Sei sulla pagina 1di 70

ECONOMIA E GESTIONE

DELLE IMPRESE
Economia e Gestione Delle Imprese
Università degli Studi di Brescia (UNIBS)
69 pag.

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE A.A. 2019-2020

Parte prima: ELEMENTI DI ECONOMIA DELL’IMPRESA


- L’impresa e il suo ruolo economico e sociale
- L’interdipendenza tra impresa e ambiente socio-economico
- I protagonisti nella vita dell’impresa: l’imprenditore e gli stakeholder
- Le finalità imprenditoriali: la teoria del “successo sociale”

Questa parte del volume è dedicata ad alcuni concetti di base dell’economia aziendale (impresa, mercato e
ambiente) e ai rapporti tra l’impresa e il contesto generale.
In particolare ci si focalizza sul concetto d’impresa quale sistema socio-tecnico e cognitivo e sui
protagonisti della vita aziendale (ruolo degli stakeholder) e della gestione dei rapporti con questi.
Segue la distinzione tra funzioni dell’impresa e finalità perseguite dall’imprenditore (è posta in risalto
l’opportunità di superare la teoria della massimizzazione del profitto con un’impostazione che dia il giusto
risalto al ruolo sociale e all’etica dei comportamenti aziendali -teoria del successo sociale-).

Lezione 1, Capitolo 1, L’impresa e il suo ruolo economico e sociale


Definizione di impresa: l’impresa è un’organizzazione economica che, mediante l’impiego di un complesso
differenziato di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di bene o servizi, indispensabili per il
soddisfacimento dei bisogni umani, da scambiare con entità esterne al fine di conseguire un reddito.
Ogni impresa è caratterizzata sempre da requisiti comuni, che ne giustificano l’inquadramento come sistema
a se stante:
- Contenuto economico dell’attività e degli obiettivi
- Struttura organizzativa complessa
- Messa a profitto di risorse scarse
- Scambio al fine di reddito, cioè un divario positivo fra il ricavo ottenuto dai beni ceduti e il costo delle
risorse impiegate nella produzione, per poter così soddisfare chi ha investito i suoi capitali a rischio, i
vari partecipanti all’organizzazione e per potersi sviluppare.
Per generare reddito deve accrescere il valore delle risorse impiegate in modo da realizzare beni cedibili
ad un prezzo generatore del reddito (principio della marginalità).
Quattro elementi distintivi: 1. Organizzazione; 2. Processi produttivi; 3. Scambio con l’esterno; 4. Finalità
imprenditoriale di produzione del reddito.
Caratteristiche essenziali di un sistema:
 Complesso interrelato di molteplici parti (obiettivo comune)
 Sistemi di carattere economico operano in relazione con un ambiente esterno (dinamismo = rapporto
funzionale o di causalità con una realtà in continuo cambiamento).
L’impresa è un SISTEMA: (operante in stretto collegamento con sistemi più ampi) perché è costituita da
un insieme di parti od organi deputati a svolgere una determinata funzione per il raggiungimento di un
comune risultato. Un’impresa può essere classificata come un sistema: 1. Sociale; 2. Tecnico; 3. Aperto; 4.
Dinamico; 5. Cognitivo.
Sistema sociale: il suo funzionamento dipende dall’operare coordinato di una molteplicità di gruppi
(stakeholder, possono essere interni o esterni all’organizzazione, con loro si possono stabilire relazioni di
cooperazione e conflitto), inoltre il concetto di “impresa sociale” richiama le finalità e responsabilità sociali
di cui l’impresa deve farsi carico. Il concetto economico d’impresa non può essere disgiunto da quello
sociale: la funzione delle imprese deve necessariamente estendersi al miglioramento della qualità della vita
del contesto in cui le imprese operano. In ciò si traduce il concetto di responsabilità sociale d’impresa
(Corporate Social Responsibility, CSR) fondato sul contratto sociale -implicito- che ogni impresa stipula con
il contesto esterno per definire obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento, infatti l’impresa,
mediante il continuo scambio di risorse, influenza in misura spesso rilevante le condizioni di vita della
collettività e si rende protagonista e responsabile del contributo prodotto.
La rilevanza sociale dell’impresa cresce in rapporto alle ricadute esercitate sul contesto (occupazionali,
d’investimento, di mercato, di effetti inquinanti); mentre la rilevanza economica si lega alla ricchezza creata
con la sua attività.
Accogliendo questa visione, rimane pur sempre una figura dominante (imprenditore o manager) chiamata
però ad esercitare una funzione di coordinamento e di coinvolgimento (piuttosto che di dominio o guida
monocratica). L’impresa è un’istituzione sociale a finalità plurime.
1

