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CAPITOLO 1
L’ECONOMIA AZIENDALE
Appare logico dunque pensare quali siano le condizioni che portano una
determinata risorsa ad assumere valore. Diremo che una risorsa
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“liberamente” accessibile non presenta alcun valore economico in quanto
nessuno sarebbe disposto a “pagare” un prezzo per essa. Un risorsa invece
che risulta estremamente difficile da reperire e al contempo estremamente
richiesta dall’altro assume ai nostri occhi un elevato valore.
Sono bisogni sociali quelli che si caratterizzano per essere connessi alla
sfera psicologica e spirituale delle persone. Sono ad esempio i bisogni di
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relazione e comunicazione con altre persone, i bisogni di amicizia e di
affetto.
I bisogni individuali sono quelli avvertiti da una singola persona nella sua
sfera privata. Sono da considerarsi pubblici i bisogni avvertiti all’interno di
una collettività di persone come il bisogno di sicurezza nei luoghi pubblici,
il bisogno di disporre di un sistema che garantisca la “giustizia” in tempi
rapidi, il bisogno di salute garantito con la presenza di strutture sanitarie
nel territorio.
Con il termine bene si intende qualsiasi risorsa che l’uomo può destinare al
soddisfacimento di un bisogno. Esistono pertanto due tipi di beni, primari
e secondari. I primi sono collegati al consumo per il soddisfacimento di
bisogni primari mentre i secondi sono funzionali all’appagamento di quelli
voluttuari. Quando è necessario il concorso di più beni per la realizzazione
di un bisogno, si parla di beni complementari (esempio matita e gomma),
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diversamente se un bisogno può essere soddisfatto da più beni differenti
alternativi allora si parla di beni fungibili (come la penna blu e la penna
nera). Quando un vene può presentare caratteristiche differenti rispetto a
quelle di analoghi prodotti offerte da imprese concorrenti si parla di beni
differenziabili (ad esempio lo smartphone, le scarpe, i jeans). Se il bene
non può che essere realizzato con le stesse caratteristiche da parte di tutte
le imprese si avrà a che fare con beni non differenziabili, meglio noti con il
termine di commodity (acqua, energia elettrica, gas). I beni utilizzati dalle
persone per soddisfare i loro bisogni sono noti come beni di consumo
mentre quelli utilizzati per produrre altri beni sono chiamati beni
strumentali. Se il bene può essere impiegato più volte nell’attività di
consumo o di produzione di altri beni parleremo di beni durevoli, se il
bene durevole è destinato ad essere utilizzato per più anni si parla di bene
pluriennale. Se il bene cede completamente la propria utilità in occasione
di un solo impiego parleremo allora di beni non durevoli.
Un’altra distinzione si attiene tra beni privati e beni pubblici. Sono
considerati privati i beni destinati a soddisfare bisogni individuali mentre
sono beni pubblici quelli rivolti a soddisfare bisogni pubblici. I primi sono
realizzati da soggetti privati come la famiglia o le imprese mentre le
seconde sono prodotte da soggetti pubblici come lo Stato, le Regioni, le
Università. Negli studi economici troviamo anche la distinzione tra beni
economici e beni non economici. Definiamo economici i beni che sono
presenti in misura scarsa rispetto alle esigenze espresse dalle persone
mentre non economici quelli non soggetti al limite di scarsità e quindi
sovrabbondanti in natura. Quanto più scarsa è una risorsa in natura e
quanto maggiore è il lavoro richiesto all’uomo per rendere disponibile un
bene, tanto più è elevato il valore economico assegnato a tele bene.
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I PROCESSI DECISIONALI INDIVIDUALI
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L’homo oeconomicus presuppone una visione negativa del mondo, delle
persone e dell’economia identificando l’uomo come una persona egoista
che pensa esclusivamente a sé stesso al fine di incrementare la propria
ricchezza individuale. Il benessere individuale, ad esempio, prevede anche
lo stare bene con gli altri, il senso di appartenenza, la stima reciproca.
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Per le scelte non programmate l’organizzazione deve ripiegare sulle
proprie capacità:
▪ di agire in modo intelligente
▪ di adattamento al contesto specifico in cui deve agire
▪ di sviluppare le soluzioni più adatte in relazione al problema da
affrontare
Negli studi di management è stato sviluppato un interessante modello, il
garbage can model che si pone l’obiettivo di descrivere gli aspetti
qualificanti dei processi decisionali collettivi in condizioni di razionalità
limitata. Gli assunti alla base di tale modello sono:
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▪ una volta individuato il problema, non è sufficiente trovare una
buona soluzione poiché questa potrebbe non essere “oggetto di una
decisione”. È necessario definire quello che il modello in esame
chiama l’occasione di decisione che sono occasioni di decisioni più o
meno formalizzati nei quali si prendono decisioni (riunioni di
coordinamento, consigli di amministrazione). Essa richiede la
presenza di tre elementi fondamentali, il problema, le soluzioni e le
persone tenute a decidere.
L’ECONOMIA AZIENDALE
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▪ i beni economici servono a soddisfare bisogni umani. Quindi per
decidere che cosa viene prodotto e consumato è necessario porre
attenzione sui bisogni avvertiti dalle persone
▪ sia l’attività di consumo che l’attività di produzione dei beni viene
svolta in prevalenza nell’ambito di organizzazioni destinate a
perdurare nel tempo, ossia gruppi più o meno numerosi di persone
che condividono in misura sufficiente regole e valori.
L’attività di produzione di beni economici si realizza con il lavoro svolto
dalle persone. Dal lavoro dipende la possibilità di soddisfare i bisogni
umani. Poiché i bisogni sono delle persone e il lavoro è svolto dalle
persone ne discende che lo studio dell’attività economica è fortemente
influenzato circa la natura delle persone e il funzionamento delle società
umane. La realizzazione di un’attività di produzione o di consumo
sottende a una creazione di utilità e quindi di valore a favore dei soggetti
per la quale è stata realizzata. È conveniente svolgere una determinata
attività economica se il valore dei risultati conseguiti (output) è superiore
al corrispondente valore dei fattori impiegati per ottenere tali risultati
(input). Questo schema è facile da comprendere se pensiamo alle imprese,
cioè a quegli istituti che svolgono attività di produzione mediante
l’acquisto di beni e la loro trasformazione in prodotti finiti
successivamente ceduti sul mercato ad un valore di norma superiore a
quello degli input utilizzati. Le organizzazioni rappresentano società
umane e nel momento in cui l’attività viene realizzata, si genera un
incremento di valore (utilità) che deve essere distribuito tra tutti i soggetti
per i quali l’attività economica è svolta. La durabilità degli istituti può
essere compromessa non solo quando essi non sono in grado di generare
valore, ma anche quando non c’è più accorto tra le persone che
compongono l’istituto sull’equità della distribuzione di tale valore.
Per poter perseguire le finalità per cui l’azienda è stata creata è necessario
che essa:
▪ possa durare nel tempo in un ambiente instabile e mutevole
▪ possa svolgere la sua azione in modo autonomo con le risorse che
essa riesce a procurarsi senza il ricorso a sussidi da parte di soggetti
terzi.
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I requisiti di durabilità e autonomia di un’azienda sono garantiti dal
rispetto di particolari condizioni di svolgimento dell’attività economica,
riassunte nel concetto di economicità.
È importante definire due concetti basilari che saranno più volte ripresi,
ovvero quello di:
▪ produzione economica
▪ produzione di remunerazioni
Per produzione economica intendiamo qualunque attività diretta o indiretta
considerata necessaria per la produzione di beni economici. Intendiamo
dunque le attività di fabbricazione, di approvvigionamento, di trasporto, di
comunicazione, organizzazione del lavoro, finanziamento.
Tutte le attività svolte da un’impresa sono attività di produzione
economica. Lo svolgimento di qualsiasi attività di produzione economica
richiede la disponibilità e l’impiego di una moltitudine di fattori da
impiegare nella produzione che chiameremo fattori produttivi.
I fattori comprendono ogni elemento o circostanza che contribuisce alla
produzione economica. Tra tutti i fattori produttivi il lavoro e il capitale
assumono un ruolo centrale in tutte le organizzazioni. Definiamo il lavoro
ogni prestazione umana che implica sforzo, fatica e impegno del proprio
tempo. Da ciò deriva che i beni ed il lavoro rappresentano i due elementi
fondamentali per il soddisfacimento dei bisogni e senza i quali non
esisterebbe attività economica. La produzione economica di beni richiede
anche la disponibilità di capitali con i quali procedere all’acquisizione
delle risorse necessarie per l’acquisto degli altri fattori produttivi. Capitale
e lavoro definiremo per tale ragione condizioni primarie di produzione.
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la quale è destinata ai soggetti apportatori di capitale di rischio e lavoro. La
produzione economica è distinta dalla produzione delle remunerazioni.
La produzione economica nelle imprese costituisce il mezzo per ottenere
la produzione di remunerazioni volta a ricompensare chi apporta capitale e
lavoro. La finalità principale dell’attività di impresa è data dalla
produzione di remunerazioni a favore delle persone che assumano
centralità nel governo dell’impresa come lavoratori o apportatori di
capitale di rischio. Si parla di capitale di rischio in quanto la produzione
di remunerazioni per questi soggetti non è assicurata ma dipenderà dai
risultati derivanti dallo svolgimento dell’attività economica dell’impresa.
