Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
L’impresa può definirsi ‘’un sistema socio-tecnico di tipo aperto’’.Ma che cos’è un
sistema?
La prima cosa è che dobbiamo distinguere il concetto di sistema dal concetto di insieme,
perché l’insieme è un aggregato di elementi.L’insieme può essere costituito anche da un
unico elemento, quindi o da 0 o da 1 o più elementi, ma l’insieme è un semplice aggregato di
elementi.Quello che fa di un insieme un sistema è:
1.Quando abbiamo una pluralità di elementi, che nell’impresa sono l’elemento umano e i
mezzi tecnici;
2.L’interazione e la comunicazione tra le parti, c’è quindi una relazione di interdipendenza
reciproca tra queste componenti;
3.Interagiscono perché questa interazione è finalizzata al conseguimento di fini comuni,
stabiliti da un centro decisionale.
La cosa fondamentale è che il sistema deve necessariamente avere dei fini comuni
altrimenti avremo un sistema in disequilibrio poiché perderebbe il suo carattere di
sistematicità.
Perchè è aperto? Perché interagisce con un ambiente di riferimento.Il sistema chiuso è un
sistema che non interagisce con l'ambiente esterno e trova al suo interno le ragioni di
legittimazione e le modalità di sussistenza al proprio interno, non ha bisogno di trarre nulla
dall’ambiente esterno e di fare scambi con l’ambiente esterno.
Quindi è un sistema che interagisce con un ambiente di riferimento,quindi l’impresa è un
sistema aperto perché ha una serie di interazioni.Interazioni significa avere input ma anche
fornire input, quindi un reciproco condizionamento.
Che cos’è l’ambiente esterno all’impresa?
L’ambiente esterno sono tutte le condizioni, i soggetti e le forze che sono all’esterno
dell’impresa però lo distinguiamo in macroambiente (detto anche generale) e microambiente
(detto anche transazionale o competitivo).
L’ambiente esterno al livello macro è l’insieme di condizioni sociali, demografiche,
politiche e sociali a contorno all’attività dell’impresa.
L'ambiente micro è invece più a diretto contatto e controllo con l’attività dell’impresa e che
poi più incide sulla redditività dell’impresa perché all’interno del microambiente ci sono
soggetti e forze che incidono più direttamente sull’attività dell'impresa, sulle quali l'impresa
ha la possibilità di avere un rapporto molto più dialettico, di interdipendenza e di
condizionamento reciproco, diversamente dal macroambiente generale dove l'impresa è
certamente meno possibilitata ad incidere su questi elementi.
L’approccio sistemico viene definito come:’’ terza via tra riduzionismo ed olismo’’.Per
capire questo lo facciamo attraverso una rappresentazione grafica (slide).In cui abbiamo 2
rappresentazioni grafiche di 2 sistemi (a e b).Dal punto di vista grafico la differenza è che i
singoli componenti sono in grassetto mentre invece le relazioni o i legami sono con la linea
tratteggiata.Nel sistema b vediamo che non c’è più il tratteggio nei legami tra i singoli
componenti ma sono tutte linee marcate, il tratteggio invece lo troviamo nell’identificazione
dei singoli componenti.Che cosa vuole dire questa rappresentazione grafica?
Secondo un approccio riduzionistico o analitico, il nostro scopo è quello di ottimizzare i
singoli componenti.Secondo una visione Olistica significa vedere il complesso nel suo
insieme,vedere con una prospettiva più ampia l’intero sistema.
Equilibrio d’impresa
Quando parliamo di equilibrio d’impresa parliamo di equilibrio economico, equilibrio
finanziario ed equilibrio organizzativo.
-Quando parliamo di equilibrio economico, si ha un profitto che non solo copre tutti i costi
ma mi remunera anche dal rischio imprenditoriale che ho assunto.Questo profitto deve
Decisioni strategiche
‘’Le decisioni strategiche sono finalizzate al raggiungimento di obiettivi di lungo periodo e a
determinare la direzione, il verso, l’intensità del vettore di crescita dell’impresa;esse sono un
mezzo per determinare lo scopo dell’impresa in termini di obiettivi, programmi di azione e
priorità di allocazione delle risorse’’.
Quindi in questa definizione troviamo che innanzitutto abbiamo un orizzonte temporale ben
preciso, decisioni strategiche hanno a che fare con un orizzonte di medio e lungo periodo, le
decisioni operative invece sono decisioni di breve periodo.
Con le decisioni strategiche noi che cosa definiamo? Definiamo direzione, verso, intensità
del vettore di crescita dell'impresa cioè del nostro sviluppo futuro, dove vogliamo
andare?,Come ci immaginiamo?,Cosa vogliamo essere nel medio/lungo periodo?Qual è la
nostra meta che vogliamo raggiungere?.
Tale strategia significa avere un disegno preordinato della propria evoluzione, tutti questi
sono mezzi per determinare lo scopo dell’impresa in termini di obiettivi di lungo
periodo.Ovviamente programmi di azione e priorità di allocazione delle risorse è collegato a
questo, perché se io voglio laurearmi in 3 anni o 4 con 110 e lode è chiaro che delle rinunce
devo farle, devo dare anche delle priorità di allocare le risorse (in questo caso risorse
temporali) e quindi in questo in caso se sto facendo agonismo devo fare una scelta ossia se
continuare a fare sport agonistico oppure dedicarmi all’università con quest’obiettivo.Tutti gli
obiettivi sono leciti,purché sia consapevole la scelta di allocare le proprie risorse
(tempo,energie,soldi) in vista di un raggiungimento di un obiettivo.
Le decisioni strategiche presentano alcune caratteristiche fondamentali:
-La prima è che, come abbiamo già detto, si collocano in un orizzonte temporale di
medio/lungo periodo;
-Sono centralizzate, nel senso che vengono assunte da un numero circoscritto di attori,
questo numero di attori dipende da impresa a impresa.La cosa importante da dire è che le
decisioni strategiche non è che si può dire a priori chi le prende, ma da impresa a impresa ci
sono soggetti che partecipano al processo di formulazione delle strategie, altre imprese
dove le strategie sono in più pochi uffici o persone, altre imprese coinvolgono molto più altri
livelli gerarchici (i direttori di produzione), e poi dipende anche da quanto i singoli soggetti
sono rilevanti e hanno capacità di incidere sulla formulazione delle strategie;
-Non sono ripetitive e non sono, quindi, risolvibili attraverso un confronto tra decisioni
alternative e con quelle formulate nel passato.Non sono ripetitive perché l’ambiente esterno
non è ripetitivo, le condizioni esterne son sempre nuove ogni momento è diverso dal
precedente, ogni futuro che noi ipotizziamo è diverso dallo stato attuale;
-Le decisioni strategiche richiedono un giusto trade off tra la razionalità del ragionamento
scientifico e l’intuizione propria della creatività manageriale.Alcune attitudini bisogna averle,
però c’è molta parte di razionalità nella gestione di un impresa quindi sia nel ruolo di
imprenditore sia nel ruolo manageriale.
D’altro canto la formazione manageriale per gli imprenditori è un business perché gli
imprenditori hanno bisogno di cultura manageriale, di questo modo di leggere le cose perché
li aiuta tantissimo nelle decisioni, nell’operativo nel decidere cosa fare.
Decisioni operative
‘’Le decisioni operative sono finalizzate, invece, ad implementare decisioni strategiche
attraverso un uso ottimale delle risorse disponibili o acquisibili: gli effetti di queste decisioni
si manifestano nel breve periodo e non incidono in modo significativo sul rapporto tra
l'impresa e il suo ambiente di riferimento’’.
Le risorse sono disponibili, ma se non sono disponibili sono acquisibili cioè renderle
disponibili per il mio business. Quindi sono risorse che ho attualmente, ma se non lo sono le
vado a procurare da soggetti terzi.
Gli effetti delle decisioni operative si manifestano nel breve periodo finalizzate
all’implementazione delle decisioni strategiche e non incidono in modo significativo sul
rapporto tra l’impresa e il suo ambiente di riferimento.
Cos’è che incide in modo significativo sul rapporto impresa-ambiente di riferimento?
La decisione strategica, è la decisione che incide significativamente sul rapporto che c’è tra
impresa e il suo ambiente di riferimento.
Si tratta di decisioni programmate, il cui processo decisionale è vincolato al rispetto di
procedure, regole, e programmi predefiniti. Inoltre, realizzandosi in soluzioni ai problemi
operativi, come risposta al quesito di ricercare la via ottimale per operare, possono tradursi
Pianificazione finanziaria
1.Intorno agli anni ‘30 comincia a nascere una pianificazione per la prima volta.La
dimensione con la quale il processo di pianificazione si comincia ad affermare è quella
finanziaria.Quindi sono gli anni in cui nascono le tecniche di budgeting, sono gli anni in cui
nasce il metodo dei flussi di cassa attualizzati per valutare i progetti di investimento a
supporto della crescita aziendale.
Con la pianificazione finanziaria noi abbiamo come scopo, come oggetto l’analisi di
previsione di costi e ricavi e il miglioramento della gestione di cassa.Quindi negli anni 30 si
inizia a strutturare questo processo di analisi e previsione dei costi, di ricavi e migliorare
anche la gestione di cassa attraverso queste tecniche di budgeting e di valutazione degli
investimenti sulla base dei flussi di cassa attualizzati (significa rendere attuale il suo valore,
quanto valgono adesso 1000 euro che saranno disponibili tra 8 anni).
Il budget è uno strumento di programmazione previsionale di quello che dovrà succedere,
quindi attraverso strumento noi cerchiamo di dare un ordine una strutturazione a quello che
dovrà accadere e quindi pianifichiamo quello che dovrà accadere.
Il metodo dei flussi di cassa è un metodo per valutare i progetti di investimento a supporto
della crescita aziendale.
Pianificazione strategica
3.Negli anni ‘70 quando l’ambiente comincia a presentarsi più complesso (nel senso che
comincia a diventare più ricco di elementi incidenti, di fattori che condizionano e sanciscono
successo insuccesso e redditività) però resta ancora fondamentalmente prevedibile nella
Management strategico
4.Mintzberg però a un certo punto ci ha detto attenzione che avere questa fede nella vostra
capacità previsionale e quindi sulla base di questa capacità previsionale fondare una
pianificazione strategica questo significa avere tranelli e inganni.Che derivano dal fatto che
non bisogna pensare e fare affidamento sulla possibilità di prevedere il futuro, cioè
l’incertezza e la variabilità dell’ambiente esterno diventa così elevata ci deve far stare molto
attenti.
Ecco perché anche questo approccio di pianificazione strategica entra in crisi e si afferma un
nuovo paradigma che è quello del management strategico che prende pienamente
coscienza della difficoltà di gestire un ambiente esterno turbolento, complesso, vario,
variabile, difficilmente prevedibile.
La prima cosa è che i processi di pianificazione si ponevano orizzonti temporali di analisi di
più breve respiro, quindi mentre prima per esempio avevamo processi di pianificazione
strategica a 10 anni, a 7, a 5 nella fase in cui l’ambiente esterno comincia a diventare
difficilmente prevedibile l’orizzonte temporale di questa pianificazione comincia a ridursi e
quindi pianificazione non più di 5 anni o di 7 anni ma magari di 3 di 2 anni perché la
prevedibilità diventa sempre più bassa.
10
Attività operative
-Costi variabili di produzione (compreso i costi di acquisto dei semilavorati)
-Costi di collaudo e di controllo qualità (personale, materiali, procedure informatiche, servizi
acquisiti da terzi)
-Costi di gestione e manutenzione impianti (compreso i costi di acquisto di licenze,
brevetti,..)
ecc….
Quindi la catena del valore ci consente di capire qual è il contributo che ciascuna attività
apporta alla determinazione del profitto.
