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Assetto organizzativo più̀ diffuso tra le imprese di medie dimensioni con combinazioni produttive semplici.
Le decisioni, pur rimanendo molto accentrate ai livelli più̀ alti della gerarchia, comportano una certa partecipazione
degli organi direttivi funzionali.
Privilegia lo svolgimento dell’attività̀ in condizioni di efficienza, perché́ consente di sfruttare i vantaggi connessi al
conseguimento di:
- Economie di scala
- Esperienza garantita dalla specializzazione
- Conseguimento di obiettivi funzionali attraverso processi di delega top-down.
È da preferire nei casi di un solo prodotto o pochi prodotti.
Svantaggi: risposte lente a dinamiche ambientali, ciò si traduce in un accumulo di decisioni al vertice e quindi ad una
minore innovazione implicando una visione ristretta degli obbiettivi.
Struttura divisionale pura
Il modello divisionale rende le strutture organizzative più̀ flessibili in quanto:
- riproduce a livello di singola divisione le condizioni operative ed organizzative tipiche della singola impresa
- considera le singole divisioni come centri di profitto (ciascuna Direzione di divisione è responsabile del
risultato reddituale parziale della combinazione parziale corrispondente)
Contempera le esigenze di flessibilità̀ delle singole divisioni e le necessità di controllo, coordinamento e
sfruttamento delle interrelazioni garantito dalle Funzioni Centrali.
La scelta del grado di divisionalizzazione determina l’autonomia delle singole divisioni e le attività̀ svolte dalle
Direzioni Centrali nello svolgimento di alcune funzioni aziendali.
Recupero della visione unitaria del business a livello divisionale
Possibilità̀ di rispondere in modo flessibile e tempestivo agli stimoli ambientali
Un aspetto critico del modello divisionale è il coordinamento tra:
le diverse divisioni, in quanto il conseguimento degli obiettivi generali aziendali non è detto che coincida con
la massimizzazione della redditività̀ delle singole divisioni. Il modello divisionale risponde alle seguenti
esigenze:
• crescita delle dimensioni aziendali
• proliferazione di prodotti e/o servizi
• sviluppo tecnologico
• ambienti tendenzialmente instabili
• strategie di forte differenziazione (diversificazione non correlata)
Struttura matriciale
trova.
La matrice suggerisce il disinvestimento rapido in caso di struttura del settore sfavorevole, oppure in assenza di punti
di forza che possono assicurare per lungo tempo una buona posizione competitiva e il mantenimento di adeguati livelli
di vendite. Al contrario, in presenza di punti di forza e di struttura favorevole è consigliabile una strategia di quota,
con leadership di nicchia o di intero settore. In presenza di punti di forza, la strategia di nicchia è preferibile anche in
presenza di una struttura del settore sfavorevole. La mietitura è da considerare nei casi intermedi.
Le crisi di imprese e le strategie di fronteggiamento
La crisi dell’impresa perviene per cause primarie e cause secondarie. Le cause primarie sono fattori di tipo
ambientale o interno che determinano l’incapacità a mantenersi in stabili condizioni di economicità. Tra i fattori
aziendali vi sono: strategia, finanza, organizzazione etc. Le cause secondarie moltiplicano gli effetti delle cause
primarie, ostacolando la risoluzione della crisi. La crisi presuppone un errore del management, il quale cura solo il
fatturato più che la stabilità aziendale. I primi segni di crisi si hanno nel caso di non curanza degli interessi degli
stakeholder, nelle crescenti inefficienze e nella mancanza di adeguati processi decisionali.
La risoluzione alla crisi è data da strumenti quali il turnaround, inteso come cambiamento rapido, anche traumatico,
ma che porta a condizioni favorevoli e ad una gestione normale, e quindi si punta a:
La crescita esterna
Si realizza mediante operazioni societarie di acquisizioni di imprese già operanti, atte ad una costruzione di un impero.
L’acquisizione consiste nel trasferimento di una proprietà verso il corrispettivo di un prezzo, corrisposto in denaro o in
natura, come titoli o quote societarie dell’acquirente. La fusione invece può eseguirsi mediante incorporazione o per
consolidazione mediante costituzione di una società nuova. I vantaggi di tale crescita è la rapidità, il superamento delle
barriere all’entrata da parte delle imprese acquisite. L’acquisizione di imprese già presenti nel mercato è funzionale se:
- Si vuole sfruttare la marca dell’impresa già presente
- Si vogliono sfruttare brevetti
- Si vogliono sfruttare punti di forza difficilmente imitabili
Sviluppare tutto ciò a livello interno è dispendioso, non tempestivo e non sempre autorizzato dal governo.
Generalmente un vantaggio diretto delle acquisizioni è il minor costo di investimento rispetto a quello diretto. Un
vincolo è rappresentato dalla disponibilità di risorse liquide, le quali possono essere sviate ricorrendo allo scambio di
azioni come mezzo di pagamento degli acquirenti nei confronti dei venditori.
Sviluppo orizzontale
Attuabile mediante espansione interna dell’impresa (es. aumentare il grado di sfruttamento degli impianti esistenti o la
scala produttiva) o acquisizione di imprese similari operanti nello stesso mercato (integrazione orizzontale).
È finalizzato all’aumento della quota di mercato dell’impresa ampliando la gamma di prodotti offerti, il numero di
segmenti di mercato, la posizione geografica. Ciò si può fare dove le quote di domanda non sono soddisfatte a pieno e
ciò mantiene costante anche il rischio di impresa poiché si investe sempre nello stesso settore ma con maggiore
efficienza. I costi vengono risparmiati creando tangible savings cioè una serie di risparmi legati alla duplicazione dei
costi.
