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INTRODUZIONE
L’economia industriale studia le strutture di mercato: quante imprese ci sono in un
mercato, le loro dimensioni, ecc.; e ha sempre corso in parallelo con l’attività Antitrust, che
è svolta dall’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), che verifica che il
comportamento strategico delle imprese sia un comportamento corretto, con lo scopo di
evitare due grandi problematiche:
le intese restrittive della concorrenza: le imprese si mettono d’accordo per non
farsi concorrenza
l’abuso di posizione dominante: avviene quando c’è un’impresa più grande che
vuole mantenere questa posizione di supremazia, o vuole estenderla ad altri tipi di
mercati vicini o affini.
In questo ultimo caso non rientra il fatto che inizialmente un’impresa detenga una quota di
mercato molto più grande delle altre, perché è più efficiente o produce dei prodotti che per
i consumatori sono qualitativamente superiori questo va bene ed è anche socialmente
desiderabile!
Ciò che non va bene è che alcune imprese (Microsoft, Google), in vari modi, cerchino di
mettere delle barriere all’entrata di nuovi potenziali concorrenti; in questo contesto
interviene l’autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Nella formulazione più semplice l’azienda viene vista come una scatola nera dove entrano
dei fattori produttivi, e misteriosamente viene fuori un prodotto attraverso una fantomatica
funzione di produzione; questa descrizione semplificata dell’impresa va contro un altro tipo
di descrizione data dalle materie aziendalistiche, dove l’azienda viene invece descritta
come un’organizzazione complessa, con vari livelli decisionali, e con vari obiettivi
intermedi avvicinare i due mondi è possibile con dei modelli via via più complessi.
Le decisioni delle imprese non sono solo a che prezzo vendere o quanto vendere, ma
riguardano tutta una serie di altre dimensioni, per esempio quanta pubblicità fare, come
disegnare un prodotto, quale gamma di prodotti fornire, in quali mercati geografici entrare,
ecc. tutte queste decisioni vengono prese in un contesto strategico: parliamo di
strategia quando bisogna prendere delle decisioni, che però dipendono da quello che
fanno gli altri (es. teoria dei giochi) ho un obiettivo, e coerentemente con questo
obiettivo ci sono una serie di cose che posso fare: devo scegliere se fare l’azione A o
l’azione B, ma nel farlo devo fare i conti con il resto del mondo.
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C’è una sostituibilità tra i prodotti: c’è un mercato delle cole, ma non sei né un
monopolista, né un price taker; decidi tu il prezzo!, e nel decidere il prezzo devi capire
come potrebbero reagire i tuoi clienti a fronte di variazioni del prezzo.
C’è una differenziazione del prodotto: è necessario che i prodotti vengano percepiti come
differenti, ma bisogna che la gente sia diversa, perché se tutti ragionassimo nello stesso
modo (per tutti un prodotto vale l’altro), non sarebbe possibile per la Coca Cola applicare
anche un solo centesimo in più della Pepsi Cola.
So che se vario il prezzo perdo clienti o ne acquisto, ma quanti? qui c’è una
fondamentale differenza rispetto al monopolio classico, dove se alzo il prezzo ho
comunque i miei clienti, che saranno meno contenti di pagare un prezzo più alto, ma che
comunque rimangono, perché sono l’unico in grado di soddisfare la loro domanda: in un
monopolio sono l’unico per costruzione in un determinato mercato, e il problema di come
reagiscono i consumatori è un problema oggettivo.
Quanti clienti in più o in meno dipende da cosa fanno i miei concorrenti: se mi pongo il
problema di come reagiscono i miei clienti, non è solo un problema di quali caratteristiche
hanno i miei clienti, ma anche di quali ipotesi implicite io sto facendo relativamente al
comportamento dei miei concorrenti non ho una curva di domanda mia personale, ma
ne ho tante in relazione alle congetture, alle ipotesi, che io faccio riguardo al
comportamento dei concorrenti, e che nessuna agenzia di indagini di mercato mi potrà
verificare, perché l’agenzia cerca di descrivere che tipo di cliente ho di fronte, non può dire
in anticipo cosa farà il concorrente, perché questo è soggettivo.
Abbiamo un modello di monopolio, e un modello di concorrenza perfetta, ma ci sono tanti
modelli di oligopolio: a parità di mercato, a parità di tecnologia, e a parità di consumatori,
se le imprese costruiscono diverse ipotesi comportamentali, allora si hanno diversi modelli
di oligopolio.
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p
Q = 80 - p
P = 80 - Q
Q
Nella realtà il monopolista massimizza i profitti rispetto al prezzo, ma dato che la curva è
matematicamente invertibile (ad un prezzo corrisponde una sola quantità) noi
massimizziamo per la quantità, perché è più comodo per noi:
Esprimiamo tutto in funzione della quantità perché i costi sono in funzione della quantità:
in monopolio e in concorrenza perfetta utilizziamo il concetto di funzione di costo, che
dice qual è il costo minimo per produrre una quantità arbitraria dati i costi dei fattori
produttivi (lavoro, energia, semilavorati,…) per trovare la funzione di costo occorre
risolvere un problema di minimizzazione del costo data la funzione di produzione:
basta fare la derivata rispetto a q, e porla uguale a zero:
π(q) = P(q)q – c(q)
La derivata di c rispetto a q è il
P’(q) q + P (q) – c’ (q) = 0 costo marginale.
P’q + P – c’ = 0 Ogni volta che parliamo di
P’(q) q + P (q) = c’ (q) “marginale” parliamo di derivata.
Ricavo marginale = costo marginale
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∂P
∂P P−c′ − ∙q P−c′ ∂P q 1 𝟏
∂q
∙ q + P = c′ = =− ∙ = − 𝜕q⁄P =
∂q P P P ∂q P ℇ
∂P⁄q
Tutti i beni e i servizi, nel momento in cui un consumatore deve decidere come allocare il
proprio potere di consumo, sono in qualche misura più o meno sostituibili: la sostituibilità
è qualcosa di graduale e di continuo; il concetto più vicino a misurare la sostituibilità è
l’elasticità incrociata di prezzo, cioè come varia la domanda di qualcosa quando varia il
prezzo di qualcos’altro. Se due beni sono distanti tra di loro agli occhi dei consumatori, la
variazione del prezzo di uno ha poca influenza sulla domanda dell’altro; viceversa, se
sono molto sostituibili, la variazione del prezzo di uno ha un’immediata ripercussione
sulla domanda del bene che viene visto come sostituto.
Se siamo in un contesto spaziale, le persone fanno le proprie scelte valutando le
alternative a disposizione su tutto il mondo, o nel luogo dove vivono:
𝐏−𝐜′ 𝟏
= l’elasticità può essere alta o bassa:
𝐏 𝐈𝛆𝐈
bassa ε = se alzo il prezzo perdo pochi clienti
alta ε = se alzo il prezzo perdo molti clienti, perché nel mercato si trova qualcosa
di facilmente sostituibile.
tentativo di prevedere quelle che dovrebbero essere le scelte degli altri: questo è un
problema che ha trovato una sua definizione attraverso l’equilibrio di Nash.
L’economia industriale moderna (industrial organization) studia l’organizzazione del
mercato, cioè come il mercato si auto-organizza in relazione alle strategie delle imprese:
l’economia industriale moderna può essere vista come una sistematica applicazione della
teoria dei giochi nelle sue varie forme.
In monopolio la variabile che utilizziamo per massimizzare il profitto è la quantità:
massimizziamo rispetto a q solo perché la funzione di costo è espressa in funzione di q;
ma un’operazione che nel monopolio è innocua, nell’oligopolio porta ad ottenere un
risultato molto diverso, perché un classico risultato dell’oligopolio è che se le imprese
massimizzano scegliendo i prezzi, ottengono un equilibrio che non è lo stesso che
otterrebbero scegliendo le quantità.
successo in passato, quindi potrei far basare le mie scelte anche su un comportamento
condizionato a quello che è successo in passato.
Quando non conosco tutte le caratteristiche ho il caso dell’imperfetta informazione: per
esempio, la Coca Cola non sa quali sono tutti i costi di produzione della Pepsi Cola.
Ogni gioco simultaneo può essere trasformato in un gioco sequenziale nel
momento in cui si introduce una sequenza (chi muove per primo, chi muove per
secondo).
Caso 1
Ci sono due compagnie aeree che offrono un servizio di trasporto tra due località; per
qualche motivo, i prezzi dei voli sono prefissati ed uguali.
Supponiamo che il problema di fondo sia quello di decidere in quale fascia oraria collocare
il volo che collega le due località, e che ci siano sono due alternative: o partire al mattino o
partire alla sera; sappiamo che il 70% dei consumatori potenziali preferiscono partire alla
sera, e il 30% preferisce partire al mattino; se le compagnie partono nella stessa fascia
oraria, avendo le stesse caratteristiche, si dividono equamente il mercato, che equivale a
dire che ogni consumatore sceglie a caso.
I guadagni delle imprese sono proporzionali alle quote di mercato: più passeggeri portano,
più soldi fanno.
Un gioco è descritto completamente quando:
identifichiamo gli agenti (giocatori)
sappiamo per ogni giocatore quali sono le alternative a disposizione
per qualunque combinazione di mossa devo dire quanto è il pay-off di uno, e
quanto è il pay-off dell’altro.
Il pay-off è la vincita nei giochi d’azzardo, e per noi è il profitto; in questo momento
consideriamo alternative discrete, o faccio una cosa o faccio l’altra.
Nei modelli di oligopolio che ci interessano, le alternative sono continue, quindi
potenzialmente infinite.
Il numero di giocatori può essere arbitrario, però per fissare le idee ci limitiamo a due; il
numero di alternative può essere arbitrario, anche infinite, ma per fissare le idee ci
limitiamo a due. Se i giocatori sono due, e se le alternative sono due per ciascun
giocatore, le combinazioni possibili sono 2x2=4, allora possiamo rappresentare il gioco
con una tabella, che è la matrice dei pay-off: ogni riga e ogni colonna corrispondono ad
una strategia, quindi un giocatore sceglie la riga, e l’altro giocatore sceglie la colonna.
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American
mattina sera
mattina 15, 15 30, 70
Delta sera 70, 30 35, 35
In ogni cella troviamo una coppia di numeri che ci dà il pay-off, cioè i profitti; le alternative
sono o partire al mattino o partire alla sera sia per Delta che per American il primo
numero è il pay-off di Delta, e il secondo è il pay-off di American:
se entrambi partono la mattina, troviamo scritto 15,15 perché il 30% delle persone
vuole partire alla mattina, e quelli che partono si ripartiscono equamente, metà da
una parte e metà dall’altra
se uno parte la sera e uno parte alla mattina, 30 vanno con quello che parte alla
mattina, e 30 vanno con quello che parte alla sera.
se entrambi partono alla sera, i 70 si dividono in 35 e 35.
Questo è un gioco simmetrico, perché potrei anche scambiare i nomi delle due
compagnie e avremmo lo stesso tipo di problema, perché ognuno dei due deve decidere
cosa fare.
Immaginiamo di essere un manager di Delta: siamo in una situazione di ignoranza rispetto
a quello che farà American. Cosa conviene fare?
Se American partisse la mattina, mi converrebbe partire la sera: devo vedere qual è il
maggiore tra il primo numero della casella mattina/mattina, e il primo numero della casella
sera/mattina la scelta migliore è sera, perché 70 > 15; però non sono sicuro che l’altro
parta di mattina, potrebbe partire la sera se partisse di sera mi converrebbe partire di
sera, perché 35 > 30.
Sebbene io faccia la stessa scelta del concorrente, è tale la concentrazione di persone
che preferisce partire la sera, che è meglio spartirsi un mercato grasso, che usare un
mercato marginale, ma facendo così 30 persone non partono (partono in 70: 35 + 35)
c’è una perdita dal punto di vista sociale.
Ci conviene partire alla sera comunque! Non ce ne frega niente di quello che fa
American.
Questa è un situazione fortunata, perché, anche se in astratto le mie scelte dipendono da
un altro, alla fine esiste sempre una strategia dominante.
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Strategia dominante: strategia che si dimostra superiore alle altre in ogni circostanza
per strategia dominante intendiamo qualcosa che è sempre meglio fare, qualunque sia
la scelta degli altri.
ATTENZIONE: A me interessa quello che fa l’altro! le mie scelte non dipendono dalle
scelte dell’altro, ma i miei pay-off sì!
Se a Delta conviene sempre partire alla sera, anche ad American conviene sempre partire
alla sera è facile capire cosa succede: tutti e due partiranno alla sera.
Le due strategie di partire alla sera sono strategie dominanti, quindi entrambe hanno una
strategia dominante, e l’equilibrio che nasce è un equilibrio in strategie dominanti.
Ma non sempre c’è qualcosa che mi conviene sempre fare.
Caso 2
Supponiamo che Delta abbia un programma per frequent flyer; per qualche motivo quando
le due compagnie aeree offrono la stessa fascia oraria, i consumatori non si ripartono più
equamente, ma una leggera maggioranza preferisce Delta:
American
mattina sera
mattina 18, 12 30, 70
Delta sera 70, 30 42, 28
Siamo sempre un manager di Delta, dobbiamo decidere se far partire i nostri voli alla
mattina o alla sera:
se American parte alla mattina, a me conviene partire alla sera perché 70 > 18
se American parte alla sera, a me conviene partire alla sera perché 42 > 30,
quindi dal punto di vista di Delta non sembra essere cambiato niente.
Ora assumiamo di essere un manager di American:
se Delta parte alla mattina, a me conviene partire alla sera perché 70 > 12.
se Delta parte alla sera, a me conviene partire alla mattina perché 30 > 28.
Alla fine, Delta parte alla sera e American parte alla mattina.
Prima avevamo due strategie dominanti, perché entrambi i giocatori avevano una via
maestra che dovevano seguire comunque; adesso abbiamo che solo uno dei due giocatori
ha una strategia dominante, Delta Delta parte alla sera comunque.
Questo è un gioco a perfetta informazione, quelli che sono all’American conoscono tutta la
matrice: siamo in un contesto di perfetta informazione! Tutti sanno tutto di tutti: Delta
partirà sicuramente alla sera e American ne prende atto, pertanto sceglierà la mattina.
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Caso 3
Prima il gioco strategico si basava esclusivamente su quando partire; ora mettiamo in
discussione il prezzo.
Per rendere semplice l’esempio ci concentreremo solo su due possibili prezzi.
Abbiamo un potenziale di clienti particolare:
Prezzo di riserva
60 potenziali passeggeri con un prezzo di riserva di € 500 è il prezzo
120 potenziali passeggeri con un prezzo di riserva di € massimo che
ciascuno è
220.
disposto a pagare
La decisione del giocatore è di tipo discreto, o 0 o 1; la mia curva per prendere quel
di domanda è una curva di domanda a gradini: sopra a 500 non volo.
vola nessuno, tra 220 e 500 volano in 60, sotto 220 volano in 180.
Dobbiamo applicare lo stesso prezzo a tutti, perché non sappiamo a quale categoria
appartiene l’uno o l’altro; ipotizziamo che i costi per passeggero ammontino a € 200.
Quali prezzi possono applicare le compagnie?
In linea teorica potrebbero applicare qualsiasi prezzo, però un minimo di ragionamento ci
conduce alla conclusione semplice che gli unici due prezzi che hanno senso sono 500 e
220: non consideriamo altri prezzi, perché se applichiamo 500 abbassarlo ci farebbe
trasportare gli stessi passeggeri ad un prezzo minore, e non ci conviene; allo stesso
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C’è un Equilibrio di Nash quando a partire da una combinazione, nessuno dei due
ha vantaggio a cambiare unilateralmente la propria strategia.
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Riassumendo:
abbiamo un equilibrio di Nash quando siamo in grado di decidere delle strategie che
siano reciprocamente razionali
Nash quando c’è reciprocamente razionalità nelle scelte
Nelle matrici 2x2 l’equilibrio di Nash è identificato dalla casella, o dalle caselle, con le
freccette entranti (vedi terza matrice dell’esempio, frecce rosse).
Strategia vuol dire poter scegliere delle variabili, dove le variabili cambiano significato
a seconda dell’obiettivo da raggiungere
le strategie dominanti sono un sottoinsieme dell’equilibrio di Nash.
In duopolio non si può ignorare il resto del mondo: nel prendere le mie decisioni ho
bisogno di intuire, capire, prevedere, conoscere cosa hanno fatto, o si apprestano a fare,
gli altri giocatori (concorrenti), i quali hanno obiettivi che sono diversi dai miei; e anche
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loro, nel fare le loro scelte, devono tener conto di quello che dovrei fare io questo crea
un problema di reciproca interdipendenza.
L’equilibrio di Nash è una combinazione di strategie tra le tanti possibili
combinazioni; per capire se una combinazione di strategie è o non è un equilibrio di Nash
dobbiamo sottoporla ad un test: se gli agenti sono due, uno sceglie la riga che preferisce,
e l’altro sceglie la colonna che preferisce non si può in nessun caso condizionare quello
che fanno gli altri: l’equilibrio di Nash è una situazione in cui nessuno vuole cambiare
la propria strategia.
Se partiamo da una situazione in cui Delta ha scelto una certa riga, e American ha scelto
una certa colonna, se Delta fa quello che ha scelto si è pentita? Avrebbe preferito giocare
qualcos’altro? se la risposta è no, andiamo a vedere l’altro giocatore: American si è
pentito della sua scelta? Se la risposta è no anche in questo caso, allora questo è un
equilibrio di Nash, perché la scelta di American è ottima data la scelta di Delta, e la
scelta di Delta è ottima data la scelta di American se devo indovinare quello che fa
l’altro, devo farlo con il grado di coerenza che è la stessa che applico a me stesso.
In un gioco simultaneo le strategie vengono scelte simultaneamente FALSO! Non è
strettamente necessario che gli agenti scelgano nello stesso momento, l’importante
è che la scelta, che può anche essere avvenuta nel passato, sia reversibile = si
possa cambiare! questo è quello che differenzia i giochi simultanei dai giochi
sequenziali: posso tornare indietro.
in un gioco simultaneo posso tornare indietro
in un gioco sequenziale non posso rivedere la scelta = non posso cambiare = non
posso tornare indietro.
L’equilibrio di Nash include, come una specie di sottoinsieme, gli equilibri di strategia
dominante: l’equilibrio di Nash è un equilibrio in cui nessuno cambia idea, ma se siamo in
una situazione in cui a tutti conviene fare una cosa fin dall’inizio e la fanno, non
cambieranno idea! Quindi, se un equilibrio è in strategia dominante è anche un
equilibrio di Nash. Ma non è vero il contrario!
Con due equilibri non sappiamo se il mercato va a finire da una parte o dall’altra: siamo
abituati che la domanda e l’offerta si incontrino una volta sola ogni giocatore sceglie la
sua strategia, non sceglie l’equilibrio.
Questa è una situazione particolare perché c’è un equilibrio “buono” e un equilibrio
“cattivo” (buono e cattivo fanno riferimento ai pay-off): c’è un equilibrio in cui, scegliendo i
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prezzi alti, tutti fanno più profitti; però ci si può anche coordinare in un equilibrio inferiore
dove tutti fanno profitti più bassi tutti e due sono equilibri.
Il fatto che ci siano due equilibri dove uno è nettamente migliore dell’altro è un caso
particolare, perché ci possono essere situazioni dove o un equilibrio non è a priori migliore
dell’altro; oppure può succedere che un giocatore preferisca un certo tipo di equilibrio, e
l’altro un altro tipo di equilibrio entrambi sono equilibri di Nash, entrambi danno lo
stesso risultato, non ce n’è uno che è migliore dell’altro.
Esempio: c’è una coppia di fidanzati, lui e lei, che devono decidere cosa fare domenica
pomeriggio; le alternative sono limitate: andare allo stadio o andare al cinema
lei
cinema stadio
cinema 10, 20 0, 0
lui stadio 0, 0 10, 5
Se tutte e due scelgono cinema, si va al cinema; se tutti e due scelgono stadio, si va allo
stadio; se uno dice una cosa e l’altra ne dice un’altra non si va da nessuna parte. Ma c’è
un equilibrio che è pareto superiore: lui è indifferente tra cinema e stadio; lei preferisce
di lungo il cinema allo stadio non è ovvio quale dei due sia migliore.
C’è equilibrio di Nash? L’equilibrio di Nash si trova con il test: partiamo da una delle
quattro combinazioni, e vediamo se a qualcuno conviene cambiare in questo caso gli
equilibri di Nash sono due (caselle gialle): conviene a qualcuno cambiare? Se la risposta è
no, allora è un equilibrio di Nash sono le caselle con le frecce entranti!
Esempio: ci sono due giocatori, alfa e beta; il giocatore alfa ha due strategie che sono alto
e basso; beta ha due strategie che sono sinistra e destra:
beta
sinistra destra
alto 100, 10 7, 9
alfa basso 99, 0 18,15
Dobbiamo trovare due valori per la casella gialla alto/sinistra, affinché questo sia un
equilibrio di Nash i due valori sono 100 e 10; partiamo da “alto” e ci chiediamo se beta
preferirebbe invece di “sinistra” giocare “destra”: no, perché 10 > 9; alfa vorrebbe cambiare
e invece di giocare “alto”, giocare “basso”? No, perché 100 > 99.
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Nel gioco simultaneo non c’era equilibrio, mentre nel gioco sequenziale c’è sempre un
equilibrio, indipendentemente da chi parte: si va avanti con sequenza fino a che non si
arriva ad un certo punto, che può condurre ad una situazione che valutiamo in qualche
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modo il mio criterio di scelta è di dire alla fine cosa succede, però devo anticipare
quello che deve fare l’altro, non basta ragionare su quello che faccio io.
In una situazione di questo tipo, bisogna partire dalla fine, che significa anticipare cosa
dovrebbe fare l’altro: si usa una strategia di backward induction (induzione all’indietro), o
strategia del gambero si parte dalla fine, e si risale (2° numero, poi il 1°); la
rappresentazione del gioco è ad albero:
per primo gioca Alfa, e deve scegliere
S 6, 0 in modo visibile, e
A in modo irreversibile
8, 7
alfa D
S 5, 12 scrivo per primo il pay-off di chi muove
B (gioca) per primo
D 9, 11
Immaginiamo ora che a scegliere per primo sia beta (2° numero, poi il 1°):
A 0, 6 ATTENZIONE!
S B 12, 5 se è beta a scegliere per primo, occorre
beta invertire l’ordine di scrittura dei numeri!
D A 7, 8
B 11, 9 è pareto superiore, rispetto a prima
L’Equilibrio di Nash è una situazione dove, dovendo prendere delle decisioni, la bontà
delle mie decisioni dipende da quello che fanno gli altri soggetti, quindi mi trovo nella
situazione di dover prevedere quello che faranno gli altri soggetti; questo non significa che
tutti fanno la scelta giusta, ma nel momento stesso in cui devo prevedere cosa faranno gli
altri, non posso pensare che gli altri siano più stupidi di me questa reciproca coerenza è
alla base del concetto di Equilibrio di Nash: è per questo che lo utilizziamo per identificare
quale situazione dovrebbe emergere in un mercato caratterizzato da interazione
strategica.
Tutte le decisioni aziendali rispondono ad una logica di questo tipo, per cui avrò un
obiettivo che intendo massimizzare (nel nostro caso è il profitto), ho a disposizione degli
strumenti (quantità, ecc.), e il risultato finale dipende da alcune variabili che controllo io,
però dipende anche da altre variabili che controllano gli altri io posso solo prendere le
variabili che non controllo come qualcosa di dato, e vedere cosa posso fare a fronte di
ipotetiche scelte che qualcun altro potrebbe aver fatto.
Cominciamo dai modelli base dell’oligopolio, che interpretiamo come dei giochi, quindi
applichiamo concetti come l’equilibrio di Nash; i primi modelli di oligopolio compaiono nella
prima metà dell’’800, e oggi sappiamo che:
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P = A - BQ P = A - B(q1 + q2)
problema attraverso una matrice come abbiamo fatto in passato, ma dobbiamo trovare
qualche cosa che la sostituisce, e questo concetto si chiama funzione di reazione.
Scriviamo il profitto dell’impresa 2:
π2 (q1, q2) = (P – c) q2 = ( A – B q1 – B q2 – c) q2
= Aq2 – Bq1q2 – Bq22 – cq2
(𝛑𝐪𝟐)
= A – Bq1 – 2Bq2 – c
𝐪𝟐
curva di domanda rispetto alla quale è come se fossi un monopolista, perché ho tolto
quello che ha prodotto l’altro, e quello che mi resta è tutto mio, e se è tutto mio allora su
questa curva di domanda mi comporterò come se fossi un monopolista.
Se sono convinto che il mio concorrente invece di q1 produrrà una quantità più grande,
allora la mia curva di domanda sarà una curva di domanda più piccola, ma sempre
traslata in modo parallelo rispetto a quella precedente, e più in basso più produce
l’altro, meno spazio rimane a me e più piccola sarà la curva di domanda residuale.
Una volta che ho deciso quale dovrebbe essere la quantità prodotta, sulla curva di
domanda residuale, io sono un monopolista, e nel massimizzare i miei profitti mi comporto
come un monopolista: massimizzo la funzione rispetto a q2, e la condizione del primo
ordine indica che i profitti marginali (derivata dei profitti, che devo porre = 0) sono uguali a
zero dire che i profitti marginali sono uguali a zero, equivale a dire che i ricavi marginali
sono uguali ai costi marginali
A – Bq1 = domanda residuale mi comporto come un monopolista: R’ = c’
P A – Bq1 – 2Bq2 = c
A−c
A – Bq1 q*2 = q1 R2’ = (A – Bq1) – 2Bq2 R’ = c’
2B−
2
ATTENZIONE: diciamo funzione di reazione, ma è una reazione non a quello che sta
facendo l’altro, bensì una reazione alle mie stesse supposizioni suppongo che l’altro
faccia q1, per coerenza dovrò reagire non a quello che fa, ma a quello che io sto
pensando che faccia, producendo q*2.
La regola di comportamento (la funzione di reazione) è puramente e semplicemente la
condizione di massimo profitto.
L’impresa 1, nel massimizzare i suoi profitti dovrà affrontare lo stesso problema, per cui, a
fronte di una funzione di reazione dell’impresa 2, ci sarà una funzione di reazione
𝐀−𝐜
dell’impresa 1: q*1 = 𝐪𝟐 . Ogni funzione di reazione stabilisce una regola di ottimalità:
𝟐𝐁−
𝟐
𝐀−𝐜
q= q1 = q2 q è sia q1 che q2
𝟑𝐁
posso prendere questa scorciatoia solo se sono sicuro che q1 e q2 saranno per forza
uguali e ne sarò sicuro solo se vedo che il problema è un problema speculare, totalmente
simmetrico se non lo fosse, dovrei mettere a sistema le due equazioni (le funzioni di
reazione): risolvere il sistema significa trovare il punto di intersezione il punto C
corrisponde alle due quantità prodotte:
q2 concorrenza perfetta
A−c
funzione di reazione
B
impresa 1
A−c
2B
q2c C
funzione di reazione
impresa 2
A−c
0 q1c q1
2B
𝐀−𝐜 𝐀−𝐜
q*2 = 𝐪𝟏 monopolio q*1 = 𝐪𝟐
𝟐𝐁− 𝟐𝐁−
𝟐 𝟐
A−c
Quando nella funzione di reazione dell’impresa 1 metto q2 = 0, risulta : questa è la
2B
quantità di monopolio, perché sono in duopolio e ipotizzo che l’altro non produca niente
ipotizzo di essere il padrone assoluto del mercato, e allora sarei un monopolista: se
A−c
l’altro non produce niente, allora a me conviene produrre che è la quantità di
2B
monopolio.
A−c
corrisponde alla quantità che verrebbe prodotta in concorrenza perfetta; se l’impresa
B
A−c
2 producesse , che è la quantità di concorrenza perfetta quando il prezzo è uguale al
B
0 q1
26
q2
A differenza
A – Bq2 quantità aggregata
q2
c
(𝐀−𝐂)𝟐
q2 Profitto =
𝟗
0 RM B q1
la mia domanda residuale è quella segnata in rosso, perché la quantità che ho sottratto
dalla domanda aggregata è la quantità di concorrenza: la mia curva di domanda è
talmente slittata all’indietro che si trova in quel punto, al di sotto del costo marginale.
Posso disegnare il ricavo marginale, ma il punto in cui il ricavo marginale incontra il costo
marginale è zero: se l’altro produce la quantità di concorrenza, ha saturato il mercato e io
non ho più spazio, questo perché se anche producessi poco, il prezzo scenderebbe sotto
c e io andrei in perdita se l’altro produce la quantità di concorrenza perfetta, a me non
conviene produrre.
Il punto in cui le due funzioni di reazione si incontrano, che altro non è se non
l’equivalente grafico della risoluzione del sistema, è a tutti gli effetti un equilibrio di Nash,
perché, appartenendo ad entrambe le funzioni di reazione, mi assicura che q1 è ottimo
dato q2, e q2 è ottimo dato q1:
Notiamo che abbiamo ottenuto lo stesso risultato sia risolvendo il sistema, che seguendo
la scorciatoia.
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Riassumendo:
(𝐀 − 𝐜)
In equilibrio ogni impresa produce = qc =
𝟑𝐁
𝟐(𝐀 − 𝐜)
L’output totale è dunque Q* = q1+q2 = 2qc =
𝟑𝐁
Ricordiamoci che la domanda è P = A – BQ*
A−2B(A−c) (𝐀 + 𝟐𝐜)
Il prezzo di equilibrio è perciò P* = =
3B 𝟑
(𝐀 − 𝐜)𝟐
Il profitto dell’impresa 1 è (P* - c)qc1 = ; e, data la simmetria, il profitto dell’impresa
𝟗
2 è lo stesso.
Possiamo confrontare il profitto con il risultato del monopolio, e dire che la competizione
tra le due imprese fa sì che ci sia una certa sovrapproduzione, nel senso che si produce
complessivamente più del monopolio; e il prezzo è un prezzo minore del prezzo del
monopolio, ma comunque inferiore al prezzo concorrenziale:
Q M < QD < Qc πC < π D < πM
(M = monopolio; D = domanda aggregata; C = concorrenza)
𝐀−𝐜 𝐀−𝐜
Il monopolista produce: QM = ; e il suo output è minore dell’output di concorrenza ,
𝟐𝐁 𝐁
dove P = c’ (il prezzo è uguale al costo marginale – in concorrenza).
Se c2 aumenta vuol dire che l’impresa 2 diventa più inefficiente, e questa minore efficienza
dell’impresa 2 si traduce in una minore competitività, e questa minore competitività riduce
la quantità prodotta dall’impresa 2 e la sua quota di mercato la quantità q2 aumenta se
aumentano i costi non suoi (impresa 2), ma del concorrente: in questo caso significa che
non è cambiato niente per l’impresa 2, ma il suo concorrente (l’impresa 1) è meno bravo.
Se il mio concorrente è meno bravo, è più inefficiente (meno competitivo sul mercato),
allora io sfrutto la sua debolezza producendo di più, e acquisendo una maggiore quota di
mercato.
Il modello di Cournot è un caso particolare di gioco simultaneo, tant’è che parliamo di
equilibrio di Cournot-Nash, nel senso che è un tipo particolare di equilibrio di Nash;
l’equilibrio di Nash richiede la reciproca coerenza delle strategie di tutti i giocatori
coinvolti, quindi è necessario che una strategia sia ottima data quella dell’altro, e
viceversa.
La funzione di reazione ha valenza in qualunque altro tipo di modello dove ci sono delle
altre scelte, per esempio i prezzi: se si tratta di scegliere i prezzi, disegneremo un
grafico nello spazio p1, p2 individuo le variabili che di volta in volta devono essere
scelte.
In generale, le funzioni di reazione sono tante quante sono le imprese presenti, e qualora
ogni impresa potesse effettuare più scelte, allora il numero di imprese dovrebbe essere
moltiplicato per il numero di variabili decisionali a disposizione di ogni scelta; le ipotesi
sottostanti sono (= a condizione che):
che il bene sia completamente omogeneo è indistinguibile (= no differenze) agli
occhi del consumatore
che siamo sicuri che il problema sia un problema simmetrico: le scelte delle
imprese devono essere coincidenti, perché affrontano lo stesso tipo di problema
logico.
Abbiamo ignorato il fatto che ci fossero q1 e q2 e li abbiamo chiamati entrambi q: questa
operazione si può fare solo dopo che ho fatto la derivata, non prima, perché se la
facessi prima è come se ogni impresa sapesse già che l’altro dovrà per forza seguirla nelle
sue scelte alla fine le imprese faranno le stesse scelte, ma loro non lo sanno!
Questo equilibrio duopolistico è un equilibrio che si trova a metà strada, nel senso che il
prezzo che si viene a formare è un prezzo intermedio, più alto della concorrenza perfetta,
e più basso del monopolio: ogni impresa produce meno del monopolio, ma messe insieme
29
producono più del monopolio. Anche i profitti sono intermedi tra i livelli della
concorrenza, che sarebbero zero; e il livello di monopolio.
Con costi marginali diversi ci saranno due condizioni di massimo profitto: si tratta di
scrivere il profitto della prima impresa π1, e della seconda impresa π2, ricordandoci di
usare c1 quando parliamo della prima impresa, e c2 quando parliamo della seconda
impresa; le condizioni sono le equazioni del sistema che devo risolvere quello che
A− 2ci + cj
abbiamo ottenuto è un risultato di questo tipo: qi = , dove qi indica q1 e q2, i è
3B
l’impresa 1, e j è l’impresa 2 (o viceversa) è evidente che più alti sono i costi, minore è
la produzione: abbiamo 2 tipi di costi, quindi abbiamo una reazione della produzione ad
un aumento dei propri costi, ma anche una variazione della produzione quando
variano i costi dell’altro.
Rispetto alla domanda residuale, se ho dei costi più elevati e sono monopolista, riduco
la mia quantità: vuol dire che produco di meno; se all’impresa 2 aumentassero i costi di
produzione, la sua funzione di reazione slitterebbe verso il basso, mentre non
cambierebbe la funzione di reazione dell’impresa 1:
q2
A−c1
B
R1
A−c2
c
2B
R2
c’
q1
𝐀−𝐜𝟏 𝐀−𝐜𝟐
𝟐𝐁 𝐁
si riduce la quantità q2, ma significa anche che aumenta la quantità q1: se il mio
concorrente diventa più debole, io approfitto della sua debolezza aumentando la
produzione, non perché mi si siano abbassati i costi, ma perché lui mi lascia più spazio
nel mercato è meno competitivo, quindi trovo profittevole produrre di più.
Visto che il prodotto è identico, sarebbe ideale che lo producesse tutto chi è più bravo a
produrre, ma in questo tipo di modello, se il differenziale di prezzo non è troppo alto,
sopravvive anche chi è meno efficiente: il meno efficiente ha una minor quota di
mercato, ma non sparisce del tutto, non sparendo del tutto produce comunque,
produce in modo inefficiente, fa profitti, che sono minori di quello più bravo, ma sono
comunque profitti.
30
Cj +A
𝐜𝐢 <
2
I costi possono esser più alti di cj, ma non troppo più alti di cj, altrimenti finisco fuori
mercato; se l’impresa va fuori mercato, e quindi non produce più niente, all’altra impresa
conviene produrre la quantità di monopolio.
(𝐀−𝐜)𝟐
i profitti dell’impresa 1 sono: (P* - c)q1* = = π1
(𝐍+𝟏)𝟐 𝐁
32
Q-1 indica quanto producono tutti gli altri concorrenti (N – 1); se immagino che le quantità
siano uguali, Q-1 non è q, ma è (N-1)q.
