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Scarsità:
Tutti i beni, che siano disponibili in natura o che si creino sfruttando le risorse naturali, hanno in comune la
scarsità che, in ogni società, impone di decidere:
Cosa produrre: quando un bene viene prodotto in grande quantità, consumando risorse già scarse in
partenza, si limita la possibilità di produrre altri beni. Ad esempio se un contadino dedica un ettaro di
terra alla coltivazione di mais, automaticamente non potrà dedicare quell’ettaro alla coltivazione di
cereali.
Come produrre: è possibile produrre uno stesso bene in più modi. Ad esempio se un contadino utilizza
tanto fertilizzante, potrà raccogliere più grano anche se si trova in un terreno più piccolo rispetto ad un
altro contadino che usa meno fertilizzante.
Chi ottiene cosa: ogni società produce beni che gli individui possono mangiare, indossare, consumare,
usare o consumare in svariati modi.
Definizioni importanti:
• Economia: è la disciplina che studia i sistemi economici in relazione sia al singolo individuo
(microeconomia) sia alla società nel suo complesso (macroeconomia). Si suddivide in microeconomia e
macroeconomia.
• Microeconomia: Studia come gli individui (consumatori, famiglie, e imprese) prendono decisioni e come
tali decisioni interagiscono tra loro.
• Macroeconomia: Studia il funzionamento del sistema economico nel suo complesso e fenomeni quali
inflazione, disoccupazione, ciclo economico, crescita.
I sistemi economici si dividono in sistemi in cui le decisioni, a seconda della diversa capacità di fornire beni e
servizi, sono centralizzate, decentralizzate o miste. La maggior parte delle decisioni in ambito economico è
decentralizzata infatti, nelle economie di mercato (sistemi capitalistici), la produzione e il consumo sono il
risultato delle decisioni decentrate di una molteplicità di imprese e individui. Questo perchè un’economia
capitalista si verifica quando i mezzi di produzione sono per lo più di proprietà di privati, che li controllano
traendone beneficio e quindi c’è una libertà su come investire; non c’è nessuna autorità centrale che
suggerisca o imponga a imprese e consumatori cosa produrre e consumare. Ogni impresa produce quel che
ritiene più profittevole e ogni consumatore acquista ciò che preferisce (concetto di Smith con la mano
invisibile: gli individui, nel perseguire il proprio interesse, spesso servono l’interesse dell’intera società)
Alternativa all’economia di mercato è l’economia pianificata (es il comunismo nell’ex Unione Sovietica) in cui
un’autorità centrale prende le decisioni di produzione e consumo: lo Stato possiede e controlla i mezzi di
produzione.
Nessuna economia è completamente centralizzata o decentralizzata (economie miste); Sono le più frequenti.
Nelle economie di mercato non è possibile misurare il grado di centralizzazione economica di una società
(ovvero la quota di presenza dello Stato nell’economia), ma è possibile farsene un’idea analizzando il peso
dello Stato (quota di consumo pubblico) espresso in percentuale sul PIL.
Mercati:
Il mercato è la forma più comune di decentralizzazione ed è un’istituzione in cui si scambiano beni e servizi e
in cui le risorse scarse sono allocate. Secondo gli economisti, i prodotti appartengono a un medesimo
mercato quando sono altamente sostituibili (es se i consumatori scelgono indifferentemente una camicia o
una maglietta, questi beni appartengono allo stesso mercato). Quando un singolo venditore può servire
qualunque cliente, indipendentemente dalla sua collocazione geografica, il mercato è mondiale. In molti
mercati i venditori sono le imprese e gli acquirenti gli individui, che scambiano per mezzo dei prezzi. Un
prezzo è il quantitativo di denaro necessario per ottenere un bene; nella maggior parte dei mercati, ciascun
venditore stabilisce un prezzo non negoziabile al quale disposto a vendere il bene. Perché un mercato
funzioni i diritti di proprietà, ovvero la rivendicazione esigibile su un bene o una risorsa, devono essere
garantiti e lo scambio avviene se tali diritti sono trasferibili.
Ragioni economiche:
La microeconomia si occupa di valutare se un sistema di mercato è efficiente o meno e inoltre assume che gli
individui, spinti dalla motivazione dell’interesse personale, siano sensibili agli incentivi. Gli economisti sono
scettici verso tentativi di modificare il comportamento degli individui senza modificare i loro incentivi. Nel
decidere come spendere il proprio denaro, i consumatori mossi da un interesse personale, cercano di
scegliere Quell’insieme di beni servizi che fornisce loro il più alto livello di soddisfazione personale possibile,
rispondendo incentivi creati dai prezzi: di norma, un prezzo elevato scoraggia il consumo di un bene, mentre
uno basso lo incoraggia. Perciò i prezzi li usiamo come informazione e il meccanismo dei prezzi come sistema
di autoregolazione.
Analisi positiva: riguarda le scelte o i risultati di mercato, perciò ciò che è accaduto, accadrà o potrebbe
accadere. Ad esempio la tassa sul reddito fa sì che la gente lavori meno: non perché sia vero ma perché con
una frase strutturata in questo modo, si può capire se sia una cosa giusta o sbagliata.
Analisi normativa: si occupa di come un’economia che dovrebbe funzionare, perciò analizza cosa dovrebbe
accadere. Utilizza i giudizi di valore perciò le singole risposte alle questioni normative non sono giuste o
sbagliate.
Modelli e matematica:
Si è soliti esprimere le teorie economiche mediante modelli. Un modello è una rappresentazione semplificata
della realtà. Spesso si tratta di modelli matematici, ma esistono anche modelli qualitativi (anche se sono
meno precisi rispetto a quelli matematici). Gli economisti sono soliti lavorare con modelli matematici; il tipico
modello economico tratta le variabili esogene (date) e descrive come queste variabili determinano le variabili
endogene. Quindi le variabili esogene non rientrano nel modello mentre quelle endogene reagiscono alle
variazioni dei fattori esogeni; in genere, si ipotizza che le variabili endogene continuino a cambiare finché non
si raggiunge un punto di equilibrio.
Trade off:
Le scelte in condizione di scarsità hanno a che fare con dei trade-off: per avere un po’ più di un certo bene
devo rinunciare a un po’ di un altro bene. Ad esempio se voglio ottenere voti alti devo studiare, ma dal
momento che ho poco tempo per farlo, avrò meno vita sociale.
Acquistare un’unità in più di un certo bene implica una decisione al margine. Una variazione marginale è un
piccolo aggiustamento che può comportare costi e benefici. Se i primi sono inferiori ai secondi, l’individuo
sarà più soddisfatto. Ad esempio la riparazione di un’auto può comportare dei benefici (la si può rivendere a
un prezzo maggiorato), ma anche dei costi (non solo i costi della riparazione, ma anche i costi del suo
mancato utilizzo per lavoro, e di conseguenza del mancato reddito). Quest’ultimo tipo di costo è il costo
opportunità, vale a dire il costo associato alla rinuncia dell’opportunità di impiegare una risorsa nel migliore
uso alternativo.
Occorre quindi conoscere se una certa azione produce un beneficio netto (differenza fra costi e benefici
totali).
La scarsità è sempre relativa e non assoluta. Si rapporta agli obiettivi/desideri degli individui. Il costo
monetario di un bene può essere una buona approssimazione del suo costo opportunità, ma in alcuni casi
non lo è. Ad esempio: costo opportunità studi universitari = costi diretti + reddito a cui si rinuncia non
lavorando.
Lo scambio libera l’individuo dalla necessità di produrre tutto ciò di cui ha bisogno, permettendogli di
produrre ciò di cui hanno bisogno altri individui, specializzandosi quindi in qualcosa che sa fare bene. Gli
economisti classici spiegavano che tale risultato si ha con la divisione del lavoro (tecnica e sociale): tutti gli
individui si specializzano in ciò che riescono a produrre meglio e poi si scambiano i beni a vicenda. La
divisione del lavoro quindi aumenta la specializzazione.
Il prezzo di mercato (in un mercato concorrenziale) rispecchia sia il valore per i consumatori, sia i costi dei
produttori: infatti il consumatore valuta sia i benefici di possedere un bene, sia i costi che deve sostenere per
ottenerlo. Queste due grandezze tendono a eguagliarsi al margine, perché se il consumatore potesse trarre
ulteriore vantaggio dal consumo di un’unità in più di un bene (beneficio>costo), allora la consumerebbe. In
caso contrario, ridurrebbe il consumo. Per questo, al margine, beneficio e costi si eguagliano.
Ad esempio si confronti il beneficio di un’ora in più di studio (probabilità di ottenere un voto più alto) con il
costo opportunità di quella ora (tutto ciò che potrei fare di altro in quell'ora se non studiassi). L’eventuale ora
in più di studio è detta «marginale». Perciò abbiamo:
Se MB > MC allora è meglio studiare di più; se invece MB < MC allora è meglio studiare di meno. Le ore di
studio che mi occorrono saranno quelle per cui MB = MC.
A volte però il prezzo di mercato può non rispecchiare correttamente i costi e i benefici; questo tipo di
situazione è detta fallimento del mercato (es l’inquinamento).
Le scelte di ognuno e gli esiti di queste scelte spesso dipendono da quelle effettuate dagli altri. Per capire il
funzionamento di un’economia di mercato dobbiamo esaminare le interazioni tra individui, cioè il modo in
cui le scelte di uno influiscono su quelle degli altri e viceversa. Quando nessuno degli individui può stare
meglio cambiando il proprio comportamento ,si verifica una situazione di equilibrio. In particolare i mercati
raggiungono l’equilibrio attraverso le variazioni dei prezzi, che aumentano e diminuiscono fino a che non
rimane per nessuno alcuna opportunità di migliorare la propria condizione.
I mercati non sempre allocano efficientemente le risorse: ciò può costituire il presupposto per l’intervento
pubblico.
Infine il mercato può generare forti diseguaglianze fra consumatori; la preoccupazione per l’equità può
giustificare politiche pubbliche finalizzate a una distribuzione delle risorse.
Premessa:
Il sistema economico è formato dalle famiglie (o individui) e dalle imprese. Le famiglie domandano beni e
servizi prodotti dalle imprese e offrono fattori produttivi (terra, lavoro e capitale); le imprese invece offrono
beni e servizi e domandano fattori produttivi (terra, lavoro e capitale). Gli scambi tra famiglie e imprese
avvengono su due mercati, ovvero il mercato dei beni e servizi (famiglie domandano, imprese offrono) e il
mercato dei fattori (famiglie offrono, imprese domandano). Attraverso un diagramma di flusso circolare,
vengono rappresentati i flussi monetari e i flussi di beni e servizi di un sistema economico, ovvero due flussi
concentrici che si muovono in direzione opposta.
Nel mercato dei beni e servizi il flusso va dalle famiglie che acquistano alle imprese che vendono, invece nel
mercato dei fattori il denaro va dalle imprese che acquistano fattori alle famiglie che li vendono (es il lavoro).
Il coordinamento delle decisioni individuali, ovvero cosa fa sì che le imprese producano proprio quel bene
che le famiglie domandano oppure cosa fa sì che le famiglie offrano proprio i fattori produttivi richiesti dalle
imprese, avviene attraverso il modello di domanda e offerta.
Curva di domanda:
La curva di domanda di un bene identifica la quantità di bene che i consumatori sono disposti ad acquistare
per ogni possibile livello di prezzo a parità di altri fattori (condizione ceteris paribus) in grado di modificarne
la domanda (es la crescita demografica, le preferenze, il reddito dei consumatori o i prezzi degli altri beni).
Pertanto, tale curva è costruita tenendo costanti tutti questi (e altri) fattori. Perciò, a parità di altre condizioni,
se il prezzo di bene aumenta, la quantità domandata diminuisce, e viceversa. La domanda può essere
generata da diversi fattori come consumatori, imprese e Stato. La legge della domanda può implicare
movimenti lungo la curva di domanda oltre che spostamenti della curva di domanda. I movimenti lungo la
curva di domanda riguardano una variazione della quantità domandata conseguente ad una variazione di
prezzo, invece lo spostamento della curva di domanda è la variazione della domanda (quindi dell’intera
curva). Lo spostamento della curva di domanda può verificarsi quando varia un fattore che sia diverso dal
prezzo (variazione del reddito, delle preferenze o delle aspettative; oppure presenza di beni sostituti o beni
complementari, ecc). Ad esempio, abbiamo detto prima che la curva di domanda dev’essere fatta tenendo
costanti gli altri fattori come ad esempio il prezzo degli altri beni; supponiamo però che il prezzo delle patate,
che sono una fonte alternativa di amido, aumentasse: i consumatori probabilmente acquisterebbero una
minore quantità di patate e una maggiore quantità di mais per ogni livello di prezzo. In questo caso patate e
mais rappresenterebbero beni sostituti perciò a parità di altre condizioni, l'aumento del prezzo di un bene
induce i consumatori ad acquistare quantità maggiori dell’altro bene. Se invece i consumatori desiderano
consumare burro e mais congiuntamente, un aumento del prezzo del burro provocherebbe una riduzione
della domanda di mais in corrispondenza di qualunque livello di prezzo perché il costo totale del consumo
congiunto di mais burro aumenterebbe. Burro e mais, in questo caso, sono beni complementari; a parità di
altre condizioni l’ aumento del prezzo di un bene induce i consumatori a ridurre anche la quantità
Una funzione di domanda di un bene descrive la quantità di bene richiesta in corrispondenza di qualunque
combinazione del suo prezzo e di altri fattori. È una formula che può essere espressa in forma generale così:
Q = f (P, M, P , T)
d r
d
Se P = 0,50; P = 4€/Kg, M = € 30.000, allora Q = 15 – 2P
patate burro mais mais
Se P = 0, allora Q = 15 (miliardi bushel annui) (intersezione della curva con l’asse orizzontale)
mais d
Se P = 7,50€ (o prezzo maggiore), allora Q = 0 (Intersezione con l’asse verticale).
mais d
d
Se P = 1€/kg spostamento della curva di domanda; Q = 17 – 2P
patate mais mais
d
Ora, in corrispondenza di P = 3€, la Q non è più 9, ma 11 (miliardi bushel annui).
mais mais
Curva di offerta:
La curva di offerta rappresenta la quantità di bene che i produttori sono disposti a vendere per ogni livello
di prezzo, a parità di altri fattori che possono modificare l’offerta. Ha generalmente un’ inclinazione positiva:
infatti, ad esempio, al crescere del prezzo aumenta la quantità di mais che coltivatori sono disposti a
vendere. Quindi quanto più è alto il prezzo del mais e tanto più è conveniente produrre e vendere tale
prodotto. Allo stesso modo, l’abbassamento del prezzo del fertilizzante provoca una riduzione del costo di
produzione e quindi un aumento della quantità di mais prodotta per qualunque prezzo. Una curva di offerta
assume come costanti tutti i fattori (tecnologia, prezzo dei fattori produttivi, prezzo di altri prodotti etc.)
diversi dal prezzo (si ricordi la clausola “a parità di altre condizioni“ per la curva di domanda). Anche in
questo caso occorre distinguere gli spostamenti lungo la curva di offerta (con variazione della quantità
offerta) dagli spostamenti della curva di offerta (variazione dell’offerta). La variazione di uno dei fattori
diversi dal prezzo (il prezzo dei fattori di produzione, l'innovazione tecnologica, la disponibilità di credito, le
aspettative, il prezzo dei beni correlati, ecc) provoca lo spostamento della curva di offerta del mais (anche
chiamata variazione dell’offerta): la figura (b) mostra in che modo la curva di offerta di mais si sposta
all’esterno (verso destra) in seguito alla riduzione del prezzo del carburante diesel e dei semi di soia. Il
movimento lungo la curva di offerta (anche chiamato variazione nella quantità offerta) invece si ha quando
c’è una variazione nel prezzo di un bene.
Funzione di offerta:
Una funzione di offerta di un bene descrive la quantità di prodotto offerta in corrispondenza di qualunque
combinazione del suo prezzo e degli altri fattori. Può essere una funzione del tipo:
s
Q =9+5P – 2P – 1,25P
mais mais carburante semi di soia
È facile mostrare cosa accade lungo la curva, se P eP sono noti, e cosa accade se tali
carburante semi di soia
valori mutano e si verifica uno spostamento della curva di offerta. Quello che sappiamo è che l'offerta di
mais aumenterà in seguito a un incremento del prezzo del mais e a una riduzione del prezzo del carburante
e dei semi di soia (bene correlato). Lo spostamento della curva di offerta invece, è il risultato di un calo nei
prezzi del carburante da 2,50€ a 2€ al gallone e dei semi di soia da 8€ a 6€ al bushel. Tali riduzioni
s
modificano la funzione di offerta in Q =5P – 2,5.
mais mais
Equilibrio di mercato:
Il prezzo di equilibrio corrisponde al punto di intersezione fra curve di domande e offerta, perciò dove
domanda e offerta sono uguali. Quando viene raggiunto tale prezzo significa che il mercato è in equilibrio.
d s
Ad esempio se Q = 15 – 2P e Q = 5P –6 allora 15 – 2P = 5P –
mais mais mais mais mais mais
6 da cui segue che Pmais = 3. Dopodiché sostituisco il prezzo del mais in una delle due Q e troverò che la
quantità domandata e venduta sarà pari a 9. Se invece abbiamo P = 2 € (eccesso di domanda), parte dei
consumatori non avrebbe accesso al bene e sarebbe disposta a offrire un prezzo superiore (pressioni verso
l’alto del prezzo), facendo così aumentare il prezzo di mercato: aumentando il prezzo diminuirà la domanda
fino a raggiungere un equilibrio tra domanda e offerta. In caso di eccesso di offerta, i venditori sarebbero
disposti a vendere le scorte non vedute a un prezzo inferiore (pressioni verso il basso del prezzo) a 4€, in
modo tale da stimolare la crescita della quantità domanda fino al raggiungimento di una condizione di
equilibrio tra domanda e offerta.
Spesso le condizioni di mercato si modificano: l’offerta può aumentare o ridursi, così come la domanda e ciò
avrà effetti sul prezzo di equilibrio. Gli effetti che queste modifiche avranno sul prezzo di equilibrio prende il
nome di statica comparata, perché si confrontano due equilibri statici trascurando il modo in cui si verifica il
passaggio da un equilibrio a un altro.
Di seguito mostreremo 4 figure che riguardano gli effetti dello spostamento della domanda e dell'offerta
sull'equilibrio del mercato;
Le quantità scambiate dipendono dalla pendenza (inclinazione) delle due curve. La pendenza delle curve può
dipendere dall’orizzonte temporale di riferimento (es di fronte a un aumento di prezzo di un bene, prima la
domanda è poco sensibile; con il tempo invece diventa sensibile se si rendono disponibili beni sostituti). Ciò
implica che si passi dal breve al lungo periodo. I cambiamenti nell’equilibrio di mercato nel breve e nel lungo
d s
periodo dipendono dalla sensibilità delle Q e Q alle variazioni di P. Se una variazione di X ha un effetto su Y,
l’elasticità è lo strumento che consente di stimare in termini percentuali la variazione di Y in conseguenza
della variazione di X.
L’elasticità:
L’elasticità è molto utile in quanto i cambiamenti nell’equilibrio di mercato dipendono dalla sensibilità delle
quantità di mandate offerte di un bene alle variazioni del prezzo. Questa sensibilità dev'essere misurata
tramite le unità di misura utilizzate nel definire la quantità del bene il suo prezzo; fare questo però ogni volta
che si intenda misurare la sensibilità della domanda può risultare scomodo e poco conveniente; per questo gli
economisti misurano la sensibilità di una variabile ai cambiamenti in un’altra variabile mediante il concetto di
elasticità. La formula dell’elettricità è la seguente:
Y
E = Var % Y/Var % di X
X
L’elasticità è indipendente dall’unità di misura. Se ad esempio un incremento del 2% in X determinasse un
aumento pari al 4% in Y, l'elasticità sarebbe di 2. Se invece un aumento del 2% in Y corrisponde ad una
riduzione del 4% in Y, allora l’elasticità sarà uguale a -2; tale valore indica che Y si riduce del 2% per ogni
aumento di X pari all'1%.
d
100(∆Q/Q) / 100 (∆P/P) ovvero (∆Q/Q)/ (∆P/P) ovvero E = [1/ (∆P/∆Q)] (P/Q)
d
Esempi: - E = – 4: se il prezzo del bene aumenta dell’1%, la quantità domandata diminuisce del 4%
d
- E = – 8: se il prezzo del bene aumenta dell’1%, la quantità domandata diminuisce dell’8%
(∆Q/∆P) ci dice quanto varia la quantità domandata per ogni euro in più di prezzo; per una curva di
domanda lineare tale rapporto è pari a meno -B. Quindi possiamo riscrivere la formula di sopra come:
d
E = -B (P/Q) dove –(1/B) indica la pendenza
d
Data la curva di domanda lineare di mais Q = 15 – 2P , per B = 2 (pendenza -1/2) si può misurare
mais mais
l’elasticità della domanda per tre livelli di prezzo: 6, 3,75 e 1,50. Tale equazione implica che in una curva di
domanda lineare, la domanda è più elastica in corrispondenza di livelli di prezzo più elevati perché a tale
livelli P è maggiore di Q.
d
-Domanda perfettamente inelastica: E
=0
La pendenza della retta tangente alla curva in un punto coincide con la pendenza della curva in quel punto:
di conseguenza per piccole variazioni del prezzo a partire da P, il rapporto ∆P/∆Q coincide con la pendenza
della curva di domanda nel punto A. Gli economisti lavorano spesso con curve di domanda caratterizzate da
un’elasticità costante per ogni livello di prezzo. Tali curve sono note come curve di domanda a elasticità
costante o isoelastiche.
Spesa totale ed elasticità della domanda:
L’elasticità della domanda di un bene fornisce un’indicazione sulla variazione di spesa totale dei
consumatori al variare del prezzo: tale spesa è pari a P x Q.
d
▪︎Se il prezzo cresce: -La spesa totale si riduce se la domanda è elastica (E inferiore a -1);
d
-La spesa totale aumenta se la domanda è anelastica (E maggiore di -1);
d
-La spesa totale non cambia se E = -1;
d
-La spesa totale non cambia se E = -1;
L’elasticità (al prezzo) dell’offerta è uguale alla variazione percentuale nella quantità offerta per ogni
incremento del 1% del prezzo, ovvero:
s
E = Var % quantità offerta/Var % del prezzo = (∆Q/Q) / (∆P/P) = (∆Q / ∆P) (P/Q)
Dal momento che l’offerta, in genere, aumenta al crescere del prezzo, ci si aspetta che l’elasticità dell’offerta
sia un numero positivo.
L’elasticità della domanda al reddito è data dalla variazione percentuale della quantità domandata in
rapporto alla variazione percentuale nel reddito, ovvero:
d
E = (∆Q/Q) / (∆M/M)
M
Se un incremento nel reddito produce un aumento della domanda di un bene (misurati in termini
percentuali), l’elasticità della domanda al reddito è positiva e si parla di un bene normale. Se l’incremento
di reddito produce un decremento della domanda (capita per prodotti di bassa qualità), l’elasticità della
domanda al reddito è negativa e quindi si parla di un bene inferiore.
Elasticità incrociata:
L’elasticità incrociata è l’elasticità della domanda di un bene in rapporto al prezzo di un altro prodotto,
ovvero:
d
E = (∆Q/Q) / (∆P /P ) (dove Q è la quantità di un bene e P è il prezzo di un altro
P0 0 0 0
bene)
Esercizi ricapitolativi!!
-M=30.000 Euro
A quale livello di prezzo i consumatori saranno disposti ad acquistare 8 miliardi di bushel all’anno? Come
cambierebbe la risposta se Ppatate salisse a 1 Euro al chilo?
Qmais = 15 – 2Pmais. Si vuole calcolare il prezzo in corrispondenza del quale 15 -2Pmais = 8. Risolviamo
l’espressione in Pmais:
=> La domanda è pari a 8 miliardi di bushel quando il prezzo del mais è pari a 3,5 Euro al bushel.
-M=40.000 Euro
Per prima cosa, scriviamo i valori delle variabili esogene all’interno della funzione di domanda, in modo da
scrivere la quantità domandata di mais unicamente in funzione del prezzo del mais.
Qdmais = 5 – 2Pmais + 3 – 1 + 12
Qdmais = 19 – 2Pmais
Per disegnare la curva di domanda lineare, troviamo l’intercetta sull’asse delle ordinate e su quello delle
ascisse. Se il mais fosse gratis (Pmais = € 0,00), i consumatori acquisterebbero 19 miliardi di bushel l’anno. Il
prezzo che indurrebbe invece i consumatori a non acquistare nemmeno un bushel si trova imponendo
Qdmais = 0. Risolvendo, otteniamo Pmais = € 9,50. La curva di domanda può quindi essere disegnata
individuando questi due punti all’interno del grafico e tracciando una retta che li unisca:
Dal grafico si evince come, a un prezzo pari a € 2.00,
la quantità domandata sia pari a 15 miliardi di bushel
l’anno: possiamo confermare ciò per via algebrica,
imponendo Qdmais=15 e risolvendo per Pmais.
Qdmais = 19 – 2Pmais
15 = 19 – 2Pmais
2Pmais = 4
Pmais = 2
Si disegni la corrispondente curva di offerta per un costo del carburante diesel pari a 2,75 Euro al litro e il
prezzo dei semi di soia pari a 10 Euro al Bushel.
Il metodo di soluzione utilizzato per questo problema è simile a quello utilizzato per l’Esercizio precedente.
Per prima cosa, sostituiamo le variabili endogene e scriviamo una funzione con un solo argomento, Pmais:
Qsmais = 5Pmais – 9
Disegnare una curva di offerta lineare non è così semplice come disegnare una curva di domanda lineare
(siccome la curva è inclinata positivamente, avrà un’unica intercetta positiva). Possiamo trovare il prezzo al
quale i produttori non saranno disposti a offrire mais sul mercato imponendo Qsmais = 0 e risolvendo per
Pmais. Il risultato è Pmais = 1, 80. Per individuare tutti gli altri punti, dobbiamo considerare qualsiasi livello
di prezzo superiore a 1,80 oppure qualsiasi valore positivo per Qsmais. Supponiamo che il prezzo sia€ 5,00 e
sostituiamo all’interno della funzione. Ne risulta una quantità Qsmais = 16.
Qsmais = 5Pmais – 9
21 = 5Pmais – 9
30 = 5Pmais
6 = Pmais
4. Qual è il prezzo di equilibrio nel caso in cui valgano le condizioni di domanda e offerta descritte nei
due esercizi precedenti? Quanto mais è acquistato e venduto? Cosa succede se il costo del carburante
diesel aumenta a 4,5 dollari al gallone?
Usando le funzioni di domanda e offerta semplificate degli Esercizi 2.1 e 2.2, tutto quello che bisogna
fare è imporre Qsmais = Qdmais.
Qsmais = Qdmais 5Pmais – 9 = 19 – 2Pmais 7Pmais = 28 Pmais = 4,00
Il prezzo di equilibrio è pari a € 4,00. Inserendo Pmai = 4,00 in una qualsiasi delle funzioni per Qsmais e
Qdmais troviamo la quantità di equilibrio, che corrisponde a 11 miliardi di bushel l’anno.
Qsmais = 5Pmais – 9Qdmais = 19 – 2Pmais
Qsmais = 5(4,00) – 9Qdmais = 19 – 2(4,00)
Qsmais = 20 – 9Qdmais = 19 – 8
Qsmais = 11Qdmais = 11
Se il prezzo del carburante diesel aumentasse a € 4,50 il litro, la curva di offerta si sposterebbe:
Il nuovo prezzo di equilibrio è € 4,50. Sostituendo 4,50 all’interno dell’equazione scritta per Qsmais o per
Qdmais, otteniamo la nuova quantità di equilibrio, pari a 10 miliardi di bushel.