La produzione di remunerazioni per i soggetti che apportano lavoro non è
in genere soggetta al rischio di impresa. Ciò significa che a queste persone
è garantita una remunerazione per il lavoro prestato, a prescindere dalla
creazione di valore generato dall’attività economica dell’impresa.
ATTIVITA’ PRODUZIONE DI
ECONOMICA PRODUZIONE ECONOMICA REMUNERAZIONI
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LA KNOWLEDGE E LA SHARING ECONOMY
SAGGEZZA
CONOSCENZA
INFORMAZIONE
DATI
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I dati rappresentano l’elemento base della piramide e costituiscono una
rappresentazione della realtà. Esempi sono il numero di una fattura, il suo
importo, la data di emissione.
Le informazioni derivano dal processo di interpretazione di un insieme di
dati. L’informazione rappresenta il risultato dell’elaborazione di più dati
assieme. Il processo di produzione delle informazioni si articola in tre fasi:
▪ acquisizione dei dati
▪ elaborazione dei dati
▪ emissione dell’informazione
La conoscenza rappresenta la capacità di poter utilizzare le informazioni
raccolte. Le informazioni devono essere elaborate ed applicate a
determinati contesti, generando conoscenza. La conoscenza è dunque data
dalla messa in pratica di quanto è in nostro possesso a livello di
informazione.
“Know Why”: è la
conoscenza teorica alla base “Know how”: è la capacità
della ricerca scientifica, di trasformare la conoscenza
necessaria per implementare in azione, ossia in abilità
i processi di innovazione operative necessarie per
risolvere problemi e 23
svolgere mansioni lavorative
La conoscenza rappresenta dunque una condizione di produzione. È
diventata un fattore produttivo che si incorpora nel lavoro tramite
l’istruzione e la formazione dei lavoratori e nel capitale in macchinari e
tecnologie.
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o Interpretazione: si fornisce la spiegazione dell’idea tramite parole o
azioni.
o Integrazione: si genera un significato condiviso dai membri
dell’organizzazione attraverso il dialogo e l’azione
o Istituzionalizzazione: è il processo tramite cui quanto appreso viene
codificato a livello di sistema all’interno di istruzioni attraverso
procedure, regole, tecnologie, strutture e meccanismi operativi che
guidano l’attività aziendale.
Davenport and Prussak identificano che la maggior parte dei progetti di
gestione della conoscenza mira a:
1. rendere visibile la conoscenza e mostrare il ruolo della conoscenza
nell’azienda
COLLABORATIVE ECONOMY
Definita come “un’economia basata su reti distribuite di individui e
comunità interconnessi” che trasforma il modo in cui produciamo,
consumiamo, finanziamo e impariamo. I maggiori esempi nascono
all’interno di tre grandi tipologie:
o Design: reti di persone collaborano nella progettazione di prodotti e
servizi. Un esempio è Quirky fondata nel 2009 da Kaufman. La
piattaforma permette ad ogni persona di inserire la propria idea e
farla conoscere al mercato. Grazie ad una community di creatori,
l’idea viene perfezionata e valutata. Se l’idea viene perfezionata, il
prodotto passerà attraverso le fasi di sviluppo quali: ricerca, design,
branding, produzione e commercializzazione. Quando il prodotto è
pronto per il mercato, Quirky lo vende con il nome dell’inventore,
trattenendo circa il 70% dei ricavi delle vendite mentre il restante
viene suddiviso tra inventore e community. Nasce così la figura del
“prosumer”, ovvero non solo più consumatori ma anche utenti che
diventano parte attiva del processo di produzione, selezione,
creazione e distribuzione.
COLLABORATIVE CONSUMPTION
Il consumo collaborativo può essere definito come la reinvenzione dei
comportamenti tradizionali del mercato quali affitto, prestito, scambio e
baratto. Esso comprende tre sistemi:
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1. Product Service System: si tratta dei prodotti a noleggio. Le
persone pagano per ottenere il beneficio di un prodotto di cui
necessitano per un determinato periodo di tempo senza possederlo.
Esempio è Zilok.com che permette a chiunque di noleggiare qualsiasi
cosa come utensili per casa, elettrodomestici. Questo sistema di
noleggio allunga il ciclo di vita del prodotto e riduce l’impatto
ambientale, in quanto un prodotto posseduto individualmente con uso
limitato viene sostituito con un servizio condiviso, massimizzandone
l’utilità.
2. Redistribution Markets: creazione di nuovi mercati di
redistribuzione per beni inutilizzati. I mercati di redistribuzione
incoraggiano il riciclo e la rivendita di articoli vecchi che non
vengono buttati ma rimessi sul mercato, riducendo sprechi e
consumi. La redistribuzione diventa la quinta “R” - ridurre,
riutilizzare, riciclare, riparare e redistribuire-. L’esempio più famoso
è EBay, fondato nel 1996 da Omidyar. Si tratta di un mercato di
scambio online in cui merci di qualsiasi tipo, nuove o usate, possono
essere vendute dagli utenti che non ne hanno più bisogno. Nelle
piattaforme online, un ruolo centrale spetta ai sistemi reputazionali
che fungono da facilitatori delle transazioni, permettendo ad ogni
utente di dare una valutazione ad un altro utente.
3. Collaborative Lifestyles: Le persone con bisogni o interessi simili si
connettono per condividere e scambiare risorse intangibili come il
tempo, lo spazio, le competenze e la capacità. Esempi sono il
coworking, ovvero la condivisione di ambienti di lavoro; il garden
sharing, in cui proprietari di terreni permettono ad altre persone di
accedere alla terra e coltivarla per farne un orto.
SHARING ECONOMY
Viene definita come un “modello economico basato sulla condivisione di
risorse sottoutilizzate, che vanno dagli spazi fisici fino alle competenze
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professionali e che vengono condivise da alcuni utenti per un beneficio
monetario o non monetario”.
AirBnb è nata come una piattaforma online che collega le persone in cerca
di un alloggio di breve durata con coloro che intendono mettere a
disposizione dietro pagamento le proprie case o parte di esse.
Allo stesso modo BlaBlaCar estende la sharing economy nel campo del
carpooling, collegando persone in cerca di un passaggio da una
destinazione ad un’altra con persone che fanno quel tragitto con la propria
macchina e hanno posti liberi.
Un esempio di sharing di beni sottoutilizzati è Cohealo che mette in
contatto ospedali che vogliono rendere disponibili dietro remunerazione le
proprie attrezzature non utilizzate ad altre strutture sanitarie.
Infine, una tra le forme più interessanti di sharing economy è il time
banking, pratica che si basa sulla condivisione di tempo. Timerepublik
permette alle persone di scambiare il tempo. L’utente rende noti la propria
localizzazione, talenti e prestazioni che è disposto a offrire e i servizi dei
quali invece intenderebbe usufruire. Le transazioni possono essere pagate
attraverso un certo ammontare di tempo.
PEER ECONOMY
È definita come la parte peer to peer pura della sharing economy. Un
esempio è Etsy. Le forme di condivisione possono assumere forme diverse
come spazi fisici, tempo e denaro. Ci sono però tre comuni denominatori
nelle forme di condivisione:
• Potere distribuito: in tutti i settori, il potere si sta spostando da
grandi istituzioni centralizzate a reti distribuite di individui e
comunità. Si va verso la rimozione degli intermediari.
• Disruptive drivers: sono l’innovazione tecnologica (social networks,
tecnologie digitali), il cambiamento dei valori (creazione di una
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società iper-connessa), la nuova realtà economica e le pressioni
ambientali.
• Utilizzo delle risorse efficiente e innovativo: le tecnologie
consentono di sbloccare le “idle capacities”, ovvero le capacità
inutilizzate in termine di valore sociale, economico e ambientale
delle risorse aziendali, rendendole nuovamente utilizzabili.
Le tecnologie come Internet, smartphones e sistemi gps permettono di
collegare in modo efficiente le persone che possiedono queste “idle
capacities” con coloro che ne hanno bisogno. Un principio che assume
connotati importanti in questo contesto è la questione della fiducia che
viene definito come la “valuta di scambio della nuova economia”. Lo
spostamento della fiducia richiede quello che viene chiamato “trust leap”,
ovvero il salto che si compie quando ci si fida delle persone, aziende o
sistemi che chiedono di agire in modo diverso dall’usuale. L’economia
della condivisione richiede che le persone si fidino di sconosciuti,
generando la necessità di ricercare meccanismi sempre più affidabili ed
innovativi. Su queste basi si è sviluppata l’attuale economia digitale della
reputazione basata sui feedback e sulle recensioni degli utenti.
