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Economia Aziendale

Definizione: L’economia aziendale è una disciplina che si colloca nelle scienze


umane il cui oggetto di studio è l’azienda concepita come sistema e scomponibile in
subsistemi di diverso ordine e grado. Studia in particolare ciò che permette
all’azienda di perdurare nel tempo, le sue condizioni di esistenza, le manifestazioni
di vita e il buon funzionamento delle aziende.
Le aziende si dividono in:
- Aziende private (generalmente a scopo di lucro e di cui fanno parte anche le
società di benefit, società che conservano lo scopo di lucro ma che nei loro
obiettivi aggiungono una o più finalità di beneficio comune, effetti positivi su
persone, territori, sostenibilità, ecc.)
- Aziende pubbliche (che costituiscono la pubblica amministrazione e gli enti
pubblici come comuni, regioni, ministeri, ASL, università pubbliche, camera di
commercio, INPS…)
I subsistemi si dividono in:
• Subsistemi di primo livello, che sono particolari del sistema azienda e sono:

- Subsistema Organizzativo che ha per contenuto l’individuazione dei centri di


attività, lo studio delle più convenienti coordinazioni tra le risorse umane e i
mezzi di produzione e la composizione dei rapporti gerarchici e funzionali tra
le persone impegnate nei vari centri operativi.

- Subsistema Gestionale che si occupa di impostare l’insieme coordinato di


operazioni finalizzate al perseguimento di obiettivi e subobiettivi in ambito di
possibili soluzioni, ossia di come far funzionare l’azienda per arrivare agli
obiettivi nel migliore dei modi.

- Subsistema Informativo che è preposto al controllo del processo operativo


aziendale e ha per oggetto l’analisi degli accadimenti aziendali. Inoltre,
fornisce un flusso continuo di informazioni necessarie per alimentare
successivi processi decisionali e operativi.

* L’unione tra subsistema organizzativo e gestionale forma il Subsistema


Operativo.

Federica Morlino
• Subsistemi di secondo livello, che sono parti del sistema azienda e sono:

- Subsistema Economico che riguarda le variazioni economiche positive e


negative collegate alle attività di acquisto e vendita, quindi riferibili a costi e
ricavi.
- Subsistema Finanziario che riguarda i valori finanziari positivi e negativi
riferibili a entrate e uscite (comprendenti denaro, debiti e crediti di
finanziamento e di funzionamento).
- Subsistema Patrimoniale che riguarda investimenti e finanziamenti.

L’azienda deve poi rapportarsi con il Sistema Ambiente, anch’esso scomponibile


in:
• Subsistema dei Mercati, che si scompone ulteriormente in:
- Subsistema del Mercato dei Capitali
- Subsistema del Mercato di Sbocco
- Subsistema del Mercato dei Fattori Produttivi (ancora scomponibile in
subsistema delle Materie, del Lavoro, degli Impianti e dei Servizi)

• Subsistema dello Stato delle Istituzioni, che si scompone in:


- Subsistema del Regime Politico
- Subsistema dell’Ordinamento Giuridico

• Subsistema Tecnologico, che stimola il sistema aziendale ad adottare le


tecniche più avanzate e le innovazioni nel campo delle modalità di
svolgimento dei processi produttivi, dei prodotti e dei materiali.

Subsistema Organizzativo
Prima di tutto, in fase di istituzione aziendale, bisogna fare delle scelte in ambito
organizzativo riguardanti:
1) La valutazione della Convenienza Economica all’istituzione dell’azienda;
2) scelte di Localizzazione Esterna e Interna;
3) scelte riguardo la Dimensione dell’azienda;
4) scelta della Veste Giuridica.

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1) Convenienza Economica: è la valutazione circa la possibilità dell’azienda
medesima di perpetuare le condizioni della propria esistenza nel tempo
nell’ambito del sovrasistema ambientale.
Si parte da una pianificazione strategica, con la finalità di valutare i punti di
forza e di debolezza e i fattori critici di successo posti dall’ambiente esterno e
che, soprattutto, mira alla definizione degli obiettivi essenziali dell’impresa e
l’individuazione delle risorse chiave.
Successivamente, si passa alla pianificazione tattico-amministrativa che
definisce gli obiettivi intermedi rispetto a quelli della pianificazione
strategica, come l’acquisizione e lo sviluppo delle risorse, la definizione della
combinazione più efficiente tra le attività patrimoniali e la costruzione della
struttura organizzativa di livello intermedio.
Infine, si attua la pianificazione esecutiva che riguarda la distribuzione delle
risorse specifiche tra le varie aree funzionali e linee produttive.
Poi si passa alla redazione del budget e quindi del piano economico relativo
all’esercizio, per verificare che i costi e i ricavi stimati presuppongano il
conseguimento di un risultato economico positivo (utile di esercizio).
Il piano economico deriva dal piano strategico e dà origine al piano
finanziario, che definisce i finanziamenti che occorrono per soddisfare il
fabbisogno finanziario.

2) Localizzazione: può essere divisa in interna ed esterna.


La localizzazione esterna rappresenta l’ubicazione ove l’impresa dovrà
effettuare l’esercizio delle proprie attività. La struttura organizzativa può
essere:
- Accentrata e quindi univoca, che non comporta problemi.
- Divisa che potrebbe comportare problemi causati dal decentramento
localizzativo.
La localizzazione interna invece, è relativa alla configurazione del layout,
inteso come la disposizione più opportuna di impianti, magazzini, macchinari
ecc.

3) Dimensione: non è di facile definizione, considerando l’indeterminatezza dei


confini aziendali, però può dipendere da variabili:
- Quantitative come l’entità del capitale investito, il numero dei dipendenti, il
fatturato o il valore aggiunto.
- Qualitative come il grado di competizione, la capacità di influenzare
l’ambiente circostante, le politiche aziendali, la natura dei prodotti, ecc.

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4) Veste Giuridica: si riferisce al sistema normativo a cui si vuole sottoporre
l’operatività dell’azienda e ha due livelli di opzione iniziale:
- Impresa individuale o societaria.
- In caso di impresa societaria, società di persone o di capitali.

Società individuale: il soggetto giuridico (ossia colui che risponde delle


obbligazioni) è una persona fisica che risponde con i propri beni ai rischi
(assenza di autonomia patrimoniale).