Qsmais = 5Pmais – 12,50 Qsmais = 5(4,50) – 12,50 Qsmais = 22,50 – 12,50 Qsmais = 10
Dopo l’acquisto da parte del Governo, abbiamo invece Qdmais = 15 – 2Pmais ovvero Qdmais = 18,5 –
2Pmais. L’offerta rimane: Qsmais = 5Pmais – 6.
Il nuovo prezzo di equilibrio del mais è di € 3,50. Il prezzo è cresciuto per effetto dell’aumento della
domanda: il mais ha ora più valore di quanto ne avesse prima dell’intervento del Governo. Inserendo 3,50 in
una delle equazioni (quella per Qsmais o quella nuova per Qdmais) determiniamo la nuova quantità di
equilibrio, pari a € 11,5.
Qdmais = 18,5 – 2Pmais Qdmais = 18,5 – 2(3,50) Qdmais = 18,5 – 7 Qdmais = 11,5
6. Se gli Stati Uniti proibissero l’importazione di carne canadese per ragioni non legate a motivi sanitari,
quale sarebbe l’effetto sul prezzo della carne negli Stati Uniti? Come si modificherebbe la dieta americana?
Come cambierebbe quella canadese? Cosa accadrebbe se il divieto suggerisse ai consumatori che esistono
rischi sanitari derivanti dal consumo di carne canadese?
In Canada, i produttori di carne riverseranno sul mercato interno la carne che prima esportavano,
determinando un eccesso di offerta. Si produrranno a questo punto pressioni al ribasso sul prezzo; i
consumatori canadesi aumenteranno le quantità domandate mentre alcuni produttori locali decideranno di
abbandonare il mercato. I canadesi produrranno quindi meno carne ma ne consumeranno di più.
Gli effetti del divieto all’importazione di carni canadesi sul mercato statunitense sono esattamente gli stessi
di prima, a meno che i consumatori statunitensi si convincano che il rischio legato alle importazioni canadesi
sia connesso con un qualche rischio relativo anche alle carni nazionali. Se i consumatori statunitensi si
convincono che anche le carni nazionali non sono sicure, la domanda di carne si ridurrà, determinando una
tendenza contraria sui prezzi rispetto a quella indotta dal blocco delle importazioni. L’effetto risultante sul
prezzo è quindi ambiguo, mentre l’effetto finale sulle quantità consumate di carne è sicuramente negativo.
Se i consumatori canadesi credono che la loro carne non sia sicura, ridurranno ovviamente la domanda,
generando una tendenza sul prezzo contraria a quella indotta dall’aumento della disponibilità interna per
effetto dell’impossibilità a esportare. Questa volta è l’effetto risultante sulle quantità consumate ad essere
incerto, mentre l’effetto risultante sul prezzo è senza dubbio negativo.
7. Si supponga che la domanda di succo d’arancia (in migliaia di litri l’anno) sia:
Qd = 60 – 30P.
Qual è l’elasticità della domanda in corrispondenza di un prezzo pari a 0.75 Euro al litro?
Ricordando che la formula dell’elasticità di domanda è
Ed = variazione % della quantità domandata/variazione % del prezzo = 100 (ΔQ/Q)/100(ΔP/P) =
(ΔQ/Q)/(ΔP/P) = (ΔQ/Q)*(P/ ΔP) = (ΔQ/ ΔP)*(P/Q)
Il primo termine fra parentesi rappresenta la variazione della quantità domandata per ogni euro in
più di prezzo. Per una curva di domanda lineare, tale rapporto è pari a –B.
Il secondo termine fra parentesi corrisponde al rapporto fra prezzo e quantità iniziale.
Pertanto l’elasticità della domanda per curve lineari partendo dal prezzo P e dalla quantità Q è
Ed = -B (P/Q)
Se la curva di domanda lineare è Qd = A – BP, sostituendo Q si riscrive la formula dell’elasticità
della domanda come
Ed = –B[P/(A – BP)].
In questo caso la curva di domanda è lineare, quindi l’elasticità può essere espressa come
E’ sufficiente sostituire i valori dati all’interno delle formule. Dalla funzione di domanda (Qd = 60 – 30P )
sappiamo che A= 60 e B=30.
Ed= - 30 * [(0,75/60-(30*0,75))] =
In corrispondenza di un prezzo pari a 0.75 Euro al litro l’elasticità della domanda è pari a – 0,6.
Gli individui effettuano scelte sulla base delle loro preferenze. In microeconomia si presuppone che un
individuo sia in grado di specificare un ordinamento delle preferenze: perciò il consumatore è in grado di
stabilire un ordine di preferenza fra tutte le alternative possibili, mettendo anche allo stesso livello due o più
alternative in caso il consumatore risulti indifferente fra tali alternative. Attraverso il principio della scelta si
stabilisce che il consumatore, tra le alternative disponibili, sceglierà quella a cui attribuisce il rango più
elevato. Attraverso il paniere di consumo, il consumatore stabilisce qual è l'insieme dei beni che l'individuo
consuma in un dato intervallo di tempo.
Ciò quindi significa che, dati due panieri (A e B) che contengono diverse combinazioni di beni (es pane e
zuppa) siano possibili tre situazioni (completezza delle preferenze):
consumatore gradisce in uguale misura e che quindi hanno lo stesso livello di utilità.
Una famiglia di curve di indifferenza è un insieme di curve di indifferenza che rappresentano le preferenze
dello stesso individuo e dove all’interno di una famiglia ogni curva di indifferenza corrisponde a un
differente livello di benessere.
Proprietà di una famiglia di curve di indifferenza:
Le scelte in campo economico comportano un trade-off (uno scambio, un compromesso). Per determinare
se una particolare scelta vada a beneficio o a danno di un consumatore, dobbiamo conoscere il tasso a cui
egli è disposto a compiere un trade-off. Quando ci si muove lungo la curva di indifferenza si rinuncia a
un'unità di un bene per acquisire un’unità di un altro bene: la pendenza della curva di indifferenza fornisce
informazioni su tale compensazione.
Saggi di sostituzione:
Il saggio marginale di sostituzione di X con Y (MRS ) è il tasso a cui un consumatore deve adeguare
XY
(aumentare) Y per compensare una piccola variazione (diminuzione) di X, rimanendo sulla stessa curva di
indifferenza; se la variazione di X è positiva, dobbiamo ridurre Y per evitare di variare il livello di benessere
del consumatore, se è negativa dobbiamo aumentare Y. La formula matematica è:
MRS = - ∆Y/∆X
XY
Nella formula si moltiplica ∆Y/∆X per -1, perché ∆Y e ∆X hanno segni opposti: ciò facilita l’interpretazione
nel mostrare l’adeguamento compensativo di Y a variazioni di X.
∆Y e ∆X rappresentano numeri molto piccoli, che descrivono variazioni al margine: la pendenza della
tangente è uguale al rapporto tra queste due variazioni, mentre quest'ultima se moltiplicata a -1, sarà
uguale al saggio marginale di sostituzione di X con Y. È importante notare che MRS è diverso da MRS :
XY YX
nel primo caso calcoliamo -∆Y/∆X, nel secondo invece -∆X/∆Y. L'MRS sarebbe il valore assoluto della
pendenza della curva di indifferenza (o semplicemente pendenza della curva di indifferenza × (-1)) la quale
è data dal rapporto tra la variazione della grandezza Y e la variazione della grandezza X.
I saggi marginali di sostituzioni sono importanti perché se due persone si incontrano e ciascuna di esse ha
qualcosa che l’altra desidera, lo scambio non sarà volontario ma verrà effettuato soltanto se farlo è mutua
ente benefico, ovvero che reca beneficio a entrambi gli individui. Il fatto che lo scambio sia o no
mutuamente benefico, dipende a sua volta dei saggi di sostituzione dei due individui.
Quando le curve di indifferenza dei consumatori sono ragionevolmente vicine a rette, il grado di
sostituibilità tra prodotti è elevato e quello di complementarietà è basso. Quando le curve di indifferenza
dei consumatori si piegano bruscamente, il grado di complementarità tra prodotti è elevato e il grado di
sostituibilità è basso.
Utilità:
I panieri che giacciono sulla stessa curva di indifferenza hanno la medesima utilità. L'utilità è un valore
numerico che indica il benessere relativo del consumatore: un’utilità più alta indica una soddisfazione
maggiore di quella indicata da un'utilità più bassa. Riguardo ai panieri di consumo, si può assegnare un
valore di utilità a ciascun paniere: migliore è il paniere, più alto è il suo valore di utilità. In questo modo, per
determinare quale fra i due sia il migliore, possiamo semplicemente confrontarne i relativi valori di utilità.
Per assegnare i valori di utilità ai panieri, basta usare la funzione di utilità U che deve esprimere questo tipo
di relazioni
2
Un altro esempio può essere U = 2x+y
2 A preferito a B (A è
Paniere A: x = 8 e y = 3 U = 2٠8 + 3 = 25 su una curva di
indifferenza più
2 alta di B)
Paniere B: x = 2 e y = 4 U = 2٠2 + 4 = 20
Questa funzione di utilità rappresenta la formula generale. Possono esistere altri 3 tipi di funzioni di utilità
(più specifiche) e sono:
- La funzione di utilità per beni perfetti sostituti che è data da U (X, Y) = AX + BY. L'MRS sarà dato da A/B.
- la funzione di utilità per beni perfetti complementi che è data da U (X, Y) = min {AX, BY}
Una funzione di utilità assegna lo stesso valore a tutti panieri che giacciono sulla stessa curva di indifferenza.
Perciò, tutto ciò che dobbiamo fare è assegnare valori di utilità a ciascuna curva di indifferenza; quando
assegniamo valori più alti significa che c’è maggiore livello di benessere e, questi ultimi, crescono quanto più
le curve di indifferenza sono lontane dall’origine (questo quando vale il principio di non- sazietà). Quindi, ad
esempio, tra due panieri qualsiasi, il consumatore preferirà sempre quello con il valore di utilità più alto
perché esso giace su una curva di indifferenza più alta, mentre sarà indifferente tra due panieri qualsiasi
contraddistinti dallo stesso valore di utilità perché giacciono sulla stessa curva di indifferenza.
Possiamo anche partire da una funzione di utilità per costruire le relative curve di indifferenza; basta
semplicemente fissare un livello di utilità e identificare tutti i panieri che daranno questo livello. Ad
esempio si consideri la funzione di utilità U (Z, P) = Z x P:
Se il valore di utilità è 10, allora 10 = P x Z. Si può riscrivere l’equazione nella forma P = 10/Z, la quale
esprime la curva di indifferenza (in termini generali P = U/Z).
L’utilità marginale è la variazione dell’utilità derivante dal consumo di una piccola quantità di un certo bene,
divisa per la quantità addizionata. Se ∆X è la piccola variazione della quantità di un bene X e ∆U è la
risultante variazione del valore di utilità, allora l'utilità marginale di X (MU x) è data da:
MUx = ∆U/∆X
Dal punto di vista matematico l’utilità marginale di un bene è vista come la derivata parziale della funzione
di utilità totale rispetto a quel bene. Ad esempio risolviamo la funzione U(x,y) = 3x2y3:
Il saggio marginale di sostituzione del bene X con il bene Y può essere riscritto con:
MRSxy = MUx/MUy
Questa relazione è valida perché una piccola variazione di X (denotata con ∆X) determina una piccola
variazione dell’utilità pari a MUx ∆X; lo stesso accade per una piccola variazione di Y che determina una
variazione dell'utilità pari a MUy ∆Y. Se la combinazione di queste variazioni ci lascia sulla stessa curva di
indifferenza, allora l'utilità rimane invariata e quindi le due variazioni si compensano MUx ∆X = - MUy ∆Y.
Questo perché se per ogni unità in più consumata di x l’utilità si accresce di MU x, consumando Dx
aggiuntivi, l’utilità aumenta di MUx ٠ Δ x. Se per ogni unità in meno consumata di y l’utilità si riduce di
MUy, consumando Dy in meno, l’utilità si riduce di MUy ٠ Dy. Se variano sia x che y, la variazione totale
dell'utilità sarà: ΔU= MUx٠Δ x + MUy٠Δ y. Poiché si tratta di uno spostamento lungo una determinata
curva di indifferenza, l’utilità complessiva deve restare costante: ΔU= 0. Allora:
Esercizi ricapitolativi!!
1.Il saggio marginale di sostituzione di libri con film di Giovanni è pari a 3 film/libro (indipendentemente
dalla quantità consumata). Quindi Giovanni preferirebbe leggere 2 libri e guardare 0 film oppure leggere 0
libri e guardare 2 film?
Risposta: Giovanni è sempre disponibile a barattare 3 film con 1 libro, essendo il suo saggio marginale di
sostituzione fra la lettura di un libro e la visione di un film pari a 3.
In questo caso, le curve di indifferenza e la funzione di utilità sono lineari. La funzione di utilità di Giovanni
ha la forma: U (L, F) = F + 3L. Risulta piuttosto facile capire il perché Giovanni sceglierebbe 2 libri e nessun
film piuttosto che 2 film e nessun libro; visto che per lui 1 libro vale di più, se consuma più libri il suo livello
di utilità totale sarà maggiore. Tale risultato può anche essere trovato inserendo le quantità di libri e film
all’interno della funzione di utilità e confrontando i panieri:
U (L, F) = F + 3L U (2, 0) = 0 + 3(2) = 6 U(0, 2) = 2 + 3(0) = 2
6>2 => la combinazione 2 libri e 0 film genera un’utilità maggiore della combinazione 0 libri e 2 film.
-Quanti film deve guardare Giovanni se vuole raggiungere un’utilità totale pari a 10 e può leggere 2 libri?
U= 10; L=2 F=10 – 3(2) F=10-6 F=4
-Quanti film deve guardare Giovanni se vuole raggiungere un’utilità totale pari a 15 e può leggere 4 libri?
U=15; L=4 F=15 – 3(4) F=15-12 F=3
-In che modo si può ricavare l’equazione della curva di indifferenza dal punto di vista dei libri (L)?
F = U – 3L 3L= U – F L= U/3 – F/3 L=U–F /3
2.A Laura piace parlare al telefono. La sua funzione di utilità che rappresenta le sue preferenze è:
Se Laura programma di parlare al telefono per 60 minuti con una sola persona, chi sceglierà?
Risposta: 20 minuti di conversazione con Mino posso essere scambiati con 18 minuti di telefonate con
Giovanna. In altre parole, Laura attribuisce più valore alle conversazioni con Giovanna che a quelle con
Mino. Siccome un minuto è sempre un minuto, che si parli con l’uno o con l’altra, Laura non dovrebbe
sprecare tempo conversando con Mino, ma dovrebbe utilizzare tutto il tempo a sua disposizione per
conversare con Giovanna. La stessa risposta si può dedurre dal calcolo dell’utilità totale con diverse
combinazioni di minuti di telefonata con Mino (M) e Giovanna (G).
U (M, G) = 18M + 20G U(60, 0) = 18(60) + 20(0) = 1080 U(0, 60) = 18(0) + 20(60) = 1200
1200>1080Se si utilizzano tutti e 60 i minuti a disposizione per parlare con Giovanna, Laura si colloca su una
curva di indifferenza più elevata rispetto a quella che raggiungerebbe parlando per tutti i 60
minuti con Mino.
risolvo per M
18M=20G-U 18M=U-20G M=(U-20G) /18
-Se Laura vuole raggiungere un’utilità totale di 1200 e sa che può parlare con Giovanna (G) per 60 minuti,
quanti minuti deve parlare con Mino (M)?
Risposta:
M=(U-20G) /18
U=1200; G=60
Se Laura vuole raggiungere quel livello di utilità non ha bisogno di parlare con Mino. Data l’equazione della
sua curva di indifferenza sarà sufficiente parlare 60 minuti con Giovanna.
-Se invece vuole raggiungere un’utilità di 1500, e può parlare con Giovanna (G) per 60 minuti, quanto dovrà
parlare con Mino (M)?
M=(U-20G) /18
U=1500; G=60
Se Laura vuole raggiungere quel livello di utilità può parlare 60 minuti con Giovanna e 16,7 minuti con Mino.
risolvo per G
Se Laura vuole arrivare ad un’utilità pari a 1500 e può parlare 16,7 minuti con Mino (M), quanto dovrà
parlare con Giovanna (G)?
Risposta:
G=(U-18M) /20
Il reddito di un consumatore è costituito dal denaro che egli riceve durante un determinato intervallo di
tempo fisso. Se il consumatore dovesse spendere tutto il proprio reddito senza risparmiare, quest'ultimo
può permettersi di acquistare un particolare paniere di consumo se il costo del paniere non supera il suo
reddito per quello stesso periodo. Questa affermazione viene detta vincolo di bilancio. Quindi:
Ad esempio, dati Pz e Pp (rispettivamente costo unitario di zuppa (Z) e pane (P)) il paniere è accessibile se:
PzZ + PpP ≤ M
Solo i panieri che soddisfano i vincoli di bilancio sono accessibili. Esempio numerico:
Quest’ultima formula descrive una retta di bilancio che rappresenta tutti i panieri di consumo che
esauriscono esattamente il reddito di un consumatore e la cui pendenza è - Pz/Pp (è il tasso a cui il
consumatore scambia decilitri di zuppa con etti di pane. Per esempio se P z = 2€/dl e Pp = 0,50 €/etto, si può
scambiare un’unità di zuppa con 4 di pane). La retta di bilancio interseca l'asse verticale nel punto
corrispondente a M/Pp etti e quello orizzontale nel punto corrispondente a M/P z decilitri. Inoltre la retta di
bilancio è molto importante perché separa i panieri accessibili da quelli inaccessibili. Se M = 6, Pz = 2 e P p =
0,50, il consumatore se spende l’intero reddito in zuppa, comprerà 3 (intercetta orizzontale) unità (dl) di
zuppa. Se invece lo spende interamente in pane, comprerà 12 (intercetta verticale) unità (etti) di pane,
altrimenti comprerà combinazioni di P e Z.
Esempio su come disegnare la retta di bilancio:
Partiamo da → 6x + 3y = 60
La pendenza in valore assoluto, cioè px/py , ha un importante significato economico in quanto esprime il
prezzo relativo di x in termini di y, cioè indica a quale tasso il consumatore può sostituire x con y. Ad
esempio px = 6, py = 3 px / py = 2; vuol dire che sul mercato posso sostituire 1 unità di x con 2 unità di
y. In generale vale la regola che sul mercato 1 unità di x vale px/py unità di y.
px / py esprime, inoltre, il costo opportunità di x in termini di y, quindi il costo della rinuncia alla migliore
alternativa. Quindi se spendo il mio reddito nell’acquisto di una unità di x in più, sto rinunciando a p x / py
Le variazioni di reddito spostano la retta di bilancio variando quindi l’insieme dei panieri tra cui il
consumatore può scegliere.
Se i prezzi di pane e zuppa non variano gli effetti sono rappresentati dalla figura qui sopra. Le tre rette di
bilancio sono parallele perché tutte le loro pendenze corrispondono allo stesso rapporto tra i prezzi x -1:
quindi la moltiplicazione di tutti i prezzi per la stessa costante ha lo stesso effetto della variazione di reddito.
Una variazione del prezzo di un bene del paniere, con il reddito che rimane invariato, fa ruotare la retta di
bilancio verso l’esterno (in caso di diminuzione) o verso l’interno (in caso di aumento).
Infine, il raddoppio di tutti i prezzi ha sulla retta di bilancio lo stesso effetto di un dimezzamento del reddito:
le due variazioni, nel loro insieme, eliminando metà del potere d'acquisto del consumatore.
I panieri A, B, C sono tutti ugualmente accessibili al consumatore e costituiscono una scelta interna. Quando
il paniere accessibile migliore (paniere C) è una scelta interna, essa prende il nome di soluzione interna. Il
paniere C soddisfa la condizione di tangenza in quanto la retta di bilancio del consumatore è tangente alla
sua curva di indifferenza in corrispondenza del paniere C. In corrispondenza di ogni soluzione interna, il
saggio marginale di sostituzione tra due beni è uguale al rapporto fra i loro prezzi (nel punto di tangenza,
in corrispondenza del paniere, curva di indifferenza e retta di bilancio hanno la stessa pendenza).
Poiché la pendenza della curva di indifferenza è l’opposto del saggio marginale di sostituzione di zuppa con
pane, se la pendenza della retta di bilancio è data dal rapporto P z/Pp con segno negativo, allora:
MRSzp = Pz/Pp
Quando si scambiano i beni, ciascun individuo sceglierà un paniere in cui l’MRS corrisponde allo stesso
rapporto fra i prezzi; perciò la condizione di equilibrio o di ottimo è MRS = px / py. Nelle soluzioni di
Massimizzazione dell'utilità:
Una funzione di utilità assegna un valore di utilità ad ogni paniere di consumo: il consumatore preferirà i
panieri con valori di utilità superiori. Pertanto, effettuare la scelta ottima equivale a trovare il paniere di
consumo accessibile con il valore di utilità più alto. Il paniere migliore deve massimizzare la funzione di
utilità del consumatore, rispettandone il suo vincolo di bilancio, quindi:
max U (x, y)
max U (Z, P)
Riguardo alla zuppa e al pane, sappiamo che la scelta ottima del consumatore giace lungo la sua retta di
bilancio; per individuare tra tutti i panieri situati lungo la retta di bilancio, quello che fornisce il più alto
livello di utilità, partiremo del paniere che il consumatore ottiene spendendo tutto il proprio reddito in
zucca e ci muoveremo lungo la retta di bilancio trasferendo risorse dalla zuppa al pane. In termini di utilità,
ogni euro di reddito trasferito dalla zuppa al pane genera un beneficio (dato dall’incremento di utilità
associato al maggiore consumo di pane) e un costo (dato dalla diminuzione di utilità conseguente alla
riduzione del consumo di zuppa). Si supponga che il pane costi € 0,50 all’etto e che, di conseguenza, con 1 €
si acquistano 2 etti di pane. Spendere un euro in più per il pane significa ottenere 1/P p (1€/0,5€) etti
aggiuntivi di pane (cioè 2 etti di pane). Tali etti aggiuntivi incrementano l’utilità del consumatore per un
ammontare pari a MUp (cioè l’utilità marginale del pane). Pertanto, per determinare il guadagno di utilità
derivanti da una quantità aggiuntiva di pane per €1, si possono moltiplicare gli 1/P p etti aggiuntivi alla loro
utilità marginale MUp. Il risultato sarà MUp/Pp, che è il beneficio marginale derivante dal trasferimento di
risorse al pane. Analogo discorso vale per la zuppa alla quale si rinuncia per ottenere un maggiore consumo
di pane: la sua utilità diminuisce di MU z/Pz con la perdita di 1/ Pz, che sarà il costo marginale del
trasferimento di risorse al pane. Poiché le due grandezze si compensano (il consumatore resta sulla stessa
curva di indifferenza), allora:
MUp/Pp = MUz/Pz
Questa formula riguarda le soluzioni interne. Per quanto riguarda invece le soluzioni di frontiera, avremo la
seguente formula:
Ricorda!!!!
●La scelta ottima del consumatore implica che si realizzino due condizioni:
-La condizione di tangenza tra retta di bilancio e curva di indifferenza del consumatore ( (𝝏U/ 𝝏X) / (𝝏U/ 𝝏Y)
= Px/Py )
-Il paniere di consumo ottimo si trovi sulla retta di bilancio e che quindi il paniere scelto abbia un costo pari
al reddito del consumatore. Pertanto:
PxX +PyY = M
●Per individuare il paniere di equilibrio risolvo il sistema di due equazioni (retta di bilancio e condizione di
equilibrio) in due incognite (x e y):
px x p y y M
px
MRS
py
Ricordando che MRS = MUx/MUy il sistema può essere riscritto come:
px x p y y M
MU x px
MU
y py
Esempio:
Si consideri un consumatore con preferenze espresse dalla funzione U (X, Y) = 3x 2y3 e il cui reddito è M = 60
€. L’utilità marginale di X è data da MUx= 6xy3, mentre l’utilità marginale di Y è data da MU y= 9x2y2
3) Risolvo il sistema:
px x p y y M 6x + 3y = 60 6x+9x = 60 y = 12
MU x p x
MU p 2y/3x=2 y = 3x x=4 La curva prezzo-consumo:
y y
Si supponga che, a reddito
invariato, il prezzo di uno dei due beni contenuti in un paniere vari. La curva prezzo-consumo mostra come
varia il paniere di consumo accessibile migliore al variare del prezzo di un bene ceteris paribus (ovvero a
parità di tutte di tutte le altre condizioni es reddito, preferenze e prezzi di altri beni). Per quanto riguarda la
curva prezzo-consumo dei beni complementari, quando il prezzo del complemento di un bene aumenta, il
consumatore acquisterà una minore quantità anche di quel bene e quindi la curva avrà pendenza positiva,
cioè è inclinata verso l'alto. Per quanto riguarda invece la curva prezzo-consumo dei beni sostituti, quando il
prezzo del bene sostituto aumenta, il consumatore acquisterà una maggiore quantità di quel bene e quindi
la curva avrà pendenza negativa, cioè è inclinata verso il basso.
La curva di domanda individuale descrive la relazione tra prezzo e quantità acquistata di un bene da parte
di un particolare consumatore a parità di tutte le altre condizioni (ceteris paribus). La curva prezzo-consumo
fornisce tutte le indicazioni necessarie per costruire una curva di domanda individuale.
Perciò il collegamento tra i punti E, F e G crea una curva di domanda individuale. I movimenti lungo questa
curva mostrano la sensibilità della quantità acquistata al prezzo del bene; questa sensibilità è misurata
dall’elasticità della domanda rispetto al prezzo. Se l’elasticità è alta, un lieve aumento del prezzo determina
una notevole riduzione della quantità acquistata e perciò la curva di domanda è piatta; se l’elasticità è
bassa, un forte aumento del prezzo determina una lieve riduzione della quantità acquistata e perciò la curva
di domanda è ripida.
Reddito e domanda:
Il reddito determina molte scelte: gli economisti chiamano effetto di reddito una variazione del consumo di
un bene derivante da una variazione del reddito.
La curva reddito-consumo:
La curva reddito-consumo mostra quali (migliori) panieri accessibili un consumatore sceglie al variare del
suo reddito a parità di tutte le altre condizioni, vale a dire prezzi e preferenze del consumatore.
bene (patate), sebbene sia meno preferito all’altro. All’aumentare del reddito però, lo sostituisce con il bene
maggiormente preferito (manzo). L’elasticità della domanda rispetto al reddito di beni normali è positiva,
perché aumenta all’aumentare del reddito (e viceversa). Mentre è negativa per i beni inferiori, perché
diminuisce all’aumentare del reddito.
Un bene di Giffen (molto raro) è un bene la cui quantità domandata aumenta all’aumentare del prezzo.
Esempi:
1. La carestia in Irlanda comporta un aumento del prezzo delle patate, perciò il potere di acquisto dei poveri
diminuisce così come il consumo di carne. Essendo che però i poveri rinunciano a beni costosi, il consumo
delle patate aumenta in quanto c’è il bisogno di raggiungere le calorie necessarie.
2. Un fumatore accanito, ma molto povero, fuma 2 pacchetti al giorno. Con i soldi che ha riesce a comprarsi
un pacchetto di sigarette buone e un pacchetto di sigarette cattive. Se il prezzo delle sigarette cattive
dovesse aumentare, il fumatore Non riuscirebbe più a comprarsi un pacchetto di buoni e un pacchetto di
cattive: l’unico modo per fumare due pacchetti è quello di comprare due pacchetti di cattive, perciò il
consumo di quelle cattive aumenta nonostante sia aumentato il prezzo.
La curva di Engel => la formula è uguale a quella per trovare l'ottimo del consumatore lasciando M
La curva di Engel descrive, per un bene, la relazione tra reddito e quantità consumata (ceteris paribus).
Sull’asse delle ordinate (y) si indica il reddito, mentre su quello delle ascisse (x) si indicano le quantità
consumate. Per un bene normale, il consumo aumenta all’aumentare del reddito, quindi la curva di Engel ha
pendenza positiva; per un bene inferiore invece, a un aumento del reddito corrisponde una diminuzione del
consumo e quindi la curva di Engel ha pendenza negativa.
