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CAPITOLO 2
Sistema Finanziario: uno sguardo d’insieme
Nel precedente capitolo abbiamo già parlato di come gli intermediari e i mercati finanziari,
rappresentino quel meccanismo di trasferimento fondi, dagli operatori surplus a quelli
deficit. Possiamo schematizzare questo concetto in questo modo:
• Nel circuito diretto, gli operatori in deficit (prenditori di fondi) prendono a prestito i
fondi direttamente dagli operatori in surplus (datori di fondi), sul mercato finanziario,
tramite l’emissione di strumenti finanziari. Quest’ultimi rappresentano attività per chi li
acquista, e passività per chi li emette. In realtà, a causa di una serie di problematiche
legate per esempio alle diverse preferenze dei prenditori/datori di fondi, lo scambio
diretto sui mercati finanziari è difficile. Per questo si parla di circuito indiretto
• Dopo la transazione, e in questo caso si parla di azzardo morale: si tratta del rischio
che il prenditore di fondi possa compiere azioni che aumentino la sua probabilità di
insolvenza, cosa chiaramente non gradita al datore di fondi. L’azzardo morale riduce
dunque la probabilità che il prestito venga rimborsato, e per questo i datori potrebbero
decidere di non concederlo (prestiti impiegati in scommesse)
• Mercato dei titoli di debito e mercato dei titoli azionari: un’azienda può raccogliere
fondi sul mercato finanziario, in due modi: 1) la maniera più comune è l’emissione di
uno strumento di debito, come l’obbligazione. In generale esistono differenti
strumenti di debito, in base alla loro durata; si parla di strumenti di debito a breve-
medio-lungo termine se la loro scadenza è rispettivamente inferiore a 1 anno, compresa
tra 1 e 10, e maggiore di 10 anni 2) emissione di azioni, che come ricordiamo sono
diritti su una quota dell’utile netto (reddito al netto dei costi e delle tasse).
Dopo aver ampiamente parlato del sistema finanziario in generale, dobbiamo spiegare 8
fenomeni di base per capire il suo funzionamento da vicino:
1) Le azioni non sono la principale fonte di finanziamento esterno per le aziende: al
giorno d’oggi l’attenzione dei media è spesso rivolta al mercato azionario, anche se come
appena detto, le azioni non “dominano”. Se facciamo riferimento al caso degli USA, le
azioni rappresentano infatti solo l’ 11% dei finanziamenti esterni delle aziende
6) Solo le aziende grandi hanno facile accesso ai mercati dei titoli per finanziare le
proprie attività
7) La presenza di una garanzia reale è una caratteristica molto diffusa nei prestiti
bancari: questa garanzia reale non è altro che un bene di cui la banca può disporre nel
caso in cui il debitore non riesca a onorare il debito.
8) I titoli di debito sono molto complessi, tanto da porre limitazioni al debitore : sia i
prestiti che le obbligazioni diventano sempre lunghissimi e complicatissimi contratti dotati
delle clausole restrittive, che pongono appunto alcuni limiti alle attività del debitore
Abbiamo già parlato nello scorso capitolo dei costi di transazione, ma possiamo citare un
altro metodo per abbassare questi costi: le economie di scala. Queste consistono nel
riunire insieme fondi di molti investitori, proprio perché via via che aumenta la “scala” delle
operazioni, i costi di transazione crescono molto poco. Per capirci, in quest’ottica il costo
per l’acquisto di 10000 azioni non è poi così diverso da quello per l’acquisto di 50 azioni.
L’esempio di un intermediario finanziario che realizza economie di scala è il fondo
comune di investimento, in cui appunto confluiscono i fondi di un numero elevato di
persone. L’intero patrimonio viene dunque investito in obbligazioni e azioni, e il rendimento
al netto dei costi di transazione (più bassi), è potenzialmente più elevato di quello che
otterrebbe il singolo individuo.
Il premio Nobel George Akerlof, portò un esempio del problema della selezione avversa,
e di quanto essa influisca negativamente sul mercato: il “problema dei bidoni”. Se ci
poniamo nell’ambito del mercato delle auto usate, è chiaro che gli acquirenti non sono in
grado di valutare con certezza la qualità dell’auto in vendita. Dunque il prezzo pagato da
un soggetto di questo tipo rifletterà quello medio sul mercato, ovvero sarà un prezzo di
“mezzo” tra quello pagato per un “bidone” e quello pagato per un auto usata di qualità
eccellente. Al contrario, il proprietario dell’auto in vendita sa benissimo se questa è un
bidone o no, perciò se così fosse, il proprietario sarà felicissimo di aver venduto il suo
catorcio ad un prezzo in realtà medio, offerto appunto dall’acquirente; se invece l’auto
fosse in buone condizioni, il proprietario non cederebbe mai la sua auto per una cifra
“media” che non rispecchia il vero valore dell’auto appunto. Questo comporta che sul
mercato saranno vendute poche auto usate di buona qualità, e invece molti “bidoni”. E’
chiaro che il problema si risolverebbe se entrambe le parti (acquirente e venditore)
avessero le stesse informazioni sulla qualità dell’auto. Infatti i proprietari di auto di buona
qualità saranno disposti a vendere dato che l’acquirente offrirebbe stavolta un prezzo più
alto, proprio perché conosce con certezza il vero stato dell’auto. Lo stesso esempio può
essere generalizzato al mercato obbligazionario e azionario. Come notiamo, la soluzione
al problema di selezione avversa, è chiaramente fornire maggiori informazioni ad
entrambe le parti. Proprio facendo riferimento a questo, esistono delle aziende private che
raccolgono, elaborano e vendono informazioni sulle aziende che emettono titoli sul
mercato finanziario. In questo modo chi acquista queste informazioni, godrebbe di un
vantaggio, proprio perché sa se quei titoli (obb o azioni) sono scadenti o meno. In realtà
questo non basta, a causa del free-rider problem, fenomeno che si verifica quando un
investitore utilizza informazioni che altri investitori hanno acquistato a pagamento (noi
acquistiamo delle informazioni grazie alle quali selezioniamo le aziende buone e quelle
scadenti, quindi investiamo in dei titoli piuttosto che in altri; gli altri investitori invece di fare
la stessa cosa, guardano su che titoli investiamo, e investono anche loro. Questo porta
all’aumento di domanda per quel titolo, e quindi all’aumento del prezzo—-> non è più
possibile trarre profitti ). Per risolvere il problema del free-riding potrebbe essere d’aiuto
l’intervento del governo, che potrebbe procurarsi informazioni e fornirle gratuitamente al
pubblico, così da aiutare tutti gli investitori. Pur tuttavia questa soluzione porterebbe alla
divulgazione di informazioni negative su certe aziende, cosa non sempre sostenibile.
Un'alternativa potrebbe essere dunque quella di regolamentare i mercati, obbligando le
aziende a divulgare informazioni circa la loro situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica. Ci sono degli enti governativi che si occupano di richiedere alle aziende
revisioni contabili, in Italia per esempio CONSOB. Ancora una volta però, questi controlli
possono solo attenuare il problema, perché anche se le aziende sono obbligate a fornire
dati al pubblico, comunque godono di un’informazione maggiore rispetto agli investitori;
inoltre le aziende scadenti potrebbero truccare i propri conti, alternando così le
informazioni trasmesse al pubblico. Riassumendo dunque, sia la produzione e vendita di
informazioni da parte di aziende private, sia le normative introdotte dal governo (obbligo
delle aziende di divulgare dati), non riescono ad eliminare il problema della selezione
avversa. A risolverlo, sono gli intermediari finanziari come già visto nel capitolo
precedente. E’ importante inoltre sottolineare che, la selezione avversa interferisce con il
sistema finanziario solo se un investitore subisce una perdita notevole a causa di un
debitore insolvente. Per contenere il problema la soluzione è l’introduzione di garanzia
reale all’interno del contratto che sottoscrivono investitore e debitore: se un debitore non
rimborsa il prestito, il creditore può vendere la garanzia reale per compensare le proprie
perdite. E’ chiaro che l’introduzione della garanzia reale, rende più “tranquillo” il creditore
che quindi sarà più disposto a concedere il prestito al debitore. Un ruolo simile alla
garanzia viene svolto dal capitale netto, la differenza tra attività e passività di un’azienda.
Un’azienda che ha un capitale netto elevato vuol dire che è in grado di affrontare anche
investimenti rischiosi, e nel caso in cui dovesse diventare insolvente a causa appunto di
questi investimenti, il creditore si impossessa di un titolo dell’azienda, cedendolo così da
rientrare delle perdite avute a causa dell’insolvenza dell’azienda. Il capitale netto funziona
quindi come una sorta di cuscinetto, in grado di assorbire le eventuali perdite (capitale
netto maggiore equivale a una migliore capacità di assorbimento perdite)
Parliamo ora del conflitto di interessi: è una manifestazione del problema di azzardo
morale che si verifica quando un individuo o un’istituzione ha molteplici obiettivi
(interessi),e quindi deve scegliere tra obiettivi contrastanti. Questo porta le persone che
lavorano per istituzioni finanziarie a occultare o distorcere determinate informazioni. E’
importante cercare di combattere questo fenomeno proprio perché aumenta il livello di
asimmetria informativa, peggiorando dunque l’efficienza dell’intera economia. Negli ultimi
anni 3 tipi di attività finanziarie hanno generato problemi di conflitto d’interesse:
• Sottoscrizione (underwriting) e la ricerca nelle banche di investimento : le banche
di investimento svolgono allo stesso tempo attività di ricerca sulle società che emettono
titoli, e sottoscrivono tali titoli, per poi rivenderli al pubblico. Un conflitto di interesse è
presente tra l’attività di brokeraggio (vendita dei titoli agli investitori) e quella di
underwriting, perché la banca sta servendo due tipi di clienti diversi : le società che
emettono titoli, e gli investitori a cui venderli. Visto che queste due parti hanno
ovviamente interessi diversi, gli analisti delle banche di investimento potrebbero creare
appositamente delle distorsioni per avvantaggiare l’uno o l’altro. Un’altra pratica che
sfrutta il conflitto di interessi è lo spinning: nel caso di IPO (offerte pubbliche di
vendita) promettenti, lo spinning si verifica quando la banca di investimento assegna
una parte delle nuove azioni, ad un prezzo inferiore al normale, ai dirigenti delle altre
aziende in cambio del loro impegno a operare con la banca stessa.
• Valutazione del merito di credito e consulenza nelle agenzie di rating: gli investitori
usano il rating per determinare il valore del credito degli emittenti. Di conseguenza, la
valutazione del credito svolge un ruolo importante nella determinazione dei prezzi dei
titoli. Un conflitto di interessi può sorgere quando gli investitori e le autorità di vigilanza
si aspettano una valutazione imparziale nella qualità del credito, mentre l’emittente trae
beneficio da un rating favorevole. Il problema è appunto che le agenzie di rating
emettono delle valutazioni benevole allo scopo di attrarre più clienti
Per risolvere il conflitto di interessi, è stata introdotta la direttiva MiFID, che ha modificato
l’assetto della regolamentazione dei servizi di investimento.
CAPITOLO 4
Perché le istituzioni finanziarie sono più rilevanti in alcuni sistemi
L’obiettivo di questo capitolo è di comprendere perché nei vari sistemi finanziari c’è una
differenza sostanziale circa il ruolo svolto dalle banche e dai mercati finanziari; quindi
analizzeremo quei sistemi orientati prevalentemente alle banche e quelli orientati
prevalentemente ai mercati. Le differenze tra i grandi paesi sono mostrate in figura
• Notiamo che i sistemi finanziari di Regno Unito e USA sono esempi di sistemi orientati
prevalentemente ai mercati, proprio perché i mercati sono più importanti delle banche;
detta formalmente, la capitalizzazione dei mercati rappresenta una quota maggiore del
PIL, rispetto al credito bancario. Con riguardo alle famiglie, queste detengono una % più
elevata di attività finanziarie, in particolare di azioni, ma lo vedremo meglio dopo
• Giappone e Germania sono invece sistemi orientati prevalentemente alle banche, per la
situazione opposta
• Ci sono interessanti casi intermedi come la Francia, in cui banche e mercati hanno
stessa importanza. Anche Italia e Spagna possono essere considerati casi intermedi,
dato che si ha una differenza molto meno pronunciata
• Allocazione delle attività finanziarie delle famiglie: come illustrato in figura, si può
notare che nel Regno Unito e USA le famiglie preferiscono possedere azioni, più di
CAPITOLO 5
Perché si verificano le crisi finanziarie e perché sono così dannose per l’economie
Le crisi finanziarie sono gravi perturbazioni dei mercati finanziari, caratterizzate da forti cali
dei prezzi delle attività finanziarie e del fallimento di molte istituzioni, tra cui le banche. E’
importante capire come queste crisi si verificano, per questo analizziamo alcuni aspetti
fondamentali:
• Abbiamo detto molte volte che i problemi di asimmetria informativa generano fenomeni
di selezione avversa e azzardo morale; questa analisi, viene chiamata in gergo Teoria
dell’agenzia, ed è molto importante per capire il perché si verifichino le crisi, proprio
perché i problemi di asimmetria informativa fungono da barriera al trasferimento
efficiente di fondi da risparmiatori agli operatori. Questi problemi, vengono denominati
frizioni finanziarie. Più frizioni ci sono, più è difficile per i datori di fondi accertare la
capacità di credito dei prenditori (ovvero se i prenditori sono in grado di restituire il
prestito), e devono dunque richiedere un tasso di interesse più elevato, per proteggersi
contro l’insolvenza del prenditore appunto. Questo porta ad un aumento dello spread
creditizio (differenza tra tassi di interesse sui prestiti alle imprese e i tassi di interesse
sulle attività risk free)
Detto ciò, una crisi si verifica quando i flussi informativi nei sistemi finanziari subiscono
una forte perturbazione, in conseguenza della quale aumentano bruscamente le frizioni
finanziarie e lo spread creditizio. Possiamo ora vedere la struttura di queste crisi, articolata
in 3 fasi:
1) Le crisi possono cominciare in diversi modi: una rapida ascesa e uno successivo crollo
(boom and bust) dell’erogazione del credito e dei prezzi delle attività, oppure un
incremento generale dell’incertezza causato da fallimenti di importanti istituzioni
finanziarie. Analizziamo meglio questa parte: i semi di una crisi sono gettati quando in
un’economia si ha innovazione finanziaria, tramite erogazione di nuovi prodotti
finanziari, seguita da una liberalizzazione finanziaria, ovvero l’eliminazione di
restrizioni sugli intermediari finanziari. Se da una parte la liberalizzazione è una cosa
buona, dall’altra non lo è, perché nel breve periodo genera un credit boom, ovvero
l’espansione del credito. Ma i prestatori non hanno quella competenza per gestire il
rischio associato a queste nuove linee di business, facendo si che il credit boom faccia
circolare sul mercato prodotti e prestiti eccessivamente rischiosi. Questo fa sì che le
banche e gli altri intermediari finanziari concedano prestiti rischiosi a tassi di interesse
elevati, sapendo di ottenere profitti nel caso in cui i debiti saranno rimborsati; se i
debitori non riescono a rimborsare il prestito invece, le banche si affideranno alle
assicurazioni sui depositi. E’ chiaro però che in questo modo le perdite sui prestiti
cominceranno ad aumentare, così come il valore dei prestiti stessi, facendo diminuire
il capitale netto delle banche e delle altre imprese. Quest’ultime quindi, diventeranno
più rischiose (disponendo di meno cap netto), inducendo i creditori a non concedere i
loro fondi. Minori fondi, equivale a dire minori prestiti, e quindi una stretta creditizia. Da
credit boom siamo arrivati a un credit crunch, che appunto porta all’aumento delle
frizioni finanziarie e alla conseguente contrazione dell’attività economica.
• Si verifica un fallimento delle imprese, che porta ad una crisi bancaria, la quale causa
problemi in tutta l’economia reale
Capitolo 6
BANCHE: FONDAMENTI DELL’ATTIVITA’ E DELLA GESTIONE
La banca è l’intermediario finanziario per eccellenza ed è una componente centrale
dell’intermediazione complessiva. Alcune tipologie di banca sono:
Banca commerciale: quelle “comuni” che si dedicano alla raccolta del risparmio
presso il pubblico e si dedicano all’esercizio di credito
Banca d’investimento: si dedicano ad operazioni di finanziamento a medio-lungo
termine (spesso con assunzione di capitale di rischio, ossia azioni)
Banche d’affari: indica in prevalenza il ruolo di intermediario finanziario, che assiste
le imprese nelle operazioni straordinarie (cessione di pacchetti, aumenti di capitale,
collocamento di azioni e obbligazioni, scalate, fusioni, scissioni)
Il principale ruolo della banca risiede nell’esercizio dell’attività bancaria, che si sostanzia
in un’attività di intermediazione creditizia. La banca quindi si occupa di raccogliere il
risparmio da operatori che offrono risorse finanziarie, come le famiglie, per impiegarlo per
finanziare le operazioni di prestito, generalmente richieste dalle imprese; queste due
operazioni, di raccolta del risparmio ed esercizio del credito, avvengono attraverso la
stipulazione di due contratti distinti con le parti (famiglie ed imprese). In sintesi, quindi, con
l’intermediazione creditizia la banca raccoglie risorse dalle unità in surplus e le trasferisce
alle unità in deficit. Il Testo Unico Bancario (TUB) è la principale fonte normativa della
disciplina bancaria e definisce l’attività bancaria come attività sistematica che consiste
nell’erogazione di prestiti e nella raccolta di depositi tra il pubblico da parte di un’impresa.
Le aree di attività delle banche non si limitano all’attività bancaria, ma tramite il TUB
quest’ultime esercitano anche le cosiddette attività finanziarie. La banca, quindi, svolge
una serie di altre operazioni come:
Servizi di pagamento (creazione di una propria carta di credito o adesione ad un
programma di carte di credito già esistenti)
Servizi di intermediazione mobiliare (negoziazione di strumenti finanziari per conto
degli investitori, servizio di gestione individuale di patrimoni e servizi di
collocamento)
Servizi di custodia e amministrazione titoli (custodia del titolo di un investitore, il
quale verrà contattato nel caso di eventi che possono interessare il titolo stesso)
Servizio di cassette di sicurezza (custodia di gioielli, opere d’arte o denaro
contante)
Concessione di crediti firma (la banca garantisce le obbligazioni monetarie e non
monetarie dei propri clienti nei confronti di terzi)
Consulenza d’impresa (offerta di strategie finanziarie)
In sintesi, le quattro aree fondamentali in cui le banche svolgono la propria attività sono:
raccolta di risparmio, attività di credito, servizi finanziari e di intermediazione mobiliare,
investimenti in partecipazioni; è la singola banca a decidere in quale delle attività
precedenti operare. L’esercizio delle attività finanziarie può essere svolto, oltre che dalle
banche, anche da società di leasing, società di intermediazione mobiliare, società di
gestione patrimoniale individuale, società finanziarie e infine banche d’investimento.
Tre sono le funzioni tipiche della banca: funzione di intermediazione creditizia, funzione
monetaria e funzione di riduzione dell’incertezza.
Nell’esercizio della funzione di intermediazione creditizia, la banca esercita tre attività:
Trasformazione di attività/passività: le banche erogano prestiti a lungo termine
finanziati per il tramite di depositi a breve termine (trasformazione delle scadenze).