CAPITOLO 2
L’AZIENDA
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a) Le aziende familiari di consumo e gestione patrimoniale
b) Le aziende di produzione
c) Le aziende composte pubbliche
d) Le aziende del terzo settore
Famiglie, imprese, istituti pubblici e del terzo settore presentano aspetti
distintivi in termini di:
• Finalità istituzionali
• Portatori di interesse coinvolti
• Attività economiche prevalenti
Per finalità istituzionali intendiamo le finalità primarie per le quali
l’azienda è stata costituita e che ne giustificano l’esistenza. Le finalità
istituzionali di un’azienda pubblica come l’università sono
prevalentemente non economiche poiché lo scopo principale degli atenei è
quello di svolgere ricerca scientifica. Tuttavia, accanto a tali finalità
primarie non economiche permangono finalità economiche in capo ai
dipendenti delle università per remunerare il lavoro prestato presso
l’istituto. Se guardiamo invece all’impresa, l’obiettivo principale è quello
di produrre remunerazioni per i soggetti istituzionali coinvolti ossia
conferenti di capitale e i prestatori di lavoro. Accanto a finalità non
economiche, l’impresa può presentare anche finalità non economiche: ad
esempio molte imprese svolgono attività di sostegno nel territorio in cui
operano attraverso erogazioni a favore di associazioni no-profit o
impegnandosi a ristrutturare opere o monumenti pubblici di valore storico.
Nonostante gli aspetti economici non siano prioritari nella vita di una
famiglia anche in queste società umane si svolge qualche forma di attività
economica. Nei sistemi economici contemporanei la famiglia rappresenta
un istituto fondamentale della società poiché a essa spettano finalità
rilevanti come quelle collegate alla procreazione, alla crescita,
all’educazione e all’assistenza delle persone.
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produzione di pochi beni e scambiandoli all’esterno per ottenere quelli
mancanti per completare il soddisfacimento dei bisogni avvertiti dai
diversi membri della famiglia. La produzione specializzata portava a due
conseguenze immediate:
-i volumi di beni ottenuti a seguito del processo di specializzazione erano
superiori a quelli necessari a soddisfare i fabbisogni del nucleo familiare
e pertanto potevano essere destinati allo scambio con altre unità
economiche
-concentrare la produzione su poche tipologie di beni risultava molto più
conveniente anziché disperdere energie per realizzare direttamente tutti i
beni necessari al sostentamento della famiglia.
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2. Come mai le singole persone o le singole imprese specializzate nello
svolgimento di piccole sezioni di attività economica tendono ad
aggregarsi in imprese di maggior dimensione anziché operare
indipendentemente scambiandosi prestazioni secondo le regole del
mercato?
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− l’attivazione di flussi informativi interni gestiti attraverso sistemi di
pianificazione e controllo
LE IMPRESE
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Il modello delle imprese ad assetto proprietario misto considera tra i
soggetti nell’interesse dei quali si svolge l’attività di impresa sia i
conferenti di capitale di rischio che i prestatori di lavoro. A tali soggetti
fanno capo interessi economici consistenti nel conseguimento di
remunerazioni e anche interessi istituzionali non economici, legati al
soddisfacimento di bisogni di socialità e di affermazione personale e
sociale. Accanto ai portatori di interessi istituzionali, troviamo un numero
elevato di portatori di interessi non istituzionali: ci riferiamo a tutti quei
soggetti esterni all’impresa che ripongono una serie di aspettative nei suoi
confronti, come i clienti, i fornitori, le banche e gli altri finanziatori, lo
Stato.
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Le ragioni dell’intervento dello Stato e i meccanismi decisionali pubblici
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La prima riguarda l’insufficiente concorrenza. Affinché il funzionamento
dei mercati garantisca un risultato condiviso è necessario che vi sia una
configurazione di concorrenza perfetta, ovvero che il numero delle imprese
debba essere abbastanza elevato in modo tale che nessuna possa influenzare
il prezzo.
La seconda causa è riconducibile all’esistenza dei cosiddetti beni pubblici
ovvero quei beni che il mercato non offre, oppure offre in quantità
insufficiente, come il caso della difesa nazionale o dell’illuminazione
pubblica. Si tratta di beni soggetti ad obblighi di continuità, sicurezza ed
universalità, non espressi da una domanda individuale e noti come beni
pubblici puri che posseggono due proprietà fondamentali:
− la prima- proprietà della non rivalità- è che più soggetti
possono beneficiare simultaneamente di un bene senza per
questo ridurre l’utilità che essi ottengono dal consumo.
− la seconda- proprietà della non escludibilità- è che risulta
impossibile escludere un individuo dalla fruizione dei benefici
prodotti dal bene pubblico
I beni che godono di entrambe le proprietà sono denominati beni pubblici
puri. I beni che godono invece di una soltanto delle due proprietà vengono
definiti pubblici impuri distinti in beni esclusivi ma non rivali e beni non
esclusivi ma rivali.
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negativa) o se un’impresa conferisce un beneficio ad altre imprese o ad altri
individui ma non viene ricompensata, se ad esempio provvede ad asfaltare
un tratto di strada privata che conduce anche ad altre imprese o abitazioni
(esternalità positive).
Nel caso delle aziende composte pubbliche sia le finalità primarie che quelle
secondarie assumono caratteristiche economiche e non economiche.
Le finalità primarie economiche riguardano la remunerazione dei
prestatori di lavoro e l’appagamento dei bisogni pubblici dei membri della
collettività, mediante la produzione di beni e il loro consumo.
Le finalità primarie non economiche attengono al perseguimento del bene
comune e del progresso civile, sociale ed economico della collettività
Le finalità secondarie economiche riguardano la produzione di
remunerazioni dirette e indirette nello svolgimento di attività economica
privata da parte delle aziende pubbliche
Infine, le finalità secondarie non economiche riguardano il miglioramento
dei rapporti con gli altri Stati e con gli organismi Internazionali.
Nel settore pubblico, quando si vuol fare riferimento all’aspetto dei risultati
connessi all’operare degli organi dell’istituto pubblico e dare opportuna
spiegazione dei loro fini, si utilizza il termine funzione. Quando ci si
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concentra sull’analisi dei meccanismi tecnici, operativi ed organizzativi ci
si riferisce al servizio. La funzione rappresenta una responsabilità dell’ente
rispetto ad un’area rispetto ad un’area di bisogno mentre il servizio è
connesso ad aspetti di tipo produttivo ed esita nel momento dell’erogazione
di una prestazione. La funzione ha la capacità di esprimere le competenze
ed il ruolo che l’ente pubblico possiede nel coordinare gli interventi, nel
definirli per rispondere ad un definito bisogno. Nell’erogazione del servizio
l’azienda pubblica fornisce prestazioni sebbene la sua attenzione venga
rivolta alla soddisfazione dei bisogni dell’intera collettività. L’esercizio di
funzioni pubbliche è affidato a istituti territoriali poiché sono espressione
politico-istituzionale di una comunità e sono rivolte a soddisfare i bisogni
della collettività.
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all’ingresso di elementi tipici del modello manageriale che comportano una
revisione degli stili di direzione.
A partire dagli anni 80’ la riforma del settore pubblico è stata un’esperienza
condivisa in tutto il mondo. Gli studiosi si sono riferiti alle riforme
incardinandole in uno stesso movimento che ha preso il nome di New Public
Management (NPM). Il NPM ha espresso un concetto generale capace di
evidenziare un movimento globale di riforme amministrative.
Il NPM è stato visto come una sorta di carrello della spesa contenente
differenti misure di riforma che nei vari contesti hanno condotto a risultati
diversi. Le riforme introdotte hanno incluso l’utilizzo di indicatori di
performance in un ampio numero di settori d’intervento promuovendo l’uso
di partenariati pubblico-privato.
In questo ampio processo di modernizzazione, ha assunto rilevanza l’uso
del termine aziendalizzazione che ha voluto significare una nuova
interpretazione delle istituzioni del settore pubblico. L’espressione
aziendalizzazione delle amministrazioni pubbliche è stata utilizzata per
definire il processo di riforma che ha accostato le modalità di gestione delle
amministrazioni pubbliche a quelle delle organizzazioni private.
L’aziendalizzazione ha richiamato una serie di importanti azioni
concernenti:
1. l’introduzione di modelli di quasi-mercato
2. l’adozione e l’importazione di strumenti manageriali tipici
dell’impresa privata
3. l’applicazione di un prezzo come corrispettivo delle prestazioni e dei
servizi erogati
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sistemi di monitoraggio e valutazione dei risultati e di ancoraggio delle
retribuzioni alle performance aziendali, oppure il potenziamento dei sistemi
di qualità. Al concetto di aziendalizzazione si collega la ridefinizione del
ruolo e dei diritti dei cittadini che mira a trasformare l’atteggiamento del
cittadino da passivo ad attivo nei confronti dell’organizzazione e della
fornitura dei servizi pubblici. All’interno dello schema concettuale del
NPM, grande attenzione è dedicata al concetto di accountability.
L’accountability è una sorta di filosofia del NPM o meglio, un filo
conduttore che lega le varie componenti. È stata postulata una
responsabilizzazione, non solo di tutti gli attori coinvolti nelle attività di
decisione (soggetti politici e i funzionari pubblici) ma anche degli attori
esterni interessati (i cittadini, i clienti, l’elettorato, il terzo settore e i gruppi
di interesse o di pressione). Il NPM ha sofferto di una serie di punti deboli
come il tentativo di creazione di contesti competitivi. In definitiva, il NPM
si è fondato su elementi economici che hanno riconsiderato l’attività del
governo, le politiche e la fornitura di servizi. Con la sua diffusione ed
applicazione sono emerse una serie di criticità e di conseguenza si sono fatte
strada altre proposte di modelli interpretativi riguardanti la modernizzazione
del settore pubblico, tra cui quello del New Public Service, della New Public
Governance ed ancora del Public Value Management.