Perciò, per il principio dell’ordinamento delle preferenze, il consumatore deve allora preferire il paniere A
al paniere C. Questo implica che la curva di indifferenza che passa per A, non attraversa l’area del triangolo
ombreggiato in azzurro.
Esercizi ricapitolativi!!
1. Il prezzo del pane è pari a 0,75 Euro al chilo e quello del burro è 0,2 Euro all’etto. Il reddito di Roberto è
pari a 15 Euro, con cui egli acquista 6 chili di pane. Quanto burro acquista (se si suppone che non consumi
nient’altro e che spenda tutto il reddito)? Costruite la retta di bilancio e identificate il paniere di consumo
che ha scelto.
Risposta: Se Roberto compra 6 chili di pane a € 0, 75 al chilo, la spesa complessiva per il pane è di € 4,50 (=
6 × € 0,75). Questo significa che, per il consumo di burro, rimangono quindi € 10,50 dei € 15
originariamente a disposizione. Se il prezzo del burro è di € 0,20 per ogni etto, Roberto acquisterà 52,5 etti
di burro (= € 10,50 / € 0,20).
Oscar ha inizialmente la retta di bilancio L1 della figura consumando il paniere A. Quale punto sceglierebbe
se i prezzi della zuppa e del pane raddoppiassero?
Risposta: Se raddoppiano sia il prezzo della minestra che del pane, la retta di bilancio di Oscar diviene L2. Il
suo reddito, che prima era sufficiente per acquistare 40 chili di pane, gli consente ora solo l’acquisto di 20
chili. Lo stesso si può dire in riferimento all’acquisto di minestra: da 10 si passa ora a soli 5 decilitri. Dal
momento che il nuovo vincolo di bilancio è L2, Oscar massimizzerà la sua funzione di utilità scegliendo il
punto B: 8 chili di pane e 3 decilitri di minestra.
-Quale punto sceglierebbe se i prezzi della zuppa e del pane diminuissero del 50%?
Risposta: Se i prezzi dovessero ridursi del 50%, allora il suo reddito consentirebbe di acquistare il 50% in più
di ciascuno dei beni. Anziché fino a un massimo di 40 chili di pane, Oscar potrebbe allora acquistare fino a
un massimo di 60 chili. Anche la quantità massima di minestra passerebbe da 10 a 15 decilitri. La variazione
dei prezzi fa sì che il nuovo vincolo di bilancio sia L3. Dato L3, l’utilità viene massimizzata scegliendo il punto
C: 28 chili di pane e 8 decilitri di minestra.
Risposta: Se il reddito raddoppia e raddoppiano pure i prezzi, allora non cambia niente: la retta di bilancio di
Oscar continuerebbe a essere L1. Il potere d’acquisto rimarrebbe infatti inalterato. Oscar rimane quindi nel
punto A: 16 chili di pane e 6 decilitri di minestra.
3. Carla spende tutto il suo reddito per biglietti di concerti (C) e di film al cinema (F). Supponete che la
formula del suo saggio marginale di sostituzione sia SMS = (3+F) /2C; se Carla acquista la metà di un
biglietto significa che assiste a un concerto a mesi alterni. Supponete che il reddito di Carla (M) mensile sia
300 Euro. I biglietti del concerto costano 5 Euro l’uno (Pc). Costruite la curva di prezzo-consumo e la curva di
domanda di biglietti di film al cinema (dove la quantità domandata di biglietti per film sarà funzione solo del
loro prezzo Pf, che varierà).
Risposta: Natasha vuole massimizzare la propria utilità, quindi acquistare più concerti e film possibili. La
quantità di film che potrà acquistare dipende dal reddito, dal prezzo del film, e dalla quantità di biglietti per
concerti che acquista, la quale a sua volta dipende dal reddito e dal prezzo dei concerti. Per massimizzare
l’utilità deve uguagliare il suo saggio marginale di sostituzione (SMS ovvero quanto preferisce il concerto
rispetto al film) al prezzo relativo dei biglietti (quanto costa il concerto (Pc) rispetto al film (Pf)). Il prezzo del
biglietto per concerti (Pc) è di € 5, mentre l’SMS è (3+F) /2C
Ho trovato la quantità di film che è possibile acquistare (F) in funzione del suo prezzo (Pf), del prezzo dei
concerti (Pc), e della quantità di concerti acquistata (C). Ora occorre trovare la quantità di concerti che è
possibile acquistare (C). Inseriamo l’espressione di F all’interno del vincolo di bilancio:
Sappiamo che il reddito (M) è 300 e che il prezzo del concerto (Pc) è 5. Possiamo sostituire questi valori
nelle due equazioni.
Otteniamo le quantità di concerti e film che è possibile acquistare espresse solo in funzione del prezzo del
film (Pf), il quale può variare (come ha indicato il testo dell’esercizio).
-Se il prezzo del biglietto per i film (Pf) ammonta a € 5, Natasha deciderà di assistere a 21 concerti e a 39
spettacoli cinematografici.
-Se il prezzo del biglietto del cinema fosse invece di € 10, Natasha assisterebbe a 22 concerti ed andrebbe a
guardare 19 film.
-Con un prezzo per il singolo spettacolo cinematografico pari a € 20, Natasha deciderebbe per 24 concerti e
solo 9 spettacoli al cinema.
1. Il bene diventato più costoso e quindi tende ad essere sostituito con altri beni.
2. Il potere d’acquisto del consumatore diminuisce perché uno stesso ammontare di moneta non
consente più di comprare tanto quanto si comprava in precedenza.
Quando il prezzo di bene varia, cambia anche il benessere del consumatore. Quando il prezzo di un bene (es
zuppa) aumenta (es passa da 0,5 €/dl a 1€/dc), il potere di acquisto del consumatore diminuisce e perciò la
sua retta di bilancio ruota e passa da L 1 a L2 e il paniere scelto da A a B. Per compensare l'incremento di
prezzo bisognerebbe dare al consumatore un reddito aggiuntivo di 5€ (quello iniziale era 10€). Ciò
aumenterebbe il suo reddito a 15€ dandogli la possibilità di acquistare qualsiasi paniere lungo o sotto la
retta di bilancio nera. In questo caso egli sceglierebbe il paniere C.
La rotazione nella retta di bilancio da L1 a L2 illustra una variazione di prezzo non compensata, ossia non
accompagnata da una variazione di reddito. Lo spostamento dalla retta di bilancio da L1 a L3 illustra, invece,
una variazione di prezzo compensata, in cui una variazione di prezzo si accompagna a una variazione di
reddito, cosicché il benessere del consumatore rimane invariato.
Effetto di sostituzione ed effetto di reddito:
L’effetto di una variazione di prezzo compensata è costituito dall'effetto di una variazione di prezzo non
compensata più l’effetto dell’aggiunta della compensazione. Se prendiamo i grafici di prima, nel primo
grafico l’effetto della variazione di prezzo non compensata è lo spostamento del consumo dal paniere A
al paniere B e l’effetto della compensazione è lo spostamento del consumo dal paniere B al paniere C.
Nel loro insieme, queste variazioni spostano il consumo dal paniere A al paniere C, esattamente come
una variazione di prezzo compensata.
L’effetto di una variazione di prezzo non compensata è costituito dall’effetto di una variazione di prezzo
compensata (sarebbe l’effetto di sostituzione di una variazione di prezzo, ovvero l’effetto che ricade sui
consumi dovuto alla variazione (nel nostro esempio è un incremento) di prezzo: il consumatore
sostituisce un bene con un altro) più l’effetto della sottrazione della compensazione (sarebbe l'effetto di
reddito di una variazione di prezzo, ovvero l’effetto che ha sul reddito la variazione di prezzo di un bene
domandato (se il prezzo aumenta, il poter d’acquisto diminuisce e viceversa): tale effetto implica uno
spostamento in parallelo della curva di bilancio). Guardando sempre il primo grafico, possiamo notare
che la variazione di prezzo compensata ha l’effetto di spostare il consumo dal paniere A al paniere C e la
sottrazione della compensazione ha l'effetto di spostare il consumo dal parere C al paniere B. Nel loro
insieme, queste variazioni spostano il consumo dal paniere A al paniere B, esattamente come una
variazione di prezzo non compensata.
Esempio:
Ricapitolando, una variazione di P non compensata implica sia una variazione dei prezzi relativi (la quale fa
ruotare la retta di bilancio) sia una variazione del potere d’acquisto (che causa uno spostamento in parallelo
della retta di bilancio verso l’origine in caso di aumento e viceversa in caso di diminuzione). Mediante
l'effetto di sostituzione si domanda meno il bene il cui prezzo è aumentato mentre attraverso l’effetto di
reddito, se il prezzo della zuppa aumenta, il potere d’acquisto del mio reddito diminuisce. Nel caso di un
bene normale, l'effetto di sostituzione e di reddito si sommano; nel caso di un bene inferiore, l’effetto di
reddito e di sostituzione si contrappongono.
Esempio:
Supponiamo che un consumatore scelga panieri contenenti manzo e patate e che il prezzo delle patate
diminuisca (e la retta di bilancio si sposti da L1 a L2).
L’effetto di sostituzione è negativo; questo perché per un aumento di prezzo la quantità diminuisce, mentre
per una diminuzione di prezzo la quantità aumenta. Gli effetti di reddito invece, hanno una direzione
diversa a seconda che si prenda in considerazione un bene normale o un bene Inferiore. L'effetto di reddito
sarà negativo per un aumento del pezzo e sarà positivo per una diminuzione del prezzo; al contrario, per i
beni inferiori, l'effetto di reddito sarà positivo per un aumento del prezzo e negativo per una diminuzione
del prezzo. Nel caso di un bene inferiore, l’effetto di sostituzione e l’effetto di reddito operano in direzioni
opposte: nel caso di un aumento del prezzo, l’effetto di reddito aumenta il consumo mentre l’effetto di
sostituzione lo diminuisce; nel caso di una diminuzione del prezzo, le direzioni si invertono.
La rendita (o surplus) del consumatore è il beneficio netto che un consumatore riceve dalla partecipazione
al mercato per un particolare bene. Per calcolare la rendita del consumatore, dobbiamo partire misurando il
beneficio lordo derivante dal consumo di quel bene; questa informazione ci viene fornita dalla curva di
domanda del consumatore. In corrispondenza di ogni data quantità, il valore della sua ordinata indica la
disponibilità del consumatore a pagare l’unità marginale: questa disponibilità a pagare è una misura del
beneficio lordo derivante al consumatore da quella unità.
Esempio:
Alcune politiche pubbliche creano o distruggono i mercati: in questi casi, il concetto di rendita del
consumatore dice quanto valore economico viene creato o distrutto. Altre politiche pubbliche variano i
prezzi e le quantità dei beni oggetti di scambio, senza però influenzare l’esistenza di un mercato. Per
esempio, le accise sulla benzina possono aumentarne il prezzo, ma non ne eliminano il mercato. In questo
caso, il concetto di rendita ci permette di misurare la variazione del beneficio economico netto (sarebbe la
variazione compensativa per la politica) derivante dalla politica.
Esempio:
Finora abbiamo ipotizzato che il reddito degli individui fosse fisso, senza però specificare da dove venisse. La
maggior parte degli adulti percepisce gran parte (se non tutto) il proprio reddito vendendo il proprio tempo
e le proprie energie ai datori di lavoro in cambio di un salario: questo metodo di percepire il reddito viene
detto offerta di lavoro. Anche la scelta di offrire il proprio tempo e le proprie energie in cambio di un salario
è una scelta tesa alla massimizzazione dell’utilità, che quindi studieremo con gli stessi strumenti utilizzati
per studiare la scelta di consumo. Anche in questo tipo di offerta bisogna parlare di beni e di mali:
supponiamo che gli individui considerino un male le ore lavorative… sappiamo però che per ogni male,
esiste un bene corrispondente che nel caso del lavoro corrisponde al tempo libero. Il prezzo di questo bene
(tempo libero) è il tasso salariale: se per ogni ora lavorativa ricevo 10€, allora ogni ora di tempo libero mi
costerà 10€.
Esempio:
Un consumatore ha a disposizione 14 ore di tempo libero da dividere
tra lavoro e tempo libero. Si suppone inoltre che quest’ultimo
spenda tutto il suo reddito in cibo che costa 1€ all'etto. Nel grafico
raffigureremo sull’asse orizzontale le ore di tempo libero e sull’asse
verticale gli etti di cibo. Se sceglierà di non lavorare, avrà 14 ore di
tempo libero e potrà consumare solo 30 unità di cibo (usando reddito
non da lavoro, per esempio una piccola rendita). Questo viene
raffigurato dal paniere A. Se decide di lavorare solo 6 ore (e le
restanti 8 ore sono tempo libero) e per ogni ora di tempo libero che
sacrifica (e che quindi lavora) verrà pagato con €5, allora consumerà
ulteriori 5 unità di cibo (la pendenza della retta è -5 etti/ora) . Questo
viene raffigurato dal paniere B. Se lavorasse 14 ore, guadagnerebbe
70€ (5€ x 14) i quali, aggiungendosi ai 30€ di rendita, gli
consentirebbero di consumare 100 etti di cibo. Questo viene
raffigurato dal paniere B.
Una variazione del salario del consumatore dell'esercizio precedente fa ruotare la sua retta di bilancio: con
salari crescenti la retta di bilancio diventa più ripida.
Il primo grafico raffigura le scelte del consumatore per tre differenti tassi salariali: €3/ora, €5/ora e
€7/ora. I punti di tangenza tra le curve di indifferenza e le rette di bilancio (quindi dei panieri scelti)
tracciano una curva prezzo-consumo. Con le informazioni contenute nel primo grafico, si è costruita la
curva di domanda di tempo libero del consumatore dove i panieri C, D e E corrispondono ai panieri
contrassegnati nella curva prezzo-consumo del primo grafico. Per salari bassi, la sua curva di domanda è
inclinata negativamente, mentre per salari alti ha pendenza positiva. In altri termini, con salari alti,
l’individuo domanda più tempo libero. Poiché il numero totale di ore di lavoro del consumatore è
uguale al numero totale di ore che ha disposizione meno il numero di ore di tempo libero, la sua curva
di offerta di lavoro è uguale alla sua curva di domanda di tempo libero, soltanto che la curva di offerta di
lavoro si piega all'indietro.
Un individuo divide il proprio tempo (T) tra ore lavorative (L) e ore di tempo libero (N). Ne consegue quindi
che L = T – N. Se il salario per ora di lavoro è pari a W, il reddito da lavoro è pari a WL. Con il reddito da
lavoro, l'individuo compra beni di consumo indicati con C. Se il prezzo per ogni unità di C è P c, la spesa
dell’individuo in beni di consumo è pari a PcC. Il vincolo di bilancio, nel caso il consumatore spenda l’intero
reddito in beni di consumo è P cC = WL. Tenendo conto che L = T - N, la retta di bilancio del consumatore può
essere riscritta come PcC = W (T – N), ossia WN + PcC = WT.
Data la funzione di utilità U (N, C), il suo obiettivo sarà massimizzare tale funzione. In termini formali:
max U (N, C)
La soluzione del problema consente di determinare quante ore l’individuo dedica al tempo libero e al
lavoro; perciò ci consente di determinare l’offerta di lavoro. Per risolvere il problema di Massimo basta
mettere a sistema il vincolo di bilancio e δU/δN / δU/δC = W/ Pc
Esercizi ricapitolativi!!
Supponete che PM scenda da 2 Euro a 1 Euro e calcolate la variazione della rendita del consumatore per
Alberto.
NB: rendita (o surplus) del consumatore è il beneficio netto che un consumatore riceve dalla partecipazione
al mercato per un particolare bene. È la quantità di denaro che lo compenserebbe pienamente della perdita
di accesso al mercato ed è anche la differenza fra la disponibilità a pagare per 1 unità in più del bene
(beneficio lordo) e il prezzo del bene.
Se la curva di domanda di download musicali di Alberto è data da M = 150 – 60PM, allora il prezzo soglia
oltre il quale non è disposto a scaricare musica (domanda di download pari a zero) è pari a € 2,50. Perciò:
(Tale informazione sarà utile per calcolare l’altezza del triangolo corrispondente al surplus del consumatore).
M = 150 – 60PM => un prezzo di € 1,00 per download, Alberto domanda 90 download: M=150-60(1)=150-
60=90
A un prezzo unitario di € 2,00, la sua domanda scende invece ad un livello pari a 30: M=150-60(2) =150-
120=30
Utilizzando queste informazioni, possiamo allora calcolare l’aumento del surplus del consumatore
conseguente a una riduzione del prezzo da € 2,00 a € 1,00:
Surplus del consumatore dopo la riduzione del prezzo: ½ ( € 2,50 - €1,00 )(90) = € 67,50
a) Costruite la curva di domanda di Beatrice. Calcolate la variazione della sua rendita del consumatore in
base all’aumento del prezzo della carta.
b)A quanto ammonteranno le entrate erariali per la Pubblica Amministrazione derivanti dall’applicazione di
quest’imposta a Beatrice? Confrontate tali entrate erariali con le perdite economiche di Beatrice. La nuova
imposta produce entrate erariali tali da compensare Beatrice nella sua perdita?
Risposta a): Se la domanda di Beatrice per la carta è data da F = 525 – 50PF, allora la soglia oltre la quale
non domanda più fogli è rappresentata da un prezzo di € 10,50 per ogni risma da 100 fogli. (Tale
informazione sarà necessaria per calcolare l’altezza del triangolo del surplus del consumatore.)
Ad un prezzo di € 2,00 per ogni risma da 100 fogli, Beatrice acquista 425 fogli:
Quando il prezzo della risma sale a € 2,50, Beatrice domanda solo più 400 fogli:
(Attenzione: PF è il prezzo richiesto per una risma da 100 fogli, ma F è misurata in singoli fogli. Per calcolare
il surplus del consumatore, occorre rendere omogenee le unità di misura. Dividiamo allora per 100 l’altezza
del triangolo la cui area rappresenta il surplus del consumatore.) Utilizzando tali informazioni, possiamo
calcolare la variazione del surplus del consumatore conseguente alla variazione di prezzo (da € 2,00 a €
2,50):
Tecnologie di produzione:
Finora abbiamo studiato le decisioni degli individui come consumatori, lavoratori e risparmiatori, ora si
esamineranno le decisioni dell’impresa. Ogni impresa deve decidere cosa produrre, come produrlo, in quale
quantità produrre e a che prezzo vendere il prodotto. L’output di un impresa è l’insieme dei beni e servizi
che essa produce, mentre gli input sono ad esempio i materiali, la manodopera, la terra o i macchinari che
un’impresa utilizza per produrre i propri output. La prima cosa che il proprietario di un’impresa deve sapere
è come produrre gli output che vuole vendere: conoscere ciò significa comprendere la tecnologia di
produzione dell’impresa. La tecnologia di produzione di un’impresa descrive tutti i metodi a sua
disposizione per trasformare gli input in output; quindi si parte dagli input, si passa alla tecnologia e la fase
finale è la produzione di output. Delle tecnologie di produzione differenti possono portare a realizzare
quantità differenti di output, a parità di impiego di input. Una tecnologia risulta efficiente quando l’impresa
non ha alcun altro modo per produrre una maggiore quantità di output usando lo stesso quantitativo di
input: perciò bisogna utilizzare il quantitativo minimo di input per produrre una certa quantità di output.
L’insieme delle possibilità produttive di un’impresa comprende tutte le possibili combinazioni di input e
output data la tecnologia dell’impresa; invece, la frontiera efficiente di produzione di un'impresa include
tutte le combinazioni di input e output che l'impresa può ottenere usando metodi di produzione efficienti.
Funzioni di produzione:
Q = F(L)
Esempio:
Q = 4L1/2 dove Q è il quantitativo di output che l’impresa produce e L è il quantitativo di manodopera che
l'impresa assume. Se L = 100, Q = 4×√100 = 40
Quindi, la grandezza dell’output varia al variare del valore di L.
Una funzione di produzione è rappresentata da una curva ascendente: se L aumenta, anche Q aumenta.
Se si utilizzano più input, per esempio lavoro (L) e capitale (K), non cambia dal punto di vista concettuale:
Q = F (L, K)
L’unica cosa che cambia è che il quantitativo di output prodotto dipende dall’uso che l’impresa fa di tutti
questi input.
Esempio:
Q = 10 √L √K => Se l’impresa assume 10 lavoratori e 10 unità di capitale, allora produce:
10 √10 √10 = 100
Q F L
APL
L L
Il prodotto marginale del lavoro (Marginal Product of Labor: MPL) è la variazione della quantità di output
che deriva dall’impiego di un’unità aggiuntiva dell’input lavoro. Questa misura della produttività sarà molto
utile nel momento in cui volessimo capire se un’impresa dovrebbe cambiare il quantitativo di lavoro che
impiega. Per quanto riguarda l’unità aggiuntiva del lavoro che un’impresa può aggiungere o sottrarre, se
sono disponibili solo operai full-time, allora ΔL = 1; se sono disponibili anche operai part-time, allora ΔL = ½;
se l’impresa può assumere operai a giornata e misuriamo il lavoro a settimane/ lavoratore, allora ΔL = 0,2
(1/5 giorni lavorativi). Quando vengono impiegati L lavoratori, chiamiamo le unità di lavoro (ΔL) assunte per
ultime, unità marginali di lavoro. La variazione di output è commisurata alla variazione dell’input che la ha
generata:
Q F L F L L
MPL
L L
Dividendo la variazione di output per ∆L facciamo sì che il prodotto marginale sia misurato su base unitaria.
Dal punto di vista matematico, MPL è la derivata parziale rispetto a L della funzione di produzione.
Esempio:
quest'ultima si alzerà; se è meno produttivo, essa si abbasserà. Nella tabella di prima, con due lavoratori
MPL (41) è maggiore del APL (37). Ciò fa aumentare il prodotto medio che da 33 passa a 37 quando viene
aggiunto il lavoratore marginale (il secondo). Con 4 operai invece la situazione si inverte. È come per i voti
all’università: il voto dell’esame marginale, se superiore alla media, innalza la media (e viceversa).
Per quanto riguarda il prodotto marginale invece, prendiamo in esame il seguente grafico:
Perciò, ricapitolando:
-La pendenza della retta tangente alla funzione di produzione è pari alla pendenza della curva in quel punto.
-Una piccola variazione ∆L’ implica un movimento lungo la funzione di produzione, in questo caso accade ad
esempio dal punto B al punto A. Ciò aumenta la quantità di ∆Q’ = F(L) – F(L- ∆L’). Pertanto MP L = ∆Q’/∆L’,
vale a dire l’incremento dell’output della funzione di produzione da B a A (è la pendenza della retta che
connette questi due punti).
-Nel punto A, MPL (pendenza) è data dalla tangente in quel punto ed espresso dalla derivata della funzione
di produzione rispetto a L.
-Il prodotto marginale, in questo esempio, con L unità di input di lavoro è dato dalla pendenza della
funzione di produzione al punto A.
È possibile rappresentare su un grafico la curva del prodotto marginale del lavoro riportando i valori del MP L
indicati nella funzione di produzione sull’asse delle ordinate.
Notazioni importanti:
-La curva del prodotto marginale del lavoro soddisfa la legge dei rendimenti marginali decrescenti. -
Nel primo grafico, la linea tangente a L = 20 attraversa l’origine, il che significa che il prodotto marginale e il
prodotto medio in quel punto sono uguali.
Nella figura successiva mostriamo le curve di prodotto medio e marginale insieme. La curva del prodotto
medio ha pendenza positiva quando si trova al di sotto della curva di prodotto marginale e ha pendenza
negativa quando è al di sopra della curva marginale del prodotto; ha, invece, pendenza pari a zero quando
attraversa la curva marginale del prodotto.
Gli economisti suddividono gli input in quattro categorie: lavoro (ovvero tutti i servizi resi dalle persone,
capitale (ovvero i beni durevoli come gli impianti, i macchinari e i veicoli che vengono utilizzati nei processi
di produzione), materiali (ovvero gli input che vengono totalmente consumati nel processo di produzione) e
terreno (che sarebbe la terra). Quando un’impresa affronta problemi che utilizzano due input nel lungo
periodo, per ragioni di semplicità li chiameremo lavoro (L) e capitale (K) e daremo per scontato che
entrambi siano omogenei (quindi che entrambi siano ugualmente produttivi). La funzione di produzione
dell'impresa sarà Q = F (L, K). Di norma, quando un’impresa ha più di un input variabile, può produrre un
dato quantitativo di output con molte combinazioni diverse di input. In questo tipo di problema varrà il
principio della produttività dei fattori, ovvero che aumentando la quantità di tutti gli input, il quantitativo di
output che un'impresa può produrre aumenta strettamente (usando metodi di produzione efficienti).
Isoquanti:
Un isoquanto identifica tutte le combinazioni di input che producono in modo efficiente un determinato
livello di output.
che producono efficientemente un certo livello di output, mentre una curva di indifferenza identifica diverse
combinazioni di beni di consumo che producono un dato livello di benessere.
Una famiglia di isoquanti rappresenta isoquanti relativi a tutti i possibili livelli di output. Le proprietà degli
isoquanti e delle famiglie di isoquanti sono:
1. Un isoquanto è sottile (geometricamente, è un luogo di punti).
2. Un isoquanto ha pendenza negativa (non può curvare verso l’alto, altrimenti due diverse
combinazioni di input dovrebbero generare lo stesso livello di output, ma una di esse potrebbe
includere una maggiore quantità di entrambi gli input).
3. Un isoquanto è un confine tra combinazioni di input che generano livelli di output superiori e
inferiori.
4. Gli isoquanti non si incrociano (sarebbe contraddittorio perché una certa combinazione di input
potrebbe essere associata a un livello inferiore di output, ma potrebbe richiedere una maggiore
quantità di input rispetto a un’altra combinazione associata a un livello di output superiore).
5. Gli isoquanti associati a livelli maggiori di output sono lontani dall’origine (e viceversa).
Quando un’impresa usa più input, i prodotti medi e marginali di un qualsiasi input possono essere definiti
allo stesso modo di quando ne definivamo uno solo: anche in questo caso, i livelli degli altri input vengono
mantenuti fissi. Un esempio può essere quando facciamo riferimento al prodotto medio e marginale ( APK e
MPK) del capitale dati 5 lavoratori. Inoltre, per la legge dei rendimenti marginali decrescenti, ci si aspetta
che, tenendo fissi altri input, il prodotto marginale di un input cala man mano che aumenta la quantità
utilizzata, mentre invece quando viene aggiunta una maggiore quantità di altri input in quanto di solito
aumenta.
Le imprese nello scegliere la combinazione di input più efficiente devono considerare il saggio di
sostituibilità di un input con un altro. Questa informazione deriva dagli isoquanti di un’impresa.
il quale dice quante unità di K (ore-macchina) dobbiamo aggiungere per compensare la riduzione di ore di
lavoro (rimanendo sullo stesso isoquanto), quando si sceglie la combinazione di input B, invece della A.
Inserire il segno “meno” davanti alla proporzione rende più facilmente trattabile il concetto, in quanto
indica che è necessario più capitale per compensare una riduzione fissa nel lavoro.
Quando ci si sposta da A a B, ∆L = -50 e la variazione compensativa del capitale è ∆K = 50. Perciò, il saggio di
sostituzione tecnica tra lavoro e capitale è pari a – (∆K/ ∆L), vale a dire - (50/-50) = 1, che è pari alla
pendenza del tratto di retta che unisce A con B, moltiplicata per “- 1”. Si può replicare il ragionamento
spostandoci da A a C.
Per variazioni sempre più piccole, la pendenza delle linee che collegano la combinazione originale degli
input alla nuova, sarà data dalla tangente all’isoquanto nel punto A. Così, per variazioni minime (marginali),
il saggio di sostituzione di lavoro con capitale (saggio marginale di sostituzione tecnica o MRTS) tra lavoro e
capitale (MRTSLK), è pari alla pendenza dell’isoquanto in quel punto, moltiplicata per – 1. L.