Inoltre, raccolgono risorse di ammontare modesto per erogare prestiti di maggiori
dimensioni (trasformazione delle dimensioni). Infine, emettono passività (depositi)
caratterizzate da elevata liquidità e detengono attività (prestiti) illiquide
(trasformazione della liquidità)
Selezione ex ante e controllo ex post: vengono selezionate le richieste di
affidamento accoglibili attraverso screening e vengono monitorate le attività poste in
essere da prenditori di fondi in modo tale da controllare eventuali comportamenti di
moral hazard.
Nell’esercizio di funzione monetaria la banca deve:
-mantenere un efficiente funzionamento del sistema dei pagamenti
-realizzare l’offerta di strumenti e servizi di pagamento.
Per fare questo la banca emette propri segni di debito, chiamati quasi moneta o moneta
bancaria. La funzione monetaria si è indebolita nel tempo a causa dell’innovazione
tecnologica realizzata nel sistema dei pagamenti.
Infine, abbiamo l’attività di trasformazione dei rischi in cui le banche cercano, dal lato del
passivo, di assicurare stabilità della disponibilità di fondi, dal lato dell’attivo di ridurre il
rischio del portafoglio prestiti. In generale per gestire i rischi la banca impiega una serie di
tecniche per il trasferimento di rischi tra operatori economici e finanziari.
Tornando alla funzione di intermediazione creditizia, possiamo separare la funzione
creditizia dall’attività di concessione dei prestiti. In particolare, nell’esercizio della funzione
creditizia la banca sopporta il rischio di credito ossia la possibilità che alcuni flussi di
cassa attesi dai prestiti fatti in precedenza non vengano corrisposti. Il rischio di credito è
legato quindi alla perdita che la banca può subire in caso di insolvenza del debitore, o al
deterioramento del suo merito di credito (rischio di migrazione). Questi due rischi possono
portare all’insolvenza della banca stessa. Per questo si usano delle procedure per la
gestione del rischio di credito, basati sui seguenti strumenti:
Screening
la banca individua i prenditori di fondi migliori attraverso una serie di informazioni
interne (o tramite agenzie di rating) sul richiedente, nell’intento di poter calcolare la
probabilità di insolvenza. I modelli usati per misurare il rischio di insolvenza dei
singoli prenditori sono di tre tipologie: modelli di natura quali-quantitativa, modelli di
credit scoring e modelli fondati sul mercato dei capitali.
-I primi, sono modelli basati su giudizio ed esperienza individuali del singolo
analista, il quale arriva alla stima di probabilità di default del singolo prenditore
attraverso un apparato procedurale che nel caso delle banche italiane è l’istruttoria
fido, ossia un insieme di indagini ed elaborazioni condotte dalle banche per
formulare giudizi sul richiedente dell’affidamento.
-I secondi sono modelli che attribuiscono ad ogni richiedente un punteggio che
indica quanto si merita il credito. Un tipico modello di scoring è quello basato
sull’analisi discriminante lineare, che utilizza informazioni tratte da un campione di
prenditori di fondi al fine di tracciare un confine in grado di separare i prenditori
affidabili da quelli insolventi. La separazione avviene tramite la funzione
discriminante. Ogni prenditore riceve un punteggio che chiameremo Z: tanto
maggiore è Z, tanto minore sarà la probabilità di default del prenditore. I modelli di
scoring hanno però una serie di limiti, ad esempio il fatto che alcune informazioni
(come la reputazione) tendono a non essere considerate.
-I terzi sono impiegati per la valutazione del merito di credito delle grandi imprese
che possono emettere obbligazioni e azioni sul mercato. L’osservazione degli
spread di rendimento tra un titolo rischioso e uno risk free consente di stimare la
probabilità di default del prenditore.
Monitoring
Per limitare il problema dell’azzardo morale le banche pongono in essere azioni di
monitoring delle attività dei prenditori durante tutta la vita del rapporto creditizio.
Questo permette di verificare il permanere delle condizioni del merito di credito ed è
attuata tramite clausole contrattuali e tramite la costruzione di una relazione
personalizzata di lungo periodo con la clientela (relationship banking). Le clausole
servono per incoraggiare determinati comportamenti futuri dei prenditori, mentre la
relazione con la clientela permette alla banca di far riferimento ai rapporti con il
cliente per accertare, ad esempio, la puntualità nei pagamenti.
Diversificazione
Poiché le banche possiedono portafogli di prestiti, devono misurare il rischio di
credito anche dell’intero portafoglio e realizzare una diversificazione di esso. Per
misurare il rischio si usano modelli di portafoglio basati su dati finanziari di mercato.
Dopo averlo misurato, le banche impiegano tecniche di diversificazione per ridurre il
rischio complessivo del portafoglio prestiti. Le diversificazioni realizzate sono lungo
diverse direttrici, ad esempio diversificazione per classi di importo dei fidi,
diversificazione per settori di appartenenza degli affidati, ed altre.
Oltre al rischio di credito le banche sono esposte ad altri rischi, come: rischio di interesse,
rischio di mercato, rischio di liquidità, rischio di cambio e rischio operativo.
Rischio di interesse
Tale rischio deriva dalla variabilità dei tassi di interesse di mercato; questa variabilità porta
all’effetto reddito e l’effetto valore di mercato. L’effetto reddito è il rischio di una perdita
dovuta a una variazione dei tassi di interesse; tale rischio si divide in rischio di
rifinanziamento (rischio che il costo della raccolta sia superiore al ricavo sui prestiti) e
rischio di reinvestimento (rischio che il ricavo sulle risorse da reinvestire sia inferiore al
costo della raccolta). L’effetto valore di mercato, invece, è il rischio che si determini una
riduzione del valore attuale dei flussi di cassa attesi da attività e passività della banca a
seguito di una riduzione dei tassi di interesse. Un aumento dei tassi genera un incremento
del tasso di sconto dei flussi futuri e si traduce in una riduzione del prezzo, viceversa una
riduzione dei tassi si traduce in un aumento del prezzo. Ci sono dei metodi per la
copertura del rischio di interesse, come income gap e duration gap.
Rischio di mercato
Rappresenta l’incertezza dei ricavi della banca nell’area di investimenti e di negoziazione
di valori mobiliari, generata da variazioni inattese nelle condizioni di mercato in termini di
tassi di interesse, tassi di cambio e prezzi di obbligazioni, azioni e altro. Per definizione è il
rischio associato alla sola attività di negoziazione di strumenti finanziari detenuti per
periodi brevi e che possono essere facilmente negoziati su mercati organizzati. Si
consideri la crisi generata dai mutui subprime (dal capitolo 5): da tale crisi è discesa una
riduzione dei prezzi degli strumenti finanziari sui mercati che ha generato ingenti perdite.
Rischio di liquidità
È il rischio che la banca non sia in grado di onorare tempestivamente il rimborso di proprie
passività a causa di un’inattesa serie di prelevamenti da parte dei depositanti oppure che
la banca sia costretta, per far fronte a tali richieste, a liquidare attività in tempi rapidi e a
condizioni di prezzo sfavorevoli. A questo punto la banca può vendere attività poco liquide
oppure prendere a prestito altri fondi. Se però molte banche si trovano simultaneamente di
fronte a questo problema, il costo dei fondi ottenibili dal mercato aumenta e
contemporaneamente la disponibilità dei fondi diminuisce. Quindi l’unica cosa da fare è
vendere velocemente attività meno liquide a prezzi inferiori ai valori di mercato. Questo
può provocare a livello macroeconomico conseguenze anche per altre banche e dare così
vita al fenomeno di rischio sistemico.
Rischio di cambio
È il rischio che variazioni nei tassi di cambio (ossia nei prezzi a cui una valuta può essere
negoziata con un’altra) impattino sfavorevolmente sul valore delle attività e passività della
banca denominate in valuta diversa dall’euro. Ci si espone a questo rischio in maniera
diretta se si compra valuta e in maniera indiretta se si erogano prestiti in valuta o si
acquistano titoli di debito in valuta. In caso di diminuzione del valore della valuta estera
rispetto all’euro la banca subisce una svalutazione delle attività in valuta; in caso di
aumento del valore della valuta estera rispetto all’euro la banca subisce un aumento di
valore delle proprie passività. La banca trae vantaggio da un deprezzamento della valuta
estera quando le attività in valuta estera sono inferiori alle passività, mentre se le attività in
valuta estera sono maggiori delle passività la banca trae vantaggio dall’apprezzamento
della valuta estera. Non c’è rischio di cambio quando il gap (ossia la posizione netta in
valuta estera) tra attività e passività in valuta è nullo.
Rischio operativo
Secondo la definizione fornita da Basilea 2: “è il rischio di perdite derivanti dalla
inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da
eventi esogeni.” Questi fattori portano una diminuzione dei ricavi o un aumento dei costi,
che provocano a loro volta una riduzione dei profitti. I fattori che determinano il rischio
operativo sono: malfunzionamento e disfunzioni della tecnologia (come errori di
programmazione), errori di progettazione dei processi interni (carenze nell’organizzazione
dei ruoli e delle responsabilità), risorse umane nei casi di frodi interne o violazioni di leggi
e regolamenti interni, eventi esterni quali calamità naturali (terremoti) e attività criminali di
soggetti esterni (atti di terrorismo). L’adozione di strumenti di gestione del rischio
informativo, come cyber risk management, consentono di evitare i malfunzionamenti della
tecnologia, diventata molto importante per le banche.
In conclusione, l’attività bancaria è esposta nello stato patrimoniale con l’indicazione della
raccolta tra le passività e dei prestiti erogati nelle attività. I riflessi economici dell’attività
bancaria si trovano invece nel conto economico in termini di interessi attivi sui prestiti e
passivi sulla raccolta. Al contrario solo alcune delle attività finanziarie trovano esposizione
nello stato patrimoniale.
Capitolo 7
Gli Stati Uniti hanno avuto un sistema bancario duale, cioè si ha una specializzazione
produttiva delle banche che è stata sancita dal Glass-Steagall Act (tale separazione oggi
almeno formalmente non esiste più). Le banche commerciali sono impegnate nell’attività
di raccolta di fondi e di erogazione di prestiti, mentre le banche d’investimento svolgono
attività in titoli. Negli ultimi anni, grazie ad un processo di innovazione, l’attività bancaria di
erogazione dei prestiti è stata in parte sostituita dallo shadow banking system, in cui il
credito bancario è stato sostituito dal credito erogato dal mercato mobiliare; anche se la
banca commerciale continua ad essere la più importante istituzione finanziaria.
Le ragioni che hanno portato all’innovazione finanziaria sono riconducibili a tre ambiti:
Risposte ai cambiamenti nelle condizioni della domanda, risposte ai cambiamenti nello
stato dell’offerta, necessità di alleggerire il peso della regolamentazione.
• Risposte ai cambiamenti nelle condizioni della domanda: Il cambiamento più
significativo del sistema economico ad aver alterato la domanda di prodotti finanziari è
stato l’aumento della variabilità del tasso di interesse. Le fluttuazioni di quest’ultimo
conducono ad una maggiore incertezza nel rendimento degli investimenti che è
chiamato rischio di tasso di interesse. Questo cambiamento nell’ambiente economico
porta la necessità di creare nuovi strumenti finanziari che riducano il rischio: i mutui a
tasso variabile e i derivati finanziari. I mutui i tassi a tasso variabile sono dei prestiti
ipotecari il cui tasso di interesse cambia in funzione delle variazioni che intervengono su
quelli di mercato. Mentre gli strumenti finanziari derivati sono chiamati così perché i loro
profitti sono legati a titoli già in circolazione (usati per coprire il rischio e fungere da
copertura) .
• Risposte ai cambiamenti nello stato dell’offerta: Il più grande cambiamento dal lato
dell’offerta è stata il miglioramento della tecnologia informatica e delle telecomunicazioni
detta tecnologia dell’informazione. L’IT ha ridotto il costo di elaborazione delle
operazioni finanziarie e ha semplificato l’acquisizione delle informazioni da parte degli
investitori e dunque reso più semplice l’emissioni di titoli da parte delle imprese.
Il rapido sviluppo della tecnologia ha permesso la creazione di nuovi prodotti e servizi
finanziari come per esempio le carte di credito/debito, l’electronic banking, pagamenti
elettronici, moneta elettronica, commercial paper e obbligazioni spazzatura.
Le carte di credito/debito permettono di fare pagamenti elettronici (che hanno un basso
costo per le banche), la differenza tra le due è la modalità in cui le spese vengono
addebitate, infatti con la carta di credito vengono addebitate una volta al mese in un’unica
soluzione, mentre con la carta di debito la spesa viene addebitata sul conto il giorno
stesso. La forma più importante di e-banking è l’ATM cioè uno sportello automatico che
permette ai clienti di una banca di prelevare contanti, pagare bollette ecc.. e presentano il
vantaggio di non comportare costi aggiuntivi e di essere sempre disponibili. Un’altra forma
importante è l’home banking che da la possibilità ai clienti di svolgere le operazioni
bancarie da casa. Tutto ciò ha portato alla nascita di banche interamente virtuali e alla
sempre meno necessità di personale. Il miglioramento della tecnologia però ha portato
anche alla possibilità di avere informazioni più dettagliate sulle imprese che emettono
obbligazioni ed evitare così le obbligazioni spazzatura, ovvero quelle che sono emesse
con alti rating e poi declassate sotto il livello Baa a causa delle difficoltà economico-
finanziarie. Infine il commercial paper è uno strumento a breve termine negoziato sul
mercato monetario internazionale.
Una delle più importanti innovazioni finanziarie è la cartolarizzazione che consiste nel
processo di raggruppamento e trasformazione delle attività finanziarie piccole e altrimenti
non liquide in titoli obbligazionari negoziabili sul mercato secondario. La cartolarizzazione
è alla base dello shadow banking System, conseguenza di queste due innovazioni sono
i mutui subprime, cioè mutui immobiliari concessi a debitori non adeguati che portarono
alla grande crisi del 2007-2009.
• Necessità di alleggerire il peso della regolamentazione: la normativa promuove
l’innovazione finanziaria creando incentivi affinché le imprese aggirino le disposizioni
che limitano la loro capacità di creare utili. In particolare modo ci sono state due norme
molto limitanti: gli obblighi di riserva obbligatoria, sulla base dei quali le banche devono
costruire riserve di liquidità in base ad una percentuale dei propri depositi e le limitazioni
sui tassi di interesse che possono essere corrisposti sui depositi. Quando i tassi di
interesse di mercato aumentavano oltre il limite massimo che le banche potevano
corrispondere sui depositi, i depositanti ritiravano i loro fondi per investirli in titoli che
offrivano rendimenti più alti (tale fenomeno è chiamato disintermediazione
finanziaria). In risposta a tali limitazioni nascono i fondi comuni di investimento
(emottono quote che sono rimborsabili a un prezzo fisso attraverso un assegno) che
funzionano come i depositi di conto corrente ma in termini strettamente legali non lo
sono e quindi non sono soggetti alle due norme. Gli sweep account consentono alle
banche di evitare gli obblighi di riserva, ma gli consentono anche di corrispondere un
interesse sul conto aziendale (cosa non possibile dalla corrente normativa): il saldo di
conto corrente di una società che al termine di una giornata lavorativa ecceda un
determinato ammontare viene tolto dal conto e investito in titoli , che fruttano un
interesse prestabilito.
Tutte queste innovazioni finanziarie hanno innescato un progressivo declino dell’attività
bancaria tradizionale e hanno spinto le banche a dedicarsi a nuove attività più
rimunerative. Infatti hanno fatto si che le banche subissero una diminuzione dei loro
vantaggi di costo nella raccolta dei fondi e una perdita dei vantaggi in termini di ricavi dal
lato delle attività. Successivamente però ci sono state delle modifiche normative che
hanno eliminato i massimali sui tassi d’interesse.
Capitolo 8
Per delineare un quadro d’insieme dell’attività di regolamentazione del settore finanziario,
è possibile individuare 4 principali ambiti di intervento della vigilanza:
• Vigilanza strutturale: norme che regolano la struttura del settore finanziario, incidendo
sul numero di lavoratori, attività che possono svolgere ecc..
• Vigilanza prudenziale: norme tese a favorire una gestione prudente e sana, come per
esempio livelli minimi di patrimonio, di requisiti di capitalizzazione ecc..
• Vigilanza informativa: strumenti di comunicazione e informazione che possono
contribuire a ridurre asimmetrie informative all’interno del settore finanziario.
• Vigilanza protettiva: norme fatte al fine di evitare che lo stato di difficoltà di una
istituzione finanziaria possa trasformarsi in crisi, ovvero che la crisi si diffonda al resto
del sistema.
La regolamentazione e la vigilanza delle banche italiane è diventata europea a seguito
della crisi finanziaria globale e della crisi del debito sovrano che hanno fatto emergere la
necessità di un’ Unione Bancaria Europea. Essa aiuta a creare un mercato bancario più
trasparente, unificato e sicuro; consta di 3 pilastri:
• Meccanismo di vigilanza unico: l’obiettivo è la salvaguardia della sicurezza e la
solidità del sistema bancario europeo, l’accrescimento dell’integrazione e della stabilità
finanziaria e l’assicurazione di una vigilanza coerente.
• Meccanismo di risoluzione unico: la finalità è un’efficiente risoluzione delle banche in
dissesto con l’obiettivo di minimizzare i costi per i contribuenti e l’economia reale.
• Schema di garanzia dei depositi: è ancora in fase di discussione.
Ogni fondo ha la stessa struttura organizzativa di base, sia nel caso in cui sia chiuso sia
aperto. La SGR si occupa di gestire gli investimenti e di calcolare il valore delle quote. Il
Consiglio di Amministrazione è responsabile della nomina del direttore agli investimenti
(detto gestore, in pratica si occupa di selezionare i titoli che saranno tenuti dal fondo e
prendono le decisioni di acquisto e vendita: è la loro competenza a determinare il
successo del fondo) e del direttore amministrativo, che si occupa degli adempimenti
amministrativi del fondo.
Spetta invece alla CONSOB la vigilanza sulla correttezza dell’operato della SGR e della
collocazione delle quote da parte della società promotrice; si occupa inoltre
dell’approvazione dei prospetti informativi. Questo documento, redatto e consegnato ai
potenziali sottoscrittori dalla SGR, ha il fine di agevolare il confronto tra fondi comuni
presenti sul mercato. La CONSOB ha previsto uno schema standard composto da:
Parte prima: contiene le informazioni di ordine generale sulla natura giuridica del
fondo e sulle funzioni della banca depositaria e dei soggetti collocatori, le
caratteristiche dei singoli fondi e le modalità per sottoscrivere, rimborsare o passare
da un fondo all’altro. Viene inoltre specificato il benchmark;
Parte seconda: riporta i risultati storici del fondo e un confronto tra i suoi rendimenti
e quelli del benchmark.
Esaminando questi documenti, un investitore può quindi capire le caratteristiche del fondo
e quanto questo sia appropriato per raggiungere i suoi obiettivi e le sue strategie di
investimento.
