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07/03/23, 19:48 Macroeconomia | Pandoracampus Reader

APPROFONDIMENTO

Che cosa spiega la disoccupazione in Europa?

Quando si parla delle «rigidità del mercato del lavoro» che affliggono
l’Europa, che cosa intendono gli economisti esattamente? Di solito, si
riferiscono a:
Un generoso sistema di sussidi di disoccupazione. Il tasso di sostituzione –
vale a dire il valore dei sussidi di disoccupazione in percentuale del valore
dei salari al netto delle imposte – è spesso molto elevato in Europa e la
durata stessa dell’erogazione dei sussidi – vale a dire il periodo di tempo
durante il quale un disoccupato ha diritto a ricevere il sussidio – si
prolunga spesso per anni. I sussidi di disoccupazione rappresentano un
provvedimento di tutela dei lavoratori chiaramente desiderabile. Tuttavia,
tali sussidi potrebbero determinare una crescita della disoccupazione per
almeno due differenti motivi. Innanzitutto, gli individui disoccupati che
godono di tali sussidi potrebbero essere disincentivati a cercare una nuova
occupazione. Inoltre, i sussidi di disoccupazione possono provocare un
aumento dei salari che le imprese sono tenute a corrispondere. Si ripensi
alla nostra discussione sui salari di efficienza nel capitolo 7: maggiori sono
i sussidi di disoccupazione, più elevati saranno i salari che le imprese
dovranno pagare al fine di motivare e trattenere i propri lavoratori.
Un elevato livello di tutela del lavoro. Per «tutela del lavoro» gli
economisti intendono una serie di normative che fanno aumentare il costo
di licenziamento da parte delle imprese e che vanno dall’imposizione di
una elevata indennità di licenziamento, alla necessità per le imprese di
giustificare tale decisione, fino alla possibilità da parte dei lavoratori di fare
ricorso per annullare il provvedimento stesso di licenziamento. La
motivazione alla base di tali provvedimenti è principalmente quella di
scoraggiare fenomeni di licenziamento e quindi, in definitiva, tutelare i
lavoratori contro la disoccupazione. Questo comporta non solo un
aumento del costo del lavoro per le imprese, ma anche una riduzione delle
assunzioni e, di conseguenza, una maggiore difficoltà da parte dei
disoccupati di trovare nuove occupazioni. L’evidenza empirica suggerisce
che, nonostante i provvedimenti di tutela del lavoro non necessariamente
aumentino la disoccupazione, essi tendono in ogni caso a cambiarne la
natura: il flusso di lavoratori in entrata e in uscita dalle forze di lavoro
disoccupate diminuisce, ma la durata media del periodo di disoccupazione
aumenta. L’allungamento del periodo di disoccupazione accresce il rischio

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di perdere le capacità e le motivazioni dei lavoratori in cerca di


occupazione e quindi, di conseguenza, la probabilità di essere riassunti.
Il salario minimo. La maggior parte dei paesi europei adotta un minimo
salariale. In molti di questi paesi, il rapporto tra il minimo salariale e il
salario mediano può essere molto elevato. Minimi salariali elevati
riducono la possibilità di trovare un impiego per i lavoratori meno
qualificati e quindi possono accrescere il loro tasso specifico di
disoccupazione.
Regole di contrattazione. Nella maggior parte dei paesi europei, l’efficacia
dei contratti collettivi di lavoro può essere soggetta ad estensione: cioè, un
contratto negoziato tra un gruppo ristretto di imprese e i sindacati può
essere automaticamente esteso a tutte le imprese di quel settore. Questo
processo di contrattazione rinforza considerevolmente il potere
contrattuale dei sindacati, riducendo quello delle imprese non
sindacalizzate. Come abbiamo visto nel capitolo 7, un più forte potere
contrattuale detenuto dai sindacati può tradursi in una più elevata
disoccupazione, necessaria per riequilibrare la domanda di lavoratori
disposti a lavorare per i livelli salariali definiti dalle imprese.
Ma queste caratteristiche del mercato europeo del lavoro sono davvero in
grado di spiegare la disoccupazione in Europa? Possiamo, quindi,
considerare il caso chiuso? Probabilmente no. A tal proposito
consideriamo due fatti.

Fatto 1 . Il tasso di disoccupazione europeo non è sempre stato elevato.