L'MRTS è il tasso al quale un’impresa può sostituire un input con un altro senza per questo variare l’output.
Moltiplicando il prodotto marginale del lavoro (PM L) (cioè la variazione di Q che deriva dall’impiego di
un’unità aggiuntiva di L) per una piccola quantità dl L (∆L) si ottiene la variazione di output dovuta alla
variazione nel lavoro pari a PML x ∆L. Applichiamo analogo procedimento al capitale e otteniamo una
variazione di output pari a PMk x ∆K. Se ∆L e ∆K sono tali da mantenere invariato l’output, questi due effetti
si compensano e la loro somma dà zero, perciò:
Riformulando otteniamo:
Pertanto:
MRSTLK = PML / PMk
Quindi, questa formula dice che l'MRSTLK per una data combinazione di input è pari al rapporto tra il
prodotto marginale del lavoro (derivata parziale rispetto a L) e il prodotto marginale del capitale (derivata
parziale rispetto a K): più il lavoro è produttivo rispetto al capitale, più capitale dobbiamo aggiungere per
compensare una data riduzione del lavoro e, quindi, maggiore sarà il saggio marginale di sostituzione. Si
noti che quando F è funzione di L e K, MPL è la derivata parziale di F rispetto a L e che quando F è funzione
di L e K, MPK è la derivata parziale di F rispetto a K.
Le tecnologie differiscono in quanto esistono possibili diversi tipi di combinazione di input per produrre un
dato quantitativo di output. A un estremo, i due input potrebbero essere perfettamente sostituibili, all’altro
estremo, potrebbero dover essere usati in proporzioni fisse. Un caso intermedio è espresso da una funzione
di produzione Cobb-Douglas.
-Perfetti sostituti: sono due input le cui funzioni sono identiche, in modo tale che l’impresa possa scambiare
l’uno con l’altro a un tasso fisso. Esempio:
In questi grafici rappresentiamo due tipi di lavoratori: quelli
con un’istruzione universitaria (C) e quelli che ne sono privi
(H). Per alcuni mestieri (come quello del bidello), il livello
d’istruzione è ininfluente, quindi i due tipi di lavoratori sono
perfettamente sostituibili; perciò l’isoquanto è una retta
avente una pendenza di -1, così che l'MRSTHC =1. La
sostituibilità non implica lo stesso livello di produttività: ad
esempio, se i lavoratori con formazione universitaria sono
due volte più produttivi di quelli con il diploma, allora il
lavoratore laureato è perfettamente sostituibile con due
lavoratori diplomati.
-Perfetti Complementari (proporzioni fisse):
sono due input che devono essere utilizzati
insieme in proporzioni fisse. Esempio:
Q = F(L,K) = AL𝛂K𝛃
Dove A, 𝛂 e 𝛃 sono parametri che assumono valori specifici per una data impresa. Ad esempio, se A = 10 e
𝛂 = 𝛃 = 0,5, la funzione di produzione sarà Q = 10 √L √K.
L’MRTSLK dipende dai parametri 𝛂 e 𝛃 e non da A, il quale denota il livello generale di produttività
dell’impresa. Gli aumenti in 𝛂 aumentano la produttività del lavoro e il MRTS LK, dal momento che è
richiesto maggior capitale per compensare la riduzione di lavoro. Gli aumenti in 𝛃 invece, aumentano la
produttività del capitale e abbassano il MRTS LK, dal momento che è richiesto minor capitale per
compensare la riduzione di lavoro. Gli isoquanti, per la funzione di produzione Cobb-Douglas, presentano
quindi un saggio marginale di sostituzione tecnica decrescente.
Rendimenti di scala:
Gli economisti sono in grado di stabilire se le grandi imprese producono in modo efficace, esaminando i
rendimenti di scala. Ci si può però domandare cosa succedesse se l’impresa aumentasse il quantitativo di
tutti i suoi input nella stessa proporzione e quindi si dice che cambia la scala di produzione. Ci sono 3
possibilità:
- Tecnologia a rendimenti di scala costanti => una variazione proporzionale nell’uso di tutti gli input
produce una variazione proporzionale nell’output. Per esempio se l’impresa utilizza una quantità doppia di K
e L, l’output raddoppia (es uno stabilimento → 100 auto; due stabilimenti → 200 auto). Questi tipi di
rendimenti di scala costanti (crescenti e decrescenti) sono analizzabili con una funzione di produzione Cobb-
Douglas, Q = F(L, K) = AL𝛂K𝛃. In una Cobb-Douglas, i rendimenti di scala sono costanti se 𝛂 + 𝛃 = 1. Come
facciamo a saperlo? Supponiamo che l’impresa, ora, impieghi due unità di K e L:
- Tecnologia a rendimenti di scala decrescenti => una variazione proporzionale nell’uso di tutti gli input
produce una variazione meno che proporzionale nell’output. Per esempio se l’impresa utilizza una quantità
doppia di K e L, l’output aumenta meno del doppio (es un'impresa che si ingrandisce troppo e incontra
difficoltà nel processo produttivo).
I rendimenti di scala crescenti possono dipendere dalla specializzazione degli input man mano che la scala
aumenta. Ad esempio la specializzazione del lavoro può far sì che il prodotto medio del lavoro aumenti con
il numero dei lavoratori.
I rendimenti di scala decrescenti (di più difficile comprensione) possono dipendere da problemi di tipo
gestionale: questo perché esistono degli input fissi che vengono trascurati nell’analisi. Ad esempio due
ragazzi che devono fare dei lavori in garage, possono raddoppiare gli operai addetti al montaggio e lo spazio
nel garage, ma non possono raddoppiare se stessi (input fisso).
La tecnologia dell’impresa potrebbe cambiare nel tempo e diventare più o meno efficiente nel trasformare
gli input in output. Questo processo è noto come progresso tecnologico. Quando gli economisti sostengono
che un’impresa ha una produttività maggiore rispetto ad un’altra o che un’impresa è diventata più
produttiva, intendono affermare che essa può produrre di più con lo stesso quantitativo di input: la sua
funzione di produzione, pertanto, si sposta verso l’alto.
Utilizzando più di un input, una differenza nella produttività fra due imprese nel tempo potrebbe essere
legata all’uso di un input. Di conseguenza, se due diverse combinazioni di input producessero quantitativi
uguali prima del cambiamento, le quantità dei loro output sarebbero uguali anche dopo il cambiamento.
Perciò, un incremento nella produttività che mantiene l'MRTS invariato a ogni combinazione di input viene
chiamato progresso tecnico neutrale. Un’altra possibile ragione per la quale il prodotto medio del lavoro di
un’impresa è maggiore di quello di un’altra è che la prima azienda ha scelto una diversa combinazione di
input per produrre il proprio output, o sta producendo un diverso quantitativo di output.
- Dall’applicazione di norme contrattuali vigenti o del fatto che le imprese siano soggette a diverse
legislazioni o circostanze di mercato;
- Dall’accumulo di esperienza (learning by doing) a cui si associano gli investimenti in ricerca e sviluppo
(R&S), questi ultimi molto importanti per garantire il successo di un’impresa che faccia parte della New
Economy.
Esercizi ricapitolativi!!
1.Pietro e Maria gestiscono un’impresa di caffè in grani. Il numero dei chili di caffè che imballano dipende
dal numero di operai che assumono. Il numero di chili di caffè che imballano al giorno è dato dalla funzione
di produzione Q = F(L), in particolare Q = 10L, dove L è il numero di operai che impiegano. Rappresentate
con un grafico la loro funzione di produzione.
2.Calcolare i prodotti del lavoro marginale e medio che risultano dalla tabella. Sappiamo che la produttività
marginale del lavoro (‘marginal productivity of labour-MPL’) è uguale alla variazione dell’output divisa per la
variazione dell’input di lavoro; dal momento che la quantità di lavoro viene incrementata di un’unità, MPL è
semplicemente la variazione dell’output dovuta all’incremento unitario del lavoro.
La produttività media del lavoro (‘average labour productivity - ALP’) è invece l’output diviso per la quantità
totale impiegata di lavoro.
La relazione fra MPL e APL soddisfa le seguenti proprietà:
-Quando il prodotto marginale MPL è costante, il prodotto medio APL è anch’esso costante ed è uguale a
MPL (si vedano le righe per 1 e 2 lavoratori nella tabella sopra riportata).
-Quando MPL scende invece al di sotto di APL, la produttività media APL inizia a diminuire (si vedano le
righe della tabella in corrispondenza di 3 e 4 lavoratori).
3.Supponiamo che un’impresa usi lavoro (L) e capitale(K) come input produttivi. Supponiamo che la
funzione di produzione di lungo periodo sia:
Se il capitale è fissato a K=10 nel breve periodo, qual è la funzione di breve periodo? Quanto produce nel
breve periodo se assume 1 lavoratore? E 2? E 3?
A quale livello di input di lavoro (L) le produttività medie e marginali dell’impresa sono uguali? Gli
andamenti delle curve della produttività media e marginale soddisfano la relazione vista nell’esercizio
precedente?
Spiegazione per la costruzione della tabella:
2
MP L =3 L −400 L+10.000
2
AP L =L −200 L+10.000
Se L=100
2
MP L =3(100) −400(100)+10.000 MP L =30.000❑−40.000+10.000=0
2
AP L =(100) −200 ( 100 ) +10.000 AP L =10.000❑−20.000+10.000=0
Se L=90
2
MP L =3(90) −400(90)+10.000 MP L =24.300❑−36.000+10.000=−1.700
2
AP L =( 90) −200 ( 90 ) +10.000 AP L =8.100❑−18.000+ 10.000=100
Se L=95 ecc…
CAPITOLO 7: Costi
Tipi di costi:
Il costo totale (CT) di un’impresa per produrre un particolare livello di output è rappresentato dalla spesa
necessaria per produrre un certo output nel modo più efficiente. In sintesi è il costo unitario per la quantità
prodotta. Per prendere decisioni corrette in materia di prezzi e output, i manager devono conoscere i costi
totali legati alla produzione in corrispondenza di diversi livelli di output.
Il costo dell’output invece, dipende dal costo degli input e dalla combinazione di input utilizzata
dall’impresa. L’impresa cercherà di produrre una data quantità di output al costo minore possibile o,
alternativamente, cercherà di produrre il massimo output possibile investendo una somma data (cioè dati i
costi).
-Costi variabili (CV) => sono i costi riferiti agli input che variano al variare della produzione (quindi al variare
del livello di output dell’impresa). Per esempio il lavoro o le materie prime. Un altro corso variabile può
essere ad esempio la benzina di cui il tassista ha bisogno per alimentare il taxi.
-Costi fissi (CF) => sono i costi riferiti agli input il cui impiego non varia al variare della produzione, a meno
che l’impresa possa evitarli decidendo di non produrre alcunché). Per esempio un capannone. Un altro
costo fisso può essere ad esempio il fatto che un tassista debba acquistare una licenza a prescindere dal
numero di ore di servizio.
Alcuni costi fissi possono essere evitabili e quindi l’impresa non deve sostenerlo se non produce alcun
output; ad esempio se il tassista può vendere la licenza recuperando la spesa iniziale, allora il costo della
licenza è un costo fisso evitabile. Altri costi fissi invece possono essere irrecuperabili e quindi l’impresa deve
sostenerli anche in caso di mancata produzione; ad esempio se la città di Milano proibisse per legge la
vendita delle licenze per i taxi, la spesa iniziale sostenuta dal tassista per l’acquisto della licenza sarebbe un
costo irrecuperabile. Il fatto che un corso fisso sia evitabile o irrecuperabile, ha delle importanti
ripercussioni sulle procedure decisionali: inoltre, un costo può essere evitabile o irrecuperabile anche a
seconda del lasso temporale preso in considerazione.
Il costo totale necessario per produrre diversi livelli di output è riassunto dalla funzione di costo, ovvero:
Costi opportunità:
I costi opportunità sono dei costi poco evidenti, diversi dalle spese che si devono sostenere per l’acquisto
degli input e sono quei costi associati alla rinuncia all’opportunità di impiegare una risorsa nel suo miglior
uso alternativo (un uso che avrebbe potuto generare dei guadagni). Ad esempio se un’impresa possiede un
magazzino, il costo di tale input è pari al prezzo al quale l’impresa lo potrebbe vendere, mentre la rinuncia
all’opportunità di vederlo costituisce il suo costo-opportunità. Analogamente, se un impresa possiede un
certo macchinario, il costo opportunità può essere dato dal suo noleggio, anziché impiegarlo per la propria
produzione. Il costo opportunità è quindi diverso dal costo contabile!!
Esempio 1: il proprietario dell’impresa lavora 2000 ore all’anno per la sua impresa; come manager di
un’altra impresa, lavorando 2000 ore all’anno verrebbe pagato 50.000 €
Esempio 2: Nel 2015 ho firmato un contratto per l’affitto di un capannone per tutto il 2015 al canone di
1000 €, e questo contratto non può essere disdetto.
•Costo contabile = affitto capannone (1000 € ) •Costo opportunità = migliore remunerazione che il
proprietario può ottenere dal capannone.
Se non lo uso e non posso subaffittarlo, il costo opportunità è 0 €; se invece posso subaffittarlo a 600 €, il
costo opportunità è 600 €.
Costi di breve periodo: un input variabile
Nel breve periodo, se l’impresa ha un solo input variabile e un altro input è fisso, la sua funzione di costo di
facile da determinare: una volta identificato il metodo efficiente per produrre un certo output, si determina
la quantità di input variabile necessario. Di conseguenza, il CV sarà pari al quantitativo di input variabile
impiegato e il CT = CV + CF.
Graficamente:
La curva dei costi totali è pari alla somma verticale delle curve di costi fissi e costi variabili
Esempio:
Se la funzione di produzione è Q = 2L, allora ogni lavoratore produce due unità di output (se L=1, Q=2 etc.)
Possiamo indicare quindi il lavoro come L = Q/2. Quindi il lavoro è un input variabile e il costo dell’input L è
W (il saggio di salario). Quindi la funzione di costo variabile è data dalla quantità di lavoro moltiplicata per
W; se il salario è di 15€/h, allora la funzione di costo variabile è W (Q/2) = (15/2) Q. Se l’impresa sostiene CF
= 100, allora la funzione di costo totale sarà:
Costi di lungo periodo: minimizzazione dei costi con due input variabili:
Nel lungo periodo tutti gli input dell’impresa sono variabili e l’impresa avrà a disposizione diversi metodi
per produrre efficientemente il proprio output. Per semplicità si suppone che l’impresa abbia come input
solo K e L e che siano perfettamente divisibili. Il problema è minimizzare i costi di produzione.
Rette di isocosto:
Per individuare il metodo di produzione efficiente meno costoso, occorre identificare le rette di isocosto.
Una retta di isocosto include tutte le combinazioni di input aventi lo stesso costo.
La prima figura mostra la retta di isocosto per una spesa totale di €3500 se,
su base settimanale, gli operai guadagnano €500 e lo spazio in garage costa
€10 al metro quadro. Le combinazioni A, B, E si trovano sulla stessa retta di
isocosto (tutti punti della retta sono combinazioni) = € 3500. In generale, se
W è il costo di un’unità di L e R è il costo di un’unità di K, la retta di isocosto
per il costo totale C rispetta la formula:
WL + RK = C
Il significato economico della pendenza di isocosto sarebbe il costo opportunità per l’impresa del lavoro in
termini di capitale; quindi se l’impresa impiega 1 unità di lavoro in più sta rinunciando a W/R unità di
capitale.
La retta di isocosto delle imprese ha le stesse funzioni della retta di bilancio dei consumatori: entrambe
mostrano i panieri che hanno lo stesso costo e la loro pendenza è negativo del rapporto dei prezzi. Inoltre,
come la retta di bilancio del consumatore, una retta di soccorso separa i panieri che costano meno di C
(tutti situati al di sotto di essa) da quelli che costano più di C (tutti situati al di sopra di essa). Ogni livello di
costo C ha una propria retta di isocosto; se dovessimo tracciare una retta di isocosto per ogni livello di costo
C, avremmo una famiglia di rette di isocosto. Una famiglia di rette di isocosto contiene, per un dato prezzo
di input, le rette di soccorso per tutti i possibili livelli di costo dell’impresa. Tutte le rette di isocosto che
appartengono alla stessa famiglia sono parallele e inoltre le rette più lontane dall’origine corrispondono a
livelli più elevati di costo totale.
Soluzioni interne:
Una combinazione di input è detta scelta interna quando utilizza ogni input almeno in parte. Quando la
combinazione ottimale dei fattori è una scelta interna, è detta soluzione interna (come la combinazione D
del grafico sopra). La combinazione D soddisfa la condizione di tangenza, in quanto la retta di isocosto è
tangente all’isoquanto: questa condizione dev’essere sempre soddisfatta dalle soluzioni interne. La
condizione di tangenza può essere riformulata come la relazione fra il rapporto dei prodotti marginali di
un’impresa e quello fra i prezzi dei suoi input. Essendo che la curva dell’isoquanto è pari al saggio marginale
di sostituzione tecnica del lavoro con il capitale (MRSTLK) moltiplicato per – 1 ed a volta il MRSTLK è pari al
rapporto tra il prodotto marginale del lavoro e quello del capitale, la formula sarà:
MRSTLK = MPL/MPK
Poiché la pendenza della retta di isocosto è – (W/R), la condizione di tangenza può essere rappresentata da:
MPL/MPK = W/R
Man mano che ci si sposta da sinistra a destra sull’isoquanto, la quantità di lavoro utilizzato aumenta: ciò
implica valutare quanto lavoro utilizzare. Il costo di un’unità aggiuntiva (marginale) di lavoro è W, mentre il
beneficio marginale è pari alla riduzione di capitale risultante (MRTSLK) per il costo del capitale R. Poiché il
beneficio marginale deve essere pari al costo marginale:
R x MRTSLK = W
Dal momento MRTSLK è uguale al rapporto fra i prodotti marginali degli input, ciò comporta che:
L'ultima formula mostra che l’impresa sta usando una combinazione ottimale di fattori: ci indica che il
prodotto marginale di un euro speso in lavoro deve essere pari al prodotto marginale di un euro speso in
capitale.
Notazione => Anche in questo caso possiamo notare dei parallelismi fra questa analisi e lo studio delle
scelte dei consumatori: di fronte a una soluzione interna per un problema di scelta del consumatore, la
retta di bilancio del consumatore è tangente alla curva di indifferenza; qui, di fronte alla soluzione interna
per un problema di minimizzazione dei costi di un’impresa, la retta di isocosto dell’impresa è tangente al
suo isoquanto.
Esercizio: Sia F (L, K) = LK, W=5 e R=10. Qual è la combinazione efficiente di fattori per produrre 50 unità di
output?
K / L = 5 / 10 K = L/2 K=L/2
LK = 50 L(L/2) = 50 L^2= 100
Risultati: L = 10, K= 5
Soluzioni d’angolo:
Se la combinazione ottimale dei fattori esclude qualche input, siamo in presenza di una soluzione d’angolo.
In questo tipo di soluzione però, non vale la condizione di tangenza.
Una funzione di costo di un’impresa mostra come il costo totale varia al variare dell’output con i prezzi degli
input che invece rimangono costanti. Per determinare la funzione di costo di un’impresa, occorre trovare la
combinazione ottimale dei fattori per ogni livello di output.
Il costo medio (AC) è il costo per unità di output e si calcola dividendo il costo totale per la quantità
prodotta:
AC = C/Q
Il costo marginale (MC) indica la variazione di costo totale conseguente un piccolo incremento di output. Le
unità marginali di output sono le ultime unità ∆Q dove ∆Q è la quantità minima di output che l’impresa può
aggiungere o sottrarre. In breve, il costo marginale misura il costo aggiuntivo sostenuto dall’impresa per
produrre unità marginali di output, diviso le unità di output aggiuntive, ovvero:
AVC = VC/Q
AFC = CF/Q
Le economie di scala possono essere viste come delle implicazioni dei rendimenti di scala; un’impresa ha
delle economie di scala quando il suo costo medio diminuisce all’aumentare della produzione (avviene
quando il costo totale aumenta meno che proporzionalmente rispetto all’incremento di output).
Supponiamo che un'impresa aumenti il proprio output da Q a 2Q. Se il costo aumenta di meno del doppio,
allora C(2Q) < 2C(Q); dividendo entrambi i lati per 2Q otteniamo che C(2Q) /2Q< C(Q)/Q (quindi il costo
medio in corrispondenza di 2Q è inferiore rispetto al costo medio in corrispondenza di Q.
Un’impresa ha diseconomie di scala quando il suo costo medio aumenta più che proporzionalmente
rispetto all’incremento di output (avviene quando il costo totale aumenta più che proporzionalmente
rispetto all’incremento di output).
Se i prezzi degli input non mutano al mutare dell’output, l’impresa va incontro a economie di scala se la sua
tecnologia ha rendimenti di scala crescenti, mentre andrà incontro a diseconomie di scala se la sua
tecnologia ha rendimenti di scala decrescenti. Ad esempio si supponga che l’impresa abbia rendimenti di
scala crescenti e produca 100 unità con una combinazione di input A. Se l'azienda decidesse di produrre
200 unità, con rendimenti di scala crescenti, userà meno del doppio degli input usati per A. Quindi il costo
medio in proporzione diminuirà e ciò vuol dire che siamo in presenza di un'economia di scala.
Se invece un’impresa avesse rendimenti di scala decrescenti e iniziasse a produrre 200 unità con una
combinazione di input B, se decidesse di dimezzare la produzione a 100 unità, con rendimenti di scala
decrescenti, userà meno della metà degli input di B. Quindi il costo sarà meno della metà e ciò vuol dire che
siamo in presenza di diseconomie di scala.
Ricapitolando!! Per individuare la combinazione di input che consente di produrre Q al costo minimo
occorre soddisfare due condizioni:
Ma MRST = (∂F/ ∂L) / (∂F/ ∂K), perciò si può scrivere anche come:
Il profitto (∏) di un’impresa è dato dal ricavo totale meno il costo totale (∏ = R – C). Per massimizzare ∏ di
un'impresa, occorre trovare l’output (quindi la quantità di prodotto) o il prezzo che permettano di
raggiungere questo risultato. Si assume infatti che l’impresa abbia come obiettivo la massimizzazione del
profitto. Come abbiamo già visto, la funzione di domanda definisce la quantità domandata in funzione del
prezzo: stabilisce quindi quante unità di output verranno domandate per ogni livello di prezzo, supponendo
costanti gli altri fattori diversi dal prezzo e che potrebbero influenzare la domanda. La forma della relazione
è Q = D (P). La curva di domanda rappresenta questa situazione. È possibile però che l’impresa intenda
definire quante unità di output intende vendere: si tratta quindi di stabilire il prezzo al quale verranno
vendute le Q unità di output. Questa relazione è chiamata funzione di domanda inversa e assume la forma
P = P(Q)
Cerchiamo quindi la funzione di domanda inversa P(Q) risolvendo per P la formula 200-P = Q:
P(Q) = 200-Q
Se, dunque, l’impresa intende vendere Q unità, allora deve fissare un prezzo P(Q). Il ricavo che ottiene è
dato da:
R = P(Q) x Q
L’impresa per massimizzare il profitto, dovrà scegliere la quantità di prodotto che massimizza la differenza
fra ricavo totale e costo totale, perciò:
Se l’output è perfettamente divisibile, è possibile ricavare la quantità di prodotto che massimizza il profitto
di un’impresa riportando su un grafico le curve dei ricavi e dei costi totali e identificando il livello che indica
la maggiore distanza fra i due.
Esempio: Un’impresa può produrre 100 unità di output al mese (è il caso precedentemente illustrato):
Sia C(Q) = Q^2 il costo totale settimanale, è possibile ottenere con tutti i valori di ricavo, costo e profitto.
Ricavo marginale:
Il ricavo marginale (MR) è il ricavo aggiuntivo che l’impresa ottiene dalla vendita di un’unità in più (o meglio
l’incremento più piccolo possibile ∆Q), misurato su base unitaria. Perciò:
MR = ∆R/ ∆Q = R(Q) – R (Q - ∆Q) / ∆Q
Il Ricavo Marginale, in questa tabella, è dato dal prezzo che l’impresa riceve dalla vendita di un’unità
addizionale meno la riduzione di ricavo dovuta alla riduzione di prezzo su tutte le altre unità. Per quanto
riguarda MR qui rappresentato, possiamo notare che il secondo MR è uguale al suo prezzo, mentre tutti gli
altri sono inferiori rispetto al loro prezzo. Questo avviene a causa dell'incremento di ∆Q che cambia il ricavo
in 2 modi:
1) Effetto di quantità (effetto di espansione del prodotto): la vendita di un’unità in più di bene fa
aumentare il ricavo totale, nella misura del prezzo a cui l’unità è venduta.
2) Effetto di riduzione del prezzo: per vendere un’unità in più di bene, l’impresa deve vendere tutte le
unità di bene a un prezzo ridotto e ciò riduce il ricavo che si ottiene dalle unità non marginali. Le
unità vendute non-marginali, sono dette inframarginali.
Questi effetti si possono visualizzare considerando curve orizzontali di domanda (impresa price-taker in
concorrenza perfetta) e curve di domanda inclinate negativamente (es curva di domanda di un’impresa
monopolistica). Esempio:
Il primo grafico riguarda un’impresa price-taker, ovvero un'impresa che può vendere quanto vuole a un
determinato prezzo P, ma nulla a un prezzo più alto. La sua curva di domanda è orizzontale e sarà: MR = P.
Quindi quando l'impresa espande le proprie vendite da Q - ∆Q a Q, guadagna P x ∆Q in ricavo sulle unità
aggiuntive che vende (rettangolo azzurro = effetto di quantità o di «espansione del prodotto»). Se questo
fosse l'unico cambiamento (come nel primo grafico), il suo ricavo marginale sarebbe uguale al prezzo.
Tuttavia, quando la curva della domanda è inclinata negativamente, l’impresa subisce anche una perdita di
ricavo sulle unità inframarginali Q - ∆Q perché deve abbassare il prezzo di P(Q - ∆Q) – P (Q) per vendere le
unità aggiuntive. Ciò incrementa il ricavo marginale (rettangolo azzurro = effetto di quantità o di
«espansione del prodotto»). Tuttavia, per vendere quelle unità aggiuntive, l’impresa avrà dovuto abbassare
il prezzo per ciascuna unità inframarginale (rettangolo grigio, effetto riduzione del prezzo). L’effetto finale
dipenderà dalla grandezza delle aree azzurra e grigia (dall’una si sottrae l’altra).
Un'impresa price maker invece ha un MR inferiore al P per ogni unità di bene venduta.
In generale, la regola della massimizzazione dice che finché la produzione di un’unità in più di bene genera
un ricavo marginale superiore al costo marginale, l’impresa ha incentivo a incrementare la produzione. Fin
quando il beneficio marginale (MB) è maggiore del costo marginale (MC), allora è bene incrementare la
quantità. Vale l’opposto se il costo marginale è maggiore del beneficio marginale.
Secondo la regola della quantità, che ci dice di identificare le quantità di prodotto positive tali per cui MR =
MC (e quindi P = MC dato che MR e P sono uguali), possiamo trovare la quantità ottima di prodotto che
massimizza il profitto. Se però più di una quantità di prodotto positiva soddisfa tale uguaglianza, bisogna
poi determinare qual è la migliore e quest’ultima, secondo la regola di cessazione dell’attività, dovrà essere
più profittevole rispetto alla scelta di chiudere l’impresa. Se non dovesse essere così, la scelta migliore
sarebbe quella di non vendere nulla, mentre invece, se sono uguali, allora entrambe le scelte massimizzano
il profitto. Da qui in avanti considereremo solo imprese price-taker.
