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Microeconomia

Introduzione:

 Microeconomia: si occupa del comportamento dei singoli agenti economici e dei mercati da essi
costituiti.
 Macroeconomia: si occupa di grandezze economiche aggregate, come il livello e il tasso di crescita
del PIL, dei tassi di interesse, della disoccupazione della inflazione.
Gli agenti che si studiano:

 Consumatori: coloro che consumano servizi e beni. Prendono decisioni sui panieri di consumi.
 Imprese: prende parte ad un intero processo produttivo. Come produrre e le scelte dei mercati.
 Lavoratori: offerta del servizio lavoro che forma la forza lavoro.
 Investitori: coloro che scelgono quanti e come investire con capacità di acquisto nel futuro.
I comportamenti degli agenti riguardano:

 scambio, bene/bene, bene/servizio, bene/moneta.


 Produzione.
 Accumulazione, si accumula capitale.
Per studiare i modelli economici useremo delle ipotesi:

 Scelte razionali delle persone, (confrontandosi tra più alternative, sceglierne una scegliendo quei
beni che mi consentono di conseguire ottimamente i miei fini. Ovvero che siamo in grado, per ogni
coppia di scelte sappiamo se e meglio o peggio delle altre.
 Agenti rappresentativi, per studiare come si comporta una classe di agenti si studi come si
comporta il singolo.
In realtà le scelte razionali si pongono in contrasto con la razionalità limitata ed eterogeneità rilevante.
La economia sono le scelte in condizioni scarse, dobbiamo scegliere nell’insieme delle scelte rinunciando al
superfluo, ovvero essere sottoposto ad un trade off. Quando noi non possiamo scegliere quello che
vogliamo, ma dobbiamo scegliere tra scelte rivali.
Consumatori: spostano la capacità produttiva verso domani, la scelta è quanto risparmiare per il futuro. Se
si risparmia di più si consuma di meno.
Lavoratori: devono decidere se e quando entrare a fare parte della forza lavoro, affrontare un trade-off nella
scelta del posto di lavoro, decidere quante ore alla settimana, ovvero affrontare un trade off tra lavoro e
tempo libero.
Imprese: scelgono su che mercato spostarsi, scegliere tra capitale e lavoro, come allocare il proprio budget
in termine di lavoro, devono decidere se investire più in lavoro e meno in macchinari o meno in lavoro per
più macchinari.
1.Prezzi e mercati:
La microeconomia descrive il mondo in cui vengono formati i prezzi:

 In una economia pianificata i prezzi sono stabiliti dal governo. Il coordinamento del processo
economico i prezzi sono stabiliti dal governo, in una economia di mercato invece, sono determinati
dal rapporto offerta/domanda.
 In una economia di mercato i prezzi dono determinati dalle interazioni tra consumatori, lavoratori e
imprese. Queste iterazioni hanno luogo nei mercati insiemi di acquirenti e venditori che determinano
il prezzo di un bene.
Nella nostra economia invece si usa la moneta, una pecora non vale una cesta di grano, ma tot monete. Uno
degli obbiettivi della microeconomia è stabilire il prezzo delle merci. Cosa determina i prezzi è compito della
microeconomia.
Il mercato è l’insieme degli acquirenti e dei venditori che scambiano beni.
Teorie e modelli

 In economia, le spiegazioni e le previsioni si basano su teorie. Le teorie vengono sviluppate per


spiegare i fenomeni osservati nei termini di una serie di regole e ipotesi di base.
 Un modello economico è una rappresentazione e analitica del comportamento di un agente
economico di un mercato
 Non è una scienza esatta, ma scienza sociale: i modelli, quindi, cercano di riprodurre le relazioni
ritenute essenziali valide all’interno delle ipotesi semplificatrici che fungono da assiomi.
Una cosa importante di quello che studiamo è la analisi positiva e normativa: la positiva è come funziona
un determinato fenomeno economico, rapporto causa effetto. L’analisi normativa è volta ad analizzare le
scelte migliori; utilizza l’analisi positiva insieme ad una metrica di giustizia per rispondere alla domanda:
come dovrebbe essere?
I un mercato perfettamente concorrenziale operano molti acquirenti e venditori e quindi, nessuno di essi,
singolarmente, può influenzare in modo significativo il prezzo. Altri mercati, in cui operano pochi produttori,
possono comunque essere considerati concorrenziali ai fini dell’analisi.
LEZIONE DEL 10/03/2021

IL MERCATO
La curva di domanda e di offerta, gli effetti delle variazioni della domanda e dell’offerta e l’equilibrio del
mercato.
Si approfondisce il concetto analitico più importante del corso, si analizzi un mercato (insieme di acquirenti e
venditori che interagiscono sia direttamente che potenzialmente).
Per l’analisi del mercato noi facciamo riferimento ad un determinato bene e servizio, da una parte c’è la
domanda e dall’altra ci sono i venditori. Vedremo come si analizza la domanda e l’offerta e gli effetti delle
variazioni della domanda e della offerta nel mercato.
Lo schema di mercato
Le variabili in gioco sono i prezzi e la domanda. L’aggregato della Figura 1: curva generica di domanda
domanda e della offerta.
Si pongano i prezzi su y e le quantità su x. Ogni punto all’interno del
grafico corrisponderà ad un prezzo/q.tà.
Se a prezzo A eravamo disponibili ad aspettare una q.tà QA allora una
quantità più bassa la potremmo pagare un prezzo più alto (PB). L’idea che
viene trasmessa è maggiore è il prezzo minore è la domanda, maggiore è il
prezzo minore è la q.tà.
La curva di domanda esprime la quantità massima da acquistare in base ad un prezzo.

qd=qd (p)
La domanda, a sua volta, dipende da noi, ed al contempo ciò può variare la curva di domanda:
1.Variazioni dei redditi dei consumatori. 4.Variazione di prestito dei beni sostituti
2.Variazione del numero dei consumatori. 5.Variazione del prezzo dei beni complementari
3.Cambiamento delle preferenze. 6.Shock esogeni economici

Il cambiamento nello spostamento nelle condizioni di domanda può essere indagato.


Se aumenta la domanda, però, può capitare che il prezzo rimanga invariato ed allo stesso modo anche se
aumenta il prezzo può capitare che la q.tà sia rimasta invariata.
Questo ragionamento vale anche per un peggioramento della domanda.

Figura 2: spostamento della curva


generica della domanda
La curva di offerta rappresenta quanto siamo disposti a vendere tra prezzo e quantità.
Se ci fanno un prezzo più alto, siamo disposti a produrre di più. Ad un prezzo più basso sono disponibile a
vendere di meno.
La relazione tra prezzo e quantità sia il contrario della domanda:
Figura 3: curva generica della offerta
qs=qs ( p)
Per diversi livelli del prezzo allora ci sarà una offerta differente.
Anche la offerta, però si può spostare:
1. Se entrano o escono imprese sul mercato.
2. Cambiamento della tecnologia.
3. Variazione del prezzo delle materie prime.
4. Variazione del prezzo dei beni intermedi.
5. Shock esogeni non economici.
Un aumento della offerta determina che ad uno stesso prezzo, allora la
quantità prodotta aumenta.
Un discorso analogo lo si fa per la diminuzione della offerta.
Uno spostamento sulla curva di offerta significa che aumenta anche la
quantità.

Il mercato
Il nostro mercato è dato dalla intersezione tra le due curve.
Ad un prezzo Pa, c’è una quantità domandata Qa, ed una quantità offerta Qp, ciò determina un eccesso di
offerta, è un surplus.
Ad un prezzo Pb, invece, la quantità domandata eccede la quantità offerta, c’è un surplus di domanda.
Se si ha una q.tà molto bassa allora il prezzo disponibile alla domanda è più basso del prezzo della offerta.
Al contrario il prezzo per una quantità molto alta sarà molto basso, mentre quello della offerta è molto alto.
Questo meccanismo di concorrenza nel mercato genererà un equilibrio nel
punto di intersezione del punto di domanda e di offerta. Il prezzo minimo
richiesto dalla domanda è uguale al prezzo massimo per la offerta.
Una coppia prezzo quantità nel quale passa sia la q.tà di offerta che quella Figura 4: curva domanda e offerta
di domanda. generica

Quando c’è un aumento delle mascherine, la curva si sposta in alto perché


il prezzo è più alto, c’è l’intersezione in un punto E1 più alto rispetto a E.
Quindi si sposta la domanda verso l’alto e dx, mentre la curva di offerta
rimaneva invariata, l’intersezione fa emergere un prezzo più alto.
Un aumento della offerta (la curva di offerta si abbassa) invece determina una diminuzione del prezzo e un
aumento della domanda.
Un peggioramento della offerta determina un aumento del prezzo ed una diminuzione della domanda.

Un peggioramento della offerta ed un miglioramento della domanda determina un aumento dei prezzi
generali. A seconda di quanto si spostano le due curve allora si alzano ed abbassano i prezzi.

Esempio: Il caso delle uova, nel tempo il prezzo delle uova era diminuito in termini nominali, invece quello
della università era aumentato. La domanda di uova è diminuita perché nel tempo sono cambiati i gusti,
mentre le condizioni di offerta sono notevolmente migliorate. Entrambe portano i prezzi a crollare. La
quantità è aumentata ma il prezzo è diminuito.
Nelle università invece, le condizioni di domanda sono aumentate, ci sono molti più iscritti, mentre il costo
della università è aumentata.

LEZIONE DEL 11/03/2021


[richiamo alla lezione scorsa: il prezzo delle quantità che vengono scambiate, una relazione tra prezzi q.tà
fanno sì che maggiore è il prezzo minore è la domanda ed al contrario minore è il prezzo maggiore è la
domanda. Quando la domanda aumenta la curva slitta in alto a dx. al contrario, la curva si sposta a sx.
Nella curva dell’offerta la relazione prezzo quantità è crescente, se l’offerta aumenta allo stesso prezzo si
vende di più quindi si sposta verso il basso mentre una diminuzione dell’offerta determina uno spostamento
della curva di offerta in alto.
Se i prezzi sono molto bassi allora la quantità di domanda e di offerta equivarranno.
Al punto comune tra D e S allora il prezzo è uguale al prezzo della offerta. Una diminuzione della domanda
determina un abbassamento del prezzo e della domanda, mentre se la curva di offerta si abbassa, invece, i
prezzi scendono ma la quantità aumenta.]
IL MERCATO PARTE 2
Esercizi sui mercati, esempi delle variazioni dei prezzi, elasticità lungo il lungo e breve periodo. Controllo
dei prezzi.
Come i prezzi possono essere interpretati nelle variazioni di domanda e di offerta.
Negli US, i salari dei lavoratori con bassi livelli di formazione sono molto meno di quelli con alti livelli di
formazione. Il meccanismo è stato che la offerta di lavoro è cambiata. Mentre a disponibilità di lavoro
qualificato è aumentata i prezzi sono aumentati.
Quando si sposta la offerta diminuiscono le quantità ma aumentano i prezzi. Mentre l’offerta di lavoro poco
qualificato continua a crescere quella molto qualificata non avviene.
Nel tempo la domanda di rame aumenta nel tempo ma il prezzo dello stesso in teoria dovrebbe mutare, ma i
prezzi non hanno seguito la stessa dinamica, perché qualcosa ha accompagnato la variazione della domanda.
Il fatto che sono state trovate nuove risorse naturali sono migliorate le condizioni di estrazione allora
migliora anche la quantità di offerta. A fronte di una richiesta di rame è migliorata anche la produzione senza
provocare un aumento dei prezzi.

Esercizio 1:
qd=10−2 p

Mentre:
qs= p

Q = 3.333
Esercizio 2: un aumento nel costo delle materie prime tale per cui la offerta peggiora e la quantità offerta per
ogni livello del prezzo si dimezza,
quindi,
qd=10−2 p
Mentre, la curva di offerta peggiora a tal punto da dimezzare la q.tà offerta:
1
qs= p
2

Equilibrio
50
40 40
30
20 20
10 10
5 2.5
0 0 0
0 5 10 -5
20
-10

p= (10-qd)+10 p = 2*qs Colonna1

Elasticità definizione:
La elasticità serve a capire come varia una variabile in funzione del variare dell’altra, alla variazione relativa
di x quanto varia relativamente y.

Variazione relativa = Δ x / x
Derivata = f’(x) = Δy / Δx
Δy Δy
y Δx
Elasticità: = Quanto varia una variabile al variare dell’1% dell’altra.
Δx x
x y

La derivata è sempre costante nel caso di una relazione lineare, per una stessa variazione del prezzo la
variazione p lineare, la elasticità della curva di domanda cala a seconda dei punti, con prezzi molto alti
bastano piccole variazioni di prezzo determinano grandi variazioni nelle quantità.
Ci sono vari tipi domanda:

 Quando una variazione del prezzo dell’1% genera una variazione della quantità prodotta superiore
all’1% ha luogo una domanda elastica rispetto al prezzo.
 Quando una variazione del prezzo dell’1% genera una variazione della quantità domandata inferiore
all’1% ha luogo una domanda rigida rispetto al prezzo.
 Quando una variazione del prezzo dell’1% genera una variazione della quantità domandata dell’1%
ha luogo una domanda a elasticità unitaria.

1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0 1 2 5

P Colonna1 Colonna2

La domanda risulta completamente anelastica avviene quando i consumatori acquistano una quantità fissa di
un bene indipendentemente dal prezzo.
Δq
=0
Δp
Perché la quantità rimane costante al variare del prezzo.
Elasticità della domanda rispetto al reddito:
Se il reddito di un consumatore raddoppia, la domanda del bene subisce un cambiamento, se è proporzionale,
quindi ad un aumento x del reddito determina un aumento della domanda x.

E=( dq/q)/( dRD)/ RD


Elasticità incrociata della domanda:
Variazione percentuale della quantità domanda di un bene prodotta dall’aumento di un punto percentuale del
prezzo di un altro bene.

E p 2=(dq /q)/( d p2 / p 2)
Elasticità dell’offerta rispetto al prezzo:
La elasticità ad arco, l’hai studiata, guarda il manuale di matematica.

Elasticità di breve e di lungo periodo:


Nel breve periodo, un aumento del prezzo ha effetto modesti sulla quantità di benzina domandata. Gli
automobilisti guidano meno, ma non cambiano rapidamente tipo di auto.
Nel lungo periodo, invece, passeranno ad auto più piccole ed efficienti. La domanda è più elastica nel lungo
periodo che nel breve periodo. Esistono casi dove avviene il contrario.
LEZIONE NUMERO 3
Analisi delle componenti della domanda e della offerta
Per qualsiasi funzione definita per due variabili la elasticità è definita come il rapporto tra le variazioni
relative delle due variabili. La variazione relativa della quantità domandata indotta da una variazione relativa
del prezzo.
La elasticità uguale ad uno significa che se i prezzi aumentano dell’1 per cento la domanda diminuisce
dell’1%. La spesa complessiva non cambia.
Quando la elasticità è maggiore si uno la domanda è elastica, quando è minore di uno è rigida.
Se due beni sono sostituti, quando il prezzo del sostituto diminuisce, la quantità domandata del bene
originale diminuisce, se parliamo di complementi, se il prezzo di un bene complementare aumenta allora
diminuisce sia la quantità del bene complementare che di quello principale.
La elasticità è la reattività della domanda, ed è diversa in base al periodo di tempo considerato.
Nel breve periodo, i nostri gusti cambiano meno, e prima di cambiare le nostre abitudini di consumo allora ci
vorrà tempo, quindi, la elasticità della funzione di domanda significa che ci vorrà più tempo. Grandi
variazioni di prezzo indicano piccole variazioni nella quantità richiesta.
Più è verticale la curva e più è rigida, più è orizzontale e più è elastica.
Nel lungo periodo, un aumento del prezzo sulla domanda di benzina, il consumo di benzina non cambia, nel
lungo periodo, se la variazione del prezzo rimane allora la gente sceglie diversi mezzi di trasporto.
Ma succede che a volte, nel caso dei beni durevoli, se il prezzo aumenta i consumatori rimanderanno
l’acquisto della macchina, e quindi la domanda cala, ma solo all’inizio.
Anche la elasticità rispetto al reddito è diversa nel lungo e breve periodo.
Per la maggior parte dei beni e dei servizi (alimentari, bevande, carburante, intrattenimento) l’elasticità di
lungo periodo della domanda rispetto al reddito è maggiore di quella al breve periodo.
Per i beni durevoli, invece, vale l’opposto. L’elasticità di breve periodo della domanda rispetto al reddito è
molto maggiore di quella nel lungo periodo.
Infatti, si parla di variazioni cicliche, una variabile è ciclica perché nel tempo si alternano fasi di crisi a
fasi di apice, c’è un andamento oscillante, si dice che una variabile macroeconomica è ciclica quando un
aumento dei redditi genera una contrazione ancora maggiore delle vendite.
I beni durevoli sono ciclici, l’elasticità sul breve periodo è maggiore di quello nel lungo.
I beni durevoli e non durevoli sentono l’andamento del PIL, la elasticità nel breve periodo è maggiore,
mentre nel lungo è minore, quando cala il PIL scende l q.tà dei beni durevoli. Mentre per i beni non durevoli,
l’elasticità nel breve è più bassa di quella nel lungo periodo.
Quando il PIL scende la quantità di beni durevoli vendute sono maggiori di quelle di beni non durevoli.

IL TEMA DELLA OFFERTA E DURABILITA’


Come per la maggior parte dei beni, l’offerta primaria di rame è più elastica nel lungo periodo, se il prezzo
aumenta, le imprese preferiscono produrre di più, ma nel breve periodo sono vincolate da limiti di capacità
produttiva. Su periodi più lunghi, sono in grado di ampliare la produttività e produrre di più.
Nel caso del rame riciclato, invece, si tratta del fenomeno opposto, se il prezzo aumenta del rame aumenta,
allora si ricicla il rame in nuova offerta, la offerta secondaria
aumenta rapidamente, ma si esauriscono e quindi nel lungo
periodo la capacità si riduce e quindi è più rigida.

Figura 5: Rame riciclato vs rame normale

LEZIONE NUMERO 4
Le preferenze del consumatore
Si continui ad occuparsi delle preferenze del consumatore, un modo per potere vedere le scelte del
consumatore sono:

 Le preferenze: complete e transitive, devono essere razionali, la soddisfazione del consumatore è


crescente al crescere delle quantità.
 Il vincolo di bilancio. Quanti soldi si è disposti a spendere per un bene.
La mappa delle preferenze rappresenta l’insieme di curve formate dai vari punti che si trovano sulla stessa
preferenza.
Se si incrociassero varieremmo la desiderabilità, non si possono incontrare.
Più in alto a dx si trova la curva di indifferenza più in preferibile è rispetto ad una più bassa.
I casi che si possono avere sono:
1. A e B sono sulla stessa curva.
2. A e B sono su due curve differenti.
Più in alto a dx stanno le curve e maggiore è il livello di
soddisfazione.
L’utilità
Secondo l'assioma di convessità un consumatore
preferisce sempre consumare una combinazione dei
beni piuttosto che uno soltanto di questi, in quanto
l'utilità marginale del consumo di ogni singolo bene decresce con la quantità consumata dello stesso
bene

L'utilità marginale decrescente è la riduzione dell'utilità marginale del consumo di un determinato bene
con l'aumentare delle quantità consumate.

Legge dei bisogni saziabili. Secondo la legge dei bisogni saziabili qualsiasi bisogno si riduce di intensità
man mano che lo stesso viene soddisfatto. La legge dei bisogni saziabili è alla base dell'utilità
marginale decrescente.