Il new public service si è concentrato sul tema della cittadinanza
democratica, della società civile e dell’organizzazione. Ha enfatizzato il
ruolo primario del dipendente pubblico nel supportare i cittadini ad
articolare e soddisfare interessi condivisi piuttosto che tentare di controllare
o guidare la società. Il paradigma si snoda attorno a sette principi
fondamentali:
1. servire i cittadini, non i clienti
2. perseguire l’interesse pubblico
3. valorizzare la cittadinanza
4. pensare strategicamente, agire democraticamente
5. riconoscere l’importanza della responsabilità
6. servire piuttosto che comandare
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7. valorizzare le risorse umane tenendo conto delle caratteristiche
personali, non solo delle performance
L’espressione terzo settore inizia a diffondersi negli anni ’70 per indicare
qualcosa che non è governato né dalla logica del mercato né
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dall’organizzazione dello Stato. Del resto, è in questa stessa epoca che inizia
a diffondersi il concetto di no-profit. Il terzo settore, rispetto allo Stato
considerato il primo settore e al mercato considerato il secondo settore,
costituisce una parte autonoma del sistema economico in cui si collocano
aziende che non perseguono scopo di lucro. Il terzo settore è caratterizzato
da un’azione orientata al valore e dall’impegno delle persone che operano
al suo interno. Gli studi che se ne sono occupati, sono stati condotti con un
approccio di tipo economico e sociologico. Entrambi utilizzano il termine
per indicare pratiche volti alla produzione di beni e servizi a valenza
pubblica o collettiva.
Con l’approccio sociologico, si evidenziano l’orientamento altruistico delle
relazioni che si instaurano all’interno del terzo settore, implicando un
coinvolgimento degli attori.
Con l’approccio economico si sottolinea la partecipazione alla
determinazione del benessere collettivo. Gli studi economici esplorano
dunque il contributo offerto dal terzo settore all’economia, in termini di
servizi di cura e sussidi alle fasce più deboli della popolazione.
Le teorie del terzo settore possono essere distinte in due tipi
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Le aziende del terzo settore (ATS) dedicano le proprie attività alla
produzione di beni che assumono rilevanza per la collettività ma che lo
Stato non è in grado di garantire. Per quanto riguarda gli aspetti tipici delle
ATS è possibile identificare cinque aspetti tradizionali che la
contraddistinguono:
1. dispongono di un’organizzazione propria
2. hanno natura privata e sono separate dallo Stato e dalle aziende
pubbliche
3. non possono distribuire i profitti conseguiti
4. possiedono la capacità di governo
5. richiedono almeno in parte un grado significativo di partecipazione
volontaria
Si tratta dunque di soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla
produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva. Può
essere utile classificare tre diversi gruppi d’interesse:
Un primo filone suggerisce che la loro funzione è di produrre beni
assimilabili ai beni pubblici per la società.
Un secondo filone propone che potrebbero differire dalle imprese operanti
per il mercato in termini di efficienza ed efficacia con cui forniscono beni
e servizi.
La terza categoria di interesse, sostiene che le caratteristiche salienti delle
ATS sono le esternalità positive create per la società civile. L’attenzione
non è tanto sul prodotto fornito ma sulle esternalità generate dai processi
operativi con cui producono. Le finalità perseguite sono all’insegna del
progresso civile. Anche per le ATS, possono essere utilizzate le
dimensioni dei portatori d’interesse coinvolti e delle finalità istituzionali.
Ne deriva che:
− i prestatori di lavoro e i membri dell’ATS possono coltivare una
tipologia di interesse di tipo economico maturando attese che si
riferiscono alle remunerazioni economiche e alla produzione di beni
e servizi
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− i portatori di interesse non istituzionali possono avere un interesse di
tipo economico come, per esempio, nel caso di quelle aziende che
nutrono attese di servizi da parte dell’ATS; gli stessi portatori
d’interesse non istituzionale, come nel caso dello Stato e dei membri
all’esterno dell’ATS, possono coltivare attese di tipo non economico
(si pensi a un’associazione che solitamente organizza eventi culturali
a favore anche di utenti esterni).
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Le ATS sono raggruppate in associazioni, fondazioni e società
cooperative. Una parte residua è composta da istituzioni religiose,
comitati, società di mutuo soccorso o istituzioni sanitarie e educative.
ASSOCIAZIONI
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LE FONDAZIONI
Tale distinzione si basa sulla natura del soggetto fondatore. Dal punto di
vista normativo, la nascita di una fondazione è divenuta sempre meno un
atto unilaterale del fondatore ed è divenuto sempre più un atto che
coinvolge una molteplicità di soggetti, i quali agiscono in prima persona
all’interno dell’organizzazione.
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LE SOCIETA’ COOPERATIVE
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CAPITOLO 3
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I soggetti coinvolti nel contesto aziendale, che sono chiamati ad apportare
un contributo e sviluppano così l’attesa di ricevere una ricompensa
configurano i portatori di interesse (come suggerito dal termine inglese
composto da stake, cioè interesse e holder, cioè portatore). Una delle
prime definizioni di stakeholder sembrerebbe derivare dal lavoro svolto
presso lo Stanford Research Institute nel 1963 in cui vennero definiti
stakeholder i gruppi di soggetti da cui dipende l’organizzazione
dell’istituto per la sua stessa sopravvivenza. Questa definizione fu ripresa
poi nel 1984 da Edward Freeman che scrisse: “Lo stakeholder di
un’organizzazione è ogni gruppo o individuo che può influire o essere
influenzato dal raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione”.
L’impresa viene dunque raffigurata come un sistema cooperativo e
competitivo che coinvolge un ampio numero di individui e gruppi che
tentano di raggiungere i propri interessi.
60
riscossione di interessi finanziari, oltre al rimborso del capitale
concesso, secondo le scadenze concordate
− i clienti che acquistano prodotti e /o servizi realizzati dall’azienda e
pagano il prezzo pattuito. I clienti si attendono che quanto acquistato
presenti effettivamente le caratteristiche ricercate soprattutto in
termini di qualità, condizioni economiche, garanzie future
− i concorrenti che operano nello stesso mercato di riferimento
dell’azienda e offrono prodotti atti a soddisfare gli stessi bisogni dei
clienti. Per l’azienda è vitale identificare ed analizzare quanto attuato
dai competitors. Mentre i concorrenti diretti operano nello stesso
settore, i concorrenti indiretti devono essere identificati analizzando
l’intero mercato di riferimento dell’azienda perché offrono
prodotti/servizi simili per soddisfare i medesimi bisogni dei clienti.
− lo Stato che emana norme giuridiche, concede incentivi e mette a
disposizione una serie di servizi. In contropartita riceve imposte e
tasse.
65
indirettamente la società Z. Il controllo indiretto influenza anche la
struttura del gruppo che può essere semplice, complessa o a catena.
66
− una holding pura o finanziaria. La capogruppo è una società
finanziaria che gestisce le partecipazioni nelle altre società
appartenenti al gruppo, coordina le politiche aziendali e le risorse
finanziarie
− una holding mista o industriale. La capogruppo svolge
contemporaneamente sia l’attività di gestione delle partecipazioni, di
coordinamento delle strategie e di gestione finanziaria del gruppo
La seconda classificazione è basata sulla tipologia di legami esistenti tra le
aziende aggregate e distingue il gruppo:
− economico, quando le aziende che lo costituiscono sono tra loro
collegati da vincoli di natura produttiva e finanziaria tali da rendere il
gruppo dotato di una vera e propria unità economica. L’integrazione
economica esistente tra le aziende del gruppo può essere di tipo
orizzontale (se le imprese svolgono attività analoghe all’interno dello
stesso settore di attività) oppure verticale (se le aziende svolgono fasi
successive del processo di produzione).
− finanziario, quando le aziende che lo costituiscono operano in settori
eterogenei ed è difficile individuare nessi di similarità. La
costituzione di gruppi finanziari deriva da ragioni di natura
finanziaria, da motivi di opportunità politica o sociale, dalla
possibilità di controllo di vari settori di mercato.
− misto, combinando insieme le due tipologie precedenti. Questa
tipologia è caratterizzata dalla compresenza di sottogruppi economici
ed altre aziende non legate da una connessione economica.
L’IDENTITA’ AZIENDALE
LA MISSIONE AZIENDALE
69
fissi, mentre le strategie di business e le pratiche si adattano senza fine a
un mondo in cambiamento”.
L’ideologia core si compone di due elementi:
− core values: sono i dogmi radicati all’interno di un’organizzazione,
un set contenuto di principi guida sempre validi nel tempo. Sono
valori imprescindibili anche qualora rappresentassero in un
determinato contesto una fonte di svantaggio competitivo.
− core purpose: è la raison d’etre di un’organizzazione, l’obiettivo
idealistico che non potendo essere efficacemente ed efficientemente
perseguito individualmente spinge ogni membro di
un’organizzazione a prestarvi la propria opera. Attenzione perché
non va confuso con l’obiettivo di massimizzare la remunerazione né
dei conferenti di capitale e né dei prestatori di lavoro. Non va
neanche confuso con gli obiettivi strategici o con la proposta di
valore offerta ai clienti.