Le società di persone possono essere:


- Società Semplice (S.S.) che solitamente non sono attività commerciali ma in
ambito agricolo.
- Società in Nome Collettivo (S.N.C.) qualora i soggetti promotori siano almeno
due e intendano assumere il rischio imprenditoriale in modo illimitato e
solidale, partecipando all’amministrazione dell’impresa.
- Società in Accomandita Semplice (S.A.S.) in cui sono presenti due tipologie di
soci, gli accomandatari, che sono soci che hanno responsabilità illimitata per
le obbligazioni sociali e che possono essere gli amministratori dell’impresa e
gli accomandanti, che godono del beneficio della responsabilità limitata
all’ammontare del proprio conferimento. Tale veste è adatta quando chi
dispone delle competenze tecniche e gestionali non dispone delle risorse
finanziarie e perciò si rivolge agli accomandanti che conferiscono capitali
senza prendere parte al processo decisionale.
* Le società di persone hanno un’autonomia patrimoniale imperfetta perché il
patrimonio dell’azienda non è nettamente distinto da quello dei soci e quindi i
soci rispondono alle obbligazioni societarie con il proprio patrimonio.

Le società di capitali sono:


- Società per Azioni (S.P.A), veste riscontrabile nelle aziende di grandi
dimensioni in cui il fabbisogno finanziario trova soddisfazione per la maggior
parte tramite fonti esterne dette azioni. I partecipanti al capitale sociale
godono di responsabilità limitata.
- Società a Responsabilità Limitata (S.R.L.) nelle aziende di non elevate
dimensioni e la partecipazione al capitale avviene sottoforma di quote.
- Società per Accomandita per Azioni (S.A.P.A) che, pur avendo il capitale
diviso in azioni, presenta una duplice categoria di soci al pari della S.A.S.
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- Cooperative che sono una particolarità all’interno delle società di capitali per
la loro finalità mutualistica che è espressione del servizio ai soci. Esse possono
essere sociali e si dividono in:
- tipo A: svolgono attività in ambito sociale, socio-sanitario ed educativo e
raggiungono la socialità appunto attraverso la tipologia di attività;
- tipo B: raggiungono la socialità attraverso il reinserimento lavorativo dei
soggetti svantaggiati.
- Mutue Assicuratrici anch’esse a scopo mutualistico, dove i soci pagano un
importo per assicurarsi certi servizi.
* Le società di capitali hanno un’autonomia patrimoniale perfetta perché, a
differenza delle società di persone, il patrimonio della società è distinto da quello
dei soci e i creditori possono rivalersi solo sul patrimonio dell’azienda.

PARTI DELL’ORGANIZZAZIONE (approccio di Mintzberg)


L’azienda può essere organizzata secondo diversi assetti:

1) Assetto lineare (gerarchico) secondo cui l’azienda è divisa in:

1) Vertice strategico

2) Linea intermedia

3) Nucleo operativo

1, 2, 3 → organi di Line, organi di esecuzione, che conservano la loro autorità


decisionale.
4, 5 → organi di Staff, solo organi di consulenza e supporto, non hanno alcuna
autorità decisionale.

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1) Vertice strategico è formato da figure come direttori generali, manager di
primo livello o comitati direttivi che sono responsabili del governo aziendale,
coloro che devono decidere la linea economica dell’azienda ossia che vanno a
verificare che l’azienda svolga le attività in linea con la propria missione in
modo efficace.
2) Linea intermedia funziona da link tra il vertice e il nucleo (nelle aziende in
ambito industriale, potrebbe essere formata da capireparto o manager di
secondo livello) e ha una funzione di controllo e supervisione sul nucleo
operativo.
3) Nucleo operativo costituisce la parte fondamentale dell’azienda perché è
formato dagli operatori, ovvero da chi svolge le attività produttive, siano esse
di beni o di servizi.
4) Tecnostruttura è formata da organi responsabili delle analisi (analisti) che
sostengono e supportano l’organizzazione a cogliere opportunità e a
fronteggiare gli ostacoli anche a livello ambientale e si occupano
dell’innovazione del nucleo operativo (come gli uffici di ricerca e sviluppo o di
marketing).
5) Staff di supporto è formato da unità esterne all’azienda che hanno una
funzione di supporto (mensa, imprese di pulizie…).
Nell’assetto lineare la gerarchia procede dal vertice alla base e tutte le attività
poste sullo stesso livello gerarchico sono indipendenti tra loro ma rispondono
dell’operato dei sottoposti ai vertici superiori.

2) Assetto funzionale si basa sul principio di specializzazione in base al quale


ogni livello riceve ordini da più organi sovrastanti in funzione della loro
specifica competenze funzionale. Può manifestare problematiche per una
provenienza eccessivamente differenziata delle disposizioni di comando.

3) Assetto divisionale si basa sul principio di divisione del lavoro, di tipo verticale
(relazioni gerarchiche e a ciascun livello viene assegnato un obiettivo) e
orizzontale in cui si concretizza una divisione per funzione.

4) Assetto matriciale coniuga i due criteri della divisione per funzione e per
prodotto.

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5) Assetto reticolare ordinamento fondato assai limitatamente sulla gerarchia
ma notevolmente partecipativo. Le aziende affidano parte del loro potere ad
altre unità aziendali o addirittura ad altre aziende.

Mansioni: insieme dei compiti di una stessa persona.


Microstruttura: insieme dei compiti e delle mansioni svolte all’interno di
un’azienda.
Macrostruttura: insieme delle unità organizzative che raggruppano più mansioni.

MECCANISMI DI COORDINAMENTO DEL LAVORO


- Adattamento reciproco: si realizza attraverso semplici processi di
comunicazione informale e dipende dalla realtà aziendale (le attività
operative si consultano tra di loro.
- Supervisione diretta: assunzione di responsabilità da soggetti che
impartiscono ordini e supervisionano le unità operative sottoposte.
- Standardizzazione che può avvenire secondo 3 modalità:
a) dei Processi di lavoro: quando si programmano e standardizzano tutti i
processi di lavoro per produrre beni e servizi.
b) degli Output: se nella a si standardizzavano le fasi, qui si realizza
quando si definiscono i risultati del lavoro prodotto (esempio: si
definisce la dimensione di un prodotto).
c) degli Input: si ha attraverso la specializzazione richiesta per poter
eseguire un lavoro (il mondo delle professioni ci dice qual è la qualifica
per poter svolgere un lavoro).

Subsistema Gestionale
Lo studio del subsistema gestionale è finalizzato all’individuazione delle cause agenti
sul grado di economicità aziendale e alla successiva analisi delle relazioni causali
individuate. Nella gestione dobbiamo quindi scegliere il modo migliore per
impiegare le risorse tra diverse alternative e ciò è rappresentato da un susseguirsi di
processi aziendali di trasformazione, composti da classi di operazioni economiche

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teleologicamente ordinate (che significa che le interrelazioni tra le operazioni
economiche possono essere spiegate solo in funzione dell’obiettivo che le
accomuna, ossia il grado di economicità aziendale).

