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Questo è davvero il grande tema: molto spesso si danno per scontate teorie che, se non
correttamente comprese, finiranno inevitabilmente per instillare il dubbio.
Ed è proprio il dubbio che ci impedisce di iniziare un piano di investimento di lungo termine o,
peggio ancora, ci spinge ad abbandonarlo nel momento peggiore.
Quindi, in questo articolo, proveremo a cercare i motivi che stanno alla base della crescita di
lungo termine dei mercati azionari.
Prima di tutto cercheremo di comprendere quali sono i fattori che spingono al rialzo i prezzi delle
azioni. Poi vedremo se, ragionevolmente, questi fattori possano persistere anche in modo strutturale
anche nel futuro.
Indice
E’ possibile dare una risposta alla domanda senza ricorrere a teoremi matematici complessi e tesi
sul funzionamento dei cicli economici e dei mercati finanziari.
Utilizzeremo la formula teorizzata da John Bogle che è stato uno tra i più famosi investitori
statunitensi, nonché fondatore di Vanguard, società leader nell’industria degli etf (vi abbiamo già
fatto riferimento in un precedente articolo sul calcolo dei rendimenti futuri delle azioni):
John Bogle ha teorizzato il fatto che il rendimento delle azioni è determinato da una componente di
natura strutturale, che ha a che vedere con gli utili prodotti dalle aziende, e da una parte
speculativa che riguarda le aspettative degli investitori.
La componente strutturale è rappresentata dagli utili aziendali e dal loro tasso di crescita
nel tempo (dividendi + crescita degli utili).
Dal punto di vista di chi investe in azioni, gli utili rappresentano un guadagno creato dalle
società in cui si è investito.
Una parte di questo guadagno viene versato direttamente all’azionista (sotto forma di
dividendo) e una parte viene reinvestito nel business dell’azienda (ad esempio in nuovi
impianti o macchinari che consentiranno di aumentare la produzione e gli utili futuri).
Chi investe in azioni attraverso etf o fondi diversificati (scelta ampiamente preferibile
rispetto all’investimento in singoli titoli), tipicamente non percepisce interessi: i
dividendi vengono utilizzati dall’etf/fondo per investire in nuove azioni.
Dunque ,chi investe in fondi/etf sfrutta appieno il principio dell’interesse composto: i
guadagni totali prodotti dalle società vengono interamente reinvestiti aumentando nel tempo
il capitale su cui matureranno nuovi dividendi (che saranno nuovamente reinvestiti).
La componente speculativa è, invece attinente al comportamento degli
investitori (aspettative degli investitori) che, comprano o vendono azioni in base al
cosiddetto sentiment: quando domina l’ottimismo, investono in massa in azioni, facendone
lievitare i prezzi ben al di sopra delle prospettive sugli utili.
Viceversa, quando l’umore sprofonda nel pessimismo, le azioni vengono vendute in modo
irragionevole, deprimendo i prezzi ben al di sotto delle effettive potenzialità delle aziende (i
cosiddetti “fondamentali”).
Potremmo ricondurre alla componente speculativa anche altri fattori, come l’attivismo delle
banche centrali che, in in determinati contesti, stimolano l’assunzione di rischi e
l’investimento azionario, e i buyback, i riacquisti di azioni proprie che, oltre certi limiti,
contribuiscono a gonfiare le quotazioni (attenzione: i buyback non sono necessariamente
Ci concentreremo, quindi, sulla parte della crescita strutturale delle azioni: gli utili aziendali.
Per ogni azienda come Ulisse, ci sono due sole strategie per incrementare gli utili nel tempo:
La domanda che a questo punto sorge spontanea è: “E’ possibile che l’universo delle società
che compongono i mercati azionari riescano in modo strutturale ad aumentare i ricavi e ridurre i
costi?”
Trend demografici ovvero crescita degli utili
Uno dei fattori che contribuisce alla crescita strutturale degli utili societari è rappresentato dai trend
demografici: le aziende quotate in borsa producono utili attraverso la vendita dei beni che
producono e dei servizi che offrono alle persone che decidono di acquistarli.
Se aumenta il numero delle persone a cui, potenzialmente, le aziende possono vendere i propri
beni e servizi, tendenzialmente, nel tempo, aumentano anche gli utili.
Questa immagine mostra l’andamento della popolazione globale secondo le stime delle Nazioni
Unite:
Font
e: Nazioni Unite
Oggi il nostro mondo è abitato da circa 8 miliardi di persone. Nel 2100 la popolazione globale
salirà a circa 10 miliardi.
La gran parte di queste persone dedica buona parte della propria esistenza a cercare di migliorare il
proprio stile di vita: trovare un buon lavoro e guadagnare la giusta retribuzione per costruire una
famiglia, fare dei figli, mandarli a scuola o, semplicemente, per acquistare un’auto, una barca a
vela, una casa più grande, un bel vestito.