𝐀−𝐜
Ora posso risolvere rispetto a q1*, e trovo questa espressione: q1* = i risultati
(𝐍−𝟏)𝐁
Controllo:
A−c
Se N = 1 torno alla quantità di monopolio 2B
A− c
Se N = 2 torno alla quantità aggregata che avevamo trovata in precedenza 3B
Che effetto può avere N sulla quantità aggregata? Siccome la quantità di concorrenza
A−C N
perfetta è , il rapporto dà la quantità aggregata come frazione di quello che si
B N+1
produrrebbe in concorrenza perfetta; andando per tentativi riusciamo a capire che
N 𝐍
all’aumentare di N, si avvicina sempre di più a 1 𝐥𝐢𝐦 𝐍+𝟏 = 𝟏, cioè più aumentano
N+1 𝐧→∞
le imprese presenti nel mercato, più ci si avvicina alla quantità di concorrenza perfetta; il
A+Nc A N
prezzo è dato da P ∗ = A − BQ∗ = = ∙c 𝐥𝐢𝐦 𝐏 ∗ = 𝐜, cioè se faccio il
N+1 N+1 N+1 𝐧→∞
limite di P che tende ad infinito ottengo il prezzo di concorrenza perfetta, che è il costo
marginale c.
33
I profitti sono la differenza tra il prezzo e il costo marginale uguale al costo medio,
(𝐀−𝐜)𝟐
moltiplicato per la quantità prodotta da ciascuna impresa: 𝛑 = (𝐏 ∗ − 𝐜)𝐪∗𝟏 = e
(𝐍+𝟏)𝟐 𝐁
q*1 è la quantità che ciascuna impresa produce al crescere del numero di imprese, i
profitti di ogni impresa diminuiscono; se siamo più vicini al monopolio o alla concorrenza
perfetta lo stabilisce il numero di imprese: - più imprese = più concorrenza
- meno imprese = meno concorrenza
associamo il concetto di concorrenza e di efficienza complessiva del mercato al numero
di imprese presenti: come implicazioni di politica economica, questo vorrebbe dire favorire
sempre e comunque l’entrata di nuove imprese nei mercati, evitare che si creino delle
situazioni di monopolio o di quasi monopolio, perché questo crea una distorsione.
È per questo motivo che le autorità antitrust dei diversi Paesi hanno sviluppato degli indici
di concentrazione: un semplice indice di concentrazione è dato dalla somma delle prime
imprese in termini di quota di mercato, per esempio uno molto utilizzato negli Stati Uniti è il
CR4, che è la somma delle quote delle 4 più grandi imprese presenti nel mercato.
Per esempio un CR4 = 90% = 0.9 vuol dire che le 4 più grandi imprese ricoprono il 90%
del mercato; ma questo indice di concentrazione è un indice di concentrazione imperfetto
(vedi integrazione pag. 36).
L’indice che viene utilizzato maggiormente, perché più preciso = più affidabile, è l’indice di
Herfindahl-Hirschmann (HHI):
𝐇𝐇𝐈 = ∑ 𝐬𝐢𝟐
𝐧
L’indice HHI è la sommatoria per tutte le imprese presenti in un determinato mercato, del
quadrato della loro quota di mercato; se sommiamo le quote di mercato il risultato è 1
(quindi non è molto intelligente!); posso vedere le quote di mercato come percentuale, o
come frazione: se sono un monopolista, la mia quota di mercato è 1 o 100, il quadrato è 1
nel primo caso, e 10.000 nel secondo se uso una numerazione che va da 1 a 100,
trovare un indice di 10.000 è il massimo di un monopolio.
Se siamo in una situazione come quella del modello base, in cui ci sono due imprese
completamente simmetriche, alla fine producono la stessa quantità q. Questo significa che
ciascuna di esse avrà una quota di mercato del 50%:
502 = 2.500 2.500 + 2.500 = 5.000 un indice di 5.000, o di 0,5 se rimanessimo tra 0 e
1, significa un duopolio simmetrico.
Se aumento il numero di imprese, per esempio 5, e supponiamo siano simmetriche,
queste avrebbero una quota di mercato ciascuna del 20%:
202 = 400 400 x 5 = 2.000 5 imprese simmetriche danno un indice di 2.000.
aumentando il numero di imprese l’indice scende.
Più alto è l’indice, più il mercato è concentrato, e più posso ritenere, sulla base del modello
di Cournot, che quel mercato sia poco concorrenziale.
Posso anche verificare cosa succede se le imprese sono asimmetriche, per esempio
un’impresa detiene l’80%, e l’altra detiene il 20%:
802 = 6.400 202 = 400 6.400 + 400 = 6.800
avendo un’asimmetria tra le due, passiamo da 5.000 (esempio di prima) a 6.800.
35
Più un mercato è concentrato più sarà vicino al monopolio; abbiamo detto che c’è un
legame tra concentrazione e livello di concorrenza (redditività): la redditività delle imprese
è bassa se siamo vicini alla concorrenza perfetta; è alta se siamo vicini al monopolio.
Se introduciamo la possibilità che ognuno abbia costi diversi, concentriamo la nostra
attenzione solo su questa condizione del primo ordine:
A - B(Q-i* + qi*) – Bqi* - ci = 0 dove: Q-i* + qi* = Q* e A - BQ* = P*
Non siamo preoccupati di risolvere il sistema, siamo preoccupati di riscrivere la condizione
del primo ordine in una forma particolare, che metta in maggiore evidenza certe proprietà
che posso sfuggire in un primo momento; questa espressione può anche essere riscritta in
questo modo: P* - Bqi* - ci = 0 P* - ci = Bqi*
Dividiamo ambo i membri per P* e moltiplichiamo solo il termine di destra per Q*/Q*:
facendo queste due operazioni, e raggruppando i termini, giungo a questo tipo di
P∗ −ci BQ∗ q∗i
espressione: = ,
P∗ P∗ Q ∗
q∗i
= quota fisica di mercato, calcolata come % della quantità fisica prodotta nel mercato
Q∗
𝐏 ∗ −𝐜𝐢 𝐬𝐢
= = costi più alti = quota più bassa; costi più bassi = quota più alta
𝐏∗ 𝜼
Quello che leggiamo a sinistra è in percentuale quanta frazione del prezzo sono guadagni
che ottengo per ogni unità che vendo; questo però è moltiplicato per la quota di mercato,
quindi a parità di elasticità, più è bassa la mia quota di mercato, più è bassa la mia
profittabilità a livello di impresa
in monopolio, se ho una domanda rigida ho dei consumatori che sono costretti a
comprare da me, non riescono a scappare altrove; se la domanda è molto elastica, invece,
ho dei consumatori “ballerini”, a cui non riesco ad imporre un prezzo troppo alto, altrimenti
rischio di perderli tutti. Queste condizioni valgono per ciascuna impresa!
36
𝐬𝐢
è una condizione di profittabilità a livello di singola impresa, che crea un legame tra
𝛈
quanti soldi fa l’impresa e il suo livello di efficienza; se prendo tutte le condizioni fra di loro,
con alcuni passaggi matematici ottengo:
𝐏 ∗ −𝐜̅ 𝐇 𝐏 ∗ −𝐜̅ 𝐇
= 𝐜̅ è una forma di costo medio, è il guadagno medio che dipende da
𝐏∗ 𝛈 𝐏∗ 𝛈
P∗ −c̅
è il guadagno medio che nel mercato si viene a realizzare, cioè quanto mediamente
P∗
𝐇
si guadagna in quel mercato; questo dipende da più alta è l’elasticità, meno redditività
𝛈
INTEGRAZIONE:
Ci sono almeno due ragioni per cui l’indice HHI è preferibile all’indice CR4:
la prima è che HHI considera i quadrati delle quote di mercato invece delle sole
quote di mercato: in questo modo le imprese con quote di mercato elevate sono
“pesate” di più, mentre le imprese con piccole quote di mercato contano meno; di
conseguenza si tiene conto del fatto che le imprese più grandi hanno una maggiore
influenza sul settore
la seconda ragione è che HHI considera tutte le imprese, e non solo le quattro
con le quote di mercato più grandi come avviene invece per l’indice CR4, e quindi
37
60−𝐜−29 31−𝐜
2 2 𝐜
q1 = 29 – ( ) = 29 – ( ) = 29 – [(15,5 − 2) 2] q1* = 29 – (31 – c)
2 2
60−𝐜 29−(31−𝑐) 𝐜 𝐜 𝐜 𝐜
q2 = – = 30 – –(14,5–15,5 + )= 30 - -14,5 + 15,5 - q2* = 31 - c
2 2 2 2 2 2
39
58 58 58 58 2
π = (P – 2)q = (60 - N( ) – 2) * = 58 * - N( )
N+1 N+1 N+1 N+1
1 N N+1−N 𝟓𝟖𝟐
= 582 ( − ) = 582 ( (N+1)2 ) = = profitto di ogni impresa
N+1 (N+1)2 (𝐍+𝟏)𝟐
𝟓𝟖𝟐
Se fosse un monopolista il profitto sarebbe , perché a N = 1 (monopolista), sommo 1
𝟒
𝟓𝟖𝟐
della formula, ed elevo al quadrato (1 + 1)2 = 22 = 4 = πM.
(𝟏+𝟏)𝟐
=4
N > 6,32 – 1 N=6 (si arrotonda per eccesso!)
(60−c)2 60−c 2
π= - ( ) = 0 la concorrenza erode i profitti!
N+1 N+1
(60−c)2 1 (60−c)2 (60−c)2 (60−c)2 (60−c)2
produzione di monopolio = * > >
4 4 4 N+1 16 N+1
1 1
> N + 1 = 16 N = 15 = numero di imprese presenti nel mercato
16 N+1
1 2 1 2
𝐇𝐇𝐈 = ∑𝐧 𝐬𝐢𝟐 , ma in questo caso lo calcolo così: HHI = N( ) = 15*( ) = 0,067
N 15
Temi di discussione:
La funzione di reazione non indica una reazione ottimale ad un comportamento
osservato dal concorrente.
La funzione di reazione è una regola di comportamento, una condizione di massimo
profitto, quindi ogni funzione di reazione stabilisce una regola di ottimalità; la chiamiamo
funzione di reazione, però è una reazione non a quello che sta facendo l’altro, ma una
reazione alle mie stesse supposizioni: se suppongo che l’altro faccia q1, per coerenza
dovrò reagire non a quello che fa, ma a quello che io sto pensando che faccia,
producendo q2*; se nessuno poi vuole rivedere le proprie scelte, allora è Nash!
In un gioco simultaneo non è strettamente necessario scegliere nello stesso momento,
l’importante è che la scelta, che può anche essere avvenuta nel passato, sia
reversibile = posso cambiare! non sono vincolato da quello che ho fatto ieri, allora
posso cambiare scelta; se posso cambiarla, conta quello che ho fatto oggi, non quello che
ho fatto ieri.
Non sempre, in un duopolio alla Cournot, si fanno profitti.
Ogni impresa valuta la sua domanda residua in base al comportamento delle altre,
considerato come dato, e si comporta di conseguenza come un monopolista; se sono in
41
duopolio, ipotizzo che l’altro non produca niente, e di essere il padrone assoluto del
mercato: se l’altro non produce niente, a me conviene produrre la quantità di monopolio;
se l’altro produce la quantità di concorrenza, a me conviene non produrre, perché l’altro
producendo la quantità di concorrenza ha già saturato il mercato e io non ho più spazio
anche se producessi poco, il prezzo scenderebbe sotto il costo marginale, e io andrei in
perdita.
Una modifica dei costi di produzione sposta la curva di reazione delle imprese
corrispondenti.
Più alti sono i costi e minore è la produzione; c’è una reazione della produzione ad un
aumento dei propri costi, e una variazione della produzione quando variano i costi
dell’altro:
q2 R1
c R2
c’ q1
Per calcolare l’equilibrio di mercato in funzione del numero di imprese presenti bisogna
che le stesse siano perfettamente simmetriche.
Si potrebbero ricavare tante funzioni di reazione quante sono le imprese presenti, ed
eventualmente risolvere un sistema, ma se le imprese sono simmetriche posso prendere
la “scorciatoia”: indico con Q-1 la quantità prodotta da tutti gli altri concorrenti (meno
l’impresa che considero); se immagino che le quantità prodotte siano uguali, Q -1 è (N-1)q;
𝐀−𝐂
posso continuare e risolvere rispetto a q1*: q1* =
(𝐍−𝟏)𝐁
.
MODELLO DI BERTRAND
In Cournot le imprese scelgono le quantità: le imprese considerano la quantità da produrre
come variabile strategica, cioè basano le loro strategie su quanto produrre.
Bertrand dice che in realtà le imprese stabiliscono il prezzo, e questa è una critica
all’approccio di Cournot: Bertrand dichiara che scegliere le quantità non è una strategia
dettata dalla concorrenza, perché per avere concorrenza basta che ci siano solo 2
imprese sul mercato, e quindi si sceglie il prezzo la versione estrema delle differenze è
un po’ eccessiva!
Il modello di Bertrand chiarisce che la competizione sui prezzi è molto diversa da quella
sulle quantità: Bertrand dimostrò che lasciando tutto inalterato (curva di domanda, costi,
tecnologie) le decisioni si basano solo sulla scelta dei prezzi invece che della quantità, e
che l’equilibrio che troviamo è comunque un equilibrio di Nash io simultaneamente
scelgo il prezzo dovendo indovinare quale potrebbe essere il prezzo dell’altro.
l’equilibrio di Cournot-Nash e l’equilibrio di Bertrand-Nash sono equilibri di gioco
simultaneo che usano come variabili strategiche due cose diverse: prendere p2 come dato
non è la stessa cosa che prendere q2 come dato, perché prendere q2 come dato vuol dire
che quello che l’impresa 2 riesce a vendere non cambierà; se invece l’impresa 2 tiene il
prezzo fisso, e l’impresa 1 lo cambia, l’impresa 2 ha una variazione di quantità venduta.
È per questo che otteniamo dei risultati drasticamente diversi!
Bertrand parte da delle ipotesi di partenza più realistiche, e arriva a dei risultati più
irrealistici; mentre Cournot parte da delle ipotesi meno realistiche, ma giunge a dei risultati
più realistici.
Possiamo immaginare per semplicità una curva di domanda lineare, indicando con A e B i
parametri della curva di domanda inversa: P = A – BQ (è tutto uguale a prima!, tranne per
il fatto che le imprese, in questo modello, scelgono i prezzi)
44
A−P
P=A–B BQ = A – P Q=
B
Dobbiamo però chiederci come viene fuori la domanda residuale: nel modello di Cournot
trovare la curva residuale voleva dire far slittare la curva di domanda aggregata verso il
basso, e quella diventava la domanda personale, sulla quale massimizzare il profitto.
Con il modello di Bertrand, invece, la curva di domanda è discontinua, perché con
qualunque prezzo maggiore di p2 si vende zero!
Con questo modello il punto di partenza è che l’altro (impresa 1) sta fissando un certo
prezzo: l’impresa 2 offre un prezzo p2 ci sono 3 possibilità:
1) il prezzo p1 è sopra: se il prezzo p1 è sopra al prezzo p2, l’impresa 1 non vende
niente, perché il bene, essendo omogeneo, è indistinguibile agli occhi del
consumatore, e nessuno comprerebbe un bene identico ad un prezzo maggiore
2) il prezzo p1 è sotto: se il prezzo p1 è sotto al prezzo p2, vende tutto l’impresa 1, e
l’impresa 2 non vende niente
3) il prezzo p1 è uguale al prezzo p2: se le imprese applicano lo stesso prezzo, i
consumatori sono indifferenti tra le due imprese il mercato si divide in due quote
uguali!
La curva di domanda residuale che trovo non è una funzione continua, ma è una funzione
fatta di spezzoni diversi, e in ogni spezzone ci sarà un’equazione diversa:
All’aumentare del prezzo diminuisce la quantità: siccome c’è un salto nella curva di
domanda, c’è un salto anche nei profitti, e c’è un salto anche nella funzione di reazione:
c p
46
se il prezzo risultasse inferiore a c, i profitti dell’impresa 2 sarebbero negativi, per cui può
sempre dire che, se qualora il prezzo fosse troppo basso, preferisce non produrre niente:
comunque ha una funzione che raggiunge il massimo.
π
p2 = p1
p2 > p1
(𝐚+𝐜)
c p1 prezzo impresa 2
𝟐𝐛
prezzo di
monopolio
questa è la funzione di profitto dell’impresa che prende atto che il concorrente ha fissato
un prezzo a livello p1: si interrompe bruscamente in corrispondenza di p1 perché è una
funzione che mette in relazione il prezzo dell’impresa 2 con i profitti dell’impresa 2
finché il prezzo dell’impresa 2 rimane inferiore a quello dell’impresa 1, lei è il
monopolista; se invece l’impresa 2 applicasse un prezzo anche di poco superiore a p1,
non venderebbe più niente, quindi, contrariamente al monopolista classico, vedrebbe
sparire sia tutti i clienti, sia tutti i profitti: ecco perché si interrompe bruscamente. Il
(𝐚+𝐜)
massimo è in corrispondenza del punto se l’altro fissa un prezzo superiore al
𝟐𝐛
prezzo di monopolio, io rispondo con il prezzo di monopolio (e quindi vendo io).
p2 = p1
p2 > p1
c p1 prezzo impresa 2
(𝐚+𝐜)
𝟐𝐛
Under cutting: applico un prezzo leggermente inferiore posso abbassare il prezzo fino
ad arrivare a c, altrimenti lavoro in perdita.
(𝐚+𝐜)
Se il prezzo del concorrente è inferiore al prezzo di monopolio , la funzione di profitto
𝟐𝐛
assume l’andamento del grafico sopra: il massimo si trova prima di p1
47
Quindi:
se l’altro applica un prezzo superiore al prezzo di monopolio, io rispondo con il
prezzo di monopolio
se l’altro sceglie un prezzo tra c e il prezzo di monopolio, cerco di andare un po’
sotto a quello che lui applica (undercutting, tagliare sotto)
se l’altro mette un prezzo inferiore a c lo lascio andare, e metto il prezzo di
produzione (il costo marginale).
Questa è la mia funzione di reazione!
P2 P1
P1 P2
Se siamo in una situazione di perfetta simmetria, le due imprese stanno affrontando lo
stesso tipo di problema, hanno gli stessi obiettivi, hanno gli stessi vincoli, faranno le stesse
scelte.
Quella che andremo a disegnare è la funzione di reazione dell’impresa 1, e mi dice
cosa conviene fare all’impresa 1, dato un qualche prezzo p2 che è stato fissato:
48
p2 - ε
p1 = p2
p2 < c
c = 0,7
c = 0,5
50
Esempio: 1,50 è il prezzo di monopolio; supponiamo che 0,5 sia il costo di produzione
dell’impresa 1 e che 0,7 sia il costo di produzione dell’impresa 2. Qual è l’equilibrio di
Nash? Graficamente teniamo fisso c2, e facciamo slittare leggermente a sinistra c1.
Prima avevamo il prezzo uguale al costo e ci fermavamo lì; adesso abbiamo due costi: un
c1 più basso (0,5) e un c2 più alto (0,7) la risposta è: io impresa 1 scelgo il prezzo 0,7-ε
e l’impresa 2 sceglie 0,7 perché non andrà mai sotto i suoi costi di produzione.
Prima abbiamo parlato della guerra dei prezzi; se ragioniamo in quei termini possiamo
immaginare che questa discesa negli inferi ad un certo momento si fermi: prima si fermava
a c, adesso si ferma al c più alto.
Questo è comunque un equilibrio di Nash, ma per dimostrarlo devo dimostrare che
nessuno dei due vorrebbe cambiare strategia:
l’impresa 2 sta vendendo a 0,7 che sono i suoi costi di produzione, anzi in realtà
non sta vendendo niente, perché l’impresa 1 sta applicando 0,69. Conviene alzare il
prezzo? No, perché non succede niente. Conviene abbassare il prezzo? No, perché
andrebbe sotto i suoi costi di produzione quindi l’impresa 2 fissa un prezzo
uguale al suo costo di produzione e non lo cambia perché non ha incentivo a
cambiare.
L’impresa 1 applica 0,69 (= 0,7 – ε), ma il suoi costi di produzione sono 0,5, quindi
fa profitti: l’impresa 1 è l’unica a produrre, è l’unica a vendere, perché è l’unica che
applica un prezzo basso.
Dato che l’impresa 2 sta prezzando a 0,7, a me (impresa 1) conviene alzare o abbassare il
prezzo? Se alzo il prezzo da 0,69 passo a 0,7 e in questo caso dovrei dividere il
mercato con l’altro, quindi farei metà profitti rispetto a quelli che sto facendo adesso.
Se abbasso il prezzo da 0,69 a 0,65 guadagno meno per unità venduta, però applicando
un prezzo un po’ più basso forse venderei di più non basta dire che per ogni unità
venduta guadagnerei di meno, abbassando il prezzo potrei vendere di più.
Qual è l’impatto finale sui miei profitti? diminuiscono sicuramente, perché 0,7 è minore del
prezzo di monopolio!
Io sono nel tratto crescente dei profitti di monopolio, quindi l’eventuale aumento delle
quantità vendute non compensa il margine di profitto per unità venduta: questo è dovuto al
fatto che sono sotto il prezzo di monopolio la mia tendenza è quella di fissare prezzi più
alti, non più bassi.
Abbiamo dimostrato che all’impresa 2 non conviene né alzare né abbassare il prezzo,
perché per lei i profitti non ci sono; anche all’impresa 1 non conviene né alzare né
51
abbassare il prezzo siccome siamo in una condizione in cui nessuno vuole rivedere le
proprie scelte, siamo in equilibrio di Nash.
Non è vero che non si fanno profitti, qualcuno i profitti li fa: i profitti nascono perché
qualcuno è più efficiente i profitti sono direttamente legati alla differenza di
efficienza: se io produco a 0,5 e l’altro produce a 0,9 faccio ancora più profitti.
Io sono monopolista? Ni! Sono monopolista nel senso che sono l’unica impresa che
rimane in piedi sul mercato, ma non sono monopolista perché pur essendo l’unico che
sopravvive, non sono completamente libero di fare quello che voglio: se fossi un
monopolista senza pensieri, fisserei il prezzo a 1,50; invece è vero che sono l’unico a
produrre, però non sono libero di fare quello che voglio, perché sono vincolato ai costi di
produzione dell’altro.
Se astrattamente l’altro è talmente sfortunato da avere i costi più alti del costo di
monopolio, allora sarei monopolista a tutti gli effetti; ma se l’altro ha costi di produzione più
alti dei miei, ma inferiori a quelli di monopolio, questo rappresenta un limite superiore
sopra il quale io non posso andare.
Quando ci siamo occupati del livello di concorrenza di Cournot, abbiamo concentrato la
nostra attenzione sul numero di concorrenti presenti nel mercato; il risultato dell’analisi che
abbiamo appena fatto ci suggerisce che non dobbiamo occuparci solo di quelli che nel
mercato ci sono, ma anche di quelli che sono fuori dalla porta, e che sono pronti ad
entrare, perché in una situazione di questo tipo sono l’unica impresa che produce, però
l’impresa 2 pur essendo efficiente è lì che aspetta. Appena applico un prezzo più elevato
per lei è profittevole entrare, e vengo preso in contropiede da questa azione del
concorrente.
Il livello di concorrenzialità del mercato non dipende solo dal numero e dal tipo di
imprese che sono attive nel mercato, ma anche da una concorrenza latente (potenziale)
che comunque potrebbe finire per condizionare l’operato delle imprese che sono presenti.
Riassumendo:
di fronte allo stesso mercato, allo stesso numero di imprese e alle stesse condizioni
esterne, impostare una concorrenza basata sulla quantità o basata sui prezzi conduce a
risultati molto diversi: nel caso della quantità si viene a determinare un legame causale tra
la concentrazione presente nel mercato e concorrenza; mentre il modello base di Bertrand
arriva ad una conclusione che potremmo sintetizzare con lo slogan: “Bastano due imprese
per fare concorrenza” è una concorrenza estrema, che ci fa giungere cioè ad un tipo di
equilibrio che è indistinguibile da quello della concorrenza perfetta.
52
Nel modello di Cournot abbiamo fatto due varianti: una dove il numero di imprese era
variabile, e una dove i costi marginali erano diversi.
Quando i costi marginali erano diversi, purché il differenziale non fosse molto alto, chi era
più bravo faceva più soldi, e aveva una quota di mercato maggiore; ma l’altro non
scompariva del tutto, sempre che il differenziale di costo non fosse troppo alto.
Per quanto riguarda il modello di Bertrand, il numero di imprese non è interessante,
perché se da due passo a tre, da tre passo a cinque, non cambia niente; abbiamo
considerato che ci possono essere due livelli differenti di costo marginale, e abbiamo
dimostrato che se, per esempio, ci sono due imprese che hanno una il costo marginale più
alto, e l’altra il costo marginale più basso, solo una sopravvive (quella con il costo
marginale più basso, la più efficiente) non è vero, come in Cournot, che comunque
sopravvivono tutte e due: in Bertrand sopravvive solo quella più forte, e questa impresa fa
profitti, perché il prezzo che fissa lei è sostanzialmente uguale al costo marginale del
concorrente; se fossero più di due, il prezzo sarebbe quello del più bravo concorrente, a
meno che l’altro non abbia costi talmente elevati da arrivare addirittura sopra al prezzo di
monopolio: in questo caso lo ignoriamo semplicemente.
Cosa succede con costi diversi? Con Cournot tutte e due producevano, quella che aveva
costi più bassi faceva più profitti (più efficiente), e quella con costi più alti ne faceva di
meno, ma comunque operava e non spariva del tutto dal mercato. Invece con Bertrand
sopravvive solo una, quella che ha costi marginali minori la guerra dei prezzi
schiaccia sui costi di produzione. L’impresa che sopravvive è monopolista? non è
detto che riesca a fissare il prezzo di monopolio! Se alza il prezzo, le imprese che sono
fuori potrebbero essere invogliate ad entrare, visti i profitti che farebbe l’impresa
sopravvissuta: sopravvive solo uno se dovessimo vedere il mercato da fuori, diremmo
che quello è un monopolista; però quello non è un monopolista nel senso che siamo
abituati, perché pur essendo da solo, non è libero di fissare il prezzo che vuole: ha un
limite superiore, lui sa che se si azzardasse ad applicare un prezzo superiore a quel limite
genererebbe l’entrata nel mercato di altre imprese.
Questo tipo di risultato è interessante perché ci suggerisce un altro tipo di insegnamento di
base: per valutare il grado di concorrenza presente nel mercato, per valutare quanto
potere di mercato hanno effettivamente le imprese presenti, non basta come sembra
suggerire il modello di Cournot, guardare solamente a quante imprese ci sono nel
mercato, e quali caratteristiche hanno; ma bisognerebbe anche guardare quella che
53
Q = 18 – P P = 18 – Q P = 18 – q1 – q2 c1 = 6 c2 = 8
Cournot:
π1 = (18 – q1 – q2 – 6)q1 = 18q1 – q1q2 – q12 – 6q1
π2 = (18 – q1 – q2 – 8)q2 = 18q2 – q2q1 – q22 – 8q2
Bertrand:
P=8–ε Q = 18 – 8 = 10 (quantità in Bertrand)
π1 = (c1 – c2)*Q = (8 – 6)*10 = 20 (profitto in Bertrand)
Temi di discussione:
Il modello di Bertrand nega ogni collegamento tra livello di concentrazione e grado di
concorrenza nel mercato.
Bertrand contestò l’ipotesi di Cournot secondo cui le imprese scelgono le quantità; di
conseguenza negò anche il legame tra livello di concentrazione e grado di concorrenza
del mercato: sapere quanto il mercato è concentrato è qualcosa che nasce sia dal numero
delle imprese presenti, sia dal grado di asimmetria che si può leggere nelle quote di
mercato. All’aumentare del numero di imprese presenti, la quantità prodotta da ciascuna di
esse diminuisce: se le imprese sono tutte uguali tra loro, ognuna avrebbe un n-esimo di
quota di mercato; se invece non sono tutte uguali, ci potrebbe essere un’impresa
dominante, nettamente più efficiente delle altre, che copre una buona fetta di mercato.
Bertrand dice che in realtà le imprese stabiliscono il prezzo.
Vi possono essere profitti anche nel modello base di Bertrand.
Nel modello di Bertrand il punto di partenza è che l’impresa 2 sta fissando un prezzo p2:
se il prezzo p1 è sopra al prezzo p2, l’impresa 1 non vende niente, perché il bene,
essendo omogeneo (Bertrand base) è indistinguibile agli occhi del consumatore, e
nessuno comprerebbe un bene identico ad un prezzo più alto
se il prezzo p1 è sotto al prezzo p2, l’impresa 1 vende tutto e l’impresa 2 non vende
niente
se p1 = p2, i consumatori sono indifferenti tra le due imprese, e il mercato si divide
in due quote uguali.
Se il prezzo è troppo alto, i profitti sono zero perché non vendo niente; se il prezzo è
inferiore, i profitti sono i profitti che si realizzano vendendo tutto ciò che il mercato assorbe
in corrispondenza di quel prezzo; se il prezzo è uguale a quello del mio concorrente, la
domanda, e quindi anche i profitti, vengono divisi per due.
Il modello di Bertrand implica che bisogna fare attenzione anche alla possibile entrata di
concorrenti.
Se l’impresa entrante decide di applicare un prezzo p1 – ε, è logico che guadagnerà tutto
il mercato, l’impresa 1 non venderà più niente, e quindi non avrà profitti.
E’ possibile ottenere i profitti di monopolio nel modello di Bertrand.
Se l’impresa 1 applica un prezzo molto alto, l’impresa 2 può tranquillamente applicare un
prezzo che è quello di monopolio, perché di fatto la concorrenza non avrà mai luogo;
costruirà la sua funzione di reazione stabilendo il prezzo che massimizza i suoi profitti,
dato un qualunque livello di prezzo stabilito arbitrariamente dall’impresa 1. Finché il prezzo
55
VINCOLI DI CAPACITA’
Il modello di Bertrand è un modello dove c’è una guerra al ribasso dei prezzi che termina a
livello del costo marginale; con Bertrand ci troviamo con un dilemma di fondo, perché pur
partendo con le migliori intenzioni, finisce con il darci una rappresentazione della realtà
che è in chiaro contrasto con i fatti, e i potenziali colpevoli di questo risultato sono due:
1) l’ipotesi di perfetta omogeneità (beni tutti uguali)
2) l’ipotesi di costi marginali costanti.
Nella realtà potremmo avere che, partendo da una certa soglia, i costi cominciano a salire
perché ci sono difficoltà a reperire materie prime, oppure c’è il bisogno di espandere gli
impianti produttivi e non si trova da acquistare immediatamente: più in generale,
potrebbero esserci dei vincoli di capacità, cioè potremmo essere in una situazione in cui
possiamo produrre anche a costi marginali costanti, finché rimaniamo al di sotto di una
certa soglia.
Finora abbiamo immaginato dei costi marginali piatti: c
q
se invece ho dei vincoli di capacità, significa che ci
sarà un limite massimo K arrivati al quale i costi marginali
vanno in verticale significa che in nessun caso dovrò c
superare quella linea: ho un impianto, e questo impianto
può realizzare un certo numero di pezzi; eventualmente c
potrò investire per fabbricare un nuovo impianto, ma
questo richiederà tempo: in questo caso parliamo q
semplicemente di minore capacità. k
Ci sono due casi dove i costi marginali sono crescenti: la differenziazione di prodotto e i
vincoli di capacità sono due modifiche che possiamo fare nel modello di Bertrand, che
non sono alternative, cioè le posso avere tutte e due, per cui le affronteremo una alla
volta: prima continueremo ad assumere che i beni siano perfettamente omogenei, ma che
ci siano dei vincoli di capacità; poi assumeremo che non ci siano vincoli di capacità, ma
che i beni siano differenziati vedremo che arriveremo a dei risultati molto diversi in
entrambi i casi.
57
modo tale che non ci sarà più nessun sciatore costretto a tornare a casa senza aver
sciato.
Come faccio a capire qual è questo prezzo?
Se la quantità complessiva che io vendo deve corrispondere alla mia capacità totale,
vuol dire che al posto di Q devo mettere 2400. Se metto 2400, è come se chiedessi qual
è quel prezzo a fronte del quale si viene a generare una domanda compatibile con la
capacità di cui dispongo: questo prezzo è 60
Q = 6000 – 60 P 2400 = 6000 – 60P 60P = 3600 P = 60
La domanda che ci dobbiamo porre a questo punto è: Punta Resia e Sport Resort hanno
incentivo ad alzare il prezzo?
60 è il prezzo che satura la capacità se uno mette 60 e l’altro mette 60, questa
combinazione è un equilibrio di Nash?
Ricapitolando:
Punta Resia (1000) ha messo 60, e anche Sport Resort (io, 1400) ha messo 60: mi
conviene mettere 59? NO! Perché se applicassi un prezzo inferiore a quello del
concorrente ci sarebbe più gente che viene da me, ma sto già lavorando al massimo
della capacità.
Se passo da 60 a 59 trasporto sempre 1400; se produco la stessa quantità ad un prezzo
più basso faccio meno profitti, quindi non mi conviene.
Mi conviene andare da 60 a 61? Se i profitti aumentano mi conviene, se non aumentano
non mi conviene: se passo da 60 a 61 vuol dire che sono un po’ più costoso dell’altro, e in
corrispondenza di 61 meno di 1400 vengono da me.
Per quantificare quanti continuano a venire da me con un prezzo 61, prendo la quantità
totale, tolgo 1000 che sono quelli che vanno dall’altra parte, e quello che resta è la mia
domanda residuale; quindi avrei che la mia domanda residuale è:
5000−Q
Q = (6000 – 1000) – 60P Q = 5000 – 60P 60P = 5000 – Q P=( )
60
𝐐
P = 83,33 -
𝟔𝟎
Se faccio 5000-(60*61) viene fuori un po’ meno di 1400:
ce la posso fare perché il vincolo di capacità mi dice che
non devo superare 1400, ma posso stare sotto.
Quando abbiamo parlato del modello di Bertrand
abbiamo disegnato la funzione di profitto fatta come
riportato nel riquadro, e nel caso del monopolista
59
asimmetrico avevamo detto che fissavamo il prezzo a 8 anche quando potevamo fissarlo a
7: con il prezzo più basso venderei di più, ma non lo voglio fare perché la funzione di
profitto è crescente in generale, quando sono in monopolio guardo se mi conviene
mettere il prezzo alto e vendere poco, o mettere un prezzo basso e vendere a tanti.
In questo caso non conviene tenere un prezzo alto e vendere a pochi, perché con queste
caratteristiche, se il ricavo marginale è maggiore del costo marginale, allora effettivamente
è un equilibrio di Nash!
Il ricavo marginale è la curva di domanda inversa con l’inclinazione doppia rispetto alla
quantità per non fare la derivata, metto l’inclinazione doppia direttamente:
2Q Q Q
2Q = , quindi avremo che MR = 83,33 - ; se Q = 1400, allora:
60 30 30
1400
MR = 83,33 - = 46,67 > 10
30
Essendo il ricavo marginale maggiore di 10, potrei aumentare il prezzo da 60 a 61, ma
siccome il ricavo marginale è maggiore del costo marginale (10), se provo a farlo i profitti
5000−Q 𝐐
sono più bassi: Q = 5000 – 61P P=( ) P = 81,97 -
61 𝟑𝟎,𝟓
1400
MR = 81,97 - = 45,90 < 46,67
30,5
Siamo convinti che Sport Resort non cambierà idea, e lo stesso ragionamento lo posso
fare per l’altro è confermato che quello che ho trovato è un equilibrio di Nash.
Tutto dipende dal vincolo di capacità! per avere questa condizione bisogna che le
capacità siano vincolabili, cioè se uno avesse un vincolo di capacità, ma può trasportare
due milioni di sciatori al giorno, è come se questo vincolo non ci fosse
solo se le capacità sono sufficientemente strette avremo questa condizione.
Osservazioni:
L’equilibrio che si è venuto a configurare è un equilibrio dove le imprese fanno profitti? Sì,
abbiamo la stessa efficienza, perché portare uno sciatore cosa mediamente 10 euro per
entrambi.