Diversificazione
Le strategie di diversificazione riferiscono alla definizione del portafoglio di aree d’affari in cui un’azienda opera,
ossia dalla numerosità e alla disomogeneità delle aree (le aree strategiche di affari, ossia le combinazioni economiche
parziali) nelle quali vuole operare.
Diversificazione correlata: l’impresa si diversifica ma mantiene la linea di prodotto e di clientela simile a quella
presente.
Diversificazione conglomerale: si qualifica per un passaggio a business nuovi, sotto il piano tecnologico e di
clientela
La diversificazione è produttiva solo nel lungo periodo se sussistono:
- Sinergie: quando due attività congiunte portano ad un risultato migliore rispetto a quello ottenuto
dalla loro separazione. L’effetto sinergico aumenta i costi amministrativi a seguito di un aumento
della gestione societaria su più fronti.
- Economie di campo: scaturiscono dall’utilizzo condiviso di risorse immateriali come competenze
tecnologiche e marche. Ciò massimizza il ritorno degli investimenti in ricerca e sviluppo, i quali non
vengono sfruttati se l’impresa si concentra solo su un settore.
- Economie finanziarie: la diversificazione porta al formarsi di un gruppo di imprese e quindi di un
mercato interno centralizzato. Ciò consente trasferimenti interni, minor indebitamento esterno,
efficienza nello spostamento delle risorse nelle aree organizzative che ne necessitano.
- Riduzione del rischio: il rischio è ridotto rispetto ad un’impresa mono settoriale, poiché andamenti
negativi in alcune aree sono compensati da quelli positivi in altre.
Integrazione verticale
L’impresa è composta da filiere produttive, ossia l’insieme delle lavorazioni che devono essere effettuate per passare
dalla materia prima al prodotto finito. Ogni filiera può essere gestita internamente o da più imprese. Se l’impresa
decide di integrare internamente, essa deciderà di operare le sue fasi a livello interno. L’integrazione è a monte se
vengono integrate le fasi dei fornitori, l’integrazione è a valle se vengono integrate le fasi dei clienti.
Il vantaggio sono minori costi associati agli stakeholder esterni, ma a ciò si aggiunge una minore flessibilità gestionale
e minore tempestività. I vantaggi tecnici sono i minori costi, quelli economici sono dati dal maggiore valore aggiunto
portato dall’impresa rispetto agli stakeholder. I vantaggi sono concorrenziali perché in caso di forte integrazione
interna ci sarà meno asimmetria informativa nei vari processi che prima venivano svolti esternamente. Tutto ciò porta
ad un maggior vantaggio competitivo, ma anche ad un maggiore rischio imprenditoriale a causa della rigidità dei costi.
L’integrazione inoltre fa aumentare il break-even point, rallenta il processo tecnologico.
Focus sul core business
Corporate restructuring e development: punta a razionalizzare i settori di attività di un gruppo diversificato. La
politica di fondo consiste nel disinvestire dalle attività ritenute non fondamentali, concentrandosi esclusivamente sui
settori ritenute centrali (core business). Il disinvestimento non solo contribuisce a snellire l’organizzazione e a
rilocalizzare i piani di sviluppo, ma anche può generare risorse finanziarie, da utilizzare per ridurre l’indebitamento e
alimentare nuovi investimenti nel core business. Sono interventi che sono volti al miglioramento della performance
aziendale, è attuato da imprese di grandi dimensioni e sane. I primi interventi sono tagli drastici sui dipendenti che non
creano valore, quindi manager di basso livello, impiegati etc. Ciò è rilevato dai costi fissi che incidono sulle vendite,
vendite per dipendente, utile per dipendente, valore aggiunto per addetto. Poi vanno confrontati questi valori con
quelli delle altre imprese (benchmarcking).
Outsourcing
Esternalizzare i processi produttivi costruendo una rete di imprese che collaborano per un fine ultimo. Sono delegate
le operazioni no-core, ossia che non si sanno svolgere internamente. L’outsourcing è completo se tutte le operazioni
vengono delegate, è parziale se vengono delegate poche operazioni. Gli svantaggi sono rappresentati dalla difficoltà di
coordinazione tra le imprese che formano il gruppo.
CAPITOLO 19: INTERNALIZZAZIONE
Col passare degli anni il mercato è divenuto mondiale, grazie alla mancanza di barriere culturali o tecnologiche. Ogni
paese ha saputo specializzarsi in un campo creando un vantaggio comparato rispetto al resto. Un’impresa tende a
internazionalizzarsi a livello interno, se il management vede una crescita più proficua adottando questo strumento. La
spinta è esterna se l’impresa vede condizioni di mercato agevoli, polistiche sociali efficienti etc.
L’impresa internazionale: si caratterizza per lo sfruttamento delle conoscenze e delle capacità della casa madre,
sviluppate nel paese d’origine, e quindi divulgate in contesti internazionali.
L’impresa multinazionale: impresa che ha una missione derivante dal paese d’origine, ma si adatta facilmente al
contesto in cui si trova. Questa impresa entra nel paese con investimenti diretti interna lizzando le attività produttive e
commerciali; ciò però deve essere supportato da ingenti risorse finanziarie. La cosa principale è che l’impresa si debba
adeguare al luogo in cui si trova.
L’impresa globale: è un’impresa che fa di tutti i paesi, con cui entra a contatto, un unico contesto di mercato. Questo
tipo di impresa ricerca economie di scala e differenze di costo delle materie prime nei vari paesi con cui si relaziona.