L’ideologia core deve essere scoperta esplorando l’organizzazione interna
per identificare quei valori e quelli scopi posseduti. La sua funzione non è
quella di impressionare le persone esterne all’organizzazione ma di
ispirare quelle interne o quelle che credendo a ciò in cui l’impresa crede,
sono interessate a entrarvi in relazione, in qualità di prestatori di lavoro ma
anche di clienti, fornitori, ecc. L’orientamento strategico di fondo di
un’impresa può definirsi come la sua identità profonda o la parte nascosta
e invisibile del suo disegno strategico che ha anche la funzione di guidare.
Il concetto di orientamento strategico però è più ampio ed è analizzabile
considerano il dove, come e perché dell’attività.
Il perché, ossia i fini, il ruolo e i modelli di comportamento lungo le
dimensioni del finalismo d’impresa. Il come ossia i concetti di base
ispiranti per la filosofia organizzativa e gestionale. Il dove quali le
coordinate spazio-temporali, ossia il campo di attività scelto dall’impresa e
le ambizioni in termini di eccellenza imprenditoriale e di sviluppo
dimensionale. L definizione più precisa è quella proposta da Hamel per il
quale: “La missione aziendale è l’identità profonda e immutabile
dell’impresa, l’obiettivo complessivo della sua strategia e rappresenta
quindi lo scopo che informa il modello di business”. La definizione della
70
missione aziendale è presupposto fondamentale per supportare la
definizione della strategia e del modello di business. Il suo riconoscimento
è funzionale a far emergere gli aspetti insiti nella natura dell’impresa ed i
significati strategici che sono unici. Questi significati sono quelli che nel
tempo l’impresa ha saputo far emergere e coltivare. Sono dunque legati
alla ragion d’essere dell’impresa. Questi significati fanno riferimento a:
1. i valori. Essi rappresentano i principi inviolabili e immutabili che
guidano il comportamento di tutti i membri dell’organizzazione.
Sono generalmente principi etico-morali quali la trasparenza,
l’equità. I valori di Apple erano al tempo di Steve Jobs: “talento,
eccellenza, passione, armonia e grazia profonda”.
2. lo scopo. Esso rappresenta la motivazione a intraprendere un’impresa
o a prendervi parte. Lo scopo deve guidare il processo strategico che
non è e non dovrebbe essere il mero profitto. Generalmente è
un’ambizione difficile da raggiungere ma che non sancisce la fine
dell’impresa perché spinge a una continua crescita ed evoluzione. Lo
scopo è l’elemento più importante della missione e condiziona il
focus e le credenze.
3. il focus. Esso rappresenta l’ambito operativo precisando il settore
merceologico o il mercato di riferimento. Rappresenta il contesto
competitivo nel quale opera l’impresa e che ne giustifica e guida
l’ambizione. Il focus condiziona le credenze.
4. le credenze. Esse rappresentano le convinzioni condivise dai membri
dell’organizzazione sulle scelte strategiche necessarie per avere
successo. Determinano la reazione dell’impresa alle opportunità e
minacce provenienti dall’ambiente esterno. Nel caso di Apple, ad
esempio, le credenze erano “think different” e “focus e simplicity”.
Le funzioni della missione aziendale possono essere riassunte nella:
− direzione per condurre l’organizzazione verso la direzione
desiderata
− legittimazione per convincere tutti gli stakeholder
− motivazione per ispirare i membri dell’organizzazione a lavorare
insieme in un determinato modo, specificando i principi
fondamentali che guidano l’organizzazione stessa.
71
LA VISIONE AZIENDALE
73
Fombrun e Van Riel la descrivono come la reputazione che
l’organizzazione ha acquisito nel corso del tempo. L’immagine aziendale è
quindi la percezione condivisa dai clienti, potenziali fornitori e di chi
siamo come impresa. L’immagine aziendale può esser colta tramite
l’osservazione delle sue diverse espressioni: prodotti, architettura e
strumenti di comunicazione.
74
La prima disfunzione accade quando la definizione dell’identità dipende
totalmente dai processi di riflessione ed espressione, a causa di
un’eccessiva autostima da parte del top management e porta da un lato, a
perdere di vista le immagini e gli interessi degli stakeholder e dall’altro, a
perdere il loro interesse supporto.
La seconda disfunzione accade quando la definizione dell’identità
dipende totalmente dai processi di rispecchiamento e impressione, a causa
di un’eccessiva distanza fisica o psicologica del top management
dall’organizzazione e porta a dare così tanta importanza alle immagini, da
non considera la cultura organizzativa, fino a fornire immagine “finte” che
porteranno gli stakeholder a non fidarsi dell’impresa.
LA SOCIAL CORPORATION
76
interesse e non quello del principale (l’azionista). La letteratura
statunitense ha avuto come obiettivo principale quello di fornire al
management un obiettivo chiaro: la massimizzazione del valore per gli
azionisti. Per management si intende il complesso di funzioni
amministrative, direttive e gestionali di un’impresa o il compito del
manager.
In Italia (insider system), le aziende quotate sui mercati di Borsa Italiana
sono solo circa 300, mentre quelle in USA circa 4.000, fra queste la
maggior parte è caratterizzata dalla presenza di un azionista di riferimento.
Il modello tradizionale è quello dell’impresa familiare che non soffre dei
problemi tipici del contesto anglosassone, per il semplice motivo che
agente e principale (management e azionariato) spesso coincidono o
comunque sono espressione dello stesso soggetto, la famiglia. In questo
contesto, le imprese hanno nel proprio DNS l’orientamento al lungo
termine e al soddisfacimento delle aspettative degli altri stakeholder.
Anche se spesso shareholder theory e stakeholder theory sono presentate
come contrapposte, a ben vedere possono essere sinergiche. L’approccio
stakeholder non esclude affatto la generazione di profitto per gli azionisti
ma suggerisce che lo stesso debba passare attraverso la considerazione
delle aspettative dei portatori di interesse. Sembra che vi possa essere una
contrapposizione fra le due teorie solamente nel caso in cui la shareholder
theory sia tesa a perseguire l’interesse degli azionisti nel breve termine. Se
invece viene proiettata nel lungo termine, le differenze con l’approccio
stakeholder sfumano. Al fine di generare valore economico-finanziario nel
lungo termine, l’impresa necessita di solide relazioni con i propri
stakeholder, ad esempio, coinvolgendo i fornitori strategici nelle proprie
attività al fine di sviluppare prodotti innovativi.
Un crescente numero di investitori istituzionali richiede alle aziende un
livello minimo di performance sociale ed ambientale proprio nel
convincimento che solo in questo modo sia possibile ridurre la rischiosità
dell’investimento e generare valore per gli azionisti nel lungo termine. Il
legislatore comunitario ha approvato la Direttiva 2014/95/UE che obbliga
le imprese di grandi dimensioni a fornire informazioni su tematiche tipiche
della stakeholder theory(performance ambientale, relazioni con la
77
comunità, rispetto dei diritti umani). Le informazioni, non sonno
solamente utili per informare i mercati ma anche per migliorare la qualità
del processo decisionale.
Le società benefit. Secondo l’art 2247 c.c. con il contratto di società due o
più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di
un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Fino al 2016,
l’unico scopo contemplato dalla legge era la generazione di profitto. Non
era possibile costituire società di capitali o di persone che contemplassero
nel proprio statuto obiettivi quali la riduzione degli impatti ambientali o la
riqualificazione delle periferie della città. Con la legge n.208 del 2015
sono state introdotte le società benefit. Una società benefit è una società di
capitali “tradizionale” che ha come obiettivi la generazione di profitto e il
perseguimento di uno o più scopi sociali o di pubblica utilità. In altre
parole, le società benefit si impegnano a creare un impatto positivo sulla
80
società e la biosfera, oltre a generare profitto. Il perseguimento di impatti
positivi sugli stakeholder non è più una scelta strategica del management
né un indirizzo degli azionisti ma è codificato nell’atto costitutivo della
società. Gli amministratori dovranno bilanciare l’interesse dei soci e della
collettività. A differenza delle organizzazioni non profit (come Onlus,
APS, Imprese Sociali), le società benefit mantengono lo scopo di lucro e
non ricorrono a raccolta di fondi o donazioni esterne per realizzare i propri
scopi sociali. L’introduzione delle società benefit nel nostro ordinamento è
stata portata avanti dal movimento B Corp Italia. Il movimento è nato nel
2006 negli Stati Uniti ed ha acquistato notorietà alla certificazione B Corp.
A differenza delle società benefit, le B Corp sono società certificate
attraverso il protocollo sviluppato dal B Lab. Tale certificazione è
rilasciata poiché si richiede che l’azienda raggiunga un punteggio minimo
relativamente alla propria performance sociale ed ambientale.
Un social business è un’impresa sostenibile il cui obiettivo principale non
è la generazione di profitto, bensì la risoluzione di un problema sociale.
Gli eventuali profitti realizzati non vengono distribuiti agli azionisti ma
sono utilizzati per espandere l’impresa e migliorare il prodotto o servizio
offerto. L’idea del social business è stata lanciata dal Prof. Muhammad
Yunus. Il social business unisce obiettivi socio-ambientali con l’efficienza
e la sostenibilità economica di un’impresa tradizionale. Il Prof. Yunus
indica i seguenti sette principi del social business:
1. L’obiettivo dell’impresa è sconfiggere la povertà o trovare soluzione
ai problemi (ad esempio nel campo dell’istruzione, della sanità,
dell’accesso alla tecnologia, all’ambiente) non la massimizzazione
del profitto.