All’inizio degli anni Settanta il tasso di disoccupazione dei quattro
maggiori paesi dell’Europa continentale si aggirava attorno al 2-3% e,
quindi, era più basso di quello statunitense (pari al 5%). Il tasso naturale di
questi paesi è aumentato tra il 1970 e il 1990 ed è attualmente intorno
all’8-9%. Quali possono essere le cause di tale incremento?
Un’ipotesi è che le caratteristiche del mercato del lavoro siano cambiate,
in particolare che le rigidità nel mercato del lavoro europee siano sorte
solamente negli ultimi quarant’anni. Tuttavia, nemmeno questa
spiegazione sembra essere del tutto attendibile. È vero che, in risposta agli
shock degli anni Settanta (in particolare, le due recessioni che sono
seguite all’aumento del prezzo del petrolio), molti paesi europei hanno
aumentato di molto i sussidi di disoccupazione e il livello di tutela dei
lavoratori. Tuttavia già negli anni Sessanta, le istituzioni del mercato del
lavoro europeo erano molto diverse da quelle statunitensi. In particolare il
grado di protezione sociale era molto più elevato in Europa.
Una spiegazione più convincente si focalizza sulle interrelazioni esistenti
tra istituzioni e shock. Alcune caratteristiche del mercato del lavoro
possono rivelarsi vantaggiose in determinati contesti, ma molto costose in
altri. Si consideri, per esempio, la protezione dei lavoratori. Se c’è scarsa
concorrenza fra le imprese, queste non avranno bisogno di aggiustare i
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propri livelli di impiego e di conseguenza il costo della protezione dei


lavoratori è contenuto. Ma quando la concorrenza tra imprese nazionali, o
con imprese estere, aumenta, il costo di proteggere l’occupazione aumenta
perché le imprese potrebbero non riuscire ad aggiustare i livelli di
occupazione impiegati, perdere competitività ed essere costrette ad uscire
dal mercato. Conclusione: anche se le regole di protezione non
cambiassero, una maggiore concorrenza può produrre un più alto livello di
disoccupazione naturale.

Fatto 2 . I tassi di disoccupazione naturale sono molto diversi fra un


paese europeo e l’altro. Molti paesi europei registrano un basso livello di
disoccupazione, come risulta dalla figura 1, che riporta i tassi di
disoccupazione per 15 paesi europei nel 2006. La scelta del 2006 non è
casuale: in quell’anno l’inflazione era stabile, suggerendo che il tasso di
disoccupazione si trovava vicino al suo livello naturale.

Fig. 1. Tassi di disoccupazione in 15 paesi


europei, 2006.

Il tasso di disoccupazione è elevato nei quattro più grandi paesi


dell’Europa continentale: Francia, Spagna, Germania e Italia. Ma è
altrettanto importante notare che altri paesi europei registrano tassi di
disoccupazione molto bassi, come nel caso di Danimarca, Irlanda e Paesi
Bassi. Possiamo considerare tali paesi esempi di mercato del lavoro che,
pur registrando un basso tasso di disoccupazione, hanno bassi sussidi, un
basso grado di tutela dei lavoratori e sindacati con basso potere
contrattuale? Sfortunatamente non è possibile semplificare così tanto la
situazione. Paesi come Irlanda e Regno Unito hanno un mercato del lavoro
le cui caratteristiche sono molto simili a quelle degli Stati Uniti: sussidi di
disoccupazione quasi inesistenti, pochi provvedimenti di tutela dei
lavoratori e sindacati deboli. Ma paesi come la Danimarca e i Paesi Bassi
hanno un elevato grado di protezione sociale, in particolare per quanto
riguarda i sussidi di disoccupazione e la forte influenza esercitata dai
sindacati.
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Quale conclusione possiamo trarne? Tra gli economisti c’è sempre più
consenso nel ritenere che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: misure
di protezione sociale particolarmente generose possono coesistere con un
ridotto livello di disoccupazione purché siano attuate in modo efficiente.
Per esempio, i sussidi di disoccupazione possono essere generosi, a patto
che contemporaneamente i disoccupati siano costretti ad accettare un
nuovo impiego non appena questo risulti disponibile. Alcune forme di
tutela, per esempio indennità di licenziamento generose, possono essere
compatibili con un basso tasso di disoccupazione se le imprese non
devono far fronte a lunghe e complicate procedure di licenziamento. Paesi
come la Danimarca hanno dimostrato di riuscire a raggiungere tali
traguardi. La creazione di incentivi per i disoccupati al fine di essere
reimpiegati nel più breve tempo possibile e la semplificazione delle norme
di tutela dei lavoratori sono provvedimenti che la maggior parte dei paesi
europei ha messo in agenda. La speranza è che comportino una riduzione
del tasso naturale di disoccupazione per il futuro.
Per saperne di più sulla disoccupazione europea, vi invitiamo a leggere
Olivier Blanchard, European Unemployment. The Evolution of Facts and Ideas, in
«Economic Policy», 2006(1).

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