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Le imprese moderne L’impresa può essere definita come un istituto economico e sociale che trasforma
risorse (input) in beni (prodotti e servizi) che hanno un valore di scambio sul mercato superiore a quello
delle risorse di partenza.
Ruota intorno al concetto di creazione di ricchezza: il maggior valore derivante dal processo di
aggregazione, modifica e trasferimento di risorse in prodotti. Questo processo opera su risorse:
-Materiali: Materie prime, semilavorati, impianti, macchinari…
-Immateriali: conoscenze tecnologiche, scientifiche, commerciali, organizzative, immagine ecc…
-Umane: Dipendenti o fornitori di servizi.
Tali risorse creano valore quando il prodotto che si ottiene ha un valore di mercato superiore al valore di
mercato delle risorse stesse.
La possibilità di creare ricchezza dipende da:
-Ruolo dell’imprenditore;
-Creatività;
-Attitudine al rischio;
-Attitudine al controllo;
-Doti relazionali;
-Realizzazione di rapporti positivi con gli stakeholder, ossia con tutti i soggetti che hanno verso l’impresa
una posizione di interesse e, quindi, una capacità di influenza (azionisti, collaboratori, fornitori, clienti,
finanziatori, sistema pubblico).
MODELLI D’IMPRESA
Tra gli aspetti di maggiore rilevanza che concorrono a definire il modello di impresa vi è la dimensione, da
cui dipendono fortemente le soluzioni organizzative e gestionali.
NUOVI APPROCCI
Numerose critiche alla teoria neoclassica furono mosse a partire dagli anni ’20:
Concorrenza imperfetta:
-Interdipendenza delle scelte dei concorrenti
-Imprevedibilità delle scelte
-Incertezza e dinamismo ambientali Struttura interna:
-Modello manageriale
-Modello comportamentista
Emergere di nuovi approcci e definizione di nuove finalità d’impresa:
-Teoria della concorrenza monopolistica
-Approccio interdipendenze oligopolistiche
-Teoria degli stakeholder
Visioni critiche: Perseguire obiettivi sociali anziché reddituali finisce per danneggiare la società. (es.
efficienza economica vs salvaguardia dei posti di lavoro)
IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO
L’attenzione verso l’obiettivo della creazione di valore per gli azionisti, non deve portare a sottovalutare il
ruolo dell’ambiente sociale e politico.
Fattori di cambiamento:
-Globalizzazione
-Ipercompetizione
-Questione ambientale
-Corporate governance
Le imprese sono chiamate ad un’interazione bilanciata fra valore per gli azionisti ed interessi degli
stakeholder; deve essere sviluppata una strategia di responsabilità sociale.
EVOLUZIONI RECENTI
Obiettivo dell’impresa resta la massimizzazione della ricchezza degli azionisti. Il mantenimento di reazioni
armoniche con l’ambiente è da considerarsi fattore agevolante. La gestione degli stakeholder fornisce
risposte alternative per competere su mercati in cui fattori non competitivi divengono trainanti.
GLI IMPATTI
1) Riduzione delle spese connesse alla gestione delle istanze degli stakeholder.
2) Controllo dei rischi aziendali (risk management).
3) Minori costi di finanziamento.
4) Minori costi del personale e minore turnover.
5) Minori costi di coordinamento e di free riding.
6) Attrazione e mantenimento di risorse umane di alta qualità.
7) Maggiore lealtà e coinvolgimento.
8) Maggiore produttività.
9) Maggiore capacità di rispondere ai bisogni della clientela.
10)Rapporti positivi con i fornitori
11)Elevata reputazione
-Le caratteristiche della relazione: sono rilevanti per definire il ruolo degli stakeholder esterni verticali. In
questo caso ci si riferisce alla trasparenza informativa, alla fiducia fra le controparti, alla frequenza degli
scambi e delle transazioni. In tal senso è importante rilevare se l’impresa subisce la presenza di costi di
transazione quando si relaziona con gli stakeholder verticali.
-In tal senso l’entità dei costi di transazione è uno dei fattori tradizionalmente impiegati per definire i confini
aziendali, soprattutto in chiave verticale; infatti quando tali costi nelle transazioni sono rilevanti, per
l’impresa c’è una spinta all’integrazione verticale, cioè alla sostituzione del mercato con la gerarchia per il
trasferimento e la generazione delle risorse lungo la filiera. Concorrenti attuali.
L’impresa opera in un contesto istituzionale di regole e di norme che ne determina gli spazi di attività. Il
ruolo dell’operatore pubblico può riguardare diversi ambiti dell’impresa:
1) La regolamentazione dei mercati: lo Stato può vincolare l’accesso a determinati mercati e controllare in
modo più o meno rilevante l’attività all’interno di questi settori attraverso una sorveglianza sui prezzi e sulle
condizioni di offerta.
2) La tutela della concorrenza: è invece un’attività trasversale che riguarda il mantenimento di livelli di
concorrenza adeguati all’interno dei mercati, con il presupposto che la concorrenza sia una forma desiderata
di struttura di mercato per le sue ricadute sull’efficienza e sul surplus del consumatore.
3) Le politiche macroeconomiche.
Fattori di rilevanza:
-Potere
-Legittimità
-Urgenza Categorie di stakeholder
1) Stakeholder latenti: dormienti, discrezionali, domandati. Si caratterizzano per un basso grado di
rilevanza scaturito dal possesso di uno solo dei tre elementi di potere, legittimità, urgenza.
2) Stakeholder con aspettative: dominanti, dipendenti, pericolosi. Risultano avere un più alto grado di
considerazione in quanto, al loro interno, si combinano almeno due degli elementi di rilevanza.
3) Stakeholder assoluti: che evidenziano il massimo grado di rilevanza, incorporando tutti e tre gli elementi
descritti.
Dormienti: Potere.
Discrezionali: Legittimità.
Domandanti: Urgenza.
Dominanti: Potere e Legittimità.
Dipendenti: Legittimità e Urgenza.
Pericolosi: Potere e Urgenza.
Assoluti: Potere, Legittimità e Urgenza.
Conclusioni
Gli stakeholder possono essere descritti in base al loro essere interni ed esterni, competitivi e non
competitivi. Le istanze dei vari stakeholder assumono diversa rilevanza nel tempo e nello spazio in relazione
al manifestarsi degli elementi di poter, legittimità ed urgenza. La capacità di individuare gli stakeholder
rilevanti in un determinato sistema di relazione consente di massimizzare il risultato della loro gestione La
rilevanza dei diversi stakeholder cambia lungo il ciclo di vita dell’impresa. E’, perciò necessario che cambi
anche la strategia di gestione utilizzata nei confronti di ciascuno di essi.
I prezzi di Borsa sono sensibili ad alcuni aspetti tecnici del governo d’impresa:
1) Frammentazione della proprietà
2) Emissione di azioni con diritti di voto limitati.
Forme di comportamento opportunistico: Accade quando i manager sfruttano il proprio potere per
danneggiare gli azionisti o ottenere deliberati vantaggi personali.
-Azioni illecite: con la violazione delle norme civili o penali. -Ricerca di benefici privati: con l’uso o con
l’appropriazione di beni e fondi aziendali, nei limiti della legge ma in forme sostanzialmente abusive.
-Resistenza al ricambio: ossia azioni con cui i manager cercano di impedire il loro licenziamento, a
svantaggio di azionisti che potrebbero trarre beneficio da un cambio di gestione.
RESISTENZA AL RICAMBIO
In generale, le acquisizioni sono operazioni con cui un certo soggetto acquista la maggioranza del capitale di
una società, o una percentuale sufficiente per detenerne il controllo in assemblea. Una società oggetto di
acquisizione è detta target. Le acquisizioni possono servire a rimuovere manager inefficienti, infatti, se
un’impresa ha cattive performance, altre imprese o nuovi azionisti possono essere allettati dai potenziali
vantaggi del cambio del management. Se le acquisizioni sono realizzate con il consenso del management e
degli azionisti della target si parla di acquisizioni amichevoli, senza tale consenso si parla di acquisizioni
ostili. L’acquirente in genere offre un prezzo più alto di quello di Borsa (il sovrapprezzo è chiamato premio
di acquisizione), senza il quale non riuscirebbe a convincere un numero sufficiente di azionisti.