Definiamo la utilità come la soddisfazione che un individuo trae mediante il consumo dei beni.
Curve più alte corrispondono a livelli di utilità
maggiori.
Se si prendono due punti a e b, partendo da A
dobbiamo essere compensati da una quantità delta
maggiore di x2, e sarà uguale a quanto dovrà cambiare
x1 per rimanere sulla stessa curva di indifferenza.
Se questo ragionamento lo estendessimo al limite per
x-> 0 allora si otterrebbe la tangente in quel punto,
che corrisponde alla inclinazione della curva di Figura 6: SMS
indifferenza, questo ci dice di quanto dobbiamo fare
variare x1 per compensare a x2.
Il rapporto tra le due variazioni viene detto saggio marginale di sostituzione. Di quanto scambiamo x1 e
x2 per ottenere lo stesso livello di utilità. Se il saggio di marginalizzazione è basso significa che ci
accontentiamo di una variazione piccolo.
−dx 1
=SMS
dx 2

Detto questo allora, quattro punti che stanno su una stessa curva di indifferenza si nota che se si parte dal
punto A allora rinunciando a 6 unità di vestiario si ottengono 4 unità di cibo.
In quel punto la utilità che mi dà il punto è SMS l’utilità che mi dà l’altro bene, il rapporto di scambio per
mantenerci su uno stesso livello di soddisfazione.
Quando ci spostiamo sull’insieme cibo allora l’SMS equivale a molto vestiario, mentre quando ce n’è tanto
allora c’è poco vestiario.
Quando l’SMS è decrescente, presi due punti A e B, prendendo un punto C tra i due, allora il punto C è più
alto. La dimostrazione è in figura 7.
Quando abbiamo poco di un bene lo valutiamo molto rispetto all’altro,
ed anche il contrario avviene, quando abbiamo tanto di un bene, allora,
valutiamo poco un altro sulla stessa curva. I rapporti di scambio
dipendono da quanto abbiamo di un bene.
Se io prendo una curva con due punti sul piano e traccio il punto medio
allora io trovo il punto in cui c’è la metà dei beni e dei prezzi totali.
Il punto C rappresenta che sta su una curva di indifferenza più alta,
preferiamo una soluzione intermedia rispetto a soluzioni estreme.
Un caso molto estremo è quello in cui le curve di indifferenze siano rette.

Figura 7: Dimostrazione che C sta sulla retta


SMS
Si veda una curva di indifferenza che è una retta con inclinazione a -45° .
SMS=−1
1. In questo caso, quando il rapporto è sempre lo stesso, si dice che i beni sono perfettamente
sostituibili.

2. I beni perfettamente complementi, se noi


prendiamo un punto, allora:

Esempio: l’esempio riportato riporta le preferenze che vengono fatte rispetto alla accelerazione e la
dimensione dell’abitacolo. Coloro che hanno una macchina potente rinunciano allo spazio mentre chi ha la
Ford Explorer vuole una macchina comoda.
Le funzioni di utilità
L’utilità, quindi, è un valore numerico che rappresenta la soddisfazione del consumatore ricava da un
determinato paniere.
Una funzione di utilità rappresenta un livello di valore ad un paniere di beni. Panieri sulla stessa curva di
indifferenza sono associati ad uno stesso livello di utilità. Una funzione di utilità è rappresentata da una
mappa di indifferenza.
U =Q c∗QV
La proprietà è ordinale o cardinale:
Ordinale: la utilità è più alta se è maggiore la U, ma non c’è maniera per quantificata quanto è maggiore o
minore.
Cardinale: Confrontare di quanto la utilità è maggiore rispetto all’altra, siccome la utilità è 50 e l’altra è 25
allora l’utilità è doppia.

Il vincolo a cui è sottoposto un consumatore è la spesa, se lui ha a disposizione m lui può comprare x1 o x2.
La somma di quello che spendete in ciascun bene deve essere uguale al reddito. Nel caso di due beni, date
due quantità:
p1∗x 1 + p 2∗x 2=m

Dove “m” è il reddito disponibile, se io non voglio comprare x2 ma solo x1 il mio vincolo ammonta a:

( p ¿ ¿ 1∗x 1 )∗1
=m ¿
p1
La retta di bilancio indica le quantità acquistabili di due beni. Rappresenta il mio vincolo di bilancio, tutti i
punti che si trovano sulla retta sono acquistabili. Ma siccome si considera che i beni sono 2 allora il reddito
viene speso tutto. Un paniere tale per cui la somma di x1 e x2 ammonta a M.
Al diminuire di P1, allora:

Una diminuzione di P2, invece:


LEZIONE NUMERO 5:
massimizzazione dell’utilità e condizione del primo ordine, l’utilità marginale e il saggio marginale di
sostituzione, soluzioni di angolo, razionamento, effetto reddito ed effetto sostituzione.
[ Nella scorsa lezione abbiamo visto che per la scelta valgono due principi, la preferenza ed il costo. Si
tracciano curve di indifferenza, per diversi livelli di utilità avremo curve di indifferenza distinte. Nella curva
più in alto corrisponde ad una curva di indifferenza maggiore, mentre quella più in basso è minore. Le curve
non si intersecano e sono decrescenti. Sono in modo convesso, è dovuto al fatto che le persone preferiscono
combinazioni intermedie piuttosto che estreme. L’SMS è la pendenza della curva, di quanto dobbiamo
variare x1 per compensare ad una variazione contraria di x2. Questo ci dice la pendenza della curva. Il
rapporto di scambio tra x1 e x2. Quali sono i panieri che possiamo acquistare? Il vincolo di bilancio è
espresso dalla relazione: p1*x1+p2*x2<=m. Il sistema di preferenze è rappresentato dalle curve, i vincoli,
invece sono indicati dalla retta di bilancio. ]
La combinazione del sistema preferenze (curve di indifferenza) e sistema vincoli (curva di bilancio) dà
origine ad un grafico come illustrato in fig.
La curva più alta raggiungibile è quella che interseca il grf.
Vincolo. Qualsiasi punto che sta al di sotto del grafico non
massimizzerebbe la spesa, mentre il massimo che posso fare
sarebbe scegliere la curva tangente al vincolo di bilancio.
In poche parole, si va a vedere il punto in cui la curva di
indifferenza è tangente alla curva di bilancio.
Tangente significa che ha la stessa inclinazione e si toccano in
un punto solo, siamo sulla curva di indifferenza più alta.
L’inclinazione della retta di bilancio corrisponde a:

Figura 8: combinazione del grf. indifferenza e −p 2


vincoli. =m bilancio
p1
p2 R
p 2∗x 2+ p 1∗x 1=R →− x 2+ =x 1
p1 p1

L’inclinazione della retta di indifferenza è:


−x 2
=SMS=m indifferenza
x1
Nel punto massimizzante l’utilità, l’SMS sarà uguale al rapporto tra i prezzi. Dato che due curve tangenti
hanno la stessa inclinazione nei punti di tangenza, in questo caso, l’uguaglianza tra l’SMS e il rapporto tra i
prezzi la chiamiamo condizione del primo ordine.
Dato che l’SMS mi dice quanto bene numero 2 serve a compensare del numero 1, allora lo possiamo vedere
come rapporto tra benefici marginali. L’SMS tra x1 e x2 è 2 significa che abbiamo bisogno di 2 x2 per
compensare a 1 x1, il beneficio tratto da una unità di x1 è la metà del beneficio di x2.
La condizione di ottimo è quella condizione per cui il rapporto dei benefici marginali di x1 e x2 è lo stesso
dei costi marginali (i prezzi aggiuntivi all’aggiungere di un bene) in due e uno.
Si faccia l’esempio delle due curve sottostanti che esprimono due curve di indifferenza relative a due
soggetti diversi. X1 ordinata, X2 ascissa.

Nel 1° caso, l’SMS è maggiore, con una piccola variazione di x2, x1 varierà molto. È più inclinato verso X2.
Nel 2° caso, una piccola variazione di x1 determina una grande variazione di x2. È più incline a x1 perché è
orizzontale.
Combinando i grafici dei vincoli di bilancio e i due grafici precedenti, allora si ottiene il seguente grafico:

Blu è più incline verso x1 e sceglierà una quantità maggiore di x1, mentre il rosso è più incline a x2.
Se una curva è più verticale ha un saggio maggiore, le curve blu sono più piatte.

L’utilità marginale e SMS

Il fascio di curve viene generato da una funzione di utilità: U =U ( x 1 , x 2).

dU ( x 1, x 2 )
U 'x1 =
dx 1
dU ( x 1, x 2 )
U 'x2 =
dx 2
La definizione di utilità marginale è la derivata della funzione utilità in quel bene.

Se noi abbiamo una variazione dx1, allora determina ad un aumento:


'
dU ( x 1 , x 2 ) =U x 1∗dx 1
Mentre, per una variazione di x2, allora:
'
dU ( x 1 , x 2 ) =U x 2∗d 2
Quanto varia x2 (o x1) per la sensibilità della utilità nel punto precedente.
Le variazioni delle due curve di indifferenza, le variazioni delle quantità comportano variazioni
complementari.
' '
' ' U x 2 −dx 1
' U x2 −P2'
DU ( x 1, x 2 )=0→U ∗dx 1+U ∗dx 2=0 →U ∗dx 2=−U ∗dx 1→ ' =
x1 x2 x2 =SMS → ' = x1
U x 1 dx 2 U x1 P1

Mette in relazione le variazioni di x1 e x2. L’SMS lo possiamo vedere come rapporto tra utilità
marginali. Il rapporto tra i benefici marginali sia uguale al rapporto tra i prezzi.
Se il beneficio marginale del bene due sarà due volte quello del bene uno, devo valutare il prezzo tenendo
conto di questo coefficiente.
Esempio:

U ( x 1 , x 2 )=a∗x 1∗x 2
'
U x1 =ax 2
'
U x2 =ax 1
'
U x2 ax 1 x 1
SMS= '
= =
U x1
ax 2 x 2

La soluzione ottimale:
per trovare la condizione ottimale occorre mettere a sistema il vincolo di bilancio e la condizione del primo
ordine:
m p2
m= p 1∗x 1+ p 2∗x 2 → x 1= − ∗x
p 1 p1
Mentre, la condizione del primo ordine, si ricordi che si tratta di rapporti tra utilità marginali:
'
Ux2 p2
=
U
'
x1
p1

La intersezione tra le due equazioni è:


'
m U x2
x 1= − ' x 2
p U x1

Nel qual caso in cui matematicamente si presentasse una delle due quantità negative, allora, si andrà su una
curva di indifferenza più basso, è una soluzione d’angolo, quindi, SMS ≠ p 2 / p 1.
Un altro caso in cui potesse non verificarsi la soluzione tra il rapporto marginale di sostituzione e il vincolo
tra prezzi è il razionamento. Non si va oltre una quantità data.
Razionamento
Nei periodi bellici spesso avviene un razionamento.
Il massimo che si possa comprare è una quantità definita da un
punto A, ma si sarebbe scelta una q.tà di x2 che non è disponibile,
il massimo che si possa ottenere è il punto C, ma non è più
tangente alla curva.
Siccome il rapporto tra benefici è più alto l’angolo non sarà
quello tangente al vincolo di bilancio.

Figura 9: razionamento

Una diminuzione del reddito m determina un abbassamento della curva di bilancio e di conseguenza anche
della curva di indifferenza più bassa.
In questo caso si vive l’effetto della riduzione del reddito.

Se cambiano i prezzi, allora varia la inclinazione della curva, ha un effetto sulla q.tà consumata di x2. Un
cambiamento del prezzo su un bene determina una variazione della spesa.

Un aumento del prezzo ha due conseguenze, un


impoverimento del consumatore, un aumento di un
prezzo ha come effetto un effetto reddito e una
sostituzione.

Figura 10: variazione del reddito.


L’effetto sostituzione è un nuovo rapporto tra i prezzi, quindi una curva parallela alla curva rossa, ma che
tocca la stessa curva di utilità. Questo è l’effetto di sostituzione.

Figura 11: effetto della curva di sostituzione.


1° esercitazione:

La domanda di mele è definita dalla funzione qd=200−8 P , e che l’offerta sia invece regolata dalla
funzione Qo=100+2 P , dove Q è il numero di mele mentre P è il prezzo sul mercato.

1.calcola P e Q di equilibrio.
2. Traccia il grafico della domanda e della offerta.
3. Calcola elasticità della domanda rispetto al prezzo.
4. Se la offerta delle mele si abbassa: calcola il nuovo equilibrio di mercato.
5. Sapendo che la elasticità della domanda rispetto al reddito è pari a 1,5, la quantità di mele Q è 39 ed il
reddito del consumatore R è 150. Calcola la domanda di mele se il reddito passa da 150 a 200.

B. Sapendo le equazioni riferite alle rette qd e qo:

Grafico es. 1
250

200

150

100

50

0
0 5 10 20

Domanda Offerta Colonna1

A. Calcoliamo p e q di equilibrio, è noto che le condizioni per il prezzo all’equilibrio sono che:
Qd =Qo
200−8 P=100+2 P
100=10 P → P=30
B. La formula della elasticità della domanda rispetto al prezzo è:
ΔP
P
E=
ΔQ
Q
P
∗DQ
Q
E=
DP
10
E= ∗−8=−0,67
120
DQ/DP = tangente alla retta
Mentre, per l’offerta:
P
∗DQ
Q
E=
DP
10
E= ∗2=0,17
120
La quantità offerta sarà:

( 100+2 P )∗0,2=80+1.6 P
La domanda eguaglia la offerta, con i nuovi dati.
80+1,6 P=200−8 P
120=6,4 P
120
=18,75
6,4
18,75
E= ∗8
200
E. la elasticità rispetto al reddito ammonta a:
R
∗DQ
Q
Er =
DR
150
∗DQ
39
1,5= → DQ=19,5
50
Q=39+ 19,5=58,5
Esercizio 2.
Nel 2012 il salario orario di marco è 12€. Nel 2016 guadagna 13,5€. Sappiamo che l’ICP nel 2012 era 160
mentre nel 2016 è 175.
1. Calcola il salario reale di marco.
2. Verifica se il salario nominale di marco è aumento di più rispetto alla variazione dell’indice di prezzi
al consumo tra 2012 e 2016.
3. Calcola quale valore avrebbe dovuto avere il ICP per mantenere il salario reale di marco invariato tra
2012 e 2016.
Sr =Sn∗π
Ma, la inflazione ammonta a:
160
π= =0.914
175
Ciò significa che un euro nel 2012 vale 0,914 nel 2016, al contrario, 1 euro nel 2016 vale 1/0,914 nel 2012.

( 13,5−12 )∗0.914
Sr= =12,34
1
B. Variazione del salario nominale di marco ammonta a:
13,5−12
Salario nominale= =0,125=12.5 %
12
Variazione dei prezzi al consumo

175−160
=9.3%
160

C. CPI per mantenere il salario invariato.


Sr 2016=Sr 2012
2012
Sr 2016=ICP ∗Sr 2016
ICP 2016

LEZIONE N. 6
La curva di domanda individuale, la curva prezzo-consumo, le curve di reddito consumo, beni di Giffen,
beni inferiori, preferenze rivelate.
L’effetto reddito si oppone all’effetto sostituzione se il bene è inferiore. Per i beni inferiori l’ER è
dunque positivo
Una volta in cui abbiamo espresso la curva del
consumatore, con le sue scelte, da questo è possibile
ricavare la domanda applicata al singolo.
La curva di domanda è la relazione tra quantità e prezzo.
Se vogliamo analizzare la curva di domanda al bene 2,
allora, si vede come varia la q.tà di domanda al variare del
bene due.
Una variazione del prezzo di un bene produce un effetto
sostituzione, quindi cambiano i prezzi relativi, il rapporto
tra il prezzo del bene e degli altri beni cambia. Questo
determina un effetto di sostituzione ed anche i panieri
acquistabili dato un reddito.
L’effetto sostituzione è determinato dalla variazione dei
prezzi relativi.
Una variazione del prezzo misurato al livello di utilità invariata: il nuovo SMS è uguale al nuovo rapporto tra
i prezzi. Se aumenta il prezzo del bene 2 la domanda si sposta verso 1.
Quando c’è una variazione dell’effetto del bene 2, però significa che le persone si impoveriscono e quindi si
abbassa la linea arancio.
L’effetto reddito è l’effetto di una variazione del potere di acquisto a prezzi relativi invariati.
Lo misuro su una retta parallela ma più bassa che è uguale al nuovo reddito. Anche quando il prezzo del bene
2. Se io ho un aumento del reddito tendo a consumare più di tutto, ma ci sono alcuni beni che si tendono a
consumare di meno da ricchi.
Per i beni normali l’ER è dunque negativo, cioè variazione del prezzo e variazione della domanda vanno in
senso opposto:

Le curve di indifferenza possono anche essere sfasate, non devono per forza essere simili tra di loro.

Effetto della variazione del prezzo.

Il prezzo del bene cibo nel primo caso diminuisce, una diminuzione del prezzo sposta verso dx il vincolo di
bilancio, si tende a consumare più cibo. La interpretazione si basa su due curve, nel primo grafico si nota che
all’aumentare delle quantità di cibo (allo spostarsi verso destra delle rette), si interseca la curva in tre punti
distinti: A, B, D, che equivalgono alle quantità di vestiti. Nel secondo caso, invece viene rappresentata la
relazione prezzo-quantità comprate.
La curva di domanda individuale
Esprime una relazione tra la quantità di un bene che un singolo consumatore è disposto ad acquistare
ed il prezzo del bene ed ha due importanti proprietà:
1. Il livello di utilità raggiungibile varia mentre ci si sposta lungo la curva.
2. In ogni punto della curva di domanda il consumatore massimizza la utilità soddisfacendo la
condizione che il saggio marginale di sostituzione tra il cibo e il vestiario sia uguale al rapporto di
prezzo tra i due beni.

Effetto della variazione del reddito

L’effetto reddito può anche diventare negativo, e ciò dipende da come sono fatte le curve di indifferenza.
All’aumentare del reddito aumenta il consumo delle bistecche e diminuisce il consumo di hamburger.
Un bene è inferiore quando all’aumentare del reddito diminuisce il consumo del bene stesso.
Le curve di Engel pongono in relazione la quantità consumata di un bene e il reddito.
I beni normali: La curva di domanda individuale è inclinata negativamente.
La curva di Engel è inclinata
negativamente. Quando aumenta il
reddito si riduce di molto la quantità
domandata allora è un bene
inferiore.
La curva di Engel è inclinata
negativamente e l’effetto reddito
avverso più che compensa l’effetto
sostituzione quindi la curva di
domanda individuale è inclinata
positivamente. Nei beni di Giffen un
aumento dei prezzi determina un
aumento della quantità domandata.
L’esempio è la patata in Inghilterra.
Un aumento del prezzo delle patate
faceva aumentare il consumo delle
stesse.
Una diminuzione del prezzo delle
patate, però, porta ad un aumento della quantità di patate acquistabili, ma invece che acquistare più patate, le
persone preferiscono acquistare più carne.
Perché un bene sia di Giffen l’effetto reddito è talmente opposto a ciò che ci si aspetta da contrastare l’effetto
di sostituzione. Se la curva di domanda è inclinata positivamente.
Normalmente: L’effetto reddito va sempre nella direzione attesa, le curve di Hegel sono inclinate
positivamente, la curva di domanda è inclinata negativamente.

