a
scadenza fissa. Le banche emettono i certificati di deposito senza vincolo in termini di
importi e date di emissione. Poiché ogni certificato di deposito si differenzia dagli altri per
importo, scadenza e remunerazione, non è possibile standardizzare questo strumento e
quindi non esiste un mercato secondario. Possiamo dividere i certificati a breve termine
(scadenza 3-18 mesi) da quelli a medio termine (scadenza 18-60 mesi) ed inoltre quelli a
tasso fisso (zero coupon e certificati a cedola fissa) da quelli a tasso variabile. La ritenuta
fiscale è fissata al 26%  svantaggio nei confronti dei titoli di stato che hanno una ritenuta
al 12,5%. Infine, il rendimento rappresenta il tasso annuo in regime di capitalizzazione
composta e quindi si calcola come
R=[(P1/Po)^(365/gg)]-1

Le obbligazioni bancarie rappresentano titoli di debito emessi dalle banche per


raccogliere risorse a medio-lungo termine. Si tratta di titoli rappresentativi di un’unica
operazione di provvista della banca, emessi congiuntamente. Due sono le categorie di
obbligazioni bancarie:
 obbligazioni con caratteristiche di mercato, ossia titoli con caratteristiche tali da
agevolarne la negoziazione su mercati regolamentati (importo non inferiore a 150
milioni di euro, emissione da parte di banche con patrimonio di vigilanza di almeno
25 milioni di euro); taglio minimo 1000 euro;
 obbligazioni senza caratteristiche di mercato, ossia prive di uno dei requisiti sopra
indicati; taglio minimo 10000 euro.
La durata minima delle obbligazioni bancarie è di tre anni e per questo è l’unica forma di
raccolta a lungo termine delle banche. Il problema è che sono esposte al rischio di credito
poiché non sono coperte dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Inoltre, sono poco
liquide visto che non sono quotate sui mercati secondari. Anche in questo caso la ritenuta
fiscale è pari al 26%.
Finora abbiamo parlato di operazione di raccolta; ora parliamo di operazioni di impiego.
Quest’ultime danno luogo all’erogazione di prestiti da parte della banca. Il loro
antecedente logico è il fido, che rappresenta l’impiego della banca a mettere a
disposizione del cliente una determinata somma di denaro poste le modalità con cui
l’affidato può utilizzare il credito messo a sua disposizione. Il fido viene accordato dopo lo
svolgimento dell’istruttoria fido, un insieme di ricerche realizzate dalla banca al fine di
elaborare un giudizio sulla capacità del richiedente di rimborso. In base alla modalità di
utilizzo,i prestiti si dividono in:
 prestiti per cassa: sono operazioni in cui a seguito dell’esito positivo dell’istruttoria
fido, la banca (che riceve una remunerazione in forma di interessi attivi) procede
all’erogazione di somme di denaro. Questi prestiti si dividono in prestiti diretti e prestiti
autoliquidabili; i primi prevedono il rimborso direttamente dall’affidato, i secondi sono
rimborsati da un terzo soggetto debitore dell’affidato. I prestiti autoliquidabili si dividono
in autoliquidabili in senso stretto (l’affidato è sollevato da ogni responsabilità nei
confronti della banca) e in senso lato (in caso di adempienza del soggetto designato al
rimborso, la banca può rivalersi sul finanziato).
 prestiti per firma: in questo caso la banca (che riceve la remunerazione
rappresentata da commissioni attive) garantisce il regolare adempimento da parte del
suo cliente dell’obbligazione, anche se il cliente è inadempiente. Questo è possibile
grazie all’avallo e alla fideiussione.
Un secondo modo per dividere i prestiti è in base al grado di rischio del prestito; abbiamo:
 prestiti garantiti: sono assistiti da garanzie reali (esempio ipoteca su immobili)
 prestiti in bianco: sono forme di credito a cui non si associa alcun tipo di garanzia.
In base ai tempi di rientro invece si distinguono:
 Prestiti a revoca: non è prevista una data di scadenza
 Prestiti scadenzati: è prevista una data di scadenza (esempio mutuo). A loro volta
si possono dividere in prestiti a breve termine (scadenza inferiore a 18 mesi) e a
scadenza protratta (prestiti a medio-lungo termine).

Nel seguito esaminiamo le singole forme tecniche dei prestiti per cassa.

Apertura di credito in conto corrente


La banca concede al cliente la possibilità di effettuare operazioni a debito sul conto per
importi superiori alle disponibilità esistenti. Ci sono due tipologie di apertura di credito:
apertura di credito ordinaria (la banca tiene a disposizione del cliente una somma di
denaro che può utilizzare con prelevamenti parziali e ripristinata con versamenti
successivi; può avere scadenza fissata o non fissata) e apertura di credito semplice (si
caratterizza per l’impossibilità di ripristinare la disponibilità originaria attraverso versamenti
successivi; ha una scadenza fissata). Questo strumento è destinato a finanziare il capitale
circolante e la sua durata non è superiore a 18 mesi. Gli interessi passivi e la commissione
di istruttoria veloce influiscono sul costo dell’apertura di credito; in particolare, i primi sono
capitalizzati alla fine di ogni periodo sull’ammontare di credito utilizzato dal cliente. La
commissione di istruttoria veloce è prevista per compensare la banca dell’onere di dover
essere sempre in grado di fronteggiare l’utilizzo oltre il fido accordato sul conto corrente.
All’apertura di credito si distinguono il credito per elasticità di cassa e lo scoperto di
valuta. Nello specifico, il credito di elasticità di cassa deriva da prelevamenti eccedenti le
disponibilità depositate sul conto corrente (è quindi un anticipo della banca al cliente); lo
scoperto di valuta invece si manifesta sul conto corrente come differenza tra il segno dei
saldi in linea capitale (calcolati nell’estratto conto) e i saldi per valuta (calcolati nel conto
scalare). Infine, c’è lo sconfinamento che nasce quando si utilizzano somme superiori
all’ammontare massimo di credito messo a disposizione.

Anticipazione su pegno
È un prestito a breve termine garantito da un pegno; si compone di un contratto principale
e un contratto accessorio di pegno. Dopo che il cliente cede i beni a garanzia, la banca
valuta tali oggetti e li conserva per poi restituirli all’estinzione del prestito. In caso di
mancato rimborso la banca può procedere alla vendita di questi beni. Si è soliti distinguere
tra anticipazioni in conto corrente e anticipazioni per somma e scadenza fissa: i primi
sono linee di credito a favore del cliente di importo pari al valore del pegno, nei secondi il
cliente riceve l’accreditamento del valore nominale diminuito della differenza tra interessi e
garanzia.

Smobilizzo di crediti commerciali a breve termine


La banca concede un finanziamento tramite l’anticipo del valore dei crediti mercantili
detenuti in portafoglio dall’impresa; è un prestito autoliquidabile in senso lato. Le forme
tecniche in cui sono erogati tali finanziamenti sono:
 Sconto bancario: La banca prima valuta il merito creditizio del richiedente e fissa
un tetto massimo di utilizzabilità (detto castelletto, ossia una soglia limite di crediti
concedibili dalla stessa), dopodiché anticipa al cliente l’importo di un credito verso
terzi non ancora scaduto tramite la cessione del credito stesso.
 Anticipo su portafoglio salvo buon fine: può avvenire mediante l’utilizzo di un
conto evidenza infruttifero (si ha un accredito di un importo pari al valore nominale
delle ricevute bancarie che vengono presentate per l’incasso) o mediante un conto
transitorio fruttifero salvo buon fine (viene accreditato l’importo su questo conto e
contemporaneamente viene addebitato il medesimo importo, con valuta pari al
giorno dell’operazione).
 Anticipo su fatture: la banca mette a disposizione una percentuale dell’importo
delle fatture emesse da un’impresa nei confronti dei propri clienti; la banca richiede
la restituzione delle somme concesse quando non sia intervenuto il regolare
pagamento delle stesse.
 Factoring: consiste nella cessione di crediti commerciali da parte di un cedente
(impresa) al factor (banca o intermediari finanziari non bancari), che si impiega a
curare la gestione dei crediti e l’incasso, garantire il buon fine anche in caso di
insolvenza del debitore e a finanziare il cedente; quest’ultimo non può intrattenere
rapporti con diversi factor. Il costo complessivo dell’operazione, oltre gli interessi,
comprende anche le commissioni legate ai servizi svolti dal factor.
Mutuo
È un’operazione di finanziamento di medio-lungo termine che prevede l’erogazione in
un’unica soluzione all’inizio del contratto con una somma di denaro, la cui restituzione
avviene secondo un piano di rimborso. La durata è tipicamente tra i 5 e i 30 anni (40
quando il prestito è concesso a giovani per l’acquisto della prima casa). L’interesse
rappresenta il principale costo di un mutuo; può essere calcolato a tasso fisso o variabile.
Recentemente è stato inserito contratti a tasso misto, ossia contratti in cui il tasso è
rinegoziabile dopo un certo numero di anni. Il tasso di interesse concorre alla formazione
di ciascuna rata, la quale può essere decrescente (ottenuta sommando di quota capitale
costante e quota interessi decrescenti) o costante (ottenuta sommando di quota capitale
crescente e quota interessi decrescenti). In passato il costo del mutuo era influenzato
anche dalla commissione di estinzione anticipata, che prevedeva la restituzione anticipata
del capitale residuo prima della scadenza naturale del contratto. La legge ha introdotto il
concetto di portabilità del mutuo, ossia il prenditore può trasferire il mutuo a una banca
differente. Il costo del mutuo è dato dalle spese notarili, spese di perizia, premio
dell’assicurazione contro incendio o danni all’immobile, ecc.
Altri elementi che influiscono sul costo del mutuo sono spese notarili, spese di perizia ecc.

Credito al consumo
È un finanziamento per acquistare beni e servizi per sé o per la propria famiglia. Può
essere concesso come:
 prestito non finalizzato: ci rientra il prestito personale (il finanziatore versa il
prestito in un’unica soluzione e il consumatore lo restituisce a rate) e il prestito
contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione (prevede che i lavoratori
dipendenti e i pensionati restituiscano la somma avuta in prestito cedendo fino a 1/5
del loro stipendio o della loro pensione)
 prestito finalizzato: è connesso all’acquisto di un determinato bene o servizio, da
restituire a rate.
 Carta di credito revolving: il titolare oltre ad avere a disposizione uno strumento di
pagamento, riceve un vero e proprio prestito che si rimborsa a rate e con gli
interessi.

I principali servizi che svolgono le banche verso la clientela sono servizi di pagamento e
servizi di investimento.
 Servizi di pagamento: tramite questo servizio la banca svolge la funzione
monetaria. La finalità è quella di creare strumenti di pagamento ricollegabili a conti
correnti di corrispondenza che agevolano lo svolgimento degli scambi di natura
monetaria. Gli strumenti e gli ordini di pagamento sono:
-assegni, cioè strumenti di pagamento di tipo cartolare. Possono essere circolari o
bancari; la differenza sta nella copertura dell’assegno, che in particolare è
precostituita solo nel caso di assegno circolare, e nel luogo di pagamento, che è
qualsiasi dipendenza della banca emittente nel caso di assegni circolari.
-bonifici, cioè strumenti elettronici impartiti dal cliente alla banca affinché questa
paghi un soggetto terzo.
-carte di credito, ancora strumenti di pagamento elettronico utilizzati per l’acquisto
di beni e servizi nonché per ottenere anticipi di moneta legale presso le banche
aderenti al circuito.
-carte di debito e prepagate, strumenti elettronici che consentono di effettuare
operazioni bancarie, come prelievo di denaro.
 Servizi di investimento: si distinguono in servizi prestati alla generalità della
clientela (come negoziazione di valori mobiliari e la gestione di portafogli detta
gestione patrimoniale) e servizi prestati solo alle imprese (come servizi di
sottoscrizione o collocamento e servizi di consulenza in materia di acquisizioni,
fusioni, ristrutturazioni).
Nella negoziazione di valori mobiliari, per cui la banca può operare sia per conto
proprio sia per conto di terzi, si realizza un’attività di acquisto e vendita di strumenti
finanziari che non costituiscono passività della banca che esegue lo scambio. Nella
gestione patrimoniale, invece, la banca agisce per conto del cliente nella gestione
del patrimonio, investendolo in valori mobiliari.
Cap. 14 IL BILANCIO E ALCUNI PRINCIPI DI GESTIONE DELLE BANCHE
IL BILANCIO DELLA BANCA
Il bilancio di esercizio è l’insieme dei documenti che ogni azienda deve redigere
periodicamente allo scopo di rappresentare la propria situazione patrimoniale, finanziaria
ed economica. In Italia è costituito da: stato patrimoniale, conto economico, prospetto della
redditività complessiva, prospetto delle variazioni del patrimonio netto, rendiconto
finanziario e nota integrativa.
Ha due finalità principali: rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti dalle diverse
normative e costituire un sistema di informazione economica, patrimoniale e finanziaria
per tutte le classi di portatori di interesse nei confronti della banca (stakeholder). Inoltre, è
uno strumento di valutazione dell’andamento della gestione svolta.
Quando si parla di bilancio è opportuno distinguere quello della banca da quello del
gruppo al quale la banca stessa può appartenere.
STATO PATRIMONIALE: insieme delle attività e delle passività di una banca; vale la
relazione
Totale attività = totale passività + capitale proprio
Le passività sono rappresentative di fonti di fondi dalle quali provengono le risorse da
impiegare nell’esercizio delle funzioni bancarie, le attività sono gli usi di fondi (destinazione
delle risorse). I fondi possono essere ottenuti a titolo di capitale proprio o a titolo di debito
e vengono impiegati in operazioni quali l’acquisto di titoli e di partecipazioni, la
concessione di prestiti e l’acquisizione di attività non finanziarie.
CONTO ECONOMICO: vengono registrati i costi e i ricavi della gestione (interessi
percepiti sugli investimenti finanziari e quelli maturati sui prestiti erogati a un tasso
superiore a quello sulle passività)