2. È finanziariamente ed economicamente sostenibile
3. Gli investitori recuperano solo il capitale investito
4. Quando il capitale investito è stato restituito, il profitto generato
dall’impresa resta al suo interno e viene utilizzato per finanziarne
l’espansione e il miglioramento
5. L’impresa è sostenibile dal punto di vista ambientale e si impegna a
rispettare l’ambiente
81
6. I lavoratori hanno salari a livello di mercato e migliori condizioni di
lavoro
7. “Do it with joy!”
L’impresa sociale è una delle fattispecie rientranti nel più ampio contesto
degli enti del Terzo Settore. Possono assumere la qualifica di impresa
sociale tutti gli enti privati, incluse le società di persone e di capitali, che
esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse
generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di
utilità sociale.
Sono considerate di interesse generale le seguenti attività: servizi sociali;
interventi e prestazioni sociosanitarie; attività di educazione, istruzione e
formazione professionale. A prescindere dall’attività svolta, sono
considerate di interesse generale quelle attività svolte, per il perseguimento
di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, attraverso
l’occupazione di lavoratori svantaggiati o persone con disabilità.
L’impresa sociale può ripartire gli utili e gli avanzi di gestione, può
assumere personale e può avere volontari.
SHARED VALUE
83
CAPITOLO 4
L’AMBIENTE GENERALE
AMBIENTE POLITICO
L’ambiente politico riguarda la configurazione del potere politico e le
caratteristiche del governo. L’azione del governo di un Paese influenza le
aziende che vi operano. Condiziona la loro attività attraverso la politica
economica e le eventuali azioni di supporto oltre ad impattare attraverso le
caratteristiche della legislazione, la pressione fiscale, le ripercussioni
economiche delle scelte politiche.
Nel condurre l’analisi PESTEL con riferimento agli aspetti politici le
aziende dovranno porsi interrogativi come:
• Qual è l’orientamento dello Stato rispetto alle libertà economiche?
Prevale un orientamento al liberalismo o al protezionismo? Sono
previste azioni antitrust?
• Quale è l’orientamento dello Stato e degli altri enti pubblici rispetto
alla attività della azienda? Possiamo attenderci supporto o ostacoli?
• È plausibile un intervento diretto dello Stato nell’ambito di attività
dell’azienda, come regolatore o al contrario è prevalente un
orientamento alla deregulation?
• Quali ripercussioni possiamo attenderci dall’orientamento politico
vigente anche in considerazione dell’appartenenza ad organizzazione
e accordi sovranazionali?
AMBIENTE ECONOMICO
L’ambiente generale di una azienda è spesso influenzato da fenomeni
economici locali, nazionali o internazionali. Per un’azienda, è molto
importante comprendere come mutamenti in atto nelle variabili
economiche possano ripercuotersi sulla propria economia. Tra le numerose
85
variabili che definiscono l’ambiente economico, oltre ai tassi di cambio,
interesse e crescita è possibile ricordare il reddito medio pro-capite e la sua
distribuzione, la ricchezza disponibile, il tasso di inflazione, il saldo
commerciale con l’estero e del debito pubblico. Tali variabili condizionano
ad esempio le risorse disponibili per i consumatori e quindi la domanda di
prodotti di beni e servizi, le risorse disponibili per le politiche di sostegno
alle imprese. Nel condurre l’analisi PESTEL con riferimento agli aspetti
economici le aziende dovranno porsi interrogativi come:
• Qual è l’andamento del ciclo economico e quali ripercussioni potrà
avere sull’azienda? Quali sono le attese per l’andamento dei prezzi e
dei salari?
• Qual è l’andamento del reddito della popolazione, o di fasce di
popolazione di particolare interesse per l’azienda?
• Qual è l’andamento dei tassi d’interesse?
AMBIENTE SOCIALE
L’ambiente sociale attiene a un variegato insieme di fenomeni che
plasmano le relazioni tra le persone e tra esse e le aziende. L’ambiente
sociale esercita un impatto sulle aziende attraverso due strade. In primo
luogo, influenza le caratteristiche della domanda di beni e servizi, essendo
alla base dei processi che portano alla formazione delle preferenze di
consumo. In secondo luogo, condiziona le caratteristiche delle persone che
entrano in azienda, in termini di competenze valori e atteggiamenti.
Sulla configurazione dell’ambiente sociale impattano variabili strutturali.
Tra le prime ricadono le questioni demografiche, come la distribuzione
della popolazione per fasce d’età, attinenti alla distribuzione della
popolazione in talune aree. Fenomeni quali l’invecchiamento della
popolazione nei paesi occidentali influenzano l’evoluzione della domanda
di prodotti e servizi. Tra le seconde vanno incluse le credenze, i valori, i
modi di pensare e reagire che contraddistinguono in modo distintivo
gruppi umani. Secondo il classico modello di Hofstede la cultura può
essere descritta attraverso 4 variabili, a cui ne sono state aggiunte due:
86
1. Grado di distanza dal potere: esprime l’accettazione della
disuguaglianza da parte dei membri con meno potere di una
organizzazione. I soggetti meno potenti tenderanno a dare per
scontata la presenza di soggetti con molto potere e adotteranno
atteggiamenti di subordinazione. Nelle culture con una bassa distanza
dal potere le differenze saranno legate al ruolo e accettate per ragioni
di praticità.
2. Rifiuto dell’incertezza: esprime l’accettazione dell’ambiguità e di
situazioni nuove. Le culture con un forte rifiuto dell’incertezza sono
caratterizzate da norme rigide di comportamento. Le culture con un
debole rifiuto dell’incertezza esprimono una maggiore tolleranza
verso la novità, la sperimentazione.
3. Individualismo/collettivismo: esprime il grado in cui le persone sono
integrate in gruppi. Nelle società individualiste i legami sono tenui e
ci si attende che ciascuno si occupi principalmente del proprio
interesse o della propria famiglia. Le società collettiviste invece
integrano le persone in gruppi ampi e coesi e si attendono che
ciascuno contribuisca al gruppo con lealtà.
4. Mascolinità/femminilità: esprime la prevalenza nella società di valori
stereotipici maschili come assertività e competitività rispetto a valori
considerati femminili come moderazione e supporto. Nelle società
“mascoline” le differenze tra i generi tendono ad essere più
accentuate, nelle società “femminili” i ruoli di genere tendono a
essere più vicini.
5. Orientamento al lungo o al breve termine: esprime l’orizzonte
temporale della società. In società con un orientamento al lungo
termine prevalgono perseveranza, ordine e status; nelle società
orientate al breve termine l’importanza della tradizione e della
stabilità, la propensione al consumo e la credenza che successo e
fallimento siano largamente spiegate dalla fortuna.
6. Indulgenza/controllo: esprime l’orientamento alla ricerca delle
felicità e della gratificazione immediata o al controllo alla
moderazione e al mantenimento dell’ordine. L’ambiente sociale
assume particolare criticità nel caso delle aziende multinazionali, che
operano in contesti sociali differenti e devono integrare in un’unica
87
organizzazione persone portatrici di valori culturali anche molto
distanti.
Per comprendere le caratteristiche dell’ambiente sociale le aziende
dovranno porsi interrogativi come ad esempio:
• Qual è la distribuzione della popolazione per fasce d’età?
• Quali sono le caratteristiche della distribuzione geografica della
popolazione?
• Quali sono le caratteristiche della cultura o delle culture dei contesti
in cui l’azienda opera?
AMBIENTE TECNOLOGICO
L’ambiente scientifico-tecnologico è costituito dalle scoperte scientifiche e
dalle loro applicazioni tecnologiche. Ci sono evoluzioni nella scienza e
nella tecnologia che condizionano le imprese operanti in un dato settore.
L’innovazione tecnologica può modificare la struttura dei costi oppure
creare o abbattere barriere all’entrata. Un tasso di evoluzione elevato nella
tecnologia di riferimento impone continui aggiustamenti dei prodotti e, per
un successo durevole, la capacità di intuire e implementare prima dei
concorrenti le nuove possibilità applicative dischiuse dalla nuova
tecnologia.
Sono molteplici i fatti che influiscono sulla configurazione dell’ambiente
scientifico e tecnologico. In primo luogo, l’entità degli investimenti
pubblici e privati nelle attività di ricerca di base e applicate.
In secondo luogo, le caratteristiche del sistema di protezione legale dei
diritti sulle innovazioni. Nell’analizzare le caratteristiche dell’ambiente
scientifico-tecnologico le aziende potranno porsi interrogativi come ad
esempio:
− Quali innovazioni tecnologiche impatteranno sul nostro settore?
− Qual è la condizione delle infrastrutture cui possiamo accedere?
88
AMBIENTE ECOLOGICO
L’ambiente ecologico riguarda aspetti quali le condizioni climatiche o la
disponibilità di risorse naturali. Anche dalle condizioni naturali possono
venire opportunità e limiti allo sviluppo dell’attività delle imprese. Di
particolare rilievo in proposito è la crescente sensibilità a tutti i livelli
verso i temi della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo eco-
sostenibile.