Chi fa più profitti? Chi ha più capacità, nel nostro caso Sport Resort, perché entrambi
guadagnano sempre 60 – 10 = 50, solo che uno porta 1000, e l’altro 1400 tutto dipende
dalla capacità installata.
Come ha fatto Sport Resort a fare più soldi? È stato più bravo a scegliere la capacità
installata! la capacità l’ha scelta l’impresa stessa nel momento in cui ha fatto
l’impianto.
60
Possiamo immaginare un modello in due stagioni: una stagione estiva dove si progettano
e si costruiscono gli impianti, scegliendo opportunamente le capacità; poi una volta che le
capacità sono state scelte, esiste una stagione invernale, dove si andrà a produrre.
Nella stagione invernale scegliamo i prezzi, ma le nostre scelte sono condizionate dai
vincoli di capacità che noi stessi abbiamo stabilito durante l’estate.
Qui si viene a configurare una situazione interessante di un gioco che è a metà strada tra
il gioco simultaneo e il gioco sequenziale: durante l’estate si gioca simultaneamente sulle
capacità, perché ognuno da solo sceglie la sua, ma scelgono contemporaneamente;
nella stagione invernale quella capacità produttiva installata, non può più essere messa
in discussione. Si gioca un secondo gioco simultaneo dove, in modo indipendente e
simultaneo si scelgono i prezzi sono due giochi simultanei che avvengono in sequenza.
Riassumendo:
non posso produrre più di una determinata capacità che nel periodo in cui scelgo i prezzi è
data; tutto il resto lo abbiamo mantenuto uguale, per cui manteniamo i costi marginali
costanti, continuiamo ad assumere che il prodotto sia omogeneo abbiamo visto che
con questo tipo di ipotesi abbiamo una situazione nella quale le imprese fanno profitti, e
viene a limitarsi quella guerra dei prezzi che si verificava nella prima formulazione.
Il risultato dipende dalle capacità: sono le capacità a condizionare cosa si riesce a fare
nel momento in cui scegliamo i prezzi; inoltre, con l’esempio numerico abbiamo riscontrato
che il prezzo è comunque uguale per entrambi, ma se anche i costi marginali sono uguali,
per quanto riguarda i profitti, tutto dipende dalla capacità: chi ha più capacità fa più profitti.
Come mai uno ha più capacità dell’altro? Le capacità sono le stesse imprese a
sceglierle!
Questo tipo di gioco a due stadi dà lo stesso tipo di risultato dell’equilibrio di Cournot,
nonostante il fatto che scegliamo i prezzi; questo perché nel momento in cui scelgo la
capacità, in un contesto di perfetta informazione dove tutti sanno tutto di tutti, non
andrei mai a scegliere una capacità eccedente quella che andrei effettivamente ad
utilizzare, quindi scegliere la capacità o scegliere la quantità è la stessa cosa.
È un risultato che riabilita il modello di Cournot, e lo interpreta in modo un po’ diverso: il
mio concorrente ha messo 60 e io ho messo 60, voglio cambiare il prezzo? Le possibilità
sono due, o lo alzo o lo abbasso.
Se lo abbasso, teoricamente avrei più clienti, ma siccome sono già al limite della
capacità, alla fine venderei tanto quanto vendevo prima, ma ad un prezzo più basso,
quindi farei meno profitti.
Se lo alzo avrei il classico problema che c’è anche in monopolio: alzare il prezzo
significa che guadagno di più per ogni unità che vendo, ma vendo meno.
62
Prevale la seconda ipotesi se in quel punto il ricavo marginale è maggiore del costo
marginale, perché significa che il profitto marginale è maggiore di zero.
Ma il profitto marginale è la derivata della funzione del profitto, e se è la derivata della
funzione del profitto vuol dire che io in quel punto vorrei aumentare la quantità: aumentare
la quantità equivale a voler abbassare il prezzo.
Perché non lo faccio? Perché sto già utilizzando tutta la capacità produttiva.
Vorrei produrre di più? Non ce la faccio e non lo faccio, ma di sicuro non voglio produrre di
meno; dunque, dimostrando questo, sgombero il campo dalla possibilità che sia
conveniente aumentare il prezzo.
Combinando queste due cose dimostro che non conviene abbassarlo (e non conviene
abbassarlo!).
purché entrambi i costi marginali venissero meno di 40: uno potrebbe avere costi
marginali 10 e l’altro 30. Produrrebbero la stessa quantità perché le capacità sono 20 e 20,
ma chi ha costi marginali più bassi guadagnerà di più, perché ha un maggior margine di
profitto per ogni unità venduta.
Solo se si verifica la condizione del grafico (relativo all’esempio Punta Resia/Sport Resort)
vuol dire che non mi conviene alzare il prezzo o ridurre la quantità, quindi siamo in
equilibrio:
Occorre che nel punto dove stiamo producendo (1400), il ricavo marginale sia superiore al
costo marginale; il ricavo marginale lo ottengo dalla curva di domanda residuale, quando
ho tolto la quantità prodotta dall’altro, perché sto considerando livelli di prezzo
potenzialmente superiori a 60.
Se alzo il prezzo potrei fare più profitti, ma porto meno gente; se abbasso il prezzo, porto
più gente, ma non posso, perché ho dei vincoli di capacità quindi non mi conviene
aumentare il prezzo se il ricavo marginale è maggiore del costo marginale (R’ > c’) nel
punto k.
Temi di discussione:
Il modello con limiti di capacità produttiva può considerare tre o più imprese.
Il modello con limiti di capacità produttiva è un modello che è inserito in un mercato di
libera concorrenza, quindi ci possono essere più di due imprese che operano nello stesso
mercato. Non può essere un monopolio, perché avere una capacità produttiva limitata
implica che non posso servire completamente la domanda del bene che produco.
Affinché si realizzino profitti bisogna che la somma di tutte le capacità produttive non sia
troppo elevata.
Se la mia capacità è troppo elevata, per sfilare clienti al concorrente devo abbassare il
prezzo: avrei più clienti, ma siccome sono già al limite della mia capacità, alla fine
venderei quello che vendevo prima, ma ad un prezzo più basso, quindi farei meno profitti;
se entrambi abbiamo una capacità più contenuta, ci possiamo mettere d’accordo sul
prezzo, e fare profitti entrambi.
Non è vero che a più alta capacità corrispondono più profitti.
Avere una capacità maggiore non implica guadagnare di più: per organizzare la sua
capacità un’impresa può avere costi maggiori di un’altra.
Non è vero che i limiti di capacità impongono l’omogeneità del prodotto.
Le decisioni relative alla capacità produttiva si riflettono sulla qualità e quantità delle
risorse sulle quali l’impresa deve fare affidamento: posso produrre un bene differenziato e
avere comunque dei limiti di capacità, che possono riguardare per esempio il reperimento
delle materie prime che utilizzo per produrre il mio bene; se ho una capacità produttiva di
100, ma riesco a reperire materia prima per produrre solo 60, allora ho 40 unità di capacità
produttiva che rimangono inutilizzate progetterò un impianto con una capacità di 60,
che utilizzerò appieno, e produrrò il mio bene differenziato per la quantità di 60.
Il modello con limiti di capacità esemplifica un caso più generale, in cui i costi marginali
sono crescenti, da un certo punto in avanti.
Se ho dei vincoli di capacità, significa che ci sarà un limite massimo k arrivati al quale i
costi marginali vanno in verticale: in nessun caso devo superare quella linea! Ho un
impianto, e questo impianto può realizzare un certo numero di pezzi; eventualmente potrò
investire per costruire un nuovo impianto, ma questo richiederà tempo, e in questo caso
parliamo di minore capacità
c c
k q
66
Le capacità produttive sono scelte dalle stesse imprese, ma non possono essere
modificate quando vengono stabiliti i prezzi.
“Scelgo in estate quello che farò d’inverno”: siamo in una situazione in cui si configura un
gioco che è a metà strada tra il gioco simultaneo e il gioco sequenziale durante l’estate
si gioca simultaneamente sulle capacità, e ognuno da solo sceglie la sua, ma si sceglie
contemporaneamente; arriva l’inverno, e quella capacità produttiva installata non potrà più
essere messa in discussione: si gioca allora un secondo gioco simultaneo dove, in modo
indipendente e simultaneo, si scelgono i prezzi sono due giochi simultanei che
avvengono in sequenza.
Il modello con vincoli di capacità consente di definire un equilibrio virtualmente identico a
quello di Cournot, a dispetto della scelta dei prezzi.
Non è razionale scegliere un livello di capacità tale per cui alla fine avrò installato più
capacità del necessario: quando scelgo k è come se scegliessi q, perché la capacità che
scelgo verrà totalmente utilizzata, e l’equilibrio che ottengo è un equilibrio di Cournot in cui
scelgo q scelgo la capacità di cui ho effettivamente bisogno, che equivale a quanto
produrrò Cournot.
In questo modello, anche l’impresa che ha costi più elevati potrebbe fare profitti.
L’impresa che ha costi più alti fa comunque profitti, ne fa meno, ma li fa, perché con la sua
capacità installata “compensa” la parte di mercato che la sua concorrente lascia scoperta
anche la concorrente produce limitatamente alla capacità che ha installato.
67
Ci aspettiamo due segni opposti quando i beni sono degli imperfetti sostituti, cioè sono
sostituti ma non completamente il valore assoluto del coefficiente che moltiplica i prezzi
è maggiore per il prezzo proprio, piuttosto che per il prezzo del concorrente.
Dobbiamo trovare i prezzi: un buon punto di partenza è sempre quello di scrivere i profitti
in funzione delle variabili strategiche che mi interessano se sto studiando una
situazione dove le imprese scelgono i prezzi, sarò interessato a scrivere i profitti in
funzione dei prezzi, e ad evidenziare cosa posso controllare io (il mio prezzo), e cosa
invece non posso controllare (il prezzo del concorrente).
La funzione di reazione, in generale, dice quando devo scegliere una cosa, e cosa devo
scegliere, dato quello che sceglie l’altro; il grafico si riferisce alle curve di domanda della
Coca-Cola e della Pepsi, che, secondo stime econometriche, sono:
c’P = €3,96
Cola non variasse il proprio prezzo, ci sarebbero più consumatori che comprerebbero la
Coca-Cola, perché la Coca-Cola è considerata un sostituto imperfetto della Pepsi
all’aumentare del prezzo della Pepsi, abbiamo 3 categorie di consumatori della Pepsi:
quelli che consumavano Pepsi e continuano a consumarla nonostante costi di più
qualcuno che tutto sommato non è più disposto a pagare un prezzo più elevato, e
preferisce pagare di meno per qualche cosa che ai suoi occhi è equivalente, e
c’è la possibilità che qualche consumatore della Pepsi non compri più né la Pepsi,
né la Coca-Cola.
Una cosa che si nota anche nella domanda della Pepsi è che il coefficiente del prezzo
proprio è maggiore, in valore assoluto, del coefficiente del prezzo del concorrente:
|-3,98| > 2,25 ; |-5,48| > 1,40
Questa non è una coincidenza, ma è una cosa che ci si aspetta che avvenga, perché, se
dovessero aumentare tutte e due i prezzi, ci aspettiamo che il consumo sia di Coca-Cola
che di Pepsi diminuisca se aumenta il prezzo di tutte e due contemporaneamente,
abbiamo l’effetto diretto, che è quello del prezzo proprio; e l’effetto indiretto che è
quello del concorrente: ci aspettiamo che l’effetto diretto sia più forte dell’effetto indiretto
questo è necessario per avere una curva di domanda aggregata che è negativa
rispetto all’indice dei prezzi del bene considerato, in questo caso delle Cole.
Abbiamo anche l’informazione relativa al costo marginale (c’) della Coca-Cola e della
Pepsi: proprio perché non è lo stesso prodotto, non ci dobbiamo aspettare che i costi
marginali siano uguali; in generale, non sarebbe neanche da aspettarsi che i costi
marginali siano costanti, assumiamo che siano costanti per semplicità.
È a partire da queste informazioni che possiamo costruire un equilibrio dove i prezzi sono
le variabili strategiche: come vedremo, è molto più semplice trovare un equilibrio quando i
beni sono differenziati, rispetto a quando sono invece omogenei.
È molto più semplice se partiamo con la definizione del profitto: se consideriamo le
quantità, avremo l’accortezza di scrivere il profitto come funzione delle quantità: π(q1, q2);
se le variabili da scegliere sono i prezzi, avremo l’accortezza di definire il profitto come
funzione dei due prezzi: π(p1, p2).
Nel caso della Coca-Cola e della Pepsi, se i profitti sono in funzione del prezzo avremo
che: πC = (PC – 4,96)*(63,42 – 3,98PC + 2,25PP)
πP = (PP – 3,96)*(49,52 – 5,48PP + 1,40PC).
70
Si trovano i prezzi di equilibrio, che sono ovviamente superiori ai costi marginali, e quindi
non si arriva al dissipamento dei profitti; una volta conosciute le variabili prezzo, possiamo
ricavare tutto il resto.
In generale nella teoria dei giochi si dice che: due variabili sono complementi
strategici se tendono ad andare nella stessa direzione; sono invece sostituti
strategici (caso delle quantità) se aumenta la quantità di uno e quella dell’altro
diminuisce, cioè se abbiamo una relazione opposta.
L’intersezione delle due funzioni di reazione continua ad esser l’equilibrio di Nash, perché
l’equilibrio di Nash è una combinazione di strategie che sono reciprocamente ottimali;
mentre lungo la funzione stessa abbiamo l’ottimalità solo dal punto di vista di una delle
due imprese.
Se la funzione di reazione si alza, equivale a dire che ruota verso sinistra, quindi dato un
qualunque prezzo, voglio applicare un prezzo più alto se prendo la curva di domanda
della Pepsi e metto dentro un certo prezzo della Coca-Cola, quello che rimane è come se
forse la curva di domanda di un monopolista.
Se aumento i costi la curva di domanda resta la stessa, ma aumentano i costi
marginali: un qualunque monopolista a fronte di un aumento dei costi marginali, produce
un po’ di meno, ed applica un prezzo più alto, ed è ciò che farebbe la Pepsi.
Ci sarebbe uno spostamento verso l’alto della funzione di reazione della Pepsi, e il nuovo
punto di equilibrio sarebbe un punto dove la Pepsi applica un prezzo più alto, e così la
Coca-Cola, anche perché ci siamo spostati lungo la sua funzione di reazione che è
rimasta bloccata.
La Pepsi, diventando meno efficiente diventa più debole, è costretta ad alzare il prezzo, e
la Coca Cola approfitta della debolezza del concorrente, vendendo di più da un lato, ma
anche applicando un prezzo un po’ più alto essa stessa.
Questa differenziazione funziona solo con Bertrand? No, posso impostare il problema in
un modo o impostare il problema in un altro.
Il fatto che i prodotti siano differenziati non implica necessariamente che la competizione
debba avvenire sui prezzi (Bertrand): il ragionamento fatto finora diceva che se i beni sono
differenziati, allora una eventuale competizione sui prezzi non brucia i profitti; ma è anche
vero che, pur con beni differenziati, la competizione può avvenire sulle quantità (Cournot),
ed è interessante vedere cosa questo implichi.
Esempio 1: immaginiamo una curva di domanda Q = 60 – P (P = 60 – Q), e costi
marginali costanti pari a c.
71
Esempio 2: immaginiamo che ci siano due imprese simmetriche, la quantità venuta dalla
prima impresa è q1 = 60 – 2p1 + p2; supponiamo che i costi marginali siano costanti e
uguali a 20 c1 = c2 = 20.
π1 = (60 – 2p1 + p2)(p1 – 20) = 60p1 – 1200 – 2p12 + 40p1 + p1p2 – 20p2
= 100p1 + 1200 – 2p12 + p1p2 – 20p2
π1 1 1 4−1
= 100 – 4p1 + p2 = 0 p1 = 25 + p2 p- p2 = 25 p = 25
p1 4 4 4
3 25 4
p = 25 p= 3 p = 25 * p = 33,3
4 3
4
q1 = q2 = 60 – 33,3 = 26,67
Le imprese sono simmetriche, quindi p1 = p2 = p = 33,3
abbiamo ottenuto l’equilibrio in Bertrand con prodotti differenziati.
Le imprese sono identiche e hanno lo stesso costo marginale: posso anticipare che alla
fine faranno le stesse scelte, se fanno le stesse scelte indico con p sia p1 che p2; con
questi dati posso trovare un equilibrio dove vengono scelti, non i due prezzi ma le
quantità? Sì: se scelgo le quantità non posso più scrivere π1 in funzione di p1 e p2, ma
dobbiamo scrivere π1 in funzione di q1 e q2: per poter scrivere le due funzioni di profitto
facendo comparire tra le variabili solo le quantità q1 e q2 devo risolvere il sistema
trattando p1 e p2 come se fossero le incognite, in modo da girare questo sistema ed avere
p1(q1, q2) =… e p2(q2, q1) =… :
q2 = 60 – 2p2 + p1 p1 = q2 – 60 + 2p2
q1 = 60 – 2p1 + p2 p2 = q1 – 60 + 2p1
= q1 – 60 + 2(q2 – 60 + 2p2)
72
* *
p2 = q1 – 60 + 2q2 – 120 + 4p2 3p2 = 180 – 2q2 – q1
2 1 2 1
p2 = 60 - q2 - q1 p1 = 60 - q1 - q2
3 3 3 3
i profitti saranno in funzione delle quantità:
2 1 π1 4 1
π1(q1, q2) = (60 - q1 - q2 – 20)q1 = 60 - q1 - q2 – 20 = 0
3 3 p1 3 3
5 3
sfrutto la simmetria: q = 40 q = 40* = 24 q1 = q2 = 24 P = 60 – 24 = 36
3 5
π = (36 – 20)*24 = 384 (profitto di ogni impresa)
abbiamo ottenuto l’equilibrio in Cournot con prodotti differenziati.
È sempre il profitto della prima impresa, solo che nel primo esempio è scritto come
funzione dei due prezzi (Bertrand), e nel secondo viene scritto come funzione delle due
quantità (Cournot).
Nel primo esempio mi interessava capire come venivano scelti i prezzi, nel secondo mi
interessa capire come scegliere le quantità (non devo scegliere il prezzo): tutti i
ragionamenti possiamo farli in un senso o nell’altro, ma i due equilibri che ho ottenuto non
sono uguali! l’equilibrio è più concorrenziale quando si scelgono i prezzi!
La competizione sui prezzi è sempre più forte rispetto alla competizione sulla quantità:
quanto più aggressiva, dipende dal grado di differenziazione del prodotto; come
caso estremo, se i due fossero due monopolisti completi, quantità e prezzo sarebbero la
stessa cosa (vedi esempio 1).
Se i beni sono molto simili, allora i due modelli ci danno dei risultati drasticamente diversi,
perché con Bertrand c’è una competizione feroce; se invece i due beni sono sostituti, ma
non sono proprio la stessa cosa, sono più differenziati, allora i due modelli danno risultati
diversi, ma non così drammaticamente diversi come in precedenza, si avvicinano
siamo differenziati, ma non siamo estremamente differenziati, e non siamo neanche
completamente omogenei, e quindi si riesce in ogni caso a fare dei profitti, ma Bertrand
rimane sempre più concorrenziale di Cournot. Di quanto? Dipende dal livello di
differenziazione del prodotto.
Ci sono 2 tipi di differenziazione:
la differenziazione orizzontale: ci sono beni con caratteristiche diverse, che non
sono a priori migliori o peggiori delle altre: le caratteristiche di questi prodotti non li
rendono in assoluto migliori di altri, per esempio il colore ci sono due auto, una
rossa e una blu; sono diverse, sono differenziate, ma il blu non è migliore del rosso
73
a priori. Altro esempio Coca Cola e Pepsi: sono diverse come gusto, ma non si può
dire nettamente a priori che una sia nettamente migliore dell’altra
la differenziazione verticale: le caratteristiche sono oggettivamente (secondo
l’opinione di tutti) superiori ad altre; esempio: ultimo modello di cellulare e cellulare
di 10 anni fa; altro esempio: Business Class ed Economy Class.
Il modello che utilizziamo è un modello spaziale, cioè si sviluppa nello spazio, ed è il
modello di Hotelling.
𝟒𝟕𝟔 + 𝟐𝐜
60 – 16p1 + 416 + p1 + 2c = 0 15p1 = 476 + 2c p1 =
𝟏𝟓
476 + 2c 1904 + 8c 4 ∗ 476 + 8c – 104 ∗15 𝟑𝟒𝟒 + 𝟖𝐜
p2 = 4* - 104 = – 104 = =
15 15 15 𝟏𝟓
c è il costo di produzione della seconda impresa: il prezzo del bene della seconda impresa
aumenta all’aumentare dei suoi costi l’aumento di 1 euro fa salire di 8/15 di euro il
prezzo p2.
Ma anche il prezzo p1 aumenta se aumentano i costi del concorrente! L’effetto
indiretto è più piccolo dell’effetto diretto, però vanno nella stessa direzione perché sono
complementi strategici l’impresa 1 trova ottimale aumentare il proprio prezzo, perché
per lei, sulla sua curva di domanda, il prezzo del concorrente è come se fosse un
elemento che fa spostare la domanda senza che lei faccia niente: è come se il suo
mercato si fosse allargato senza che lei faccia niente; quindi approfitta di questa
espansione della domanda, chiedendo un prezzo più alto.
Se i costi fossero uguali (se c fosse = 12) che cosa accadrebbe?
74
Temi di discussione:
In questo tipo di variante del modello di Bertrand, si richiede che l’effetto diretto dei propri
prezzi sia maggiore dell’effetto indiretto dei prezzi dei concorrenti.
Se aumenta il prezzo di tutte e due i beni contemporaneamente, abbiamo l’effetto diretto,
che è quello del prezzo proprio; e l’effetto indiretto che è quello del concorrente: ci
aspettiamo che l’effetto diretto sia più forte dell’effetto indiretto
questo è necessario per avere una curva di domanda aggregata che è negativa
rispetto all’indice dei prezzi del bene considerato.
Nella differenziazione orizzontale non esiste un criterio univoco per ordinare i prodotti dal
migliore al peggiore: l'ordine dei prodotti è stabilito dalle preferenze soggettive dei singoli
consumatori che, costruiscono la propria scala di valori soggettiva sulla base delle proprie
preferenze. Ad esempio, l'aranciata può essere dolce, normale o amara a seconda della
percentuale di zucchero e dolcificanti disciolti nella bevanda; alcuni consumatori
apprezzano di più l'aranciata dolce (A) mentre altri consumatori preferiscono quella amara
(F) i consumatori possiedono scale di valori differenti nei confronti della stessa varietà
del prodotto:
prodotto D (prodotto intermedio). Le aziende produttrici dei prodotti più dolci (A, B e C)
invece non possono aumentare il prezzo del prodotto, perché se lo facessero
perderebbero quasi del tutto la propria quota di mercato ad esempio, se l'azienda del
prodotto B decidesse di aumentare il prezzo di vendita sul mercato, molti consumatori
smetterebbero di acquistare il prodotto B, sostituendolo con il prodotto A, e con il prodotto
C (beni sostituti).
L’asimmetria tra imprese non è più determinata solo da differenze nei costi.
L’asimmetria tra imprese può dipendere dalla differenza dei costi, dalla capacità
produttiva, dalla produzione di un bene che agli occhi dei consumatori viene percepito
diverso dal prodotto di un’altra impresa che produce lo stesso bene.
Le curve di domanda individuali dipendono dalla definizione del mercato rilevante.
Il mercato rilevante può essere definito come il più piccolo contesto – insieme di prodotti,
area geografica – dove è possibile, tenendo conto delle possibilità di avere beni sostituti,
creare un certo grado di potere di mercato; un’impresa ha un potere rilevante se può
alzare i propri prezzi ad un livello profittevole rispetto ai prezzi di concorrenza. L'esigenza
di individuare un mercato rilevante è quella di individuare la capacità di un'impresa di
alterare in maniera consistente il gioco della concorrenza.
Nulla impedisce che, con prodotti differenziati orizzontalmente, le imprese competano
scegliendo la quantità.
Nel momento in cui scelgo la mia capacità produttiva, in un contesto di perfetta
informazione dove tutti sanno tutto di tutti, non andrei mai a scegliere una capacità
eccedente rispetto a quanto non andrei effettivamente a utilizzare; quindi scegliere la
capacità o scegliere la quantità è la stessa cosa, e una volta stabilito quanto produrre
posso pensare ai prezzi.
Il caso precedente potrebbe essere interpretato come gioco a due stadi, con scelta della
capacità.
Vedi risposta precedente.
A parità di curva di domanda, la competizione sui prezzi conduce a minori profitti in
equilibrio, rispetto ad una competizione basata sulla quantità.
Secondo il pensiero di Bertrand “bastano due imprese per fare concorrenza”: è una
concorrenza estrema, perché porta ad una guerra dei prezzi al ribasso; se c’è già un
prezzo p1, l’impresa 2 applicherà un prezzo p1 – ε. Se ci sono due imprese, e una ha
costi marginali più alti, questa è destinata ad uscire dal mercato, a favore di quella che ha
76
costi marginali inferiori. Inoltre, il prezzo che si forma in Bertrand è il costo marginale
dell’altro, quindi produce e fa profitti solo l’impresa più forte.
I profitti totali diminuiscono comunque all’aumentare del numero di imprese presenti.
Il prezzo di concorrenza perfetta è il costo marginale; i profitti sono la differenza tra il
prezzo ed il costo marginale (uguale al costo medio), moltiplicato per la quantità prodotta
da ogni impresa: al crescere del numero di imprese i profitti di ogni impresa diminuiscono
la concorrenza erode i profitti.
Il grado di differenziazione è scelto dalle stesse imprese, similmente alla capacità
produttiva.
Installare una capacità produttiva che per un certo ammontare rimane inutilizzata non è
razionale: installo una certa capacità in base a quello che so che posso produrre; le
imprese scelgono il grado di differenziazione sulla base della disponibilità a pagare dei
clienti: considero positivamente determinate caratteristiche, e le “peso” in base ai miei
gusti, esigenze, disponibilità a pagare. Il grado di differenziazione del prodotto dipende
dalla tecnologia dell’impresa, dai suoi costi di produzione, dalle scelte aziendali.
Non basta produrre un bene differenziato per fare profitti.
Se le imprese producono beni differenziati, ognuno va per la sua strada e si convive in
pace; se i prodotti sono differenziati vuol dire che esiste una domanda specifica per un
prodotto, e che anche i clienti sono differenziati, cioè non ragionano tutti allo stesso modo.
I beni differenziati sono una caratteristica tecnologica: le imprese ad un certo punto
decidono cosa produrre e quanto differenziare il proprio prodotto; una volta deciso,
mantengono quanto deciso e non lo cambiano, almeno per un certo periodo; dopo questo
possono scegliere il prezzo e le quantità.
Le imprese differenziano i prodotti per non essere ostaggi del mercato e della guerra dei
prezzi differenziano per andare a catturare i clienti e fidelizzarli, e soprattutto per
mantenere dei clienti anche quando si possono fare delle scelte diverse da quelle dei
concorrenti.
77
MODELLO DI HOTELLING
Il modello di Hotelling non è un altro modello in aggiunta a quelli di Cournot e Bertrand,
ma è un modello che cerca di spiegare da dove saltano fuori le due curve di domanda
differenziata che abbiamo usato prima, e dà conto del fatto che quando cambiano i
prezzi abbiamo dei consumatori che reagiscono in modo diverso: qualcuno continua
a comprare, qualcuno non compra più, qualcuno compra da un’altra parte, in modo tale
che alla fine le quantità dipendono dai prezzi relativi quanto è alto il mio prezzo
rispetto a quello del concorrente, non rispetto al prezzo assoluto.
A questo ci si arriva facendo una specie di analogia con un modello visivo e ultra
semplificato, dove le caratteristiche che differenziano il prodotto sono riportate ad una sola
dimensione, e questa dimensione dal punto di vista geometrico equivale ad un segmento;
quindi essere idealmente posizionati su un segmento significa andare a considerare cose
che possono variare rispetto ad una dimensione sola, come per esempio chiaro/scuro,
blu/rosso, dolce/salato, dove possiamo identificare sia i colori, sia i gusti dei consumatori
come un punto che si posa su una scala ideale.
Perché i consumatori possono comprare un bene anche se questo costa di più?
Perché quel bene ha delle caratteristiche peculiari che si avvicinano di più al loro ideale;
quindi noi associamo ad ogni punto di quel segmento:
sia la collocazione del prodotto: in particolare, se siamo in duopolio, è come se
immaginassimo due produttori localizzati alle estremità del segmento
sia ogni consumatore, associato ad una sua combinazione ideale: per esempio,
se il segmento viene visto come una misurazione di quanto dolce o salato può
essere un biscotto, ci sono solo due biscotti sul mercato, uno completamente dolce,
e uno completamente salato, e il consumatore è collocato in un punto in qualche
modo intermedio. Se il consumatore è posizionato a metà strada, vuol dire che il
consumo, cioè il biscotto ideale, deve essere né dolce, né salato: più sei vicino ad
una estremità e più vuoi il salato; più sei vicino all’altra estremità e più vuoi il dolce.
Su una situazione di questo tipo si può avere che consumatori molto vicini al loro ideale di
prodotto sono anche disposti a pagare di più per averlo; e questo ha un equivalente fisico
che corrisponde ad una città lineare: c’è un paese che è localizzato lungo una via
centrale lungo la quale si distribuiscono i consumatori; ogni consumatore è localizzato in
un certo punto di questo segmento; immaginiamo che alle due estremità di questa via
centrale siano localizzati due negozi concorrenti, che vendono la stessa cosa; ogni
consumatore ha una domanda di tipo discreto, cioè compra o non compra, purché il
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prezzo da pagare sia sotto una certa soglia, per cui il problema che ha il consumatore non
è se comprare, ma da chi comprare il paese è il segmento; il segmento è una
dimensione (a volte si usa l’esempio della spiaggia, alle cui estremità sono localizzati due
negozi di gelati).
Il modello di Hotelling, come detto prima, non è un ulteriore modello, ma è un
generatore di domanda: le due funzioni di domanda utilizzate prima le possiamo
immaginare come qualcosa che è stato generato da un qualche tipo di modello di Hotelling
quindi il modello di Hotelling serve solo per generare le funzioni di domanda; dal
momento in cui abbiamo ricavato le funzioni di domanda, si procede come abbiamo
sempre fatto: calcoliamo i profitti in funzione dei prezzi, …
In questo modello, per ricavare la funzione di domanda, è fondamentale capire dove corre
il confine tra un’area di mercato e l’altra; il confine corre in corrispondenza di uno specifico
consumatore, che è il consumatore marginale indifferente, cioè è quel consumatore che
va individuato dove si colloca, e che non sa se andare a destra o se andare a sinistra,
perché quella è la linea di confine: tutti quelli che stanno alla sua destra vanno a destra, e
tutti quelli che sono alla sua sinistra vanno a sinistra, quindi riusciamo a capire come si
divide il mercato.
Un ruolo particolarmente importante in questo modello viene giocato da un parametro, che
nella versione spaziale-geografica del modello viene chiamato costo del trasporto, e che
ha l’equivalente, dal punto di vista di modello virtuale legato alle caratteristiche dei
prodotti, del significato di fatica di adattarsi a comprare qualche cosa che è distante dal
punto in cui siamo posizionati nel modello spaziale può chiamarsi costo del trasporto;
nel modello più generale può essere visto come quanto rigidi, o quanto instabili, possiamo
essere nelle nostre scelte.
Possiamo ipotizzare che i costi di trasporto siano proporzionati alla distanza: vuol dire che
c’è un costo di trasporto t, e se raddoppia la distanza, raddoppia il costo del trasporto
t moltiplicato per la distanza da dove abito e il negozio che sto considerando di volta in
volta è il costo del trasporto totale
t è costante! Cambia solo la distanza.
Per visualizzare graficamente questo modello è utile costruire un grafico doppio, dove
invece di avere un solo asse verticale ne abbiamo due, perché andiamo a considerare due
funzioni: una è la funzione del prezzo lordo che comprende il costo del trasporto che si
riferisce al negozio 1; l’altra funzione è la funzione di prezzo lordo che comprende il costo
79
del trasposto che si riferisce al negozio 2, e ogni negozio ha il suo asse in cui viene
misurato il prezzo:
I punti che stanno nel segmento orizzontale sono punti che hanno una certa distanza
verso destra e una certa distanza verso sinistra; se mettiamo un punto qualsiasi lungo il
segmento orizzontale e tiriamo una linea in verticale, andiamo ad incrociare le due funzioni
le due funzioni mi dicono quanto mi costerebbe (tenendo conto anche del costo del
trasporto) se andassi a comprare al negozio 1 o al negozio 2: il mio problema diventa
trovare qual è il prezzo più piccolo tra i due, cioè il più basso in verticale; e sto assumendo
che questo prezzo minimo sia a sua volta inferiore alla disponibilità a pagare
non sono funzioni di reazione!: non c’è equilibrio di Nash questa volta!
Xm è il punto di incrocio tra le due funzioni che abbiamo costruito: in questo punto
sono indifferente, nel senso che comprare a destra o comprare a sinistra comporta
lo stesso costo
il punto Xm non è a metà!!! È spostato verso destra, perché il negozio 2 applica un
prezzo lievemente superiore, e per far sì che nel punto Xm io sia indifferente bisogna che
il maggior costo all’origine di andare al negozio 2 sia compensato da un risparmio sul
costo di trasporto; ma un risparmio sul costo del trasporto si può avere solo se sono vicino
al negozio 2 rispetto al negozio 1, perché i costi di trasporto sono gli stessi per unità, e
l’unico modo per avere i costi più bassi e avere una distanza minore.
Il punto Xm è un punto importante perché è una specie di confine, è come uno
spartiacque, perché tutti quelli che si trovano a sinistra di Xm vanno nel negozio 1, e quelli
che sono a destra vanno nel negozio 2: siamo interessati a capire quanti vanno da una
parte e quanti vanno dall’altra, e questo dipende da come le persone sono distribuite
all’interno del segmento, cioè qual è la densità di popolazione di una parte rispetto all’altra.
80
L’ipotesi più semplice che possiamo fare è che le persone siano omogeneamente
spalmate e distribuite lungo il segmento questo non è realistico, lo assumiamo per
semplicità.
Se sono spalmati in maniera uniforme, è importante sapere dove si trova questo
“confine”, perché divide il segmento in due parti: a occhio, circa il 70% del segmento si
trova a sinistra, il 30% del segmento si trova a destra. potremmo dire che se N è il numero
di persone presenti, N(0,7) va al negozio 1, mente N(0,3) va al negozio 2; dati dei prezzi
iniziali, dov’è questo misterioso Xm che fa da spartiacque tra quelli che vanno da una
parte e quelli che vanno dall’altra?
Il risultato dipende dai prezzi all’origine e dal costo del trasporto, ma il costo del
trasporto è un dato oggettivo che le imprese non possono influenzare; se cambia
questo dato di partenza potrebbe anche cambiare l’equilibrio
le imprese decidono solo p1 e p2.
Stiamo ipotizzando che le imprese vendano la stessa cosa (stesso gelato, stesso
frigorifero): ma anche se vendono la stessa cosa, applicando prezzi diversi, non è vero
che chi applica il prezzo più alto non vende niente.
Chi continua a comprare al negozio 2? Chi abita vicino! Questi clienti non li perdiamo!
Se per qualche motivo le imprese cambiassero i prezzi, per esempio una delle due lo
alzasse, si modificherebbero le aree di mercato, si modificherebbero le quantità vendute,
ma in generale non perdiamo tutti i clienti.