Un secondo confronto possibile è quello basato sulle asset class (su quali strumenti
investono). Nell’ambito dei fondi aperti, si distingue tra fondi armonizzati e non armonizzati
in relazione al fatto che seguano (i primi) regole e criteri comuni previsti a livello
comunitario in materia di limitazione dei rischi e tutela degli investitori. In pratica, si tratta di
fondi comuni d’investimento aperti appartenenti a un paese dell’Unione europea che
investono essenzialmente in strumenti finanziari quotati. Con particolare riferimento ai
fondi aperti armonizzati, si può richiamare la classificazione che fa riferimento agli
strumenti di portafoglio:
Di liquidità (non possono investire in azioni);
Obbligazionari (non possono investire in azioni, ad eccezione dei fondi
obbligazionari misti che possono arrivare al 20% del portafogli in azioni);
Bilanciati (investono in azioni per importi che vanno dal 10% al 90%);
Azionari (investono almeno il 70% in azioni);
Flessibili (non hanno vincoli di asset allocation azionaria).
Ogni categoria si distingue quindi per la percentuale minima e massima di investimento
azionario. Ancora nell’ambito dei fondi aperti si ricordano i fondi speculativi (hedge fund) e
i fondi di fondi (gestiscono portafogli costituiti da quote di partecipazione ad altri fondi). Per
quanto riguarda i fondi chiusi, esiste una distinzione basata sulle finalità dell’investimento
tra fondi chiusi mobiliari e fondi chiusi immobiliari.
Nei fondi visti fino ad ora, i gestori ricoprivano un ruolo fondamentale selezionando azioni
e obbligazioni per ottimizzare il portafoglio e il loro lavoro è remunerato attraverso le
commissioni. Molti investitori desiderano trarre profitto dai vantaggi offerti da un fondo
comune, senza il pagamento dei servizi di gestione. La risposta a questa esigenza è il
fondo a gestione passiva, o fondo indice (index fund), il cui portafoglio contiene i titoli
appartenenti ad un indice: i titoli vengono tenuti in una proporzione tale che i cambiamenti
nel valore del fondo corrispondono molto da vicino a quelli del livello dell’indice. Questa
struttura consente di minimizzare le decisioni di investimento e quindi i costi operativi;
eliminando anche le emozioni e l’isterismo che spesso offuscano il giudizio dei gestori e
dei singoli investitori, permettendo a questi fondi di surclassare la maggior parte degli altri.
I fondi hedge si distinguono dai fondi tradizionali per alcune caratteristiche. In primo luogo,
negli Stati Uniti, hanno un requisito minimo di investimento compreso tra 100.000 e 20
milioni di dollari, con il minimo tipicamente fissato ad 1 milione (gli individui ad alto
patrimonio netto (high net worth individuals HNWI) sono quelli che hanno fondi “investibili”
di almeno 1 milione di dollari). In secondo luogo, solitamente richiedono che gli investitori
impegnino i loro capitali per periodi di tempo lunghi, spesso di diversi anni. Lo scopo è
fornire ai gestori del fondo la stabilità del capitale disponibile per impostare strategie a
lungo termine. Inoltre addebitano pesanti commissioni agli investitori, circa l’1% annuo sul
capitale investito, oltre una speciale commissione (carried interst) pari a circa il 20% dei
profitti.
Anche in Italia le SGR possono costituire fondi hedge, chiamati fondi speculativi. In
questo caso, però, l’importo minimo di ogni quota non può essere inferiore a 500.000 euro
e il regolamento del fondo deve esplicitamente menzionare la rischiosità dell’investimento
e la circostanza che esso avviene in deroga ai divieti e alle norme prudenziali di
contenimento e razionamento dei rischi stabiliti dalla Banca d’Italia con riferimento ai fondi
comuni.
TIPI DI ASSICURAZIONE
Le assicurazioni sono classificate al tipo di evento indesiderabile che è oggetto di
copertura. I tipi più comuni sono le assicurazioni malattie, vita e danni. L’assicurazione vita
garantisce un reddito agli eredi dell’assicurato in caso di morte. L’assicurazione danni
protegge la proprietà dalle perdite dovute a incidenti, incendi, disastri naturali e altre
calamità. Le polizze danni sono generalmente contratti a breve termine, soggetti a
frequenti rinnovi.
Assicurazione vita: si suppone che la vita si svolga secondo una sequenza prevedibile. Il
problema è che si potrebbe morire troppo giovani e non avere tempo a provvedere ai
propri cari, o vivere troppo a lungo ed esaurire le risorse risparmiate per la pensione. Lo
scopo di un’assicurazione vita è alleviare alcune delle preoccupazioni connesse all’una o
l’altra eventualità. I prodotti di base di queste compagnie sono l’assicurazione vita
propriamente detta, l’assicurazione infortuni, le rendite e l’assicurazione malattie. Se
l’assicurato diventa incapace di continuare a lavorare in seguito ad una malattia o un
incidente, l’assicurazione infortuni sostituisce una parte de suo reddito con un’annualità (o
rendita). Si noti che quando gli assicurati sono parecchi, l’importo reale che la società
deve pagare può essere stimato con molta precisione (vedi approssimazione normale,
Teorema limite centrale, Legge dei grandi numeri). Per stimare quando devono essere
pagati gli indennizzi in caso di morte le assicurazioni ricorrono alle tavole attuariali,
apposite statistiche che aiutano a prevedere le speranze di vita. Le grandi categorie di
questi prodotti sono l’assicurazione caso morte temporanea, caso morte vita intera, mista.
Temporanea, questa forma di assicurazione paga se l’assicurato muore durante
l’intervallo pluriennale in cui la polizza è in vigore. Questa forma di contratto non
contiene elementi di risparmio: una volta che il periodo di validità della polizza
termina, non vi sono benefici residui.
Vita intera, è una polizza temporanea senza scadenza: l’assicuratore paga quando
il titolare muore. Le polizze vita intera solitamente richiedono che gli assicurati
paghino un premio costante per la loro durata e sono presentate come una
copertura per tutta la durata della loro vita.
Mista, paga sia in caso di morte sia in caso di vita. Le polizze vita miste uniscono i
benefici delle polizze che proteggono in caso di morte con quelli di un investimento.
La polizza vita mista è strutturata in 2 parti, una per l’assicurazione caso morte
temporanea e una per l’investimento dei risparmi. Con riferimento a questa
seconda componente, la compagnia può poi impegnarsi a riconoscere un
rendimento legato:
i. A quello effettivamente realizzato a seguito dell’attività di investimento dei
premi, come nel caso dei prodotti rivalutabili;
ii. A quello di uno o più fondi di investimento, come nel caso di prodotti unit-
linked;
iii. A quello di uno o più indici di mercato, come nel caso di prodotti index-
linked.
Le polizze miste sono il contratto vita più diffuso.
Rendite, se consideriamo l’assicurazione vita come un’assicurazione contro la
morte, le rendite possono essere considerate un’assicurazione contro la vita. Se si
vive più a lungo di quanto si era prospettato al momento di andare in pensione, si
potrebbero spendere tutti i soldi e concludere la vita in povertà. Un modo per
evitare questo rischio è quello di acquistare rendite, che continueranno a garantire
pagamenti finché il beneficiario sarà in vita. Le rendite sono particolarmente
esposte al problema della selezione avversa. Quando le persone vanno in pensione
hanno più informazione sulla loro speranza di vita di quante ne abbia la compagnia
di assicurazione. Per evitare questo problema, le compagnie di assicurazione
tendono a rendere costoso il prezzo delle diverse rendite. La maggior parte viene
venduta a collettività di individui come dipendenti di grandi aziende, o aderenti ad
un fondo pensione sempre in modo da ridurre il problema della selezione avversa.
Assicurazione malattie: la copertura assicurativa sulla salute individuale è molto esposta
ai problemi di selezione avversa. Chi sa di avere probabilità di ammalarsi,
ragionevolmente cercherà una copertura assicurativa sanitaria. Questo fa si che
l’assicurazione malattia individuale sia molto costosa. Al fine di limitare il fenomeno della
selezione avversa, buona parte delle polizze è offerta tramite programmi aziendali, in cui
le imprese pagano in tutto o in parte il premio assicurativo dei propri dipendenti.
Assicurazione danni: sono la forma più antica di assicurazione (già i mercanti nel
Medioevo). Dall’inizio dell’Ottocento, le attività delle compagnie di assicurazione danni
hanno superato persino quelle delle banche commerciali, rendendo queste società il più
importante intermediario finanziario. Oggi le principali assicurazioni danni proteggono da
incendio, furti, eventi atmosferici esplosioni e perfino la negligenza (in particolare, sia
contro proprietà che contro la responsabilità civile). L’assicurazione sulla proprietà
protegge le aziende e i privati dall’effetto dei rischi connessi con la proprietà: beni
danneggiati, distrutti e rimborsi per interruzione dell’attività produttiva in seguito dei danni
subiti. L’assicurazione contro la responsabilità civile protegge dalle responsabilità
conseguenti ai danni che gli assicurati potrebbero causare a terzi come conseguenza di
eventi fortuiti. Ad esempio, per quanto riguarda le automobili, la copertura RCA è
un’assicurazione contro la responsabilità civile, mentre la copertura furto è sulla proprietà.
L’assicurazione contro la responsabilità civile protegge dalle perdite finanziarie
determinate da richieste di indennizzo a fronte di danni provocati dalla negligenza, per
questo motivo viene sottoscritta anche da professionisti come medici e imprenditori edili.
Mentre l’esposizione al rischio nelle polizze di assicurazione sulla proprietà è
relativamente facile da prevedere, perché solitamente limitata al valore della proprietà,
quella nelle polizze contro la responsabilità civile è molto più difficile da determinare.
Inoltre, essa può avere lungo periodo di latenza: ciò significa che una richiesta di
responsabilità civile può essere avanzata anche molto tempo dopo che la polizza è
scaduta. Un metodo utilizzato dalle compagnie di assicurazione per ridurre la loro
esposizione al rischio consiste nel ricorso alla riassicurazione, ovvero nel cedere una
parte del rischio a un’altra compagnia in cambio di una parte del premio. Le compagnie più
piccole ricorrono più spesso alla riassicurazione rispetto alle grandi. La riassicurazione si
può considerare come un’assicurazione riservata alle compagnie assicurative.
DISCIPLINA ASSICURATIVA
In Italia la disciplina relativa alle assicurazioni si articola su 2 livelli:
Il Codice delle assicurazioni private che costituisce la cornice normativa di
riferimento;
I diversi provvedimenti emanati prima dall’ISVAP e poi dall’IVASS (Istituto per la
Vigilanza sulle Assicurazioni) e dalla CONSOB, ai quali è demandata la
regolamentazione di numerosi profili applicativi, quali per esempio i requisiti
strutturali e operativi delle compagnie.
La normativa assicurativa è molto ampia per effetto dell’eterogeneità dei prodotti
assicurativi. In generale, tuttavia, l’obiettivo della maggior parte della legislazione è
proteggere i titolari delle polizze dalle perdite derivanti dall’insolvenza della compagnia. Un
aspetto centrale della disciplina di vigilanza prudenziale riguarda il requisito minimo di
patrimonio, disciplinato nella cosiddetta Solvency II.
PIANI PENSIONISTICI
N.B. La pensione è una obbligazione che consiste in una rendita vitalizia o temporanea
corrisposta ad una persona fisica in base ad un rapporto giuridico con l'ente o la società
che è obbligata a corrisponderla per la tutela del rischio di longevità o di altri rischi
(invalidità, inabilità, superstiti, indiretta). Il sistema pensionistico pubblico è finanziato con
l'imposizione fiscale, da cui deriva il termine obbligatorio, ossia con l'obbligo di pagare agli
enti previdenziali i contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie i quali assumono
la forma di imposte dirette o imposte indirette a seconda dei soggetti contribuenti. Nel caso
di gestioni in deficit il finanziamento è integrato con ulteriori trasferimenti dalla fiscalità
generale (definizione di pensione presente sulle slide per introdurre l’argomento dei fondi
pensione).
BANCHE DI INVESTIMENTO
Le banche di investimento, malgrado il loro nome, non sono banche nel senso stretto del
termine, cioè non sono intermediari che raccolgono denaro e poi lo prestano, ma sono più
note come operatori finanziari, che tra l’altro organizzano le operazioni attraverso cui le
società si procurano fondi sul mercato. Oltre a sottoscrivere l’emissione iniziale di azioni e
obbligazioni (underwriting), le banche di investimento svolgono un ruolo fondamentale
come originatori delle transazioni nel settore delle fusioni e delle acquisizioni, come
intermediari nell’acquisto e nella vendita di società e come private banker. Fra le più
conosciute banche di investimento ricordiamo Morgan Stanley, Bank of America Merrill
Lynch, Credit Suisse e Goldman Sachs. Una caratteristica delle banche di investimento è
che solitamente derivano il loro reddito dalle commissioni addebitate ai clienti anziché da
quelle proveniente dallo scambio di azioni.
Le origini delle banche di investimento risalgono all’inizio dell’Ottocento, negli Stati Uniti.
Con il tempo la loro capacità di fare profitti divenne evidente e il settore si sviluppò. In
quegli anni non c’era una netta distinzione tra banche di investimento e commerciali
(introdotta dopo il 1929, vedi Cap 4). Tuttavia, dopo l’abolizione del Glass-Steagall Act nel
1999 le banche commerciali statunitensi hanno cominciato ad acquisire le banche di
investimento, anche per effetto della concorrenza proveniente dalle banche universali
europee. Molte delle più note banche di investimento incontrarono significative difficoltà
finanziarie durante la crisi dei mutui subprime del 2008-09. Le principali banche europee,
seppur da posizioni di minor forza, hanno visto crescere negli ultimi decenni la loro
capacità competitiva nell’investment banking.
In Italia non esiste una relazione univoca fra le attività di investment banking e una
specifica figura istituzionale di intermediario (il nostro sistema finanziario è basato su un
modello centrato principalmente sull’intermediazione creditizia). Nella regolamentazione
italiana attuale, le banche sono abilitate a svolgere direttamente attività di intermediazione
mobiliare, sia di mercato primario (collocamento per contro di emittenti-imprese), sia di
mercato secondario (negoziazione, gestione delle attività); a queste si aggiungono le
operazioni di merchant banking (in particolare l’assunzione di partecipazioni azionarie). Le
Società di Intermediazione Mobiliare (SIM), sono a loro volta abilitate a svolgere tali
attività in modo analogo alle banche. Nel nostro ordinamento le attività di investment
banking sono quindi svolte da intermediari diversi. Ciò spiega perché fra gli intermediari
italiani non sia individuabile un’istituzione corrispondente alla banca di investimento.
Quando una società ha bisogno di nuovi capitali, può decidere di emettere debito a lungo
termine (obbligazioni), oppure azioni. In questo caso, di solito si affida a una banca di
investimento che ha il compito di organizzare l’operazione di emissione e il successivo
collocamento dei titoli. La banca stessa, prima del collocamento, può sottoscrivere
l’emissione (underwriting), fase che richiede che la banca acquisti l’intera emissione a un
prezzo predeterminato e poi la rivenda sul mercato.
I banchieri di investimento aiutano le aziende emittenti fornendo altri servizi:
Consulenza
Gran parte delle società non emette azioni o lo fa di rado. Dato che i banchieri di
investimento partecipano quotidianamente a questo mercato, sono in grado di consigliare
le aziende che stanno valutando l’opportunità di procedere ad una emissione (ad es
valutare il momento migliore o il prezzo dei titoli). La determinazione dei prezzi non è
troppo complicata se l’azienda ha già emesso in passato azioni che sono attualmente
scambiate nel mercato secondario: si parla in questo caso di emissioni di società
quotate (SEO, Seasoned Equity Offering). Quando un’azienda colloca azioni sul
mercato ai fini della quotazione, nel processo chiamato IPO (Initial Public Offering,
“offerta pubblica iniziale”), è invece molto più difficile determinare quale dovrebbe essere il
prezzo corretto.
Underwriting
Superate le pratiche che portano alla pubblicazione del prospetto informativo, inizia la fase
di marketing dell’emissione. Il profilo dell’emittente e i termini dell’operazione vengono cioè
presentati al mercato dei potenziali investitori (se sono investitori istituzione, si
organizzano appositi eventi detti roadshow). La presentazione agli investitori è importante
sia per promuovere il collocamento dell’emissione, sia per ottenere dal mercato
informazioni utili alla configurazione della curva di domanda del titolo e, quindi, per
definirne il prezzo (tecnica definita bookbuilding). A questo punto, tutto è pronto per dare
esecuzione all’emissione e la banca di investimento potrà procedere all’effettivo
underwriting dei titoli. L’operazione si concluderà con la distribuzione dell’emissione al
pubblico degli investitori. Nella Tabella 11.1 sono riportati i 10 più grandi underwriter di
emissioni azionarie al mondo
Best effort
Un’alternativa all’underwriting di un’offerta di titoli è il best effort agreement, letteralmente
un “accordo di massimo impegno”. Mediante questo accordo il banchiere vende i titoli su
base commissionale, senza garanzia per quanto riguarda il prezzo che la società
emittente riceverà. Il vantaggio di una transazione best effort è che il banchiere non corre il
rischio di sbagliare il prezzo dei titoli, per cui non ha l’esigenza di dedicare molto tempo
alla determinazione del loro valore di mercato: si limita a cercare di venderli al prezzo
richiesto dal cliente e, se i titoli non hanno mercato, l’offerta potrà essere annullata.
Collocamento privato
È un metodo alternativo, mediante il quale titoli vengono venduti a un numero limitato di
investitori anziché al pubblico in generale, denominato collocamento privato. Il suo
vantaggio è che i titoli non devono essere registrati presso le autorità che regolano i
mercati finanziari se sono soddisfatti determinati requisiti restrittivi. Nel collocamento
privato l’investitore deve avere dimensioni tali da potere acquistare contemporaneamente
grandi quantità di titoli. Ciò significa che i compratori usuali sono società di assicurazioni,
banche commerciali, fondi pensionistici e fondi comuni di investimento.
FUSIONI E ACQUISIZIONI
Le banche di investimento sono attive nel mercato delle fusioni e delle acquisizioni.
Una fusione si realizza quando sue aziende si uniscono per formarne una nuova. In
un’acquisizione, o takeover, una società rileva la proprietà di un’altra acquistandone le
azioni. Di norma questo processo è amichevole, e le aziende sono consapevoli che
unendo le risorse potranno ottenere determinate economie. In altre situazioni l’azienda
oggetto dell’acquisizione può opporre resistenza: si parla allora di takeover ostili (caso in
cui l’acquirente tenti di impossessarsi di sufficienti azioni dell’azienda-target per ottenere la
maggioranza in CDA e votare la fusione tra l’azienda-target e quella acquirente).
BROKER E DEALER
Entrambe queste figure operano nei mercati secondari. I broker sono intermediari puri che
svolgono il ruolo di agenti per conto degli investitori nell’acquisto o nella vendita di titoli
(cosiddetta negoziazione per conto terzi). La loro funzione è combinare i compratori con i
venditori, una funzione per cui percepiscono commissioni di negoziazione. I dealer, al
contrario, favoriscono gli scambi in un mercato, ponendosi di acquistare e vendere titoli a
determinati prezzi (cosiddetta negoziazione per conto proprio). Di conseguenza, essi
tengono una giacenza di titoli e li rivendono a un prezzo leggermente più elevato di quello
pagato: in pratica guadagnano sullo spread (“scarto”) tra il prezzo denaro (bid price),
ovvero quello che il dealer paga per i titoli che acquista per il suo “magazzino”, e il prezzo
lettera (ask price), ossia quello che riceve dalla vendita. Questa attività è ad alto rischio,
perché i dealer mantengono in portafoglio titoli che possono aumentare o diminuire di
prezzo; i broker non sono esposti a questo tipo di rischio, perché non possiedono i titoli
oggetto della loro attività. In Italia le attività di dealing e di brokerage sono svolte sia dalle
SIM sia dalle banche.