Nel primo grafico notiamo che la curva di domanda dell’impresa è perfettamente orizzontale in
corrispondenza del prezzo P. Applicando la regola della quantità, la quantità positiva di prodotto che
massimizza il profitto Q* (quindi P=MC). Nel caso di un'impresa senza costi irrecuperabili, ci sono 3 modi
per verificare la regola della cessazione dell’attività:
2. Controllare se P, in corrispondenza di Q*, è almeno pari a al costo medio (AC): nella seconda figura
notiamo che è superiore, quindi è facile identificare l’area del profitto pari a [P-AC(Q*)] Q* (area azzurra).
3. Considerare ACmin, che sarebbe il costo medio dell’impresa alla sua scala efficiente Qe (che sarebbe il
punto più basso nella sua curva di costo medio). Verificare se l’impresa vende a un P maggiore di ACmin: Se
P>ACmin, la quantità ottimale massimizza il profitto vendendo Qe unità. Se P<ACmin, conviene chiudere. Se
P = ACmin, sia chiudendo che continuando a produrre il profitto è zero. Quest’ultimo punto è la regola di
cessazione dell’attività in assenza di costi irrecuperabili.
Nel caso invece di un'impresa che abbia costi irrecuperabili (e che quindi se cessasse l’attività il suo profitto
sarebbe negativo e pari ai quello dei costi irrecuperabili), la regola della quantità resta la stessa, mentre
invece la regola di cessazione dell’attività cambia. Quest'ultima dice che se il ricavo PQ* derivante dalla
vendita delle quantità di prodotto ottimale Q* supera i costi evitabili dell’impresa, l'impresa massimizza il
profitto producendo Q*. In caso contrario, la soluzione ottima sarà non produrre nulla.
MC = 2Q AC = Q^2 + 25/Q
L’impresa p-t produce, dato che 40 (p) > 10 (min AC). In particolare,
produce la Q tale che p = MC , cioè 40=2Q, Q = 20
Esempio:
Ricapitolando!! Quello che conta per la cessazione dell’attività è il profitto economico calcolato sui costi
opportunità e non quello contabile. Infatti, è possibile che il profitto contabile > 0 e il profitto economico,
cioè con costi calcolati al loro costo opportunità < 0. In questo caso l’impresa cessa l’attività.
Esempio:
•R = 13.000 •Salari + materie prime: 11.000 •Salario alternativo del proprietario = 3.000
•Al proprietario conviene chiudere l’impresa e andare a lavorare come manager per 3000€ perché
l’impresa cessa l’attività.
La funzione di offerta Qs = S(P) di un’impresa p-t mostra quanto l’impresa vuole vendere per ogni possibile
prezzo P. Per trovare la funzione di offerta possiamo applicare le regole della quantità e di cessazione
dell’attività. Se il prezzo è superiore al costo medio minimo, la quantità che massimizza il profitto è positiva
e tale per cui il prezzo è uguale al costo marginale; per livelli di prezzo inferiori al costo medio minimo,
l’impresa non offre alcunché; per livelli di prezzo uguali al costo medio minimo, l’impresa è indifferente se
La legge dell’offerta:
La legge dell’offerta dice che quando il prezzo di mercato aumenta, il livello di vendite che massimizza il
profitto per un’impresa p-t deve aumentare.
Il surplus (o sovrappiù) del produttore è pari al ricavo totale che l’impresa effettivamente ottiene vendendo
una certa quantità di prodotto meno il suo costo evitabile (cioè la somma minima per cui sarebbe stata
disposta ad offrire quella stessa quantità di prodotto), che comprende sia il suo costo variabile sia il suo
costo fisso evitabile, ma non comprende i costi irrecuperabili. Quindi:
•MC = 2Q •AC = Q => MC>AC => perciò l’impresa produce per qualunque P e la curva di offerta
coincide con MC.
Quanto produce?
●Il profitto è dato dalla differenza fra ricavi totali e costi totali: P = R(Q) – C(Q)
●La condizione per trovare il massimo prodotto è porre la derivata prima = 0, quindi:
dP(Q)/dQ = 0
dR(Q)/dQ – dC(Q)/dQ = 0
• Poiché dR(Q)/dQ = ricavo marginale e dC(Q)/dQ = costo marginale, la condizione che individua la quantità
di output che massimizza il profitto è:
MR(Q) = MC(Q)
Esercizi ricapitolativi!!
1.Supponiamo che il costo di Daniele per produrre una confezione di pizza sia C ( Q ) =4 Q+Q2 / 40 e il suo
costo marginale sia MC=4+ ( 20Q ) .Daniele è un price taker. Qual è la funzione di offerta di Daniele? E se
Daniele avesse un costo fisso evitabile di 10 euro?
NB: -il costo marginale è espresso con l’acronimo del termine inglese ‘marginal cost’: MC
-il costo medio è espresso con l’acronimo del termine inglese ‘average cost’: AC
2.Considerate l’esercizio precedente. Se il costo di Daniele aumenta di 2 euro per confezione di pizza, in
modo tale che la sua funzione di costo diventa C ( Q ) =6 Q+ Q 2 / 40 e il suo costo marginale sia
Quando un individuo o un’impresa presta del denaro, l'ammontare prestato è detto capitale. Il capitale dato
in prestito verrà restituito dal debitore entro la scadenza, il quale pagherà un interesse. Il tasso di interesse
è l’ammontare di interesse pagato sul prestito che dura per un determinato periodo di tempo (solitamente 1
anno) e viene indicato sotto forma di percentuale del capitale. Gli interessi maturano sul saldo (o
montante), il quale include gli interessi già maturati fino a quel punto. Il processo di capitalizzazione a
interesse composto implica che gli interessi maturati in un dato periodo crescano proporzionalmente al
saldo, il quale a sua volta cresce col passare del tempo. Ad esempio se deposito in un conto €100 e il tasso
di interesse è del 10%, alla fine del periodo riscuoterò €110, questo saldo alla fine del secondo periodo
genererà €121 (€110 + €11 di interesse), alla fine del terzo periodo genererà €133,1 e così via. La formula
che descrive questo interesse composto, indicando con D il deposito iniziale e con il R tasso di interesse è il
2 3
primo anno D (1 + R), il secondo anno D (1 + R) , il terzo anno D (1 + R) e così via. Ossia, il primo anno 100
(1 + 0,10) = 110. Il secondo anno tale somma (110) = D (1 + R) verrà reinvestita: D (1 + R) x D (1 + R) = D (1 +
2
R) [vale a dire,
T
121 (1 + R)]. In breve, il saldo finale (B ) dopo T anni sarà B = D (1 + R) .
T T
Il problema può essere visto da un altro punto di vista, ovvero: «quanto bisogna pagare oggi a una banca
(aprendo un conto) per acquistare (cioè, ritirare) un euro tra un anno?» Se il tasso d’interesse è il 25%,
depositando oggi 80 centesimi, questi faranno maturare interessi pari a 20 centesimi (= 25% di 80), e il saldo
finale sarà pari a un euro.
Perciò, dato un qualsiasi tasso di interesse R, qual è il prezzo da pagare oggi per avere un euro fra un anno?
Se depositiamo D oggi, domani avremo D (1 + R). Dobbiamo scegliere un certo D, tale per cui D(1+R) = 1.
Risolvendo per D, otterremo: 1/(1+R). Questo valore (valore attuale o valore attuale scontato [PDV]) di D è
il prezzo che bisogna pagare oggi per ottenere un euro domani. Più formalmente, è il valore attuale
scontato di una somma che si riceverà in futuro e corrisponde al valore monetario della medesima somma
oggi.
«Valore» perché 1 / (1 + R) è il prezzo di un euro futuro è il prezzo è una misura del valore economico.
Si supponga, ora, che attraverso i depositi bancari si scambi una somma di denaro disponibile oggi con una
somma disponibile in qualsiasi data futura (una data che potrebbe non essere l’anno prossimo, ma gli anni
successivi), cioè dopo T anni. Sappiamo quindi che depositando la somma iniziale D dopo T anni avremo D
(1+R)T. Come fatto in precedenza, calcoliamo il valore attuale (PDV) 1€ dopo T anni:
D (1+R) T = 1
D = 1/(1+R) T
In altre parole, il prezzo da pagare oggi per avere 1€ dopo T anni è pari a 1/(1+R) T. Poiché il valore attuale
scontato è l’equivalente del minor prezzo odierno , si ha che:
Il valore attuale è inferiore quando il tasso di interesse è alto e il numero degli anni è elevato. In entrambi i
casi, il deposito iniziale consente di accumulare un saldo maggiore, quindi non si ha bisogno di depositare
molto per avere €1 futuro. Ad esempio con un tasso d’interesse del 5%, €1 pagato dopo un anno costa
95,24 centesimi oggi, mentre €1 pagato dopo 30 anni costa oggi solo 23,14 centesimi.
Se si conosce il prezzo odierno degli euro futuri è possibile determinare il PDV per qualsiasi somma di
denaro in qualsiasi istante futuro. (finora abbiamo ipotizzato di ricevere in futuro un euro). Ad esempio
calcoliamo il PVD di 100 € riscuotibili dopo 30 anni, ipotizzando un tasso di interesse del 5%. Ogni euro
riscosso dopo 30 anni costa 23,1 centesimi: oggi possiamo comprare €100 futuri per 100 x 23,1 centesimi =
23,1. Pertanto, il PDV di €100 riscossi dopo 30 anni è 23,1 euro. In questo caso la formula per calcolare il
valore attuale è:
Questa formula si applica anche quando F è un numero negativo. Ad esempio a un tasso di interesse del
25%, non c’è alcuna differenza tra l’essere debitore di €1 tra un anno e l’essere debitore di €0,80 oggi: se si
avrà un debito di €1 tra un anno, è possibile saldare oggi il debito con €0,80.
1. I tassi di interesse pagano il rischio => gli individui, le imprese e i governi possono dimostrarsi
insolventi, cioè che non restituiscono il denaro preso a prestito. Per compensare tale rischio, coloro
che concedono prestiti richiedono maggiori interessi: ad esempio i tassi di interesse sulle carte di
credito sono alti perché una frazione dei titolari di carte è inaffidabile, invece il tesoro può prendere
a prestito a un tasso di interesse più basso perché quasi tutti si aspettano che lo stato ripagherà il
proprio debito.
2. I tassi di interessi dipendono da specifiche caratteristiche dell’accordo tra creditore e debitore.
3. I tassi di interesse dipendono dal tempo di rimborso di un debito (e quindi dal tipo di prestito) => i
prestatori fissano tassi di interessi diversi per i prestiti a breve periodo rispetto a quelli di lungo
periodo. Nel calcolo del valore attuale di pagamenti futuri, è importante utilizzare un tasso di
interesse analogo a quello di debiti con caratteristiche simili. Quando i pagamenti futuri non
comportano rischi, possiamo utilizzare il tasso pagato da un debitore estremamente affidabile (es il
tesoro); quando invece il pagamento futuro è rischioso, è necessario utilizzare il tasso pagato da un
debitore poco affidabile. Analogamente, nel valutare il denaro futuro (es a 30 anni), è più
appropriato usare un tasso a lungo periodo in quanto un tasso a breve periodo è utile per valutare
€1 a 3 mesi.
4. I tassi di interesse variano a seconda delle banche e dei tipi di conti.
Ogni volta che prendiamo o concediamo in prestito una somma di denaro, è importante ricordare che gli
euro futuri potrebbero non avere lo stesso potere d’acquisto degli euro correnti. Per questa ragione, gli
economisti distinguono tra interesse nominale e interesse reale.
-Interesse nominale è il compenso che si riceve per il capitale dato in prestito ed è misurato in euro
nominali (cioè senza correzioni per il tasso di inflazione e quindi euro nominali).
-Interesse reale è il compenso che si riceve per il capitale dato in prestito ed è misurato in euro reali (cioè
considerando il tasso di inflazione e quindi euro reali). Il tasso di interesse reale annuale è dato dal seguente
rapporto:
Rreale = (Euro reali il prossimo anno – Euro reali depositati) / Euro reali depositati.
Ad esempio se un euro reale depositato cresce di un valore pari al suo interesse nominale (1 + R nom) ma a
causa dell’inflazione avrà un valore di (1+R nom) /(1+INFL) euro reali, dove Rnom è il tasso di interesse
nominale e INFL è il tasso di inflazione. Sostituendo tale espressione alla formula precedente e ricordando
che il deposito era pari a €1, si ottiene che:
Da questa formula è possibile calcolare il tasso di interesse reale dal tasso di interesse nominale e dal tasso
di inflazione. Per esempio se il tasso d'interesse nominale e il tasso d’inflazione sono entrambi del 10%, il
tasso di interesse reale sarà dello 0%. Per bassi livelli di inflazione, il tasso di interesse reale è dato
approssimativamente dalla differenza tra tasso di interesse nominale e tasso di inflazione.
Risparmio e indebitamento:
Finora si è ipotizzato che i consumatori non potessero né risparmiare parte del proprio reddito corrente né
prendere in prestito. Tale ipotesi è poco realistica. Ora tratteremo come la teoria delle scelte del
consumatore permetta di analizzare anche le scelte di risparmio e indebitamento (e investimento).
Per studiare le scelte di risparmio e indebitamento si utilizzerà l’apparto analitico (curve di indifferenza,
retta di bilancio, etc.) già usato per analizzare le scelte di consumo e le scelte riguardanti l’offerta di lavoro.
Esempio: Consideriamo un particolare cibo e chiamiamo C il cibo disponibile oggi (e quindi nel periodo 0) e
0
C il cibo disponibile domani (e quindi nel periodo 1). Così come l’individuo mostra preferenze per diverse
1
combinazioni di bene x e bene y consumati nello stesso periodo di tempo, così avrà preferenze per diverse
combinazioni di cibo presente (C0) e cibo futuro (C1). Le preferenze per beni consumati in periodi diversi
sono dette preferenze intertemporali. Le preferenze intertemporali di un individuo saranno rappresentate
da una funzione di utilità U (C0, C1), in modo del tutto analogo a come la funzione U (x, y) rappresenta le
sue preferenze per diverse combinazioni di bene x e bene y consumati nello stesso periodo. Il problema
dell’individuo però, è quello di scegliere quanto consumare in ciascun periodo in modo da massimizzare la
sua utilità U (C0, C1). L’ MRS intertemporale, che è l'opposto della pendenza della curva di indifferenza
intertemporale, corrisponde a quante unità di cibo futuro sono disposto a rinunciare per 1 unità di cibo
presente in più. Infatti:
MRS intertemporale = MUC0/MUC1
Il passo successivo consiste nell’individuare i panieri di consumo accessibili. Supponiamo che un individuo
abbia un reddito attuale di € 380 e si aspetti un reddito l’anno successivo di € 220. Il tasso di interesse è il
10% e il prezzo del cibo è di 1€ al chilo sia quest’anno e sia l’anno prossimo. Quali panieri può permettersi?
Può permettersi il paniere A rappresentato nella prima figura e composto da 380 Kg di cibo oggi e 220 Kg di
cibo l’anno seguente: per acquistare tale paniere egli spende tutto il proprio reddito nell'anno in cui lo
percepisce. Inoltre può permettersi anche tutti gli altri panieri a sinistra di A: il reddito eccede la spesa
nell'anno in corso e la spesa eccede il reddito dell'anno seguente e quindi riesce ad ottenere tali panieri
risparmiando parte del proprio reddito corrente. Ad esempio se egli deposita 180€ in un conto e spende
oggi solo 200€ (anziché 380), l’anno venturo potrà spendere 418€ di cibo (220€ + 180€ risparmiati oggi +
18€ di interessi sui risparmi). Questa combinazione è data dal punto B. Per i panieri che giacciono a destra
del punto A, la spesa eccede il reddito dell'anno in corso e il reddito eccede la spesa dell'anno seguente.
Un discorso simile, con le opportune modificazioni, vale nel caso in cui l’individuo, anziché risparmiare oggi
per consumare di più l’anno venturo, decide di indebitarsi e consumare più oggi e meno l’anno venturo: se
prende in prestito 100€ e spende 480€ di cibo, il reddito dell’anno prossimo sarà ridotto di 100€ +
l’interesse sul debito di 10€ (100€ + 10€). Tale possibilità corrisponde al punto C della seconda figura.
Investimenti e profittabilità:
L'investimento si riferisce ai costi anticipati sostenuti con l’aspettativa di generare profitti futuri. Il risultato
economico di un’impresa è strettamente legato alle tipologie e livelli di investimento effettuati: pertanto,
sapere come distinguere tra un buon investimento e un cattivo investimento è una capacità manageriale
fondamentale. Dai capitoli precedenti sappiamo che il profitto è uguale alla differenza tra ricavo totale e
costo totale. Adesso, per valutare l'investimento, possiamo usare lo stesso principio però con un
accorgimento, ovvero che nel calcolo dei profitti si deve tener conto che un euro futuro vale meno di un
euro corrente. Supponiamo che un bene comprato oggi (investimento) a 500€ tra cinque anni possa essere
rivenduto a € 1000. Supponiamo che il tasso di interesse sia 10% e quindi in termini di valore attuale (PDV) il
ricavo di oggi vale 1000/(1+R)5, cioè 1000/ (1+0,1)5. Se il costo è di 500€, il profitto di 1000/ (1+0,1)5 –500€
= € 121.
Molto importante è anche calcolare il valore atteso netto, dove occorre tenere conto del costo opportunità
dell’interesse che avremmo percepito se avessimo prestato il denaro al tasso di interesse corrente.
Tale ragionamento si dovrebbe applicare anche quando si investe in capitale umano, ovvero nelle capacità
spendibili sul mercato e acquisite attraverso l'investimento in istruzione e formazione (es la nostra
formazione).
Possibilità e probabilità:
Le conseguenze di una qualsiasi decisione rischiosa dipendono da eventi fuori dal controllo del decisore e
che possono svolgersi in modi differenti: gli economisti e gli statistici chiamano stato di natura ogni possibile
svolgimento degli eventi associati ad una decisione rischiosa. Ad esempio se dovessi decidere se acquistare
o meno i biglietti di una partita di calcio, so che il godimento della partita dipenderà da due eventi incerti:
pioverà? La squadra per cui tifo vincerà? Gli eventi possono quindi svolgersi in quattro differenti modi:
Ogni elemento di questa lista è uno stato di natura: appare ovvio che uno e un solo stato di natura si
verificherà in quanto ciascuno stato è stato descritto in modo tale da risultare incompatibile con gli altri
stati. Alcuni stati di natura sono più probabili di altri, ad esempio se io andassi a vedere la mia partita a
Palermo dove so che piove raramente, gli stati di natura che provvedono la pioggia sono relativamente poco
probabili. Se si possono attribuire probabilità a eventi incerti, si dice che l’incertezza è quantificabile. La
probabilità è una grandezza che esprime numericamente l’eventualità che un certo stato di natura (un
certo evento associato a una decisione) si verifichi. Essa viene espressa come compresa tra 0 (ossia 0%) e 1
(ossia 100%). La probabilità può essere oggettiva o soggettiva. La probabilità oggettiva è la probabilità che
uno stato di natura si verifichi, basata sulla frequenza con cui si è verificato nel passato, in condizioni simili
(es il lancio di una moneta comporta che esca testa o croce con probabilità ½: se le monete vengono
lanciate migliaia di volte testa e croce compariranno all’incirca con la medesima frequenza); la probabilità
soggettiva è invece la probabilità che un evento si verifichi, basata su un giudizio soggettivo.
La scelta è rappresentabile come decisione tra diverse distribuzioni di probabilità associate a risultati
(premi) diversi. In questi casi, si dice che l’individuo decide (sulla base delle sue preferenze) tra diverse
‘lotterie’. Una lotteria è una forma di gioco d’azzardo.
I payoff sono gli esiti di una scelta rischiosa e sono di tipo monetario (il cui esito, appunto, è caratterizzato
da incertezza). Per valutare una scelta è necessario conoscerne la corrispondente lotteria, cioè la probabilità
con cui un individuo riceve ciascun possibile payoff se fa quella scelta. Quindi tali payoff dipendono da una
lotteria, ossia dalla probabilità con la quale essi si verificheranno e anche dallo stato di natura, ossia dallo
svolgersi degli eventi. Per valutare una scelta rischiosa si comincia con il valutare il payoff atteso (valore
atteso). Il valore atteso (payoff atteso) è la media ponderata di tutti i possibili valori che una variabile
aleatoria può assumere (che sarebbero i payoff), calcolata attribuendo come peso a ogni valore la
probabilità che tale valore si verifichi.
Ad esempio Franco e Rocco hanno 100€ ciascuno e scommettono 5€ sul lancio di una moneta. Se l'esito è
testa (T), Rocco da 5€ a Franco; invece se l'esito è croce (C), Franco da 5€ a Rocco. Franco avrà quindi 105€
se l'esito è T e 95€ se l'esito è C. Dato che T e C sono equiprobabili (50%), possiamo calcolare il payoff in
questo modo:
Valore Atteso (VA) = (probabilità di T) x (payoff di Franco se T) +
Più in generale, supponendo che il payoff di una lotteria sia uno tra N diversi valori (W 1, …, Wn) con
rispettive probabilità (p1, …, pn), possiamo calcolare il valore atteso (payoff atteso) della lotteria come
segue:
VA o EP (Expected payoff) = p1 x W1 + p2 x W2 + … + pn x Wn
Si noti che il valore atteso è solo la somma che si avrebbe se si dovesse compiere molte volte la stessa scelta
rischiosa (… come per il lancio di monete). Infatti in questi esempi, i payoff effettivi non sono mai uguali al
payoff atteso (valore atteso).
Esempi: ●Si supponga che una famiglia disporrà di un reddito di € 30.000, tuttavia con probabilità 50%,
potrebbe incorrere in spese mediche pari a € 10.000 (reddito netto = € 20.000), di conseguenza:
●Si supponga di avere un'urna con 40 palline rosse e 60 blu; otterrò 20 euro se estraggo quella
rossa e 10 euro se estraggo quella blu, perciò:
VA = (4/10 x 20) + [6/10٠(– 10)] = 8 – 6 = 2
● Una casa farmaceutica spende 50 mila $ per la ricerca di un nuovo farmaco (un vaccino?) e la probabilità
che venga approvato dal Ministero della Sanità è del 20%. Una volta approvato, il farmaco genera A dollari
di profitto. Il payoff atteso pertanto è:
0,2 x A + 0,8 x 0 – 50
Se A = 250, il profitto è nullo: il vaccino per essere remunerativo deve generare profitti uguali o superiori a
quella grandezza.
Utilità attesa:
Non sempre si sceglie sulla base del VA (payoff atteso) più elevato: un individuo potrebbe non voler
incorrere nei rischi associati a una lotteria. In altri termini, i payoff attesi identici possono non rappresentare
lo stesso livello di utilità e quindi non sempre essi appaiono ugualmente desiderabili.
Supponiamo che G possegga € 10.000. Può non investirli (lotteria senza rischio) o investirli in borsa con p
(probabilità) = 1/4 che il valore delle azioni acquistate si riduca a € 2500, e con p = 3/4 che aumenti a 13.225
(lotteria rischiosa). In questo caso, l’aspettativa è che G diventi più ricco di quanto non sia ora con i suoi €
10.000, in quanto il payoff atteso è più alto rispetto alla scelta di non investire:
VA = ¼ x 2500 + ¾ x 13.225 = 10.543,7
Sebbene possa incrementare i suoi guadagni se il valore delle sue azioni cresce (13.225-10.000), G potrebbe
essere spaventato dalla possibilità che le azioni scendano di valore (€ 2500) e per questo motivo decide di
non investire in borsa.
Nel valutare la desiderabilità di una lotteria, la domanda non è quale VA in media devo attendermi, ma
quale utilità in media devo aspettarmi. L’idea suggerita (prima da Bernoulli e poi da Morgenstern) è che la
scelta dipenderà dall’utilità associata ai payoff. È possibile determinare una funzione di utilità della
moneta che assegna a ogni payoff (quindi ad ogni somma di denaro) un certo livello di utilità (quindi l’utilità
che un individuo riceve da quella somma di denaro). Viene invece definita utilità attesa (EU) della lotteria
l’utilità media derivante da una lotteria; perciò l’utilità attesa di una lotteria è la media ponderata delle
utilità dei possibili payoff, dove il peso assegnato a ciascun livello di utilità è la probabilità con cui la lotteria
dà il payoff a esso corrispondente. Essa potrebbe essere definita l’utilità che mi attendo di ricevere in
media dalla lotteria e si può definire come:
Gli individui possono tenere diversi comportamenti nei confronti del rischio:
-Un individuo è avverso al rischio, se preferisce una lotteria senza rischio a qualunque lotteria rischiosa.
-Un individuo è neutrale al rischio, se è indifferente tra una lotteria e il corrispondente valore atteso.
-Un individuo è propenso al rischio, se preferisce una lotteria al suo valore atteso.
Avversione al rischio:
Supponiamo che la funzione di utilità della moneta di un individuo sia u(W) = √W (dove W è il payoff
misurato in euro) e che la probabilità associata alla scelta di non investire € 10.000 sia pari a 1. In questo
caso, l’utilità attesa di questa lotteria non rischiosa è 1 x √10.000 = 100. Se investisse in azioni, con p = ¼, il
valore delle azioni scenderebbe a 2500 e, con p = ¾, le azioni varrebbero € 13.225. Perciò l’utilità attesa
dell’investimento sarebbe:
Benché il VA dell’investimento sia 10.543,75 l’individuo preferisce non investire, perché per lui non investire
ha un EU maggiore. L’individuo in questo caso è avverso al rischio e quindi preferisce avere una somma con
certezza, e non solo in media.
La funzione di utilità della moneta u(W) = √W descrive le preferenze di un individuo avverso al rischio
perché è una funzione concava (diventa più piatta all’aumentare di W). Si dimostra infatti che un individuo è
avverso al rischio se e solo se la sua funzione di utilità della moneta è concava. Si consideri, ora, una lotteria
con un payoff pari a €16 con p = 2/3, e pari a €100 con p = 1/3.
Nel primo caso, l’utilità u (16) = √16 = 4 (coordinata verticale del punto B)
Nel secondo caso, l’utilità u (100) = √100 = 10 (coordinate verticale del punto A)
EU = (2/3) x 4 + (1/3) x 10 = 6
Se consideriamo la lotteria senza rischio che dà payoff 44 con p = 1, quest'ultima procura un’utilità
superiore a 6 (coordinata verticale di D, superiore al punto C). Un individuo è quindi avverso al rischio se
preferisce la lotteria senza rischi alla lotteria rischiosa di pari payoff.
Propensione al rischio:
2
Supponiamo di avere una funzione convessa, ad esempio u(W) = W . Consideriamo la lotteria che paga €1 o
2
€5, entrambe con p = ½. I valori di utilità della moneta corrispondenti sono u(1) = 1 = 1 (coordinata
2
verticale punto B) e u (5) = 5 = 25 (coordinata verticale punto A). La coordinata orizzontale del punto C e il
payoff atteso, ovvero:
EP = € 3
L’utilità della lotteria senza rischio che fornisce €3 con certezza è la coordinata verticale del punto D, in
quanto le coordinate del punto C sono medie ponderate delle coordinate dei punti A e B (e quindi hanno
uguali pesi). L’individuo, confrontando la lotteria senza rischio alla lotteria rischiosa di pari payoff, preferisce
la lotteria rischiosa.
L’equivalente certo di una lotteria è la somma di denaro che rende l’individuo indifferente tra la lotteria e
una lotteria senza rischio che dà con certezza quella somma di denaro. Il premio al rischio di una lotteria è
invece la differenza tra il payoff atteso e l’equivalente certo della lotteria.
Natura dell’assicurazione:
Gli individui fanno fronte ai rischi acquistando polizze assicurative. Una polizza assicurativa è un contratto
che riduce la perdita finanziaria nel caso si incorra in sinistri (Eventi rischiosi come un furto, un incidente o
una malattia). Il tipo più semplice di polizza assicurativa specifica un premio assicurativo (per brevità,
premio), ossia la somma di denaro che l'assicurato paga per la polizza, e un indennizzo, ossia la somma di
denaro che l’assicurato riceve se il sinistro indicato nella polizza si verifica. Per semplicità si suppone che
l’indennizzo sia pari al danno subìto (e quindi si tratta di un'assicurazione completa).