Poison pills: sono clausole che prevedono che i manager abbiano facoltà di emettere azioni sociali a un
prezzo molto favorevole, per quantitativi ingenti, e con diritto di sottoscrizione riservato agli azionisti
correnti. Le pillole avvelenate, in apparenza, avvantaggiano gli azionisti, che possono acquistare nuove
azioni a un prezzo vantaggioso da vendere all’acquirente. Tuttavia, ciò che danneggia quest’ultimo , che si
trova a dover comprare più azioni di quelle che altrimenti gli avrebbero permesso il controllo. Perciò le
pillole avvelenate sono un ottimo deterrente contro le acquisizioni.
Green Mail: La Green mail è una strategia di corporate governance che viene di solito utilizzata da una
società oggetto di scalata (società target) al fine di impedire la scalata stessa. Nel momento in cui il
management della target ha ricevuto notizia dell'acquisto da parte di un'altra società di un pacchetto di azioni
della società target e dopo aver conosciuto le intenzioni "ostili" dell'acquirente, il management della target
lancia un'offerta su quel pacchetto di azioni, proponendosi di comprarlo ad un prezzo più alto che quello di
mercato.
In questo modo, l'azienda acquirente può vedere conveniente la vendita di quel pacchetto di azioni, e
rinunciare, per questo, alla scalata, in cambio di profitto. Come è evidente, questa tecnica avviene a scapito
degli azionisti della società target, in quanto l'acquisto avviene utilizzando fondi della società stessa, e a
vantaggio del management, che evita così il pericolo di un cambio ai vertici dopo l'acquisizione.
Il cavaliere Bianco: nel momento in cui c’è un acquisizione, una terza parte, per esempio una società amica,
acquista una quota significativa della target in accordo con il management, con l’impegno di non cederla
all’aspirante acquirente. Ciò impedisce a quest’ultimo di raggiungere il controllo e quindi ne rende vano il
tentativo di acquisizione. Queste forme di resistenza sono molto rare. Questo perchè oggi, la maggior parte
delle acquisizioni sono amichevoli. Per l’acquirente è più conveniente cercare nel tempo compromessi con il
management della target ed evitare così costosi conflitti, come ad esempio ricche buonuscite (golden
parachutes).
CONCLUSIONI
-La CG disciplina i rapporti tra i diversi stakeholder in una prospettiva di agenzia multipla
-I mercati dei capitali assumono un importante ruolo di mediazione dei rapporti tra azionisti e manager
-L’azione dei manager dovrebbe essere diretta a generare performance positive e/o a migliorare le
prospettive aziendali
-In presenza di asimmetria informativa, gli interessi dei manager possono essere disallineati rispetto a quelli
della proprietà.
-Il disallineamento può concretizzarsi in comportamenti attuati in buona fede ovvero in comportamenti
opportunistici dei manager.
Nei paesi con mercati finanziari efficienti, investitori che possiedono quote significative di una società hanno scarsi
incentivi a controllare il management. In particolare, coloro che investono con il solo scopo di ottenere un rendimento
sono più propensi a sorvegliare le prestazioni di Borsa dei titoli che le politiche delle società corrispondenti. Per questi
investitori, smobilizzare l’investimento è un modo più veloce e meno costoso di manifestare la propria insoddisfazione
di quanto sarebbe tentare di rimuovere il management.
Le piramidi
Possesso integrato=51%x51%x51%x51%=6,76% Leva azionaria=51%/6,76%=7,54 Rapporto di possesso integrato:
Percentuale di ‘’X’’ detenuta indirettamente dagli azionisti di controllo della Holding A e reale impegno finanziario
degli azionisti di controllo.
Si calcola facendo il prodotto delle percentuali controllate dalla holding A fino alla società operativa x.
Leva azionaria:Misura della quantità di capitale controllato per ogni euro investito= (% controllato)/(possesso
integrato). La leva azionaria cresce se la catena si allunga o se a qualche livello il controllo è mantenuto con
percentuali inferiori al 51%. Il conflitto fra azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza è ancora più grave
quando i primi esercitano il controllo per mezzo di una piramide, ossia di una catena di società. Nonostante gli
azionisti in cima alla piramide non possiedono nemmeno un’azione di X, è chiaro che, attraverso questo sistema di
partecipazioni, essi possono controllare a cascata le assemblee di tutte le società sottostanti. Le piramidi hanno il grave
difetto di determinare una divaricazione fra il controllo e i flussi di cassa che ne derivano. Per esempio, i dividendi
pagati dalla società operativa devono risalire lungo le holding, disperdendosi a ogni passaggio verso gli azionisti di
minoranza.
Agli azionisti di controllo arriverà una quota pari alla percentuale di possesso integrato. Questa situazione è
pericolosa, perché tali azionisti avranno un modesto incentivo ad investire sulla performance delle società operative.
Sarà forte invece l’incentivo a usare il controllo per fini alternativi, o comunque, per cercare di spostare ricchezza a
livelli superiori della catena, con opportune operazioni fra la società operativa e la holding.
Le società sotto il controllo delle piramidi vengono in genere scambiate ad un prezzo inferiore per 2 motivi:
-In genere eventuali takeover sono realizzati non sulla società operativa, ma su una holding in alto nella catena,
impedendo agli azionisti di minoranza di ricevere il premio che l’acquirente paga per l’operazione.
-Le holding possono non essere quotate in Borsa e quindi sottrarsi agli obblighi informativi propri del mercato di
Borsa. Di conseguenza gli azionisti di minoranza delle società operative possono restare all’oscuro di fatti rilevanti
che accadano ai livelli superiori della catena.
L’incentivazione manageriale Per allineare gli obiettivi di proprietà e management si possono utilizzare:
-Programmi di incentivazione (pay-per-performance): in cui la remunerazione del management varia al variare
della performance d’impresa con Programmi di bonus o Incentivi azionari (es.Stock Options).
Un’alternativa è costituita da forme di profit sharing, in cui il management riceve una percentuale fissa dell’utile netto
o di un’altra grandezza espressiva del profitto goduto dagli azionisti.
-Incentivi azionari: che comportano l’assegnazione diretta al management di azioni sociali o di altri titoli con un
rendimento legati ai prezzi di Borsa della Società. In questo modo si dovrebbe ottenere che la ricchezza dei manager
vari nella stessa direzione in cui varia quella degli azionisti. I titoli possono essere concessi in forma gratuita o a
prezzo agevolato.
-Rischio: Manipolazione dei risultati. Se il manager ha una retribuzione che dipende dai risultati, e allo stesso tempo
ha il controllo dei sistemi contabili e delle informazioni che sono trasmesse alla Borsa, allora avrà un incentivo a far
emergere risultati migliori di quelli reali.
1) Il management può cercare di bloccare il takeover con pillole avvelenate, greenmail e altri strumenti.
2) L’acquirente ostile deve pagare un premio rispetto ai prezzi correnti di Borsa. In questo modo, l’acquirente cede
agli azionisti correnti almeno una parte dei vantaggi che spera di ottenere con un cambio di gestione, e ciò che residua
può non bastare per coprire i costi di transazione dell’operazione e quelli che dovranno essere affrontati per il
risanamento.
3) La capitalizzazione borsistica di molte grandi società quotate può essere molto alta, così che l’esistenza di un
dinamico mercato del controllo richiede una capacità del sistema finanziario di fornire capitali ingenti agli aspiranti
acquirenti. Situazioni macroeconomiche di alti tassi e di restrizione del credito possono perciò impedire la conclusione
di acquisizioni ostili, se non su piccole società.
4) I takeover ostili possono trovare l’opposizione di alleati del management della target nel mondo finanziario,
imprenditoriale o dei mezzi di comunicazione. Inoltre acquisizioni all’estero possono suscitare la resistenza di governi
desiderosi di conservare posizioni di influenza o di salvare ‘’campioni nazionali’’ In assenza di altri meccanismi di
governance, il mercato del controllo è insufficiente per disciplinare la discrezionalità manageriale.
LEVERAGED BUY-OUT: è una tecnica di acquisizione in cui le liquidità della target sono utilizzate per finanziare
l’operazione. L’acquisizione non è effettuata direttamente dall’acquirente, ma da una società da esso posseduta, in
genere creata per l’occasione (new company) Questa società è dotata delle risorse necessarie per l’acquisizione
accedendo a nuovi debiti. Una volta effettuata l’acquisizione, la target e la new company vengono fuse, in modo che la
liquidità della prima sia utilizzabile per rimborsare i debiti della seconda.