Per comprendere l’effetto Giffen, è utile l’esempio delle case in affitto:

 Tanto più le famiglie sono ricche quanto meno vanno in affitto, poiché preferiscono comprare case.
Le abitazioni in affitto sono beni inferiori.

I beni sostituti e complementi

 I beni sostituti sono perfettamente sostituti se l’aumento del prezzo di uno determina un
aumento della quantità domandata dell’altro (effetto sostituzione che prevale si veda fig.),
 I beni complementi se l’aumento del prezzo di uno conduce ad una diminuzione della quantità
domandata dell’altro (effetto reddito che prevale su sostituzione).
 Due beni sono indipendenti se la variazione del prezzo dell’uno non comporta alcuna variazione
nelle quantità domandate dell’altro.
Preferenze rilevate
È possibile dalle scelte effettuate dagli individui quali sono le loro preferenze.

 Se un consumatore sceglie un determinato paniere a scapito di un altro, e se il paniere è più costoso


dell’alternativa allora il consumatore preferisce il paniere scelto.
Non è detto che io preferisca ciò che acquisto, perché le mie scelte potrebbero essere influenzate dal reddito.
La curva della domanda di mercato esprime la relazione tra la quantità di un bene che tutti i consumatori
di un mercato acquistano e il prezzo del bene. Si ottiene sommando le curve di domanda di tutti i
consumatori. La curva della domanda di mercato si ottiene sommando le domande dei consumatori. Si
sposta quando le condizioni di tutti i consumatori cambiano.
In poche parole, l’effetto sostituzione si calcola sulla curva di partenza, mentre quello reddito sulla
curva di equlibrio.

LEZIONE NUMERO 7
Costruzione e caratteristiche della curva della domanda di mercato, il surplus del consumatore, l’estremità
di rete, la determinazione empirica della domanda e gli indici dei prezzi.
La domanda di mercato la si ottiene sommando le curve di domanda dei consumatori.
Si considerino due curve, una più alta dell’altra, si può dire che fino al prezzo P, allora anche il consumatore
rosso può consumare, meno del blu, ma comunque può farlo. Occorre aggiungere alla domanda del
consumatore blu quella del consumatore rosso.
Con un terzo consumatore si fa lo stesso, allora succede come in tre.

Figura 13: somma di tre curve Figura 12: somma delle due domande

Esempio: la domanda statunitense di grano è data dalla equazione: Qd=1430−55 P

Dove Qb è il numero di bushel domandata nel paese, mentre P è il prezzo dei dollari per bushel.

La domanda di esportazione è data: Qdc=1470−70 P, dove Qdp è il numero di bushel domandata


dall’estero.

Per ricavare la domanda totale: Qtot =Qdi+Qde=( 1430−55 P ) +1740−70 P=2.900−125 P.

La domanda è inelastica (rigido) quando il prezzo aumenta anche la spesa complessiva aumenta, si veda il
tabacco, anche se si cambia il prezzo allora il consumo rimane costante.

La domanda è a elasticità unitaria quando la spesa complessiva rimane invariata.

La domanda è elastica quando le variazioni del prezzo producono variazione delle quantità domandate più
che proporzionali. Aumenta quando il prezzo diminuisce e diminuisce (la domanda) quando il prezzo
aumenta.

La domina speculativa non vinee generata dalla necessità di avere beni, ma di rivenderli a prezzi maggiorati.
Può infatti incidere sulla curva di domanda.

Negli stati uniti le imposta sulla benzina sono molto basse, il prezzo è molto più basso di altri paesi. Le
imposte contano assai, negli US c’è stato un dibattito, cercare di disincentivare il consumo di benzina
aumentando le tasse sui carburanti. La domanda nel breve periodo è poco elastica, è nel lungo che
avvengono i cambiamenti.

Il surplus del consumatore

Il beneficio che i consumatori traggono dalla esistenza di un certo mercato, il surplus del consumatore è la
differenza tra ciò che un consumatore è disposto a pagare per un bene e la somma che effettivamente
paga.

Il surplus del consumatore è la differenza tra il beneficio generato dal consumo di un prodotto e il costo
totale del suo acquisto.
Nel caso di più consumatori la domanda approssima la curva lineare, l’area al di sotto del prezzo effettivo
determina la spesa, mentre il surplus è rappresentato dalla parte superiore.

È utile capire che il surplus del consumatore, ci aiuta perché le


scelte si modificano in modo che il beneficio complessivo di
beneficio del consumatore che è sufficientemente alta.

Figura 14: il Surplus del consumatore

La esternalità della rete: quando determiniamo la domanda di mercato si sommano tutte le domande, a
volte ci sono mercati in cui la quantità di consumatori influenza la quantità di domanda altrui.

 Positiva: si verifica l’effetto traino, uno desidera possedere un bene perché gli altri lo posseggono.
 Negativo: effetto snob, la quantità domandata dagli altri influisce sulla quantità domandata in
maniera negativa. Come con lo sci. Effetto congestione, troppe persone optano per un bene, quindi
io vado su un altro.

La esternalità di rete positiva dipende dal numero di consumatori che ci si aspetta sul mercato, se aumenta
il numero di consumatori aspettati, allora aumenterà pure la q.tà.

Al calare del prezzo aumenta la quantità domandata.

Con l’effetto snob la domanda slitta in basso a sx maggiore è il numero di utenti, più aumenta il prezzo,
minore è la quantità, ma la curva è più rigida, sono più verticali, succede che piccole variazioni della
quantità richiedono variazioni di prezzi notevoli. Poche quantità a prezzi alti, vedi Gucci.

Si può cercare di formulare la formula della domanda, ipotizzando una relazione lineare tra prezzi e
quantità domandata, si usa il metodo dei minimi quadrati, con la stima:
Q=a−bP+ cRD
P = prezzo, RD = reddito.

Facciamo si che la distanza tra i punti e i punti effettivi sulla curva siano minime.

LEZIONE NUMERO 8

L’OFFERTA (produzione)

Le scelte delle imprese, i fattori produttivi, la funzione di produzione, produzione con un fattore, produttività
media e marginale del lavoro.

Il concetto di efficienza economica: ottenere massimi benefici dati i costi attesi o affrontare i costi minimi
dati i benefici desiderati.

Le decisioni delle imprese: quanto produrre (massimizzare i profitti)(data la domanda attesa ed il prezzo
quanto conviene produrre), come produrre (minimizzare i costi) e decisione sul margine o sulla media.

Decisione al margine se si cambia di poco la produzione di quanto si cambiano i costi, o sulla media.

La teoria della impresa: spiega il modo in cui le imprese prendono decisioni di produzione minimizzando i
costi e di come i costi variano al variare della produzione. Sono analoghe alle decisioni dei consumatori ed
hanno tre componenti:

 Tecnologia di produzione
 Vincolo di costo
 Scelta di fattori produttivi

Come istituzione le imprese nascono recentemente, il loro ruolo è coordinare il processo produttivo.

La critica di Cooase: perché non basta il mercato? Tutte le persone che perseguono il risultato individuale
alla fine si coordinano a vicenda, il mercato rende compatibili offerta e domanda, la domanda è quindi, a
cosa serve la impresa? I prezzi che si creerebbero tra offerta e domanda nella produzione di un bene
farebbero sì che si creasse una organizzazione gerarchica, una sorta di coercizione.

La risposta risiede nei costi di transazione, si alzerebbero i costi del processo nel suo complesso l’idea è che
le imprese esistono perché è necessario abbassare i costi di produzione.

Anche le imprese possono essere inefficienti, la organizzazione gerarchica avviene da produttori che non
sono i proprietari. I manager hanno obbiettivi diversi rispetto alle imprese. Un altro motivo è che i
lavoratori non possono essere controllati.
Negli anni Novanta i ristoranti avevano i fattorini, ora c’è glovo, c’è un problema di coordinamento in meno,
perché c’è una separazione tra le gerarchie, lo faccio direttamente sul mercato. La tecnologia ha risolto un
altro costo di transazione.

La produzione

La impresa la si immagina come un luogo dove si trasformano i fattori produttivi e generalmente si


classificano in tre tipologie: lavoro, capitale e materie prime.

Per capitale si intendono quei mezzi, che permettono di fornire la capacità produttiva, è strumentale alla
produzione del lavoro. Entra ed esce dalla impresa, che viene prodotta da qualcuno precedentemente.
Anche la conoscenza lo è. Anche il patrimonio è un capitale.

Per materie prime si intendono quei prodotti che vengono lavorati al fine di diventare prodotti finiti.

Sono tutti flussi, che si trasformano nel tempo.

La funzione di produzione: è una funzione che associa a ogni combinazione di fattori produttivi (gli input) il
massimo livello di produzione (output).

Il capitale (K) ed il lavoro (L) si associano a formare il massimo livello di produzione.

La funzione di produzione descrive ciò che può fare la produzione nel qual caso in cui si lavori in maniera
efficiente, la funzione di produzione descrive la tecnologia. Con due variabili K ed L potremmo produrre uno
stesso livello di produzione Y con diverse combinazioni di K ed L.

La tecnologia di produzione è tutte le diverse combinazioni di input per produrre l’output efficace.

Breve e lungo periodo:

Fattore di produzione fisso: la quantità non può variare.

Breve periodo, periodo nel quale le quantità di uno o più fattori di produzione non possono variare. Non c’è
necessità di ampliare la capacità produttiva ma bensì un fattore variabile, non si discute la organizzazione
produttiva, ma il lavoro.

Lungo periodo, periodo di durata sufficiente a fare sì che tutti i fattori di produzione siano variabili.

Se si pongono sul grafico Capitale e lavoro, allora si rappresenta la curva del prodotto totale. Dato un certo
L quanto otteniamo in termini di produzione finale.

Il Prodotto medio è il rapporto tra Output ed Input, ovvero:

q
PM =
L
Il Prodotto marginale è la quantità aggiuntiva prodotta in virtù di un incremento unitario di lavoro.

∆q
Prodotto marginale=
∆L
L’aumento rispetto a prima. Q = produzione totale, L = quantità di lavoro.

Il prodotto medio di 9 lavoratori è minore rispetto al prodotto medio di 3 lavoratori perché il segmento che
congiunge A ad O è sopra quello che congiunge O a C.

Possiamo disegnare l’andamento del prodotto medio, nel passare da A a B il prodotto medio aumenta, una
volta arrivato a B gli angoli tenderanno sempre ad essere più bassi.
Per quanto riguarda il prodotto marginale, invece, è di quanto aumenta la produzione una volta aggiunto
un lavoratore. Il prodotto marginale è quanto aumenta il prodotto all’aumentare del lavoro. L’inclinazione
della retta tangente al punto.

L’incremento rispetto ad A fratto


l’incremento rispetto a L. All’inizio,
quando aggiungo lavoratori, il tratto
addizionale è sempre il più produttivo.
Da questo punto in poi, il prodotto
marginale incomincia a decrescere.

 Quando la curva marginale sta


al di sopra della media, allora
questo cresce, se sta sotto
invece decresce. Si incontrano
nel punto di massimo della
curva del prodotto medio.

La legge dei rendimenti decrescenti è


il principio secondo il quale
all’aumentare di un fattore produttivo,
a parità di altri fattori, gli incrementi di
produzione sono destinati a
decrescere.

Esempio 1: Un fabbricante di sedie ha


attrezzature, a seconda di quanti lavoratori utilizza, allora:

Lavoratori (L) Sedie (q) Prod. medio Prod. Marginale


0 0
1 10 10 10
2 18 9 8/1 =8
3 24 8 24-18=6/1=6
4 28 28/4=7 28-24=4/1=4
5 30 30/5=6 30-28=2/1=2
6 28 28/6=5.2 28-30=-2/1=-2
7 25 25/7=3.4 25-28=-3/1=-3

Esempio 2:

Lavoratori (L) Sedie (q) Prod. marginale Prod. medio


0 0 0 0
1 225 225/1=225 225
2 300*2=600 600-225=375 300
3 300+600=900 300 900/3=300
4 1140 1140-900=240 1140/4=285
5 225+1140=1365 225 1365/5=273
6 225*6= 1350 225
La legge dei rendimenti decrescenti era centrale nel pensiero di Malthus. Predisse che la diminuzione della
produttività marginale media, unita all’aumento delle bocche da sfamare, avrebbe portato al formarsi di
masse affamate. Fortunatamente si sbagliava.

Il processo tecnologico ci permette di alzare la curva del prodotto che vince il tema dei rendimenti
decrescenti.

La produttività del lavoro: ciò che favorisce il progresso nel tempo, infatti, i fattori che lo propiziano sono
due, uno è la accumulazione di capitale e il secondo è invece la tecnologia. Corrisponde al prodotto medio
del lavoro per una intera industria o per la economia nel suo complesso.

Produttività e tenore di vita: nel complesso i consumatori possano accrescere i loro tassi di consumo nel
lungo periodo solo incrementando la produzione complessiva.

L’indagine sulle cause della crescita della produttività è un filone importante della ricerca economica.
Cresce infatti al crescere dello stock di capitale e dell’innovazione tecnologica.

Se non si riesce a sfruttare a pieno la tecnologia allora non si è efficienti. Un modo di misurare l’output della
sanità è la aspettativa di vita, maggiore è la aspettativa di vita e maggiore è la qualità della sanità, la
aspettativa non è infatti aumentata proporzionalmente, ma linearmente, nel tempo ci si è spostati in mezzi
più inefficienti.

La produzione con due fattori variabili

Abbiamo visto le nozioni di produttività media e marginale.

Si fa ora riferimento a due fattori, in particolare, l’apparato analitico a cui facciamo riferimento con le scelte
del consumatore è simile a quello delle imprese. I tre elementi che abbiamo usato sono: massimizzazione
della utilità, vincolo di bilancio e funzione di utilità.

Nell’apparato analitico delle funzioni del consumatore si usava l’analisi dei diversi panieri che si usavano
per uno stesso livello di utilità-

Allo stesso modo ora si usano gli isoquanti, per descrivere la tecnologia d’impresa, quali sono i gradi di
flessibilità delle imprese su come si produce. Per ottenere uno stesso livello produttivo si può scegliere
quanto adoperare di L e K.

In un grafico in ascissa L e in asse verticale il capitale k, allora un


punto A sarà corrispondente ad una combinazione tra capitale e
lavoro. Allo stesso modo, altri punti sul grafico formeranno una
curva. Troviamo un altro punto che mi permetta con diverse
quantità di capitale e lavoro di ottenere uno stesso livello di
produzione. Si vuole trovare l’isoquanto.

Si può disegnare B in basso a destra, l’idea è che se voglio produrre


con più lavoratori allora risparmierò capitale. Poi via con C e via
dicendo… Si forma una curva simile a quella di indifferenza.

L’isoquanto, analogamente a quanto ci dice la curva di


indifferenza, ci suggerisce quanto lavoro ci occorre per
compensare ad una variazione di capitale e viceversa.
F ( Lc , K c )=F ( La , K a ) =F ( Lb , K b )

Sappiamo quindi che il rapporto tra la variazione di capitale e la variazione di lavoro. La inclinazione della
curva ci dice di quanto dobbiamo aumentare il capitale all’aumentare unitario della quantità di lavoro.

F ( L+h )−F ( L )
lim =F ( L+1 )−F ( L ) ≅ F ' ( L )
h →1 h
Come si può notare, con un aumento del lavoro unitario la inclinazione è circa data dalla differenza tra la
produzione finale e iniziale, quindi da Pb-Pa.

Il punto B, rispetto ad A, è a maggiore intensità di lavoro, mentre A è a maggiore intensità di capitale.

−dK
F=
dL
Il valore assoluto del coefficiente angolare dell’isoquanto misura il Saggio marginale di sostituzione tecnica
(SMST), ovvero la quantità di cui è possibile ridurre uno dei fattori produttivi mantenendo invariato il livello
della produzione, quando viene utilizzata una unità aggiuntiva di un altro fattore.

Poiché l’aumento di un fattore a parità dell’altro conduce ad incrementi di produzione sempre minori,
l’inclinazione dell’isoquanto deve aumentare quando si sostituisce lavoro con capitale e diminuire quando
si opera la sostituzione opposta. Quando sono in una condizione in cui ho poco capitale, ho in genere più
lavoro, l’SMS è molto basso, e vuole dire che per variazioni unitarie del lavoro c’è una variazione piccola del
capitale. La convessità corrisponde al fatto che la produttività marginale è decrescente.

La produttività marginale delcapitale( derivata∈k )( Pk)∗variazione del capitale (dk )=variazione indotta del capi
Se noi imponiamo che la variazione in Y sia nulla allora.

dy =0=Pk∗dk + Pl∗dl → Pl∗dl+ Pk∗dk

dK Pl
→ =
dL Pk
Dove:

dy dy
PL= , PK =
dL dK
PL ci dice quanto varia il prodotto finale al variare del lavoro. Pk ci dice di quanto varia la produzione finale
al variare del capitale.

Se si prende un punto E, in alto a dx, si collocano su isoquanti maggiori (la produttività è maggiore), al
contempo, in basso a sx si è su isoquanti minori.

La mappa degli isoquanti mi


permette di descrivere le
gamme di tecnologie a cui
può attingere una impresa.
Sono descritti più isoquanti.
La produzione con due fattori variabili: la produzione aumenta quando si passa dall’isoquanto q1 a q2 e
q3.

Il saggio marginale di sostituzione all’aumentare della q.tà


di lavoro passa da 2 a 1/3.

Si può infatti, dalla forma delle curve, ricavare l’utilità per le imprese delle curve. Quando due fattori sono
complementari quando ambedue servono ad un rapporto fisso.

Caso Particolare 1:

Quando c’è un rapporto fisso tra L e K, si dice che i due


lavoratori sono perfettamente complementari, funzione di
produzione di Leoniett

y=min(aK , bL)
Gli isoquanti sono fatti ad L. è una funzione nel quale la
produttività è al minimo tra k e L.

Non c’è sostituibilità, non esiste SMST.

Caso Particolare 2:

Funzione di produzione lineare, si dice che sono fattori


perfettamente sostituibili.

Y =aK +bL
La produttività marginale è sempre uguale, il SMST è costante.

I rendimenti di scala

Indicano il tasso al quale la produzione aumenta quando vengono incrementati tutti i fattori produttivi. Se
aumentiamo le quantità di entrambi i fattori generalmente si spostiamo su isoquanti maggiori.

Dati K ed L, quando noi espandiamo i fattori la produzione aumenta, si dice che cambiamo scala.
 Rendimenti di scala crescenti: la produzione cresce più che proporzionalmente all’impiego dei
fattori.
F ( k , l ) → F ( aK ,aL )
 Rendimenti di scala decrescenti: la produzione cresce meno che proporzionalmente all’impiego dei
fattori
F ( aK , aL ) → a∗F ( k ; L )
 Rendimenti di scala costanti: la produzione cresce proporzionalmente all’impiego dei fattori.

F ( aK , aL ) =a∗F(K , L)
LEZIONE NUMERO 11 (13/04)

I costi economici: costo opportunità, costi sommersi, costi fissi e variabili, costi medi e marginali.

Il costo contabile: criterio retrospettivo: somma di spese effettive e deprezzamento di beni e capitali.

Il costo economico: criterio prospettico: costo dell’utilizzo di tutte le risorse economiche utilizzate nella
produzione.

Ci sono costi che sonno inclusi in uno ma non nell’altro.

Per comprendere meglio conviene parlare di costo economico come costo opportunità:

Costo economico=Costo opportunità


Costo associato alle opportunità che si perdono quando le risorse di una impresa non sono destinate al loro
migliore impiego alternativo.