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Un’impresa è un soggetto destinato a durare nel tempo e creare valore nel tempo per i diversi stakeholder,
non può sopravvivere se è rivolta solamente a conseguire le finalità economiche-remunerative
dell’investitore-proprietario: deve essere guidata in funzione di un giusto equilibrio tra obiettivi economici e
responsabilità sociali.
Da ciò deriva il peso sempre maggiore delle relazioni e l’esigenza di ottenere un largo consenso
nell’ambiente (visione di compartecipazione e di ricerca di alleanze).
Sistema tecnico: il suo funzionamento necessita di strumenti che incorporano tecnologie.
Sistema aperto: il suo funzionamento necessita di intrattenere relazioni di scambio (input e output) con
sistemi più ampi (mercato e ambiente).
Sistema dinamico: il suo funzionamento necessita che questi scambi siano continui e in evoluzione. Inoltre
muta nella dimensione e combinazione delle sue risorse con il passaggio da una situazione sistemica ad
un’altra mediante un processo evolutivo.
Sistema cognitivo: (oltre all’interpretazione meramente fisica – Teoria dell’innovazione di
Schumpeter) in una nuova ottica, l’impresa tende a privilegiare i fattori immateriali alla base dello sviluppo,
cioè l’aspetto intangibile delle immobilizzazioni, osservando che è proprio in esse che si racchiudono le
potenzialità di espansione del sistema aziendale. In altri termini, l’impresa è un insieme di conoscenze atte a
produrre nuova conoscenza: la vera ricchezza dell’impresa non è è costituita solo dal suo patrimonio
materiale e tangibile (impianti, attrezzature, fabbricati, ecc.), ma anche dalle risorse immateriali -intangible
assets-, in particolare quelle di conoscenza -knowledge- e di fiducia -trust- che si sono sedimentate
nell’organizzazione o che sono contenute nella mente di coloro che operano nell’organizzazione e
determinano il profilo proprio, unico e distintivo dell’impresa stessa.
In effetti la vita aziendale si muove secondo procedure ripetitive, frutto dell’esperienza sedimentata nel
tempo (contributo degli uomini che ne hanno fatto parte), e in virtù di fenomeni di cambiamento, indotti
dalle capacità di tradurre segnali di evoluzione provenienti dall’ambiente e dalla capacità di “apprendere” e
di mettere a frutto le conoscenze che derivano dall’esperienza (learning by doing).
La vera ricchezza di un’impresa è il sapere condiviso (conoscenza esplicita e implicita) da cui scaturisce il