Anche se facilita le acquisizioni il LBO presenta dei problemi:
1) Il fatto che l’acquirente non usi risorse proprie può portare ad acquisizioni che non hanno giustificazione
economica.
2) Si accusa il LBO di essere la via usata dai manager per realizzare acquisizioni motivate da ambizione personale.
3) Il risultato del LBO è una società molto indebitata che appesantisce la struttura dei costi e limita la possibilità di
finanziare nuovi investimenti.
Quindi, un takeover basato sul LBO può danneggiare le prestazioni della società target.
OBBLIGO DI OPA
Prevede che l’acquirente non possa superare una certa soglia del capitale sociale senza lanciare un’offerta di acquisto
sulle azioni rimanenti a un prezzo almeno pari a quello pagato agli azionisti di maggioranza.
Il problema del legislatore è a quale livello fissare la soglia.
1) Se troppo alta: allora l’acquirente può acquisire quote più piccole ,a che comunque permettono un solido controllo
di minoranza senza OPA.
2) Se troppo bassa: il rischio è far scattare l’obbligo di OPA per scambi azionari che in realtà non modificano il
controllo. In Italia la soglia è fissata al 30%.
Gli investitori istituzionali desiderano trarre il massimo rendimento dai loro investimenti e dispongono delle
competenze tecniche richieste per monitorare politiche e performance delle società di cui acquistano azioni. Pertanto
tali investitori sembrano avere sia le motivazioni che il potere per tentare di influire sulla governance della società.
L’attivismo degli investitori istituzionali può assumere la forma di:
1) Negoziazioni dietro le quinte: Per esempio i rappresentanti dei fondi si possono incontrare con il management di
una società per avanzare richieste o discutere di particolari decisioni che possono avere un notevole impatto sui
bilanci, come un’acquisizione.
2) Minaccia implicita/esplicita di liquidare l’investimento: facendo scendere i prezzi di Borsa.
3) Annuncio pubblico del proprio dissenso
-Ipotesi dei Free Cash Flow: l’ipotesi si applica alle situazioni in cui l’impresa tende a produrre liquidità in eccesso
rispetto a quanto necessario per finanziare i business correnti. Questo processo è appunto chiamato free cash flow.
Esso dovrebbe essere usato per per pagare dividendi per attuare nuovi investimenti che creino ricchezza per gli
azionisti.
Il ruolo delle banche: Le banche hanno vantaggi informativi e strumenti di influenza potenzialmente sfruttabili anche
nell’interesse di altri stakeholder.
LA REPUTAZIONE
Il meccanismo di reputazione fa sì che un agente rinunci a comportamenti opportunistici per non autoescludersi dal
mercato -Il meccanismo della reputazione può essere sfruttato da autorità pubbliche e investitori, ad esempio tramite
codici volontari di governance.
Le maggiori Borse europee hanno spesso replicato questa formula:
-La Borsa Italiana ha pubblicato il suo codice nel 1999 (Codice Preda)
Il Codice tratta principalmente:
1) la funzione e la composizione del consiglio di amministrazione, nel quale richiede la presenza di un numero
adeguato di consiglieri indipendenti.
2) le modalità di nomina e di remunerazione degli amministratori
3) le modalità di gestione e comunicazione all’esterno delle informazioni price sensitive, ossia quelle che possono
avere un impatto sui prezzi di Borsa.
CONCLUSIONE
CORPORATE GOVERNANCE
-Un adeguato controllo di CG deve essere considerare un mix di meccanismi interni ed esterni.
-Un’impresa può decidere di non quotarsi perché non riesce a ottenere i necessari requisiti minimi, perché vuole
sottrarsi ai meccanismi di governance imposti dalla quotazione o perché persegue obiettivi diversi dal profitto. -Le
forme di governo alternative possono essere altrettanto efficienti delle società a fini di lucro.
La direzione dell’impresa è spesso composta dal top management formato dai general manager e da alcuni senior
manager. La direzione aziendale fa riferimento a tutti i general manager indipendentemente dalla posizione gerarchica
che occupano nell’impresa.
STILE DI LEADERSHIP E CULTURA D’IMPRESA
Lo stile di leadership consiste nel modello di governo dei rapporti di lavoro nell’organizzazione d’impresa. Le
competenze di leadership consentono di orientare l’impresa verso il futuro, facendo sì che le diverse componenti si
muovano in modo coordinato per realizzare il disegno strategico.
Con riferimento agli stili di direzione si è soliti distinguere tra due:
-lo stile autoritario: si basa sull’autorità.
Si esercita mediante il comando e il controllo, basato su rapporti gerarchici forti in cui il rispetto è assicurato dal
controllo e dalla minaccia di sanzioni in caso di inadempimento.
-lo stile partecipativo: si fonda su processi di influenza pluridirezionali, basati sulla ricerca del consenso con
prevalenza di comportamenti consultivi e partecipativi. Tende a diffondersi man mano che la struttura diventa più
complessa e aumenta la tendenza al decentramento del processo decisionale, dove si applicano il principio della
delega e dell’autocontrollo in maniera forte.
La cultura d’impresa:
-Si riferisce ai principi, valori e modi di pensare profondamente radicati.
-Condiziona i comportamenti adottati dal management.
-Non è visibile direttamente ma può essere analizzata osservando le sue manifestazioni.
L’ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA
Comprende tutte le attività volte alla definizione della struttura organizzativa e dei meccanismi di funzionamento.
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Definisce i criteri di condivisione e coordinamento del lavoro tra i membri dell’organizzazione, nonché il grado di
decentramento decisionale.
Le principali forme:
1) Struttura elementare
2) Struttura funzionale: in base all’omogeneità delle tecniche caratteristiche di ciascuna funzione
3) Divisionale: in base agli output, alla categoria di clienti, alla area geografica.
4) Matriciale: congiuntamente funzionale e divisionale abbinando specializzazione e utilizzo mirato delle risorse.
5) Per processi: per ottimizzare compiti e funzioni rispetto a un obiettivo comune.
6) A rete: tenendo conto delle attività svolte presso altre aziende legate in modo stabile.
Funzione sistemi informativi: Il sistema informativo può intendersi come meccanismo organizzativo dal momento
che le scelte relative alla sua configurazione influenzano il comportamento in modo analogo alle scelte di struttura.
1) Elaborazione automatica dei dati: è l’insieme di attività relative alla gestione di procedure di trattamento dati
mediante computer.
2) Sviluppo di supporti ai processi decisionali: riguarda le attività volte al miglioramento della qualità dei processi
decisionali e include lo sviluppo di supporti informatici e non.
Sul piano logico e concettuale si distinguono 3 livelli di strategia nei quali collocare le scelte:
Prima si definisce la strategia corporate allocando adeguate risorse, e selezionando, in linea con l’OSF, il ‘’dove’’
competere, cioè le ASA. La strategia riguarda tutta l’azienda nel suo complesso e spetta all’imprenditore o al top
management definirla. Le strategie competitive si definiscono quando si deve decidere ‘’come’’ competere, cioè su
quali competenze puntare per la conquista del vantaggio competitivo durevole. E’ una strategia dinamica.
Le strategie di gestione o funzionali coinvolgono invece i singoli aspetti della gestione: commerciale, finanziaria,
operations. Ricoprono un ruolo di coordinamento tra obiettivi operativi e strategici.
Il ciclo di pianificazione aziendale si conclude, con la definizione dei budget gestionali che definiscono le attività da
implementare a livello delle singole unità, nonché le modalità si svolgimento delle stesse. L’insieme di tutti i budget
aziendali viene definito master budget. Accanto al ciclo di pianificazione aziendale si colloca un ciclo di controllo dei
risultati ottenuti, con lo scopo di disporre un meccanismo di feedback finalizzato alla ridefinizione delle strategie o dei
programmi.
COSA LO SUPPORTA? Le caratteristiche delle risorse a disposizione dell’impresa e la sua capacità di sfruttarle
sono alla base dell’esistenza di un VC (resourced-based view).
RISORSE:
-Con valore: In primo luogo le risorse devono avere un valore per l’impresa, tuttavia non è sufficiente per generare un
VC se queste risorse sono facilmente accessibili da molte altre imprese, in quel caso si parlerebbe di parità
competitiva.