BROKER
Numerosi sono i servizi svolti dai broker.
Ordini di acquisto e vendita di titoli
Se chiamate un intermediario mobiliare per acquistare titoli, parlate con un trader che
prenderà il vostro ordine. Potete scegliere fra tre tipi principali di transazioni: gli ordini al
meglio, gli ordini con limite di prezzo e le vendite allo scoperto.
Quando piazzate un ordine al meglio (market order) state indicando al vostro trader di
acquistare o vendere titoli al prezzo del mercato corrente. In questo tipo di ordine esiste il
rischio che il prezzo possa cambiare in modo notevole rispetto a quando avete deciso di
investire.
Un’alternativa è l’ordine con limite di prezzo (limit order) nel quale, in caso di acquisto, si
specifica un prezzo massimo accettabile e, in caso di vendita, si indica un prezzo minimo
accettabile. Una variante di questa soluzione è il cosiddetto stop loss order, che si
riferisce però ad azioni già possedute. Mediante questo ordine, indicate al broker di
vendere le vostre azioni quando raggiungono un determinato prezzo.
Quando si è convinti che il prezzo di un’azione in futuro diminuirà la soluzione è vendere
allo scoperto. Una vendita allo scoperto richiede che l’investitore prenda a prestito le
azioni da un intermediario mobiliare e le venda oggi, con la promessa di restituire le azioni
prese a prestito acquistandole in futuro sul mercato.
Si noti come gli ordini con limite di prezzo e gli ordini al meglio permettono di trarre
vantaggio dagli aumenti di prezzo delle azioni, mentre le vendite allo scoperto consentono
di sfruttare le diminuzioni di prezzo. Gli analisti mantengono una traccia del numero di
“posizione corte” prese su un’azione, come un indicatore del numero di investitori che
ritengono che il prezzo di un titolo possa scendere in futuro.
Altri servizi
Gli intermediari mobiliari possono offrire un gran numero di altri servizi. Ad esempio
possono fornire il cosiddetto margine di credito, che si riferisce ai prestiti concessi per
aiutare gli investitori ad acquistare i titoli. La Federal Reserve definisce la percentuale del
prezzo d’acquisto delle azioni che -service.gli intermediari mobiliari possono prestare
(attualmente circa il 50%). I tassi di interesse sui prestiti (margin loan) sono solitamente di
1 o 2 punti percentuali sopra al prime rate, ovvero il tasso che viene applicato alle grandi
aziende maggiormente solvibili.
Confronto tra full-service broker e discount broker: il caso degli Stati Uniti
Possiamo distinguere tra due tipologie di broker: i full-service broker e i discount. I full-
service broker offrono ai clienti la consulenza per l’investimento e la ricerca. Spesso
inviano loro settimanalmente o mensilmente rapporti e raccomandazioni, allo scopo di
consigliare di investire in determinati titoli. I discount broker si limitano a eseguire le
transazioni su richiesta. Quando desiderate acquistare titoli particolari, chiamate questo
intermediario e gli esponete il vostro ordine, senza che di norma vi venga fornita alcuna
consulenza né attività di ricerca. Poiché i costi di gestione di una società di questo tipo
sono sensibilmente minori, vengono addebitati costi di transazione più bassi, spesso una
piccola percentuale rispetto alle commissioni previste da un intermediario full-service.
DEALER
I delear favoriscono gli scambi acquistando e vendendo titoli sui mercati secondari a
prezzi più elevati di quelli che avevano pagato: di conseguenza, guadagnano sullo spread
tra il prezzo denaro, cioè il prezzo a cui hanno pagato i titoli, e il prezzo lettura ossia il
prezzo che ricevono dalla vendita. Questa attività è ad alto rischio, perché essi
mantengono titoli che possono aumentare o diminuire di prezzo. In Italia le attività di
dealing sono svolte sia dalle SIM (imprese di investimento) sia dalle banche. Il loro lavoro
è importante perché consente anche alle piccole imprese di vendere titoli che
normalmente non avrebbero venduto, in quanto gli investitori preferiscono acquistare titoli
che sono facilmente rivendibili; in questo caso i delear acquistano questi titoli e li tengono
nel loro magazzino finché qualcun altro non sia disposto a comprarli. Si preoccupano
quindi di creare un mercato in qualsiasi momento per i titoli assicurandosi che un
investitore possa sempre vendere o acquistare quei titoli. Per questo vengono anche
chiamati market maker, ovvero creatori di mercato.
Il TUF, Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ha recepito
la direttiva comunitaria, nota come MiFID, che si propone di sviluppare un mercato e
regimi normativi unici per i servizi di investimento in Europa. Secondo il TUF, sono
imprese di investimento i soggetti che svolgono uno o più dei servizi seguenti:
Negoziazione per conto proprio: si tratta dell’attività di acquisto e vendita per
conto proprio di strumenti finanziari, con l'obiettivo di realizzare un profitto dato
dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. Questa attività
(chiamata market making) consente di creare liquidità.
Negoziazione per conto di terzi: si tratta dell'attività di compravendita di strumenti
finanziari per conto dei clienti.
Sottoscrizione e/o collocamento: è l'attività intesa a far acquistare sul mercato
primario nuovi titoli o titoli già emessi per conto di un'emittente.
Gestione di portafogli su base individuale: è l'attività di gestione del patrimonio
affidato da un singolo cliente all'intermediario; tale attività può essere esercitata,
oltre che da banche e SIM, anche da società di gestione del risparmio.
Ricezione trasmissione di ordini: è l’attività per cui l'impresa di investimento si
limita agevolare il collegamento tra il cliente e il soggetto autorizzato alla
negoziazione.
Consulenza in materia di investimenti: è l'attività che consiste nel rilascio di
pareri personali alla clientela con riguardo a operazioni su strumenti finanziari.
Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione: si tratta di un'attività in cui
l'impresa di investimento favorisce l’incontro di domanda e offerta in un sistema
multilaterale di negoziazione sulla base di piattaforme e regole non discrezionali.
Inoltre, il TUF prevede una serie di servizi accessori come: custodia e amministrazione di
strumenti finanziari, locazione di cassette di sicurezza, ricerca in maniera in materia di
investimenti, ecc.
A causa dell’asimmetria informativa gli investitori possiedono meno informazioni sui titoli
offerti di quante ne abbiano i responsabili dell'azienda. Una soluzione a questo problema è
che le varie autorità legislative disciplinino la diffusione delle informazioni in modo da
ridurre gli effetti dell’asimmetria. Nel 2005 l'ordinamento italiano ha adottato la Market
Abuse Directive, una normativa che intende combattere i cosiddetti “abusi di mercato” nei
paesi europei; il fine è quello di creare un mercato equo e affidabile per tutti gli investitori,
limitando le attività che potrebbero essere di ostacolo come: insider trading (un insider
compra o vende azioni in base a informazioni riservate ottenute all'interno dell'agenzia),
improper (quando un'esponente della società rivela informazioni riservate interne
all'agenzia a un estraneo), misure of information (quando viene sfruttato un'informazione
non disponibile al pubblico che potrebbe però influenzare la decisione degli investitori
sull'investimento), manipulating transaction (quando vengono dati ordini di
acquisto/vendita che forniscono la falsa impressione di una forte domanda/offerta di uno
più titoli facendo così salire/scendere il loro prezzo), dissemination (quando sono divulgate
informazioni che generano impressioni false su un investimento o un investitore; ciò
potrebbe alzare un ridurre il prezzo delle azioni e indurre le persone a fare investimenti
sbagliati), distortion and misleading behaviour (quando sussiste un comportamento che
alimenta un'impressione falsa dell'offerta e della domanda di un investimento; ciò distorce
l'opinione del mercato sull'investimento).
Negli Stati Uniti fino alla fine degli anni 90 del secolo scorso le banche commerciali non
potevano vendere azioni ed erano dunque svantaggiati rispetto alle banche
d'investimento. In Italia invece una stessa attività di intermediazione, come la
negoziazione di titoli, è condotta da intermediari diversi (per esempio banche SIM) e lo
stesso intermediario svolge diverse attività di intermediazione nello stesso tempo.
Secondo il TUB, alle SIM sono vietate la raccolta del risparmio fra il pubblico e ogni attività
di gestione dei pagamenti.
Mentre le banche di investimento contribuiscono a portare i titoli sul mercato primario e le
società di intermediazione mobiliare e i broker e i delear facilitano lo scambio dei titoli nel
mercato secondario, esistono anche le società di venture capital le quali forniscono fondi
alle aziende che non sono ancora pronte a vendere i loro titoli nel mercato aperto.
Supponiamo ad esempio di voler introdurre sul mercato un prodotto; tuttavia, questo
prodotto è nuovo e non si possono ottenere i fondi dalle fonti convenzionali. Le società di
venture capital intervengono fornendo i fondi all'impresa per il suo sviluppo iniziale. Il
venture capital, quindi, è il denaro fornito ad aziende appena avviate che promettono
grandi sviluppi futuri. L'attività di investimento in azioni non quotate distingue il venture
capital dal private equity: questo comprende gli investimenti in imprese che si collocano
negli stadi di vita della crescita e del consolidamento.
L’asimmetria informativa accompagna spesso le nuove imprese e ottenere i fondi esterni
con la presenza di asimmetria informativa è molto difficile; le società di venture capital
possono attenuare questa mancanza di informazioni. Per prima cosa, per attenuare
l’asimmetria informativa, le società di venture capital possiedono una partecipazione nel
capitale proprio dell'azienda; di solito queste società non sono quotate quindi le loro azioni
non sono disponibili al pubblico e questo comporta che le prospettive di investimento del
venture capital risultano a lungo termine. Visto che gli investitori in obbligazione non
intendono aspettare per anni che i redditi dell’emittente corrispondano interessi, il
finanziamento del venture capital occupa una nicchia importante lasciata libera dalle fonti
alternative di fondi. Il secondo modo per risolvere il problema dell’asimmetria informativa è
che i rappresentanti della società di venture capital trovino posto nel Consiglio di
Amministrazione della società finanziata; in questo modo possono controllare con
attenzione le spese e la gestione al fine di salvaguardare il loro investimento. Ovviamente
questo tipo di finanziamento comporta alti rischi; i venture capitalist attenuano questi rischi
sviluppando un portafoglio di aziende giovani all'interno di un singolo fondo. Diversificando
i rischi tra un certo numero di nuove imprese il rischio complessivo risulta accettabile. Il
principale campo dove vengono impiegati i fondi raccolti dalle società di venture capital è
nelle start-up tecnologiche.
La struttura di un’attività di venture capital può essere una delle seguenti:
Limited partnership: esistono due categorie di azionisti, i limited partner
(sottoscrivono le quote del fondo) e i general partner (oltre a sottoscrivere quote del
fondo, sono anche responsabili della gestione di quest'ultimo)
Società per azioni: gli azionisti sono anche investitori. Le società per azioni sono
soggette alla tassazione sui guadagni in conto capitale, mentre le limited
partnership sono caratterizzate da neutralità fiscale.
Fondi chiusi di investimento: hanno posizione patrimoniale autonoma rispetto ai
sottoscrittori e alla società che li gestisce.
In Italia l'attività di venture capital avviene spesso attraverso la costituzione di fondi chiusi;
un fondo chiuso colloca un numero prefissato di quote e non è possibile andare oltre. Il
vantaggio della formula del fondo chiuso è che consente la mobilitazione del capitale a
lungo termine necessario per gli investimenti. I sottoscrittori delle quote possono chiedere
il rimborso solo alla scadenza. Negli Stati Uniti a partire dagli anni 70 e 80, gli intermediari
di venture capital hanno cominciato a organizzarsi come limited partnership; quest'ultima
presenta diversi vantaggi, come: 1) godere della naturalità fiscale, 2) i rapporti fra partner
e il funzionamento della società sono disciplinati dall'accordo di partnership, ossia un
documento non soggetto a registrazione né ad alcuna regolamentazione, 3) non vi è
l'obbligo della revisione contabile, ecc.
Quasi tutte le transazioni di venture capital seguono un ciclo di vita simile. Una società di
venture capital inizia sollecitando impegni di capitale da parte degli investitori, che sono in
genere fondi pensioni o banche. Di solito queste società hanno un importo massimo di
portafoglio che si propongono di acquisire. Possono trascorrere diversi anni prima che
l'investimento cominci a fruttare (7-10 anni); la mancanza di liquidità dell'investimento deve
essere quindi valutata con attenzione dall'investitore. Non appena gli apporti sono stati
impegnati, il fondo di venture capital può avviare la fase di investimento. Spesso i venture
capitalist investono in una società prima che questa abbia sviluppato un prodotto: questa
forma è chiamata seed capital. L’investimento in una piccola azienda nelle fasi iniziali del
suo ciclo di vita è detto investimento early-stage. Una volta che viene completato il
disinvestimento, i limited partner ricevono la loro quota di profitti. Ci sono vari modi
medianti i quali un fondo di venture capital può uscire da un investimento: il più
interessante è quello che consiste nel procedere alla quotazione (IPO) delle società in
portafoglio. Il fondo allora partecipa all'offerta pubblica di vendita delle azioni della società
quotanda. Un'altra modalità di disinvestimento avviene attraverso il trade sale, cioè
operazioni di acquisizione condotte da investitori strategici, come soggetti industriali
interessati a prendere il controllo del business delle società vendute dai fondi di venture
capital.
Poiché vi sono molti ostacoli che devono essere superati prima che una nuova idea
imprenditoriale diventi remunerativa, per indurre gli investitori a continuare a fornire fondi
deve esserci la possibilità di ottenere alti rendimenti. Storicamente il tasso interno di
rendimento (IRR) dei venture capital è piuttosto elevato. Generalmente la maggior parte
delle nuove imprese non ha successo malgrado gli attenti controlli, poiché l'investimento in
venture capital presenta un elevato livello di rischio.
I TASSI DI INTERESSE E IL LORO RUOLO NELLA VALUTAZIONE
PRESTITO: il prestatore fornisce al mutuatario una quantità di fondi, detti capitale, che
deve essere rimborsata al prestatore alla data di scadenza, con un pagamento
supplementare per l’interesse.
Se prestito semplice possiamo definire il TASSO DI INTERESSE come:
i = INTERESSE/CAPITALE
La quantità rimborsata, dopo n anni, è pari a:
CAPITALE*[(1 + i)^n] LEGGE DELLA CAPITALIZZAZIONE: dall’importo attuale a
quello futuro
Se invece determiniamo gli importi attuali partendo da quelli futuri si utilizza la LEGGE DI
ATTUALIZZAZIONE. Definiamo “sconto” il processo per calcolare il valore attuale di
somme che saranno ricevute in futuro:
n
FCt
VA =∑ t
t =1 (1+i)
FC: flusso di cassa futuro (MONTANTE in mate. Finanziaria)
Il valore attuale ci permette di:
- calcolare il valore odierno di uno strumento del mercato di credito ad un
determinato tasso di interesse semplice i
- confrontare due strumenti i cui flussi hanno tempistiche diverse basandoci sul
rendimento annuale
RENDIMENTO A SCADENZA NEI QUATTRO TIPI DI STRUMENTI DEL MERCATO DEL
CREDITO
Il RENDIMENTO A SCADENZA è il metodo più usato per calcolare i tassi di interesse; è
l’unico tasso che uguaglia il valore corrente dello strumento di debito al valore attuale di
tutti i suoi flussi di cassa futuri.
1. PRESTITO SEMPLICE CON UN UNICO FLUSSO DI CASSA: il creditore fornisce al
mutuatario una determinata quantità di fondi che gli devono essere rimborsati alla data di
scadenza con un pagamento supplementare per l’interesse. In questo caso si ha che il
tasso di interesse è uguale al rendimento a scadenza (entrambi indicati con i), nel caso in
cui n=1:
FC
i= −1
VA
i: tasso cedolare
Ora calcoliamo il RENDIMENTO A SCADENZA o TRES risolvendo la prossima equazione
per i o TRES:
n
FCt
P=∑ n
t =1 (1+ TRES)
FCt generalizza tutti i flussi provenienti dal titolo (cedole e valore nominale).
Se le cedole vengono pagate semestralmente (BTP) si utilizza il tasso cedolare
semestrale pari al tasso annuale diviso 2 e come unità di tempo il semestre (ad esempio 1
anno = 2 semestri).
Relazione tra il TRES e il prezzo di un’obbligazione:
- prezzo dell’obbligazione con cedola = valore nominale TRES = tasso cedolare
- prezzo dell’obbligazione con cedola e il TRES sono negativamente correlati: se il
TRES aumenta il prezzo diminuisce e viceversa
- prezzo dell’obbligazione con cedola < valore nominale TRES > tasso cedolare
RENDITA PERPETUA: obbligazione perpetua senza data di scadenza e nessun rimborso
di capitale che garantisce per sempre pagamenti di cedola fissa C. In questo caso il
PREZZO è:
C
Pc=
ic
C
ic=
Pc
Quest’ultima formula ci permette di calcolare il RENDIMENTO A SCADENZA che fornisce
un’utile approssimazione del rendimento a scadenza sulle obbligazioni con cedola che
hanno scadenza a lungo termine, in quanto hanno valori attuali scontati così bassi che il
valore dell’obbligazione è molto prossimo a quello di una rendita perpetua con lo stesso
tasso cedolare. Questo tasso ic prende il nome di TASSO DI RENDIMENTO IMMEDIATO.
4. ZERO-COUPON BOND (TITOLO A SCONTO): titolo che viene acquistato a un prezzo
inferiore al suo valore nominale; alla scadenza è previsto il rimborso del valore nominale.
Non garantisce pagamento di interesse ma rimborsa unicamente il valore nominale. Il
rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di emissione e il valore di rimborso.
VN
Nel caso annuale il RENDIMENTO A SCADENZA è i= −1.
P
Se considero un titolo a sconto di qualsiasi durata, partendo da
VN
P= ¿
( 1+i) 360
Otteniamo che il RENDIMENTO A SCADENZA è
( )
360
VN ¿
i= −1
P
gg: vita residua del titolo
Notiamo che, come per le obbligazioni con cedola, il rendimento a scadenza è
negativamente correlato al prezzo corrente dell’obbligazione (diminuzione del rendimento
a scadenza significa un aumento del prezzo).
Rendimenti a scadenza negativi implicano che si è disposti a pagare un’obbligazione oggi
più di quanto non si riceverebbe per tale obbligazione in futuro.
Capitolo 13
Le operazioni bancarie
La banca acquisisce risorse finanziarie dai risparmiatori, assumendo una posizione
debitoria nei loro confronti, per finanziare l’erogazione di prestiti. I capitali così raccolti
sono di proprietà della banca e rappresentano la raccolta diretta. Le operazioni di
raccolta però pongono la banca di fonte al rischio di liquidità, causato da inattesi
prelevamenti da parte dei depositanti.
Le banche offrono diversi servizi alla clientela, quali
Depositi moneta: l’obiettivo è mettere a disposizione della clientela strumenti di
pagamento e consentire l’accesso alle offerte dei servizi bancari. L’unica forma
tecnica con cui le banche concedono depositi moneta è il conto corrente passivo, di
cui parleremo a breve.