PASSIVO DI BILANCIO
La banca svolge un insieme di operazioni che servono per la raccolta di fondi, in gran
parte nei confronti dei risparmiatori; questi fondi sono definite PASSIVITÀ. Nel bilancio
redatto secondo lo schema civilistico, quest’ultime sono distinte per natura di operazione
(tipologia), per controparte e per classi di scadenza (Stato patrimoniale; capitale proprio;
utile (perdita) di esercizio).
Le principali voci di bilancio che permettono alla banca di ottenere le risorse finanziarie per
svolgere la propria funzione creditizia sono:
-RACCOLTA DA CLIENTELA: costituita da DEPOSITI A TEMPO e DEPOSITI MONETA.
Il CONTO CORRENTE è l’unica forma di deposito moneta; è uno strumento di raccolta
caratterizzato dalla funzione monetaria. I saldi del conto corrente costituiscono il potere di
acquisto scambiato tramite strumenti di pagamento (assegni, bonifici, carte di pagamento).
È un’attività per il depositante, perché fa parte del suo patrimonio finanziario, mentre è una
passività per la banca in quanto il titolare del conto può ritirare fondi in ogni momento. Per
la banca inoltre è una fonte relativamente meno costosa di raccolta.
Nei depositi a tempo, invece, rientrano DEPOSITI A RISPARMIO, CONTI DI DEPOSITO,
CERTIFICATI DI DEPOSITO, OPERAZIONI PRONTI CONTRO TERMINE e
OBBLIGAZIONI BANCARIE. I depositi a scadenza, inoltre, si distinguono a seconda
dell’importo: depositi vincolati di importo inferiore ai 100.000 dollari (poco liquidi, tassi di
interesse competitivi, costo di provvista alto per le banche) e conti vincolati di grande
importo (certificati di deposito; negoziabili al pari delle obbligazioni, scambiabili su un
mercato secondario prima della loro scadenza, quindi alternativa ai titoli di Stato a breve
termine)
-PRESTITI DA BANCHE, ALTRE ISTITUZIONI FINANZIARIE E BANCA CENTRALE: le
banche hanno un fabbisogno di liquidità che le rende dipendenti dal monopolio della
banca centrale nell’offerta di base monetaria (BCE immissione di moneta tramite
operazioni di rifinanziamento marginale e operazioni di mercato aperto; Fed sotto forma di
operazioni di mercato aperto). Altre forme di operazioni sono: i DISCOUNT LOAN che
sono erogate al netto degli interessi; i PRESTITI OVERNIGHT negoziati nel mercato
interbancario dove esse si scambiano i fondi a breve e brevissimo termine; le
OPERAZIONI DI PRONTI CONTRO TERMINE, cioè vendita con patto di riacquisto nei
confronti di altre banche o della banca centrale (alternativa alle operazioni di prestito non
garantite o alle emissioni di titoli a breve termine), sono lo strumento principale che
conduce le operazioni di politica monetaria e di credito infragiornaliero, essendo ibridi
(contanti e titoli) sono un collegamento tra diversi mercati di cui aumentano la liquidità.
-CAPITALE PROPRIO: equivale alla differenza fra il totale delle attività e il totale delle
passività. In questo rientrano il capitale sociale, gli accantonamenti di utili e le riserve. È
importante perché rappresenta la grandezza di riferimento di molte norme di vigilanza
prudenziale e, inoltre, perché costituisce la leva che permette di acquisire maggiori gradi di
libertà nelle scelte gestionali della banca. I mezzi propri costituiscono un cuscinetto nel
caso in cui il valore delle passività supera quello delle attività (insolvenza), in modo tale
che una banca ben capitalizzata non perda la fiducia del mercato e dei clienti nonostante
le minusvalenze significative nelle voci dell’attivo.

ATTIVO DI BILANCIO
Una banca utilizza i fondi raccolti emettendo passività per acquistare attività che fruttano
ricavi; quindi, le attività bancarie sono gli impieghi dei fondi che genereranno dei ricavi.
Fanno parte delle attività:
-RISERVE DI LIQUIDITÀ: costituite sia dai saldi disponibili che le banche detengono
presso la banca centrale, sia dal denaro in cassa che però non frutta interesse. Le riserve
detenute presso la banca centrale sono costituite da RISERVE OBBLIGATORIE (costituite
da un coefficiente di riserva obbligatorio detenuto sotto forma di contanti o di attività
facilmente liquidabili) e da RISERVE LIQUIDE IN ECCESSO (RISERVE LIBERE;
utilizzate per fare fronte agli impegni di pagamento, direttamente in caso di prelievo di
denaro contante da parte dei depositanti, indirettamente se la banca deve adempire ai
propri impegni in sede di regolamento interbancario)
-TITOLI: il possesso di titoli da parte di una banca costituisce un’importante attività
fruttifera di interessi. Possono essere titoli di Stato, di autorità locali e municipali e altri. I
primi due sono maggiormente liquidabili (scambiabili e monetizzabili, costi di transizione
ridotti). I titoli di Stato a breve termine assumono il ruolo di riserve secondarie, per gestire
l’equilibrio finanziario della banca, per tre motivi: la loro elevata liquidità, le autorità
governative operano maggiormente con istituti di credito che li possiedono, i benefici
fiscali per le banche in quanto i relativi interessi sono deducibili dalle tasse sul reddito. Un
aspetto negativo è che possono essere meno negoziabili e quindi più rischiosi rispetto a
quelli del governo federale
-PRESTITI: è una passività per la persona o per l’azienda a cui è concesso, ma è
un’attività di bilancio per la banca in quanto genera interessi attivi. Hanno liquidità variabile
in base alla loro finalità, quindi dalle finalità discendono tipi di prestito diversi per liquidità e
quindi per la loro idoneità ad essere convertiti in contante. Inoltre, sono caratterizzati dal
loro essere soggetti al rischio di insolvenza della controparte, che si può manifestare nei
confronti del capitale prestato e/o degli interessi maturati sulle somme erogate. Le
categorie più rilevanti per le banche sono costituite dai prestiti verso le imprese e dai
prestiti immobiliari. Le banche commerciali erogano anche il credito al consumo destinato
a sostenere le decisioni delle unità di consumo. Un’altra categoria è quella dei prestiti
interbancari attraverso i quali le banche si finanziano reciprocamente in ragione delle
proprie disponibilità e sono tendenzialmente destinati a una più accurata gestione della
tesoreria.
MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DEL BILANCIO
TRASFORMAZIONE DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE IN TERMINI DI TASSO DI
INTERESSE, RISCHIO E SCADENZA: processo secondo il quale le banche ottengono i
propri profitti dalla vendita di passività caratterizzate da combinazioni differenti di liquidità,
rischio, dimensioni e rendimento e impiegano il ricavato nell’acquisto di attività con
caratteristiche differenti. In pratica “la banca si indebita a breve e presta a lungo”, in
quanto concede prestiti a medio-lungo termine che finanzia con l’assunzione di depositi a
breve scadenza.
Quando la banca fornisce servizi desiderabili e a basso costo, e incassa ricavi sufficienti
dalle proprie attività allora ottiene profitti; in caso contrario subisce perdite.
Un aumento nelle riserve della banca corrisponde all’incremento nei depositi di un conto
corrente.
Quando una banca riceve un versamento ottiene un uguale ammontare di riserve, mentre
quando registra un prelevamento perde un uguale ammontare di riserve.
(LEGGERE ESEMPIO PAG. 340)

ALCUNI PRINCIPI GENERALI DI GESTIONE BANCARIA


Chi amministra una banca dovrebbe assolvere a quattro mandati importanti:
1. assicurare che la banca abbia denaro contate per pagare i correntisti qualora si
verifichino deflussi nei depositi  GESTIONE DELLA LIQUIDITÀ: quando una banca
possiede un livello elevato di riserve, in caso di deflusso non deve necessariamente
intervenire su altri elementi del proprio stato patrimoniale. Se, invece, la banca non ha
riserve di liquidità sufficienti la situazione cambia. Bisogna scegliere tra quattro opzioni
possibili per risolvere la mancanza di riserve:
- procurarsi riserve prendendolo a prestito da altre banche sul mercato dei fondi
interbancari o tramite altre modalità di finanziamento; il costo di questa opzione è
rappresentato dal tasso di interesse sui prestiti
- procurarsi riserve attraverso la cessione parziale del portafoglio titoli; vendendo questi
titoli la banca sosterrà costi di intermediazione e di transazione. Nel caso di titoli di Stato
che hanno liquidità notevole i costi di transazione sarebbero modesti, se invece si tratta di
altri titoli la liquidità è inferiore e i costi di transazione risulteranno più elevati
- controbilanciare il deflusso di depositi prendendo a prestito riserve dalla banca centrale; il
costo corrisponde al tasso di sconto (discount rate)
- recuperare le riserve diminuendo il totale dei propri prestiti; è la scelta più costosa. Sono
possibili varie modalità: se si tratta di prestiti a breve scadenza prorogati a intervalli
relativamente brevi si possono semplicemente revocare, cioè non rinnovare i giunti a
scadenza, ma ci si aspetta che i debitori-clienti decidano poi di trasferire i propri depositi
altrove determinando conseguenze negative. Un’altra modalità è cedere i prestiti ad altre
banche, ma costosa in quanto le altre banche non conoscendo la rischiosità dei prestiti
potrebbero non accettare di acquistarli al loro valore nominale
Le riserve sono dunque una garanzia contro i costi associati ai deflussi dei depositi.
Quanto maggiori sono tali costi, tanto superiori saranno le riserve che le banche avranno
interesse a costituire.
Avendo le riserve straordinarie un costo, le banche adottano anche delle riserve
secondarie, ad esempio titoli con maggiore liquidità.

2. ricercare e mantenere un livello di rischio contenuto  GESTIONE DELLE ATTIVITO


DI BILANCIO: una banca per massimizzare i profitti deve cercare i rendimenti migliori su
prestiti e titoli, ridurre il rischio e nello stesso tempo provvedere ad accantonamenti
adeguati dal punto di vista della liquidità. Gli istituti di credito cercano di raggiungere questi
tre obiettivi nei seguenti modi:
- le banche cercano di trovare prenditori di fondi disposti a pagare tassi di interesse elevati
e caratterizzati da un rischio di credito relativamente contenuto, rischio che verrà valutato
durante la procedura di affidamento
-le banche cercano di acquisire titoli caratterizzati da rendimenti elevati e rischi ridotti;
nella gestione dei portafogli devono ridurre il rischio attraverso la diversificazione
acquistando tipologie differenti di titoli e approvando vari tipi di prestito a un numero
elevato di clienti
-la banca deve gestire la liquidità del proprio attivo in modo da soddisfare le disposizioni
legislative in materia di riserve senza incorrere in costi eccessivi: è opportuno che la banca
detenga un mix di titoli a elevata liquidità secondo le necessità della propria gestione
anche se il loro rendimento è alquanto inferiore rispetto ad alti investimenti alternativi. Non
è saggio assumere un atteggiamento troppo conservativi, deve trovare un equilibrio tra il
proprio desiderio di liquidità e i maggiori redditi che possono derivare da attività meno
liquide

3. acquisizione di fondi a costi sostenibili  GESTIONE DEL PASSIVO DEL BILANCIO:


liability management, fa riferimento alla politica di composizione del passivo; le fonti di
fondi non sono una quantità data, ma le banche possono procurarsi fondi necessari
emettendo nuove passività, per esempio, nel caso di riserve limitate può prendere a
prestito risorse da un’altra banca.

4. operare in modo da procurare il capitale proprio in misura idonea all’attività svolta 


GESTIONE DEL CAPITALE PROPRIO (ADEGUATEZZA DEL CAPITALE): sono tre i
motivi per cui le banche devono prendere decisioni che riguardano l’ammontare del
capitale proprio:
- IMPEDIRE L’INSOLVENZA: la banca è insolvente quando non dispone di attività
sufficienti a coprire il valore delle passività. Quando una banca diventa insolvente le
autorità di vigilanza possono decidere anche di avviare una procedura che porta alla sua
liquidazione. È quindi essenziale per una banca mantenere un livello di capitale adeguato
a ridurre la probabilità di diventare insolvente.
- VALUTARE L’INFLUENZA SUI RENDIMENTI DEGLI AZIONISTI: il ROA (return on
assets) misura la redditività bancaria, in particolare
utile netto
ROA=
totale attivo
Indica la quantità di utile che viene generata in media per ogni unità di attivo investito, ma
ciò che interessa è il ROE (return on equity), cioè il rendimento che la banca riesce a
generare a favore del capitale netto
utile netto
ROE=
capitale proprio
Esiste una relazione tra ROA e ROE, viene rappresentata attraverso l’indice EM (equity
multiplier) detto anche LEVERAGE
totale attivo
EM =
capitale proprio
utile netto utile netto totale attivo
= ×
capitale proprio totale attivo capitale proprio
ROE=ROA × EM
Questa equazione esprime ciò che avviene quando una banca possiede una minore
quantità di capitale proprio per un determinato volume di attivo.
Tenuto conto del rendimento sull’attivo (ROA), quanto più ridotto è il capitale proprio, tanto
più elevato è il rendimento per gli azionisti della banca (ROE).
Il capitale proprio ha vantaggi e costi. In particolare, ha vantaggi per i proprietari in quanto
rende più sicuro il loro investimento, mentre i costi comportano che quanto più il capitale è
elevato tanto minore sarà il rendimento su di esso (ROE). Per determinare la quantità di
capitale il management deve “mettere sulla bilancia” vantaggi e costi. Nei momenti di
incertezza potrebbero decidere di mantenere un capitale elevato per proteggere gli
investimenti degli azionisti; se si ritiene che non vi saranno perdite sui prestiti si potrebbero
ridurre le quantità ed ottenere un EM (e quindi ROE) più elevato.
- RISPETTO DEI COEFFICIENTI PATRIMONIALI REGOLAMENTARI: le banche
dispongono di un capitale proprio anche perché il suo possesso è reso obbligatorio dalle
autorità di controllo. A causa dei notevoli costi associati al suo possesso spesso le banche
preferirebbero avere un capitale proprio inferiore a quanto previsto dalle norme.