-Senza valore: Quando un azienda investe in una risorsa senza valore pone le condizioni per una sua posizione di
svantaggio competitivo. -Scarse: quando un’impresa possiede una risorsa dotata di scarsità, si crea eterogeneità nel
sistema e l’impresa beneficia di una rendita definita ‘’ricardiana’’, in quanto per quella risorsa l’offerta rimane
limitata. Quando la risorsa ha valore ed è scarsa si crea una situazione di VC temporaneo. Se la risorsa ha un valore
non per le condizioni di opportunità che offre ma perché soppianta le condizioni precedenti allora si crea una rendita
‘’schumpeteriana’’.
Maturità
Il rallentamento della crescita della domanda del mercato crea eccedenze di capacità produttiva; le imprese possono
rispondere con: Riduzione dei costi unitari:
-Curva di esperienza
-Economie di scala
-Ottenimento di risorse produttive a basso costo
-Livelli elevati di efficienza
Declino
La fase di declino è caratterizzata da:
-Eccedenza di capacità produttiva –
Assenza di innovazioni
-Riduzione del numero dei concorrenti
-Intensa lotta concorrenziale
Crisi
Dipende da fenomeni complessi e frequenti che configurano uno stato patologico. Si possono distinguere:
1) Cause primarie: fattori di tipo ambientale o interno che determinano l’incapacità a mantenersi in stabili condizioni
di economicità.
2) Cause secondarie: moltiplicano gli effetti delle cause primarie, ostacolando la risoluzione della crisi. L’impresa
deve essere in grado di sviluppare adeguate strategie di fronteggiamento della crisi, al fine di tornare in condizioni
gestionali ordinarie.
Gli obiettivi operativi di distinguono in 3 categorie:
1) Obiettivi economici
2) Obiettivi patrimonial-Finanziari
3) Obiettivi istituzionali.
Modello per stabilire la strategia più opportuna sulla base di due variabili:
1) La struttura del settore: che può essere favorevole o sfavorevole a seconda dell’intensità del tasso di caduta delle
vendite complessive, del livello delle barriere all’uscita, delle relazioni prevedibili al declino dei concorrenti attuali.
2) La presenza o meno dei punti di forza: rispetto alla domanda residuale, ossia ai clienti che rimarranno nel mercato.
LA CRESCITA INTERNA
La crescita interna avviene attraverso un processo di sviluppo delle unità esistenti all’interno di una struttura
societaria ben determinata. La crescita interna valorizza le competenze interne, puntando su uno sviluppo graduale.
L’organizzazione, nel suo sforzo di usare le risorse in modo razionale, è spinta a sfruttare le opportunità interne
allargando lo spettro delle sue attività. Ciò a sua volta impone l’acquisizione di risorse aggiuntive, necessarie per
sfruttare pienamente quelle preesistenti.
LA CRESCITA ESTERNA
La crescita esterna di differenzia dallo sviluppo interno in parte per la natura giuridica, perché si realizza mediante
operazioni societarie di acquisizione di imprese già operanti o rami d’azienda. Si realizza tramite operazioni di
acquisizione, fusione o altre combinazioni interaziendali.
-Acquisizione: trasferimento di proprietà di un azienda, verso il corrispettivo di un prezzo.
-Fusione: incorporazione o per consolidamento mediante costituzione di una società nuova. Comporta lo scioglimento
di due o più unità preesistenti.
E’ una combinazione più rigida rispetto all’acquisizione.
Diversificazione correlata: Percorso di crescita orizzontale lungo sentieri prossimi a quelli esistenti, mantenendo
inalterato il gruppo di clienti. Collocare nuovi prodotti attraverso i vecchi canali distributivi. Rappresenta un passo
esplorativo, prima di un’espansione. Si ha diversificazione anche quando le nuove attività riguardano una clientela di
tipo simile.
Diversificazione conglomerale: Crescita mediante il passaggio a business completamente nuovi per tecnologie e
caratteristiche dei clienti serviti.
1) Penetrazione nel mercato: (Mercati attuali-Prodotti attuali)
2) Sviluppo prodotto: (Mercati attuali-Nuovi prodotti)
3) Sviluppo del mercato: (Nuovi mercati-Prodotti attuali)
4) Diversificazione: (Nuovi mercati-Nuovi prodotti).
-Sinergie: si hanno sinergie quando lo svolgimento congiunto di due o più attività porta un risultato superiore a quello
dato dalla somma dei risultati che si ottengono dalle stesse attività se svolte separatamente.
-Economie di campo: Queste economie sono costituite dai risparmi di costo che derivano dalla presenza
contemporanea in più settori di attività. Scaturiscono dall’utilizzo condiviso di risorse immateriali, quali soprattutto le
tecnologie e la marca. Il ruolo di queste economie porta le imprese a tendere verso lo sviluppo delle core competence
piuttosto che sviluppi di mercato o di prodotto, cercando di generare profitto dalla ricerca e lo sviluppo, cercando tutte
le applicazioni possibili dalle nuove tecnologie.
-Economie finanziarie: La diversificazione determina il formarsi di un gruppo complesso di imprese e, allo stesso
tempo di una sorta di mercato finanziario interno. Nel gruppo si vengono a creare divisioni che producono e divisioni
che assorbono risorse finanziarie.
-Riduzione del rischio: Diversificare il rischio vorrà dire diversificare la reazione al ciclo economico, in quanto
andamenti negativi in date aree potranno essere compensati da andamenti positivi in aree differenti.
SVILUPPO VERTICALE
Ogni azienda deve decidere quanto integrarsi (estendersi) a monte e a valle. Integrazione a monte: L’impresa svolge
internamente attività tipiche dei fornitori (a monte della propria filiera) Integrazione a valle: L’impresa svolge
internamente attività tipiche di propri clienti e intermediari (attività a valle della propria filiera). Lo sviluppo verticale
è attuabile scegliendo di aumentare il grado di integrazione verticale, ossia l’intensità del controllo esercitato dilla
propria filiera produttiva. Può avvenire sia per processi di interni che attraverso l’acquisizione di altre imprese legare o
meno da relazioni di filiera. A fronte dei rischi connessi all’aumentata rigidità e agli investimenti necessari, lo
sviluppo verticale consente i seguenti vantaggi:
Tecnici: coordinamento più stretto e razionale delle attività.
Economici: appropriazione dei margini di profitto di clienti e fornitori e riduzione dei costi di transazione.
Concorrenziali: aumento del potere di mercato nei confronti di fornitori e clienti.
I costi di transazione
Transazione: si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso un’interfaccia tecnologicamente
separabile.
Passaggio tra fasi produttive tecnologicamente separabili svolte internamente o esternamente.
L’insieme delle attività svolte internamente costituisce i confini aziendali.
Quali transazioni tenere all’interno dell’organizzazione e per quali, invece, ricorrere ad altri operatori?
Identificare le attività Confrontare i costi dell’internalizzazione con i costi dell’esternalizzazione.
Economie di transazione:
La dinamica dei costi di transazione definisce i confini dell’attività d’impresa Si manifestano economie di transazione
quando, aggregando più combinazioni economiche o aziende interdipendenti, i costi di gestione di tale
interdipendenza (costi di transazione) sono minori rispetto a quelli che si sosterrebbero nel caso contrario.
Make Vs. Buy Make: Costi di realizzazione interna + Costi di coordinamento interno Buy: Prezzi di acquisto (o di
vendita) + Costi di transazione esterna.
Strategie di Outsourcing: ricerca sistematica di occasioni di affidamento a terzi di processi in precedenza realizzati
internamente (completo o parziale).
Conclusioni: La gestione strategica dell’impresa ha il compito di definire le opzioni di sviluppo all’interno del
principale processo strategico aziendale rappresentato dalla crescita. Le strategie di crescita sono attuabili attraverso
diverse modalità realizzative: crescita interna, esterna o per accordi. Possono essere identificate due fondamentali
strategie di crescita: la crescita nei business esistenti e la diversificazione in nuovi business.
Una strategia che merita di essere trattata in maniera separata è quella di focalizzazione sul core-business. Si possono
in particolare distinguere il Corporate restructuring & development e l’Outsourcing. Le imprese possono crescere,
inoltre, attraverso l’espansione internazionale di cui si parlerà in seguito.