11
12
Logistica
Se facciamo riferimento alla catena del valore, il testo analizza in sequenza ogni singola
attività partendo proprio dalla logistica, poi produzione, poi marketing e poi alle attività di
supporto.
‘’La logistica implementa, controlla e gestisce il flusso e lo stoccaggio di materie prime,
semilavorati e prodotti finiti e delle relative informazione che attraversano l'impresa’’.
La logistica gestisce flussi fisici e flussi informativi che sono oggetto della logistica.
La missione della logistica è pianificare e coordinare tutte le attività necessarie per
raggiungere il livello di servizio desiderato al minor costo possibile.Il servizio logistico come
capacità di rendere disponibile il prodotto al posto giusto, al momento giusto nelle
caratteristiche giuste e nelle quantità giuste, e al costo giusto.
Quindi l’ottimizzazione che dobbiamo ottenere è il giusto compromesso tra livello di servizio
elevato e massimo livello servizio possibile però al minor costo possibile.E’ chiaro che io
potrei aumentare moltissimo il livello di servizio però tutto questo mi ha un impatto sui costi
molto alto, quindi il servizio logistico è la capacità di rendere disponibili il prodotto al posto
giusto al momento giusto, nelle quantità giuste, nelle caratteristiche giuste ovviamente tutto
al costo giusto.
Per quanto riguarda i costi, i costi logistici sono distinti i 5 categorie:
-Costi di mantenimento delle scorte
-Costi di magazzinaggio
-Costi di trasporto e distribuzione
-Costi inerenti ai lotti
-Costi di processazione ordini e dei sistemi informativi.
Si possono classificare i depositi in funzione del ruolo occupato dal deposito stesso nella
supply chain.Si parla allora di depositi di fabbrica distinguendoli dai depositi distributivi.
I depositi di fabbrica, a loro volta in: depositi di materie prime, in attesa che vengano
utilizzate dal processo produttivo; i magazzini interoperazionali, sono depositi che vengono
collocati fra due fasi successive del processo produttivo, rispondono a esigenze di controllo
delle scorte dei semilavorati e di disaccoppiamento dei flussi produttivi.
Tra queste due fasi successive del processo produttivo ci sono questi 2 magazzini
interoperazionali cioè tra 2 operazioni di carattere produttivo.
La finalità del disaccoppiamento significa cercare di rendere più indipendente ogni fase
rispetto alla precedente, in questo senso disaccoppiare il processo produttivo.
13
14
15
16
La differenza tra le logiche ‘’stock control’’ o ‘’look back’’ e le ‘’flow control’’ o ‘’look ahead’’
Nel caso delle ‘’stock control’’ o ‘’look back’’ la scorta viene reintegrata ogni qualvolta si
arriva a un certo punto ritenuto fisiologico,quindi quando la scorta scende al di sotto di un
certo livello di scorta ritenuto fisiologico.
Quindi è una logica reattiva, nel senso che aspetto che si arrivi a questo livello che si
realizza predisponendo scorte che anticipano il manifestarsi del fabbisogno.E quindi il
fabbisogno non viene previsto a quanto può manifestarsi nel futuro, ma è stimato in funzione
della storia più o meno recente che caratterizza quell’articolo di cui stiamo parlando.
Le tecniche che si rifanno all’approccio ‘’stock control’’ sono:
-Tecniche a quantitativi fissi, significa che l'approvvigionamento avviene sempre in quella
quantità quindi con un tempo variabile;
-Tecniche a intervalli fissi, in questo caso avviene in quantità diverse ma con un intervallo
fisso.
Per prodotti con domanda non troppo regolare nel tempo si privilegia il modello a quantità
fisse (per vedere formule vedere slide ‘’Slide su Logistica’’ pag 29/30).
Per i prodotti invece con domanda regolare nel tempo si privilegia il modello ad intervallo
fisso (per le formule vedere libro pag. 44/45).
Nel caso invece nelle modalità ‘’flow control’’ o ‘’look ahead’’, qui non si costituisce una
scorta a priori in base agli andamenti storici e passati, ma la programmazione dei flussi
avviene rispettando i fabbisogni calcolati in base alla richiesta finale effettiva o in funzione di
previsioni attendibili della richiesta finale.
17
18
Il quantitativo che di volta in volta vado ad ordinare sarà quello che in quel momento c’ho,
quindi vado a calcolare questa quantità che vado ad ordinare semplicemente sottraendo
dalla scorta massima (S max) meno Sd che è la scorta disponibile in quel momento.
Questa formula ci indica la quantità di riordino di volta in volta che dobbiamo fare.
Dove Sd (scorta disponibile)= scorta in mano + scorta ordinata - scorta impegnata
-Scorta in mano= scorta che fisicamente è presente all’interno del sistema logistico nei
diversi depositi e quindi immediatamente utilizzabile;
-Scorta ordinata= quantità che pur essendo già stata ordinata non è ancora giunta all’interno
del sistema logistico e quindi non è ancora dichiarabile come disponibile;
19
Per prodotti con domanda irregolare e/o estremamente contenuta le aziende, in genere
utilizzano il modello a ripristino.
Tale modello prevede l’ordinazione di un lotto (minimo) di acquisto costante ogni volta che la
scorra disponibile ha raggiunto un livello minimo prefissato.
So tratta quindi di un modello analogo a quello a punto d’ordine dal quale però differisce per
i seguenti aspetti:
-Il punto d’ordine è estremamente contenuto (in genere 0) e viene fissato senza tener conto
della domanda nel tempo di riordino ma con il semplice obiettivo di ridurre quanto più
possibile il livello di scorte.Quindi il mio livello di riordine è molto basso, quasi prossimo allo
0 o in genere 0 ;
-Il lotto economico viene sostituito con il lotto minimo d’acquisto imposto dal fornitore, e cioè
esso non tiene conto quindi né dell’entità della domanda né dei costi connessi alla gestione
delle scorte.
Quindi sostanzialmente modello a ripristino significa quando è finito te lo compri, poi quanto
me ne compro lo decide il fornitore perché ha il lotto minimo il fornitore, meno di un
quantitativo non lo si può comprare.
20
21
E’ intuitivo come tra produttività e varietà esista una relazione inversa (trade-off), cioè che
all’aumentare della varietà la produttività necessariamente diminuisce.
Perché al crescere della varietà diminuisce la produttività?
Perché ad esempio produrre in un giorno 100 lavatrici tutte uguali (quindi con un processo
produttivo che procede senza interruzioni) oppure 10 modelli diversi in numero di dieci
22
23
24
Economie di scala
Con il concetto di economia di scala noi parliamo del concetto di dimensione ottima
dell’impianto, mentre prima parlavamo del grado di sfruttamento ottimale dell’impianto qui
parliamo di dimensione ottima dell'impianto.
Quindi il concetto di economie di scala, invece, è legato alle economie eventualmente
ottenibili al variare della dimensione dell’impianto, possibile nel lungo periodo.
Perché nel lungo possiamo naturalmente cambiare la nostra capacità produttiva, la nostra
dimensione dell’impianto e quindi sostenere costi fissi doppi o tripli.
All’aumentare delle dimensioni dell’impianto si verificano anche significativi effetti sui costi
variabili unitari:
-sconti ottenibili presso i fornitori per l’acquisto di quantità maggiori di materie prime,
semilavorati, componenti, è un costo variabile ma non è costante.Perché se io ordino 100, il
costo variabile di queste materie sarà X ma se invece ordino al mio fornitore ordino 300 il
costo variabile non sarà X ma qualcosa in meno perché ci sarà uno sconto perché sto
incrementando il mio acquisto;
-una divisione del lavoro più spinta, che consente tempi di apprendimento più rapidi.Quindi
una maggiore specializzazione su una cosa che potrebbe avere un effetto positivo sui tempi
di apprendimento di quell’attività ;
-minori costi di coordinamento per lo sfruttamento più razionale della capacità di
supervisione dei manager, ecc.
Le economie di scala possono dunque essere definite come una riduzione del costo medio
unitario del prodotto o servizio derivante dall’aumento della dimensione dell’impianto.
25
26
27
1.No need
Il primo motivo è il bisogno, il bisogno è quello che muove il nostro atto di acquisto senza il
bisogno perdiamo tempo perché se non c’è un bisogno non c’è nulla da fare.Mentre invece
sul bisogno basso qualcosa si può fare perché basso significa che potrebbe aumentare.
Quindi il marketing non può creare artificialmente un bisogno, ma può lavorare sul bisogno
latente o su un bisogno avvertito in maniera molto contenuta.
2.No urgency
No urgenza, questo perché il mercato è in continua evoluzione ed è sempre più difficile più
critico per le imprese quindi bisogna intervenire anche su questo aspetto per incrementare le
vendite.Quindi ti inducono chiaramente ad acquistare perché altrimenti si perde
quell’occasione.
3.No desire
A differenza di ‘’no need’’ qui sostanzialmente non si ha il bisogno di una cosa però la si
desidera e allora qui il desiderio sulla categoria desiderio è quello che apre la strada e apre
un mondo del marketing.Ma a volte anche la genesi di quel desiderio scaturisce
dall’esistenza di un bisogno di cui magari non si ha nemmeno piena consapevolezza.Quindi
il marketing attraverso un meccanismo di induzione, di desiderio di volere quella roba, ti da
dei motivi per cui quella roba tu la vuoi.
4.No money
No money non significa non ho il denaro, ma non vedo il valore quindi non sono disposto a
comprare quella cosa perché non è corrispondente al valore che io percepisco.Quindi il
prezzo si realizza quando io ci sto riconoscendo valore, quindi il compito del marketing di
indurre a dare valore (con dei motivi) anche laddove magari non c’è (valore).
5.No trust
No fiducia, quindi bisogna usare gli altri consumatori cioè qualche espediente che possa far
superare questo problema della fiducia in quello che si sta facendo (nei prodotti o nella
stessa azienda).
28
29
30
31
32
33
34
35
Prodotto
Le politiche del prodotto ha a che fare con tutte quelle decisioni che riguardano la messa a
fuoco di tutti gli elementi, tutti gli attributi, di questo prodotto, quindi la giusta combinazione
delle caratteristiche del prodotto/servizio.
Le caratteristiche e gli attributi del prodotto devono generare un utilità per l’acquirente,
perché deve dare dei benefici che siano legati agli aspetti tecnici prestazionali o che siano
legati anche ad altre dimensioni del prodotto.
I 3 segreti per vendere qualcosa a chiunque:
1-Le persone comprano secondo emozioni e poi successivamente giustifica con la logica;
2-Le persone spesso comprano per uscire da un problema, per risolvere un problema che
hanno.E quindi bisogna comprendere in profondità quali sono i problemi del mercato dei
consumatori;
3-Le persone non comprano prodotti e servizi, ma comprano storie che lo catturino in
qualche modo.
Le categorie di beni possono essere individuate in funzione del livello di informazione e del
rischio:
-Beni convenience e preference, sono i beni di largo e generale consumo.
I beni convenience sono beni beni di largo e generale consumo non di marca, mentre i beni
preference sono beni di largo e generale consumo di marca.
Beni di largo e generale consumo sono beni che noi acquistiamo con una elevata frequenza
che hanno un prezzo di vendita contenuto e che non richiede un particolare processo di
acquisizione di informazioni o di valutazione comparativa tra le diverse offerte del mercato.I
beni convenience sono beni che costano poco e che acquistiamo con grande frequenza e
quindi per i quali noi non siamo neanche disposti a perdere tanto tempo per fare un’analisi di
mercato, di tutte le offerte che ci sono, metterle in comparazione e fare un processo più
articolato di scelta razionale sulla base di una comparazione di questi elementi.