Le probabilità che il sinistro si verifichi, o non si verifichi sono indicate rispettivamente con 𝛱 e 1- 𝛱.
Indichiamo con V il valore monetario dei beni soggetti potenzialmente al danno, con D l’entità del possibile
danno e con P il premio assicurativo.
Prima di analizzare la scelta dell’individuo se assicurarsi o no, consideriamo la compagnia assicurativa. Essa
riceve P dall'assicurato e deve/non deve risarcire il danno (D), a seconda delle probabilità che il sinistro si
verifichi o meno. Il suo profitto atteso pertanto è:
𝛱 x D + (1- 𝛱) x 0 = 𝛱 x D
A parole: il danno sarà pari a D (probabilità 𝛱) , oppure nullo (probabilità 1-𝛱), a seconda della probabilità
che si verifichi, o meno.
Quando il profitto atteso è pari a zero, cioè quando il premio assicurativo è pari al danno atteso (P = 𝛱 x D),
si dice che la polizza è equa (o “attuarialmente equa”). Più semplicemente, parleremo di assicurazione
equa e chiameremo la somma 𝛱 x D il premio equo. Si può dimostrare che un’assicurazione equa equivale a
una lotteria senza rischio: le polizze assicurative, tuttavia, di solito sono meno che eque (il premio ricevuto è
maggiore del danno atteso).
Domanda di assicurazione:
-Un individuo propenso al rischio preferisce una lotteria rischiosa alla polizza assicurativa attuarialmente
equa (e ancor meno una polizza meno che equa). Perciò, ogni polizza assicurativa che dia alla compagnia
profitti attesi almeno pari a zero è inaccettabile per lui.
-Un individuo neutrale al rischio valuta le lotterie secondi i loro payoff attesi. Di conseguenza, egli è
indifferente tra acquistare/non acquistare un polizza equa, ma preferisce non assicurarsi a una polizza meno
che equa.
-Un individuo avverso al rischio preferisce avere un’assicurazione equa al non assicurarsi. Per le
assicurazioni non eque, occorre determinare il premio più alto che è disposto a pagare: il premio
assicurativo più alto che l’individuo è disposto a pagare per assicurarsi è P = V – CE (equivalente certo), in
quanto qualunque premio più alto per peggiorerebbe il suo benessere rispetto al caso in cui non si assicura.
Esercizi ricapitolativi!!
1.Un individuo propenso al rischio possiede un biglietto di una lotteria che paga zero con probabilità ¾ e 8
euro con probabilità ¼. Questo individuo sarebbe disposto a vendere il suo biglietto della lotteria per 2
euro?
Il risultato è uguale alla ricchezza certa che avrebbe se vendesse il biglietto per 2 euro. Essendo propenso al
rischio, l’individuo non è perciò disposto a vendere.
2.Paolo ha appena comprato un’auto che vale 10.000 euro. Deve decidere se pagare 200 euro per un garage
custodito (che ridurrebbe la probabilità di furto a zero) o parcheggiare per strada. La funzione di utilità della
moneta di Paolo è u ( W )= √W , dove W indica il payoff di Paolo. Sapendo che nell’area vi è una probabilità
del 10% che un’auto venga rubata, calcolare il payoff atteso di Paolo nel caso in cui decidesse di
parcheggiare per strada. Calcolare anche l’utilità attesa ed l’equivalente certo della lotteria corrispondente a
questa scelta. Paolo preferisce pagare il parcheggio custodito o parcheggiare per strada? Perché?
Payoff atteso =media ponderata dei possibili payoff, dove il peso di ciascun payoff è la sua probabilità.
Il payoff atteso parcheggiando per strada è pari a: (0,9 ×10.000) + (0,1×0) = 9000.
Utilità attesa= media ponderata dei livelli di utilità corrispondenti ai payoff possibili, dove il peso di ciascun
livello di utilità è la probabilità del payoff corrispondente.
Equivalente certo = somma certa di denaro che l’individuo giudica esattamente tanto desiderabile quanto la
lotteria. E’ minore, uguale o maggiore al payoff atteso a seconda che l’individuo sia avverso, neutrale o
propenso al rischio.
Paolo preferisce pagare il garage dato che, essendo la probabilità di furto pari a zero in questo caso, egli
avrebbe una ricchezza certa pari a 10.000−200=9.800 e quindi utilità attesa pari a √ 9.800 ≈ 9 9
3.Giorgio, che possiede 1.000 euro ed è neutrale al rischio, pensa di investire una parte dei suoi soldi in uno
solo dei seguenti progetti:
-Progetto A: investimento richiesto di 200 euro e paga 600 euro se piove, 800 euro se nevica, 400 euro se
grandina e nulla se c’è il sole.
-Progetto B: investimento richiesto di 300 euro e paga 200 euro se piove, nulla se nevica, 600 euro se
grandina e 700 euro se c’è il sole.
La probabilità che piova è 0,1, quella che nevichi 0,3, quella che grandini 0,2 e quella che ci sia il sole 0,4.
Qual è il payoff atteso di ciascun progetto? Quale progetto è migliore per Giorgio? Supponete che un
meteorologo sappia prevedere le condizioni atmosferiche perfettamente. Quanto sarebbe disposto a
pagarlo Giorgio in cambio di questa informazione?
Essendo Giorgio neutrale al rischio, egli valuta le diverse alternative secondo il loro payoff atteso.
Il payoff atteso del Progetto A è pari a: 0,1 × 600 + 0,3 × 800 + 0,2 × 400 + 0,4 × 0 − 200 = 180.
Il payoff atteso del Progetto B è pari a: 0,1 × 200 + 0,3 × 0 + 0,2 × 600 + 0,4 × 700 − 300 = 120.
Un gioco è una situazione in cui ciascuno dei membri di un gruppo deve prendere almeno una decisione e
nel fare ciò ragiona strategicamente, cioè si interessa sia della propria decisione che delle decisioni degli
altri membri del gruppo. Un gioco è formato da più elementi che sono:
2) Le Azioni, ovvero ciò che ciascun giocatore può fare, le mosse a sua disposizione; ad esempio “Muovo il
pedone”, “Muovo la torre”.
3) Le Strategie di un giocatore, la quale specifica quale azione sceglierà in ognuna delle possibili situazioni
in cui il giocatore può essere chiamato a decidere. La strategia è un piano completo di azioni, ad esempio
“Se lui muove la regina, io muovo il pedone; se lui muove l’alfiere, io muovo la torre”.
NB: Se il giocatore è chiamato a decidere in una unica situazione: azioni = strategie
4) Le regole del gioco.
5) La struttura informativa del gioco, ovvero ciò che i giocatori sanno delle azioni e preferenze altrui.
6) Gli esiti del gioco, ovvero come il gioco può terminare
7) I Payoff /vincite, ovvero l’utilità/profitti associati per ciascun giocatore agli esiti del gioco.
Noi ci concentreremo prevalentemente su: 1, 2, 3, 7.
Per rappresentare l’interazione strategica fra due persone (A e B) è utile formulare la matrice dei payoff o
matrice delle vincite del gioco. Si supponga che A disponga di due strategie (alto/basso) e B di altre due
strategie (sinistra/destra). Il payoff di A è la prima cifra a sinistra della casella, mentre il payoff di B
corrisponde alla seconda cifra della casella. Ci aspettiamo che la strategia di A sia sempre scegliere basso (i
payoff 2 o 1, sono maggiori dei rispettivi payoff 1 e 0, se scegliesse ‘alto’). Con ragionamento analogo per B
la migliore scelta sarà sinistra. Dunque ci aspetta che la strategia di equilibrio sia «basso» per A, e «sinistra»
per B.
Strategie dominanti:
Talvolta non è necessario che un giocatore rifletta su ciò che farà un altro giocatore. Per spiegare il perché
bisogna introdurre due concetti fondamentali:
Risposta ottima di un giocatore: è la strategia che gli fornisce il payoff più alto possibile, presupponendo che
gli altri giocatori si comportino in un determinato modo.
Strategia dominante: Ogni giocatore dispone di una strategia dominante, vale a dire una scelta strategica
ottima e lo è solo se è l'unica risposta ottima di un giocatore, indipendentemente dalle scelte degli altri
giocatori. Nell'esempio del paragrafo di prima la risposta sarà la mossa dell’altro avversario (non è
necessario che si pensi a quale sarà la scelta dell’altro). Queste scelte dominano le scelte alternative, quindi
vi è un equilibrio con scelte dominanti.
Che cosa accade se nessun giocatore ha una strategia dominante? In questo caso, è necessario che il
giocatore pensi a cosa sceglieranno gli altri, perché la sua scelta ottima dipende dalle loro decisioni. Tuttavia
esistono molte situazioni in cui la strategia ideale è evidente. Anche quando non si hanno informazioni sulle
strategie che verranno scelte, si possono identificare le strategie che i giocatori non sceglieranno.
Strategie dominate:
Una strategia è una strategia dominata se esiste una strategia che fornisce un payoff più alto di essa,
indipendentemente dalle strategie degli altri giocatori. Quest’ultima strategia potrebbe non essere la
risposta ottima, ma è pur sempre meglio della strategia che essa domina. Quando un giocatore ha una
strategia effettivamente dominante, tutte le altre strategie sono dominate. Eliminando una strategia
dominata dal gioco, non si perde alcunché: dopo aver eliminato la strategia dominata si ha un nuovo gioco
più semplice. Tra le strategie restanti ve ne possono essere alcune che non erano dominate nel gioco
originale, ma che sono dominate nel nuovo gioco; stando così le cose, queste nuove strategie dominate
dovranno essere rimosse cosicché il gioco si semplifica ulteriormente. Possiamo ripetere questo
procedimento finché non resta alcuna strategia dominata da rimuovere; questo modo di procedere è noto
come eliminazione iterata delle strategie dominate.
In molti giochi a uno stadio, nessuna scelta è dominante su un’altra. In queste situazioni non si sapeva cosa
fare finché John F. Nash (1928-), un matematico che ricevuto il premio Nobel per l’economia nel 1994, ha
elaborato l'equilibrio di Nash.
Nell’esempio precedente, le scelte alto/sinistra è un equilibrio di Nash: se A sceglie alto, la scelta ottima di B
è sinistra (payoff 1, mentre se scegliesse destra il payoff sarebbe 0); se B sceglie sinistra, la scelta ottima di A
è alto. Pertanto, ciascun giocatore compie la scelta ottima data la scelta dell’altro giocatore.
Si noti che anche le scelte basso/destra è un equilibrio di Nash, infatti un gioco può avere più di un
equilibrio di Nash.
Due persone, accusate di un crimine, vengono messe in celle separate e l’ufficiale di polizia prospetta a
ciascuno i seguenti esiti:
1) se A tace (non confessa) e B confessa (collabora), A prende 5 anni e B 3 mesi (e viceversa);
2) se entrambi confessano vengono inflitti a ciascuno 3 anni di pena;
3) se entrambi non confessano la pena per entrambi è di 1 anno.
La logica che induce a confessare (nonostante vi sia una soluzione migliore per entrambi – che non
confessino -) è la seguente: “se il tuo complice confessasse, per te sarebbe meglio confessare e se il tuo
complice non confessasse per te sarebbe meglio confessare”. La coppia di scelte «confessare/confessare» di
ciascun giocatore è un equilibrio di Nash.
L’unico equilibrio di Nash nel dilemma del prigioniero, ovvero l'unico equilibrio che porta ciascun giocatore
ad essere soddisfatto della propria scelta, corrisponde per entrambi i giocatori alla scelta di confessare.
Questo è anche un equilibrio con strategia dominante, poiché ciascun giocatore ha a disposizione la stessa
scelta ottima, indipendentemente dalla scelta dell’avversario. Dall’analisi delle combinazioni emerge che la
migliore opzione (Pareto-efficiente) per entrambi sarebbe “non confessare”, accettando un anno di
prigione. Ma l’interesse personale (quindi considerare solo il proprio payoff e non quello degli altri) dice
che confessare è meglio. Tuttavia, se entrambi seguono il proprio interesse personale e confessano,
subiscono una pena più elevata (3 anni ciascuno). Le cose potrebbero cambiare se i “giocatori” potessero
accordarsi: tramite un accordo denominato “accordo self-enforcing", ogni partecipante all’accordo ha un
incentivo a rispettarlo, nell’ipotesi che lo facciano anche gli altri.
A e B sono gli unici due dentisti della città che grazie al loro comportamento collusivo si dividono il mercato,
guadagnando ciascuno 100 (mila). A considera l’ipotesi di abbassare i prezzi e stima che, se B manterrà i
propri prezzi, egli guadagnerà 150, mentre B solo 25. Vi è tuttavia la possibilità che B reagisca, modificando i
propri prezzi e che dalla guerra dei prezzi emerga una situazione nella quale entrambi guadagnano 40.
Esiti:
3) Uno coopera, l’altro compete: chi compete guadagna 150, chi coopera guadagna 25.
Si osservi che nel dilemma del prigioniero la competizione costituisce l’alternativa migliore, pertanto
corrisponde alla strategia di equilibrio. Se A compete, B ottiene guadagni superiori, solo se anch’egli
compete (40 > 25). Se A coopera, B ottiene guadagni maggiori competendo (150 > 100).
In altri termini, siamo di fronte a un equilibrio di Nash, dove ciascuna impresa sceglie la risposta ottima alla
scelta dell’altra.
Quando un giocatore sceglie una strategia in modo non probabilistico, gioca una strategia pura; quando
invece adotta una regola per scegliere la strategia in modo probabilistico (es una mossa perseguita al 60% e
l’altra mossa al 40%), gioca una strategia mista. Finora, abbiamo visto solo equilibri di Nash con strategia
pura.
Gioco a più stadi:
Finora abbiamo visto solo i giochi a uno stadio. È possibile descrivere i giochi a più stadi con informazione
perfetta, cioè i giocatori compiono le proprie scelte uno alla volta e nulla è nascosto ad alcun altro giocatore
(es scacchi). Il metodo più semplice per descrivere un gioco a più stadi con informazioni perfetta è
costruendo un diagramma ad albero che identifichi i giocatori e mostri ogni possibile sequenza di decisioni,
insieme ai relativi payoff. Ad esempio l’insieme delle scelte possibili e dei relativi payoff finali è
rappresentato dal diagramma dove il gioco comincia dalle scelte di Antonio e si suppone che Maria conosca
il film scelto da Antonio prima di prendere la propria decisione.
I giochi possono essere cooperativi; la cooperazione è solitamente sostenuta dalla minaccia di una
punizione per un comportamento cattivo o dalla promessa di una remunerazione per un comportamento
buono. Nel caso in cui tali minacce e promesse non siano credibili, gli sforzi per stabilire la cooperazione
falliranno.
Date queste circostanze, rispetto ai giochi a uno stadio, i risultati di un gioco ripetuto possono divergere
sensibilmente. Un gioco ripetuto è un gioco che si forma giocando molte volte in successione un gioco più
semplice. Un gioco può essere ripetuto per un numero finito di volte oppure all’infinito. Un gioco ripetuto
per un numero finito di volte è il gioco che si forma ripetendo un numero fisso di volte un gioco più
semplice, dopo che gioco termina; un gioco ripetuto all’infinito è il gioco che si forma ripetendo
indefinitamente un gioco più semplice.
In un gioco ripetuto un giocatore può crearsi la reputazione di individuo che coopera, incoraggiando così
l’altro a comportarsi in modo analogo. Ad esempio consideriamo un gioco i cui giocatori sanno che si svolge
in 10 round. All’ultimo round un giocatore potrebbe decidere di “tradire”. Ma se entrambi i giocatori sanno
che l’altro potrebbe tradire, perché cooperare al nono round? Il ragionamento può proseguire a ritroso (nei
round precedenti).
Gli individui spesso compiono scelte che sono incompatibili con la teoria economica standard.
Talvolta si viola il principio di transitività: per tre qualsiasi panieri x, y, e z, se x ≿ y e y ≿ z, allora
x ≿ z (dove ≿ significa “preferito o indifferente”). Le preferenze implicite di queste scelte violano il
principio dell’ordinamento delle preferenze, secondo il quale il consumatore è in grado di collocare
in una graduatoria le alternative che gli si presentano, ordinandole dalla migliore alla peggiore.
Cenni storici:
Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia nel 2002 e Richard Thaler, premio Nobel per
l’economia nel 2017, hanno reso famoso questo ramo della disciplina economica.
Kahneman, insieme a Svetski, erano degli studiosi di origine israeliana la cui carriera si è sviluppata in buona
parte nelle università statunitensi. Intorno a questa coppia di studiosi ruotarono altri collaboratori, uno di
questi fu Thaler. Thaler è uno statunitense che ha contribuito agli studi di economia comportamentale ed
ha vinto il premio Nobel per l'economia nel 2017.
Questo è un ramo della disciplina che ormai è riconosciuta ampiamente nella comunità degli economisti.
Kuhn aveva spiegato che le teorie, in realtà, cambiano nel corso del tempo perché cambiano i paradigmi
(contrariamente a quello che pensava Popper). I paradigmi sono delle strutture concettuali intorno alle quali
lavorano gli studiosi e per molti aspetti sono incommensurabili. Secondo Kuhn un paradigma successivo
cerca di risolvere le anomalie osservative e teoriche di quello precedente.
Gli individui commettono errori sistematici perché si trovano a formulare giudizi di valore interpretando il
mondo, proprio perché viviamo in condizioni di incertezza. Spesso i nostri giudizi sono fatti intuitivamente,
non chiamando in causa la razionalità. L’intuizione influenza i nostri giudizi e questo è visto come una delle
cause dei nostri bias, ovvero le distorsioni di giudizio che riguardano i nostri giudizi sugli stati del mondo e
che influenzano le scelte che noi compiamo anche nella sfera economica. L’interpretazione degli stati del
mondo e i giudizi da cui conseguono le scelte e i corsi d’azione dipendono in maniera rilevante dal modo in
cui i problemi vengono posti (effetto framing).
Un precedente: la critica alla razionalità ottimale (ma non con strumenti della psicologia):
L’economia comportamentista, in realtà, ha delle origini un po' più lontane che possono essere individuate
nei contributi di Albert Simon, economista che ottenne il premio Nobel dell’economia nel 1987. Simon
aveva illustrato in maniera teorica e formale la nozione di razionalità limitata per sottolineare la diversità tra
questa nozione e quella di razionalità ottimale che invece governa gran parte della microeconomia.
-Limiti rispetto all’informazione che deve essere raccolta o elaborata. In altri termini possiamo immaginare 2
circostanze: l'’informazione può essere limitata (cioè non disponiamo di informazione) o eccessiva. Queste
sono due situazioni molto diverse tra loro ma in entrambi i casi le nostre capacità sono molto limitate nella
trattazione dell’informazione. A volte è scarsa e la dobbiamo cercare, mentre a volte è eccessiva e
ridondante e non sappiamo come etichettarla.
-Limite nelle capacità computazionali, quindi le nostre capacità di calcolo e trattazione dell’informazione che
abbiamo raccolto e che stiamo cercando di elaborare. Dunque, l’idea di Simon è che noi siamo limitati e che
cerchiamo, attraverso delle olistiche, di risolvere i problemi che ci vengono prospettati dall’ambiente.
Quindi, secondo la situazione che ci si presenta davanti, e solo se non sono situazioni impreviste, noi
ricorriamo a routines, ovvero procedure attraverso le quali ripetiamo i nostri schemi comportamentali che
hanno avuto successo in passato. Altre volte, i problemi che ci pone l’ambiente sono più difficili allora
attiviamo procedure di problem solving e quindi cerchiamo di scomporre la complessità di problemi in
sotto-problemi e li rendiamo trattabili.
Tutto questo porta alla conclusione che il più delle volte l’individuo è alla ricerca NON di soluzioni ottimali
ma di soluzioni soddisfacenti (ci riporta al pensiero di Simon): il processo si conclude quando esse sono
raggiunte. I criteri che fissano tali “decision-making processes" e che definiscono ciò che è soddisfacente
sono chiamati livelli di aspirazione. Quindi il termine che viene usato è il satisficing e viene applicato
quando il compito è mal strutturato o sconosciuto: il processo di ricerca cessa quando una soluzione
soddisfa il livello di aspirazione definito. Infatti, gli uomini cercano di essere intenzionalmente razionali ma
di fatto sono limitatamente razionali.
Ancoraggio:
Una proprietà dei giudizi intuitivi è l’accessibilità, vale a dire la facilità con la quale i contenuti mentali o
pensieri vengono alla mente. Se ci chiedessero se Gandhi aveva alla sua morte più di 114 anni, stimeremo in
modo molto più alto l’età in cui morì (morì a 78 anni), oppure se si pensa a comprar casa, saremo
influenzati dal prezzo di mercato. In breve, l’ancoraggio si verifica quando le persone, dovendo assegnare un
valore a una quantità ignota, partono da un dato loro disponibile. In seguito all’acquisizione di ulteriori
formulazioni, effettuano degli spostamenti ma non riescono a farlo in maniera appropriata perché
rimangono “ancorati” alla prima impressione, al primo valore disponibile. Ad esempio a 55 soggetti è stata
mostrata un serie di prodotti con prezzo medio di 70 euro. Nella prima fase dell’esperimento, al soggetto
veniva chiesto se era disposto ad acquistare il prodotto a un prezzo uguale alle ultime due cifre del suo
codice fiscale. Nella seconda fase, al soggetto veniva chiesto di dichiarare la cifra più alta che sarebbe stato
disposto a spendere per quell’oggetto. Quest’ultima è risultata strettamente correlata alle ultime due cifre
del documento quindi, in breve, è stata creata un’ “ancora“ per le successive valutazioni.
Linda ha 31 anni, è single, è schietta ed è molto intelligente. È laureata in filosofia e da studentessa si era
occupata con passione di diritti umani e di giustizia sociale, partecipando a manifestazioni antinucleari.
Circa l’80% giudica più probabile la seconda opzione (b) rispetto alla prima (a) e indica la terza (c) come
l’opzione più probabile. Quindi la (b) appare sempre più probabile della (a).
P(A&B) P(B): “A conjunction cannot be more probable than one of its constituents” (Tversky and
Kahneman, 1984). Aggiungere particolari rende le descrizioni più persuasive, ma meno probabili.
Il benchmark (riferimento): uso corretto della logica e della statistica.
In alcune situazioni economiche, gli individui presentano un forte accadimento allo status equo. Ci sono due
tipi di manifestazioni di questa tendenza:
1) gli individui tendono ad attribuire un valore più alto a qualcosa quando la possiedono e più basso se non
la possiedono (effetto dotazione). Per spiegare tale effetto possiamo prendere come esempio un
esperimento con 44 soggetti. Alla metà dei partecipanti (venditori) vengono offerte delle tazze con
lo stemma dell’università, i restanti (compratori) devono invece usare i loro soldi per comprarle. Ad
ogni studente in possesso di una tazza, è stato chiesto di dichiarare il prezzo più basso a cui
sarebbe stato disposto a venderla, mentre ad ogni studente privo di tazza è stato chiesto di dire il
prezzo più alto a cui sarebbe stato disposto ad acquistarla. Il prezzo medio di vendita è circa il
doppio del prezzo medio di acquisto, e il numero stimato di scambi è meno della metà di quello
previsto dalla teoria standard: il mercato non funziona bene per un bene al quale i proprietari
sono attaccati. L’essere entrati in possesso di un oggetto (la tazza) era sufficiente affinché
quell’oggetto fosse stimato circa il doppio rispetto alla stima che ne dava chi non ne era in possesso
(effetto dotazione).
Quando, in un successivo esperimento, venne introdotto fra venditori e compratori un terzo gruppo (gli
‘sceglitori’), i quali potevano scegliere fra una somma di denaro o la tazza, essi indicarono un prezzo ($ 3,12)
leggermente superiore a quello dei compratori ($ 2,87) e molto inferiore a quello dei venditori ($ 7,12). Pur
avendo le stesse opzioni dei venditori, gli sceglitori non provavano la resistenza che i venditori provavano
nel separarsi dalla propria tazza.
Gli esperimenti sugli effetti dotazione mostrano che le persone sviluppano un attaccamento alle cose che
posseggono a causa dell’avversione alla perdita, ma si deve correlare a quest’ultimo un ulteriore fattore:
l’inerzia. Più specificamente, l’avversione alla perdita e la preferenza per lo status equo operano come forze
che impediscono il cambiamento.
2) gli individui di fronte a una varietà di alternative evitano di compiere una scelta e finiscono col mantenere
l’opzione di default (effetto default).
Prospect theory:
Alla fine degli anni 70 del secolo scorso, Daniel Kahneman e Amos Tversky proposero un'alternativa alla
teoria economica standard della preferenza per il rischio. Questo approccio, noto come prospect theory, si
proponeva di risolvere numerosi enigmi correlati alle decisioni rischiose. Esempio:
Problema 1:
Si immagini che un Paese si prepari ad affrontare un’epidemia di una malattia contagiosa di eccezionale
gravità e che potrebbe provocare la morte di 600 persone. Per fronteggiarla sono proposti due programmi
di intervento A e B. La stima delle conseguenze dei due programmi è la seguente: se viene adottato il
programma A verranno salvate 200 persone, mentre se viene adottato il programma B, vi è la probabilità di
1/3 che vengano salvate tutte le 600 persone e 2/3 di probabilità che non si salvi nessuno. Quale
programma scegliereste?
Problema 2
Si immagini che un Paese si prepari ad affrontare un’epidemia di una malattia contagiosa di eccezionale
gravità e che potrebbe provocare la morte di 600 persone. Per fronteggiarla sono proposti due programmi
di intervento C e D. La stima delle conseguenze dei due programmi è la seguente: se viene adottato il
programma C, 400 persone moriranno, mentre se viene adottato il programma D, vi è la probabilità di 1/3
che nessuno muoia e 2/3 di probabilità che muoiano tutte le 600 persone. Quale programma scegliereste?
Il 72% preferisce A e Il 78 % sceglie il programma D. I due problemi sono equivalenti, mentre i soggetti,
dicono Kahneman e Tversky, elaborano cornici differenti. Il problema formulato nel primo modo è elaborato
come un frame (cioè cornice) di guadagno (vite salvate) e la scelta è l’opzione sicura “A” (avversione al
rischio nel dominio dei guadagni). Il problema nella seconda formulazione è elaborato come frame delle
perdite (vite perdute) e la scelta prevalente è quella rischiosa “D” (ricerca del rischio nel dominio delle
perdite). L’idea di Kahneman e Tversky è che, nel compiere scelte in condizione di incertezza, gli individui
utilizzino una serie regole euristiche per produrre giudizi circa la probabilità e che tali euristiche producano
errori sistematici:
Questioni di fairness:
Un negozio di ferramenta vende pale da neve per $15. Il mattino successivo, dopo una tempesta di neve, il
negozio aumenta il prezzo a $20. Il comportamento è accettabile o ingiusto? (Kahneman, Knetsch, Thaler,
1986).
È stato proposto questo quesito a 107 persone, che potevano rispondere con completely fair,
accettable/unfair e very unfair. Per l’82% delle persone è risultato unfair. Infatti, l’aumento sarebbe stato
accettabile se avesse rispecchiato un aumento dei costi di produzione, ma non è considerato tale se riflette
solo la scarsità. La logica di mercato dice che il comportamento è onesto, la norma di fairness dice che non
lo è.
La teoria dei giochi tende a prevedere il comportamento (che persegue il proprio interesse personale) in
maniera più accurata quando i giocatori hanno acquisito una certa esperienza con un gioco, soprattutto se
le regole sono semplici. Tuttavia, qualche volta anche gli esperti giocatori di giochi semplici prendono
decisioni che sembrano contrarie ai propri interessi personali. Per spiegare meglio tutto questo,
esamineremo i giochi di contribuzione volontaria, dove ogni membro di un gruppo da un contributo a un
piatto (pool) comune. Il contributo di ogni giocatore beneficia tutti i giocatori.