Multinazionale: mira a creare una forte presenza locale cercando di rendersi sensibile e adattiva alle differenze
nazionali. Un’impresa multinazionale entra nei paesi ospiti mediante l’investimento diretto. Gestisce le proprie attività
come un portafoglio di iniziative diverse, in quanto ciascuna sussidiaria gode del proprio ambito geografico di un
significativo livello di autonomia e indipendenza della casa madre. Il fattore chiave di successo della multinazionale
consiste comunque nella capacità di adattamento ai bisogni espressi dalla domanda locale e alle caratteristiche
strutturali e competitive del paese ospite.
Globale: affronta paesi differenti, un limitato ambito geografico sovrannazionale o l’intero mondo sviluppato, come
se fossero un unico grande mercato indifferenziato. Le decisioni localizzative sono finalizzate alla ricerca di economie
di scala e di sfruttamento di differenziali locali di costo e di qualità. Un settore può definirsi globale se le imprese che
vi operano possono acquisire significativi vantaggi competitivi integrando le attività su scala mondiale.
Percorsi di internazionalizzazione:
Le scelte di internazionalizzazione delle imprese dipendono in primo luogo dalle caratteristiche del settore. In caso di
settori globali l’internazionalizzazione è una soluzione obbligata. In assenza di vincoli dettati dal settore le imprese
possono comunque scegliere di internazionalizzarsi in funzione di una vocazione internazionale. Indipendentemente
dalle motivazioni , possiamo distinguere nella strategia di internazionalizzazione forme differenti, che ruotano intorno
a due elementi: la realizzazione o meno di produzioni all’estero, la presenza o meno di investimenti diretti oltre i
confini nazionali:
1) Operazioni commerciali senza investimenti diretti all’estero: esportazione diretta ed esportazione indiretta.
L’impresa si limita all’esportazione di parte della propria produzione, direttamente (curando in prima persona i
rapporti con i clienti stranieri) o indirettamente (affidando l’export a intermediari).
2) Operazioni produttive senza investimenti diretti all’estero: Licenze o contratti di fabbricazione e impianti chiavi in
mano. Si affida la produzione a operatori stranieri. La commercializzazione è a cura dei partner stranieri, con proprio
marchio, o del proprio marchio a seconda degli accordi.
3) Operazioni commerciali con investimenti diretti all’estero: Rappresentanze commerciali e Filiali di vendita.
L’impresa mantiene nella nazione di origine i processi produttivi, ma installa all’estero una propria organizzazione
commerciale. Si può scegliere tra un intervento completo con filiali di vendita che curano tutti gli aspetti della
commercializzazione del prodotto. Oppure servirsi di distributori e importatori.
4) Operazioni produttive con investimenti diretti all’estero: Fabbricazione e Assemblaggio. E’la forma più completa
di internazionalizzazione, con svolgimento di fasi di lavorazione o dell’intero ciclo produttivo all’estero.
Strategie internazionali Spesso l’internazionalizzazione avviene mediante un graduale passaggio attraverso tutte le
modalità presentate. Porter propone una classificazione delle strategie internazionali basata sulla
dispersione/concentrazione geografica delle attività della catena del valore e sul grado di coordinamento, elevato o
basso, delle attività svolte in vari paesi:
-Strategia di esportazione con commercializzazione decentralizzata: si concentrano nel paese di origine tutte le
attività, e in particolare quelle produttive, tranne il marketing e le vendite, che si disperdono nel vari mercati-paese,
raggiunti per via di esportazione.
-Strategia multidomestica: si disperdono le attività della catena del valore e si lascia alle singole unità locali ampia
autonomia; è la strategia tipica delle imprese che operano internazionalmente.
-Forte investimento all’estero e forte coordinamento delle attività: l’impresa opera in maniera dispersa,
decentralizzando il più possibile le attività della catena del valore, ma allo stesso tempo si mantiene un forte
coordinamento di tutte le filiali.
-Strategia globale pura: si realizza una forte centralizzazione delle risorse decisive rispetto ai vantaggi competitivi; è
la soluzioni delle globali. La base della piramide I paesi emergenti sono attraenti non solo nelle nuove aree di
benessere ma anche alla base della piramide, formata dai clienti che vivono con meno di due dollari al giorno. E’ un
mercato molto ampio formato da circa 4 miliardi di persone. Questi clienti sono esclusi dalle logiche di business
tradizionali ma possono essere coinvolti con soluzioni innovative di prodotto e processo, in armonia con i bisogni e
con le risorse delle comunità locali.
CONCLUSIONI
C’è una varietà di approcci all’internazionalizzazione, dalla piccola impresa esportatrice alle multinazionali complesse
che distribuiscono e coordinano le loro attività in tutto il mondo Il bilanciamento dei vantaggi di scala e dei vantaggi
di adattamento locale è cruciale per organizzare in modo efficiente le attività internazionali I paesi emergenti offrono
sia preziose opportunità di localizzazione prodotti (grazie ai loro vantaggi comparati) sia attraenti mercati di sbocco,
anche dove i livelli di reddito pro-capite sono ancora bassi.
La crescita contrattuale
Obiettivi: I fattori critici di successo: Le modalità di gestione del rapporto e l’identità dei partner sono critici per il
successo dell’operazione.
I partner possono essere portatori di culture e di stili gestionali differenti, che possono rivelarsi incompatibili e portare
a conflitti. La formazione di un’alleanza dev’essere preceduta da una attenta analisi non soltanto degli obiettivi
strategici e finanziari che possono essere conseguiti.
Relazioni forti:
1) Consorzi: è la prima forma di cooperazione con legami forti. In tal caso una nuova società è creata attraverso
l’apporto di capitale da parte di una serie di imprese con lo scopo di raggiungere obiettivi comuni più efficacemente
e/o velocemente rispetto all’iniziativa singola, grazie alle maggiori dimensioni del consorzio. Si sono sviluppati anche
nell’acquisto congiunto di prodotti, servizi o materiali.
2) Joint ventures: rappresentano l’altra modalità di cooperazione forte. In tal caso due imprese solitamente realizzano
una terza iniziativa, apportandovi capitale e risorse, per scopi comuni, anche in questo caso spesso afferenti agli
aspetti della ricerca e della commercializzazione.
Risorse condivise
In una prospettiva resource-based, le forme di cooperazione hanno due motivazioni principali: sfruttamento di risorse
‘’in pool’’ e non detenute da una singola impresa.
-L’ottenimento di risorse: cioè la possibilità di creare e reperire input fondamentali per la propria attività. Nella
maggior parte dei casi, infatti un’impresa è interessata ad alcune ma non tutte le risorse in possesso di un partner.
Un’acquisizione comporterebbe l’implementazione di risorse superflue.
-La difesa di risorse e competenze: cioè la possibilità di proteggere elementi cruciali per la propria competitività.
Vengono difese risorse chiave in presenza di situazioni in cui le imprese possono trovarsi in difficoltà nel farlo da
sole. Una forma più temperata di cooperazione, rispetto a forme di acquisizione diretta, può consentire di impiegare
queste risorse solo temporaneamente, mettendole a disposizione per impieghi futuri.
Il regime di appropriabilità definisce il livello di proteggibilità delle risorse: quando è forte, un’impresa può
serenamente escludere un partner dall’utilizzo delle risorse. Quando entrambe le imprese apportano risorse
proprietarie ben identificabili, solitamente la cooperazione assume una forma prevalentemente contrattuale e debole,
che consente la condivisione degli asset e ne disciplina l’utilizzo. Quando un’impresa apporta prevalentemente risorse
proprietarie e l’altra risorse di conoscenza, forme di cooperazione più forti come la joint venture, possono funzionare
meglio. Quando entrambi i soggetti che cooperano apportano risorse cognitive la cooperazione ritorna ad avere forme
deboli.
Forme e risorse
Le fonti del vantaggio competitivo relazionale Le diverse forme di cooperazione hanno diversi punti di forza e di
debolezza. Con riferimento alle forme deboli, per esempio, l’investimento è limitato e così il conseguente rischio
dell’iniziativa, ma l’accordo può risultare generico e poco incisivo sull’attività aziendale. Per converso, le forme forti
sono sicuramente più focalizzate e potenzialmente più importanti, ma hanno maggiori difficoltà di gestione e governo
della relazione.
