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Federica Morlino
• Subsistemi di secondo livello, che sono parti del sistema azienda e sono:
Subsistema Organizzativo
Prima di tutto, in fase di istituzione aziendale, bisogna fare delle scelte in ambito
organizzativo riguardanti:
1) La valutazione della Convenienza Economica all’istituzione dell’azienda;
2) scelte di Localizzazione Esterna e Interna;
3) scelte riguardo la Dimensione dell’azienda;
4) scelta della Veste Giuridica.
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1) Convenienza Economica: è la valutazione circa la possibilità dell’azienda
medesima di perpetuare le condizioni della propria esistenza nel tempo
nell’ambito del sovrasistema ambientale.
Si parte da una pianificazione strategica, con la finalità di valutare i punti di
forza e di debolezza e i fattori critici di successo posti dall’ambiente esterno e
che, soprattutto, mira alla definizione degli obiettivi essenziali dell’impresa e
l’individuazione delle risorse chiave.
Successivamente, si passa alla pianificazione tattico-amministrativa che
definisce gli obiettivi intermedi rispetto a quelli della pianificazione
strategica, come l’acquisizione e lo sviluppo delle risorse, la definizione della
combinazione più efficiente tra le attività patrimoniali e la costruzione della
struttura organizzativa di livello intermedio.
Infine, si attua la pianificazione esecutiva che riguarda la distribuzione delle
risorse specifiche tra le varie aree funzionali e linee produttive.
Poi si passa alla redazione del budget e quindi del piano economico relativo
all’esercizio, per verificare che i costi e i ricavi stimati presuppongano il
conseguimento di un risultato economico positivo (utile di esercizio).
Il piano economico deriva dal piano strategico e dà origine al piano
finanziario, che definisce i finanziamenti che occorrono per soddisfare il
fabbisogno finanziario.
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4) Veste Giuridica: si riferisce al sistema normativo a cui si vuole sottoporre
l’operatività dell’azienda e ha due livelli di opzione iniziale:
- Impresa individuale o societaria.
- In caso di impresa societaria, società di persone o di capitali.
1) Vertice strategico
↓
2) Linea intermedia
↓
3) Nucleo operativo
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1) Vertice strategico è formato da figure come direttori generali, manager di
primo livello o comitati direttivi che sono responsabili del governo aziendale,
coloro che devono decidere la linea economica dell’azienda ossia che vanno a
verificare che l’azienda svolga le attività in linea con la propria missione in
modo efficace.
2) Linea intermedia funziona da link tra il vertice e il nucleo (nelle aziende in
ambito industriale, potrebbe essere formata da capireparto o manager di
secondo livello) e ha una funzione di controllo e supervisione sul nucleo
operativo.
3) Nucleo operativo costituisce la parte fondamentale dell’azienda perché è
formato dagli operatori, ovvero da chi svolge le attività produttive, siano esse
di beni o di servizi.
4) Tecnostruttura è formata da organi responsabili delle analisi (analisti) che
sostengono e supportano l’organizzazione a cogliere opportunità e a
fronteggiare gli ostacoli anche a livello ambientale e si occupano
dell’innovazione del nucleo operativo (come gli uffici di ricerca e sviluppo o di
marketing).
5) Staff di supporto è formato da unità esterne all’azienda che hanno una
funzione di supporto (mensa, imprese di pulizie…).
Nell’assetto lineare la gerarchia procede dal vertice alla base e tutte le attività
poste sullo stesso livello gerarchico sono indipendenti tra loro ma rispondono
dell’operato dei sottoposti ai vertici superiori.
3) Assetto divisionale si basa sul principio di divisione del lavoro, di tipo verticale
(relazioni gerarchiche e a ciascun livello viene assegnato un obiettivo) e
orizzontale in cui si concretizza una divisione per funzione.
4) Assetto matriciale coniuga i due criteri della divisione per funzione e per
prodotto.