Depositi tempo: sono depositi la cui finalità primaria del cliente è investire le
risorse finanziarie per avere una remunerazione. Alcuni esempi di depositi tempo
sono depositi a risparmio, conti di deposito, certificati di deposito, obbligazioni
bancarie e operazioni pronti contro termine passive.
Tornando al conto corrente passivo, è un deposito dotato di massimo grado di liquidità
in quanto è rimborsabile in ogni momento e ciò lo rende una passività a vista per la banca.
Il conto corrente consente al cliente di: depositare moneta legale presso la banca; disporre
liberamente del deposito prelevando moneta o impiegando strumenti di pagamento come
assegni circolari o bancari, bonifici, carte di debito o di credito; accedere ad altri servizi e
operazioni bancarie.
Quindi, il cliente può chiedere alla banca di prelevare o versare sul proprio conto e a ogni
accredito o addebito la banca attribuisce una valuta, cioè una data a partire della quale
decorrono o cessano gli interessi attivi e passivi. L’attribuzione della valuta alle operazioni
di prelevamento e versamento determina la presenza di varie configurazioni del saldo di
conto corrente:
Il saldo liquido è la somma di tutte le operazioni per le quali la valuta è
effettivamente maturata;
Il saldo contabile è l’insieme delle operazioni a prescindere dalla maturazione
della loro valuta;
Il saldo disponibile è il saldo di tutte le operazioni di cui la banca ha verificato il
buon fine.
La banca invia periodicamente tre documenti al correntista: (esempio pagina 312)
L’estratto conto è un riepilogo periodico delle operazioni che consente a chi
detiene il conto corrente di verificare la regolarità delle registrazioni effettuate dalla
banca;
Il conto scalare è un riepilogo dei saldi relativi a tutte le operazioni che consente al
correntista di determinare i suoi interessi a credito ed eventuali scoperti di valuta
che originano saldi a debito del cliente;
Il prospetto competenze e spese è l’importo degli interessi maturati dal cliente (su
cui si applica una ritenuta fiscale di aliquota del 26%), la ritenuta fiscale praticata
sugli interessi attivi, l’imposta di bollo e le spese relative al conto.
Accanto alla forma tradizionale di conto corrente, le banche offrono altri tipi di conti come:
conti correnti online, molto diffusi poiché offrono la possibilità di compiere
operazioni online in qualsiasi momento ed inoltre hanno favorevoli condizioni di
tasso e commissione sui servizi
conti liquidità, che associano un conto corrente di corrispondenza all’investimento
in prodotti di risparmio gestito
conti a pacchetto, i quali prevedono il pagamento di un canone periodico a cui si
associa l’accesso gratuito a una serie di operazioni bancarie
conti correnti di servizio, utili al fine di fornire uno strumento di pagamento e di
gestione delle liquidità, particolarmente conveniente per le imprese. Hanno una
remunerazione nulla a fronte dell’assenza di spese di gestione
Conti convenzionati, i quali prevedono lo stesso trattamento per tutti i correntisti
che rientrano nella convenzione
Conti a target, a cui si abbinano servizi come finanziamenti, che rispondono ai
bisogni finanziari del target.
Analizziamo ora i depositi tempo.
I depositi a risparmio consentono alla clientela di ottenere una remunerazione
dall’investimento (al contempo questi sono anche depositi moneta poiché si dispone
liberamente delle somme depositate). Il cliente alla stipula del contratto riceve dalla banca
un documento, detto libretto di deposito, su cui vengono segnate tutte le operazioni di
prelevamento e versamento. In base alle modalità di movimentazione del deposito a
risparmio (versamenti o prelevamenti), si distinguono: depositi a risparmio liberi (si può
prelevare in qualsiasi momento e l’estinzione avviene mediante un prelevamento) e
depositi a risparmio vincolati (non si può prelevare per un determinato periodo). Il
rendimento dei depositi a risparmio è maggiore rispetto ai conti correnti poiché il cliente
rinuncia alla disponibilità dei fondi per un periodo più o meno lungo.
I conti di deposito sono strumenti di raccolta nella forma del deposito a risparmio, i quali
però non dispongono di un libretto di risparmio. Questi sono privi di spese e offrono dei
tassi di interesse alti; richiedono inoltre di essere abbinati ad un conto corrente, ossia il
conto di appoggio, tramite il quale si possono effettuare versamenti e prelievi.
I pronti contro termine si compongono di un’operazione e pronti e una a termine; un
soggetto realizza una vendita di titoli a pronti (tipicamente sono i BTP e CCT) a un altro
soggetto, con l’impegno a riacquistare a termine la stessa quantità di titoli della stessa
specie. I soggetti coinvolti, il cui scopo è quello di impiegare o reperire risorse finanziarie,
possono essere: famiglie/imprese da un lato e banca dall’altro, banca da un lato e banca
centrale dall’altro oppure banche in entrambe le posizioni. Si parla di pronti contro
termine passivo se è la banca a vendere alla controparte a pronti, mentre si parla di
pronti contro termine attivo se è la banca ad acquistare a pronti titoli. In generale, per le
operazioni con la clientela, la durata oscilla tra i 15 giorni e i 6 mesi; tra le operazioni con
la banca centrale difficilmente eccede i 15 giorni mentre tra banca e banca la durata e tra
1 e 14 giorni. Per quanto riguarda l’importo, per le operazioni con la clientela il taglio
minimo è 25 mila euro, mentre l’operazione sull’interbancario hanno un taglio minimo di
2,5 milioni di euro. Per quanto riguarda il rendimento, questo è determinato dal livello del
prezzo a termine (determinato tramite la capitalizzazione semplice del prezzo a pronti
impiegando il tasso stabilito) rispetto al prezzo a pronti (che comprende il rateo maturato
dall’ultima cedola); viene calcolato come
R= [(P1-P0)/P0]*(365/gg)
dove P1 prezzo di vendita, P0 prezzo di acquisto, gg numero di giorni tra acquisto e
vendita.
I certificati di deposito sono titoli emessi dalle banche presso la clientela retail a fronte di
somme di denaro depositate per un periodo di tempo; tra questi certificati ci sono quelli
interbancari che sono titoli di breve durata e di importo molto elevato. Per l’emittente
bancario rappresentano una forma di raccolta che consente il rifornimento di risorse a
scadenza fissa. Le banche emettono i certificati di deposito senza vincolo in termini di
importi e date di emissione. Poiché ogni certificato di deposito si differenzia dagli altri per
importo, scadenza e remunerazione, non è possibile standardizzare questo strumento e
quindi non esiste un mercato secondario. Possiamo dividere i certificati a breve termine
(scadenza 3-18 mesi) da quelli a medio termine (scadenza 18-60 mesi) ed inoltre quelli a
tasso fisso (zero coupon e certificati a cedola fissa) da quelli a tasso variabile. La ritenuta
fiscale è fissata al 26% svantaggio nei confronti dei titoli di stato che hanno una ritenuta
al 12,5%. Infine, il rendimento rappresenta il tasso annuo in regime di capitalizzazione
composta e quindi si calcola come
R=[(P1/Po)^(365/gg)]-1
Nel seguito esaminiamo le singole forme tecniche dei prestiti per cassa.
Anticipazione su pegno
È un prestito a breve termine garantito da un pegno; si compone di un contratto principale
e un contratto accessorio di pegno. Dopo che il cliente cede i beni a garanzia, la banca
valuta tali oggetti e li conserva per poi restituirli all’estinzione del prestito. In caso di
mancato rimborso la banca può procedere alla vendita di questi beni. Si è soliti distinguere
tra anticipazioni in conto corrente e anticipazioni per somma e scadenza fissa: i primi
sono linee di credito a favore del cliente di importo pari al valore del pegno, nei secondi il
cliente riceve l’accreditamento del valore nominale diminuito della differenza tra interessi e
garanzia.
Credito al consumo
È un finanziamento per acquistare beni e servizi per sé o per la propria famiglia. Può
essere concesso come:
prestito non finalizzato: ci rientra il prestito personale (il finanziatore versa il
prestito in un’unica soluzione e il consumatore lo restituisce a rate) e il prestito
contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione (prevede che i lavoratori
dipendenti e i pensionati restituiscano la somma avuta in prestito cedendo fino a 1/5
del loro stipendio o della loro pensione)
prestito finalizzato: è connesso all’acquisto di un determinato bene o servizio, da
restituire a rate.
Carta di credito revolving: il titolare oltre ad avere a disposizione uno strumento di
pagamento, riceve un vero e proprio prestito che si rimborsa a rate e con gli
interessi.
I principali servizi che svolgono le banche verso la clientela sono servizi di pagamento e
servizi di investimento.
Servizi di pagamento: tramite questo servizio la banca svolge la funzione
monetaria. La finalità è quella di creare strumenti di pagamento ricollegabili a conti
correnti di corrispondenza che agevolano lo svolgimento degli scambi di natura
monetaria. Gli strumenti e gli ordini di pagamento sono:
-assegni, cioè strumenti di pagamento di tipo cartolare. Possono essere circolari o
bancari; la differenza sta nella copertura dell’assegno, che in particolare è
precostituita solo nel caso di assegno circolare, e nel luogo di pagamento, che è
qualsiasi dipendenza della banca emittente nel caso di assegni circolari.
-bonifici, cioè strumenti elettronici impartiti dal cliente alla banca affinché questa
paghi un soggetto terzo.
-carte di credito, ancora strumenti di pagamento elettronico utilizzati per l’acquisto
di beni e servizi nonché per ottenere anticipi di moneta legale presso le banche
aderenti al circuito.
-carte di debito e prepagate, strumenti elettronici che consentono di effettuare
operazioni bancarie, come prelievo di denaro.
Servizi di investimento: si distinguono in servizi prestati alla generalità della
clientela (come negoziazione di valori mobiliari e la gestione di portafogli detta
gestione patrimoniale) e servizi prestati solo alle imprese (come servizi di
sottoscrizione o collocamento e servizi di consulenza in materia di acquisizioni,
fusioni, ristrutturazioni).
Nella negoziazione di valori mobiliari, per cui la banca può operare sia per conto
proprio sia per conto di terzi, si realizza un’attività di acquisto e vendita di strumenti
finanziari che non costituiscono passività della banca che esegue lo scambio. Nella
gestione patrimoniale, invece, la banca agisce per conto del cliente nella gestione
del patrimonio, investendolo in valori mobiliari.
Cap. 14 IL BILANCIO E ALCUNI PRINCIPI DI GESTIONE DELLE BANCHE
IL BILANCIO DELLA BANCA
Il bilancio di esercizio è l’insieme dei documenti che ogni azienda deve redigere
periodicamente allo scopo di rappresentare la propria situazione patrimoniale, finanziaria
ed economica. In Italia è costituito da: stato patrimoniale, conto economico, prospetto della
redditività complessiva, prospetto delle variazioni del patrimonio netto, rendiconto
finanziario e nota integrativa.
Ha due finalità principali: rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti dalle diverse
normative e costituire un sistema di informazione economica, patrimoniale e finanziaria
per tutte le classi di portatori di interesse nei confronti della banca (stakeholder). Inoltre, è
uno strumento di valutazione dell’andamento della gestione svolta.
Quando si parla di bilancio è opportuno distinguere quello della banca da quello del
gruppo al quale la banca stessa può appartenere.
STATO PATRIMONIALE: insieme delle attività e delle passività di una banca; vale la
relazione
Totale attività = totale passività + capitale proprio
Le passività sono rappresentative di fonti di fondi dalle quali provengono le risorse da
impiegare nell’esercizio delle funzioni bancarie, le attività sono gli usi di fondi (destinazione
delle risorse). I fondi possono essere ottenuti a titolo di capitale proprio o a titolo di debito
e vengono impiegati in operazioni quali l’acquisto di titoli e di partecipazioni, la
concessione di prestiti e l’acquisizione di attività non finanziarie.
CONTO ECONOMICO: vengono registrati i costi e i ricavi della gestione (interessi
percepiti sugli investimenti finanziari e quelli maturati sui prestiti erogati a un tasso
superiore a quello sulle passività)
PASSIVO DI BILANCIO
La banca svolge un insieme di operazioni che servono per la raccolta di fondi, in gran
parte nei confronti dei risparmiatori; questi fondi sono definite PASSIVITÀ. Nel bilancio
redatto secondo lo schema civilistico, quest’ultime sono distinte per natura di operazione
(tipologia), per controparte e per classi di scadenza (Stato patrimoniale; capitale proprio;
utile (perdita) di esercizio).
Le principali voci di bilancio che permettono alla banca di ottenere le risorse finanziarie per
svolgere la propria funzione creditizia sono:
-RACCOLTA DA CLIENTELA: costituita da DEPOSITI A TEMPO e DEPOSITI MONETA.
Il CONTO CORRENTE è l’unica forma di deposito moneta; è uno strumento di raccolta
caratterizzato dalla funzione monetaria. I saldi del conto corrente costituiscono il potere di
acquisto scambiato tramite strumenti di pagamento (assegni, bonifici, carte di pagamento).
È un’attività per il depositante, perché fa parte del suo patrimonio finanziario, mentre è una
passività per la banca in quanto il titolare del conto può ritirare fondi in ogni momento. Per
la banca inoltre è una fonte relativamente meno costosa di raccolta.
Nei depositi a tempo, invece, rientrano DEPOSITI A RISPARMIO, CONTI DI DEPOSITO,
CERTIFICATI DI DEPOSITO, OPERAZIONI PRONTI CONTRO TERMINE e
OBBLIGAZIONI BANCARIE. I depositi a scadenza, inoltre, si distinguono a seconda
dell’importo: depositi vincolati di importo inferiore ai 100.000 dollari (poco liquidi, tassi di
interesse competitivi, costo di provvista alto per le banche) e conti vincolati di grande
importo (certificati di deposito; negoziabili al pari delle obbligazioni, scambiabili su un
mercato secondario prima della loro scadenza, quindi alternativa ai titoli di Stato a breve
termine)
-PRESTITI DA BANCHE, ALTRE ISTITUZIONI FINANZIARIE E BANCA CENTRALE: le
banche hanno un fabbisogno di liquidità che le rende dipendenti dal monopolio della
banca centrale nell’offerta di base monetaria (BCE immissione di moneta tramite
operazioni di rifinanziamento marginale e operazioni di mercato aperto; Fed sotto forma di
operazioni di mercato aperto). Altre forme di operazioni sono: i DISCOUNT LOAN che
sono erogate al netto degli interessi; i PRESTITI OVERNIGHT negoziati nel mercato
interbancario dove esse si scambiano i fondi a breve e brevissimo termine; le
OPERAZIONI DI PRONTI CONTRO TERMINE, cioè vendita con patto di riacquisto nei
confronti di altre banche o della banca centrale (alternativa alle operazioni di prestito non
garantite o alle emissioni di titoli a breve termine), sono lo strumento principale che
conduce le operazioni di politica monetaria e di credito infragiornaliero, essendo ibridi
(contanti e titoli) sono un collegamento tra diversi mercati di cui aumentano la liquidità.
-CAPITALE PROPRIO: equivale alla differenza fra il totale delle attività e il totale delle
passività. In questo rientrano il capitale sociale, gli accantonamenti di utili e le riserve. È
importante perché rappresenta la grandezza di riferimento di molte norme di vigilanza
prudenziale e, inoltre, perché costituisce la leva che permette di acquisire maggiori gradi di
libertà nelle scelte gestionali della banca. I mezzi propri costituiscono un cuscinetto nel
caso in cui il valore delle passività supera quello delle attività (insolvenza), in modo tale
che una banca ben capitalizzata non perda la fiducia del mercato e dei clienti nonostante
le minusvalenze significative nelle voci dell’attivo.
ATTIVO DI BILANCIO
Una banca utilizza i fondi raccolti emettendo passività per acquistare attività che fruttano
ricavi; quindi, le attività bancarie sono gli impieghi dei fondi che genereranno dei ricavi.
Fanno parte delle attività:
-RISERVE DI LIQUIDITÀ: costituite sia dai saldi disponibili che le banche detengono
presso la banca centrale, sia dal denaro in cassa che però non frutta interesse. Le riserve
detenute presso la banca centrale sono costituite da RISERVE OBBLIGATORIE (costituite
da un coefficiente di riserva obbligatorio detenuto sotto forma di contanti o di attività
facilmente liquidabili) e da RISERVE LIQUIDE IN ECCESSO (RISERVE LIBERE;
utilizzate per fare fronte agli impegni di pagamento, direttamente in caso di prelievo di
denaro contante da parte dei depositanti, indirettamente se la banca deve adempire ai
propri impegni in sede di regolamento interbancario)
-TITOLI: il possesso di titoli da parte di una banca costituisce un’importante attività
fruttifera di interessi. Possono essere titoli di Stato, di autorità locali e municipali e altri. I
primi due sono maggiormente liquidabili (scambiabili e monetizzabili, costi di transizione
ridotti). I titoli di Stato a breve termine assumono il ruolo di riserve secondarie, per gestire
l’equilibrio finanziario della banca, per tre motivi: la loro elevata liquidità, le autorità
governative operano maggiormente con istituti di credito che li possiedono, i benefici
fiscali per le banche in quanto i relativi interessi sono deducibili dalle tasse sul reddito. Un
aspetto negativo è che possono essere meno negoziabili e quindi più rischiosi rispetto a
quelli del governo federale
-PRESTITI: è una passività per la persona o per l’azienda a cui è concesso, ma è
un’attività di bilancio per la banca in quanto genera interessi attivi. Hanno liquidità variabile
in base alla loro finalità, quindi dalle finalità discendono tipi di prestito diversi per liquidità e
quindi per la loro idoneità ad essere convertiti in contante. Inoltre, sono caratterizzati dal
loro essere soggetti al rischio di insolvenza della controparte, che si può manifestare nei
confronti del capitale prestato e/o degli interessi maturati sulle somme erogate. Le
categorie più rilevanti per le banche sono costituite dai prestiti verso le imprese e dai
prestiti immobiliari. Le banche commerciali erogano anche il credito al consumo destinato
a sostenere le decisioni delle unità di consumo. Un’altra categoria è quella dei prestiti
interbancari attraverso i quali le banche si finanziano reciprocamente in ragione delle
proprie disponibilità e sono tendenzialmente destinati a una più accurata gestione della
tesoreria.
MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DEL BILANCIO
TRASFORMAZIONE DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE IN TERMINI DI TASSO DI
INTERESSE, RISCHIO E SCADENZA: processo secondo il quale le banche ottengono i
propri profitti dalla vendita di passività caratterizzate da combinazioni differenti di liquidità,
rischio, dimensioni e rendimento e impiegano il ricavato nell’acquisto di attività con
caratteristiche differenti. In pratica “la banca si indebita a breve e presta a lungo”, in
quanto concede prestiti a medio-lungo termine che finanzia con l’assunzione di depositi a
breve scadenza.
Quando la banca fornisce servizi desiderabili e a basso costo, e incassa ricavi sufficienti
dalle proprie attività allora ottiene profitti; in caso contrario subisce perdite.
Un aumento nelle riserve della banca corrisponde all’incremento nei depositi di un conto
corrente.
Quando una banca riceve un versamento ottiene un uguale ammontare di riserve, mentre
quando registra un prelevamento perde un uguale ammontare di riserve.
(LEGGERE ESEMPIO PAG. 340)
APPROCCIO ITALIANO
Il conto economico in Italia è costituito da risultati parziali:
- MARGINE DI INTERESSE:
MARGINE DI INTERESSE=INTERESSI ATTIVI + INTERESSI PASSIVI =RICAVI MATURATI SU CREDITI E IN
È, in percentuale, una stima approssimata del rendimento dei fondi intermediati, al lordo
dei costi operativi e al netto dei costi di provvista dei capitali investiti.