1) Obiettivi, tempi, risorse investite > Investimento dei partner nella relazione: Quanto maggiori sono la durata e
l’intensità della cooperazione, tanto maggiore sarà a parità di condizioni, la possibilità di costruire risorse e
competenze in grado di supportare il vantaggio competitivo.
2) Fit culturale e capacità di assorbimento > Presenza di meccanismi di apprendimento: Affinché una relazione con
un’altra impresa possa incidere sul vantaggio competitivo è necessario che l’impresa sia capace di incorporare la
conoscenza generata nell’interazione per poi, magari, riproporla in altri contesti, questa capacità è detta di
assorbimento.
3) Fit strategico, sinergie > Complementarità tra le risorse: si riferisce al tema delle sinergie, l’uso delle risorse in
combinazione fa sì che il potenziale della combinazione sia superiore alla somma delle singole risorse non combinate.
4) Fiducia, reputazione, Contratti e norme > Meccanismi formali di governance: sia i contratti, sia i meccanismi self
enforcing come la fiducia o la reputazione sono in grado di allineare gli incentivi e di limitare i comportamenti
opportunistici tra le parti.
Conclusioni
Dunque affinché un’impresa possa ottenere degli effetti competitivi da strategie di cooperazione, secondo la teoria
delle risorse, è necessario che si costruiscano risorse strategiche specifiche per la relazione, e che non si potrebbero
generare individualmente
Tecnologia: l’insieme concettuale e applicativo di conoscenze, skill, e artefatti che vengono impiegati tanto per
sviluppare e lanciare prodotti e servizi quanto per rinnovare i sistemi di produzione e commercializzazione degli
stessi.
L’innovazione è lo sviluppo a fini commerciali di nuovi prodotti o nuovi processi, atti ad accrescere la proposta di
valore veicolata al mercato mediante beni e servizi.
LA NATURA DELL’INNOVAZIONE
Innovazione radicale vs. incrementale
Radicale:
1) Richiede conoscenze, competenze, strumenti nuovi.
2) Abbatte il valore delle competenze esistenti.
3) Determina un netto cambio nelle performance del prodotto/servizio/processo.
4) E’ relativamente rara.
5) Necessita elevati investimenti e rischi.
Incrementale:
1) Si basa su conoscenze, competenze e strumenti consolidati.
2) Incrementa il valore delle competenze esistenti.
3) Determina un miglioramento graduale delle performance del prodotto servizio/processo.
4) E’ relativamente frequente.
5) Necessita di investimenti contenuti a rischi ridotti. Innovazione di prodotto e di processo.
Le Politiche tecnologiche: costituiscono il complesso delle scelte volte ad accrescere e a sfruttare il patrimonio
tecnologico di cui l’impresa è dotata, secondo orientamenti coerenti con le strategie aziendali complessive.
Le tecnologie assumono una diversa connotazione a seconda del ruolo che assumono nel conseguimento del vantaggio
competitivo
1) Tecnologie di base o fondamentali: insieme di competenze necessarie per poter operare in un settore di attività.
Tecnologie generiche.
2) Tecnologie strategiche o chiave: conferiscono all’impresa un vantaggio competitivo rilevante poiché permettono di
realizzare prodotti con prestazioni superiori o processi a costi inferiori.
3) Tecnologie complementari o integrative: sono residuali rispetto alle tecnologie strategiche e presentano un profilo
di rilevanza competitiva potenziale.
4) Tecnologie emergenti o sostitutive: insieme di conoscenze che, anche se scarsamente conosciute nelle loro
implicazioni applicative e nelle reali potenzialità, costituiscono in prospettiva dalle minacce rilevanti per le attuali
tecnologie di base.
La ricerca e sviluppo
La ricerca e sviluppo è l’attività aziendale specializzata nella ricerca, sperimentazione, applicazione e sviluppo di
innovazioni tecnologiche.
Fasi dell’iter innovativo:
1) Ricerca di base e applicata: si esplica nell’impegno sistematico volto alla comprensione delle leggi sottese ai
fenomeni naturali. L’esito positivo della ricerca di base consiste nella scoperta, cioè un insieme strutturato di
conoscenze che permettono di individuare e mettere a punto nuovi strumenti e metodi. La ricerca applicata è volta ad
identificare le specifiche modalità di utilizzo delle conoscenze prodotte dalla ricerca di base.
2) Sviluppo: concerne la messa a punto del prodotto e del processo di trasformazione industriale in una prospettiva
tecnologica. Esso è finalizzato alla predisposizione del prototipo produttivo, del prototipo commerciale.
3) Industrializzazione e Commercializzazione: infine riguardano tutte le attività volte a produrre e a vendere su larga
scala il nuovo prodotto.
La separazione operata tra attività di ricerca aventi natura e finalizzazione distinte è riconducibile alla separazione
concettuale che sussiste tra scienza e tecnologia. La tecnologia essendo relativa al patrimonio di esperienze formatesi
attraverso approcci empirici collegati alle attività produttive in senso stretto, riguarda direttamente le attività di
sviluppo e industrializzazione.
La gestione del portafoglio prodotti L’innovazione è uno dei modi per allargare il portafoglio prodotti di un’impresa.
Considerando Tasso di crescita del mercato (indice dell’attrattività di un business) e Quota di mercato relativa rispetto
al concorrente leader (misura la forza dell’impresa nel mercato).
Ne derivano quattro tipologie di prodotti: (quota di mercato bassa, tasso di crescita alto).
Question marks: Prodotti in una situazione di incertezza potendo costituire ottime opportunità così come investimenti
sbagliati; in ogni caso richiedono forti investimenti per accrescere al quota di mercato. (quota di mercato alta, tasso di
crescita alto)
Stars: Prodotti di successo. Il saldo tra le risorse finanziarie assorbite e quelle generate è solitamente negativo o di
poco positivo, poiché sono necessari investimenti elevati per sostenere le vendite e finanziare i fabbisogni crescenti in
capitale circolante. (quota di mercato bassa, tasso di crescita basso)
Dogs: Prodotti senza una buona posizione di mercato e con redditività ridotta a causa di un’accesa concorrenza sui
prezzi.
(quota di mercato alta, tasso di crescita basso)
Cash Cows: Si tratta di prodotti Star che hanno, però, esaurito la fase di espansione del mercato; i loro alti flussi di
cassa e il basso livello d’investimenti richiesto permettono di finanziare altre attività.
Conclusioni
L’innovazione tecnologica di prodotto riguarda dispositivi, strumenti e conoscenze legate e nuovi prodotti e servizi.
Quella di processo riguarda dispositivi, strumenti e conoscenze che mediano tra input e output. Le politiche
tecnologiche costituiscono delle scelte volte ad accrescere e a sfruttare il patrimonio tecnologico di cui l’impresa è
dotata, secondo orientamenti coerenti con le strategie aziendali complessive. Le tecnologie assumono una diversa
connotazione a seconda del ruolo che assumono nel conseguimento del vantaggio competitivo. A tal fine è utile
monitorare la posizione tecnologica relativa di supporto alle scelte di gestione e dell’innovazione tecnologica. La
ricerca e sviluppo è l’attività aziendale specializzata nella ricerca, sperimentazione, applicazione e sviluppo di
innovazioni tecnologiche.
Ipercompetizione.
Le nuove richieste espresse dalla domanda influenzano l’impresa che deve tener conto nei propri processi decisionali
anche degli interessi collettivi. In linea con queste esigenze la gestione commerciale deve raggiungere tre obiettivi tra
loro interrelati, ovvero:
-Soddisfacimento di bisogni e desideri dei clienti.
-Gli interessi della società. -Incremento del valore d’impresa.
-Per determinate materie prime prevale l’orientamento alla produzione
-Chi offre un’ampia gamma di prodotti punta sull’orientamento al mercato
-Chi pone il singolo al centro dei processi aziendali punta sull’orientamento al cliente
-Nei mercati di sovrapproduzione si punta sull’orientamento alle vendite
ATTIVITÀ’ PRINCIPALI
Nella gestione commerciale si individuano due aree di attività: da un lato, le attività legate al marketing, che hanno
anche rilevanza strategica e orientano non solo tale gestione ma anche le operations e la gestione finanziaria.
Dall’altro le attività collegate alla vendita, necessarie per allocare i prodotti verso i clienti.