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5) Assetto reticolare ordinamento fondato assai limitatamente sulla gerarchia
ma notevolmente partecipativo. Le aziende affidano parte del loro potere ad
altre unità aziendali o addirittura ad altre aziende.
Subsistema Gestionale
Lo studio del subsistema gestionale è finalizzato all’individuazione delle cause agenti
sul grado di economicità aziendale e alla successiva analisi delle relazioni causali
individuate. Nella gestione dobbiamo quindi scegliere il modo migliore per
impiegare le risorse tra diverse alternative e ciò è rappresentato da un susseguirsi di
processi aziendali di trasformazione, composti da classi di operazioni economiche
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teleologicamente ordinate (che significa che le interrelazioni tra le operazioni
economiche possono essere spiegate solo in funzione dell’obiettivo che le
accomuna, ossia il grado di economicità aziendale).
CONDIZIONI DI ECONOMICITA’
L’azienda si trova in condizioni di economicità soddisfacente quando realizza
un’adeguata correlazione tra il flusso dei costi e il flusso dei ricavi.
∑ 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 + 𝛼 = ∑ 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑣𝑖
Q P
efficienza interna: efficienza esterna:
f p
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1) la gestione economica comprende tutte le operazioni nel modello
investimenti-realizzi, ossia tutte le operazioni finalizzate a massimizzare la distanza
tra i costi dei fattori produttivi acquisiti e i ricavi dei prodotti ceduti per creare
maggior ricchezza e può essere suddivisa in ulteriori sottounità:
a) attività caratteristiche, che rappresentano le attività tipiche dell’azienda,
riconducibili al processo tecnico-produttivo e si articolano in operazioni di
investimento per l’acquisto di fattori specifici della produzione (costi) e la loro
trasformazione in prodotti finiti e le operazioni di vendita dei prodotti con
conseguimento dei ricavi.
b) attività accessorie, che sono attività che consentono di garantire un impiego
momentaneo delle risorse eccedenti e non necessarie per la gestione caratteristica e
finanziaria. Questi investimenti devono però essere facilmente smobilizzabili (nel
caso avessi bisogno di soldi altrove) e remunerativi.
c) attività straordinarie, che sono estranee al normale funzionamento del ciclo
investimenti-realizzi ma che generano costi e ricavi. Si distinguono in:
- modificazioni impreviste delle attività e passività aziendali
- realizzo dalla vendita di fattori produttivi e non di prodotti
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Se al fabbisogno finanziario lordo sottraiamo le risorse interne, otteniamo il
fabbisogno finanziario netto esterno che esprime appunto la quantità di risorse
finanziarie che l’azienda deve ricavare da fonti esterne. Infine, abbiamo il
fabbisogno finanziario netto globale che definisce la quantità di risorse finanziarie
che l’azienda deve procurarsi sia con l’acquisizione di finanziamenti esterni, sia
attraverso il flusso di autogenerazione delle risorse.
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E U
+ denaro - denaro
fun. fun. Settore
+ crediti + debiti
fin. fin. finanziario
fun. fun.
- debiti fin. - crediti
fin.
ricavo costo
- vendita prod/serv - acquisizione fp Settore
+ CN - CN economico
(reintegro perdite) (distribuzione utili)
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Componenti negativi
1) fipi rappresenta la sommatoria di tutti i costi.
2) RFP sono le rimanenze finali passive, ossia tutti i ricavi conseguiti
nell’esercizio in chiusura o in esercizi precedenti che vengono rinviate al
futuro perché l’operazione di vendita non si è ancora conclusa e vengono
inseriti nelle componenti negative perché rettificano componenti positive.
3) CPF sono i costi presunti futuri, ossia quei costi che io presumo di dover
sostenere in futuro e che inserisco nelle componenti negative per essere
preparato a fronteggiarli nel caso si presentassero realmente. I CPF si
inseriscono nella struttura del reddito per il principio di prudenza e il motivo
per cui si inseriscono i costi e non i ricavi presunti futuri è che, se io presumo
dei costi e poi non si verificano, tanto meglio perché mi ritrovo con
componenti negative in meno e ciò è positivo; se si verificano realmente
invece, sono preparato perché avevo già preventivato di doverli sostenere.