percorso di sviluppo dell’attività aziendale.
Tre funzioni dell’impresa: l’impresa rappresenta una realtà complessa intorno a cui si sviluppa una rete di
rapporti di scambio, collaborazione, informazioni, interessi. Il successo o la crisi aziendale trova quasi
sempre la usa origine nella capacità o incapacità di creare rapporti giusti-favorevoli tra i vari stakeholder.
Il fenomeno impresa, ai fini dello studio del comportamento imprenditoriale, presenta tre profili di maggiore
rilievo, a ciascuno dei quali si collega un diverso ruolo. Ogni azienda può essere vista come:
1. Organizzazione economica: il suo scopo è il soddisfacimento dei bisogni umani mediante la messa a
frutto di risorse rinvenibili in natura in misura limitata; > FUNZIONE ECONOMICO-GENERALE
2. Sistema sociale: rappresenta uno strumento per creare e distribuire valore fra tutti i gruppi sociali con cui
è in contatto > adempie a una FUNZIONE PRIMARIA DI SOSTENTAMENTO PER I LAVORATORI
3. Struttura patrimoniale: è un complesso di beni organizzato e retto per lo svolgimento di processi
produttivi finalizzati alla produzione di reddito. Questo aspetto richiama il capitale e la capacità
imprenditoriale: l’impresa è l’emanazione di un imprenditore, cioè di qualcuno che impegna le proprie
sostanze e la propria abilità professionale a certi coefficienti di rischio. > FUNZIONE DI
PRODUZIONE DEL REDDITO.
Sono 3 funzioni strettamente complementari e rispondono ad interessi sempre più limitati (logica ad imbuto):
1. comunità nel suo complesso, 2. partecipanti all’organizzazione, 3. Imprenditore. Ma tra esse intercorrono
anche dei rapporti antagonistici, complicata appare perciò la ricerca di un equilibrio soddisfacente e durevole
(organizzazione cooperativo-conflittuale). In realtà, in una visione socialmente più corretta il loro
ordinamento dovrebbe seguire la scala degli interessi. Nei periodi di crisi economica è considerata
preminente la funzione d’impresa come fonte di sostentamento dei lavoratori.
Caratteristiche tipiche dell’impresa:
1- Sistema aperto
2- Organizzazione economica e sociale
3- Triplice funzione
4- Sistema cognitivo
5- Sistema cooperativo-conflittuale
Lezione 2, Capitolo 2, L’interdipendenza tra impresa e ambiente socio-economico
L’impresa e l’ambiente: l’impresa, cellula fondamentale del sistema economico-produttivo, opera
all’interno di un ambiente più vasto con cui scambia risorse in entrata e uscita e crea ricchezza. Tale
2