In questo grafico è stato ipotizzato un aumento del prezzo p1: se aumenta il prezzo p1,
cambia l’intercetta sull’asse del prezzo del negozio 1, non cambia l’inclinazione perché
l’inclinazione è il parametro t (costo del trasporto) che non è cambiato in parallelo ci si
sposta verso l’alto, e troviamo la nuova intersezione X’m
81
Esempio: supponiamo che ci siano 100 consumatori, e Xm=0,7; sapendo che ogni
consumatore compra un’unità del bene, posso dire che 70 consumatori vanno nel negozio
1, e il negozio 1 vende 70 unità. L’altro negozio venderà quindi 30 unità; t è come se fosse
il costo marginale, è un dato; N, numero di consumatori totali, è dato.
Le uniche incognite sono p1 e p2, ed è una funzione di domanda che dice, di fronte a due
generici prezzi p1 e p2, quanto si vende.
Introduciamo un generico costo c, che si intende uguale per tutti e due c’è
simmetria!
83
(𝐩𝟐+ 𝐭 + 𝐜)
p1* =
𝟐
(𝐩𝟏+ 𝐭 + 𝐜)
L’impresa 2, per simmetria, ha una funzione di reazione simile: p2* =
𝟐
(𝐩+ 𝐭 + 𝐜) 1 t+c
quindi: p1 = p2 = 𝟐
p=
2 2
t+c
p= ∗2 p=t+c
2
𝐍𝐭
Il profitto unitario di ogni impresa è t; i profitti aggregati per ogni impresa sono
𝟐
Una volta calcolati i due prezzi possiamo calcolare tutto il resto, per esempio le quantità
vendute, anche se qui è banale perché se i prezzi sono uguali, metà consumatori vanno
da una parte, e l’altra metà vanno dall’altra; e posso calcolare i profitti.
Osservazioni: le imprese di cui stiamo parlando fanno profitti, perché produrre una unità
costa c, ma ogni unità viene venduta al prezzo c + t, quindi il guadagno è t.
Se questo t (profitto unitario) lo moltiplico per le unità vendute (N/2), trovo che i profitti
aggregati sono Nt/2 più è alto N, più consumatori ci sono, e siccome il mercato è diviso
in due parti uguali, più consumatori ci sono, più ciascuna impresa ne riceve.
84
Ogni unità venduta frutta t t non è qualcosa che sceglie l’impresa, ma è il costo del
trasporto; t è sopportato dai consumatori, non dalle imprese; il costo del trasporto è quello
che governa la sensibilità dei consumatori ai differenziali di prezzo:
se t è alto, i consumatori sono abbastanza insensibili a differenze di prezzo; se t
è alto e alzo il prezzo perdo pochi consumatori: questo significa che la curva di
domanda della mia impresa è rigida se l’altro cambia il prezzo e t è alto, la mia
domanda non cambia tanto
se t è basso i consumatori sono molto sensibili al differenziale di prezzo; se t è
quasi zero siamo quasi in Bertrand: basta un centesimo in meno, e tutti vanno dalla
parte dove il bene costa meno la differenza di prezzo incide molto! Se t è basso
vuol dire che la funzione di domanda di ogni singola impresa è molto elastica: se
mi azzardo ad alzare il prezzo rischio di perdere quasi tutti i miei clienti, e ci
avviciniamo al caso di Bertrand con beni omogenei
t = domanda rigida
t = domanda elastica
più è alto il costo del trasporto, più potere di mercato hanno le imprese, e meno
sono reciprocamente influenzabili
più è basso il costo del trasporto, più ci avviciniamo a Bertrand, e tutti vanno da una
parte o dall’altra, basta che ci sia anche un solo centesimo di differenza.
Avere dei costi di trasporto significa che tutti abbiamo in mente un prodotto con una
combinazione ideale di caratteristiche che corrisponde al punto dove siamo collocati
nel segmento; dovendo comprare un prodotto che abbia le mie caratteristiche ideali, mi
adatto!
t è il livello di rigidità psicologica del consumatore, cioè quanto riesco ad adattare le
caratteristiche del prodotto che trovo rispetto alle mie caratteristiche ideali; t è la misura
monetaria del fatto che mi debba adattare a quello che il mercato mi offre, che non è
necessariamente la mia combinazione ideale di prodotto
quello che è disponibile sul mercato ha determinate caratteristiche; io cerco certe
caratteristiche e valuto quanto distante sono dal mio ideale; non è solo sulla base dei miei
desideri che scelgo: da una parte ci sono i miei desideri, e dall’altra c’è il costo
sono disposto ad adattarmi un po’ di più se risparmio in modo significativo? Dipende
dalla mia rigidità psicologica.
Che cosa accadrebbe, in un mercato come questo, se ci fosse un limite superiore, cioè se
ci fosse un limite di prezzo oltre il quale non si può andare?
85
V = limite superiore
V
indifferente
tra comprare
e non
comprare
dobbiamo inserire una terza funzione, e, immaginando che questo limite V sia uguale
per tutti, dobbiamo disegnarlo come una linea orizzontale; questa volta abbiamo 3
alternative che sono: - comprare dal negozio 1
- comprare dal negozio 2 il mercato si divide in 3 spezzoni!
- non comprare
Per valutare quello che mi conviene fare, potrei andare a vedere quanto valgono le 3
funzioni, e la mia scelta sarà guidata da quale tra questi 3 valori è più basso se è più
basso V, non compro!
Nel punto X’’m il minimo è sia V che il prezzo p1 + tp, quindi in questo punto il
consumatore è indifferente tra andare al negozio 1 e non andare (mentre prima Xm
era indifferente tra andare a destra o a sinistra!!!).
Il mercato adesso è diviso in 3 parti:
nel primo spezzone troviamo quelli che vanno a comprare al negozio 1
nel secondo spezzone troviamo quelli che non comprano niente, perché sono
abbastanza lontani dai due negozi, e siccome il costo del trasporto è rilevante, se lo
si considera, non vale la pena comprare
nel terzo spezzone troviamo quelli che vanno a comprare al negozio 2.
Per calcolare X’’m dobbiamo trovare un’equazione come quella di prima:
(𝐕 – 𝐩𝟏) (𝐕 – 𝐩𝟐)
p1 + tX’’m = V X’’m = (X’’m = 1 – )
𝐭 𝐭
Se il segmento è lungo 1, e se il numero totale dei consumatori è N, la domanda del primo
negozio è:
𝐕 – 𝐩𝟏 𝐕 – 𝐩𝟐
D1 = N( ) (D2 = N(𝟏 – ))
𝐭 𝐭
86
C’è però una fondamentale differenza tra la curva di domanda di prima (con Xm) e
quest’ultima (con X’’m): c’è un solo prezzo!
questo è un monopolista, perché c’è una domanda che dipende da un unico prezzo: se
cambia il prezzo, cambia l’area di mercato, ma non tocca l’area di mercato del
concorrente.
In economia questo si chiama monopolista spaziale, ed è come dire che ci sono 2 città,
però l’unico a vendere frigoriferi sono io, e quelli che abitano qui non trovano conveniente
andare a comprare il frigorifero da un’altra parte qui comando io!
Io non sono soggetto alla concorrenza se V è basso sono un monopolista spaziale;
se V aumenta o p1 diminuisce, prima o poi potrei incrociare l’altro negozio.
Nel caso del costo di trasporto: o il costo del trasporto è alto (= il prezzo incide poco), per
cui le persone si adattano con difficoltà a qualcosa di diverso dal loro ideale; oppure il
segmento è più lungo, e i beni sono più distanti.
Ma chi sceglie le localizzazioni?
Immaginiamo di spostare le imprese (i due negozi) dagli estremi (del segmento) verso
l’interno:
pA pB
dA dB
0 A X B 1
dA +dB dA +dB
Rispetto a prima ho ; adesso, se i prezzi sono uguali avrò X = .
2 2
dA +dB
è il punto che sta a metà strada tra dA e dB che non è necessariamente in mezzo al
2
segmento; all’interno di questo sotto segmento è come se fossimo nel vecchio modello di
Hotelling X=1/2 se dA = dB.
A partire da questo mi ricavo la funzione di domanda, che mi permette di definire i profitti:
adesso i profitti dipendono dal mio prezzo e dal prezzo del concorrente; occorre poi
considerare i parametri t, c, dA e dB.
Differenze tra t e c, e dA e dB:
t e c sono dei parametri che l’impresa non controlla; c è il costo di produzione; t è
il costo del trasporto che possiamo interpretare come la fatica che fanno i
consumatori a muoversi, o in senso geografico-spaziale o in senso virtuale (sforzo
di adattamento tra le loro preferenze e quello che trovano disponibile nel mercato)
le imprese non possono controllarli!
dA e dB possono essere controllati dalle imprese: date le due distanze, trovo il mio
equilibrio, quindi il profitto di A dipende dal prezzo di A, che dipende dalle distanze
A e B; e dipende dal prezzo di B, che è funzione delle distanze A e B; poi dipende
direttamente sia dalla distanza A che dalla distanza B
il profitto dipende solo dalla distanza A e dalla distanza B, direttamente o
indirettamente, attraverso il ruolo che queste distanze hanno nel determinare i
prezzi di equilibrio.
Cosa succede se l’impresa A decide di spostarsi verso l’impresa B?
Se i prezzi rimanessero gli stessi, quando l’impresa A si sposta a destra, vedremmo che il
punto di intersezione si sposterebbe verso destra (punto rosso): l’effetto diretto di un
avvicinamento dell’impresa A all’impresa B è quello di un allargamento dell’area di
mercato per l’impresa A, e contemporaneamente una contrazione dell’area di mercato
per l’impresa B
pA pB
dA dB
0 A X B 1
89
Esercizio: Si consideri un mercato che opera sulla base delle ipotesi standard del modello
di Hotelling, con un segmento ipotetico di lunghezza unitaria (=1), sul quale si trovano
collocati 100 consumatori. Le due imprese, che si trovano idealmente alle due estremità,
hanno costi di produzione unitari (costanti) differenti: 6 e 3. Individuare le variabili
rappresentative dell'equilibrio di mercato in funzione del parametro di costo del trasporto t.
Esiste un valore minimo di t, al di sotto del quale una delle due imprese non opererà più.
Qual è questo valore? Assegnando a t questo valore, si ottiene un equilibrio identico a
quello di un modello di Bertrand asimmetrico con beni omogenei? Perché?
p1 p2
1-x
0 xm 1
Negozio 1 Negozio 2
imponendo che i due prezzi siano uguali, posso risolvere (esplicitare) l’equazione rispetto
a xm bisogna vedere dove sono uguali, quindi scrivo l’equazione che identifica xm, cioè
che impone l’uguaglianza tra i due prezzi totali:
P1 + t(x) = p2 + t(1-x) p1 + tx = p2 + t – tx
Osservazione: con x stiamo considerando la distanza dal punto 0, e siccome p1 è il prezzo
del bene prodotto nel punto 0, più ci si allontana dal punto 0, e più si paga un prezzo di
trasporto proporzionato alla distanza. L’altra distanza è scritta come 1 – x, che è la
distanza rispetto al punto 1, questo nel caso in cui il segmento è uguale a 1 se il
segmento fosse uguale a 2, scriveremo 2 – x; se fosse uguale a l (elle), scriveremo l – x.
Vogliamo risolvere questa equazione rispetto ad x; risolvendo rispetto a x troviamo una
funzione che ci dice dove si trova x, dati due generici prezzi:
p1 + t(x) = p2 + t (1 – x) p1 + tx = p2 + t – tx
p2−p1+t t 1
2tx = p2 – p1 + t 𝐗= (2t = 2)
2t
È preferibile riscrivere l’equazione nel modo seguente, perché in questo modo appare più
chiaro qual è il meccanismo che fa spostare x x è la linea di confine tra chi va a destra
e chi va a sinistra
𝟏 𝐩𝟐 − 𝐩𝟏
𝐗= +
𝟐 𝟐𝐭
Se p2 fosse uguale a p1, a fronte di prezzi uguali ognuno va dal produttore più vicino, che
in senso geografico è abbastanza ovvio; in senso virtuale, invece, se si preferisce il
biscotto dolce si va da una parte, se si preferisce il biscotto salato si va dall’altra parte.
Anche se c’è una leggera preferenza per il salato, si va dalla parte del biscotto salato,
perché i prezzi sono uguali (stessa cosa se si ha una leggera preferenza per il dolce).
Se i prezzi sono uguali il problema è dove andare, e non se andare: vado da quello
più vicino
se i prezzi sono diversi, invece, la linea di confine non corre più su ½: se p2 risultasse
un po’ più grande di p1, la linea di confine si sposta a destra, e più del 50% dei
consumatori va al negozio 1, dove il prodotto costa meno; tuttavia, non tutti i
consumatori vanno dove costa meno: qualche consumatore molto vicino al punto 1 va al
punto 1 e paga un prezzo più alto, perché ha la distanza minore.
Viceversa se fosse p1 maggiore di p2.
Nel nostro caso abbiamo al numeratore p2 – p1, e al denominatore abbiamo 2t vuol
dire che, a parità di differenziale di prezzo, lo spostamento del confine sarà tanto più
92
ampio quanto più piccolo sarà t t è il costo del trasporto, e lo possiamo interpretare
come lo sforzo di adattamento per comprare il biscotto che non è del gusto ideale, oppure
la strada che si deve percorrere; allora la questione fondamentale è quanto pesa fare un
po’ più di strada, quanto pesa comprare un biscotto che non corrisponde al gusto ideale:
se pesa poco, allora basta anche una minima differenza di prezzo per andare
dove costa meno si è molto sensibili ad una variazione di prezzo
se pesa molto, il denominatore è alto, e i prezzi non sono così importanti; si crea
sempre uno spostamento, ma è uno spostamento più ridotto, perché in questo
caso la distanza è molto importante, e c’è minore capacità di adattamento.
Quando abbiamo trovato x, cosa abbiamo effettivamente trovato? La curva di domanda?
No!, perché x misura la distanza (metri, km.), e la domanda misura le unità di prodotto.
Ma x, siccome l’intero segmento è lungo 1, oltre a misurare la distanza, misura anche
la percentuale del segmento, o di domanda complessiva, che è coperto dal
consumatore localizzato in un punto di questo segmento; per esempio, se i prezzi
fossero uguali, e il segmento fosse lungo 1 km., 0,5 vorrebbe dire che a 500 metri di
distanza troviamo il consumatore indifferente; però si può anche interpretare come 50%
dei consumatori va a destra, e l’altro 50% va a sinistra.
Quindi x non è la domanda, ma è la frazione di consumatore relativa al consumatore
con il prezzo p1, quello localizzato sullo 0; per avere la domanda (D1 = q1) dobbiamo
moltiplicare x per 100 (100 = numero di consumatori)
𝟏𝟎𝟎 p2 − p1
𝐃𝟏 = 𝐱 = 50 + 50
𝐥 t
Che si può scrivere anche:
50 50
q1 = 50 − p1 + p2
t t
50 50
q2 = 50 − p2 + p1
t t
Abbiamo scritto la funzione di domanda in questo modo perché così risulta più evidente la
similitudine con le due funzioni di domanda trovate prima; si può notare che i prodotti sono
differenziati, e hanno la caratteristica che la quantità che si vende dipende negativamente
dal proprio prezzo, ma positivamente dal prezzo dell’altro (il concorrente).
C’è una differenza rispetto alle curve di domanda trovate prima: il coefficiente che
moltiplica il proprio prezzo (= l’effetto su ogni bene) è diverso dall’altro, è più alto
(dovrebbe essere più alto); infatti, se si alzano tutti e due i prezzi insieme, le curve di
domanda non cambiano, perché le due quantità vendute q1 e q2 sono esattamente quelle
di prima.
Questo è dovuto un po’ alla particolarità del nostro problema: se aumentano i prezzi, la
gente comunque compra, e se i prezzi sono aumentati proporzionalmente un po’ di
consumatori andranno fuori a destra e un po’ a sinistra, ma alla fine non è successo
niente. Questa è la differenza rispetto al modello più realistico che avevamo visto prima.
Sulla base di quello che abbiamo ottenuto si può procedere come sempre fatto in
precedenza, ed è in questo stadio che entrano in gioco i costi differenti, cioè 6 e 3.
Come detto prima, il modello di Hotelling è un generatore di domanda: prima le curve di
domanda ci venivano date, ora le abbiamo ricavate; una volta ricavate, per capire dov’è
l’equilibrio, procediamo come prima, cioè scriviamo i profitti e poi, come abbiamo sempre
fatto, troviamo p1 e p2:
50 50 50 50
𝛑𝟏 = (p1 − 6) (50 − p1 + p2) 𝛑𝟐 = (p2 − 3) (50 − p2 + p1)
t t t t
π1 100 50 300 π2 100 50 150
= 50 − p1 + p2 − =𝟎 = 50 − p2 + p1 − =𝟎
p1 t t t p2 t t t
100 50t + 50p2 + 300 100 50t + 50p1 + 150
p1 = p2 =
t t t t
50t + 50p2 + 300 50t + 50p1 + 150
𝐩𝟏 = 𝐩𝟐 =
100 100
funzioni di reazione
Quelle ottenute sono le due funzioni di reazione che dobbiamo mettere a sistema per
trovare p1 e p2: sono speculari tranne una costante che è 300 nella prima, e 150 nella
94
seconda, che significa che, a parità di tutto il resto, il prezzo p1 tende ad essere più alto
del prezzo p2 tende ad essere più alto perché ci sono costi pari a 6
Ricordiamoci che i costi di produzione sono 6 per p1, e 3 per p2; quindi il profitto unitario
per unità venduta è la differenza tra i due prezzi; osserviamo che i prezzi sono entrambi
funzioni crescenti di t: questo è il tipico risultato che abbiamo nei modelli come questo,
perché t rappresenta il costo del trasporto; se prendiamo un grafico come quello illustrato
a pagina seguente e aumentiamo t, le due funzioni si alzano come dei ponti levatoi e
trovano l’intersezione in un punto più elevato: se i costi marginali fossero uguali il
problema sarebbe simmetrico, e i prezzi a posteriori devono essere uguali.
Siccome sappiamo che finiranno per essere uguali, sappiamo anche che comunque 50%
dei consumatori vanno da una parte e l’altro 50% va dall’altra; il problema è che se t è
alto, i prezzi tendono a salire, e quindi le imprese fanno molti più profitti; qual è il senso di
questa cosa? t misura dal punto di vista geografico il costo del trasporto; dal punto di
vista logico misura quanto è difficile adattarsi: più alto è il costo del trasporto, più è difficile
adattarsi, più è importante che un bene sia differenziato rispetto ad un altro e più
importante è essere vicini o lontani rispetto alla possibile varietà; quindi ognuno (ogni
bene) è più differenziato agli occhi del consumatore.
Otterremmo esattamente lo stesso risultato se il costo del trasporto lo prendiamo come
dato, ma la distanza del segmento invece di essere 1 è l (elle); se rifacciamo tutti i
passaggi e lasciamo l non specificato, otteniamo un risultato molto simile: più alto è l, più
si allunga il segmento, più si alzano i prezzi, perché più si allunga il segmento e più i beni
95
sono differenziati, più sono distanti. Allora ci sono due modi equivalenti di aumentare la
distanza: uno è aumentare la distanza; l’altro è aumentare il costo del trasporto: la
distanza è sempre quella, ma economicamente è più costoso quello che conta è il
trasporto, quindi: costo + t * distanza.
Più sei differenziato e più la competizione viene ammorbidita.
Esiste un valore minimo di t al di sotto del quale una delle due imprese non opererà
più: se alzo t è come se il ponte levatoio andasse su (i prezzi salgono); se abbasso t il
ponte levatoio scende (i prezzi scendono), ma un prezzo parte da 5, e l’altro parte da 4:
quello che parte da 5 ha costi di produzione più elevati, quindi deve coprire i costi.
Se t fosse zero, è come se avessimo un prodotto omogeneo: tutti e 100 i consumatori
vanno dove costa meno, e basterebbe anche una piccola differenza; e allora se t fosse
zero accadrebbe che tutti i consumatori andrebbero dove costa di meno, e chi ha il
costo più basso applica il costo marginale del concorrente meno ε
p2 sarebbe uguale a 6, e p1 non opererebbe più!
Naturalmente questo poi in ogni caso dovrebbe coprire i costi, per cui non serve arrivare a
zero:
p1 p2
1-x
0 xm 1
Negozio 1 Negozio 2
Abbiamo queste due linee diagonali (i prezzi): una parte più bassa e una parte più alta; se
queste si abbassano si sposta il confine, e si sposta verso quello che applica il prezzo più
basso; ad un certo momento però si arriverà ad una situazione come questa:
p1 p2
Questo avviene quando il prezzo che paga chi è localizzato a sinistra, quando si rivolge
dall’altra parte, è uguale al prezzo p2; il prezzo che paga uno che si trova a destra è p1 +
t, che deve essere uguale a p2
96
Temi di discussione:
Il modello di Hotelling potrebbe essere formulato anche in uno spazio bidimensionale, o di
dimensione superiore.
Per quanto riguarda lo spazio geografico vuol dire che invece di abitare in una città lineare
siamo in uno spazio in bidimensione; per quanto riguarda l’equivalente virtuale, vorrebbe
dire che, invece di considerare una sola caratteristica, ne consideriamo due. Per esempio,
nel caso di un’auto, una caratteristica è il colore chiaro o scuro, e una sono gli interni:
questo vuol dire essere bidimensionali; essere posizionati in un punto per un consumatore
è volere una determinata combinazione di dolce o salato; nell’esempio è voler cercare una
macchina di un certo colore con certi interni, cioè due caratteristiche; si cerca sul mercato
delle auto, che avranno un proprio colore, un proprio tipo di interni, e allora la distanza
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misura quanta fatica fai ad adattarti, ma è una distanza che dipende da due cose, e quindi
invece di stare su una linea stiamo su un piano (bidimensionale). Le aree di mercato,
invece di essere tendenzialmente dei segmenti, sarebbero dei cerchi intorno ad un punto.
Nel modello di Hotelling si potrebbero considerare tre imprese.
Per esempio potremmo averne una posizionata in mezzo alle altre due, e allora il mercato
si ripartirebbe in questo modo:
Xm1 Xm2
Il mercato si ripartirebbe in 3 parti: quelli a sinistra vanno a sinistra, quelli a destra vanno a
destra, e quelli al centro vanno dal produttore centrale. Sarebbe un po’ più complicato
perché dovrei trovare 2 consumatori marginali indifferenti (xm1 e xm2): uno indifferente a
destra, e uno indifferente a sinistra.
Nel modello di Hotelling si potrebbe considerare che i consumatori hanno un prezzo di
riserva massimo.
Il prezzo di riserva massimo è un prezzo sopra il quale non compra nessuno; il prezzo
rilevante è il prezzo totale comprensivo del costo di trasporto, quindi ci potrebbe essere
un limite superiore (p ) e quando il consumatore fa una scelta ha anche qui due
alternative: adesso il problema è costa meno a destra o costa meno a sinistra? Se c’è un
prezzo di riserva massimo, costa di meno a destra, a sinistra, o non comprare niente? Non
comprare niente è come pagare il prezzo massimo di riserva; e graficamente
succederebbe una cosa di questo tipo: ci sarebbero tre segmenti, i blu vanno a sinistra e i
viola vanno a destra; e quelli in mezzo sono troppo distanti e non sono disposti a pagare il
prezzo relativo alla distanza per raggiungere uno dei due avremo ancora una volta un
mercato diviso in tre spezzoni:
98
I due produttori in questo caso sono in competizione? No!, essere in competizione vuol
dire che tu percepisci l’impatto delle scelte dell’altro, che la qualità che tu vendi dipende
dal prezzo dell’altro: questo non si verifica in questo caso, perché le due aree di mercato
sono disgiunte se uno abbassa il suo prezzo, la linea diagonale scende e il mercato si
espande, quindi succede quello che normalmente accade anche in monopolio.
Prima uno poteva espandersi nella zona dell’altro; adesso sono staccati, e sono
monopolisti locali (monopolisti spaziali).
Nel caso di cui sopra, le imprese potrebbero avere mercati disgiunti e non essere in
concorrenza.
Sono monopolisti locali (monopolisti spaziali): se uno dei due cambia il prezzo, cambia la
sua area di vendita, ma non va ad intaccare l’area di mercato del concorrente.
Il modello di Hotelling potrebbe essere esteso, mettendo in discussione le scelte di
localizzazione delle imprese.
Siamo partiti dal modello che un’impresa è localizzata sullo zero e l’altra sull’1; se noi
pensiamo all’equivalente spaziale, possiamo dire di aprire un negozio, ma decidiamo noi
se all’inizio o alla fine del paese, o a metà. Quindi è abbastanza evidente che la
localizzazione la decidono le imprese, e allora torniamo al solito discorso: la localizzazione
viene scelta inizialmente, e dopo che è stata scelta richiede del tempo prima di essere
rivista; oppure le caratteristiche del prodotto: c’è il lancio del prodotto, che poi viene
codificato, e molto lentamente può poi essere modificato.
È un caso che le due imprese siano localizzate alle due estremità? O una delle due
preferirebbe muoversi verso il centro? La risposta non è così ovvia, perché ci sono due
forze in contrapposizione: se tengo i prezzi fissi e mi sposto verso il centro, spostandomi
verso il centro da solo allargo la mia area di mercato se i prezzi restano fissi,
muovendomi verso il centro sposto il punto dove si incontrano le due funzioni (lo sposto
più lontano da me), quindi la mia area di mercato aumenta; quelli che sono alle mie spalle
comunque vengono da me, perché resto sempre il più vicino dei due per loro, quindi vado
a conquistare un mercato senza perdere quello alle mie spalle.
Questo tipo di modello è stato utilizzato per spiegare perché nei modelli politici bipolari,
dove abbiamo democratici con repubblicani, laburisti con conservatori, le piattaforme
politiche tendono a convergere verso l’elettore mediano, verso l’elettore centrista, verso
l’elettore moderato, rendendo sempre più distinguibili i programmi elettorali dei partiti.
Questo funziona bene, però, solo se ci sono due compagini, perché se sei all’estrema
sinistra e vuoi conquistare l’elettore di centro, e ti sposti verso il centro, presto o tardi sei
99
L’incognita x, essendo distanza, rappresenta metri, km, miglia, ecc.; che poi il segmento
sia lungo 1, e quindi interpretiamo x come percentuale, è un altro discorso x non è la
domanda; dobbiamo moltiplicarlo per la quantità complessiva quantomeno se i
consumatori sono spalmati uniformemente, perché se non lo sono dovremo calcolare un
integrale: occorre fare l’integrale della distribuzione da zero a x, per capire quanti ce ne
sono.
Per ricavare la domanda di ciascuna impresa bisogna considerare sia la densità dei
consumatori sia la lunghezza del segmento.
(L’abbiamo appena detto) se abbiamo x che rappresenta la distanza, bisogna vedere se le
imprese sono uniformemente distribuite, perché se sono più addensate nella parte destra,
anche se x fosse ½ non è detto che sia 50%, potrebbe essere di più del 50%, se la
distribuzione è asimmetrica.
A B
Questa è una situazione in cui uno dei due prezzi è inferiore all’altro: in una situazione di
questo tipo, tutti vanno al negozio B, perché anche se il costo di trasporto di B incide di
più rispetto al negozio A, comunque il prezzo che applica B è sempre minore rispetto al
prezzo applicato da A.
È falso, perché a fronte di differenze significative di prezzo è possibile che tutti i
consumatori si rivolgano ad un solo negozio i consumatori preferiscono una certa
impresa piuttosto che un’altra.
Nel modello di Hotelling un allungamento del segmento, alle cui estremità si trovano le
due imprese, equivale ad un aumento del parametro di costo del trasporto t.
“equivale” vuol dire che le conseguenze nell’equilibrio sono le stesse se aumento t o
allungo il segmento
101
VERO: t è la quantificazione dello sforzo di adattamento; quello che conta dal punto di
vista del consumatore è p + td: il prezzo del trasporto è determinato da due componenti,
che sono il costo per unità coperta e la distanza; se allungo il segmento, aumenta la
distanza media percorsa.
Nel modello di Hotelling un allungamento del segmento può essere interpretato come un
aumento del grado di differenziazione del prodotto.
VERO: se i negozi fossero localizzati tutti e due al centro, vorrebbe dire che entrambi
producono la stessa cosa; più si allontanano, più la competizione diventa meno estrema,
perché quello che produce l’uno è molto diverso da quello che produce l’altro; quindi l’uno
ha più potere di mercato e discrezionalità quando sceglie il prezzo
quando allungo il segmento aumento la distanza nelle caratteristiche.
consumatori consumatori
che non che non
comprano comprano
A B A B
102
DIFFERENZIAZIONE VERTICALE
La differenziazione ha a che fare con caratteristiche tipiche del prodotto, ma che a
priori possono dirsi migliori o peggiori di altre; o meglio, ciascun individuo può valutare una
certa caratteristica come più o meno positiva differenziazione orizzontale, sullo
stesso piano; la differenziazione verticale invece valuta le caratteristiche del prodotto
“più in alto o più in basso”, rispetto ad altre caratteristiche che hanno la proprietà di
essere universalmente valutate come desiderabili, e che possono essere etichettate
globalmente come qualità qualità vuol dire tantissime cose, ma tutti desideriamo avere
più qualità! Questa è la differenza fondamentale: mentre ad alcuni può piacere un colore
piuttosto che un altro, o un gusto piuttosto che un altro, sulla qualità siamo tutti
d’accordo.
Poi, di volta in volta, qualità può voler dire, per esempio nel campo dei trasporti, la
puntualità media, il confort, la velocità, il tipo di materiale con cui il mezzo è costruito; o nel
campo dei computer, potrebbe essere la velocità del processore, la densità degli pixer
dello schermo, ecc. Siamo tutti d’accordo che tutti vogliamo più qualità, così come siamo
d’accordo che se tutti possiamo farne a meno, tutti possiamo farne a meno.
La differenziazione è per noi economicamente rilevante solo nella misura in cui questa
differenziazione si associa alla differenziazione dei gusti delle persone: nel modello di
Hotelling, se tutti vogliono il biscotto dolce, o la penna di uno stesso colore, la
caratteristica della qualità è irrilevante la caratteristica è rilevante solo se alla
caratteristica si contrappone una differenza di “gusti” delle persone.
La differenziazione allora non è dire quanta qualità o quanta non qualità c’è in un prodotto,
ma quanta importanza si associa alla qualità, cioè quanto peso si dà alla qualità:
questo è fondamentalmente la chiave di volta, cioè il parametro, che fotografa le
caratteristiche giudicate rilevanti dal consumatore mentre nella differenziazione
orizzontale era una combinazione ideale di caratteristiche, nella differenziazione verticale
è il peso, l’importanza, che si dà alla qualità.
Nel sviluppare il modello di differenziazione verticale si segue una strategia molto simile a
quella di Hotelling: per esempio, tutti i consumatori sono associati a un goal del parametro;
nel vecchio modello di Hotelling questo parametro era la localizzazione, che dal punto
di vista geografico era il luogo dove il consumatore si trovava, mentre dal punto di vista di
generalizzazione del concetto è quell’insieme di caratteristiche che l’individuo considera
ideali. Lo sforzo per adattarsi ad un qualcosa che non corrisponde al proprio ideale, lo
103
interpretiamo come una specie di costo di trasporto per la distanza che si deve
percorrere, che non è una distanza fisica, ma virtuale.
Nella differenziazione verticale, invece, ogni individuo è associato ad un peso, quindi noi
immaginiamo di avere a che fare con un parametro, che chiamiamo “v” (ma potrebbe
essere chiamato z, Pippo, Pluto o Paperino), che è soggettivo per ogni individuo (è diverso
a seconda del soggetto a cui è associato) ognuno di noi, a livello inconscio, attribuisce
un valore relativo alla qualità, e questo valore occorre in qualche modo quantificarlo, così
come immaginiamo che la dimensione qualità possa essere anch’essa quantificabile; per
esempio, il numero di pixel per pollice dello schermo del pc: più alto è il numero di pixel,
più alta è la qualità; percentuale di treni arrivati in orario possiamo misurare la
qualità! Abbiamo una qualità, che una volta definita siamo in grado di misurare: l’individuo
si trova di fronte ad un certo numero di alternative.
Come nel modello di Hotelling andavamo a selezionare quello che costava meno, perché
l’ipotesi in origine era che il bene fosse uguale, adesso scegliamo l’alternativa che ci
garantisce un maggior grado di soddisfazione la soddisfazione che otteniamo
dall’acquisto (o potenziale acquisto) di un bene nasce dalla combinazione tra qualità e
prezzo:
se mi danno più qualità sono più contento
se mi danno un prezzo più basso sono più contento.
Ma di fronte a due alternative, è meglio prendere quella che costa tanto ed è buona; o
quella più scarsa che costa meno? La risposta dipende di volta in volta dal parametro v
(z): v è la misura di quanto incide la qualità rispetto al prezzo è un peso!:
se v è basso, preferisco risparmiare: la qualità per me è importante, ma non è tutto
se v è alto, tengo molto alla qualità, e spendo di più per averla.
Nel modello di Hotelling le alternative erano due: o si andava a destra, o si andava a
sinistra; qui invece consideriamo tre alternative, perché inseriamo una possibilità che
nel modello di Hotelling avevamo escluso in un primo momento, e cioè la possibilità che
non si compri niente.
Nel modello di Hotelling ci siamo chiesti che cosa succede se, per esempio, ci fosse un
prezzo massimo, oltre il quale gli individui rinunciano a comprare, e nel grafico abbiamo
visto che risultava una specie di tetto; il nostro problema graficamente era di trovare, dato
un punto qualsiasi del segmento, quali delle tre funzioni era la più bassa, perché il nostro
problema era un problema di minimizzazione del costo soprattutto se non c’è un prezzo
104
U (q, p) = vq – p
questa funzione è positiva in q (da adesso in poi q è la qualità! Si può chiamare anche s),
cioè il grado di qualità associato ad uno specifico bene; è negativa in p, cioè il prezzo
l’utilità dipende positivamente dalla qualità e negativamente dal prezzo
la derivata di U rispetto a q (utilità marginale della qualità) è v.
Naturalmente l’utilità dipende dal tipo di bene che stiamo considerando, perché ogni bene
ha un suo grado di qualità e un suo prezzo; se abbiamo un certo numero di beni,
possiamo considerare i vari beni, valutare questa utilità alla luce di un certo parametro v
che è nostro soggettivo, e andremo a scegliere tra tutte le alternative quella che ci dà
l’utilità più alta questa volta il problema non è quello di trovare la funzione più bassa,
ma sarà quello di trovare la funzione più alta, cioè quella che ci dà maggiore utilità,
tenendo presente che in questo caso dobbiamo anche considerare un’opzione in più che è
quella di non comprare niente; allora, per convenzione, mettiamo che l’utilità minima è
uguale a zero, che significa che c’è una specie di utilità minima per cui per un q e un p
scelti a caso questa espressione potrebbe benissimo risultare negativa U = 0.
Invece v pretendiamo che sia positivo: deve essere positivo!, perché altrimenti veniamo
meno al principio che valutiamo la qualità perché positiva; se fosse negativa vuol dire che
più ho qualità e meno mi interessa, e questo non è possibile. V è quindi un parametro
positivo, e noi immaginiamo di avere davanti a noi una popolazione di individui, ognuno
105
dei quali con il suo v, per cui possiamo dire che la popolazione è distribuita all’interno
di un intervallo da un v minimo ad un v massimo, esattamente come facevamo con
Hotelling.
Qui però dobbiamo stare un po’ più attenti: in Hotelling avevamo una scala lineare, e
quindi potevamo “normalizzare” la distanza complessiva con il numero 1; qui in generale
non c’è nessun motivo per cui v debba distribuirsi tra 0 e 1, anzi!: il fatto che ci siano degli
individui che hanno un v = 0, o un v vicino a zero vorrebbe dire che siamo di fronte a
delle persone a cui della qualità non frega niente! Quindi è preferibile vedere un parametro
v che va da un minimo che non è zero, per esempio 1; e un massimo che può essere 3, 4,
ecc. è molto più logico pensare che v sia diverso da zero.