-Beni shopping sono i beni che hanno un prezzo più elevato, una frequenza di acquisto
molto meno ricorrente rispetto ai beni convenience e sono i classici beni che noi compriamo
però dopo aver effettuato un minimo di analisi, dopo aver avvertito l’esigenza di acquisire
delle informazioni sui prodotti che ci sono;
-Beni specialty sono i beni che acquisto molto di rado, che hanno un costo molto elevato e
quindi lì il processo e la mia necessità di informazione è molto maggiore rispetto ai beni
shopping.Ad esempio un bene specialty è un automobile, un bene che io acquisto molto
raramente e che soprattutto ha un prezzo elevato e quindi la mia ricerca di informazione
sarà sicuramente problematica, difficoltosa, onerosa perché mi toglie tempo e mi toglie
energie perché devo dedicarmi a questo acquisto.
Il rischio collegato a questi acquisti è ben diverso, nei beni convenience è un rischio molto
basso, ci interessa molto poco dover fronteggiare questo rischio ecco perché il livello di
informazione che noi andiamo ad acquisire è basso perché il rischio di acquisto è basso.
Nei beni shopping il rischio di acqusito è più alto e qui è chiaro che comunque stiamo
parlando di beni che hanno un prezzo più o meno elevato ma comunque un prezzo che mi
giustifica una esigenza e una ricerca di informazione perché ad esempio se sbaglio
telefonino ho un rischio di acquisto.
36
Le scelte di prezzo
L’altra P è il prezzo, esso è:
-Un parametro di riferimento primario, è un elemento che comunque noi prendiamo in
considerazione;
-E’ la quantificazione monetaria del valore assegnato al prodotto, il prezzo non è altro che la
quantificazione monetaria del valore che noi attribuiamo a quel prodotto.
Gli elementi che devono essere presi in considerazione per la fissazione di un prezzo sono: i
costi di produzione di quel prodotto; elasticità della domanda cioè la sua reazione a diverse
ipotesi diverse di prezzo (e quindi devo tener conto della disponibilità della domanda ad
accettare un prezzo più alto e fino a che punto la domanda mi mostra disponibilità ad
accettare un prezzo più alto); i concorrenti perché è chiaro che io non posso prescindere dal
prezzo dei concorrenti perché bisogna sempre tener conto dei prezzi dei concorrenti.
-E’ un aspetto critico nel caso di ingresso di un nuovo prodotto per il mercato e qui abbiamo
2 opzioni fondamentali:
La prima si chiama scrematura del mercato e la seconda penetrazione del mercato, quando
si parla di penetrazione del mercato si intuisce che si parla di un prezzo basso per avere un
obiettivo di sviluppo rapido, cioè in tempi stretti raggiungere un certo volume di vendita.
La scrematura è l’opposto, cioè significa fissare il prezzo alto e necessariamente scremare il
mercato perché saranno meno i consumatori disposti a comprare ad un prezzo elevato.Un
caso tipico di scrematura del mercato è quello per tutti i prodotti tecnologici perché tutti i
prodotti molto innovativi sono apparsi sul mercato ad un prezzo stratosferico in certi casi.
Distribuzione
La terza P è il canale distributivo, il canale distributivo non è altro che l’insieme dei soggetti
che svolgono funzioni di intermediazione commerciale.La distribuzione è un insieme di
attività, è tutto l’insieme di attività che servono per trasferire fisicamente i prodotti dal
produttore al consumatore, il canale distributivo è l'insieme dei soggetti che svolgono le
funzioni distributive e che quindi consentono che i prodotti si trasferiscono dai luoghi di
produzione ai luoghi di consumo.
Questi soggetti possono essere più o meno numerosi, possono esistere e possono anche
non esistere, e quindi i canali distributivi possono innanzitutto distinguersi in canali diretti e
canali indiretti:
Un canale diretto di distribuzione è quando non abbiamo intermediari commerciale e
quando il produttore si collega in maniera diretta ai suoi consumatori (ad esempio
e-commerce).
Il canale indiretto invece significa quando questo collegamento tra produzione e consumo è
mediato dalla presenza degli intermediari commerciali, e cioè da tutte quelle figure
professioniste delle funzioni di distribuzione che sono tipicamente i grossisti, i dettaglianti, i
rappresentanti, gli agenti di vendita, ossia tutte quelle figure di intermediazione commerciale.
37
Comunicazione
L’ultima delle P è la promotion, ma non è per noi quella che intendiamo promozione ma la
traduciamo come comunicazione per intendere un insieme di strumenti che sono:
-Pubblicità, la comunicazione è innanzitutto pubblicità perché la prima cosa a cui pensiamo
quando pensiamo alla comunicazione di marketing pensiamo alla pubblicità.Ma certamente
il fatto che sia la principale non significa che sia l'unica;
-Direct marketing, quindi un collegamento diretto tra i venditori e il consumatore;
-Pubbliche relazioni, ossia le public relation che fanno le aziende per avere visibilità, per
partecipare alla vita della collettività, per avere consenso diffuso, per avere partner che in
qualche modo aiutino all’immagine e al valore di quell’azienda;
38
39
40
41
42
C.Ultimo compito della finanza è la gestione della Tesoreria, cioè il controllo dei flussi in
entrata e in uscita e del presidio del saldo di cassa.
Quindi qui ragioniamo in aspetti monetari, quindi stiamo parlando di un equilibrio monetario
tra flussi in entrata e flussi in uscita.
L’unico problema che possiamo avere è tra scegliere il contante e le numerose possibilità di
investimento in titoli a breve termine, quindi ad esempio io c’ho 10.000 euro e posso
decidere se tenerli nel mio cassetto oppure magari vado in banca e faccio un investimento in
un titolo a breve termine come ad esempio cambiali finanziarie, certificati di depositi, Buoni
Ordinari del Tesoro, operazioni pronti contro termine.
Quindi il problema della gestione del saldo di cassa è solo un problema di dire fino a che
punto mi conviene avere questa cassa gonfia oppure pochi soldi in cassa? cioè la mia
liquidità quanto deve essere?
43
Organizzazione
L’organizzazione azienda e la funzione organizzazione si occupa di definire i compiti,
individuare le responsabilità, le relazioni tra le risorse umane presenti nell’impresa.Quindi qui
vediamo già come prima definizione di funzione organizzazione come è inclusa anche una
parte molto importante ossia le relazioni tra le risorse umane.
La gestione delle risorse umane è una delle attività più critiche che esiste in un’impresa
qualsiasi essa sia (piccola, media, grande), qualsiasi essa sia la finalità, perché gestire le
risorse umane non è una cosa affatto semplice nel momento in cui ci siamo sganciati dalla
concezione dove l’uomo era una macchina, era un ingranaggio di un orologio, e chiaramente
all’epoca quando si pensava e si ragionava in questi termini la risorsa umana non esisteva
ma non esisteva proprio il concetto delle risorse umane.Veniva considerata un’attrezzatura,
un impianto, un ingranaggio di un orologio.
Quindi mentra prima si parlava di gestione del personale, oggi si parla da almeno 20 anni di
gestione delle risorse umane, quindi già il fatto di parlare di risorse umane e non più di
personale ha una sua importanza perché prima c’erano i responsabili della gestione del
personale e responsabili della gestione delle risorse umane, due cose diverse.
L’uomo è la risorsa più difficile da gestire, è molto più facile gestire risorse finanziarie, molto
più facile risorse di impianti, di macchinari, di tecnologie, la risorsa umana è complicata
perché è portatrice di elementi di criticità importanti ed ha un potenziale enorme ma così
come anche in positivo ma così come anche un potenziale enorme in termini di
disfunzionalità e di negatività.
E allora ecco com’è importante mettere subito a fuoco questo aspetto ossia le relazioni tra le
risorse umane, quindi il compito della gestione è gestire si la singola risorsa umana (quindi
al meglio) attraverso motivazione, partecipazione ecc.. ma la cosa importantissima è anche
gestire le relazioni che si sviluppano tra le persone.
Quindi il gestore delle risorse umane deve predisporre meccanismi operativi formali e
informali che creino le condizioni migliori per poter far si che le persone esprimano il loro
potenziale lavorativo al meglio, che riescono a produrre valore riuscendo a contemperare
non soltanto il perseguimento degli interessi dell’impresa ma anche il perseguimento delle
persone, perché gli imprenditori illuminati capiscono che gli interessi dell’impresa passa
attraverso il soddisfacimento delle esigenze e degli interessi delle persone.
44
45
46
Configurazioni organizzative
Abbiamo 5 organizzazioni configurative, 5 strutture organizzative oppure modelli
organizzativi, in realtà 4 perché tra struttura divisionale e multidivisionale non c’è nessuna
differenza (secondo il professore):
1.Struttura elementare o semplice;
2.Struttura funzionale;
3.Struttura divisionale;
4.Struttura multidivisionale;
5.Struttura matrice;
Struttura elementare
1.Struttura elementare o semplice è una struttura tipica dell’imprenditore proprietario della
piccolissima impresa dove l'imprenditore è anche il proprietario, fa tutto lui e ha pochi
collaboratori (piccoli negozi, piccole fabbriche) dove c’è il capo, l'imprenditore che è anche il
proprietario e poi ci sono dei collaboratori.
E’ una struttura dove l’organigramma (la rappresentazione grafica della struttura
organizzativa) viene rappresentata la parte formale dell’organizzazione cioè ciò che è
formalizzato, che è codificato, e anche le relazioni che noi vediamo gerarchiche tra i diversi
livelli sono quelle relazioni formalizzate chiaramente.
Ci sono 2 dimensioni le dimensioni verticali e le dimensioni orizzontali, la dimensione
verticale ci indica le relazioni di linea cioè gerarchiche (quindi i livelli gerarchici), quelle
orizzontali sono invece le relazioni di staff che sono fuori dalla linea gerarchica ma sono
organi di staff che servono per supporto delle attività di quella persona, di quell’unità
organizzativa, rispetto al quale sono previste.
47
Struttura funzionale
2.Struttura funzionale significa che è una struttura che viene fuori dall'adozione di un criterio
di ripartizione del lavoro fondato sulla omogeneità delle attività che si svolgono, e cioè
quando si legge specializzazione per ‘’gruppi di processi ‘’ della medesima specie
economico-tecnica significa che io sto accorpando nell’ambito di una unità organizzativa
tutte quelle attività che sono della stessa specie economico-tecnica, e questa unità
organizzativa quindi si occuperà di una funzione specifica dove vengono accorpate tutti i
compiti e le attività della stessa natura.
Quindi c’è una articolazione delle unità organizzative in base alle funzioni aziendali.
Funzione A, funzione B, funzione C sono funzioni aziendali quindi può essere per esempio
la funzione A produzione, la funzione B marketing, la funzione C finanza, la funzione D
gestione risorse umane, la sezione E ricerca e sviluppo, e a loro volta ogni unità
organizzativa (A,B,C) si possono scomporre, contiene tutte le attività che fanno parte di
quella funzione (sottocategorie in poche parole quindi che riguardano sempre la medesima
specie).Ciò significa che io sto creando unità organizzative dove vado a mettere insieme
tutto quello che si svolge in relazione ad una certa funzione quindi nella unità organizzativa
A io ci vado a mettere tutto quello che riguarda la funzione produzione.
Ecco perché prende il nome di struttura funzionale, perché è una struttura organizzativa in
base alle funzioni aziendali.
Questa struttura funzionale è caratterizzata:
-Da una suddivisione orizzontale del lavoro ai livelli alti (direzionali) tra responsabili di
funzioni, quindi la suddivisione del lavoro viene fatta sulla base di funzioni aziendali.Quindi l
lavoro viene specializzato per funzioni, nella unità organizzativa A tutto quello che è
produzione, nella unità B tutto quello che è marketing si specializza per marketing, l’attività C
ecc…;
48
Struttura divisionale
3.Nella struttura divisionale scindiamo prodotto mercato X e prodotto mercato Y, perché
sono 2 aree di attività diverse e quindi la divisionalizzazione è un'esigenza che scaturisce
quando io ho diversità nel mio portafoglio attività, nel mio portafoglio business.