Invece i ricavi si inseriscono solo ed esclusivamente se si verificano perché se
io li prevedessi però poi non riuscissi ad incassarli realmente, mi ritroverei con
componenti positive in meno e questo mi provocherebbe dei problemi.
4) RIA sono le rimanenze iniziali attive, ossia i costi sostenuti da esercizi
precedenti non ancora rigenerati dai ricavi di competenza.
Componenti positivi
1) Q P rappresenta la sommatoria di tutti i ricavi.
i i
2) RFA sono le rimanenze finali attive, ossia tutti i costi sostenuti nell’esercizio
in chiusura o in esercizi precedenti che vengono rinviati al futuro perché non
hanno a fronte il corrispettivo ricavo e sono inserite nelle componenti
positive perché rettificano componenti negative.
4) RIP sono le rimanenze finali passive, ossia tutti i ricavi conseguiti in esercizi
precedenti relativi ad operazioni di vendita non ancora concluse.
* Alla fine, avrò un utile quando la sommatoria delle componenti positive sarà
maggiore della sommatoria delle componenti negative e una perdita quando la
sommatoria delle componenti negative sarà maggiore della sommatoria delle
componenti positive.
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Principio di competenza economica
- I ricavi sono di competenza economica di un esercizio quando in
quell’esercizio si conclude definitivamente l’operazione di vendita (non solo il
prodotto deve essere stato venduto e il denaro incassato, ma deve essere
avvenuta anche la consegna del prodotto; se vendo un prodotto il 28 dic.,
incasso il denaro ma non lo consegno fino al 15 gen., allora il ricavo non sarà
di competenza di questo esercizio ma di quello successivo, quindi rinvierò
questo ricavo al futuro).
- I costi sono di competenza economica di un esercizio solo quando ho a fronte
il correlato ricavo (se sostengo dei costi per l’acquisto di materie prime per
produrre un prodotto che però non vendo, allora i costi saranno rimandati
all’esercizio in cui riuscirò a conseguire i ricavi dalla vendita di quel prodotto).
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CLASSIFICAZIONE DEI COSTI
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➢ Degressivi: al crescere del volume produttivo crescono in modo meno
che proporzionale (più ne chiedo meno pago, come nelle vendite
all’ingrosso; il prezzo aumenta comunque, ma sempre di una cifra
minore).
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Oltre ai costi fissi e variabili, però, possiamo trovare anche i costi semifissi e
semivariabili:
- semivariabili: sono dei costi che non devo sostenere fino ad una certa
quantità e da quella quantità in poi sono progressivi (esempio: giga del
telefono, se nella mia promozione ho 10gb, entro quella quantità non pago
nulla in più, se sforo però pago e il prezzo cresce all’aumentare del mio
consumo).
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MODELLO COSTI VOLUMI E BREAK-EVEN ANALYSIS
Vado a considerare nel grafico un intervallo tra due quantità (q1, q2) sull’asse
delle ascisse (Q) e i costi totali sull’asse delle ordinate (Ct). Graficamente, i
costi variabili totali Cvt (dati dalla moltiplicazione tra il costo variabile unitario
per la quantità di fattori produttivi acquisiti, Cvu x Q0) sono rappresentati da
una retta che ha origine nel punto di origine degli assi, mentre i costi fissi
totali Cft sono rappresentati da una retta orizzontale che parte dal punto che
corrisponde al prezzo del costo. Se i costi totali sono dati dalla somma dei
costi variabili totali e dei costi fissi totali, graficamente saranno rappresentati
dalla retta Ct che avrà lo stesso coefficiente angolare (pendenza) della retta
dei costi variabili totali (Cvt) e come origine lo stesso punto di origine della
retta dei costi fissi totali (Cft).
Ct = Cft + Cvt
Cvt = Cvu x Q0
Ct = costi totali
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La break-even analysis serve per individuare il break-even point, che
corrisponde al punto di equilibrio in cui i costi sono uguali ai ricavi e per
calcolare la quantità di fattori produttivi che devo acquisire e di prodotti che
devo vendere per raggiungerlo (quantità di equilibrio).
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Quindi, partendo da
Rt=Ct
Sappiamo che Ct (costi totali) è dato dalla somma dei costi fissi totali (Cft) e dei costi
variabili totali (Cvt), quindi andiamo a sostituire Ct con questa somma
Rt = Cft + Cvt
Però sappiamo anche che i ricavi totali (Rt) sono dati dalla moltiplicazione tra i ricavi
unitari (Ru, prezzo di un solo prodotto venduto) e le quantità vendute (Qv). Stesso
discorso per i costi variabili totali (Cvt), che sono a loro volta dati dai costi variabili
unitari (Cvu, costo di un solo fattore produttivo) moltiplicati per le quantità acquisite
(Q0, quantità di fattori produttivi comprati). Sostituendo quello che abbiamo
appena detto, abbiamo
Ru x Qv = Cft + Cvu x Q0
Se i ricavi e i costi sono uguali e io devo calcolare la quantità di f.p. acquisiti e di
prodotti venduti per arrivare al b.e.p., allora anche le quantità nella formula (Qv,
Q0) saranno uguali e perciò le sostituiamo con Qe, che rappresenta la quantità di
equilibrio
Ru x Qe = Cft + Cvu x Qe
Ora dobbiamo portare dallo stesso lato tutti i componenti che contengono Qe e
quindi le due moltiplicazioni. Portiamo quindi Cvu x Qe dal lato opposto (che per
questo diventerà anche di segno opposto)
Ru x Qe – Cvu x Qe = Cft
Mettiamo in evidenza Qe
Qe(Ru – Cvu) = Cft
Ora per calcolare Qe, non dobbiamo far altro che isolarla portando (Ru – Cvu)
dall’altra parte, e passerà quindi al denominatore
𝐂𝐟𝐭
𝐐𝐞 = 𝐑𝐮−𝐂𝐯𝐮
La differenza tra Ru e Cvu viene definita margine di contribuzione e viene indicata
con mc, quindi la formula finale sarà
𝑪𝒇𝒕
𝑸𝒆 =
𝒎𝒄
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La break-even analysis ha dei punti di forza e di debolezza:
• Punti di forza:
➢ Consente di costruire scenari per prevedere l’impatto che eventuali
decisioni di investimento possono provocare sull’economicità aziendale
e sul lotto minimo-tecnico di produzione;
➢ il b.e.p esprime il grado di rigidità dell’azienda e, quindi, il rischio
associato alla dimensione dei costi fissi (struttura produttiva);
➢ il modello di analisi in esame riflette la logica decisionale marginalista.
Subsistema informativo
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Mira all’integrazione delle informazioni e presuppone la massima efficacia dei
processi
➢ Comunicativi
➢ Elaborativi
➢ di Trattamento automatico dei dati
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• efficace, garantendo un flusso di informazioni che elevino il livello di
razionalità del processo decisionale;
• selettivo, rappresentando informazioni utili, adatte ed efficaci;
• efficiente, perché il costo della produzione di informazioni non deve superare
il beneficio che se ne trae;
FASI
• Raccolta di dati grezzi
- interni (aziendali)
-esterni (relativi all’ambiente)
• Selezione ed elaborazione dei dati con procedure contabili ed extracontabili
(oggi si possono raccogliere un’infinità di dati ma non tutti sono utili, infatti
l’azienda più performante non è quella che ne raccoglie di più, ma quella che
riesce a selezionare ed elaborare i dati utili);
• Analisi e determinazione dei fatti aziendali;
• Individuazione di variabili qualitative (non quantizzabili).
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* L’aumento della concorrenza porta ad un maggior bisogno di informazioni
appropriate che solidifichino le conoscenze acquisite attraverso l’integrazione
di informazioni. Il livello di conoscenza aziendale è il risultato di un flusso di
informazioni (ambientali-esterne; aziendali-interne) dato dalla capacità di
collegare le informazioni alla situazione presente orientando il giudizio.
Sebbene le aziende, per reggere la concorrenza, cerchino di scoprire le
informazioni di altre aziende cercando di far trasparire meno informazioni
proprie possibili (escludendo le informazioni che devono essere rese
pubbliche per disposizioni legislative e accordi contrattuali), ultimamente
alcune di esse rendono volutamente pubbliche alcune informazioni non
necessarie per migliorare la propria immagine, come per esempio quelle
riguardanti la sostenibilità ambientale dei propri processi produttivi.
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1) Lo stato patrimoniale contiene:
➢ Attività
➢ Passività e Netto
Le attività sono gli investimenti attuati dall’azienda che, considerati in un dato
momento, sono ancora in grado di dare in futuro un’utilità, i crediti che ho
verso terzi e le disponibilità liquide (quanto denaro c’è nei conti correnti
dell’azienda).
Le passività sono rappresentate dai debiti, cioè i finanziamenti non ancora
estinti, ricevuti a titolo di capitale di terzi.
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• Il bilancio d’esercizio deve seguire dei principi ben precisi
➢ chiarezza espositiva;
➢ veridicità dei contenuti;
➢ correttezza dei processi;
➢ prudenza:
- da un punto di vista patrimoniale si deve:
a) valutare le attività al valore più basso;
b) valutare le passività al valore più alto;
- da un punto di vista economico:
c) iscrizione dei ricavi solo se realizzati;
d) iscrizione dei costi anche se presunti.
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➢ L’equilibrio oggettivo presuppone, in sintesi, una quantità iniziale
minima di reddito (necessaria per la sopravvivenza e il decollo), con la
prospettiva di ampliamento entro una fascia positiva di elasticità, il cui
massimo è segnato dal punto di eguaglianza tra il costo marginale e il
prezzo di mercato.
➢ L’equilibrio soggettivo è quello giudicato equo, secondo la sensibilità
del soggetto aziendale.
Teorie Manageriali
PRODUZIONE ARTIGIANALE
- Fine XIX secolo
Caratteri
• Elevato fabbisogno di manodopera di alta professionalità;
• costi estremamente elevati;
• la produzione aveva inizio solo dopo l’ordine e quindi su richiesta del
consumatore;
• tempi lunghi di realizzazione ad elevata qualità.
Quindi, sebbene la produzione artigianale fosse di elevata qualità, i costi erano
molto elevati, i tempi di produzione estremamente lunghi e i lavoratori dovevano
possedere grande maestria per eseguire il proprio lavoro. Ma con il progresso
scientifico si troverà un modo per ovviare a questi problemi.
FORDISMO
Se Taylor ideò il metodo razionale, fu però Henry Ford a declinare i principi di Taylor
in modo che potessero essere funzionali ad ogni azienda. Decise di adottare il
metodo scientifico elaborando la catena di montaggio, uno strumento innovativo
secondo cui ogni lavoratore poteva dare un apporto specifico alla costruzione di un
determinato componente per arrivare poi al prodotto finito assemblando tutti
questi componenti. Si arrivò quindi alla produzione standardizzata di massa in cui si
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producevano tantissimi pezzi in pochissimo tempo e i cui concetti chiave erano
l’intercambiabilità e la semplicità d’incasso.
I tempi si ridussero tantissimo, passando da un ciclo di lavoro medio di 8h e 56m nel
1903, ad un ciclo medio di 2h e 3m nel 1905. Al pari delle tempistiche, si ridussero
tanto anche i costi ma aumentò la produttività, permettendo all’azienda non solo di
abbassare i costi dei prodotti (la Ford T passò da 1000 dollari a 360 dollari dopo 8
anni) ma anche di aumentare i salari, perché se ne vendevano così tante che gli
stessi lavoratori spendevano i propri stipendi nell’acquisto di questi prodotti.
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Per riuscire a darsi una spiegazione ampliarono l’analisi su diversi campi e per
diverso tempo. Nel 1927 fecero nuovi esperimenti, dividendo i lavoratori in gruppi
ancora più piccoli e studiando la relazione tra aumento della produttività e:
➢ incentivi sulla paga;
➢ pause di riposo extra;
➢ fornitura di un leggero rinfresco;
➢ riduzione delle ore giornaliere;
➢ riduzione della settimana lavorativa a 5 giorni.
La produttività aumentò in tutti i casi e quando si ritornò alle condizioni iniziali, ci fu
sì un declino della produttività, ma solo di poco. Quindi arrivarono alla conclusione
che l’aumento della produttività era derivato dalla componente sociale, ossia i
lavoratori divisi in gruppi si sentirono parte di una squadra e magari anche migliori
degli altri per il fatto di essere stati scelti.
Perciò il one best way non doveva riguardare più solamente l’organizzazione
tecnica, ma anche la componente sociale.
CONCLUSIONI DI MAYO
➢ La quantità di lavoro non dipende solo dalle capacità fisiche ma anche sociali,
quindi si capì l’importanza dell’influenza del gruppo sulla produttività;
➢ le ricompense non economiche sono fondamentali per motivare;
➢ gli operai hanno rilevanza come gruppo con proprie norme e valori, si
sviluppano quindi anche gruppi “informali” e viene a crearsi una differenza tra
leadership formale (il vero capo) e informale (colui che per esperienza o altre
qualità ha la stima del gruppo e diventa il modello da seguire).
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- collaborazione cordiale tra direzione e lavoratori;
- formalizzazione gerarchico-funzionale dell’organizzazione aziendale.
TOYOTISMO
- anni ‘50/’60
Domanda < offerta
In questo periodo, in cui l’offerta superava la domanda, non bisognava più
pensare a produrre più pezzi possibili nel minor tempo, perché sarebbero rimasti
invenduti, ma bisognava agire riducendo la produttività, controllando le scorte e
cambiando il modo di produrre e soprattutto stimolando la domanda aprendosi
alle richieste dei clienti. Bisognava passare dalla quantità alla qualità.
PERCORSO ORIENTALE PERCORSO OCCIDENTALE
↓ ↓
innovazioni organizzative automazione dei processi
↓
Toyota → da fabbrica tessile nel 1890, passa ad azienda
automobilistica nel 1937.
Just in time → da una produzione di massa si passa ad una produzione snella
(lean production), produco dopo aver ricevuto l’ordine ed elimino il discorso di
stoccare tanti prodotti in magazzino che potrebbero rimanere invenduti; punto
sulla vendita al dettaglio.
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L’innovazione sta nella stratificazione dei fornitori in ordine di importanza (prima
fascia=semilavorati, seconda fascia=materie prime…) e nel passaggio da una
produzione di massa ad una lean production, che mi permette di aver bisogno di
meno lavoratori e di riorganizzare la mia produzione stimolando la domanda,
perché produco più varianti dello stesso prodotto, dando al consumatore
l’illusione di poterlo personalizzare e spingendolo ad essere disposto non solo a
spendere di più, ma anche a cambiare più spesso.
• Produzione di massa → gerarchia e sequenzialità
↓
1) I tecnici del prodotto progettano un pezzo e il pezzo deve essere approvato
dal capotecnico del prodotto;
2) il progetto passa poi al capotecnico generale per l’approvazione finale;
3) il progetto passa quindi al capotecnico di fabbricazione;
4) Il progetto viene infine distribuito ai tecnici della fabbricazione.
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