Come abbiamo fatto con Hotelling, immaginiamo che gli individui siano uniformemente
distribuiti: se ci sono 100 individui distribuiti in un segmento lungo 3, significa che ci sono
50 individui distribuiti tra 1 e 2, e 50 distribuiti tra 2 e 3 (= uniformemente distribuiti); ovvio
che non è necessario avere gli individui distribuiti in modo uniforme, e probabilmente non
lo saranno: ci potrebbe essere una distribuzione di tipo normale (tipo normale perché la
distribuzione normale va da – infinito a + infinito), valutata da 1 a 3. Dobbiamo capire
quanta gente c’è all’interno dell’intervallo e calcolare un integrale: se so come sono
distribuiti gli individui all’interno del segmento, una volta che ho diviso il segmento in aree
di mercato, come abbiamo fatto per Hotelling, e ho quindi definito gli intervalli, per capire
quanta gente c’è in ogni intervallo dovrei fare un integrale indefinito dal v piccolo al v
grande (ma questo non lo facciamo perché non è la nostra preoccupazione!).
Come per Hotelling, anche per la differenziazione verticale c’è una traduzione grafica del
problema:
v min v max
non comprano comprano
comprano bassa alta
niente qualità qualità
v* v**
106
le rette tracciate nel grafico indicano l’utilità che un individuo trae in corrispondenza di uno
dei due beni, o in corrispondenza dell’opzione zero.
L’individuo è associato ad un punto; graficamente, se vogliamo capire che cosa deve fare
l’individuo è come se tracciassimo una linea in verticale (a dove è posizionato l’individuo),
e andassimo a vedere dove questa linea verticale incrocia le tre funzioni: la prima funzione
è l’incrocio della linea con la retta verde; la seconda è l’incrocio della linea con la retta
viola; e la terza è l’incrocio della linea con l’asse orizzontale (ascissa) la funzione più
alta è quella che passa per l’incrocio della linea tracciata con la retta viola, per questo
individuo.
La linea orizzontale corrisponde all’opzione zero (ascissa), e questo significa che gli
individui che stanno (= gli individui che possiedono un loro parametro soggettivo) nel
segmento delineato dalla parentesi graffa verde (da vmin a v*), hanno un parametro
soggettivo sufficientemente basso: sono gli individui che non comprano niente, perché
il loro parametro di valutazione della qualità è molto basso non sono persone disposte
a pagare per la qualità, e quindi a quei prezzi preferiscono non comprare niente piuttosto
che comprare uno dei due beni.
Il pezzo di segmento delineato dalla parentesi graffa fucsia (da v* a v**), rappresenta
coloro che preferiscono comprare in beni di bassa qualità; e invece gli individui che
hanno il loro parametro compreso nel segmento delineato dalla parentesi graffa bluette
(da v** a vmax) sono quelli che sono disposti a pagare di più, perché a fronte di un prezzo
più alto riconoscono una qualità maggiore del prodotto (comprano alta qualità).
Possiamo anche immaginare che lo stesso individuo, a seconda delle circostanze, possa
trovarsi in una situazione piuttosto che in un’altra: mentre ad uno piace di più il blu anziché
il rosso, possiamo avere un parametro v che dipende dal contesto, invece che dalle
caratteristiche fisiche del prodotto: se viaggio per turismo preferisco risparmiare
viaggiando in classe turistica, mentre se viaggio per affari preferisco la comodità della
business class; quindi, anche uno stesso individuo potrebbe avere un v che cambia a
seconda del momento o del contesto della scelta.
Una volta che abbiamo verificato questa funzione, e abbiamo trovato questi bordi delle
aree di mercato, qualunque modifica del prezzo sposta la funzione corrispondente;
per esempio, un eventuale abbassamento del prezzo del bene di alta qualità farebbe
spostare verso l’alto la corrispondente funzione (retta viola), e chiaramente si
sposterebbero le aree di mercato, esattamente come eravamo abituati con Hotelling; e, in
particolare, l’intersezione che prima si trovava tra la linea verticale e la retta verde, ora si
107
trova tra la linea verticale e la retta viola. Questo significa che il fatto che il bene di alta
qualità venga proposto ad un prezzo più basso permette di conquistare dei nuovi equilibri,
guadagnando individui che prima compravano bassa qualità, ma per i quali la qualità è
comunque abbastanza importante, e che sono invogliati a comprare beni di alta qualità ad
un prezzo scontato.
Si creano delle dinamiche simili a quelle di Hotelling, nel senso che ci sarà una domanda
di bene di alta qualità che sarà sensibile al suo prezzo, per cui se si aumenta il prezzo si
perdono clienti, ma non li si perde tutti; se si abbassa il prezzo si acquisiscono clienti, ma
non li si acquisisce tutti di fronte alla variazione del prezzo ci sono degli individui
che cambiano la propria decisione; ma ci sono anche degli individui che
confermano la propria decisione.
Se alzo il prezzo del bene di alta qualità non perdo tutti i miei clienti, perché ci saranno
tra i vari clienti quelli che valutano così tanto la qualità che non saranno sicuramente
contenti di vedere che il prezzo è salito, ma questo comunque rappresenta sempre la
migliore alternativa possibile per l’acquisto del bene di alta qualità.
Se tutto questo lo vediamo a livello di equilibrio, possiamo fare dei ragionamenti molto
simili a quelli che abbiamo fatto con Hotelling, e prima ancora con il caso della capacità,
cioè prima le imprese determinano la caratteristica del prodotto come prima si
determinavano le capacità; in questo caso le caratteristiche del prodotto sono quanta
qualità deve avere il prodotto (non se è rosso o se è blu, ma l’idea è sempre la stessa), e
una volta che le caratteristiche sono state decise, in un momento successivo, quando
queste caratteristiche non potranno più essere modificate, si innesca una competizione.
La competizione è sempre una competizione che noi interpretiamo come gioco
simultaneo, dove vengono scelti i prezzi, quindi è sempre un modello di Bertrand con
beni differenziati.
La logica è sempre la stessa: io scelgo il mio prezzo massimizzando i miei profitti, tenendo
conto della curva di domanda che è implicita; non posso influire sul prezzo dell’altro, quindi
ho una mia funzione di reazione che mi dice quale è il mio miglior prezzo rispetto al prezzo
dell’altro; l’altro fa il mio stesso identico ragionamento, e l’equilibrio è quella
combinazione di prezzi che si giustifica reciprocamente il mio prezzo si giustifica
dato il tuo, e il tuo prezzo di giustifica dato il mio.
Volendo risalire alle caratteristiche bisognerebbe fare un ragionamento come quello fatto
per la capacità: risolvere il gioco per delle caratteristiche qualitative che non definiamo,
108
sapere dove si andrà a parare una volta che ci sarà la competizione, e infine scegliere
simultaneamente le caratteristiche.
Esempio: supponiamo che ci siano 2 produttori che offrono un solo tipo di prodotto;
un’impresa produce un bene di alta qualità, e l’altra produce un bene di bassa qualità
le imprese scelgono le caratteristiche fisiche, ma anche il livello di qualità; una volta che
il livello di qualità è scelto, sono fissate le specifiche di prodotto, e non vengono messe in
discussione (= non vengono cambiate). Indichiamo la qualità con s (invece che con q); e il
parametro soggettivo, che indica il peso dato alla qualità con z (invece che con v)
Immaginiamo che la qualità del bene offerto dall’impresa 2 sia superiore alla qualità del
bene offerto dall’impresa 1: s2 > s1 la qualità è misurabile!
Abbiamo 3 alternative:
acquisto un bene di alta qualità: qualità s2 pagando p2; U = z*s2 – p2
acquisto un bene di bassa qualità: qualità s1 pagando p1 U = z*s1 – p1
non acquisto niente: per semplicità assumiamo che, se non compro niente, l’utilità
che ottengo è zero U = 0.
L’utilità è del tipo U (s,p) = zs – p; s1 = 1 s2 = 3 p1 = 1 p2 = 5
Dobbiamo determinare z, e per farlo dobbiamo confrontare (=) le due utilità: l’utilità
dell’impresa 1 e l’utilità dell’impresa 2
z3 – 5 = z1 – 1 z*(3 – 1) = 5 – 1 2z* = 4 z* = 2
U1 = 1*1 – 1 = 0 U2 = 1*3 – 5 = -2 posso avere utilità negative!
Se ho un prezzo elevato e uno z basso basta poco per ottenere un’utilità negativa!
Scelgo l’alternativa corrispondente al bene di bassa qualità, perché è quella che mi dà
maggiore utilità (0 > -2).
Ogni consumatore farà determinate scelte, e intuitivamente se z è molto basso non
compra; se z è molto alto compra il bene di alta qualità; a metà strada potrebbe esserci
una situazione intermedia in cui prende il bene di bassa qualità.
Lo z è l’equivalente nel modello di Hotelling della localizzazione del consumatore: in
Hotelling ogni consumatore si trovava in un certo punto, e quel punto lo caratterizzava; ora
abbiamo un parametro soggettivo che dice quanto peso dà ogni consumatore alla qualità.
(z = v)
Vmin Vmax
0 1
consumatori consumatori consumatori
che non che comprano che comprano
comprano bassa qualità alta qualità
niente
Per capire cosa fare mi colloco ad un certo z, tiro una linea verticale (linea rossa), e
guardo quale delle 3 funzioni è maggiore: se la funzione più alta è associata al bene di alta
qualità, mi conviene acquistare il bene di alta qualità.
La domanda dell’impresa 2, in funzione delle due qualità e dei due prezzi, è:
p2 −p1 (p2 −p1 )
D2 (p1,p2) = N (1 – z) z= D2 (p1 , p2 ) = N (1 − (s2 −s1 )
)
s2 −s1
z*s1 – p1 = 0 z* = p1/s1
p1
lo z* di cui ho bisogno è :
s1
più alto è p1, meno gente compra bassa qualità, e più gente compra niente
più alto è s1, meno gente compra niente, e più gente compra bassa qualità.
La domanda dell’impresa 1 è:
(p2 −p1 ) p1
D1 (p1,p2) = N (1 – z – z*) D1 (p1 , p2 ) = N ( − )
(s2 −s1) s1
La differenza tra i due z mi dà la curva di domanda di chi vende beni di bassa qualità, e
anche in questo caso è funzione dei due prezzi:
se aumento il prezzo perdo cliente, ma non tutti
se abbasso il prezzo guadagno clienti: alcuni di questi strappandoli al mio
concorrente; e nel caso del bene di bassa qualità, ne strappo anche qualcuno di
quelli che prima non compravano niente.
Le funzioni di profitto sono:
(p2 −p1 ) p1 (p2 −p1 )
π1 (p1 , p2 ; s1 , s2 ) = N ( − ) p1 π2 (p1 , p2 ; s1 , s2 ) = N (1 − ) p2
(s2 −s1) s1 (s2 −s1)
z - z*
In questo esempio, i costi marginali sono uguali a zero per entrambi i beni (per semplicità
di calcolo), quindi produrre il bene di alta qualità non costa di più che produrre quello di
bassa qualità: questo significa che i profitti coincidono con i ricavi, ma la logica è
sempre la stessa si prende il profitto, si deriva rispetto al prezzo che controlla l’impresa
corrispondente, e si ottiene la funzione di reazione:
1 s 1
p1 = ( 1) p2 p2 = (p1 + s2 − s1 )
2 s 2 2
No!, perché i costi di produzione sono zero per entrambi: è una scelta strategica che fa
l’impresa deve associare un prezzo più alto quando la qualità è più alta
osserviamo anche che il prezzo p2 è crescente in s2, e il prezzo p1 è crescente in s1;
quindi all’aumentare della qualità, aumenta il prezzo.
Qui abbiamo 2 individui: il primo individuo si trova indifferente tra comprare beni di bassa
qualità e non comprare niente; il secondo individuo è indifferente tra comprare beni di
bassa qualità e comprare beni di alta qualità voglio trovare quel valore di v che rende
indifferenti tra un’alternativa e l’altra alternativa; nel modello di Hotelling le alternative
erano 2, qui le alternative sono 3; quindi abbiamo 2 confronti su 3 alternative possibili.
Quello che va a demarcare la seconda linea di confine è un individuo che si trova
indifferente tra comprare beni di bassa qualità e beni di alta qualità.
Se un individuo non compra niente, per le ipotesi che abbiamo fatto ottiene un’utilità pari
a zero U = 0
Se un individuo compra un bene di bassa qualità, allora a avrà un suo v, che in questo
caso è v*:
0 = v*1 – 2 v* = 2 i consumatori non comprano niente, perché l’utilità è 0
Una volta individuati questi due valori critici ho segmentato il mio mercato perché posso
dire: tutti quelli che hanno il parametro inferiore a 2 non comprano niente; tutti quelli che
hanno il parametro compreso tra 2 e 4,66 comprano un bene di bassa qualità; tutti quelli
che hanno un parametro compreso tra 4,66 e 10 comprano un bene di alta qualità. Ma
quanti sono?: il primo segmento è lungo 2 su un totale di 10, quindi:
2
10.000 * 10 = 𝟐. 𝟎𝟎𝟎 non comprano niente
4,66−2
10.000 ∗ = 𝟐. 𝟔𝟔𝟔 comprano bassa qualità
10
V** è uguale a 4,66; supponiamo che v** risulti essere uguale a 12: l’intersezione
sarebbe stata fuori dal grafico, e quindi economicamente sta ad indicare una situazione
113
in cui nessuno compra alta qualità, perché l’alta qualità è fuori mercato il prezzo
proposto è fuori mercato. Non sempre si è dentro l’intervallo!
Siamo sicuri che v** è sempre maggiore di v*? no! Matematicamente, se p e v sono
arbitrari, potrebbe capitare che v* risulti maggiore di v**; supponiamo per esempio che
v*=5 se v* = 5 quelli che comprano, comprano alta qualità potrebbero esserci delle
situazioni anomale: quando questo accade dobbiamo semplicemente ricordarci che il
problema, dal punto di vista dell’individuo, è semplice: ho 3 alternative, devo scegliere la
migliore tra queste 3 alternative. Questo continua ad essere vero anche se trovo i v
“sballati”.
In questo esercizio, la qualità dovevano sceglierla le imprese ma ce l’hanno già data; i
prezzi dovevano sceglierli le imprese ma ce li hanno già dati … La forma base
dell’esercizio dovrebbe essere: io ti do la qualità, trovami il prezzo di equilibrio
dovremmo fare più o meno come abbiamo fatto qui, con la differenza che la qualità la
conosciamo ma i prezzi no; quindi, se non ho i prezzi, chiamiamo pb il prezzo di bassa
qualità, e pa il prezzo di alta qualità:
𝐩𝐚−𝐩𝐛
v*1 – pb v**4 – pa = v**1 - pb 3v**= pa – pb v** =
𝟑
V** è il confine tra la bassa e l’alta qualità, e vediamo che dipende dai prezzi che hanno
tutti; v* vediamo che è semplicemente il prezzo più piccolo.
Se volevo ricavare la curva di domanda dell’alta qualità, prima facevo:
pa−pb
𝐕𝐦𝐚𝐱−𝐯∗∗ 10−v∗∗ 10−
3
10.000 * = 10.000 * = 10.000* =
𝟏𝟎 10 10
= 10.000 – 333,3pa + 333,3pb domanda del bene di alta qualità
Scritto così appare più chiaro la natura di curva di domanda di bene differenziato, dove la
tua domanda e la domanda di beni di alta qualità dipendono negativamente dal tuo
prezzo, ma positivamente dal prezzo del concorrente.
Se invece voglio trovare la domanda del bene di bassa qualità, devo fare:
10000 * l’intervallo tra v** e v*, fratto 10:
𝐩𝐚−𝐩𝐛
− 𝐩𝐛
𝟑
10.000 * domanda del bene di bassa qualità
𝟏𝟎
pa pb pb
= 10.000 * ( − − ) [pb = - 1/30 -1/10 = (-1 -3)/30 = -4/30 = - 0.13333]
30 30 10
114
((10.000*pa)/30) (10.000*0.13333pb)
Trovo una curva di domanda simile alla precedente, ma che dipende negativamente da pb
e positivamente da pa (curva di domanda dei differenziati).
ho trovato i prezzi perché la seconda domanda mi chiede di dimostrare che i prezzi non
sono buttati lì a caso, ma fanno parte di un equilibrio di Nash, e lo devo dimostrare; posso
fare in 2 modi:
1) posso dire: io non so niente, le curve di domanda sono queste, mi calcolo le due
funzioni di reazione i costi sono zero, quindi i profitti sono semplicemente i ricavi
2) potrei seguire una strada un po’ più intelligente che permette di fare un po’ meno
calcoli, ricordandoci cosa significa equilibrio di Nash: dato il prezzo del concorrente,
la miglior scelta è il prezzo che viene suggerito. Consideriamo il problema dal punto
di vista dell’impresa di bassa qualità:
πb = (333,3*16 – 1.333,3*pb)*pb massimizzo come se fossi un monopolista
(= 4*333,3 = 4/30)
I prezzi corrispondono a quelli dati nel testo dell’esercizio: sì, è equilibrio di Nash!
115
Temi di discussione:
In un mercato ci potrebbe essere sia differenziazione orizzontale che verticale.
Senza fare ragionamenti troppo complicati, basta guardarsi intorno: abbiamo pc o
smartphone esteticamente perfetti, e contemporaneamente diversi per prestazioni le
due cose sono completamente staccate l’una dall’altra, e ovviamente quando le imprese si
fanno concorrenza, quando cambiano le caratteristiche del prodotto o cambiano i prezzi,
vanno a catturare altri clienti sia in senso orizzontale che in senso verticale tutti e due i
meccanismi si sovrappongono nella realtà.
La distribuzione del parametro che misura l'importanza relativa della qualità potrebbe non
essere uniforme.
Potrebbe essere qualunque tipo di distribuzione (uso dell’integrale).
Una condizione necessaria ma non sufficiente affinché qualcuno compri un prodotto
proposto ad un prezzo superiore è che la qualità sia anch'essa superiore.
Affinché qualcuno compri, è necessario che ci sia questa condizione: a prezzo più
elevato corrisponde qualità più elevata; se questa relazione è verificata, significa che la
funzione disegnata prima (retta verde) diventa più inclinata. Questa è una condizione
necessaria affinché la funzione dell’alta qualità sbuchi sopra quella di bassa qualità prima
o poi; è una condizione necessaria ma non sufficiente perché
v max
v min
il grafico viene disegnato da un v minimo a un v massimo: il fatto che la funzione sia più
inclinata indica che a fronte di un prezzo maggiore c’è la qualità maggiore.
Se il vmax fosse piazzato come nel grafico sopra, nessuno comprerebbe alta qualità,
perché nella popolazione non ci sono individui con una valutazione della qualità
sufficientemente elevata se a fronte della qualità maggiore c’è il prezzo maggiore,
occorre che la retta sia più inclinata affinché emerga sopra la bassa qualità, prima o poi;
l’importante che emerga, ma è importante che emerga prima del massimo v.
Attenzione: non c’è scritto da nessuna parte che ci debba essere qualcuno che non
compra niente!
116
Con questo minimo e questo massimo (grafico) abbiamo sulla carta 3 alternative, ma di
fatto tutti comprano bassa qualità, e se avessimo provato a fare le equazioni che abbiamo
visto, avremo trovato che v** supera il limite, e v* è minore di v minimo.
A seconda dei valori dei parametri, dei livelli dei prezzi è della qualità, non è detto che tutte
le varietà vengano acquistate e non è detto che qualcuno non compri nulla.
Vedi risposta precedente.
Quando vengono scelti i prezzi le qualità non possono più essere cambiate.
Stesso discorso fatto per la capacità.
Quando vengono scelte le qualità si sa già che prezzi verranno selezionati da tutte le
imprese in seguito.
È lo stesso discorso dell’estate e dell’inverno: d’estate si fabbricano gli impianti; dopo gli
impianti esistono e non si possono più cambiare le qualità vengono scelte, e una volta
scelte i prezzi sono la conseguenza logica delle qualità che erano state scelte allora.
Quando abbiamo scelto la nostra qualità sapevamo già i prezzi che si sarebbero formati,
perché riuscivamo a fare un passo avanti e a capire cosa sarebbe successo dopo è
come se avessimo risolto l’equilibrio di Nash.
A questo punto tutti i profitti dipendono dalle qualità che vengono scelte, e ovviamente
vengono scelte simultaneamente dalle due imprese con la logica della complicità.
Sia la scelta della qualità che del prezzo costituiscono giochi simultanei, che avvengono in
sequenza.
Vedi risposta precedente.
Per risolvere il gioco complessivo occorre procedere all'indietro, come nei giochi
sequenziali.
Date qualità arbitrarie conosco i prezzi, i prezzi diventano soluzioni delle qualità, possono
esprimere i profitti delle imprese solo in funzione delle qualità, e quindi scelgo le qualità, e
procedo all’indietro esattamente come abbiamo detto con il discorso della complicità.
Questo ragionamento si applica sia per la differenziazione orizzontale che per la
differenziazione verticale: prima si scelgono certi parametri, poi non si cambiano più e si
scelgono le quantità.
Riepilogo:
nel caso di differenziazione verticale e orizzontale seguiamo un percorso molto simile; i
beni sono differenziati sia in senso orizzontale che verticale, perché i consumatori sono
diversi se i consumatori fossero uguali, anche i beni lo sarebbero.
117
Nello spazio dobbiamo spostarci per andare da un negozio o dall’altro, e questo implica un
costo del trasporto: l’equivalente dello spostamento è l’adattamento che ciascuno di noi fa
quando, non trovando nel mercato il prodotto con le caratteristiche perfette, trova
qualcos’altro che ci assomiglia a seconda di quanto ci assomiglia c’è uno sforzo di
adattamento che possiamo leggere come equivalente del costo di trasporto.
La domanda dipende dai prezzi e dalle localizzazioni: una volta scelta la localizzazione, si
innesca la scelta simultanea dei prezzi; quando parliamo di beni differenziati
verticalmente, “localizzazione del consumatore” si riferisce a quanta importanza (peso) do
ad un certo fattore qualitativo (q oppure z): è come se la persona fosse localizzata in un
intervallo di valori possibili per il parametro q (oppure z).
Per semplificare abbiamo imposto che il valore minimo sia 0, e il valore massimo sia 1: il
vantaggio di avere un intervallo tra 0 e 1 è che la frazione del segmento è
contemporaneamente anche la sua percentuale:
se i consumatori che prendono il bene di bassa qualità vanno da 0,2 a 0,6 allora
40% è la percentuale di quanti prendono il bene di bassa qualità; se lo moltiplico
per il numero totale N dei consumatori, so quanti comprano, e quante unità vendo
(unità per persona).
Prendiamo due localizzazioni delle imprese, che corrispondono alle qualità scelte dalle
imprese stesse, e scegliamo due prezzi che vengono fissati per il bene 1 e per il bene 2: il
problema è quello di valutare tra le 3 opzioni disponibili (niente, bassa qualità, alta qualità),
quale è quella che assicura il grado di soddisfazione maggiore.
Abbiamo immaginato che l’utilità possa essere quantificata attraverso una funzione
U (s,p) = zs – p (oppure: U (q,p) = vq – p)
è come se ci fosse un secondo bene implicito:
0 z* z* * 1
Prendendo qualsiasi punto tra 0 e 1 dobbiamo vedere in corrispondenza di quel punto
quale è la più alta delle 3 funzioni: questo ci permette di segmentare l’intervallo [0,1] in 3
spezzoni:
da 0 a z* ho quelli che non comprano niente
118
la funzione di domanda della prima impresa dipende sia da q1 che da q2; ma se vado a
sostituire q2* dipende solo da q1; a questo punto massimizzo e ottengo:
(A – c) (A – c)
q1* = q2* =
2B 4B
120
i costi sono uguali e la domanda è la stessa, però le quantità scelte non sono uguali,
perché c’è un’asimmetria che nasce dal fatto che uno sceglie per primo e uno sceglie per
secondo non conta il fatto che c’è la stessa tecnologia di produzione o la stessa
domanda: solo per il fatto che le scelte vengono fatte in momenti diversi, si introduce
un elemento di diversità tra le due imprese, che si riflette nei risultati finali.
Una volta trovate le quantità troviamo tutto il resto, prezzo e profitti.
Sia nel caso della differenziazione orizzontale che nel caso della differenziazione verticale,
noi costruiamo uno schema che ci serve per definire la domanda; una volta definita la
domanda, quello è il punto di partenza della nostra analisi.
Il gioco sequenziale è un gioco dove uno sceglie una cosa, si vede cosa ha scelto, e
dopo l’altro sceglie; quando il gioco dipende da dei parametri, e questi parametri sono
scelti dalle stesse imprese, per esempio la capacità produttiva, le caratteristiche del
prodotto sia in senso orizzontale che verticale, possiamo immaginare che ci sia una
sequenza di 2 giochi simultanei a distanza.
Quando abbiamo parlato delle scelte di capacità fatte in estate per l’inverno non si trattava
di un gioco sequenziale, ma di un gioco che avviene in 2 periodi, però sono 2 giochi
simultanei dove uno dipende dall’altro, anche se per analizzarli (per trovare l’equilibrio)
seguiamo una strategia abbastanza simile siamo in un contesto di perfetta
informazione, nel momento in cui uno per l’estate sceglie la capacità, sa già cosa
succederà d’inverno; ma se sa già cosa succederà d’inverno, vuol dire che tutti e due
sanno già cosa succederà d’inverno; mentre nel gioco sequenziale, io scelgo l’estate e tu
scegli l’inverno: è vero, io anticipo quello che tu farai d’inverno, ma lo farai solo tu.
Mentre nella sequenza dei giochi simultanei tutti e due scegliamo, e tutti e due d’estate
sappiamo già cosa faremo tutti e due d’inverno; per capire dove si va a parare si segue
una strategia simile ai giochi sequenziali: d’inverno si stabilisce un equilibrio che dipende o
da capacità arbitrarie, o da qualità arbitrarie, o da organizzazioni arbitrarie, e dopo si
sceglie è un percorso simile, ma concettualmente sono due cose diverse, perché è una
sequenza di mosse simultanee; mentre la sequenza è formata da mosse una di seguito
all’altra, non simultanee.
Un gioco simultaneo si può sempre trasformare in un gioco sequenziale, nel momento in
cui so chi muove per primo e che muove per secondo; questo è un concetto generale che
vale per tutti i giochi simultanei, e vale anche per giochi dove le variabili strategiche sono
continue.
121
Tuttavia, se scegliamo questa struttura scegliendo i prezzi, viene fuori che il vantaggio è di
seconda mossa, cioè è quello che sceglie per secondo che ha i profitti più elevati
abbiamo visto in precedenza come, in presenza di differenziazione orizzontale e con la
stessa curva di domanda, si poteva cercare un equilibrio dove si potevano scegliere
simultaneamente le quantità, oppure si potevano scegliere simultaneamente i prezzi
vedi esempio dove la curva di domanda è: q1 = 60 + p1 + p2, dove venivano scelti i
prezzi; con la stessa curva di domanda si possono scegliere le quantità: questo significa
fare in modo che non le due quantità dipendano dai due prezzi, ma che i due prezzi
dipendano dalle quantità bisogna risolvere un sistema trattando i prezzi come se
fossero delle incognite, e il risultato era un risultato del tipo: p1 = 60 – 2/3 q1 - 1/3 q2,
invertendo il sistema.
Possiamo scegliere simultaneamente i prezzi, scegliere simultaneamente le quantità;
oppure scegliere sequenzialmente le quantità, scegliere sequenzialmente i prezzi già i
risultati erano diversi tra lo scegliere le quantità o lo scegliere i prezzi, continuano ad
essere diversi, ma se calcoliamo i profitti vediamo che il profitto del leader è più grande di
quello del follower quando si scelgono le quantità; mentre se si scelgono i prezzi è il
profitto del follower ad essere maggiore di quello del leader (perché p2 = p1 – ε).
Il fatto che scegliendo i prezzi si ha un vantaggio di seconda mossa è banale se si pensa
al modello di Bertrand base (beni simmetrici): io scelgo un p1; tu che vieni dopo scegli un
p2 che è p1 – ε; centra anche il fatto che le quantità sono quantità strategiche, e i prezzi
sono prezzi strategici.
Prendiamo il modello di Stackelberg come variante del modello di Cournot; abbiamo
appena detto che il leader è quello che fa più profitti, quindi gli conviene scegliere per
primo, che vuol dire che sceglie la combinazione di q1 e q2 che gli conviene lungo la
funzione di reazione del concorrente:
C Equilibrio di Nash
S Equilibrio di Stackelberg:
l’impresa 1 sceglie lungo la funzione di
reazione dell’impresa 2; il leader non sta
massimizzando i profitti!, perché non è
sulla sua funzione di reazione.
(A –c)/2B = quantità di monopolio (= q1)
= quantità del leader di Stackelberg
124
Quando siamo leader, la combinazione che viene scelta è qualche altra combinazione che
non è l’equilibrio di Cournot, ma è per esempio una combinazione come quella del grafico
visto: perché sono sulla funzione di reazione del follower (R2)? Perché il follower
sceglie per secondo, io ho scelto q1, e q2 è la giusta conseguenza data la funzione di
reazione: è un punto dove il leader produce un po’ di più e il follower produce un po’ di
meno; il leader incrementa i propri profitti, e il follower diminuisce i propri profitti. Ma la
cosa interessante è che nel punto rosso (equilibrio di Stackelberg), il leader non sta
massimizzando i suoi profitti! sono diventato leader e non sto massimizzando i
profitti! Perché?: per il puro e semplice fatto che io non sono sulla mia funzione di
reazione, e quindi se il follower produce una certa quantità, la quantità che
massimizzerebbe i miei profitti non è quella che ho scelto nel primo periodo, ma è una
quantità leggermente più bassa.
Cosa vuol dire?: il leader ha scelto una certa quantità, sulla base della quantità che il
leader ha scelto il follower ha scelto la sua quantità, però se il leader potesse tornare
indietro sulla sua decisione, e modificare a sorpresa la quantità che aveva stabilito nel
primo periodo, lo farebbe! Potrebbe andare ancora meglio rispetto a quello che ha
ottenuto: perché non lo fa? Non lo fa perché il follower per fare le sue scelte deve credere
che quella quantità che è stata stabilita sia effettivamente quella: se capisce che il leader
annuncia la quantità q1, ma poi a posteriori non la fa perché gli conviene farne un’altra,
allora questa quantità non è credibile, e se non è credibile alla fine l’unico equilibrio che si
raggiunge è l’equilibrio di Nash, perché se tu dici di fare una cosa e puoi modificarla,
per me il fatto di vedere cosa hai fatto non è vincolante torniamo in quella
situazione in cui sembra ci sia un gioco sequenziale, che invece è un gioco simultaneo
perché la scelta può essere rivista perché il gioco sia simultaneo non è obbligatoria la
scelta che abbiamo fatto in un dato momento.
Quindi qui è obbligatorio che uno faccia una scelta e la segua, anche se a posteriori si
mangia le mani perché si rende conto che avrebbe potuto fare ancora meglio: la
quantità q1, cioè (A – c)/2B, è la quantità di monopolio, perché corrisponde
all’intersezione della funzione di reazione R1 con l’asse orizzontale; quindi sarebbe la
quantità che massimizza i profitti dell’impresa 1 se l’altro non producesse niente, cioè se
l’impresa 1 fosse la padrona assoluta del mercato possiamo dedurre che la quantità
scelta dal leader di Stackelberg è la stessa che avrebbe scelto il monopolista!
125
informazione asimmetrica: noi abbiamo sempre considerato situazioni dove tutti sanno
tutto, ma spesso e volentieri il concetto è che qualcuno sa più degli altri; e allora il
problema è come trasmettere l’informazione.
Per esempio, se uno vuole vendere un bene, proclamerà le qualità di quel bene; per
essere credibile, dovrà fare qualcosa che, se non fosse vero, sarebbe irrazionale, per
esempio offrire una costosissima garanzia (soddisfatti o rimborsati); in questo modo si dà
un segnale che rende credibile quello che si conferma.
Nel nostro contesto il problema diventa quello di trovare dei meccanismi per cui tu produci
qualcosa, o affermi di produrre qualcosa, o scegli il prezzo e non solo lo scegli, ma
dimostri che non lo cambierai a posteriori; se si installa una capacità produttiva, è già
installata, e non si può più tornare indietro; se si sono prodotti i gelati da vendere d’estate,
durante l’inverno sono già prodotti questo diventa credibile; questo concetto di
credibilità è quello che giustifica il fatto che impostiamo il problema come un problema
sequenziale, e deve essere in qualche modo risolto a monte perché si possa giustificare
l’uso di un approccio sequenziale come quello di Stackelberg.
Esercizio: Un mercato duopolistico opera alla Stackelberg con scelta della quantità. La
curva di domanda è Q = 30 – p/3. I costi marginali sono costanti e pari a 30 per il leader,
pari a c per il follower. Determinare il valore di c sapendo che in equilibrio le quantità
prodotte sono uguali. Chi fa più profitti? Perché?
Ci viene data la curva di domanda diretta, ma noi sappiamo che quando dobbiamo
scegliere le quantità, ci piace scriverla come prezzo che dipende dalle quantità e non
come quantità che dipende dal prezzo, perché dobbiamo scrivere i profitti in funzione delle
quantità per andare avanti con il nostro problema; non c’è simmetria, perché sappiamo
che i costi sono costanti, e sono 30 per il leader, e un generico c per il follower; ci viene
detto che in equilibrio le quantità prodotte sono uguali
nell’equilibrio di Stackelberg il leader produce di più del follower, partendo da una
situazione di simmetria; in questo caso invece le produzioni sono uguali, quindi dobbiamo
trovare un modo per cui, partendo dall’inizio, il leader produrrebbe di più se i costi, per
esempio, fossero uguali. Ma i costi devono essere diversi in modo tale che producano la
stessa quantità
in questo tipo di gioco ci sono due effetti asimmetrici che si devono compensare: uno è
l’effetto che uno sceglie per primo e l’altro sceglie per secondo, e questo fa produrre di più
al leader e di meno al follower; l’altra asimmetria possibile è che ci siano dei costi diversi.