All’interno della divisione poi abbiamo le diverse funzioni, la funzione A, B, C che non altro
sono la funzione produzione, funzione marketing, funzione ricerca e sviluppo e quindi
all’interno della divisione noi abbiamo l'articolazione funzionale per funzioni.
Quindi sotto la direzione generale noi non abbiamo le funzioni, cioè ad esempio sotto la
direzione non c’è il direttore marketing o il direttore produzione, ma sotto la direzione
generale c’è il direttore della divisione A e il direttore della divisione B.
Quindi da quest’organigramma capiamo che c’è un direttore generale e sotto la direzione
generale, il livello gerarchico direttamente sottoposto sono le responsabilità di divisione X, Y,
Z e all'interno di una divisione c’è tutta l'articolazione per funzioni (produzione, marketing,
ecc..).
Le responsabilità qui sono assegnate per prodotto, per area geografica o per mercato.
49
50
51
Struttura matrice
4.La struttura matrice è una struttura sintesi di tutte e due gli schemi, sia quella funzionale e
sia quella divisionale.Cioè abbiamo un doppio livello di unità organizzative sottoposte alla
direzione generale, uno è il livello orizzontale e uno è il livello verticale e cioè sotto la
direzione generale noi qui abbiamo funzione A, funzione B e funzione C (quindi produzione,
marketing, finanza ecc..), poi però abbiamo anche in verticale progetto X, progetto Y e
progetto Z quindi delle strutture che tagliano trasversalmente delle funzioni dove c’è una
organizzazione per progetti che va a sovrapporsi ad una organizzazione per funzioni.
Quindi nella struttura matrice restano ferme le diverse funzioni (produzione, marketing,
finanza ecc..) quindi c’è un direttore produzione, un direttore marketing, un direttore finanza,
però abbiamo istituzionalizzazione di un lavorare per progetti quindi questa struttura matrice
è la classica struttura di un’impresa per progetti.
Perché ogni progetto X, Y, Z si avvale poi della funzione A, funzione B, funzione C, progetto
significa avere un compito tempificato e un obiettivo preciso con cui si costituierà un gruppo
di progetti.Ci sarà un leader, un capo di questo progetto e questo team sarà composto da
qualcuno che verrà da questa funzione produzione, qualcuno che verrà da questa funzione
marketing, qualcuno che verrà dalla funzione finanza e qualcuno che verrà dalla funzione
ricerca e sviluppo ecc..
Quindi il team di progetto che è un modo di organizzare il lavoro (soprattutto per le imprese
che lavorano per progetti) è un team multifunzionale guidato da una persona che è il
direttore del progetto ed è un team che è composto da qualcuno che viene dalla produzione,
qualcuno, da un uomo di marketing, un uomo di finanza, che sono allocati a questo progetto.
52
53
54
Le principali forze del macro ambiente, quindi quali sono le principali condizioni esterne
all’impresa di carattere generale che compongono il macroambiente o ambiente generale:
-Ambiente economico;
-Ambiente demografico;
-Ambiente politico-istituzionale;
-Ambiente socio-culturale;
-Ambiente tecnologico di base;
-Risorse dell’ambiente naturale (come uno degli ambienti che compongono l’ambiente
esterno);
-Ambiente strutturale nazionale, cioè un insieme di condizioni che caratterizzano un sistema
paese, ossia tutte quelle condizioni che caratterizzano un determinato contesto.
Ambiente economico
L’ambiente economico è il primo sistema sub sistema importante dell’ambiente esterno a
livello macro, l’analisi dell’ambiente economico dovrebbe sostanzialmente rispondere a
domande:
-Quali sono le prospettive economiche del sistema economico nazionale? Siamo in una fase
di recessione o di espansione? Cioè che cos’è in quel momento (fa riferimento all fotografia
del 1 punto sopra citato)
-Qual è l’evoluzione degli investimenti del sistema del risparmio delle famiglie? (fa
riferimento alla proiezione futura del 2 punto sopra citato)
-Quali eventi e trend economici possono influenzare la nostra impresa? Cioè quali sono tra
questi elementi quelli che sono più incidenti e che possono maggiormente influenzare (in
senso positivo o in senso negativo) la nostra attività d'impresa (fa riferimento all’influenza del
3 punto sopra citato).
Ecco perché oggi c’è una elevata difficoltà, perché non è solo contingente ma è un problema
di proiezione nel medio/lungo termine, cioè c’è un incognita che mi impedisce di rispondere
al 2 punto e automaticamente anche al punto 3
Una serie di complessi indicatori dell’ambiente economico per esempio possono essere:
-le diverse tipologie di produzione;
-il reddito disponibile delle famiglie;
-i consumi nazionali per tipologie di prodotto e per aree geografiche;
-gli investimenti;
-i tassi di cambio
-i tassi di inflazione
-l’andamento dei prezzi interni;
55
Ambiente demografico
L’analisi dell’ambiente demografico dovrebbe rispondere a domande quali:
-Quali sono i trend demografici che si presenteranno, questi rappresentano opportunità o
una minaccia?
-Quali cambiamenti demografici influenzeranno le dimensioni della domanda del settore?
Ad esempio i principali fenomeni socio-demografici che si sono verificati in Italia negli ultimi
decenni sono:
-riduzione del tasso di crescita della popolazione;
-riduzione del numero medio dei componenti per famiglia e diminuzione dei matrimoni;
-aumento del tasso di sopravvivenza e invecchiamento;
-cambiamento della direzione dei flussi migratori;
ecc….
Ambiente politico-istituzionale
Le domande da porsi in questa analisi strategica sono:
-Quali sono i provvedimenti fiscali o monetari previsti, in che misura potranno influenzare il
comportamente dell’impresa?
-Quali sono i più prevedibili cambiamenti nella politica economica del paese?
-Quali sarà il loro impatto sui singoli settori industriali?
Quando parliamo di ambiente politico istituzionale intendiamo tutto l’insieme di regole, di
meccanismi, di regolamentazione delle attività economiche e tutti gli istituti che un paese in
un certo momento e in una certa epoca storica si da.
Tutta una serie di materie che sono ad esempio:
-il grado di regolamentazione o deregolamentazione di alcuni settori;
-leggi ambientali;
-fiscalità e tassazione;
-norme a tutela della concorrenza;
-diritto dei lavoratori;
56
Ambiente naturale
Qui facciamo riferimento all’ambiente come contesto naturale, quindi uno dei 7 subsistemi
ambientali, che dovrebbe rispondere a domande quali:
-Quali sono le risorse necessarie per il ciclo produttivo dell'impresa che l’ambiente naturale è
in grado di offrire?
-Quale sarà l’impatto dell’attività dell’impresa sull’ambiente naturale (problemi di
responsabilità sociale e di tutela della salute pubblica)?
Qui vediamo in pieno la bidirezionalità (ossia quanto impatta l’attività dell’impresa
sull’ambiente esterno) di un rapporto con un subsistema ambientale che ci fornisce
certamente risorse, ma che riceve da noi tutto l’impatto della nostra attività e quindi con tutti i
problemi conseguenti che ci dobbiamo porre in termini d’impresa.
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
Risorse
Le risorse sono tutti gli asset specifici di un’impresa, ossia tutto ciò che l’impresa utilizza per
creare, produrre e distribuire valore sul mercato.
Le risorse le possiamo suddividere in risorse tangibili e in risorse intangibili:
Per quanto riguarda le risorse tangibili individuiamo:
Le risorse finanziarie le cui caratteristiche sono:
-Capacità di indebitamento;
-Generazione interna di fondi
-Capacità di investimento
-Capacità di fare fronte alle fluttuazione nella domanda e nei profitti
70
E poi abbiamo la categoria delle risorse umane, per quanto riguarda le caratteristiche:
-Reputazione dell’impresa presso gli stakeholder
-Addestramento e esperienza degli addetti
-Capacità disponibili
-Adattabilità degli addetti
-Flessibilità strategica
-Impegno e lealtà dei dipendenti
-Capacità di raggiungere e mantenere un vantaggio competitivo
Le risorse immateriali, oggi, possiamo dire che sono le più importanti fonti del vantaggio
competitivo più di quelle materiali.
Perché sono accumulabili, perché si sedimentano nel tempo, quindi sono risorse
immateriali di conoscenza e di reputazione, di relazione, che noi accumuliamo nel tempo
con processi di apprendimento ed esperienziali.
Inoltre non sono perfettamente trasferibili perché sono legate all’impresa, sono legate a
quel tipo di impresa, quindi fanno parte di quelle conoscenze tacite legate all’impresa, quindi
non sono facilmente trasferibili all’esterno ossia non sono facilmente acquisibili dall’esterno.
Capitale intellettuale
Il capitale intellettuale è l’insieme del sapere, delle informazioni, dell’esperienza, che
ritroviamo all’interno di un impresa.
71
Le competenze
La differenza tra risorse e competenze è che tecnicamente le risorse sono gli asset
elementari dell’impresa, quindi sono risorse finanziarie, fisiche, tecnologiche, reputazionali,
risorse umane, quindi sono gli asset specific elementare.
Mentre le competenze sono le abilità di impiegare e combinare queste risorse.
Cioè la risorsa è l'elemento in sé (l’asset elementare) mentre la competenza l’abilità di
saperla usare e metterla in relazione con tutte le altre risorse, cioè di combinare non soltanto
la singola ma combinare l’insieme delle risorse al fine di conseguire un vantaggio
competitivo.
Quando questa competenza diventa qualcosa che riesce a dare all’impresa una distintività e
un vantaggio competitivo si chiama competenza distintiva, cioè diventa una competenza
distintiva cioè qualcosa che caratterizza quell’impresa (core competence).
Quindi le competenze distintive sono quelle competenze che sono in grado di rendere unica
un’impresa in cui opera, la competenza distintiva di quell’impresa è per esempio il time to
market cioè è un abilità che l’impresa riesce a sviluppare nel tempo di riuscire a collocare i
propri prodotti nel tempo più giusto possibile (gestione del tempo).
Quindi la core competence è una competenza di combinare le risorse disponibili in modo da
conseguire maggiore forza o minore debolezza nei confronti dei concorrenti e degli attori
chiave del mercato.
Questo competenze distintive hanno una natura trasversale, cioè hanno una combinazione
di tutte le risorse e le attività dell’impresa, quindi dobbiamo vedere queste competenze come
capacità di armonizzare e coordinare risorse anche di varia natura e più forte è questa
interazione e più è difendibile il vantaggio competitivo.
Cioè più sviluppo capacità nel coordinamento di risorse più questo è fonte di vantaggio
competitivo, questo significherebbe che l’impresa concorrente potrebbe anche dotarsi di
quella risorsa particolare però poi non la sa sfruttare perché non la sa coordinare,
armonizzare così come faccio io all'interno della mia impresa.
72
Le strategie d’impresa
Per quanto riguarda le strategie d’impresa possiamo fare una distinzione tra: strategie di
sviluppo; strategie di risanamento; strategie di rafforzamento o assestamento.
-Quando parliamo di strategie tendenzialmente parliamo di strategie di sviluppo
dimensionale, cioè la prima cosa che ci viene in mente è la crescita ma quello che è
importante mettere in evidenza anche grazie a questa classificazione è che strategie non
sono solo di sviluppo;
-Ma ci sono anche strategie di risanamento di situazioni di difficoltà che poi possono
essere più o meno conclamate fino a diventare crisi, perché quando si parla di crisi si parla
di situazioni difficoltà conclamate, continuative, che richiedono degli interventi strutturali
importanti perché altrimenti se non si fa nulla quella situazione è da considerarsi
irreversibile.