Nell’indagare l’ambiente ecologico le aziende dovranno prendere in
considerazione:
− L’esistenza di autorità di regolazione e gruppi di pressione orientati a
controllare l’impatto ambientale delle aziende
− La sensibilità ecologica della popolazione e la probabilità di
incorrere nella disapprovazione collettiva in caso di comportamenti
impattanti
− Aspetti dell’ambiente naturale eventualmente critici in
considerazione dell’attività realizzata come il clima meteorologico,
le precipitazioni attese, i livelli di inquinamento e le limitazioni a
talune attività.
AMBIENTE LEGALE
L’analisi dell’ambiente legale può svolgersi a due livelli. Ad un primo
livello andranno presi in considerazione aspetti quali le caratteristiche
generali del sistema legale, in termini di libertà e autonomia lasciata ai
soggetti privati.
Ad un secondo livello occorrerà prendere in considerazione la normativa
applicabile allo specifico settore di attività, come le norme sulla sicurezza,
sul rispetto dell’ambiente, sulla tutela del lavoro; le norme che pongono
limitazioni o divieti allo svolgimento di talune attività; la legislazione che
disciplina la concorrenza e il funzionamento del mercato.
Infine, dovranno essere prese in considerazione le implicazioni sull’attività
dell’azienda derivanti da accordi sovrannazionali. Nell’analizzare le
89
caratteristiche dell’ambiente legale le aziende potranno porsi interrogativi
come ad esempio:
− Quali i tempi per la soluzione di eventuali controversie? Quali gli
strumenti per un tempestivo recupero dei crediti?
− Quali norme, locali, nazionali o sovrannazionali potrebbero
condizionare lo svolgimento delle attività dell’azienda?
93
delineare un possibile futuro. Gli scenari non sono previsioni e non è
rilevante quantificare la probabilità che si realizzino.
La descrizione degli scenari può essere un modo efficace di comprendere
l’ambiente. La costruzione di “storie” favorisce l’assunzione di diversi
punti di vista sul futuro. La costruzione di scenari può essere articolata in
alcune fasi:
− Definire l’orizzonte temporale e la porzione di ambiente da prendere
in considerazione. L’orizzonte temporale può essere scelto tenendo
conto della portata delle decisioni da prendere. Per esempio, la
valutazione di un investimento caratterizzato da un lungo periodo di
recupero renderà necessario valutare scenari di lungo periodo. In
alcuni casi, sarà sufficiente limitarsi alla considerazione del proprio
settore ma sovente, soprattutto per gli orizzonti lunghi, andranno
esaminate anche altre aree di cambiamento.
− Identificare i principali driver del cambiamento. In questa fase è
possibile applicare l’analisi PESTEL per identificare i fenomeni che
avranno il maggior impatto in futuro.
− Descrivere gli scenari. Avendo identificato i principali fenomeni da
considerare è possibile iniziare a delineare gli scenari. Un modo per
procedere è delineare gli scenari estremi. Si otterranno così delle basi
di partenza da raffinare tenendo conto che non tutte le combinazioni
tra variabili sono plausibili. Sarà poi possibile costruire degli scenari
intermedi, caratterizzati da alcuni aspetti positivi e alcuni negativi.
− Identificare gli impatti. Una volta che gli scenari sono stati delineati
sarà possibile interrogarsi su quali implicazioni comportino per
l’azienda e quali effetti produrrebbero le decisioni aziendali da
assumere qualora tali scenari dovessero verificarsi.
− Sorvegliare gli sviluppi. Un aspetto interessante del metodo degli
scenari è la possibilità di interrogarsi su quali fatti sarebbero
osservabili oggi e nel prossimo futuro se lo scenario dovesse
avverarsi in futuro. Attraverso il sistematico monitoraggio
dell’ambiente l’azienda potrà così individuare tempestivamente
segnali “deboli” coerenti con l’avvento di un certo scenario.
94
AMBIENTE COMPETITIVO
Per ambiente competitivo, si intende la porzione più limitata di ambiente
che le aziende scelgono di occupare, andando a instaurare relazioni dirette
con gli altri soggetti che vi si trovano. I soggetti rilevanti sono in primo
luogo i clienti, i fornitori e i concorrenti. Potranno poi essere presi in
considerazione altri soggetti capaci di influenzare con i loro
comportamenti e con le loro decisioni le prospettive di successo a lungo
termine dell’azienda.
L’analisi dell’ambiente competitivo, attraverso cui vengono esplicitate e
comprese le dinamiche di competizione, cooperazione e scambio con altri
soggetti, è di fondamentale importanza per l’analisi strategica, a supporto
del processo di elaborazione della strategia e di valutazione delle decisioni
da assumere. Per condurla è indispensabile prendere in considerazione i
concetti di mercato e di settore.
Un mercato è il luogo, in cui vengono realizzati gli scambi di prodotti e
servizi. La sua struttura e le sue caratteristiche determinano i processi di
scambio cui partecipa l’azienda.
Un settore è l’insieme delle aziende che realizzano attività economiche
con caratteristiche comuni. Esempi di settore possono essere quello
automobilistico o quello agricolo. Il concetto di mercato e di settore sono
tra loro collegati ma non sovrapponibili. È possibile che due aziende dello
stesso settore non operino negli stessi mercati, ma in mercati differenti da
punto di vista geografico o degli operatori che vi partecipano. Nei mercati
cosiddetti business-to-business, si incontrano aziende di settori differenti,
in posizione di acquirenti e fornitori.
I MERCATI E I SETTORI
Si ha un mercato quando molte negoziazioni di beni con caratteristiche
omogenee avvengono con frequenza elevata. L’informazione principale
che l’esistenza di un mercato offre agli operatori è il prezzo corrente per i
beni in esso negoziati. Non esiste un mercato quando non si possono
osservare condizioni di scambio omogenee. Di regola, uno stesso bene è
negoziato in più mercati, distinti per area geografica, tipologia di clienti
95
(privati, imprese, enti pubblici), volumi negoziati per singola operazione
(mercati all’ingrosso o al dettaglio) o differenti bisogni soddisfatti. Il
progresso dei sistemi di comunicazione e le innovazioni nei sistemi di
offerta sviluppate dalle imprese tendono ad attivare collegamenti tra
mercati in passato completamente distinti.
Si vengono così a configurare mercati di grandissime dimensioni o
“globali”.
L’esistenza dei mercati è una conseguenza della specializzazione delle
aziende nello svolgimento dell’attività economica e le caratteristiche
assunte dai mercati possono essere spiegate dalla struttura e dalle attività
delle aziende. La configurazione delle attività aziendali delle imprese
moderne le porta ad operare su numerosissimi mercati. La configurazione
dei mercati dipende anche dagli interventi di regolamentazione compiuti
dai pubblici poteri, al fine di garantire il loro funzionamento efficiente, la
certezza delle transazioni. Le tradizionali categorie di analisi dei mercati
sono la “domanda” e “l’offerta”.
L’incontro della domanda e dell’offerta determina le quantità e i prezzi
scambiati. La domanda è qualificata da tre fattori:
− La concentrazione che si riferisce alla numerosità degli acquirenti.
La domanda sarà concentrata se gli acquirenti sono pochi. Se
l’acquirente è uno solo e i venditori molteplici, il mercato prende il
nome di monopsonio.
− L’elasticità che esprime la sensibilità delle quantità domandate alle
variazioni di prezzo. Un’elasticità elevata comporta grandi
modificazioni nelle quantità domandate in conseguenza di variazioni
ridotte nei prezzi. Una domanda rigida o anelastica comporta invece
modeste variazioni nelle quantità indotte da cambiamenti dei prezzi.
Tipicamente sono caratterizzati da domanda rigida i beni essenziali,
come gli alimentari di base o i combustibili per riscaldamento.
Viceversa, sono caratterizzati da elasticità elevata i beni voluttuari
come ad esempio i viaggi.
96
− La differenziazione collegata alla presenza di segmenti di mercato
caratterizzati da specificità nelle caratteristiche dei beni domandati.
Altri mercati sono tendenzialmente indifferenziati, cioè gli acquirenti
non riconoscono aspetti di specificità nei prodotti (si pensi al
carburante o alla copertura assicurativa per responsabilità civile)
cosicché l’unica variabile rilevante per le decisioni di acquisto è il
prezzo.
Gli stessi tre fattori possono essere impiegati per l’analisi dell’offerta:
− La concentrazione dell’offerta consente di identificare diversi tipi
di mercato in base alla numerosità di offerenti. Avremo il monopolio
se esiste un solo venditore, il duopolio se i venditori sono due,
l’oligopolio se i venditori sono pochi e in grado con le loro decisioni
di modificare i prezzi di vendita. Infine, se i venditori sono molti si
parlerà di mercato in concorrenza perfetta.
− L’elasticità dell’offerta esprime la variabilità delle quantità offerte
nel mercato rispetto ai prezzi e dipende dalla capacità e disponibilità
dei venditori a reagire a variazioni nel mercato.
− Differenziazione dell’offerta, collegata alla presenza di aspetti
specifici nei prodotti offerti. La capacità di differenziare l’offerta dai
concorrenti, attribuendo attributi unici ai propri prodotti capaci di
costituire elementi di vantaggio per i clienti è una delle strategie
competitive di base.