127
Quando abbiamo visto Cournot con i costi diversi, produceva di più quello che aveva i
costi più bassi, per cui, prima ancora di fare i calcoli, mi devo immaginare una situazione
di questo tipo: bisogna che c sia minore di 30, per arrivare a produrre uguale, perché
se i costi fossero uguali il follower produrrebbe di meno, quindi per riportarlo al livello del
leader bisogna che questo effetto di asimmetria sia compensato da un effetto asimmetrico
di segno opposto; vediamo come ci si può arrivare:
Q = 30 – p/3 3q1 + 3q2 = 90 – p p = 90 – 3q1 – 3q2
π1 = (90 – 3q1 – 3q2 – 30)q1
π2 = (90 – 3q2 – 3q1 – c)q2
Devo trovare la funzione di reazione del follower, quindi derivo π2 rispetto a q2:
derivata 90 – 3q1 – 6q2 – c = 0
90−3q1−c
q2 = q2 = 15 – q1/2 – c/6 funzione di reazione impresa 2
6
Abbiamo trovato la funzione di reazione dell’impresa 2 (follower), che è nota anche
all’impresa 1 (leader), visto che siamo in perfetta informazione; quindi l’impresa 1 sa che
ogni volta che sceglie q1, applicando questa regola (derivazione) q2 salta fuori in
automatico. Allora possiamo inserire direttamente q2, così come l’abbiamo calcolato,
all’interno del profitto dell’impresa 1:
π1 = (90 – 3q1 – 3*15 + 3/2q1 + c/6 – 30)q1 (= q2)
= (60 – 3q1 – 45 + 3/2q1 + c/6)q1 = (15 – 3/2q1 + c/6)q1
= 15 – 3q1 + c/6 = 0 q1 = 15/3 + c/18 q1 = 5 + c/18 1/2q1 = 5/2 + c/36
Possiamo notare un’altra cosa: la quantità dell’impresa 1 è crescente nei costi dell’impresa
concorrente (impresa 2): a parità di tutto, se i costi del concorrente aumentano, lui
diminuisce la produzione; nel momento stesso che lui diminuisce la produzione l’impresa 1
produce di più. Sostituisco q1 nella funzione di reazione del follower:
15 – 5/2 – c/36 – c/6 = 25/2 – c/4 = q2
[calcoli: (30-5)/2 – ((-3c -6c)/36) = 25/2 – (-9c/36) = 25/2 – 1/4c = 25/2 – c/4]
Abbiamo trovato q1 e q2, che diventano funzione di c, il parametro che non conosciamo;
conoscendo q1 e q2 possiamo calcolare il prezzo, i profitti, ecc.; notiamo che q2 dipende
negativamente da c, e q1 dipende positivamente da c, ma l’effetto diretto è maggiore in
valore assoluto dell’effetto indiretto; e questo vorrebbe dire che se c lo inseriamo nella
funzione di domanda inversa, il prezzo aumenterebbe all’aumentare di c
128
Calcolo le quantità, anche se so che sono uguali (me lo dice il testo, ma mi servono poi
per l’esempio con c = 24), e calcolo il prezzo per poter ricavare poi i profitti:
q1 = 5 + c/6 q1 = 5 + 18/6 q1 = 5 + 3 q1 = 8
q2 = 15 – q1/2 – c/6 q2 = 15 – 8/2 – 18/6 q2 = 15 – 4 – 3 q2 = 8
p = 90 – 3q1 – 3q2 p = 90 – 3*8 – 3*8 p = 90 – 48 p = 42
Chi fa più profitti? Qui non è ovvio, proprio perché ci sono due meccanismi che lavorano in
direzione opposta: il fatto di essere leader favorisce l’impresa 1; il fatto di avere i costi più
bassi, e quindi essere più efficiente favorisce l’impresa 2. Per quanto riguarda la quantità
questi due effetti si compensano perfettamente, ma non è detto che si compensino anche
per quanto riguarda il profitto:
π1 = (42 – 30)*8 = 64 π2 = (42 – 18)*8 = 192
Fa più profitti l’impresa 2, ma era proprio necessario fare tutti i calcoli? No! Il prezzo è
uguale per il puro e semplice fatto che il bene è omogeneo; la quantità è uguale perché è
una condizione imposta dal testo; l’unica cosa diversa sono i costi, ed è l’unica cosa che
può incidere nei profitti è ovvio che chi ha i costi più bassi fa più profitti!
Dimostrazione che se c aumenta, π2 diminuisce più di quanto aumenta π1, e avrò quindi
un aumento di prezzo: se, per esempio, c = 24, avremo:
q1 = 5 + c/6 q1 = 5 + 24/6 q1 = 5 + 4 q1 = 9
q2 = 15 – q1/2 – c/6 q2 = 15 – 8/2 – 24/6 q2 = 15 – 4 – 4 q2 = 7
p = 90 – 3q1 – 3q2 p = 90 – 3*9 – 3*7 p = 90 – 48 p = 42
Temi di discussione:
In un gioco di tipo Stackelberg è fondamentale che la prima mossa non possa essere
cambiata per un certo periodo di tempo, ma non è essenziale che non debba essere
cambiata mai.
La mossa del leader non deve essere cambiata fino a che il follower non abbia fatto la
propria mossa: è un discorso simile a quello della capacità: ci sono delle variabili
strategiche lente, e delle variabili strategiche veloci; alcune si possono cambiare
rapidamente e altre richiedono più tempo, ma il fatto che richiedano più tempo non
significa che non si possa cambiare nulla.
Per esempio: scegliamo la capacità d’estate, poi d’inverno si sviluppa un certo tipo di
gioco, ma finito l’inverno arriva un’altra estate; in un momento successivo, cioè nel
momento in cui il follower deve prendere le decisioni, in quel dato momento la decisione
del leader non è in discussione; questo però non significa che non ci sia un ulteriore round
dove il leader decide di modificare la sua scelta.
Qualunque modello oligopolistico che possa essere interpretato come gioco simultaneo si
presta ad essere trasformato in un gioco sequenziale alla Stackelberg.
Posso dare la priorità a uno dei due giocatori, e posso interpretare qualsiasi gioco
simultaneo come sequenziale, però sapendo che cambierò l’equilibrio; basta che riesca a
giustificare il fatto che una scelta viene fatta prima di un’altra e che rimane ferma, almeno
fino a quando l’altro non ha deciso.
Non è possibile affermare in generale che un modello di tipo Stackelberg (= qualunque
versione sequenziale dei giochi che abbiamo preso in considerazione) preveda un
vantaggio di prima mossa, né che il risultato conduca ad un equilibrio più concorrenziale,
con profitti contenuti e prezzi ridotti.
Nell’esercizio precedente abbiamo trovato un certo prezzo (42), che avremmo potuto
confrontare con il prezzo che verrebbe fuori confrontando l’equilibrio classico di Cournot, e
vedere se è più alto o più basso; quindi, non solo l’equilibrio è diverso, ma potrebbe
essere più o meno concorrenziale: più concorrenziale se il prezzo è più basso e c’è più
quantità aggregata; meno concorrenziale viceversa. Perché avviene questo?
Finora tutti i ragionamenti li abbiamo fatti concentrandoci sul prezzo e sulla quantità, ma in
realtà in qualunque tipo di operazione adottata dalle imprese possiamo adottare questo
tipo di schema. Per esempio, quanto un’impresa investe in pubblicità?
Quando parliamo di giochi simultanei non vuol dire necessariamente che uno sceglie il
prezzo e un altro la quantità! Dobbiamo scegliere qualcosa che abbia a che fare con la
130
strategia della nostra azienda (qualunque cosa!): nella misura in cui le scelte dipendono
dai concorrenti, e non c’è necessariamente qualcuno che sceglie per primo o per secondo,
il nostro schema logico concettuale è il gioco simultaneo, e anche in questi casi possiamo
sempre immaginare di poter trasformare un gioco simultaneo in sequenziale: uno sceglie il
budget pubblicitario per primo, e l’altro sceglie per secondo; uno sceglie le caratteristiche
del prodotto per primo, e l’altro sceglie per secondo; quindi andiamo oltre Stackelberg e
Cournot è un concetto molto più generale!
E anche in questi casi non c’è scritto da nessuna parte che chi muove per primo o per
secondo possa avere un vantaggio molto ha a che fare con la posizione delle curve
delle funzioni di reazione, perché se sono sostituti strategici tipicamente c’è un tipo di
risultato, se sono complementi c’è un altro tipo di risultato.
E' fondamentale il concetto di credibilità. Per ottenere la credibilità occorre inviare un
“segnale”, ovvero qualcosa che non si avrebbe fatto se non fosse vero quello che si
afferma o quello che si vuol far credere.
Per avere un gioco simultaneo non è importante scegliere contemporaneamente: le
aziende non prendono le decisioni tutte insieme lo stesso giorno alla stessa ora! Quello
che conta è se quelle decisioni possono essere riviste nel tempo, o se per un periodo di
tempo più o meno lungo non possono essere riviste; ma in più non solo non possono
essere riviste, ma non possono essere riviste alla luce del fatto che resti leader: come
leader potresti fare ancora più profitti, ma non puoi perché ti devi legare le mani per non
essere troppo goloso, e se questo viene capito dall’altro allora non sei più credibile.
Per ottenere la credibilità, l'impresa leader può mettere in atto delle azioni che potrebbero
sembrare autolesioniste, dato che comunque restringono il raggio di azione di chi le pone
in essere.
Bruciamo le navi! Per essere credibile dobbiamo restringere quello che possiamo fare a
posteriori: brucio le navi perché così non posso più andare su un’altra isola restringo le
possibilità effettive, e questo può essere visto come autolesionismo, perché vado contro i
miei stessi interessi.
Se potesse cambiare la propria mossa, il leader lo farebbe.
Ci può essere una situazione in cui il follower crede davvero che il leader non cambierà
direzione; ma il leader può essere talmente astuto da trovare un meccanismo per
cambiare mossa; per esempio potrebbe produrre un po’ meno: nell’esempio l’impresa 1
produce 8, e allora l’impresa 2 produce 8 anche lei; però se il primo trovasse il modo per
non produrre più 8, e massimizzasse i profitti, q1 sarà meno di 8 se il leader trovasse il
131
PREZZI LIMITE
Il limit pricing è un tema in qualche modo collegato all’aspetto della credibilità, cioè
quando una qualche strategia, o una qualche azione intrapresa da un agente viene
considerata poi come stabile, come una promessa mantenuta in una fase successiva.
Stackelberg e limit pricing in qualche modo convergono in un modello complessivo, che è
il modello di Dixit (che vedremo in seguito).
Nell’analizzare i vari modelli di oligopolio, e i vari contesti e vincoli presenti,
fondamentalmente abbiamo raccolto la nostra attenzione sul grado di concorrenzialità, sul
grado di intensità del gioco competitivo dei vari mercati, dove l’intensità della concorrenza
è facilmente riconducibile ad un prezzo più basso, ad una quantità complessiva maggiore
e a profitti mediamente più bassi. Quando questo si verifica abbiamo dei mercati con
concorrenza intensa, e questo per molti aspetti può essere considerato un qualcosa di
socialmente desiderabile, tant’è che le leggi antitrust si occupano proprio di rimuovere
eventuali ostacoli frapposti al pieno sviluppo del gioco della concorrenza.
Abbiamo concentrato la nostra attenzione su quello che si vedeva nel mercato: per
esempio, nel modello di Cournot abbiamo tracciato un legame causale tra il livello della
concentrazione e l’intensità della concorrenza tra la numerosità e
l’uguaglianza/diversità delle imprese presenti, e quanta concorrenza effettivamente poteva
svilupparsi intorno a questo mercato; quindi abbiamo sempre considerato chi c’era, e che
caratteristiche aveva tale mercato.
Però in realtà quando abbiamo considerato il modello base di Bertrand, in particolare
quando abbiamo cominciato a chiederci cosa succedeva se i costi marginali non sono
uguali, abbiamo visto che, in presenza di livelli differenti di efficienza, succedeva per
esempio che con due imprese solo una rimaneva nel mercato (quella più efficiente =
costi minori), il prezzo che si veniva a formare era legato al costo marginale del
concorrente, il che significava che si poteva fare un minimo di profitti, e questi profitti erano
legati al differenziale di efficienza (costi minori), e si potevano perfino ottenere dei profitti di
monopolio.
Abbiamo anche detto che, in una situazione come questa, se uno osserva il mercato si
chiede quante imprese ci sono in questo mercato; siccome una impresa solo sopravvive,
allora la risposta è che nel mercato c’è una sola impresa. Ma allora è un monopolista?
È un monopolista perché è la sola nel mercato; ma allo stesso tempo non è monopolista
in senso economico, perché non è completamente libera di fissare il prezzo che ci sarebbe
se potesse sfruttare a pieno il fatto che è l’unica nel mercato è da sola, ma il suo
133
πM = profitto di monopolio
πD1 + πD2 < πM la somma dei profitti di duopolio è minore del profitto di monopolio
I due profitti potrebbero essere pari a zero nel caso di Bertrand con beni omogenei e costi
uguali! qualunque sia il modello di duopolio, la somma dei profitti quando le
134
πM – πD1 è il calo dei profitti danno subito dall’impresa incumbent a causa dell’entrata
di un’altra impresa
πD2 è il vantaggio che ha l’altra impresa ad entrare più alti sono i profitti che l’impresa
entrante si attende nell’equilibrio duopolistico, più sarà spinta ad entrare.
Se l’impresa entrante vede che l’incumbent non fa profitti, non entra; per evitare l’entrata,
l’incumbent potrebbe corrompere qualcuno per l’ammontare del danno che viene causato,
cioè πM – πD1 = incentivo ad evitare l’entrata qualunque sia il tipo di concorrenza, c’è
sempre un incentivo ad evitare l’entrata, e potremmo anche arrivare ad un paradosso: la
prima impresa (incumbent) convince la seconda (entrante) a non entrare, dandole i soldi
che avrebbe guadagnato entrando!
Dal punto di vista dell’antitrust, queste sono barriere endogene all’entrata, perché sono
barriere create dalle stesse imprese che sono nel mercato; ci sono altri tipi di barriere,
come la necessità di acquisire delle autorizzazioni, o altri tipi di costi fissi, che sono
oggettivamente delle barriere, ma sono delle barriere “naturali” del mercato, non sono
barriere costruite ad arte da chi sta già dentro il mercato, per rendere più difficoltosa
l’entrata.
Consideriamo il caso di un entrante che, per poter profittevolmente entrare nel mercato, ha
bisogno che in quel mercato ci sia spazio sufficiente, cioè occorre che il mercato sia
sufficientemente grande per poter permettere la coesistenza di due o più imprese.
“Spazio” vuol dire fondamentalmente che, per poter essere efficienti, occorre
raggiungere certi volumi di produzione, e questi volumi di produzione devono essere
assorbiti dalla domanda del mercato.
In Cournot ci possono essere costi marginali diversi, però se questa differenza è molto
ampia, l’impresa che ha i costi marginali più alti non regge la concorrenza: se partiamo da
un equilibrio simmetrico, e alziamo i costi di uno dei due, ci si sposta lungo la curva di
135
reazione di quello che ha i costi costanti, però fino ad un certo limite, perché poi significa
che il differenziale è troppo alto per poter essere recuperato.
Finora abbiamo mantenuto l’ipotesi di costi marginali costanti; per creare un legame tra
l’efficienza e quanto si vende bisogna introdurre delle economie di scala, che sono
semplicemente costi medi decrescenti: più si produce, più il costo per unità prodotta
tende a scendere, quindi invece di avere costi marginali costanti e uguali ai costi medi,
abbiamo dei costi medi decrescenti
si parla di economie di scala quanto il costo medio è decrescente, cioè quando
aumentando la quantità si diventa più efficienti = meno costi; per essere
sufficientemente competitivo devo raggiungere certi volumi di produzione, perché, se i
costi unitari sono elevati, rischio di non fare profitti; la più semplice tra le tante spiegazioni
delle economie di scala è la presenza di costi fissi: se ci sono costi fissi, più produco, più
questi costi fissi vengono ripartiti (spalmati) su un numero maggiore di unità, e i costi medi
tendono a diminuire.
In generale, la proprietà di economie di scala, o di diseconomie di scala (= costi medi
crescenti), è una proprietà locale, cioè spesso si va a studiare una curva dei costi medi
fatta ad U, dove c’è il primo tratto dove i costi medi scendono, raggiungono un minimo
(scala minima efficiente), dopo di ché se si continua a produrre i costi medi tendono a
risalire; per avere un fenomeno come quello descritto, cioè che per essere efficiente
bisogna raggiungere un certo volume di produzione, è sufficiente che ci siano economie
di scala in qualche tratto della curva dei costi medi, quindi è sufficiente che la curva dei
costi medi abbia un certo tratto decrescente.
Il modo più semplice di introdurre nei livelli di produzione dei costi medi decrescenti, senza
complicare troppo i calcoli, è quello di immaginare che i costi marginali siano costanti
136
(come abbiamo sempre fatto), ma in aggiunta ai costi marginali ci siano anche dei
costi fissi: se ci sono dei costi fissi, costi medi e costi marginali non coincidono più,
perché nel costo medio c’è il costo marginale (cioè il costo di produrre quella unità in più),
però si devono anche spalmare dei costi fissi iniziali sul numero complessivo di unità che
si sono prodotte; quindi, dovendoli disegnare graficamente, i costi marginali sono una linea
orizzontale; e i costi medi sono invece una funzione decrescente, e che asintoticamente si
avvicina ai costi marginali, perché, producendo quantità enormi, si spalmano i costi fissi su
un numero molto grande di unità prodotte.
Con Cournot asimmetrico, se due imprese che hanno costi differenti convivono,
quella che ha i costi più alti fa meno profitti, e ha anche una quota di mercato più
piccola; se i costi dell’impresa meno efficiente fossero molto alti, ad un certo punto questa
verrebbe spazzata fuori dal mercato non reggerebbe la concorrenza!: l’impresa meno
efficiente può sopravvivere solo se i suoi costi non sono molto più alti dell’altro perché in
quel caso non starebbe più in piedi.
Applichiamo questa logica in un contesto in cui i costi medi non sono costanti, ma
decrescenti; in questo caso non sono efficiente o inefficiente, perché tutto dipende da
quanto produco:
se produco abbastanza sono abbastanza efficiente, perché sono riuscito a
distribuire i costi fissi
se produco poco sono inefficiente, ma se sono troppo inefficiente non sto sul
mercato per stare sul mercato devo produrre a sufficienza!
L’impresa incumbent per evitare l’entrata potrebbe produrre più di quanto produrrebbe
in assenza di pericolo di entrata: in questo modo abbassa il prezzo di mercato, e va a
saturare il mercato in maniera tale che, se un’impresa da fuori prova a produrre, non c’è
più domanda nel mercato sufficiente ad assorbire un livello di produzione che le consenta
di essere efficiente quanto basta per reggere la concorrenza.
Dobbiamo focalizzarci sui costi dell’entrante perché è l’entrante che deve recuperare i
costi fissi; ipotizziamo che le imprese scelgano le quantità e che, analogamente al
modello di Stackelberg, l’impresa incumbent sia leader, dunque sceglie la quantità per
prima: se l’incumbent sceglie la quantità per prima, l’entrante sceglierebbe la sua quantità
sulla base della sua funzione di reazione, ma la sua funzione di reazione è stata calcolata
sulla base della domanda residuale.
Allora prendiamo la domanda totale, e togliamo quello che l’incumbent ha annunciato
credibilmente di produrre, per trovare la domanda residuale: su questa domanda,
137
l’impresa entrante è come se fosse un piccolo monopolista, quindi uguaglia i suoi ricavi
marginali ai costi marginali; esiste un punto in cui la curva dei ricavi marginali incontra la
curva dei costi marginali (punto rosso), e il prezzo che si viene a determinare risulta
minore del costo medio:
Se il prezzo è minore del costo medio vuol dire che per ogni unità che vendo io non ci
guadagno o addirittura ci perdo; il punto qe è un punto dove il ricavo marginale è uguale al
costo marginale, dove i profitti marginali sono a zero e i profitti vengono massimizzati, ma
non so se in qe i profitti sono positivi: potremmo dire che, più che un punto che
massimizza i profitti, è un punto che minimizza le perdite.
In questo caso la cosa migliore da fare non è produrre qe, cioè minimizzare le perdite, ma
non avere perdite, quindi non produrre.
Se questo fosse un modello di Cournot, la prima impresa avrebbe prodotto q1, invece
adesso la prima impresa, potendo scegliere per prima, può produrre più di quanto avrebbe
prodotto, e va a saturare il mercato, cioè lascia poco spazio ad un eventuale entrante.
Se l’entrante entra può produrre solo qe, ma qe è poco, e i costi medi sono elevati
qe non è sufficiente per poter assorbire i costi fissi.
I costi fissi li possiamo immaginare o come costi fissi tout court (redazione bilancio, costi
amministrativi generali), o come costi di entrata nel mercato (pubblicità); questi costi vanno
assorbiti, ma per essere assorbiti devo fare sufficienti profitti, e per fare sufficienti profitti
devo essere sufficientemente efficiente; ma per essere sufficientemente efficiente devo
produrre quanto basta: quello che sta già dentro (incumbent) lo sa, e va a sovraprodurre
sovraprodurre significa che tiene il prezzo basso, e tiene il prezzo che si forma al
livello pe: l’entrata non è profittevole!
Questo modello è quasi lo stesso del modello di Stackelberg: nel modello di Stackelberg
abbiamo che un’impresa sceglie per prima, e si impegna credibilmente a scegliere per
138
prima quella quantità, e a non modificarla più; poi c’è un’altra impresa che entra e fa
comunque dei profitti.
Adesso c’è una differenza, la quantità che determina l’impresa entrante è tale per cui i suoi
profitti vanno a zero: questo vuol dire che per impedire l’entrata, l’incumbent deve pensare
ai profitti dell’entrante, non ai suoi!
π2 (p1, p2) se l’impresa 1 sceglie per prima, la cosa migliore che può fare l’impresa 2 è
scegliere il proprio q2 sulla base della propria funzione di reazione.
π2 (q2*, (q1), q1) π2 (q1) = 0
Ponendo π2 uguale a zero è come se mi chiedessi qual è quel q1 che pone a zero i
profitti del potenziale entrante; risolvendo un’equazione di questo tipo, trovo la quantità
che spiazza l’entrante se vale questa condizione l’entrante non entra: l’incumbent
non ha determinato q1 massimizzando i suoi profitti, ma con l’obiettivo di tenere fuori
l’altro.
In Stackelberg facevamo qualcosa di simile, ma non uguale, perché ci concentravamo nei
profitti della prima impresa:
𝚷𝟏
π1 (q1, q*2) π1 (q1) =𝟎
𝐪𝟏
in Stackelberg massimizzo il profitto della prima impresa, e vedo quale è la quantità che
massimizza; una volta scelta la quantità, non è detto che q2 vada a zero, q2 può essere
positiva.
Analizzeremo questo tipo di ambiente: c’è un’impresa che è già dentro al mercato, e c’è
un’impresa che potrebbe entrare; l’impresa che potrebbe entrare (potenziale entrante) ha
dei costi fissi in aggiunta a dei costi marginali che possiamo mantenere costanti; il fatto
che abbia dei costi fissi, e quindi dei costi medi che sono strettamente decrescenti,
significa che più produce e più diventa efficiente. Ma siccome per poter competere con chi
sta già dentro bisogna che i costi medi non siano troppo alti, o troppo diversi da chi sta già
dentro, bisogna che venga raggiunto un minimo di volume di produzione; e allora bisogna
vedere se, dopo l’entrata, immaginando di entrare e immaginando ovviamente di cercare
di massimizzare i propri profitti, quindi cercando di scegliere le strategie migliori possibili,
l’equilibrio che si verrebbe a determinare è un equilibrio che permette oppure no di avere
dei profitti; e permette oppure no di superare questa soglia di efficienza.
Se questo è il contesto, questa problematica è nota non solo all’impresa entrante, ma
anche all’incumbent che, nel tentativo di ostacolare l’entrata, potrebbe attuare una
139
strategia di questo tipo: sovraproduce, producendo più di quello che avrebbe prodotto
senza la minaccia di entrata. Ricordiamoci che l’incumbent è da solo nel mercato, e se
non ci fossero minacce di entrata produrrebbe la quantità di monopolio; invece,
sottoposta alla minaccia di una potenziale entrata, potrebbe produrre di più di
quanto produrrebbe in monopolio, e facendo così toglierebbe spazio all’impresa
entrante (spazio sufficiente).
In Cournot, abbiamo detto che ogni impresa decide quanto produrre sulla base della sua
domanda residuale, ottenuta prendendo la domanda aggregata, togliendo la quantità che
presumibilmente producono gli altri; quello che rimane è la domanda residuale, che
trattavamo come la domanda di monopolista; ora, se l’incumbent produce molto, la
domanda residuale a disposizione dell’entrante diventa molto piccola, e pur
massimizzando i profitti, verrebbe fuori che potrebbe produrre talmente poco da avere dei
costi medi elevati al punto tale da non coprire il prezzo che si forma nel mercato, quindi
creando dei profitti negativi, e quindi a quel punto non sarebbe più conveniente entrare.
Questo è il meccanismo che tenteremo di analizzare: come fa l’impresa che sta dentro a
saturare il mercato in modo tale che non ci sia spazio per permettere l’entrata di qualcuno.
Si chiama limit pricing (prezzo limite, anche se è più facile concepirlo come quantità)
perché l’impresa incumbent è pur sempre un monopolista, quindi dire che produce più di
quanto produrrebbe in monopolio equivale a dire che fissa un prezzo più basso di
quello che avrebbe fissato in monopolio; quindi prezzo limite, o quantità limite, è
questo tipo di strategia che ha la possibilità di saturare ex ante il mercato prima che si
possa realizzare una potenziale entrata.
Dal punto di vista dell’antitrust, questo si chiama abuso di posizione dominante, e viene
sanzionato, perché l’incumbent ha il dominio del mercato, essendo monopolista, e abusa
di questo per impedire l’entrata, cercando di far persistere nel tempo questa posizione nel
mercato la posizione dominante viene mantenuta nel mercato non perché l’incumbent è
più bravo degli altri, ma perché produce in modo da impedire l’entrata.
Ma è anche vero che l’abuso di posizione dominante viene realizzato espandendo la
quantità, o abbassando il prezzo; cioè, paradossalmente la strategia di impedire l’entrata
viene battuta a vantaggio dei consumatori, e comunque (come il produttore di Bertrand
asimmetrico) per non far entrare l’altro, l’incumbent è costretto a tenere basso, o più
basso, il proprio prezzo.
Ricordiamo sempre che la stella polare che guida l’impresa è la massimizzazione dei
profitti, e l’impedire l’entrata non è l’obiettivo dell’impresa, di per sé: l’entrata certamente
140
p = 60 – Q p = 60 – q1 – q2
π2 = R – C = (60 – q1 – q2)q2 – F – 20q2
F - 20q = costi totali. Derivo rispetto a q2, e pongo tutto = 0, con l’obiettivo di individuare
la funzione di reazione, per calcolare i potenziali profitti, dando per scontato che, se
l’entrante entra, cercherà di fare meglio che può; quindi nel valutare i profitti bisogna dare
per scontato che, se c’è l’entrata, una volta entrato l’entrante massimizzerà i profitti.
Notiamo che facendo la derivata F sparisce, quindi la presenza di costi fissi non incide
minimamente sulla funzione di reazione:
π2 𝟒𝟎−𝐪𝟏
= 60 – q1 – 2q2 – 20 = 0 2q2 = 40 – q1 𝐪𝟐∗ = = risposta dell’entrante
q2 𝟐
la seguente equazione; questo è il livello minimo, ma l’incumbent non produrrà mai di più,
perché altrimenti abbasserebbe i suoi profitti oltre il necessario:
80−q1 40−q1 40−q1
𝛑𝟐 = - F – 20 * 0
2 2 2
80−q1 40−q1 40−q1
ma ci basta che sia 𝛑𝟐 = 2
- F – 20 * =0
2 2
Portiamo F a destra, e raccogliamo (40-q1)/2 a sinistra:
80−q1 40−q1 40−q1
– 20 * =F
2 2 2
40−q1 80−q1 40−q1 80−q1−40 40−q1 40−q1
2
( 2 − 20) = F
2
( 2
)=F 2
*
2
=F
40−q1 2 40−q1
F=( ) √F = q1 = 40 – 2√𝐅
2 2
Questa è la quantità che deve produrre l’incumbent per poter impedire l’entrata
all’entrante.
Discutere questa relazione: ci interessa il legame che intercorre tra q1 (la quantità che
deve produrre l’incumbent) e F (l’ammontare dei costi fissi) questo legame è negativo,
vuol dire che più alti sono i costi fissi dell’entrante, e più bassa è la produzione che
deve produrre l’incumbent per impedire l’entrata, e questa è una buona notizia per
l’incumbent: meno produce, meno si allontana dalla produzione di monopolio, e meno
costoso è impedire l’entrata in termini di profitti ai quali rinunciare.
I costi fissi potrebbero essere dei costi per l’acquisizione di un lancio pubblicitario su larga
scala; potrebbero essere dei costi amministrativi generali; potrebbero dipendere dal
prodotto: un conto è lanciare un prodotto relativamente semplice, un conto è lanciare sul
mercato un nuovo tipo di aereo con caratteristiche ricercate.
I costi fissi sono un fatto tecnico, non sono qualcosa che le imprese decidono
le imprese vorrebbero pagare meno costi possibili: è la tecnologia, il tipo di prodotto
considerato, quindi un fatto puramente tecnico-ingegneristico che ci dice quanto sono quei
costi fissi.
Perché c’è un legame negativo per cui, a fronte di costi fissi alti, è facile saturare il
mercato, nel senso che non dobbiamo produrre così tanto per impedire l’entrata? Perché
più alti sono i costi, più diventa difficile spalmare questi stessi costi, e più dobbiamo
produrre tanto per raggiungere l’efficienza sufficiente a reggere la concorrenza.
Quindi, siccome l’incumbent deve lasciare poco spazio all’entrante, e l’entrante ha bisogno
di tanto spazio, basta che l’incumbent si allarghi un pochino e l’entrante non entra;
143
vedremo poi che potrebbero anche esserci delle situazioni per cui, date le caratteristiche
della domanda, anche non facendo niente non c’è spazio per l’entrata (modello di Dixit).
Un altro modo di esprimere lo stesso concetto è dire che più alti sono i costi fissi, e più
forti sono le economie di scala.
Se F fosse zero, avremo come risultato 40: che cos’è 40?
Non sappiamo niente dell’incumbent: non sappiamo né se ha costi marginali, né se abbia
o non abbia costi fissi; potrebbe avere dei costi fissi che ha sostenuto nel lancio del
prodotto, sostenuti nel passato e non più recuperabili, e quindi non entrano più in gioco nel
calcolo che abbiamo fatto.
F per l’incumbent è come se fosse l’indice delle sue economie di scala: tanto è più alto F e
tanto sono più forti le economie di scala; tanto più è la distanza tra il costo medio e il costo
marginale più velocemente scendono i costi medi e più forti sono le economie di scala.
Se F = 0 vuol dire che non ci sono economie di scala, i rendimenti sono costanti e i costi
marginali sono uguali ai costi medi.
La formula trovata sopra può essere utilizzata anche in caso di F = 0? Radice di zero
esiste ed è zero, e quindi il risultato è 40.
40 è q, quindi non ha la natura di costo; sappiamo quali sono i costi dell’impresa 2, per cui
se F è zero significa che siamo nel caso in cui i costi marginali sono 20 (20q2) e siamo in
concorrenza perfetta 40 è il prezzo di concorrenza perfetta!
Quanto devo produrre perché l’altro non entri? L’altro non ha costi fissi (F=0), quindi è uno
che potrebbe entrare anche producendo una sua quantità, purché il prezzo copra il costo
di produzione; il costo di produzione è 20, e se produco 40 sto producendo la quantità di
concorrenza perfetta, e in questo caso il prezzo che si deve formare è 20, ed è appena
sufficiente a coprire i costi di produzione, e i profitti sarebbero nulli.
Se l’incumbent avesse avuto costi di produzione marginali pari, per esempio, a 15,
potrebbe avere senso anche una strategia di questo tipo, che corrisponde a Bertrand
asimmetrico, dove si fissa il prezzo uguale al costo marginale del concorrente, che però
non entra; quindi concorrenza perfetta sì, ma relativamente al costo marginale uguale a
20.
Poi c’è il problema della credibilità: ci sono dei costi fissi, e supponiamo che siano 25;
radice di 25 è 5 40 – 2*5 = 30 30 = q1 = quantità incumbent.
Allora l’incumbent si mette a produrre 30, e il prezzo sarà:
P = 60 – 30 (quantità incumbent) = 30 (prezzo);
144
30 (prezzo) * 30 (quantità incumbent) = 900 = profitti dell’incumbent, che sono minori dei
profitti di monopolio.
Ma non basta questo ad impedire l’entrata, perché l’entrante vede che in questo mercato
si sta producendo 30 il problema non è se nel mercato si produce 30, ma il problema è,
qualora l’entrante entrasse, la produzione rimarrebbe 30?
C’è analogia con Stackelberg: con Stackelberg prima veniva scelto q1 e poi q2, ma
quando veniva scelto q2, q1 non poteva essere messo in discussione.
Quindi non basta fare 30, ma potrebbe anche essere irrilevante quello che l’incumbent sta
facendo adesso; quello che conta davvero è quello che farà l’incumbent qualora entrasse
l’altro; bisogna far credere all’entrante che q per forza di cose pareggia = i profitti sono
zero; se invece l’altro entrasse lo stesso, a quel punto non potendo più impedire l’entrata,
l’incumbent ragionerebbe sulla sua funzione di reazione.
Come facciamo ad essere credibili? Dobbiamo costruirci una reputazione, dobbiamo
avere una capacità preinstallata, dobbiamo produrre in anticipo per poi commercializzare
in un secondo momento (gelati); oppure (Dixit) potrebbe essere sufficiente comprare in
anticipo un certo numero di fattori produttivi, e a volte prenotare senza neppure pagare
un certo numero di fattori produttivi nel modello di Dixit questa cosa è da sola
sufficiente a costruire un meccanismo di credibilità: questo da solo è sufficiente ad
impedire l’entrata qualora la si voglia impedire; e se invece l’incumbent scopre che è
troppo costoso impedire l’entrata, allora accetta l’entrata, ma approfitta di questo stesso
meccanismo per diventare almeno leader di Stackelberg: conviene lasciare entrare l’altro,
però se entra almeno non fanno gli stessi profitti, perché il leader/incumbent approfitta del
fatto che è già nel mercato, non impedisce l’entrata, ma almeno ottiene il vantaggio di
prima mossa del leader di Stackelberg.
Punto fondamentale è che c’è questo meccanismo di credibilità che funziona sia con
Stackelberg che con l’entrata, e se si riesce a metterlo in piedi, si riesce a sfruttarlo sia per
impedire l’entrata, sia per avere una leadership nel mercato.
Prezzo predatorio è un prezzo che, come i predoni, spinge fuori il concorrente dal
mercato: se esista nella realtà, o sia una specie di mito come l’uomo delle nevi è una
questione molto aperta! Comunque è una definizione molto presente nell’economia
internazionale, dove si è inondati da merci cinesi sottocosto (dumping), e quindi sottocosto
diventa sinonimo di prezzo predatorio; sta di fatto che i consumatori sono sempre molto
contenti di questo!
Temi di discussione:
Nel caso di competizione sui prezzi, sia omogenei che differenziati, esiste un vantaggio di
seconda mossa.
Sicuramente: se i beni sono omogenei è banale (p2 = p1 – ε); se i beni sono differenziati è
meno banale, bisogna fare alcuni calcoli e si scopre che il profitto più alto è quello
dell’impresa 2.
La credibilità non implica necessariamente un investimento in capacità produttiva.
Pensiamo ad esempi nei quali il leader non può fare diversamente da quanto stabilito.
L’investimento in capacità produttiva è una delle possibilità: quando si investe in capacità
lo si fa con l’obiettivo di usarla, perché lasciare capacità inutilizzata in un contesto di
perfetta informazione non è razionale; e quindi il puro e semplice fatto di avere investito è
un’azione cedibile. Ma non è sempre necessario, basti pensare ai casi in cui il leader non
può fare diversamente da quanto stabilito; quando parliamo di limit pricing sappiamo che
dobbiamo produrre tanto, ma siccome siamo i soli nel mercato produrre tanto equivale a
vendere ad un prezzo basso. Siccome lo devo fare in anticipo, potrei fare una campagna
promozionale: vendo un computer oggi, ma pretendo il pagamento il mese prossimo, ed il
prezzo è il prezzo del mese prossimo è un meccanismo di promessa, di vendita
differita; in generale, essere credibile è qualunque cosa che non posso fare diversa da
quella che ho detto di fare (e che è l’equivalente di bruciare le navi).
Nel definire la quantità da produrre per mettere fuori mercato il concorrente, l'incumbent
non massimizza alcun profitto.
L’incumbent massimizza i profitti quando deve calcolare la funzione di reazione
dell’entrante, però mette i profitti dell’entrante uguali a zero, quindi non sta massimizzando
niente! Casomai dopo si porrà il problema di vedere se gli conviene lasciare l’entrante
fuori, o se gli conviene lasciarlo entrare; ma il fatto che stia valutando se lasciarlo fuori o
lasciarlo entrare non implica nessuna massimizzazione dei profitti. Anzi, si allontana da
quella che potrebbe essere una massimizzazione.
146
Per ottenere il risultato di limit pricing, non è essenziale che l'entrante abbia costi fissi. E'
però necessario che si trovi ad operare in una regione con economie di scala.
Vedi risposta seguente, con relativo grafico.