Il costo opportunità aiuta a chiarire il tema dei costi di impresa, una delle differenze è il lavoro
dell’imprenditore, non si considera tra i costi il lavoro dell’imprenditore. Se l’avvocato non facesse quel
lavoro potrebbe fare un altro lavoro. Il salario alternativo che assumerebbe equivale al costo opportunità. Il
costo opportunità nel qual caso in cui si decide di lavorare invece che vendere le materie è la differenza di
costo tra il prezzo finale e iniziale.

I costi sommersi o irrecuperabili (sunk)

Spese effettuate e non recuperabili, il costo opportunità è nullo, tenere conto dei conti sommersi in una
valutazione economica può implicare una scelta inefficiente e non razionale. Un costo sommerso è un
potenziale investimento.

I costi possono essere:

1. Variabili: variano al variare della attività


2. Fissi: non variano al variare della attività
3. Totali: somma dei costi fissi e variabili.
4. La cessazione della attività non corrisponde a non produrre ma neanche necessariamente a
chiudere la impresa.
5. La distinzione tra costi fissi e variabili dipende dall’orizzonte temporale.

I costi fissi: salari, costi assicurazioni, manutenzione impianti.

Esempi dei costi sommersi: investimenti persi, licenze.

Gli ammortamenti dei costi sommersi non sono costi fissi del capitale.
Costo medio totale

CT
Costo totale della impresa divisa per il livello di produzione: CMT =
Q
Costo medio fisso: costo fisso diviso per il livello della produzione: CMF=CF /Q

CV
Costo medio variabile: Costo variabile diviso per il livello della produzione: CMV =
Q
CMT =CMF+ CMV
Costo marginale: Incremento di costo risultante dalla produzione di una unità di output in più:

' dCT
Cm=C =
dQ
Poiché il costo fisso non cambia al variare del livello di produzione della impresa, il costo marginale è
uguale all’incremento di costo variabile causato da una unità di prodotto in più:

' dCT dCV


Cm=C = =
dQ dQ

I costi nel breve periodo e nel lungo periodo

I costi nel breve periodo, curve di costo nel breve periodo, costo d’uso del capitale, la scelta dei fattori
produttivi, il sentiero di espansione della economia.

I costi economici sono i costi opportunità dei fattori impiegati nella produzione.

I costi variabili sono inclinati e sono curvilinei, mentre quelli fissi dono costanti ai costi di produzione. I
costi totali sono i variabili più quelli fissi.

La retta costo medio totale congiunge un punto sulle curve e la origine degli assi, lo stesso fanno i costi
medi variabili e fissi.

La retta costo marginale totale è la tangente al punto sulla curva costi totali.

La analisi nel breve periodo:

Nel breve periodo esistono costi fissi. I costi variabili dipendono dai prezzi dei fattori variabili e
(inversamente) dalla produttività di tali fattori.

Considerando il caso specifico in cui l’unico fattore variabile è il lavoro. Il costo del lavoro variabile sarà:

CV =wL
Ipotizziamo che il mercato del lavoro sia concorrenziale, quindi per l’impresa il salario w è un dato e non
dipende dalla quantità impiegata per la impresa.

La concorrenza perfetta = gli operatori non influenzano il prezzo sul mercato

Il costo medio variabile della impresa sarà il costo variabile (considerando come unico fattore variabile il
lavoro) rapportato alla quantità prodotta:

L
CMV = w
Q
Ma:

Q
produttività media dellavoro=
L
Maggiore è la produttività media del lavoro e minore è il costo medio, maggiore è il salario e maggiore il
costo medio.

Lo stesso vale per il costo marginale totale della impresa (anche qui si considera il costo marginale totale
perché i costi variabili equivalgono a quelli totali in una ottica marginale):

' dCV dCT d ( wL ) wdL w w


C= = = = = =
dQ dQ dQ dQ dQ P'l
dL
Esempio: se il salario orario è 10€/h e un ora aggiuntiva produce 4 unità di output, allora produrre una
unità di output in più che necessita di un quarto d’ora, costa 2,5€.

Anche in questo caso maggiore è la produttività marginale e minori sono i costi marginali e viceversa.

L’inverso della produttività marginale è la variazione di lavoro necessaria a produrre un aumento unitario
della quantità.

La legge dei rendimenti decrescenti si ricollega a ciò che è stato detto: se metto troppi lavoratori diventa
anche controproduttivo, ogni volta che aggiungo un lavoratore diminuisco la produttività. All’inizio
aumenta ma dopo un po’ la produttività decresce, c’è un tratto iniziale in cui la produttività marginale
tende a crescere ed un tratto dove decresce.

Il costo medio totale è il rapporto tra costo medio


variabile e fattori di produzione:

- La curva costo medio tende a decrescere e poi a


crescere, come in curva 2. Se il margine è più alto
della media allora essa sale, altrimenti scende.

Anche i costi fissi medi tendono a decrescere


all’aumentare delle quantità prodotte.

I costi medi totali sono inclinati negativamente e dono la


somma tra i costi medi variabili e fissi. All’aumentare delle
quantità prodotte i costi fissi tendono a 0 mentre i costi
totali medi si avvicinano ai costi medi variabili.

Ricorda che la Q è la quantità prodotta non i fattori


produttivi.

IL COSTO DI USO DEL CAPITALE:

Nel caso della produzione del lungo periodo si hanno due fattori variabili o più fattori variabili se è variabile
oltre che al lavoro anche la quantità di capitale abbiamo il tema di avere il costo del lavoro e del capitale,
per chiarire questo concetto si usa il costo di uso del capitale, è il costo sostenuto per avere una quantità
determinata di capitale.

Man mano che si usa il capitale lo si deprezza, il costo di uso del capitale è dato dalla somma del
deprezzamento economico e dell’interesse (ovvero del rendimento finanziario) che si sarebbe potuto
ottenere investendo il denaro in altro modo.

Costo uso capitale=deprezzamento economico +Tasso diinteresse∗valore del capitale


Possiamo anche esprimerlo come tasso pro-capite:

r (tasso di uso del capitale )=Tasso di deprezzamento+Tasso di interess e

Dati i prezzi dei fattori (salario e costo di uso del capitale) il costo di produzione la somma dei prodotti tra
quantità e ciascun fattore:

C=wL +rK
Un isocosto è una curva utilizzata in microeconomia per rappresentare le infinite combinazioni di due
fattori produttivi che danno luogo ad uno stesso costo di produzione. Solitamente è rappresentata da una
retta. Maggiore è la distanza della retta dall'origine, maggiori saranno i costi di produzione. Lungo una
stessa linea di isocosto, il costo di produzione risulta lo stesso.

Una curva di isocosto esprime le diverse combinazioni dei fattori che danno luogo allo stesso costo
complessivo:

C w
K= − L
r r
Dati i prezzi dei fattori una curva di isocosto è definita per un certo C tale che:

C w
K= −
r r
A isocosti più bassi corrispondono costi minori, a isocosti maggiori corrispondono costi maggiori.
Si riprendano gli isoquanti, se si intersecano gli isoquanti con gli isocosti, quale è la combinazione migliore
per combinare costi e produttività?

Si cercherà di scegliere la retta di isocosto più basso e di isoquanto più alto.

La condizione del primo ordine è che il rapporto tra lavoro e il tasso di uso del capitale sia uguale alla
produttività marginale del lavoro e quella del capitale.
'
w Pl
SMST = = '
r Pk

Nel punto di ottimo il rapporto tra i prezzi.

I costi nel breve e lungo periodo (parte due)

La scelta dei fattori produttivi, curve di costo e di lungo periodo economia di scala, relazione tra curve di
breve e lungo periodo, economie di scopo.

Riepilogo dell’ultima volta:

Nel caso del consumatore: L’analogia tra la scelta di consumo e dei fattori produttivi è rappresentata dal
rapporto tra il prezzo del bene 2 e quella del bene 1, dove il vincolo di bilancio è tangente alla curva di
indifferenza.
'
Px 2 U x 1
SMS x 1 ,x 2= =
Px 1 U ' x 2

Nel caso del produttore: la scelta dei fattori produttivi è data dal punto di tangenza delle rette di isocosto
e l’isoquanto:

w
SMST K , L =
r

Nel caso della massimizzazione delle quantità allora si andava ad intersecare il vincolo di bilancio e la curva
di indifferenza nel punto di tangenza.

Nel caso della minimizzazione dei costi allora si fa lo stesso. Si intersecano la retta di isocosto e la curva di
isoquanto nel punto di tangenza.

Nel caso del consumatore, quindi, significa che, il saggio marginale di sostituzione è dato dal rapporto tra
x1 e x2 è pari al rapporto di utilità marginale di x2 e x1.

∂U ( x 1 , x 2 )
dU = dx 1=U 'x 1∗dx 1
∂ x1
∂U ( x 1 , x 2 )
dU = dx 2=U 'x 2∗dx 2
∂ x2
Data una variazione del bene due, vi è una variazione della utilità moltiplicata per la variazione del bene
due. Dove ∂ significa la derivata. Dove il primo fattore dato dalla divisione della derivata della utilità del
paniere di beni diviso la derivata in x1 indica la utilità marginale di x1.
' '
' ' dx 1 U x1 U x 1 Px 2
dU =U ∗dx 1+U ∗dx 2=0 →−
x1 x2 = ' =SMS x 1 =¿ ' =
dx 2 U x2 x2 U x 2 Px 1
Le variazioni che si ottengono nel cambiamento di x1 e x2 devono compensarsi. Se la utilità non deve
variare, allora il rapporto tra le utilità marginali deve essere uguale al rapporto tra i prezzi.

Nel caso del produttore, il saggio marginale di sostituzione tecnico tra k e L è pari al rapporto tra l’utilità
marginale tra K ed L.

F → produttivtà datolavoro e capitale , F (K , L)


∂ F ( K ; L)
dF= ∗dK=F 'K∗dK
∂K
∂ F ( K ; L) '
dF= ∗dL=F L∗dL
∂L
' '
' dK F L' FL w
dF=F ∗dK+ F ∗dL=0 →−
K = ' =SMS T K ; L → ' =
L
dL F K FK r

Il rapporto tra le produttività marginali tra lavoro e capitale è


uguale al rapporto tra i salari ed il tasso di costo del lavoro.

La condizione del primo ordine (nel caso del consumatore) è il fatto


che il rapporto tra le utilità marginali è uguale al rapporto tra i
prezzi.

Gli isoquanti sono convessi. Se io aumento il lavoro e diminuisco la


quantità di capitale , allora, la produttività del lavoro decresce
(per la legge della produttività decrescente), mentre aumenta la
produttività del capitale, quindi:

F 'L F 'L 1
> dove l 1e k 1indicano il lavoro maggiorato e il capitale dimunuito=SMST i >SMST f
F 'K F 'K 1

Quindi la curva è più rigida, verticale, perché l’SMST è più inclinato.

Se io diminuisco il lavoro allora aumenta la produttività del lavoro, mentre se diminuisco il capitale allora
aumenta la produttività di capitale.

' '
FL FL 1
'
< '
dove l 1e k 1indicano il lavoro maggiorato e il capitale dimunuito=SMST i <SMST f
F K FK 1

Inserisci immagine

F ( K , L )= AKL
∂ F (K ; L) ∂ F (K ; L)
F 'K = = AL F 'L = = AK
∂K ∂L
'
FL AK K K w
SMS T K ; L = '
= = =
F K
AL L L r
Sentiero di espansione di una impresa:

Se si vuole variare la produzione allora si sceglie un punto in alto a dx che si trova su un isocosto e
isoquanto diverso ma sempre tangente.

Dato un livello dei prezzi si possono trovare i sentieri di espansioni della impresa, se si vuole produrre una
quantità data allora ci si sposta sulle due curve.

Lo si ottiene sapendo per ogni isoquanto dove vado a produrre, quindi, dato Q posso calcolare quanto K ed
L mi servono.

Se voglio costruire la curva sentiero di espansione:

1. Si sceglie un livello di produzione rappresentato da un isoquanto. Poi si trova la tangenza di tale


isoquanto con una retta di isocosto.
2. Dalla retta di isocosto si determina il costo minimo per raggiungere il livello di produzione
selezionato.
3. Si rappresenta la combinazione produzione costo.

ES: Come aumentare la efficienza energetica sostituendo lavoro con capitale.

Si può ottenere una maggiore efficienza energetica sostituendo energia con capitale. Semplicemente
mantenendo l’isoquanto q1 e fissando un punto B di valore (in ordinata) più alto di A, e da questo,
mantenendo la tangenza. Si forma una retta di isocosto diversa ma la retta di isoquanto è la stessa.

Si può altrimenti sfruttare un miglioramento tecnologico, ovvero la possibilità di produrre di più con meno
input.

Lezione 14 – Massimizzazione del profitto parte 1.

L’obbiettivo delle imprese, la concorrenza perfetta, la massimizzazione del profilo nel breve periodo in
concorrenza perfetta, curva di offerta di breve periodo dell’impresa in concorrenza perfetta, curva di offerta
di breve periodo dell’industria in concorrenza perfetta.

Massimizzazione del profitto = massimizzare i ricavi e ridurre i costi il più possibile, avere un profitto, un
surplus maggiore possibile. Massimizzare la differenza tra ricavi e costi nel lungo periodo.

 Non tutte le imprese se non si comportano come imprese che dovrebbero massimizzarle, il primo
caso in cui questo non accade avviene equando c’è una separazione tra manager e azionisti di
impresa, quindi quando c’è una separazione tra chi incassa i profitti della azienda e chi la gestisce.
Spesso i manager potrebbero avere obbiettivi divergenti, magari non massimizzare il profitto ma
aumentare il volume di affari. Magari decidono di investire i soldi invece che darli agli azionisti. Il
manager ha orizzonti temporali a breve termine.
 Casi in cui la produzione non è fatta dalle imprese, per esempio le cooperative che reinvestono gli
utili, per fare l’interesse complessivo della cooperativa, un’azionista può decidere di vendere le sue
quote a qualcuno, in generale se uno vuole comprarsi una parte di impresa allora lo può fare. Le
decisioni vengono prese perché si preferisce tenere un tenore di vita più alto e meno utili.
 La massimizzazione come ipotesi realistica e la concorrenzialità.

Ci muoveremo in un contesto in cui le decisioni di produzione della impresa vengono prese da tutti
coloro che perseguono come obbiettivo la massimizzazione del profitto. Le merci avevano un prezzo
unico perché utilizzavamo un contesto in cui il numero di offerenti fosse molto numeroso, la quantità
che una impresa può offrire non incide sul prezzo di mercato.
 Dal punto di vista della impresa le decisioni vengono prese considerando il prezzo di mercato,
le imprese sono price-taker, accettano il fatto che il prezzo è determinato dalla quantità di
merce sul mercato, e loro non vi influiscano. La impresa sa che il prezzo di mercato non
dipende dalle sue scelte.
 L’assenza di barriere all’uscita e all’entrata, ovvero i costi che bisogna affrontare se si vuole
entrare in un mercato. Per esempio, i brevetti, le licenze, i costi irrecuperabili. Anche alla
uscita, per esempio nel momento in cui si liquida una attività.
 L’omogeneità del bene: se il bene non è lo stesso ognuno ha un particolare obbiettivo. Ciascun
bene è uguale all’altro, sono tutti egualmente sostituti.
 La determinazione del grado di concorrenzialità: Molte aziende in condizioni normali colludono
a formare un cartello, ma in questo caso ciò non accade, non è facile determinare il grado di
concorrenzialità. L’impresa non può manovrare il prezzo.

Profitto è la differenza tra ricavo totale e costo totale:

π (Q )=R ( Q )−C (Q)


Il ricavo marginale è la variazione del ricavo determinata da un incremento unitario della produzione. Tra i
costi ci sono anche i costi opportunità, o un fine alternativo che può essere usato in altro modo.

π (Q )=R' ( Q ) −C ' (Q)


La scelta della quantità Q^ che massimizza il profitto implica che:
'
π¿
Questo significa che il profitto marginale sia nullo, se fosse positivo allora i ricavi marginali sarebbero
maggiori dei costi marginali allora dovrei produrre di più, mentre al contrario, se i costi marginali fossero
superiori ai ricavi marginali allora saremmo mi conviene produrre meno (il risparmio è più grande del
guadagno).

ES: se una impresa decide di produrre Q^ per massimizzare il profitto, ovvero la differenza AB tra il ricavo R
ed il costo C. A questo livello di produzione, il ricavo marginale (la pendenza della curva di ricavo) è uguale
al costo marginale (inclinazione curva costo).
Si nota che ciò che fa testo è la inclinazione della curva di ricavo e la inclinazione della curva di costo.

Fino a quando la inclinazione dell acurva di ricavo è > di quella di costo allora conviene produrre ma quando
avviene il contrario è meglio non farlo nonostante i ricavi ancora superino i costi.

La condizione di produzione perfetta è quando i ricavi al margine eguagliano i costi.

Se si considera la impresa come un oggetto pricetaker allora la impresa sa che il prezzo di mercato è 30€ e
quindi sa che se fa un prezzo più basso o fino a 30 allora ne può vendere infinite ma oltre la domadna è 0.

La elasticità è quindi infinita, un piccolo aumento o diminuzione nel prezzo determina un grande aumetno
o diminuzione della domanda.

In concorrenza perfetta il ricavo


marginale è uguale al prezzo:

R' (Q )=P→ P=C '(Q)

Se dobbiamo sapere quale è la scelta di livello ottimale della produzione è il modello per il quale il ricavo
marginale eguaglia il prezzo.

Se si osserva lo schema delle curve nei brevi periodi, allora:

Si pongano sulla ordinata i costi unitari, sulle ascisse le quantità, moltiplicando la quantità per i costi unitari
in corrispondenza di un livello di costi marginali totali, allora si ottengono i costi totali.

Se invece si incrociano i costi unitari e i ricavi marginali e li si moltiplicano per le quantità, allora si
ottengono i ricavi totali.

Curva dei costi marginale interseca quella dei costi totali nel loro minimo.

La differenza sta nei profitti totali.


Se si decide di scegliere una quantità q1 più bassa della ottimale q, allora il costo al margine sarà più basso
del prezzo, e per la legge precedente, sarebbe svantaggioso. L’area compresa tra la differenza tra le due C’
(in c1 e c2) e le due quantità in q1 e q2 determina la mia perdita.

Se il prezzo è basso, allora finisce sotto i costi marginali, ciò che guadagniamo da una unità in più è minore
di ciò che perdiamo da una unità in più. Nel breve periodo, comunque, conviene produrre se la curva costo
marginale è sopra a quella del costo variabile.

Nel breve periodo i costi marginali sono la curva di offerta del produttore.

LEZIONE 15 – MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO (PARTE II)

Curva di offerta di breve periodo nella industria in concorrenza perfetta, surplus del produttore,
massimizzazione del profitto nel lungo periodo ed equilibrio concorrenziale nel lungo periodo.

La volta scorsa avevamo analizzato che le curve di costo sono fatte ad u, la curva del costo marginale sale
verso l’alto e che le imprese possono produrre anche quando sono in perdita, in particolare, dato un livello
del prezzo le imprese decideranno di produrre una quantità tale per cui il costo marginale per una
quantità eguaglia il prezzo.

Finché il prezzo incontra il costo marginale al di sopra della curva prezzo medio totale allora la impresa
sarà in profitto, la impresa finché il prezzo è alto lo fa per il profitto, ma potrebbe farlo anche quando il
prezzo incontra il costo marginale ad un livello più basso del costo medio totale perché si recuperano i
prezzi fissi, se invece, il prezzo è al di sotto anche dei costi medi variabili allora non gli conviene produrre.