- MARGINE DI INTERMEDIAZIONE:
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE=MARGINE DI INTERESSE+ ALTRI RICAVI NETTI
Gli ALTRI RICAVI NETTI esprimono l’importanza delle attività non creditizie rappresentate
da servizi finanziari che generano ricavi da commissioni piuttosto che da interessi.
Può essere visto come una proxy del fatturato, in effetti è un buon indicatore della
dimensione di un intermediario finanziario da un punto di vista strettamente economico;
viene utilizzato per rappresentare la dimensione economica.
- RISULTATO DI GESTIONE:
RISULTATO DI GESTIONE=MARGINE DI INTERMEDIAZIONE−COSTI OPERATIVI
Misura la performance della gestione ordinaria e al lordo delle imposte.
- COST-IN-COME RATIO:
COSTI OPERATIVI
COST −¿−COME RATIO=
MARGINE DI INTERMEDIAZIONE
Esprime la capacità di generare ricavi date le risorse disponibili.
MISURE DELLE PERFORMANCE BANCARIE
Il risultato netto fornisce un’indicazione di sintesi sullo stato si salute di una banca, ma non
tiene conto delle dimensioni della banca stessa ed è quindi inutilizzabile nel confronto tra
le diverse banche.
Come già visto due misure fondamentali della redditività sono il ROA, che segnala come
vengono usate le attività al fine della formazione di profitti aziendali, e il ROE, che equivale
all’utile netto prodotto da ogni unità di capitale proprio investito (considerato maggiormente
dagli azionisti).
Un altro indicatore delle performance bancarie è il NIM (net interest margin) o MARGINE
NETTO DI INTERESSI
interessiattivi−interessi passivi
NIM =
totale attivo
Se la banca è in grado di raccogliere fondi con passività che retribuisce mediante interessi
più contenuti rispetto a quelli che le derivano dall’acquisizione di attività allora il NIM sarà
alto e la banca sarà quasi certamente molto remunerativa. Se gli interessi corrisposti sulle
passività salgono rispetto a quelli percepiti sulle attività, allora il NIM si contrae e la
redditività della banca ne risentirà.
Capitolo 19
Secondo l’ipotesi di mercato efficiente (o nota anche come teoria dei mercati dei
capitali efficienti) i prezzi dei titoli nei mercati finanziari riflettono pienamente e
rapidamente tutte le informazioni disponibili.
Il tasso di rendimento derivante dal possesso di un titolo equivale alla somma del
guadagno in conto capitale sul titolo stesso e di tutti i flussi di cassa ricevuti, divisa per il
prezzo di acquisto del titolo: R=(C+ P[ t+1]−P [t ])/ P[t]. Dove: R= rendimento derivante dal
titolo da t a t+1, P[t+1] = prezzo del titolo in t+1 (unica variabile), P[t] = prezzo del
titolo in t , C = cedola ricevuta nel periodo da t a t+1.
Se si indica con Pe [t+1] l’aspettativa del prezzo del titolo alla conclusione del periodo di
possesso, si può calcolare Re cioè il rendimento atteso utilizzando la stessa formula di
prima, mettendo al posto di P[t+1], Pe [ t+1]. L’ipotesi di mercato efficiente considera le
aspettative come previsioni ottimali (miglior ipotesi che si possano fare sul futuro)
formulate sulla base di tutte le informazioni disponibili. Dunque in sintesi: Pe [t+1]=P p [t+1]
. Questo implica che Re =R p (1) cioè che il rendimento atteso sul titolo sia uguale alla
previsione ottimale del rendimento.
L’analisi della domanda e dell’offerta del mercato obbligazionario indica che il rendimento
atteso sui titoli avrà tendenza a dirigersi verso il rendimento di equilibrio, che fa
corrispondere la quantità richiesta con quella offerta. Quindi l’analisi della domanda e
dell’offerta permette di determinare il rendimento atteso con la seguente condizione di
equilibrio: Il rendimento atteso è uguale al rendimento di equilibrio, cioè il rendimento che
rende uguale la quantità richiesta a quella offerta, quindi Re =R¿ . Utilizzando la (1) si
ottiene che R p =R ¿ e questa equazione indica che i prezzi correnti in un mercato finanziario
saranno fissati in modo tale che la previsione ottimale del rendimento di un titolo, usando
tutte il informazioni disponibili, sia uguale al rendimento di equilibrio del titolo.
Per capire cosa significa l’ipotesi di mercato efficiente si utilizza il concetto di arbitraggio,
in cui i partecipanti al mercato (arbitraggisti) eliminano opportunità di profitto non sfruttate,
cioè rendimenti su un titolo maggiori di quanto giustifichino le caratteriste del titolo stesso.
Esiste l’arbitraggio puro, in cui l’eliminazione delle opportunità di profitto non comporta
rischi e quello in cui l’arbitraggista prende a suo carico qualche rischio (questo secondo
tipo di arbitraggio è quello trattato da noi). L’arbitraggio porta all’ipotesi di mercato
efficiente infatti supponiamo che, date le caratteristiche di rischio, il rendimento normale di
un titolo sia pari al 10% su base annuale. Si suppone inoltre che il prezzo corrente sia
inferiore alla previsione ottimale del prezzo futuro, in modo che la previsione ottimale del
rendimento su base annua sia del 50% (che è maggiore del rendimento di equilibrio). Si
può quindi prevedere che, in media, il rendimento sarà eccezionalmente elevato. Questa
situazione si chiama “ opportunità di profitto non sfruttata” perchè, in media, gli
investitori guadagnerebbero più di quanto dovrebbero, tenuto conto delle caratteristiche di
questo titolo. Sapendo che, in media, si può guadagnare un tasso di rendimento molto alto
su questo titolo, gli azionisti si comprerebbero una quantità di azioni maggiore del
normale, questo farebbe aumentare il prezzo corrente in rapporto al prezzo futuro previsto,
determinando una riduzione di R p . Quando il prezzo sarà aumentato abbastanza per far si
che che R p sia uguale a R¿e la condizione di mercato efficiente sarà soddisfatta, gli
acquisti della azioni di tale titolo si arresteranno e l’opportunità di arbitraggio non sfruttata
scomparirà. Ragionamento uguale e opposto ovviamente si può fare nel caso in cui R p < R¿
. Schematizzando:
Un altro modo per definire la condizione di mercato efficiente è: nel mercato efficiente,
tutte le opportunità di profitto non sfruttate vengono eliminate.
Un fatto molto importante è che non tutti in un mercato finanziario devono essere informati
su un titolo o avere aspettative razionali che spingono il prezzo del titolo al punto in cui si
realizza la condizione di mercato efficiente. E’ sufficiente che esistano alcuni investitori,
chiamati smart money, che individuano le opportunità di profitto non sfruttate e che,
agendo per sfruttarle, ottengo un profitto e riportano i mercati in equilibrio.
Dunque sembrano esserci delle importanti violazioni dell’efficienza del mercato, tali da
suggerire che l’ipotesi non basti a rappresentare l’intero scenario e che quindi non possa
essere generalizzata a tutti i comportamenti dei mercati finanziari.
Nell’analisi dei mercati finanziari molti economisti vanno oltre l’ipotesi di mercato efficiente,
infatti credono che in un mercato efficiente i prezzi riflettano il valore fondamentale
(intrinseco) dei titoli. Quindi tutti i prezzi sono sempre corretti e rispecchiano i fondamentali
di mercato, ed è in questo senso che si può parlare di efficienza dei mercati finanziari.
Questa visione più restrittiva dell’efficienza del mercato ha numerose conseguenze:
implica per esempio che un investimento abbia le stesse opportunità di rendimento di
qualsiasi altro, perchè i prezzi dei titoli sono corretti. In secondo luogo, comporta che il
prezzo dei titoli rifletta tutte le informazioni disponibili sul valore intrinseco degli stessi.
Pertanto i prezzi di quei titoli possono essere utilizzati per prendere decisioni appropriate
riguardo all’opportunità di procedere ad un determinato investimento. L’esistenza sia di
bolle che di crolli mette in serio dubbio la versione più efficiente del mercato, ma allo
stesso tempo, non fornisce un argomento decisivo contro l’ipotesi di mercato efficiente.
CAPITOLO 20
Mercati monetari
In primis, i mercati finanziari sono classificati in base a diversi criteri:
• In base alla tipologia degli operatori: distinguiamo i mercati retail, ai quali possono
accedere la totalità degli investitori privati; e i mercati all’ingrosso, a cui possono
invece accedere solo operatori professionali autorizzati che trattano grandi quantitativi
Focalizziamoci meglio sul mercato monetario: in realtà la sua espressione potrebbe farci
pensare allo scambio di moneta, che in realtà non avviene mai. Tuttavia, poiché gli
strumenti finanziari trattati sono a breve termine e altamente liquidi, si avvicinano molto al
concetto di moneta, da cui appunto “monetario”. Questi titoli sono caratterizzati da 3
concetti di base:
Per quanto riguarda le transazioni nel mercato monetario, esse non hanno luogo in una
sede particolare, di norma infatti i trader organizzano per telefono gli acquisti e le vendite,
che poi completano elettronicamente. Questo fa si che questi titoli hanno “un attivo”
mercato secondario (cioè non è difficile venderli), che li rende strumenti molto flessibili da
usare per soddisfare esigenze finanziarie a breve termine. Un’altra caratteristica dei
mercati monetari è che sono mercati all’ingrosso, ciò vuol dire che gran parte delle
transazioni si riferiscono a valori unitari molto elevati, anche > 1 milione. E’ ovvio che, a
causa delle elevate dimensioni di queste transazioni, i singoli investitori non possono
partecipare direttamente ai mercati monetari. Sono per l’appunto gli operatori all’interno
delle trading room, che mettono in contatto le controparti.
Dopo aver visto le caratteristiche di questi mercati, dobbiamo chiederci perché esistono:
se fossimo infatti in un mondo non regolamentato, i mercati monetari nemmeno
dovrebbero esistere. Infatti, il settore bancario esiste soprattutto per concedere prestiti e
per offrire depositi a breve termine, per cui le banche dovrebbero essere avvantaggiate in
termini di efficienza nel raccogliere informazioni, ed è proprio questo che dovrebbe
eliminare l’esigenza dei mercati monetari. In più, i titoli a breve termine offerti dal mercato
monetario, non sono né liquidi né sicuri come invece i depositi in banca. Elencati dunque
tutti questi vantaggi a favore delle banche, perché esistono i mercati monetari? Come
sappiamo, il settore bancario svolge principalmente il ruolo di “riduttore” dei problemi di
asimmetria informativa, e in questo contesto, le banche traggono profitto dalle economie di
scala; ma sono soggette a maggiori regolamentazioni e costi rispetto ai mercati monetari.
Passiamo a vedere ora qual è lo scopo del mercato monetario. Un mercato monetario
ben sviluppato è ideale per un’impresa o un intermediario finanziario che voglia allocare la
liquidità in eccesso. Inoltre, questo mercato rappresenta una fonte di fondi a basso costo
per le imprese, gli Stati ecc che hanno un fabbisogno di liquidità di breve termine. Quegli
investitori che impiegano la loro liquidità in eccesso, hanno come obiettivo quello di
ottenere ovviamente un rendimento, più alto rispetto al detenere moneta o aprire depositi
bancari. E’ importante sottolineare poi, che questo eccesso di liquidità rappresenta un
costo per un investitore , in quanto non frutta interessi se non impiegato. Dunque un
mercato monetario efficiente, ha la scopo di ridurre al minimo la detenzione di surplus di
moneta , fornendo strumenti idonei per far si che questa liquidità venga investita e ne sia
ridotto anche il costo opportunità. Potremmo a questo punto chiederci perché le società e
tutti gli altri intermediari, devono disporre rapidamente di fondi; il motivo principale è che i
flussi in entrata e in uscita, giungono solo in determinati momenti dell’anno, mentre le
spese sono costanti. In questo modo per dire lo Stato può prendere a prestito fondi a
breve termine, che ripagherà incassando le future imposte. Quindi in conclusione, i
mercati monetari rappresentano un mezzo efficiente e relativamente poco costoso per
risolvere queste problematiche.
(Mercati monetari sono importanti anche per quanto riguarda la trasmissione della politica
monetaria).
A questo punto dobbiamo parlare dei principali attori di questo mercato:
• Banche: esse detengono una quota % significativa di titoli di Stato, a causa del loro
livello di rischio generalmente basso e delle elevata liquidità. Allo stesso tempo le
banche operano attivamente sul mercato monetario attraverso strumenti, non solo
come investitori, ma anche come prenditori. In conclusione, esse operano nei mercati
monetari principalmente per l’esigenza di gestire la liquidità.
• Soggetti privati: In Italia le famiglie sono per tradizione tra i maggiori investitosi in titoli
del mercato monetario emessi dallo Stato. Al giorno d’oggi le famiglie investono in
maniera indiretta, tramite fondi comuni di investimento e le banche.
• Titoli di Stato a breve termine: Per finanziare il proprio debito, il Tesoro italiano
emette vari titoli di debito, tra cui il BOT, che non hanno solo un ruolo primario nella
copertura strutturale di un’ampia parte del fabbisogno pubblico, ma anche
nell’attuazione della politica monetaria. Hanno durata 3,6,12 mesi, tale da definirli
estremamente liquidi, appunto per la brevità della scadenza. Caratteristica dei BOT poi,
è il fatto che non staccano cedole ma sono emessi a sconto sul valore nominale (il
valore a scadenza ). Il rendimento dell’investitore proviene quindi dalla differenza tra il
valore di rimborso e quello di emissione, e quindi la remunerazione può essere
calcolata prima. Inoltre, l’assenza di cedole garantisce allo strumento particolari
vantaggi di gestione. Per quanto riguarda i tagli , quello minimo di sottoscrizione è di
1000 euro o suo multiplo. E’ importante sottolineare che i BOT, fino alla crisi del debito
sovrano in Europa, erano praticamente risk-free, cioè l’emittente (lo Stato) era
caratterizzato da un rating elevato. Con la crisi però, è aumentata la probabilità di
default dello Stato Italia attribuita dagli investitori, che ha fatto si che quindi i BOT non
fossero più senza rischio. Pur tuttavia il mercato dei BOT rimane un mercato
caratterizzato da liquidità e profondità (un mercato è profondo quando ci sono molti
ordini di acquisto e vendita a prezzi prossimi tra loro; un mercato è liquido quando i titoli
possono essere acquistati o venduti rapidamente e con bassi costi di transazione),
caratteristiche che rendono minimo il rischio che gli investitori non riescano a vendere i
propri titoli. L’equivalente dei BOT americani, sono i Treasure Bill o T-Bill—> anch’essi
sono titoli liquidi a breve termine emessi dal Dipartimento del Tesoro americano, con
scadenze 4,13,26,52 settimane; hanno un taglio minimo di 100. La modalità con cui
vengono venduti i BOT in Italia è un’asta competitiva tramite la quale il Tesoro colloca le
nuove emissioni sul mercato primario. Qui l’emittente stabilisce le quantità offerte ma
non i tassi di interesse. Per quanto riguarda l’aggiudicazione dei quantitativi richiesti e la
fissazione dei prezzi corrispondenti, avvengono appunto per asta competitiva, in cui il
prezzo pagato da ogni aggiudicatario corrisponde a quello indicato da lui stesso nella
domanda di sottoscrizione. L’aggiudicazione avviene in base al seguente procedimento:
1) ogni soggetto ammesso all’asta può presentare al massimo 3 richieste, differenziate
nel prezzo di minimo 1 centesimo, e per almeno 1.5 milioni di euro ciascuna 2) si
soddisfano le domande presentate , ordinate in base a un principio di prezzi
decrescenti. Qualora la domanda complessiva supera l’offerta, l’assegnazione avviene
in ordine e in base a quei richiedenti che hanno presentato domande ad un prezzo più
basso.
Una volta aggiudicati quindi i quantitativi, ciascun intermediario deve garantire al
cliente l’applicazione del prezzo medio ponderato risultante dalla stessa asta. Affinché
questo prezzo medio ponderato non si discosti dai rendimenti in linea con il mercato,
viene calcolato all’interno di un range compreso fra un rendimento minimo accoglibile,
detto di salvaguardia, e uno massimo accoglibile, detto di esclusione, in maniera tale da
evitare richieste speculative. Le aste vengono effettuate dalla Banca d’Italia, e possono
parteciparvi solo investitori istituzionali. Per quanto riguarda infine gli investitori retail che
desiderano acquistare BOT in asta, devono prenotare entro il giorno prima, la quantità
desiderata, presso un intermediario che partecipa all’asta.
Parliamo ora del mercato secondario dei BOT, ovvero una volta emessi sul mercato
primario, essi sono negoziati su due principali mercati secondari: 1) Mercato Telematico
delle Obblig e dei Titoli di Stato (MOT) per gli scambi retail e 2) Mercato Telematico dei
Titoli di Stato (MTS) per gli scambi all’ingrosso. Il MOT è gestito dalla Borsa Italiana, e le
negoziazioni avvengono al prezzo di emissione sommato al rateo di interessi maturato. Al
suo interno si negoziano BOT, titoli di Stato a medio-lungo termine e le obblig non
convertibili. Per quanto riguarda MTS, esso è gestito da MTS SpA, dove è previsto un
quantitativo minimo negoziabile pari a 2.5 milioni di euro e sono ammesse solo particolari
categorie di operatori.
• Depositi interbancari: essi sono fondi a breve termine trasferiti (prestati o presi a
prestito) tra intermediari finanziari. La finalità dei depositi interbancari è consentire alle
banche di gestire i quotidiani squilibri di liquidità che caratterizzano la loro attività.
Inoltre, i tassi di mercato si posizionano a un livello compreso tra il tasso riconosciuto
dalla BCE sui depositi e quello applicato dalla stessa sui rifinanziamenti concessi alle
banche . Il mercato interbancario è caratterizzato quindi da transazioni attraverso le
quali si possono ottenere rendimenti per la liquidità più alti rispetto a quello dei depositi
presso la BCE, e ci si può rifinanziare a costi più bassi. E’ importante citare anche l’e-
MID (mercato elettronico dei depositi interbancari): questo opera sotto la visione della
Banca d’Italia e di Consob, e il fatto che le transazioni siano elettroniche, ha portato
molti vantaggi al mercato interbancario dal punto di vista dell’efficienza e della liquidità.