Le operazioni economiche sono il frutto di scelte tra diverse alternative di impiego


delle risorse.

Le operazioni economiche vengono riunite in cicli produttivi omogenei.

Il reiterarsi dei cicli produttivi dà luogo al processo produttivo.

L’aggregazione dei processi produttivi dà origine all’unitaria gestione aziendale.

CONDIZIONI DI ECONOMICITA’
L’azienda si trova in condizioni di economicità soddisfacente quando realizza
un’adeguata correlazione tra il flusso dei costi e il flusso dei ricavi.

flusso dei 𝐫𝐢𝐜𝐚𝐯𝐢


Economicità =
flusso dei 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐢

In termini differenziali è data da

∑ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 + 𝛼 = ∑ 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑣𝑖

(sommatoria dei costi + alfa = sommatoria dei ricavi)

Dove 𝛼 rappresenta il margine di economicità dato dal reddito prodotto dalla


gestione.
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L’economicità può essere divisa in
a) efficienza interna riconducibile al processo di trasformazione ed è il rapporto
tra quantità di output ceduti e input acquisiti.
b) Efficienza esterna che riguarda le ragioni di scambio attraverso le quali
vengono valorizzate le unità acquisite e cedute (costo input – prezzo output).

Q P
efficienza interna: efficienza esterna:
f p

Q = quantità di output ceduti


f =quantità di input acquisiti
P = prezzo ricavo
p = prezzo di costo

quindi abbiamo che

𝑄 𝑃 → Area dei ricavi


economicità = x
𝑓 𝑝 → Area dei costi
↓ ↓

Area Area delle


dell’efficienza ragioni
tecnica di scambio
(efficienza interna) (efficienza esterna)

AREE DI GESTIONE AZIENDALE


Se il primo livello di analisi riguarda la scomposizione dell’economicità, un secondo
livello di analisi potrebbe riguardare la divisione della gestione in specifiche aree
aziendali:
1) gestione ECONOMICA
2) gestione FINANZIARIA
3) gestione MONETARIA

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1) la gestione economica comprende tutte le operazioni nel modello
investimenti-realizzi, ossia tutte le operazioni finalizzate a massimizzare la distanza
tra i costi dei fattori produttivi acquisiti e i ricavi dei prodotti ceduti per creare
maggior ricchezza e può essere suddivisa in ulteriori sottounità:
a) attività caratteristiche, che rappresentano le attività tipiche dell’azienda,
riconducibili al processo tecnico-produttivo e si articolano in operazioni di
investimento per l’acquisto di fattori specifici della produzione (costi) e la loro
trasformazione in prodotti finiti e le operazioni di vendita dei prodotti con
conseguimento dei ricavi.
b) attività accessorie, che sono attività che consentono di garantire un impiego
momentaneo delle risorse eccedenti e non necessarie per la gestione caratteristica e
finanziaria. Questi investimenti devono però essere facilmente smobilizzabili (nel
caso avessi bisogno di soldi altrove) e remunerativi.
c) attività straordinarie, che sono estranee al normale funzionamento del ciclo
investimenti-realizzi ma che generano costi e ricavi. Si distinguono in:
- modificazioni impreviste delle attività e passività aziendali
- realizzo dalla vendita di fattori produttivi e non di prodotti

2) la gestione finanziaria riguarda operazioni di copertura del fabbisogno finanziario


generato dalla gestione economica e presenta problematiche di ordine:
- qualitativo: analisi sulla migliore combinazione di fonti di finanziamento
(come e quali fonti usare, intermediari finanziari esterni, ecc.)

- quantitativo: riguarda la definizione del fabbisogno finanziario lordo dato dal


totale delle uscite monetarie legato agli investimenti che l’azienda deve fare
in un certo periodo di tempo e l’azienda per fronteggiarlo deve procurarsi
entrate di origine:
a) interna: date dalle risorse endogenamente rigenerate e autogenerate.
Quelle rigenerate sono quelle investite nell’acquisto di fattori
produttivi impiegati nei processi produttivi. Quelle autogenerate sono
rappresentate dal maggior valore rispetto a quelle rigenerate.
b) esterna: finanziamenti da terzi come le banche o le quote apportate
da proprietari e soci.

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Se al fabbisogno finanziario lordo sottraiamo le risorse interne, otteniamo il
fabbisogno finanziario netto esterno che esprime appunto la quantità di risorse
finanziarie che l’azienda deve ricavare da fonti esterne. Infine, abbiamo il
fabbisogno finanziario netto globale che definisce la quantità di risorse finanziarie
che l’azienda deve procurarsi sia con l’acquisizione di finanziamenti esterni, sia
attraverso il flusso di autogenerazione delle risorse.

3) la gestione monetaria infine, è composta da operazioni finalizzate a far sì che


l’azienda sia sempre in grado di fronteggiare tutti i pagamenti per cui si è impegnata.

STRUTTURA DEL REDDITO E DEL CAPITALE


Occorre quantificare gli effetti delle operazioni aziendali per mezzo di una modalità
monetaria e occorre un sistema di codifica.
Ci sono diversi sistemi di codifica basati su diversi oggetti di determinazione.
Zappa, nel suo sistema, individua tre settori:
• settore delle variazioni numerarie
• settore delle variazioni di capitale
• settore delle variazioni di reddito
Da quest’ultimo settore (delle variazioni di reddito) deriva il sistema di codifica di
Amaduzzi, denominato Sistema del Capitale e del Risultato Economico.
Questo sistema si divide in due settori:
- FINANZIARIO che contiene le entrate (rappresentate da +denaro, +crediti di
funzionamento e di finanziamento e -debiti di funzionamento e di
finanziamento) e le uscite (ossia -denaro, +debiti di funzionamento e
finanziamento e -crediti di funzionamento e finanziamento)

- ECONOMICO in cui non si parla più di entrate e uscite ma di variazioni


economiche positive (comprendenti ricavi per la vendita di prodotti e servizi
e +CN che rappresenta un incremento del capitale netto per reintegro delle
perdite) e variazioni economiche negative (in cui rientrano i costi derivanti
dall’acquisto di fattori produttivi e -CN, ossia un decremento del capitale
netto dovuto alla distribuzione degli utili)

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E U

+ denaro - denaro
fun. fun. Settore
+ crediti + debiti
fin. fin. finanziario
fun. fun.
- debiti fin. - crediti
fin.
ricavo costo
- vendita prod/serv - acquisizione fp Settore
+ CN - CN economico
(reintegro perdite) (distribuzione utili)

* Debiti e crediti di funzionamento derivano da un’operazione originaria (esempio:


crediti da vendita di prodotti che non sono stati pagati in contanti per intero e debiti
dall’acquisizione di fattori produttivi che non vengono subito pagati) mentre debiti e
crediti di finanziamento costituiscono essi stessi un’operazione originaria (esempio:
debiti per una richiesta di prestito alla banca e crediti potrebbero derivare da
operazioni della gestione accessoria).