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
ambiente può essere convenzionalmente suddiviso in micro-ambiente (legato all’operatività dell’impresa) e
macro-ambiente (sistema di vincoli-opportunità entro cui gli scambi si possono verificare).
Mercato: in termini strettamente economici si ha un mercato in tutti i casi in cui vi siano due o più contraenti
disposti a scambiare tra di loro i beni rispettivamente posseduti, si basa su relazioni di fiducia.
Il micro-ambiente: (o sistema degli scambi) è l’ambiente economico in cui opera l’impresa, cioè i mercati
con cui l’impresa attiva lo scambio delle risorse in entrata (mercati di approvvigionamento, per
l’acquisizione di input) e in uscita (mercati di sbocco, per la cessione dell’output).
Oggi i network produttivi si estendono a livello globale, per cui è necessario valutare con scrupolosità le
diverse opportunità.
All’interno del micro-ambiente ci sono diversi contraenti a cui l’impresa deve rivolgersi per attingere le
risorse o per cedere i prodotti. Questi soggetti o istituzioni , si raggruppano in categorie, originando dei
distinti mercati con i quali l’impresa dovrà attivare un sistema di scambi commerciali.
Il micro-ambiente si può scomporre in:
1. Ambiente transazionale: definisce i confini organizzativi dell’impresa, cioè a seconda
dell’organizzazione che l’impresa voglia darsi sarà necessario attingere delle risorse dall’esterno, ovvero
collegarsi a vari mercati di approvvigionamento mediante “transazioni” (riguarda gli scambi in entrata).
Il tipo di risorse per le quali ricorrerà al mercato dipenderà dalle comparazioni di convenienza tra il
produrre all’interno i materiali, le parti, i componenti, i servizi da utilizzare per la produzione dei beni
oppure il loro acquisto all’esterno. Più si farà ricorso al mercato, più si amplierà l’ambiente
transazionale, per cui è specifico per ciascuna impresa.
Ragionamento parallelo per l’ambiente competitivo, che dipenderà dalla scelta dei mercati ci
collocamento e dalle specifiche porzioni di mercato -segmenti e nicchie- a cui cedere i beni e servizi
prodotti, per cui sarà l’impresa con le sue decisioni strategiche a definire l’ambiente competitivo.
1. a) Mercati di produzione: produttori (di materie prime, semilavorati, impianti e macchinari,
materiali, servizi, ecc.)
1. b) Mercato del lavoro: offerta di risorse umane (manodopera, consulenti, professionisti, quadri
direttivi e impiegatizi)
1. c) Mercato finanziario: mercato mobiliare (borse e valori), intermediari finanziari, prestatori di
capitale.
2. Ambiente competitivo: dipende dalle porzioni di mercato cui cedere i prodotti/servizi (riguarda gli
scambi in uscita)
2. a) Clienti serviti
2. b) Imprese concorrenti
Il macro-ambiente: (o sistema generale di vincoli e opportunità) il micro-ambiente si inserisce in un
ambiente più ampio, cioè il macro-ambiente.
Il macro -ambiente è inteso come “il contesto socio-economico-politico all’interno del quale l’impresa è
chiamata a svolgere le sue funzioni” ed è regolato da una serie di condizioni politiche, legislative, sociali,
culturali, economiche che determinano le condizioni di contesto e i vincoli entro cui lo scambio si verifica. Si
può scomporre in:
1. Sistema (o ambiente) politico-istituzionale: forma di governo e ordinamento legislativo
2. Sistema culturale e tecnologico: tradizioni, costumi, valori, sviluppo tecnologico, innovazione
3. Sistema socio-demografico: struttura della popolazione e relazioni sociali tra individui
4. Sistema economico: sistema delle macro-variabili economiche (produzione, industrie, prezzi, moneta,
ecc)
Sistema politico-istituzionale: è rappresentato dalla forma di governo e dall’ordinamento legislativo.
Esercita direttamente delle influenze di primaria importanza sulla vita dell’impresa che può essere più o
meno vincolata dalle leggi, dagli interventi, dai controlli dei poteri pubblici.
Sussistono poi delle influenze indirette fra sistema politico e sistema economico: nel passare da regimi
liberisti a regimi socialisti s’affermano sistemi economici sempre più controllati dall’autorità pubblica.
Inoltre forme diverse di governo si riflettono sui rapporti internazionali, contribuendo ad ampliare o a
restringere i mercati.
La regolamentazione pubblica determina l’imposizione fiscale, le norme a tutela del lavoro, ecc. ovvero la
cornice entro cui potranno prendere corpo le tragedie aziendali.
Sistema culturale-tecnologico: può essere inteso, sotto il profilo culturale, come il contesto entro cui si
affermano le manifestazioni tradizionali della vita materiale, sociale e spirituale di una collettività
organizzata. Gli elementi che lo compongono concorrono a comporre i valori del sistema modellando il
3