L’impresa mondiale gode di vantaggi quali l’integrazione delle sue attività su scala mondiale. I prodotti sono
universali se graditi da tutti i consumatori, poiché appunto simili nelle preferenze.
Strategie di internazionalizzazione
- Culturale: forte orientamento alla scienza e alla tecnologia che offusca le capacità di interpretare le
esigenze del mercato;
- Organizzativa: inadeguatezza dei meccanismi operativi;
- Finanziaria: scarsa disponibilità a investire in processi ad alto rischio;
- Strategica: incapacità di definire precisi e stabili indirizzi di sviluppo innovativo.
L’indirizzo strategico dello sforzo innovativo rappresenta l’elemento di differenza delle imprese di successo. Le scelte
di gestione dell’innovazione tecnologica riguardano tre alternative:
▪ Leadership tecnologica: consiste nell’introdurre per prime nuove soluzioni tecnologiche (prodotti o processi
innovativi), assumendo così una posizione di avanguardia. Gli svantaggi sono i costi del pioniere, ossia costi
di creazione dei mercati nuovi; i vantaggi sono il monopolio temporaneo.
▪ Imitazione (o follow the leader): consiste nell’acquisire rapidamente soluzioni tecnologiche introdotte dal
leader per apportarvi miglioramenti e realizzare vendite a costi inferiori
▪ Me too: è perseguita da imprese imitatrici che entrano nel mercato in fase avanzata del ciclo vitale della
tecnologia, in prossimità̀ della maturità̀ con lo scopo di una minimizzazione dei costi.
La ricerca e lo sviluppo
Punta a perfezionare le conoscenze produttive e a realizzare nuovi prodotti per i clienti. La ricerca e sviluppo è
l’attività aziendale specializzata nella ricerca, sperimentazione, applicazione e sviluppo di innovazioni tecnologiche. I
risultati della ricerca e dello sviluppo dovrebbero portare ad un abbattimento dei costi e accrescimento dei ricavi.
L’iter della ricerca e dello sviluppo si effettua in tre fasi:
- Ricerca di base: impegno volto a conoscere i fenomeni naturali, ossia nella scoperta di nuovi strumenti che
governano i fenomeni fisici atti a conseguire obbiettivi specifici. La ricerca di base si distingue da quella pura
in quanto quest’ultima ha finalità meramente conoscitiva, mentre la prima ha obbiettivi economici e
competitivi.
- Ricerca applicata: identifica le specifiche modalità di utilizzo delle conoscenze prodotte dalla ricerca di base.
La fase in esame si spinge fino alla messa a punto del prototipo fisico del nuovo prodotto.
- Sviluppo: concerne la messa a punto del prodotto e del processo di trasformazione industriale in una
prospettiva tecnologica e, soprattutto, economica e competitiva. Essa è finalizzata alla predisposizione del
prototipo produttivo, del prototipo commerciale e del nuovo prodotto, e non di rado, di un impianto- pilota
ove siano validate le soluzioni tecnologiche finali e siano realizzate quantità sperimentali del nuovo prodotto.
- Industrializzazione e commercializzazione: riguardano tutte le attività volte a produrre e a vendere su larga
scala il prodotto.
In questo campo assume importanza una demarcazione tra scienza e tecnologia. La scienza si collega alle attività di
ricerca di base o pura, e solo in misura limitata alla ricerca applicata. La tecnologia riguarda direttamente le attività di
sviluppo e industrializzazione.
Inoltre si arriva ad una differenza tra innovazione e invenzione. L’invenzione è qualcosa di casuale, non governabile e
pianificabile. L’innovazione è il momento di sfruttamento economico della nuova conoscenza.
Nella generazione di idee innovative assume un ruolo importante la capacità dell’organizzazione di ricerca di
stimolare la creatività. Tale obbiettivo si concretizza attraverso:
- Sistemi efficaci di comunicazione degli obbiettivi aziendali
- Adeguati sistemi di integrazione Inter funzionale
- Adozione di sistemi premianti la capacità propositiva di gruppo
- Orientare le attività mediante analisi dei prodotti.
La fase di ricerca è un’attività volta alla proposta di ipotesi, anche approssimative, che necessitano di essere sottoposte
a verifica rispetto alla mission aziendale. Per prima cosa, infatti, viene suddiviso il progetto in parti distinte, ponendo
traguardi tecnici per ognuna di esse. A tal fine si costituiscono gruppi di lavoro cui è affidato l’incarico di perseguire i
singoli obbiettivi; viene nominato un project manager con il compito di indirizzare operativamente e di controllare lo
svolgimento delle attività in coordinamento con le funzioni aziendali, inoltre si fissa un budget. Nel corso dello
sviluppo i programmi possono essere ridefiniti per la natura incerta dell’attività innovativa e per lo scostamento di essi
dalle attese. Questa fase di sviluppo preliminare richiede flessibilità nel caso in cui l’innovazione sta avendo
complicanze di natura tecnologica etc. se lo sviluppo preliminare porta ad un risultato si procede verso le fasi di
industrializzazione e commercializzazione del prodotto. L’industrializzazione comporta il trasferimento di quanto
ricercato su un prodotto finale nel rispetto delle esigenze tecniche degli utilizzatori. Questa fase precede la messa in
mercato del prodotto, supportata da ingenti somme di denaro che possano pubblicizzarlo.