Il reddito è l’incremento o il decremento che subisce il capitale per effetto della


gestione; è il risultato di un confronto tra flussi economici di segno opposto (costi e
ricavi) e si riferisce sempre ad un periodo. Possiamo parlare di:

- Reddito totale che si riferisce all’intero arco di vita dell’azienda e si può


calcolare solo quando non c’è più alcun atto di gestione interna (l’attività
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dell’azienda è cessata, non ci sono più fattori produttivi, tutti i prodotti sono
stati venduti e i servizi erogati, tutti i crediti sono stati incassati e tutti i debiti
pagati e tutti i processi produttivi sono stati conclusi). Si può calcolare in tre
modi
1) Differenza tra tutti i costi sostenuti per gli investimenti e i ricavi
incassati nell’intero arco di vita dell’azienda.
2) Differenza tra capitale iniziale conferito a t0 (data di inizio) e capitale
restituito a tx (data di fine).
3) Differenza tra tutte le entrate e tutte le uscite dell’intero arco di vita
dell’azienda compresa la restituzione del capitale al tempo tx.
Il valore segnaletico del reddito totale però è molto basso perché non è utile per la
gestione ma è una conoscenza fine a se stessa e priva di utilità.

- Reddito di esercizio che si riferisce ad un periodo di tempo che generalmente


coincide con l’anno solare ed è utile per aiutare il subsistema operativo
(unione tra subsistema organizzativo e gestionale) nei processi decisionali.
(esercizio: insieme di operazioni svolte in un periodo di tempo)

• Classificazione di componenti di reddito e principio della competenza


economica

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Componenti negativi
1) fipi rappresenta la sommatoria di tutti i costi.
2) RFP sono le rimanenze finali passive, ossia tutti i ricavi conseguiti
nell’esercizio in chiusura o in esercizi precedenti che vengono rinviate al
futuro perché l’operazione di vendita non si è ancora conclusa e vengono
inseriti nelle componenti negative perché rettificano componenti positive.
3) CPF sono i costi presunti futuri, ossia quei costi che io presumo di dover
sostenere in futuro e che inserisco nelle componenti negative per essere
preparato a fronteggiarli nel caso si presentassero realmente. I CPF si
inseriscono nella struttura del reddito per il principio di prudenza e il motivo
per cui si inseriscono i costi e non i ricavi presunti futuri è che, se io presumo
dei costi e poi non si verificano, tanto meglio perché mi ritrovo con
componenti negative in meno e ciò è positivo; se si verificano realmente
invece, sono preparato perché avevo già preventivato di doverli sostenere.
Invece i ricavi si inseriscono solo ed esclusivamente se si verificano perché se
io li prevedessi però poi non riuscissi ad incassarli realmente, mi ritroverei con
componenti positive in meno e questo mi provocherebbe dei problemi.
4) RIA sono le rimanenze iniziali attive, ossia i costi sostenuti da esercizi
precedenti non ancora rigenerati dai ricavi di competenza.

Componenti positivi
1) Q P rappresenta la sommatoria di tutti i ricavi.
i i
2) RFA sono le rimanenze finali attive, ossia tutti i costi sostenuti nell’esercizio
in chiusura o in esercizi precedenti che vengono rinviati al futuro perché non
hanno a fronte il corrispettivo ricavo e sono inserite nelle componenti
positive perché rettificano componenti negative.
4) RIP sono le rimanenze finali passive, ossia tutti i ricavi conseguiti in esercizi
precedenti relativi ad operazioni di vendita non ancora concluse.

* Alla fine, avrò un utile quando la sommatoria delle componenti positive sarà
maggiore della sommatoria delle componenti negative e una perdita quando la
sommatoria delle componenti negative sarà maggiore della sommatoria delle
componenti positive.

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Principio di competenza economica
- I ricavi sono di competenza economica di un esercizio quando in
quell’esercizio si conclude definitivamente l’operazione di vendita (non solo il
prodotto deve essere stato venduto e il denaro incassato, ma deve essere
avvenuta anche la consegna del prodotto; se vendo un prodotto il 28 dic.,
incasso il denaro ma non lo consegno fino al 15 gen., allora il ricavo non sarà
di competenza di questo esercizio ma di quello successivo, quindi rinvierò
questo ricavo al futuro).
- I costi sono di competenza economica di un esercizio solo quando ho a fronte
il correlato ricavo (se sostengo dei costi per l’acquisto di materie prime per
produrre un prodotto che però non vendo, allora i costi saranno rimandati
all’esercizio in cui riuscirò a conseguire i ricavi dalla vendita di quel prodotto).

Il capitale, a differenza del reddito che si riferisce sempre ad un periodo, si riferisce


ad un momento preciso. Si può parlare di:
- Capitale lordo che corrisponde al capitale investito, ossia al totale delle
attività.
- Capitale netto di funzionamento che è dato dalla differenza tra il capitale
lordo di funzionamento e il totale delle passività.
- Capitale economico che deriva dall’analisi dei flussi reddituali prospettici e
corrisponde al prezzo di cessione o acquisizione dell’impresa.
- Capitale di liquidazione che è l’unico svincolato dell’ipotesi di continuità ed è
dato dalla sommatoria dei valori di scambio e dei beni di cui è in possesso.

STRUTTURA DEL CAPITALE

Federica Morlino
CLASSIFICAZIONE DEI COSTI

• Prima di tutto, i costi possono essere divisi in:

- costi dei prodotti (quanto impiego monetario investo nella componente


produttiva);
- costi dei fattori (materie prime per realizzare i prodotti). I fattori poi,
possono essere divisi in:
➢ fattori a fecondità semplice → esauriscono la propria utilità
partecipando ad un unico ciclo produttivo (esempio: il grano per fare la
pasta);
➢ fattori a fecondità ripetuta → reggono più cicli produttivi (esempio: gli
impianti di produzione).

• Una seconda divisione potrebbe riguardare i:


- costi diretti, che sono immediatamente identificabili con l’acquisto dei
prodotti.
- costi indiretti, che non sono immediatamente identificabili con l’acquisto dei
prodotti ma che si calcolano attraverso dei parametri definiti cost driver o basi
di imputazione.

• Un’ulteriore divisione riguarda i:


- costi speciali, che riguardano il singolo prodotto e sono quindi costi diretti.
- costi comuni, che sono costi indiretti e riguardano uno spettro più ampio.