Condizione sufficiente perché una azienda produca è che lo faccia al di sopra della curva dei costi variabili.

Argomento lezione:

Un effetto di aumento del prezzo del fattore produttivo determina uno spostamento verso l’alto della curva
di costo marginale. Le condizioni di offerta peggiorano.

Dato il comportamento delle singole imprese, il mercato


delle imprese, ovvero industria, per ogni livello del prezzo
consideriamo la somma dei prezzi delle singole imprese.

Dato un prezzo, allora ci saranno diverse quantità di


prodotto in base alla impresa produttrice. Si faccia la somma
delle singole quantità per impresa, e si trovi un punto A e
lo si faccia per tutti i punti della curva, allora ecco la curva
di industria.

Ma, dato un prezzo, allora la curva di produzione esisterà


solo al di sopra di tale prezzo.

Le tecnologie delle imprese possono essere anche diverse,


magari la impresa blu ha un punto di fuga più basso (costo minimo dopo il quale l’azienda abbandona il
mercato).

Si effettua la somma nel punto più alto, ma dato che la curva rossa in fig. 2 ha un punto di fuga più alto
rispetto alle altre, e dopo questo punto la sua offerta deve essere considerata 0.
Non sono a gradoni come in figura, ma sicuramente più
piatte.

Una caratteristica essenziale della curva di offerta di breve


periodo è la sua elasticità.

∆Q
Q
E s=
∆P
P
I casi estremi sono le curve ad elasticità 0 (verticale) ed infinito
(orizzontale).

Il surplus del consumatore e del produttore:

Nel breve periodo abbiamo visto che la impresa può ancora produrre, mentre oggi introduciamo il surplus.

Il surplus ci esprime quanto ciascun consumatore ci guadagna dato un prezzo di equilibrio.

L’area che si trova al di sotto della curva di domanda e la linea di prezzo è il beneficio che ciascun
consumatore sarebbe stato disposto a pagare di più rispetto al prezzo di ora.

Il surplus del produttore invece rappresenta quella area compresa tra la curva dei costi marginali ed il
prezzo.

Differenza rendita del produttore e profitto. La rendita del produttore si distingue dal profitto economico
poiché, a differenza di quest'ultimo, non considera i costi fissi.

LEZIONE 16

La impresa in concorrenza perfetta sceglie una quantità tale per cui il costo marginale è uguale al prezzo
che prende come un dato, allora per quella scelta i costi medi complessivi saranno pari a quelli totali.
I ricavi totali sono il prezzo moltiplicato per la quantità così come i costi sono i costi medi totali per l
quantità, lo stesso vale per i costi variabili.

L’area che è compresa tra la curva e l’asse delle x, ovvero facendo l’integrale dei costi marginali, saranno il
complesso dei costi aggiunti aggiungendo merci fino a Q’.

Allo stesso modo possiamo definire il surplus del produttore ovvero la differenza tra ciò che li stesso
sarebbe disponibile ad offrire e quello che ottiene su ogni quantità. Ovvero i ricavi meno la somma di tutti i
costi marginali fino a Q’ . Ma allo stesso modo può essere inteso come differenza tra i ricavi ed i costi
variabili perché Ricavi – somma costi marginali=Ricavi−costi variabili . Il surplus del produttore
equivale alla differenza tra ricavi e costi variabili, diverge dal profitto perché non si tiene conto del costo
fisso.

Profitti=Surplus del produttore−CF


Se anche il prezzo cadesse al di sotto dei Costi medi totali, qualsiasi quantità produco, comunque vada in
perdita. Ma se il prezzo più che copre i
costi variabili, allora mi conviene
produrre, ci andrò sicuramente sotto, ma
potrò recuperare i fissi.

Quindi:

'
costi variabili=CV =CMV∗Q

'
costi totali=CT =CMT∗Q

'
Ricavi totali=R=P∗Q

Perdita=CMT∗Q' −P∗Q'
'
Surplus=P∗Q −CV

Surplus del produttore:

Il surplus del consumatore è definito come quanto sarebbe disposto a pagare in più un consumatore per
consumare una quantità in più.

Il surplus del produttore è dato dall’area compresa tra il prezzo e la curva di domanda. Misura quanto è
disposto a vendere incassando una quantità in meno. A prezzi più alti venderò di più a prezzi più bassi di
meno, nel lungo periodo possiamo decidere il complesso dei nostri fattori.

Le curve del costo medio totale nel lungo periodo sono date dalla somma delle singole curve del costo
medio totale nel breve periodo. Ogni tipo di produzione ha un livello per cui i costi medi sono minimi. Se la
curva di costo marginale incontra la curva di costo medio nel minimo della curva di costo medio allora i
costi medi si alzano. La regola sarà uguale al ricavo marginale – costo marginale, anche nel breve periodo
dato un livello dei prezzi P scegliamo la quantità per la quale il prezzo è uguale al costo marginale.
Il costo medio totale sarà uguale al costo medio variabile, l’area compresa tra la curva di prezzo e costo
medio totale sarà uguale al profitto. Perché i ricavi sono dati dall’area delineata dal prezzo per la Q’,
mentre i costi sono rappresentati dai costi medi totali per la Q’.

L’equilibrio concorrenziale nel lungo periodo

Nel lungo periodo le imprese possono decidere tutto rispetto ai livelli di produzione, allora si possono
variare il numero di imprese, siccome nel lungo possiamo decidere se aprire o no, anche gli altri possono
farlo, ci possono essere imprese che entrano ed escono.

Mentre nel breve periodo si può decidere di produrre 0 senza uscire dal mercato, nel lungo periodo si può
affittare e disdire il contratto di affitto, esiste una demografia di impresa.

È importante capire se stare o meno nel mercato perché, dato un prezzo noi possiamo produrre una
determinata quantità. Mettiamo dall’altra parte la industria.

La quantità prodotta dalla industria è 100 volte quella della singola impresa, la industria produce Q, se noi
abbassassimo il prezzo, la singola impresa produrrebbe di meno e la industria farebbe lo stesso. Se il prezzo
di vendita diventasse inferiore ai costi medi totali, allora non converrebbe produrre, causando la fuoriuscita
delle imprese.

La attività economica ha senso quando i profitti sono nulli o positivi, e quando la curva è al minimo del
costo medio (nel lungo periodo). Quando i profitti saranno nulli, dove per profitto economico si intende
non il profitto in senso lato, ma economico, in termini di costi opportunità. Cioè, la remunerazione del
capitale investito a tassi di mercato, del management, del tasso di mercato, fanno parte dei costi. Una
impresa che fa profitti, quindi, remunera i profitti a tasso di mercato. Il profitto positivo in termini di
profitto economico significa che i ricavi hanno superato i costi includendo nei costi anche la remunerazione
dei lavoratori, del manager e tenendo anche conto dei redditi precedenti. Fare profitti nulli non significa
non guadagnare.

Riepilogo:

l’equilibrio in lungo periodo si realizza quando sono


soddisfatte tre condizioni:

1. Tutte le imprese massimizzano il profitto.


2. Il prezzo del prodotto è tale da rendere
uguali la quantità offerta e domandata dai
consumatori.
3. Nessuna impresa entra o esce dal buisness,
poiché si realizza un profitto economico
nullo.

Se una impresa ha un valore unico allora i costi saranno maggiori. Per esempio, ho un brevetto su un
macchinario, anche se ho un profitto contabile della impresa col brevetto sarà più alto, ma il padrone
possiede un costo opportunità perché lo potrebbe vendere per una cifra pari al vantaggio che si otterrebbe
alla fine del LP. Ancora il profitto diventa nullo. Siamo in concorrenza perfetta. Quando c’è qualcosa che è
unico, scarso, si genera una rendita. È un guadagno che deriva non da una attività produttiva ma da
qualcosa in esclusiva, emerge da una scarsità. C’è una differenza tra quanto mi costa e quanto lo valuta il
mercato. Es: lo stipendio di Ronaldo. Nei mercati concorrenziali quindi, la rendita economica è positiva
anche quando il profitto è nullo.
Il surplus del produttore ricavato da una impresa consiste della rendita economica generata da ognuno
dei fattori di produzione scarsi. C’è un profitto contabile ma non economico, il surplus può esserci solo per
una rendita.

Se nel lungo periodo i costi medi dii impresa sono sul minimo e sono pari al prezzo, conseguendo profitti
nulli, significa che la curva di offerta della industria è piatta, mi basta che il prezzo salga e tutti quanti
entrano nel mercato, così come mi basta che il prezzo vada sotto che il prezzo sale a 0.

La curva di offerta di una industria nel lungo è piatta, se i costi sono costanti. Una curva non è piatta quando
al variare della produzione variano i costi per le singole imprese. Alcuni costi dipendono dalla concorrenza
verso la nostra impresa, poiché più competitori acquistano uguale merce, alzandone il prezzo, al momento

della produzione aumenteranno anche i costi, caso industria a costi costanti, la curva di offerta è piatta. Es.
mascherine. Se i costi sono invece crescenti allora la curva è inclinata positivamente.

Lezione 17- analisi dei mercati concorrenziali

Elementi di economica del Benessere, prezzi massimi, prezzi minimi, imposte, quote, dazi

Gli strumenti che abbiamo costruito in analisi ci aiutano a stabilire il ruolo del pubblico per modificare
l’esito concorrenziale del mercato.

Dato un esito di mercato (quantità e prezzi), sapere valutare il benessere dell’esito stesso conferisce ai
compratori.

Abbiamo introdotto due grandezze:

 Surplus del consumatore


 Surplus del produttore

In concorrenza perfetta la curva di domanda corrisponde alla disponibilità a pagare per la quantità, così
come, in concorrenza perfetta la curva rappresenta la curva dei costi marginali. Se siamo in un contesto
concorrenziale, allora, l’equilibrio corrisponde al punto in cui si incontrano i costi marginali delle imprese e
le disponibilità a pagare degli individui. Si definiscono quindi i concetti di surplus del consumatore e del
produttore. Quanto sarebbe disposta a guadagnare in meno per vendere una certa quantità.

Quando aumenta la quantità di competitor allora aumentano i prezzi. La curva di offerta del lungo periodo
può essere inclinata verso l’alto.
Il surplus è la somma delle rendite delle imprese nel lungo periodo.

Il surplus del produttore o sovrappiù del produttore è la differenza, positiva, tra il prezzo di vendita di un
bene/servizio e il prezzo che il produttore sarebbe stato disposto ad accettare per quantità inferiori di quel
bene/servizio.

In generale, quando analizziamo il mercato, allora si prende una cura di offerta e di domanda dato l’esito di
mercato possiamo definire il surplus del consumatore e produttore. Siccome i soggetti sono la offerta e la
domanda il complesso dell’area Surplus è quanto ci guadagna complessivamente l’agente presente sul
mercato a partecipare al mercato in termini di beneficio.

È quello che pagherebbero per fare esistere il mercato.

Il benessere complessivo si definirà a seconda della soluzione di mercato, se ci fossero diverse soluzioni di
mercato, ovvero nel caso in cui invece di una quantità di equilibrio, si considerano quantità inferirori di
merce acquistata/prodotta.

Se la quantità che si scambia è inferiore allora significa che il prezzo che si è determinato è compreso tra la
retta verticale Q e le sue intersezioni in D ed S.

Anche in questo caso si può definire un benessere complessivo, però il complesso dell’esito determina che
il benessere complessivo sia inferiore alla fig. sopra.

Se non si verifica una q.tà di equilibrio allora c’è meno Surplus, se invece si scambia una q.tà più alta, allora,
l’area al di là del punto di equilibrio determina una perdita. Uno dei due ci sta perdendo. Al benessere
totale si sottragga quindi la perdita.

Se io permetto la concorrenza perfetta allora ottengo il massimo beneficio complessivo, ed ottengo il


concetto della massima efficienza dei mercati e della massima concorrenza perfetta.

Gli economisti sostengono la necessità di avere come obbiettivo di avere dei mercati concorrenziali, perché
sono più efficienti, il complesso che otteniamo è il massimo che possiamo ottenere -> 1° teorema della
economia del benessere.

Si massimizza la efficienza del mercato.

IL PREZZO MASSIMO

Naturalmente lo stato può effettuare interventi nei mercati, per esempio, si pratica un prezzo massimo, lo
fa. C’è un prezzo di offerta e di domanda, c’è un eccesso di domanda. C’è più domanda che offerta. L’esito
di questo caso è che chi compra, compra ad un prezzo più basso, di conseguenza ci guadagna, mentre chi
produce lo fa ad un prezzo più basso. In termini di surplus.

Il surplus del consumatore è sempre dato dall’area compresa tra il prezzo di emissione (P ,) , la curva di
domanda e la quantità all’equilibrio, c’è una area molto estesa, il surplus è molto alto.

Il surplus del produttore invece è basso.


Rispetto al caso di equilibrio l’effetto è la causa del produttore, la differenza è la variazione di benessere dei
produttori. Si vendono meno quantità, ma al contempo si vende anche ad un prezzo più basso. Nei
consumatori invece si perde una parte del benessere perché si è comprato di meno. MA la contempo
possiamo comprare nuove quantità.

Si è determinata una perdita secca di benessere, ovvero la diminuzione di benessere complessivo


determinata da un contesto non concorrenziale.

Con questa politica si ha perso, poiché la perdita secca è maggiore rispetto alla redistribuzione di
benessere.

Paradossalmente ci possono essere casi in cui il


prezzo massimo potrebbe addirittura
danneggiare i consumatori.

CI sono talmente pochi prodotti che non


conviene neanche produrre, non si rispettano i
mercati dato che c’è pochissima merce.

IL PREZZO MINIMO
Poniamo ora il caso inverso del tetto massimo, ma bensì quello del prezzo minimo, comunque più alto del
prezzo all’equilibrio, altrimenti non conviene produrre.

Ci sarà un eccesso di offerta, perché il razionamento riguarda la offerta, l’effetto è che l’equilibrio ha una
q.tà minore Qm, a volte lo si fa perché ci sono beni inquinanti o meritori.

Succede che c’è un nuovo surplus del consumatore e del produttore, la trache dedicata al consumatore è
piccolina, mentre quella del produttore è molto ampia.

Se invece si produce Ym, allora significa che c’è


dell’invenduto, tutti i costi affrontati per produrre una unità
in più, si aggiungeranno alle perdite.

TASSAZIONI:

Quando invece lo stato impone una tassa allora aumenta il prezzo:


t
Pn=P −t
La imposta aumenta i costi del produttore, sposta verso l’alto la curva dei costi variabili.

Inrociando la curva di offerta e quella di domadna allora signiica


che il prezzo netto più basso. Per una imposta, l’equilibrio avrà
un prezzo più alto.

Il surplus del produttore è l’area compresa tra la retta di offerta e l’asse delle y, in questo contesto è
compresa tra Pn e y.

Il surplus del consumatore è rappresentato dalla curva di


domanda.

La differenza tra il prezzo di produzione del produttore e di


consumo del consumatore moltiplicato per a quantità Qt ci dà
l’ammontare della tassazione.

La differenza tra prezzo t ed n è esattamente la imposta. La perdita


del consumatore ammonta al triangolo compreso tra Ecp e y – Et e
y.

Nella nostra economia ora però ci sono tre agenti nel mercato, le tasse pagate allo stato ammontano
all’area compresa tra Pt e Pn in Qt, generando una perdita nel trianfolo compreso tra et, Pn, Ecp.
Mettere una imposta sulle quantità danneggia il
consumatore, il produttore, ci guadagna lo stato, ma ci si
perde.

In termini di benessere complessivo si perde.

Il sostegno dei prezzi:

Voglio che sia il mercato da solo ad imporre un prezzo più alto. Un modo è che sia lo stato a fare domanda.

Allo stato costa invece G. Ovvero la quantità finale


meno quella iniziale.

Poi, in agricoltura si danno anche delle quote.

Quote

Quandi di mettono delle quote, per esempio le licenze. Allora aumentano i prezzo di vendita.

Programmi di incentivazione
Si pagano i produttori per non produrre. Ti incentivo a non farlo. Gli do l’incentivo che ci guadagnerebbe a
non produrre. Lo stato offre il triangolo azzurro.

Protezionismo:

restringendo il giro d’affari estero all’interno del paese succede che la quantità totale di olio diminuisce si
avvantaggiano i produttori e si svantaggiano i consumatori.

In figura c’è una Qi (quantità interna) e Qe (quantità estera), la differenza tra Qi e Qt ammonta a Qe, si
prova a diminuire Qe attraverso i dazi, aumentando di conseguenza anche il prezzo della merce interna,
diminuendo il surplus del consumatore ma aumentando quello del produttore.

LEZIONE DATA 28/04: MONOPOLIO E POTERE DI MERCATO PARTE 1

Monopolio e potere di mercato: Il monopolio, la massimizzazione del profitto del monopolista, il potere di
mercato

Il monopolio è una situazione in cui c’è solo un venditore.

Il monopsonio: mercato con un unico acquirente.

Il potere di mercato: capacità del venditore o dell’acquirente di influire sul prezzo.

IL MONOPOLIO

 Ricavo medio (prezzo)


 Ricavo marginale: variazione del ricavo risultante da un aumento unitario della quantità
venduta.

Esempio: si consideri la funzione di domanda: P=6−Q , vendendo di più alzo il prezzo.


Il ricavo medio è quanto io incasso per ogni unità venduta.

Il monopolista ha la facoltà di variare il prezzo al variare della quantità prodotta.

P=6−Q
Q=0→ P=6 → RT =PQ =0
RT
Q=1 → P=5 → RT =PQ=5 → RM = =P=5 → R' =5−0=5
Q

Q=2→ P=4 → RT =PQ=8 → R ' =8−5=3


'
Q=3 → P=3 → RT =PQ=1 → R =9−8=1
Il ricavo marginale sta al di sotto della curva del ricavo medio. In concorrenza perfetta la soluzione ideale
sarebbe la seguente:

La curva de ricavo marginale è ottenuta dai dati precedentemente estratti.


Per ogni quantità il ricavo medio è più alto di quello marginale. In
concorrenza perfetta, il prezzo dovrebbe essere uguale al ricavo marginale.
Quindi la soluzione in concorrenza perfetta sarebbe a fianco indicata.

Concorrenza perfetta : R' =P=C '

La condizione di massimizzazione del profitto è la


stessa. Ma il ricavo marginale non è uguale al ricavo
medio. Sceglie una quantità in cui il costo marginale
eguaglia il ricavo marginale.

'
Monopolio : P> R =C '
L’impresa fa surplus oltre che profitti perché vende
ad un prezzo superiore rispetto a quello della
massimizzazione del profitto.

Siccome il ricavo marginale è più basso del prezzo


allora il costo marginale è più basso del prezzo, la
impresa fa profitti.

In conclusione, il monopolista produce dove il ricavo marginale incontra il costo marginale, fa un prezzo più
alto della concorrenza perfetta mentre produce di meno. Mentre nel lungo periodo in concorrenza perfetta
il costo medio è uguale a quello variabile.

Se producessi una quantità più bassa potrei fare un prezzo più alto ma venderei di meno. Se producessi dì
più allora perderei l’area compresa tra i costi marginali e ricavi medi.