1) Marketing Management: rilevanza strategica ed influenza le operations e la gestione finanziaria, e si divide in
marketing operativo (operativo), e marketing strategico (decisionale) e poi Processi analitici. Può essere ricondotto a
processi d’analisi che precedono i processi decisionali e i processi operativi. In particolare, i processi analitici, si
dividono in analisi qualitative e quantitative dei comportamenti della domanda e della concorrenza e poi i processi
decisionali.
2) Processi operativi: ovvero il marketing operativo, esplicita le leve del marketing mix.
3) Vendita: allocazione dei prodotti verso i clienti. Rappresenta il momento conclusivo dell’azione di marketing.
4) Dopo la vendita, l’ultima fase, consiste in misurazione e controllo dei risultati, che consente alla direzione di
valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi programmati.
Nel caso di scostamenti, il processo si chiude con la riformulazione di piani o strategie.
PROCESSI DECISIONALI
Marketing strategico: E’ l’insieme di decisioni che determinano le strategie di marketing in un ottica temporale di
medio-lungo raggio e comprende le seguenti fasi:
1) Segmentazione della domanda e targeting: il marketing viene segmentato in sottoinsiemi tra loro omogenei e
successivamente viene individuato il segmento dei clienti obiettivo.
2) Posizionamento competitivo-percettivo: viene formulato un sistema d’offerta coerente con il segmento obiettivo.
3) Differenziazione del sistema d’offerta: viene definita l’offerta con cui affrontare i competitor.
Segmentazione: Creare uno specifico programma di marketing mirato su gruppi di individui con profili di domanda
distinti ma omogenei tra loro.
DUNQUE una volta individuato il mercato di partenza, questo, viene segmentato. Per fare ciò vengono prese in
considerazione le variabili demografiche, socio economiche, psicografiche e comportamentali. La segmentazione
muove dall’assunto che le imprese spesso non sono in grado di servire tutti i potenziali consumatori, pertanto, invece
di cercare essere competitivi ovunque, è opportuno che dividano il mercato in segmenti attraenti e si focalizzano su un
ambito più limitato. Targeting: Nel targeting vengono selezionati i segmenti a più alto potenziale su cui focalizzare gli
sforzi per definire un’offerta adeguata e potenzialmente superiore ai concorrenti. Vengono definiti i clienti target.
Posizionamento: Qui si definisce come il prodotto o la marca si differenzierà nella mente dei clienti target. Vengono
selezionate delle caratteristiche uniche, che renderanno la marca/prodotto riconoscibile immediatamente nella mente
dei clienti. Per posizionamento di intende la collocazione del prodotto in un definito sistema di percezioni del
consumatore.
Per scegliere la posizione più idonea occorre comprendere rispetto a tutti i prodotti sul mercato o nel segmento
d’interesse, le percezioni dei clienti sui prodotti e guidare le preferenze degli stessi, individuando così i clienti
potenziali non sufficientemente coperti dai prodotti esistenti.
Il posizionamento è il risultato delle analisi delle percezioni del segmento target > tre mappe: mappa delle preferenze,
delle percezioni e sovrapposizione delle mappe.
Differenziazione: Su cosa si basa il posizionamento? es. attributi di prodotto, bisogni soddisfatti, benefici emotivi e
psico-sociali, occasioni d’uso, gruppi di consumatori, lontano da ogni concorrente. L’obiettivo è rendere il prodotto
poco sostituibile rispetto agli altri beni esistenti sul mercato.
Per differenziare il prodotto l’impresa può apportare modifiche agli aspetti tangibili o intangibili utilizzando alcune
variabili del marketing mix: la confezione, il colore, la forma, l’immagine, il prezzo, le modalità di distribuzione.
Terminate le analisi l’impresa può definire la propria strategia di marketing: L’impresa deve affrontare la scelta di
quali clienti soddisfare e la valutazione dell’offerta con cui affrontare i competitors.
MARKETING OPERATIVO
Consiste nella manovra delle leve che insieme costituiscono il marketing mix. Decisioni di marketing operativo 4P:
1) Product: ciò che viene offerto in un mercato e risponde alle esigenze di un acquirente/consumatore. Non è soltanto
un bene ma un sistema di benefici, vantaggi e attese.
2) Pricing
3) Promotion
4) Point of sale
Prodotto: le leve di prodotto consentono di descrivere un sistema di prodotto sulle caratteristiche materiali e gamma,
dei servizi collegati, e delle caratteristiche immateriali. E’ possibile individuare una funzione di base del prodotto,
riferita al bisogno generico o primario del consumatore, e una serie di funzioni supplementari, che sono i fattori
differenziali in grado di influenzare la scelta degli acquirenti. Il successo dell’impresa dipende in prima battuta dal
riscontro che ottiene la sua offerta commerciale, cioè dal grado di accettazione dei prodotti che offre al mercato. La
politica di prodotto ricopre un elevato livello di strategicità poiché riguarda sia le scelte di gestione di beni già
esistenti sia il lancio di nuovi prodotti e coinvolge tutti i processi aziendali.
Prezzo>Formalmente = ammontare di denaro ceduto dall’acquirente/ Quantità dei beni ceduti dal venditore Nella
prospettiva dell’acquirente = insieme dei costi e non sopportati/Insieme di soddisfazioni tangibili ed intangibili
ottenute.
I metodi per la determinazione del prezzo possono essere basati sul livello dei costi, sulla reazione della domanda e
sul comportamento della concorrenza.
Considerare Profitto, Volume e Concorrenza Il profitto: definire il prezzo in funzione della massimizzazione del
profitto o di creazione di redditività rispetto al capitale investito.
Volume: definire un prezzo che assicuri un alto tasso di vendite. Concorrenza: definire un prezzo che miri alla stabilità
dei prezzi e all’allineamento con i concorrenti. Comunicazione: insieme di attività volte a promuovere e pubblicizzare
il servizio/prodotto, al fine di suscitare una reazione volta al miglioramento delle relazioni commerciali.
L’area della comunicazione di marketing si focalizza tradizionalmente sul consumatore finale.
Distribuzione: insieme delle attività necessarie al trasferimento della proprietà di un bene dal produttore al
consumatore. Qui l’impresa deve decidere a quali intermediari appoggiarsi per raggiungere il mercato e quale
copertura assicurare. L’impresa, può scegliere di distribuire il prodotto solo mediante alcuni rivenditori selezionati
(vendita selettiva), oppure rivolgendosi a tutti i rivenditori (vendita estensiva), o appoggiarsi solamente ad un
intermediario (vendita in esclusiva).
Per ultimo l’e-commerce, può essere visto come un canale distributivo diretto, che amplia in maniera enorme le
possibilità di copertura del territorio e di relazione. Più in generale le politiche di distribuzione possono essere
ricondotte a due orientamenti fondamentali:
STRATEGIE PUSH: si concentrano la promozione e la comunicazione tra gli intermediari, per stimolare la
cooperazione. strumenti > forza vendita e la comunicazione personale.
STRATEGIE PULL: si concentrano promozione e comunicazione sulla domanda finale al fine di forzare una
collaborazione tra gli intermediari > ha orizzonti medio lunghi dovuti a sforzi finanziari, non legati al fatturato. Cerca
di convincere i consumatori, attraverso pubblicità e promozione a richiedere il prodotto al distributore.
Tipologia di rete:
1) Rete diretta: venditori dipendenti legati all’impresa attraverso un contratto di lavoro dipendente. I venditori della
rete diretta sono più disposti a seguire le direttive aziendali e sono in grado di fornire una serie di servizi di assistenza
tecnica e di consulenza ai clienti.
2) Rete indiretta: formata da collaboratori autonomi. Essi sono più motivati nella vendita e dispongono spesso di un
proprio portafoglio clienti a cui affiancare i nuovi prodotti. Possono essere i più efficaci quando l’obiettivo è una
rapida crescita del fatturato aziendale.
Le scelte di gestione, quindi, riguardano la programmazione e il controllo della produzione e la gestione dei flussi di
materiali e della qualità.
Vi sono 4 fattispecie di sistemi produttivi:
1) Produzioni Job-shop
2) A lotti
3) In linea
4) Per flusso continuo
Produzioni JobShop:
Caratterizzate da bassi volumi, di un prodotto vario e variabile. In genere si opera su commessa, con elevata
personalizzazione, dove gli ordini precedono la produzione, e dove scarti e rimanenze sono inesistenti, e si basa su
competenze generiche e adattabili.