• Infine, i costi possono essere divisi in:


- costi fissi, che restano sempre uguali, indipendentemente dal volume
produttivo (esempio: affitto del locale, lo pago sempre allo stesso modo
indipendentemente da quanto produco).
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- costi variabili, che variano al variare del volume produttivo (esempio il
prezzo del grano per fare la pasta dipende da quanta pasta produco e quindi
da quanto grano compro). I costi variabili possono essere:

➢ Proporzionali: crescono proporzionalmente al crescere del volume


produttivo sulla base di un rapporto (coefficiente angolare) costante.

➢ Progressivi: crescono in modo più che proporzionale al crescere del


volume produttivo (più ne chiedo più pago, come per esempio quando
non c’è piena disponibilità del prodotto che richiedo o c’è difficoltà di
reperimento).

Federica Morlino
➢ Degressivi: al crescere del volume produttivo crescono in modo meno
che proporzionale (più ne chiedo meno pago, come nelle vendite
all’ingrosso; il prezzo aumenta comunque, ma sempre di una cifra
minore).

➢ Regressivi: oltre un certo livello produttivo, decrescono all’aumentare


del volume produttivo (dopo una certa quantità, non solo non
aumentano ma addirittura diminuiscono).

Federica Morlino
Oltre ai costi fissi e variabili, però, possiamo trovare anche i costi semifissi e
semivariabili:

- semivariabili: sono dei costi che non devo sostenere fino ad una certa
quantità e da quella quantità in poi sono progressivi (esempio: giga del
telefono, se nella mia promozione ho 10gb, entro quella quantità non pago
nulla in più, se sforo però pago e il prezzo cresce all’aumentare del mio
consumo).

- semifissi: sono fissi ad intervalli e graficamente seguono un andamento a


scalini (sono fissi per una certa quantità, da quella quantità in poi aumentano
e restano fissi per un’altra certa quantità e così via)

Federica Morlino
MODELLO COSTI VOLUMI E BREAK-EVEN ANALYSIS

Vado a considerare nel grafico un intervallo tra due quantità (q1, q2) sull’asse
delle ascisse (Q) e i costi totali sull’asse delle ordinate (Ct). Graficamente, i
costi variabili totali Cvt (dati dalla moltiplicazione tra il costo variabile unitario
per la quantità di fattori produttivi acquisiti, Cvu x Q0) sono rappresentati da
una retta che ha origine nel punto di origine degli assi, mentre i costi fissi
totali Cft sono rappresentati da una retta orizzontale che parte dal punto che
corrisponde al prezzo del costo. Se i costi totali sono dati dalla somma dei
costi variabili totali e dei costi fissi totali, graficamente saranno rappresentati
dalla retta Ct che avrà lo stesso coefficiente angolare (pendenza) della retta
dei costi variabili totali (Cvt) e come origine lo stesso punto di origine della
retta dei costi fissi totali (Cft).

Ct = Cft + Cvt
Cvt = Cvu x Q0

Ct = costi totali

Cft = costi fissi totali

Cvt = costi variabili totali

Cvu = costi variabili unitari (prezzo di un fattore produttivo)

Q0 = quantità di fattori produttivi acquisiti

Federica Morlino
La break-even analysis serve per individuare il break-even point, che
corrisponde al punto di equilibrio in cui i costi sono uguali ai ricavi e per
calcolare la quantità di fattori produttivi che devo acquisire e di prodotti che
devo vendere per raggiungerlo (quantità di equilibrio).

Considerando solo le rette già prese in considerazione nel primo grafico, in


particolare quella dei costi totali (Ct) e tracciando la retta dei ricavi totali (Rt),
vediamo che il break-even point (b.e.p.) è il punto in cui le due rette si
intersecano (e dove quindi i costi e i ricavi sono uguali). Al di sopra di questo
punto avremo l’area degli utili, ossia l’area dove i ricavi saranno maggiori dei
costi e quindi avremo un profitto (se produco e vendo al di sopra del b.e.p.
avrò un utile) e al di sotto del b.e.p. avremo l’area delle perdite, ossia l’area in
cui i costi saranno maggiori dei ricavi e avremo appunto una perdita (se
produco e vendo al di sotto del b.e.p. avrò una perdita).
Partendo dal fatto che b.e.p. → Rt = Ct, attraverso semplici operazioni di
sostituzione dei componenti, arriveremo alla formula per calcolare la quantità
di equilibrio (Qe) ossia la quantità di fattori produttivi che devo acquisire e di
prodotti che devo vendere per arrivare al break-even point.

Federica Morlino
Quindi, partendo da
Rt=Ct
Sappiamo che Ct (costi totali) è dato dalla somma dei costi fissi totali (Cft) e dei costi
variabili totali (Cvt), quindi andiamo a sostituire Ct con questa somma
Rt = Cft + Cvt
Però sappiamo anche che i ricavi totali (Rt) sono dati dalla moltiplicazione tra i ricavi
unitari (Ru, prezzo di un solo prodotto venduto) e le quantità vendute (Qv). Stesso
discorso per i costi variabili totali (Cvt), che sono a loro volta dati dai costi variabili
unitari (Cvu, costo di un solo fattore produttivo) moltiplicati per le quantità acquisite
(Q0, quantità di fattori produttivi comprati). Sostituendo quello che abbiamo
appena detto, abbiamo
Ru x Qv = Cft + Cvu x Q0
Se i ricavi e i costi sono uguali e io devo calcolare la quantità di f.p. acquisiti e di
prodotti venduti per arrivare al b.e.p., allora anche le quantità nella formula (Qv,
Q0) saranno uguali e perciò le sostituiamo con Qe, che rappresenta la quantità di
equilibrio
Ru x Qe = Cft + Cvu x Qe
Ora dobbiamo portare dallo stesso lato tutti i componenti che contengono Qe e
quindi le due moltiplicazioni. Portiamo quindi Cvu x Qe dal lato opposto (che per
questo diventerà anche di segno opposto)
Ru x Qe – Cvu x Qe = Cft
Mettiamo in evidenza Qe
Qe(Ru – Cvu) = Cft
Ora per calcolare Qe, non dobbiamo far altro che isolarla portando (Ru – Cvu)
dall’altra parte, e passerà quindi al denominatore
𝐂𝐟𝐭
𝐐𝐞 = 𝐑𝐮−𝐂𝐯𝐮
La differenza tra Ru e Cvu viene definita margine di contribuzione e viene indicata
con mc, quindi la formula finale sarà

𝑪𝒇𝒕
𝑸𝒆 =
𝒎𝒄
Federica Morlino
La break-even analysis ha dei punti di forza e di debolezza:

• Punti di forza:
➢ Consente di costruire scenari per prevedere l’impatto che eventuali
decisioni di investimento possono provocare sull’economicità aziendale
e sul lotto minimo-tecnico di produzione;
➢ il b.e.p esprime il grado di rigidità dell’azienda e, quindi, il rischio
associato alla dimensione dei costi fissi (struttura produttiva);
➢ il modello di analisi in esame riflette la logica decisionale marginalista.