Quindi è uno stato più avanzato di difficoltà, questo per distinguere la crisi da una situazione
di difficoltà o di negatività che può essere anche fisiologica nell’andamento dell'attività
dell’impresa, perché la crisi è qualcosa di strutturale, consolidato;
-Ma anche strategie di rafforzamento o assestamento perché non è che sempre le
imprese hanno le possibilità di crescere, non sempre ci sono le condizioni ambientali esterne
o anche interne per poter crescere, per porsi degli obiettivi di crescita.E quindi le strategie di
rafforzamento e di assestamento sono quelle strategie che mettono in atto nel momento in
cui bisogna consolidare dei risultati, rafforzare, assestare dei risultato o reddituali o di
mercato ma non ci sono le condizioni per la crescita.
In qualsiasi tipo di strategia analizziamo vale sempre la stessa regola, cioè la strategia è una
risposta di adattamento dell’impresa sia all’ambiente esterno che all’ambiente interno, e
quindi rispondono sostanzialmente a cosa dobbiamo fare per o cogliere opportunità o per
difenderci da certe minacce tenendo conto di quali sono le risorse e le competenze di cui
disponiamo o di cui potremo disporre per poter operare con successo in determinati
business.
Una risposta di adattamento l’impresa vive continuamente stati di equilibrio ma anche stati di
disequilibrio, e quindi l’impresa nel momento in cui aggiunge degli stati di equilibrio poi
succede qualcosa che la pone in una situazione di disequilibrio al quale deve dare una
risposta in chiave di adattamento, quindi l’adattamento è la parola chiave per spiegare il
concetto di strategie.
Nei confronti dei cambiamenti dell’ambiente esterno possiamo avere un atteggiamento
reattivo quindi si reagisce a degli eventi che accadono e io mi adeguo a questi eventi,
oppure un atteggiamento attivo e questo atteggiamento attivo signifca anche di anticipazione
di previsione degli eventi ambientali e quindi una previsione tempestiva anticipatoria rispetto
agli eventi che poi si manifesteranno.
Le strategie di sviluppo
Lo sviluppo può essere di vario tipo:
73
Matrice prodotto/mercato
Questa matrice proposta da Ansoff ha proposto negli anni 80’ questa matrice per
classificare le strategie di sviluppo e in particolare individuarle in base a 2 variabili: i
prodotti e i mercati.
Specificando però che il mercato è una parola che può significare più cose ma
essenzialmente o un ampliamento dal punto di vista geografico oppure un ampliamento del
segmento di mercato a cui si rivolge.
Abbiamo sull’asse delle ascisse i prodotti che possono essere attuali o nuovi e sull’asse
delle ordinate abbiamo mercati che possono essere attuali o nuovi.
Incrociando queste 2 variabili noi abbiamo 4 tipologie di strategie diverse, abbiamo:
1.La penetrazione del mercato si tratta di una strategia che si fonda sugli attuali prodotti per
gli attuali mercati, quindi stiamo cercando soltanto si estendere la nostra presenza, il nostro
peso, all'interno di quei mercati;
2.Lo sviluppo del prodotto quindi servire gli attuali mercati con nuovi prodotti, quindi sto
sviluppando il prodotto;
3.Lo sviluppo del mercato inoltre io posso crescere attraverso una strategia di sviluppo del
mercato quindi con gli attuali prodotti rivolti a nuovi mercati;
4.La diversificazione quando invece operiamo con nuovi prodotti con nuovi mercati stiamo
realizzando una strategia di diversificazione produttiva, cioè nuovi business perché siamo in
un nuovo mercato con nuovi prodotti.
La finalità di questo modello è quella di classificare le strategie e distinguere le diverse
modalità di crescere in base al fatto se si fondano da un lato sui prodotti attuali o se si
fondano su prodotti nuovi, e dall’altro se si fondano queste strategie di crescita su rivolgersi
sugli attuali mercati oppure se rivolgersi a nuovi mercati.
74
Lo sviluppo del prodotto si può fondare sul fatto che io posso contare su alcune risorse:
-Forte presenza presso i clienti chiave, quindi avere una rete di clienti molto fedeli quindi
avere dei rapporti di relazione molto stretti con clienti che sono quindi molto più disposti ad
accettare le mie innovazione, i miei nuovi prodotti;
-Introduzione nei canali distributivi, significa che io ho una presenza nei canali distributivi
molto consolidata perché ho sviluppato nel tempo rapporti di collaborazione con i distributori,
cioè rapporti consolidati di fiducia reciproca, di continuità di rapporti commerciali e quindi io
fondo su questa mia introduzione e questa mia solidità dei miei rapporti dei canali di
distribuzione per poter puntare a offrire nuovi prodotti;
-Ben introdotta rete di vendita, questa è sicuramente una risorsa che mi agevola in una
strategia di sviluppo del prodotto quindi avrà sicuramente più chances se ho una rete di
vendita già consolidata;
-Forte immagine di marca per brand extension, cioè una grande reputazione del brand,
molta fiducia nel brand e ovviamente tutto questo rende i miei clienti molto favorevoli a
politiche di nuovi prodotti, quindi l’estensione del brand su nuovi prodotti.
Diversificazione
4.Siamo nell’ambito della strategia che si fonda su nuovi prodotti e su nuovi mercati, quindi
sono nuovi business ossia cose che si aggiungono a quelle che facevamo
precedentemente.
75
Ricentraggio
Tra le varie strategie all’interno di questa matrice c’è il ricentraggio, ricentraggio significa che
si tagliano dei rami secchi ossia le attività non correlate alle attività ‘core’.
76
Riconversione
La strategia di riconversione è l’abbandono della linea produttiva esistente con uno sviluppo
interno, la sua sostituzione con una nuova linea produttiva possibilmente vicina almeno da
un punto di vista della tecnologia a quella precedente.
Il classico di strategia di riconversione è l’esempio di imprese produttrici di mezzi cingolati
che venivano usati nelle guerre poi sono state trasformati in imprese produttrici di trattori nei
periodi post-guerra quindi per attività agricola.
Perché si fa una strategia di riconversione?
-Perché per esempio ci sono delle crisi strutturali in quell’area strategica d’affari;
-Ci sono degli interventi della pubblica amministrazione per disincentivare o bloccare la
produzione in determinati settori;
-Oppure perché c’è un'incapacità delle imprese di reagire alle innovazioni tecnologiche e alle
azioni di marketing dell’impresa leader, cioè c’è una presa di coscienza da parte dell’impresa
che un'impresa leader è più brava di te e quindi tu non hai possibilità, capacità di reagire alle
innovazioni tecnologica che fa quest’impresa oppure non hai la forza di reagire al marketing
di queste imprese.
-Oppure l’Impossibilità di superare difficoltà degli approvvigionamenti con una strategia di
integrazione verticale, cioè ci sono delle difficoltà nell'approvvigionamento che possono
essere superate con un'integrazione verticale ossia quindi dire visto che ci sono questi
problemi di approvvigionamento me lo faccio io direttamente.
Risultati
Per quanto riguarda i risultati vi è la progettazione di una nuova linea di prodotti, connessa
tecnologicamente e possibilmente anche dal punto di vista del mercato, con la precedente.
Ostacoli
Gli ostacoli alla realizzazione di una strategia molto spesso provengono da resistenze
interne dei dipendenti ai diversi livelli, diversi livelli significa senza doverli localizzare in
qualche posto particolare cioè la massa operaia o i funzionari, o i dirigenti.
In generale le resistenze al cambiamento che vengono dall’ambiente interno sono fortissime.
L’importanza di questa matrice è quella di proporre una lettura delle diverse strategie in
termini di competenze e quindi capire le implicazioni di una strategia sulle competenze che
si hanno, e viceversa cioè le implicazioni che le competenze hanno sulle strategie sempre
nel recupero di quella coerenza deve esserci tra risorse, competenze e strategie.
77
Disintegrazione verticale
Quando parliamo di strategia verticale bisogna anche pensare che esiste una strategia di
disintegrazione verticale, si mettono in atto queste strategie di disintegrazione verticale
quando:
-Abbiamo un esigenza di avere maggiore flessibilità produttiva e un più efficiente
sfruttamente delle economie di specializzazione, cioè la strategia di integrazione ci porta più
rigidità e meno specializzazione.Qui invece l'obiettivo della disintegrazione è quello di
recuperare flessibilità e di recuperare economie di specializzazione;
-Decentramento produttivo per esternalizzare fasi di lavorazioni e per ridurre il costo del
lavoro della grande impresa, cioè faccio meno cose perché le esternalizzo ma questo
essenzialmente per un motivo di riduzione dei costi ed in particolare il costo del lavoro;
-Maggiore efficienza mediante diverse scale ottimali di capacità produttiva, qui diciamo che è
molto legato al fatto che mentre prima noi potevamo contare su tassi di domanda crescenti o
comunque o comunque più costanti di quanto non siano oggi, e quindi la nostra scala
produttiva ottimale era un po’ più tutelata rispetto ad oggi.Quindi se prendevo delle scelte
sulla capacità produttiva, sulla scala di produzione, ero un po più tutelato dalle condizioni
78
Strategie competitive
Le strategie competitive individuano le modalità attraverso cui conferire ai prodotti e ai
servizi un vantaggio competitivo efficace, difendibile e duraturo.
Quindi strategia competitiva significa come noi affrontiamo la competizione, su che cosa ci
vogliamo fondare, su che cosa puntiamo per ottenere vantaggio competitivo quindi puntiamo
sulla qualità, puntiamo sulla tecnologia, puntiamo sulla convenienza economica, puntiamo
su un equilibrio di queste dimensioni, puntiamo per esempio sui servizi integrativi, accessori,
complementari.
Quindi sostanzialmente su tutto quello che aiuta a creare valore e su quali fonti di valore noi
ci vogliamo concentrare, è importante che questo vantaggio competitivo sia efficace,
difendibile (quindi non facilmente imitabile, contrastabile da parte dei concorrenti) e duraturo
(quindi proiettabile nel medio/lungo periodo).
Quando si parla di strategie competitive si fa sempre riferimento all'opera di Porter, e lui ha
individuato 3 strategie di base competitive:
1-Leadership di costo;
2-Differenziazione;
3-Segmentazione o focalizzazione ma in realtà non sono una tipologia di strategia
competitiva, ma piuttosto un ambito nel quale si esercita.
Infatti quando vediamo messe graficamente sugli assi le strategie competitive di base, che
per quanto riguarda le fonti del vantaggio competitivo (sull’asse delle x) abbiamo da un lato il
costo e da un lato la differenziazione, per quanto l’ambito competitivo (sull’asse delle y)
abbiamo o un segmento particolare o l’intera area strategica di affari.
Le strategie di base sono: leadership di costo o differenziazione laddove la leadership di
costo è una strategia che si fonda come fonte del vantaggio competitivo sul costo quindi è
chiaro che noi puntiamo ad essere i leader di costo cioè ad essere i produttori in grado di
produrre quel prodotto o servizio al costo più basso sul mercato.
L’opzione opposta alternativa è la differenziazione, quindi la fonte del vantaggio la
ricerchiamo sulla differenziazione cioè sulla ricerca di elementi, caratteristiche, attributi,
distintivi diversi da quelle che hanno i concorrenti.
Quindi leadership di costo e differenziazione sono le 2 strategie di base riferita all’intera ASA
(area strategica d’affari), la focalizzazione invece altro non è che le stesse strategie
competitive una basata sui costi e una basata sulla differenziazione riferita però ad un
segmento particolare.