In numeri:

ES:

Sia data una funzione di domanda:


P=40−Q
E la funzione di costo:
2
C=50+Q

RT =PQ =( 40−Q ) Q=40 Q−Q 2 → R ' =40−2Q


'
C =2Q
' '
C =R → 2Q=40−2Q → 4 Q=40 →Q=10
P=40−10=30 → RT =PQ=300
C=50+100=150→ π=300−150=150

Prezzo di monopolio ed elasticità della domanda

' dP dQ dP
RT =PQ =P ( Q )∗Q→ R = Q+ P= Q+ P
dQ dQ dQ
La variazione del ricavo è dovuta a due componenti, uno è che si abbassano i prezzi, dall’altro però
vendiamo di più.

dP
∗Q
dP dQ
Q= P
dQ P
||
dQ −dQ
∗P
dP dP
Ed= =
Q Q
P

Quindi:

dP
∗Q
1 dQ
= ∗P
Ed P
Allora si riscriva il ricavo marginale in funzione della elasticità della domanda:

R' =
−1
Ed
P+ P= 1−( 1
Ed )
P → ( per π max ) C' = 1−
1
Ed(P )
'
C = P−( 1
Ed
P → )
C ' −P −1 P−C ' 1
P
=
Ed

P
=
Ed
→ indice di lerner

' '
C P 1 1 P−C 1
P= → −1= −1= → = → markup
1 C
'
1 Ed−1 C
'
Ed−1
1− 1−
Ed Ed
Ciò indica che una impresa monopolistica fa profitto nel momento in cui ha una elasticità meno elevata, più
il mercato è rigido più mi conviene cambiare prezzo.

1
Se la elasticità della domanda è alta il rapporto tra basso.
Ed−1
Nella figura in basso c’è una dimostrazione grafica di questo fatto.
L’IMPRESA CON PIÙ IMPIANTI

Dati due impianti allora la produzione totale e i costi totale devono essere suddivisi in maniera tale che il
costo marginale sia lo stesso ad ogni impianto.

La produzione totale deve essere tale che il ricavo marginale sia uguale al costo marginale.

Quando la curva di domanda per la singola impresa è piatta si può produrre quanto ci pare ma non alzare il
prezzo.

Potere di mercato della impresa dipende dalla quantità di domanda dati tre fattori:

1. L’elasticità della domanda di mercato


2. Il numero di imprese presenti nel mercato
3. L’iterazione tra le imprese. Se si mettono barriere all’ingresso allora fa ridurre i competitor.
L’effetto di resistenza in un potere di mercato sono quantità minori e prezzi più alti.

IL MONOPOLIO E LA IMPRESA DI MERCATO SECONDA PARTE

La elasticità dipende dalla elasticità del mercato in generale, dal numero di imprese sul mercato e da come
interagiscono tra di loro le imprese.

Utilizzando il concetto di surplus del consumatore e produttore nel lungo periodo si analizza il benessere,
l’esito complessivo sul mercato in termini di prezzi.

In particolare, quando la domanda è rigida allora è maggiore la nostra possibilità di ricalcare sul prezzo.
Siccome la concorrenza perfetta massimizza il surplus di produttore e consumatore.

Il monopolio emerge in modo naturale, la soluzione di monopolio è che la impresa decide di produrre una
quantità tale per cui la produttività marginale è uguale al ricavo marginale che è diverso dal ricavo medio.
Se fossi in un contesto concorrenziale, l’esito di concorrenza perfetta corrisponderebbe a il punto tale per
cui il costo marginale è uguale al prezzo.

Rispetto alla concorrenza perfetta, si produce di


meno e si vende a prezzi più alti. Il surplus del
consumatore in monopolio è la differenza tra il prezzo
che paga ed il vantaggio che ne ricava.

Il surplus del consumatore equivale alla area


compresa tra P e P max, è maggiore nel caso in cui ci
sia la concorrenza perfetta.

Il surplus del produttore in monopolio, invece,


equivale all’area compresa tra la curva dei costi
marginali, quella del prezzo P* e di Q*. Figure sotto.

Il monopolio, quindi, va ad aumentare il surplus del produttore, che produce di meno perché togliendo
quantità dal mercato si può permettere di alzare il prezzo. L’effetto complessivo di un monopolio ammonta
a redistribuire il benessere, svantaggia il cliente. Esiste anche un effetto negativo data dalla razionamento
della quantità.

C’è una perdita secca, ovvero una variazione di benessere associata alla perdita di concorrenza perfetta.
Che sia artificiale o meno, quando si esce dalla concorrenza perfetta, si ha una perdita secca. FIg.3.

La perdita secca è data dalla perdita di surplus da parte del consumatore e produttore rispetto al
cambiamento della concorrenzialità del mercato.
Gli economisti giustificano l’interventismo ai danni del monopolio non per difendere i consumatori ma
perché se non ci fosse la perdita secca ma solo redistribuzione allora sarebbe corretto anche il monopolio,
ma se potessi ridistribuire ex post ciò che ricavo dal monopolio, sarebbe meno di quanto non otterrei in
concorrenza perfetta. Ci perderei pari all’area blu fig. 3.

La economia politica dice che i costi sociali che si possono avere accanto al monopolio non sono soltanto la
perdita secca. Tulloc pensa che la differenza la faccia invece l’area rettangolare, perché la impresa, se può
fare qualcosa per diventare monopolista e può spendere soldi e investire risorse per passare da una
condizione di concorrenza perfetta a una di monopolio spendendo soldi, allora i soldi che spende servono
a conquistare potere di mercato e sarebbe esattamente ciò che guadagnerebbe in condizione di
monopolio.

Sarò disposto a spendere fin tanto che le spese saranno marginalmente inferiori a ciò che ci guadagnerei.

Il marketing è improduttivo, la parte in più che vediamo è la ricerca di un potere di mercato da parte di chi
lo paga, di fidelizzare una clientela. Questa cosa dal punto di vista del benessere è improduttiva. L’attività di
lobbying, in Italia il finanziamento della politica è privato, più del 98% delle spese della finanza è privato. I
lobbisti tutelano interessi specifici. Tutto il processo di finanziamento serve a sponsorizzare la azienda e ad
acquisire quote di mercato.

L’idea di fondo è che si è disposti a spendere un area pari a tutto il rettangolo pur di conquistare fette di
mercato nella pubblicità è così, sono disposto a spendere fino a quando faccio una rendita. Ottengo un
profitto superiore a quello di mercato. Quindi il costo totale del monopolio presenta tutto il rettangolo.
Teoria del rent-seeking. Il grosso della attività di lobbying della politica è regolare.

Il costo sociale è il fatto che tutti i soldi che sono stati messi per attività di lobbying erano improduttive.

Altri costi del monopolio relative alla rendita.

 Attività di lobbying
 Pubblicità
 Spese legali (elusione antitrust)

Il meccanismo di azione dell’antitrust è quello di combattere i meccanismi monopolistici secondo i quali si


aumenta il prezzo al diminuire della merce, si tende a imporre un prezzo massimo al fine di ridurre la
differenza prezzo al monopolio e prezzo in concorrenza perfetta.

Il meccanismo che si attua è quello di imporre un prezzo massimo Pm, questo deve essere inferiore al
prezzo al monopolio, che ricordiamo essere dato dalla intersezione tra R’ e C, quando si fa quindi un prezzo
inferiore a questo ma superiore a quello in concorrenza perfetta (C’=P), se invece il prezzo massimo è
inferiore a quello di concorrenza perfetta, allora la produzione diminuirà fino ad azzerarsi dove il prezzo
della merce è inferiore a quello dei costi medi variabili.

La regolamentazione nella pratica:

1. Regolamento del tasso di rendimento: il massimo


prezzo consentito da un ente normatico è basato
sul tasso di rendimento dell’impresa
2. Aumenti massimi di prezzo basati sui costi variabili
della impresa. Genrealmente si consente alla
impresa di incremntare il prezzo ogni anno per un
ammontare equivalente al tasso reale di inflazione
meno la crescita di produttività prevista.

Le autostrade, la rete idrica, i servizi in generale, hanno una caratteristica: sono monopoli naturali, il
monopolio non si basa sul fatto che c’è una posizione privilegiata e non è un monopolio legale in cui la
nostra oposizione di privilegioè data da una qutoa legale, ma sono monopoli che emergono perché c’è una
particolare condizione meteorologica.

Se nel tratto rilevante i costi marginali snono decrescenti, più produco meno spendo, è meglio produrre con
una impresa che con più, allora fare produrre a più imprese, prentendere una concorrenza di mercato, non
è efficiente. Meglio fare produrre una sola e regolamentare.

La domanda ci guadagna talmente tanto che mi converrebbe


fare perdere l’imprsa, normalmente si evita che le imprese ci
perdano ed impongo un prezzo pari alo costo medio, gli
faccio fare profitti nulli, non è efficiente, ma l’impresa rimane
sul mercato. Se non volgio fare gli interessi pubblici, allroa
devo fare così.

Con un monopolio legale tendo quindi a stare sulla curva di


domanda, mentre con un monopolio naturale invece faccio si
che il prezzo del servizio sia uguale al costo medio
intersecato alla retta di domdanda.

MONOPSONIO ED ANTITRUST

Il monopsonio, il potere monopsonistico, la legislazione antitrust, la estrazione del surplus del consumatore
e fissazione dei prezzi.

Fa riferimento al contesto in cui la domanda stessa è una impresa, buona parte dei regimi di monopsonio la
domanda stessa è una impresa, si parla quindi di materie prime, i mercati di input della produzione. Es:
mercato dei componenti per macchinari.

 Monopsonio: dal lato della domanda c’è un solo soggetto. Capacità dell’acquirente di
modificare il prezzo di un bene.
 Oligopolio: mercato con un numero limitato di produttori.
 Oligopsonio: mercato con un numero limitato di acquirenti.

Mentre in un regime di concorrenza perfetta l’offerta considera il prezzo come un dato perché la quantità
offerta non influisce sul prezzo della merce prodotta, nel monopsonio invece la capacità della domanda di
influisce sul prezzo.

 Valore marginale: Vantaggio aggiuntivo derivante dall’acquisto di una o più unità di un bene.

Per un certo prezzo consumiamo x, allora aggiungere una quantità cosa comporta al prezzo?

 Spesa marginale: Costo aggiuntivo sostenuto per acquistare una quantità in più di un bene.
 Spesa media: prezzo pagato per una unità di un bene.

La condizione di massimizzazione del beneficio in generale è:

Spesa marginale=Valore marginale


In concorrenza prefetta:

spesamedia=spesa marginale=prezzo
In un contesto di monopsonio invece, la scelta di consumo cambia il prezzo. La spesa marginale cambia a
seconda del consumo.

Se voglio consumare di più la offerta


chiede un prezzo più alto, otterrò quindi
un valore marginale,ma in termini di
costo siccome il prezzo è aumentato
allora la spesa marginale sarà più alta
della media.

'
S <S (media)
La curva della spesa marginale sarà al di
sopra di quella della spesa media, nel
caso in cui consumi di meno (vedi sotto).

Se io sono l’unico consumatore allora la spesa media aumenta e così anche il margine, per ogni quantità la
spesa marginale sarà sopra la spesa media. La mia scelta sarà sul punto in cui la spesa marginale
intersecherà la curva della domanda. Il prezzo a cui l’offerta vende la quantità sarà quello traslato sulla
curva di offerta. La decisione la prende la domanda ma il prezzo lo fa l’offerta.
Il beneficio del consumatore è quello sopra evidenziato, da un lato si consumerà di meno, ma ciò che
consumo il consumo ad un prezzo inferiore, immagine 3.

Il beneficio del produttore è quello in fig. 4, si vende di meno ed incassa di meno.

È sempre il razionamento del mercato che mi consente di ottenere surplus. L’esercizio in potere di
mercato si esplica a favore di chi detiene il mercato, compro di meno ma pago di meno se sono
monopsonista.

Se consideriamo ora gli aspetti redistributivi, vediamo che c’è una redistribuzione, la quantità razionata la si
paga ad un prezzo più basso, ma c’è anche una perdita di benessere complessivo.

La perdita secca è rappresentata da persone che sarebbero disposte a comprare ma che non comprano
perché c’è poca quantità in circolazione.

Anche in questo caso, nel complesso, ci si perde.

La capacità di caricare un prezzo più basso del potere di acquisto


dipende dal fatto che la elasticità della curva di offerta è molto
elastica, se cambio le condizioni perdo tanto in termini di offerta.

Se la offerta è molto elastica, piatta, questo cambia di tanto la offerta,


riuscirò a restringere la quantità ottenendo un piccolo margine.

Con una curva di offerta molto rigida, una piccola variazione di prezzo
determina piccole variazioni di quantità vendute.

Esatttamente come nel caso del monopolio la capacità di un ente di avvantaggiarsi del potere di mercato
dipenderà dalla elasticità della offerta. Più è elastico e più la variazione del prezzo determina un
abbassamento della domanda, ho quindi molto potere di mercato, al contrario, più è rida la curva di offerta
(verticale).

La mia capacità di sfruttare una situazione monopsonistica dipende dalla elasticità della offerta per il
singolo acquirente, la quale è determinata da tre fattori:

1. Elasticità della offerta di mercato.


2. Il numero di acquirenti presenti nel mercato.
3. L’iterazione tra acquirenti.

L’effetto di una restrizione della concorrenza determina una perdita secca di benessere. C’è una perdita di
efficienza.

Esiste una legislazione che cerca di contrastare i casi di monopolio, oligopolio… Ed è l’antitrust.

Un caso è quello dei brevetti, se devo produrre innovazione devo finanziare la ricerca, una volta che ho
prodotto un brevetto, allora se tutti la potessero utilizzare, le condizioni di concorrenza perfetta farebbero
so che i costi marginali fossero uguali al prezzo e nei costi marginali non ci sarebbero più i costi per la
produzione della innovazione. Io non mi approprio di una rendita sufficiente, se non posso proteggere con
un brevetto un profitto superiore alla remunerazione del CV nessuno sarebbe incentivato a innovare.

Una volta ottenuto il brevetto bisognerebbe diffonderlo per ottenere la ottimizzazione. Non tutti i monopoli
sono illegali.

La storia

La legislazione viene fatta risalire allo Sherman Antitrust Act degli USA
 Prima parte: vieta accordi di fissazione dei prezzi espliciti e impliciti.
 Seconda parte: vieta la monopolizzazione o i tentativi di monopolizzazione di un mercato.
Prezzi predatori o contratti di esclusiva.

Negli USA la legislazione viene applicata tramite:

 La divisione Antitrust del Dipartimento di Giustizia. Può causare multe ma che carcerarie.
 La FederalTrade Commission. Anch’essa risponde a reclami esterni o intraprendere azioni in
autonomia.
 Attraverso cause private.

In EU la legislazione viene applicata tramite:

 Divisione generale della concorrenza


 Solo pene civili

In Italia c’è la autorità garante per la concorrenza del mercato.

 Intese della concorrenza


 Operazione di concentrazione
 Pubblicità ingannevole

In certe situazioni si decide di alzare ed abbassare la produzione di merca al fine di ridurre la perdita secca.

LEZIONE NUMERO 21: POLITICHE DELLA FISSAZIONE DEL PREZZO

Una impresa cerca di muoversi in muovere il profitto maggiore, ottenere un profitto, quindi non la
remunerazione del capitale e costo opportunità ma qualcosa in più.

Si mettono in atto politiche di fissazione del prezzo per ottenere una parte del surplus, lo può fare tentando
di partire in una condizione in concorrenza perfetta ed in oligopolio…

Quando si parla di fissazione del prezzo si esce dal contesto della competizione perfetta.

 Discriminazione di prezzo
- Primo grado prezzi personalizzati.
- Secondo grado prezzi che variano con le quantità.
- Terzo grado segmentazione della domanda.
- Discriminazione intertemporale.
 Fissazione del prezzo in base al carico di punta
 Tariffe in due parti
 Vendite a pacchetto (bundling), sfruttano le domanda negativamente correlate.
 Contratto vincolante

 Discriminazione di prezzo

Primo grado: Ci possono essere diversi modi di discriminare i prezzi, noi approfondiremo la discriminazione
del prezzo perfetta, significa praticare prezzi diversi. Al fine di estrarre il surplus dal consumatore si alzano i
prezzi.

Secondo grado: i prezzi variano con le q.tà. Quando siamo in un contesto complesso facciamo di più
rispetto ad un contesto perfetto, ma vendiamo a prezzi diversi a seconda della q.tà che si vende. Es: 3 x 2,
gratis… a seconda di quanto compri allora c’è un prezzo diverso.
Terzo grado: segmentazione della domanda, la tessera studenti. So che la tipologia ha un valore di
acquisto più basso, lo sconto. Facciamo prezzi diversi a seconda delle categorie che compaiono.

Discriminazione intertemporale: prima mettiamo sul campo un prodotto a un certo prezzo, poi abbassiamo
i prezzi. Nel tempo il prezzo scende.

 Fissazione in base al carico di punta

Fissare il prezzo al momento in cui c’è il momento di maggiore affluenza. Es: happy hour. Se so che alle
7.30 i tavoli sono pieni allora abbasso i prezzi.

 Tariffe in due parti: fissa e variabile

Es: tariffa telefonica, abbonamento palestra.

 Vendite a pacchetto

Es: Pacchetti vacanze, menù. Nei pacchetti vendi prodotti che separatamente non venderesti.
Negativamente correlate significa che chi ha preferenza per i panini prende anche le patatine e lo stesso
per le patatine.

 Contratto vincolante

Es: franchising. Puoi usufruire di un servizio solo a certe condizioni.

Discriminazione di primo grado:

Data una curva di domanda e offerta, si vuole vendere ad ognuno al suo prezzo, in concorrenza perfetta. In
discriminazione perfetta il commercialista sa quanto puoi pagare. Sanno le disponibilità a pagare.

Il commercialista vende ad ognuno al suo prezzo di vendita, venderò non più alla quantità di equilibrio,
oltre la quantità Qp allora la curva di offerta è sopra la curva di domanda ma finché incontro un
consumatore che è disposto a pagare di più allora posso vendere a valore di acquisti diversi.

Ogni consumatore paga esattamente quanto è disposto a pagare, da un punto di benessere complessivo
non ho perdita secca.

Se posso praticare discriminazione perfetta allora produce anche il monopolista la quantità di equilibrio.
Non ha più bisogno di discriminare, perché non ho più perdita secca. Si appropria del surplus altrui, ma non
viene sprecato nulla.

Porre prezzi maggiori per persone più disposte a pagare e prezzi


più bassi per persone meno disposte a pagare è una
discriminazione di prezzo da parte del monopolista, ma positiva
perché si riduce o annulla la perdita seccca.

Il surplus complessivo è quello di equilibrio (se arrivo ad


abbassare il prezzo fino all’equilibrio). Quando noi partiamo da
una situazione di monopolio, se la discriminazione è imperfetta,
ci potrebbero guadagnare in due.

In aggregato abbiamo aumentato il benessere, il monopolista


non raziona il mercato.
LA PUBBLICITA’

Un altro modo di aumentare i profitti è farsi pubblicità, ovvero cercare di attrarre più clienti, di fare
aumentare la domanda. Si vuole fare un prezzo più alto.

È un modo per spostare in alto a dx le condizioni di domanda della singola impresa. Capita che però
assumere personale marketing rappresenti un costo. La pubblicità sposta la curva di domanda verso
l’esterno ma al contempo aumentano i costi fissi.

Il vecchio punto ricavo marginale = costo marginale è diverso, la quantità Qma la vendo ad un prezzo
differente. Se è aumentata la domanda significa che la disponibilità del consumatore a pagare è maggiore.
L’effetto di prezzo contrae il surplus che aumenta.