Esempio:
Ci sono 4 giocatori. A ognuno vengono forniti 20 gettoni e vengono invitati a contribuire al piatto. Ogni euro
di contributo fa crescere il payoff dei giocatori:
Payoff del giocatore (euro) = gettoni restanti al giocatore + M x gettoni del piatto comune
M è un numero tra 0 e 1. Quando un giocatore contribuisce con un gettone, gli altri guadagnano M euro. Il
contributore guadagna M euro attraverso la crescita del piatto comune, ma perde €1 sotto forma del
gettone donato. Si supponga che se i giocatori sono 4 e che ognuno abbia 20 gettoni, se M = 0,4, il payoff di
un giocatore che contribuisce con un gettone varia di -0,60 (= 0,4 – 1) . La strategia dominante è «non
contribuire». Ma se ognuno dei 4 giocatori contribuisse con 1 gettone (4 x 0,4 – 1) il suo payoff
aumenterebbe di 0,6. Se contribuissero con tutti e 20 gettoni, la loro dotazione aumenterebbe di 12 gettoni
(4 x 0,4 – 20 = 32) .
Nel gioco del dittatore, un giocatore (il “dittatore”) semplicemente decide come spartire una somma
(premio fisso) tra sé stesso e un altro giocatore (che non conosce). La teoria prevede che il dittatore tenga
per se tutta la somma, in realtà solo una frazione (21%) si comporta così.
(L’esperimento precedente è collegato all’Ultimatum Game (Güth et al., 1982): Thaler e Kahneman
elaborarono un gioco simile, ma poi scoprirono che Güth e colleghi avevano già pubblicato i risultati della
loro ricerca).
Gioco dell'ultimatum:
Ci sono due giocatori, la cui identità è a loro sconosciuta. Il proponente fa una proposta su come dividere
una somma donata. Il ricevente può accettare o rifiutare. Se accetta, la somma viene divisa secondo la
volontà del proponente, invece se rifiuta nessuno riceve alcunché. L’offerta media dell’ultimatum game è
pari a 30-40%. Circa il 50% rifiuta l’offerta bassa (unfair), mentre la metà delle volte (50%) si respingono
proposte con meno del 20% della somma totale. La teoria standard afferma che qualsiasi offerta > 0
dovrebbe essere accettata.
Siamo in presenza di un conflitto fra comportamento pro-sociale e comportamento conforme alle regole
di mercato.
Esercizi ricapitolativi!!
1. Riflettete su un gioco del dittatore in cui un giocatore divide 10 euro tra sé stesso e qualcun altro.
Denotate con S l’ammontare che egli trattiene per sé e con F il valore assoluto della differenza fra la cifra
che tiene per sé e quella che dà all’altro giocatore. Per esempio se egli tiene per sé 8 euro, allora F=6
(perché dà 2 euro all’altro giocatore, e F=8-2); se tiene per sé 4 euro, allora F=2 (perché dà 6 euro all’altro
giocatore, e F=6-4). Supponete che il dittatore ordini gli esiti secondo la funzione S-AF, dove A > 0. In altre
parole, gli interessano sia il proprio payoff in euro, sia l’equità dell’esito (dove maggiore uguaglianza, cioè
valori di F più bassi, significa maggiore equità).
NB: in economia comportamentale i risultati del gioco del dittatore illustrano la potenziale importanza di
motivazioni sociali quali altruismo, equità, egualitarismo e la ricerca di status.
I dieci gettoni possono essere tenuti (S) o ceduti all'altro partecipante (C), quindi C = 10 –S. Assumiamo che
il dittatore non ceda mai un valore superiore a quello che decide di tenere per sé, per cui la differenza F può
essere scritta come funzione di S: F = S – C = S –(10 – S) = 2S – 10.
Per valori di S compresi fra 5 e 10 (inclusi): la funzione valore del dittatore è allora data da S – A(2S – 10)
ovvero da (1 – 2A)(S) + 10A.
Se A è un valore positivo, la seconda componente di tale funzione (10A) risulta anch'essa sempre positiva.
Aumentando S, il dittatore aumenta o riduce il valore della funzione a seconda del valore di A.
Se A < 0,5, allora (1 – 2A) è positivo e il fatto di aumentare S fa aumentare il valore dell'outcome. In tal caso,
il dittatore deciderà di tenere tutto per sé.
Se A > 0,5, invece, il termine (1 – 2A) risulta essere negativo e l'aumento di S ha un effetto negativo sulla
funzione valore. In questo caso, il dittatore riduce allora S.
Vediamo ora cosa succede se il dittatore riduce S al di sotto di 5 (incluso): per rispondere a tale domanda,
troviamo la funzione valore quando S ≤ 5.
In tal caso, F = C – S = (10 – S) – S = 10 – 2S, ragion per cui la funzione valore è S – A (10 – 2S) o, in
alternativa, (1 + 2A)S – 10A.
Se S ≤ 5, il fatto di aumentare S induce un aumento del valore dell'esito (visto che 1 + 2A è sempre positivo).
Dato che il dittatore dovrebbe ridurre S quando questo è maggiore o uguale a 5 e dovrebbe invece
aumentare S quando questo è minore o uguale a 5, possiamo allora concludere che (in caso A > 0,5) il
dittatore deciderà di tenere per sé 5 gettoni e di cedere gli altri 5.
2. Riflettete su un gioco dell’ultimatum in cui il proponente divide 10 euro e il ricevente decide se accettare
oppure rifiutare la proposta. Se il ricevente rifiuta la proposta nessuno dei due giocatore riceve alcunché.
Denotiamo con F il valore assoluto della differenza tra i payoff dei due giocatori, come nell’esercizio
precedente. Supponete che il proponente sia egoista e che gli interessi solo il proprio payoff in euro, mentre
al ricevente interessa l’equità: egli ordina gli esiti secondo la funzione R-0,5F, dove R è il suo payoff in euro.
Quali proposte accetterà? Quali rifiuterà? Conoscendo queste informazioni, cosa offrirà il proponente?
NB: i risultati del gioco dell’ultimatum indicano che anche emozioni come indignazione e ira possono
influenzare le decisioni economiche.
Il ricevente accetterà qualsiasi offerta per la quale il valore della suddivisione proposta è maggiore del
valore che si avrebbe se entrambi non ricevessero nulla. In questo ultimo caso, il valore per il ricevente
sarebbe (0) – (0,5)(0) = 0. Di conseguenza, il ricevente accetterà ogni proposta che presenta un valore
positivo per lui.
Se assumiamo che il proponente non vorrà mai offrire all'altro un importo superiore al suo, possiamo allora
scrivere F come: F = (10 – R) – R o, in alternativa, F = 10 – 2R.
Per soddisfare quindi la condizione secondo cui la funzione valore del ricevente deve essere positiva,
dobbiamo allora verificare:
0 < R – 0,5F => 0 < R – 0,5(10 – 2R) => 0<R–5+R => 0 < 2R – 5 => 5 < 2R => 2,5 > R
Il ricevente accetterà qualsiasi proposta per cui R è maggiore di € 2,50. Se la proposta fosse inferiore,
l'ingiustizia percepita renderebbe negativa la funzione valore e il proponente preferirebbe che sia lui che il
ricevente non vincano nulla. Se l'offerta è invece esattamente pari a € 2,50, il proponente è indifferente tra
la prospettiva di accettare e quella di rifiutare, per cui la scelta sarà casuale.
Sapendo ciò, e volendo massimizzare il proprio payout, il proponente deciderà di procedere a una
spartizione tale per cui a lui andranno € 7,49 e al ricevente andranno € 2,51. Il centesimo in ballo renderà
sicura l'accettazione da parte del proponente.
Tipi di mercati:
Gli individui scambiano beni o servizi nei mercati, i quali possono avere diversa struttura e organizzazione.
Le forme di mercato sono:
Concorrenza perfetta => Molti compratori, molti venditori e beni omogenei (es mercati dei prodotti
agricoli)
Monopolio => Molti compratori, un solo venditore (es mercato dei trasporti ferroviari)
Oligopolio => Molti compratori, pochi venditori (es mercato televisivo, degli aerei, della telefonia o
dei carburanti)
Concorrenza monopolistica => Molti compratori, molti venditori e beni non omogenei (es mercato
dei ristoranti, dei bar, o dei prodotti di marca)
Monopsonio => Un solo compratore, molti venditori e beni omogenei (es Fiat rispetto ai produttori
di componenti auto, miniera in luogo isolato rispetto a lavoratori)
Monopolio bilaterale => Un solo venditore e un solo compratore (es sindacato-Confindustria sul
mercato del lavoro)
Concorrenza perfetta:
Non esistono ostacoli all’ingresso di nuovi venditori sul mercato => non ci sono ostacoli di tipo
legale (es licenze taxi), tecnologico (es terreni già occupati) o economico (es alti costi fissi)… perciò
c’è libertà di entrata sul mercato.
Nella realtà, pochi mercati risultano perfettamente concorrenziali, ma la concorrenza perfetta serve
come “caso modello”: infatti, di solito, i consumatori sostengono costi di transazione, i prodotti delle
imprese sono differenziati (perciò il consumatore li percepisce come differenti) e molti mercati sono
caratterizzati da un numero ridotto di imprese facendo in modo che possono esercitare un effetto
sul prezzo.
Qual è il prezzo rispetto al quale compratori e venditori sono p-t? E qual è la quantità che
comprano/vendono a quel prezzo?
Domanda di mercato:
Funzione di domanda di mercato (D): esprime la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità
complessivamente domandata di quel bene a quel prezzo da tutti i consumatori presenti sul mercato.
Per trovare la domanda di mercato D di un bene, cioè la relazione tra il prezzo e la quantità
complessivamente domandata da tutti i consumatori presenti su un dato mercato, dobbiamo sommare le
quantità domandate dai singoli consumatori (domanda individuale) in corrispondenza di ogni prezzo;
dobbiamo cioè sommare orizzontalmente le curve di domanda individuali (quindi sommare la distanza
orizzontale tra la curva e l’asse verticale).
Esempio:
d d
Si considerino le due funzioni di domanda di Gianni e Emilia: Q = 10 - 4P e Q = 6 - 2P
Gianni Emilia
Per prezzi compresi fra € 3 e € 2,5 solo Emilia è disposta ad acquistare gelati. Per prezzi inferiori a € 2,5
entrambi acquistano gelati. Se P = 1,5 Emilia è disposta a acquistare 3 gelati, mentre Gianni 4. La quantità
domandata è quindi = 7
d d d
Q = 0 se P > 3 Q = 6 - 2P (funz. dom. Emilia) se 2,5 < P < 3 Q = 16 – 6P se P ≤ 2,5
Offerta di mercato:
Funzione di offerta di mercato (S): esprime la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità
complessivamente offerta di quel bene a quel prezzo da tutte le imprese presenti sul mercato.
L’offerta di mercato di un prodotto è la somma di tutte le offerte individuali e dei venditori e, analogamente
alla curva di domanda, la curva di offerta di mercato è la somma orizzontale delle curve di offerta
individuali.
Il costo marginale di lungo periodo, il costo medio e la curva di offerta di un’impresa sono mostrati nella
prima figura.
Il minimo del costo medio (Ac )= €100 per unità. Tale livello viene raggiunto con 200 panchine per
min
mese.
Livello di produzione efficiente quindi è 200.
Per P (prezzo) < 100 l’impresa non produce
Per P = 100, la produzione è nulla o pari a 200
Per P > 100, l’impresa produce la quantità indicata dalla curva di costo marginale (dove P = MC)
La seconda figura mostra diverse curve di offerta (di 5/10/illimitate imprese in grado di produrre nel lungo
periodo). Consideriamo 5 imprese: la curva di offerta di mercato indicata con S è la somma orizzontale
5
delle 5 curve di offerta della prima figura.
Per P < 100 l’offerta è nulla; per P > 100, 5 imprese producono una Q definita dalla curva di MC.
La curva di offerta (S ) pertanto, in corrispondenza di prezzi superiori a € 100, è la somma orizzontale delle
5
curve di costo marginale delle imprese.
Se P = 100, ciascuna di esse può decidere se offrire 200 panchine o nulla (es quattro imprese producono 200
e una 0 oppure due imprese 0 e tre 200, ecc). Quindi la quantità offerta complessiva dipenderà dalla somma
delle quantità offerte dalle imprese che effettivamente decidono di produrre. Tali quantità sono mostrate
dall' insieme di 5 punti che si susseguono (nella seconda figura) fino alla quantità di 1000 panchine.
Se le imprese fossero 10, la curva d’offerta sarebbe S (somma orizzontale delle curve di costo marginale
10
delle 10 imprese): a un prezzo pari a 100, si offrono fino a 2000 panchine (10 imprese x 200 panchine). In
questo caso, la curva di offerta di mercato è mostrata dall’insieme dei 10 punti nel secondo grafico.
Man mano che si aggiungono imprese (c’è libertà di entrata, che è una condizione di lungo periodo), la
curva di offerta di mercato diventa sempre più piatta in corrispondenza di P = 100.
La curva di offerta di lungo periodo (data la libertà di entrata) è una linea orizzontale in corrispondenza di
AC . Per prezzi superiori ad AC le imprese possono ottenere profitti, per P = AC i profitti sono
min min min
nulli e per prezzi inferiori ad AC le imprese otterranno perdite.
min
Nel lungo periodo c’è libertà di entrata e uscita ed è per questo che la curva di offerta è orizzontale in
corrispondenza di ACmin. Combinando la curva di domanda e la curva di offerta di lungo periodo, poiché si
produrranno 2000 panchine, ci saranno 10 imprese ognuna delle quali produce 200 panchine.
1. Il prezzo di equilibrio è uguale a AC min (è quanto emerge dal grafico, dove si è visto la curva di
offerta è orizzontale).
2. Le imprese devono ottenere profitti nulli (come emerge dal grafico P* = AC min).
3. Le imprese attive producono in corrispondenza di una scala efficiente di produzione, in
corrispondenza di ACmin.
N.B
Occorre ricordare che i costi economici includono il costo opportunità del tempo impiegato
dall’imprenditore.
Se l’impresa ottiene un profitto economico nullo, il proprietario viene comunque compensato del
suo costo opportunità, il che significa che egli non avrebbe potuto far di meglio svolgendo altre
attività. Certamente, il proprietario di un’impresa preferirebbe ottenere dei profitti economici
positivi, ma in ogni caso riceve lo stesso compenso per l’impiego del proprio tempo che otterrebbe
da qualunque altra attività di impresa.
Risposte di breve e lungo periodo quando variano le condizioni di mercato (variazione della domanda) :
Si supponga che il mercato sia in una condizione di equilibrio di lungo periodo con 10 imprese, ma che la
curva di domanda si sposti verso l’esterno, arrivando coincidere con la curva D della prima figura.
●Nel breve periodo il numero delle imprese è 10 e quindi la curva di offerta del mercato che aggrega
l’offerta delle 10 imprese è S10. Nel breve periodo, l’equilibrio di mercato si è spostato dal punto A al punto
B; il prezzo cresce oltre i 100€. Poiché il prezzo di equilibrio eccede il livello minimo del costo medio
dell’impresa (ACmin), le imprese ottengono profitti economici positivi.
●Nel lungo periodo, poiché c’è libertà di entrata, in seguito all’ingresso di nuove imprese, il prezzo viene
spinto verso il basso e quindi verso il nuovo punto di equilibrio di lungo periodo C. Il prezzo è uguale a
prima, ma si vendono molte più panchine (4.000 panchine prodotte da 10 imprese).
Cosa accade invece quando la curva domanda si sposta a sinistra (seconda figura)? L’equilibrio si sposta da A
a B. Il prezzo diminuisce e alcune imprese escono dal mercato, il quale giunge a un nuovo equilibrio C, dove
il prezzo è sempre Acmin, ma la quantità venduta e acquistata è dimezzata.
Cosa accade nel breve e lungo periodo se il costo medio si abbassa (per es perché l’affitto del
capannone diminuisce), mentre i costi variabili rimangono gli stessi?
Supponiamo che nel breve periodo le imprese attive sono 10, la curva di offerta di mercato (S 10) non muta
e i costi marginali sono gli stessi.
L’equilibrio è in A. Le imprese ottengono un profitto positivo perché P = 100 e il costo medio è 70. (Seconda
figura).
Nel lungo periodo, con le nuove entranti, l’equilibrio si sposta in B, e il prezzo diminuisce e diventa 70, e
vengono prodotte 2720 panchine (la scala efficiente di ciascuna impresa è 160).
Gli economisti misurano il beneficio netto di produzione e consumo di un bene con il concetto di surplus
totale. Esso coincide con il beneficio totale generato dal consumo (ovvero la disponibilità totale a pagare)
meno il totale dei costi di produzione evitabili. In breve, il surplus totale è uguale alla disponibilità a pagare
dei consumatori meno i costi di produzione totali evitabili. Esso può essere misurato utilizzando le curve di
domanda e di offerta, infatti la disponibilità totale a pagare di tutti i consumatori si può ottenere sommando
le aree al di sotto delle curve di domanda individuali fino alla quantità consumata da ciascuno di essi.
Esempio:
Si considerino le disponibilità a pagare totale per i coni gelato (mostrate dalle barre verticali), cioè
nel caso in cui Gianni compri 4 gelati ed Emilia ne compri 3. La disponibilità a pagare totale di Gianni
è pari a €8, mentre la disponibilità a pagare di Emilia è pari a 6,75 €. Quindi, la disponibilità a pagare
totale, di entrambi i consumatori, è pari a 14,75€. Perciò, ogni volta che il bene (coni gelato) sono
consumati dagli individui con la più alta disponibilità a pagare, è possibile misurare la disponibilità a
pagare totale.
Se prendessimo l’esempio di prima, supponiamo che vengano consumati 3 coni (al prezzo di € 2,20),
2 li consuma Emilia (che ha la più alta disponibilità a pagare per il primo e terzo cono), e 1 Gianni
(che ha la più alta disponibilità a pagare per il terzo cono). La disponibilità totale a pagare sarà €
7,38 (= 2,75 + 2,38 + 2,25 euro). In modo analogo, posso calcolare l’area sottostante la curva
d’offerta; è possibile così visualizzare il surplus totale. Esso è dato dalle due aree comprese fra le
curve di domanda e di offerta e il tratto dell’asse verticale compreso tra i punti di intersezione delle
curve.
Se prendessimo in esame questo grafico, questa regione è un triangolo la cui area è 35 (mil.) in
quanto la base è 7 (€/bushel) è l’altezza è 10 (mil. di bushel).
Perdita secca:
Quando gli scambi non si realizzano in mercati perfettamente concorrenziali c’è una perdita secca, vale a
dire una riduzione di benessere conseguente alla riduzione di surplus totale. In un mercato concorrenziale
senza nessun tipo di intervento pubblico, il surplus totale viene massimizzato, quindi non c’è una perdita
secca di benessere. L’effetto della perdita secca è visibile quando gli scambi avvengono per quantità diverse
da quelle ottimali.
Esempio:
La figura illustra la perdita secca di benessere nel mercato del mais quando la quantità prodotta è diversa da
10 miliardi di bushel (in questo caso 7 mil/bush, anziché 10). Poiché il surplus totale è uguale all'area tra la
curva di domanda e la curva di offerta fino a una quantità pari a 7 miliardi di bushel, la perdita di benessere
è uguale all'area del triangolo ombreggiato in azzurro, cioè 3,15 miliardi di euro all'anno. Tale perdita
emerge perché l’economia non arriva produrre 3 miliardi di bushel, il cui valore cederebbe il costo di
produzione.
(Si consideri che in economie pianificate, diversamente da quelle di mercato, lo Stato poteva decidere quali
quantità far produrre. L’idea è che il sistema di mercato è il sistema più efficiente, perché garantisce il
massimo surplus totale).
Il surplus totale del consumatore (= disp totale a pagare dei cons – spesa tot) è la somma dei surplus dei
singoli consumatori. La spesa totale è uguale all’area ABCD e il surplus l’area del triangolo in blu (fig. (b)).
Il surplus totale del produttore è la somma dei surplus dei singoli produttori. Tale surplus è dato dalla
differenza tra ricavi totali e costi (evitabili). I ricavi totali corrispondono a ABCD. Detratti i costi evitabili, il
surplus è l’area ombreggiata in grigio.
È il mercato nel quale vengono scambiati gli input (es lavoro, capitale fisico o capitale finanziario). In un
mercato dei fattori, i compratori sono imprese che comprano beni (es strumentali) da altre imprese, mentre
i venditori possono essere altre imprese o i consumatori individuali. I mercati dei fattori funzionano come i
mercati dei beni. Due esempi possono essere il mercato del lavoro (a) e quello del capitale finanziario (b).
Esercizi ricapitolativi!!
d
1.La funzione di domanda di Gianni per i gelati è Q Gianni=10−2,5 P se il prezzo è inferiore a 4 euro,
d
mentre è nulla se il prezzo è superiore a 4 euro. La funzione di domanda di Emilia è Q Emilia =6−1,5 P se i
prezzi sono inferiori a 4 euro, mentre è nulla se il prezzo è superiore a 4 euro.
Qual è la funzione di domanda di mercato? Si tracci un grafico delle curve di domanda individuale e di
mercato.
s
2.La funzione di offerta di Anna per i gelati è Q Anna =6 P−4 se il prezzo è superiore a 1,5 euro, mentre è
s
nulla se il prezzo è inferiore a 1,5 euro. La funzione di offerta di Roberto per i gelati è Q Roberto=4 P−8 se il
prezzo è superiore a 2 euro, mentre è nulla se il prezzo è al di sotto dei 2 euro. Qual è la funzione di offerta
di mercato? Si traccino le curve di offerta individuale e di mercato.
3.La domanda quotidiana di pizza è Q d❑=750−25 P , dove P è il prezzo della pizza. I costi quotidiani per
una pizzeria inizialmente includono 50 euro di costi fissi (che sono eliminabili nel lungo periodo) e costi
variabili uguali a Q 2 /2, dove Q è il numero di pizze prodotte in un giorno. Il costo marginale è MC=Q . Si
supponga che nel lungo periodo ci sia ingresso libero nel mercato. Se i costi marginali crescono a 6 euro per
pizza e, nel breve periodo, il numero delle imprese è fisso (non vi è possibilità di entrare e uscire dal
mercato), se i costi fissi sono irrecuperabili, qual è il nuovo equilibrio di breve periodo? Qual è il nuovo
equilibrio di lungo periodo?
5.Si supponga che i costi di produzione diminuiscano di 1 Euro per ciascuna unità di prodotto. Se il
numero delle imprese è fisso nel breve periodo ma non lo è nel lungo periodo, come verrebbero
influenzati gli equilibri di lungo e di breve periodo?
• Se il costo totale si riduce di un euro per ogni livello dell’output, qualsiasi sia tale livello, tale
variazione equivale a una riduzione di € 1 nei costi fissi. Dato che i costi fissi non sono
considerati nel breve periodo (siccome non influenzano i costi marginali), non dovremmo
osservare alcun cambiamento né al prezzo di equilibrio, né all’output di equilibrio per
l’impresa nel breve periodo. L’unica variazione osservabile sarebbe relativa ai profitti, che
aumenterebbero di € 1.
• Nel lungo periodo, questi profitti attireranno nuove imprese, desiderose di entrare
anch’esse sul mercato. Con il loro ingresso, il prezzo si ridurrà fino a diventare € 1/Q di
meno di quello che era precedentemente. Ci saranno più imprese, ognuna della quali
produrrà poco meno rispetto al livello di produzione del periodo precedente: l’output
complessivo risulterà però maggiore di prima e il prezzo scenderà inevitabilmente.
6.La funzione di domanda di mercato di mais è Qd = 21-4P, mentre la funzione di offerta di mercato è Qs =
5P-6. Entrambe le quantità sono misurate in miliardi di bushel all’anno. Quali sono il surplus totale, il surplus
del consumatore e il surplus del produttore in corrispondenza dell’equilibrio concorrenziale di mercato?
NB:
Surplus del consumatore = ½ (prezzo soglia – prezzo unitario) (numero di unità acquistate al prezzo
unitario)
Surplus del produttore = ½ (prezzo unitario – prezzo soglia) (numero di unità acquistate al prezzo unitario)
CAPITOLO 14: Equilibrio ed efficienza
Applicazioni del modello concorrenziale: gli effetti delle tasse
Una delle forme in cui i consumatori e le imprese contribuiscono alle entrate dello stato consiste nel pagare
una tassa nel momento in cui comprano o vendono un bene. Importante è stabilire che quindi le tasse sui
beni ≠ dalle tasse sul reddito. Per le tasse sui beni, ne esistono 2 tipi fondamentali:
Tassa ad valorem: tributo percentuale sul valore (prezzo) del bene (es. IVA al 22%). Sono
direttamente proporzionali al prezzo.
Tassa sulla quantità: tributo fisso pagato per ogni unità del bene acquistata o venduta (es. accise
sulla benzina).
Quando si considera una tassa sulla quantità, occorre distinguere tra la somma pagata dal consumatore
(Pb) e la somma effettivamente incassata dall’impresa (Ps) che la vende: Ps = Pb – T
In assenza di tassa, l’equilibrio è definito con metodo consueto. Applicando una tassa la curva di offerta si
sposta verso l’alto (per una dimensione pari a T): ciò significa che le imprese offrono di meno, perché
incassano di meno. La domanda invece rimane inalterata.
Esempio:
Avendo D: P = 35 – 2Q e S: P = 3Q + 10, trovare l’equilibrio prima e dopo l’introduzione di una tassa sulla
quantità pari a 5 sui venditori.
Equilibrio iniziale: D = S 35 – 2Q = 3Q + 10 QE = 5 e PE = 25
-La prima figura ci mostra che la tassa non genera variazione di prezzo (la domanda è perfettamente
elastica). Inoltre la tassa ricade sulle imprese, infatti la curva d’offerta si sposta da S a S .
T
-La seconda figura ci mostra che l’offerta è rigida. Quindi la tassa lascia invariata l'offerta e determina solo la
differenza fra P e P . La tassa incide sulle imprese.
b s
In queste due figure le tasse ricadono interamente sui consumatori, i quali pagano T euro in più rispetto a
quanto pagavano in assenza della tassa (si osservino anche qui gli spostamenti della curva di offerta).
In generale, all’aumentare dell’elasticità della domanda e al diminuire dell'elasticità dell'offerta, aumenta
l'onere della tassa che ricade sulle imprese. Viceversa, sono i consumatori a sostenere una maggiore quota
della tassa quando la domanda è meno elastica dell'offerta.
L’onere delle tasse è ugualmente ripartito fra compratori e venditori quando le curve di domanda e offerta
hanno la medesima elasticità (in valore assoluto). In questo caso, il prezzo per i consumatori e il prezzo per i
venditori si ripartisce in modo eguale fra i due gruppi.
L’incidenza di fatto di una tassa dipende dall’elasticità relativa della domanda e dell’offerta: la tassa
colpisce di meno il lato più elastico del mercato e colpisce di più il lato meno elastico del mercato.
Intuitivamente (e con una certa approssimazione), se la domanda di un bene è molto elastica (domanda
molto reattiva agli incrementi di prezzo) quando esso viene colpito da una tassa, la quantità domandata
diminuisce molto. Per evitare che le vendite “crollino”, i venditori aumenteranno il meno possibile il prezzo
del bene accollandosi, così, parte dell’onere della tassa.
Se la tassa non fosse pagata dalle imprese, ma dai consumatori, nulla cambierebbe.
L’incremento di T fa spostare la curva di domanda a sinistra per un pari ammontare. Si determina un nuovo
equilibrio. I consumatori pagano Pb, mentre le imprese ricevono Ps = Pb -T (questo perché dentro il prezzo
pagato dai consumatori c'è anche la tassa).