CAPITOLO 22: LA GESTIONE COMMERCIALE
Insieme di attività e processi mediante cui l’impresa acquisisce, soddisfa e fidelizza i propri clienti. Punto di incontro
tra domanda e offerta, cruciale per il mantenimento in vita dell’impresa stessa; anche perché il portafoglio clienti
costituisce la vera ricchezza di un’impresa. La gestione commerciale soddisfa i bisogni e i desideri dei clienti
mediante la realizzazione di prodotti e servizi idonei e che generano valore per tutti gli operatori.
Le imprese hanno diversi comportamenti e orientamenti:
- Orientamento al prodotto: (production orientated) prevalente nelle prime fasi del processo di
industrializzazione, è tipico dei settori con bassa concorrenza, offerta omogenea, comportamenti d’acquisto
dei consumatori basati sui prezzi. In questi mercati è importante produrre a prezzi competitivi per vendere e
quindi ridurre i costi interni di produzione.
- Orientamento alle vendite: (sales oriented) prevalente nei settori in cui vi è un eccesso di capacità produttiva
e dove le imprese, per ottenere vantaggi competitivi, puntano ad accrescere il fatturato con l’obbiettivo di
conseguire economie di scala o di percorrere le curve di esperienza.
- Orientamento al mercato: (market oriented) ci si si trova in settori con elevati livelli di concorrenza, in cui
l’attenzione si sposta verso i bisogni della clientela in modo da realizzare un’offerta coerente con le diverse
esigenze della domanda.
- Orientamento al cliente: viene riconosciuto un ruolo centrale al consumatore nell’orientare i processi
strategici e decisionali dell’azienda. L’orientamento al cliente si caratterizza dalla continua ricerca di nuove
opportunità di mercato da affiancare ai business esistenti attraverso il c ostante monitoraggio dei bisogni e dei
desideri dei consumatori. L’abilità di attrarre nuovi clienti, formulando un’offerta coerente ai bisogni e ai
desideri espressi da questi ultimi, rappresenta una condizione necessaria, ma spesso non sufficiente per
mantenere il successo competitivo. È cruciale la capacità di legare i consumatori ai prodotti attraverso la
creazione di un rapporto di fiducia, definito fedeltà alla marca (brand loyalty) creando relazioni stabili. La
fedeltà dipende dal livello di soddisfazione del cliente ottenuto dall’acquisto e dal consumo del prodotto
(customer satisfaction). Una buona soddisfazione crea effetti positivi anche per altri clienti e paura per i
concorrenti.
La soddisfazione dei clienti
La gestione commerciale ha come elemento di partenza i bisogni e i desideri dei clienti. I primi sono dati dallo stato di
privazione rispetto a un’esigenza di base e sono radicati nella natura e nella condizione umana (cibo, vestiti,
trasporto). I secondi riguardano la modalità specifica di soddisfazione dei bisogni. Mentre i bisogni sono pochi, i
desideri che ne derivano sono infiniti e continuamente modificati e influenzati dalle dinamiche sociali presenti. Dai
desideri nasce la domanda per specifici prodotti e servizi in grado di soddisfare bisogni. Nella definizione della
propria domanda, il consumatore sceglie i beni o i servizi che soddisfano nel modo migliore i propri desideri. I
prodotti delle imprese rispondono a un bisogno o a un desiderio dei consumatori, i quali vengono soddisfatti
dall’acquisto di un prodotto rispetto ad un altro, in base alle caratteristiche. Il processo di scambio (produzione-
vendita) tra cliente e impresa è incentrato sulla soddisfazione del primo. A conclusione dello scambio le parti si
trovano in una condizione migliore rispetto a quella inziale, lo scambio comporta valore per le parti.
Obbiettivi della gestione commerciale
Nella gestione commerciale si individuano due aree di attività: le attività legate al marketing e alla vendita.
- Il marketing management: è ricondotto a processi d’analisi che precedono i processi decisionali. È costituito
da:
processi analitici: analisi quantitative e qualitative dei comportamenti della domanda e della concorrenza.
Processi decisionali: utilizzo di un marketing strategico per individuare le opportunità di mercato attraverso:
segmentazione della domanda e targeting di gruppi di consumatori; posizionamento competitivo;
differenziazione dell’offerta.
Processi operativi: il marketing operativo esplicita le leve del marketing mix
- Sales management: vendita, momento conclusivo dell’azione di marketing
- Controllo dei risultati: consente alla direzione di valutare il grado di raggiungimento degli obbiettivi
programmati.
Processi analitici: analisi della domanda
Stimare le dimensioni attuali e future del mercato nel quale ci vogliamo collocare. Collocarci in un mercato significa
sfruttare le potenzialità offerte in termini di fatturato e redditività. L’analisi della domanda parte dalla raccolta di
informazioni necessarie per lo sviluppo della strategia di marketing e viene valutata attraverso:
- Domanda attuale: volume totale acquistato da un gruppo di acquirenti in un ‘area geografica e in un
determinato periodo.
- Domanda potenziale: limite a cui tende la domanda del mercato, in un ambiente definito, al crescere
all’infinito del programma di marketing delle imprese appartenenti al settore. (livello massimo di domanda)
- Domanda prevista: richieste effettive del mercato in un determinato periodo futuro
La domanda di mercato dipende dalle politiche di prezzo, pubblicità, promozioni e miglioramenti del prodotto.
Analisi della concorrenza. I concorrenti diretti sono le imprese che operano per soddisfare lo stesso gruppo di
bisogni. Tuttavia, esistono anche concorrenti con beni che possono sostituire il nostro ma rispettare le esigenze del
consumatore. Bisogna analizzare le politiche dei costi interni dei concorrenti attuali e potenziali. La situazione limite è
rappresentata dal monopolio imposto dalla pubblica autorità, in cui il ruolo del marketing risulta marginale. Nei
mercati frammentati il marketing deve essere tenuto in considerazione con riferimento agli effetti sulla domanda,
mentre nei mercati di tipo concentrato le decisioni di marketing hanno come riferimento principale le potenziali
reazioni della concorrenza.