La scelta della pubblicità è dura.

Devo considerare che ho i costi della produzione, i costi della pubblicità e maggiori ricavi.

π=P∗Q ( P , A )−C ( Q )− A
La pubblicità aumenta la produzione. Ma un aumento della produzione determina un aumento dei costi di
produzione e occorre tenere conto dei costi e benefici di un euro in più speso in pubblicità.

Dove A sono i costi di pubblicità.

L’impresa dovrebbe investire in pubblicità fino al punto che (dove uno rappresenta il costo della pubblicità
stessa, il costo marginale per la variazione al margine della pubblicità indotta alla quantità aggiuntiva):

R' A =P∗ ( ∆∆ QA )=1+C ∗( ∆∆ QA )=interocosto marginale della pubblicità


'

( P−C ) ( ∆ Q )=1
'
∆A
A
Moltiplicando entrambi i lati per il rapporto tra pubblicità e vendite:
PQ

Ottenendo:
P ( ( ))
( P−C ' ) ∆Q A
∆A
∗ =
A
Q PQ

Per la formula di Lerner allora:

A EA
=
PQ Ed
Dove Ea è la elasticità della domadna rispetto alla pubblicità, ovvero la variazione percentuale della
quantità domandata risultante da un incremento percentuale della spesa in pubblicità.

LEZIONE 22: CONCORRENZA MONOPOLISTICA E OLIGOPOLIO

Abbiamo visto una regola empirica con cui capiamo quanto possiamo investire in pubblicità. Oggi ci
concentriamo sulle forme intermedie di concorrenza. In un caso intermedio la industria il lato della offerta
è fatto da una pluralità di imprese, ma non abbastanza da costitutire un caso di conocrrenza perfetta,
ciasuìcuna quindi ha un impatto sul mercato ed ha effetti anche sulle altre imprese.

La concorrenza monopolistica: forma di mercato in cui le imprese:

 Producono prodotti differenziati, per qualità, ma non quantità.


 Possono entrare e uscire liberamente.

Una delle caratteristiche del mercato in concorrenza perfetta è che l’acquirente è indifferente, non c’è una
differenza tra acquistare presso una impresa o un’altra impresa, il prodotto è lo stesso e l’effetto in termini
di preferenze è lo stesso. L’idea è che le imprese, in concorrenza monopolistica, abbiano una
differenziazione di prodotto. Il venditore fa parte del tipo di prodotto che acquistiamo.

Questa libertà di entrare in un mercato distingue la concorrenza perfetta da un oligopolio, nell’oligopolio,


infatti il numero di aziende all’interno di un mercato non varia o lo fa di poco. Esistono quindi delle
barriere all’ingresso, se mettessimo licenze contingentate allora il mercato diventa oligopolistico, il numero
sono poche e fisse. Siamo in un contesto strategico, quindi la decisione di ognuno interferisce sugli altri, le
nostre decisioni saranno ottimali solo se condizionate dai comportamenti degli altri. Dobbiamo capire il
comportamento che è funzione di quello che fanno gli altri. ES: happy hour in un altro bar e quindi devo
regolarmi in base a quello.

Se in un mercato allora si associano delle imprese si formano dei cartelli, trust, il cartello si basa sulla
fiducia. L’accordo permette di massimizzare i profitti. In generale la legislazione generale proibisce accordi
di cartello.

In concorrrenza perfetta c’è assenza di potere di mercato, i ricavi marginali sono uguali al ricavo medio. La
curva di domanda è piatta. Dati poi costi marginali si può ricavare il prezzo.

Figura 17: Curva della domanda in


Figura 15: Curva di concorrenza Figura 16: curva monopolistica con
monopolio.
perfetta. caso intermedio.

Nella curva di monopolio allora ci confrontiamo direttamente nella curva di domadna, siamo noi che
influenziamo il prezzo a seconda delle nostre esigenze, il ricavo marginale è più basso di quello medio
perché se aumentiamo il prezzo diminuiamo le quantità vendute, e questo determina il fatto che c’è un
ricarico che restringe il mercato.

Nel caso intermedio (non in concorrenza perfetta ma con un potere di mercato) potremmo avere un
potere di mercato molto più grande e una curva molto più rigida, il ricavo marginale sarà molto distante e
la surva quasi verticale, per questo si ottengono dei ricavi molto elevati. Il potere di mercato è l’inverso
della elasticità della domanda.
Se la curva fosse quasi orizzontale il ricavo marginale sarebbe molto vicnio alla domanda, la curva sarebbe
molto, ma non infinitamente elastica, e la differenza con la quantità che si venderebbe in equilibirio è poca.

Se ci immaginassimo in una situazione mista tra conocorrenza perfetta e


monopolio, allora la curva di domanda e di ricavo divergerebbero ed
immmaginando che lo facciano per una elasticità elevata, allora si
potrebbe stabilire la quantità venduta di una merce (Q) semplicemente
intersecando la curva dei ricavi marginali con quella dei costi marginali ed
il prezzo sarebbe dato dalla intersezione della curva di domanda con Q.

Ricordando che la curva dei costi medi e quella dei costi marginali si
Figura 18: elasticità elevata in caso incontrano nel suo minimo, la soluzione sarà tale per cui la curva del costo
intermedio marginale incontra la curva del costo marginale.

La impresa farà dei profitti perché vende ad un prezzo superiore rispetto ai costi marginali sostenuti per la
produzione, ma non può essere considerata monopolista puro perché esso produrrebbe una quantità Q’
data dalla intersezione tra la curva dei costi marginali e di domanda.

Questa è una serie di decisioni di breve periodo. È possibile che altre imprese entrino, ci può rimanere
qualcosa in mano. Se aprono dei competitor allora la domanda tende a scendere, anche il ricavo marginale
si abbassa, peggiorano le condizioni di domadna per quel locale.

Ci spostiamo più in basso. Meno offerta e prezzi minori, tali che si rischeirà di non ripagare i costi medi. Ed è
proprio quello che accade nel lungo periodo.

L’equilibrio nel lungo perido quindi, avviene quando i profitti saranno nulli, esattamente come la
conocorrenza perfetta.

Nessuno farà profitti positivi e nessuno farà perdite, nel lungo periodo
nessuna impresa farà profitti positivi né negativi.

La differenza è che nel breve periodo è possibile fare profitti positivi ed


inoltre agire in un mercato in concorrenza monopolistica significa che oltre
a decidere come produrre devo attuare una politica di prezzo. Le mie
decidioni di produzione e prezzo sono importanti. Il prezzo di lungo periodo
prevede profitti nulli ovvero quando la curva di domanda (curva dei ricavi)
Figura 19: equilibrio nel lungo
periodo (profitti nulli) interseca la curva dei costi medi.

In termini di surplus, però:

 Da parte del consuamtore è rappresentata dalla differenza tra la linea di domanda e il prezzo,
mentre il surplus del produttore è 0.

Nel punto di concorrenza perfetta i costi medi sono più alti dei costi marginali, se una impresa in
concorrenza monopolistica mi imponesse di produrrre la quantità di concorrenza perfetta, allora questa
produrrebbe in perdita.

Il consumatore ci guadagna più di quanto ci guadagna la impresa. Mi converrebbe che un lato ci perda
facendolo compensare dagli altri. In conocrrenza perfetta la curva è piatta, ma nella concorrenza
monopolistica la curva del costo marginale è ancora decrescente.

La varietà fa sì che la curva sia inclinata negativamente. Riguarda.


LEZIONE NUMERO 23

Oligopolio: In un mercato oligopolistico l’impresa stabilisce il prezzo o il livello di produzione anche sulla
base di considerazioni strategiche riguardante il comportamento dei concorrenti. Ci possono essere delle
cause di carattere teconologico. Quando la scala minima è molto ampia allora non c’è libertà di ingresso. Le
imprese che producono aerei sono poche. Quando la scala minima è talmente grande che c’è solo una
impresa allora significa che è monopolio naturale.

Equilibrio di nash: Oguno applica Figura 21: impresa in oligopolio con 0


Figura 20: variazioni della produzione in concorrenti
base alle aspettative di mercato la strategia ottimale del
comportamento che gli altri pongono in essere.

Duopolio: mercato nel quale concorrono due imprese.

Dentro un oligopolio ci possono essere imprese che possono vendere lo stesso prodotto o imprese che
vendono prodotti differenti, per quanto in uno stessi mercato. La differenza importante è che le imprese
non possono entrare nel mercato.

Nel caso di Cournot le imprese producono uno stesso bene, si contendono uno stesso mercato, non c’è
differenziazione di prodotto.

 Quindi il prezzo di mercato è unico.


 Le imprese muovono tutte nello stesso momento. Non si attuano particolari strategie se non
sulle aspettative future.

Il livello di produzione per la massimizzazione della impresa sarà massimizzato in base alla quantità
prodotta dagli altri.

Date due imprese: la impresa uno si comporta in conseguenza delle prospettive sulle azioni di 2. Nel caso in
cui 2 non ci sia allora 1 si comporta come fosse un monopolista.

Sappiamo che se la impresa si aspetta che l’altra impresa non produca allora la sua produzione sarà nel
punto in cui i ricavi marginali saranno uguali ai costi marginali (costanti x ip).

Se la impresa si aspetta che l’altra produrrà non 0, ma 20 allora la quantità prodotta slitterà verso il basso a
causa dell’abbassamento delle aspettative di vendita.

Se la impresa 2 ci si aspetta che produca più di 20, allora la produzione si abbasserà ulterirmente. E così via.
E’ importante che si tracci una curva di reazione, che mette in relazione le quantità prodotte dalla azienda
1 e 2. Mostra si quanto varia la mia produzione al variare della produzione dell’altro.

La curva che esce è la curva di reazione e massimizza il profitto di una azienda data la quantità prodotta
dall’altra impresa. Quantità tale per cui il costo marginale diventa uguale al ricavo marginale.

Possiamo quindi tracciare due curve, la prima relativa alla impresa 1 e la seconda relativa alla impresa 2.

Figura 22: curva di reazione della


impresa 1 Figura 23: curva di reazione della
impresa 2

Cerchiamo il punto per cui le aspettative delle imprese si realizzano quindi


quando siamo su entrambe le curve di reazione, ovvero la intersezione tra
le proprie aspettative. Entrambe realizzano l’equilibrio di Nash, si
massimizza il profitto per entrambe.

L’equilibrio di Cournot è detto stabile, ma se definiamo l’equilibrio


economico come la condizione stabile, è il punto in cui ciascuno produce
la quantità ottimale condizionato al comportamento dell’altro.

Figura 24: intersezione tra le due curve di


reazione

ES. la domanda di mercato ammonta a:

P=40−Q

Le due imprese sono identiche (stessa tecnologia) ed hannno un costo


marginale pari a:

' '
C 1=C 2=10
Calcolare l’equilibrio di Cournot e i profitti delle imprese:

Soluzione:

Nel caso di concorrenza monopolistica.

calcoliamo la curva di reazione della prima impresa: prima si calcola il prezzo della merce:
D 1 ( Q 2 ) : P=40−Q 2−Q 1

RT 1=P∗Q1=( 40−Q2−Q1 ) Q 1=40 Q 1−Q 2∗Q 1−Q 12


'
R 1 =40−Q 2−2∗Q 1
x criterio dimassimizzazione del profitto :
Q2
Q 1' : R 1' =C 1' → 40−Q2−2∗Q 1=10 → 40−10−Q 2=2 Q 1→ Q1¿ =15−
2
Una volta trovata la quantità 1 all’equilibrio lo si fa anche per 2.

RT 2=P∗Q2=( 40−Q 2−Q 1 )∗Q 2=40Q 2−Q 22−Q 1 Q2

R 2' =40−2∗Q 2−Q1


X criterio massimizzazione del profitto:

Q1
R 2' =C 2' → 40−2∗Q2−Q1=10→ Q 2¿=15−
2
L’equilibrio di Nash sarà:

Q 2¿
15−
Q¿ 2 2 15 Q1'
Q 1¿=15− =15− = − → Q1¿ =10 , Q 2¿=10 , Q¿ =20 , P=20
2 2 2 4
Il profitto della impresa 1 sarà:
¿ ¿
π 1=P∗Q 1 −C 1'∗Q 1 =200−100=π 2
Per calcolare il surplus del consumatore, allora, dovrò sottrarre al prezzo massimo il prezzo ricavato in
precedenza, lo moltiplico per la quantità venduta. Si considera il surplus come un triangolo del quale
dobbiamo calcolare l’area.

Ognuna delle due parti si comporta come se l’altra dovesse fare la mossa più efficace, come se uno basasse
le proprie scelte in base alle aspettative di un altro giocatore.

( Pmax−P ¿ )∗Q
SC = =200
2
Il surplus totale ammonta a:

ST ( produttore)=π 1+ π 2+ SC=400
Una volta giunti all’ottimo non conviene più muoversi. Il loro prezzo non è di concorrenza perfetta.

Non siamo nel caso di monopolio, ma c’è una perdita secca, a impresa ha un potere di mercato.

Nel caso di duopolio e collusione

Se c’è una collusione, allora, non c’è curva di reazione. Si massimizza il profitto totale per poi dividerlo.

R' =C ' → 10
Quindi, costi e ricavi marginali sono uguali per le due aziende.

Il profitto è dato da, ricordando che Q è domanda aggregata di due aziende:


2
π=RT −CT → RT =( 40−Q )∗Q=40 Q−Q
I ricavi marginali sono:
'
R =40−2 Q →Q=Q2+Q 1→ 40−2 Q
X massimizzare il profitto:

Q¿ : 40−2 Q=10 →Q=15 →Q 1+Q2=15


Il prezzo ammonta a:
¿
P =25
R T ¿ =375
' ¿
CT =C ∗(Q ) =150
Il surplus si calcola sempre tramite la formula:

( Pmax−P ¿ )∗Q
SC= =112,5 → ST ( produttore)=π 1+π 2+C=337,5
2
Il surplus totale è diminuito rispetto al caso precedente.

Graficamente parlando, considerando le curve di reazione bisogna.

Guarda le immagini

Figura 25: curva del monopolista


Nella figura a sx viene indicato che la quantità massima che può essere
prodotta da due aziende che si spartiscono il mercato ammonta a 15.
Questo significa che loro decideranno come spartirsi le quantità da
vendere in base alle loro esigenze.

Siccome se la spartiscono a metà si forma una curva di collusione (quella


arancio).

Se le imprese non colludono il prezzo si abbassa ma la quantità di merci vendute aumenta, il giallo è il
punto di duopolio, mentre quello di monopolio è più in basso. In generale con il monopolio si produce di
più ad un prezzo inferiore rispetto al duopolio in cui si produce di meno ad un prezzo suoerirore.

La perdita secca nel caso di monopolio è inferirore


rispetto alla perdita secca nel caso del dupolio.

La perdita secca che diverge tra le due ammonta


all’area del monopolio meno quella del duopolio.

In un contesto strategico è il mercato del duopolio di


STUCKEMBERG.
Siamo sempre in un contesto dove c’è collusoione tra due aziende, i prodotti sono uguali, però le regole
sono diverse, una impresa muove prima e una muove dopo. Ci sono diversi casi in cui la relazione tra
imprese monopolistiche sono di stuckemberg. Soprattutto quando ci sono leader di mercato.

Cambia la atteggiamento del follower ma anche quello del leader, perché conosce la sua condizione.

Es:

Impresa uno muove per prima, è leader, siccome noi sappiamo come reagirà l’altro, il leader sfrutta il
vantaggio di leadership, conosce la funzione di razione dell’altra impresa:

¿ Q1
Curva di reazione della impresa 2:Q 2 =15−
2

RT 1=P∗Q 1=( 40−Q 2 −Q1 )∗Q1=40 Q 1−Q 2 Q1−Q1 =40 Q1− 15−
¿ ¿ 2
( Q1
2 ) 2
Q 1−Q 2 =25 Q1−
Q 12
2

R 1' =25−Q 1 R1' =C 1' Q 1¿=15 Q 2¿=7,5Q¿ =22,5 P¿ =17,5


Decide quindi la quantità in modo da aumentare il prezzo.

LE STRATEGIE DI COLLUSIONE PARTE 1

Il concetto di strategia dominante e collusione, non è vero che una situazione di contesto di duopolio
permette che:

Il dilemma del prigioniero ci dice che i cartelli hanno una natura instabile, ovvero non è facile imporre ad
una impresa di rispettare un cartello perché se è l’unica che esce ci guadagna enormemente.

Implicazioni del dilemma del prigioniero:

 Stabilità degli accordi di cartello


 Effetti dinamici e reputazione
 Rigidità dei prezzi: di fronte a variazioni positive della domanda o diminuzione dei costi, i prezzi
potrebbero non variare, perché non ci si comunica il cambiamento dei costi e rende rigidi i
prezzi.

Il modello della domanda a angolo:

 Se si alzano i prezzi, perdo un pezzo di mercato a causa del fatto che i concorrenti al cartello
hanno ragione di pensare che si stia rompendo il cartello. Se si vuole spuntare un prezzo più
alto allora la domanda sarà più elastica, quindi si annulla il cartello.
 La impresa si confronta quindi con una curva di domanda ad angolo. La curva diviene più
elastica, e c’è un angolo nel punto di prezzo P. le decisioni di produzione sono prese.
?????????????? Guarda su IT
Le imprese per evitare il modello della domanda ad angolo tentano di segnalare il prezzo giustificando che
lo fanno per migliorare il mercato oppure attraverso una leadership di prezzo, in base alla quale una delle
imprese annuncia regolarmente variazioni di prezzo e le altre imprese si adeguano.

Es: Si chiama prime rate (breve periodo) ciò che le aziende applicano a prezzi bassi, non si fanno
competizione, perché se si spostano ovviamente non conviene che si muovano, c’è più stabilità.

Sono poche le banche cha hanno grandi clienti (oligopolio), c’è una relazione tra prime rate e obbligazioni
(lungo periodo) societarie. Su questi mercati c’è competizione.

Il grigio è oligopolistico, il blu invece è concorrenziale, il prime rate cambia, ma sono variazioni molto meno
crescenti, le obbligazioni cambiano ancora, nei mercati oligopolistici allora il tasso cambia poco, è più
rigido, c’è un mercato collusivo ed informale.

Figura 26: Prime rate vs obbligazioni

I giochi e le decisioni strategiche, il gioco è una situazione in cui i partecipanti prendono decisioni
strategiche che tengono conto delle risposte altrui.

Payoff: Valore associato ad un risultato

Strategia: regolo o piano di azione per partecipare ad un gioco.

Strategia ottimale: Strategia che massimizza il payoff per ogni concorrente.

Se si ritiene di conoscere le strategie avversarie allora si agirà in ricerca della strategia ottimale. I criteri che
dobbiamo seguire dato quello che faremo e del comportamento degli altri allora: teoria dei giochi.

I principi che guidano le decisioni in un contesto strategico sono:

 Giochi cooperativi: dove i partecipanti sottoscrivono accordi vincolanti che pianificano


strategie congiunte.
 Giochi non cooperativo gioco in cui non è possibile sottoscrivere e applicare accordi vincolanti.

Una strategia è ottimale quando qualsiasi cosa facciano gli altri allora io ho fatto sempre la scelta migliore
possibile.

Quando ognuno ha una strategia dominante allora ci sarà un equilibrio tra strategie dominanti.

STRATEGIE E COLLUSIONE PARTE 2

Una scelta dominante vale per ogni scelta possibile.