• Punti di debolezza (limiti informativi):


➢ intervallo produttivo definito;
➢ orizzonte temporale di breve periodo;
➢ il modello considera una sola determinante di costo – il volume
produttivo – ;
➢ si è ipotizzata la linearità delle funzioni di costo e di ricavo.

Subsistema informativo

Questo subsistema è preposto al controllo dei processi aziendale e fornisce un


flusso continuo di informazioni utili per sostenere il subsistema operativo
(unione tra s.s. organizzativo e s.s. gestionale) nei processi decisionali. Si
occupa di rilevazioni quali-quantitative e della rappresentazione di espressioni
qualitative, non traducibili in quantità, finalizzate al controllo degli andamenti
gestionali.
- dati quantitativi: oggettivi, riguardano le quantità dei prodotti da realizzare o
dei fattori produttivi da acquisire
- dati qualitativi: meno oggettivi, non esprimibili attraverso i numeri e questo
subsistema cerca di definirle.

Federica Morlino
Mira all’integrazione delle informazioni e presuppone la massima efficacia dei
processi
➢ Comunicativi
➢ Elaborativi
➢ di Trattamento automatico dei dati

Informa in modo continuo il sistema operativo, verifica l’osservanza delle leggi


economiche (ossia che l’azienda rispetti i flussi dei ricavi e dei costi così che possa
agire in condizioni di economicità soddisfacente) e controlla l’operatività aziendale
in modo:
➢ integrato (perché si occupa del controllo di tutto l’insieme dell’operatività
aziendale);
➢ preventivo (perché deve fare ipotesi di scenario);
➢ concomitante (perché va a vedere di volta in volta cosa fare);
➢ susseguente (perché agisce di conseguenza).

I flussi di comunicazione delle informazioni nell’azienda possono avvenire:


➢ in modo ascendente, bottom-up (comunicazione dei risultati ottenuti
dagli organi operativi a quelli decisionali);
➢ in modo discendente, top-down (riguardano decisioni relative alla
programmazione aziendale e alla determinazione degli obiettivi e
vengono comunicate dagli organi decisionali a quelli operativi);
➢ in modo trasversale (se lo scambio di informazioni avviene tra unità
organizzative poste allo stesso livello sulla linea gerarchica).

CARATTERISTICHE DEL SUBSISTEMA INFORMATIVO


• flessibile ed elastico, capace di sapersi adattare ai cambiamenti del
subsistema operativo rimanendo sempre coerente al sistema azienda;
• affidabile, fornendo informazioni attendibili e complete;

Federica Morlino
• efficace, garantendo un flusso di informazioni che elevino il livello di
razionalità del processo decisionale;
• selettivo, rappresentando informazioni utili, adatte ed efficaci;
• efficiente, perché il costo della produzione di informazioni non deve superare
il beneficio che se ne trae;

FASI
• Raccolta di dati grezzi
- interni (aziendali)
-esterni (relativi all’ambiente)
• Selezione ed elaborazione dei dati con procedure contabili ed extracontabili
(oggi si possono raccogliere un’infinità di dati ma non tutti sono utili, infatti
l’azienda più performante non è quella che ne raccoglie di più, ma quella che
riesce a selezionare ed elaborare i dati utili);
• Analisi e determinazione dei fatti aziendali;
• Individuazione di variabili qualitative (non quantizzabili).

Il subsistema informativo deve raccogliere dati ed elaborarli per trasformarli


in informazioni che alimentano la conoscenza aziendale:

1) Raccoglie dati grezzi (elementari) che sono descrizioni non orientate;



2) i dati grezzi vengono selezionati e combinati tra di loro, formando i dati
sintetici;

3) l’insieme dei dati sintetici dà origine alle informazioni;

4) le informazioni sono il veicolo della conoscenza aziendale che è una risorsa
immateriale e intangibile.

Federica Morlino
* L’aumento della concorrenza porta ad un maggior bisogno di informazioni
appropriate che solidifichino le conoscenze acquisite attraverso l’integrazione
di informazioni. Il livello di conoscenza aziendale è il risultato di un flusso di
informazioni (ambientali-esterne; aziendali-interne) dato dalla capacità di
collegare le informazioni alla situazione presente orientando il giudizio.
Sebbene le aziende, per reggere la concorrenza, cerchino di scoprire le
informazioni di altre aziende cercando di far trasparire meno informazioni
proprie possibili (escludendo le informazioni che devono essere rese
pubbliche per disposizioni legislative e accordi contrattuali), ultimamente
alcune di esse rendono volutamente pubbliche alcune informazioni non
necessarie per migliorare la propria immagine, come per esempio quelle
riguardanti la sostenibilità ambientale dei propri processi produttivi.

BILANCIO DELLE AZIENDE PRIVATE


È un documento che le aziende sono obbligate a redigere annualmente sia per
questioni interne, perché aiuta il subsistema operativo a fare il punto della
situazione e prendere eventuali decisioni riguardanti la produttività aziendale,
sia per fornire informazioni all’esterno, per dare esecuzione a disposizioni
legislative e ad accordi contrattuali o per rispondere ad autonome iniziative
delle imprese.

Il bilancio è diviso in 3 parti:


1) Stato Patrimoniale (che è una sorta di foto di ciò che è presente
nell’azienda in un determinato momento);
2) Conto Economico (che racconta cosa è successo durante l’anno);
3) Nota Integrativa (che è la parte più discorsiva, serve da chiave di lettura
del bilancio).

Federica Morlino
1) Lo stato patrimoniale contiene:
➢ Attività
➢ Passività e Netto
Le attività sono gli investimenti attuati dall’azienda che, considerati in un dato
momento, sono ancora in grado di dare in futuro un’utilità, i crediti che ho
verso terzi e le disponibilità liquide (quanto denaro c’è nei conti correnti
dell’azienda).
Le passività sono rappresentate dai debiti, cioè i finanziamenti non ancora
estinti, ricevuti a titolo di capitale di terzi.

2) Il conto economico contiene:


➢ Costi
➢ Ricavi
I costi rappresentano la riduzione del capitale connessa al sostenimento degli oneri
per l’acquisto dei fattori produttivi necessari al processo produttivo dell’azienda.
I ricavi rappresentano l’aumento di capitale connesso ai corrispettivi derivanti dalla
vendita di beni e dalla prestazione di servizi.
utile C < R
R-C pareggio C = R (nelle realtà non profit)
perdita C > R
* I ricavi e i costi sono inseriti nel conto economico secondo il principio di
competenza economica.