ATTIVITÀ FUORI BILANCIO


L’evoluzione della concorrenza nel mercato bancario ha spinto le banche a cercare fonti di
profitto nelle ATTIVITÀ FUORI BILANCIO che includono la negoziazione di strumenti
finanziari derivati, operazioni che generano reddito da commissioni o operazioni collegate
alla cessione di prestiti; queste attività anche se influiscono sui profitti non compaiono
nello stato patrimoniale.
- CESSIONE DI PRESTITO: prevede un contratto di vendita del flusso di cassa, totale o
parziale, derivante da un prestito e di conseguenza elimina tale prestito dallo stato
patrimoniale della banca cedente. Il tasso di interesse elevato di questi titoli rendono gli
investitori invogliati ad acquistarli anche ad un prezzo superiore al loro valore nominale, in
questo modo gli istituti di credito ottengono profitti.
- RICAVI DA COMMISSIONI: ricavi percepiti a fronte dell’offerta di servizi specializzati
come la negoziazione in cambi per conto della clientela, la gestione di mortgage-backed
security, la garanzia su obbligazioni del cliente (avallo, fideiussione), l’offerta di backup
credit line (loan commitment: in cambio di una commissione la banca si impegna a fornire
un prestito su richiesta del cliente, fino ad un determinato ammontare e per un periodo di
tempo prestabilito) e le lettere di credito “standby” (cauzioni a fronte dell’esecuzione di
contratti; linee NIF e RUF). Le garanzie su obbligazioni del cliente e le linee di credito
aggiuntive aumento i rischi che la banca deve affrontare, in particolare il rischio di
insolvenza.
- TRADING SU DERIVATI e TECNICHE GESTIONE DEI RISCHI: per gestire il rischio
legato al tasso di interesse le banche si sono dedicate alla negoziazione di future
finanziari, opzioni su strumenti di debito e swap sui tassi di interesse. Se specializzate in
attività internazionali hanno anche condotto transazioni sul mercato dei cambi. Le banche
intraprendono anche un’attività di tipo speculativo, il trading. Queste sono pericolose
perché consentono di mettere a rischio grandi quantità di denaro in modo rapido e
disinvolto; una conseguenza che potrebbe manifestarsi è il problema principal-agent (il
trader assume rischi eccessivi, se portano a profitti elevati allora si avranno remunerazioni
e bonus elevati, se provocano gravi perdite l’istituzione finanziaria è tenuta comunque a
coprirle). Per limitare gli effetti del principal-agent i manager della banca impostano
controlli interni (separazione del personale, limiti massimi di ammontare, procedure di
valutazione dei rischi). Si utilizzano principalmente due sistemi: il VAR (value at risk), la
banca sviluppa un modello statistico mediante il quale può stabilire la perdita massima che
il suo portafoglio titoli può sostenere in un arco temporale chiamato appunto VAR, e lo
STRESS TESTING, la banca interroga alcuni modelli per determinare cosa accadrebbe
nell’ipotesi meno favorevole.

COME MISURARE LE PERFORMANCE DELLA BANCA


Lo “stato di salute” di una banca si conosce analizzando il suo conto economico, che
descrive i fattori che determinano la sua redditività.
APPROCCIO STATUNITENSE
REDDITO OPERATIVO: si genera con l’attività corrente della banca e per la maggior
parte proviene dagli interessi maturati sulle attività finanziarie. Varia in funzione dei tassi di
interesse, quando questi ultimi sono elevati la sua percentuale sui ricavi correnti è
massima. I ricavi diversi sono quelli prodotti dalle attività fuori bilancio.
COSTI OPERATIVI: sono legati alla gestione caratteristica della banca. Una componente
importante sono gli interessi passivi, costituiti in particolare dalla raccolta proveniente da
conti correnti e certificati di deposito; variano in base al tasso di interesse corrente al pari
di quelli attivi. Un’altra categoria sono i costi diversi che comprendono tutti gli oneri
derivanti dalla gestione dell’attività bancaria. L’ultima componente sono gli accantonamenti
per perdite sui prestiti: quando una banca ha in portafoglio un credito inesigibile o quando
prevede che può manifestarsi in futuro può decidere di registrare la relativa perdita a
bilancio. Questi ultimi sono in relazione diretta con le riserve per perdite su prestiti.
REDDITIVITÀ:
RISULTATO NETTO OPERATIVO=REDDITO OPERATIVO−COSTI OPERATIVI
È un indicatore di monitoraggio da parte dei manager, degli azionisti e degli organi di
controllo delle banche in quanto indica lo stato di salute di una banca.
RISULTATO NETTO OPERATORIO PRIMA DELLE IMPOSTE=RISULTATO NETTO OPERATIVO+ UTILI SUI
RISULTATO NETTO DI GESTIONE=RISULTATO NETTO OPERATIVO PRIMA DELLE IMPOSTE−IMPOSTE
Quest’ultimo indica con esattezza lo stato di salute della banca, in particolare corrisponde
all’importo che la stessa può accantonare come utile non distribuito o pagare come
dividendo agli azionisti.

APPROCCIO ITALIANO
Il conto economico in Italia è costituito da risultati parziali:
- MARGINE DI INTERESSE:
MARGINE DI INTERESSE=INTERESSI ATTIVI + INTERESSI PASSIVI =RICAVI MATURATI SU CREDITI E IN
È, in percentuale, una stima approssimata del rendimento dei fondi intermediati, al lordo
dei costi operativi e al netto dei costi di provvista dei capitali investiti.
- MARGINE DI INTERMEDIAZIONE:
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE=MARGINE DI INTERESSE+ ALTRI RICAVI NETTI
Gli ALTRI RICAVI NETTI esprimono l’importanza delle attività non creditizie rappresentate
da servizi finanziari che generano ricavi da commissioni piuttosto che da interessi.
Può essere visto come una proxy del fatturato, in effetti è un buon indicatore della
dimensione di un intermediario finanziario da un punto di vista strettamente economico;
viene utilizzato per rappresentare la dimensione economica.
- RISULTATO DI GESTIONE:
RISULTATO DI GESTIONE=MARGINE DI INTERMEDIAZIONE−COSTI OPERATIVI
Misura la performance della gestione ordinaria e al lordo delle imposte.
- COST-IN-COME RATIO:
COSTI OPERATIVI
COST −¿−COME RATIO=
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE
Esprime la capacità di generare ricavi date le risorse disponibili.
MISURE DELLE PERFORMANCE BANCARIE
Il risultato netto fornisce un’indicazione di sintesi sullo stato si salute di una banca, ma non
tiene conto delle dimensioni della banca stessa ed è quindi inutilizzabile nel confronto tra
le diverse banche.
Come già visto due misure fondamentali della redditività sono il ROA, che segnala come
vengono usate le attività al fine della formazione di profitti aziendali, e il ROE, che equivale
all’utile netto prodotto da ogni unità di capitale proprio investito (considerato maggiormente
dagli azionisti).
Un altro indicatore delle performance bancarie è il NIM (net interest margin) o MARGINE
NETTO DI INTERESSI
interessiattivi−interessi passivi
NIM =
totale attivo
Se la banca è in grado di raccogliere fondi con passività che retribuisce mediante interessi
più contenuti rispetto a quelli che le derivano dall’acquisizione di attività allora il NIM sarà
alto e la banca sarà quasi certamente molto remunerativa. Se gli interessi corrisposti sulle
passività salgono rispetto a quelli percepiti sulle attività, allora il NIM si contrae e la
redditività della banca ne risentirà.

Capitolo 19
Secondo l’ipotesi di mercato efficiente (o nota anche come teoria dei mercati dei
capitali efficienti) i prezzi dei titoli nei mercati finanziari riflettono pienamente e
rapidamente tutte le informazioni disponibili.
Il tasso di rendimento derivante dal possesso di un titolo equivale alla somma del
guadagno in conto capitale sul titolo stesso e di tutti i flussi di cassa ricevuti, divisa per il
prezzo di acquisto del titolo: R=(C+ P[ t+1]−P [t ])/ P[t]. Dove: R= rendimento derivante dal
titolo da t a t+1, P[t+1] = prezzo del titolo in t+1 (unica variabile), P[t] = prezzo del
titolo in t , C = cedola ricevuta nel periodo da t a t+1.
Se si indica con Pe [t+1] l’aspettativa del prezzo del titolo alla conclusione del periodo di
possesso, si può calcolare Re cioè il rendimento atteso utilizzando la stessa formula di
prima, mettendo al posto di P[t+1], Pe [ t+1]. L’ipotesi di mercato efficiente considera le
aspettative come previsioni ottimali (miglior ipotesi che si possano fare sul futuro)
formulate sulla base di tutte le informazioni disponibili. Dunque in sintesi: Pe [t+1]=P p [t+1]
. Questo implica che Re =R p (1) cioè che il rendimento atteso sul titolo sia uguale alla
previsione ottimale del rendimento.
L’analisi della domanda e dell’offerta del mercato obbligazionario indica che il rendimento
atteso sui titoli avrà tendenza a dirigersi verso il rendimento di equilibrio, che fa
corrispondere la quantità richiesta con quella offerta. Quindi l’analisi della domanda e
dell’offerta permette di determinare il rendimento atteso con la seguente condizione di
equilibrio: Il rendimento atteso è uguale al rendimento di equilibrio, cioè il rendimento che
rende uguale la quantità richiesta a quella offerta, quindi Re =R¿ . Utilizzando la (1) si
ottiene che R p =R ¿ e questa equazione indica che i prezzi correnti in un mercato finanziario
saranno fissati in modo tale che la previsione ottimale del rendimento di un titolo, usando
tutte il informazioni disponibili, sia uguale al rendimento di equilibrio del titolo.
Per capire cosa significa l’ipotesi di mercato efficiente si utilizza il concetto di arbitraggio,
in cui i partecipanti al mercato (arbitraggisti) eliminano opportunità di profitto non sfruttate,
cioè rendimenti su un titolo maggiori di quanto giustifichino le caratteriste del titolo stesso.
Esiste l’arbitraggio puro, in cui l’eliminazione delle opportunità di profitto non comporta
rischi e quello in cui l’arbitraggista prende a suo carico qualche rischio (questo secondo
tipo di arbitraggio è quello trattato da noi). L’arbitraggio porta all’ipotesi di mercato
efficiente infatti supponiamo che, date le caratteristiche di rischio, il rendimento normale di
un titolo sia pari al 10% su base annuale. Si suppone inoltre che il prezzo corrente sia
inferiore alla previsione ottimale del prezzo futuro, in modo che la previsione ottimale del
rendimento su base annua sia del 50% (che è maggiore del rendimento di equilibrio). Si
può quindi prevedere che, in media, il rendimento sarà eccezionalmente elevato. Questa
situazione si chiama “ opportunità di profitto non sfruttata” perchè, in media, gli
investitori guadagnerebbero più di quanto dovrebbero, tenuto conto delle caratteristiche di
questo titolo. Sapendo che, in media, si può guadagnare un tasso di rendimento molto alto
su questo titolo, gli azionisti si comprerebbero una quantità di azioni maggiore del
normale, questo farebbe aumentare il prezzo corrente in rapporto al prezzo futuro previsto,
determinando una riduzione di R p . Quando il prezzo sarà aumentato abbastanza per far si
che che R p sia uguale a R¿e la condizione di mercato efficiente sarà soddisfatta, gli

acquisti della azioni di tale titolo si arresteranno e l’opportunità di arbitraggio non sfruttata
scomparirà. Ragionamento uguale e opposto ovviamente si può fare nel caso in cui R p < R¿
. Schematizzando:
Un altro modo per definire la condizione di mercato efficiente è: nel mercato efficiente,
tutte le opportunità di profitto non sfruttate vengono eliminate.
Un fatto molto importante è che non tutti in un mercato finanziario devono essere informati
su un titolo o avere aspettative razionali che spingono il prezzo del titolo al punto in cui si
realizza la condizione di mercato efficiente. E’ sufficiente che esistano alcuni investitori,
chiamati smart money, che individuano le opportunità di profitto non sfruttate e che,
agendo per sfruttarle, ottengo un profitto e riportano i mercati in equilibrio.