Detiene infine una quota significativa di tutte le transazioni. Per quanto riguarda il suo
funzionamento, se per esempio una banca ha un surplus di 50milioni, mentre nel
mercato interbancario normale deve contattare le sue banche per sapere se
necessitano in quel giorno di riserve (e se si venderà i suoi fondi in eccedenza alla
banca che tra tutte gli offre il maggior tasso d’interesse), in quello elettronico la banca
“venditrice” può monitorare i migliori tassi d’interesse offerti sul mercato, e realizzare
l’operazione di trading in modo molto rapido. L’e-MID facilita dunque le transazioni
multilaterali riducendone inoltre i costi di intermediazione. Per quanto riguarda invece il
mercato interbancario statunitense, è caratterizzato dai federal fund, fondi a breve
termine prestati e presi a prestito tra banche. Sono fondi tenuti presso la Federal
Reserve, la quale ha fissato un livello minimo obbligatorio di riserva che deve detenere
la banca. Per far fronte a ciò, le banche conservano una % dei loro depositi presso la
Federal Reserve. Dunque lo scopo principale dei federal fund è consentire alla banca
un’immediata provvista di riserve. E’ chiaro quindi che le banche tengono d’occhio
giornalmente la loro posizione di riserve liquide, e quindi prestano o si indebitano di Fed
fund a seconda se presentano saldi in surplus o in deficit. Per quanto riguarda il tasso
d’interesse dei Fed fund, è determinato dalle forze della domanda e dell’offerta, ed è
conosciuto come tasso effettivo. Questo, corrisponde al tasso medio ponderato delle
transazioni sulla piazza di New York. E’ chiaro che la Federal Reserve non può
intervenire direttamente sui tassi, ma può influenzarli: visto che i depositi rappresentano
riserve di liquidità del sistema, se la FED li incrementa, ci sarà maggiore offerta di
riserve, che si rifletterà in una diminuzione dei tassi di interesse; se invece la FED
vendesse i titoli, il tasso tenderebbe ad aumentare.
• Certificati di Deposito: i CD sono dei titoli emessi dalle banche, che documentano un
deposito e specificano il tasso di interesse e la data di scadenza. Appunto perché viene
indicata una data di scadenza specifica, i certificati di deposito sono considerati titoli a
termine, a differenza dei depositi in conto corrente, che invece possono essere ritirati in
qualsiasi momento. In Italia i CD vengono emessi dalle banche in primis verso la
clientela retail a fronte di somme di denaro depositate per un certo periodo di tempo,
anche se negli ultimi anni rappresentano una frazione minima di tutta raccolta bancaria.
A livello storico, i CD nascono verso la metà del secolo scorso negli USA, dove ancora
oggi invece rappresentano una frazione importante della raccolta bancaria. Le loro
denominazioni variano da 100.000 a 10 milioni di dollari, e la loro scadenza varia da 1 a
4 mesi.
• Commercial Paper: le commercial paper sono “effetti” non garantiti (pagherò), emessi
dalle imprese con scadenza massima 270 giorni. Appunto perché non sono garantiti,
solo le società più grandi e solvibili li emettono, e il tasso di interesse che viene offerto
riflette come al solito il livello di rischio dell’emittente. In USA le scadenze sono sempre
< 270 giorni, al fine di evitare di doverli registrare presso la SEC (Securities and
Exchange Commission ), e sono concentrate maggiormente attorno alla fascia 20-45
giorni. E’ infine molto frequente che alcuni dei maggiori emittenti di commercial paper, le
distribuiscono direttamente dall’emittente all’investitore, tramite quindi collocamento
diretto, invece di essere collocate dagli intermediari finanziari nel mercato; questo
perché l’emittente riesce così a risparmiare lo 0.125% di commissioni addebitate dal
dealer. Pur tuttavia, la maggioranza degli emittenti, garantisce i titoli emessi con una
linea di credito presso una banca, cosicché se l’emittente non riesce a rimborsare o
rinnovare il titolo in scadenza, la banca gli presterà i fondi necessari, che vengono
precedentemente pattuiti con l’emittente appunto. A fronte di questa garanzia, la banca
addebita una commissione tra lo 0.5-1% agli emittenti. Infine, poiché non esiste un vero
e proprio mercato secondario per questi titoli, se un investitore deve disinvestire sarà la
banca collocatrice a riacquistare le commercial paper.
OSS sulle ABCP: le Asset-Backed Commercial Paper sono quel particolare tipo di comm
paper che hanno giocato un ruolo rilevante nella crisi dei mutui subprime del 2008. Esse
sono titoli a breve termine con scadenza pari a 30 gg, ma che in più della metà dei casi va
da 1 a 4 gg, e si differenziano dalle comm paper classiche per il fatto che sono garantite
da alcuni pacchetti di attività sottostanti. Nel 2004-2007 queste attività consistevano in
mutui cartolarizzati. Quando nel 2008 si rivelò la scarsa qualità dei mutui subprime
utilizzati per garantire le ABCP, cominciò una vera e propria fuga da questi titoli, e gli
investitori cercarono di venderli in un mercato che però ne era già saturo.
Abbiamo dunque capito come questi titoli del mercato monetario condividono molte
caratteristiche di liquidità, sicurezza e scadenza. Inoltre, come si può notare dal grafico, i
tassi su diversi strumenti del mercato monetario, tendono ad assumere un andamento
molto simile. Questo accade perché tutti hanno un rischio basso e scadenza a breve o
brevissimo termine. Appunto per queste similarità, ogni strumento può essere un sostituto
quasi perfetto dell’altro: quindi se un tasso si allontana temporaneamente dagli altri, le
forze sul mercato della domanda e dell’offerta lo correggono, facendolo tornare al livello
precedente.
CAPITOLO 21 – MERCATO OBBLIGAZIONARIO
SCOPO DEL MERCATO DEI CAPITALI
Gli operatori che usano il mercato dei capitali per i loro finanziamenti o investimenti
scelgono di prendere a prestito a lungo termine per ridurre il rischio che i tassi di interesse
aumentino prima che possano estinguere il loro debito. La maggior parte dei tassi di
interesse a lungo termine è superiore a quelli a breve, a causa del premio per il rischio.
PARTECIPANTI AL MERCATO DEI CAPITALI
Gli emittenti primari dei titoli del mercato dei capitali sono gli Stati sovrani (emette titoli di
stato, ma non emette azioni), gli enti territoriali (obbligazioni a lungo termine per finanziare
opere destinate ai servizi pubblici) e le imprese.
Le imprese emettono sia azioni sia obbligazioni, questa distribuzione determina la sua
struttura finanziaria. Possono accede al mercato dei capitali nel caso in cui non hanno
risorse per finanziare le opportunità di investimento, oppure per conservare il loro capitale.
Si nota come la disponibilità di mercati dei capitali efficienti sia essenziale per il buon
funzionamento del settore delle imprese.
SCAMBI NEL MERCATO DEI CAPITALI
MERCATO PRIMARIO
Nel mercato primario vengono collocate le nuove emissioni di azioni e obbligazioni.
Quando le società procedono al collocamento iniziale dei titoli e in occasione della
quotazione, l’emissione è chiama IPO (Initial Public Offering). Collocamenti successivi
sono semplicemente transazioni del mercato primario (seasoned offering).
MERCATO SECONDARIO
Nel mercato secondario avvengono gli scambi di titoli già in circolazione; svolge un ruolo
molto importante perché la maggior parte degli investitori intende vendere le obbligazioni a
lungo termine prima della scadenza. Ci sono due tipi di scambi: mercati regolamentati e
over-the-counter.
Gran parte delle transazioni avviene su mercati organizzati: gli scambi sono soggetti a
regole per assicurare funzionalità e correttezza nelle operazioni, queste regole vengono
riviste della società che gestiscono il mercato per tutelare la competitività e l’efficienza
nelle transazioni.
TIPI DI OBBLIGAZIONE
Le obbligazioni sono titoli che rappresentano un debito dell’emittente nei confronti
dell’investitore: impegnano l’emittente a corrispondere un importo specifico a una
determinata data (VALORE NOMINALE/VALORE A SCADENZA), generalmente con
pagamenti di interessi periodici (TASSO CEDOLARE, è fisso e non oscilla con i tassi di
interesse del mercato).
Se i termini di rimborso non vengono rispettati il possessore dell’obbligazione ha il diritto a
rivalersi sulle attività dell’emittente.
TITOLI DI STATO
Vengono emessi dal Dipartimenti del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze
per finanziare il debito pubblico italiano. La differenza tra le varie categorie risiede da un
lato nella scadenza e dall’altro nella struttura cedolare.
BOT (Buoni Ordinari del Tesoro): scadenza massima di 1 anno e sono privi di cedole
CTZ (Certificati del Tesoro Zero-coupon): titoli a tasso fisso con durata all’emissione di
24 mesi; sono emessi allo sconto (sotto la pari) e non producono cedole, il rendimento è
quindi costituito dallo scarto te prezzo di emissione e prezzo di rimborso. Aliquota di
tassazione del 12,5% applicata allo scarto di emissione al momento del rimborso.
Emissione tramite asta marginale, l’emissione sul mercato secondario si realizza al prezzo
tel quel (prezzo di negoziazione comprensivo del rateo di interesse maturato).
CCT (Certificati di Credito del Tesoro): titoli indicizzati a tasso variabile con durata
all’emissione di 7 anni. Si compone di una prima cedola fissa (importo noto già
all’emissione), alla quale seguono cedole semestrali posticipate e indicizzate al
rendimento lordo dei BOT a 6 mesi più uno spread che varia a seconda delle condizioni
dei tassi di mercato. Possono essere emessi sia sotto sia alla pari, la quotazione è al
corso secco (no rateo) mentre il rimborso in unica soluzione alla scadenza avviene alla
pari. Aliquota fiscale del 12,5% applicata alla fonte sull’importo delle cedole e sullo scarto
di emissione al momento del rimborso.
BTP (Buoni del Tesoro Poliennali): titoli a tasso fisso con cedola semestrale stabilita al
momento dell’emissione, con durata pari a 3, 5, 10, 15, 30 anni. Interesse pagabile
semestralmente in via posticipata, rimborso in un’unica soluzione alla scadenza al valore
nominale. Emissione tramite asta marginale; collocamento sia sopra, sia sotto, sia alla
pari. La negoziazione nel mercato secondario avviene al corso secco e le regole di
tassazione e di rimborso seguono quelle del CCT.
BTP€i: stesse caratteristiche del BTP, ma prevedono che le cedole semestrali e il capitale
a scadenza siano corretti per tenere conto dell’inflazione europea.
BTP Italia: indicizzano all’inflazione italiana, attraverso un meccanismo che prevede un
tasso cedolare fisso applicato sul capitale rivalutato. La sua emissione avviene con
collocamento a prezzo fisso sul MOT, attraverso dealer che hanno anche la funzione di
garantire liquidità al titolo fino a scadenza.
Una volta che sono stati emessi sul mercato primario, vengono negoziati su due mercati
secondari:
MOT scambi al dettaglio gestito da Borsa Italiana S.p.A. Si divide a sua volta in:
DomesticMOT (negoziati i titoli di Stato italiani e i titoli obbligazionari di altri emittenti,
regolati attraverso il sistema di liquidazione nazionale Monte Titoli) e EuroMOT (negoziate
obbligazioni di emittenti esteri, sovranazionali, e le eurobbligazioni)
MTS scambi all’ingrosso (controvalore minimo di 2,5 milioni di euro); è riservato a
operatori istituzionali quali banche e imprese di investimento sia nazionali sia estere, la
Banca d’Italia e il Dipartimento del Tesoro.
La negoziazione prevede un sistema preliminare di aste e prosegue fino al termine della
giornata secondo una modalità di negoziazione continua che si fonda sull’accoppiamento
di ordini sulla base del prezzo (price priority) e successivamente dando la priorità al
momento di immissione dell’ordine (time priority); tutte le transazioni avvengono al prezzo
risultante dall’asta stessa.
I TITOLI DI STATO hanno tassi di interesse relativamente bassi in quante presentano
rischio di insolvenza nullo o comunque relativamente contenuto.
TITOLI DI STATO INDICIZZATI ALL’INFLAZIONE: ha un tasso di interesse che non
varia nel corso della vita contrattuale. L’ammontare del capitale su cui si calcolano gli
interessi varia in funzione dell’indice dei prezzi al consumo. Alla scadenza, il titolo è
rimborsato per un ammontare che sarà il più alto tra il valore nominale all’amissione e il
valore corretto per l’inflazione. Sia il capitale rimborsato a scadenza sia le cedole pagate
semestralmente sono rivalutati sulla base dell’inflazione dell’Eurozona. Aliquota fiscale del
12,5% sugli interessi percepiti e sullo scarto d’emissione. Le cedole sono semestrali e le
scadenze iniziali sono pari a 5, 10, 15 e 30 anni. Il vantaggio è che si offrono titoli il cui
valore non sarà eroso dall’inflazione e che quindi hanno rischio molto basso.
COUPON STRIPPING
L’operazione di COUPON STRIPPING consiste nel dividere le componenti cedolari dal
valore di rimborso si un titolo con cedole. La componente di rimborso a scadenza senza
cedole si chiama mantello, mentre ogni singola cedola che forma un titolo a sé stante
viene detto STRIPS (Separate Trading of Registered Interest and Principal Security).
Vengono richieste alla Monte Titoli S.p.A. e coinvolgono soltanto titoli di Stato a tasso fisso
non rimborsabili anticipatamente.
Il termine “smaterializzato” significa che i titoli sono emessi e registrati in forma elettronica;
questo avviene sia nel caso dello stripping, sia nel caso del ricongiungimento (il mantello
si ricongiunge con le cedole). Dopo lo stripping, ogni componente ha un proprio codice
identificativo e può essere conservata o scambiata separatamente.
Gli STRIPS vengono anche chiamati TITOLI SENZA CEDOLA perché l’unica volta in cui
un investitore riceve pagamenti è alla scadenza.
VANTAGGI: rendimenti certi; flessibilità in termini di miglioramento delle possibili
scadenze; semplicità per gli investitori che non devono gestire flussi intermedi
SVANTAGGI: aumento del rischio; liquidità minore.
Gli operatori che necessitano di ottenere pagamenti certi a scadenze future acquisteranno
il mantello, mentre altri operatori preferiranno le scadenze relative alle cedole.
MECCANISMI DI COLLOCAMENTO DEI TITOLI DI STATO ITALIANI E DELLE
OBBLIGAZIONI
Ogni emittente deve scegliere la modalità migliore che consenta di raggiungere un
accordo fra il prezzo di collocamento e i volumi. Esistono diverse modalità:
PRIVATE PLACEMENT: la stessa azienda contatta i potenziali investitori, insieme ai quali
vengono stabilite le caratteristiche stesse dei titoli.
COLLOCAMENTO A FERMO: l’emittente comunica al mercato le condizioni in termini sia
di volume sia di prezzi dei titoli. Gli acquirenti fanno pervenire le loro richieste di titoli in un
lasso temporale ridotto, spesso una settimana. In questo caso l’emittente corre il rischio di
avere valutato male l’appetibilità dell’obbligazione.
COLLOCAMENTO A RUBINETTO: l’emittente fissa solo il prezzo dei titoli ma non la
quantità. Il periodo per far pervenire le richieste è spesso ampio. Qui non c’è incertezza
sul costo del finanziamento, ma sul volume di risorse che si otterranno (rischi minori).
COLLOCAMENTO CON ASTA: meccanismo utilizzato in Italia per i titoli di Stato. Prevede
che vengano fissati i volumi e non i prezzi, i quali scaturiscono dall’interazione fra l’offerta
e le proposte in termini di volume e prezzo fatte nella fase di richiesta dagli intermediari
che partecipano all’asta. Esistono due tipologie: ASTA MARGINALE (BTP, CTZ, CCT) e
ASTA COMPETITIVA (BOT); la differenza è che nell’asta competitiva ogni investitore
assegnatario di una quota dei titoli emessi pagherà il prezzo offerto e non quello dell’ultima
richiesta soddisfatta NON esiste un prezzo UNICO in quanto ogni partecipante paga il
prezzo offerto.
Al termina dell’asta viene calcolato il PMP (prezzo medio ponderato), ponderando i diversi
prezzi per le quantità aggiudicate; questo sarà il prezzo che gli intermediari partecipanti
devono applicare ai clienti che hanno fatto richiesta di acquisto di quei titoli intermediari
offriranno prezzi più bassi, è un vantaggio nel momento in cui gli intermediari devono
soddisfare le richieste dei clienti e non possono correre il rischio di non risultare
assegnatari della quota necessaria per farlo, quindi alcune offerte saranno proposte a
prezzi elevati, avvantaggiando l’emittente.
OBBLIGAZIONI DEGLI ENTI PUBBLICI TERRITORIALI
Le obbligazioni degli enti pubblici territoriali sono titoli obbligazionari di medio-lungo
termine emessi da enti locali: BOC (Buoni Ordinari Comunali), BOP (Buoni Ordinari
Provinciali) e BOR (Buoni Ordinari Regionali). I fondi ottenuti sono destinati a opere
pubbliche destinate a erogare servizi pubblici le cui tariffe avranno i seguenti criteri:
economicità, equilibrio tra finanziamenti raccolti e investimenti effettuati, capacità
reddituale dell’investimento (sostenere attraverso i ricavi tutti i costi di gestione).
Le caratteristiche di questi titoli sono definite per legge:
- Durata non inferiore a 5 anni
- Collocati alla pari
- Interessi in regime di tasso fisso o variabile
- Il loro rendimento fisso di imposta per i sottoscrittori del prestito non può essere
superiore al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata emessi nel mese
precedente maggiorato di un punto percentuale
I titoli locali e regionali non godono della garanzia dello Stato, ma i meccanismi di
pagamento delle rate di capitale e degli interessi predisposti dalla legge sono tali da
assicurare il rimborso del prestito in condizioni di normale operatività dell’ente emittente,
benché possano rivelarsi insufficienti in caso di grave crisi economico-finanziaria dello
stesso. Inoltre, a tenere basso il rischio contribuisce anche l’assenza di legame con la
redditività dell’investimento che finanziano.
Il ricorso al mercato dei capitali da parte delle amministrazioni locali e regionali in Europa è
limitato, a differenza degli Stati Uniti.
OBBLIGAZIONI SOCIETARIE
Le obbligazioni societarie sono i titoli emessi da imprese private operanti nei vari settori di
appartenenza (in Italia i principali emittenti sono le banche). Se una società ha bisogno di
capitali a lungo termine, può indebitarsi ed emettere obbligazioni, recependo risorse
finanziarie stabili da rimborsare nel medio-lungo termine, in assenza di un particolare
vincolo delle risorse acquistate. Il contratto obbligazionario stabilisce i diritti e le facoltà del
creditore e gli obblighi del debitore.
Gli obbligazionisti non partecipano all’attività gestionale in quanto non hanno diritto di voto
nelle assemblee, contrariamento agli azionisti.
In Italia per poter emettere un prestito obbligazionario le imprese devono essere costituite
nella fora di società per azioni o società a responsabilità limitata (sottoposte a vincoli molto
stringenti).
La rischiosità di questi titoli varia da un’emissione all’altra, perché il rischio di insolvenza
dipende dalle condizioni economiche e patrimoniali dell’azienda. A sua volta il tasso di
interesse sulle obbligazioni societarie muta con il livello di rischio, quindi dipenderà dalle
caratteristiche dell’obbligazione stessa.
A tutela degli obbligazionisti gli emittenti devono rispettare obblighi informativi e limiti
dimensionali che variano a seconda del tipo di società: le banche e le società con azioni
quotate e le cui obbligazioni saranno oggetto di quotazione in un mercato regolamentato
non hanno nessun limite dimensionale; per le altre società il valore delle obbligazioni non
può superare il doppio dei mezzi propri. Inoltre, le società emittenti sono tenute alla
pubblicazione del prospetto informativo dove sono contenute tutte le informazioni relative
all’emittente e al prestito obbligazionario stesso.