Processi decisionali: segmentazione della domanda
La segmentazione strategica del mercato è la strategia di selezione dei gruppi di clienti che l’impresa desidera servire,
adattando ai loro specifici bisogni la sua offerta di valore, attraverso l’organizzazione delle sue risorse, capacità e
competenze. La segmentazione del mercato in diversi sottoinsiemi tra loro omogenei costituisce una delle principali
attività del marketing strategico. Le imprese non possono soddisfare tutti i clienti, quindi, per essere competitive è
opportuno che segmentano il mercato concentrandosi nel segmento in cui sono più forti. Il mercato è segmentato a
livello geografico, demografico, socioeconomico, psicografico, comportamentale. Dopo aver segmentato la domanda
è necessario operare il targeting, che consiste nell’identificare il segmento di clienti obbiettivo che vogliono essere
soddisfatti mediante la strategia di impresa.
Posizionamento competitivo. Sistemazione dell’offerta in coerenza con il segmento scelto, con conseguente offerta
relativa alle caratteristiche del segmento. Per posizionamento si intende la collocazione del prodotto in un definito
sistema di percezioni del consumatore. Per scegliere la posizione più idonea, occorre comprendere, rispetto a tutti i
prodotti sul mercato o nel segmento di interesse, le percezioni dei clienti sui prodotti e guidare le preferenze degli
stessi individuando così i clienti potenziali non sufficientemente coperti dai prodotti esistenti.
Differenziazione dell’offerta. L’obbiettivo è rendere il prodotto poco sostituibile rispetto agli altri beni esistenti sul
mercato. Per differenziarlo si possono apportare modifiche agli aspetti tangibili e intangibili (confezione, colore,
forma, immagine). È necessario, oltre alla differenziazione, rispondere alle esigenze dei clienti.
Strategie di marketing. L’impresa deve decidere quali clienti soddisfare e quale offerta adottare. Vi sono 4 diverse
strategie di marketing:
- Marketing indifferenziato: una sola offerta, economie di scala. Esempio: coca cola
- Marketing differenziato: si opera in diversi segmenti di mercato con prodotti differenti, maggiori costi di
produzione
- Marketing concentrato: l’impresa si colloca in un solo segmento del mercato con un’offerta esclusivamente
riferita a questo. Maggiori rischi perché le vendite dell’impresa sono funzione esclusiva del segmento
prescelto.
- Marketing di nicchia: l’impresa sceglie un elevato grado di differenziazione dell’offerta, focalizzandosi però
su un unico segmento. Si ricercano le specifiche preferenze dei consumatori in ragione delle loro particolari
esigenze.
Marketing operativo. Consiste nella manovra delle leve che, nel loro insieme, costituiscono il marketing mix:
product, pricing, place, promotion; denominate anche 4P. le variabili del marketing mix possono essere utilizzate per
generare vantaggi differenziali rispetto ai concorrenti come: benefici e prestazioni offerte al cliente dal prodotto; onere
che il consumatore deve sostenere per godere del prodotto (prezzo); conoscenza e percezione di prestazione e benefici
offerti (comunicazione); disponibilità fisica e qualità d’informazione funzionale all’acquisto (distribuzione).
Prima variabile (prodotto): individuato da ciò che l’impresa vuole offrire nella soddisfazione di un bisogno espresso
dai consumatori. Le decisioni operative al prodotto riguardano: migliore qualità, interventi di modernizzazione,
politica di marca, packaging.
Seconda variabile (prezzo): quantità di moneta ceduta dall’acquirente al venditore in cambio dei prodotti/servizi o di
disponibilità monetarie. Per l’impresa, il prezzo, è il guadagno ottenuto da tutti i costi sostenuti per la produzione del
prodotto e dalle ore dedicate. I metodi per la determinazione del prezzo possono essere basati su:
- Cost plus pricing: prezzo fissato dalla copertura dei costi e da un margine di profitto (mark-up).
- Reazione della domanda: il prezzo è fissato in base alle risposte che la domanda dà
- Comportamento della concorrenza: il prezzo è fissato in base a ciò che la concorrenza offre.
Terza variabile (comunicazione): concerne la pubblicità che deve fare l’impresa per promuovere il proprio prodotto.
Quarta variabile (distribuzione): concerne le modalità con cui i beni e i servizi vengono resi disponibili per il
consumatore. Il management deve decidere a quali intermediari appoggiarsi, quindi: rivenditori selezionati (vendita
selettiva), tutti i rivenditori (vendita estensiva), solo un rivenditore (vendita in esclusiva). Il management deve
inoltre capire con quale canale vendere il prodotto, quindi: canale diretto, se il prodotto passa dall’impresa
produttrice al consumatore finale; canale corto, se vi è solo un livello di intermediazione fra produttore e consumatore
(dettagliante); canale lungo, se ci sono più livelli di intermediazione fra produttore e consumatore (grossista e
dettagliante). Le politiche di distribuzione possono essere ricondotte a due orientamenti fondamentali: il primo di tipo
push, mira a spingere l’offerta facendo perno sugli intermediari; il secondo di tipo pull, cerca di convincere i
consumatori, attraverso la pubblicità e la promozione, a richiedere il prodotto al distributore. Al giorno d’oggi la
vendita è fatta anche online, l’e-commerce è un canale diretto.