Non è necessario che l'entrante abbia sempre economie di scala.
Occhio quando ci sono nelle frasi le espressioni: sempre, mai …
Non c’è scritto che “non è necessario che l’entrante abbia economie di scala”: c’è scritto
che “non è necessario che l’entrante abbia sempre economie di scala”; nell’esempio
considerato, con costi marginali costanti e F, le economie di scala ci sono sempre, perché
i costi medi sono decrescenti economie di scala è un altro modo per dire che i costi
medi calano; se sono decrescenti, non sono fatti ad U; se avessimo avuto una funzione
fatta ad U, andava bene! E, per essere più precisi, quando abbiamo una funzione di costi
medi fatta ad U, perché sia impedita l’entrata bisogna che la domanda residuale di questa
impresa (entrante) sia tangente ai costi medi lungo il tratto decrescente:
* * = economie di scala
* * = diseconomie di scala
In questo modo, qualunque prezzo si formi non supera mai i costi medi, perché c’è
tangenza; perché ci sia tangenza bisogna che la curva della domanda residuale venga
spostata verso il basso, e chi la sposta verso il basso è l’incumbent: più l’incumbent
produce, più la curva residuale si abbassa; se si abbassa a un punto tale da stare sempre
sotto la curva dei costi medi, allora basta che sia così per impedire l’entrata (*)
l’incumbent ha solo bisogno del tratto dove i costi stanno calando: questa è la zona
delle economie di scala; qualora l’entrante entrasse, dovrebbe operare in una regione di
economie di scala. Questo non significa che le economie di scala ci debbano essere
sempre, ma basta che siano là dove ci interessa che siano.
Indipendentemente dall'entità dei costi dell'entrante, l'incumbent potrebbe impedirne
l'entrata, per esempio producendo la quantità di concorrenza perfetta.
dove però (attenzione) per concorrenza perfetta si intenda la quantità di concorrenza
perfetta, più i costi marginali dell’entrante.
La strategia di limit pricing, pur riducendo il numero di imprese presenti, comporta alcuni
vantaggi per i consumatori.
Se noi andassimo a guardare solo il numero delle imprese presenti, meglio essere in due
a farci concorrenza che essere uno solo (dalla parte dei consumatori): però quella sola è
147
MODELLO DI SPENCE-DIXIT
Le imprese possono comportarsi in maniera strategica non solo nei confronti dei
concorrenti, ma anche dei concorrenti potenziali; rispetto ai modelli che già conoscevamo
abbiamo introdotto la presenza di economie di scala economie di scala significa che il
costo medio è decrescente (almeno in un tratto).
Un modo molto semplice di introdurre le economie di scala è quello di aggiungere un
costo fisso a dei costi marginali costanti: se c’è un costo fisso, non c’è più coincidenza
tra costi marginali e costi medi, perché al costo marginale devo aggiungere una quota del
costo fisso, che sarà tanto più piccola quanto più la spalmiamo sul numero maggiore di
unità prodotte più produciamo, più il costo medio si abbassa, quindi diventiamo più
efficienti e competitivi.
Sotto un certo livello di produzione abbiamo dei costi medi talmente elevati da non essere
più competitivi; questo implica che un’eventuale impresa, che si trovasse già nel mercato,
può produrre più di quanto produrrebbe se non fosse minacciata da un’entrata, andando a
saturare il mercato lasciando così poco spazio per un’eventuale entrata “poco spazio”
significa che qualora l’impresa che vuole entrare lo faccia effettivamente, si troverebbe a
produrre ad una scala tale per cui i costi sarebbero troppo alti.
Il trucco è quello di produrre il maniera tale che la curva di domanda residuale si trovi sotto
al costo medio: in questo modo non c’è possibilità, per l’impresa entrante, di avere profitti
positivi se non c’è possibilità di avere profitti positivi, questo viene anticipato
(capito) anche dall’impresa entrante che quindi non entra c’è perfetta informazione!
q la quantità aumenta
π i profitti diminuiscono
qM qD q
Se voglio impedire l’entrata vado a produrre la quantità qD che è maggiore della quantità
di monopolio: in corrispondenza della quantità qD non siamo più nel massimo, perché
producendo di più abbiamo dovuto bruciare una certa quantità di profitti.
Questo modello lascia aperte due questioni:
credibilità: non è sufficiente produrre o annunciare di produrre una quantità qD,
bisogna che a posteriori uno non possa fare altro che produrre veramente la
quantità qD > qM. Se l’entrante non dovesse credere a questo impegno, entrerebbe
149
L’altra questione, dopo essersi posti il problema di come essere credibili, è dire: ma
l’incumbent vuole davvero legarsi le mani da solo? evidentemente impedire l’entrata è
costoso: costoso significa che in qualche modo i profitti scendono rispetto alla soluzione
alternativa che è quella dove non si è minacciati per impedire l’entrata l’incumbent deve
pagare un prezzo in termini di riduzione dei profitti, ma se da un lato potrebbe essere
fortunato e non dover fare niente per impedire l’entrata; dall’altro potrebbe lasciare che
l’entrante entri, e in quel caso, dovendo sostenere una concorrenza che prima non c’era, è
ovvio che i suoi profitti diminuiscono. Quindi i profitti sono destinati a diminuire in entrambi
i casi; non è ovvio che per impedire l’entrata i profitti calino meno di quanto calerebbero
se si lasciasse entrare il concorrente bisogna capire quali sono le condizioni in cui
conviene fare un certo tipo di strategia, di deterrenza all’entrata; e quali sono le
condizioni dell’altra possibilità che è quella dell’accomodamento all’entrata.
Il modello di Dixit sviluppa alcune ipotesi di partenza, e con un modello molto semplificato
di potenziale duopolio possiamo vedere, a seconda dei valori dei parametri, quando
emergono nel mercato 3 possibili configurazioni:
1) l’entrata bloccata, dove l’incumbent non deve fare niente, perché comunque
l’entrante non riesce ad entrare
2) la deterrenza all’entrata, dove l’incumbent ostacola l’entrata
3) l’accomodamento all’entrata, dove l’incumbent preferisce far entrare l’entrante.
Nel modello di Dixit, il parametro che permette di creare una tassonomia, cioè una
classificazione tra i 3 casi possibili è il parametro F, che è il costo fisso dell’entrante
l’entrante è caratterizzato da un costo fisso: se il costo fisso dell’entrante è molto
elevato, lui ha bisogno di produrre molto per essere efficiente, e questo molto potrebbe
essere talmente tanto, che già in condizioni normali lui non riuscirebbe ad entrare =
entrata bloccata.
A un livello più basso di F, abbiamo visto che si crea un legame inverso tra q (produzione
dell’incumbent) e F, cioè più è alto F, più è difficile entrare; e più è difficile entrare, e meno
ha bisogno l’incumbent di sovraprodurre per impedire l’entrata = deterrenza all’entrata.
Se F è basso, le economie di scala non sono molto forti, e si riesce ad entrare e a reggere
la concorrenza anche producendo relativamente poco; a quel punto, l’incumbent per
impedire l’entrata deve produrre molto, ma producendo molto si allontana molto anche
dalla produzione ottimale di monopolio, e vede i suoi profitti calare di molto =
accomodamento all’entrata.
152
Cosa succede se scopre che vuole produrre più di quanto inizialmente previsto, e quindi
ha bisogno di più computer e più personale?
Non succede assolutamente nulla: li compra! Quindi, nella seconda fase l’incumbent può
assumere più personale, e comprare più computer se ne ha bisogno.
Li paga più del prezzo che ha pagato gli altri computer?
No!, li paga esattamente quanto li ha pagati nella fase numero uno.
Ma allora che bisogno c’è di pagare i computer in anticipo, o prenotarli prima, se poi li
paga lo stesso prezzo?
È proprio la possibilità di pagare in anticipo, o al limite prenotare in anticipo, che crea il
discorso di credibilità di cui abbiamo bisogno!
C’è un potenziale entrante che svolge lo stesso tipo di servizi, quindi il prodotto è
omogeneo; anche l’impresa entrante può assumere persone o comprare computer, e gli
costa lo stesso importo dell’incumbent, quindi non c’è differenziazione quindi non c’è un
vantaggio di costo per l’incumbent.
I computer e il personale acquistati e assunto dall’incumbent possono essere considerati
un tipo di capacità, quindi lui preacquista una certa capacità produttiva; però c’è una
differenza rispetto al vecchio modello di capacità, perché prima c’era un tipo di capacità
che non permetteva di andare oltre; ora, invece, c’è una capacità prevista, ma se ci si
accorge che si può produrre di più, si può acquistarne di più il limite della capacità
predisposta si può superare.
A questo punto diventa obbligatorio, perché tutto funzioni, per l’entrante avere un costo
fisso F2, e allora il problema diventa come può fare ad entrare; l’incumbent deve capire
quanto deve produrre per: a) diventare leader di Stackelberg, oppure b) impedire l’entrata
deve capire se è meglio fare una cosa, o se è meglio fare l’altra, o se addirittura non
serva far niente, quindi occorre capire in quale dei tre regimi si sta muovendo.
Dovendo fare una competizione con la scelta della quantità, è possibile utilizzare le
vecchie funzioni di reazione, perché erano basate sull’ipotesi dei costi marginali costanti
che chiamavamo c. Adesso non si chiamano più c ma w, oppure w + r, se acquisto un
computer in più (r = costo di un computer). Ci sono i costi fissi (F1), però quando
massimizziamo il profitto, facciamo la derivata e i costi fissi spariscono i costi fissi
incidono sui profitti, ma non incidono sulle funzioni di reazione, perché se prendo il profitto
e tolgo una costante, il punto di massimo è sempre sullo stesso punto di prima. Le
funzioni di reazione non cambiano!
ATTENZIONE! Per quanto riguarda l’entrante abbiamo una sola funzione di reazione:
154
(A – w – r) q1
q*2 = − purché q*2 > 0 (cioè purché l’entrante produca)
2B 2
Invece, per l’incumbent dobbiamo introdurre una distinzione, a seconda che si operi
sopra o sotto il livello previsto di capacità:
se sta sotto i suoi costi marginali utilizziamo w (al posto di scrivere c scrivo w).
se sta sopra i suoi costi marginali utilizziamo w + r (come nel discorso
dell’entrante).
Devo trovare un equilibrio di Nash, ma devo tenere conto di due cose:
1) la funzione di reazione dell’incumbent è una funzione di reazione discontinua,
con due spezzoni distinti, a seconda che stia operando sopra o sotto la sua
capacità
2) l’entrante massimizza i suoi profitti rispondendo in base alla sua funzione di
reazione, ma non sappiamo se i profitti che realizza in questo modo sono positivi o
negativi; se sono negativi, quello che troviamo è sempre un massimo, ma di una
funzione negativa: più che massimizzando i profitti sta minimizzando le perdite,
quindi la cosa migliore non è produrre q2*, ma è produrre 0 = non produrre!
q2* è la quantità che produco se i miei profitti sono positivi perché se non lo
fossero la cosa migliore da fare è mettere q2=0.
Mettendo assieme questi elementi arriviamo ad un diagramma di questo tipo:
I costi di produzione dell’incumbent sono diversi a seconda che produca meno o più di
quanto aveva previsto quando, nel periodo 1, aveva ordinato un certo numero di
computer.
Supponiamo di aver comprato 7 computer (K1=7):
Impresa Incumbent: l’impresa incumbent ha una funzione di reazione che è una specie di
assemblaggio di due funzioni di reazione.
Quando abbiamo lavorato con
Il primo tratto rosso scuro è la funzione di reazione Cournot con costi marginali diversi,
quando uno aveva costi marginali più
dell'impresa 1 quando i suoi costi marginali sono
bassi la sua funzione di reazione si
bassi bassi vuol dire che i costi marginali spostava verso l’esterno.
includono solo w, e questo accade quando q1 è
minore di un certo livello K1 (= il numero di computer comprati nel primo periodo).
Se produco meno di 7 (K1) devo pagare solo i programmatori che assumo, ma se devo
pagare solo i programmatori che assumo, solo questi entrano nel costo marginale: il costo
marginale è basso, e la mia funzione di reazione è il primo spezzone rosso scuro.
Se produco più di K1, i costi marginali non sono più w, ma sono w + r; in questo caso la
funzione di reazione è il tratto rosso scuro più in basso.
Mettendo assieme queste due informazioni, la funzione di reazione dell’impresa incumbent
è quella rosso scuro.
Impresa Entrante: l’entrante non ha problemi di discontinuità, quindi la sua funzione di
reazione corrisponde a quella disegnata in blu.
Questa linea viene bruscamente interrotta perché al di sotto di un certo livello q2, per
effetto delle economie di scala, scopro che i profitti dell’entrante sono negativi.
157
L’entrante deve stare attento: quando l’incumbent produce una certa quantità, non è vero
che all’entrante conviene produrre poco, perché se produce poco, sta massimizzando i
suoi profitti, ma questi sono negativi producendo così poco non riesce a recuperare i
costi fissi!
Se l’incumbent fa un certo q1, la miglior cosa che può fare l’entrante non è q2*, ma è 0!
Entrambe le funzioni di reazione hanno una discontinuità, ma per motivi diversi: la
funzione dell’incumbent ha una discontinuità, perché a seconda di quanto produce può
avere costi marginali bassi o alti.
La funzione dell’entrante ha una discontinuità, perché al dì sotto di una certa quantità q2 i
profitti diventerebbero negativi, e allora la cosa migliore che può fare è non produrre.
L’intersezione tra le due funzioni di reazione (indicata dalla freccia rossa) è un
equilibrio di Nash, perché nessuno dei due cambia strategia, dunque le strategie sono
mutuamente coerenti.
Entrata bloccata:
Calcoliamo quanto dovrebbe produrre l’incumbent per impedire l’entrata; il primo
passaggio è quello di ricavare la funzione di reazione dell’entrante (vedi lezione
precedente), perché l’idea è: se dovesse mai entrare l’entrante, posto che entra, cercherà
di fare meglio che può “meglio che può” significa rispondere nel modo più opportuno
alla produzione q1 realizzata dall’incumbent: quindi scrivo π2, massimizzo rispetto a q2,
trovo q2 e lo inserisco nella funzione di reazione dell’incumbent:
Per stabilire la quantità q1 che occorre produrre per impedire l’entrata, si prendono i profitti
dell’entrante, e al posto di q2 mettiamo la funzione di reazione ottenuta: a questo punto i
profitti dell’entrante diventano solo funzione di q1, e troviamo il q1 che rende il profitto
dell’entrante uguale a zero; siccome il profitto il più delle volte è una forma quadratica,
tecnicamente è un’equazione di secondo grado che avrebbe quindi 2 soluzioni: di queste 2
soluzioni, una ha senso economico; l’altra no, o perché il valore è negativo, o perché
ricordiamoci che l’incumbent vuole produrre meno possibile, e andrà quindi a scegliere il
valore più basso
159
q1 q1 q1
(60 – q1 – 10 + 2 ) (10 + 2 ) - F - 40(10 + 2 ) = 0
q1 2 q1
(10 + 2 ) = F √F = 10 – 2
q1 = 20 – 2 √𝐅
Abbiamo ottenuto la relazione inversa tra F e q1, che dice che più è alto F e meno
l’incumbent deve produrre per allontanarsi dalla produzione di monopolio; il q1 che
abbiamo trovato è la quantità minima da produrre perché l’entrante non faccia
profitti, e quindi non entri; se l’incumbent produce di più di questa quantità, a maggior
ragione l’entrante non entrerà, ma l’incumbent non produrrà di più del q1 trovato, perché
gli costerebbe di più in termini di profitto. Il dato ottenuto lo dobbiamo confrontare con la
quantità che l’incumbent produrrebbe se non fosse minacciato dall’entrante.
Ipotizziamo che l’incumbent non sia minacciato dall’entrata quanto produrrebbe?
Per lui la domanda diventa 60 – q1, i ricavi marginali sarebbero 60 – 2q1; e i suoi costi
marginali sarebbero 40 perché, non essendo minacciato dall’entrata, deve dotarsi di
computer e deve assumere personale, per cui a questo punto diventa del tutto irrilevante
se comprare i computer prima o comprarli dopo deve pagare 20 ogni computer e 20
ogni persona, quindi i suoi costi marginali sono 40.
In corrispondenza di questa condizione la quantità di monopolio è 10, e i profitti di
monopolio sono 100 (per trovare q1, pongo i ricavi marginali = ai costi marginali:)
R’ = c’ 60 – 2q1 = 40 20 = 2q1 q1 = 10
π1 = (60 – q1)q1 – 40q1 = (60 – 10)10 – 40*10 = 50*10 – 40*10 = 500 – 400 = 100
Quando si ha a che fare con curve di domanda lineari e costi di questo tipo, una proprietà
particolare è che la quantità che si decide di produrre come leader di Stackelberg
coincide con la quantità di monopolio quindi 10 oltre che essere la quantità di
monopolio, è anche la quantità del leader di Stackelberg.
C’è una possibilità fortunata che è quella in cui, non facendo niente, l’incumbent è sicuro
che l’entrante non entrerà: l’incumbent sa che per tenere fuori l’entrante deve produrre la
quantità q1 = 20 - 2√𝐅; se producesse la quantità che massimizza i suoi profitti in assenza
di una minaccia di entrata (10), questo potrebbe essere sufficiente? Deve verificarlo! =
deve mettere a confronto q1 con q2:
10
10 20 - 2√F 2√F = 10 √F = √F = 5 F = 25 F 25
2
Se l’incumbent produce come un tranquillo monopolista, che dorme sonni sereni e non ha
bisogno di far niente, può essere che quello che produce è già più che sufficiente per
160
tenere l’entrante fuori dalla porta? Occorre che 10 sia maggiore/uguale alla quantità q1
minima da produrre per tenere fuori l’entrante: 10 20 - 2√F; questo implica F 25, che
significa che se i costi fissi dell’entrante sono tanto alti (più alti di 25), tranquillamente, con
questa funzione di domanda, non c’è spazio per entrare.
E se il mercato fosse più ampio? Se nella funzione di domanda ci fosse 80 al posto di 60,
probabilmente con 25 di costi fissi si riuscirebbe ancora ad entrare, perché i costi fissi alti
o bassi, sono alti o bassi in relazione all’ampiezza del mercato; quindi se il mercato è già
grande “c’è spazio”.
Viceversa, se F è minore di 25 a quel punto non basta più produrre 10, occorre fare
qualcosa se F 25 l’entrata non è esclusa: se F = 20, non è per niente ovvio che
l’entrante non entri, e l’incumbent deve inventarsi qualcosa; ha 2 possibilità:
o l’incumbent decide di produrre quella quantità che è stabilita come minimo
necessario per impedire l’entrata
oppure l’incumbent lascia entrare l’entrante, però diventando il leader di
Stackelberg.
Come facciamo a stabilire quando conviene fare una cosa invece dell’altra?
L’incumbent, per lasciare fuori l’entrante, deve produrre 20 - 2√𝐅; se produce questa
quantità, quanti profitti fa?
q1 = 20 - 2√𝐅, q2 = 0 (perché l’entrante non entra), quindi ho la possibilità di calcolare i
profitti corrispondenti a q1; ricordiamoci che q1 non massimizza i profitti, altrimenti
sarebbe un monopolio (il problema dell’incumbent non è massimizzare, ma lasciare fuori
l’altro).
Siccome q1 dipende da F, verrà fuori che i profitti dell’incumbent dipenderanno da F:
più è alto F, più è difficile entrare, e meno l’incumbent si deve allontanare dalla
produzione di monopolio i profitti aumentano, quindi si crea un legame positivo
tra i costi d’entrata e profitti dell’incumbent, ammesso e non concesso che si voglia
lasciare fuori l’entrante.
Se invece si permette l’entrata, proprio per il discorso di discontinuità (vedi
parentesi graffa rossa all’inizio dell’esercizio), l’incumbent può diventare leader di
Stackelberg, e può dire in anticipo quanto produrrà nella fase 2; quindi, a quel
punto calcolerà i suoi profitti (se si realizzasse un duopolio alla Stackelberg).
A questo punto i profitti dell’incumbent dipendono o no da F?
prendo il profitto π1 (del leader), al posto di q2 metto la funzione di reazione, e
massimizzo; trovo q1, che poi reinserito in π1 mi dà i profitti.
161
Accomodamento Stackelberg
Occorre inserire la funzione di reazione dell’entrante dentro la funzione di profitto
dell’incumbent; alternativamente, posso anticipare un po’ di passaggi, perché so che la
quantità prodotta in Stackelberg leader è uguale alla quantità prodotta in
monopolio, quindi (nel nostro caso) è 10; i profitti però non sono uguali a quelli del
monopolio, perché in Stackelberg c’è anche il follower (l’entrante) che produce, e la sua
funzione di reazione gli dirà quale è il miglior q2 che potrà scegliere, dato che il leader ha
scelto di produrre 10:
q1 10
q1 = qS1 = qM1 = 10 q2 = 10 – = 10 – = 5 = qS2
2 2
da questo si possono ricavare tutte le altre variabili, e cioè il prezzo e il profitto di entrambi:
p = 60 – q1 – q2 = 60 – 10 – 5 = 45 (prezzo)
π1 = (45 – 40)10 = 50 (profitti leader/incumbent)
π2 = (45 – 40)5 – F = 0 (profitti follower/entrante)
Al profitto dell’entrante occorre togliere F, ma quello che ci interessa sono i profitti del
leader/incumbent in Stackelberg che sono pari a 50 ricordiamoci che se l’incumbent era
162
un monopolista felice faceva 100 di profitti!, quindi il fatto di permettere l’entrata, anche
rimanendo leader di Stackelberg, significa un dimezzamento dei profitti.
Se l’incumbent vuole impedire l’entrata deve produrre di più di quanto produceva in
monopolio, quindi bisogna che k1 = q1 > 10, perché scegliendo la capacità l’incumbent
deve dimostrare credibilmente che a posteriori produrrà quella quantità per comprimere
lo spazio a disposizione, il leader deve produrre più di 10, e la quantità dovrà essere
(60 - q1)q1 – 40q1 – 50 > 0 q1(20 – q1) – 50 > 0 - q12 + 20q1 – 50 > 0
−b±√b2 −4ac +20±√202 −4(1∗50)
q12 – 20q1 + 50 < 0 2,93 < q1 < 17,07
2a 2∗1
q1 deve essere compreso tra 2,93 e 17,07; ma ricordiamoci che l’incumbent va a produrre
la quantità maggiore di 10, quindi il risultato che ci interessa è un q1 che deve essere
compreso tra 10 e 17,07: 10 < q1 < 17,07
17,07 è quella quantità che se prodotta rende indifferenti tra fare deterrenza o
lasciare entrare, cioè:
17,07 deve essere maggiore di 20 - 2√𝐅 se conviene la deterrenza: 17,07 > 20 - 2√𝐅
il risultato di questa diseguaglianza è F = 2,14
2,93
17,07 > 20 - 2√F 2√F > 20 – 17,07 2√F > 2,93 √F = 2
F2 q1 q2
ENTRATA BLOCCATA ≥ 25 10 0
DETERRENZA 2,14 ≤ 𝐹2 < 25 20 − 2√𝐹2 0
ACCOMODAMENTO < 2,14 10 5
Se i costi fissi (F) dell’entrante sono molto alti, relativamente alle dimensioni del mercato,
l’entrata bloccata significa che si viene a creare naturalmente una situazione di
monopolio che si va a perpetrare nel tempo, senza la necessità di fare nessuna cosa da
parte dell’impresa che è già presente (incumbent) quindi l’impresa già presente
produrrà la quantità di monopolio, cioè 10; e l’entrante non entra, e quindi produrrà 0.
Se F è minore di 25, ma è maggiore/uguale a 2,14 siamo in una situazione di deterrenza,
cioè c’è una politica attiva dell’incumbent atta ad impedire l’entrata quindi, siccome
l’entrata è impedita, q2 = 0; e q1 = 20 - 2√𝐅: se F fosse 25, allora l’incumbent dovrebbe
produrre 10; se F fosse 16, dovrebbe produrre 12; se F fosse 9, dovrebbe produrre 14
come abbiamo già visto, più si abbassa F e più l’incumbent deve produrre per tenere
fuori l’entrante; i profitti caleranno in proporzione, ma saranno sempre maggiori di 50
se F fosse 1, q1 sarebbe 18, e i profitti sarebbero: (60 – 18)*18 – 40*18 = 36 = profitti
che l’incumbent ottiene facendo deterrenza; se invece facesse il leader di Stackelberg
otterrebbe 50, quindi questa volta conviene far entrare = accomodamento; quindi, se F è
di 2,14 l’incumbent permette l’entrata, e produce 10, che è la produzione del leader di
Stackelberg, che corrisponde anche alla produzione di monopolio; e l’entrante produce 5.
Il modello di Dixit è un modello che, se svolto per intero, permette di costruire una tabella
come quella sopra: a seconda dell’entità di F abbiamo tutti i casi possibili.
Riassumendo: l’entrata è bloccata quando esiste una sola impresa che fa il bello e il
cattivo tempo, e questa impresa non deve preoccuparsi di niente, perché l’entrata è
impossibile; l’impresa che è già dentro si comporta da monopolista, e l’impresa che sta per
entrare, anche scegliendo in modo ottimale la sua quantità, non ce la fa a recuperare i
costi fissi, e questo avviene quando i costi fissi sono troppo alti: nel nostro caso questo
avviene quando i costi fissi sono superiori a 25.
Se voglio impedire l’entrata devo allargarmi in modo da non lasciare spazio per entrare;
per allargarmi devo produrre di più, ma nel momento in cui inizio a produrre di più i miei
profitti cominciano a calare.
164
Se l’altro può entrare, io devo per forza di cose subire una perdita, non posso più fare
100 di profitti; di fronte ho due alternative:
lo lascio entrare e mi accontento di 50
faccio in modo che l’altro non entri, ma per far sì che l’altro non entri devo produrre
più di 10; nel momento stesso in cui produco più di 10 i miei profitti si riducono.
Se F è molto alto, l’incumbent non deve fare niente perché l’entrante non entri; se F 25
l’entrante potrebbe entrare, ma allora l’incumbent basta che produca un po’ di più di quello
che produrrebbe in monopolio per non lasciargli più spazio.
Se F è molto basso, l’incumbent dovrebbe allargarsi molto per evitare l’entrata; se F = 0
non ci sono economie di scala, ma l’incumbent per impedire l’entrata potrebbe produrre
20 (pongo i costi fissi = 0) 20 è la produzione di concorrenza perfetta in
corrispondenza del prezzo uguale al costo marginale, che è 40: se l’incumbent
produce la quantità di concorrenza perfetta, l’entrante non entra perché non riuscirebbe a
recuperare né i costi fissi, né i costi marginali, in quanto il prezzo sarebbe uguale a 40:
P = 60 – Q P = 60 – 20 = 40.
Il grafico che rappresenta la produzione che l’incumbent deve fare per mettere i profitti
dell’entrante = 0 è il seguente:
π2 se F fosse uguale a zero, non ci sono
economie di scala q1 = 20
perché 20? 20 = produzione di
concorrenza perfetta
q* q2 solo nel caso della deterrenza, se i profitti
sono minori dell’accomodamento: πD < πA,
π1 allora: π = (60 - q1)*q1 – 40*q1 = 50
100 q1 = 17,07 (Stackelberg)
50
10 17,07 q1
Temi di discussione:
Nel modello di Dixit entrambe le imprese sono caratterizzate da funzioni di reazione
discontinue, ma per motivi diversi.
Le funzioni di reazione sono discontinue:
165
per l’incumbent, perché ci sono 2 diversi livelli di costi marginali, a seconda se sta
sopra o sotto la capacità preinstallata
per l’entrante, perché sotto di una certa quantità preferisce non produrre affatto,
perché i profitti diventano negativi.
Nel modello anche l'impresa incumbent potrebbe avere costi fissi ed economie di scala.
I costi fissi dell’incumbent non ci interessano, perché non incidono sulle sue decisioni: in
monopolio potremmo avere dei costi fissi, ma quando facciamo la derivata e
massimizziamo i profitti, i costi fissi spariscono; i profitti saranno π – F1, ma quanto
produce l’incumbent non dipende da questo.
Se l’incumbent vuole lasciare fuori l’entrante, tiene conto dei costi fissi dell’entrante; e se
l’incumbent fa il confronto tra Stackelberg e la deterrenza, confronta i suoi profitti in
entrambi i casi: se ci sono dei costi fissi compaiono sia a destra che a sinistra
dell’equazione, quindi i costi fissi si escludono e non incidono nel confronto.
L'impresa incumbent non possiede alcun vantaggio di costo rispetto all'entrante.
Significa che i suoi costi marginali, a priori, sono uguali l’incumbent non è incumbent
perché è più bravo, ma solo perché riesce a comprare prima dell’altro, perché è già dentro
al mercato.
L'impresa incumbent non è vincolata a produrre la quantità corrispondente alla capacità
installata nel primo periodo.
Anche se noi possiamo interpretare k1 come capacità preinstallata, a differenza del
modello che avevamo visto con gli impianti di risalita (impianti sciistici), si può
tranquillamente andare oltre: alla fine k1 diventa uguale a q1 come nel vecchio modello,
ma a priori potremmo avere anche un q1 che supera il k1.
L'entrante potrebbe avere costi fissi ridotti al punto tale da ottenere profitti netti anche
come follower.
Abbiamo visto che il follower produce 5, e abbiamo visto che in quel caso conviene farlo
entrare; i profitti del follower dipendono da F: se F è molto basso ci saranno profitti
maggiori se F è zero è come se fosse un normale follower.
L' incumbent si trova a dover scegliere, in un certo senso, il male minore.
Se l’incumbent vuole impedire l’entrata, e quindi produce di più della quantità di
monopolio, i suoi profitti iniziano a calare; se permette l’entrata, si deve accontentare dei
profitti del leader di Stackelberg; quindi sceglie la quantità che gli permette di non
scendere sotto la soglia del profitto che farebbe da leader di Stackelberg, che è il male
minore.
166
Non coopera/non coopera (giallo) è quello che abbiamo considerato fino adesso:
ognuno massimizza i suoi profitti, si interessa solo a se stesso; in un duopolio simmetrico
di Cournot: risolviamo il modello simmetrico di Cournot, e dentro ci mettiamo i profitti così
come li abbiamo trovati, come equilibrio di gioco simultaneo alla Cournot. Con il modello di
Bertrand, con prodotti omogenei e costi marginali uguali, non serve fare calcoli: basta
mettere zero e zero (0, 0) se ognuno va per i fatti suoi, c’è una guerra dei prezzi e i
profitti vengono completamente erosi! Se i costi marginali sono diversi, uno sarà un
numero positivo (quella con costi minori), l’altro sarà zero.
Coopera/coopera: (verde) vuol dire che le imprese decidono quanto produrre come
un’unica entità: creano una specie di cooperativa tra imprese (cartello), dove le decisioni
vengono prese congiuntamente questo è solo un esempio tra i tanti possibili di
172
cooperazione, o di intesa restrittiva della concorrenza, perché, soprattutto alla luce del
fatto che le intese restrittive della concorrenza sono illegali nella stragrande maggioranza
dei Paesi, si può arrivare allo scopo per vie traverse: potrebbe essere “ci dividiamo
implicitamente il territorio” = divisione geografica; ci può essere una spartizione per
tipologia di bene: uno produce una cosa e l’altro ne produce un’altra = divisione per
tipologia merceologica; ci si può scambiare anche informazioni! (è accaduto per le
compagnie assicurative) noi la facciamo un po’ più semplice: decidiamo o le quantità da
produrre (Cournot), o i prezzi da applicare (Bertrand), dipende dal modello scelto. Quindi
nella casella verde inseriamo i profitti che vengono assegnati alle due imprese quando si
muovono sotto la stessa “regia”, che è quella del cartello.
Attenzione!
Cournot, duopolio simmetrico: quando siamo in un duopolio simmetrico alla Cournot e
debbiamo decidere come massimizzare i profitti congiunti, la cosa più ovvia è che insieme,
io e te, produciamo la quantità di monopolio; se siamo simmetrici, la cosa più ovvia da dire
è che metà la fai tu e metà la faccio io, ma quello che conta è che si produca
complessivamente la quantità di monopolio! potrebbe anche essere che un’impresa
produce tutto lei e l’altra non fa niente!, perché quello che conta è la quantità complessiva
è la quantità complessiva che massimizza i profitti complessivi!
Un altro paio di maniche è come i profitti complessivi vengono poi divisi tra chi ha
partecipato al cartello non è detto che i profitti vadano metà a una e metà all’altra:
questo succede solo se le imprese sono simmetriche; se ci sono costi marginali
diversi, e si vogliono massimizzare i profitti totali, la massimizzazione del profitto
implica la minimizzazione dei costi, e se abbiamo due imprese, una con costi più alti e
una con costi più bassi, la massimizzazione dei profitti totali implica che si produce
tutto dove costa meno! il cartello ha 3 problemi:
quanto produrre nell’aggregato
chi produce; e una volta deciso questi due punti
come ripartire la torta dei profitti.
Se siamo in perfetta simmetria, la produzione di monopolio viene divisa a metà, e i profitti
spettano metà a ciascuno; se i costi marginali sono diversi, si produce la quantità di
monopolio corrispondente ai costi più bassi, produce solo il più efficiente (chi ha i costi più
bassi), ma quello che non ha prodotto niente, non ha prodotto niente perché gliel’ha detto
il cartello di non produrre niente! se avesse ragionato in modo non cooperativo avrebbe
fatto dei profitti, anche se più bassi dell’impresa più efficiente.
173
In Cournot asimmetrico, i costi marginali possono essere diversi; se non sono troppo
diversi, entrambe le imprese sopravvivono nel mercato, quella meno efficiente produce un
po’ di meno, ma fa comunque dei profitti!
L’impresa meno efficiente deve portare a casa almeno i profitti che avrebbe fatto se
andava per i fatti suoi! Dobbiamo quindi distinguere due questioni:
se i costi marginali sono costanti ma diversi, si produce dove costa meno
se i costi marginali non sono costanti (per esempio sono crescenti), allora occorre
che ognuno produca un po’, e nel produrre quel po’ occorre che i costi marginali
siano uguali nel punto di produzione: questa è una conseguenza logica e
necessaria della diminuzione dei costi
se i costi marginali sono crescenti, se produco poco un’unità in più non costa granché;
più aumenta la produzione, e più ogni unità che vado ad aggiungere diventa più costosa
da produrre; allora, se i costi marginali fossero diversi, si potrebbe a parità di produzione,
togliere una unità dove i costi sono alti, e metterla quella stessa unità dove costa di meno
in questo modo si abbassano i costi; se i costi sono minimizzati, bisogna che i costi
marginali siano uguali: bisogna che si intersechino le due curve dei costi marginali.
È ovvio che se i costi marginali sono costanti, sono due rette parallele che non si
incrociano mai! Non potendoli coalizzare, si concentra la produzione dove costa meno; ma
se i costi marginali non sono costanti, si deve smistare la produzione da una parte all’altra,
in modo tale che il grosso della produzione venga diviso in un q1 e un q2, e il costo
marginale di q1 deve essere uguale al costo marginale di q2.
Quindi il cartello va visto come un monopolista multimpianto, e se del caso,
multiprodotto.
Immaginiamo due imprese, ognuna con il suo impianto di produzione; se si mettono
insieme e ragionano come un cartello devono ragionare come un’unica grande impresa;
però questa impresa ha due impianti di produzione, quindi, posto che deve produrre una
certa quantità, può decidere quanta di questa quantità produrre da una parte, e quanta
dall’altra, e cerca di farlo in modo da minimizzare i costi.
Se invece i due prodotti sono differenziati, il ragionamento è esattamente uguale, solo
che in questo caso il cartello decide quanto si produce di ciascuno dei due prodotti
differenziati.