3) La nota integrativa contiene:


➢ analisi delle voci dello stato patrimoniale e del conto economico;
➢ illustrazione dei criteri di valutazione seguiti;
➢ motivazioni delle deroghe e delle variazioni;
➢ notizie integrative e rischi finanziari;
➢ relazione sulla gestione che deve:
- offrire un’analisi fedele equilibrata ed esauriente della situazione
aziendale e degli andamenti gestionali;
- offrire un quadro sugli andamenti futuri.

Federica Morlino
• Il bilancio d’esercizio deve seguire dei principi ben precisi
➢ chiarezza espositiva;
➢ veridicità dei contenuti;
➢ correttezza dei processi;
➢ prudenza:
- da un punto di vista patrimoniale si deve:
a) valutare le attività al valore più basso;
b) valutare le passività al valore più alto;
- da un punto di vista economico:
c) iscrizione dei ricavi solo se realizzati;
d) iscrizione dei costi anche se presunti.

• Sono previsti nel bilancio degli schemi obbligatori per la redazione:


- art. 2424 del Codice Civile per lo Stato Patrimoniale
- art. 2425 del Codice Civile per il Conto Economico
* L’obbligatorietà riguarda:
➢ i contenuti delle poste (le diverse voci);
➢ l’elencazione delle poste (deve essere rispettata una certa logica);
➢ indicazione dei dati dell’esercizio in corso e di quello precedente.

AUTONOMIA ED EQUILIBRIO ECONOMICO


• L’attività di un’azienda deve considerarsi autonoma in termini di capacità di
governo nel rispetto delle leggi proprie, che nel caso specifico configurano il
rispetto degli equilibri critici per l’azienda diversi a seconda della realtà
interna/esterna di riferimento.
• L’equilibrio economico trova un indissolubile legame con l’economicità che si
qualifica in termini di efficace ed efficiente gestione delle risorse disponibili.
• L’equilibrio si distingue in equilibrio oggettivo ed equilibrio soggettivo:

Federica Morlino
➢ L’equilibrio oggettivo presuppone, in sintesi, una quantità iniziale
minima di reddito (necessaria per la sopravvivenza e il decollo), con la
prospettiva di ampliamento entro una fascia positiva di elasticità, il cui
massimo è segnato dal punto di eguaglianza tra il costo marginale e il
prezzo di mercato.
➢ L’equilibrio soggettivo è quello giudicato equo, secondo la sensibilità
del soggetto aziendale.

Teorie Manageriali
PRODUZIONE ARTIGIANALE
- Fine XIX secolo
Caratteri
• Elevato fabbisogno di manodopera di alta professionalità;
• costi estremamente elevati;
• la produzione aveva inizio solo dopo l’ordine e quindi su richiesta del
consumatore;
• tempi lunghi di realizzazione ad elevata qualità.
Quindi, sebbene la produzione artigianale fosse di elevata qualità, i costi erano
molto elevati, i tempi di produzione estremamente lunghi e i lavoratori dovevano
possedere grande maestria per eseguire il proprio lavoro. Ma con il progresso
scientifico si troverà un modo per ovviare a questi problemi.

TAYLORISMO e SCIENTIFIC MANAGEMENT


- Inizio XX secolo
F. W. Taylor fu il primo studioso che cercò di capire quale fosse il miglior modo
possibile per realizzare lo scopo principale dell’azienda, ossia la massimizzazione del
benessere dell’imprenditore e del lavoratore. Uno dei suoi obiettivi era la ricerca del
modo per aumentare al massimo la produttività delle aziende così da aumentare i
ricavi e richiedere anche una grande quantità di lavoratori che, grazie alla grande
quantità di vendite e quindi di incassi dell’azienda, potessero anche essere ben
retribuiti.
Federica Morlino
La chiave era introdurre le macchine e passare dalla produzione artigianale alla
produzione industriale, ma inizialmente incontrò degli ostacoli dati dalle errate
convinzioni della gente:
- si credeva che introducendo le macchine diminuisse la richiesta di lavoro, ma
Taylor voleva di mostrare che le macchine avrebbero aumentato la
produttività e di conseguenza anche la richiesta di manodopera;
- si credeva che con l’introduzione delle macchine il lavoratore potesse
“barare” sul tempo e potesse esserci una tendenza a “prendersela comoda”,
ma Taylor non solo voleva misurare i tempi e i modi migliori per aumentare la
produttività, aveva anche un modo per impedire che questo accadesse;
- c’era una convinzione generale sulla presunta inefficienza dell’organizzazione
del lavoro con il passaggio da produzione artigianale alla produzione
industriale.

Allora Taylor, applicando il metodo scientifico alla produzione industriale, ideò il


metodo razionale, fondato su 4 principi:
1) One best way → c’era una sola via possibile di strutturare il lavoro in
un’azienda che assicurasse la produzione del maggior numero di pezzi in una
stessa unità di tempo minimizzando i costi e massimizzando le vendite.
2) The right man to the right place → bisognava scegliere l’operaio migliore a
fare un determinato lavoro in base alle sue caratteristiche fisiche.
3) Analytic training → bisognava poi addestrare il lavoratore a lavorare secondo
i tempi della macchina per arrivare al one best way.
4) Differential rates → riferito al punto del “prendersela comoda”, bisognava
retribuire i lavoratori in maniera differente in base al risultato del loro lavoro,
per evitare che potessero “barare”.

FORDISMO
Se Taylor ideò il metodo razionale, fu però Henry Ford a declinare i principi di Taylor
in modo che potessero essere funzionali ad ogni azienda. Decise di adottare il
metodo scientifico elaborando la catena di montaggio, uno strumento innovativo
secondo cui ogni lavoratore poteva dare un apporto specifico alla costruzione di un
determinato componente per arrivare poi al prodotto finito assemblando tutti
questi componenti. Si arrivò quindi alla produzione standardizzata di massa in cui si

Federica Morlino
producevano tantissimi pezzi in pochissimo tempo e i cui concetti chiave erano
l’intercambiabilità e la semplicità d’incasso.
I tempi si ridussero tantissimo, passando da un ciclo di lavoro medio di 8h e 56m nel
1903, ad un ciclo medio di 2h e 3m nel 1905. Al pari delle tempistiche, si ridussero
tanto anche i costi ma aumentò la produttività, permettendo all’azienda non solo di
abbassare i costi dei prodotti (la Ford T passò da 1000 dollari a 360 dollari dopo 8
anni) ma anche di aumentare i salari, perché se ne vendevano così tante che gli
stessi lavoratori spendevano i propri stipendi nell’acquisto di questi prodotti.