Per Lotti: Caratterizzate da prodotti con elevata varietà ma ridotta variabilità, avviene sia per ordine acquisito, sia per
previsione della domanda, su competenze generiche. In linea: Sistema produttivo con elevati volumi, ma varietà e
variabilità contenute, con cicli ripetitivi ed omogenei. Il prodotto è il risultato dell’assemblaggio di componenti
fabbricazione sia interna che esterna. Elevate scorte di magazzino anche con prodotti finiti.
Per flusso continuo: Qui si producono prodotti fortemente standardizzati ottenuti in volumi ingenti. Realizzano
produzioni irreversibili poiché i materiali in ingresso subiscono modifiche chimico-fisiche per i quali è impossibile
identificare gli elementi che costituiscono il prodotto finale. L’impianto può definirsi come il complesso di beni
materiali e immateriali di uso durevole, il cui impiego avviene su più esercizi amministrativi, nei quali l’impresa
industriale deve investire per svolgere la propria attività economica.
TIPI DI LAYOUT
Il lay-out è la disposizione planimetrica di aree, strutture murarie, impianti e attrezzature secondo i criteri di
ottimizzazione dei flussi fisici di materiali e prodotti.
Il lay-out definisce la collocazione dei posti di lavoro nella sequenza ottimale richiesta dal tipo e dalle condizioni di
produzione.
In generale la disposizione delle strutture può privilegiare la flessibilità o la produttività:
1) A punto fisso: Il prodotto non si muove durante il processo.
2) In linea: Il prodotto segue un percorso rigidamente preordinato, in modo da ottimizzare la produttività.
3) Funzionale: o per reparto, in cui il prodotto transita attraverso i reparti ove sosta per l’esecuzione di operazioni
omogenee, in modo da ottimizzare la flessibilità.
4) Per gruppo tecnologico: Quando impianti e attrezzature vengono raggruppati a isole o a celle in modo da soddisfare
l’esigenza di assegnare le risorse all’esecuzione di operazioni omogenee per famiglie di prodotto, si tratta di una
soluzione ibrida tra la logica in linea e per reparto.
LA LOGISTICA
E’ il processo di pianificazione, gestione e controllo, dei flussi dei materiali e dei correlati flussi informativi. La
logistica è legata all’attività di produzione da un elevato grado di condizionamento reciproco e da forti esigenze di
integrazione.
E’ possibile distinguere ambiti più specifici di gestione, cui corrispondono definizioni più ristrette di logistica:
1) La logistica di ingresso: che si interfaccia con gli approvvigionamenti, riguarda l’acquisizione di materie prime e
componenti e la relativa movimentazione dai fornitori alle unità di utilizzazione, oltre allo stoccaggio di tali materiali
presso le suddette unità.
2) La logistica interna: o produttiva, consiste nella gestione del flusso dei materiali in lavorazione, volta ad assicurare
la loro tempestiva ed economica utilizzazione nelle varie fasi produttive fino alla collocazione dei prodotti finiti a
magazzino.
3) La logistica in uscita: commerciale o distributiva, opera in stretto coordinamento con la gestione commerciale e in
particolare, con il marketing e le vendite. Si occupa della gestione del sistema di ricezione e di evasione degli ordini,
della gestione delle scorte dei prodotti finiti.
Tali attività hanno bisogno di un coordinamento che assicuri l’integrazione degli obiettivi e delle condizioni operative
e permetta la pianificazione, la programmazione e il coordinamento dell’insieme delle attività logistiche. Alla
funzione che svolge tali compiti si da il nome di logistica integrata.
I compiti della logistica consistono nell’ottimizzazione della disponibilità dei materiali con riferimento a:
-Spazio, tempo, e volumi.
-Economicità e impegno di risorse.
Si tratta pertanto di curare allo stesso tempo il livello di servizio logistico e il costo logistico totale.
Il servizio logistico al cliente: è espresso con il concetto di disponibilità del prodotto, e può essere scomposto in
1) Disponibilità del prodotto: è la capacità di contenere le rotture di stock (esaurimento scorte di magazzino) entro
intervalli di tempo definiti.
2) Tempestività della consegna: è data dal tempo medio intercorrente tra l’emissione dell’ordine da parte del cliente e
la consegna della merce.
3) Affidabilità della consegna: esprime la regolarità delle consegne nel tempo, con riferimento sia al rispetto alla data
di consegna pattuita, sia dalla conformità della merce consegnata al cliente per volumi e qualità.
4) Flessibilità della consegna: consiste nella capacità di accogliere richieste di personalizzazione delle consegne
riguardo a tempi, volumi, modalità. Il costo logistico totale: che somma i costi relativi ai magazzini, alla gestione delle
scorte, ai trasporti e quelli amministrativi.
Il magazzino è un impianto logistico costituito da locali, attrezzature, personale in grado di ricevere i diversi materiali
e prodotti finiti, custodirli, conservarli, e renderli disponibili per la produzione e la consegna. La gestione delle scorte
mira a garantire la continua disponibilità dei materiali, a minimizzare l’investimento in capitale circolante e gli
impieghi di risorse necessarie, e a ottimizzare l’utilizzo della capacitò produttiva nel breve-medio termine. Deve
garantire che la dimensione degli stock sia economica. Deve raccordarsi con la gestione commerciale, con la gestione
delle operations, e la gestione finanziaria.
GLI APPROVVIGIONAMENTI
L’approvvigionamento è l’insieme delle attività tecnico-commerciali attraverso cui le imprese acquistano sul mercato
i beni e i servizi necessari per lo svolgimento dei processi produttivi e gestionali. Le attività di approvvigionamento
sono correttamente supportate dal marketing di acquisto.
Il marketing di acquisto opera sul mercato dei fattori produttivi utilizzando una serie di leve dette procurement mix.
Le leve di procurement mix sono costituite dalle politiche:
1) di prodotto: riguardano l’insieme di decisioni relative ai materiali approvvigionati. Di particolare importanza
risultano, per ogni materiale, il valore unitario, la possibilità di sostituzione o standardizzazione, le possibilità di
innovazione. Le politiche di prodotto sono strettamente legate alle caratteristiche del portafoglio materiali e
componenti, in termini di criticità economica e di rischiosità dell’approvvigionamento.
2) delle fonti di approvvigionamento: si basa sul monitoraggio dei mercati di fornitura per l’identificazione dei
fornitori potenziali, la valutazione delle capacità dei fornitori rispetto alle esigenze aziendali, la selezione e il controllo
dei fornitori sulla base della rilevazione di indicatori di prestazione in merito alle performance ritenute critiche.
3) di prezzo d’acquisto: è diretta alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il rapporto con il
fornitore, in tal senso, esse non costituiscono generalmente elemento di qualificazione del fornitore, in quanto
risultano connesse alla specifica decisione di acquisto.4) di comunicazione: sono tese a promuovere l’immagine
aziendale presso i fornitori potenziali e consolidati, attraverso attività di assistenza tecnica, finanziaria o adottando
opportune politiche di programmazione degli ordini e delle consegne del fornitore.
Le politiche di prodotto sono strettamente legate alle caratteristiche del portafoglio materiali e componenti.
Il marketing d’acquisto:
1) Materiali colli di bottiglia: Impatto sulla redditività aziendale basso e Rischio Approvvigionamenti alto.
Manifestano esigenze specifiche di presidio delle fonti di approvvigionamento, richiedono un coordinamento delle
politiche di prodotto con le politiche relative alle fonti, al fine di assicurare la stabilità del flusso dei materiali.
2) Materiali strategici: Impatto e rischio alti. Sono necessari interventi di gestione articolati e complessi, che
richiedono l’integrazione di tutti gli elementi citati.
3) Materiali non critici: Impatto rischio bassi. Hanno un impatto gestionale estremamente contenuto sotto il profilo
economico e gestione dei flussi.
4) Materiali con effetto leva: Impatto alto, Rischio basso. Necessitano di interventi volti a migliorare il profilo di
costo. In sintesi la politica di prodotto deve tendere a definire l’assetto del portafoglio materiali secondo logiche
coerenti con i fabbisogni dell’impresa, cercando di ridurre l’impatto economico esercitato dai materiali con effetto
leva e la rischiosità di quelli colli di bottiglia e affrontando in maniera articolata la gestione dei beni strategici. La
gestione dei fornitori.