La gestione della vendita. L’impresa vende il prodotto attraverso la propria rete di vendita, ossia l’insieme delle
persone che consentono all’impresa di raggiungere i consumatori e quindi di allocare i prodotti nel mercato.
Attraverso la rete di vendita l’impresa svolge una serie di operazioni che comprendono la ricerca dei clienti potenziali
e la raccolta degli ordini, la consegna delle merci ai clienti. Questa struttura è deputata a una serie di mansioni
addizionali note come servizi alla clientela. Si pensi, per esempio, all’attività di consulenza al cliente, all’assistenza
alla post-vendita, ci sono due modi per organizzare la vendita: rete indiretta, ossia i venditori sono legati all’impresa
da un contratto di lavoro dipendente, rete diretta, ossia i venditori sono collaboratori autonomi. Un elemento centrale
nella gestione della rete di vendita è l’attenzione all’elemento umano, ossia alla gestione e alla formazione del
personale di vendita, in quanto è dalla sua capacità di promuovere i prodotti, di negoziare, di comunicare con i clienti,
nonché dalla sua motivazione, che dipendono i risultati. Quindi sono utili incintevi premiali e addestramenti ad hoc.
CAPITOLO 23: LA GESTIONE DELLE OPERATIONS
Fa riferimento alle attività di trasformazione fisico-tecnica di input in output che arrivano sui mercati di sbocco per
essere impiegati in attività di consumo o in ulteriori attività di produzione.
Produzione. Riguarda lo s volgimento di attività di acquisizione, combinazione e trasformazione di input con la
finalità di ottenere output da destinare al consumo finale o da utilizzare quali input di ulteriori produzioni. Obbiettivi
della produzione sono:
- Ricerca della produttività, ossia efficienza per il contenimento dei costi
- Proposizione di prodotti innovativi
- Miglioramento costante della qualità del prodotto per renderlo superiore a quello dei concorrenti
- Capacità di assicurare rapidità e rispetto dei tempi delle consegne ai clienti
- Capacità di rendere il sistema produttivo adattabile alle esigenze dell’ambiente
L’area della produzione si identifica con responsabilità e competenze di progettazione e di gestione del sistema
produttivo. Nel primo caso si tratta di definire le caratteristiche strutturali e impiantistiche mediante scelte di
investimento (leve hardware); tali scelte sono difficilmente reversibili in quanto richiedono un elevato anticipo
decisionale e producono effetti vincolanti nel medio- lungo termine. Le scelte di investimento riguardano: il processo
produttivo; la tecnologia etc. la gestione del sistema produttivo (leve software), invece, si identifica con la scelta di
soluzioni organizzative, tecniche e metodologie di gestione, vincolate dalle precedenti scelte hardware, ma suscettibili
di più ampie possibilità di modifica nel breve-medio termine.
Il sistema produttivo. I sistemi produttivi possono ricondursi a produzioni: job shop, per lotti, in linea, per flusso
continuo. Le produzioni job shop operano in genere su commessa, ossia realizzano esemplari unici (commessa
singola) o un numero limitato di unità (commessa ripetitiva) conformi a specifiche caratteristiche del cliente.
Esempio è il modello di produzione artigianale dove l’acquisizione dell’ordine è generalmente preceduta dalla
formulazione di un’offerta di prezzo al cliente (preventivo). I materiali impiegati, se specifici, vengono acquistati dopo
l’ordine; di conseguenza, tanto le scorte di materie prime quanto le scorte di prodotto finito pressoché assenti. Al
contrario, le scorte di semilavorati (o work in process) sono consistenti e richiedono particolare attenzione da parte del
management. I tempi di consegna possono essere lunghi ma sono accordati in base alle esigenze del cliente
(affidabilità della consegna). Le produzioni per lotti consistono nella realizzazione di prodotti caratterizzati da
un’elevata varietà e da una variabilità piuttosto contenuta, in quantitativi non necessariamente legati al fabbisogno
immediato. Esempio è il settore calzaturiero. La produzione può avvenire su ordine acquisito o su previsione della
domanda, a seconda che il tempo di risposta accordato dal mercato sia compatibile o meno con il tempo necessario
alla realizzazione delle attività produttive. Nel primo caso si configura la fattispecie delle imprese che operano per
commesse ripetitive a catalogo, realizzando di volta in volta i volumi produttivi corrispondenti alle quantità richieste
da singoli ordini di prodotti a catalogo. Nel secondo, si assiste alle tipiche produzioni intermittenti, lanciate sulla base
di previsioni di domanda per quantitativi superiori al fabbisogno immediato. Le produzioni per lotti si avvalgono di
macchinari e addetti la cui capacità risulta abbastanza generica, a meno di specificità richieste a fronte di particolari
lavorazioni. L’ammontare di scorte di materie prime e di prodotti finiti varia secondo le scelte di programmazione e le
previsioni di vendita, ma difficilmente assume valori elevati. Anche qui è consistente l’investimento in semilavorati.
Le produzioni in linea realizzano elevati volumi di prodotti con varietà e variabilità piuttosto contenute, tali da
giustificare investimenti in impianti e macchinari dedicati in modo specifico a singole famiglie o tipologie di prodotto.
Esempi tipici sono nel settore automobilistico. Le dinamiche produttive vengono svincolate da quelle di acquisizione
degli ordini. La produzione, divisa in stazioni, deve essere equilibrata efficientemente per evitare stazioni sature (colli
di bottiglia) e un giusto ritmo produttivo poiché la velocità di avanzamento è vincolata da quella della stazione più
lenta. Tali elementi sono coerenti con l’esigenza di realizzare elevati volumi di produzione relativamente omogenei.