Leadership di costo
1-L’impresa si propone di diventare il produttore a più basso costo, quindi essa può:
79
Il vantaggio di costo rappresenta una difesa efficace contro le cinque forze competitive
(concorrenti diretti, clienti, fornitori, le imprese che producono prodotti sostitutivi, minaccia di
nuovi ingressi) perché:
-Nei confronti dei concorrenti diretti l’impresa non deve temere le conseguenze di
un'eventuale guerra di prezzo perché essendo in grado di realizzare un profitto anche ad un
livello di prezzo che per la concorrenza è il minimo praticabile.Cioè io riesco ad avere un
profitto anche se il prezzo è basso però per me e mi lascia comunque un margine, ma per la
concorrenza è il minimo praticabile quindi la concorrenza al di sotto di quel prezzo non potrà
andare;
-I clienti, per quanto possano essere forti (quindi il loro potere contrattuale elevato nei
confronti dell’impresa) non riescono ad ottenere un ribasso del prezzo al di sotto di quello
praticato dall’impresa che gode della migliore posizione perchè non riuscirebbero a trovare
sul mercato un prodotto a un prezzo più basso.Quindi per quanto sono forti però non
possono neanche più premere più di tanto perché non troverebbero sul mercato un prezzo
più favorevole del mio perché sono io che sono nella migliore posizione da questo punto di
di vista;
-Nei confronti dei fornitori, i bassi costi di gestione delle attività difendono l’impresa dagli
effetti di aumenti nei costi di approvvigionamento imposti dai fornitori, quindi se io ho un
costo unitario più basso che è il risultato della mia capacità di abbassare un po tutti i costi di
gestione, io riesco ad ammortizzare e ad assorbire meglio degli altri eventuali aumenti nei
prezzi di fornitura imposti da fornitori forti;
-I bassi costi consentono di praticare bassi prezzi, tali da rappresentare una barriera contro
l’entrata di eventuali nuovi concorrenti ed una protezione dei prodotti sostitutivi.
Quindi intanto rappresenta una barriera contro l’entrata di eventuali nuovi concorrenti,
perché nuovi concorrenti devono riuscire ad essere competitivi a quei livelli di costo che
sono bassi per me.E poi difendono chiaramente anche nei confronti dei prodotti sostitutivi
perché ovviamente siamo più competitivi con un prezzo più basso rispetto alle minacce di
prodotti che potrebbero essere presi in considerazioni perchè sono sostitutivi rispetto a un
nostro.
80
Analisi della catena del valore per conseguire una leadership di costo
Il testo ci propone un'analisi della catena del valore allo scopo di valutare le possibilità di
poter conseguire una leadership di costo, e cioè usando lo schema della catena del valore
che è fondato sulla disaggregazione delle attività quindi individua le singole attività primarie
e le attività di supporto, è possibile individuare:
-quali sono i fattori che determinano i costi delle diverse attività e la loro importanza relativa,
quindi un'analisi dei costi delle singole attività ci consente di capire quali sono i livelli di costi
che noi sosteniamo delle singole attività e all’interno dell’attività;;
-perché l’impresa sostiene dei costi diversi da quelli dei concorrenti, quindi comparandoli con
quelli dei concorrenti;
-quali sono le attività per le quali sarebbe più opportuno incentrare all'esterno la gestione,
ossia se sostanzialmente quella cosa conviene che la facciamo noi o la facciamo fare ad
altri perché è un modo di risparmiare a dei costi.
Differenziazione
2-L’impresa persegue una strategia di differenziazione offrendo ai propri clienti un prodotto
con una o più caratteristiche di esclusività che, nella percezione del cliente stesso, risultano
meglio in grado di soddisfare un determinato bisogno.
La cosa importante è ciò che pensa il cliente, non quello che c’è nella nostra valutazione o
nella nostra mente, quindi ciò che è importante è quando i nostri clienti percepiscono
caratteristiche di distintività, di differenziazione, al limite proprio di esclusività rispetto ai
prodotti concorrenti quindi che rendano i nostri prodotti più in grado ai loro occhi di
soddisfare un determinato bisogno;
-Se questo accade il cliente attribuisce un valore tale da accettare di pagare un prezzo più
elevato, cioè il premium price è quel prezzo incrementato che è il risultato di un valore
81
82
83
84
85
Governance e management
Quando abbiamo parlato del processo di governo dell'impresa e abbiamo visto quali sono gli
organi volitivi, ma questa specificazione è importante proprio per farci capire che c'è una
sorta di fluidità poi nei fatti, nel senso che da un punto di vista astratto certamente il
processo di governo idealmente si colloca negli organi volitivi però nella realtà dei fatti c’è
sempre di più una ampia partecipazione sia del management che di soggetti esterni, dei
soggetti stakeholder.
Perché la teoria degli stakeholder considera proprio un elemento importante nella
formulazione della strategia e quindi un conto è pensare cosa è formalmente previsto,
idealmente o astrattamente previsto, un conto è poi vedere nella realtà dei fatti cosa
succede.
Nella realtà dei fatti questo fenomeno di ampliamento di soggetti che partecipano al
processo di formulazione strategica, quindi quello che è di competenza del governo
dell'impresa della governance è certamente un fenomeno in crescita e sicuramente
accresciutosi rispetto al passato, e cioè un coinvolgimento maggiore di altri soggetti in primis
i management proprio perché queste due funzioni devono dialogare tra di loro e quindi
anche ciò che l'organo di governo intende definire lo deve fare e tenendo conto anche delle
esigenze, delle istanze e degli input vengono dal management.
86
87
88
Non tutte le imprese sono sistemi, nel senso che essere un sistema è un obiettivo, un
traguardo ma non è detto che in ogni impresa riscontriamo quei requisiti, quelle condizioni
affinché possiamo parlare effettivamente di un sistema così come lo stiamo concependo
89
90
Differenziazione
1.Nel momento in cui abbiamo suddiviso, abbiamo un'esigenza di controllo di quello che
succede nelle diverse parti dello svolgimento del lavoro, e c'è il controllo di gestione.
Il controllo di gestione è un'esigenza ovviamente legata alla suddivisione del lavoro ed è un
principio di management.
Significa che il momento in cui noi abbiamo suddiviso il lavoro, ogni parte nell'ambito del
nostro sistema svolge un compito preciso, ha dei precisi obiettivi, è un centro di
responsabilità (un centro di responsabilità può essere un centro di costo, può essere un
centro di ricavo, può essere un centro di costo e di ricavo quindi un centro di profitto) ed è
finalizzata a un risultato, questo è significa fare controllo di gestione.
Fare controllo di gestione significa accertarsi, verificare che ogni parte raggiunga gli obiettivi
che gli sono stati assegnati e se non li raggiunge individuare quali sono le modalità di
intervento necessarie per riallineare i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi che sono stati
prefissati e questo significa sottoporre l’attività a un controllo di gestione.
Quindi alla base del controllo di gestione c'è la programmazione certamente, quindi la
programmazione significa capire quali sono i nostri obiettivi (i nostri fini e i nostri obiettivi),
dopodiché abbiamo dei risultati che sono il frutto della nostra attività e facciamo un confronto
tra risultati ottenuti e gli obiettivi che avevamo predefinito.
Abbiamo degli obiettivi e dei risultati che si sono raggiunti, i nostri risultati possono essere
assolutamente allineati, coerenti, corrispondenti agli obiettivi che ci eravamo dati quindi
controllo di gestione ci dice che sei stato bravo che i risultati che hai ottenuto sono
corrispondenti agli obiettivi che ti eri dato.
Però può anche succedere il caso negativo, cioè che i risultati non siano allineati e
corrispondenti agli obiettivi che ti eri dato, e in questo caso quindi succede che devi o
rivedere i tuoi obiettivi o rivedere la tua azione perchè hai prodotto quei risultati? perché il
fatto che il risultato non sia corrisposto può dipendere dal modo in cui tu hai fatto le cose e
quindi hai prodotto un risultato inferiore o quantomeno non rispondente all'obiettivo, ma
potrebbe anche darsi che devi rivedere gli obiettivi che erano magari obiettivi troppo
ambiziosi.
L'obiettivo troppo ambizioso è un obiettivo che poi difficilmente troverà una sua
corrispondenza nei risultati effettivamente raggiunti, ma perché il problema era l'obiettivo
non quello che hai fatto.
Quindi il risultato di un controllo di gestione passa attraverso il confronto tra obiettivi e
risultati che hai raggiunto, è quello di validare anche gli stessi obiettivi oltre che la tua
azione.
Quindi se c'è corrispondenza tra i risultati e gli obiettivi tutto bene, ma se non succede io o
rivedo gli obiettivi o rivedo la mia azione.
91
Strutturazione
2.La seconda condizione è la strutturazione, e significa:
a) dare ordine alle operazioni e ai compiti;
b) definire le regole di interazione tra le parti, e cioè delle procedure di l'interazione
cioè come devono interagire le parti;
c) definire il processo decisionale di governance e di management, che attiene sia
la sfera di governance (che riguarda quella materia cioè le strategie, le linee
guida, gli indirizzi) e poi il processo decisionale di management (che sono tutte
quelle decisioni che poi vanno prese nella implementazione di ciò che è stato
deciso a livello di governance) e la connessa catena di autorità e poteri e
responsabilità cioè significa dividere i compiti, suddividere, attribuire le
responsabilità di suddividere e attribuire le autorità i poteri cioè discrezionali, non
discrezionali.
Quindi significa fare tutte quegli interventi di infrastruttura di funzionamento ossia dare un
ordine all'operazione compiti perché l'operazione e i compiti devono essere chiaramente
svolte in maniera ordinata cioè definita;
Definire il modo in cui le parti devono interagire tra di loro quindi definire le procedure e i
modi di lavorare e una sequenza di attività, quindi qual è l'iter procedurale di un'attività;
Definire il processo decisionale e tutta la connessa catena di autorità, poteri e responsabilità
perché quando si parla di autorità e di poteri noi dobbiamo sempre anche parlare della
parola responsabilità due facce di una stessa medaglia autorità poteri e responsabilità
collegate al catena di autorità e di poteri.
Strutturazione quindi significa individuare una gerarchia, cioè un modello di strutturazione
formale e ordinato di funzioni, compiti, delle unità organizzative cioè significa
sostanzialmente dobbiamo definire qual è la attribuzione dei compiti, cosa fanno le unità
organizzative, quali sono le diverse funzioni aziendali questo però in un modo formale e
ordinato.
Tutto questo ordine, codificazione, si chiama gerarchia cioè un modello di strutturazione
formale ordinato di funzioni compiti unità organizzative.
Questa gerarchia non deve poi diventare un elemento di rigidità, nel senso che è abbiamo
tutta la parte proceduralizzata, abbiamo gli organigrammi, abbiamo i mansioni, abbiamo i
funzionigrammi, però dobbiamo sempre tener conto che accanto a tutto ciò che è formale
c’è tutto ciò che informale.
Quindi dobbiamo tener conto che la struttura organizzativa poi è piena di queste relazioni
informali, di informazione, di comunicazioni che vanno sia dall'alto verso il basso (top-down)
ma anche dal basso verso l'alto (bottom up), ma anche in via trasversale quindi in questo
senso il funzionamento poi delle organizzazioni è condizionato certamente e basicamente
da tutto ciò che codificato e formalizzato ma molto anche da tutto quello che invece
92
Integrazione
3.Integrazione significa ricondurre a unità tutto ciò che è stato differenziato, ordinato,
strutturato e quindi integrazione significa garantirsi sostanzialmente quel coordinamento
(sempre funzionale) al conseguimento dei nostri scopi e quindi dobbiamo assicurarci che
tutto funzioni in modo efficiente, efficace e strumentale rispetto al conseguimento dei nostri
obiettivi.