Mossi dalla nostra ambizione e dal nostro innato istinto all’autorealizzazione, ogni mattina ci
alziamo, andiamo al lavoro per percepire un reddito che utilizziamo per toglierci soddisfazioni più o
meno grandi
Questo significa che produciamo e consumiamo contribuendo a far muovere il motore della crescita
economica e finanziaria: giorno dopo giorno aumenta la disponibilità di beni e servizi che
vengono prodotti e che vengono acquistati da un numero sempre crescente di persone. Questo
meccanismo sostiene, nel tempo, la crescita degli utili delle società che producono e vendono
quei beni e quei servizi.
Questo grafico mostra la scomposizione della popolazione mondiale per fascia di età: cresce nel
tempo il numero di persone non più in attività lavorativa (Ages 65+).
In altre parole, si nasce di meno, si vive più a lungo e, così, l’età media è destinata ad aumentare:
Fonte: Nazioni Unite
Questo rappresenta un potenziale problema per la crescita degli utili: la progressiva riduzione
del numero di persone in attività lavorativa significa minor produttività e, dunque, minor capacità
di realizzare guadagni da parte delle aziende.
Come può essere risolto questo problema dal mercato mondiale? Cercando sempre più di
efficientare il processo produttivo in modo da ridurre i costi.
Istintivamente siamo portati a pensare al futuro come a una proiezione dell’attuale presente: siamo
ormai perfettamente consapevoli del ruolo dell’innovazione e del progresso tecnologico nello
sviluppo della società.
Molto più difficile è immaginare gli effetti esponenziali del potenziale dirompente del
progresso: non siamo preparati a immaginare l’impatto di scoperte senza precedenti proprio
perché non esistono paragoni con le esperienze del passato.
Nel diciottesimo secolo James Watt inventò la macchina a vapore pensata per pompare acque nelle
miniere di carbone. Presto ci si rese conto che poteva essere utilizzata anche per azionare una
macchina operatrice attraverso un sistema di trasmissione biella – manovella. Da un lato aumentò la
produzione di carbone grazie alla possibilità di scavare pozzi più profondi ma, soprattutto, la
macchina a vapore poté essere impiegata come forza motrice in molte lavorazioni tessili e
metallurgiche.
L’impatto inaspettato di questa scoperta (in origine destinata ad altre attività) ha consentito di
aumentare a una velocità sorprendente la produttività e di ridurre i costi.
Non siamo capaci di immaginare quale potrà essere l’impatto dell’innovazione sul mondo così
come lo conosciamo adesso.
Nell’ultimo periodo mi capita spesso di ascoltare le riflessioni di personaggi di spicco che
sminuiscono le potenzialità dell’auto elettrica: difficile immaginarne un utilizzo su larga scala in
tempi brevi, visti i tempi di ricarica e la scarsità di stazioni ecologiche di rifornimento.
Poi capita di leggere un articolo come questo: in Svezia è stata inaugurata la prima strada che
consente di ricaricare le batterie delle auto elettiche durante la loro corsa.
Una specie di autopista Polistil che risolverebbe il problema dell’autonomia.
Oggi si è acceso il dibattito sul tema dell’ Intelligenza Artificiale: al di là degli aspetti etici, c’è chi
pensa già alla creazione di nuovi robot in grado di sviluppare un pensiero autonomo.
Ma quale può essere l’impatto dell’intelligenza artificiale al mondo produttivo?
Secondo un recente studio di Goldman Sachs l’intelligenza artificiale sarebbe in grado di
aumentare la produttività dell’1,5% nei prossimi 10 anni: un boom della produttività che
porterà a prezzi più bassi e a una crescita degli utili del 30%.
Certo, il tema resta spinoso: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale provocherebbe la perdita di
migliaia di posti di lavoro. La vicenda può essere letta anche come: l’intelligenza artificiale
sopperirà alla mancanza di popolazione in età lavorativa che verrà a verificarsi nei prossimi
decenni.
Conclusioni
Dite a qualcuno che andrà tutto bene e probabilmente vi guarderà storto o
con scetticismo.
Ditegli che è in pericolo e avrete la sua completa attenzione.
M. Housel
Quando si parla di futuro, di soldi e di mercati azionari le narrazioni che sostengono l’inizio di un
nuovo regime di declino, l’arrivo di una catastrofe, la morte della strategia buy & hold raccolgono
sempre un largo consenso.
Le visioni pessimistiche prevalgono sempre su quelle ottimistiche, che vengono accusate di non
dare il giusto peso al rischio.
Senza un minimo di sforzo per capire queste semplici verità, è impossibile fare propri i rendimenti
di lungo termine dei mercati finanziari.