Sulle decisioni di acquisto e di vendita, influiscono anche fattori quali le
condizioni di negoziazione, come ad esempio termini di pagamento,
consegna, garanzie e assistenza post-vendita, la fiducia nella controparte e
le relazioni sociali e istituzionali con essa, le campagne pubblicitarie, la
saturazione della capacità produttiva installata, la disponibilità concreta di
informazioni, le preferenze e la propensione al rischio dei decisori.
Nell’analisi economica e strategica si fa ampio ricorso al concetto di
settore. Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende legate
da relazioni di concorrenza.
97
Un primo ambito di impiego del concetto di settore è quello della
definizione degli interventi di politica industriale, intesi come azioni a
sostegno del potenziamento di settori giudicati di particolare importanza
per lo sviluppo economico complessivo. Nel nostro Paese, si sono
frequentemente attivate politiche dirette e indirette di sostegno al settore
dell’edilizia, ritenuto importante per la crescita economica di breve
periodo. Altrove le azioni di politica industriale sono state indirizzate al
sostegno di settori ritenuti centrali nello sviluppo futuro. Ad esempio, la
Cina ha sostenuto negli anni il settore degli accumulatori per le auto
elettriche, nel quale occupa oggi una posizione di leadership indiscussa.
Un tema collegato è quello legato alla valutazione della struttura del
settore. Si intende valutare se la struttura del settore da un lato sia idonea a
fronteggiare la competizione nel contesto internazionale, dall’altro possa
produrre distorsioni dal punto di vista degli interessi della collettività come
comportamenti collusivi, limitazione alla concorrenza o freni alle spinte
innovative. In taluni casi, la struttura del settore potrebbe essere
eccessivamente frammentata e quindi il settore essere composto da aziende
troppo deboli per fronteggiare la competizione internazionale con
possibilità di success. In altri potrebbe essere al contrario, con rischi per la
collettività collegati all’abuso della posizione di dominanza.
Un secondo ambito di impiego del concetto di settore è quello dell’analisi
delle interdipendenze settoriali, in termini di flussi di condizioni di
produzione e consumo e di mezzi monetari. Il sistema economico di un
Paese può essere rappresentato come una matrice di flussi in entrata e in
uscita da ciascun settore rispetto agli altri.
Il terzo importante ambito di impiego del concetto di settore è quello
dell’analisi strategica. Qui il settore è definito come l’insieme delle
aziende di produzione in relazione di concorrenza e l’attenzione è
focalizzata sul loro comportamento competitivo. Ci si domanda quali siano
gli stimoli e i vincoli idonei a condizionare il comportamento delle
imprese e quale sia il risultato potenziale in termini di redditività e
sviluppo per le imprese del settore.
98
La struttura del settore e la sua capacità di condizionare il comportamento
competitivo delle imprese dipendono da tre variabili:
− Il grado di concentrazione: è elevato se un piccolo numero di
aziende realizza gran parte dell’offerta complessiva, basso se al
contrario il settore è composto da numerose aziende ciascuna
responsabile di una piccola quota dell’offerta.
− La struttura dei costi: esprime il comportamento dei costi medi
unitari (ossia costi totali diviso per il numero totale di unità prodotte)
rispetto ai volumi di produzione e nel tempo.
− Le barriere all’entrata: sono gli ostacoli che devono essere superati
da una azienda esterna al settore per potervi entrare e possono essere
ad esempio dovuti alle norme in vigore, all’entità degli investimenti
necessari, alla notorietà ed all’esperienza.
La struttura del settore, descritta sulla base delle variabili citate è un fattore
influente sul comportamento delle aziende che ne fanno parte.
Adeguandosi ai comportamenti “suggeriti” dalla struttura del settore le
aziende possono conseguire i migliori risultati in termini di sviluppo e
redditività. Così, se la tecnologia di riferimento permette rilevanti
economie di scala, solo le aziende in grado di effettuare gli investimenti
necessari potranno rimanere competitive. Ciò non implica tuttavia che le
strategie vincenti siano sempre e soltanto dettate dalla struttura economica
del settore. Esiste sempre uno spazio per l’innovazione e per l’adozione di
comportamenti in grado talvolta anche di modificare la struttura stessa del
settore.
ENTRANTI
POTENZIALI
CONCORRENTI ATTUALI
FORNITORI ACQUIRENTI
INTENSITA’ DELLA
CONCORRENZA
PRODUTTORI
DI BENI 100
SOSTITUTIVI
L’intensità della rivalità tra i concorrenti è il primo elemento preso in
considerazione. Più elevata è l’intensità della concorrenza, peggiori
saranno le possibilità di ottenere rendimenti soddisfacenti per le aziende
che operano nel settore. La rivalità tra i concorrenti sarà tanto più elevata
quanto più il settore è frammentato e composto da aziende di dimensiono
simili, che tenderanno a adottare politiche aggressive sui prezzi per
prevalere sulle altre. Sulla intensità della concorrenza peseranno anche le
caratteristiche dei prodotti che lasceranno spazio alla sola competizione sul
prezzo. Altri fattori in grado di acuire l’intensità della rivalità saranno la
presenza di eccesso di capacità produttiva che indurrà l’impresa a
comportamenti più aggressivi nel tentativo di saturarla, la presenza di costi
fissi elevati e l’esistenza di barriere all’uscita. Per esempio, se la
tecnologia installata è specifica e non esiste la possibilità di recuperare gli
investimenti attraverso la cessione degli impianti a condizioni convenienti,
l’azienda rimane “prigioniera” del settore e non potrà far altro che
scontrarsi con le altre in analoghe condizioni.
La minaccia di entrata di nuovi concorrenti contribuisce alla pressione
competitiva complessiva. Se per nuove aziende è agevole entrare nel
settore, le prospettive di risultato per quelle che già ci operano saranno
peggiori. L’intensità di questa minaccia è ridotta dalla presenza di barriere
all’entrata, ostacoli di natura tecnica, economica o giuridica all’ingresso
delle nuove aziende. Le barriere all’entrata possono dipendere dall’entità
degli investimenti necessari, dalla presenza di economie di scala o di
esperienza, da difficoltà di accesso ai canali distribuitivi, dall’importanza
del marchio e da ostacoli posti da norme giuridiche (per esempio la
necessità di ottenere licenze o abilitazioni prima di iniziare l’attività). La
minaccia portata da prodotti sostitutivi è collegata alla possibilità che la
domanda soddisfatta dalle aziende del settore possa essere colta da aziende
di altri settori. Per esempio, il trasporto via treno è un prodotto sostitutivo
rispetto ad aerei ed automobili. Pur essendo prodotti diversi realizzati da
aziende non in concorrenza diretta tra loro, sono capaci di soddisfare i
medesimi bisogni dei clienti. Se esiste la possibilità di muoversi
velocemente ed economicamente su distanze medie, le compagnie aeree
dovranno tenerne conto e verosimilmente ridurre i pressi per rimanere
competitivi. Per valutare la rilevanza della minaccia portata da prodotti
101
sostitutivi occorre valutare il rapporto prezzo/prestazioni che tali prodotti
sono in grado di offrire.
Il potere contrattuale dei clienti se elevato riduce le prospettive delle
aziende del settore e dipende da fattori quali: le dimensioni relative dei
clienti rispetto alle imprese del settore, dai volumi acquistati (se pochi
clienti acquistano una parte rilevante dei prodotti di un’azienda il loro
potere contrattuale sarà elevato), dalla possibilità che i clienti hanno di
integrarsi a monte e divenire quindi concorrenti diretti, dall’impatto che i
prodotti acquistati hanno sui costi e sulla qualità dei prodotti degli
acquirenti e dall’intensità della concorrenza tra questi.
Circa il potere contrattuale dei fornitori sarà elevato quando hanno
dimensioni relative maggiori rispetto alle imprese del settore, se i beni da
essi offerti sono specifici, non agevolmente o economicamente sostituibili
con prodotti alternativi.
La potenza congiunta di queste cinque forze determina dunque l’attrattività
del settore. Tanto maggiori saranno le forze, tanto minore sarà l’attrattività
del contesto competitivo e tanto più difficile sarà per le singole imprese del
settore ottenere un rendimento degli investimenti superiori al costo medio
del capitale. I settori, pertanto, non sono tutti uguali dal punto di vista della
redditività potenziale per le imprese che li compongono. Nei settori in cui
le cinque forze sono favorevoli molte imprese possono ottenere ritorni
economici elevati. Ma nei settori in cui la pressione delle cinque forze è
cospicua solo poche imprese potranno ottenere ritorni elevati,
indipendentemente dagli sforzi gestionali. La redditività potenziale per le
imprese dipende dalla struttura competitiva del settore, non dalle
caratteristiche dei prodotti. Il settore dei personal computer, ad esempio, si
è dimostrato ad elevata intensità competitiva e molti produttori sono stati
espulsi dal mercato. Settori che per tempi relativamente lunghi hanno
consentito dei ritorni economici interessanti sono entrati in crisi sulla
spinta di mutamenti nel contesto competitivo internazionale e le imprese
che li compongono sono oggi chiamate a ridefinire il proprio modello di
business per resistere alla acuita competizione. Occorre infine ribadire che
la struttura del settore non è data in senso assoluto ma suscettibile di
102
modificazioni sulla spinta dell’innovazione strategica delle imprese oltre
che di fattori ambientali esterni.
105
pasticcierie, in grado di fornire tutta la gamma di prodotti loro
necessari.
CAPITOLO 5
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