Dobbiamo garantirci questa integrazione perché altrimenti le parti di questo sistema sono
slegate, quindi come ogni attività, ogni parte di questo sistema da un suo contributo al
conseguimento dei fini istituzionali dei fini del sistema quindi dobbiamo garantirci e cercare
la massima armonia, coordinamento tra le parti del sistema.
Questa integrazione può essere o spontanea o procurata, nel senso che è un integrazione
spontanea quando non abbiamo necessità di strutturare, di pensare a dei meccanismi di
integrazione, sofisticati o formalizzati, ma sono organizzazioni semplici quindi
quest’integrazione avviene spontaneamente.
Ma l'integrazione oltre che spontanea può essere anche un integrazione procurata, cioè
dobbiamo formalizzare, dobbiamo pensare come garantirci questa integrazione.
L’integrazione è un compito tipico del management, l’integrazione comprende 3 attività :
-Coordinamento, perché il manager è un soggetto integratore quindi è un soggetto che
deve coordinare;
-Controllo, cioè il controllo su quello che realizzano persone, attività e uffici.Quindi
dobbiamo verificare che stiamo andando nella giusta direzione;
-Esercizio di leadership, la leadership è un meccanismo di integrazione ossia capacità di
influenzare il comportamento degli altri, è la capacità di essere a capo di qualcosa che sta
andando verso degli obiettivi ed essere riconosciuto come tale la leadership.
Perché la leadership è quell'esercizio che significa coordinare, controllare, ma supportare
anche stimolare motivare, mettere in campo c'è tutta una serie di competenze che servono
per far sì che tutti vadano in quella direzione, che tutti esprimano e siano nelle condizioni di
esprimere al meglio il loro contributo lavorativo.
93
Teoria X
La teoria X è quella che si fonda sui principi del ‘management scientifico’, quindi che si
riconduce ai principi di Taylor e Fayol sull'organizzazione del lavoro.
Lo Scientific Management aveva questa ambizione di codificare i processi, di codificare tutto
ossia i principi di essere molto prescrittiva quindi regole e procedure come meccanismo
principe di integrazione.
Teoria Y
La teoria Y invece è fondata invece sulla cura delle relazioni umane, sulla cooperazione tra
capo e subordinato.Barnard e Homans sono i due esponenti principali di quest’approccio
fondato appunto sulle relazioni umane, sulla cooperazione.
Cioè questo è quello che per loro il manager deve stimolare e deve ottenere l'integrazione
tra le parti, tra le funzioni, tra le attività che si svolgono attraverso una focalizzazione
basandosi su questo ossia sull'attivazione di positive relazioni umane e su cooperazione tra
capo è subordinato.
Quindi molto spazio al informalismo in maniera completamente opposta la teoria X che
invece da molto spazio al formalismo, alle regole alle procedure.
Qui invece è l'estremo opposto qui siamo invece in un estremo di informalismo e soprattutto
di focalizzazione sulla sulla ricerca di meccanismi di integrazione anche spontanee che
comunque passino attraverso il rafforzamento delle relazioni umane all'interno del sistema e
su una cooperazione, vicinanza, assistenza, ausilio, supporto del capo rispetto ai
subordinati.
Teoria Z
La teoria Z che viene molto dalla cultura giapponese perché è fondata sulla capacità di
autoregolazione, di piccoli gruppi umani.
I gruppi relazionali o anche detti clan sono dei gruppi che spontaneamente si formano e che
si autoregolano nei loro processi lavorativi, quindi è come se si lasciasse che fossero le
persone stesse a autoregolarsi a coordinarsi tra di loro.
94
Finalizzazione
4.La finalizzazione noi la troviamo innanzitutto in una finalità generale è quella che noi
troviamo nello Statuto, nell'atto costitutivo.
Si distingue finalità generale con finalità particolare, nel senso finalità generale qual è
l'oggetto? produzione di beni o dei servizi, quindi attività distributiva o attività produttiva o
entrambe.
La finalità particolare invece riguarda la distribuzione degli utili, cioè il valore che noi creiamo
che fine fa, e che tipo di valore creiamo? Allora la finita particolare è quella di essere
for-profit e quindi creare una ricchezza, creare un valore che poi viene distribuito da tutti
coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo valore.
Ma la finalità può essere anche non profit quindi non è quella del profitto lucrativo, ma è
quella di realizzare altri tipi di obiettivi e finalità, che sono finalità assistenzialistiche, che
sono finalità di miglioramento delle condizioni sociali, sono finalità che riguardano magari
anche ambiti di attività che sono trascurati dallo Stato.
Oppure ci sono finalità di carattere socio-economico quindi abbinano sia una dimensione
sociale con finalità sia quella economica, e questo è il campo prevalentemente di tutto il
settore pubblico perché tutte le imprese pubbliche hanno una finalità socio economica,
quindi sia da un punto di vista sociale ma anche dal punto di vista economico.
Anche qui come per le non profit, c'è un problema di distribuzione degli utili e c'è una
propensione diciamo a trattenere ricchezza all'interno delle aziende perché non sono
finalizzate a massimizzare, quindi ad arricchire quelli che hanno partecipato per cui noi
abbiamo sia nel mondo non profit sia nel mondo socio pubblico, abbiamo che una ricchezza
che si crea serve per remunerare certamente tutti fattori di produzione e quelli che ci hanno
lavorato ma serve soprattutto per investire ulteriormente nell'oggetto sociale, nella finalità
che stai perseguendo quindi diciamo alimentare un processo di autofinanziamento perché
quello che tu riesci a fare lo metti a disposizione di un miglioramento degli obiettivi che tu
hai.
Quindi la finalizzazione significa innanzitutto avere una finalità generale e una finalità
particolare e significa tradurre poi queste finalità in obiettivi.
Obiettivi: le strategie, piani e i programmi, e quindi le strategie piani e programmi prendono
corpo gli obiettivi che poi di fatto noi ci andiamo ad assegnare e che dobbiamo perseguire
nel perseguire la nostra finalità particolare (se essa è profit o non profit o socio-economica).
Le interferenze di finalità personalistiche di singoli o cordate di potere, è una constatazione
perché è molto frequente che finalità personalistiche di singoli soggetti o anche cordate di
soggetti interferiscono con le finalità del sistema.
Questo è sicuramente un elemento di disfunzionalità, è sicuramente una condizione che ci
allontana dal concetto di sistema perché nel concetto di sistema noi abbiamo un perfetto
allineamento di tutte le componenti, di tutte le attività e di tutti i soggetti verso il fine comune.
95
96
Equilibrio economico
Noi siamo in equilibrio economico quando RV=CS + RD
RV= ricavi complessivi; CS=costi di competenza dell’esercizio; RD=reddito
economico di esercizio
Siamo in equilibrio economico quando attraverso i nostri ricavi riusciamo a coprire tutti i costi
di competenza dell'esercizio e anche a ottenere un reddito economico di esercizio, ma
anche produrre un reddito economico di esercizio.
Dobbiamo precisare però che in questo momento RD reddito economico di esercizio è un
reddito minimo di equilibrio innanzitutto che sia in grado di remunerare che cosa?
Le attese del capitale di rischio e l’attività prestata dall'imprenditore e anzitutto dobbiamo
tenere questo, ecco perché il reddito minimo di equilibrio cioè noi minimamente per poter
cominciare a parlare di equilibrio dobbiamo sicuramente avere questo tipo di risultato ossia
remunerare le attese del capitale di rischio e le attività eventuale prestata dall'imprenditore.
Poi se introduciamo di reddito di equilibrio non più minimo, ma che include questa capacità
di autofinanziamento dell'impresa.
97
Equilibrio finanziario
L’equilibrio finanziario ha due dimensioni: l'equilibrio patrimoniale e l'equilibrio monetario.
L'equilibrio patrimoniale noi lo leggiamo in chiave di solidità, l'equilibrio monetario in chiave
di solvibilità.
L’equilibrio patrimoniale altro non è che il rapporto che c'è tra capitale proprio e capitale di
terzi, e il rapporto che c'è tra le fonti di capitale e il tipo di impiego che noi abbiamo nel
nostro stato patrimoniale e quindi deve esserci un rapporto tra le poste delle fonti tra capitale
proprio e capitale di terzi e anche in riflesso però al tipo di investimenti che noi facciamo, al
tipo di impieghi finanziari.
La solidità patrimoniale quindi è un perfetto equilibrio delle fonti dell'attivo e del passivo sia
all'interno tra di loro e sia in orizzontale come corrispondenza tra tipologia di fonte.
Equilibrio monetario invece è una questione di solvibilità, cioè la nostra capacità di far
fronte agli impegni debitori che abbiamo preso nei confronti dei terzi. Quindi siamo solvibili
quando abbiamo la possibilità di soddisfare le esigenze dei terzi e rispettare gli impegni che
abbiamo preso.
Una crisi di solvibilità è quando abbiamo difficoltà a pagare i nostri debiti, quando non
abbiamo dei flussi di monetari tali da poter soddisfare le esigenze dei nostri creditori, il
personale, i fornitori.
Equilibrio patrimoniale
KI= CPR + CRD + FDI
KI= capitale investito (immobilizzazioni + disponibilità, ossia il capitale circolante)
CPR= capitale netto
98
Equilibrio monetario
L’equilibrio monetario è una condizione che noi ricerchiamo posto che esistono dei
disallineamenti temporali delle entrate e delle uscite rispetto alle dinamiche dei costi e dei
ricavi, quindi sono due dinamiche diverse le dinamiche dei costi e dei ricavi (quindi
dinamiche economiche) e dinamiche finanziarie, monetarie cioè entrate e uscite.
Perché c'è questo disallineamento tra entrate e uscite rispetto alla dinamica costi ricavi?
Per vari motivi:
-1 Dilazioni di pagamento e di incasso, per esempio io tengo dai miei fornitori valutazioni
pagamento a 60 giorni pago tra 60 giorni;
2-Sconti connessi all’anticipato incasso di fatture, quindi in caso di incasso una fattura di
10.000 però un incasso anticipato mi potrebbe dare 9000 e non esattamente 10.000;
-3 Minori incassi per difficoltà del debitore, oppure per difficoltà del debitore minor incassi per
difficoltà dell'editoria mi rendo conto che noi debitore mi deve 10.000 ma so che non me li
darà mai o non può darmeli perché sta in una situazione di difficoltà estrema e quindi io
diciamo mi accontento pur di non perdere tutti i 10.000 il mio credito ma almeno mi
accontento di 6000, 7000, 8000 e quindi ho un minor incasso rispetto a quello che avrebbe
dovuto darmi il mio debitore.
Equilibrio finanziario
F1 + E= U + F2
F1 e F2= fondo di cassa iniziale e finale;
E= entrate per vendita (riscossione di crediti, accensione di debiti, interessi e dividendi,
ecc..)
U= uscite per acquisti (concesione di prestiti, estinzione di debiti, salari e stipendi,
pagamento di dividendi ed interessi ecc..)
Ora se io considero su questa cosa molto semplice anche la dinamica dei crediti e dei debiti,
e non soltanto E ed U come uscite effettive ed entrate effettive, ma considero anche i crediti
e debiti li aggiungo nell’equazione di sopra ed avremo:
F1 + (E + ΔCgc) = (U1 + ΔDgc) + F2
ΔCgc=variazione dei crediti inizio/fine
ΔDgc=variazione dei debiti inizio/fine
Se F1 + E < U?
Quindi se il fondo iniziale più quelle che sono le entrate dell'anno sono state insufficienti a
coprire le uscite, è un insolvenza contingente o strutturale?
Anche qui bisogna capire se questa difficoltà di far fronte alle uscite e qualcosa che si
riconduce ad elementi strutturali oppure a elementi temporanei contingenti.