Esempio: Siano D: P = 35 – 2Q e S: P = 3Q + 10. Trovare il surplus totale prima e dopo l’introduzione di una
tassa di 5 che colpisce di diritto i venditori.
Equilibrio iniziale: QEiniziale = 5 e PE = 25; Equilibrio finale: QEfinale = 4, P compratori = 27; P venditori = 22
Quindi, Perdita secca di benessere = Surplus totale pre-tassa – Surplus totale post-tassa
Lo Stato concede sussidi, ovvero pagamenti che riducono l’importo pagato dai consumatori per l’acquisto di
un bene. I sussidi possono essere sia sulla quantità (cioè pari ad una certa somma per unità) e sia ad
valorem (cioè pari ad una percentuale sul prezzo). Essi vengono applicati per ristabilire l’efficienza perduta
in seguito ai fallimenti del mercato. Al contrario delle tasse accrescono le vendite del bene sussidiato, invece
al pari delle tasse i sussidi possono generare perdite secche.
Il sussidio fa sì che il prezzo pagato dal consumatore (pb) sia minore di ciò che arriva all’impresa (p s) dopo
aver ricevuto il sussidio (S), infatti:
Pb + Sussidio = Ps
Il sussidio pari a T (figura in basso) accresce la quantità scambiata da Q 0 a QT. Il surplus totale ora, con il
sussidio, è pari all’area ombreggiata in azzurro meno quella grigia (perdita secca), invece se non ci fosse
stato il sussidio, il surplus totale sarebbe stato uguale all’area ombreggiate in azzurro. C’è una perdita secca,
perché le unità QT – Q0 costano più di quanto i consumatori sarebbero disposti a pagare in assenza di
sussidio. Sia i consumatori e sia le imprese traggono beneficio dal sussidio.
Spesso gli Stati cercano di interferire nei mercati in modo da avvantaggiare determinati gruppi di individui.
1. I prezzi minimi
2. Il sostegno dei prezzi
3. Le quote di produzione
Prezzo minimo:
Un prezzo minimo stabilisce il livello più basso di prezzo praticabile dai venditori.
Effetti sull'equilibrio: Prendiamo come esempio il governo degli Stati Uniti che stabilisce un prezzo minimo
per il latte. In un equilibrio di concorrenza perfetta, il prezzo del latte è P0 e ne vengono venduti Q0 litri.
Immaginiamo che venga introdotto un prezzo minimo P maggiore di quello di mercato P . Nel nuovo
0
equilibrio, il prezzo del latte sarà P: a tale prezzo P, i consumatori domanderanno Q1 litri di latte, cioè meno
latte che in equilibrio. Al prezzo P, le imprese vorrebbero produrre Q litri di latte, ma solo alcune di essere
2
possono farlo perché in corrispondenza di P l’offerta è maggiore della domanda.
Effetti sull’efficienza: Dopo l’introduzione del prezzo minimo i consumatori stanno peggio: consumano meno
latte e lo pagano di più; alcuni produttori invece stanno meglio, perché possono vendere il latte ad un
prezzo più elevato di quello della concorrenza perfetta; altri produttori stanno peggio, perché mentre in
concorrenza perfetta producevano, mentre ora sono fuori dal mercato. Nel complesso, il surplus totale
diminuisce di un’area pari a quella indicata nella seguente figura:
Il livello minimo dei prezzi richiede che lo Stato controlli che tutti i venditori vendano al prezzo minimo
(alcuni potrebbero essere invogliati a vendere a prezzi inferiori se non vendono al prezzo minimo). Per
evitare la necessità del controllo statale, gli stati effettuano ad esempio un programma di sostegno dei
prezzi, il quale fa salire il prezzo di mercato di un bene tramite acquisti del bene effettuati dallo Stato. Per
esempio, lo Stato può comprare il latte, aumentandone così la domanda e alzandone il prezzo.
Effetti sull'equilibrio: Immaginiamo che lo Stato decida di far aumentare il prezzo del latte al livello P
maggiore di quello di mercato P . Al prezzo P, i consumatori domanderanno solo Q litri di latte, cioè meno
0 1
latte che in equilibrio, mentre invece le imprese vorrebbero produrre Q2>Q1 litri di latte. Lo Stato allora
acquista la differenza (Q -Q ) al prezzo unitario P.
2 1
Effetti sull’efficienza: Tali effetti dipendono molto dall’uso che lo Stato fa della quantità che acquista.
NB: lo Stato non può distribuire il latte agli individui che sono disposti ad acquistarlo al prezzo P senza far
diminuire la domanda e così compromettere gli effetti del programma.
Immaginiamo che il latte acquistato dallo Stato vada sprecato. Dopo l’introduzione del prezzo minimo i
consumatori stanno peggio, consumano meno latte e lo pagano di più. I produttori invece stanno meglio.
Quelli già presenti sul mercato possono vendere il latte ad un prezzo più elevato di quello in concorrenza
perfetta e in più nuovi produttori entrano sul mercato. Lo Stato però sta peggio perché ora deve spendere
(Q2-Q1 )* P per sostenere il prezzo del latte. Nel complesso, il surplus totale diminuisce di un’area pari a
quella indicata nella figura seguente:
Quote di produzione:
Una quota di produzione impone limiti alla quantità che le singole imprese possono produrre. In questo
caso quindi, anziché far crescere la domanda, lo Stato limita l’offerta. Prendiamo come esempio le quote del
latte. Le quote del latte limitano la produzione di latte di ogni impresa agricola ad un certo numero di litri
all’anno.
Effetti sull'equilibrio: Immaginiamo che lo Stato decida di limitare la produzione al livello di Q1 litri di latte.
Questo intervento fa salire il prezzo a P.
Effetti sull’efficienza: Tali effetti dipendono molto da come vengono distribuite le quote di produzione.
Immaginiamo che lo Stato assegni le quote di produzione nel modo più efficiente possibile, cioè che le
quote vengano assegnate ai produttori con i costi di produzione più bassi (lo Stato può offrire incentivi per
indurre i produttori a limitare la produzione). Dopo l’introduzione delle quote i consumatori stanno peggio:
consumano meno latte e lo pagano di più. I produttori a cui sono state assegnate le quote, invece stanno
meglio: possono vendere il latte ad un prezzo più elevato di quello in concorrenza perfetta. I produttori a cui
non vengono assegnate le quote di produzione (e quindi rimangono fuori dal mercato), stanno peggio.
Infine lo Stato non ha spese. Nel complesso, la perdita secca è pari a quella che si ha con il prezzo minimo.
Tuttavia, se le quote non sono assegnate ai produttori con i costi di produzione più bassi (cosa che nella
pratica accade facilmente), i costi di produzione sarebbero più alti e la perdita secca sarebbe maggiore.
Tutte queste politiche causano una perdita secca di benessere, ma vengono attuate in quanto i benefici
sono concentrati su gruppi di individui ristretti, mentre i costi che ricadono sulla collettività sono molto
dispersi e solo una piccola frazione ricade sugli individui.
Molti Paesi scoraggiano l’importazione di beni e servizi mediante l’applicazione di dazi all'importazione o
quote sulle importazioni. Un dazio all'importazione è una tassa applicata su beni e servizi importati. Per
esempio, gli Stati Uniti impongono un dazio di 29,7 centesimi di dollaro (pari a circa il 34% del prezzo)
sull'importazione di ogni litro di succo d’arancia concentrato surgelato. Una quota sulle importazioni limita
in modo diretto la quantità totale di un bene o servizio che può essere importata. Per esempio, gli Stati Uniti
limitano le importazioni di zucchero grezzo a 1.227 milioni di tonnellate all’anno.
Dazi:
Un dazio è una tassa imposta ai venditori che operano in un dato mercato. Diversamente dalle tasse
precedentemente esaminate, un dazio all'importazione viene applicato solo ad alcuni venditori, cioè a
quelli stranieri.
La curva di offerta senza dazio: Consideriamo il mercato nazionale (cioè quello interno ad un determinato
Paese) dello zucchero.
Se invece il prezzo nazionale è inferiore a P , i produttori esteri non avranno convenienza a vendere in
w
questo Paese. Se invece il prezzo nazionale è maggiore di P , essi cercheranno di vendere tutta la propria
w
produzione in questo Paese. In assenza del dazio, la curva di offerta di mercato è quindi la curva S (in grigio
0
scuro).
L’equilibrio prima del dazio: In assenza del dazio, il prezzo di equilibrio nel mercato nazionale è uguale al
prezzo mondiale, P0 = Pw e i consumatori nazionali comprano Q0 tonnellate di zucchero.
Di queste tonnellate, la quantità Q0d è offerta da produttori nazionali, mentre la differenza (Q 0 – Q0d) è
offerta dai produttori stranieri.
L’equilibrio dopo il dazio: Immaginiamo che venga introdotto un dazio pari a T euro alla tonnellata.
Il dazio sposta verso l’alto (di una distanza pari a T) la curva di offerta dei beni importati, perché le imprese
estere devono ora vendere i propri beni a un prezzo pari a P w+T se vogliono vendere nel paese. La nuova
curva di offerta di mercato è ST.
Dopo l’introduzione del dazio, il prezzo di equilibrio nazionale sale a P T = Pw+T, e i consumatori nazionali
acquistano solo QT tonnellate di zucchero. Tuttavia, l’ammontare venduto dai produttori nazionali sale a
La figura sotto, ci mostra gli effetti di tale politica sul benessere sociale.
Allo Stato interessa solamente il surplus totale nazionale (o interno) che è dato dalla somma del surplus dei
consumatori nazionali, del surplus dei produttori nazionali e delle entrate dello Stato derivanti dal dazio.
Senza il dazio, il surplus dei consumatori nazionali è uguale all’area A+B+C+D+E; con il dazio, il surplus dei
consumatori diminuisce ed è uguale all’area A. Il dazio migliora il surplus dei produttori nazionali che passa
da F a B + F, mentre il benessere dei consumatori diminuisce a causa del dazio. Lo Stato incassa con il dazio
d
una somma pari a D, cioè pari alla quantità delle importazioni (Q T – Q T) moltiplicata per il dazio T. Mentre i
consumatori, in presenza del dazio, perdono le aree B + C + D + E, le imprese nazionali e lo Stato riescono a
catturare soltanto le aree B e D. Le aree C ed E costituiscono invece la perdita secca di benessere nazionale
causata dal dazio. In particolare, l’area E rappresenta la perdita di surplus generata dalla riduzione del
consumo totale. L’area C rappresenta la perdita dovuta al fatto che la quantità che in precedenza era
importata al costo Pw viene ora prodotta da imprese nazionali a un costo maggiore.
Trovare la quantità importata prima e dopo il dazio e la perdita secca di benessere causata dal dazio
Sd per p = 15: 15 = 2Q + 7; Qd = 4
Importazioni: 10 – 4 = 6
D per p = 17: 17 = 25 - Q; Q=8,
Sd per p=17: 17=2Q+7; Qd=5
Importazioni: 8 – 5 = 3
La perdita secca corrisponde alla somma delle due aree colorate nella figura:
Perdita secca: (1*2)/2 + (2*2)/2 = 3
Esercizi ricapitolativi!!
4. Si supponga che la funzione di domanda di pizze sia Qd = 65.800 – 1.200P e che la funzione di offerta sia
Qs = 4.000P – 20.000. Si supponga che esista una lobby in grado di influenzare lo Stato, inducendolo a
imporre un prezzo minimo di 15 euro a pizza. Supponendo che le pizze domandate siano prodotte dalle
pizzerie con i costi di produzione più bassi, qual è l’effetto sul surplus totale, su quello del consumatore, e su
quello del produttore? Cosa accadrebbe se lo Stato innalzasse il prezzo a 15 euro usando un programma di
sostegno dei prezzi?
CAPITOLO 15: Equilibrio Generale, efficienza ed equità
Natura dell’equilibrio generale:
Finora si è analizzato l’equilibrio su un singolo mercato (analisi di equilibrio parziale). Si è però osservato
che quanto accade su un mercato influenza ciò che accade sugli altri mercati. Spesso, tuttavia, i mercati
sono interdipendenti, come accade quando la variazione del prezzo di un bene incide sulla domanda dei
suoi complementi e sostituti, cioè quando la variazione di un prezzo in un mercato incide sul prezzo di
equilibrio di altri mercati. Ad esempio se il prezzo del petrolio aumenta, aumenta anche il prezzo della
benzina e probabilmente diminuisce la domanda di auto… ma forse aumenta la domanda di trasporto
ferroviario! Questo è un esempio di mercato interdipendente.
L’interdipendenza dei mercati, in breve, è caratterizzata da effetti di retroazione (feedback negativo): il
mutamento di prezzi e quantità in un mercato può ripercuotere su un altro mercato. Questo tipo di effetto
non è catturato dall’analisi di equilibrio parziale. Lo studio dell’equilibrio che sussiste simultaneamente su
tutti i mercati è l’oggetto della teoria dell’equilibrio economico generale (EEG).
Efficienza:
Un’economia è inefficiente se è possibile riallocare le risorse in modo tale che almeno un consumatore stia
meglio senza che ciò danneggi nessun altro individuo; un’economia è efficiente invece se è impossibile
migliorare le condizioni di un consumatore senza peggiorare quella di qualche altro consumatore. Tale
nozione di efficienza è nota come efficienza paretiana. Per capire se un’allocazione migliora o peggiora le
condizioni di un consumatore rispetto un’allocazione alternativa, gli economisti partono dal presupposto
che:
1. Gli individui conoscano ciò che è meglio per sé;
2. Le scelte non siano oggetto di valutazione;
Si ipotizzi un’economia costituta da due individui di cui si conoscano le preferenze in modo tale da poterle
rappresentare attraverso una funzione di utilità:
Dato il confine dell’area ombreggiata (frontiera delle possibili utilità), qualsiasi allocazione associata a un
punto al di sotto di tale frontiera risulta inefficiente. Partendo dal punto A ad esempio, il benessere dei due
individui può migliorare per entrambi se ci si sposta verso il punto B. Poiché nel punto A la condizione di
entrambi può migliorare, tale economia è inefficiente. Qualsiasi allocazione associata ad un punto che giace
sulla frontiera delle possibilità di utilità è pareto- efficiente. Il punto B invece è efficiente in senso paretiano,
perché il benessere di uno/a può migliorare solo danneggiando l’altra/o. Nel punto C invece, Andrea si
avvantaggia a danno di Laura, mentre l’opposto accade nel punto D. Per poter scegliere tra questi punti, è
necessario basarsi su criteri diversi dalla pareto-efficienza, per esempio ricorrendo a un qualche criterio di
equità.
Equità:
L’equità è più difficile da definire rispetto all’efficienza in quanto si tratta di un concetto molto soggettivo.
Alcune nozioni di equità sono orientate ai processi (e quindi guardare alle procedure che conducono alle
allocazioni, piuttosto che alle allocazioni in sé). Il principio delle pari opportunità costituisce un esempio:
tale principio concerne ciò che gli individui potrebbero scegliere, invece di analizzare ciò che essi
effettivamente scelgono.
Alcuni ritengono che il sistema di libero mercato opera come un sistema giusto che premia in maniera equa
in relazione agli sforzi compiuti; altri invece sottolineano come il libero mercato sia un sistema ingiusto in
cui gli individui non partono da condizioni e possibilità uguali. Altre nozioni di equità sono orientate ai
risultati; si tratta quindi di verificare se il processo di mercato conduce a risultati equi.
Alcune nozioni di equità orientate ai risultati si basano sul concetto di distribuzione del benessere: mentre
la tradizione utilitaristica classica (derivante da Bentham, nel tardo ‘700) sostiene che si dovrebbe attribuire
la stessa importanza al benessere di ciascun individuo, Rawls (un filosofo contemporaneo), con il
rawlsianismo afferma che si dovrebbe dare massima importanza al benessere dei membri più svantaggiati.
L'utilitarismo e il rawlsianismo riflettono diversi giudizi soggettivi che riguardano l'equità. Difficoltà, tuttavia,
sussistono nel determinare una misura del benessere degli individui (si ricordino i problemi legati al
dibattito relativo a utilità cardinale e ordinale).
Teoria dell’EEG: considera un numero qualunque di consumatori, di imprese e di beni (cioè di mercati) e
analizza se e come si determinano prezzi e la quantità di equilibrio su tutti questi mercati.
Le domande della teoria dell’EEG sono:
1. Sotto quali condizioni viene raggiunto un EEG, cioè un sistema di prezzi in corrispondenza del quale
tutti i mercati sono in equilibrio?
2. L’EEG raggiunto è l’unico possibile? (unicità)
3. L’EEG raggiunto è stabile? (stabilità)
4. L’EEG raggiunto è efficiente? (efficienza)
Il modello di EEG che si considererà è estremamente semplificato: ci saranno 2 beni (cioè 2 mercati) e 2
individui. In oltre ci sarà solo scambio: niente produzione, né imprese (economie di puro scambio). In
questo tipo di economie, ogni individuo possiede una dotazione iniziale (un paniere di beni).
Nota storica: teoria dello scambio noto come “scatola di Edgeworth” (1881).
Le rette di bilancio di Andrea e Laura sono in grigio. Guardando le curve di indifferenza, Andrea preferisce
Entrambi hanno inteso mutare le dotazioni iniziali, perciò: Andrea offre 3cibo e domanda 3acqua [BA] e
Laura domanda 4cibo e offre 4acqua [BL]. In questa situazione però non c’è equilibrio, in quanto domanda e
offerta di cibo e acqua non coincidono.
Se, invece, il cibo viene venduto a 2€/Kg e l’acqua a 1€/L, un Kg di cibo si scambierà con due litri di acqua e
viceversa. Cambiano così le rette di bilancio (ora in azzurro). Andrea adesso sceglie CA (6cibo, 7acqua)
offrendo 2Kg di cibo e domandando 4 litri di acqua; Laura invece sceglie CL (4cibo, 3acqua), domandando
2 chili di cibo e offrendo 4 litri di acqua. Ora offerta e domanda si eguagliano e quindi l'equilibrio generale
è raggiunto.
Scatola di Edgeworth:
Spesso gli economisti, per illustrare l’equilibrio generale di una semplice economia di puro scambio,
utilizzano un diagramma conosciuto come scatola di Edgeworth. Questa scatola è molto utile in quanto
riassume in una singola figura sia le opportunità di scambio e sia le scelte di due consumatori.
Esempio: Dati due beni (cibo e acqua) con dotazione complessiva 10Kg di cibo e 10L di acqua (la scatola è
larga 10 unità ed è larga 10 unità). Ciascuna unità in larghezza rappresenta un chilo di cibo, mentre ciascuna
unità in altezza rappresenta un litro di acqua. Ciascun punto della scatola descrive la divisione di cibo e
acqua per i due consumatori.
Consideriamo il Punto A:
CiboAndrea + CiboLaura = 8 + 3 = 11
AcquaAndrea + AcquaLaura = 2 + 7 = 9
Pertanto,
Aggiungiamo ora le rette di bilancio dei due individui: si supponga che il cibo costi €1/Kg e l’acqua €1/L.
Partendo dalle loro dotazioni, Andrea e Laura possono scambiare cibo con acqua a un tasso di un chilo per
litro, e viceversa. Per rappresentare tali opportunità di scambio, possiamo tracciare una retta di colore
grigio che passa attraverso il punto delle dotazioni, A, con pendenza -1. Ciascun consumatore può scegliere
qualsiasi punto su questa linea (tale linea è uguale alle analoghe linee grigie di Andrea e Laura dell'esempio
precedente). Dall’esempio precedente sappiamo che Andrea scambierà fino a raggiungere B A e Laura fino a
raggiungere BL. Riproducendo tali punti e le relative curve di indifferenza, possiamo immediatamente
affermare che tale economia non è in equilibrio perché i punti BA e BL non coincidono.
Supponiamo che ora il cibo viene venduto a 2€/Kg e l’acqua a 1€/L, perciò un Kg di cibo si scambierà con
due litri di acqua. Per rappresentare tali opportunità, abbiamo tracciato una retta di colore azzurro che
passa dal punto A e la cui pendenza è pari a -2, (analoga alle rette azzurre dell’esempio precedente).
Dall’esempio precedente sappiamo che Andrea scambierà fino a raggiungere CA e Laura fino raggiungere
CL. Pertanto, gli scambi potranno essere effettuati in corrispondenza del punto C, il quale corrisponde ai
punti CA e CL. Poiché in entrambi i mercati la domanda e l’offerta si eguagliano, l’economia è in equilibrio
generale.
Il primo teorema del benessere afferma che ciò è vero. Guardando la figura sotto, il punto A rappresenta
l’allocazione iniziale mentre quella C quella finale (si ricordi che i due individui fronteggiano gli stessi prezzi
di equilibrio ed è per questo che la linea azzurra è la retta di bilancio sia di Andrea che di Laura). Se ci si
trovasse in punto come D, Andrea sarebbe danneggiato perché quel paniere sarebbe al di sotto della sua
retta di bilancio e quindi C è preferito a D. Se ci si trovasse in punto come E, Laura sarebbe danneggiata
perché quel paniere sarebbe al di sotto della sua retta di bilancio e quindi C è preferito ad E. I due individui
avrebbero potuto scegliere F, ma entrambi preferiscono C. Da ciò si deduce che è impossibile avvantaggiare
una/o senza danneggiare l’altro/a ed è per questo motivo che l’allocazione, pertanto, è Pareto-efficiente.
Si osservi la scatola di Edgeworth (economia di puro scambio). Per il punto G passano due curve
d’indifferenza:
L’area grigia denota i punti che stanno al di sopra di I 0 e al di sotto di IL. Se prendiamo il punto H, poiché
esso giace al di sopra della curva di indifferenza di colore grigio, Andrea lo preferisce rispetto al punto G; lo
stesso vale per Laura in quanto il punto H giace al di sotto della curva di indifferenza blu. G è un’allocazione
inefficiente perché il benessere di entrambi gli individui può migliorare. Se l’allocazione è inefficiente
esistono vantaggi nello scambio. Un’allocazione come J avvantaggia Andrea (sulla curva I 1) e non
danneggia Laura: è possibile dunque migliorare il benessere di un individuo senza danneggiare un altro.
Scostandosi dal punto J, invece, peggiora il benessere di uno dei due (vedi punto G).
Una condizione per l’efficienza dello scambio: Nel punto J, IL e I0 sono tangenti alla stessa retta. La
pendenza di tale retta ci dice a che saggio entrambi sono risposte scambiare cibo e acqua quando le
quantità considerate sono molto piccole: perciò il tasso marginale di sostituzione di cibo con acqua (MRS cw)
è il medesimo per i due individui. Ciò però non si verifica nel punto G, in quanto le rispettive curve di
indifferenza sono tangenti a diverse rette. Se ogni coppia di individui condivide lo stesso MRS per ogni
coppia di beni, allora l’allocazione soddisfa la condizione di efficienza dello scambio. Quando il MRS
differisce, i consumatori possono trarre vantaggio dallo scambio; se invece i MRS di due individui sono
identici, allora non ci sono più vantaggi potenziali dello scambio. Si ricordi che il MRS è uguale al rapporto
dei prezzi. Pertanto:
In modo analogo a quello usato per individuare il punto J, si possono individuare altre allocazioni efficienti.
corrispondenza di ciascun punto su tale curva, le curve di indifferenza dei due individui sono tangenti.
Pertanto, non è possibile migliorare, il benessere di uno di loro senza ridurre il benessere dell’altro.
L’efficienza paretiana richiede certamente l’efficienza nello scambio. Tuttavia, occorre stabilire se anche la
produzione è efficiente. Affinché una produzione sia efficiente occorre:
L’efficienza dei fattori produttivi è tale per cui, mantenendo costante la quantità di tutti i fattori impiegati nel
sistema, non è possibile incrementare la produzione di un’impresa senza diminuire la produzione di un’altra
impresa. Mantenendo costante la quantità di ogni input, è impossibile aumentare la produzione di
un’impresa senza diminuire quella di un’altra. L’efficienza paretiana richiede quindi tale efficienza.
Costruendo una scatola di Edgeworth in cui vengono rappresentati due input (lavoro e capitale) di due
imprese, le loro allocazioni e i relativi isoquanti, si può comprendere perché il punto A è inefficiente (il
punto B consente a entrambe le imprese di aumentare la produzione), mentre nel punto C i fattori sono
allocati in modo efficiente. Il punto C non è però l’unico punto efficiente, in quanto sono efficienti tutti i
punti della curva dei contratti della produzione. La curva dei contratti della produzione mostra tutte le
allocazioni efficienti dei fattori tra le due imprese in una scatola di Edgeworth. In tali punti, i SMST LK delle
due imprese sono identici (gli isoquanti sono tangenti alla stessa retta). Ciò determina la condizione di
efficienza dei fattori, ossia la condizione che vale se ogni coppia di imprese condivide lo stesso saggio
marginale di sostituzione tecnica per ogni coppia di fattori produttivi.
Dopo aver trattato gli input, si possono considerare gli output utilizzando la frontiera delle possibilità
produttive (PPF). La PPF mostra tutte le combinazioni che le imprese possono ottenere quando gli input
sono impiegati in modo efficiente, data la tecnologia e gli input disponibili.
Le quantità di due beni (case e cibo) sono rappresentati negli assi. A ciascuna allocazione di input
corrisponde una determinata produzione di cibo e case. A ciascuna allocazione degli input sulla curva dei
contratti della produzione (punti C, D, E, F, G della slide precedente) corrispondono i punti C’, D’, E’ F’ G’.
La pendenza negativa della PPF evidenzia che se gli input sono limitati c’è un trade-off nella produzione:
produrre una quantità maggiore di un bene (X) significa produrne una minore quantità dell’altro bene (Y).
Questo trade-off è rappresentato dal saggio marginale di trasformazione di X in Y (MRT XY), il quale è
uguale alla pendenza della retta tangente alla frontiera moltiplicata per -1. Il MRT è collegato al prodotto
marginale delle imprese: spostare un lavoratore dall’impresa D a quella P significa che la produzione di D
(cibo) diminuisce per un ammontare pari al prodotto marginale del lavoro (MP DL), mentre la produzione di
P (case) aumenta in misura pari al prodotto marginale del lavoro (MP PL). Pertanto il tasso al quale possiamo
convertire cibo in case è (MPPL)/(MPDL). In alternativa, possiamo spostare un macchinario da un’impresa
all’altra e determinare il tasso al quale convertire cibo in case: (MP PK)/(MPDK).
Si ricorda che, sulla PFF, i saggi marginali di sostituzione tecnica delle due imprese sono identici. Con
appropriati passaggi si può dimostrare che il saggio marginale di trasformazione del cibo in case (MRT DP) è:
P D P D
MRTDP = MP K/MP K = MP L/MP L
Efficienza della produzione:
L’efficienza della produzione significa che non è possibile migliorare il benessere di un consumatore senza
danneggiarne altri, spostando la produzione da un bene a un altro. Si è visto che è possibile raggiungere
l’efficienza dei fattori scegliendo un punto sulla curva dei contratti della produzione (il che è uguale a
scegliere un punto sulla PPF). Non tutti i punti sulla PPF però sono egualmente buoni. In un’economia con
un solo consumatore, guardando le sue curve di indifferenza ci si rende conto che solo il punto C soddisfa
sia l’efficienza dei fattori che l’efficienza della produzione (Ad esempio il punto A soddisfa l’efficienza dei
fattori, ma non della produzione). In C invece, l’MRS di cibo con case e lMRT sono eguali.
In un’economia con molti individui, se il MRS di un consumatore
non coincide con MRT, sono possibili dei miglioramenti.
Un individuo potrebbe migliorare la sua posizione se si
producessero, per es., meno case e più cibo, a condizione di
lasciare invariato il consumo di un altro individuo.
Un’allocazione soddisfa la condizione di efficienza della prod.
se, per ogni coppia di beni, il MRS di ogni consumatore è uguale
al MRT. Tale condizione, se realizzata, soddisfa tutti i consumatori.