Inizialmente le evidenze a favore dell’ipotesi di mercato efficiente erano abbastanza


solide, ma negli ultimi anni un’analisi più approfondita ha suggerito che tale ipotesi non è
sempre vera. Per questo motivo bisogna considerare le tesi a favore e quelle contro.
Tesi a favore: tutte le evidenze iniziali erano solide tanto che l’economista Fama affermò
nell’indagine del 1970 che “le evidenze contrarie sono rare”
• Performance di consulenti finanziari e fondi comuni di investimento:
un’implicazione dell’ipotesi del mercato efficiente è che non si possano conseguire
rendimenti anomali, cioè superiori a quelli di equilibrio, che implica che è impossibile
battere il mercato. Molti studi cercano di valutare se consulenti finanziari e i fondi comuni
di investimento possano battere il mercato prendendo in considerazione le
raccomandazioni di acquisto e di vendita forniti da consulenti e FC e confrontando le
performance della selezione di azioni con quelle dell’intero mercato. Coerentemente con
l’ipotesi di mercato efficiente si osservato che né e i consulenti né i FC battono il
mercato. Infatti il fatto che un consulente o un fondo abbia ottenuto buone performance
in passato non implica che sarà in grado di ottenere altrettanti buoni risultati in futuro.
• I prezzi delle azioni rispecchiano le informazioni pubbliche disponibili? L’ipotesi di
mercato efficiente prevede che i prezzi riflettano tutte le informazioni pubbliche
disponibili. Quindi un annuncio positivo relativo ad una società di norma non aumenterà
il prezzo delle sue azioni. Le prove empiriche hanno dimostrato questa congettura.
• Comportamento casuale dei prezzi delle azioni: Un’altra importante implicazione
dell’ipotesi di mercato efficiente è che l’andamento dei prezzi dovrebbe essere
pressoché casuale, ovvero che i cambiamenti futuri nei prezzi delle azioni dovrebbero
essere imprevedibili. Si parla infatti di “random walk dei prezzi azionari”. Tale tesi può
essere dimostrata: supponendo che gli investitori possano prevedere che il prezzo di
determinate azioni aumenterà, porterebbe ad un aumento del tasso di rendimento.
Probabilmente questo tasso di rendimento sarà molto maggiore rispetto a quello di
equilibrio; l’ipotesi di mercato efficiente indica che il pubblico acquisterebbe
immediatamente queste azioni e farebbe aumentare il prezzo corrente. Il titolo si
arresterebbe soltanto quando il nuovo prezzo sia tale che R p =R ¿. Dunque l’ipotesi di
mercato efficiente suggerisce che il cambiamento prevedibile nei prezzi delle azioni sarà
vicino a zero, portando alla conclusione che i prezzi delle azioni seguiranno
generalmente un andamento casuale.
Gli economisti finanziari ricorrono a diversi tipi di verifiche empiriche: Il primo è il test di
efficienza in forma debole che consiste nell’esaminare gli andamenti del mercato
azionario per vedere se le variazioni nei prezzi siano collegate sistematicamente con le
variazioni passate. Il secondo è il test di efficienza in forma semiforte che considera i
dati per vedere se le informazioni pubblicamente disponibili avrebbero potuto essere
usate per prevedere le variazioni dei prezzi. Un terzo tipo di prova è il test di efficienza
in forma forte che include anche informazioni private, note soltanto ai proprietari della
società. Questi test indicano che talvolta le informazioni private posso essere usate per
prevedere le variazioni dei prezzi, ma questo non contraddice la teoria dei mercati
efficienti proprio cerche non sono pubbliche (per questo motivo esistono regole molto
severe che riguardano l’insider treding).
Analisi tecnica: L’analisi tecnica è un metodo comune per formulare previsioni sui
prezzi azionari che consiste nello studio dei dati storici sui prezzi azionari per cercare di
individuare alcuni schemi di comportamento come cicli e tendenze ricorrenti. Però le
regole per l’acquisto e vendita di azioni sono stabilite sulla base delle regolarità che
emergono dall’esame dei prezzi storici, dunque l’analisi tecnica è una perdita di tempo.
Anche in questo caso si possono effettuare due tipi di verifiche empiriche: la prima è lo
stesso tipo di verifica che si conduce per valutare il comportamento degli analisti
finanziari e fondi comuni di investimento, la seconda tiene conto delle regole sviluppate
nell’analisi tecnica relativa all’acquisto e alla vendita di azioni e le applica ai nuovi dati.
Tesi a sfavore: Negli ultimi anni la teoria ha iniziato a mostrare alcune anomalie, e le
verifiche empiriche potrebbero non essere applicabili in modo generalizzato.
• Effetto piccole dimensioni: Molti studi empirici hanno dimostrato che le società di
piccole dimensioni hanno ottenuto rendimenti straordinariamente alti per periodi di
tempo insolitamente lunghi, anche tenendo conto del maggiore rischio che caratterizza
queste aziende. Questo effetto sembra essere diminuiti negli ultimi anni. Può essere
dovuto al ribilanciamento dei portafogli, a una minore liquidità delle azioni delle piccole
società, maggiori costi di informazioni ecc..
• Effetto gennaio: Su periodi di tempo molto lunghi, le azioni mostrano una tendenza a
un aumento anomalo dei prezzi tra dicembre e gennaio, un evento prevedibile che di
conseguenza contraddice il comportamento del random walk. Anche questo effetto
sembra essere diminuito negli ultimi anni ma continua ad esistere, soprattutto per le
azioni delle piccole aziende. Si suppone che l’effetto gennaio sia dovuto a questioni
fiscali: gli investitori sono incentivati a vedere le azioni prima della fine dell’anno per poi
riacquistarle con l’anno nuovo, portando verso l’alto i prezzi e producendo rendimenti
insolitamente alti. Questo però non spiega perchè si ha lo stesso effetto anche in paesi
con la normativa fiscale diversa.
• Eccesso di reattività del mercato: recenti ricerche mostrano che i prezzi delle azioni
sembrano reagire eccessivamente agli annunci di notizie, soprattutto drammatiche e
inattese, e che eventuali errori si correggono solo lentamente. Questo contraddice
l’ipotesi di mercato efficiente perchè un investitore potrebbe, in media, guadagnare
rendimenti anomali acquistando un titolo subito dopo un annuncio di riduzione dei ricavi
e poi vendendolo dopo un paio di settimane, quando il titolo sarà tornato ai livelli
normali.
• Eccesso di volatilità: Questo fenomeno è strettamente collegato al fenomeno di
eccessiva reattività dei mercati: le fluttuazioni nei prezzi delle azioni possono essere di
molto superiori a quanto deducibile sulla base delle variazioni del loro valore
fondamentale.
• Ritorno alla media: I rendimenti delle azioni mostrano una tendenza cosiddetta di
“ritorno alla media”: i titoli che oggi presentano rendimenti bassi tendono ad averli alti in
futuro e viceversa. Anche questa evidenza quindi suggerirebbe che i prezzi azionari non
seguono un andamento casuale. In realtà le evidenze sul ritorno alla media rimangono
controverse.
• I prezzi azionari non incorporano immediatamente le nuove informazioni:
Contrariamente all’ipotesi di mercato efficiente prove recenti hanno dimostrato che
talvolta i prezzi non si adattano istantaneamente agli annunci sui profitti.

Dunque sembrano esserci delle importanti violazioni dell’efficienza del mercato, tali da
suggerire che l’ipotesi non basti a rappresentare l’intero scenario e che quindi non possa
essere generalizzata a tutti i comportamenti dei mercati finanziari.
Nell’analisi dei mercati finanziari molti economisti vanno oltre l’ipotesi di mercato efficiente,
infatti credono che in un mercato efficiente i prezzi riflettano il valore fondamentale
(intrinseco) dei titoli. Quindi tutti i prezzi sono sempre corretti e rispecchiano i fondamentali
di mercato, ed è in questo senso che si può parlare di efficienza dei mercati finanziari.
Questa visione più restrittiva dell’efficienza del mercato ha numerose conseguenze:
implica per esempio che un investimento abbia le stesse opportunità di rendimento di
qualsiasi altro, perchè i prezzi dei titoli sono corretti. In secondo luogo, comporta che il
prezzo dei titoli rifletta tutte le informazioni disponibili sul valore intrinseco degli stessi.
Pertanto i prezzi di quei titoli possono essere utilizzati per prendere decisioni appropriate
riguardo all’opportunità di procedere ad un determinato investimento. L’esistenza sia di
bolle che di crolli mette in serio dubbio la versione più efficiente del mercato, ma allo
stesso tempo, non fornisce un argomento decisivo contro l’ipotesi di mercato efficiente.
CAPITOLO 20

Mercati monetari
In primis, i mercati finanziari sono classificati in base a diversi criteri:

• In base alla funzione economica svolta : distinguiamo i mercati primari da quelli


secondari. Nei mercati primari si realizzano le nuove emissioni di titoli, al fine di fornire
risorse finanziarie. Nei mercati secondari vengono scambiati titoli già emessi; il loro
scopo è quello di assicurare liquidità agli investitori e consentire la valutazione dei titoli

• In base alla tipologia degli operatori: distinguiamo i mercati retail, ai quali possono
accedere la totalità degli investitori privati; e i mercati all’ingrosso, a cui possono
invece accedere solo operatori professionali autorizzati che trattano grandi quantitativi

• In base alla tipologia dei strumenti negoziati distinguiamo: 1) mercati monetari,


dove vengono generalmente negoziati strumenti a breve termine 2) mercato dei
capitali, a loro volta classificabili in mercato obbligazionario (vengono negoziati titoli
di Stato a medio-lungo termine e obblig) e mercato azionario (azioni) 3) mercato dei
cambi, dove sono negoziate le valute 4)mercato degli strumenti derivati, dove sono
negoziati strumenti forward, future e swap

Focalizziamoci meglio sul mercato monetario: in realtà la sua espressione potrebbe farci
pensare allo scambio di moneta, che in realtà non avviene mai. Tuttavia, poiché gli
strumenti finanziari trattati sono a breve termine e altamente liquidi, si avvicinano molto al
concetto di moneta, da cui appunto “monetario”. Questi titoli sono caratterizzati da 3
concetti di base:

• Solitamente vengono venduti per importi unitari molto elevati


• Presentano un rischio di insolvenza molto ridotto
• La loro scadenza è al massimo 1 anno dalla data di emissione

Per quanto riguarda le transazioni nel mercato monetario, esse non hanno luogo in una
sede particolare, di norma infatti i trader organizzano per telefono gli acquisti e le vendite,
che poi completano elettronicamente. Questo fa si che questi titoli hanno “un attivo”
mercato secondario (cioè non è difficile venderli), che li rende strumenti molto flessibili da
usare per soddisfare esigenze finanziarie a breve termine. Un’altra caratteristica dei
mercati monetari è che sono mercati all’ingrosso, ciò vuol dire che gran parte delle
transazioni si riferiscono a valori unitari molto elevati, anche > 1 milione. E’ ovvio che, a
causa delle elevate dimensioni di queste transazioni, i singoli investitori non possono
partecipare direttamente ai mercati monetari. Sono per l’appunto gli operatori all’interno
delle trading room, che mettono in contatto le controparti.
Dopo aver visto le caratteristiche di questi mercati, dobbiamo chiederci perché esistono:
se fossimo infatti in un mondo non regolamentato, i mercati monetari nemmeno
dovrebbero esistere. Infatti, il settore bancario esiste soprattutto per concedere prestiti e
per offrire depositi a breve termine, per cui le banche dovrebbero essere avvantaggiate in
termini di efficienza nel raccogliere informazioni, ed è proprio questo che dovrebbe
eliminare l’esigenza dei mercati monetari. In più, i titoli a breve termine offerti dal mercato
monetario, non sono né liquidi né sicuri come invece i depositi in banca. Elencati dunque
tutti questi vantaggi a favore delle banche, perché esistono i mercati monetari? Come
sappiamo, il settore bancario svolge principalmente il ruolo di “riduttore” dei problemi di
asimmetria informativa, e in questo contesto, le banche traggono profitto dalle economie di
scala; ma sono soggette a maggiori regolamentazioni e costi rispetto ai mercati monetari.
Passiamo a vedere ora qual è lo scopo del mercato monetario. Un mercato monetario
ben sviluppato è ideale per un’impresa o un intermediario finanziario che voglia allocare la
liquidità in eccesso. Inoltre, questo mercato rappresenta una fonte di fondi a basso costo
per le imprese, gli Stati ecc che hanno un fabbisogno di liquidità di breve termine. Quegli
investitori che impiegano la loro liquidità in eccesso, hanno come obiettivo quello di
ottenere ovviamente un rendimento, più alto rispetto al detenere moneta o aprire depositi
bancari. E’ importante sottolineare poi, che questo eccesso di liquidità rappresenta un
costo per un investitore , in quanto non frutta interessi se non impiegato. Dunque un
mercato monetario efficiente, ha la scopo di ridurre al minimo la detenzione di surplus di
moneta , fornendo strumenti idonei per far si che questa liquidità venga investita e ne sia
ridotto anche il costo opportunità. Potremmo a questo punto chiederci perché le società e
tutti gli altri intermediari, devono disporre rapidamente di fondi; il motivo principale è che i
flussi in entrata e in uscita, giungono solo in determinati momenti dell’anno, mentre le
spese sono costanti. In questo modo per dire lo Stato può prendere a prestito fondi a
breve termine, che ripagherà incassando le future imposte. Quindi in conclusione, i
mercati monetari rappresentano un mezzo efficiente e relativamente poco costoso per
risolvere queste problematiche.
(Mercati monetari sono importanti anche per quanto riguarda la trasmissione della politica
monetaria).
A questo punto dobbiamo parlare dei principali attori di questo mercato:

• Dipartimento del Tesoro o Ministero dell’Economia e delle Finanze: in Italia il


Ministero dell’Economia e delle Finanze è il principale prenditore di fondi del mercato
monetario. Il Tesoro italiano emette i BOT (buoni ordinari del tesoro) per procurarsi
fondi per esigenze temporanee. Grazie e queste emissioni, il Tesoro ottiene gran parte
del finanziamento di cui necessita per affrontare le esigenze di gestione a breve
termine. Dunque il suo ruolo è quello di vendere titoli di stato per finanziare il debito
nazionale.

• Banca Centrale Europea: è responsabile dell’attuazione della politica monetaria


dell’area euro.

• Banche: esse detengono una quota % significativa di titoli di Stato, a causa del loro
livello di rischio generalmente basso e delle elevata liquidità. Allo stesso tempo le
banche operano attivamente sul mercato monetario attraverso strumenti, non solo
come investitori, ma anche come prenditori. In conclusione, esse operano nei mercati
monetari principalmente per l’esigenza di gestire la liquidità.

• Altre istituzioni finanziarie: le SIM e SGR, svolgono funzioni di negoziazione sui


mercati, e possono operare anche in proprio (dealer), come del resto le banche. In
qualità di dealer, il loro compito è quello di rendere efficiente il sistema degli scambi
aumentando liquidità nel mercato secondario. Questo è vero per tutti i mercati, anche
quello monetario.
• Imprese commerciali e industriali: molte imprese comprano e vedono titoli nel
mercato monetario. Questa attività è concentrata sulle società più importanti, dato il
taglio elevato delle operazioni.