Equilibrio organizzativo
L'equilibrio organizzativo è la madre di tutti gli equilibri è l'equilibrio di base che dobbiamo
avere per poter generare equilibrio economico e equilibrio finanziario.
L’equilibrio organizzativo è uno stato di armonia della struttura, dei processi, delle
interazioni che deve caratterizzare il contesto entro cui si genera poi l'equilibrio economico e
l'equilibrio finanziario.
99
100
101
-Individuare percorsi strategici alternativi, sulla base dell'analisi quindi il primo step di
strategia è l'analisi strategica che ci restituisce le opportunità di mercato, le minacce da cui
dobbiamo difenderci, ci restituisce anche attraverso l'analisi ambiente interno quali sono le
nostre risorse, le nostre competenze, come valorizzare al meglio e come poter fondare il
vantaggio competitivo su risorse e competenze durevoli non facilmente imitabili, non
102
Quindi le fasi canoniche della formalizzazione della strategia nel piano d’azione sono:
-Ideazione di percorsi strategici alternativi;
-Scelta del percorso strategico, che ci appare il più conveniente, il più opportuno da
perseguire in quel momento;
-Structure follow strategy (la struttura che segue la strategia) questo si ricollega al fatto che
noi dobbiamo assicurare sempre coerenza tra struttura organizzativa e strategia, ogni volta
che pensiamo a una strategia dobbiamo porci la domanda se l'adozione di questa strategia
implica o meno dei cambiamenti, degli adattamenti strutturali per poter realizzare al meglio
quella strategia.
Quindi il fatto che i piani strategici siano assorbiti nella mente dei membri
dell'organizzazione, e cioè questo significa che non va subita la strategia come qualcosa che
ci viene dall'alto alla quale noi dobbiamo essere solo fedeli, rispettosi di quello che succede
e realizzarla così, ma dobbiamo fare un passo in più di identificazione.
Cioè le strategie devono essere un risultato di una condivisione anche, devono poter essere
interiorizzate da tutti i membri dell'organizzazione perché se tu interiorizzi una strategia e
tutti sono consapevoli della strategia e la condividono anche ognuno dei componenti
dell'organizzazione, dei membri dell’organizzazione deve sentirsi parte di un disegno
strategico per poterlo realizzare al meglio.
Non è soltanto un problema di adeguare la struttura alla strategia, ma anche definire la
strategia in base alla struttura, e cioè anche quando anche faccio un individuazione di
percorsi strategici alternativi e poi scelgo qual è il percorso che preferisco, io lo faccio anche
alla luce della struttura organizzativa.Cioè il problema se è la struttura organizzativa me lo
pongo prima di poter poi chiedere poi alla struttura organizzativa di adattarsi a questa nuova
strategia e di cambiare rispetto alla nuova strategia, ma anche quando definiscono strategia
mi pongo anche prima il problema della sua fase implementativa, della realizzabilità della
sua strategia.
E se io da questa analisi mi rendo conto che la mia struttura organizzativa è un problema,
(perché magari è rigida, perché è piena di disfunzioni, perché è molto conflittuale per
esempio) io certe cose non le posso fare perché magari ho bisogno di un tasso di
conflittualità bassissimo ho bisogno di un'elevata cooperazione, e devo prima crearle quelle
condizioni.
In sintesi tra struttura e strategia c'è una relazione di reciproca interferenza, reciproco
condizionamento, non è una relazione unidirezionale;
103
Gruppi di imprese
Un obiettivo che ci poniamo è quello di distinguere il concetto di gruppo di impresa, dal
concetto di rete di impresa.
Un gruppo di imprese è un insieme di imprese che sono dotate di soggettività giuridica che
condividono il soggetto economico, quindi sono imprese che sono separate che hanno una
loro soggettività giuridica distinta, ma condividono il soggetto economico che è in grado di
esercitare uno stabile controllo sul capitale e un'influenza dominante sulla strategia delle
società coinvolte nel gruppo.
Quindi il gruppo di imprese che sono guidate da un soggetto economico, che è il soggetto
che guida il gruppo, che controlla il capitale e influenza le sue strategie.
Il gruppo di imprese può nascere per 3 modi:
1-Per sviluppo endogeno (per gemmazione), gemmazione significa per esempio una parte
di un'azienda si separa e diventa essa stessa un'azienda separata, quindi anche questo fa
nascere una pluralità di imprese.Ma anche l'impresa gemmata è un'impresa che comunque
continua a ricevere gli input decisionali e strategici dallo stesso soggetto economico;
2-Per sviluppo esogeno, cioè per acquisizione e quindi quando un'impresa per esempio
acquista una percentuale X di controllo naturalmente di un'altra impresa si crea anche qui
una gruppo di imprese, perché l'abbiamo acquistata.Ovviamente qui l'acquisto per poter
parlare di gruppo deve significare condivisione del soggetto economico, quindi distinguiamo
un acquisto di una partecipazione ad una ad un'altra azienda oppure una un acquisto di una
quota di controllo del capitale;
3-Un'altra ipotesi può essere quella di uno sviluppo collaterale, cioè si crea o si acquista
una società che svolge servizi per l'intero gruppo, quindi magari gruppo già esistente e
acquista o crea una nuova impresa per fare determinate cose a servizio delle altre imprese.
Opposta alla crescita endogena o esogena è la strategia di disinvestimento (cessione o
esternalizzazione), molto spesso l'impresa ha bisogno: 1) per esempio di ridimensionare le
proprie dimensioni quindi per esempio disinveste, esce da certi business, riduce la propria
presenza in determinati business, quindi cede;2) oppure disinvestimento inteso come
esternalizzazione cioè io faccio fare all'esterno qualcosa che prima facevo io e adesso
invece la faccio fare all'esterno, quindi mi rivolgo altre imprese per fare una cosa che facevo
inizialmente io.
La cessione può riguardare anche manager, dipendenti dell'azienda e può o meno far
nascere rapporti di cooperazione tra i manager e dipendenti che escono fuori da questa
azienda e diventano essi stessi aziende questo, creando una propria attività d'impresa e
104
Strategia di cooperazione
-Questa Cooperazione è sicuramente un obiettivo comune altrimenti non esisterebbe
nemmeno ovviamente;
-Utilizzo di risorse complementari, cioè alla base della cooperazione c'è il fatto ad esempio
che io sono molto bravo nella parte di innovazione di prodotto nella parte tecnologica ma
non sono molto bravo nella commercializzazione, allora mi servono risorse complementari di
commercializzazione e questo è un motivo per cui io posso andare verso una cooperazione
con altre imprese che hanno quelle risorse complementari rispetto a quelle di cui dispongo
io.
Due imprese che si incontrano, due identità diverse, sono un incontro di risorse e di
competenze complementari tra di loro, quindi coordinarle, organizzarle.
Quindi la cooperazione è un incontro di risorse, un incontro di risorse che sono
complementari e integrative l'una rispetto all'altra che ci consentono di migliorare e di
ottenere un risultato maggiore.
La cosa importante non è la proprietà (inteso come proprietario) delle risorse ma è la
disponibilità delle risorse, cioè non è importante che certe risorse siano proprietarie ma è
importante che siano disponibili per il mio modello di business e questa disponibilità può
essere chiaramente generata attraverso la cooperazione quindi la cooperazione mi rende
disponibile per il mio modello di business delle risorse complementari integrative possedute
da altri soggetti;
105
Reti di imprese
Le reti di impresa sono imprese che instaurano durevoli e ordinati rapporti di cooperazione,
basati sulla reciproca fiducia su relazioni contrattuali intense ripetute nel tempo.
Ciascun membro è indispensabile all'altro, con compiti di produzione o di fornitura di
acquisto da assolvere nell'interesse di tutti.
Quindi si viene a creare una realtà più ampia che è composta da soggetti che sono l'uno
funzionale all'altro e ovviamente però il fondamento, il legame, di questa rete di impresa è la
fiducia che si instaura tra questi soggetti.La fiducia è un elemento importantissimo nella rete
d'impresa, e quando questo si rompe l'impresa esce fuori dalla rete o viene espulsa dalla
rete perché è troppo importante riuscire ad avere questa coesione di rete.
Tant'è che molto spesso le reti sono guidate, nel senso che noi abbiamo reti di mercato e reti
guidate.
Le reti guidate sono quelle dove c'è un leader, dove c'è un'impresa che coordina tutte
queste interdipendenze e quindi diventa un'impresa guida della rete, o reti di mercato
invece dove non c'è questa impresa rete quindi ci sono un gruppo di imprese dove non puoi
individuare un leader all'interno della rete, diversamente invece dalle reti guidate dove si ha
un leader ossia un'impresa che svolge la funzione di coordinamento, di coesione, di
programmazione dell'intera rete.
Crisi e risanamento
Quando parliamo di crisi non si non si parla di una difficoltà contingente, di un anno due
anni, la crisi è una situazione molto forte molto impegnativa che richiede assolutamente
degli interventi consistenti significativi perché altrimenti continuare e perdurare in nel modo
in cui si fanno le cose certamente ti porta a una impossibilità di sollevarti.
Quindi la crisi è uno stato di difficoltà consolidata, questo sempre per distinguerlo da quei
momenti di difficoltà che possono anche vedersi come fisiologici nell'andamento dell’attività.
Quindi la crisi invece sono situazioni che hanno dei motivi legati, sicuramente anche a fattori
ambientali esterni e fattori ambientali interni, ma comunque legate alle attività del business
dell’impresa, i motivi della crisi possono essere legati:
-La cessazione volontaria;
-La cessazione necessitata (fallimento);
-Però le crisi possono anche rappresentare un potenziale per le imprese, perché individuare
le disfunzioni, curare le disfunzioni e far rinascere l'impresa. Nella cultura giapponese la
crisi è un'opportunità ed è sicuramente giusto considerare la crisi come un momento forte
che ti impone una riflessione, ti impone un cambiamento sicuramente e può essere anche
generatore di cose positive quindi anche di rinascite dell'impresa.
106
107
Sviluppo organizzativo
Sviluppo organizzativo non significa crescere, cioè sviluppo organizzativo non significa che
l'organizzazione aumenta o si complicata per i livelli gerarchici, ma sviluppo organizzativo è
tutto quello che migliora la nostra capacità.
Quindi tutto ciò che migliora sotto il profilo dei metodi, dei processi decisionali e di direzione,
il contributo più elevato dei singoli alla strategia, l'aumento della soddisfazione del
personale, in generale ogni miglioramento delle competenze e quindi della capacità
competitiva dell'impresa.
Il cambiamento lo possiamo vedere anche in relazione a quello che può chiamarsi il ciclo di
vita dell'impresa, ciclo di vita dell'impresa fatto di fasi: nascita, crescita, maturità, declino
estinzione.
Il concetto di ciclo di vita in management è molto usato, infatti si parla di ciclo di vita del
prodotto per esempio, ciclo di vita di un business, ciclo di vita dell'impresa.
Questa evoluzione che va dalla nascita alla morte il management lo si applica al prodotto, lo
si applica a un business e lo si applica anche all'impresa nel suo complesso, quindi qualsiasi
108
Resistenze al cambiamento
Qui si fa la domanda opposta, ossia: Perché le imprese non cambiano?
Le imprese non cambiano per fattori esterni e per fattori interni.
I fattori esterni di non cambiamento sono: l'ambiente stazionario, l'arretratezza del sistema
economico a livello macro, l'assenza di innovazioni tecnologiche, resistenza di barriere
all'entrata ecc.. ossia tutta una serie di condizioni esterne che sostanzialmente non
richiedono il cambiamento o non stimolano il cambiamento.
Ci fattori di resistenza al cambiamento anche provenienti dall'interno sono: la rigidità
patrimoniale, l'eccessiva gerarchizzazione e burocratizzazione, la sedimentazione di
109
110