La produzione per flusso continuo riguarda prodotti fortemente standardizzati ottenuti in volumi ingenti, la cui
natura richiede la realizzazione di un ciclo di trasformazione senza interruzioni (continuo). Esempio tipico è l’acciaio.
Tale produzione è irreversibile rispetto alle produzioni in linea nelle quali il prodotto è il risultato dell’assemblaggio di
componenti di fabbricazione interna ed esterna. La produzione avviene in modo separato rispetto all’acquisizione
degli ordini con un processo di lavorazione capital intensive.
Gli impianti e i lay out
L’impianto può definirsi come il complesso di beni materiali e immateriali di uso durevole, il cui impiego avviene su
più esercizi amministrativi. Si identificano in tale termine: l’insieme delle macchine e mezzi tecnici ausiliari per
singole operazioni, l’insieme di macchine operatrici e mezzi tecnici ausiliari, l’insieme dei mezzi e macchine ausiliari
per operazioni generali.
Il lay out è la disposizione planimetrica delle aree, strutture murarie, impianti e attrezzature secondo criteri di
ottimizzazione dei flussi fisici di materiali e prodotti. Si distinguono diversi tipi di lay-out:
- Lay-out a punto fisso: quando il prodotto non si muove durante il processo
- Lay-out in linea: quando il prodotto segue un percorso rigidamente preordinato
- Lay-out per reparto: quando il prodotto transita attraverso i reparti
- Lay-out per gruppo tecnologico. Quando impianti e attrezzature vengono raggruppati a isole o a celle in
modo da soddisfare l’esigenza di assegnare le risorse all’esecuzione di operazioni omogenee.
La capacità produttiva deve essere consona ai risultati da raggiungere nella produzione di beni. Il servizio differisce
dal bene per la sua immagazzinabilità ma sarà corrisposto immediatamente al cliente. La produzione dovrà essere
sufficiente per soddisfare la clientela riducendo al minimo le attese e le lunghe code. Il servizio può essere reso anche
da addetti part-time cosa che nella produzione di un bene non è ottimale. Il servizio di alta qualità presuppone il
ricorso a personale qualificato e motivato, il bene prodotto richiede personale generico poiché i processi produttivi
sono standardizzati. Data l’immaterialità del servizio, la sua qualità è data anche dall’immagine aziendale piuttosto
che dalla fattispecie erogata.
La logistica. È il processo di pianificazione, gestione e controllo dei flussi fisici dei materiali e dei correlati flussi
informativi. I flussi fisici partono dai fornitori e si concludono con la distribuzione del prodotto finito agli utilizzatori
finali. Il compito della logistica è assicurare la disponibilità del prodotto nel tempo, nello spazio e nei volumi richiesti.
La logistica assume caratteri diversi: logistica di ingresso (approvvigionamenti), logistica interna (flusso dei
materiali in lavorazione), logistica in uscita (opera in stretto collegamento con la gestione commerciale). Tali attività
hanno bisogno di un coordinamento che assicuri l’integrazione degli obbiettivi e delle condizioni operative e permetta
la pianificazione, la programmazione e il coordinamento dell’insieme delle attività logistiche. Tali compiti li svolge la
logistica integrata. La logistica deve anche curare il servizio logistico e il costo logistico totale. Il servizio logistico è
la disponibilità del prodotto, tempestività della consegna, affidabilità della consegna, flessibilità della consegna. Le
celte di ottimizzazione mirano a soluzioni che massimizzano il servizio e minimizzano le risorse impiegate. Il costo
logistico è la somma degli input utilizzati per ottenere l’output e andrebbe minimizzato, ed è dato dalla somma dei
costi dei magazzini, delle scorte, trasporti e amministrazione.
Il magazzino. È un impianto logistico costituito da locali, attrezzature, personale in grado di ricevere i diversi
materiali e prodotti finiti, custodirli e conservarli per renderli disponibili per la produzione e la consegna. Le sue
funzioni sono quelle di ottenere una riduzione dei costi di produzione, assicurare la capacità di stoccaggio, garantire il
corretto scorrimento dei flussi fisici. Le materie prime giacenti in magazzino in attesa di essere utilizzate
rappresentano le scorte o stock. La gestione delle scorte mira a garantire la continua disponibilità dei materiali, a
minimizzare l’investimento in capitale circolante e gli impieghi di risorse necessarie, e ottimizzare l’utilizzo della
capacità produttiva nel breve-medio termine. La gestione delle scorte deve raccordarsi con la gestione commerciale,
gestione delle operations, gestione finanziaria. Il magazzino ha una funzione limitata nelle imprese che erogano
servizi, poiché vengono tenuti a scorta solo materie prime e semilavorati per il completamento dell’offerta. Nelle
imprese che producono beni, il magazzino ha una funzione importante perché garantisce la conservazione,
l’imballaggio e altri materiali di consumo volte alla produzione.
Approvvigionamenti. Insieme delle attività tecnico-commerciali attraverso cui le imprese acquistano sul mercato i
beni e i servizi necessari per lo svolgimento dei processi produttivi e gestionali. Gli approvvigionamenti devono
assicurare l’economicità degli acquisti, preservare la continuità della produzione, garantire il rispetto degli standard di
qualità. L’approvvigionamento concerne rapporti di subfornitura tra i diversi fornitori, creando reti che consentano
all’impresa di soddisfare le sue richieste. La subfornitura di capacità soddisfa un bisogno di elasticità produttiva con
la realizzazione all’esterno di volumi produttivi incrementali. La subfornitura di specialità corrisponde all’esigenza
di apporti da terzi di competenze tecnologiche distintive. La subfornitura assume connotazioni permanenti se si istaura
un rapporto duraturo nel tempo, occasionale se legata a fabbisogni episodici e contingenti.