• Soggetti privati: In Italia le famiglie sono per tradizione tra i maggiori investitosi in titoli
del mercato monetario emessi dallo Stato. Al giorno d’oggi le famiglie investono in
maniera indiretta, tramite fondi comuni di investimento e le banche.

Parliamo ora degli strumenti del mercato monetario:

• Titoli di Stato a breve termine: Per finanziare il proprio debito, il Tesoro italiano
emette vari titoli di debito, tra cui il BOT, che non hanno solo un ruolo primario nella
copertura strutturale di un’ampia parte del fabbisogno pubblico, ma anche
nell’attuazione della politica monetaria. Hanno durata 3,6,12 mesi, tale da definirli
estremamente liquidi, appunto per la brevità della scadenza. Caratteristica dei BOT poi,
è il fatto che non staccano cedole ma sono emessi a sconto sul valore nominale (il
valore a scadenza ). Il rendimento dell’investitore proviene quindi dalla differenza tra il
valore di rimborso e quello di emissione, e quindi la remunerazione può essere
calcolata prima. Inoltre, l’assenza di cedole garantisce allo strumento particolari
vantaggi di gestione. Per quanto riguarda i tagli , quello minimo di sottoscrizione è di
1000 euro o suo multiplo. E’ importante sottolineare che i BOT, fino alla crisi del debito
sovrano in Europa, erano praticamente risk-free, cioè l’emittente (lo Stato) era
caratterizzato da un rating elevato. Con la crisi però, è aumentata la probabilità di
default dello Stato Italia attribuita dagli investitori, che ha fatto si che quindi i BOT non
fossero più senza rischio. Pur tuttavia il mercato dei BOT rimane un mercato
caratterizzato da liquidità e profondità (un mercato è profondo quando ci sono molti
ordini di acquisto e vendita a prezzi prossimi tra loro; un mercato è liquido quando i titoli
possono essere acquistati o venduti rapidamente e con bassi costi di transazione),
caratteristiche che rendono minimo il rischio che gli investitori non riescano a vendere i
propri titoli. L’equivalente dei BOT americani, sono i Treasure Bill o T-Bill—> anch’essi
sono titoli liquidi a breve termine emessi dal Dipartimento del Tesoro americano, con
scadenze 4,13,26,52 settimane; hanno un taglio minimo di 100. La modalità con cui
vengono venduti i BOT in Italia è un’asta competitiva tramite la quale il Tesoro colloca le
nuove emissioni sul mercato primario. Qui l’emittente stabilisce le quantità offerte ma
non i tassi di interesse. Per quanto riguarda l’aggiudicazione dei quantitativi richiesti e la
fissazione dei prezzi corrispondenti, avvengono appunto per asta competitiva, in cui il
prezzo pagato da ogni aggiudicatario corrisponde a quello indicato da lui stesso nella
domanda di sottoscrizione. L’aggiudicazione avviene in base al seguente procedimento:
1) ogni soggetto ammesso all’asta può presentare al massimo 3 richieste, differenziate
nel prezzo di minimo 1 centesimo, e per almeno 1.5 milioni di euro ciascuna 2) si
soddisfano le domande presentate , ordinate in base a un principio di prezzi
decrescenti. Qualora la domanda complessiva supera l’offerta, l’assegnazione avviene
in ordine e in base a quei richiedenti che hanno presentato domande ad un prezzo più
basso.
Una volta aggiudicati quindi i quantitativi, ciascun intermediario deve garantire al
cliente l’applicazione del prezzo medio ponderato risultante dalla stessa asta. Affinché
questo prezzo medio ponderato non si discosti dai rendimenti in linea con il mercato,
viene calcolato all’interno di un range compreso fra un rendimento minimo accoglibile,
detto di salvaguardia, e uno massimo accoglibile, detto di esclusione, in maniera tale da
evitare richieste speculative. Le aste vengono effettuate dalla Banca d’Italia, e possono
parteciparvi solo investitori istituzionali. Per quanto riguarda infine gli investitori retail che
desiderano acquistare BOT in asta, devono prenotare entro il giorno prima, la quantità
desiderata, presso un intermediario che partecipa all’asta.
Parliamo ora del mercato secondario dei BOT, ovvero una volta emessi sul mercato
primario, essi sono negoziati su due principali mercati secondari: 1) Mercato Telematico
delle Obblig e dei Titoli di Stato (MOT) per gli scambi retail e 2) Mercato Telematico dei
Titoli di Stato (MTS) per gli scambi all’ingrosso. Il MOT è gestito dalla Borsa Italiana, e le
negoziazioni avvengono al prezzo di emissione sommato al rateo di interessi maturato. Al
suo interno si negoziano BOT, titoli di Stato a medio-lungo termine e le obblig non
convertibili. Per quanto riguarda MTS, esso è gestito da MTS SpA, dove è previsto un
quantitativo minimo negoziabile pari a 2.5 milioni di euro e sono ammesse solo particolari
categorie di operatori.

• Depositi interbancari: essi sono fondi a breve termine trasferiti (prestati o presi a
prestito) tra intermediari finanziari. La finalità dei depositi interbancari è consentire alle
banche di gestire i quotidiani squilibri di liquidità che caratterizzano la loro attività.
Inoltre, i tassi di mercato si posizionano a un livello compreso tra il tasso riconosciuto
dalla BCE sui depositi e quello applicato dalla stessa sui rifinanziamenti concessi alle
banche . Il mercato interbancario è caratterizzato quindi da transazioni attraverso le
quali si possono ottenere rendimenti per la liquidità più alti rispetto a quello dei depositi
presso la BCE, e ci si può rifinanziare a costi più bassi. E’ importante citare anche l’e-
MID (mercato elettronico dei depositi interbancari): questo opera sotto la visione della
Banca d’Italia e di Consob, e il fatto che le transazioni siano elettroniche, ha portato
molti vantaggi al mercato interbancario dal punto di vista dell’efficienza e della liquidità.
Detiene infine una quota significativa di tutte le transazioni. Per quanto riguarda il suo
funzionamento, se per esempio una banca ha un surplus di 50milioni, mentre nel
mercato interbancario normale deve contattare le sue banche per sapere se
necessitano in quel giorno di riserve (e se si venderà i suoi fondi in eccedenza alla
banca che tra tutte gli offre il maggior tasso d’interesse), in quello elettronico la banca
“venditrice” può monitorare i migliori tassi d’interesse offerti sul mercato, e realizzare
l’operazione di trading in modo molto rapido. L’e-MID facilita dunque le transazioni
multilaterali riducendone inoltre i costi di intermediazione. Per quanto riguarda invece il
mercato interbancario statunitense, è caratterizzato dai federal fund, fondi a breve
termine prestati e presi a prestito tra banche. Sono fondi tenuti presso la Federal
Reserve, la quale ha fissato un livello minimo obbligatorio di riserva che deve detenere
la banca. Per far fronte a ciò, le banche conservano una % dei loro depositi presso la
Federal Reserve. Dunque lo scopo principale dei federal fund è consentire alla banca
un’immediata provvista di riserve. E’ chiaro quindi che le banche tengono d’occhio
giornalmente la loro posizione di riserve liquide, e quindi prestano o si indebitano di Fed
fund a seconda se presentano saldi in surplus o in deficit. Per quanto riguarda il tasso
d’interesse dei Fed fund, è determinato dalle forze della domanda e dell’offerta, ed è
conosciuto come tasso effettivo. Questo, corrisponde al tasso medio ponderato delle
transazioni sulla piazza di New York. E’ chiaro che la Federal Reserve non può
intervenire direttamente sui tassi, ma può influenzarli: visto che i depositi rappresentano
riserve di liquidità del sistema, se la FED li incrementa, ci sarà maggiore offerta di
riserve, che si rifletterà in una diminuzione dei tassi di interesse; se invece la FED
vendesse i titoli, il tasso tenderebbe ad aumentare.

• Pronti Contro Termine: nelle operazioni di PCT si stipulano contemporaneamente


due contratti di compravendita di segno opposto, aventi per oggetti una stessa quantità
e tipologia di titoli. Un esempio potrebbe essere il fatto che una banca possa vendere
titoli di stato ad un’altra, con la promessa di riacquistarli il giorno seguente—>questo
rende i PCT prestiti a breve termine con garanzia, infatti in caso di mancata restituzione
dei fondi, il datore può rivalersi vendendo i titoli sul mercato. Dunque gli intermediari
finanziari se ne servono per controllare la loro liquidità e approfittare dei cambiamenti
dei tassi di interesse. Esistono anche contratti detti reverse epo, ovvero i PCT inversi ,
dove un soggetto, detto acquirente a pronti, acquista una determinata quantità di titoli
da un venditore a pronti, con la promessa di rivenderli a un prezzo e data futuri
prestabiliti. Il rendimento dell’operazione è dato dalla differenza tra il prezzo di
riacquisto e quello di vendita iniziale tenendo conto della durata dell’operazione.
Tornando ai classici PCT, anche la BCE se ne serve per quanto riguarda la condizione
della politica monetaria.

• Certificati di Deposito: i CD sono dei titoli emessi dalle banche, che documentano un
deposito e specificano il tasso di interesse e la data di scadenza. Appunto perché viene
indicata una data di scadenza specifica, i certificati di deposito sono considerati titoli a
termine, a differenza dei depositi in conto corrente, che invece possono essere ritirati in
qualsiasi momento. In Italia i CD vengono emessi dalle banche in primis verso la
clientela retail a fronte di somme di denaro depositate per un certo periodo di tempo,
anche se negli ultimi anni rappresentano una frazione minima di tutta raccolta bancaria.
A livello storico, i CD nascono verso la metà del secolo scorso negli USA, dove ancora
oggi invece rappresentano una frazione importante della raccolta bancaria. Le loro
denominazioni variano da 100.000 a 10 milioni di dollari, e la loro scadenza varia da 1 a
4 mesi.

• Commercial Paper: le commercial paper sono “effetti” non garantiti (pagherò), emessi
dalle imprese con scadenza massima 270 giorni. Appunto perché non sono garantiti,
solo le società più grandi e solvibili li emettono, e il tasso di interesse che viene offerto
riflette come al solito il livello di rischio dell’emittente. In USA le scadenze sono sempre
< 270 giorni, al fine di evitare di doverli registrare presso la SEC (Securities and
Exchange Commission ), e sono concentrate maggiormente attorno alla fascia 20-45
giorni. E’ infine molto frequente che alcuni dei maggiori emittenti di commercial paper, le
distribuiscono direttamente dall’emittente all’investitore, tramite quindi collocamento
diretto, invece di essere collocate dagli intermediari finanziari nel mercato; questo
perché l’emittente riesce così a risparmiare lo 0.125% di commissioni addebitate dal
dealer. Pur tuttavia, la maggioranza degli emittenti, garantisce i titoli emessi con una
linea di credito presso una banca, cosicché se l’emittente non riesce a rimborsare o
rinnovare il titolo in scadenza, la banca gli presterà i fondi necessari, che vengono
precedentemente pattuiti con l’emittente appunto. A fronte di questa garanzia, la banca
addebita una commissione tra lo 0.5-1% agli emittenti. Infine, poiché non esiste un vero
e proprio mercato secondario per questi titoli, se un investitore deve disinvestire sarà la
banca collocatrice a riacquistare le commercial paper.

OSS sulle ABCP: le Asset-Backed Commercial Paper sono quel particolare tipo di comm
paper che hanno giocato un ruolo rilevante nella crisi dei mutui subprime del 2008. Esse
sono titoli a breve termine con scadenza pari a 30 gg, ma che in più della metà dei casi va
da 1 a 4 gg, e si differenziano dalle comm paper classiche per il fatto che sono garantite
da alcuni pacchetti di attività sottostanti. Nel 2004-2007 queste attività consistevano in
mutui cartolarizzati. Quando nel 2008 si rivelò la scarsa qualità dei mutui subprime
utilizzati per garantire le ABCP, cominciò una vera e propria fuga da questi titoli, e gli
investitori cercarono di venderli in un mercato che però ne era già saturo.

• Accettazioni bancarie: un’accettazione bancaria è una cambiale con la quale il traente


(per dire un’impresa che importa beni) ordina alla banca di pagare per suo conto al
venditore (esportatore) una determinata somma a una scadenza futura. Nel momento in
cui la banca firma, sta accettando questo “accordo”, e quindi diventa l’obbligato
principale, per cui il titolo diventa negoziabile. Le accettazioni bancarie vengono usate
per finanziare le merci che devono essere trasferite dal venditore al compratore,
soprattutto quando il primo non conosce la solvibilità della controparte. (Esempio:
supponiamo che la società Alfa voglia acquistare un bulldozer dall’azienda Komatsu in
Giappone. Questa, non spedirà mai il bulldozer senza essere pagata, perché magari
non ha mai sentito parlare della società Alfa. Allo stesso modo Alfa è riluttante e inviare
soldi in Giappone prima dell’arrivo della merce. Interviene la banca che con
l’accettazione bancaria, sostituisce la propria capacità di credito a quella del
compratore). I tassi di interesse concessi sulle accettazioni bancarie sono bassi, perché
il rischio di insolvenza è minimo.

• Eurodollaro: molti contratti in tutto il mondo prevedono il pagamento in dollari


americani, grazie alla stabilità della valuta, e per questo motivo molte società e governi
al di fuori degli USA scelgono di detenere riserve in dollari. Alcune banche offrono la
possibilità di tenere depositi denominati in dollari presso di loro: questi depositi vennero
chiamati eurodollari. Il mercato degli eurodollari ha continuato a crescere rapidamente ,
soprattutto perché il tasso di rendimento che ricevono coloro che depositano, è più
elevato su un deposito in dollari nel mercato degli eurodollari, piuttosto che nel mercato
interno statunitense. Allo stesso tempo il prenditore ottiene un tasso più favorevole,
perché le banche multinazionali non sono soggette alle stesse norme restrittive
statunitensi. Alcune grandi banche londinesi per esempio, operano nel mercato degli
eurodollari, e il tasso pagato per l’acquisto è il LIBID (London Interbank BID rate),
mentre i fondi vengono offerti per la vendita al LIBOR (London Interbank Offered Rate).
Ora, poiché sono molte le banche che partecipano a questo mercato, esso è
estremamente competitivo. Caratteristica del mercato appunto, è il fatto che i depositi in
eurodollari sono vincolati, cioè non possono essere ritirati prima di un determinato
periodo di tempo. La scadenza comune è di 24 h.

Abbiamo dunque capito come questi titoli del mercato monetario condividono molte
caratteristiche di liquidità, sicurezza e scadenza. Inoltre, come si può notare dal grafico, i
tassi su diversi strumenti del mercato monetario, tendono ad assumere un andamento
molto simile. Questo accade perché tutti hanno un rischio basso e scadenza a breve o
brevissimo termine. Appunto per queste similarità, ogni strumento può essere un sostituto
quasi perfetto dell’altro: quindi se un tasso si allontana temporaneamente dagli altri, le
forze sul mercato della domanda e dell’offerta lo correggono, facendolo tornare al livello
precedente.
CAPITOLO 21 – MERCATO OBBLIGAZIONARIO
SCOPO DEL MERCATO DEI CAPITALI
Gli operatori che usano il mercato dei capitali per i loro finanziamenti o investimenti
scelgono di prendere a prestito a lungo termine per ridurre il rischio che i tassi di interesse
aumentino prima che possano estinguere il loro debito. La maggior parte dei tassi di
interesse a lungo termine è superiore a quelli a breve, a causa del premio per il rischio.
PARTECIPANTI AL MERCATO DEI CAPITALI
Gli emittenti primari dei titoli del mercato dei capitali sono gli Stati sovrani (emette titoli di
stato, ma non emette azioni), gli enti territoriali (obbligazioni a lungo termine per finanziare
opere destinate ai servizi pubblici) e le imprese.
Le imprese emettono sia azioni sia obbligazioni, questa distribuzione determina la sua
struttura finanziaria. Possono accede al mercato dei capitali nel caso in cui non hanno
risorse per finanziare le opportunità di investimento, oppure per conservare il loro capitale.
Si nota come la disponibilità di mercati dei capitali efficienti sia essenziale per il buon
funzionamento del settore delle imprese.
SCAMBI NEL MERCATO DEI CAPITALI
MERCATO PRIMARIO
Nel mercato primario vengono collocate le nuove emissioni di azioni e obbligazioni.
Quando le società procedono al collocamento iniziale dei titoli e in occasione della
quotazione, l’emissione è chiama IPO (Initial Public Offering). Collocamenti successivi
sono semplicemente transazioni del mercato primario (seasoned offering).
MERCATO SECONDARIO
Nel mercato secondario avvengono gli scambi di titoli già in circolazione; svolge un ruolo
molto importante perché la maggior parte degli investitori intende vendere le obbligazioni a
lungo termine prima della scadenza. Ci sono due tipi di scambi: mercati regolamentati e
over-the-counter.
Gran parte delle transazioni avviene su mercati organizzati: gli scambi sono soggetti a
regole per assicurare funzionalità e correttezza nelle operazioni, queste regole vengono
riviste della società che gestiscono il mercato per tutelare la competitività e l’efficienza
nelle transazioni.
TIPI DI OBBLIGAZIONE
Le obbligazioni sono titoli che rappresentano un debito dell’emittente nei confronti
dell’investitore: impegnano l’emittente a corrispondere un importo specifico a una
determinata data (VALORE NOMINALE/VALORE A SCADENZA), generalmente con
pagamenti di interessi periodici (TASSO CEDOLARE, è fisso e non oscilla con i tassi di
interesse del mercato).
Se i termini di rimborso non vengono rispettati il possessore dell’obbligazione ha il diritto a
rivalersi sulle attività dell’emittente.
TITOLI DI STATO
Vengono emessi dal Dipartimenti del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze
per finanziare il debito pubblico italiano. La differenza tra le varie categorie risiede da un
lato nella scadenza e dall’altro nella struttura cedolare.
BOT (Buoni Ordinari del Tesoro): scadenza massima di 1 anno e sono privi di cedole
CTZ (Certificati del Tesoro Zero-coupon): titoli a tasso fisso con durata all’emissione di
24 mesi; sono emessi allo sconto (sotto la pari) e non producono cedole, il rendimento è
quindi costituito dallo scarto te prezzo di emissione e prezzo di rimborso. Aliquota di
tassazione del 12,5% applicata allo scarto di emissione al momento del rimborso.
Emissione tramite asta marginale, l’emissione sul mercato secondario si realizza al prezzo
tel quel (prezzo di negoziazione comprensivo del rateo di interesse maturato).
CCT (Certificati di Credito del Tesoro): titoli indicizzati a tasso variabile con durata
all’emissione di 7 anni. Si compone di una prima cedola fissa (importo noto già
all’emissione), alla quale seguono cedole semestrali posticipate e indicizzate al
rendimento lordo dei BOT a 6 mesi più uno spread che varia a seconda delle condizioni
dei tassi di mercato. Possono essere emessi sia sotto sia alla pari, la quotazione è al
corso secco (no rateo) mentre il rimborso in unica soluzione alla scadenza avviene alla
pari. Aliquota fiscale del 12,5% applicata alla fonte sull’importo delle cedole e sullo scarto
di emissione al momento del rimborso.
BTP (Buoni del Tesoro Poliennali): titoli a tasso fisso con cedola semestrale stabilita al
momento dell’emissione, con durata pari a 3, 5, 10, 15, 30 anni. Interesse pagabile
semestralmente in via posticipata, rimborso in un’unica soluzione alla scadenza al valore
nominale. Emissione tramite asta marginale; collocamento sia sopra, sia sotto, sia alla
pari. La negoziazione nel mercato secondario avviene al corso secco e le regole di
tassazione e di rimborso seguono quelle del CCT.
BTP€i: stesse caratteristiche del BTP, ma prevedono che le cedole semestrali e il capitale
a scadenza siano corretti per tenere conto dell’inflazione europea.
BTP Italia: indicizzano all’inflazione italiana, attraverso un meccanismo che prevede un
tasso cedolare fisso applicato sul capitale rivalutato. La sua emissione avviene con
collocamento a prezzo fisso sul MOT, attraverso dealer che hanno anche la funzione di
garantire liquidità al titolo fino a scadenza.

Una volta che sono stati emessi sul mercato primario, vengono negoziati su due mercati
secondari:
MOT  scambi al dettaglio gestito da Borsa Italiana S.p.A. Si divide a sua volta in:
DomesticMOT (negoziati i titoli di Stato italiani e i titoli obbligazionari di altri emittenti,
regolati attraverso il sistema di liquidazione nazionale Monte Titoli) e EuroMOT (negoziate
obbligazioni di emittenti esteri, sovranazionali, e le eurobbligazioni)
MTS  scambi all’ingrosso (controvalore minimo di 2,5 milioni di euro); è riservato a
operatori istituzionali quali banche e imprese di investimento sia nazionali sia estere, la
Banca d’Italia e il Dipartimento del Tesoro.
La negoziazione prevede un sistema preliminare di aste e prosegue fino al termine della
giornata secondo una modalità di negoziazione continua che si fonda sull’accoppiamento
di ordini sulla base del prezzo (price priority) e successivamente dando la priorità al
momento di immissione dell’ordine (time priority); tutte le transazioni avvengono al prezzo
risultante dall’asta stessa.
I TITOLI DI STATO hanno tassi di interesse relativamente bassi in quante presentano
rischio di insolvenza nullo o comunque relativamente contenuto.
TITOLI DI STATO INDICIZZATI ALL’INFLAZIONE: ha un tasso di interesse che non
varia nel corso della vita contrattuale. L’ammontare del capitale su cui si calcolano gli
interessi varia in funzione dell’indice dei prezzi al consumo. Alla scadenza, il titolo è
rimborsato per un ammontare che sarà il più alto tra il valore nominale all’amissione e il
valore corretto per l’inflazione. Sia il capitale rimborsato a scadenza sia le cedole pagate
semestralmente sono rivalutati sulla base dell’inflazione dell’Eurozona. Aliquota fiscale del
12,5% sugli interessi percepiti e sullo scarto d’emissione. Le cedole sono semestrali e le
scadenze iniziali sono pari a 5, 10, 15 e 30 anni. Il vantaggio è che si offrono titoli il cui
valore non sarà eroso dall’inflazione e che quindi hanno rischio molto basso.
COUPON STRIPPING
L’operazione di COUPON STRIPPING consiste nel dividere le componenti cedolari dal
valore di rimborso si un titolo con cedole. La componente di rimborso a scadenza senza
cedole si chiama mantello, mentre ogni singola cedola che forma un titolo a sé stante
viene detto STRIPS (Separate Trading of Registered Interest and Principal Security).
Vengono richieste alla Monte Titoli S.p.A. e coinvolgono soltanto titoli di Stato a tasso fisso
non rimborsabili anticipatamente.
Il termine “smaterializzato” significa che i titoli sono emessi e registrati in forma elettronica;
questo avviene sia nel caso dello stripping, sia nel caso del ricongiungimento (il mantello
si ricongiunge con le cedole). Dopo lo stripping, ogni componente ha un proprio codice
identificativo e può essere conservata o scambiata separatamente.
Gli STRIPS vengono anche chiamati TITOLI SENZA CEDOLA perché l’unica volta in cui
un investitore riceve pagamenti è alla scadenza.
VANTAGGI: rendimenti certi; flessibilità in termini di miglioramento delle possibili
scadenze; semplicità per gli investitori che non devono gestire flussi intermedi
SVANTAGGI: aumento del rischio; liquidità minore.
Gli operatori che necessitano di ottenere pagamenti certi a scadenze future acquisteranno
il mantello, mentre altri operatori preferiranno le scadenze relative alle cedole.
MECCANISMI DI COLLOCAMENTO DEI TITOLI DI STATO ITALIANI E DELLE
OBBLIGAZIONI
Ogni emittente deve scegliere la modalità migliore che consenta di raggiungere un
accordo fra il prezzo di collocamento e i volumi. Esistono diverse modalità:
PRIVATE PLACEMENT: la stessa azienda contatta i potenziali investitori, insieme ai quali
vengono stabilite le caratteristiche stesse dei titoli.
COLLOCAMENTO A FERMO: l’emittente comunica al mercato le condizioni in termini sia
di volume sia di prezzi dei titoli. Gli acquirenti fanno pervenire le loro richieste di titoli in un
lasso temporale ridotto, spesso una settimana. In questo caso l’emittente corre il rischio di
avere valutato male l’appetibilità dell’obbligazione.
COLLOCAMENTO A RUBINETTO: l’emittente fissa solo il prezzo dei titoli ma non la
quantità. Il periodo per far pervenire le richieste è spesso ampio. Qui non c’è incertezza
sul costo del finanziamento, ma sul volume di risorse che si otterranno (rischi minori).
COLLOCAMENTO CON ASTA: meccanismo utilizzato in Italia per i titoli di Stato. Prevede
che vengano fissati i volumi e non i prezzi, i quali scaturiscono dall’interazione fra l’offerta
e le proposte in termini di volume e prezzo fatte nella fase di richiesta dagli intermediari
che partecipano all’asta. Esistono due tipologie: ASTA MARGINALE (BTP, CTZ, CCT) e
ASTA COMPETITIVA (BOT); la differenza è che nell’asta competitiva ogni investitore
assegnatario di una quota dei titoli emessi pagherà il prezzo offerto e non quello dell’ultima
richiesta soddisfatta  NON esiste un prezzo UNICO in quanto ogni partecipante paga il
prezzo offerto.
Al termina dell’asta viene calcolato il PMP (prezzo medio ponderato), ponderando i diversi
prezzi per le quantità aggiudicate; questo sarà il prezzo che gli intermediari partecipanti
devono applicare ai clienti che hanno fatto richiesta di acquisto di quei titoli  intermediari
offriranno prezzi più bassi, è un vantaggio nel momento in cui gli intermediari devono
soddisfare le richieste dei clienti e non possono correre il rischio di non risultare
assegnatari della quota necessaria per farlo, quindi alcune offerte saranno proposte a
prezzi elevati, avvantaggiando l’emittente.
OBBLIGAZIONI DEGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI
Le obbligazioni degli enti pubblici territoriali sono titoli obbligazionari di medio-lungo
termine emessi da enti locali: BOC (Buoni Ordinari Comunali), BOP (Buoni Ordinari
Provinciali) e BOR (Buoni Ordinari Regionali). I fondi ottenuti sono destinati a opere
pubbliche destinate a erogare servizi pubblici le cui tariffe avranno i seguenti criteri:
economicità, equilibrio tra finanziamenti raccolti e investimenti effettuati, capacità
reddituale dell’investimento (sostenere attraverso i ricavi tutti i costi di gestione).
Le caratteristiche di questi titoli sono definite per legge:
- Durata non inferiore a 5 anni
- Collocati alla pari
- Interessi in regime di tasso fisso o variabile
- Il loro rendimento fisso di imposta per i sottoscrittori del prestito non può essere
superiore al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata emessi nel mese
precedente maggiorato di un punto percentuale
I titoli locali e regionali non godono della garanzia dello Stato, ma i meccanismi di
pagamento delle rate di capitale e degli interessi predisposti dalla legge sono tali da
assicurare il rimborso del prestito in condizioni di normale operatività dell’ente emittente,
benché possano rivelarsi insufficienti in caso di grave crisi economico-finanziaria dello
stesso. Inoltre, a tenere basso il rischio contribuisce anche l’assenza di legame con la
redditività dell’investimento che finanziano.
Il ricorso al mercato dei capitali da parte delle amministrazioni locali e regionali in Europa è
limitato, a differenza degli Stati Uniti.
OBBLIGAZIONI SOCIETARIE
Le obbligazioni societarie sono i titoli emessi da imprese private operanti nei vari settori di
appartenenza (in Italia i principali emittenti sono le banche). Se una società ha bisogno di
capitali a lungo termine, può indebitarsi ed emettere obbligazioni, recependo risorse
finanziarie stabili da rimborsare nel medio-lungo termine, in assenza di un particolare
vincolo delle risorse acquistate. Il contratto obbligazionario stabilisce i diritti e le facoltà del
creditore e gli obblighi del debitore.
Gli obbligazionisti non partecipano all’attività gestionale in quanto non hanno diritto di voto
nelle assemblee, contrariamento agli azionisti.
In Italia per poter emettere un prestito obbligazionario le imprese devono essere costituite
nella fora di società per azioni o società a responsabilità limitata (sottoposte a vincoli molto
stringenti).
La rischiosità di questi titoli varia da un’emissione all’altra, perché il rischio di insolvenza
dipende dalle condizioni economiche e patrimoniali dell’azienda. A sua volta il tasso di
interesse sulle obbligazioni societarie muta con il livello di rischio, quindi dipenderà dalle
caratteristiche dell’obbligazione stessa.
A tutela degli obbligazionisti gli emittenti devono rispettare obblighi informativi e limiti
dimensionali che variano a seconda del tipo di società: le banche e le società con azioni
quotate e le cui obbligazioni saranno oggetto di quotazione in un mercato regolamentato
non hanno nessun limite dimensionale; per le altre società il valore delle obbligazioni non
può superare il doppio dei mezzi propri. Inoltre, le società emittenti sono tenute alla
pubblicazione del prospetto informativo dove sono contenute tutte le informazioni relative
all’emittente e al prestito obbligazionario stesso.
AZZARDO MORALE  i responsabili finanziari vengono assunti, licenziati e retribuiti dal
Consiglio di Amministrazione (azionisti), quindi essendo interessati maggiormente alla
tutela di quest’ultimi, potrebbero non utilizzare i fondi forniti dalle obbligazioni come
desidererebbero i possessori delle stesse, che non possono sorvegliare i responsabili 
CLAUSOLE RESTRITTIVE: patto accessorio a un contratto di finanziamento con cui il
debitore si impegna a tenere comportamenti correlati alla garanzia della restituzione della
somma erogata. Una clausola comporta:
- vincola il debitore a mantenere determinati quozienti di bilancio, imponendo anche un
obbligo di fornitura di informazioni ai finanziatori (profilo patrimoniale ed economico-
finanziario del debitore); indica un indicatore sintetico complessivo più facile da monitorare
per i finanziatori esterni
- può considerare anche parametri qualitativi relativi agli investimenti, influendo così sulle
scelte di gestione dell’emittente
- vincola la politica dei dividendi al fine di evitare trasferimenti di ricchezza dai creditori agli
azionisti tramite la riduzione della consistenza dei mezzi propri conseguente alla
sistematica distribuzione dell’utile
Le più comuni riguardano i tempi di pagamento di cedole e quote capitale.
Oltre alle clausole restrittive esistono anche: garanzie che tutelano il creditore, clausole di
conversione, clausole di rimborso anticipato e clausole di subordinazione in caso di
insolvenza dell’emittente.
Ci sono varie tipologie di obbligazioni societarie che si distinguono per la forma di garanzia
che tutela il creditore e per l’ordine nel quale il titolo sarà rimborsato in caso di insolvenza:
OBBLIGAZIONI A TASSO FISSO E VARIABILE: in caso di OBBLIGAZIONE A TASSO
FISSO (straight bond) le cedole erogate nel corso della vita del prestito sono del
medesimo ammontare; il tasso può essere lo stesso per tutta la durata del prestito oppure
può subire variazioni in aumento (obbligazioni step up) o in diminuzione (obbligazioni step
down). In caso di OBBLIGAZIONI A TASSO VARIABILE le cedole variano nel corso della
vita del prestito e sono calcolate sulla base di un parametro di indicizzazione (indicatori
aventi misura monetaria, finanziaria, valutaria o reale). Tradizionalmente l’indicizzazione è
diretta, all’aumentare del parametro aumentano le cedole.
L’OBBLIGAZIONE DROP LOCK sono titoli emessi inizialmente a tasso variabile, tale
tasso si trasforma automaticamente in un tasso fisso qualora il meccanismo di
indicizzazione porti il tasso di interesse nominale al di sotto di una soglia prestabilita
(trigger rate). Sulle cedole successive alla trasformazione è corrisposta una
remunerazione già fissata al momento dell’emissione a un livello pari o superiore a quello
del trigger rate.
OBBLIGAZIONI GARANTITE E NON GARANTITE: le OBBLIGAZIONI GARANTITE
(covered bond) hanno un’affidabilità rafforzata da una garanzia implicita; quindi, sono
meno rischiose di obbligazioni non garantite paragonabili, motivo per cui avranno un tasso
di interesse più basso. Le OBBLIGAZIONI NON GARANTITE sono obbligazioni a lungo
termine supportate soltanto dalla solvibilità generale dell’emittente; nessuna garanzia
specifica viene impegnata per rimborsare il debito. Di solito vengo associate ad un
contratto che ne stabilisce i termini e le responsabilità dell’amministrazione dell’emittente;
hanno una bassa priorità di rimborso e di conseguenza un tasso di interesse più elevato.
OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI: sono quelle obbligazioni che possono essere convertite
in azioni ordinarie; il fatto che l’impresa conceda all’investitore ulteriori opzioni/facoltà
rende questi titoli più appetibili e ciò consente di ridurre il rendimento che deve essere
riconosciuto agli investitori.
La convertibilità delle obbligazioni consente ai loro possessori di partecipare all’incremento
di prezzo dell’azione. La maggior parte delle obbligazioni convertibili prevede che ciascuna
di esse possa essere convertita in un certo numero di azioni ordinarie. Il tasso di
conversione sarà tale che il prezzo delle azioni dovrà aumentare in modo notevole prima
che questa possa avvenire convenientemente.
L’emissione di obbligazioni convertibili è un modo per l’azienda di evitare di trasmettere un
segnale negativo al mercato in quanto questo avviene se i manager pensano che
l’azienda darà buoni risultati in futuro. La facoltà di conversione viene spesso sottoposta a
vincoli che rendono le obbligazioni molto differenti tra loro:
- conversione diretta  l’obbligazionista potrà convertire secondo un preciso rapporto le
proprie obbligazioni in azioni della società emittente
- conversione indiretta  l’investitore avrà la possibilità di convertire le obbligazioni in
azioni di una società diversa da quella emittente
È previsto un periodo di conversione, ossia un arco di tempo entro il quale la conversione
può essere effettuata; si tratta in genere di periodi in prossimità di particolari eventi
societari.
Può anche essere prevista la facoltà da parte dell’emittente di rimborsare i titoli
obbligazionari anticipatamente riconoscendo all’investitore, oltre al capitale, anche gli
interessi maturati sino a quel momento (clausola callable). Questa clausola è soggetta a
vincoli temporali, condizioni riguardanti il prezzo dell’azione sottostante o vincoli che
concernono altri avvenimenti che influiscano sull’emittente. Si deve considerare che il
prezzo di emissione non può essere inferiore al valore nominale che rappresenta il valore
di rimborso dell’obbligazione a scadenza se non si esercita l’opzione.
VANTAGGI:
-priorità di rimborso del valore nominale del prestito convertibile rispetto al capitale in caso
di fallimento
-rischio d’investimento inferiore a quello diretto nell’azione detta di compendio, in quanto la
struttura ibrida fa da cuscinetto nel caso in cui si verifichi un forte ribasso dell’azione
sottostante
-permettono di sfruttare la fase rialzista sul titolo azionario di compendio, in particolare se
si pone al di sopra del prezzo di conversione
SVANTAGGI:
-se il mercato azionario e obbligazionario scendono contemporaneamente il titolare risulta
penalizzato da un diritto di conversione che non può esercitare e da un’obbligazione il cui
rendimento è inferiore a quello offerto da obbligazioni ordinarie
OBBLIGAZIONI CUM WARRANT: (simili alle obbligazioni convertibili) l’investitore
sottoscrive due strumenti, l’obbligazione tradizionale e un warrant. Quest’ultimo ha
contenuto opzionale e consente all’investitore di sottoscrivere in tempi, modi e condizioni
prestabilite titoli azionari dell’impresa emittente. L’obbligazionista ha la possibilità di
effettuare un investimento aggiuntivo, divenendo anche azionista, a condizioni prefissate.
Il warrant ha una vita autonoma rispetto al titolo obbligazionario principale; in Italia hanno
durata intorno ai 4-5 anni e consentono l’acquisto di azioni prevalentemente ordinarie
appartenenti alla stessa società che emette le obbligazioni. Le azioni acquistabili sono
dette di “compendio”; mentre sul warrant viene specificato il prezzo di esercizio, il rapporto
di esercizio e il periodo di esercizio (tipo continuo).
Sul mercato possono essere scambiati contemporaneamente l’obbligazione cum warrant,
il warrant da solo e l’obbligazione ex warrant.
OBBLIGAZIONE CALLABLE: obbligazioni che includono una clausola della DIRITTO DI
RIMBORSO ANTICIPATO; si utilizzano per diverse ragioni:
- autorizzano l’emittente a costringere il possessore delle obbligazioni richiamabili
(callable) ad accettare il rimborso. Questo diritto prevede un intervallo tra il momento in cui
l’obbligazione viene emessa inizialmente e quello in cui può essere richiamata. Il prezzo
pagato ai possessori delle obbligazioni in caso di rimborso equivale al valore nominale
delle stesse o leggermente più alto (tassi di interesse di mercato aumentano  prezzo
obbligazione aumenta, quando supera quello di chiamata la società richiamerà
l’obbligazione)
- rendono possibile il riacquisto dei loro titoli secondo termini del cosiddetto fondo di
ammortamento (condizione secondo la quale la società deve accantonare ogni anno una
parte dell’obbligazione emessa  riduce la probabilità di insolvenza  la società abbassa
il tasso di interesse da pagare)
- le aziende potrebbero essere costrette a ritirare un’emissione di obbligazioni qualora le
sue clausole restrittive impedissero di esercitare una determinata attività che potrebbe
essere nell’interesse degli azionisti
- un’azienda potrebbe decidere di richiamare le obbligazioni qualora desiderasse
modificare la struttura del proprio capitale
OBBLIGAZIONI SUBORDINATE: sono titoli in cui il pagamento delle cedole ed il
rimborso del capitale, in caso di difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla
soddisfazione degli altri creditori non subordinati o subordinati di livello inferiore
(dovrebbero rendere di più di un titolo non subordinato).
Nelle banche, con l’introduzione della disciplina europea del BAL-IN, esistono questi tipi:
- Lower Tie 2: livello più basso di subordinazione. Gode di proprietà in caso di
liquidazione dell’emittente; le cedole, fisse o variabili, vengono pagate alla data prevista e
sono bloccate solo in caso di insolvenza della società emittente; scadenza tra 5 e 10 anni
- Tier 3: stesso livello di subordinazione, ma scadenza inferiore a 5 anni
- Upper Tier 2: livello successivo di subordinazione; più rischiose in quanto l’emittente può
bloccare le cedole in caso di profitti insufficienti o in caso di sospensione dei pagamenti di
dividendi sulle azioni ordinarie, queste cedole bloccate vengono cumulate e corrisposte
una volta tornate ristabilite le condizioni
- Tier 1: massimo livello di subordinazione; tipologia più rischiosa in quanto il pagamento
delle cedole può essere annullato e inoltre in caso di perdite il capitale da rimborsare viene
decurtato, pro-quota, di queste perdite; sono titoli senza scadenza, anche se l’emittente ha
la facoltà di rimborso anticipato dopo 10 anni dall’emissione
OBBLIGAZIONI STRUTTURATE: obbligazioni che presentano un’indicizzazione di
interessi e rimborso all’andamento dei prezzi di azioni o indici, oppure sono caratterizzate
da particolari opzioni a favore dell’emittente o del sottoscrittore. Due esempi sono:
-obbligazioni reverse floater: forma di indicizzazione indiretta (aumento del parametro 
diminuzione tasso di interesse nominale); sono titoli a lungo termine con cedole iniziali
elevate rispetto ai tassi correnti di mercato, dopo un certo numero di cedole il tasso di
interesse da fisso diventa variabile. Indicizzazione inversa, poiché è ottenuta come
differenza tra un livello massimo di tasso prefissato e il parametro
-obbligazioni index-equity linked: parametro di indicizzazione peculiare rappresentato
da un indice azionario (index linked) o da un’azione o un paniere di azioni (equity linked);
l’investitore può partecipare alla rivalutazione di un paniere o di un indice, cui si
contrappone però una remunerazione a titolo di interesse inferiore ai livelli medi presenti
sul mercato; combina al titolo obbligazionario un’opzione call sull’indice o titolo sottostante
RATING DELLE OBBLIGAZIONI (+leggere paragrafo obbligazioni spazzatura pag.534)
Le obbligazioni vengono valutate da varie agenzie di rating che valutano le caratteristiche
finanziarie dell’emittente ed esprimono un giudizio riguardo alla possibilità di insolvenza.
Un’obbligazione con valutazione AAA (Aaa) ha il livello di affidabilità più elevato possibile;
quelle con livello inferiore a BBB (Baa) sono considerate speculative e vengono chiamate
obbligazioni spazzatura (junk bond).
GARANZIE FINANZIARIE DELLE OBBLIGAZIONI
Gli emittenti di titoli finanziariamente più deboli acquistano spesso GARANZIE
FINANZIARIE, fornite dalle più grandi compagnie di assicurazione, per ridurre il rischio
delle loro obbligazioni, in quanto assicurano che il prestatore sarà ripagato sia del capitale
sia dell’interesse in caso di insolvenza dell’emittente. Tali garanzie fanno si che la
valutazione del credito dell’assicuratore si sostituisce a quella del credito dell’emittente; ne
consegue una diminuzione di rischio che riduce il tasso di interesse richiesto dai
compratori. Gli emittenti devono corrispondere un compenso alle compagnie di
assicurazione per ottenere questa garanzia, hanno quindi significato quando il costo
dell’assicurazione per l’emittente è inferiore al risparmio di interesse che ne risulta.
J.P. Morgan ha introdotto i CDS (Credit Default Swap) un nuovo strumento che garantisce
contro le insolvenze sul rimborso del capitale e sui pagamenti degli interessi di un titolo di
debito.
Nel 2000 il Congresso statunitense approvò il Commodity Futures Modernization Act, che
deregolamentò il mercato degli strumenti derivati inclusi i CDS; ai singoli Stati fu vietato di
rafforzare qualunque legge che ponesse vincoli alla negoziazione di questo tipo di titoli.
Agli investitori era concesso di speculare sulla possibilità di insolvenza di titoli che
nemmeno possedevano. Venne rimossa ogni restrizione in merito ai prodotti derivati, gli
speculatori potevano legalmente scommettere sul default futuro di un titolo o di
un’impresa. Dal 2000 al 2008 i principali protagonisti nel campo dei CDS erano AIG,
Lehman Brother e Bear Stearns.
CONTROLLO DEI MERCATI OBBLIGAZIONARI
Le obbligazioni vengono trattate anche over the counter e in questi mercati i dettagli delle
transazioni non sono sempre visibili al pubblico. Per risolvere questo problema, in Europa,
la MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) richiede che le imprese di
investimento comunichino i dettagli delle operazioni riguardanti gli strumenti finanziari
all’autorità competente il più rapidamente possibile (transaction reporting). In Italia la
CONSOB ha progettato un sistema denominato Transaction Reporting per la ricezione e
l’invio delle informazioni relative alle operazioni su strumenti finanziari ammessi alla
negoziazione nei mercati regolamentati dell’Unione Europea. Negli Stati Uniti nel 2002 la
Securities and Trae Commission ha creato il TRACE (trade reporting and compliance
engine) con due obiettivi: definire regole che stabiliscano quali transazioni debbano essere
rese pubbliche; realizzare una piattaforma di trading che renda disponibili i dati delle
transazioni. Il TRACE è controllato dalla FINRA (financial industry regulatory authority).
Le violazioni più comuni delle regole avvengono in tema di riciclaggio di denaro,
distribuzione di titoli, qualità dei mercati, relazioni e documenti contabili, pratiche di vendita
e supervisione.
CALCOLO DI RENDIMENTO E PREZZO DELLE OBBLIGAZIONI
RENDIMENTO CORRENTE
Il RENDIMENTO CORRENTE (current yield) è un’approssimazione a scadenza per
obbligazioni con cedola e si calcola come:
C cedola annua
ic= =
P prezzo dell obbligazione con cedola
'

Il rendimento corrente approssima meglio il rendimento a scadenza quando il prezzo


dell’obbligazione è vicino al valore nominale del titolo e la scadenza dell’obbligazione è
lunga. La qualità dell’approssimazione peggiora quando il prezzo dell’obbligazione si
allontana dal valore nominale e la scadenza del titolo è di breve-medio periodo. Inoltre,
una variazione del rendimento corrente segnala sempre una variazione nella stessa
direzione del rendimento a scadenza.
PREZZO DI OBBLIGAZIONI CON CEDOLA
TEORIA GENERALE ALLA BASE DEL CALCOLO DEL PREZZO DI QUALSIASI
ATTIVITÀ FINANZIARIA: il prezzo corrente è il valore attuale di tutti i flussi di cassa futuri.
Il prezzo corrente deve essere tale che per l’investitore risulti indifferente continuare a
ricevere flussi di cassa forniti dall’attività oppure ricevere il prezzo offerto in acquisto.
Passaggi su come determinare il valore di un titolo:
1. individuare i flussi di cassa risultanti dal possesso del titolo
2. determinare il tasso di sconto richiesto dall’investitore come compenso per la
detenzione del titolo
3. calcolare il valore attuale dei flussi di cassa stimati al passaggio 1 usando il tasso di
sconto determinato al passaggio 2
Nel caso specifico di un’obbligazione dobbiamo ricordare che un’obbligazione solitamente
paga interessi semestrali di importo pari al tasso cedolare per il valore nominale del titolo.
Alla scadenza dell’obbligazione, il soggetto che la detiene riceverà anche una somma pari
al valore nominale. Il primo passaggio per determinare il prezzo è quello di individuare i
flussi di cassa che il detentore del titolo riceverà; il prezzo dell’obbligazione è, infatti, il
valore attuale di questi flussi di cassa. Nel secondo passaggio si scontano i flussi di cassa
a oggi usando un tasso di interesse che rappresenta il rendimento corrente disponibile su
altre obbligazioni con rischio e scadenza simili. In particolare, il prezzo viene calcolato
come:
C C C
2 2 2 F
Psemi= + +…+ +
( ) ( ) ( )
i i
2
i
2n
i
2n
1+ 1+ 1+ 1+
2 2 2 2
C: cedola annuale
F: valore nominale dell’obbligazione
n: anni alla scadenza del titolo
i: tasso di interesse annuo di mercato
Quando l’obbligazione è negoziata a un valore inferiore al valore nominale, si dice che è a
sconto. Quando il prezzo di mercato è superiore al valore nominale, invece, si dice che il
titolo è a premio.
All’aumentare dei tassi di interesse di mercato il valore di obbligazioni a tasso cedolare
fisso diminuisce; analogamente, al diminuire dei tassi di interesse di mercato, il valore di
obbligazioni a tasso cedolare disso aumenta.

Capitolo 22
Un’azione è un titolo rappresentativo della partecipazione al capitale di una società, essa
è cioè rappresentativa di quote del capitale sociale. La partecipazione azionaria
rappresenta un importante meccanismo di finanziamento delle imprese, perchè
designabile agli investimenti a lungo termine in quanto la società non ha nessun obbligo di
restituzione.
Gli investitori possono ottenere un rendimento in due modi: o perchè il prezzo delle azioni
aumenta nel tempo o perchè la società paga dividendi. Le azioni sono più rischiose
rispetto alle obbligazioni perchè gli azionisti hanno una priorità subordinata a quelle delle
obbligazioni, i rendimenti sono meno sicuri dato che i dividendi possono essere variabili,
gli incrementi di prezzo delle azioni non sono garantite. E’ possibile però realizzare dei
guadagni elevati e non hanno scadenza. L’azionista detiene determinati diritti sulla società
emittente: uno consiste nella posizione di residual claimant cioè ha il diretto ad ottenere
tutte le attività e redditi che rimangono dopo che ogni altro finanziatore è stato soddisfatto.
L’azionista ha inoltre diritti di natura amministrativa e di controllo, ha infatti il diritto al voto
per la nomina del Consiglio di Amministrazione, modifiche allo statuto sociale, emissione
di nuove azioni ecc.
Una società può emettere azioni diverse che si differenziano in base a dei specifici diritti
amministrativi e patrimoniali che incorporano:
• Azione ordinaria (common stock): Rappresenta una quota di proprietà della società
emittente. Gli azionisti ordinari godono di diritto di voto pieno, cioè possono votare sia in
assemblee ordinarie che straordinarie. La remunerazione delle azioni ordinarie è incerta
poiché dipende dal risultato economico della gestione, gli azionisti ricevono dividendi nel
caso in cui la società decide di procedere alla distribuzione.
• Azione privilegiata (preferred stock): E’ un titolo azionario sia dal punto di vista
giuridico che fiscale. A differenza dell’azione ordinaria gode di prelazione (diritto di
preferenza) nel reparto degli utili e nel rimborso del capitale. Essa riceve un dividendo
minimo statutario, che è pari o superiore a quello delle azioni ordinarie, dunque assume
un tratto in termini di diritti patrimoniali simile ad una obbligazione. Siccome i dividendi
sono relativamente fissi, il prezzo delle azioni è relativamente stabile. Gli azionisti
privilegiati votano solo per questioni attinenti ai loro diritti patrimoniali e hanno diritti
prioritari rispetto alle azioni ordinarie ma subordinate rispetto ai diritti dei creditori.
• Negli ultimi anni le possibilità di scelta da parte delle società sono aumentate, cioè
possono scegliere di emettere azioni con diritto di voto limitato a specifici argomenti,
oppure delle azioni che attribuiscono un privilegio patrimoniale rispetto alle azioni
ordinarie. Un esempio sono le azioni di risparmio, che sono favorite dal punto di vista
patrimoniale si in termini di dividendi che priorità di rimborso, sono prive di voto.
L’obiettivo delle società che emettono queste azioni è quello di prendere risorse
finanziarie rivolgendosi per lo più a soggetti che non hanno interesse nella
partecipazione attiva nella gestione della società, ma sono attratti dal rendimento offerto.

Mercato azionario
Il mercato azionario è il luogo (non necessariamente fisico) dove sono negoziati i titoli
azionari. Si distingue il mercato primario, dove sono collocate le azioni di nuove
emissione, dal mercato secondario, dove sono negoziati i titoli già in circolazione. I
mercati secondari si dividono in mercati regolamentati e mercati OTC (over the counter)
cioè non regolamentati; tuttavia negli ultimi anni questa distinzione si sta facendo meni
netta.
Con riferimento mercato europeo, in seguito all’adozione della direttiva MiFID II e del
regolamento MiFIR, si delinea la distinzione tra mercati pubblici e mercati privati. Nei
mercati pubblici rientrano i mercati regolamentati in senso stretto, più le strutture di
negoziazione elettroniche come MTF (Multilateral Trading Facility) e OTF (Organised
Trading Facility) che hanno una regolamentazione più leggera. I mercati privati
rappresentano invece l’area delle negoziazioni fuori dai canali ufficiali. Il mercato
regolamentato fa riferimento ad alcuni requisiti:
• Le condizioni di funzionamento per quanto riguarda le modalità di negoziazione, i
meccanismi di fissazione dei prezzi e le forme di regolamentazione degli scambi;
• Le regole di ammissione degli emittenti e degli strumenti finanziari alla quotazione e alle
negoziazione;
• Le regole di trasparenza e di tutela degli investitori,
• L’approvazione da parte delle autorità di vigilanza del regolamento deliberato alla
società di gestione e che dà attuazione operativa ai punti sopra.

In Italia, il mercato di borsa è regolamentato secondo le norme comunitarie e nazionali e fa


capo a Borsa Italiana, che ha il compito di definire le regole di funzionamento del mercato
e di organizzarne e dirigere l’attività. Borsa italiana è un soggetto privato, facente capo ad
azionisti privati. Le principali borse mondiali sono vere e proprie imprese, animate da
strategie competitive molto aggressive, finalizzate alla conquista di quote di mercato e alla
generazione di profitti per azionisti. Si ha dunque un processo di concentrazione in atto fra
borse di diversi paesi, sia attraverso operazioni amichevoli sia con takeover ostili.
Borsa Italiana si articola in diversi mercati:
• MTA - mercato telematico azionario: è il mercato più importante, si articola in diversi
segmenti tra i quali Blue Chip che è dedicato alle società con capitalizzazione superiore
ad 1 miliardo; STAR in cui sono incluse le medie imprese che soddisfano requisiti di alta
trasparenza informativa, liquidità e corporate governance, e Standard. I principali indici
di MTA sono: FTSE MIB, FTSE Italia STAR, FTSE Italia All Share.
• MIV - mercato telematico degli investimenti Vehicles: è un mercato regolamentato
dedicato alle azioni e agli strumenti emessi dai “veicoli di investimento”. Si tratta di
formule speciali contrattuali o societarie dedicata modalità di investimento del risparmio
altamente specializzate.
• AIM Italia - è il mercato azionario rivolto alle società di dimensioni minori e
caratterizzate da un alto potenziale di crescita. Dal punto di vista tecnico è un MTF,
dunque è regolamentato dalla Borsa Italiana e non sottoposto alla vigilanza della
CONSOB. Si distingue dal mercato principale dal punto di vista dei requisiti informativi
per le società quotate: non implica la pubblicazione dei prospetti informativi e non è
richiesta la pubblicazione dei dati societari trimestrali. Il fatto di essere attrattivo sul
piano dei costi e della semplicità dei requisiti ci fa capire perchè si rivolge a piccole e
medie imprese.
Sul mercato MTA le negoziazioni avvengono attraverso un circuito telematico a cui
possono accedere solo gli intermediari autorizzati. Solitamente le negoziazioni hanno
luogo per conto di terzi, cioè attraverso intermediari finanziari, ma possono operare anche
intermediari per conto proprio come dealer. L’MTA opera attraverso numerose norme di
standardizzazione degli scambi, in parte che riguarda il meccanismo di regolamento, cioè
la liquidazione del prezzo e la consegna dei titoli. Per quanto riguarda la frequenza delle
negoziazioni, MTA utilizza uno schema misto, in cui operano sia il meccanismo dell’asta
a chiamata che il criterio della negoziazione continua (che è quello prevalente). Il
meccanismo dell’asta viene utilizzato nella fase iniziale della giornata, in cui si procede
alla definizione di un prezzo di apertura, che deriva dall’incontro tra domanda e offerta e
offre un segnale di tendenza per l’avvio della negoziazione continua. Nella fase finale della
giornata si ha invece l’asta di chiusura. Per quanto concerne la formazione del prezzo, i
prezzi sono diversi per ogni scambio concluso. MTA è infatti un mercato order driven in
cui i compratori e i venditori si incontrano direttamente (senza intermediario) e il prezzo si
determina come incrocio delle loro negoziazioni. Per capire l’andamento generale della
giornata viene definito un prezzo ufficiale determinato come media aritmetica di tutti i
prezzi effettivamente stipulati nel corso della giornata, ponderati con le quantità relative ad
ogni singolo scambio. Inoltre per offrire un’immagine sintetica della tendenza conclusiva
della giornata di scambi si calcol