ELTON MAYO e HUMAN RELATIONS MANAGEMENT


- Periodo a cavallo tra le due guerre
Si verificò il declino dello Scientific Management. Se prima, sia la produttività che le
condizioni dei lavoratori continuavano a migliorare progressivamente, in questo
periodo si arrivò ad una situazione di stallo. I lavoratori erano erroneamente
convinti che le condizioni continuassero a migliorare ma che fossero solo i manager
a godere dei benefici dati da questi ipotetici miglioramenti e perciò scoppiò il
malcontento ed iniziò ad esserci sfiducia nelle aziende da parte dei lavoratori. Così i
manager, non potendo agire sull’aumento della produttività, cercarono almeno di
evitarne la contrazione che poteva essere causata da eventuali scioperi,
modificando le filosofie manageriali per migliorare la qualità di vita dei lavoratori.
A tal proposito, tra il 1924 e il 1927, Elton Mayo fa degli esperimenti (cosiddetti
esperimenti di Hawthorne) nella Western Electric Company, provando ad
aumentare l’illuminazione negli ambienti lavorativi per vedere come il
miglioramento delle condizioni di lavoro potesse incidere sulla produttività.
Quindi divise i lavoratori in due gruppi:
- gruppo campione (sperimentale) su cui fece l’esperimento, ossia aggiunse
delle lampadine durante il loro orario di lavoro;
- gruppo di controllo, che lasciò lavorare allo stesso modo per poter notare le
differenze.
Notarono però che la produttività aumentò in entrambi i casi e non si spiegavano
come fosse possibile. Allora provarono a riportare entrambi i gruppi alle condizioni
iniziali spegnendo le lampadine in più, ma anche in questo caso la produttività
continuò ad aumentare.

Federica Morlino
Per riuscire a darsi una spiegazione ampliarono l’analisi su diversi campi e per
diverso tempo. Nel 1927 fecero nuovi esperimenti, dividendo i lavoratori in gruppi
ancora più piccoli e studiando la relazione tra aumento della produttività e:
➢ incentivi sulla paga;
➢ pause di riposo extra;
➢ fornitura di un leggero rinfresco;
➢ riduzione delle ore giornaliere;
➢ riduzione della settimana lavorativa a 5 giorni.
La produttività aumentò in tutti i casi e quando si ritornò alle condizioni iniziali, ci fu
sì un declino della produttività, ma solo di poco. Quindi arrivarono alla conclusione
che l’aumento della produttività era derivato dalla componente sociale, ossia i
lavoratori divisi in gruppi si sentirono parte di una squadra e magari anche migliori
degli altri per il fatto di essere stati scelti.
Perciò il one best way non doveva riguardare più solamente l’organizzazione
tecnica, ma anche la componente sociale.
CONCLUSIONI DI MAYO
➢ La quantità di lavoro non dipende solo dalle capacità fisiche ma anche sociali,
quindi si capì l’importanza dell’influenza del gruppo sulla produttività;
➢ le ricompense non economiche sono fondamentali per motivare;
➢ gli operai hanno rilevanza come gruppo con proprie norme e valori, si
sviluppano quindi anche gruppi “informali” e viene a crearsi una differenza tra
leadership formale (il vero capo) e informale (colui che per esperienza o altre
qualità ha la stima del gruppo e diventa il modello da seguire).

CONFRONTO tra SCIENTIFIC MANAGEMENT e HUMAN RELATIONS MANAGEMENT


SCIENTIFIC MANAGEMENT
Principi impliciti
- concezione della scienza come oggettiva;
- concezione negativa, asociale ed economicistica della natura umana;
- fiducia smisurata nello sviluppo economico fondato sul libero mercato.
Principi espliciti
- organizzazione scientifica del lavoro (one best way);
- scomponibilità e parcellizzazione del processo lavorativo;

Federica Morlino
- collaborazione cordiale tra direzione e lavoratori;
- formalizzazione gerarchico-funzionale dell’organizzazione aziendale.

HUMAN RELATIONS MANAGEMENT


Le teorie della scuola delle relazioni umane lasciarono invariati i principi espliciti
dello Scientific Management, ritenuti validi e non messi in discussione, ma ne
sostituirono i principi impliciti, che diventarono quindi:
- concezione della natura umana aperta al sociale e alla relazionalità;
- superamento della certezza nell’autoregolazione del mercato e nello sviluppo;
- ridefinizione della scala dei bisogni umani;
- accezione dell’azienda quale sistema complesso.

TOYOTISMO
- anni ‘50/’60
Domanda < offerta
In questo periodo, in cui l’offerta superava la domanda, non bisognava più
pensare a produrre più pezzi possibili nel minor tempo, perché sarebbero rimasti
invenduti, ma bisognava agire riducendo la produttività, controllando le scorte e
cambiando il modo di produrre e soprattutto stimolando la domanda aprendosi
alle richieste dei clienti. Bisognava passare dalla quantità alla qualità.
PERCORSO ORIENTALE PERCORSO OCCIDENTALE
↓ ↓
innovazioni organizzative automazione dei processi

Toyota → da fabbrica tessile nel 1890, passa ad azienda
automobilistica nel 1937.
Just in time → da una produzione di massa si passa ad una produzione snella
(lean production), produco dopo aver ricevuto l’ordine ed elimino il discorso di
stoccare tanti prodotti in magazzino che potrebbero rimanere invenduti; punto
sulla vendita al dettaglio.

Federica Morlino
L’innovazione sta nella stratificazione dei fornitori in ordine di importanza (prima
fascia=semilavorati, seconda fascia=materie prime…) e nel passaggio da una
produzione di massa ad una lean production, che mi permette di aver bisogno di
meno lavoratori e di riorganizzare la mia produzione stimolando la domanda,
perché produco più varianti dello stesso prodotto, dando al consumatore
l’illusione di poterlo personalizzare e spingendolo ad essere disposto non solo a
spendere di più, ma anche a cambiare più spesso.
• Produzione di massa → gerarchia e sequenzialità

1) I tecnici del prodotto progettano un pezzo e il pezzo deve essere approvato
dal capotecnico del prodotto;
2) il progetto passa poi al capotecnico generale per l’approvazione finale;
3) il progetto passa quindi al capotecnico di fabbricazione;
4) Il progetto viene infine distribuito ai tecnici della fabbricazione.

• Produzione snella → team e parallelizzazione



Una squadra di tecnici progetta il pezzo, lo costruisce e lo sperimenta.

Federica Morlino

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