La gestione degli approvvigionamenti. Marketing d’acquisto. Acquisti eccessivi causano elevati costi di
mantenimento a scorta, mentre acquisti insufficienti determinano costi di stock-out. La gestione degli
approvvigionamenti, pertanto, consente di coordinare gli acquisti con i fabbisogni, a seconda dei casi, della
produzione o delle vendite, in un’ottica di minimizzazione dei costi totali di gestione. Siamo nell’ottica del
procurement mix collegato al marketing d’acquisto, ossia lo studio sistematico dell’ambiente, dei mercati, dei
prodotti e dei fornitori. Le leve di procurement mix sono costituite dalle politiche di:
- Prodotto: ossia decisioni relative ai materiali approvvigionati. Rilevanti nel prodotto sono il costo unitario, il
suo valore, la sua potenziale standardizzazione. Il prodotto è non critico se l’impatto gestionale è contenuto
sotto il profilo economico (bassa redditività e basso approvvigionamento) ; il prodotto è con effetto leva se
deve essere migliorato a livello di costo (rischio approvvigionamento basso, redditività alta); il prodotto è
collo di bottiglia se non reperibile facilmente e portatore di bassa redditività; il prodotto è strategico se sono
necessari interventi di gestione articolati e complessi (alta redditività e rischio di approvvigionamento alto).
- Fonti di approvvigionamento: identifica i fornitori potenziali, le capacità dei fornitori rispetto alle esigenze,
performance dei fornitori.
- Politica di prezzo: diretta alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il rapporto con il
fornitore.
- Politiche di comunicazioni: ai fornitori circa le consegne e le spedizioni, oltre che l’assistenza tecnica.
La gestione dei fornitori. Tale analisi passa attraverso l’affidabilità dei fornitori valutando le capacità al fine di
qualificarlo come fornitore dell’impresa e in caso emettere ordini di acquisto. I sistemi di valutazione delle prestazioni
del fornitore (vendor rating) si basano sulla rilevazione oggettiva di alcuni parametri tecnici, commerciali, logistici ed
economici effettuati su base periodica. Tra questi vi è la capacità di rispettare gli impegni assunti, a tal proposito si
utilizzano indici di affidabilità come il ritardo medio delle consegne e la qualità media dei materiali consegnati.
Inoltre, va valutato il potere contrattuale dei fornitori, ossia la loro non sostituibilità perché portatori di interessi non
replicabili, in tal caso siamo in presenza di elevati costi di switching.
CAPITOLO 24: GESTIONE FINANZIARIA
L’impresa deve vivere con delle risorse finanziarie. Il reperimento delle stesse è affidato alla gestione finanziaria, la
quale definisce:
- Previsioni di tesoreria: ossia i processi operativi della gestione finanziaria corrente che vanno dalla gestione
della liquidità all’ottimizzazione di indirizzo dei crediti e dei debiti
- Su quali attività investire: ossia una creazione del capital budgeting (processo strategico)
- Modalità di raccolta delle risorse: ossia finanziamenti (processo strategico)
Si occupa di individuare la struttura finanziaria ottimale per ricoprire costi associati alla produzione d’esercizio. Nelle
imprese di minori dimensioni, la gestione finanziaria è guidata dal treasurer, nelle imprese di maggiori dimensioni è
guidata dal treasurer e dal controller, dove il primo si occupa della raccolta dei fondi e della gestione della liquidità,
mentre in compiti del secondo sono orientati a verificare se tali fondi siano stati impiegati in maniera efficiente.
L’obiettivo ultimo è la creazione di valore. La gestione finanziaria deve coordinarsi con le altre gestioni:
- Con la gestione commerciale si fissano i rapporti di credito con i clienti
- Con la gestione delle operations si fissano le condizioni di pagamento dei fornitori
Fabbisogno finanziario dell’impresa. Tanto più un’impresa si sviluppa a livello dimensionale tanto più necessiterà
di finanziamenti. La pianificazione finanziaria d’impresa si concretizza nella previsione dei flussi monetari in entrata e
in uscita che si presentano a seguito di un programma di crescita per un orizzonte temporale prestabilito. Il fabbisogno
finanziario trae origine da: incrementi di attività e decrementi delle passività. Il fabbisogno derivante dall’acquisto di
macchinari (incrementi di attività), o dalle perdite di esercizio (decrementi delle passività), può essere soddisfatto in
diversi modi: autofinanziamento, disinvestimento, aumento di capitale, nuovo debito.
CCN: capitale circolante netto = attività correnti (crediti) – passività correnti (debiti). Se CCN >0 finanziamo il nostro
fabbisogno finanziario, se CCN <0 necessitiamo una fonte di finanziamento. Occorre preventivamente quantificare il
nostro fabbisogno finanziario per provvedere alla raccolta di capitale con tempestività. In questo campo facciamo
riferimento alla pianificazione finanziaria che di solito ha una durata di lungo periodo e si basa sulla solvibilità e
liquidità di impresa, e alla programmazione finanziaria con una durata di medio-breve periodo che si basa sul
budget di tesoreria.
Le decisioni di investimento. L’investimento può essere effettuato in diverse aree:
- Area commerciale: ampliamento della rete di vendita, pubblicità
- Area delle operations: macchinari e impianti
- Altre aree: amministrazione, IT, protezione
- Area dell’innovazione e della crescita
Prima di investire va fatta un’analisi sui possibili risultati: