Sei sulla pagina 1di 101

Economia e gestione delle

imprese
Economia e Gestione Delle Imprese
Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano
100 pag.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
ECONOMIA E GESTIONE DELLE
IMPRESE

Gaia Barbieri
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE MILANO

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Cap. 1 – L’impresa e il suo ruolo economico sociale
1.1 l’impresa quale sistema sociotecnico:
L’impresa è stata definita tradizionalmente come un’organizzazione di persone e beni rivolta ad
uno scopo produttivo.
Esse sono aziende che organizzate in varie forme e specializzate per tipi di attività, producono
l’insieme di beni e di servizi indispensabili per il soddisfacimento dei bisogni umani.
Un’impresa si organizza diversamente a seconda degli obiettivi da raggiungere e delle attività
produttive da realizzare, contraddistinta però da alcuni aspetti comuni che ne giustificano
l’inquadramento come sistema a sé stante.
+ L’impresa è contraddistinta da requisiti comuni, cui il principale connotato è il contenuto
ECONOMICO dell’attività.
+ Ogni sistema aziendale si qualifica per la presenza NON solo di una struttura organizzativa
complessa, MA anche per il suo fine volto al profitto di risorse scarse.
+ L’impresa ha il bisogno di conseguire un reddito, cioè un divario sempre maggiore tra COSTI –
RICAVI del bene venduto.
+ L’impresa necessita di un’organizzazione  una struttura organizzata e coordinata in grado di
svolgere profittevolmente i processi di trasformazione e di scambio.
Definizione iniziale di impresa: vista come organizzazione economica, che mediante l’impiego
di un complesso differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni
o servizi, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito.

1) presenza di un’organizzazione;
2) svolgimento di processi di
produzione;
3) relazioni di scambio con entità
esterne;
4) finalità imprenditoriale di
produzione di reddito.
 L’impresa è la cellula fondamentale del sistema economico-produttivo, MA opera in sistemi
più ampi (MERCATO E AMBIENTE)

+ l’impresa è vista come un sistema in grado di collegarsi ed essere in stretto contatto con
sistemi più ampi quali mercati o ambiente.
Definizione di sistema in senso evolutivo-dinamico: è costituito da un complesso
INTERRELATO DI PARTI rispetto ad un obiettivo comune da raggiungere, per il legame funzionale
con un macroambiente e per il dinamismo che a cagione di tale legame, deve caratterizzare il suo
funzionamento.

L’impresa è costituita da un insieme di parti / organi cui ciascuno svolge una determinata
funzione, per il raggiungimento di un comune obiettivo  VARIE PARTI FORMANO UN TUTTO
ORGANICO, perché ad una corretta specializzazione, si accompagna una stretta coordinazione
dell’attività nel suo complesso.
L’impresa è quindi un SISTEMA OPERATIVO APERTO in quanto per garantire la continuità della
sua esistenza, DEVE possedere continui input e output e un PATRIMONIO DI RELAZIONI.
+ PARALLELO BIOLOGICO  impresa paragonata ad un essere vivente, da un punto di vista
della crescita e dell’ambire sempre al meglio e per essere composta da vari organi cui hanno
funzioni specifiche al fine di dare vita all’organismo (obiettivo finale). MA LA DIFFERENZA TRA
ORGANISMO E ESSERE VIVENTE è che:

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a. l’organismo muore, mentre l’impresa sopravvive anche senza lo stesso imprenditore e
mira ad una crescita e rafforzamento costante
b. Lo sviluppo aziendale è legato agli sforzi consapevoli e motivati dal gruppo che la dirige.

L’impresa può essere considerata come sistema sociotecnico aperto e dinamico:

I. è un sistema sociale poiché al suo interno operano risorse umane e tecniche e il suo
funzionamento è legato all’operare di molti gruppi interni ed esterni all’organizzazione
(stakeholder), tra i quali si sviluppano rapporti di collaborazione e di contrasto;

II. è un sistema tecnico poiché, per il suo funzionamento, necessita di strumenti che
incorporano tecnologie;

III. è un sistema aperto poiché, per funzionare, deve intrattenere continue relazioni di
scambio con sistemi più ampi (mercato e ambiente) e con altri sistemi o entità esterne:
sono relazioni di input (cioè di approvvigionamento di risorse necessarie per la sua
alimentazione) e di output (cioè di cessione a terzi del prodotto);

IV. per questo motivo è anche un sistema dinamico.

La TEORIA D’IMPRESA EVOLUTASI NEL TEMPO  la teoria aziendalistica afferma che la vera
ricchezza di un’impresa non è costituita dal suo patrimonio materiale o tangibile, ma
dalle sue risorse immateriali o intangibili quali:

a. l’avviamento di mercato
b. la capacità di produrre innovazioni.

Si tende dunque a definire l’impresa come sistema cognitivo, cioè un insieme di conoscenze atte
a produrre nuova conoscenza.

L’impresa deve essere in grado di produrre innovazioni in virtù della capacità di apprendere, di
mettere a frutto le conoscenze che derivano dall’esperienza e al formarsi di valori di sviluppo
all’interno dell’impresa, che potrà apprendere lavorando (learning by doing).

Il vero patrimonio aziendale è rappresentato dall’immagine di essa verso l’interno e verso


l’esterno, i valori diffusi nella struttura organizzativa e il know-how accumulato nel tempo.
Per know-how si intende il bagaglio di esperienze posseduto per realizzare determinati scopi.

 Il concetto d’impresa piccola, media e grande, può essere qualificato in base alla posizione
dell’azienda nel mercato in cui opera:

- una piccola impresa è quella che non riesce ad influenzare le variabili di mercato ed è
esposta al mutamento della domanda e dell’offerta  ma può concentrarsi in settori di nicchia o in
ambienti ad elevata tecnologia O rimanere piccole e creare una varietà di NETWORK con realtà
esterne.
- una media impresa appare meno definibile, ma nel rapporto con il mercato è simile alla
piccola impresa;
- una grande impresa è quella in grado di esercitare un controllo del mercato, e che con le sue
politiche riesce ad influenzare il comportamento delle altre imprese.

1.2 La visione sociale dell’impresa

Responsabilità sociale dell’azienda (Corporate social responsabilità, CSR): fondato sul contratto
sociale che ogni impresa stipula con il contesto esterno per definire obblighi e diritti connessi con
2

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
il proprio funzionamento, ovvero le imprese non solo devono produrre beni o servizi per una certa
collettività di consumatori, ma al contempo devono necessariamente migliorare la qualità della vita
nel contesto in cui operano.
L’impresa, infatti, mediante il continuo scambio di risorse, influenza in misura spesso rilevante
le condizioni di vita della collettività, rendendosi protagonista e responsabile del contributo
prodotto.
Corporate: impresa ad alti livelli.
L’impresa non è solo un’iniziativa esclusivamente imprenditoriale, ma anche un sistema
economico e sociale, in cui prendono parte una pluralità di attori, guidato in funzione di un giusto
equilibrio tra obiettivi economici e responsabilità sociali.
L’impresa rappresenta una realtà complessa intorno a cui si sviluppa una rete di rapporti
complessi di scambio, di collaborazione, d’informazione e di interessi. Essa svolge diversi ruoli nei
confronti di chi vi partecipa, del mercato e dell’ambiente socioeconomico e costituisce una realtà
sociale, giuridica, economica e organizzativa.

1.3 le molteplici funzioni dell’impresa

Le funzioni dell’impresa sono strettamente complementari e rispondenti ad interessi sempre più


limitati  da quelli della:

a. collettività nel suo complesso


b. quelli dei partecipanti all’organizzazione
c. quelli del solo imprenditore.

Il fenomeno “impresa”, ai fini dello studio dei comportamenti imprenditoriali, ha 3 profili di


maggior rilievo:

a. organizzazione economica: il suo scopo è il soddisfacimento di bisogni umani mediante la


messa a frutto di risorse rivendibili in natura in misura limitata;
b. sistema sociale: rappresenta uno strumento per distribuire la ricchezza creata per il
soddisfacimento delle necessità di coloro che operano al suo interno;
c. struttura patrimoniale: è un complesso di beni organizzato per lo svolgimento di processi
produttivi finalizzati alla produzione di reddito.

Queste tre funzioni sono strettamente collegate perché se l’impresa trova il suo spazio nel
mercato, cioè soddisfa i bisogni dei consumatori, può remunerare i vari fattori della combinazione
produttiva.
Il sistema è qualcosa che ha una nuova identità rispetto alle parti che lo compongono, NON è la
somma delle parti.
+ L’impresa che non è in grado di inserirsi positivamente nell’ambiente e di soddisfare bisogni della
collettività è un’organizzazione inutile, che non risponde a finalità economiche e che non
acquisisce alcuna legittimazione a sopravvivere.
+ Un’organizzazione che non assicura corrispettivo alle persone che operano in essa  è
destinata a disgregarsi.
+ Un’azienda che non è in grado di generare profitto di gestione, non può riuscire ad
aumentare i suoi processi di rinnovamento e di sviluppo.

Dunque, ci sono alcuni concetti fondamentali per chi deve gestire un’azienda. In sintesi questi
concetti sono:
I. l’impresa è un sistema aperto perché vive in simbiosi con un ambiente esterno;
II. l’impresa è un’organizzazione economica e sociale;
III. l’impresa deve svolgere una triplice funzione in rapporto al suo essere organizzazione
economica, sistema sociale e struttura patrimoniale ;
IV. l’impresa, in quanto sistema cognitivo, deve produrre conoscenza per promuovere
l’innovazione;

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
V. l’impresa, quale sistema cooperativo-conflittuale, deve essere gestita migliorando i
rapporti di collaborazione e riducendo le occasioni di conflitto con i suoi interlocutori.

***
Cap. 2 – interdipendenza tra impresa e contesto socioeconomico: micro
e macroambiente
L’impresa, cellula fondamentale del sistema economico-produttivo, opera all’interno di un
ambiente più vasto con cui scambia risorse e crea ricchezza.
Sotto il profilo economico-sociale, l’ambiente è inteso come il contesto generale all’interno del
quale l’impresa svolge le sue funzioni.
Questo contesto è definito da particolari condizioni politiche, sociali, culturali ed economiche.

Tale ambiente può essere suddiviso in:


a. macroambiente
b. microambiente

2.1 il microambiente e la sua divisione

 microambiente  definito dalle decisioni prese dall’azienda.


Ogni impresa tende a ritagliarsi, nell’ambito del macroambiente, un ambiente specifico.
Questi riguarderanno l’acquisizione delle risorse e la cessione dei beni prodotti, e formeranno:

 ambiente transazionale, (scambi in entrata) definito da Williamson, che afferma che ogni
impresa deve risolvere il problema dei confini della sua organizzazione e del ricorso al mercato
per l’approvvigionamento delle risorse di cui ha bisogno.
Il tipo di risorse dipenderà dalle comparazioni di convenienza tra il produrre all’interno i
materiali, le parti, i componenti da utilizzare per la produzione dei beni e il procedere al loro
acquisto all’esterno.
Se si orienteranno verso il problema dei confini dell’organizzazione, questi si amplieranno e
crescerà il grado di autonomia.
Invece, più si farà ricorso al mercato, più si amplierà l’ambiente transazionale con il quale dovrà
formare le sue relazioni di scambio;

 ambiente competitivo (scambi in uscita) dipenderà dalla scelta delle porzioni di mercato
da soddisfare. Sarà l’impresa a definire l’ambiente competitivo di riferimento. All’interno di
questo microambiente vi saranno degli interlocutori (stakeholder) con cui dovrà unirsi per
ottenere delle risorse o cedere dei prodotti. Gli stakeholder dovranno raggrupparsi in
categorie, dando origine a dei mercati con i quali l’impresa dovrà attivare un sistema di
scambi. È indispensabile la conoscenza dell’ambiente competitivo nel quale si ha intenzione di
entrare.

2.2 il Macroambiente - contesto generale di riferimento per l’impresa

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 macroambiente  visto come un dato difficilmente modificabile dall’azienda.
In questo contesto, l’ambiente può essere visto come il contesto socio-economico-politico
all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere le sue funzioni.
Questo contesto è caratterizzato da una serie di condizioni politiche, legislative, sociali,
culturali ed economiche che determinano il sistema di VINCOLI-OPPORTUNITA’ entro cui dovrà
trovare sviluppo l’attività aziendale.

+ Il MACROAMBIENTE, non può essere scelto, ma influenzabile per l’azienda.


+ L’AMBINETE MACRO si può scomporre in quattro sub-sistemi:

I. sistema politico-istituzionale  definito dalla forma di governo e dall’ordinamento


legislativo, influenza in modo importante la vita delle imprese;
Forme diverse di governo si riflettono sui rapporti internazionali, contribuendo ad ampliare o a
restringere i mercati con effetti immediati sulle possibilità di sopravvivenza e di sviluppo delle
imprese.
II. sistema culturale-tecnologico  è il contesto in cui si affermano le manifestazioni
tradizionali della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo. Influenza coloro che
operano all’interno dell’impresa ed i gruppi esterni. I suoi effetti si hanno sul sistema di
valori della società, sull’avanzamento delle conoscenze e sul migliore uso delle risorse
disponibili;
III. sistema sociodemografico, definito dalla struttura della popolazione residente e dalle
relazioni tra gli individui, tiene conto del tasso di natalità e invecchiamento della
popolazione media e del tasso di immigrazione. Tutto ciò si riflette sul consumo 
individuo influenzato dal gruppo (dalle abitudini e dalla tipologia di acquisto).

 L’aspetto demografico è importante quando si affermano delle tendenze di grande


cambiamento nella struttura della popolazione che provocano evidenti ripercussioni sui modelli
di consumo;

IV. sistema economico, è il sistema delle macro-variabili economiche, che regola la vita
di una collettività. Il sistema economico va distinto dal mercato perché rappresenta il
complesso delle microvariabili.

2.3 il concetto di mercato e il sistema di scambi in entrata e in uscita


Mercato: in termini economici, si ha quando vi sono due o più contraenti disposti a scambiare tra
di loro i beni rispettivamente posseduti.
Sono le strategie aziendali che definiscono l’ambiente transazionale e competitivo.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I. L’impresa non può scegliersi il macroambiente ma può scegliersi l’ambiente
transazionale e competitivo all’interno del quale operare.
II. L’impresa può condizionare il microambiente e di rado anche il macroambiente. Nei casi in
cui grandi imprese godano di poteri politici possono condizionare anche il macroambiente,
si ha dunque il potere extra mercato.

III. L’ambiente determina il sistema di vincoli-opportunità entro cui si svolge la gestione


aziendale. I vincoli possono dipendere da leggi e provvedimenti amministrativi, dal modello
di cultura prevalente, dalla composizione e dalla mobilità delle classi sociali, dal tipo di
governo dell’economia e dal grado di benessere della popolazione.

Discendono, dunque, dei condizionamenti che restringono l’area di manovra dell’imprenditore.


Il progresso tecnologico influenza in modo considerevole la struttura di un settore industriale e la
posizione competitiva delle imprese.

IV. Le innovazioni concorrono a modificare il sistema di barriere di entrata e di uscita.


Col diffondersi del progresso tecnologico, si modificano il tipo, il modo e l’organizzazione delle
produzioni.
Il progresso tecnologico contribuisce ad appagare nuovi bisogni e ad aprire a nuove classi di
consumatori bisogni già avvertiti, mediante una riduzione del prezzo dei beni.

 ECONOMIA DI MERCATO VS ECONOMIA DI PIANO:

a. economia di mercato (economia liberista volta alla privatizzazione)  si intende un sistema


a decisioni decentrate, regolato cioè da leggi di mercato;

In questo tipo di economie prevale:


- il principio della libera iniziativa
- della proprietà privata dei mezzi di produzione.

b. Per economia di piano (centralizzato nelle mani dello Stato  economia collettivista)  si
intende un sistema in cui le decisioni sono prese al centro mediante l’elaborazione di piani
governativi nazionali.
In questo tipo di economie tutto è regolato dal piano, anche l’uso dei mezzi di produzione che
sono prevalentemente di proprietà della collettività, per cui si parla di economia di piano o di
economia collettivista.

 Quali sono i connotati ambientali che ormai da qualche tempo, l’impresa deve imparare a
fronteggiare?

I. Turbolenza
II. Ostilità
III. Diversità
IV. Complessità
V. Insicurezza

 Internazionalizzazione dell’economia: a causa dello sviluppo mondiale degli scambi, della


diffusione sul piano internazionale delle informazioni e dell’interdipendenza delle economie, le
imprese devono proteggersi dalla concorrenza delle imprese straniere per poter concorrere
all’acquisizione delle risorse e al collocamento delle produzioni.
A fronte dell’attenuazione / eliminazione delle barriere geografiche, le imprese si sono dovute
riorganizzare rapidamente sul sistema produttivo, su scala mondiale.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Conseguenza: da ciò è derivato un processo di forte interrelazione all’interno del mercato dei
capitali, delle materie prime, delle fonti di energia e dello stesso lavoro, con la ricerca di sempre
nuovi equilibri di tipo dinamico.

La globalizzazione  fenomeno di particolare rilievo negli ultimi tre decenni.


La globalizzazione in senso ampio è un processo di convergenza degli aspetti culturali, politici ed
economici della vita.

Definizione di globalizzazione  si riferisce ad un mercato senza confini geografici.


Può essere intesa come superamento delle barriere geografiche, per effetto del quale il mercato
aziendale è rappresentato dai gruppi di consumatori caratterizzati da comportamenti di acquisto
simili, a prescindere dai Paesi in cui risiedono.
Per industria globale si intende un settore produttivo all’interno del quale la posizione
competitiva di un’impresa di un certo Paese viene influenzata in modo rilevante dalla posizione che
essa è in grado di conquistare e di mantenere in altri Paesi.

CAP. 3 – I PARTECIPANTI DELLA VITA DELL’IMPRESA: LA TEORIA DEGLI


STAKEHOLDER

3.1 gli organi di governo nell’impresa: imprenditorialità e managerialità


 Imprenditorialità: è un soggetto economico che decide di rischiare e dedica le sue
capacità professionali alla produzione di beni e servizi da cedere a terzi.

- imprenditorialità e imprenditore NON sono sinonimi, ma richiedono di prendere in


considerazioni aspetti diversi e a seconda della dottrina si tende a privilegiarne uno anziché
l’altro.

- Schumpeter  focus sull’imprenditorialità. Secondo Schumpeter,


l’imprenditore deve possedere:

a. Capacità di previsione, razionalità consapevole, intuito


b. Spirito d’iniziativa, forte volontà, libertà intellettuale
c. Autorevolezza e capacità di leadership nei confronti dei collaboratori
d. Propensione al rischio e prendere decisioni rischiose al fine di aver un maggiore ritorno di
capitale.

- Imprenditorialità vs managerialità:
L’imprenditore  colui che è disposto a correre il rischio tramite decisioni rischiose
finalizzate all’innovazione dei comportamenti aziendali. All’imprenditore compete l’assunzione
delle scelte strategiche. Il suo valore è L’EFFICACIA concepita quale abilità di prendere
decisioni corrette.
+ ha lo scopo di generare valore.

Manager  colui che è capace di sviluppare queste decisioni e di attuarle in modo


razionale. Il comportamento del manager è quello di EFFICIENZA, inteso come attuazione
ottimale di tali scelte. Secondo un’altra scelta, il direttore/ amministratore, è colui che nel
raggiungimento delle finalità imprenditoriali, mirerebbe a razionalizzare l’uso delle risorse ed
evitare inutili sprechi/ perdite.
+ impedisce valore.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- Efficacia & Efficienza

Efficacia  è il valore più proprio dell’imprenditorialità, cioè intuizione decisionale di chi governa
ad un livello più elevato.
+ efficacia misurata  rapporto tra gli obiettivi raggiunti e quelli che si sarebbero dovuti
conseguire.

Efficienza  comportamento tipico manageriale, cioè l’attitudine a realizzare il massimo


rendimento delle scelte imprenditoriali riducendo al minimo gli sprechi.
+ efficienza misurata  dal rapporto tra i risultati conseguiti e le risorse impegnate
3.2 – I requisiti per l’esercizio del potere decisionale

Qualsiasi organizzazione è caratterizzata dal fatto che al suo interno agisce un numero
relativamente ridotto di soggetti ai quali è demandato il compito di deliberare sulle finalità e sulle
politiche generali da seguire.
A tal proposito si possono individuare gli organi d’impresa:
I. Organo deliberanti o volitivi  esercitano in prevalenza l’attività decisionale
II. Organo esecutivo  svolge funzione di esecuzione
III. Organo di controllo  svolge funzione di controllo

La distinzione di questi tre organi rimane valida da un punto di vista TEORICO, in quanto sotto
un aspetto pratico, si avrà un’associazione di funzioni di deliberazione, di controllo e di esecuzione.
Gli organi deliberativi si dividono a loro volta in:
1. Azionisti / organi di proprietà
2. Organi di amministrazione
3. Organi di direzione

Questi sotto organi degli organi deliberativi, partecipano congiuntamente MA con competenze e
limiti differenti.
 Ogni impresa ha il proprio assetto degli organi decisionali, NON sempre i protagonisti
della gestione, sono gli organi investiti ufficialmente di specifici poteri, NON sempre
questi poteri, si concentrano nelle mani dei proprietari d’impresa.

Gestire l’impresa, si richiedono almeno tre elementi:

a. Abilità professionale
b. Disponibilità delle informazioni
c. Capacità di controllo

 Organi di line e organi di staff:


- Organi di LINE  non sono titolari di poteri decisori e di comando e vengono assistiti
dagli organi di STAFF
- Organi di STAFF  sono organi incaricati di fornire consulenza e assistenza agli organi
di line.

3.3 la pluralità di soggetti in relazione con l’impresa: teoria stakeholder

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Gestire un’impresa, richiede la capacità di coltivare relazioni interne e relazioni esterne all’impresa.
Un’impresa richiede una governance più ampia alla quale finiscono per partecipare NON
soltanto l’imprenditore e le maestranze, MA vi sono anche un insieme di operatori interessati,
direttamente o indirettamente all’azienda.
 LA GOVERNANCE  è la capacità e la competenza di chi sta ai vertici gerarchici.
 IL CONCETTO DI STAKEHOLDER  inizialmente erano solo coloro che avevano degli
interessi verso l’azienda, ORA il concetto si è ampliato verso coloro che sono in grado di
esercitare un’influenza sulle decisioni aziendali.

Gli stakeholder si dividono in:


I. primari, hanno un interesse diretto nella vita dell’impresa e sono collegati alla stessa
mediante contratti;
II. secondari, possono incidere soprattutto sul clima sociale delle relazioni aziendali e
possono influenzare i comportamenti di lungo termine.

governo dei rapporti con tutti gli stakeholder rappresenta una responsabilità primaria per
l’imprenditore o il manager, perché influenza direttamente i risultati della gestione aziendale. È
importante individuare gli stakeholder, stabilirne il peso, valutarne gli interessi e orientare la
mission aziendale.

 Con la teoria degli stakeholder vi è una nuova definizione di impresa: organizzazione


economica legata ad un complesso di interlocutori interni ed esterni, che mediante la
combinazione di risorse differenziate, svolge processi di produzione e acquisizione di beni o
servizi allo scopo di creare valore e distribuire valore tra di essi.

 Non in tutte le imprese gli stakeholder hanno la stessa rilevanza, questa varia:
I. a seconda dell’attività esercitata
II. della dimensione della struttura
III. dell’organizzazione e della natura della proprietà.

 L’individuazione degli stakeholder e il grado di influenza esercitabile sulla gestione


dell’impresa, avviene secondo dei criteri:

I. la forza da essi detenuta in virtù del ruolo ricoperto;


II. la legittimazione da parte di particolari soggetti economici, sociali e politici;
III. l’attualità dell’interesse difeso, cioè l’urgenza di dare risposte da parte dell’azienda e la
criticità di queste ultime.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 La classificazione degli stakeholder è continuamente mutevole poiché questi criteri
possono variare. Da questi criteri, si comprende che la classificazione degli stakeholder è
continuamente mutevole.
+ PROXIMITY  ovvero l’esercizio di una funzione di rappresentanza della comunità locale.
(new entry)

 Al vertice dell’impresa bisogna adottare per amministrare efficacemente le relazioni con i suoi
stakeholder delle strategie. Tenendo dunque conto del peso investito dello stakeholder nella
società, si può decidere di perseguire strategie di COINVOLGIMENTO, COLLABORAZIONE e
DIFESA. Gli stakeholder possono essere classificati in 4 gruppi:

a. stakeholder amichevoli, dai quali si può ottenere un sostegno decisivo per l’attività
dell’impresa;
b. stakeholder avversari, dai quali si generano difficoltà sostanziali per l’attività aziendale;
c. stakeholder non orientati, da cui si potrà avere un sostegno o un atteggiamento
negativo;
d. stakeholder marginali, il cui peso nei confronti dell’impresa risulta del tutto modesto.

NB  stakeholder non orientati e stakeholder marginali, NON rientrano negli stakeholder primari.
 Chi deve gestire un’impresa, deve sapersi domandare e prendere in considerazione i
seguenti aspetti:
a. Chi sono gli stakeholders con sul confrontarsi
b. Chi di essi risulta dotato di maggiore potere o influenza
c. Quale è la posizione assunta verso l’impresa
d. Quale strategia è quindi possibile attuare nei loro confronti.

 Due tipologie di stakeholder da un punto di vista remunerativo:

a. Stakeholder la cui remunerazione è fissata mediante un contratto


b. Stakeholder la cui remunerazione NON è fissata da un contratto, MA la cui ricompensa è
di tipo residuale, vale a dire che tale ricompensa sarà riconosciuta nella misura se dopo
aver corrisposto tutte le remunerazioni contrattuali – dovesse rimanere un RESIDUO
DI RICCHEZZA.

3.5 la gestione degli stakeholder e le economie


Economie di relazione  Economie legate alla gestione dei rapporti con gli stakeholder
Strategia di stakeholder management  deve far sì che cresca la collaborazione per la
creazione di valore evitando che si possano formare coalizioni contrarie agli interessi dell’impresa.
***
CAP. 4 - FINALITA’ IMPRENDITORIALI E LA TEORIA DEL SUCCESSO D’APPRENDIMENTO
 Premessa sulle motivazioni dei partecipanti all’impresa:

per comprendere le problematiche della gestione d’impresa, bisogna capire che ogni ruolo è volto
ad interessi e motivazioni diversi.
a. Clienti  motivati
b. Imprenditore  ottenimento del profitto
10

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
c. Dirigenti e lavoratori  ottenimento di una retribuzione
d. Fornitori  traggono maggiore vantaggio dalle relazioni commerciali
e. tutti gli stakeholder puntano ad un incremento del valore globale creato dalla gestione.

È comprensibile che questi soggetti entrino in contrasto tra di loro. Il governo, quindi, deve
essere indirizzato a valorizzare gli elementi cooperativi e a contenere quelli
antagonistici.
Colui che gestisce deve quindi adottare un processo d’integrazione vera e propria fusione tra
gli obiettivi aziendali e quelli soggettivi.

IV.2 – le finalità dei comportamenti imprenditoriali


L’azienda  frutto di una volontà imprenditoriale, tesa all’ottenimento di determinate finalità.
L’azienda ha delle funzioni da svolgere e finalità da raggiungere.

Finalità dei comportamenti imprenditoriali: “imprenditore classico” e “imprenditore


delegato”.
Impresa, vista come frutto di una volontà imprenditoriale ed è un’entità economica e sociale – ha
delle funzioni da svolgere, piuttosto che delle finalità da raggiungere.

+ opportuno ribadire azienda come fatto oggettivo e soggettivo:


a. OGGETTIVO  azienda vista come un coacervo (insieme di cose organizzate
disordinatamente) di risorse o potenzialità
b. SOGGETTIVO  strumento di capacità imprenditoriale finalizzata verso certi risultati.
+ il problema dei fini investe, in sostanza gli individui che agiscono nell’impresa e in prima linea,
coloro che detengono la proprietà ed il governo della stessa.

FINALITA’ IMPRENDITORIALI  in sostanza investe gli individui che agiscono nell’impresa e in


prima linea coloro che ne detengono la proprietà e il governo.

III.0 - Le teorie sulle finalità imprenditoriali:


a. Teoria della massimizzazione del profitto (PROPRIETARI)
L’imprenditore mira ad ottenere il maggiore rendimento dai capitali investiti nell’impresa, cioè
aumentale il divario tra i COSTI e i RICAVI.
IL PROFITTO visto sotto diversi punti di vista. Secondo la TEORIA CLASSICA, il profitto è il
compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi.
Secondo diversi punti di vista:
I. IL PROFITTO  spetta a colui che coordina l’impiego dei vari fattori di produzione.
II. IL PROFITTO  è il compenso destinato a ripagare il rischio corso nell’attività aziendale.
III. IL PROFITTO  ricompensa per la capacità innovativa Schumpeter (colui che promuove
l’innovazione).
IV. IL PROFITTO  risultato dell’imperfezione del mercato, cioè RISULTATO
DELL’ACQUISIZIONE DI POSIZIONI MONOPOLISTICHE.
Queste quattro teorie dottrinali sul profitto alla fine risultano essere complementari in quanto:

definizione profitto  può essere considerato un’entità composita. Compenso per il


lavoro imprenditoriale, il premio per il rischio, la contropartita dell’innovazione e la rendita
11

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
connessa con la composizione monopolistica. Il diritto al PROFITTO non è pertanto suscettibile
ad essere messo in dubbio, ciò che è suscettibile, è la sua destinazione.

L’imprenditore è orientato al conseguimento del massimo divario positivo tra i costi di gestione
e i ricavi. La logica sarebbe quella di massimizzare il reddito ottenibile dall’attività aziendale, cioè
produrre maggior reddito. Questa teoria ha dei limiti sul piano pratico.

 È necessario inserire il fattore tempo (time-preference)


 il fattore rischiosità (uncertainly conditions).
 Ci si può chiedere quale profitto l’imprenditore intende massimizzare: quello che un
imprenditore tenderebbe a massimizzare è GESTIONE NEL LUNGO TERMINE (no breve).
 Capacità dell’imprenditore di rispondere alle esigenze di tutti i gruppi sociali con cui l’impresa
viene in contatto.
+ L’imprenditore tende a massimizzare nel lungo tempo. Questo obiettivo, potrebbe essere
sacrificato nel BREVE TERMINE, ma con lo scopo di pervenirmi più agevolmente nel BREVE
TERMINE. In che modo?
I. Politica di prezzi di beni e servizi al prezzo di costo o inferiori al costo  SCOPO
VOLTO ALL’ACCRESCIMENTO DI QUOTE DI MERCATO;
II. Politica di ingresso in mercati non remunerativi, MA per lo scopo di controllare certe
fonti di materie prime  per UNA CONVENIENTE ALIMENTAZIONI AGLI IMPIANTI DI
IMPRESA
+ Importante è considerare il FATTORE RISCHIO, ma che diversificando in altri settori produttivi o
mercati esteri, minimizzerebbero il rischio d’impresa.
+ imprenditore deve rispondere anche a tutti le necessità di coloro che hanno interessi e operano
in e per l’azienda.
+ imprenditore deve operare nell’incertezza;
+ IL PROFITTO  è certo un obiettivo da perseguire, ma non basta, bisogna guardare in un
senso più ampio, ossia guardare alla MASSIMIZZAZIONE DEL CASH-FLOW  Definito come la
sommatoria contabile delle quote di ammortamento, netto esercizio, accantonamento al netto degli
usi.  si va a parlare di massimizzazione del SURPLUS  una grandezza più ampia.
b. Teoria della sopravvivenza aziendale (DIRIGENTE)
 Legata alle motivazioni dei manager.
 I manager tendono ad una lunga sopravvivenza dell’organizzazione  assicurare continuità
all’organismo aziendale.
 In questa teoria viene riconosciuto al PROFITTTO un RUOLO STRUMENTALE nei confronti
dello scopo ultimo.
 Ciò significa puntare al profitto per irrobustire la struttura patrimoniale dell’impresa e
rifiutare attività che mettano in pericolo la vita dell’organizzazione.

 Drucker ha proposto di misurare il raggiungimento di tale finalità mediante 5 indicatori:

a. la posizione occupata nel mercato, cioè in base al rapporto di forza o di debolezza nei
confronti della concorrenza. La posizione di mercato si misura tramite quota di mercato
e posizione azionaria;
b. innovazioni, cioè alla capacità di adeguare le tecnologie utilizzate;
12

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
c. risorse umane, cioè la professionalità del personale;
d. risorse finanziarie, cioè la disponibilità dei mezzi da impiegare nel finanziamento degli
investimenti e del capitale circolante;
e. redditività, cioè la fonte dello sviluppo e dell’incremento di patrimonialità dell’impresa.

Obiettivo primario è creare un livello stabile di profitto per permettere all’azienda di non
correre rischi eccessivi e di destinare risorse sufficienti all’autofinanziamento.

+ aziende governate da TECNOSTRUTTURE la teoria della sopravvivenza si concentra


dunque nel conseguimento di un livello stabile di profitto.
c. Teoria manageriale della creazione e diffusione del valore:
 Questa teoria risponde agli obiettivi di tutti (proprietari e dirigenti) i partecipanti all’impresa.
 La teoria del valore appare più accettabile di quella della massimizzazione del profitto, sia
perché ha come riferimento NON solo l’imprenditore, MA tutti i partecipanti alla vita aziendale.
L’obiettivo principale  è accrescere il valore economico e sociale dell’impresa e che la
visione dei risultati aziendali va orientata al futuro.

+ LA FINALITA’ DA ASSEGNARE ALL’IMPRESA COME CREAZIONE E DIFFUSIONE DEL


VALORE  la finalità di tale teoria è quella di aumentare il valore economico, sociale dell’impresa
e orientarla al futuro.

 Secondo la finalità dell’imprenditore NON sarebbe quella di fare crescere soltanto il valore
economico o di mercato dell’impresa, MA bensì quella di ottenere un risultato gestionale di
rafforzare l’impresa, e allo stesso tempo soddisfare gli stakeholder.
 Secondo questa teoria devono essere massimizzate le potenzialità reddituali dell’impresa,
dato che la visione dei risultati aziendali è orientata al futuro, cioè non contano i profitti ma le
potenzialità di produrre risultati sempre migliori.
 Chi gestisce l’azienda, rivolge la sua attenzione alla creazione e alla diffusione del valore di
mercato espresso dalle quotazioni azionarie in modo da suscitare interesse da parte degli
azionisti.
 Legata alla teoria del valore è la filosofia della QUALITA’ TOTALE, cioè controllare tutti i
processi dell’impresa per migliorare la qualità e favorire l’immagine.

d. Teoria dello sviluppo dimensionale:


 Secondo questa teoria manageriale,
 LO SVILUPPO DIMENSIONALE GENERALE MAGGIOR FORZA NEI CONFRONTI DELLA
CONCORRENZA.
 Renderla più concorrenziale
 i manager sono interessati all’espansione dell’impresa perché si ottiene un irrobustimento
dell’organizzazione (garanzia di sopravvivenza) e assunzione di maggior forza rispetto ai
concorrenti (garanzia di redditività aziendale), quindi ottenendo maggiori profitti e maggiori
retribuzioni per la dirigenza. Di conseguenza si ottengono obiettivi di stabilità, prestigio e
miglioramento economico.
 Questa teoria favorisce comportamenti che spingono ad aumentare il volume di affari rispetto a
quello dei profitti globali.
La teoria di Baumol, il quale sostiene che bisogna massimizzare il fatturato perché questo è
l’indicatore del successo dell’azienda, consente di migliorare gli sviluppi di carriera dei dirigenti,
facilita i rapporti con le banche, i fornitori e il personale dell’impresa.

13

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 L’obiettivo è massimizzare le vendite dei prodotti rispettando un livello minimo di profitto,
cioè non significa aumentare la quantità fisica delle vendite, ma massimizzare i volumi di affari
con una combinazione tra volumi e prezzo di vendita. Le imprese mirano a realizzare il flusso
di profitti che consente di finanziare il massimo sviluppo delle vendite nel lungo periodo.
Questa teoria agevola anche l’autofinanziamento. Si parla di crescita sostenibile.
+ nel lungo tempo non ci dovrebbe essere antinomia tra massimizzazione del PROFITTO e quello
delle VENDITE; mentre nel corso dell’esercizio (nel breve periodo) è normale visionare una
preminenza dell’uno o dell’altro.

DIFFERENZA TRA TEORIA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO VS SVILUPPO DIMENSIONALE:


massimizzazione profitto  sviluppo delle VENDITE è il mezzo per l’ottenimento del massimo profitto.
sviluppo dimensionale  la CRESCITA è il fine e la massimizzazione del profitto il mezzo

e. Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto


 Teoria comportamentistica
 La vita aziendale si svolge all’interno di un complesso di vincoli più o meno rilevanti a seconda
delle influenze interne ed esterne della gestione.
 Il fatto di creare un equilibrio tra le aspirazioni dei vari gruppi  crea una limitazione delle
possibili scelte sia negli obiettivi che nelle strategie imprenditoriali.
 La massimizzazione del prodotto implica l’accrescimento dei ricavi, la riduzione dei costi o
entrambe le manovre.
 La vita dell’impresa è contrassegnata da potenziali conflitti di interessi. Tali conflitti:

a. Esterni  i conflitti possono nascere per variate ragioni:

I. Prezzo e modalità di vendita nei confronti dei clienti


II. I prezzi e le condizioni di acquisto rispetto ai fornitori
III. I margini commerciali rispetto ai distributori
IV. Il costo del denaro rispetto ai finanziatori

 Nella soluzione dei problemi esterni, le opportunità di risoluzione sono molteplici, anche se
l’azienda non ha quasi mai la forza di imporre totalmente le proprie condizioni all’opponente.

b. Interni  generati soprattutto dalle modalità di distribuzione dei ricavi fra le varie
categorie sociali legate all’azienda e dalle modalità di prestazione di lavoro.

 Nella soluzione dei problemi interni  Possibilità di manovre sono più limitate. Si dovrebbe
avere il poter di risolvere il conflitto escludendo l’opponente dall’organizzazione.

 Situazione cooperativo-conflittuale  è una situazione volutamene strumentale ai fini della


dimostrazione dei limiti, anche operativi della teoria della massimizzazione del profitto. La
contrapposizione di interessi può essere infatti interpretata seppure in una forma
estremamente semplificata, in termini di costi e di ricavi, cioè analizzando l’equazione del
profitto e rilevando quali sono i condizionamenti sociali che si oppongono all’ottenimenti da
parte dell’imprenditore, del massimo reddito.

 Quali sono i gruppi sociali in relazione diretta con l’impresa?


I. Consumatori o utilizzatori dei beni o dei servizi
II. Concorrenti
14

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
III. Forze di lavoro occupate dall’impresa
IV. Fornitori di beni e di servizi
V. Finanziatori
VI. Distributori commerciali
VII. Organi della pubblica amministrazione
VIII. Conferenti il capitale di proprietà dell’azienda.

Tutti questi gruppi potrebbero non esistere sempre. In ogni caso tutti questi gruppi indicati hanno
un ruolo attivo nei confronti dell’azienda.
 Imprenditore  postula la teoria classica  vuole massimizzare il profitto ampliando i ricavi e
riducendo i costi allo scopo di promuovere innovazione nei prodotti, nella tecnologia, nei
mercati, tentare di modificare l’equilibrio esistente senza adottare processi innovativi.

+ imprenditore  se l’imprenditore vuole aumentare i costi, deve cercare di influire su due


variabili: il prezzo e la quantità dei beni venduti. Ma aumentando il prezzo, il compratore
potrebbe essere a sua volta MENO propenso all’acquisto, rivolgendosi così ad un altro player del
mercato.
Scartando la strada del prezzo, rimane quella dell’incremento della quantità dei prodotti, una
via condizionata dal flusso della domanda.

+ la manovra allargamento della quota di mercato  può indurre delle razioni da parte delle
aziende concorrenti, le cui contromisure potrebbero portare ad una compressione dei ricavi
complessivi della nostra impresa.  anche questa, dunque, è una strada pericolosa.

+ operando sui costi, l’impresa potrebbe fronteggiare questa variabile con due modalità:
a. Abbassamento del costo unitario  ridurre remunerazioni di lavoro, prezzi pagati ai
fornitori, interessi corrisposti ai finanziatori;

b. Impiego di una minore quantità di risorse  riduzione della quantità impiegata incide sui
costi di lavoro, approvvigionamento, di finanziamento.

Mentre sul costo unitario  imprenditore trova delle naturali opposizioni nei gruppi sociali,
dei finanziatori e dei distributori.

Ex. Il costo del lavoro  non è così flessibile. Presenza di TESTE COSTANTI  per motivi
sociali, l’impresa trova difficoltà a ridurre organici. Essendo una risorsa rigida e costosa,
l’impresa preferisce prima incrementare le sue potenzialità produttive massimizzandole e solo
come ultima spiaggia incrementa la risorsa umana aziendale.
+ È intuibile che solo mediante INNOVAZIONE, l’imprenditore può aspirare a migliorare o almeno
a difendere la propria posizione reddituale. Infatti, i costi sono classificati in:
a. Costi organizzativi  contengono analisi, progettazione, controllo e adattamento alle
strutture tecniche
b. Costi di ricerca-sviluppo  rivolti a opportunità tecnologiche, di mercato e alla creazione
dell’immagine all’avviamento commerciale.

TO SUM UP:

15

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a. Lo squilibrio di costi e ricavi  dovuto ad una difficile e modificabile assenza di
innovazioni nella gestione
b. Innovazioni e nell’organizzazione richiedono il sostenimento di maggiori costi, che sono
tagliati in periodi di crisi aziendale.
c. Il profitto  visto come una quantità residuale. Influenzato dalle rigidità delle altre
grandezze economiche e dall’assenza di processi innovativi.

 La massimizzazione incontra due vincoli:


I. Sociali
II. Conoscenza
Nella massimizzazione NON VI SONO SCELTE OTTIMALI, MA PIUTTOSTO SCELTE
SODDISFACENTI.
Parlare dunque di massimo profitto, ha un senso se lo si guarda come MASSIMO PROFITTO
CONDIZIONATO.
f. Teoria del successo sociale
L’imprenditore tende a raggiungere obiettivi economici e obiettivi appartenenti alla sfera
sociale.

Le motivazioni che spingono un individuo a costituire e sviluppare un’impresa possono essere


inquadrate secondo la scala dei 5 bisogni di Maslow (bisogno di sopravvivenza, sicurezza,
socialità, stima autorealizzazione).

Le finalità dell’imprenditore, in ordine crescente di importanza, sono:

a. assicurare la sopravvivenza dell’impresa  mediante il perseguimento dell’equilibrio


economico tra costi e ricavi;
b. affermarsi nell’ambito della classe sociale di appartenenza;
c. assumere posizioni di superiorità/ preminenza nella comunità.

Il fine economico non deve essere il solo obiettivo ma il mezzo con il quale raggiungere potere e
posizione sociale;

Quindi l’imprenditore mette parte di sé nell’azienda in modo che diventi forte e meriti l’ammirazione
della concorrenza.

 Da questa ipotesi nasce la teoria delle 3P: Profitto – Potere di mercato - Prestigio. Questa
combinazione rappresenta il successo sociale ottenuto dall’imprenditore mediante il successo
della sua impresa.

La possibilità di scalata dell’imprenditore si costruisce combinando in modo opportuno valori


economici e valori etici.

+ nella teoria del successo sociale, IL PRESTIGIO risulta essere il più alto valore che
apparirebbe come il vero punto di arrivo dell’attività imprenditoriale

16

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
g. Teoria della mobilità
Spesso il manager vede il successo sociale ed economico come possibilità di accedere ad
aziende più grandi.
In sintesi, la soluzione di dilemmi morali, che attengono anche al campo dell’etica aziendale, si
rivela come fattore caratteristico di un’interpretazione della funzione imprenditoriale.

Si distingue tra:
a. imprenditore classico, visibile e strettamente integrato nell’impresa, a cui si può
applicare la teoria del successo sociale;
b. imprenditore meno visibile e meno integrato, perché amministratore di un’impresa di
piccole dimensioni, a cui si può applicare la teoria della massimizzazione del valore
economico dell’impresa nel tempo lungo;

c. imprenditore delegato o manager, il quale, se operante in piccole realtà, mira al


successo di impresa per l’affermazione sociale attraverso la teoria della mobilità, in
quanto attraverso la mobilità, dovrebbe consentire al manager l’accrescere
dell’affermazione sociale.

TO SUM UP  in tutti I casi le soddisfazioni morali sono correlate con le gratificazioni


economiche.
+ si è partiti dalla teoria della massimizzazione de profitto (fortemente criticata per i suoi limiti)
alla creazione di valore per poi arrivare alla teoria del successo sociale. L’imprenditore
professionale è più orientato alla teoria della mobilità.
+ conclusione in senso generale  una conduzione aziendale qualificata in senso etico
risponde alle esigenze di equilibrio economico dell’impresa e soddisfacimento morale
dell’imprenditore.
***
CAP. 5 – LA GESTIONE STRATEGICA DELL’IMPRESA

 Il concetto di gestione: aspetto soggettivo e oggettivo:


L’impresa  è un organismo complesso, destinato a funzionare con il concorso di:

a. Risorse umane
b. Mezzi tecnici
c. Tecnologie
d. Capitali

- Gestire un’impresa  significa GOVERNALA, AMMINISTRARE I VARI FATTORI DI


PRODUZIONE e garantire la SOPRAVVIVENZA e LO SVILUPPPO mediante la creazione
e il mantenimento di equilibri economici, patrimoniali e finanziari.

17

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- Obiettivi fondamentali per un’impresa che devono essere raggiunti sono 
EFFICIENZA dell’organizzazione e promozione dell’INNOVAZIONE.

- Presenza di decisioni strategiche  tali decisioni vengono assunte


dall’IMPRENDITORE, colui che ordina, combina e gestisce tutti i fattori interni all’azienda,
ne garantisce la sopravvivenza e allo stesso tempo CORRE IL RISCHIO.

Decisioni strategiche possono essere assunte:


a. In modo intuitivo
b. Secondo un processo razionalmente impostato

Come si formulare una decisione di problem solving razionalmente? :


I. Comprendere l’esistenza del problema da risolvere
II. Definire gli obiettivi da raggiungere e i vincoli (tempo, costo) della decisione
III. Ricercare soluzioni compatibili ai limiti (tempo, costo)
IV. Risolvere il problema con la decisione alternativa più efficace

Assunzione di una decisione problematica può avvenire:


I. Regime di certezza  quando si hanno noti i dati per decidere
II. Regime di rischio  sulla base di esperienze passate si valuta la rischiosità della
scelta
III. Regime di incertezza  non si hanno esperienze passate o dati su cui formulare
delle stime
IV. Regime di incertezza competitiva  interrelazione tra la scelta da assumere e le
decisioni della concorrenza.

- Decisioni fondamentali per la gestione d’impresa  prese in un periodo di incertezza.


Le decisioni di carattere strategico sottostanno (quasi sempre) ad un regime di incertezza

 il processo decisorio:
ogni impresa  è un complesso di decisioni gerarchicamente organizzate in funzione di
proiezioni temporali, dell’impegno di risorse e del grado di rischio.

Queste decisioni/ scelte possono essere definite come:


I. strategiche  obiettivi imprenditoriali di tempo lungo
II. tattiche  modalità d’impiego delle risorse
III. operative  svolgimento delle attività // necessarie per dare corso all’attività
produttiva.

 il concetto di strategia  il concetto di strategia si caratterizza in sostanza per la proiezione


nel lungo periodo, per la priorità degli obiettivi da raggiungere e l’impiego delle risorse da
attivare. L’imprenditore è colui che definisce una gerarchia di strategie secondo un approccio
sistematico.
La strategia  destinata in sostanza a regolare i rapporti tra imprese e microambiente di
riferimento. Scegliere una strategia, significa stabilire come affrontare le problematiche di
mercato, su quali risorse potere contare, quali investimenti programmare, quali corsi di azione
promuovere.
Non accade in tutti i casi, MA una strategia è il frutto di un processo elaborato con la
partecipazione di organi aziendali e tradotto in un disegno formalizzato e condiviso
all’interno della struttura.

18

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Una strategia consegue: traguardi di lunga durata e non breve in funzione dell’evoluzione
dell’impresa e ambiente in cui essa opera.
Una decisione di breve durata è insufficiente a definire correttamente ed efficacemente
le risposte decisionali agli stimoli di volta provenienti dal mercato, e più in generale,
dall’ambiente. (PUNTO CARDINE).

Tre elementi caratterizzanti della strategia:


I. formulazione a livello alto-direzionale
II. proiezione a lunga scadenza
III. priorità dei traguardi da raggiungere

 strategie intenzionali e spontanee  sono le due tipologie di strategie.


a. Strategia spontanea  strategia adottata principalmente da piccole realtà, in quanto la
gestione appare svolgersi con RIPETITIVITA’, più che INNOVARSI.
Una decisione spontanea rischia di far trovare l’impresa senza mercato e dunque far
crescere il grado di rischio d’impresa.

 Il continuo mutare dell’ambiente in cui giace l’impresa, fa nascere nuove opportunità MA


aumenta i problemi che se non interpretati con prontezza, danno luogo a delle vere e proprie
minacce per l’impresa in questione.
Il continuo dinamismo ambientale, fa nascere 3 differenti atteggiamenti imprenditoriali /
orientamento strategico:

a. Atteggiamento passivo / attesa  imprenditore poco dinamico. Tale comportamento


consiste nel verificarsi il presentarsi di un evento SENZA anticipare né PROPORRE
INNOVAZIONI, ma si adatta semplicemente alle circostanze.
b. Atteggiamento anticipatorio  risponde in maniera anticipata. Si tratta di uno sforzo
costante di previsione dei mutamenti ambientali, allo scopo di poter realizzare in maniera
preventiva e tempestiva le necessarie modifiche nei comportamenti di gestione.
c. Atteggiamento proattivo  volto ad influenzare gli eventi esterni secondo prospettive
temporali di lunga durata. Comportamento volto nella promozione di azioni tendenti ad
influenzare l’ambiente (macro e micro) nella direzione più favorevole alle prospettive di
sviluppo aziendale.

 la tipologia delle scelte di gestione:


Le strategie aziendali, si differenziano secondo una scala gerarchica riportata in foto:

19

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a. strategie complessive o corporate (scelte dei settori e dei paesi in cui operare) 
sviluppo / mantenimento delle posizioni già acquistate e comportamenti da assumere nei
confronti della concorrenza.
b. strategie competitive (scelta degli obiettivi e delle politiche per competere)  definizioni
obiettivi e politiche per fronteggiare la concorrenza e acquisire la clientela.
c. strategie funzionali (scelte delle modalità operative)  strumentali rispetto alle strategie
competitive. Questa tipologia di strategie viene chiamata anche OPERATIVA riguardo a
modalità di attuazione delle funzioni di gestione
***
CAP 6 – LE STRATEGIE COMPETITIVE E I MODELLI DI ANALISI DI MERCATO
 ricerca del vantaggio competitivo  IL VANTAGGIO COMPETITIVO è alla base delle scelte
imprenditoriali. Deriva dalla qualità delle risorse che l’azienda possiede o ritiene di poter
acquisire. Risorse che se acquistate in un particolare contesto, consentono all’impresa stessa
di differenziarsi rispetto alla concorrenza e di ottenere vantaggio.

 Pur avendo un rapporto gerarchico, LE STRATEGIE COMPETITIVE influenzeranno sempre


quelle complessive.

6.2 I paradigmi teorici per le definizioni della strategia competitiva:


entrare in un mercato  decisione cosciente delle caratteristiche del mercato e alla previsione di
ENTRAVICI e RIMANERCI.
Elementi ENDOGENI ed ESOGENI  sono importanti e tra i problemi principali della GESTIONE
sono I VINCOLI ESTERNI.
I paradigmi: (utile per dimostrare l’importanza dell’analisi di mercato e come l’imprenditore potrà
valutare la qualità e l’idoneità delle risorse da impegnare nel confronto con la concorrenza).
I. SCP  paradigma strutturalistica (struttura-condotta-performance)
Paradigma CLASSICO spesso criticato, considera più i fattori esogeni di quelli
endogeni. Teoria criticata da coloro che pensano che siano le imprese ad influire sulla
struttura di mercato.
II. CSP  paradigma comportamentista (condotta-struttura-performance)  è
l’impresa, che con le sue condotte aziendali, influenza la struttura del mercato
generando degli output, utili per modificare il settore in cui opera ottenendo un suo
vantaggio competitivo.
+ teoria comportamentista sostiene che ha grande importanza il PROFITTO
CONDIZIONATO
In questa teoria, il ruolo dell’impresa si trasforma da PASSIVO in ATTIVO.
 CONDOTTE AZIENDALI  creano rapporti di dominanza e influenzano l’ambiente esterno
III. RCP  paradigma fondato sulle risorse (risorse-condotte-performance) 
paradigma fondato sulle risorse. Pone in relazione la performance con la condotta e
con le risorse proprie dell’azienda ipotizza una ridotta influenze dei vincoli esterni e un
maggiore peso dei fattori endogeni nella formulazione delle scelte competitive.
RCP ≠ SCP
IV. KCP  paradigma fondato sulla conoscenza (conoscenza, capacità-performance).
Le conoscenze che si accumulano nell’impresa producono le capacità innovative e
queste determinano i risultati.

20

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Tale teoria prende spunto dalla: teoria di Nonaka sull’impresa  impresa crea e
utilizza conoscenze e dalla considerazione che le capacità sono in grado di ispirare
condotte atte a generare il successo competitivo.

 Analisi di settore secondo lo schema della concorrenza allargata di Porter:

 Chiamato modello della concorrenza allargata o delle cinque forze dovuto da PORTER.
 Tale modello si collega al paradigma S-C-P (si attribuisce maggiore peso alla struttura rispetto
alle risorse.
 Secondo Porter, la scelta di un mercato è guidata, non solo dalla relativa attrattività
(tendenze espansive della domanda), ma anche dalla posizione competitiva che l’azienda
potrà assumere. Da ciò deriva che per inserirsi in un mercato, si richiede l’analisi preventiva
delle cinque forze che interagiscono e determinano in generale condizioni di minore o
maggiore attrattività.

+ Le 5 forze sono:
a. Rivalità tra i concorrenti presenti  concorrenza reale
b. L’entrata di nuovi concorrenti  concorrenza potenziale diretta
c. La minaccia di prodotti sostitutivi  concorrenza potenziale indiretta
d. Il potere contrattuale dei clienti
e. Il potere contrattuale dei fornitori

Nb  sia la concorrenza reale, sia la concorrenza indiretta sono considerate nella


determinazione del prezzo
ace
Le 5 forze: secondo Porter determinano la redditività di settore, la maggiore o minore attrattività
per le imprese che già operano all’interno e per quelle che vorrebbero entrarvi.
Concetto di fondo: in qualsiasi mercato, i costi e i margini sono funzione non solo della
clientela e dei fornitori, MA anche della pressione concorrenziale generata non solo dalle
imprese che già operano all’interno della struttura (mercato), ma anche per quelle che
vorrebbero entrarvici in quanto potrebbero trovare convenienza.

+ le politiche dell’offerta saranno condizionate  da concorrenza reale, ma anche quella


potenziale sia diretta che indiretta (prodotti sostitutivi).
 Le barriere alla concorrenza: in rapporto alle quali un mercato può apparire contenibile o non
contenibile.
21

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I. Barriere all’entrata  un costo che deve essere supportato da un’impresa che
vorrebbe entrare in un certo settore industriale, ma che non è sopportato dalle imprese
già operanti all’interno di tale settore.
- Le barriere all’entrata non sono solo un dato oggettivo (che contraddistingue il
funzionamento di un dato mercato), ma anche soggettivo (alla dotazione di risorse
dell’impresa).

II. Barriere in uscita  vincolano le imprese a permanere nel mercato. Barriere


dipendenti da vincoli sociali o economici, rendono rigide le situazioni di mercato,
penalizzando tutte le imprese presenti. Quindi barriere di uscita di questo tipo possono
tramutarsi anche in barriere d’entrata in quanto risulterà poi difficile uscire dal mercato
in cui hanno avuto accesso.

Le barriere si differenziano in:


a. Esterne  quando impediscono l’ingresso di nuovi competitori
b. Interne  quando tutelano la posizione di ciascun produttore nei confronti delle azioni
espansive degli altri produttori già presenti nel mercato.

Come valutare il superamento di eventuali barriere:


a. Economie ottenibili nelle funzioni di gestione: cioè vantaggi di costo di chi è già
presente nel particolare mercato e si distinguono in:

I. Economie di scala (fenomeno di abbassamento dei costi unitari) che si dividono in:
1. Reali d’impianto  riduzione costo di trasformazione
2. Pecuniarie di impresa  riduzione costi di transazione
Il concetto di economia di scala va tuttavia evolvendo verso economie di interrelazione o di
scopo (risparmi ottenibili dalle sinergie ovvero dallo svolgimento congiunto di più attività
produttive)
II. Economie di espansione  riduzione incidenza di costi di sviluppo
III. Economie di apprendimento  maggiore efficienza operativa
IV. Economie di scopo e di ampiezza  ottimizzazione costi di produzione congiunti
V. Economie relazionali o di rete  vantaggi contrattuali con gli stakeholder. È sempre
più caratteristica della realtà organizzativa moderna.
Elemento importante che porta vantaggio competitivo in quanto consente di instaurare
rapporti di fiducia con clienti, fornitori che contribuiscono a migliorare le posizioni di
mercato e il conto economico aziendale. In certi mercati, infatti, la barriera d’entrata è
proprio data dalle sinergie derivanti dalle alleanze strategiche tra imprese già
presenti nel settore.
VI. Economie di replicazione  vantaggi nello sviluppo dimensionale
VII. Economie di agglomerazione  economie esterne e di contesto (distretti).

b. Alla disponibilità di brevetti o Know-How: il possesso di brevetti o di know-how


incentrato nelle mani di poche persone, impedisce l’accesso di nuovi players in un dato
mercato.
c. Scarsa disponibilità  il fatto che una volta queste risorse (materie prime, o manodopera
specializzata sono state acquistate dalle imprese già presenti nel mercato, poi non resta
alcuna disponibilità per coloro che aspirerebbero ad entrarvi.
22

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
d. Differenziazione dei prodotti  barriera più interna che esterna. Una forte
differenziazione dei prodotti potrebbe generare una grande barriera d’entrata al
mercato.

 Schema tridimensionale di Derek Abell:

Il modello tridimensionale di Abell, definisce l’Area Strategica di Affari, cioè il business (la
porzione di mercato in cui l’azienda intende operare).
Questo può avvenire sulla base di tre elementi principali:

a. i gruppi di consumatori cui rivolgersi,


b. le funzioni d’uso da soddisfare
c. le modalità (tecnologie) secondo cui tali funzioni sono assolte.

Abell osserva che uno stesso prodotto può rispondere a differenti


funzioni d’uso e che queste ultime possono essere soddisfatte
mediante tecnologie differenti.
Con lo schema di Abell, l’impresa può, a seconda dei casi, servire più gruppi di clienti e
soddisfare differenti funzioni d’uso del prodotto venduto con l’applicazione di diverse tecnologie
produttive.
 Superamento tradizionale definizione di BUSINESS e una modificazione in senso STRETTO e
una in senso AMPIO:
Dunque, viene superata la tradizionale definizione del BUSINESS che per un verso ha un
carattere più ristretto: solo i gruppi di clienti, le funzioni d’uso e le tecnologie che interessano
all’azienda, dall’altra si ha una connotazione più ampia, ossia che le tre dimensioni indicate
(gruppi consumatori, tecnologie e funzioni d’uso) possono fare riferimento a più di un settore
merceologico

 le fonti del vantaggio competitivo: la catena del valore di Porter

Porter, oltre ad offrire il modello della CONCORRENZA ALLARGATA, offre anche la teoria
sulla creazione di valore.
Catena del valore di Porter. Secondo Porter, la formulazione della strategia competitiva può
fondarsi sulla catena del valore. Lo studioso sostiene che l’impresa crea un valore per il cliente,
UN VALORE che è misurato dal prezzo che questi paga o sarebbe disposto a pagare per
ottenere il prodotto.

+ come si articola il VALORE? Il valore si articola in 2 parti:

a. costi supportati per le prestazioni delle attività

23

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
b. il margine che rimane all’azienda  Il margine è il valore che residua all’azienda dopo
aver coperto i costi, ovvero il maggior valore dato dalla differenza tra prezzo e costi.
- Il concetto di catena del valore aiuta a comprendere quali sono le fonti del vantaggio
competitivo, arrivando ad una distinzione delle funzioni di gestione in due gruppi:

- attività primarie  rappresentate dalle funzioni di produzione e vendita.


+ attività primarie  svolte all’interno dell’impresa;
+ in definitiva riguardano il ciclo di produzione-vendita
+ queste attività vengono divise dal Porter in:
I. logistica interna  gestione dei materiali nel magazzino
II. attività di trasformazione
III. logistica prodotti con l’esterno
IV. marketing e vendite e servizi
V. assistenza post-vendita
- attività di supporto, (classificate con criteri di maggiore elasticità) forniscono le basi per la
concreta realizzazione delle attività primarie, dall’approvvigionamento, dallo sviluppo delle
tecnologie, dalla gestione delle risorse umane e dalle attività infrastrutturali dell’impresa.

+ IL CONCETTO TEORICO DI CATENA DEL VALORE  concorre a chiarire che l’impresa


per acquisire un vantaggio competitivo deve essere capace di attuare in modo EFFICIENTE
una serie di attività sulle quali dovrà basare la sua strategia. Le fonti del vantaggio possono
essere rinvenute nella progettazione (differenziazione) del progetto, nell’efficienza del sistema
di produzione (minori costi unitari), nell’economicità delle funzioni di approvvigionamento e
nell’efficienza di marketing.
+ va aggiunto che la forza della strategia competitiva  discende sia dall’eccellenza
in certe funzioni, SIA dai legami che l’impresa stabilisce con i vari soggetti interni ed
esterni.

 formulazione della strategia competitiva


La formulazione della strategia competitiva. Secondo Porter l’impresa può conseguire un
vantaggio competitivo se è in grado di:

I. realizzare con maggiore EFFICIENZA le attività descritte nella catena del valore 
poggia sul modello di ORGANIZZAZIONE e INNOVAZIONE.
II. Differenziazione. Dagli anni 30’ è alla base delle teorie di mercato. Con la differenziazione
è caduto il modello della concorrenza perfetta (legata all’omogeneità).
Come dice la teoria economica  solo quando tutti i prodotti appaiono uguali agli occhi
dei compratori, l’elemento dominante di scelta è il prezzo.
+ omogeneità deve essere considerata L’ECCEZIONE, NO la regola.

24

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ differenziazione  sotto il profilo estetico, tecnico e psicologico  creazione di
un’immagine della marca) è legata al processo di segmentazione del mercato, che occorre
brevemente richiamare.
+ presenza di prodotti differenziati  presenza di frazionamento del mercato in tanti
sub-mercati, separati l’uno dall’altro sotto certi limiti. Un sub-mercato è relativamente
indipendente nelle sue regole di funzionamento.
+ all’ aumentare del grado di isolamento e di indipendenza, aumenta la
differenziazione del prodotto.

 Il sub-mercato  caratterizzato dall’esistenza di una domanda che, attratta da alcuni


elementi distintivi del prodotto, si rivolgerà solo ad alcune aziende, le quali godranno di un
vantaggio rispetto alle altre.

+ L’obiettivo è quello che le imprese dovranno disporre di un proprio sub-mercato nel


quale muoversi in posizione quasi monopolistica.

+ posizione monopolistica sarà relativa per due ragioni:

a. Vantaggi connessi con la differenziazione del prodotto potranno essere controbilanciati da


altri strumenti concorrenziali quali: prezzo, condizioni di pagamento, ecc.…
b. Requisiti di qualità e prestazione di prodotto se buoni potranno essere annullati mediante la
loro imitazione da parte dei concorrenti.

 tipologia delle strategie competitive:

a. puntando alla leadership di costo  sfruttare il minor costo globale di produzione


come VANTAGGIO;
Per avere la leader di costo, il prodotto offerto deve raggiungere la parità o la prossimità
nella base di differenziazione rispetto ai concorrenti. Se il prodotto non è percepito come
simile rispetto a quanto offerto dalla concorrenza, la leader di costo NON otterrà
vantaggio competitivo.
- Contenuti: offerta essenziale di prodotti e servizi con il minimo costo
- Finalità: concorrenza basata sul prezzo

b. Puntando alla differenziazione del prodotto  attribuire ad un prodotto delle


caratteristiche / qualità da renderlo differente. diventando preferibile rispetto a quanto
offerto dalla concorrenza.
- Contenuti: offerta di prodotti differenziati e innovativi
- Finalità: concorrenza basata sul prodotto e la marca

c. Focalizzazione / specializzazione di mercato  segmentare il mercato cercando quello


più appetibile.
- Contenuti: offerta confezionata per nicchie
- Finalità: concorrenza basata sulla focalizzazione di mercato

d. Leadership di Servizi  presente negli ultimi anni soprattutto nelle tecniche di marketing
- Contenuti: offerta qualificata in termini di servizi al cliente
- Finalità: concorrenza basata sulla completezza dell’offerta

NB: più qualità e più servizi  attraggono non solo la clientela del lusso, ma anche quelli
interessati ed attenti alla proposizione aziendale di un valore allargato.

 Raggruppamento strategico  insieme di imprese che perseguono strategie simili e che


quindi sono in più diretta concorrenza. Comporta la possibilità delle aziende di acquisire un
ruolo attivo sulla struttura del mercato.
25

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)

 Concetto di vantaggio competitivo  viene rapportato così ai MECCANISMI DI
ISOLAMENTO, ovvero alle opportunità di creare delle barriere nei confronti della
concorrenza, in modo da acquisire una RENDITA IMPRENDITORIALE di tipo monopolistico.

 La resource based theory: definite come tutte le attività, capacità, competenze, processi
organizzativi, caratteristiche aziendali, informazioni, conoscenze controllate dall’azienda che le
consentono di formulare strategie migliorando EFFICACIA ed EFFICIENZA dell’impresa.
+ in base al patrimonio di risorse dell’impresa  può tentare di conquistare un VANTAGGIO
COMPETITIVO durevole e vincente nel mercato o nei mercati in cui essa giace.

+ un vantaggio competitivo è vincente, se più si mette in campo delle COMPETENZE


DISTINTIVE (competenze di cui le altre imprese non sono in possesso).
+ modello VRIO  modello rielaborato da Jay Barney nel quale le risorse sono distinte in:

a. Valore  contributo vincente in grado di conferire all’azione competitiva


b. Unicità o rarità  situazione di scarsa reperibilità e disponibilità
c. Inimitabilità  difficoltà di sostituzione
d. Organicità  al persistere del loro valore nell’ambito dell’organizzazione

+ più le risorse possedute dall’impresa sono di maggiore impatto sul valore, MENO diffuse,
DIFFICILMENTE imitabili e POCO sfruttabili da parte di altre organizzazioni, più consistente e
permanente diviene il vantaggio competitivo.

+ alla base di un vantaggio competitivo  poggiano fondamentalmente sull’innovazione che è


portato dal capitale umano.
Ogni impresa dispone di un proprio capitale umano, strutturale, sociale e finanziario che
determina e condizionala sua competitività. Il principale obiettivo della GOVERNANCE è quello di
gestire in modo completo e coordinato queste varie forme di capitale aziendale.

+ modello Swot Analysis  matrice che prende in considerazione (del peso dei fattori
competitivi, analizzandoli in):

a. Punti di forza e debolezza interni all’azienda


b. Opportunità e minacce esterne all’azienda, cui l’azienda in sé non può controllare.

+ formulazione delle strategie competitiva è sempre funzione della combinazione, delle


caratteristiche strutturali del:

I. Mercato (cinque forze)


II. Delle risorse possedute dall’impresa (modello della catena di valore e VRIO analysis)
III. Previsione del mercato (SWOT ANALYSIS).

 NB  VRIO e SWOT  processi necessari da compiere nell’iter decisionale

 Strategie competitive ed equilibrio tra domanda e offerte: il mercato del venditore e il


mercato del compratore:

Analizzare un mercato è strettamente necessario valutare CONGIUNTAMENTE la domanda e


l’offerta, non separatamente.
+ relazioni esistenti tra compratori e venditori  il potere di ciascuno dei contraenti è legato al
controllo esercitato su quote consistenti della domanda o dell’offerta.

Ex. Un grosso acquirente è in grado di stabilire determinate condizioni di mercato, mentre


compratori di minore importanza, devono adeguarsi alle condizioni fissate dai primi.
26

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ il grado di controllo di mercato  legato non solo al peso esercitato, MA anche alla
situazione di squilibrio che può crearsi tra domanda e offerta. Difficilmente domanda e offerta
avranno uno stesso equilibrio, ma si avrà:

I. Eccedenza di domanda  situazione di concorrenza fra gli acquirenti che dovranno


competere l’un contro l’altro per entrare in possesso della limitata quantità di
beni disponibili.

II. Eccedenza di offerta  i produttori dovranno competere fra di loro per acquisire la
domanda disponibile. Gli arbitri del mercato saranno i compratori che avendo un
eccesso di domanda sceglieranno il prodotto migliore garantendo successo o
insuccesso alle aziende

- Mercato del compratore  necessità di competere efficacemente sotto il profilo delle


politiche di vendita. Indispensabile l’attuazione di politiche di marketing.
-
***
CAP. 7 – LE STRATEGIE DI SVILUPPO DIMENSIONALE

 Le opzioni strategiche:

sviluppo dimensionale  perseguibile in vari modi, di fronte a un’effettiva pluralità delle


possibilità di crescita, si pone vincolo del razionamento delle risorse, delle alternative di
investimento da privilegiare.

+ la gestione si svolge secondo un continuo sistema di arbitraggi.


+ Gli arbitraggi sono necessari a causa sia dell’ammontare limitato di risorse disponibili sia
dell’incompatibilità tra progetti.
+ arbitraggio di fondo  si esercita in funzione dell’orizzonte temporale (quello di lungo
tempo preferibile per INVESTIMENTI e quello breve preferibile per la liquidità.)

+ capacità distintive requisito strategico, è un requisito proprio di un’impresa utile per il


successo.

Obiettivo della strategia complessiva  sviluppo dimensionale, in quanto la crescita,


anche con il reinvestimento.

 Teoria semplificata delle strategie complessive:

La strategia complessiva o corporate dipende dunque dagli obiettivi che l’impresa si pone in
funzione della situazione in cui si trova e dalle opzioni strategiche effettivamente disponibili.

a. Impresa in buona salute  punta alla crescita, anche se i mercati sono in crisi, perché
avendo risorse necessarie, è in grado di entrarvici e anche acquisirne vantaggio rispetto
alle altre che possono trovarsi in crisi.
b. Impresa in cattiva salute  è un’impresa in crisi che dovrà preoccuparsi soprattutto di
sopravvivere e dovrà scegliere alternative riduttive.

 Si hanno 3 percorsi differenti di strategie complessive:

I. Percorso di sviluppo dimensionale  appare come processo fisiologico degli


organismi più sani, in quanto consente di adeguare il volume dell’attività
aziendale alle potenzialità della struttura, all’evoluzione dell’ambiente esterno,

27

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
con il fine di migliorare nel tempo, l’equilibrio nei confronti del mercato o dei mercati
serviti.
II. Percorso di risanamento  tipico di organismi caratterizzati da squilibri strutturali
su cui interviene con rapidità ed efficacia.

Nb  la riconversione produttiva è un metodo di risanamento quando vi è perdita del mercato.

III. Percorso di rafforzamento o di assestamento  maggiore prudenza nella


gestione delle risorse e alla difesa, in periodi non favorevoli, delle posizioni già
occupate.

 Il processo di sviluppo dimensionale

precisazione concettuale:
- Sviluppo  s’intende lo sviluppo dimensionale. Fatto prevalentemente quantitativo o di
variazione del volume corrente di attività. Accezione filosofica  movimento verso il
meglio – come un processo soprattutto qualitativo di evoluzione dei rapporti tra impresa e
l’ambiente a cui di solito MA NON AUTOMATICAMENTE, si accompagna un ampliamento
della struttura organizzativa.

- Crescita  aumento significativo della dimensione operativa, genera una serie di


problemi di ordine gestionale e organizzativo.
La crescita dovrebbe contribuire ad ampliare il divario tra ricavi e costi operando su tutti e
due i termini del rapporto.
+ crescita dell’impresa  vista come MEZZO per il successo sociale dell’imprenditore
(colui che la governa aumenterà di prestigio e l’impresa avrà maggiore notorietà)

 La CRESCITA dovrebbe comportare lo sviluppo, mentre non è sempre vero il contrario.


Si può sostenere che il processo di sviluppo dimensionale è un fenomeno
GENERALIZZABILE anche se non generale.

- Curva di apprendimento  più aumenta il volume di vendita, più migliora il livello di


efficienza della produzione, e quindi più tendono a decrescere i costi unitari di prodotto.
+ il vantaggio della curva di apprendimento, si sommerà al vantaggio delle economie di
scala.

 Sviluppo dimensionale obiettivi  gli obiettivi di fondo dello sviluppo dimensionale possono
essere pertanto individuati nell’ottimizzazione dell’uso delle risorse aziendali e
nell’acquisizione di un peso contrattuale crescente nei confronti dei:

a. consumatori,
b. dei concorrenti,
c. dei fornitori,
d. dei distributori
e. di altri stakeholder.

+ la condizione dello sviluppo dimensionale  il processo di crescita deve essere correttamente


svolto, perché non è detto che un’impresa ci riesca, basti guardare i casi di insuccesso e fallimenti
aziendali.

 Fattori e limiti connessi alla crescita:

+ l’impresa tende alla crescita

28

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ processo di espansione dell’azienda è sempre graduale, e si ambisce ad un aumento
ottimale
+ stato ottimale  impianti ≠ impresa. Impianto ha limiti di natura tecnica e organizzativa,
L’impresa ha vincoli e opportunità che assumono un carattere più elastico.

+ vantaggi  riferimento soprattutto al miglioramento tra costi e ricavi di gestione


+ svantaggi  derivano eventuali:

I. diseconomie di scala (aumento dei costi unitari al crescere del volume di


produzione)
II. dalla maggiore rigidità,
III. incapacità di mantenere il necessario grado di controllo sulla getsione
IV. dalla maggiore visibilità di mercato (azioni competitive più aggressive genereranno
controreazione pericolose della concorrenza).

+ decisione di aumentare la dimensione dell’impresa  sta a condizioni limitate interne


ed esterne può scaturire da situazioni endogene o esogene.

a. Cause interne  provengono principalmente dall’interno della struttura, dalla possibilità di


utilizzare meglio il fascio di risorse esistenti.
b. Cause esterne  stimoli principali verso lo sviluppo sarebbero rappresentati dal
presentarsi di nuove occasioni di affari.

 I percorsi di sviluppo dimensionale  le strategie di espansione si differenziano


soprattutto rispetto al rapporto prodotto /mercato, cioè alla permanenza, al superamento o
all’allargamento delle relazioni fra i prodotti fabbricati e i mercati serviti.
Le alternative di fondo sono rappresentate:
a. Concentrazione  estensione nei business già esistenti, sfrutta al meglio il bagaglio di
competenze ed esperienze già possedute.
b. Diversificazione  sguardo verso nuovi business, mira a valorizzare positivamente le
interrelazioni tra vecchie e nuove aree di affari oppure si propone di ridurre il rischio globale
di gestione.
c. Diversificazione internazionale  espansione volta ad allargare geograficamente le
aree di mercato, introducendosi in nuove zone di vendita.

 Classificazione delle strategie di sviluppo dimensionale:


a. Mono-settoriale  attuabile mediante:
I. Scopo  rafforzare la posizione dell’impresa
II. Concentrazione nello stesso mercato, o in stadi diversi MA strettamente
adiacenti al core
III. Crescita perseguibile nello stesso campo e stesso settore
Due casi di sviluppo MONOSETTORIALE
a. Sviluppo o integrazione orizzontale (estensione del mercato stesso)
b. Integrazione verticale divisibile in ascendente o discendete / a monte o a valle

b. Polisettoriale  attuabile mediante:


I. Diversificazione laterale (correlata)
II. Diversificazione conglomerale (non correlata)

c. Internazionale  attuabile mediante:


I. Sviluppo internazionale del mercato
II. Sviluppo multinazionale della gestione

29

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 Processo mono-settoriale: processo che può avere luogo nello stesso stadio (orizzontale) o
in stadi diversi, ma adiacenti (verticale)

a. Integrazione orizzontale:
+ attuazione  può essere attuata mediante un’espansione interna all’organizzazione,
oppure con un processo esterno di acquisizione di imprese similari.

+ obiettivo: scopo di far crescere rapidamente la quota di mercato detenuta dall’impresa e


avere già in possesso un patrimonio di relazioni/ conoscenze utili a contribuire sull’efficacia
ed efficienza rispetto ai settori/mercato in cui si è già presenti oppure risponda all’intento di
eliminare una concorrenza;

+ tempi: relativamente contenuti;


+ Modalità di attuazione: interne o esterne  fusioni e acquisizioni
+ vantaggi economie di costo:
I. Economie di dimensione di scala  collegate ai risparmi di costi
II. Economie di espansione
+ fattori chiave della strategia di sviluppo orizzontale  sono la capacità di marketing
(forniscono una politica di spinta).
+ rischio  per quanto riguarda il rischio di gestione, la sua natura non viene modificata in
quanto l’impresa continua a permanere nello stesso settore/ mercato con tecnologie simili,
ma acquisirà maggiore peso sul mercato e un atteggiamento monopolistico.

b. Integrazione verticale:
avviene quando  un’impresa assume il controllo di uno stadio di produzione o di
distribuzione immediatamente collegato a quello di cui già opera

+ integrazione verticale  parte da business già esistenti


.
+ obiettivo teorico  l’integrazione verticale mirerebbe all’aumento del profitto mediante
una riduzione dei costi di approvvigionamento se (ascendente) o ad un incremento dei
margini di contribuzione (se discendente).

Nb  integrazione verticale, a monte o a valle, mirerebbe all’aumento dello stesso


business.

+ la verticalizzazione mirerebbe anche ad una maggiore forza contrattuale, aiutando ad


innalzare le barriere di entrata di un mercato, in quanto le imprese che dovranno entrare
in questo mercato devono competere con imprese integrate in più stadi produttivi. Dunque,
aiuterebbero ad innalzare BARRIERE DI ENTRATA E DI USCITA DAL MERCATO.

+ espansione: riguarda uno stadio diverso, ma adiacente al preesistente campo di attività.


Si traduce come uno SPOSTAMENTO a monte o a valle del mercato di acquisto o di
vendita di certi prodotti.
+ oggetto dell’espansione: mercati legati da rapporti di fornitura o di collocamento,
inquanto l’aspetto qualificante di questa strategia è l’integrazione nell’ambito della stessa
organizzazione economica, di attività non simili, ma strettamente adiacenti
+ integrazione verticale  strategia adottata da aziende nel passato, ora le aziende
prediligono di più delle strategie più flessibili.
+ questa strategia, come altre non è una strategia SEMPRE VALIDA, perché il
SUCCESSO o INSUCCESSO dipendono dall’evoluzione della situazione esistente e dalle
capacità di chi le attua (imprenditore / manager)

+ integrazione: avviene secondo due modalità:

30

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I. A monte  integrazione ascendente  azienda inserisce nel suo ciclo, produzioni di
base o intermedie rispetto al processo terminale.
Scopo: assicurarsi la continuità di approvvigionamento di risorse necessarie per il
processo produttivo di base.

Nb  l’integrazione a monte NON prevede l’espansione di nuovi business

II. A valle  integrazione discendente  l’azienda cambia il suo mercato di sbocco. Tale
strategia viene definita anche come una forma di diversificazione piuttosto che una
strategia mono-settoriale.
Scopo: avvantaggiarsi si un maggiore controllo del mercato finale per ridurre i rischi di
vendita. Entrare in un mercato più vicino a quello di acquisto finale, al fine di poter
osservare e prevedere meglio la domanda

+ teoria costi di transazione  teoria avanzata nel 1932 da Ronald Coase e Williamson. I
costi di transazione ricomprendono oltre al costo di acquisto del bene o servizio- tutti gli oneri da
sopportare per ricercare le informazioni, reperire il fornitore, procedere alla contrattazione e
controllare l’attuazione.

 Con la teoria dei costi di transazione, l’imprenditore o manager giungono alla definizione di
CONFINE EFFICIENTE dell’organizzazione. Con la presente teoria, si vuole definire
l’insieme dei compiti(attività) da svolgere all’interno dell’impresa per assicurarsi il massimo
livello di efficienza operativa. Servirà per decidere quali operazioni fare svolgere all’interno
della struttura e quali transazioni stipulare rivolgendosi al mercato.
Criterio discriminante dei costi di transazione  ECONOMICITA’, fare realizzare
dall’organizzazione tutte le attività che costerebbero maggiormente se svolte all’esterno
dell’azienda  a causa del RISCHIO nella finalizzazione dello scambio.
+ ricorrere all’esterno, è meno convenienti se le transazioni diventano sempre più complesse.

 Altri tipi di integrazione:


I. Diagonale  introduzione nell’organizzazione di produzioni ausiliare
II. Laterale  inserimento nella gamma di prodotti aziendali, di beni correlati sotto il
profilo di tecnologie adoperate o del mercato di sbocco. A seconda delle correlazioni tra
produzioni nuove e vecchie si avrà una forma di integrazione orizzontale o
diversificazione del prodotto.

 Strategia di diversificazione produttiva

+ la diversificazione ambisce a nuovi orizzonti e mercati.


+ si contrappone alla strategia mono-settoriale
+ ragione: si punta alla diversificazione quando si ha l’impossibilità di espandersi in uno stesso
mercato poiché saturo e si guarda quindi a nuovi mercati. Utili a diversificare il rischio globale di
gestione e a ridurlo.
+ la diversificazione può essere:
I. Diversificazione laterale  Nuovo prodotto ma con delle affinità con uno vecchio (in
termini tecnologici e marketing).
+ Facile che l’espansione si realizzi all’interno dell’organizzazione aziendale, attraverso
la creazione ex-novo di impianti, unità amministrative e di ricerca sviluppo.
II. Diversificazione conglomerale  Non esserci nessuna correlazione tra nuovo e
vecchio (inesistenza di qualsiasi legame).
+ concetto di conglomerazione  riguarda non tanto all’esistenza di legami fra le
produzioni attuate, ma all’assenza di una produzione dominante.

+ come possono essere le relazioni tra prodotti aziendali?

31

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a. Prodotti affini da un punto di vista tecnologico e marketing
b. Prodotti affini solo da un punto di vista del marketing
c. Prodotti affini solo tecnologicamente
d. Inesistenza di affinità sia nel marketing che nella tecnologia

 Espansione internazionale  consiste nell’ampliamento di mercati di sbocco e per trasferire


l’azienda in contesti più favorevoli all’attività produttiva.
Tale strategia si realizza con le seguenti tappe:
a. Esportazione  vendita sistematica di prodotti all’estero
b. Produzione indiretta  concessione di licenze di fabbricazione a produttori esteri per la
cessione di brevetti e know-how
c. Vendita diretta  creazioni di reti di vendita all’estero. Investimenti internazionali diretti
richiedono cospicue risorse finanziarie.
d. Produzione e vendita diretta  allestimento di impianti di produzione all’estero
(avviamento in altri Paesi di impianti di montaggio e di stabilimenti di produzione a ciclo
completo
e. Gestione integrata  fondazione di una società all’estero
f. Organizzazione multinazionale  coordinamento della gestione sul piano multinazionale

+ espansione internazionale  giunge ad uno sviluppo multinazionale. Si tratta non solo di


un’organizzazione che dispone di impianti di produzione e di reti di distribuzione in Paesi esteri, ma
di UNA SOCIETA’ CHE PERSEGUE UNA GESTIONE INTEGRATA DELLE ATTIVITA’
DOMESTICHE ED ESTERE.

+ espansione internazionale  strategia complessa, ed è il frutto di una buona capacità


imprenditoriale e manageriale.
Espansione internazionale richiede cospicue risorse finanziarie

 Modalità di realizzazione delle strategie di sviluppo: il ruolo degli accordi strategici tra
imprese:

ogni impresa si distingue per un diverso obiettivo e strategie da raggiungere, ma non è


detto che una strategia escluda l’altra, tali strategie di sviluppo possono essere viste come
delle serie di tappe che un’impresa punta a raggiungere.
Molte imprese puntano a rafforzare il proprio peso in un mercato (integrazione orizzontale e poi
a diversificarsi (diversificazione del prodotto).

+ strategia interaziendale  comportamento oggi giorno adottato. È una crescita interalleata


e sfrutta possibilità di collaborazione tra imprese, creando una RETE, al fine di:

a. Aumentare il volume affari


b. Aumento del valore aggiunto
c. Senza costi di espansione della struttura organizzativa
d. Presenza di maggiore flessibilità
e. Velocizzazione passaggio di informazioni e innovazioni.
f. Massimizzare i vantaggi delle economie di relazione  per condurre ad un ampliamento
e rafforzamento di tutte le unità aziendali coinvolte.

+ presenza di due casi di integrazione interaziendale:


I. Impresa-rete  Aggregazione promossa dalla grande impresa nei confronti dei suoi
stakeholder per sfruttare soprattutto le economie di relazione e formare coalizione in
grado di avere più potere competitivo

II. Rete di imprese  aggregazioni internazionali specie di piccole e medie imprese


volte a conseguire un maggior peso dimensionale e competitivo. Risponde all’esigenza
di procedere sulla strada dell’efficienza fondata sull’economia di relazioni.
32

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 Una rete  è un modello più elastico, flessibile che si regge sui rapporti di integrazione e di
interdipendenza tra i partner.
Sono in gioco:
1. Ricerca dell’efficienza
2. Solidarietà tra stakeholder
3. Produzione di innovazioni

 Il network  può nascere inizialmente come modello di relazioni non competitive e poi
destinato a trasformarsi in SISTEMA  struttura organizzativa, creata prevalentemente con lo
scambio di partecipazioni azionarie e coordinata con un’apposita autorità centrale.

 Esigenza di un cambiamento strategico  nessuna impresa può sopravvivere a lungo


senza cambiamenti in quanto l’ambiente è fortemente dinamico e richiede il bisogno di nuove
STRATEGIE.
A tal proposito l’imprenditore  deve valutare i risultati aziendali e intuire quando è opportuno
creare una nuova strategia. Gli aspetti che deve tenere sotto controllo:
a. Andamento e posizione detenuta nel mercato
b. Risultati reddituali.

+ imprenditore deve:
a. decidere se è necessario un comportamento radicale dei comportamenti di
gestione.
b. deve comprendere TEMPESTIVAMENTE l’esigenza del nuovo paradigma
c. superare INERZIA ORGANIZZATIVA
d. saper sfuggire alla TRAPPOLA DELLE COMPETENZE  come la naturale
resistenza al cambiamento dovuta alla convinzione di poter continuare ad operare
con successo in un’economia caratterizzata da sempre maggiore dinamismo,
turbolenze e imprevedibilità
***

PARTE III – LE FUNZIONI DI DIREZIONE AZIENDALE


CAP. 8 – IL PROCESSO DIREZIONALE E L’ORGANIZZAZIONE DELL’IMPRESA
 Ruolo del management  al manager compete la responsabilità dell’efficienza nell’impiego
del fattore umano, dei mezzi tecnici e finanziari, delle competenze tecnologiche e commerciali.

Ciclo direzionale  volto a coordinare le azioni previste a livello imprenditoriale nell’ottica del
raggiungimento degli obiettivi di gestione.
+ il manager completa le sequenze decisionali su piano operativo e disciplina l’uso delle risorse
disponibili.

 Il processo ciclo direzionale


+ Assunzione simultanea di atti di decisione, di impiego delle risorse, di conduzione degli uomini e
di valutazione della prestazione.
+ ogni attività di gestione deve essere:
I. Programmata, stabilendo anticipatamente obiettivi, decisioni, modalità di svolgimento
da rispettare e le risorse da impegnare
II. Organizzata, individuando chi e con quali poteri e responsabilità dovrà curarne la
realizzazione;
III. Guidata fornendo le direttive e motivando gli organi operativi.
33

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ Le fasi del processo direzionale sono: IL CICLO DI DIREZIONE AZIENDALE

a. Programmazione (atti di decisione)  richiede integrazione dei dati


b. Organizzazione (atti di disposizione)
c. La conduzione (atti di guida)  comporta il trasferimento di dati da chi gestisce a chi
esegue.
d. Il controllo (atti di valutazione)  produce informazioni

+ come si muove ogni ciclo? Ogni ciclo si svolge mediante le informazioni che influiscono
all’interno dell’impresa e che dovrebbero essere completate con quelle provenienti dall’ambiente
esterno. Forte correlazione con il CICLO INFORMATIVO.
 Ciclo informativo  assume un ruolo decisivo in tutti i momenti del CICLO DIREZIONALE
in quanto costituisce un fattore determinante dell’efficienza aziendale.

 La funzione organizzativa
Organizzare significa ordinare un sistema in parti interdipendenti e correlate, ciascuna con una
specifica funzione o rapporto rispetto al complesso.
- Le parti  sono gli organi dell’impresa
- Organizzazione  si impegna a disciplinare i compiti e i poteri e le responsabilità che
ciascuno di questi dovrà assumere nel corso della gestione.

+ qual è lo scopo dell’organizzazione?  di ordinare compiti, decisione, responsabilità e


relazioni delle forze personali presenti nell’impresa. Concerne:
I. I soggetti dell’attività aziendale
II. Si rivolge a creare le condizioni per lo svolgimento più razionale ed efficiente del
processo di gestione.

+ la funzione organizzativa ha l’obiettivo di definire:


a. I centri decisionali, di controllo, esecutivi da istituire nell’impresa e stabilire l’organico
di persone necessario;
b. Autorità e responsabilità da attribuire a ciascuna unità organizzativa
c. Le relazioni formali da attivare fra i vari centri
d. Procedure di decisione, di informazione, di esecuzione necessarie per l’attuazione
coordinata delle funzioni di gestione.

- L’ordinamento dell’attività aziendale ha come premessa fondamentale:


a. Creazione di una struttura di organi (determinazione dell’insieme di centri direttivi,
esecuzione e controllo
b. Specificazione dei compiti, poteri e delle responsabilità
c. Istituzione di un’adeguata RETI DI RELAZIONI

+ i problemi dell’organizzazione possono essere inquadrati secondo:


a. Aspetto strutturale di ordinamento dei compiti e responsabilità (profilo statico)
b. Al comportamento del sistema organizzativo (profilo dinamico  rapporti interpersonali
di conflitto, di equilibrio che si creano per effetto del suo funzionamento)
34

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Il fine fondamentale dell’organizzazione  è l’ottenimento di condizioni di massima
efficienza operativa mediante la suddivisione e la specializzazione delle attività e l’opportuna
loro coordinazione in un sistema integrato di obiettivi, poteri e responsabilità.
+ specializzazione e coordinazione  per un ottenimento migliore di risultati

 Le scelte organizzative:
il problema organizzativo si pone con modalità molto diverse:
I. Riorganizzare una nuova azienda  più libertà perché non esistono vincoli pregressi
di struttura e di organico
II. Riorganizzazione di un’azienda già funzionante  vincoli che invece s’incontrano
dell’ipotesi di riorganizzazione

- La progettazione organizzativa è condizionata


a. Dalle capacità professionali disponibili nel, mercato del lavoro
b. Dall’investimento per l’allestimento della struttura
c. Dall’entità dei costi fissi di lavoro accettabili nell’economia della gestione  costi fissi
incidono sul grado di rigidità organizzativa

- La scelta di una struttura rappresenta il vincolo maggiore per qualsiasi strategia di


espansione. Da ciò si ha la necessità di un opportuno bilanciamento:
a. Potenzialità  permetta di sfruttare al meglio le opportunità connesse con la strategia
aziendale  sfruttamento adeguato delle capacità di servizio.
b. Elasticità  far evolvere la struttura aziendale in funzione dei mutamenti del contesto
esterno quindi dei comportamenti imprenditoriali  sostenibilità ed incidenza dei costi fissi
c. Economicità  potenzialità ed elasticità devono conciliarsi con l’economicità aziendale 
rendimento accettabile degli investimenti organizzativi

 Quali sono i modelli di struttura organizzativa?


Nella definizione della struttura organizzativa, le scelte fondamentali da assumere rendono in
considerazione i precedenti parametri:

I. Grado di decentramento dei poteri  attuato mediante i processi di delega


ciascuno con una differente autonomia e responsabilità. Potere viene distribuito
secondo una scala gerarchica.
II. Criteri di specializzazione dei compiti

1. Modello semplice  per strutture piccole molto elementari caratterizzate:


- dall’accentramento del governo aziendale in una sola persona o in un ristretto numero di
persone.
- Divisione di responsabilità prevalentemente operative per aree funzionali fondamentali
- Ridotta formalizzazione sia dell’assetto sia delle procedure operative
- Tipico delle piccole realtà, con rapporti interpersonali in assenza di un piano organizzativo

2. Modello funzionale  caratterizzato dalla suddivisione delle aree di responsabilità in


termini di funzioni primarie della gestione. Funzioni  sono un insieme di compiti o mansioni
complementari e interdipendenti rispetto ad un fine. Funzioni si collocano su più livelli.
Le funzioni organiche (tendono ad aumentare all’aumentare dell’azienda) articolate su 4 livelli:
a. Universalità  presenza in tutti i sistemi dello stesso tipo
35

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
b. Essenzialità  volte a conseguire le finalità primarie del sistema
c. Possibilità di suddivisione  o articolazione per linee gerarchiche
d. Impossibilità di aggregazione  con altra funzione
Modello funzionale è diffuso in tutte le aziende poco diversificate, per mercati abbastanza
stabili, esalta il livello di specializzazione delle singole aree operative, ma minor spinta di
innovazione (punto di debolezza).
3. Modello della struttura divisionale  ripartizione delle responsabilità di direzione per
gruppi o famiglie diverse di prodotti, ciascuna affidata ad un dirigente, responsabile dei
risultati economici ed operativi della divisione diretta.
Modello divisionale  porta al frazionamento dell’organizzazione aziendale in più parti,
ciascuna delle quali potrebbe rappresentare un’impresa in quanto può costituire un CENTRO DI
PROFITTO affidato alle cure di un diverso capo.

All’interno della struttura:

a. Definizione centri di costo e di profitto  unità organizzative a cui segnare centri di costo
o di profitto da rispettare.
b. Il criterio generale della divisione  è decentrare e dividere l’impresa in parti per una
migliore specializzazione e di accentrare invece aree comuni come ricerca e sviluppo,
finanza e approvvigionamenti che consentono il beneficio di ECONOMIE DI SCALA.

4. Modello della struttura multinazionale  evolve verso un modello di organizzazione di


gruppo.

a. obiettivo di conferire maggiore indipendenza ai centri di costo


b. Presenza di tante aziende distinte capeggiate da una HOLING
c. Riduzione delle dimensioni e conferire un’ampia autonomia alle diverse gestioni
d. Possibilità di organi molto differenziate
e. Trarre vantaggi fiscali nella divisione degli utili e delle perdite.

 Strutture organizzative flessibili e innovative:


organizzazione per processi  ottimizzazione in funzione di funzioni e compiti interrelati rispetto
ad una comune finalità da raggiungere. Volto ad adottare strutture più elastiche in grado di
adattarsi a comportamenti gestionali in un ambiente in rapido mutamento.
Tra le strutture flessibili rientrano:
a. Per PROGETTO  gruppi di lavoro incaricati di elaborare e porre in attuazione determinati
progetti. Per compiti di segnata importanza, si procede alla nomina di un capo progetto
coadiuvato da un team di specialisti estratti dalle varie linee di funzione. Questi lavorano alle
dipendenze del responsabile e al termine del progetto, questo gruppo si scioglierà.
b. Per MATRICE  istituzionalizzazione di quella del progetto in quanto la struttura aziendale
assume un carattere reticolare con un intreccio di competenze funzionali e per progetto tra
campi orizzontali e quelli verticali.
Questa struttura è bisognosa di un elevato coordinamento direzionale per risolvere problemi della
duplicità dei rapporti di subordinazione.

36

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 Definizione delle procedure decisionali ed operative:
La progettazione della struttura non esaurisce i compiti attribuiti alla funzione organizzativa, in
quanto il funzionamento del sistema impresa richiede la definizione di procedure o routine
organizzative.
La definizione di procedure o routine, possono essere programmate in: fase di avviamento
dell’impresa, ma si arricchiscono per effetto dell’accumulazione di conoscenze
nell’organizzazione.

+ routine organizzative  frutto dell’operatività della struttura e del trasferimento delle


esperienze/ conoscenze compiute dai singoli in regole valide in senso generale.

+ aspetto procedurale  importante per l’efficienza della gestione e facilita la soluzione dei
problemi di coordinamento e d’indirizzo di attività di tipo ricorrente.
Si possono distinguere quattro tipi di procedure:
I. procedure operative, disciplinano lo svolgimento di attività ripetitive ai livelli
dell’esecuzione;
II. procedure di controllo, dirette a seguire gli andamenti di gestione;
III. procedure di informazione, alimentano i flussi di conoscenza ricorrenti all’interno
dell’organizzazione;
IV. procedure decisionali, definiscono gli interventi e i ruoli rivestiti nell’assunzione delle
decisioni.

***
CAP. 9 – LA PROGRAMMAZIONE STRATEGICA E OPERATIVA DELLA GESTIONE
 funzione di programmazione aziendale

Programmazione  processo di predeterminazione degli obiettivi, delle politiche e delle attività


da compiere entro un determinato periodo di tempo.

- La programmazione è basata su previsioni, azione complementare di controllo che ne


sorvegli la realizzabilità
- La programmazione si traduce in un documento scritto avente un insieme di operazioni da
realizzare per conseguire obiettivi espressi in termini quantitativi.
- Vengono specificati gli OBIETTIVI da perseguire
- Vengono specificate le POLITICHE da adottare
- Vengono specificati i MEZZI da impiegare e OPERAZIONI da compiere

37

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- È uno strumento guida per il coordinamento e gestione della impresa.

Come si attua la programmazione? Si attua per singoli settori o funzioni o per l’intera
gestione aziendale.
- Programmazione è necessaria per il coordinamento di operazioni ricorrenti di gestione
(programmazione di esercizio) sia per promuovere l’innovazione (programmazione di lungo
termine).

 Il processo di programmazione per essere efficace si deve tradurre in un sistema che si


differenzia secondo:
a. Contenuti  piani strategici o innovativi e piani operativi o di adattamento
b. Ambito gestionale  piani globali, piani di aree d’affari, piani di funzioni
c. Orizzonte temporale  piani di lungo o breve
d. Grado di analisi  piani-progetto, progetti di massima, piani di programma o piani esecutivi

 Caratteristiche fondamentali della programmazione

a. Formalizzazione  documento scritto di programmazione


b. Quantificazione  riferimento alla gestione nella sua interezza
c. Integrazione  indicazione di obiettivi e risorse misurabili
d. Pluriennale  proiezione strategica di obiettivi e politiche

Vi sono due tipi fondamentali di piani:


 PIANO STRATEGICO: elemento di riferimento di tutto il sistema (3-5 anni)
I. Piano di sviluppo  disegno strategico
II. Piano di investimenti  utile per realizzare la strategia scelta
III. Piano organizzativo  definisce strutture più idonee
+ il piano strategico potrà essere articolato in piani di BREVE TERMINE che configureranno la
programmazione di esercizio. Il piano strategico, verrà scomposto in segmenti annuali.
+ in pratica il PIANO DI LUNGO TERMINE, verrà fatto scorrere nel tempo da coprire sempre un
uguale periodo di gestione. (tecnica di scorrimento)  consiste nell’aggiungere anno per anno un
nuovo segmento annuale, dopo aver rettificato i valori dei segmenti degli anni precedenti in
rapporto agli anni conseguiti.

+ punto di riferimento per adottare un piano strategico (3-5 anni)

 PIANO OPERATIVO:  breve termine (12 mesi)


I. Piano di produzione
II. Piano di vendita
III. Piano finanziario
IV. Piano di ricerca e sviluppo

 Processo di costruzione dei piani aziendali:

un piano che si sostanzia nell’indicazione della sequenza di decidere e di operazioni da porre in


essere per raggiungere gli obiettivi stabiliti, si costituisce di 4 elementi:

38

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I. Obiettivi  traguardi a cui l’azienda tende. Rappresentano il compromesso tra le
attese del gruppo imprenditoriale e le realtà da fronteggiare.
II. Politiche  le linee generali di azione // rappresentano l’elemento di traduzione di un
sistema di obiettivi
III. Attività  flussi di operazioni da attuare
IV. Risorse  si pongono come opportunità-vincolo da rispettare nello svolgimento di tali
operazioni

+ il processo di costruzione dei piani, assume sempre un carattere ITERATIVO si realizza


mediante un percorso di aggiustamenti successivi per poter pervenire ad un equilibrio tra i tre
elementi della programmazione.
+ logica della programmazione: basata sul carattere strumentale delle politiche rispetto agli
obiettivi da conseguire. L’imprenditore stabilisce traguardi da raggiungere in funzione delle
previsioni dei mercati/o di cui opera e in quelli in cui vorrebbe entrare
+ impresa  protesa a massimizzare i risultati di gestione entro i limiti posti dall’ambiente esterno
(analizzata tramite studi di mercato) e dalla struttura interna (risorse). Per fare ciò, deve definire un
insieme di politiche volte al conseguimento di tali obiettivi.
+ due tipologie di programmazione:
I. Dall’alto  TOP-DOWN  frequente nascita dei problemi di CONTRATTAZIONE tra il
vertice e la base
II. Dal basso  BOTTOM-UP  presenta meno aspetti problematici

+ caratteristiche di un efficace processo di programmazione:


a. ITERATIVITA’
b. INTERATTIVITA’

“la definizione dei piani deve venire per tentativi e per aggiustamenti sulla base di ripetute
valutazioni dei vincoli aziendali interni ed esterni, nei comportamenti assumibili nei principali campi
della gestione, delle influenze, degli stessi organi coinvolti nella loro attuazione”
+ ulteriore impostazione della programmazione  più aggressiva e di stampo americana “analisi
del divario” GAP ANALYSIS cui i punti chiave sono:
a. Fissazione degli obiettivi di piano senza tener conto dei prevedibili andamenti di mercato
b. Previsione di obiettivi raggiungibili
c. Determinazione del divario tra obiettivi soggettivamente desiderati e quelli realizzati
d. Individuazione delle modalità di eliminazione di questo divario
e. Determinazione definitiva degli obiettivi di piano
Da questa considerazione, tenderà a imporre i suoi obiettivi al mercato.

 Premesse prevedibili e le flessibilità dei piani

I piani di gestione sono flessibili in modo da poter essere adattati ai mutamenti che dovessero
presentarsi nel mercato.
I programmi  definiti in rapporto ad una serie di PREMESSE.

39

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ PREMESSE/ASSUMPTIONS  legate alla previsione dell’andamento dei fenomeni interessanti
la vita dell’impresa e che possono trovare verificazione o no nel corso dell’azienda. Come sono le
premesse?
a. Premesse non controllabili  l’azienda non può influenzare in nessun modo
b. Premesse semi-controllabili  influenzati in maniera più o meno rilevante dall’impresa.
c. Premesse controllabili  esercita il controllo in quanto dipendenti dal suo comportamento

+ processo di programmazione richiede sempre:


a. Previsione
b. Pianificazione
c. Controllo
d. Revisione  perché I PIANI SONO MODIFICABILI

 programmazione strategica e operativa


la gestione si sviluppa entro vincoli interni ed esterni.

 Vincoli interni:
I. Potenzialità di produzione
II. Potenzialità organizzativa
III. Potenzialità finanziaria
IV. Potenzialità economico-strutturale

 Vincoli esterni:
I. Crescita della domanda
II. Pressione della concorrenza
III. Progresso tecnologico
IV. Regolamentazione pubblica
***
 Programmazione strategica si differenzia in:
a. A breve  preordina le operazioni di gestione secondo gli obiettivi fissati entro un anno
b. A lungo  svolge steps indicati in figura ( obiettivi da raggiungere  politiche da adottare
 valutazione dei vincoli e risorse da impegnare  attività da svolgere)

40

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 La costruzione del budget (documento)
Il piano per essere efficace deve prevedere prestazioni fisiche e consentire di valutare l’impatto sul
bilancio aziendale.
+ budget  è un bilancio preventivo e stima il probabile esito della gestione. E’ uno
strumento / documento indispensabile per l’attuazione del controllo di gestione e ne valuta le
performance

 Il business plan / piano d’impresa

Il BUSINESS PLAN è un documento che descrive contenti di un progetto imprenditoriale per


valutare anticipatamente la fattibilità economica, tecnica e finanziaria. Deve delineare il futuro
disegno di gestione

 La finalità del business plan

Le finalità si delineano in 3 funzioni:


a. Pianificazione e controllo  fornisce basi di raffronto per valutare la bontà dei risultati
conseguiti
b. Occasione di riflessione strategica per l’imprenditore  visione anticipata sulle
difficoltà/problematiche di ogni scelta.
c. Comunicazione esterna  con cui l’imprenditore presenta la propria idea ai potenziali
finanziatori

 Contenuti del business plan


Il cuore del piano d’impresa sono le scelte strategiche. Attorno alla quale ruota la MISSION
(ragione d’essere dell’impresa).
+ deve presentare i connotati di unicità della business idea (idea imprenditoriale).

 LA BUSINESS IDEA composta da:


a. Sistema di prodotto
b. Segmento di mercato
c. Risorse interne

Le scelte vengono poi tradotte in una serie di piani operativi che forniscono indicazioni
dettagliate da realizzare e i risultati da conseguire.
+ stesura dei piani realizzati su piani previsionali risvolto al futuro
+ Uno dei passaggi più critici è la previsione delle vendite
+ maggiori problemi saranno per le imprese che sono NUOVE e non hanno uno storico (esercizi
precedenti) da consultare.
+ un business plan deve contemperare sia la prospettiva analitica, che quella sintetica.
***
CAP. 10 – IL SISTEMA DI CONTROLLO AZIENDALE
 Funzione di controllo direzionale  Fase conclusiva delle fasi di direzione e crea
premesse per l’avvio.

41

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Esso s’interpone tra quello decisionale e operativo allo scopo di assicurare le scelte assunte a
livello dell’amministrazione e della direzione aziendale siano efficacemente attuate da parte degli
organi esecutivi.
+ Il controllo  utile a valutare anche la bontà delle decisioni prese, anche quelle da
formulare.
Il controllo visto da una visione avanzata  il controllo viene visto come il MEZZO per
individuare le eventuali insufficienze dell’azione, allo scopo di stimolare AUTONOMAMENTE gli
interventi di correzione e favorire lo spirito d’iniziativa del personale.

+ GOVERNANCE  elemento che viene messo come MEZZO DI GUIDA DEL LAVORO e delle
funzioni svolte a qualsiasi piano della struttura.

 Il sistema di controllo e le sue 4 fasi distintive:

I. Programmazione  atti di decisione


II. Organizzazione  atti di disposizione
III. Conduzione  atti guida
IV. Controllo  atti di valutazione. La funzione di controllo conclude il ciclo direzionale
e crea le premesse per l’avvio con la programmazione di un nuovo ciclo di attività.

Esso s’interpone tra:

a. Processo decisionale e operativo per assicurare che le scelte siano correttamente attuate
dagli organi operativi.
b. Si riferisce sia al momento dell’attuazione che a quello della programmazione e consente
di valutare il rispetto die piani di gestione formulati orientando le successive scelte di
programmazione.
c. È trasversale rispetto ai livelli ed alle posizioni organizzate:

 Articolazione del controllo di direzione

I. Controllo antecedente  valuta preventivamente la bontà delle scelte


II. Controllo concomitante  si lega alla programmazione. Scopo di guidare a tutti i
livelli dell’organizzazione
III. Controllo susseguente  valutazione efficace ed efficiente della gestione e
costituisce uno strumento prezioso d’indirizzo per la formulazione delle decisioni
future.
42

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
IV. Controllo prospettico  mira a verificare la validità delle scelte strategiche e
organizzative in essere.

 Il controllo concomitante e susseguente

a. Controllo concomitante  procedura attuata durante lo svolgimento delle operazioni


aziendali allo scopo di seguire lo sviluppo della gestione e di garantire il rispetto degli
obiettivi fissati in sede di costruzione dei piani.

Tale controllo, trova la sua sintesi ideale nel raffronto tra i risultati ottenuti economici
di gestione raggiunti e quelli presi a base del budget aziendale. Pertanto, sia il budget
economico, che finanziario devono essere INFRANNUALI

+ Questa procedura è sviluppata secondo 4 elementi;

I. Fissazione obiettivi o standard


da raggiungere in un dato tempo
 obiettivi se non fissati
correttamente in termini realistici,
sarà difficile attribuire validità
nelle fasi successive di
misurazione. (devono essere
realistici).
+ ogni azienda si prefigge degli
obiettivi da raggiungere

II. Misurazione dei risultati via via ottenuti  rilevazione dei risultati richiede
un’organizzazione efficiente e presuppone una raccolta sistematica ed
un’elaborazione dei dati sulle prestazioni. In ogni azienda è bene stabilire un
sistema di reporting per la dirigenza, in grado di far giungere con regolarità i dati sui
risultati di gestione ai dirigenti interessati;
III. Analisi delle cause di eventuali scostamenti  fornisce elementi preziosi sulla
genesi delle deviazioni. Un’analisi non corretta può orientare in modo sbagliato gli
interventi di gestione;
IV. Assunzione di possibili interventi di correzione per avere i risultati ottenuti in
linea con il piano.  Gli interventi di correzione analizza concordanza tra obiettivi
e risultati  possono avere per oggetto:
I. il livello delle prestazioni ottenibili nell’organizzazione
II. direttamente i piani.

I primi fermi lasciando gli obiettivi prefissati, tendono a riportare l’attività in linea con la
programmazione; i secondi hanno invece per scopo il riadeguamento di quest’ultima alle
mutate condizioni interne ed esterne di svolgimento della gestione.
NB  il controllo concomitante trova la sua sintesi nel raffronto tra i risultati economici di gestione
raggiunti e quelli presi a base del budget aziendale. Questo richiede operò che il budget
economico e quello finanziario siano articolati in PERIODI INFRANNUALI.
+ l’attuazione della programmazione e del controllo operativo, consente di realizzare il tipo più
efficace dell’attività aziendale: la direzione per obiettivi e il controllo dei risultati (M.B.O)
management by objectives. Attribuisce a ciascun responsabile un obiettivo da raggiungere
43

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
e di sorvegliarne l’ottenimento mediante un controllo di tipo concomitante. Ciò aiuta a conferire un
elevato grado di AUTOREGOLAZIONE alle singole parti del sistema aziendale, riducendo così il
carico delle supervisioni ai diversi livelli di direzione e di accrescere la motivazione del personale.

+ LA FUNZIONE DI CONTROLLO  non si esaurisce nello svolgimento del controllo


operativo concomitante, ma si estende all’attuazione delle valutazioni di efficienza sulla
gestione aziendale. Queste azioni vengono compiute a conclusione dell’esercizio annuale o dei
cicli fondamentali di gestione  CONTROLLI A POSTERIORI.

L’EFFICIENZA  capacità di rendimento o attitudine a svolgere una


certa funzione, si distingue dall’EFFICCACIA.

EFFICACIA  grado secondo cui l’azienda raggiunge i suoi obiettivi.

 Controllo strategico o prospettico

Il controllo direzionale non è sufficiente per fornire al management aziendale gli elementi di
guida dell’organizzazione perché ha due limiti:
 soffre di una interdipendenza elevata con il sistema di programmazione;
 l’incapacità a cogliere disfunzioni o inefficienze dell’organizzazione nel suo complesso. Il
controllo porta ad individuare certe aree specifiche di scarsa efficienza.
I limiti interni al controllo di gestione, limiti che possono essere avvertiti da azienda ad azienda,
fanno convincere della necessità di un altro tipo di controllo  in grado di raggiungere finalità
che per il controllo direzionale non appare possibile perseguire.
Questo nuovo tipo di controllo strategico ha come obiettivo il controllo globale della gestione
aziendale e verifica la:

a. congruenza esterna del comportamento strategico adottato: valuta se il quadro


strategico messo a punto sia coerente con le tendenze del contesto esterno all’azienda
stessa;
b. congruenza organizzativa tra strategia e struttura dell’azienda: verifica il rapporto di
idoneità strumentale tra la strategia e la struttura organizzativa;
c. efficienza funzionale della direzione: verifica dell’idoneità del management.

 Il controllo strategico è PROIETTATO AL FUTURO deve permettere di valutare le scelte di


lungo tempo conservando la loro validità, tenendo presente che nell’ambiente e nei mercati si
possono presentare fenomeni imprevisti.
Il controllo, dunque, consente di affrontare in modo tempestivo la loro revisione.
In controllo strategico è un check-up aziendale, che non serve solo a far emergere
l’esistenza di patologie da eliminare, ma anche a valutare le eventuali potenzialità non sfruttate (o
non adeguatamente sfruttate).

Articolazione del controllo strategico:


I. congruenza esterna  validità della strategia in essere
II. congruenza interna  funzionalità della struttura rispetto alla strategia in essere
III. qualità del management  efficienza del sistema di direzione e capacità dei
management

 l’organizzazione della funzione direzionale


44

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Il controllo è strettamente complementare alla funzione di programmazione sotto un DUPLICE
PROFILO:

a. quello rispetto ai piani di gestione formulati


b. quello dell’orientamento delle successive scelte di programmazione

I. Un primo problema manageriale sorge dal dilemma fra un controllo di certe


decisioni e operazioni, in modo da far svolgere le attività secondo norme prestabilite.
Uno degli obiettivi fondamentali della funzione direzionale deve essere quello di
assicurare un giusto equilibrio fra creatività e conformità.

II. Un altro problema è quello di evitare un’eccessiva proliferazione dei controlli, che
finisca per tradursi in un rallentamento dell’attività operativa (conseguenza negativa) e
in un notevole aggravio dei costi. I controlli devono essere funzionali, cioè rivolti agli
aspetti di maggiore importanza della gestione e finalizzati ad una tempestiva
individuazione delle inefficienze interne e di mercato.

I controlli devono essere:


a. Funzionali
b. Tempestivi
c. Non devono creare proliferazione

III. Un terzo problema è quello dell’impiego di tecniche e strumenti adeguati alle


esigenze aziendali. Per evitare un inutile spreco di risorse è opportuno che le
procedure e i mezzi adoperati per l’attuazione del “piano di controlli” rispondano alle
caratteristiche di gestione dell’impresa. Non sempre le tecniche più raffinate di
valutazione dei risultati si rilevano come le più adatte agli scopi da raggiungere. Da
azienda ad azienda, possono mutare le esigenze in termini di quantità, precisione e
tempestività dei dati da utilizzare nel corso della gestione.
***
TO SUM UP:

 Il controllo  strumento fondamentale per garantire l’ordinato svolgimento dell’attività


d’impesa. Esso assume un carattere SISTEMATICO e CONTINUATIVO:

a. Precedendo l’attuazione delle decisioni  CONTROLLO ANTECEDENTE


b. Valutando la condizione di efficienza aziendale  CONTROLLO CONCOMITANTE
c. Verificando l’idoneità della strategia  CONTROLLO SUSSEGUENTE
Compiendo questi passaggi, il controllo diventa INCISIVO
 Nella progettazione di qualsiasi sistema di controllo devono essere rispettati degli
equilibri:
I. Sintesi tra l’esigenza di assicurare conformità all’azienda e non perdere vantaggi
connessi con la creatività da stimolare sul piano delle risorse umane
II. Evitare appesantimento del sistema dovuto ad un’eccessiva estensione dei controlli
III. Il terzo si concreta nel rispetto dell’economicità delle funzioni perché le tecniche di
controllo sono tutte onerose e non dovrebbero generare sul bilancio aziendale costi
insostenibili.
***
45

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
CAP. 11 – LA FUNZIONE DI DIREZIONE DELLE RISORSE UMANE E LA LEADERSHIP

 Gestione delle risorse umane

Rappresenta il pilastro fondamentale dell’intera gestione aziendale. Si rappresenta come una


delle responsabilità più delicate e problematiche che un vertice d’azienda deve gestire.
Si tratta di dotare l’organismo aziendale delle professionalità necessarie e di assicurarsi poi che gli
individui inseriti nell’organizzazione siano motivati al raggiungimento degli obiettivi gestionali.

+ comprensibile che nel rapporto di scambio tra lavoratore e l’impresa, si formino interessi
diversi e per certi versi in potenziale conflitto sotto il profilo esclusivamente economico, l’impresa
è interessato al massimo rendimento rispetto ai costi e il lavoratore desidera il massimo risultato
rispetto alla quantità ed alle condizioni delle prestazioni che deve rendere.
I conflitti possono presentarsi in due momenti:
a. Contrattuali  nel quale le parti devono disciplinare il loro rapporto sul piano normativo.
In questo caso ci vede essere un incontro di volontà, dapprima a livello nazionale, poi a livello
delle associazioni imprenditoriali e infine a livello d’impresa.

b. Operativo  nel quale il rapporto deve essere gestito. Riguarda specificamente il processo di
direzione.

Il concetto di “uomo” assunto a base della costruzione dell’organizzazione è fondamentale.


È possibile individuare tre fasi di sviluppo della disciplina della conduzione aziendale:
I. organizzazione scientifica del lavoro: vi è una visione meccanicistica del ruolo dell’uomo
nell’organizzazione, visto come meccanismo da far funzionare all’interno della macchina
aziendale e non come individuo da motivare o far partecipare alle scelte aziendali;
II. scuola delle relazioni umane: l’uomo non è più visto come una macchina da lavoro ma
come un individuo da motivare;
III. visione sistemica: per ottenere il più elevato rendimento possibile dal fattore umano è
necessario risolvere il problema dell’integrazione tra gli obiettivi individuali e quelli
dell’organizzazione.

Attraverso una differente visione del fattore umano si è cambiato lo stile della conduzione. Si è
passati da una direzione tradizionale di tipo autocratico ad una direzione partecipativa. Lo stile di
direzione è il modello di governo dei rapporti di lavoro nell’organizzazione . Esso
tende ad assumere caratteristiche differenti da impresa a impresa. Si distinguono due stili:
a. direzione autocratica, fondata sul principio dell’autorità e attuata mediante la gerarchia del
comando (si basa sul controllo esterno o supervisorio);
b. direzione partecipativa, basata sul consenso e attuata mediante la creazione della
motivazione (si basa sul controllo legato alla motivazione, quindi sull’autocontrollo).

 Teoria psciologica di Abraham Maslow  prevede 5 steps

46

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a. Bisogni primari/ sussistenza  necessità elementari per garantire la sopravvivenza
dell’uomo (nutrizione, abbigliamento, abitazione)
b. Bisogni di sicurezza  esigenza di protezione e di stabilità
c. Bisogni di socialità  bisogno di affetto, di appartenenza ad una società
d. Bisogni di stima  reputazione e prestigio
e. Bisogni di autorealizzazione  convinzione di aver realizzato appieno le proprie capacità
professionali e morali.

Ogni individuo  aspirerebbe dunque a salire questa scala dei bisogni. I primi bisogni
conterebbero di più incentivi economici, mentre a quelli successivi assumerebbero una
maggiore importanza gli stimoli psicologici e gratificazioni morali.

NB  Sulla teoria di Maslow si possono individuare dei punti critici:


a. la scalata verso bisogni superiori non presuppone il soddisfacimento al 100% del bisogno
inferiore, l’appagamento dei vari bisogni può essere contestuale ma in differente misura;
b. la separazione tra le varie categorie è una costruzione teorica perché nella realtà i bisogni
sono interdipendenti;
c. l’ordinamento dei bisogni lungo la scala può non essere lo stesso per tutti gli individui;
d. la scala dei bisogni risente anche delle condizioni ambientali.
Quindi, questi punti critici indicono a considerare altri contributi teorici.
La scala dei bisogni di Herzberg, al contrario di Maslow, ha distinto i bisogni dei lavoratori in due
categorie:

I. bisogni soddisfattivi, quelli che, una volta appagati, producono gratificazione e quindi
stimolano all’azione. Includono tutti i fattori motivazionali quali il successo e il suo
riconoscimento, l’interesse verso il lavoro svolto e le responsabilità assunte, le occasioni di
crescita professionale presenti nei compiti assegnati, la possibilità di promozione e di
avanzamento;
II. bisogni insoddisfattivi, quelli che, se non soddisfatti, generano frustrazione e
determinano l’inazione. Includono i fattori “igienici” legati alla politica dell’azienda e alla
sua organizzazione, alla supervisione, alle relazioni interpersonali, alle condizioni di lavoro,
alla retribuzione, allo status e alla sicurezza.

L’incentivazione
+ Alla luce di quanto detto, quindi, appare chiaro che per un’efficace motivazione bisognerebbe
utilizzare incentivi sia economici, sia morali.
In particolare, legato all’incentivazione economica di forme individuale, sarebbe preferibile quelle
che concorrono a creare solidarietà all’interno dell’organizzazione (ex. Compartecipazione ai
risultati aziendali).

47

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ ricompensa mista  composta da una parte fissa e una variabile, quest’ultima legata all’esito
della gestione. Si pone difficile da percorrerla, ma è VALIDA per ottenere migliore integrazione tra
gli obiettivi aziendali e individuali.
In quanto legare la PARTE VARIABILE del compenso, ai risultati globali, può indubbiamente
contribuire a far sviluppare lo SPIRITO DI GRUPPO e ad innalzare la produttività media,
migliorando nel complesso le prestazioni dei singoli.
+ Incentivazione  assume differenti forme e produrre diversi effetti sia dell’orientamento
all’individuo o al gruppo sia della proiezione nel breve o lungo periodo.

Con le più moderne tecniche di incentivazione, si tende a sviluppare L’IMPRENDITORIALITA’


COLLETTIVA, consentendo così all’impresa di rinnovarsi continuamente attraverso le innovazioni,
le decisioni di un adattamento di tutti i membri dell’organizzazione che operano in collaborazione.

 Gli stili di direzione e il sistema premiante


Lo stile di direzione  definito come il modello di governo dei rapporti di lavoro
nell’organizzazione. Assume caratteristiche molto dissimili da impresa a impresa. Nella realtà, gli
stili direttivi, si ordinano lungo un CONTINUUM che prevede due estremi:
a. L’uso predominante dell’autorità
b. La richiesta e l’esercizio di consenso da parte dei subordinati

L’adozione di un modello piuttosto che all’altro è strettamente legato al sistema dei valori posseduti
da chi dirige, alle capacità dei subordinati e alle caratteristiche entro cui deve esercitarsi il
processo di direzione.

 I due casi limite della direzione autocratica e di quella partecipativa:

- Lo stile autoritario di direzione  struttura fortemente accentrata del processo decisorio,


che si esercita mediante il comando e il controllo.
- Lo stile partecipativo  detto anche democratico. Struttura decentrata del processo
decisorio, al cui interno sono applicati i principi della delega e dell’autocontrollo, cioè il
coinvolgimento dei subordinati nel processo di decisione, l’assunzione da parte di questi di
precise responsabilità ed il controllo diretto (autocontrollo) dei risultati prodotti.

Anni fa, un noto studioso di ORGANIZZAZIONE AZIENDALE, ha analizzato questi 2 stili


direzionali (autoritario di direzione e partecipativo) circa la natura e il comportamento
dell’individuo.

TEORIA X  teoria della direzione mediante COMANDO e CONTROLLO


TEORIA Y  teoria della direzione mediante gli OBIETTIVI INDIVIDUALI ED ORGANIZZATIVI

TEORIA X TEORIA Y

48

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
a) l’uomo in generale detesta il a) il lavoro è accettato dall’uomo come fatto naturale,
lavoro; quanto lo svago o il riposo;
b) gli unici mezzi affinché egli lavori b) l’uomo può esercitare l’autodisciplina e per
sono i controlli e la minaccia di lavorare non deve essere né controllato né minacciato
punizioni; di sanzioni;
c) l’obiettivo che si pone è quello c) l’uomo è disposto ad accettare responsabilità per
della sicurezza, per cui evita ottenere prestigio sociale e autoaffermazione;
accollarsi responsabilità, preferendo d) la capacità innovativa, l’immaginazione e la fantasia
essere diretto creativa, sono diffuse tra i lavoratori e possono essere
piuttosto che assumere posizioni di sfruttate per risolvere i problemi organizzativi;
leadership. e) le potenzialità medie dei lavoratori sono solo
parzialmente messe a frutto nelle attuali condizioni
aziendali.

+ La teoria Y  parte da un concetto fortemente positivo di uomo, visto che non solo come
essere da motivare, ma anche come individualità da valorizzare e coinvolgere nel processo
decisionale aziendale.
 Strategica è la capacità dirigente di far nascere e consolidare stretti legami di gruppo nel
contesto aziendale  PRINCIPIO DI CLAN rappresenta un’alternativa molto valida verso
quello della gerarchia. Questo perché se tra componenti del gruppo (CLAN) nascono valori
comuni d’impegno nei confronti degli obiettivi assegnati al gruppo stesso dal superiore
gerarchico, diventa superflua e controproducente l’attivazione del rapporto gerarchico per
ottenere il rispetto degli obiettivi.
 Sistema premiante  sistema attuato dalla dirigenza volto al riconoscimento dei meriti a
chi dimostra di avere più capacità professionale e maggiore volontà d’impegnarsi.
 LA LEADERPSHIP  L’adozione con successo di uno stile di direzione partecipativo è
legato all’accettazione della leadership. La leadership consente di indurre modificazioni nel
comportamento di altri individui.
Solo un’adeguata motivazione ed un costruttivo esercizio della leadership possono contribuire a
tenere elevate le performance dei singoli e dell’organizzazione nel suo complesso.
La leadership  BASATA SU VALORI INNATI NELLA PERSONA ovvero dalle sue doti
carismatiche anche se può essere rafforzata dalla formazione ed esperienza manageriale.
Cosa significa essere un leader?  significa saper creare spirito di corpo.

LEADERSHIP comporta requisiti di stile, di educazione, di equilibrio, di disponibilità, di apertura


di grandi valori umani.
Per diventare un buon leader bisogna:
a. Avere capacità di trasmettere valori, sentimenti, sfide
b. Voglia di competere e affermarsi
c. Tensione continua verso risultati
d. Traduzione di decisioni in operatività.

 La motivazione del personale mediante l’analisi e l’arricchimento delle mansioni


- La motivazione del personale si basa non solo sugli incentivi (fino ad ora discussi), ma anche
sull’ EFFICACE GESTIONE DELLE MANSIONI.
- Il ruolo del manager sarà anche quello di sfruttare al meglio l’organico della risorsa
umana, ossia comprendere le caratteristiche di ogni risorsa e valorizzarle.
- Il problema della motivazione  si pone al centro del contratto psicologico che lega il
lavoratore all’azienda quando si crea un buon grado di concordanza tra quello che il

49

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
dipendente ritiene di dover dare e ricevere dall’impresa e quello che corrispondentemente si
aspetta l’organizzazione. -
- Per facilitare integrazione tra i singoli e dell’organizzazione, oltre ad un sistema
PREMIANTE, si deve innanzi tutto incidere sulle MANSIONI, mediante L’IMPIEGO DI
TECNICHE DI ANALISI E VALUTAZIONE DELLE MANSIONI.
- La motivazione a produrre  importante è l’analisi delle mansioni (JOB ANALYSIS) ovvero lo
studio approfondito delle singole posizioni organizzative, diretto a valutare le caratteristiche
delle operazioni e dei compiti ad esse connesse, le conoscenze, le capacità richieste e le
responsabilità nei confronti di altre unità amministrative.
- LA JOB ANALYSYS  utilead indirizzare proficuamente l’opera di selezione e
addestramento del personale e agevolare il compito di assegnazione,
trasferimento e promozione degli uomini già operanti nella struttura.

- La motivazione a produrre può essere stimolata mediante :


a. Rotazione / job rotation  individuo ruota in mansioni diverse anche se sempre presenti
nello stesso ciclo produttivo al fine di rendere meno monotona la prestazione lavorativa e
porta ad una conoscenza più approfondita sul ciclo produttivo
b. Estensione / job enlargement  ampliamento della mansione. Affidamento di cicli
integrati di operazioni in modo da attribuire al prestatore una responsabilità di un’attività
completa.
c. Arricchimento delle mansioni / job enrichment  ampliamento verticale della mansione
mediante il coinvolgimento del subordinato nella fase decisionale oltre che operativa.
***

CAP 12: IL SISTEMA INFORMATIVO E I PROCESSI DI GESTIONE


Il contributo dell'informazione e dei processi di comunicazione sono chiamati a:
- indirizzare le scelte di chi dirige impresa
- coordinare il comportamento di chi esegue le attività operative
- supportare i processi di generazione della conoscenza

È richiesto di incrementare la velocità di assunzione delle decisioni per lo sviluppo e la


sopravvivenza aziendale ed è necessario avere le informazioni interne ed esterne.

Nel momento in cui si ha una carenza di informazioni, questo può pregiudicare la capacità di
risolvere i problemi in maniera tempestiva e di fissare gli obiettivi adeguati.
 Importante è il contributo del sistema informativo (S.I.) che rende disponibile le informazioni
che supportano sia i processi di assunzione delle decisioni sia lo svolgimento delle attività
esecutive.

Le informazioni devono essere raccolte, elaborate e trasmesse.


 Il S.I (sistema informativo) può essere scomposto in S.I.D (sistema informativo direzionale) e
sistema operativo.
Le informazioni sono il prodotto finale di un processo.

 Il sistema informativo (S.I.) deve possedere dei requisiti fondamentali:


a. Chiarezza,
b. Precisione
50

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
c. Completezza
d. Tempestività
e. Economicità.
Esse sono la base della conoscenza e la fonte dell'innovazione. Per questo motivo, la
gestione della conoscenza (knowledge management) è uno dei compiti strategici di chi
governa l'impresa.

 Il sistema informativo è composto da quattro elementi:

1. un patrimonio di dati: i dati sono la materia prima grezza; esso può essere definito come
la rappresentazione dello stato di un fenomeno. Ad esempio, il codice e il prezzo di ciascun
articolo passato alla cassa di un supermercato sono dati, ma la marca è un'informazione.
Per costruire una base di dati occorre integrare dati interni (che provengono dai sistemi
contabili ed extra contabili) con quegli esterni (relativi all'ambiente competitivo,
transazionale e al macroambiente).
2. insieme di procedure: esse sono un insieme di regole e norme da seguire per
l'acquisizione e l'elaborazione dei dati e la successiva diffusione delle informazioni
generate. Il processo di produzione delle informazioni si articola in 3 fasi: l'acquisizione
dei dati, elaborazione e l'emissione. è necessario individuare quali sono i dati da
raccogliere per soddisfare i fabbisogni. Un problema che potrebbe emergere è l'incapacità
di organizzarsi adeguatamente.
3. Un insieme di mezzi e strumenti: i mezzi tecnici tecnologici hanno contribuito a
velocizzare l'esecuzione di molte attività;
4. Un insieme di persone: il processo di produzione delle informazioni vede coinvolti tutti gli
utenti che fanno parte del sistema. Nelle prime fasi la raccolta e l'elaborazione dei dati
veniva eseguita esclusivamente dal personale specialistico e dai centri EDP (electronic
data processing), oggi però tutto il personale aziendale è attivo nell'utilizzo delle tecnologie
informatiche online e Real Time.
Nonostante le tecnologie, la componente umana rimane quella più critica.

Il sistema informativo aziendale può essere scomposto nel sistema informativo direzionale
(S.I.D.) e in quello operativo. I due sistemi sono interagenti.

- il sistema informativo direzionale elabora informazioni che supportano il management


aziendale nell'assunzione di decisioni complesse e nel controllo della relativa attuazione.
L'architettura di tale sistema è composta:
I. alla base da dati elementari,
II. al centro da datawarehouse (=magazzino di dati)
III. in cima i principali prodotti e applicazioni di business intelligence (es. report
direzionale, tableau de bord, what if analysis…)
- il sistema operativo, composto da una serie di sottoinsiemi, indirizza lo svolgimento delle
attività esecutive e ne controlla i risultati.

Il knowledge management (KM) è un approccio strategico che identifica nella conoscenza la


risorsa da gestire al fine di migliorare le capacità dell'individuo e dell'intera azienda.

51

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ UNO DEI PRINCIPALI OBIETTIVI  riuscire a far circolare e condividere la conoscenza è uno
dei principali obiettivi: trasformare il capitale di esperienze e di competenze fa sì che l'impresa
possa alimentare il processo di apprendimento continuo ed innovazione.
+ TRASFORMAZIONE DI CONOSCENZE INDIVIDUALI IN CONOSCENZE D’AZIENDA 
Dunque, l'impresa deve riuscire a trasformare le conoscenze individuali, capitale umano, in
conoscenza aziendale ossia capitale organizzativo. Questo processo di trasformazione può essere
in forma tacita o implicita ed esplicita.

La forma tacita è una forma diretta all'azione: l'individuo acquisisce delle conoscenze che
le esercita nella pratica ma che non è in grado di spiegarle.

La forma esplicita può essere codificata attraverso un linguaggio di manuali, procedure, norme
e altro.
La creazione della conoscenza richiede un processo dinamico di conversione che deve
realizzarsi su due livelli: dall'individuo all'organizzazione e dal sapere tacito a quello esplicito.
Questo processo possiamo descriverlo con il modello della spirale della conoscenza:
a. da implicita a implicita (socializzazione): la conoscenza è acquisita attraverso
l'osservazione del comportamento e quindi attraverso l'imitazione;
b. da implicita a esplicita (esteriorizzazione): si cerca di dare un'espressione linguistico
comunicativa della conoscenza;
c. da esplicita a esplicita (combinazione): realizzata attraverso il confronto con individui o
gruppi che sono portatori di una diversa visione della realtà;
d. da esplicita a implicita (interiorizzazione): la conoscenza assume la forma di una routine
che può essere trasformata in conoscenza tacita grazie al processo con cui l'individuo la
sperimenta e la mette in pratica.

La corretta implementazione del knowledge


management (KM) non deve fare solamente
riferimento alla realtà tecnologica ma anche alla
natura culturale: bisogna diffondere una cultura
partecipativa orientata al knowledge sharing. Tale
obiettivo non è semplice da raggiungere in quanto la
conoscenza può essere considerata una forma di
potere.

***
CAP 13: LA GESTIONE COMMERCIALE NELL’OTTICA DEL MARKETING
Nelle imprese viene definito una strategia complessiva, o di gruppo, di una più strategie
competitive (strategie di business).
Ogni impresa produce un bene o un servizio e dovrà curarne la distribuzione e la vendita
attraverso l'approvvigionamento dei materiali e dovrà governare la finanza, attuare la ricerca ecc.

La gestione operativa si svolge con caratteristiche problematiche diverse da azienda ad azienda.


La gestione tenderà a differenziarsi soprattutto in rapporto alla natura dell’attività e alle
dimensioni della struttura organizzativa.

GESTIONE OPERATIVA  si occupa del controllo ed esecuzione dei processi operativi, (non si
occupa di sviluppo aziendale).
Le funzioni operative di gestione sono inquadrabili in tre gruppi:
52

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- funzioni primarie, sono comuni a tutti i tipi di azienda e inserite all’interno dell’organizzazione;
- funzioni di supporto, caratterizzate da un grado minore di importanza e affidabili a centri
esterni di servizio;
- funzioni ausiliarie, delegate all’esterno.
Due sono i tipi di comportamento dell’impressa nei confronti del mercato:

1. orientamento al prodotto cioè la cura dei problemi attinenti al ciclo di produzione. Esso si
configurava in una situazione di mercato favorevole nella quale bastava produrre a prezzi accettabili
per riuscire a vendere e conseguire dei profitti.

Nb  orientamento all’impresa al prodotto cura principalmente i problemi di produzione

2. orientamento al mercato cioè accertarsi della vendibilità dei prodotti da realizzare; necessita di
analizzare la domanda globale. L’ORIENTAMENTO AL MERCARO RIGUARDA PRETTAMENTE LA
VENDITA DEL PRODOTTO.

3. orientamento al business si concretizza nella ricerca costante di nuove occasioni di affari da


aggiungere a quelle già sfruttate. La differenza principale tra orientamento al mercato e al
business è data dall'ampiezza dell'area di osservazione: nella prima ipotesi le opportunità sono
ricercate nel mercato in cui si è già presente mentre nel secondo caso (business) la ricerca si
estende a tutti i mercati.
L'orientamento al business è fondato sul concetto di marketing. Esso indica il processo
secondo cui l'azienda studia il mercato e poi i mercati che ritiene interessanti, analizza le
tendenze della domanda e la situazione della concorrenza, individua l'esistenza di opportunità di
business, crea la domanda per i nuovi prodotti… l'azione
di marketing si articola in tre effetti : nell'analisi del
mercato, nella programmazione dei prodotti e nella
programmazione della domanda e nell'esecuzione della
vendita.

Fare del marketing significa attribuire all'area commerciale


il ruolo di guida delle strategie competitive.
Le politiche di marketing compongono la
combinazione o mix di marketing. Queste possono
essere raggruppate in quattro politiche fondamentali
(prodotti, prezzi, promozioni e canali). Tale analisi è
conosciuta come le 4P (product, price, promotion and
place).
Le scelte del consumatore sono imprevedibili.
Il reddito di ciascuna unità consumatrice si fraziona in due parti:

- reddito impegnato per il soddisfacimento di bisogni essenziali o di prima necessità


- reddito discrezionale utilizzato per appagare i bisogni voluttuari (scelta dei bisogni da
soddisfare, scelta dei tipi di prodotto, scelta della marca).

Quando un consumatore acquista lo può fare per diverse motivazioni:

1. motivazioni razionali incentrate sul calcolo economico


53

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
2. motivazioni emotive collegate alla sfera dei sentimenti
3. motivazioni di patrocinio correlate alla fiducia nel produttore o nel distributore

Le motivazioni mutano non solo in funzione della natura del prodotto ma anche delle condizioni
del consumatore.

Bisogna richiamare il concetto di “segmentazione” del mercato: il mercato si può frazionare in


segmenti, ciascuno comprendente un particolare gruppo di acquirenti.
La parte difficile sta nell'individuare le caratteristiche principali che distinguono strati differenti di
mercato e nello scegliere quelli che meglio si prestano a distinguere le classi diverse di acquirenti;
I parametri utilizzati per la segmentazione del mercato sono: (parametri per distinguere classi
diverse di acquirenti)
- parametri demografici (età, sesso, razza, nazionalità, ampiezza della famiglia);
- parametri socioeconomici (reddito, professione, livello di istruzione);
- parametri ubicazionali (popolazione urbana, suburbana e rurale);
- parametri psicografici (personalità, autonomia decisionale, preferenza per l’innovazione);
- parametri comportamentali (disposizione all’acquisto, grado di fedeltà, benefici desiderati).

Il processo di segmentazione comporta anche la separazione dei vari segmenti di


mercato e la misurazione della loro consistenza. Di fronte ad un mercato segmentabile, l’impresa
può adottare tre differenti atteggiamenti:
- marketing indifferenziato: considera il mercato come se fosse omogeneo, cioè ignorando la
sua segmentabilità, e adotta un'unica strategia di marketing per tutti i consumatori;
- marketing differenziato: si indirizza verso un gran numero di segmenti di mercato, per
ciascuno dei quali sviluppa un diverso programma di marketing. Questa strategia pone in
grado di conquistare grandi fette di mercato, ma comporta maggiori costi di produzione,
amministrazione e promozione;
- marketing concentrato: si indirizza verso uno o pochi segmenti di mercato con un unico
programma di marketing. Questa strategia è adatta alle aziende che non intendono
raggiungere posizioni di leadership nel mercato.

La politica del prodotto attua un alto tasso di strategicità: si tratta di decisioni che
vincolano l'impresa per tempi lunghi, per ammortizzare gli investimenti e che determinano:

a. ampiezza dell’offerta (la maggiore o minore estensione della gamma di vendita);


b. differenziazione degli assortimenti (la distinzione interna alla gamma ed esterna rispetto
alla concorrenza);
c. innovatività delle produzioni (il tasso di rinnovamento e di ricambio dei prodotti posti in
vendita);
d. la riconoscibilità dei prodotti  visibilità dei prodotti (la scelta della marca e della
confezione).

La gamma di vendita si può caratterizzare in:

54

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I. ampiezza (tipologia produttiva)  raro che un’impresa venda solo una tipologia di
prodotto. Anche rapporti di complementarità e sostituibilità, possono suggerire
l’allargamento dell’offerta. I casi di maggiore rilievo sono quelli:

a. dei prodotti da REDDITO (in quanto generano maggiori flussi di cassa)


b. quelli STRATEGICI (essenziali per consentire il collocamento dei primi).
c. Prodotti da RICHIAMO  sono modelli che richiamano l’attenzione
dell’acquirente sull’intera gamma e contribuire così alla vendita dei prodotti da
reddito.
 Ampiezza risponde anche alla necessità di rinnovamento di prodotti destinati ad invecchiare ed
essere sostituiti.
II. profondità (assortimento)  inteso come più modelli, versioni o formati del prodotto.
Ogni tipo di prodotto viene portato al mercato in una varietà di modelli per una o più
ragioni:
a. caratteristiche intrinseche del tipo di prodotto
b. la segmentazione della domanda
c. invecchiamento dei modelli è differente e capacità di contribuzione al reddito
d'impresa

III. coerenza (affinità dei tipi di prodotti).


LA DIFFERENZIAZIONE DEI MODELLI E POSIZIONAMENTO DI MERCATO

La differenziazione si collega al tipo di strategia di marketing e alle posizioni di mercato da


occupare. Una decisione fondamentale riguarda il posizionamento dell'offerta (marca) nei
confronti della concorrenza.
Definizione di posizionamento  insieme di iniziative volte a definire caratteristiche del prodotto
dell’impresa ad impostare il MARKETING MIX più adatto per attribuire una certa posizione al
prodotto nella mente del consumatore.
+ problema del posizionamento  collegato a quello della segmentazione perché completa la
definizione del rapporto impresa-domanda-concorrenza.
+ a seguito della segmentazione, l’azienda sceglie la strategia DI MARKETING da attuare che
deve essere orientata in funzione delle fasce più particolari di consumatori da servire 
POSIZIONAMENTO.

 CONCETTO DI LEADERSHIP DEL SERVIZIO  l’importanza che un consumatore esercita


sull’impresa è fondamentale. Un cliente fornisce o fornisce un elemento di successo in termini
competitivi.
Segue quindi che molte imprese puntano al miglioramento del loro servizio riducendo tempi
di messa a disposizione  TIME-BASED-COMPETITION.
Obiettivi prioritari del MARKETING devono essere la CUSTOMER SATISFACTION e la
CUSTOMER RETENTION.

CICLO DI VITA DEL PRODOTTO E NECESSITA’ DEL RINNOVAMENTO DELLA GAMMA

L’esigenza di una pluralità di modelli e tipi di prodotto deriva anche dal naturale
invecchiamento della gamma e dalla necessità, quindi, di procedere in modo sistematico
al suo rinnovamento. A seconda dello stadio di vita, ogni prodotto ha un ciclo di vita.
55

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
IL CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO

1- introduzione in cui il prodotto si diffonde con una crescita molto lenta delle vendite
2- sviluppo in cui il prodotto si afferma rapidamente – espansione delle vendite ad un ritmo
rapido
3- maturità in cui le vendite continuano a svilupparsi ma ad un tasso più contenuto
(non c’è saturazione del mercato)
4- declino in cui le vendite si riducono a causa dell'immissione di un prodotto nuovo o per
la saturazione della domanda. Non è vero che sono negative (domanda falsa)

 È importante tener presente che il ciclo di vita del prodotto non ha sempre lo stesso
andamento. IN GENERALE  la curva del ciclo di vita del prodotto NON ha sempre lo stesso
andamento e viene rappresentata con una funzione logistica fino alla fase di stabilizzazione del
prodotto sul mercato, seguita da un tratto più o meno decrescente  FASE DI DECLINO. Tale
curva ha un andamento diverso in base alla:
a. Natura del prodotto
b. Alle politiche di mercato adottate.

+ ciascuna fase è caratterizzata da una diversa redditività e differente peso delle altre
politiche di marketing
 La matrice del portafoglio prodotti (matrice BCG) suddivide i prodotti in quattro classi in
funzione del cash-flow cioè del divario tra investimenti e ritorni. La matrice stabilisce un
rapporto diretto tra cash-flow riprodotto e condizioni interne ed esterne. In base a questi due
parametri si costituisce una matrice al cui interno vi sono i seguenti tipi di prodotti:
- Prodotti marginali o dogs  con bassa quota di mercato e lento sviluppo della
domanda. Flusso di cassa insoddisfacente se non addirittura negativo
- prodotti rischiosi o question marks  con bassa quota e rapido sviluppo della
domanda. Genera un cash-flow peggiore perché richiede elevati investimenti.
-prodotti di successo o stars  con alta quota e rapido sviluppo della domanda. Flusso di
cassa positivo, anche se è necessario continuare ad investire
-prodotti da reddito o cash cows  con alta quota e lento sviluppo della domanda.
Azienda ha un’elevata quota e quindi sfrutta la sua forza in un mercato poco interessante per
la concorrenza.

 La matrice definisce tappe diverse nella vita degli stessi prodotti e permette di determinare due
tipi di progressione:
- favorevole che prevede il passaggio da prodotto rischioso a prodotto di successo
- sfavorevole che ipotizza il passaggio da prodotto di successo a prodotto rischioso e a prodotto
marginale, ma anche da prodotto da reddito a prodotto marginale.

 La matrice più completa è quella della General Electric, fondata sull’attrattività del mercato e
sulla posizione competitiva  oltre a puntare alla quota del mercato, punta alla velocità della
sua crescita.
(qui a destra)  matrice delle posizioni di mercato

56

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I quadranti celesti denotano la necessità
per l’impresa di investire per rafforzare la
posizione di mercato detenuta dai suoi
prodotti. I quadranti rossi definiscono
posizioni di scarso interesse per le quali
sarebbe opportuno disinvestire e realizzare
quanto possibile. I quadranti bianchi sono
un’area intermedia nella quale le decisioni
aziendali sono di mantenimento in funzione
delle prospettive di evoluzione della
posizione occupata.
LA POLITITCA DELLA MARCA E ALTRE SCELTE CHE RIENTRANO NELLA POLITICA DEL
PRODOTTO:

+ un prodotto va visto come un generatore di fascio di utilità, un insieme di attributi


tangibili e intangibili che risponde alle esigenze di vario ordine

La marca è lo strumento promozionale per differenziare le produzioni aziendali e per


completare il messaggio rivolto dall’impresa alla clientela.
La marca è una garanzia. oltre alla marca anche il ruolo della confezione acquisisce un
vantaggio. possiamo dire quindi che la politica di prodotto si fonda su requisiti intrinseci ed
estrinseci per promuovere l'offerta di mercato.
- Marche industriali oppure commerciali  ex. Barilla, Lavazza
- marca unica per l'intera famiglia di prodotti  BRAND FAMILY o FIRM BRAND
- Marche per ciascun prodotto venduto  PRODUCT BRAND

LA POLITICA DI PREZZO

 La determinazione e l’amministrazione dei prezzi di vendita assumono maggiore importanza in


un a STRATEGIA DI PRICE COMPETITION.

+ La FISSAZIONE DEI PREZZI  avviene in 2 fasi: prima a livello di specifico articolo e


poi in funzione dell’intera gamma trattata.
Il problema della determinazione dei prezzi di vendita ha un ruolo importante. La determinazione
del prezzo passa per un processo di approssimazioni successive, in cui elementi di conoscenza, di
esperienza e di politica generale contribuiscono a definire le soluzioni da adottare.
 3 sono gli elementi per la determinazione dei prezzi:
1. il costo del prodotto
2. elasticità della domanda
3. pressione della concorrenza. Essa può essere:
a. concorrenza reale, cioè la presenza nel mercato di prodotti con caratteristiche più o
meno similari a quelle del prodotto considerato
b. concorrenza potenziale, cioè la possibile entrata di altri produttori una volta superate
certe soglie di prezzo
c. Concorrenza indiretta, cioè la minaccia di prodotti sostitutivi
d. grado di differenziazione del prodotto rispetto alla concorrenza
e. qualità del servizio fornito insieme al prodotto

57

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 La politica di prezzo è legata a quella della distribuzione. Gli orientamenti della strategia
di prezzo possono essere verso la penetrazione o la scrematura del mercato.
- penetrazione del mercato: mira a raggiungere il numero più ampio di acquirenti attraverso un
prezzo contenuto che consente di acquisire una larga fascia di clientela e di recuperare in
termini di profitto globale il minor margine unitario. la politica di penetrazione è consigliabile
quando è possibile ottenere economie di scala.

- scrematura del mercato: prefigge la conquista graduale di segmenti di mercato disposte a


spendere meno per acquistare il particolare prodotto. La sua politica i prezzi inizialmente
elevati e decrescenti ha come fine la massimizzazione del profitto come via per massimizzare il
profitto globale. essa è preferibile quando il prodotto può godere di una protezione diffusa nel
tempo.

Nella fase di determinazione dei prezzi è importante saper valutare se, tra i prodotti in vendita,
esistano delle relazioni di interdipendenza e quindi saper stabilire, in caso affermativo, in quale
modo esse debbano essere regolate. Per valutare l’interrelazione fra i prezzi dei prodotti
venduti, si può calcolare l’indice di elasticità incrociata, cioè, nell’ipotesi di bue beni A e B, il
rapporto fra la variazione percentuale della domanda del bene A rispetto a quella del prezzo del
bene B.
Dove: Ea, b = indice di elasticità incrociata;
Va = domanda del bene A;
Pb = prezzo del bene B.
Se l’elasticità della domanda del bene A rispetto al prezzo del bene B è: positiva, i beni sono
intersostituibili; negativa, i beni sono complementari; bassa o nulla, beni sono non correlati (la
domanda del bene A non risente delle variazioni del prezzo del bene B).

LA POLITICA DI COMUNICAZIONE
La politica di comunicazione ha come obiettivo quello di creare un rapporto positivo con tutti gli
stakeholders.

La promozione può essere definita come il complesso di azioni poste in essere per indurre,
preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato allo scopo di ritrarre
un vantaggio competitivo.
Lo scopo è di creare delle preferenze, di informare e di persuadere ad acquistare i beni prodotti
dall’impresa. Per indurre all’acquisto, la politica promozionale deve sfruttare le motivazioni
che determinano il comportamento del consumatore. I modelli elaborati dagli psicologi
concordano nell’individuazione di tre momenti o fasi successive:
- il momento cognitivo (stadio conoscitivo), in cui si acquisisce la consapevolezza del bisogno
da soddisfare e si inizia a rivolgere l’attenzione ai prodotti idonei a tale scopo;
- il momento emotivo (stadio affettivo), in cui l’attenzione si trasforma prima in interesse e poi
nel desiderio di disporre del prodotto; (attenzione-interesse-desiderio)
- il momento attivo (stadio comportamentale), in cui si passa alla fase materiale dell’acquisto
mediante una comparazione delle varie offerte di mercato.
58

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Le scelte dei beni di consumo non sono effettuate fra tutte le Marche presenti nel mercato, ma
soltanto fra quelle conosciute o meglio ricordate al momento dell'acquisto.
La politica promozionale può essere realizzata mediante:
1) l’attività di pubbliche relazioni;
2) la pubblicità;
3) la promozione in senso stretto;
4) l’attività persuasiva dei compratori.

Queste attività si collocano in posizioni differenti


nell’imbuto promozionale
1. Pubbliche relazioni: creare un'immagine
favorevole dell’impresa presso i pubblici con cui
essa entra in rapporto; lo scopo è di raggiungere il
più vasto pubblico possibile senza mirare
immediatamente a risultati di vendita

2. la pubblicità e l'attività più tradizionale di comunicazione; con essa si intende qualsiasi forma
di messaggio impersonale inviato a pagamento da un promotore individuato a coloro che sono
o possono essere interessati al prodotto. viene realizzato attraverso i media per propagandare
un nuovo prodotto, per rivitalizzarlo, per rafforzare l'affermazione della marca e per sottolineare
la presenza del prodotto del mercato.

3. la promozione in senso stretto crea particolari incentivi per l'acquisto dei prodotti aziendali

4. attività del personale di vendita / i venditori realizzano una più efficace azione commerciale.

LA POLITICA DI DISTRIBUZIONE COMMERCIALE


Nelle politiche di distribuzione commerciale, le scelte distributive riguardano la tipologia degli
sbocchi attraverso cui far defluire i beni posti in vendita, il loro numero e il modo di collegamento.
La distribuzione dei prodotti comporta scelte relative a:
 Determinazione del livello di contatto con il mercato: (fino allo stadio del commercio
all’ingrosso) che cosa è opportuno scegliere in livello di contatto ossia la tipologia degli
sbocchi, il loro numero è il modo di collegamento
 intensità della distribuzione: (vendita estensiva, selettiva o esclusiva) riguarda la scelta del
numero di sbocchi attraverso cui avviare i prodotti sul mercato. questa opzione riguarda la
decisione tra:
a. vendita estensiva: Cioè con la massima copertura dei punti finali di vendita;
b. vendita selettiva: attraverso un numero limitato e selezionato di sbocchi.

La scelta determinata in base alle abitudini di acquisto dei consumatori ma anche in base a fattori
di politica aziendale.
Aspetto orizzontale della distribuzione significa stabilire un numero di sbocchi determinando
l'intensità della distribuzione. è possibile misurare l'intensità della distribuzione attraverso il
grado di copertura del mercato. Questo grado è funzione del numero di punti di vendita e del
loro peso relativo, per cui si prendono in considerazione i due indici:

59

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 la quota numerica dei punti di vendita
 la quota ponderata

 al tipo di operatori; la scelta è tra:


- canali diretti (produttore- consumatore)
- canali brevi (produttore-dettagliante-consumatore)
- canali lunghi (produttore-grossista-dettagliante-consumatore)
- canali online (amazon, alibaba)  sono in forte espansione e sono organizzazioni
specializzate nella vendita della grande distribuzione.

cui affidare il collocamento del o dei prodotti aziendali (venditori aziendali, commercianti, ausiliari
mercantili
+ CANALE  decisione circa il modo di collegamento tra l’azienda e gli sbocchi prescelti.

+ La copertura distributiva va misurata sulla base di 2 indici:


a. QUOTA NUMERICA dei punti vendita  rapporto tra punti di vendita aziendali e punti di
vendita totali
b. QUOTA PONDERATA  rapporto tra il volume di affari realizzato dai punti di vendita
toccati dall’azienda e quello ottenuto da tutti i punti di vendita.

 La scelta del tipo di distribuzione si collega all’orientamento dell’azione di vendita da attuare:

- strategie di marketing di spinta (o di push), l’azienda deve far ricorso a forme distributive
particolarmente incisive e penetranti nei confronti del mercato da raggiungere;
- strategie di marketing di attrazione (o di pull), l’azienda deve sfruttare soprattutto lo
strumento pubblicitario.

LA QUALITA’ DEL MARKETING: il marketing relazionale e il customer relationship


management CRM

 Il Customer Relationship Management (CRM) deve consentire di mantenere un elevato


grado di fedeltà dei clienti. L’incremento della customer retention (cioè l’attitudine a soddisfare
e fidelizzare i clienti acquisiti) genera significativi effetti sulla profittabilità dell’impresa poiché:
a. Acquisire un nuovo cliente è un'attività che è un costo che potrebbe non essere
ammortizzato sulla singola transazione
b. la fedeltà dei clienti aumenta il flusso dei ricavi nel tempo
c. i consumatori fidelizzati attivano un processo di passaparola (WORD OF MOUTH)
d. i consumatori fidelizzati diventano sempre meno sensibili nei confronti di offerte
alternative, anche se economicamente più vantaggiose, per la percezione di switching
cost da sopportare nel passaggio a un nuovo fornitore.

L’obiettivo finale del marketing relazionale è il miglioramento della profittabilità della clientela
nel lungo termine e la massimizzazione del Customer Lifetime Value. Il CLV  definisce il
valore che un cliente può generare per una determinata impresa. In termini di ricavo, può essere
calcolato:

 La soddisfazione del cliente non basta: un cliente fedele è un cliente soddisfatto ma un


cliente soddisfatto non necessariamente è un cliente fedele.

60

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Essere fedeli è un processo complesso che pur fondandosi sulla SODDISFAZION necessita di
un piano che incentiva il cliente a ritornare, ripetere, ed aumentare i suoi acquisti ignorando le
proposte della concorrenza.
+ gli strumenti della FIDELIZZAZIONE sono numerosi: fidelity card, sconti…
***

CAP 14: IL PROCESSO DI PRODUZIONE E L’IMPIANTO


IL RUOLO DI PRODUZIONE E L’IMPIANTO
Le imprese possono competere mediante una strategia di leadership di costo o di
differenziazione che appare decisivo al processo di produzione.
La crisi economica ha indotto a promuovere ed agevolare un insieme di misure per rendere più
efficace l'attività di produzione attraverso l'innovazione tecnologica. Tutto questo è
possibile attraverso l'intensificazione degli investimenti e ad una elevata qualità del capitale
umano.

I problemi della produzione di beni poggiano sulle risorse umane; inoltre, i servizi sono
difficilmente conservabili. Per svolgere la funzione di produzione in maniera efficace occorre
disporre di una tecnologia appropriata;

+ il ciclo produttivo assume un carattere strategico e si pone al centro del processo di gestione,
ma tale posizione non si traduce in un rapporto di dipendenza.

In realtà la funzione di produzione è collegata a tutte le altre funzioni aziendali; ad esempio,


con la funzione commerciale e di duplice ordine sia per la necessità di indirizzare la produzione
secondo le tendenze di mercato sia per porre in fase il ciclo di produzione con quello di vendita; il
rapporto con la funzione finanziaria e stretto sotto il profilo della programmazione del fabbisogno di
capitale fisso il circolante.

 Le scelte di produzione sono strategiche perché impegnano RISORSE umane e


finanziarie. Accanto al profilo strategico va considerato il profilo operativo, il quale è
incentrato in prevalenza sui problemi di logistica industriale.
+ La produzione si svolge in fasi di predisposizione degli input, di trasformazione e di
ottenimento degli output.
 Elemento cardine dell'efficienza è rappresentato dal coordinamento tra i
processi di approvvigionamento, di produzione e di vendita . Questo
coordinamento si complica a causa della varietà del mix produttivo.

+ l’organizzazione della produzione porta sempre a relazioni commerciali e accordi


interaziendali perché NESSUNA AZIENDA E’ IN GRADO DI COMPIERE DA SOLA,
L’INTERO CICLO DI TRASFORMAZIONE DELLE RISORSE ORIGINARIE.

Le scelte di produzione possono essere distinte in tre gruppi:


- scelte strategiche, il cui obiettivo è di concorrere alla creazione del vantaggio competitivo
(qualità delle operazioni di trasformazione, flessibilità del ciclo produttivo, basso costo di
produzione e servizio da rendere alla clientela);
- scelte strutturali, il cui scopo è di costituire il sistema operativo, coordinando le risorse
disponibili;

61

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- scelte di gestione operativa, finalizzate alla razionalizzazione dell’operatività del processo
produttivo mediante la programmazione e il controllo della produzione.

IL RAPPORTO TRA STRATEGIA DI PRODUZIONE E STRATEGIA COMPETITIVA


La funzione di produzione è correlata alla strategia competitiva, perché consente di perseguire
l’obiettivo dei bassi costi necessari per una strategia di price-competitivo o garantisce la qualità
essenziale per una strategia di differenziazione. La strategia di produzione deve essere centrata
sugli aspetti prioritari della strategia competitiva, cioè deve assicurare il miglior contributo alla
creazione del vantaggio competitivo.

Le priorità strategiche possono essere rappresentate dalla qualità delle operazioni di


lavorazione, dalla flessibilità del ciclo produttivo, dal basso costo di produzione ed al servizio
rivolto alla clientela. A seconda dei settori in cui opera l'impresa, la produzione assume un
diverso grado di rilevanza strategica: un ruolo di neutralità rispetto alla concorrenza significa
che l'impresa è allineata a quella rivale; ruolo attivo quando l'impresa consegue un vantaggio
rispetto ad altre aziende.

La tecnologia va gestita in modo dinamico e non può più essere considerata come il
tradizionale know-how ma come l'abilità a rinnovare le caratteristiche qualitative e quantitative
della funzione di produzione.
Le principali scelte di produzione sul piano strategico riguardano:
- la determinazione del mix (tipologia e assortimenti qualitativi) e delle quantità di produzione;
- la progettazione dell’impianto (dimensione, tecnologia e servizi di supporto);
- la logistica (integrazione verticale e decentramento produttivo).

LA TIPOLOGIA DEI SISTEMI PRODUTTIVI

È possibile distinguere quattro diverse tipologie di processi produttivi: (questi tipi di produzione
sono ordinati secondo il grado di ripetitività e di uniformità dei prodotti:

1) produzione di beni per unità distinte: produzioni che si differenziano per caratteristiche
sostanziali (prestazioni tecniche, standard qualitativi).

La produzione su commessa comporta un’elevata capacità di adattamento alle


richieste della clientela, attrezzature meno specializzate e personale più versatile.
Una commessa può essere:
a. singola (progetto), l’output di processo è unico e caratterizzato da lunghi tempi di
realizzazione o da dimensioni considerevoli (nave, diga);
b. ripetitiva (job), l’output ha dimensioni inferiori e può essere rappresentato da più unità,
simili tra loro, e prodotte in numero limitate (auto fuori serie).
2) produzione omogenea continua: è caratterizzata dalla continuità e dall’indifferenziazione
dei prodotti posti in essere; è il modello tipico delle lavorazioni petrolchimiche, del
cemento e dell’acciaio, che si svolgono secondo processi continui quasi totalmente
automatizzati
3) produzione di massa standardizzata: è comune nelle situazioni in cui si può sfruttare il
principio delle economie di scala. Questo è possibile quando l’omogeneità del mercato

62

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
consente di fornire agli acquirenti il medesimo tipo di prodotto, commercializzabile “al
pezzo”.
4) produzione di massa differenziata: basata su un’elevata standardizzazione delle parti
componenti e sulla creazione della differenziazione in fase di montaggio. Questo tipo di
produzione si definisce “per lotti” in quanto si sviluppa nell’allestimento di particolari serie
di prodotti, caratterizzate da alcune differenze

 La variabilità dei gusti e delle tendenze dei consumatori fa crescere il rischio


dell’invenduto.
 Il concetto di posponimenti significa la tendenza di iniziare la produzione solo dopo aver
ricevuto l'ordine; in questo caso il rischio sta nel momento in cui si dovesse superare il lead
time.

 Le decisioni circa la lavorazione in proprio o l’acquisto all’esterno di componenti, parti ed


accessori del prodotto, sono prioritarie ai fini dell’organizzazione dei cicli della lavorazione.

+ DECENTRAMENTO PRODUTTIVO si può distinguere tra:


I. outsourcing, opzione revocabile di ricorso al mercato per certe forniture; equivale ad
una modalità di approvvigionamento (utile per ridurre i costi fissi);
II. deintegrazione, opzione strategica di rinuncia a certe fasi di lavorazione prima svolte
all’interno dell’organizzazione; equivale ad un accorciamento della filiera verticale. =
scelta organizzativa.
+ Deintegrazione, rappresenta una scelta diffusa nell’attuale economia globale

La filiera di produzione è il complesso delle imprese che partecipano alla


trasformazione di una serie di materiali in prodotti finiti (o prodotti finali), contribuendo alla
realizzazione di un bene da destinare al mercato di consumo o ad utilizzatori industriali.

a. Prodotto finito: quando esce dal ciclo di lavorazione di un’azienda. Attiene


all’impresa produttrice.
b. Prodotto finale: non richiede ulteriori trasformazioni per essere destinato a un
particolare uso. Si riferisce all’utilizzo diretto per il consumo o per produrre altri beni.

Le imprese possono suddividere la loro produzione tra più stabilimenti. Nelle aziende
multiplant, l’organizzazione dei cicli produttivi si amplia fino a comprendere un modello di
rete di impianti, differentemente da caso a caso. Quando un’azienda dispone di più unità
produttive, il problema del dimensionamento si affianca a quello di scelta del modello di
suddivisione dei cicli o delle linee di produzione.
Le soluzioni adottabili sono:
a. modello di ripetizione: ogni centro produttivo lavora gli stessi prodotti;
b. modello di parcellizzazione: ciascun impianto svolge una parte del processo di
fabbricazione, producendo parti da avviare ad alcuni stabilimenti centrali di montaggio;
c. modello di specializzazione: ogni impianto produce un particolare tipo di prodotto della
gamma aziendale.

L’ESIGENZA DI FLESSIBILITA’ NELLA PROGRAMAMZIONE DELL’IMPIANTO

63

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
La disposizione fisica delle strutture tecnico-produttive, che compongono lo stabilimento e
l’impianto, costituisce il cosiddetto lay-out.

LAY OUT  temine che deve intendersi come la disposizione delle strutture edilizie, delle
macchine, delle attrezzature e dei posti di lavoro all’interno della fabbrica, allo scopo di
ottimizzare l’impiego delle quattro M (Men, Materials, Machines, Money) che gli americani
includono nell’equazione della produzione, rendendo più rapido e diretto il movimento dei materiali
in corso di lavorazione e riducendo i tempi di ozio.

La sistemazione dei macchinari può seguire i seguenti criteri:


1- lay-out funzionale, i macchinari possono essere raggruppati per tipo di attività svolta;
2- lay-out per prodotto, i macchinari possono essere posizionati in sequenza secondo le
lavorazioni successive necessarie per giungere alla realizzazione di un prodotto finito;
3- lay-out a postazioni fisse, in caso di progetti di rilevante ingombro (navi, aerei) e le
correlate difficoltà di spostamento di semilavorati nelle varie fasi di lavorazione, il prodotto
resta fermo e sono le risorse necessarie alla produzione a ruotare nel suo intorno;
4- lay-out a celle, quando i prodotti vengono accorpati in gruppi caratterizzati da sequenze di
lavorazione simili, ogni gruppo di lavorazioni ad essi destinate viene assegnato ad una
cella, in modo da poter lavorare i prodotti che condividono le lavorazioni in quella
particolare cella. (per lavorati)
 Diversi tipi di organizzazione:
i. ciclo continuo: la lavorazione si svolge ininterrottamente dall'ingresso dei materiali
fino all'uscita del prodotto finito; le tappe di lavoro seguono procedure e tempi
prestabiliti
ii. ciclo intermittente: il processo è suddiviso in fasi e assegnando ciascuna di queste ha
un particolare reparto centro operativo; in ogni fase ci sarà un accumulo di scorte in
entrata ed in uscita e bisognerà risolvere il problema.
iii. ciclo misto: il lavoro è in parte continuo ed in parte intermittente.

 Le scelte qualitative riguardano la determinazione del layout, il livello della


tecnologia e l'organizzazione del lavoro in fabbrica. L'esigenza di fondo è quella di assicurare
la flessibilità. A questo proposito bisogna distinguere:
- il grado di elasticità o flessibilità economica, cioè la capacità dell’impianto di essere
competitivo anche in condizioni di parziale utilizzo
- il grado di flessibilità tecnica, cioè la capacità dell'impianto di adattarsi a produrre beni
differenti senza incorrere in costi non sopportabili sotto il profilo competitivo.

 I progressi in fabbrica sono stati straordinari sotto due profili:

- automazione ha raggiunto un punto ottimale grazie all'informatica e alla robotica.

a. INFORMATICA ha permesso di produrre a ciclo continuo su commessa


b. LA ROBOTICA ha permesso di sottrarre all'uomo i lavori più pericolosi e faticosi.

- Flessibilità  il governo computerizzato del processo ha permesso variazioni complesse


nelle fasi di lavorazione con tempi di preparazione ed attrezzaggio macchina (set-up)
nell’ordine addirittura di pochi minuti.

Nell’allestimento dell’impianto si sono affermati i sistemi computerizzati  utili per la gestione di


fasi di progettazione dei prodotti, per il controllo di cicli di produzione e per la movimentazione di
materie prime.
64

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 IL DIMENSIONAMENTO DELLA PRODUZIONE E DELL’IMPIANTO
Una delle scelte più difficili è il dimensionamento dell'impianto in quanto si riflette sull'economicità
e rischiosità dell'investimento.

L'obiettivo è quello di individuare la dimensione ottimale, definibile come quella idonea a


minimizzare il costo unitario di prodotto.
Sotto il profilo dimensionale è opportuno tener presente due scelte:
1. la determinazione della capacità produttiva massima dell'impresa
2. la determinazione della potenzialità ottimale degli impianti.

La decisione circa il volume globale di produzione deriva dalla considerazione di fattori di


mercato, cioè dalla previsione delle quote di vendita nei mercati in cui opera l’impresa. Questa
previsione dovrà essere proiettata ad un certo periodo di tempo, in modo da consentire un
progressivo adeguamento degli impianti.
È evidente che la domanda di mercato avrà alti e bassi. Ciò significa che se l’impresa volesse
adeguarsi agli andamenti della domanda, gli impianti sarebbero caratterizzati da un grado di
utilizzazione che andrebbe diminuendo al diminuire della domanda.

+ La rigidità degli impianti causerebbe però uno spreco di costi nell’ipotesi di parziale
sfruttamento dell’impianto. Per questo motivo si ricorre alla manovra delle scorte. Per
l’impresa si tratterà quindi di stabilire la capacità di produzione intorno al livello medio della
domanda, in modo da poter soddisfare, mediante le scorte, le esigenze del mercato continuando a
produrre un quantitativo costante di output.
Un impianto è un sistema complesso costituito da una serie di macchine definiti come fattori
quanti, cioè un bene di servizi. La macchina è progettata per svolgere un numero di operazioni e
quindi l'impresa tende allo sfruttamento integrale dei fattori quanti. Il problema sorge nel
momento in cui non tutte le macchine raggiungono lo stesso ritmo di lavoro, in altre parole i
fattori quanti presentano dei limiti.

+ IL DIMENSIONAMENTO DELL’IMPIANTO  deve rispondere anche alla


minimizzazione del rischio e non solo alla minimizzazione del costo unitario di
produzione.
Ogni azienda opera con una certa struttura di costi e ricavi e quindi con una diversa “leva
operativa” la quale si traduce nell’opportunità di diminuire i costi globali unitari di produzione nel
momento in cui aumenta il volume prodotto. Più elevata l'incidenza dei costi fissi sul costo totale
più aumenta il rischio ma più cresce il vantaggio generato delle attività produttive.

Dato che in qualsiasi struttura di costo vi sono dei:


a. costi indipendenti dal volume di produzione e di vendita
b. Costi che variano in rapporto ai movimenti di tale volume,

E’ sempre necessario raggiungere un volume minimo di attività per recuperare


integralmente i costi fissi e variabili. Questo volume, che è caratterizzato dal fatto che i
ricavi uguagliano i costi complessivi, è quello corrispondente al punto di pareggio o
break-even point (bep), perché in quella condizione per l’impresa dovrebbe essere
indifferente produrre o rimanere inattiva.
65

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
È sempre necessario raggiungere un certo volume di attività per recuperare integralmente
i costi fissi e quelli variabili. Punto in cui i R=C  bep (punto di pareggio)

Il margine di sicurezza (legato al concetto di BEP) rappresenta la differenza (espressa


solitamente in percentuale della capacità massima di produzione) tra il previsto volume di utilizzo
dell’impianto e quello a cui corrisponde il punto di pareggio.
Volume utilizzo impianto - BEP
LA PROGRAMAMZIONE DELLE OPERAZIONI DI PRODUZIONE
Nella programmazione della funzione di produzione occorre distinguere l’ottica di lungo termine,
cioè la programmazione della capacità produttiva dell’impianto, da quella di breve termine, cioè
dalla programmazione delle operazioni durante l’esercizio. Per essere efficace, una
programmazione della produzione deve articolarsi:

- nel medio-lungo termine per costituire la capacità produttiva necessaria in rapporto agli
obiettivi strategici dell’impresa;
- nel breve termine per allocare le risorse disponibili, in modo da raggiungere i traguardi di
produzione posti dal programma annuale di vendita;
- nel brevissimo termine per organizzare il lavoro dei centri di produzione in funzione delle
quote settimanali o mensili da realizzare.
-
IL CONTROLLO DI EFFICIENZA DELLA PRODUZIONE. Fattori statici e dinamici

Gli obiettivi dell'efficienza economica e della customer satisfaction sono centrali


nell'organizzazione e nello svolgimento della funzione di produzione. nell'area della produzione il
controllo si articola nel:
a- controllo dei risultati di produzione  prestazioni fisiche in termini di assortimenti e
produttività delle risorse impegnate;
b- controllo di qualità dei prodotti  rispondenza dei prodotti alle specifiche tecniche di
progettazione e al rendimento garantito al consumatore (controllo su campione);
c- controllo economico o di valore (value analysis)  individuazione delle possibili aree di
risparmio di costo nella funzione produttiva (tale controllo è necessario quando “i costi si
fanno sui prezzi”).

Nei mercati moderni, in cui sempre più spesso “i costi si fanno sui prezzi”, diviene dunque
elemento essenziale, l’efficienza organizzativa che si traduce nel miglioramento
dell’economicità dei processi aziendali.
A tale riguardo, gli obiettivi da perseguire sono rappresentati:
1. dallo sfruttamento ottimale dell’impianto (massimizzazione delle ore lavorate con riduzione
dei tempi di fermata delle macchine, di pausa degli operai e delle operazioni di set-up);
2. dalla massimizzazione della produttività, mediante organizzazione del lavoro e formazione
del personale;
3. dalla razionalizzazione dei consumi di materie prime e ausiliarie mediante riduzioni di
perdite, cali di lavorazione…
4. dall’idoneità dei servizi di supporto alla produzione (magazzino, ricerca, trasporti interni,
ecc.).

66

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Per valutare il grado complessivo di sfruttamento delle risorse si può calcolare il rapporto
tra le ore produttive impegnate e quelle impegnabili: che ore produttive sono quelle di attività
effettiva delle macchine e misurano quelle non produttive collegate con tempi di attrezzaggio
delle macchine stesse con l'interruzione del flusso di materiali e via dicendo.
5. la riduzione degli scarti che rimanda al controllo di qualità  strumento essenziale di
efficienza della gestione produttiva.
 Il total Quality management è intesa come una vera e propria filosofia il cui approccio è
orientato al miglioramento continuo e si fonda su dei valori aziendali.
In sintesi, le scelte strategiche si possono ricomprendere sotto l'aspetto delle:
a. scelte di impianto  caso in cui le decisioni fondamentali riguardano sia l'equilibrio tra la
flessibilità dell'automazione sia l'equilibrio tra ciclo di produzione e ciclo di vendita.

b. l'aspetto dell'organizzazione del processo  caso in cui l'organizzazione deve consentire di


rispondere ad un obiettivo di efficienza generale rispettando un tempo sopportabile per il
cliente.
***

CAP 15: LA GESTIONE DELLA FINANZA, ASPETTI STRATEGICI E OPERATIVI


 La gestione finanziaria
La funzione finanziaria comprende il complesso di decisioni e di operazioni volte a reperire e ad
impiegare i fondi aziendali.
+ gestione finanziaria può essere un vincolo assoluto se non si possiedono altre fonti.
+ Nell’assunzione delle scelte d’investimento la risorsa finanziaria rappresenta un vincolo assolto
quando è impossibile reperire ulteriori mezzi necessari per dare attuazione all’investimento.
La gestione finanziaria può essere inquadrata sotto il profilo:
- strategico, si considerano le decisioni finanziarie di lungo periodo, intese ad ottimizzare
l’impiego e la raccolta dei fondi;
- operativo, si includono i compiti di attuazione e di controllo delle decisioni prese.

La gestione del piano finanziario richiede la creazione e il mantenimento


dell’equilibrio tra fonti e impieghi nel lungo, nel breve e nel brevissimo termine.
La gestione finanziaria deve rispettare tre tipi di equilibri fondamentali, diversi ma
interdipendenti tra loro:

1. equilibrio economico tra ricavi e costi, equilibrio che deve tradursi in un divario
positivo per la formazione del profitto;
2. equilibrio finanziario, cioè il bilanciamento tra impieghi di capitale e fonti di provvista
dello stesso;
3. equilibrio monetario tra entrate e uscite di cassa preservando la liquidità.

Le interrelazioni tra i tre equilibri dipendono dal fatto che il ciclo di formazione dei COSTI
e RICAVI incide sull’altezza del fabbisogno di capitale e sul ciclo dei movimenti monetari.

Solo nel tempo lungo è chiaro che i costi corrispondono al totale delle uscite e il totale dei
ricavi al totale delle entrate. 67
Perché appunto in un arco di breve, ci sono costi e ricavi anticipati e costi e ricavi differiti

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 a livello strategico, le decisioni dovranno rispettare obiettivi:

a. obiettivi economici
b. obiettivi finanziari
c. obiettivi monetari

 La gestione finanziaria ha un diretto impatto su tutti e tre gli equilibri.

La finanza si caratterizza per un maggiore accentramento al vertice dell’organizzazione e per la


delega di responsabilità di carattere operativo ai piani più bassi dell’organizzazione.

I problemi di fondo della gestione finanziaria sono quelli di programmazione degli investimenti e
delle fonti di copertura.
Nell’assunzione delle scelte d’investimento, la risorsa finanziaria può rappresentare un:
- Vincolo assoluto, che si determina quando è impossibile reperire ulteriori mezzi necessari per
dare attuazione all’investimento;
- vincolo relativo, che si configura quando sussiste un divario sfavorevole tra redditività
dell’investimento e costosità del capitale necessario ad attuarlo.

Nella programmazione degli investimenti vanno distinti casi di maggiore peso finanziario da
quelli di carattere operativo.
Nella prima ipotesi (casi di maggior peso finanziario) si tratta di condurre valutazioni complesse
che devono tenere conto di numerose variabili; mentre nel secondo caso (quelli di carattere
operativo) decisioni di minore impegno finanziario.
A questo proposito il problema degli investimenti varia in relazione alle diverse epoche di vita
dell’impressa e all'impatto del progresso tecnologico sulle vicende aziendali.
In presenza di un sistema evoluto di programmazione, la determinazione degli investimenti
rientra nella formulazione delle strategie e richiede un'apposita procedura (capital budgeting). Per
condurre a queste valutazioni, si ricorre a tecniche di carattere economico-finanziario.
- Stabilire l'accettabilità di un progetto rispetto a valori standard prefissati.
- comparare progetti alternativi, cioè una lista di priorità tra più proposte di investimento.

 La previsione del fabbisogno finanziario


Nella programmazione finanziaria, il primo passo consiste nella DETERMINAZIONE DEL
FABBISOGNO DI CAPITALI
L’impresa ha bisogno di capitali per finanziare i processi di investimento e per far fronte alla
gestione aziendale.

Il fabbisogno finanziario aziendale è uguale alla somma del capitale fisso (necessario
per acquisire le immobilizzazioni materiali e immateriali) e del capitale circolante
(necessario per alimentare il ciclo acquisti-produzione-vendite).

68

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
L'ammontare del fabbisogno varia a seconda della fase di costituzione o di funzionamento
dell’impresa.
a. Nella fase di COSTITUZIONE si tratta di determinare il fondo di capitali per creare la
struttura iniziale e per coprire esigenze della fase di avviamento;
b. Nella fase di FUNZIONAMENTO il problema riguarda l'alimentazione del processo e il
soddisfacimento di ulteriori esigenze

- il fabbisogno di capitale fisso è legato al grado di capitalizzazione dei processi operativi,


cioè all’esigenza di disporre di maggiori immobilizzazioni per lo svolgimento delle funzioni di
produzione, di commercializzazione, di amministrazione, ecc. Più cresce la consistenza degli
impianti e delle attrezzature più aumenta il fabbisogno di capitale fisso;
- il fabbisogno di capitale circolante è correlato AL CICLO DI REINTEGRO DEI CAPITALI, detto
anche CICLO DI REINTEGRO DEL CIRCOLANTE.

RIGUARDO ALLE INTERRELAZIONI ESISTENTI TRA I 3 CICLI (ciclo economico, monetario e


produttivo).
a. (ciclo di produzione – ciclo di costo) Ciclo di produzione (concomitante con la lavorazione
delle materie prime, risulta di norma posticipato rispetto alla formazione del costo.
b. (salvo rari casi) il conseguimento del ricavo segue il completamento del ciclo produttivo.
c. (ciclo economico – ciclo finanziario)  il pagamento delle forniture avviene, con termini di
pagamento che dipenderanno sia dagli usi commerciali sia dalla forza contrattuale delle parti.
E’ possibile che il pagamento sia eseguito in contanti all’atto dell’acquisto o addirittura in
maniera totalmente o parzialmente anticipata.

 Lo sfasamento tra i differenti cicli di gestione comporta l’esigenza di capitale circolante.


il capitale circolante netto è pari alla differenza tra attività e passività.
Capitale circolante commerciale, somma algebrica tra valore delle scorte di magazzino e debiti
verso fornitori

Obiettivo dell’impresa sarà quello di stimare il fabbisogno finanziario netto, in modo da


prevedere l’esigenza di reperire nuove fonti di copertura oppure individuare le migliori opportunità
di impiego di fonti esuberanti. La decisione di questo patrimonio deriva dall’analisi della dinamica
finanziaria, all’interno della quale si legano gli aspetti economici finanziari della gestione.
Gli strumenti per conoscere tale dinamica sono:
a. l’analisi dei flussi di capitale circolante
b. l’analisi dei flussi monetari.

La gestione finanziaria deve preservare la solvibilità (equilibrio finanziario) e la liquidità


(equilibrio monetario) dell’impresa.

69

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 Le scelte di struttura finanziaria: minimizzazione degli oneri e del rischio finanziario

La struttura finanziaria è determinata dalla scelta delle fonti di copertura del fabbisogno
aziendale. Essa può assumere caratteristiche molto differenti in funzione della partecipazione dei
soci e delle condizioni del mercato dei capitali.
Le variabili incidenti sul fabbisogno finanziario sono:
- le operazioni di investimento e di alienazione dei beni impiegati nella gestione corrente e
patrimoniale;
- il livello delle scorte di magazzino (se le scorte diminuiscono il fabbisogno finanziario
diminuisce);
- le condizioni di pagamento applicate ai clienti;
- le condizioni di pagamento stabilite con i fornitori;
- il livello di liquidità (se la liquidità aumenta il fabbisogno finanziario aumenta).
La prima voce incide sul fabbisogno di capitale fisso, mentre le altre sono correlate al fabbisogno
di capitale circolante in senso stretto.
Le modalità di copertura del fabbisogno finanziario sono:
 dotazione di mezzi propri, legati all’impresa con vincolo di capitale;
 risultato economico della gestione (autofinanziamento);
 finanziamento interno dei soci;
 finanziamento esterno attinto presso i risparmiatori, le banche, i clienti, i fornitori e i
dipendenti.

A livello strategico, la gestione finanziaria si concretizza nell’assunzione e nell’attuazione


delle scelte che incidono sul fabbisogno e sulle vie di copertura. Questa scelta è orientata dal
rispetto di alcuni principi fondamentali:
a. omogeneità: suggerisce che il fabbisogno e i mezzi di copertura devono avere la stessa
proiezione temporale;
b. flessibilità: è la possibilità di modificare la struttura finanziaria in rapporto all’evoluzione del
fabbisogno. La flessibilità della struttura dipende dalla particolare combinazione delle
fonti di finanziamento;
c. elasticità: è la possibilità di espandere l’area di manovra delle scelte finanziarie. Una
struttura finanziaria è tanto più flessibile quanto più è in grado di modellarsi in rapporto alle
esigenze della gestione; invece è tanto più elastica quanto più facilmente può essere
espansa, cioè quanto maggiori sono le possibilità quali-quantitative di espanderla;
d. economicità: l’ottimizzazione delle scelte finanziarie dipende dalla massimizzazione del
divario tra rendimenti dell’investimento e costosità del capitale.

In sintesi, la gestione finanziaria dovrebbe essere orientata la minimizzazione degli oneri


finanziari e alla minimizzazione del rischio finanziario. il rischio può essere:

- strutturale, tradotto come nello squilibrio delle fonti rispetto agli impieghi che può portare
all’insolvenza (incapacità di sostenere i processi di investimento e le esigenze di capitale
circolante)
- congiunturale, legato a occasionali carenze di cassa che può portare all’illiquidità
(momentaneo deficit di cassa).

70

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
+ sempre in riferimento del RISCHIO  un’azienda dovrebbe sempre disporre di RISERVE
FINANZIARIE. Costituiti da mezzi propri, capacità ulteriori di indebitamento.

 L’articolazione del fabbisogno e la leva finanziaria


Per scegliere le fonti di finanziamento bisogna analizzare/prevedere il fabbisogno di capitali e
conoscere il mercato dell’offerta dei capitali stessi. Il fabbisogno di capitali è la risultante di quattro
tipi differenti di esigenze:
i. fabbisogno strutturale, permanente nel tempo perché legato alle caratteristiche di
struttura dell’impresa (lungo termine, permanente);
ii. fabbisogno corrente, permanente nel tempo perché correlato al volume di attività
della gestione corrente (breve termine, permanente);
iii. fabbisogno straordinario, legato ad esigenze di lungo periodo, destinato però a
cessare in un arco ampio di tempo (lungo termine, non permanente);
iv. fabbisogno occasionale, collegato a fenomeni congiunturali e imprevedibili, i
cui effetti si svolgono nel breve periodo (breve termine, episodico).

La scelta delle fonti di finanziamento avviene in funzione degli obiettivi di economicità,


omogeneità, flessibilità ed elasticità posti alla gestione finanziaria nel suo complesso.

Una delle scelte fondamentali da assumere riguarda il livello di indebitamento per l’impresa.
Questa scelta deve essere orientata da fattori qualitativi riguardanti il livello di rischio, la rigidità
della struttura e il presumibile effetto del fattore leva finanziaria. La leva finanziaria esprime la
capacità dell’indebitamento, in determinate condizioni (ovvero quando ROI > i), di ampliare la
redditività aziendale (reddito ottenuto sul capitale proprio [ROE]).

 Le principali fonti di finanziamento.


Capitale proprio: l’investimento di capitale proprio rappresenta una fonte di finanziamento a
lungo termine perché i mezzi così immessi nella gestione sono destinati a permanervi
durevolmente.
+ fonte di finanziamento permanente
Autofinanziamento: reinvestimento dei profitti nell’attività aziendale. In condizioni di normalità, cioè
in presenza di una gestione economica e finanziaria equilibrata, parte cospicua dei nuovi
investimenti dovrebbe essere coperta mediante l’autofinanziamento.
Finanziamento soci: nell’ipotesi di un fabbisogno occasionale di capitali, i soci possono far
affluire propri fondi sotto forma di finanziamento diretto.
In tal caso, concedono delle anticipazioni all’azienda oppure sottoscrivono direttamente un
prestito obbligazionario. In entrambe le alternative i soci si possono riservare il diritto di chiedere
la restituzione dell’anticipazione o il rimborso delle obbligazioni in qualsiasi momento.
+ tempo = medio-breve
Mercato mobiliare: più ricorrente ma non molto diffuso, questo canale di finanziamento consente di
ampliare la struttura finanziaria dell’impresa, in modo da favorire, mediante operazioni di
aumento di capitale e successivo collocamento azionario, la promozione di processi di sviluppo
dimensionale.

71

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Obbligazioni: tra le fonti creditizie bisogna inserire anche i risparmiatori o gli investitori
istituzionali, i fornitori e gli stessi dipendenti dell’impresa. L’impresa può procurarsi mezzi finanziari
emettendo prestiti obbligazionari e cambiali finanziarie, chiedendo credito ai fornitori, attingendo a
conti di deposito alimentati dai suoi dipendenti.
Credito bancario: è la fonte di credito più frequente e può assumere una differente estensione
temporale e concretarsi in forme tecniche diverse. Il finanziamento può essere ottenuto per lunghi
tempi (operazioni di mutuo) o per tempi brevi (aperture di credito, sconto di effetti,
anticipazioni su titoli e merci, ecc.).
Leasing: con il leasing l’impresa non è costretta a sopportare immediatamente il peso
dell’investimento perché ottiene il bene mediante un contratto di locazione con diritto di
riscatto del bene dopo un certo numero di anni e ad un prezzo prefissato (di solito molto basso).
In tal modo l’impresa può utilizzare immediatamente il bene pagando un canone periodico
e riservandosi alla fine del contratto di assumere una decisione circa l’acquisto dell’oggetto
dell’operazione.
Una forma particolare di leasing è il lease-back, che consiste nel vendere ad una società di
leasing un bene posseduto, ma allo stesso tempo richiedendolo in locazione alla stessa società
acquirente. In questo modo l’azienda venditrice ha due vantaggi: ottiene un finanziamento a
fronte dell’alienazione di un bene di proprietà, di cui non perde l’uso, e sfrutta l’effetto fiscale
delle operazioni di leasing.
Factoring: si traduce nello sconto di fatture o di titoli di credito imperfetti e può avere luogo con la
formula “pro solvendo” oppure “pro soluto”. si tratta tipicamente di un'operazione con la quale
l'impresa riesce a rendere il credito liquido concesso alla clientela.
Il FACTORING è un metodo di finanziamento a breve scadenza per un fabbisogno corrente
(non strutturale).
Forfaiting: è la vendita pro-soluto (cioè con il rischio di insolvenza condiviso tra il debitore e il
cedente del credito stesso) di effetti cambiari che, in rapporto alla loro scadenza e al grado di
rischio di incasso, vengono ceduti in base al loro valore facciale decurtato in ragione di un tasso di
sconto a “forfait”. Solitamente i titoli di credito sono tratti emessi da esportatori e accettate dagli
imprenditori esteri. I vantaggi per l’esportatore sono rappresentati dalla rapidità d’incasso del
credito e dall’eliminazione di qualsiasi rischio finanziario conseguente all’operazione di vendita
all’estero.

Prestiti dipendenti: forma di finanziamento estero  credito mercantile cioè il credito diretto
collegato ad operazioni di scambio.
***

Capitolo 16: GLI APPROVIGIONAMENTI E IL PROCESSO LOGISTICO


 La logistica quale processo (supply chain)
Logistica in entrata  sistema di connessione tra l’approvvigionamento di materiali
Logistica in uscita la trasformazione produttiva e il collocamento dei prodotti realizzati.
Il processo logistico si attua mediante due flussi:
- flusso fisico dei materiali (materie prime, semilavorati, parti componenti e prodotti finiti), che
ha inizio dal momento dell’evasione dell’ordine da parte del fornitore e si conclude con il
ricevimento della merce da parte dell’impresa;

72

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- flusso di informazioni, che attraversa in senso bidirezionale l’intero processo.

L’obiettivo da raggiungere è rappresentato dal migliore equilibrio tra:


a. costo della logistica
b. standard di servizio reso ai clienti interni (organi della produzione) ed esterni
(consumatori).
In termini più concreti, bisogna minimizzare i livelli delle scorte e massimizzare il livello di servizio
alla clientela.
La velocità del ciclo di evasione dell’ordine del cliente, il rispetto dei tempi di consegna e la
salvaguardia delle caratteristiche di sanità del prodotto contribuiscono in modo decisivo alla
customer satisfaction e, quindi, alla fidelizzazione della clientela. All’interno del processo
logistico i due sotto-processi di maggior rilievo sono quelli di approvvigionamento e di
distribuzione.

Per funzione di approvvigionamento si intende il processo di acquisto e di gestione delle


scorte dei materiali diretti all’alimentazione dei cicli di lavorazione.

Il suo obiettivo è di assicurare l’economicità della gestione degli acquisti e di preservare la


continuità dei cicli di lavorazione. Il rifornimento di materiali deve garantire l’ininterrotto
svolgimento della produzione, al fine di evitare tempi di ozio per l’impianto e di conseguenza
costi sprecati per l’azienda.

Nell’organizzazione della funzione di approvvigionamento si distingue tra;


a. aspetti strategici  scelte più ampie e complesse
b. aspetti tattici.

L’’aspetto strategico si lega a scelte più ampie e complesse e dipende dalle caratteristiche
dei cicli di produzione e dei mercati di rifornimento.
L’impostazione del processo di approvvigionamento è legata a due elementi:

 la criticità dei materiali da acquistare, cioè l’impresa dovrà assicurare di rifornimento


materiali, componenti, parti o accessori che possono creare ostacoli nel ciclo di
lavorazione, bloccando fasi importanti o impedendo il processo terminale di allestimento
del prodotto finito;
 l’impatto economico sul costo totale del prodotto, cioè se l’impresa lavora con un basso
valore aggiunto, l’economicità degli approvvigionamenti riveste un carattere fondamentale
per la competitività aziendale.

Incrociando questi due elementi si può costruire una matrice, che consente di distinguere i vari
tipi di acquisti e suggerire i modelli organizzativi per gestire il relativo processo di
approvvigionamento. Sotto tale profilo, i materiali si possono dividere in:
A. materiali leva o chiave, il cui peso economico, dati gli elevati costi di acquisto e di
magazzinaggio, incide sul profitto finale dell’impresa, ma presentano un basso rischio di
reperimento sul mercato;
B. materiali strategici, hanno un ruolo critico nell’allestimento del bene oggetto di
produzione da parte dell’impresa, perché sono di difficile reperimento e di elevato
impatto sulla redditività;
73

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
C. materiali “colli di bottiglia”, sono caratterizzati dalla difficile reperibilità ma da un peso
economico modesto;
D. materiali “non critici” o di “routine”, sono facilmente reperibili sul mercato e hanno
un’incidenza modesta in rapporto al valore del bene da produrre.

La gestione della funzione di acquisto comporta la definizione di politiche commerciali nei


confronti di fornitori e di piazze diverse, di quantità e tempi di rifornimento, di condizioni di
pagamento e di ricevimento dei beni acquistati.
Si ha a che fare con un’organizzazione più o meno articolata: al vertice dalla funzione è utile che vi
siano uno o più approvvigionatori (buyer), che conoscano i mercati di acquisto e che
siano in grado di prendere le decisioni più convenienti e nel momento più opportuno. Inoltre, il
responsabile della funzione di approvvigionamento deve agire di concerto con i responsabili di
altre funzioni aziendali ed è per questo che dovrà:
v. crearsi una rete ampia e differenziata di fornitori
vi. prevedere l’andamento del mercato
vii. ricorrere a formule contrattuali che riducono i rischi di acquisto
viii. sapere applicare l’analisi del valore per tutti i materiali da acquistare
ix. partecipare alla gestione attiva degli stock

La funzione di approvvigionamento comporta il ricorso a competenze tecniche sempre più


sofisticate per effetto della globalizzazione. la contrattazione in questi casi è favorita da coloro che
ne fanno uso. Un altro aspetto rilevante e per coloro che fanno uso della logistica del riciclo,
fondata sulla restituzione e riutilizzo dei materiali di scarto.

Il fenomeno delle scorte assume un'importanza decisiva ai fini della funzionalità operativa del
sistema aziendale e genera oneri e rischi rilevanti nell'economia dei processi produttivi. la
programmazione e il controllo sono fondamentali per il miglioramento dell'efficienza
globale dell’impresa.
In sintesi, la logistica riguarda l'organizzazione dei magazzini, i processi di approvvigionamento e
di distribuzione e la gestione delle scorte. per l'approvvigionamento due sono le innovazioni di
maggior rilievo: la prima e la costruzione di reti trasversali interaziendali che raggruppano
produttori e fornitori con rapporti di stretta collaborazione mentre la seconda e il ruolo esercitato
dal web.
***

Capitolo 17: LA FUNZIONE DI RICERCA E SVILUPPO

La funzione di ricerca e sviluppo, istituita nell'organizzazione per lo studio e la promozione


delle innovazioni, può assumere un'importanza molto diversa da impresa a impresa e questo
dipende dal settore considerato.

Viene chiamata funzione organica quando ha come compito:


a. miglioramento del processo produttivo;
b. studiare e impiegare nuovi materiali
c. soprattutto curare il rinnovamento della gamma di vendita.
In altre parole, è il risultato di un disegno strategico supporta già in termini finanziari.

74

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
L'innovazione è considerata la via principale per conquistare e conservare il vantaggio
competitivo: la causa di fondo e che i mercati sempre più caratterizzati da un eccesso di offerta e
dall'ampliamento dei confini geografici della concorrenza, la strategia di differenziazione e la
ricombinazione delle risorse aziendali è divenuta premiante come strategia.

Le innovazioni possono riguardare singolarmente o contemporaneamente le funzioni di


produzione, l'offerta di mercato, e il processo direzionale ed essere stimolate dal progresso
tecnologico (technology push) e dagli stessi consumatori (demand pull).

L'innovazione di maggior impegno è quella tecnologica. le innovazioni più complesse e


rischiose da assumere sono le modifiche del modo di produrre (know-how) e nei prodotti.

Per chiarire il concetto di tecnologia e innovazione tecnologica , bisogna distinguere tra:

- tecnologia in senso stretto, cioè un processo o insieme di processi che consentono di


applicare un complesso di tecniche, competenze ingegneristiche e conoscenze scientifiche alla
produzione industriale, limitando così l’innovazione alla sola area industriale [visione
industriale];
- tecnologia in senso lato, cioè l’applicazione di conoscenze tecniche e strumenti alla
risoluzione dei problemi [visione post-industriale]

Lanciare un nuovo prodotto è molto rischioso; le finalità sono diverse: soddisfare un bisogno
che prima non esisteva, consentire l'ingresso in un nuovo segmento di mercato oppure sostituire i
prodotti obsoleti o invecchiati.

La realtà insegna che non tutte le innovazioni sono efficienti ed è per questo che bisogna fare
un'attenta valutazione:
 misurazione della vendibilità del nuovo prodotto
 verifica tecnologica
 definire le risorse finanziarie necessarie
 stimare la convenienza economica dell'operazione
 valutare la sostenibilità ambientale

CLASSIFICAZIONE DELLE INNOVAZIONI NELL’IMPRESA:

Le innovazioni possono essere strategicamente distinte in:


- offensive, dirette ad acquisire un nuovo vantaggio competitivo e ad erodere le posizioni di
mercato della concorrenza diretta;
- neutrali, rivolte ad annullare ritardi sotto il profilo dell’efficienza funzionale, così da porsi sullo
stesso piano degli altri competitori;
- difensive, orientate a ridurre il gap tecnologico (ma non ad eliminarlo) in limiti che non
lascino svantaggi competitivi insostenibili.

Portata o effetto dell’innovazione :


a. novità assoluta= innovazione radicale
b. modifica di innovazioni già sperimentate= innovazione incrementale
c. cambiamenti non essenziali di innovazioni già in essere = innovazione marginale

75

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
ASPETTO DEL GRADO DI PROTEZIONE DELL’INNOVAZIONE PRODOTTA: Un altro aspetto
importante è quello del grado di protezione dell’innovazione prodotta. In questo caso le
innovazioni si classificano in:

- protette, cioè sussistono strumenti giuridici di difesa (esempio: brevetto);


- proteggibili, quando la protezione è legata al sostenimento di investimenti promozionali
e/o tecnici in grado di scoraggiare il processo imitativo (marca);
- non protette, quando l’imitazione appare semplice e accessibile da parte dei competitori.

SOTTO PROFILO ECONOMICO  Sotto il profilo economico, è importante la velocità di


recupero dell’investimento, atteso che le innovazioni possono avere un differente ritorno nel
tempo:
 redditività immediata è in grado di presentare una difesa più consistente contro i rischi
dell’imitazione
 redditività diffusa e futura deve poter beneficiare, per tempi più o meno lunghi, di
meccanismi di protezione.
INNOVAZIONI TECNOLOGICHE PIANO OPERATIVO  Per quanto riguarda le innovazioni
tecnologiche (nel piano operativo), si distingue tra:

- innovazioni di prodotto, rivolte ad apportare variazioni alla gamma di vendita;


- innovazioni di processo, intese a migliorare l’efficienza dei cicli di lavorazione;
- innovazioni d’impianto, consistono nella messa a punto d’impianti con più elevati
coefficienti di rendimento.

GRADO DI IMPATTO SULL’ORGANIZZAZIONE:

 innovazioni autonome: riguardano innovazioni che possono essere attuate


indipendentemente da altre innovazioni;
 innovazioni sistematiche devono inserirsi in un sistema di innovazioni e possono produrre
vantaggi solo se accompagnate da altre innovazioni; esse trovano la sede più propizia nelle
maggiori imprese.

La promozione di un'innovazione di prodotto richiede investimenti e grandi rischi: la


profittabilità inizia nella fase di sviluppo cioè dopo aver superato l'introduzione nel mercato.
Il finanziamento di terzi è molto limitato soprattutto quando non si hanno garanzie sufficienti; in
caso di iniziative molto promettenti, anche se rischiose, possono intervenire degli speciali
finanziatori come, ad esempio, i “venture capitals e business angels” i quali apprezzano
maggiormente la rischiosità.

La politica riguarda il carattere offensivo o difensivo delle scelte e i tempi di lancio


dell'innovazione di prodotto. Sotto il primo aspetto il processo può assumere caratteristiche di
originalità e imitazione, mentre nel secondo aspetto caratteristiche come anticipazione e attesa.
Distinguiamo:

- first mover: è quello che vuole conquistare per primo una posizione, acquisendo un
vantaggio iniziale ma assumendo maggiori rischi.
Vantaggi  occupazione immediata del mercato, creazione di fedeltà alla marca,
acquisizione di leadership tecnologica, difficoltà maggiori per il passaggio ai prodotti
della concorrenza.
76

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Svantaggi  maggiori rischi di insuccesso, costi più elevati di ricerca e sviluppo,
concentrazione temporale dell'investimento, inadeguatezza professionale di fornitori e
distributori.
- Follower: è l'innovatore che preferisce limitare rischi e attendere il buon esito
dell'iniziativa per decidere se imitarla.

L'innovazione è il risultato di una “filiera” che si compone di:

- ricerca scientifica pura,


- di ricerca applicata
- di progetti di sviluppo industriale.

La fonte principale è la conoscenza, accumulata con l'esperienza.


Tuttavia, solo le aziende più grandi sono in grado di disporre strutture complete, in grado di
promuovere il processo innovativo. Ad esempio, nel nostro paese, il legislatore ha introdotto
delle agevolazioni fiscali in modo da favorire la produzione e la commercializzazione delle
innovazioni tecnologiche.

 ricerca di base o pura: di carattere pubblico, si caratterizza per l'elevato grado di


incertezza derivante dall'insufficiente grado di conoscenze e inizialmente disponibili
sull'oggetto dell'indagine.
 ricerca applicata: trova più spazio in campo aziendale, gli sforzi sono condotti verso la
formalizzazione ed il consolidamento delle conoscenze acquisite durante la fase della
ricerca di base;
 Progetti di sviluppo industriale: essa è affidata a gruppi di lavoro e ha come
obiettivo lo sfruttamento economico dell'invenzione con il mutamento dell'attività di
trasformazione industriale e\o il lancio di prodotti nuovi.
 La produzione delle innovazioni presenta aspetti organizzativi molto diversi a seconda
delle caratteristiche dell’impresa; si passa dall'istituzione di un'apposita funzione di ricerca e
sviluppo a politiche basate sulle iniziative spontanee e sugli eventi occasionali.

 Per creare il clima più favorevole allo sviluppo dell'iniziativa e della creatività individuale
occorre adottare:
- forme organizzative snelle o appiattite
- metodi di programmazione
- stili di conduzione partecipativi
- sistemi di controllo in grado di sviluppare l'iniziativa personale

La sua genesi, spesso si collega l'efficace combinazione di risorse interne ed esterne secondo un
modello di “open Innovation”.
***

Capitolo 18: LA GESTIONE AMMINISTRATIVA DEL PERSONALE


La gestione del personale è complessa e richiede l'impiego di competenze manageriali e
psicologiche. La complessità è legata agli aspetti da considerare:
1. un profilo strategico che concerne le scelte per la formazione
2. un profilo organizzativo che riguarda la definizione delle mansioni
77

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
3. un profilo direzionale o di conduzione correlato i problemi della motivazione e guida
dei lavoratori occupati nell'impresa
4. un profilo amministrativo-contabile relativo alla regolamentazione del rapporto
contrattuale e alla sua gestione negli aspetti giuridici e finanziari.

La visione strategica incide sulla valorizzazione delle risorse umane, cioè sulla formazione del
capitale intellettuale e le abilità individuali (skill), le capacità e le competenze da impegnare nelle
attività aziendale. Questi aspetti favoriscono l'integrazione e sviluppano il suo impegno per il
raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Nel profilo amministrativo, rientrano le procedure di acquisizione delle risorse necessarie per lo
svolgimento delle attività e la definizione dei rapporti contrattuali.

Importante valutare sono i requisiti professionali e caratteriali dei candidati da selezionare per
l'ingresso in azienda; non bisogna solo tener conto delle competenze richieste ma anche
dell'attitudine dei singoli ad inserirsi in un contesto organizzativo caratterizzato da una storia
e da valori che devono essere compresi e condivisi. Una volta assunti, i lavoratori devono
essere addestrati e curati e tutto ciò richiede degli investimenti.
Bisogna valutare i seguenti elementi:
a. qualità attitudinali e requisiti caratteriali
b. esperienze in relazione alle mansioni da ricoprire in azienda
c. titoli di studio posseduti
d. risultati di prestigio
e. disponibilità alla mobilità e ai trasferimenti di sede
f. aspettative e bisogni da soddisfare

Il mercato del lavoro è in rapida evoluzione per fatti strutturali e congiunturali, basti pensare allo
sviluppo del lavoro a distanza noto con il nome di “smart working”. Un mercato più flessibile
permette di ricorrere a forme di inserimento non definitive. Ma secondo gli imprenditori si
possono trarre dei vantaggi facendo ricorso a forme alternative che permettono di
incrociare domanda e offerta di lavoro. Inoltre, agevola l'inserimento lavorativo e amplia le
occasioni di lavoro.
Anche in Italia la legislazione sul lavoro è orientata su una struttura più flessibile, in cui al posto
fisso si sono affiancate forme di occupazione cosiddetta atipica:
 part-time: un'occupazione regolare con orario giornaliero o settimanale ridotto rispetto a
quello considerato normale; questa forma è utilizzata anche in combinazione con lo smart
working
 Lavoro interinale: una particolare forma di lavoro temporaneo svolto mediante
l'intermediazione di un'impresa specializzata. si genera quindi una relazione che
intercorre fra tre soggetti:
a. l'agenzia di lavoro che ricerca, assume e colloca personale presso altre imprese
b. il lavoratore subordinato da questa assunto
c. l'impresa cliente dell'agenzia che utilizza le prestazioni del lavoratore per il tempo
ritenuto necessario
 job sharing: Con questa modalità, due lavoratori si dividono una prestazione di lavoro
di cui sono entrambi responsabili; in questo modo si può conciliare l'impegno lavorativo con
quello personale
78

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 lavoro intermittente a chiamata
 staff leasing: relativa di un gruppo di lavoro che è affittato da un'impresa utilizzatrice
 temporary management: una forma di lavoro temporaneo prevista per i ruoli direttivi

I vantaggi di questo strumento di flessibilità del lavoro dirigenziale sono: la rapidità dell'intervento,
l'immediata disponibilità di competenze di elevato livello, la specificità dell'azione, la misurabilità
dei risultati.
+ Al contratto l'impresa può concedere ai lavoratori dei servizi (auto aziendale, ticket pasto,
abitazione…). Queste modalità migliorano l'aspetto economico.
Il problema della retribuzione è particolarmente avvertito nel nostro Paese per l’incongrua struttura
del salario, dovuta ad eccessiva incidenza degli oneri contributivi.
La parte legale e contrattuale della gestione dei rapporti di lavoro è quasi sempre responsabilità
della struttura che si occupa del processo di amministrazione contabile.

In ogni azienda la sicurezza deve essere assicurata sotto il profilo del contesto lavorativo e
dello specifico posto di lavoro. Per queste ragioni viene nominato un responsabile della
sicurezza e redatto un piano di valutazione dei rischi in grado di garantirne la prevenzione. Sotto
il profilo organizzativo le aziende di non piccole dimensioni fanno ricorso a istituti di certificazione
della qualità aziendale.

I problemi relativi alla gestione del personal e assumono complessità diverse in base alla
dimensione dell’impresa.

Funzione di amministrazione contabile: vengono assegnate le responsabilità di tenuta della


contabilità generale e di IVA, l'analisi dei costi, l'emissione e il pagamento delle fatture, il ruolo
paga del personale, il controllo delle entrate delle uscite finanziarie.

L'aspetto contabile si caratterizza per il volume rilevante di operazioni da compiere in modo


ricorrente secondo procedure prefissate, mentre quello finanziario si contraddistingue per il
carattere di programmazione di controllo e dell'impiego di fondi nel corso della gestione.

I compiti di natura contabile costituiscono un supporto essenziale per il funzionamento


dell'organizzazione. Essi soddisfano non solo esigenze di informazione, ma rispondono alla
necessità di curare i rapporti finanziari nei confronti dei lavoratori e dei gruppi esterni con i
quali l'impresa entra in contatto.
Altri compiti più impegnativi sono sotto il profilo della responsabilità: ad esempio l'affidamento
alla direzione amministrativa del recupero dei crediti verso la clientela; dei rapporti con il fisco;
dell'amministrazione di beni immobili, di partecipazioni azionarie, di proprietà industriali .
***

Capitolo 19: LA PROGRAMMAZIONE, IL CONTROLLO FINANZIARIO E LA


VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI.
Nella conduzione aziendale occorre programmare la gestione finanziaria per evitare rischi di
insolvenza e di illiquidità, derivanti da squilibri tra impieghi e fonti, entrate ed uscite.
Per tenere sotto controllo la situazione finanziaria e monetaria si utilizzano diversi documenti:

79

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
1. il prospetto delle fonti e degli impieghi: costruito solitamente per periodi biennali o
triennali riporta l'andamento dei flussi finanziari con l'indicazione degli usi e delle fonti di
capitale. serve per:

- valutare l'equilibrio tra il fabbisogno finanziario e le possibili fonti di finanziamento per un


periodo pluriennale
- controllare che tale equilibrio si è raggiunto e mantenuto nel rispetto del principio della
omogeneità.

Le fonti sono distinte in tre gruppi:


fonti della gestione, rappresentano nel loro complesso il cash-flow
fonti correnti, comprendono i debiti a breve
fonti non correnti, comprendono i debiti a medio lungo termine, l'aumento di capitale…

gli usi sono divisi in:


 usi correnti, relativi al finanziamento dell'esercizio
 usi non correnti, relativi a processi di investimento, di rimborso dei debiti verso i soci e di
distribuzione di dividenti
il prospetto consente di determinare tre saldi:
o saldo finanziario, deriva dalla contrapposizione di usi e fonti non correnti e che riguarda
la modificazione della struttura finanziaria dell’azienda;
o saldo corrente, deriva dalla contrapposizione tra fonti ed usi correnti ed attiene ai tre cicli
(di produzione, economico e finanziario);
o saldo complessivo, è la somma algebrica di questi due saldi.

Con il prospetto delle fonti e degli impieghi: è possibile verificare anticipatamente le


alternative per la copertura dei flussi finanziari determinati dagli usi.
Nel caso in cui i tre saldi tendono a zero, vi è la situazione ottimale; Nel caso in cui il saldo
complessivo risultasse positivo bisognerà ricercare opportunità di investimento per evitare
di tenere della liquidità infruttifera. Nel caso il saldo complessivo risultasse negativo occorrerà
provvedere alla sua copertura o al ridimensionamento degli impieghi.

La costruzione del prospetto delle fonti e degli impiegh i deve avvenire per fasi
successive, tenendo presente che alcuni impieghi di capitale sono obbligati, mentre altri lo
diventano per preservare le condizioni di efficienza del processo produttivo.
80

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
2. il prospetto dei flussi monetari delle operazioni di esercizio: per ogni partita l'entrata o
l'uscita effettiva è data dalla somma algebrica tra l'ammontare dei crediti\debiti all'inizio
dell'esercizio, incassi e le uscite durante l'esercizio e l'ammontare dei crediti\debiti alla fine
dell'esercizio. Il prospetto può chiudere con un saldo negativo, cioè un fabbisogno di
esercizio per il quale occorrerà trovare un’adeguata copertura, oppure con un saldo
positivo, cioè disponibilità nette della gestione

3. il quadro generale dei movimenti monetari: serve per determinare le modalità monetarie
di copertura o di impiego del fabbisogno o delle disponibilità globali. All'interno vengono
indicate tutte le uscite e tutte le possibili fonti di entrata.

4. il piano di cassa o budget: consente lo sviluppo analitico dei documenti monetari


precedenti, in quanto considera, su base solitamente mensile, il flusso delle entrate
delle uscite di gestione. Serve per valutare l'andamento di brevissimo termine
delle entrate e delle uscite e a prevedere il saldo periodico delle disponibilità di casse e
banca. Questo per controllare la possibilità
di coprire, con i mezzi liquidi
disponibili, gli eventuali saldi monetari negativi, e per valutare,
nell'ipotesi di un loro incremento, più favorevoli opportunità di impiego a
brevissimo termine.
Il piano di cassa dovrà essere tenuto costantemente sotto controllo.
Bisogna comprendere le entrate e le uscite previste tenendo conto che:

- per quanto riguarda le entrate i tempi di verificazione possono essere certi, molto probabili
e probabili;

81

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
- mentre per le uscite bisogna fare attenzione alle uscite fisse mensili o di periodicità più
lunga.

L’efficacia dell’investimento è collegata ai suoi ritorni diretti e indiretti, tangibili e


intangibili. Il rendimento di ogni investimento andrebbe stimato in rapporto:
- al suo ritorno economico (differenza tra ricavi e costi attualizzati); - ai vantaggi economici
prodotti in altre aree dell’organizzazione aziendale (rendimento indiretto);
- ai ritorni non economici o di qualità, in grado di accrescere le risorse intangibili dell’impresa.

Principali metodi di valutazione dei progetti di investimento:


1) metodo della redditività dell’investimento (ROI): questo metodo non considera il tempo
ma solo la redditività massima dell’investimento.
2) metodo periodo di recupero (payback period): questo metodo tende a valutare il grado
di rischiosità di un investimento, in quanto misura il lasso di tempo entro cui gli incassi
ottenibili riescono a reintegrare totalmente il capitale impiegato. L’elemento determinante è
il tempo di esposizione al rischio piuttosto che il rischio in sé, quindi, il fattore principale di
comparazione è la velocità di recupero dell’investimento da compiere e il periodo
necessario per ottenere da esso un reddito accettabile. Può essere anche utilizzato
permettere in comparazione più progetti
3) metodo del tasso di redditività attualizzata: in questo metodo va inserito nelle
misurazioni il “valore” del denaro. Quest’ultimo è stabilito:
- oggettivamente dal mercato, sotto forma del tasso corrente di interesse;
- soggettivamente dall’investitore, in rapporto alla sua preferenza verso disponibilità liquide.

Con questo metodo si attualizzano i flussi di cassa futuri derivanti dall’investimento, in


modo da permettere una migliore comparazione di progetti alternativi. Con esso si può
valutare anche l’accettabilità di ciascun progetto, cioè stabilire se la sua redditività
attualizzata sia superiore al costo del capitale.
Una volta determinati i flussi di cassa generati dal progetto, i metodi a cui si fa ricorso per
l’analisi della redditività attualizzata sono:
- tasso interno di rendimento (TIR): con il quale si individua il tasso di attualizzazione che
rende uguali i flussi degli introiti e degli esborsi. Si indica con: E=flusso di introiti; U=flusso di
esborsi; x=tasso di attualizzazione.
Σ (Ei – Ui) (1 + x) ^-i = 0
Una volta trovato il TIR, la convenienza dell’investimento potrà essere valutata in funzione della
differenza tra questo tasso e quello corrispondente per il reperimento dei fondi necessari.

- valore attuale netto (VAN): per l’applicazione di questo metodo si assume un tasso di
attualizzazione pari a quello del costo del capitale (c), in modo da determinare il valore attuale
del progetto. In formula si ha:

VAN = Σ (Ei – Ui) (1 + c) ^-i


Il progetto risulterà tanto più conveniente quanto più elevato sarà il suo valore attuale netto.

4) metodo del valore finale (terminal value).

82

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
I limiti di questi parametri: Essi non tengono conto della flessibilità strategica
dell’investimento da valutare. Ogni progetto di investimento dovrebbe essere valutato in funzione
delle opzioni reali disponibili in ordine a possibili cambiamenti o differimenti in fase realizzativa.

Le opzioni strategiche (opportunità di modificazione di un progetto) individuate in teoria sono:


- opzioni di sviluppo, cioè opportunità di crescita aziendale offerte dall’attuazione
dell’investimento;
- opzioni di abbandono, legate alla possibilità di interrompere il progetto d’investimento
quando ci si renda conto che il ritorno non è né potrà essere conveniente rispetto
all’immobilizzo di risorse;
- opzioni di differimento, correlate alla possibilità di scelta del tempo dell’investimento, i cui
effetti non possono essere influenzati da comportamenti più tempestivi della concorrenza;
- opzioni di flessibilità, legate alla possibilità di modificare l’investimento intrapreso a seguito
del modificarsi dell’ambiente esterno.
***

CAP. 20 - LA MISURAZIONE DELLA POTENZIALITA’ ECONOMICO-STRUTTURALE


Lo strumento utilizzato per misurare la potenzialità economico-strutturale è il diagramma di
redditività, utile per valutare gli effetti delle scelte aziendali sulle relazioni costi-volumi-risultati.
BEP GRAFICO  Per costruire il grafico è necessario rilevare o stimare l’altezza dei ricavi e dei
costi fissi e variabili al livello massimo della potenzialità produttiva o di vendita dell’azienda.
+ Può essere costruito in base a dati storici o stimati.
+La costruzione del grafico avviene in modo tradizionale, su di un diagramma cartesiano,
ponendo:
- sull’asse delle ordinate i costi e i ricavi, espressi in termini monetari o in percentuale del
volume massimo del fatturato;
- sull’asse delle ascisse la base di riferimento di tali costi, che può essere il grado di utilizzazione
degli impianti o il volume di produzione o di vendita espresso in termini monetari o di quantità
fisiche di prodotti (volume di attività);

 Le linee dei ricavi complessivi e dei costi complessivi si incontrano in un punto (P). La
proiezione di questo punto sull’asse delle ascisse (q) è chiamato punto critico o punto di
pareggio (break even point) e segnala che il profitto è pari a zero.
Il punto P definisce due triangoli che rappresentano:
- l’area delle perdite, cioè l’insieme dei volumi produttivi e di vendita per i quali si
sostengono costi superiori ai ricavi;
- l’area dei profitti, cioè l’insieme dei volumi produttivi e di vendita per i quali si ottengono
ricavi superiori ai costi complessivi.

 La differenza tra il volume realmente prodotto e venduto ed il volume necessario ad


ottenere il pareggio economico si può definire:

a. margine di sicurezza, valore positivo (contrazione massima che può subire il volume di
produzione/vendita prima di entrare nell’area delle perdite);
b. margine di deficit, valore negativo (espansione del fatturato necessaria per ottenere il
pareggio tra ricavi e costi complessivi)

83

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 Dalla posizione del punto di pareggio si può evincere il grado di potenzialità economico-
strutturale dell’azienda. Il punto di pareggio delimita, infatti, l’ampiezza dimensionale dell’area
delle perdite e dei profitti:
a. se si muove verso sinistra, migliora la potenzialità economico-strutturale in quanto si
amplia l’area dei profitti, questo può essere dovuto a una diminuzione dei costi o un
aumento dei ricavi;
b. se si muove verso destra, cioè si avvicina al punto di massimo sfruttamento degli
impianti, risulta minore la potenzialità economico-strutturale dell’azienda, che corre il
rischio di trovarsi immediatamente nell’area delle perdite; questo può essere dovuto a un
incremento dei costi o una diminuzione dei ricavi.

Al punto di pareggio è legato il concetto di leva operativa intesa come il rapporto tra la
variazione percentuale del reddito operativo e quella delle unità vendute. LA LEVA OPERATIVA
può essere definita come il grado in cui vengono sfruttati i costi fissi nell’attività operativa.
Un’azienda che ha un’elevata proporzione di costi fissi rispetto ai costi totali e ai ricavi ha un’alta
leva operativa perché, al crescere della quantità prodotta, vede crescere più rapidamente il suo
reddito operativo rispetto ad un’altra azienda con una leva operativa più bassa.
CONCETTO DI LEVA OPERATIVA si collega quindi alla struttura dei costi e misura le
conseguenze di un migliore sfruttamento dei costi fissi sul risultato operativo aziendale.
Nb  La leva operativa NON è uguale alla variazione percentuale delle vendite diviso la
variazione percentuale del reddito operativo.

BEP ANALITICO. Il punto di pareggio può essere determinato, oltre che graficamente, anche in via
analitica.
La linea dei ricavi è espressa da un’equazione del tipo > R = y
R = ricavi; y = volume produttivo o di vendita (nell’ipotesi di una perfetta uguaglianza tra valore del
volume di produzione e di vendita e valore dei ricavi)
La linea dei costi complessivi può essere espressa da un’equazione del tipo >
C = ay + k
C = costo complessivo; a = coefficiente angolare della linea dei costi variabili (rapporto tra i costi
variabili totali e ricavi complessivi);
k = costi fissi.
Per avere il punto di equilibrio è necessario che i ricavi siano uguali ai costi cioè -> y = ay + k da
cui

Analiticamente il volume di produzione o di vendita corrisponde al punto di


equilibrio espresso in volume monetario di produzione e di vendita, il quale è dato dal rapporto
tra i costi fissi e la differenza tra i ricavi unitari ed il coefficiente di variabilità dei costi
variabili. Tale differenza (1 – a) è denominata “margine di contribuzione” ed indica in quale misura i
ricavi di vendita, sottratti i costi variabili, contribuiscono alla copertura dei costi fissi prima
dell’ottenimento del pareggio economico.

Metodo per produzioni omogenee. Nell’ipotesi di produzioni omogenee la determinazione di


tale punto si ottiene sulla base di valori totali, partendo dalla “equazione del profitto”.
84

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Questa si ottiene ponendo i ricavi complessivi pari ai costi fissi complessivi, più il profitto
lucrato, cioè:

dove.
Qx = volume di produzione o di vendita;
R = ricavo per unità di prodotto;
Cf = costi fissi complessivi;
Cv = costi variabili per unità di prodotto;
P = profitto per unità di prodotto.

Il punto di pareggio si ha quando i profitti sono uguali a zero (PQx = 0), quindi > RQx = Cf +
CvQx
Da cui si ottiene

Qx esprime il volume di produzione o di vendita, misurato questa volta in termini di unità di


prodotto, al quale corrisponde il punto di pareggio.

 I limiti applicativi del diagramma di redditività


+ L'elaborazione del diagramma di redditività si fonda sull’ assunzione di quattro ipotesi
semplificatrici:
1. la costanza dei ricavi unitari di vendita, ossia la diretta proporzionalità dei ricavi
complessivi rispetto al volume venduto
2. invariabilità della composizione qualitativa e quantitativa della gamma di produzione
presa base
3. la proporzionalità dei costi variabili
4. la staticità dell'ambiente di riferimento.

Bisogna osservare che:

la prima ipotesi (costanza di ricavi unitari di vendita) si può riscontrare anche nella realtà,
quando l'azienda rimane ferma nelle sue decisioni di prezzo, sconti e abbuoni: in questo caso
il ricavo resta sempre lo stesso. al contrario, se l'impresa modifica queste sue scelte, la linea dei
ricavi non corrisponde alla realtà ma se ne discosta.

La seconda ipotesi (invariabilità della composizione qualitativa e quantitativa)


risulta necessaria quando l'impresa tratta più di un prodotto; Una variazione della
gamma si riflette sui ricavi e sui costi.

La terza ipotesi (la proporzionalità dei costi variabili ) si assume l'esistenza di soli costi
variabili proporzionali in tutto l'insieme di costi variabili tipici di ciascuna azienda, si opera una
considerevole forzatura della realtà.

Il quarto limite (staticità dell’ambiente di riferimento) si collega la possibilità di utilizzare il


diagramma solo nel tempo breve perché è difficile che le grandezze che sono alla base della sua

85

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
costruzione si mantengano invariate nel medio lungo termine, ovvero che il contesto esterno
rimanga immutato.

TO SUM UP  In sintesi, il diagramma di redditività costituisce uno strumento di


misurazione della potenzialità strutturale dell’impresa soprattutto in funzione delle decisioni
strategiche da prendere nel corso della gestione; come tutti gli strumenti va utilizzato per aiutare a
decidere.
***

CAP 21 - LA PROGRAMMAZIONE E IL CONTROLLO DELLE SCORTE DI


MAGAZZINO.

La logistica è un’area della gestione che assume una particolare rilevanza in termini strategici
ed economici e al cui interno si collocano in posizione preminente i problemi di magazzino.
Le scorte svolgono il ruolo di equilibrare i processi di approvvigionamento, produzione e vendita.
Ci sono due differenti impostazioni di gestione:

1. quella tradizionale secondo cui l’altezza delle giacenze da tenere in magazzino dipende dai
tempi di assorbimento dei materiali e dai tempi di riapprovvigionamento degli stessi;
Si segue la logica dello stock control cioè si controlla il livello della scorta a prescindere
dall'andamento dei processi di produzione e di vendita. Le tecniche più note collegate
allo stock control sono la tecnica delle scorte separate e quella del ciclo di ordinazione.

2. La seconda è legata all'andamento della domanda; si segue la logica del flow control cioè
le scorte sono determinate in funzione del flusso di ordini di vendita da evadere.
Le tecniche più note collegate al flow control sono Material Requirements Planning
(MRP) e in alcune realtà è applicata la tecnica del Just In Time (JIT), legata alla
sincronizzazione delle attività delle imprese fornitrici rispetto a quelle clienti.

- Il Material Requirements Planning (MRP) si basa sul concetto di far coincidere le scorte
con i fabbisogni di breve periodo, in modo da ridurre al minimo l'accumulo di giacenze;

- Il Just in time propone la minimizzazione dei livelli di giacenza del ciclo produttivo per
generare vantaggi economici al contempo eliminare il rischio connesso all’immobilizzazione
(deterioramento, obsolescenza dei materiali di scorta).
Questo sistema crea grandi rischi per il produttore. Per poter attuare il just in time è
necessario collegarsi in modo immediato con la rete dei fornitori: una soluzione del
problema può essere quella dell'insediamento dei fornitori nella stessa area dello stabilimento
cliente.
+ Nella gestione delle scorte di materiali rientrano i problemi del quanto e del quando ordinare le
materie di base, i semilavorati o i componenti da impiegare nella produzione.

Le tecniche più note collegate allo stock control sono:


a. scorte separate (Two bin system\ tecnica a quota fissa), si determina il quanto ordinare in
funzione di un certo livello di scorta
b. ciclo di ordinazione (ordering cycle system\ tecnica a tempo fisso), si determina il quando
ordinare a condizionare la definizione della quantità da ordinare di volta in volta.

Nel metodo delle scorte separate, il primo problema da risolvere è la determinazione del
livello di riordino, cioè della quantità da raggiungere per far partire la procedura di
riapprovvigionamento.
86

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Nb  la scorta di magazzino è SUPERIORE al livello di riordino.

IL LIVELLO DI RIORDINO  dipende dall’assorbimento e dal tempo guida (lead time), cioè dal
periodo occorrente per poter utilizzare la merce ordinata. Il lead time deriva dalla somma di tre
tempi:
1. il tempo necessario per emettere l’ordine (avvio della procedura amministrativa,
consultazione fornitori, autorizzazione all’acquisto, emissione dell’ordine);
2. il tempo necessario per l’arrivo della merce;
3. il tempo necessario per la messa a disposizione della merce (atti di ricevimento, controllo,
assunzione in carico e consegna).

Il livello di riordino è calcolato moltiplicando le unità di tempo necessarie per


l’approvvigionamento (giorni, settimane) per il consumo nell’unità di tempo.
Il livello di riordino è legato al tempo di consegna della merce e alla quantità necessaria per
continuare a produrre.
Una volta determinato il livello di riordino è necessario determinare la quantità da ordinare di
volta in volta. Il calcolo del lotto economico d’acquisto ha come obiettivo la ricerca della quantità
ottimale da riacquistare nel tempo.
Nb  il LOTTO ECONOMICO: nella determinazione del lotto economico d’acquisto, il costo è
inversamente proporzionale alla quantità.
Per quantità ottimale si intende il lotto che consente di minimizzare il costo complessivo di gestione
della scorta. Questo costo è dato dalla somma di due costi parziali, cioè dal:
- costo di mantenimento o di possesso della scorta, che comprende:
I. l’interesse sui capitali immobilizzati;
II. il costo di funzionamento del magazzino;
III. l’ammontare delle perdite per sprechi, deterioramenti ed eventuali furti;
IV. l’eventuale incidenza delle spese di trasporto fra i magazzini;
V. il costo dell’obsolescenza;

- costo di ordinazione o di ricostituzione della scorta, che comprende:


a) il costo di funzionamento dei servizi di acquisto;
b) le spese di comunicazione;
c) le spese di trasferta degli agenti di acquisto;
d) il costo di ricevimento, controllo e analisi dei materiali

nb  il costo di ordinazione è inversamente proporzionale alla quantità ordinata.

Il problema della ricostituzione delle giacenze si pone allo stesso modo per l’adozione del metodo
del ciclo di ordinazione. In questo caso si parlerà si scorta ottimale e non di lotto economico di
acquisto, poiché la quantità acquistata varia di volta in volta, mentre rimane ferma la
quantità massima da tenere in stock all’inizio di ogni periodo. Questa quantità è il
risultato della somma di tre componenti:
c. l’assorbimento previsto durante l’intero periodo;

87

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
d. l’assorbimento previsto nel tempo guida;
e. la scorta di sicurezza.

Nelle imprese si hanno molti prodotti da tenere in scorta, parecchi dei quali però di valore esiguo
rispetto al valore globale del magazzino. In questo caso la gestione delle giacenze è attuata in
modo selettivo, adottando metodi raffinati per i materiali più costosi e procedure più semplici per gli
altri. Questa tecnica è nota come modello ABC, cioè si dividono gli articoli in tre classi:
a. nella classe A, i materiali che pesano di più sul valore complessivo delle scorte e che
richiedono un controllo assiduo e penetrante;
b. nella classe B, gli articoli che necessitano di un controllo periodico pur incidendo di meno;
c. nella classe C, quelli che possono essere gestiti con procedure più semplici.

La carenza di scorte prodotti può far perdere l’occasione di vendita e incide in modo
negativo sul volume di affari. Questo accade quando il cliente non è disposto ad attendere per
ricevere il prodotto e quindi si orienta verso i prodotti della concorrenza. Il tempo di attesa è tanto
più dilatabile quanto più è sviluppata la brand-loyalty (fedeltà nella marca) nel potenziale
acquirente.
I rischi collegati all’accumulo in magazzino di scorte prodotti derivano dalla possibile deperibilità
fisica o tecnica (si parla di senescenza e obsolescenza) del prodotto e dall’eventualità che
questo rimanga invenduto. I costi di immobilizzo sono più alti rispetto a quelli dei materiali, questo
è dovuto ai maggiori oneri di custodia e al valore più elevato del bene detenuto in stock. Per le
scorte di prodotti lo sforzo è di lavorare il più possibile su commessa.
 L’investimento in stock rappresenta un immobilizzo rilevante di capitale che merita di essere
quanto più ridotto. I controlli possono riferirsi al magazzino (come servizio autonomo
nell’organizzazione) e all’oggetto della loro gestione (cioè alle scorte necessarie per
l’alimentazione dei processi di produzione e di scambio). L’indice che consente di operare delle
valutazioni di efficienza sulle scorte è il tasso di rotazione, che è dato dal rapporto fra:

materiale uscito dal magazzino in una certa unità di tempo / la giacenza media presente
in magazzino nella stessa unità di tempo.

La giacenza media si calcola aggiungendo alla rimanenza iniziale, la giacenza alla fine di
ciascun periodo di tempo, ottenute dalla differenza tra la giacenza ad inizio di periodo più le
entrate e meno le uscite di materiali in ogni periodo considerato. Maggiore è l’indice,
maggiore è l’efficienza della gestione delle risorse.
Il calcolo del tasso di rotazione assume una particolare importanza nel caso dei prodotti finiti,
perché consente di valutare la velocità di assorbimento dei vari articoli sul mercato. Esso può
essere riferito a intervalli di tempo di diversa ampiezza a seconda delle esigenze aziendali.
L'obiettivo da raggiungere è quello di garantire la sopravvivenza dell’impresa, conoscere quali
sono gli aspetti di debolezza e misurarne la variabilità nel tempo.
Può essere anche utile misurare l'efficienza del servizio magazzino e delle varie unità
periferiche che costituiscono la rete dei depositi aziendali.
Due rapporti:
a. costi di magazzino\costi di produzione: nei costi di magazzino si includono tutti gli oneri
di diretta e indiretta imputazione attinenti al funzionamento del servizio magazzino e delle

88

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
unità periferiche di deposito; tale rapporto mostra l'incidenza dei costi di gestione del
magazzino sul costo di produzione
b. costi di magazzino\giacenza media: rivela l'incidenza dei costi di magazzino su ogni
unità o euro di prodotto tenuto in scorta; taglia rapporto si presta per la valutazione
comparativa dell'efficienza delle varie unità che costituiscono la rete periferica dei depositi.

 Con il progresso della automazione, è possibile movimentare con precisione e rapidità


grandi volumi di materiali e prodotti finiti. Tutto ciò comporta degli investimenti ma consente
di accrescere in misura rilevante l'efficienza della logistica.
***

CAP 22 -LA VALUTAZIONE DELL’EFFICIENZA DELLA GESTIONE AZIENDALE


La valutazione della performance in termini di efficienza aziendale completa il sistema di controllo
direzionale consentendo di apprezzare lo stato di salute dell’impresa nel suo complesso o in
rapporto a parti significative della sua struttura.
Nb  CONTROLLO DIREZIONALE: basato su 4 momenti:
1. Antecedente
2. Concomitante
3. Susseguente
4. Prospettico
Imprenditore o manager è interessato a conoscere il grado di raggiungimento delle finalità di
gestione sotto il profilo economico, sociale e ambientale  (triplice dimensione).
+ Accanto alla misurazione della prestazione economica, è necessario ricorrere ad altri strumenti
per la stima della performance sociale.

Per quanto riguarda la performance economica, occorre anticipare che la valutazione deve
riguardare sia gli aspetti economici, patrimoniali e finanziari sia l'efficienza organizzativa
interna e quella competitiva esterna.
La valutazione dell'efficienza è un classico controllo di tipo susseguente cioè che si fonda sulla
rilevazione dei risultati conseguiti in un certo periodo: su prestazioni annuali oppure di periodi più
brevi.
La valutazione dell'efficienza richiede il ricorso ad un valore che rappresenta il rendimento
dell’intera gestione. Potrebbe essere individuato con il reddito d'esercizio che però presenta dei
limiti per due motivi:
1. la difficoltà di isolare un segmento annuale rispetto alla continuità temporale degli esiti di
gestione;
2. l'opinabilità delle scelte compiute da chi costruisce il bilancio stesso.

Il reddito di esercizio rappresenta un valore residuale di natura contabile ed è composto da


fenomeni differenti. Esprime in modo sintetico l’andamento della gestione aziendale, ma, come
abbiamo appena detto, soffre di 2 limiti.
Per questi motivi, pur attribuendo al REDDITO D’ESERCIZIO UN VALORE SEGNALETICO, si
considerano altri metodi come il cash-flow e il margine o reddito operativo lordo e netto e Il
valore economico aggiunto (EVA).

89

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 CASH-FLOW: Rappresenta la quantità di risorse finanziarie generate nell'esercizio. E’ pari
all'utile netto prodotto della gestione più il complesso di costi, caricati sempre
all'esercizio, ma non seguiti da uscite di cassa. Divisibile in:

a. Cash-flow finanziario, cioè la sommatoria dell'utile netto di esercizio e delle quote


di ammortamento e accantonamento al netto degli usi
b. Cash-flow reddituale, cioè la sommatoria dell'utile netto di esercizio e delle SOLE
quote di ammortamento al netto degli usi.

Durante la gestione, si presentano alcuni fenomeni che pur contando economicamente, non danno
luogo parzialmente a esborsi di denaro. Si hanno 2 casi particolari:
 Ammortamento  procedimento contabile mediante il quale si ripartisce l’entità di un
investimento in quote rapportate al periodo di utilizzo del bene acquistato.
 Accantonamento  anticipazione economica di oneri che maturano o possono maturare
in periodi futuri e per i quali ogni esercizio dev’essere gravato della parte di competenza.

 L'aspetto più importante in termini significativi del CASH-FLOW è che contribuisce a


determinare il risultato di esercizio. Però, sconta due effetti:

1. criteri di valutazione applicati nella formazione del bilancio d'esercizio.


2. incidenza di componenti estranei alla gestione caratteristica.
+ In ogni impresa ci possono essere quattro tipi di attività (elenco in base di rilevanza delle
gestioni):
1. gestione tipica caratteristica (gestione più importante), a costituita da tutte le operazioni
destinate a raggiungere l'obiettivo fondamentale per cui l'impresa stessa è stata creata.
2. gestione finanziaria, rappresentata dalle operazioni di reperimento e di impiego dei fondi
occorrenti o prodotti dell'attività aziendale.
3. gestione patrimoniale o accessoria, costituita dall'amministrazione dei beni non
strumentali per l'esercizio della gestione tipica.
4. gestione straordinaria, composta da eventi imprevedibili che alterano la situazione
reddituale e patrimoniale dell'impresa.

Il reddito di esercizio (RISULTATO ECONOMICO FINALE) è dato pertanto dalla somma algebrica
degli esiti di questi vari tipi di gestione. Quella più importante è sicuramente quella caratteristica,
poi bisogna osservare quella finanziaria, quella patrimoniale e infine la gestione straordinaria.
+ Ciascun tipo di gestione produce dei risultati economici.
- il margine o reddito operativo rappresenta il risultato della gestione caratteristica
dell'’impresa ed è uguale alla differenza tra ricavi e costi delle attività tipica aziendale. E’
sempre determinato al lordo degli oneri fiscali.
Come avviene la conoscenza del reddito operativo? La conoscenza del reddito operativo
avviene per MOL (margine operativo lordo) o per EBITDA ( Earnings Before Interest Taxes
Depreciation and Amortization.
EBITDA  NON tiene conto degli ammortamenti ed eventuali svalutazioni, OPPURE  EBIT
(margine operativo netto) tiene INVECE conto di ammortamenti e svalutazioni.

90

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
La maggiore significatività del cash-flow rispetto al reddito deriva dal fatto che spesso,
mediante la dilatazione o la compressione delle politiche di ammortamento e di accantonamento,
si determina il risultato di esercizio.
 Un altro parametro per valutare la performance economica è l’EVA (economic value added),
ossia il rendimento economico al netto del costo del finanziamento; offre una misura del
valore creato dall’impresa e si ottiene mettendo a confronto: il reddito operativo è il costo delle
risorse finanziarie.

+ ECONOMIC VALUE ADDED  per valutare se l’impresa è NON SOLO IN GRADO DI


PRODURRE UN UTILE, MA DI GIUSTIFICARE LA REDDITIVITA’ DEL CAPITALE
IMPIEGATO PER FINANZIARE L’ESISTENZA E IL FUNZIONAMENTO.

 Gli indici di efficienza economica


Il management interesse vado approfondire le analisi in modo tale da tenere sotto controllo
l'efficienza organizzativa, economica e di mercato dell'azienda.
Per formulare un giudizio sull’efficienza della gestione nel suo complesso è preferibile
ricorrere alla determinazione di indici segnaletici dei progressi avutisi nel tempo o nei confronti
di diretti concorrenti.
1. efficienza organizzativa, deriva dal livello di produttività del lavoro aziendale.
Riguarda la struttura, le procedure e gli uomini impegnati nel sistema aziendale. La
valutazione di questo tipo di efficienza va condotta mediante la misurazione del rendimento
del personale e mediante appropriate analisi organizzative:
a. il rendimento del personale ossia la produttività che si costruisce ponendo a
confronto il risultato conseguito e lo sforzo sostenuto.
La produttività è un indice quantitativo di rendimento che non rivela nulla sulla qualità
delle prestazioni.
b. validità della struttura e delle procedure di lavoro: bisogna condurre analisi
complesse che vanno svolte da specialisti.

2. efficienza economica, rapporto soddisfacente tra costi e ricavi. gli indici utilizzati sono:
a. indici di economicità, esprimono il rapporto tra costi e ricavi aziendali e consentono di
valutare la situazione di equilibrio o di squilibrio
b. indici di redditività, esprimono il rapporto  ponendo al numeratore grandezze
espressive del reddito e al denominatore valori rappresentativi del capitale.

91

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 NB: gli indici di economicità esprimono l’incidenza dei costi sui ricavi aziendali 
miglioreranno quanto più decresceranno

3. efficienza esterna o efficienza di mercato, si concreta nel miglioramento della posizione


dell'azienda nei confronti della concorrenza.
+ miglior indice in quanto si presta a fornire valutazioni sintetiche.

a. Questo indice è rappresentato dalla quota di mercato, cioè dal rapporto tra le vendite
aziendali e le vendite effettuate nel particolare mercato servito . Inoltre, la conoscenza
della quota di mercato è molto complessa. La sua determinazione comporta la
conoscenza di un dato esterno così difficile che fa sì che le imprese rinuncino ad
utilizzare questo indice fino a valutare l'efficienza esterna il rapporto a dati interni.
b. La costruzione di indici di sviluppo del fatturato,
c. La costruzione di indici di penetrazione distributiva,
d. La costruzione di ampliamento della clientela può fornire utili elementi di valutazione
dell'efficienza commerciale anche se meno significativi rispetto alla quota di mercato.

 Gli indici di redditività e di economicità (ratio)


Le misurazioni di efficienza economica della gestione, nella sua globalità o in rapporto a particolari
aree operative, possono trarre elementi preziosi di valutazione partendo dal bilancio di esercizio.
Dal bilancio, si possono ricavare un insieme di dati che esprimono condizioni parziali o generali di
efficienza aziendale. Mediante l'analisi del bilancio di esercizio si costruiscono vari rapporti
(RATIO) adatti a rivelare situazioni ed andamenti della gestione nel tempo.
I RATIO sono uno strumento per la valutazione dei risultati della gestione e costituiscono una base
per le valutazioni della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica di un'azienda.
Lo scopo dei RATIO è di valutare l'andamento della redditività e della economicità. Essi si
possono comparare nel tempo e nello spazio individuando i punti di forza o di debolezza.
 LA COSTRUZIONE DEGLI INDICI DI BILANCIO  sono una molteplicità di criteri, tutti
ugualmente validi perché legati alle particolari analisi da condurre.
Come si misura la redditività? La redditività si misura rapportando valori espressivi del reddito
aziendale a misura del capitale impiegato.

La redditività della gestione operativa si calcola facendo ricorso al ROI (RETURN ON


INVESTEMENT)
ROI= reddito operativo \ capitale investito nella gestione caratteristica
 ROI rappresenta  il saggio di redditività della gestione caratteristica he fisiologicamente
dovrebbe essere sempre superiore al tasso rappresentativo del costo medio del denaro.
 È l’indice più SIGNIFICATIVO, in quanto consente di valutare il risultato della gestione
caratteristica e, mediante la sua scomposizione permette anche di valutare quanta parte del
risultato economico è dipendente dai margini lucrati nella vendita e quanta parte ancora è frutto
del volume delle vendite.
 Valore minimo accettabile del ROI: Esso dovrebbe essere almeno uguale al tasso corrente
rappresentativo del costo medio del denaro.
 Consente di valutare il risultato della gestione caratteristica e mediante la sua scomposizione
permette anche di valutare quanta parte dei risultati economico è dipendente dai margini lucrati
nella vendita e quanta parte ancora è frutto del volume delle vendite.
92

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
La redditività della gestione caratteristica e misurate in relazione al volume delle vendite attraverso
il ROS (RETURN ON SALE). Permette di valutare l'efficienza di segmenti diversi di vendita
ROS= reddito operativo\ricavi vendita

Un altro indice misura il ritorno del capitale proprio investito in azienda: ROE (RETURN ON
EQUITY)
ROE= Utile netto \ patrimonio netto
Il ROE dovrebbe essere almeno pari al tasso free risk (tasso di rendimento dei titoli del debito
pubblico a breve scadenza) maggiorato per il premio del rischio. Costituisce un riferimento
fondamentale per l'impiego di capitale proprio in azienda rispetto a possibili usi alternativi.
 La valutazione della positività del ROE è legata al concetto di COSTO OPPORTUNITA’ de
capitale, ovvero al massimo rendimento ottenibile da un altro investimento contrassegnato
dal medesimo profilo di rischio e al quale si rinuncia per investire nell’impresa

 NB: il riferimento ad un indice anziché ad un altro, fornisce giudizi dissimili sulla redditività
aziendale.
Il ROI, ROS e ROE  rappresentano i principali indici di redditività. Essi misurano aspetti
diversi e complementari nella redditività aziendale
Quando si attua la funzione di controllo è importante il collegamento tra il breve e il lungo termine.
Se il controllo a breve è sceso da quello a lungo, si corre il rischio di perdere la visione strategica
dell'attività aziendale, con il pericolo di sopravvalutare, ad esempio, il raggiungimento di risultati
operativi immediati ottenuti in mancanza di progressi prospettici.
I ratio permettono anche di valutare l'economicità mediante rapporto tra ricavi e costi di
gestione. L’indice di economicità va costruito per l’intera impresa ed esprime l’andamento
dell’economicità della gestione nel suo complesso.

 Gli indici di valutazione della situazione finanziaria


La valutazione dell’efficienza aziendale non può escludere l’aspetto finanziario per quanto riguarda
la stima della solvibilità, della solidità patrimoniale e della liquidità.
Per questa valutazione si utilizza l’indice chiamato margine di struttura.
Margine di struttura= mezzi propri- impieghi fissi.
 Valore differenziale dato dalla differenza di mezzi propri e gli impieghi fissi.
se positivo  misura un’eccedenza delle fonti di finanziamento non soggette ad obblighi di
rimborso.;
se negativo  indica una ridotta attitudine dell’impresa a modificare e riconvertire l’apparato
produttivo per carenza di fonti finanziarie specifiche.

Indice di solidità patrimoniale= capitale netto


debiti a breve-medio-lungo termine

93

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Valuta la solidità patrimoniale e la liquidità. Un’impresa è solida quando l’indice è pari all’unità.
 Un’impresa si definisce solida allorquando questo indice assume un valore almeno pari
all’unità.
Grado di consolidamento della debitoria=
debiti a medio lungo termine
debitoria totale
 Quest’indice dice che una maggiore incidenza dei debiti a medio-lungo termine dovrebbe
essere apprezzabile sotto due profili:
- Costo più basso di capitali presi a prestito per scadenze medio-lunghe
- Possibilità di programmare il rimborso di tali debiti secondo prestabiliti piani di ammortamento

AI fini della valutazione dell’equilibrio finanziario  Determinazione del grado di liquidità che si
costruisce sottraendo dalle attività correnti le passività correnti.
Però, ci sono tre tipi di valore:
a. attività liquide immediate (casse, banche e titoli)

cassa+ attività finanziarie facilmente liquidabili


passività correnti

b. attività a liquidità differita (crediti a breve)

cassa+ attività fin. Facilmente liquidabili + crediti commerciali


passività correnti

c. attività liquidabili (scorte di magazzino)


attività correnti
passività correnti

margine di tesoreria= attività liquide+ attività a liquidità differita- passività correnti

NB: le valutazioni di efficienza vanno sempre condotte in senso temporale e spaziale.


le prime non presentano eccessive difficoltà, in quanto si basano su dati abbastanza omogenei
però bisogna essere sempre cauti in quanto bisogna tener conto delle influenze esercitate
dall’inflazione; mentre le seconde comportano più problemi perché dovrebbero essere condotte
sulla base di indici di settore oppure in riferimento ad aziende similari per dimensione e struttura.

 L’analisi del costo di distribuzione


L’analisi del costo di distribuzione: serve a stimare i margini di contribuzione o i tassi di
redditività di prodotti, zone di vendita, canali di distribuzione, gruppi di clienti. Il risultato di
gestione è dato dalla sommatoria algebrica dei risultati ottenuti dai vari prodotti, nelle varie
zone, con i vari tipi di clientela, cioè un valore complessivo che nasconde il contributo dei singoli
prodotti, delle singole aree e dei singoli gruppi di consumatori. Chi gestisce, quindi, non riesce a

94

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
conoscere le performance economiche dei differenti segmenti di vendita. L’analisi dei costi di
distribuzione consente di conoscere i margini attribuibili a ciascun segmento di vendita.
- Il costo di distribuzione è il complesso degli oneri che l’impresa sostiene per far defluire le sue
produzioni al mercato di sbocco. Questo costo comprende le spese per:
I. la promozione delle vendite,
II. l’esecuzione dei contratti, la distribuzione fisica dei prodotti, la concessione dei
crediti alla clientela, ecc.
L’analisi dei costi di distribuzione può essere sviluppata secondo tre procedure:
 analisi funzionale o per attività specifiche di vendita (promozione, magazzinaggio, esecuzione
vendite, trasporto, ecc.);
 analisi oggettiva o per oggetto di spesa (fitti, stipendi, oneri finanziari, ecc.);
 analisi soggettiva o per segmenti di vendita (prodotti, zone, canali, ecc.), ed è quella più
frequentemente attuata perché consente di rilevare la redditività dei vari prodotti, delle
diverse zone o dei differenti canali adottati dall’impresa.
La procedura è molto complessa e si compone di diverse fasi:
a. la ricerca, tra le schede di mastro, di tutti i costi accesi a costi rientranti nel processo
distributivo;
b. la riclassificazione di tali costi per funzioni al fine di determinare le spese sostenute per
l’esecuzione delle vendite;
c. la suddivisione dei costi supportati nell’ambito di ciascun raggruppamento;
I. i costi diretti, attribuiti all’elemento per cui si conduce l’analisi
II. i costi indiretti, quelli non imputabili direttamente all’oggetto di analisi  ex. Costi
sostenuti per la direzione generale, ispettori viaggianti…
d. l’individuazione di costi semidiretti cioè di spese indirette che sono attribuite all’elemento
oggetto di analisi
e. la determinazione del costo di distribuzione relativo a ciascuno degli elementi analizzati
f. il calcolo del tasso percentuale di redditività di ciascun elemento
g. l’analisi comparativa della composizione percentuale del costo di distribuzione ai fini della
rilevazione dei punti d’inefficienza sui cui contrarre l’attenzione
h. l’interpretazione delle cause d’inefficienza e la programmazione degli interventi correttivi.

FULL-COSTING e DIRECT-COSTING:
Nel caso in cui si facesse un’analisi per zone, si avrà un reddito complessivo prodotto da ciascuna
zona e questo potrà portare ad una diversa efficienza. La procedura appena esposta (nel
paragrafo precedente) prende il nome di FULL COSTING in quanto comprende tutti i costi
sostenuti. Essa però è criticata per la difficoltà d’imputazione dei costi indiretti. Per questa ragione,
si suggerisce di utilizzare i costi diretti: procedura DIRECT COSTING.

 L’analisi dei rendimenti della rete di vendita


L’analisi dei rendimenti della rete di vendita. Serve a misurare l’efficienza della rete di vendita
(filiali, agenzie, ecc.) e dei singoli venditori. Si basa sulla costruzione di indici di produttività.
La produttività è uguale al rapporto tra il risultato ottenuto e lo sforzo sostenuto e che la
comparazione è possibile rispetto ad indici standard calcolati sulla base di prestazioni medie. Tali
indici standard non sono molto significativi.

95

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
Il rendimento viene valutato sulla base delle quote di vendita, cioè del potenziale assegnato al
singolo segmento organizzativo. Esso è misurato dal rapporto tra il volume di affari (quota
effettiva) e quello attribuito in sede di programmazione dell’attività di vendita (quota assegnata).
Tanto maggiore sarà il rapporto, più elevata risulterà la produttività.
INDICI QUALITATIVI DI RENDIMENTO DELL’ATTIVITA’ DI VENDITA: questi indici misurano
l’efficienza economica della prestazione, la capacità di sviluppo del mercato, la rischiosità del
venduto, l’abilità a gestire il portafoglio clienti.
1. economicità delle vendite: costi di vendita / ricavi di vendita
2. sviluppo prodotti: vendita prodotti nuovi /vendita totale
3. sviluppo della clientela: vendite a nuovi clienti / vendite totali
4. liquidità delle vendite: vendite per contanti / vendite totali
5. indice di regolarità del venditore: visite alla clientela / visite programmate
6. persuasione del venditore: numero contratti stipulati / visite effettuate

+ Un altro indice è il coefficiente di fedeltà della clientela (retention ), misurato dal rapporto
tra i clienti rimasti in portafoglio nel periodo / quelli presenti in portafoglio all’inizio del periodo
stesso. Questo indice esprime la capacità di mantenere la clientela ovvero di evitare che si
rivolga alla concorrenza.

- Quest’indice fa riferimento alla customer satisfaction  ottica di accrescere il grado di


fidelizzazione della clientela detenuta in portafoglio (portafoglio clienti)
 L’analisi quali-quantitativa della performance: la BALANCED SCORECARD
Idea di disporre una visione ponderata della performance attraverso la procedura nota come
BALANCED SCORECARD ossia “scheda di valutazione bilanciata”: costruita mediante
indicatori quantitativi e non quantitativi, combinati con l’obbiettivo di fornire un’indicazione
sulle prospettive future dell’azienda.
È un’analisi di più fattori, tra i quali il risultato economico è il più importante.
La balanced scorecard considera quattro prospettive:
1. la prospettiva economico-finanziaria;
2. la prospettiva della soddisfazione del cliente;
3. la prospettiva dei processi aziendali;
4. la prospettiva dell’apprendimento.

Le 4 prospettive creano una struttura chiara e quantitativamente comprensibile per le valutazioni


da compiere.
+ Nel sistema si possono anche aggiungere altre prospettive. È uno strumento flessibile
(adattabile alle peculiarità della specifica realtà aziendale). Per ciascuna prospettiva l’azienda fissa
degli obbiettivi, gli indici o i parametri di misurazione ed il loro peso relativo.
IN CONCLUSIONE  la valutazione dell’efficienza aziendale è possibile solo in termini relativi.
NON ASSOLUTI.

NB: “benchmarking” è una procedura finalizzata allo studio di risultati e politiche della
concorrenza. Si osservano le principali differenza tra i competitori. E’ diffusamente applicata nelle
pratiche aziendali anche se non è affatto facile scegliere i competitori diretti da comparare.

96

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
***
Capitolo 23: LA MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE SOCIALE NELLA PROSPETTIVA
DEL VALORE ALLARGATO
L'impresa crea valore in senso allargato, cioè da un punto di vista economico e sociale.
La responsabilità sociale dell’impresa si allarga nella capacità di fornire risposte alle richieste dei
diversi portatori di interesse, gli stakeholder, e non più dei soli azionisti.
La dimensione economica deve integrarsi con quella sociale ed ambientale secondo quanto
indicato dalla Triple Bottom Line e dai principi della sostenibilità.
La sostenibilità di un'impresa si configura come l'intreccio di tre profili: economico, sociale ed
ambientale.
Questo orientamento alla sostenibilità nasce da una nuova sensibilità rispetto al carattere
relazionale delle imprese e della rilevanza del contesto socio-ambientale.
Questa estensione del concetto di performance aziendale sta pervadendo i diversi livelli della
funzione manageriale. Nella valutazione degli investimenti, si assiste ad un orientamento che
tende ad inserire nelle analisi elementi valutativi dell'impatto sociale ed ambientale. Si parla di
paradigma ESG (environmental, social, governance) nei modelli di valutazione ed analisi, proprio
per integrare indicatori delle tre dimensioni della sostenibilità.

L'analisi della componente non finanziaria della performance richiede lo sviluppo di nuove
metodologie di misurazione che integrano strumenti tradizionali di analisi finanziaria.
È essenziale la social accountability, ossia la rendicontazione della performance nella sua
triplice dimensione economica, sociale ed ambientale, rivolta ai diversi stakeholders.
Nel passato si iniziava a fornire informazioni extracontabili;
Nel dopoguerra si inizia a parlare di social audit, cioè il dovere delle imprese di rendicontare le
proprie azioni alla società nel suo complesso.

Un'importante direttiva europea sulla “disclosure” non finanziaria delle grandi imprese,
prevede l'obbligo di redigere la dichiarazione di carattere non finanziario per gli enti di interesse
pubblico di certe dimensioni. Questo orientamento si è tradotto nello sviluppo di modelli di
rappresentazione come il bilancio sociale o di sostenibilità o anche di forme ibride di
rendicontazione, come il reporting integrato.
 A differenza di quello che avviene con il bilancio di esercizio, per la rendicontazione di
sostenibilità c'è un maggiore livello di indeterminatezza. Il bilancio sociale viene definito come
un documento di sintesi che rende conto in una prospettiva sia consuntiva sia programmatica.
Esso è collegato al bilancio di esercizio, ma è diverso in quanto racconta dei fatti e non delle
cifre e si rivolge a tutta la platea degli stakeholders. Tuttavia, i due documenti sono correlati in
quanto i dati del bilancio d'esercizio costituiscono il punto di partenza per il bilancio sociale e
anche perché gli effetti indicati nel bilancio sociale possono influenzare i risultati del bilancio di
esercizio.

Quando si struttura un bilancio sociale, si seguono diversi standard, i quali possono fornire delle
indicazioni precise o anche si possono limitare a formulare dei suggerimenti. Tra i molteplici
standard vengono segnalati quello del GLOBAL REPORTING INIZIATIVE (GRI) e a livello italiano
quello del gruppo di studio per la situazione dei principi di redazione del bilancio sociale (GBS).

97

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 GRI: e articolato su più livelli> alcuni standard sono universali, altri specifici e relativi alle
diverse dimensioni. Le imprese possono adottare anche parzialmente queste indicazioni, ma
devono sempre esplicitare nel documento quale scelta sia stata adottata nella redazione.

 GBS: le linee guida per la redazione del bilancio sociale, in questo caso, è meno complesso.
Va strutturato in tre parti:

1. l'identità aziendale: deve fornire un quadro di sintesi della storia dell’impresa , del
sistema di governance, dei valori, del disegno strategico e delle principali finalità;
2. la riclassificazione dei dati contabili e il calcolo del valore aggiunto: illustra come il valore
aggiunto sia stato distribuito tra i diversi stakeholders
3. la relazione socio-ambientale: si determinano i risultati realizzati e gli effetti prodotti sotto il
profilo sociale ed ambientale.

Un altro percorso seguito è quello del REPORTING INTEGRATO che include l'informazione non
finanziaria ed offre un nuovo modo di comunicare la creazione del valore in una
prospettiva multi-stakeholder. In questo documento vengono definiti i principi guida ed il
framework proposto per la stesura del documento.
Il tema della social accountability è senza dubbio in grande evoluzione.

Quando parliamo di performance di un'impresa, si pensa subito al l'insieme degli indicatori


economico-finanziari che misurano l'efficienza. Gli esperti hanno fedelmente seguito applicato una
metrica di misurazione ancorata ai fondamenti delle scienze manageriali. Tuttavia, i risultati di
questo approccio hanno avuto due interlocutori: gli azionisti e gli investitori istituzionali .
La performance sociale d'impresa ha riscontrato diverse difficoltà nella sua quantificazione.
Si fa ricorso fai l'analisi del SOCIAL RETURN ON INVESTEMENT (SROI). Due distinte fasi: 1. una
fase qualitativa di analisi e identificazione dell’impatto; 2. fase quantitativa di misurazione
basata sull'evidenza empirica di una strategia iniziale. Questo indicatore stabilisce una
correlazione tra i momenti di identificazione, quantificazione e monetizzazione. L’elemento centrale
è il modello di impatto ossia una rappresentazione grafica e logica di come funziona la
programmazione delle attività di un’impresa.

MISURAZIONE

IMPLEMENTAZIONE

PIANIFICAZIONE

RICOGNIZIONE

98

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)
 RICOGNIZIONE: ricognizione delle condizioni economiche, politiche e sociali.
successivamente si individuano le caratteristiche di ogni singolo gruppo di stakeholder;
questa fase si conclude con la definizione del budget finanziario;
 PIANIFICAZIONE: pianificare le attività di un programma significa associarne gli obiettivi
iniziali a dei target ben specifici
 IMPLEMENTAZIONE: implementare una serie di attività operative volte a soddisfare i
target
 MISURAZIONE: misurazione finale della performance sociale d'impresa; bisogna fare una
netta distinzione tra la misurazione del risultato raggiunto da un programma di attività
(OUTPUT) rispetto alla valutazione dell'impatto di medio lungo termine che tale programma
generato (OUTCOME).
Il momento della conversione monetaria dell'impatto sociale rappresenta il compito più difficile e
complesso dello SROI, dovendo esprimere economicamente le conseguenze di un'attività il cui
unico fine si basava sulla creazione di un impatto sociale. L’analisi costi-benefici rimane l'approccio
più ricorrente di un'organizzazione, ovvero i costi indotti e i costi evitati.
L'analisi SROI include un chiaro interesse strategico di un'organizzazione e potrebbe fornire agli
altri stakeholder una triplice analisi:
1. Prospettica, in relazione alla stima del valore sociale indotto da un progetto imprenditoriale;
2. Concomitante, consentendo ad uno stakeholder di monitorare nel tempo l'evoluzione di
un'iniziativa a vocazione sociale;
3. Retrospettiva, misurando le evidenze empiriche del valore sociale creato.

 Gli studi di matrice economico-aziendale si sono spesso orientati al perfezionamento di


nuovi strumenti d'analisi a supporto del management dell’impresa. Misurare l'impegno
socioeconomico dell’impresa significa individuare tutti i possibili campi d'azione nei quali tale
funzione può definire una serie di fattori in grado di segnalare gli sforzi compiuti
dall'organizzazione nella prospettiva della corporate social responsability.

 La balanced scorecard è uno strumento utile per la definizione di una strategia aziendale. Gli
obiettivi di questo sistema riguardavano il monitoraggio della quota di mercato e il livello di
soddisfazione fidelizzazione del cliente;
 La social balanced scorecard è capace di configurare quattro prospettive della
tradizionale scorecard: economico
finanziaria, soddisfazione del cliente,
processi aziendali, innovazioni apprendimento . L'obiettivo sarebbe ampliato in
relazione allo sviluppo di forme di mercato e politiche di comunicazione socialmente
responsabili. Oltre alle quattro prospettive tradizionali, si aggiungono due nuove dimensioni
relative all'approvvigionamento e alla concorrenza.

a. approvvigionamento riguarda il consolidamento dei rapporti di collaborazione con i


fornitori, il miglioramento delle condizioni contrattuali…
b. concorrenza in cui gli obiettivi possono essere riferibili sia alle relazioni di coopetition sia
rispetto dei rapporti di concorrenza, in particolare delle norme antitrust.
Questo strumento permette di mettere a sistema la vision e la mission dell’impresa, le
strategie per il raggiungimento degli obiettivi e gli indicatori volti a misurare la performance
realizzate nelle diverse aree di creazione del valore (target). Quindi possiamo dire, che la social
balanced scorecard supera l’approccio orientato unicamente alla massimizzazione del profitto.
Però in questo modello vengono considerati unicamente gli azionisti, i clienti, i fornitori e i
dipendenti.

99

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: rebara3032 (rebara3032@hrisland.com)

Potrebbero piacerti anche