Per esempio: un cartello tra Pepsi e Coca-Cola, vorrebbe dire che si produce sia Pepsi
che Coca-Cola, e che il cartello è un monopolista multiprodotto già oggi la Coca-
Cola produce sia Coca-Cola che Fanta; l’impresa, quando deve stabilire il prezzo della
174
Fanta, sa che un eventuale aumento o diminuzione del prezzo della Fanta ha ripercussioni
sul prezzo della Coca-Cola, che produce lei stessa: abbassando il prezzo della Fanta,
verrà gente che prima beveva Pepsi, ma verrà anche gente che comunque beveva già la
Coca-Cola questo concetto si chiama cannibalizzazione: un prodotto della tua linea va
in concorrenza con un altro prodotto della tua stessa linea.
Se Coca-Cola e Pepsi creano un cartello, come si deve stabilire il prezzo della Coca-Cola
o il prezzo della Pepsi? siccome sono un’impresa multiprodotto, nel decidere i profitti
della Coca-Cola massimizzo la somma dei profitti ottenuti dalla linea di prodotto Coca-
Cola e dalla linea di prodotto Pepsi esiste un profitto della Coca-Cola che dipende dal
prezzo della Pepsi; allo stesso modo per la Pepsi:
πC (pc, pp) πP (pp, pc)
quando siamo in una situazione di concorrenza (ognuno va per la sua strada), calcoliamo
le funzioni di reazione e troviamo le quantità e i prezzi; quando invece siamo un cartello,
dobbiamo massimizzare la somma dei profitti, se abbiamo due linee di prodotto che
ci danno profitti: πC (pc, pp) + πP (pp, pc).
Dovremo poi fare le derivate parziali relative ai due prodotti: si fa la derivata parziale, si
deriva per esempio rispetto a pc tenendo pp fisso, andando a considerare variando il
prezzo della Coca-Cola cosa succede ai profitti della Pepsi ecco perché è come
un’esternalità: prima non mi interessava cosa faceva l’altro; ora che sono un cartello
considero tutti gli effetti, diretti e indiretti, delle mie scelte.
Alla fine è sempre un sistema di due equazioni a due incognite, perché diventa la derivata
parziale rispetto al prezzo della Coca-Cola = 0, e la derivata parziale rispetto al prezzo
della Pepsi = 0; in questo modo si decide insieme quale prezzo si fisserà per i due
prodotti.
Quando si fa concorrenza, si tengono i prezzi più bassi per strapparsi i concorrenti l’un
l’altro rubarsi i concorrenti l’un l’altro è un gioco che tende a schiacciare i prezzi verso il
basso. Se sono in una situazione di cartello, ci si mette d’accordo, e alla fine il prezzo della
Coca-Cola sarà più alto di quello che sarebbe stato fissato, e anche il prezzo della Pepsi!
quindi tutti e due i prezzi saranno più alti; ma qui non siamo in simmetria, perché le
domande sono diverse, e anche i prezzi.
Una volta stabilito cosa fare, abbiamo ottenuto dei profitti; i profitti possono essere visti
come una torta che nasce dai benefici della cooperazione un conto è massimizzare la
torta, un altro conto è dividerla! Allora quanto va a uno e quanto va all’altro è un ulteriore
problema che teoricamente il cartello dovrebbe risolvere, e noi non abbiamo delle regole
175
che ci dicono esattamente come dovrebbe essere divisa la torta; esiste però una teoria
che stabilisce come dovrebbero essere ripartiti i benefici, o le eventuali riduzioni di costi,
derivanti dalla cooperazione, ed è la teoria dei giochi cooperativi, e non ha quasi nulla a
che vedere con tutti i concetti visti finora.
La teoria dei giochi cooperativi è una teoria che cerca di formalizzare il concetto di potere
contrattuale, ed è utile in varie circostanze, come per esempio la contrattazione salariale
(tra sindacati e datori di lavoro): stabilisce quanto del valore aggiunto va sotto forma di
profitto per i capitalisti, e quanto va sotto forma di salario per i lavoratori.
Ci sono delle regole, e queste regole hanno dei vincoli; uno di questi vincoli potrebbe
essere “non puoi darmi meno di quello che otterrei da solo”; ma se ci sono due imprese e
dobbiamo decidere quanto produrre, una ha costi pari a 5 e l’altra ha costi costanti pari a
7, abbiamo già detto che se dobbiamo metterci d’accordo conviene che produca solo
quella che ha costi pari a 5. L’impresa che ha costi parti a 7, per essere convinta a non
produrre deve essere risarcita; ma è giusto che i profitti vengano ripartiti in parti
uguali? Se è sbagliato dire che quello che non produce non prenderà niente, è altrettanto
sbagliato dire che quello che produce prenderà metà, perché se fossimo in un contesto
cooperativo il più efficiente avrebbe fatto più profitti.
Riassumendo: se si è in cooperazione occorre considerare che cosa sarebbe
desiderabile fare come se fossimo un’unica grande entità (un’unica impresa), che ha due
impianti; se ci sono beni differenziati, non solo ci sono due impianti, ma ci sono anche
due linee di prodotto; una volta ottenuto un ottimo risultato come gruppo, c’è il problema
di come suddividere i profitti: per esempio, i profitti possono essere suddivisi
proporzionalmente in base ai profitti che si sarebbero fatti in cooperazione.
Il cartello dice cosa fare: se è un modello di Bertrand con beni differenziati, il cartello
dice quale è il prezzo per ogni tipo di prodotto; con Cournot, il cartello dice quali sono le
quantità da produrre rispettivamente per ogni impresa (e può essere anche zero!).
Immaginiamo che una delle due imprese cooperi, e invece l’altra non cooperi: cooperare
significa obbedire al “signor” cartello = aderire a quello che il cartello ha detto di fare;
quell’altro che non coopera prende come dato il fatto di quello che il cartello ha detto di
fare all’altro, se ne frega dei profitti totali e guarda solo ai profitti suoi.
Guardando solo ai suoi profitti significa applicare la sua funzione di reazione o al
prezzo o alla quantità di cartello; nella casella verde ci sono i due numeri che sono i
profitti che il cartello ha assegnato; nella casella azzurra ci sono i due numeri che indicano
i profitti che rimangono una volta che si è stati ingannati da chi non coopera, e i profitti che
176
non posso prendere la scorciatoia, perché i costi marginali sono diversi, quindi faccio le
derivate per mettere poi a sistema, e trovare le quantità:
177
64 – 2q1 – q2 = 0 sfrutto una delle due (per esempio la seconda) per esplicitare
68 – q1 – 2q2 = 0 q1, e vado avanti per sostituzione:
64 – 2(68 – 2q2) – q2 = 0
3q2 = 2*68 – 64 3q2 = 72 q2 = 24 q1 = 68 – 2*24 = 20
L’impresa 1 produce meno perché è meno efficiente (ha costi più alti)
P = 80 – 24 – 20 = 36 (prezzo di vendita)
π1 = (36 – 16)20 = 400
π2 = (36 – 12)24 = 576 equilibrio di Cournot-Nash
Impresa 1
coopera non coopera
Impresa 2 coopera
non coopera 576, 400
Cartello:
le due imprese hanno gradi diversi di efficienza: il cartello stabilisce che i profitti (di
cartello) vengano ripartiti proporzionalmente ai profitti realizzati in competizione, in
particolare per l’impresa 2 (che è la più efficiente) il profitto è π2 = c/(π1c + π2c) dei
profitti totali; stabilire profitti e quantità prodotte dalle due imprese
576
= 0,59 = 59% quota di profitti che spettano all’impresa 2, la più efficiente
400+576
100 – 59 = 41% quota di profitti che spettano all’impresa 1, che ha costi maggiori
nel cartello le due imprese sono come una grande entità si decide come se fossero 2
impianti: si produce dove costa meno, quindi devo considerare l’impianto che produce a
costi più bassi (12); il problema è quello di massimizzare:
(80 – Q – 12)Q 68 – 2Q = 0 Q = q2 = 34 q1 = 0 !!!
π = (68 – 34)34 = 1.156 profitti del cartello
1.156 * 0,59 = 682 profitti dell’impresa 2
1.156 * 0,41 = 474 profitti dell’impresa 1
P = 80 – 34 = 46 prezzo di collaborazione (34 = q2 produce solo l’impresa 2)
Impresa 1
coopera non coopera
Impresa 2 coopera 682, 474
non coopera 576, 400
178
Deviazione:
consideriamo la convenienza per l’impresa 1 a deviare se è conveniente cooperare, è
ancora più conveniente, in linea di massima, fregare l’altro: l’impresa 1 deve convincere
l’altro (impresa 2) a cooperare, mentre lei ha già scelto la deviazione.
Le regole di ripartizione dei profitti (59% e 41%) sono delle regole che hanno senso solo
se il cartello si realizza: se l’impresa 1 decide di deviare, ma le cose le vanno male e non
riesce a fare profitti soddisfacenti, non può poi reclamare al cartello la sua quota del 41%!
Quindi l’impresa 1 decide di deviare, e massimizza i suoi profitti, perché dal momento che
non coopera, le interessa solo dei suoi profitti: π1 = 400.
Ma l’impresa 2 produce, e il cartello le ha detto di produrre 34:
P = 80 – 34 – 15 = 31 prezzo in deviazione
π1 = (64 – 15 – 34)15 = 225 profitti per l’impresa 1 se devia non le conviene!!!
π2 = (68 – 15 – 34)34 = 646 profitti per l’impresa 2 (che collabora)
Temi di discussione:
Se l'impresa incumbent potesse acquistare una impresa che sta per entrare nel mercato,
sarebbe possibile stabilire un prezzo di vendita conveniente per entrambi.
La cooperazione è un investimento sui profitti futuri!; se il gioco fosse alla Bertrand = se ci
fosse una competizione sui prezzi, e se ognuno andasse per la propria strada, i profitti
sarebbero zero per entrambe le imprese, perché si innescherebbe una guerra dei prezzi
c’è un vantaggio di seconda mossa: il primo stabilisce un prezzo p1, e il secondo
sceglie un prezzo p1 – ε; se le due imprese si mettessero d’accordo, invece,
sceglierebbero il prezzo di monopolio.
C’è una convenienza a mettersi d’accordo sia in Bertrand che in Cournot, ma la
convenienza è doppia in Bertrand, perché: se non ci mettiamo d’accordo diventa una
guerra spietata, se ci mettiamo d’accordo ci dividiamo i profitti di monopolio.
In Cournot la concorrenza riduce i profitti ma non li brucia come in Bertrand, il principio
però è lo stesso, la concorrenza fa male! Se possiamo metterci d’accordo ci muoviamo
come un’unica grande entità, che stabilisce o quanto produrre, o a che prezzo vendere il
bene.
Il concetto di “saturazione in anticipo” può essere esteso anche nel senso di occupazione
geografica degli spazi, oppure di nicchie merceologiche.
Se l’incumbent vuole impedire l’entrata, si deve “allargare” in modo da non lasciare spazio
per entrare, e deve farlo in modo credibile, deve cioè realizzare quella sovrapproduzione
180
che fa capire all’entrante che per lui non c’è spazio, anche conquistando nuove aree
geografiche, o aumentando la produzione anche per prodotti di nicchia. Deve però stare
attento, perché produrre più del necessario significa allontanarsi dalla produzione di
monopolio che garantisce profitti maggiori: quindi l’incumbent produrrà più della
produzione di monopolio, ma solo la quantità strettamente necessaria per tenere fuori
dalla porta l’entrante l’entrante non entrerà fino a quando vede che l’incumbent è
impegnato a produrre la quantità di deterrenza, e non può più tornare sui suoi passi.
Soprattutto alla luce del fatto che le intese restrittive della concorrenza sono illegali nella
stragrande maggioranza dei Paesi, si può arrivare allo scopo per vie traverse: potrebbe
essere “ci dividiamo implicitamente il territorio” = divisione geografica; ci può essere una
spartizione per tipologia di bene: uno produce una cosa e l’altro ne produce un’altra =
divisione per tipologia merceologica; ci si può scambiare anche informazioni! (è accaduto
per le compagnie assicurative!).
Una impresa può espandere la propria capacità produttiva prima che questo sia
giustificato da una dimensione del mercato sufficiente.
Il fatto di poter preacquistare una parte dei fattori produttivi dà all’incumbent un vantaggio
di leader di Stackelberg: se l’entrante entra, l’incremento della capacità produttiva del
leader lo relega al ruolo di follower entrambi produrranno quanto richiesto dalla
domanda aggregata, ma con quantità diverse, a seconda della loro posizione nel mercato.
Il problema del cartello non è solo quanto produrre ma come e dove.
Se siamo in perfetta simmetria, la produzione di monopolio viene divisa a metà, e i profitti
spettano metà a ciascuno; se i costi marginali sono diversi, si produce la quantità di
monopolio corrispondente ai costi più bassi, produce solo il più efficiente (chi ha i costi più
bassi), ma quello che non ha prodotto niente, non ha prodotto niente perché gliel’ha detto
il cartello di non produrre niente! se avesse ragionato in modo non cooperativo avrebbe
fatto dei profitti, anche se più bassi dell’impresa più efficiente.
In Cournot asimmetrico, i costi marginali possono essere diversi; se non sono troppo
diversi, entrambe le imprese sopravvivono nel mercato, quella meno efficiente produce un
po’ di meno, ma fa comunque dei profitti!
Quando due imprese decidono di aderire ad un cartello, diventano un’unica entità, e quindi
devono ragionare come se si trattasse di un’unica impresa: produrrà chi ha costi minori,
cioè la più efficiente. L’impresa che ha costi maggiori non produce! In questo caso, il
cartello deciderà la quota di profitti che spettano all’impresa che produce; e la quota di
profitti che spetta all’impresa che non fa niente, ma che comunque ha diritto ad una parte
181
dei profitti solo per il fatto di non produrre niente non abbiamo delle regole che ci dicono
esattamente come dovrebbe essere divisa la torta; esiste però una teoria che stabilisce
come dovrebbero essere ripartiti i benefici, o le eventuali riduzioni di costi, derivanti dalla
cooperazione, ed è la teoria dei giochi cooperativi
in un cartello non si è altruisti, e non ci si vuole bene: si deve essere coerenti con
l’obiettivo, e i nostri risultati sono basati solo su una logica, che deve essere quella di
coerenza delle nostre scelte abbiamo degli obiettivi, e l’obiettivo primario è il
profitto!
In un cartello la produzione è concentrata laddove il costo marginale è minore, oppure i
costi marginali sono equalizzati.
La produzione è concentrata dove produrre costa meno, o comunque dove c’è più
efficienza. Vedi risposta precedente.
Un cartello è funzionalmente equivalente ad un monopolista multimpianto.
Immaginiamo due imprese, ognuna con il suo impianto di produzione; se si mettono
insieme e ragionano come un cartello devono ragionare come un’unica grande impresa;
però questa impresa ha due impianti di produzione, quindi, posto che deve produrre una
certa quantità, può decidere quanta di questa quantità produrre da una parte, e quanta
dall’altra, e cerca di farlo in modo da minimizzare i costi.
Se invece i due prodotti sono differenziati, il ragionamento è esattamente uguale, solo
che in questo caso il cartello decide quanto si produce di ciascuno dei due prodotti
differenziati.
La convenienza a partecipare ad un cartello può dipendere dalla possibilità che le imprese
possano trasferirsi parte dei profitti.
Come nell’esempio fatto prima, l’impresa 1 che non produce non ha convenienza a
deviare, perché farebbe molti meno profitti seguendo la sua strada; l’adesione al cartello le
permette di avere dei profitti “gratuitamente”, solo con l’impegno a non produrre.
Quando una impresa devia stabilisce le proprie azioni in base alla propria funzione di
reazione.
Quando un’impresa decide di deviare, massimizza i suoi profitti, perché dal momento che
non coopera, le interessa solo dei suoi profitti; di conseguenza, si comporta in base alla
sua funzione di reazione.
Esiste sempre un ordinamento dei profitti, indipendentemente dal modello di oligopolio
sottostante, in base al quale i profitti maggiori sono quello di deviazione unilaterale, poi di
cooperazione, poi di competizione.
182
Qualunque sia il modello di oligopolio che utilizziamo, abbiamo che i profitti di monopolio
(chiamiamoli così, ma sono in realtà i profitti assegnati a ciascuna impresa dal cartello)
sono sicuramente maggiori dei profitti in competizione (sempre per le stesse imprese), ma
ancora più elevati sono i profitti che un’impresa potrebbe realizzare con una strategia di
deviazione: πD > πM > πC otteniamo un ordinamento di questo tipo: i profitti di non
cooperazione (deviazione) sono sempre maggiori dei profitti di cooperazione, e sono
sempre maggiori dei profitti di monopolio (in collaborazione), qualunque sia il modello di
oligopolio: tutta la logica del cartello è legata a questo ordinamento, perché se ci stiamo
facendo concorrenza sarebbe meglio se tutti e due facessimo un po’ più soldi; se invece
non cooperiamo, ci piacerebbe farne ancora di più, ed è qui che si crea il problema:
abbiamo degli obiettivi, e l’obiettivo si chiama profitto!
Si può avere un cartello anche se le imprese producono beni differenti. In questo caso,
generalmente, si continuerà a produrre i beni diversi anche nel cartello.
Se le imprese producono beni diversi, dovranno produrre in modo da minimizzare i
costi: aderendo al cartello diventano un’unica entità, quindi sono come un monopolista
multimpianto, e possono decidere cosa produrre da una parte e cosa produrre dall’altra; in
questo caso il cartello decide quanto si produce di ciascuno dei prodotti differenziati.
183
CARTELLI
“Cartello” riguarda tutte le varie forme che possono indurre ad una restrizione della
concorrenza, che significa tenere i prezzi più alti, in qualche modo; o tenere la quantità
più bassa, in qualche modo.
Ci siamo limitati a riempire di numeri una matrice 2x2, cercando di capire, nelle varie
configurazioni, quale era il profitto/pay-off dei due soggetti; non ci siamo posti il problema
se il cartello si realizza o meno, ma abbiamo semplicemente notato che il cartello ha la
forma del “dilemma del prigioniero”, nel senso che esiste una potenziale collaborazione
che sarebbe desiderabile da tutte le parti, ma c’è anche un incentivo a deviare, che rende
non realizzabile questa collaborazione, e che è un grosso problema per le imprese, ma
che è esattamente quello che noi consumatori sfruttiamo per evitare che le imprese
approfittino eccessivamente del loro potere di mercato.
Data l’attrattività di accordi più o meno espliciti (il cartello può nascere anche da un
accordo tacito!), ci chiediamo come sia possibile che le imprese non s’inventino qualcosa
per riuscire a portare a casa il risultato di una collaborazione che è vantaggiosa per tutti
se gli accordi restrittivi della concorrenza fossero delle bolle di sapone che scoppiano
da sole, perché esiste un’Autorità Antitrust per cui una delle più grandi tipologie di reato
sono appunto questo tipo di accordi?
Nella realtà i cartelli esistono! E in alcuni paesi erano perfino legali, perché era un modo
per regolamentare il mercato, per evitare che il mercato diventasse una jungla, dove
sopravviveva il più forte; e anche adesso, di quando in quando, c’è ancora qualcuno che
cerca di inserire questi concetti, perché non si fida ancora completamente del meccanismo
che limita il potere delle imprese.
I cartelli esistono, ed esistono anche quando sono illegali: questo implica un grado di
coordinamento tra le imprese che permetta di non farsi scoprire; e, a fronte della
possibilità di essere scoperte, le imprese devono tener conto che esiste una probabilità
che invece di guadagnare il pay-off della collaborazione si guadagni una sanzione (per cui
guadagnerebbero i profitti meno la sanzione)! Malgrado questo le intese restrittive della
concorrenza esistono.
Quando abbiamo parlato di deviazione, l’abbiamo vista come qualcosa di moralmente
riprovevole, ma molta dell’efficacia di un atteggiamento di questo tipo è legata al fatto che
non ci sono iterazioni nel tempo (= succede una volta sola); se queste imprese
interagissero più volte nel tempo, forse una delle due ci penserebbe bene a fare la furba:
se introduciamo un elemento temporale si innesca un meccanismo di reputazione, che
184
in cui non mi ha fregato in passato la mia strategia sarebbe cooperare se anche l’altro
in passato ha cooperato; ma se in un periodo l’altro non coopera, io non mi fido più, e non
coopero. Un modo semplice di tradurre il concetto di reputazione è di avere una trigger
strategy (strategia del grilletto) strategia missili nucleari.
Trigger strategy significa: io collaboro nella misura in cui tu hai collaborato in passato; il
giorno che scopro che tu hai deviato, si rompe la fiducia, e dal quel punto in poi non
collaboro più.
Di volta in volta occorre tradurre il modello in base all’oligopolio sottostante; per esempio
in Bertrand può essere: io applico il prezzo di monopolio, nella misura in cui lo hai
applicato anche tu nel passato; se scopro che in un periodo io ho applicato il prezzo di
monopolio e tu hai applicato il prezzo di monopolio – ε, dal periodo successivo io applico
il prezzo uguale al costo marginale.
Se possiamo dimostrare che la trigger strategy è conveniente, - e deve essere
conveniente dal punto di vista di ogni singola impresa; ricordiamo che l’impresa ha
comunque come obiettivo i propri profitti, e non c’è nessuna considerazione di altruismo (ci
vogliamo bene) – è nell’interesse di ogni impresa collaborare, ed è una collaborazione
condizionata non a caso si chiama strategia del grilletto: tutti e due sono pronti a
sparare, ma nessuno spara per primo.
Non si tratta di un accordo esplicito, ma è paragonabile per esempio alla minaccia
nucleare, in cui nessuno per primo spara il missile è un accordo tacito!
Nel caso di guerra dei prezzi nessuno fa scattare la guerra dei prezzi per primo, e
questo comunque deve avere le caratteristiche dell’equilibrio di Nash: se coopero
purché l’altro cooperi, tendenzialmente nessuno ha incentivo a deviare; in realtà il
problema della reputazione diventa un problema di investimento, perché io rinuncio a
fare il furbo nell’immediato, in cambio di un po’ meno profitti oggi, ma un po’ più profitti
domani.
Per valutare se mi conviene o non mi conviene, bisogna considerare quanto mi
costerebbe la perdita dei profitti di cooperazione, quanto mi attrae fare il furbo
nell’immediato, e anche quanto peso do al futuro.
Nel momento in cui cooperiamo, la cooperazione è nel nostro stesso interesse:
cooperiamo perché ci conviene! L’equilibrio è comunque un equilibrio di Nash, perché
se entrambi cooperiamo condizionatamente, a nessuno conviene deviare.
Anche se utilizziamo un gioco ripetuto, il concetto è sempre quello dell’equilibrio di Nash:
l’equilibrio di Nash è un equilibrio dove le strategie sono reciprocamente ottimali: se
186
realizziamo un equilibrio trigger strategy nel senso “io non scateno la guerra, e tu fai
altrettanto”, bisogna che dal punto di vista del primo sia ottimale non far scatenare la
guerra, dato che l’altro non la fa scatenare per primo, e viceversa il concetto è sempre
l’equilibrio di Nash, però applicato a delle regole di comportamento che si applicano su
tutti e due: se io applico questa regola di comportamento, questa regola è ottima data la
tua regola di comportamento, e viceversa, quindi è equilibrio di Nash.
Allora questa semplice osservazione ci fa subito comprendere che, anche quando si
potrebbero realizzare le condizioni per un equilibrio di trigger strategy, c’è sempre
sicuramente almeno un altro equilibrio, anzi ce ne sono infiniti.
Ma c’è almeno un altro equilibrio di Nash, che è non coopero mai: non cooperare-non
cooperare è un equilibrio di Nash, se ci fermiamo ad un unico periodo.
Quello che è importante approfondire è che l’equilibrio che sostiene il possibile accordo di
cartello coopero/coopero non è mai l’unico, perché una semplice osservazione ci fa
comprendere come non cooperare mai è sempre un equilibrio di Nash se uno non
coopera mai, l’altro non coopera mai: certamente questo è un equilibrio di Nash!
Quando verifichiamo le condizioni degli accordi di cartello, non stiamo dicendo che il
cartello si realizzerà; siamo in un contesto dove gli equilibri di Nash sono due, e certo, uno
potrà dire “ci sono due equilibri, di cui uno fa schifo, e l’altro è bello” come abbiamo
visto all’inizio con le compagnie aeree, ci si può coordinare su una cosa che fa schifo, e ci
si può coordinare su una cosa che è bella per tutti: tra le due, è più probabile che si
cercherà di coordinarsi sulla soluzione pareto superiore, che è migliore per tutti; però, dal
punto di vista strettamente logico, questo è un altro equilibrio.
Quindi la condizione nostra è verificare se la trigger strategy è un equilibrio di Nash; il
risultato che si ottiene è che non potrà mai essere un equilibrio di Nash se il gioco
termina dopo un certo numero di volte anche se il numero di volte è 100 o 1.000
(numero stabilito), non può essere un equilibrio di Nash.
Cooperare è un investimento, e l’investimento ha senso se c’è un futuro: se
sappiamo quando il mercato finisce, nell’ultimo periodo, se il futuro non c’è e il mondo
termina domani, allora cercherò di fregare l’altro non mi interessa del futuro se domani
il mondo finisce.
Se i periodi sono tanti e uno non coopera mai, all’altro conviene non cooperare; se
entrambi non cooperano, a nessuno dei due conviene cooperare, quindi è un equilibrio di
Nash; anche se la cooperazione fosse possibile, resta il fatto che la non cooperazione
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perpetua è sempre una possibilità abbiamo due equilibri di Nash, ma uno è Pareto
inferiore, perché provoca profitti più bassi per entrambi.
Non basta aumentare il numero di periodi per rendere possibile la cooperazione nei
termini che abbiamo appena discusso; supponiamo che questo gioco venga clonato per
10 periodi: valuto se mi conviene cooperare, dal momento che l’altro ha cooperato in
passato. Abbiamo 10 periodi, supponiamo di trovarci nell’ultimo periodo: se siamo nel
decimo periodo, per ciascuna delle imprese è razionale non cooperare, perché non c’è
un domani nell’ultimo periodo non si coopera!
Se siamo nel nono periodo, sapendo che nel decimo periodo non si coopererà, conviene
non cooperare perché cooperare vuol dire rinunciare ad un po’ di profitti extra oggi nella
prospettiva di farli domani, ma domani so già che non ci sarà cooperazione! Quindi anche
nel nono periodo non si coopera, e andando avanti con questo ragionamento scopriamo
che non si coopererà mai non basta aumentare il numero di periodi!
Perché limitarci a 10 periodi? Se ci fosse un gioco infinito che non finisce mai?
Supponiamo che il mondo sia infinito, e che questo gioco venga ripetuto all’infinito: è
possibile che si sostenga la cooperazione? Sì, è possibile.
Se l’altro adotta la trigger strategy, cosa mi conviene fare?
Se lui collabora anche io collaboro, e seguendo questo ragionamento collaboriamo
sempre; se invece l’altro collabora e io devio, ottengo più profitti oggi, poi da domani in
avanti ottengo i profitti di non cooperazione, che posso valutare se scopro che non mi
conviene deviare, allora quello che ho trovato è un equilibrio di Nash.
In realtà non abbiamo veramente bisogno che il gioco duri all’infinito; quello di cui
abbiamo realmente bisogno è di non sapere quando il gioco (mercato/mondo) finirà!
Prima sapevamo che il gioco durava 10 periodi, eravamo sicuri che nel decimo periodo
il mondo finiva, quindi a quel punto non valeva la pena cooperare: se non siamo più sicuri
che il decimo periodo sia l’ultimo, dobbiamo valutare che forse domani potremmo ancora
ottenere dei vantaggi dalla cooperazione.
La cooperazione può essere razionalizzata se il gioco dura all’infinito, ma in realtà non ho
bisogno che duri veramente all’infinito, ma ho bisogno di non sapere quando il gioco
finirà.
Se non sappiamo quando il mercato finirà, casomai dovremo valutare quanto probabile o
improbabile possa essere il proseguimento di un gioco ripetuto: immaginiamo per
semplicità che la domanda sia sempre la stessa, le imprese sempre le stesse, i costi
marginali sempre gli stessi; perché, nella realtà, la domanda cambia nel tempo, i costi
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Confrontando il valore atteso della collaborazione con il valore atteso della deviazione
otteniamo una condizione molto importante, che deve verificarsi affinché il valore attuale
della collaborazione superi il valore attuale della deviazione: rϱ r = fattore di sconto;
ϱ = probabilità di sopravvivenza = probabilità che il mercato sia ancora vivo nel periodo
successivo.
Osservazione: questi due fattori entrano in gioco perché abbiamo detto che la reputazione
è un investimento, e perché questo investimento abbia luogo occorre che ci sia un futuro,
e occorre che questo futuro sia importante e rilevante agli occhi di chi opera nel mercato.
Per esempio, se è impossibile che il mercato abbia un domani, ϱ sarebbe zero ϱ = 0;
senza arrivare a questi estremi, potremmo dire che se la probabilità che il mercato ci sia
ancora domani è del 10% (0,1), il futuro c’è, ma è molto improbabile che il mercato ci sia
ancora in una condizione come questa, intuitivamente, vale la pena investire?
Il futuro deve non essere così improbabile, perché mi preoccupi del futuro = è
certo! affinché mi preoccupi del futuro, il futuro deve essere poco improbabile
“fattore di sconto” vuol dire che mi interessa il futuro: se per me è importante avere i
soldi tutti, maledetti e subito, e averli il prossimo anno non mi interessa, allora vuol
dire che non mi conviene investire, perché non mi interessa il domani sono
molto impaziente, quindi R è la misura della nostra pazienza: più è alto R, più
noi siamo pazienti, e più consideriamo importante mantenere un flusso di profitti
sicuro, anche rinunciando a dei profitti immediati.
R e ϱ sono entrambi numeri minori di 1, che si moltiplicano tra di loro, quindi il risultato
sarà ancora un numero minore di 1; dall’altra parte della disuguaglianza che andremo a
scrivere, mettiamo un rapporto qualunque sia il modello di oligopolio, esiste un
ordinamento che dice che i profitti di collaborazione sono minori dei profitti di monopolio,
che sono minori dei profitti di deviazione: πC < πM < πD
In questo rapporto mettiamo a denominatore la differenza più ampia: πD – πC; questa
differenza la possiamo interpretare come i profitti che perdiamo una volta che siamo stati
scoperti ad imbrogliare imbrogli una volta sola e prendi πD; il periodo successivo sei
stato visto, e a quel punto non c’è più collaborazione; quindi questa differenza è il crollo
che i profitti hanno nel periodo dopo che si è stati scoperti.
A numeratore mettiamo πD – πM, che possiamo interpretare come l’attrattività di
imbrogliare: stai collaborando e fai dei profitti, ma sai che se fai il furbo fai ancora più
profitti; il problema diventa quanti di più? = quanto vale la pena imbrogliare?
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𝛑𝐃 – 𝛑𝐌
Rϱ >
𝛑𝐃 – 𝛑𝐂
Esercizio senza dati!!! Come faccio a inserire i dati in una matrice 2x2? Con Bertrand è
possibile risolverlo!
le imprese non cooperano, ma siccome siamo in Bertrand, hanno lo stesso costo
marginale, i costi fissi sono zero (non ci sono), anche se non ci danno la curva di domanda
due numeri sulla casella non coopera/non coopera possiamo metterli: 0, 0
Impresa 1
coopera non coopera
Impresa 2 coopera
non coopera 0, 0
Se cooperano, qui siamo in una situazione fortunata: se siamo in una situazione di cartello
dovremmo decidere quanto produrre, chi produce, e poi una volta raccolti i profitti quanto
spetta a ciascuna impresa; se invece siamo in una situazione di simmetria come in questo
caso (prodotto omogeneo, stessi costi marginali), allora dobbiamo stabilire quanto si
produce in aggregato, metà lo produce una e metà lo produce l’altra, e i profitti vanno
divisi a metà; non abbiamo dati da calcolare, quindi indichiamo i profitti con un generico π:
Impresa 1
coopera non coopera
Impresa 2 coopera π/2, π/2
non coopera 0, 0
anche se non possiamo calcolarli, sappiamo che i profitti andranno metà ad uno e metà
all’altro.
Cosa vuol dire in termini di Bertrand cooperare o non cooperare?
Cooperare significa che il Signor Cartello ha deciso che prezzo devono applicare le due
imprese, che sarà il prezzo di monopolio, cioè il prezzo che massimizza i profitti di
monopolio; non cooperare significa non considerare quello che stabilisce il cartello, e
applicare il prezzo – ε chi coopera guadagna zero; e chi non coopera guadagna circa
π (- ε): i profitti che guadagna sono circa quelli di monopolio
Impresa 1
coopera non coopera
Impresa 2 coopera π/2, π/2 0, π
non coopera π, 0 0, 0
Vediamo come inserire questi dati nel rapporto che rappresenta quanto è attraente
deviare, in rapporto al costo della punizione che prenderai una volta che sei stato
scoperto: πD è π; πM è π/2; πC è 0; questo rapporto vale 0,5:
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𝛑− 𝛑/𝟐 1 0,5
= = 0,5 ϱ= = 0,549 ≈ 0,55 probabilità di sopravvivenza del mercato
𝛑−𝟎 2 0,91
Temi di discussione:
Gli incentivi a deviare o cooperare possono avere entità differente per le diverse imprese.
Quando parliamo di incentivi parliamo di qualcosa che ha che fare con la condizione:
𝛑𝐃 – 𝛑𝐌
Rϱ > ( questa condizione)
𝛑𝐃 – 𝛑𝐂
quindi dire che le imprese possono avere degli incentivi diversi è spiegare perché questa
condizione può essere diversa da impresa a impresa; chiaramente i tre valori π M, πC e πD
sono riferiti ai profitti che ha ogni impresa: abbiamo appena avuto l’esempio di una matrice
con due imprese simmetriche; ma quando abbiamo riempito una matrice 2x2 con imprese
asimmetriche abbiamo ottenuto numeri ben diversi, al punto tale che nell’esempio fatto π D
era più piccolo di πM! quindi non c’è scritto da nessuna parte che i π devono essere uguali!
ognuno ha il suo π; ma c’è anche un altro motivo: la percezione del futuro, cioè la
probabilità che il mercato in futuro ci sia ancora; oppure il fattore di sconto, che a livello
soggettivo è una cosa che varia in relazione a fattori diversi, come se fosse una funzione
di produzione ognuno può essere più o meno impaziente, e questo si riflette anche
nelle aziende.
Naturalmente, affinché il cartello si realizzi, bisogna che nessuno abbia incentivo a
deviare.
Se avessimo dei valori diversificati, avremmo tante condizioni come quella sopra, quante
sono le imprese presenti; e perché ci sia equilibrio di Nash occorre per forza che ogni
impresa consideri ottimale fare quello, dato quell’altro bisogna che sia verificata la
disequazione scritta sopra per tutti!
Le strategia nei giochi ripetuti si differenziano da quelle dei giochi semplici simultanei per il
fatto che possono essere rese condizionate da quanto avvenuto (ed osservato) in passato.
Quando abbiamo dei giochi ripetuti non basta dire giochiamo così o giochiamo colà, ma
potrebbe essere “giochiamo se”, guardando a come si è comportato l’altro in passato.
193
Riepilogo:
qualunque sia il modello che utilizziamo, ci aspettiamo che: πD > πM > πC.
𝛑𝐃 – 𝛑𝐌
Deviare dal cartello non conviene finché : Rϱ > , che è il vantaggio di fare il furbo
𝛑𝐃 – 𝛑𝐂
Riepilogo 116
Modelli sequenziali – Stackelberg 119
Esercizio commentato 126
Temi di discussione 129
Prezzi limite 132
Esercizio commentato 140
Temi di discussione 145
Modello di Spence-Dixit 148
Esercizio commentato 157
Ricapitolando 161
Riassumendo 163
Temi di discussione 164
Monopolio, cooperazione, cartelli 168
Esercizio commentato 176
Temi di discussione 179
Cartelli 183
Esercizio commentato 190
Temi di discussione 192