 La strategia dominante quando si agisce nel modo migliore possibile a prescindere da ciò che
fanno gli altri competitor.
 L’equilibrio di Nash: agisco nel modo migliore possibile in base a quello che fanno i miei
competitor.

L’equilibrio di concorrenza perfetta se il prezzo è più alto di quello all’equilibrio non vende e se lo fa più
basso allora ci perde. La stessa cosa vale per il monopolismo. Per B è la strategia dominante, allora
emergerà l’equilibrio di Nash.

C’è l’esempio del gioco della spiaggia. Se non ho interessi ad uscire dal cartello allora ci resto, ma il primo
che sgarra rompe tutto il cartello, per esempio nelle politiche commerciali internazionali. Per chi
rappresenta i produttori, fare barriere internazionali ha senso, ma se un paese mette barriere all’ingresso
allora comincia anche l’altro. È un equilibrio di Nash.

 Strategia di massimo e minimo: quando esistono equilibri di Nash.

Se non si sa ciò che farà l’altro allora conviene adottare un criterio che massimizza il minimo ovvero evita le
perdite maggiori, ovvero, in base alle scelte altrui otteniamo il minimo di perdita. Se adottiamo la strategia
di maximin allora scegliamo di non investire perché si tende a minimizzare le perdite.

Esiste un equilibrio di Nash, ma la nostra scelta maximin è in contraddizione, si adotta una scelta
conservativa. Non massimizziamo i profitti.

Quando non abbiamo una strategia dominante ma non ci fidiamo degli altri allora si adotta un criterio di
massimizzazione del minimo.

 Massimizzazione del profitto atteso: E ( π AI )= p b=i∗π A=i + pb=n∗π A=i

Se abbiamo una idea rispetto alle scelte altrui, allora possiamo massimizzare la aspettativa media.

GIOCHI SEQUENZIALI

 Modello di duopolio di Stuckemberg


 Vantaggio della prima mossa
 Impegni, minacce e credibilità

Ciò mi serve per scegliere la risposta ottimale. Non è detto che il duopolio sia stabile.

 Equilibrio di Nash quando la cosa migliore da fare in base a quello che fanno gli altri.

Rappresentazione in forma estesa:

Per capire la strategia migliore per la impresa in base a quello che fanno gli altri allora mi basterà scorrere il
diagramma a retroso.
in figura vengono riportati i dati dei problemi precedenti, l’equilibrio di Nash è indicato dal cerchio verde, le
strategie dominanti sono altre perché non è la migliore in ogni caso.

L’equilibrio di cartello, rappresentato in figura nel primo quadrante, è quello più profittevole, ma non è
stabile, vedi gioco della spiaggia.

Equilibrio di cartello ≠ Equilibrio di Nash

A dire il vero, la cosa migliore che potrebbe fare B è rompere l’accordo di cartello producendo poi 10.

Se A decidesse di produrre 7.5 allora B sceglierà di produrre 10. Se A sceglie 10 allora B sceglie 100.

Se A deciderà di produrre 15 allora B sceglierà di produrre 7.5.

Facendo una scelta prima allora sai come è vincolato l’avversario.

Un equilibrio di strategie dominanti si verifica quando le strategie dominanti di due aziende si incrociano in
una soluzione.

Dato un equilibrio di Nash, se c’è una azienda che muove prima allora l’altra si adatta.

Si può togliere il vantaggio della prima mossa rispetto a B semplicemente vincolandosi.

Una deterrenza all’entrata rappresenta il fatto che si acquistino i macchinari per combattere il concorrente
entrante.
INFORMAZIONE ASIMMETRICA lezione 27

Fino ad ora abbiamo visto la categoria dei fallimenti del mercato, ovvero situazioni in cui si verifica una
perdita secca nella redistribuzione del benessere che nel lungo periodo penalizzano chiunque. Non
massimizziamo più il benessere complessivo. Quasi sempre causato da un potere di mercato oppure
quando c’è un contesto strategico, in cui le persone sono portate a compiere decisioni improduttive.

Una delle proprietà che avevamo nei vari giochi erano che ognuno aveva le informazioni e le strutture del
mercato e c’era una informazione completa e simmetrica. L’idea era che spesso nei contesti economici, le
due parti avevano sempre le stesse informazioni. Ma quando c’è una informazione asimmetrica (ovvero
quando o il venditore o il collaboratore sono in possesso di informazioni che l’altro non detiene). O quando
l’acquirente o il venditore abbiano informazioni diverse rispetto ad una transazione.

Es: mercato del lavoro in cui il lavoratore non conosce quali sono le intenzione effettive del lavoratore,
altrimenti, nel caso del datore, conoscere la realtà sul lavoratore.

Il modello base della informazione asimmetrica è dovuto ad Akerlof, ed è il mercato dei bidoni o delle
fregature. L’esempio delle auto usate, secondo il quale esistono auto usate di diversa qualità, auto buone e
cattive, il fatto che uno venda l’auto significa che se ne vuole disfare. Ma ipotizziamo che una persona
voglia vendere una auto buona perché se ne vuole comprare un'altra o per altri motivi. In questo caso ci
sono macchine buone.

Naturalmente anche questa offerta cresce col prezzo.

C’è poi l’altro mercato, quello dei bidoni. Il cui prezzo è basso.

Ci sono domande di bassa qualità che sono più basse della alta
qulalità, ma anche la offerta della bassa qualità è diversa. Il numero
di macchine usate e buone sono uguali, ma i mercati diversi.

Gli acquirenti non sanno distinguere se l’auto è un bidone o no.


Figura 27: mercato auto buone
Non si sanno quali sono di alta e bassa qualità, la metà delle volte
sono di alta qualità, e la metà sono di bassa qualità. La domanda sarà quindi intermedia tra alta e bassa
qualità.

La curva di domanda diventa una curva a metà tra quella alta e


bassa.

Anche la curva di offerta risulterà media.

La intersezione tra le offerte e le domande medie saranno in eq. La


quantità sarà la stessa ma il prezzo sarà medio.

Rispetto al mercato di alta qualità il prezzo è più basso, siccome il


prezzo è più basso, il numero di auto buone venduto sul mercato
Figura 28: mercato bidoni
sarà più basso, perché i guadagni per chi vende l’auto buone sarà
inferirore. Il nuemro di auto vendute in un contesto di asimmetria informativa è più basso di quello in
condizioni di informazione completa.

L’altro lato è ciò che succede nel mercato di bassa qualità rispetto al precedente.
Figura 30: Mercato auto buone vs mercato Figura 29: Mercato auto cattive vs medie
medie

Due mercati che dovrebbero essere separati non lo sono, ci sarà un prezzo unico e premierà l’offerta di
bidoni mentre farà diminuire l’offerta di alta qualità.

Si vende lo stesso numero di auto ma la qualità medie delle auto sul mercato sono più basse. Quando vedo
che le auto sono praticamente tutte di bassa qualità, porterà in basso la Qd media. Mentre la curva di
offerta sarà sempre la stessa, il nuovo punto di equilibrio sarà ad un prezzo ed una quantità più bassa.

Rispetto a prima calano anche le auto di bassa qualità, in quello di alta qualità succede che il prezzo è sceso
a tal punto che non ci sono più auto buone, il fatto che non si è capaci di differire tra auto buone e cattive fa
si che le cattive siano andate fuori mercato.

Nel mercato rimarranno solo le auto di bassa qualità. La curva del mercato totale coincide con il mercato di
auto di bassa qualità.

Ci sono persone disposte a comprare auto di buona qualità ma non


potendo segnalare la informazione allora si segnala la qualità
inferiore.

Ciò dimostra che la asimmetria informativa porta ad ineguaglianza


nel mercato.

Figura 31: abbassamento della q.tà di auto


di bassa qualità

La sezione avversa: è una forma di fallimento del mercato dovuta al fatto che prodotti di qualità differenti
sono venduti allo stesso prezzo per la presenza di informazione asimmetrica.

 Mercato assicrativo. ES: se la assicurazione pone un premio più alto a favore dei fumatori e più
basso a favore dei non fumatori, allora significa che i fumatori sono incentivati a mentire sul
fatto di fumare.
La compagnia applica un premio medio in entrambi i casi, disincentivando quindi i non
fumatori ad assicurarsi (ed al contrario incentivando i fumatori a farlo).
Succederà che le categorie più a rischio si assicurano e quelle meno a rishio no, è lo stesso
problema delle macchine.
A un certo punto i premi saranno poco elevati rispetto ai non fumatori.
Soluzione: sistemi sanitari pubblici. Assicurare aggregando il rischio.
 Mercato del credito.
LA SEGNALZZIONE: IL MODELLO DI SPENCE

La segnalazione di mercato è un processo tramite il quale o venditori inviano segnali agli acquirenti per
fornire loro informazioni sulla qualità dei prodotti.

 Segnali deboli: vestiti: non aiuta a capire la qualità. Non c’è nessuna correlazione tra vestiario e
capacità.
 Segnali forti: istruzione: correlazione tra capacità e istruzione.

Nel caso del colloquio di lavoro.

Dato un gruppo A altamente produttivi e un gruppo B scarsamente produttivi allora vengono impiegati per
produrre un prodotto, ed ogni unità si venda a 10.000€, con una tempo di lavoro di 10 aa.

Le produttività marginali per ogni gruppo:

π A =2 π B=1 π M =1,5

Se la impresa sceglierà a caso allora nel 50% avrà probabilità di trovare uno bravo e la stessa probabilità di
trovarne uno incapace.

Ricavi totali:

Ra=200.000 Rb=100.000 Rm=150.000


La impresa non sa che salario offrire, potrebbe offrire 150.000 ma non sa se ci vincerà o perderà. Allora c’è
la possibilità di fare entrare un segnale, ad esempio, i tempi di studio, quelli che sono capaci ci mettono
meno a laurearsi a confronto con chi ci mette di più.

Il costo di studio, per esempio, di un lavoratore alto è differente per ogni gruppo:

Ca (Y )=20.000 €∗Y Cb (Y )=40.000 €∗Y


Se potessi fare una azienda di persone produttive però, le imprese scelgono il segnale ottimale y’ tale che:

W (Y >Y ) =20.000W (Y <Y )=10.000


' '

Se riuscissi a discriminare tra i due gruppi. Il mio segnale deve essere fatto in modo che per quel livello di
anni di studio convenga studiare solo ai lavoratori capaci e non convenga solamente a quelli di bassa
produttività e non superare la soglia di studio. Se il lavoratore sa che esiste una soglia data, se pensa che la
soglia gli dà un costo maggiore di quello che incassa di più studiando allora decide di studiare 0, mentre se
un lavoratore pensa che quella soglia sia sufficientemente bassa per cui valga la pena studiare rispetto al
premio produttivo di produzione allora decide di studiare esattamente quel numero di anni.

Per il lavoratore il beneficio in più:

B ( Y ≥ Y ' )=10.000 €∗10=100.000 B ( Y < Y ' ) =0 €


Il beneficio aggiuntivo marginale è di 10.000€ mentre il beneficio di non studiare è 0. Avviene un equilibrio
di separazione e tenderanno a fare scelte diverse.

Avviene un caso di equilibrio di separazione, data la soglia del segnale e la politica della scelta, tenderanno
a fare scelte diverse.

Quindi, la impresa saprà che tutti i lavoratori con più di tre anni di studio sarà covenuto studiare solo se
sono lavoratori bravi. Sa che tipo ha davanti, si può calcolare la soglia precisa per i lavoratori del gruppo A i
benefici sono uguali ai costi, allora la soglia sarà più bassa di 5 aa.
Soglia diY ' per il gruppo A : B ( Y ≥Y ' ) =Ca ( Y ' ) →100.000=20.000∗Y ' →Y ' a=5

Soglia di Y per il gruppo A : B ( Y ≥Y ) =Cb ( Y ) →100.000=40.000∗Y → Y b=2.5


' ' ' ' '

I lavoratori di B finché dite che il periodo è inferiore a 2,5


allora mi conviene studiare altrimenti no.

Oltre due anni e mezzo non vale neanche il costo del


beneficio che offrono.

La impresa scegliendo una soglia che sta esattamente a


metà tra 2,5 e 5 riesce a dividere i due gruppi a metà. Se
sceglie un incentivo inferiore a due e mezzo allora tutti
studiano, se sceglie una soglia inferiore a 5 allora non
studia nessuno.

Per la impresa è ottimale separare i due gruppi: segnalazione di Spence.

Alla impresa non serve che si studi più di 2.5 anni, ma è un indice della capacità.

 La soluzione migliora l’equilibrio ma non è efficiente. Chi fa prodotti di scarsa qualità non sono
garantiti.
 Le garanzie sono uno strumento di segnalazione.
 Il lavoro notturno: l’orario medio settimanale si è esteso

Il segnale risolve il problema in parte.

Azzardo morale: situazione in cui una parte il cui comportamento non è visibile può influire sull’esito
dell’accordo tra le parti nascoste. Esempio modello si shrinking: persone che lavorano non al top. Danno
assicurativo.

Si assume un comportamento che aumenta il rischio dei furti e questo porterà chi non assume questi
comportamenti a pagare di più.

La domanda di chilometri alla settimana, il costo per chilometro della macchina incide su quanto la si usa.
Una parte di questo prezzo si copre dell’assicurazione. Il costo della benzina ammonta ad un euro e quello
della assicurazione chiede 50 cent.

Ci si assicura e dopo si aumentano il numero di chilometri, la scelta si sposta dal punto più alto ad uno più
basso. Questo produce un consumo di trasporto superiore al necessario e l’assicurazione farà pagare
questo aumento a tutti.

Che la informazione asimmetrica riguardi una situazione non osservabile o osservabile, in un contesto di
questo tipo allora si crea un problema di Agenzia. Esiste un accordo tra due parti in cui quello che fa una
parte dipende da quello che farà l’altra parte i cui obbiettivi sono diversi da quelli del principale.

 Esempi pazienti e medici.

Un caso molto diffuso, nella i presa privata, sta nel controllo. Potere fama redditività. Il manager rischia
perché non è facile licenziare. Divergenza manager e impresa privata.

Sistema di incentivi, ricavi della produzione di orologi del manutentore dei macchinari:

Caso fortunato Caso sfortunato


Impegno scarso (A=0) 10.000€ 20.000€
Impegno elevato (A=1) 20.000€ 40.000€
La impresa lega quindi la retribuzione al risultato: se il ricavo che faccio è 20.000 o meno allora non ti do un
premio, ma se il ricavo è 40.000 allora ti do un premio di 30.000.

Il lavoratore sa che se non si impegna farà sempre 20.000€, ma se si impegna fa 50.000€.

Contratto di incentivazione dove si premia il lavoratore a sforzarsi.

Uno dei modelli che si basa sul concetto dell’azzardo morale è spiegato dalla teoria del salario di efficienza,
ovvero degli incentivi che si rivolgono al lavoratore al fine di aumentare la efficienza. Se si paga più delle
altre imprese allora non conviene. Pago un salario di efficienza. Ma se alcune imprese aumentano i salari
allora dovrò aumentare anche la produttività di impresa, ma all’aumentare della produttività allora non
licenzio. In questo caso, risolvere l’azzardo morale tramite salario di efficienza crea disoccupazione.

Pago di più > produco di meno (per alzare la prod.) > creo la minaccia per la occupazione
ULTIMA LEZIONE: ECONOMIA COMPORTAMENTALE

Il concetto di scelta razionale, ovvero si determina la scelta delle persone.

Khaneamen e Tbesky Prospect Theory: an Analysis of decision under Risk.

Thinking fast and slow: I due system.

Sistema 1. Veloce, emotive, frequente, inconscio.

Es: determinare che un oggetto si trova ad una distanza di un altro localizzare la sorgente di un suono
specifico.

Sistema 2. Lento faticoso, raro, logico, cosciente.

Es: Cercare la donna con i capelli grigi.

La complessità del problema ci induce a prendere una decisione.

Le persone adottano dei punti di riferimento che minimizzano il rischio e con una maggiore sicurezza.

Avversione alla perdita: gli individui sono avversi al rischio, mentre di fronte ad una scelta di perdita
tendono a rischiare di più.

Chi ha più soldi tende ad avere un desiderio inferiore per un importo fisso di guadagno rispetto a chi ha
meno soldi.

La avversione cambia a seconda della ricchezza, c’è più avversione alla perdita, altrimenti c’è avversione al
rischio.

Abbiamo approcci diversi alle scommesse.

Effetto dotazione: il valore che noi diamo a qualcosa a seconda che questa cosa la abbiamo o no. Chi ha il
bene tende a farlo pagare di più. Chi ha un oggetto tende a farlo pagare di più a chi non ce l’ha. È una
avversione al rischio, è una scelta determinante nel mercato delle case, chi ce l’ha tende a sopravvalutata.

C’è un caso di mental accounting che ipotizza che ci sia un sistema di conti mentali che categorizzano la
ricchezza e il proprio credito.

Implica una errata valutazione del costo opportunità e assomiglia a un effetto dei sunk cost. Secondo il
quale se si ha già acquistato non vende.

Framing: Dipendenza delle scelte dal contesto in cui queste vengono poste: le persone decidono sulle
opzioni in base al fatto che le opzioni siano presentate con connotazioni positive o negative.

 Aumenta all’aumentare dell’età.

Salienza: Importanza conferita da una o più caratteristiche di un prodotto. L’attenzione di un osservatore


può essere attirata su un bersaglio come risultato di alcune caratteristiche generali di quel bersaglio.
Esempio della prima impressione.

Euristiche e distorsioni cognitive: regole ispirate al buon senso e scorciatoie mentali semplici regole
proposte per spiegare come le persone prendono decisioni di fronte a problemi complessi o informazioni
incomplete.
 Introdotto da Herbert Simon, teorico cella razionalità limitata per cui le persone cercano un
modo di risoluzione satisficing: si ritengono soddisfatte di risposte sufficientemente buone per
i loro fini, nonostante non siano ottimizzati
 Possono determinare dei bias cognitivi, ovvero soluzioni di problemi distorte in modo
parzialmente prevedibile.

Ancoraggio: Ci si affida ad una decisione precedente nel prendere una decisone. È un effetto del punto di
riferimento. È un effetto del punto di riferimento.

Una delle critiche ai salari minimi, il minimo rischia di essere una ancora.

Legge dei piccoli numeri – Generalizzazione frettolosa

 Tendenza a sovrastimare la probabilità di un evento sulla base di una quantità di dati modesta.
È una sorta di euristica della Disponibilità, ovvero la tendenza ad esprimere giudizi sulla base di
quanto sia facile pensare agli esempi. Fa parte della euristica della disponibilità.

Eccesso della fiducia ed eccesso di ottimismo

Quando la mente prende decisioni, si occupa principalmente su fenomeni Known Knows, che ha già
osservato e raramente considera Known Unknowns opera sul meccanismo What you see is all there is.

Teoria dei Nudge – la spinta gentile

La teoria dei Nudge, sostiene che sostegni positivi e suggerimenti o aiuti indiretti possono influenzare i
motivi e gli intenti che fanno parte del processo di decisione di gruppi e individui, almeno con la stessa
efficacia di istruzioni dirette, legislazione o coercizioni.

I nudge sono definiti come “ogni aspetto nell’architettura delle scelte che altera il comportamento delle
persone in modo prevedibile senza proibire la scelta di altre opzioni e senza cambiare in maniera
significativa i loro incentivi economici”.

Equità: a volte le persone ritengono che sia appropiata o equa anche quando nel compierla non vi sia alcun
beneficio finanziario ne materiale.

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