AZZARDO MORALE i responsabili finanziari vengono assunti, licenziati e retribuiti dal
Consiglio di Amministrazione (azionisti), quindi essendo interessati maggiormente alla
tutela di quest’ultimi, potrebbero non utilizzare i fondi forniti dalle obbligazioni come
desidererebbero i possessori delle stesse, che non possono sorvegliare i responsabili
CLAUSOLE RESTRITTIVE: patto accessorio a un contratto di finanziamento con cui il
debitore si impegna a tenere comportamenti correlati alla garanzia della restituzione della
somma erogata. Una clausola comporta:
- vincola il debitore a mantenere determinati quozienti di bilancio, imponendo anche un
obbligo di fornitura di informazioni ai finanziatori (profilo patrimoniale ed economico-
finanziario del debitore); indica un indicatore sintetico complessivo più facile da monitorare
per i finanziatori esterni
- può considerare anche parametri qualitativi relativi agli investimenti, influendo così sulle
scelte di gestione dell’emittente
- vincola la politica dei dividendi al fine di evitare trasferimenti di ricchezza dai creditori agli
azionisti tramite la riduzione della consistenza dei mezzi propri conseguente alla
sistematica distribuzione dell’utile
Le più comuni riguardano i tempi di pagamento di cedole e quote capitale.
Oltre alle clausole restrittive esistono anche: garanzie che tutelano il creditore, clausole di
conversione, clausole di rimborso anticipato e clausole di subordinazione in caso di
insolvenza dell’emittente.
Ci sono varie tipologie di obbligazioni societarie che si distinguono per la forma di garanzia
che tutela il creditore e per l’ordine nel quale il titolo sarà rimborsato in caso di insolvenza:
OBBLIGAZIONI A TASSO FISSO E VARIABILE: in caso di OBBLIGAZIONE A TASSO
FISSO (straight bond) le cedole erogate nel corso della vita del prestito sono del
medesimo ammontare; il tasso può essere lo stesso per tutta la durata del prestito oppure
può subire variazioni in aumento (obbligazioni step up) o in diminuzione (obbligazioni step
down). In caso di OBBLIGAZIONI A TASSO VARIABILE le cedole variano nel corso della
vita del prestito e sono calcolate sulla base di un parametro di indicizzazione (indicatori
aventi misura monetaria, finanziaria, valutaria o reale). Tradizionalmente l’indicizzazione è
diretta, all’aumentare del parametro aumentano le cedole.
L’OBBLIGAZIONE DROP LOCK sono titoli emessi inizialmente a tasso variabile, tale
tasso si trasforma automaticamente in un tasso fisso qualora il meccanismo di
indicizzazione porti il tasso di interesse nominale al di sotto di una soglia prestabilita
(trigger rate). Sulle cedole successive alla trasformazione è corrisposta una
remunerazione già fissata al momento dell’emissione a un livello pari o superiore a quello
del trigger rate.
OBBLIGAZIONI GARANTITE E NON GARANTITE: le OBBLIGAZIONI GARANTITE
(covered bond) hanno un’affidabilità rafforzata da una garanzia implicita; quindi, sono
meno rischiose di obbligazioni non garantite paragonabili, motivo per cui avranno un tasso
di interesse più basso. Le OBBLIGAZIONI NON GARANTITE sono obbligazioni a lungo
termine supportate soltanto dalla solvibilità generale dell’emittente; nessuna garanzia
specifica viene impegnata per rimborsare il debito. Di solito vengo associate ad un
contratto che ne stabilisce i termini e le responsabilità dell’amministrazione dell’emittente;
hanno una bassa priorità di rimborso e di conseguenza un tasso di interesse più elevato.
OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI: sono quelle obbligazioni che possono essere convertite
in azioni ordinarie; il fatto che l’impresa conceda all’investitore ulteriori opzioni/facoltà
rende questi titoli più appetibili e ciò consente di ridurre il rendimento che deve essere
riconosciuto agli investitori.
La convertibilità delle obbligazioni consente ai loro possessori di partecipare all’incremento
di prezzo dell’azione. La maggior parte delle obbligazioni convertibili prevede che ciascuna
di esse possa essere convertita in un certo numero di azioni ordinarie. Il tasso di
conversione sarà tale che il prezzo delle azioni dovrà aumentare in modo notevole prima
che questa possa avvenire convenientemente.
L’emissione di obbligazioni convertibili è un modo per l’azienda di evitare di trasmettere un
segnale negativo al mercato in quanto questo avviene se i manager pensano che
l’azienda darà buoni risultati in futuro. La facoltà di conversione viene spesso sottoposta a
vincoli che rendono le obbligazioni molto differenti tra loro:
- conversione diretta l’obbligazionista potrà convertire secondo un preciso rapporto le
proprie obbligazioni in azioni della società emittente
- conversione indiretta l’investitore avrà la possibilità di convertire le obbligazioni in
azioni di una società diversa da quella emittente
È previsto un periodo di conversione, ossia un arco di tempo entro il quale la conversione
può essere effettuata; si tratta in genere di periodi in prossimità di particolari eventi
societari.
Può anche essere prevista la facoltà da parte dell’emittente di rimborsare i titoli
obbligazionari anticipatamente riconoscendo all’investitore, oltre al capitale, anche gli
interessi maturati sino a quel momento (clausola callable). Questa clausola è soggetta a
vincoli temporali, condizioni riguardanti il prezzo dell’azione sottostante o vincoli che
concernono altri avvenimenti che influiscano sull’emittente. Si deve considerare che il
prezzo di emissione non può essere inferiore al valore nominale che rappresenta il valore
di rimborso dell’obbligazione a scadenza se non si esercita l’opzione.
VANTAGGI:
-priorità di rimborso del valore nominale del prestito convertibile rispetto al capitale in caso
di fallimento
-rischio d’investimento inferiore a quello diretto nell’azione detta di compendio, in quanto la
struttura ibrida fa da cuscinetto nel caso in cui si verifichi un forte ribasso dell’azione
sottostante
-permettono di sfruttare la fase rialzista sul titolo azionario di compendio, in particolare se
si pone al di sopra del prezzo di conversione
SVANTAGGI:
-se il mercato azionario e obbligazionario scendono contemporaneamente il titolare risulta
penalizzato da un diritto di conversione che non può esercitare e da un’obbligazione il cui
rendimento è inferiore a quello offerto da obbligazioni ordinarie
OBBLIGAZIONI CUM WARRANT: (simili alle obbligazioni convertibili) l’investitore
sottoscrive due strumenti, l’obbligazione tradizionale e un warrant. Quest’ultimo ha
contenuto opzionale e consente all’investitore di sottoscrivere in tempi, modi e condizioni
prestabilite titoli azionari dell’impresa emittente. L’obbligazionista ha la possibilità di
effettuare un investimento aggiuntivo, divenendo anche azionista, a condizioni prefissate.
Il warrant ha una vita autonoma rispetto al titolo obbligazionario principale; in Italia hanno
durata intorno ai 4-5 anni e consentono l’acquisto di azioni prevalentemente ordinarie
appartenenti alla stessa società che emette le obbligazioni. Le azioni acquistabili sono
dette di “compendio”; mentre sul warrant viene specificato il prezzo di esercizio, il rapporto
di esercizio e il periodo di esercizio (tipo continuo).
Sul mercato possono essere scambiati contemporaneamente l’obbligazione cum warrant,
il warrant da solo e l’obbligazione ex warrant.
OBBLIGAZIONE CALLABLE: obbligazioni che includono una clausola della DIRITTO DI
RIMBORSO ANTICIPATO; si utilizzano per diverse ragioni:
- autorizzano l’emittente a costringere il possessore delle obbligazioni richiamabili
(callable) ad accettare il rimborso. Questo diritto prevede un intervallo tra il momento in cui
l’obbligazione viene emessa inizialmente e quello in cui può essere richiamata. Il prezzo
pagato ai possessori delle obbligazioni in caso di rimborso equivale al valore nominale
delle stesse o leggermente più alto (tassi di interesse di mercato aumentano prezzo
obbligazione aumenta, quando supera quello di chiamata la società richiamerà
l’obbligazione)
- rendono possibile il riacquisto dei loro titoli secondo termini del cosiddetto fondo di
ammortamento (condizione secondo la quale la società deve accantonare ogni anno una
parte dell’obbligazione emessa riduce la probabilità di insolvenza la società abbassa
il tasso di interesse da pagare)
- le aziende potrebbero essere costrette a ritirare un’emissione di obbligazioni qualora le
sue clausole restrittive impedissero di esercitare una determinata attività che potrebbe
essere nell’interesse degli azionisti
- un’azienda potrebbe decidere di richiamare le obbligazioni qualora desiderasse
modificare la struttura del proprio capitale
OBBLIGAZIONI SUBORDINATE: sono titoli in cui il pagamento delle cedole ed il
rimborso del capitale, in caso di difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla
soddisfazione degli altri creditori non subordinati o subordinati di livello inferiore
(dovrebbero rendere di più di un titolo non subordinato).
Nelle banche, con l’introduzione della disciplina europea del BAL-IN, esistono questi tipi:
- Lower Tie 2: livello più basso di subordinazione. Gode di proprietà in caso di
liquidazione dell’emittente; le cedole, fisse o variabili, vengono pagate alla data prevista e
sono bloccate solo in caso di insolvenza della società emittente; scadenza tra 5 e 10 anni
- Tier 3: stesso livello di subordinazione, ma scadenza inferiore a 5 anni
- Upper Tier 2: livello successivo di subordinazione; più rischiose in quanto l’emittente può
bloccare le cedole in caso di profitti insufficienti o in caso di sospensione dei pagamenti di
dividendi sulle azioni ordinarie, queste cedole bloccate vengono cumulate e corrisposte
una volta tornate ristabilite le condizioni
- Tier 1: massimo livello di subordinazione; tipologia più rischiosa in quanto il pagamento
delle cedole può essere annullato e inoltre in caso di perdite il capitale da rimborsare viene
decurtato, pro-quota, di queste perdite; sono titoli senza scadenza, anche se l’emittente ha
la facoltà di rimborso anticipato dopo 10 anni dall’emissione
OBBLIGAZIONI STRUTTURATE: obbligazioni che presentano un’indicizzazione di
interessi e rimborso all’andamento dei prezzi di azioni o indici, oppure sono caratterizzate
da particolari opzioni a favore dell’emittente o del sottoscrittore. Due esempi sono:
-obbligazioni reverse floater: forma di indicizzazione indiretta (aumento del parametro
diminuzione tasso di interesse nominale); sono titoli a lungo termine con cedole iniziali
elevate rispetto ai tassi correnti di mercato, dopo un certo numero di cedole il tasso di
interesse da fisso diventa variabile. Indicizzazione inversa, poiché è ottenuta come
differenza tra un livello massimo di tasso prefissato e il parametro
-obbligazioni index-equity linked: parametro di indicizzazione peculiare rappresentato
da un indice azionario (index linked) o da un’azione o un paniere di azioni (equity linked);
l’investitore può partecipare alla rivalutazione di un paniere o di un indice, cui si
contrappone però una remunerazione a titolo di interesse inferiore ai livelli medi presenti
sul mercato; combina al titolo obbligazionario un’opzione call sull’indice o titolo sottostante
RATING DELLE OBBLIGAZIONI (+leggere paragrafo obbligazioni spazzatura pag.534)
Le obbligazioni vengono valutate da varie agenzie di rating che valutano le caratteristiche
finanziarie dell’emittente ed esprimono un giudizio riguardo alla possibilità di insolvenza.
Un’obbligazione con valutazione AAA (Aaa) ha il livello di affidabilità più elevato possibile;
quelle con livello inferiore a BBB (Baa) sono considerate speculative e vengono chiamate
obbligazioni spazzatura (junk bond).
GARANZIE FINANZIARIE DELLE OBBLIGAZIONI
Gli emittenti di titoli finanziariamente più deboli acquistano spesso GARANZIE
FINANZIARIE, fornite dalle più grandi compagnie di assicurazione, per ridurre il rischio
delle loro obbligazioni, in quanto assicurano che il prestatore sarà ripagato sia del capitale
sia dell’interesse in caso di insolvenza dell’emittente. Tali garanzie fanno si che la
valutazione del credito dell’assicuratore si sostituisce a quella del credito dell’emittente; ne
consegue una diminuzione di rischio che riduce il tasso di interesse richiesto dai
compratori. Gli emittenti devono corrispondere un compenso alle compagnie di
assicurazione per ottenere questa garanzia, hanno quindi significato quando il costo
dell’assicurazione per l’emittente è inferiore al risparmio di interesse che ne risulta.
J.P. Morgan ha introdotto i CDS (Credit Default Swap) un nuovo strumento che garantisce
contro le insolvenze sul rimborso del capitale e sui pagamenti degli interessi di un titolo di
debito.
Nel 2000 il Congresso statunitense approvò il Commodity Futures Modernization Act, che
deregolamentò il mercato degli strumenti derivati inclusi i CDS; ai singoli Stati fu vietato di
rafforzare qualunque legge che ponesse vincoli alla negoziazione di questo tipo di titoli.
Agli investitori era concesso di speculare sulla possibilità di insolvenza di titoli che
nemmeno possedevano. Venne rimossa ogni restrizione in merito ai prodotti derivati, gli
speculatori potevano legalmente scommettere sul default futuro di un titolo o di
un’impresa. Dal 2000 al 2008 i principali protagonisti nel campo dei CDS erano AIG,
Lehman Brother e Bear Stearns.
CONTROLLO DEI MERCATI OBBLIGAZIONARI
Le obbligazioni vengono trattate anche over the counter e in questi mercati i dettagli delle
transazioni non sono sempre visibili al pubblico. Per risolvere questo problema, in Europa,
la MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) richiede che le imprese di
investimento comunichino i dettagli delle operazioni riguardanti gli strumenti finanziari
all’autorità competente il più rapidamente possibile (transaction reporting). In Italia la
CONSOB ha progettato un sistema denominato Transaction Reporting per la ricezione e
l’invio delle informazioni relative alle operazioni su strumenti finanziari ammessi alla
negoziazione nei mercati regolamentati dell’Unione Europea. Negli Stati Uniti nel 2002 la
Securities and Trae Commission ha creato il TRACE (trade reporting and compliance
engine) con due obiettivi: definire regole che stabiliscano quali transazioni debbano essere
rese pubbliche; realizzare una piattaforma di trading che renda disponibili i dati delle
transazioni. Il TRACE è controllato dalla FINRA (financial industry regulatory authority).
Le violazioni più comuni delle regole avvengono in tema di riciclaggio di denaro,
distribuzione di titoli, qualità dei mercati, relazioni e documenti contabili, pratiche di vendita
e supervisione.
CALCOLO DI RENDIMENTO E PREZZO DELLE OBBLIGAZIONI
RENDIMENTO CORRENTE
Il RENDIMENTO CORRENTE (current yield) è un’approssimazione a scadenza per
obbligazioni con cedola e si calcola come:
C cedola annua
ic= =
P prezzo dell obbligazione con cedola
'
Capitolo 22
Un’azione è un titolo rappresentativo della partecipazione al capitale di una società, essa
è cioè rappresentativa di quote del capitale sociale. La partecipazione azionaria
rappresenta un importante meccanismo di finanziamento delle imprese, perchè
designabile agli investimenti a lungo termine in quanto la società non ha nessun obbligo di
restituzione.
Gli investitori possono ottenere un rendimento in due modi: o perchè il prezzo delle azioni
aumenta nel tempo o perchè la società paga dividendi. Le azioni sono più rischiose
rispetto alle obbligazioni perchè gli azionisti hanno una priorità subordinata a quelle delle
obbligazioni, i rendimenti sono meno sicuri dato che i dividendi possono essere variabili,
gli incrementi di prezzo delle azioni non sono garantite. E’ possibile però realizzare dei
guadagni elevati e non hanno scadenza. L’azionista detiene determinati diritti sulla società
emittente: uno consiste nella posizione di residual claimant cioè ha il diretto ad ottenere
tutte le attività e redditi che rimangono dopo che ogni altro finanziatore è stato soddisfatto.
L’azionista ha inoltre diritti di natura amministrativa e di controllo, ha infatti il diritto al voto
per la nomina del Consiglio di Amministrazione, modifiche allo statuto sociale, emissione
di nuove azioni ecc.
Una società può emettere azioni diverse che si differenziano in base a dei specifici diritti
amministrativi e patrimoniali che incorporano:
• Azione ordinaria (common stock): Rappresenta una quota di proprietà della società
emittente. Gli azionisti ordinari godono di diritto di voto pieno, cioè possono votare sia in
assemblee ordinarie che straordinarie. La remunerazione delle azioni ordinarie è incerta
poiché dipende dal risultato economico della gestione, gli azionisti ricevono dividendi nel
caso in cui la società decide di procedere alla distribuzione.
• Azione privilegiata (preferred stock): E’ un titolo azionario sia dal punto di vista
giuridico che fiscale. A differenza dell’azione ordinaria gode di prelazione (diritto di
preferenza) nel reparto degli utili e nel rimborso del capitale. Essa riceve un dividendo
minimo statutario, che è pari o superiore a quello delle azioni ordinarie, dunque assume
un tratto in termini di diritti patrimoniali simile ad una obbligazione. Siccome i dividendi
sono relativamente fissi, il prezzo delle azioni è relativamente stabile. Gli azionisti
privilegiati votano solo per questioni attinenti ai loro diritti patrimoniali e hanno diritti
prioritari rispetto alle azioni ordinarie ma subordinate rispetto ai diritti dei creditori.
• Negli ultimi anni le possibilità di scelta da parte delle società sono aumentate, cioè
possono scegliere di emettere azioni con diritto di voto limitato a specifici argomenti,
oppure delle azioni che attribuiscono un privilegio patrimoniale rispetto alle azioni
ordinarie. Un esempio sono le azioni di risparmio, che sono favorite dal punto di vista
patrimoniale si in termini di dividendi che priorità di rimborso, sono prive di voto.
L’obiettivo delle società che emettono queste azioni è quello di prendere risorse
finanziarie rivolgendosi per lo più a soggetti che non hanno interesse nella
partecipazione attiva nella gestione della società, ma sono attratti dal rendimento offerto.
Mercato azionario
Il mercato azionario è il luogo (non necessariamente fisico) dove sono negoziati i titoli
azionari. Si distingue il mercato primario, dove sono collocate le azioni di nuove
emissione, dal mercato secondario, dove sono negoziati i titoli già in circolazione. I
mercati secondari si dividono in mercati regolamentati e mercati OTC (over the counter)
cioè non regolamentati; tuttavia negli ultimi anni questa distinzione si sta facendo meni
netta.
Con riferimento mercato europeo, in seguito all’adozione della direttiva MiFID II e del
regolamento MiFIR, si delinea la distinzione tra mercati pubblici e mercati privati. Nei
mercati pubblici rientrano i mercati regolamentati in senso stretto, più le strutture di
negoziazione elettroniche come MTF (Multilateral Trading Facility) e OTF (Organised
Trading Facility) che hanno una regolamentazione più leggera. I mercati privati
rappresentano invece l’area delle negoziazioni fuori dai canali ufficiali. Il mercato
regolamentato fa riferimento ad alcuni requisiti:
• Le condizioni di funzionamento per quanto riguarda le modalità di negoziazione, i
meccanismi di fissazione dei prezzi e le forme di regolamentazione degli scambi;
• Le regole di ammissione degli emittenti e degli strumenti finanziari alla quotazione e alle
negoziazione;
• Le regole di trasparenza e di tutela degli investitori,
• L’approvazione da parte delle autorità di vigilanza del regolamento deliberato alla
società di gestione e che dà attuazione operativa ai punti sopra.