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
comportamento dell’uomo: i suoi effetti si hanno sul sistema di valori della società, ma anche
sull’avanzamento delle conoscenze e sul migliore uso delle risorse disponibili.
Si riflette su coloro che operano all’interno dell’impresa, ma anche sui gruppi esterni.
La tecnologia influenza prevalentemente, ma non esclusivamente l’impiego delle risorse a cagione del suo
più diretto legame con l’organizzazione della produzione.
Il progresso tecnologico influenza in modo considerevole:
- Struttura di un settore industriale
- Posizione competitiva delle imprese
- Barriere all’entrata e all’uscita
- Creare nuove opportunità o difficoltà per coloro che sono già presenti nel mercato.
Con il diffondersi del progresso tecnologico:
- Si modificano tipologia, modo, organizzazione delle produzioni
- Migliora il livello di vita della società
- Contribuisce ad appagare nuovi bisogni e a creare nuove classi di consumatori mediante una riduzione
dei prezzi
- Favorisce l’ampliamento del mercato
Sistema demografico-sociale: è definito dalla struttura della popolazione residente e dalle relazioni fra
individui e gruppi. L’aspetto demografico è divenuto ancora più importante in un’epoca nella quale si sono
affermate delle tendenze di profondo mutamento nella struttura della popolazione (progressivo
invecchiamento e immigrazione che ha dato origine ad un contesto multietnico) con ripercussioni sui modelli
di consumo: i giovani esprimono maggiore dinamismo e differenziazione nella scelta dei beni, mentre i gusti
e le preferenze si orientano in base all’etnia e al credo religioso.
Sotto il profilo sociale va osservato che ciascun individuo, in funzione della professione svolta, delle capacità
intellettive, dei sentimenti, interessi, aspirazioni, ecc. tende a collocarsi in una certa classe sociale e a
muoversi all’interno di essa per raggiungere posizioni superiori. La stratificazione sociale è importante
perché determina i modelli di riferimento: spesso l’individuo adotta il sistema di valori del gruppo cui ritiene
di appartenere e finisce per mutuare dai leader le abitudini e le motivazioni di acquisto; ciò può creare
opportunità o minacce per l’impresa.
Sistema economico: va distinto dal concetto di mercato, rappresenta il complesso delle macrovariabili
(produzione, prezzi e moneta, credito e investimenti) che compongono l’ordinamento economico di un
territorio. Può differenziarsi sotto molteplici profili, tra i quali i più importanti concernono:
- Meccanismi di regolazione della vita economica e la proprietà dei mezzi di produzione: ECONOMIA DI
MERCATO – DI PIANO
Economia di mercato: un sistema di decisioni decentrate, regolato cioè da leggi di mercato. Opera il
principio della libera iniziativa e della proprietà privata dei mezzi di produzione (economie liberiste).
Le imprese godono di un’ampia discrezionalità: possono perseguire qualsiasi comportamento coerente
con i vincoli posti dalla regolamentazione pubblica che può assumere maggiore o minore peso a seconda
del grado di controllo che lo Stato intenda esercitare in economia (con gli scandali finanziari dell’ultimo
decennio si sono rese necessarie forme più efficaci di controllo dell’economia).
Economia di piano: un sistema in cui le decisioni sono prese prevalentemente al centro mediante
l’elaborazione di piani governativi nazionali, anche l’uso dei mezzi di produzione è così regolato e non
sono privati, ma proprietà della collettività (economie collettiviste).
L’impresa funziona come un organo dello Stato ed ha limitata autonomia decisionale per quanto attiene
alle strategie da perseguire: vi è un’immedesimazione totale tra Stato e imprenditore.
Economie aperte: sovente lo Stato è stato chiamato ad intervenire direttamente nella conduzione di
settori e attività produttive, cioè ha assunto la veste di imprenditore, anche senza una precisa volontà da
parte dello Stato che è dovuto intervenire in operazioni di salvataggio industriale per la difesa dei posti di
lavoro.
Storicamente la partecipazione dello Stato alla vita economica era cresciuta soprattutto per accelerare il
processo di ricostruzione post-bellica, per ridurre gli effetti di squilibri congiunturali; fin quando, al
mutamento delle ideologie politiche, si è convenuto di lasciare più spazio all’iniziativa privata per
accelerare lo sviluppo economico (processo delle privatizzazioni).
In Italia, molti servizi pubblici sono stati completamente privatizzati (telecomunicazioni, navigazione
aerea, produzione energia elettrica, gas, acqua, autostrade) altri sono a “partecipazione privata” mediante
la quotazione nel mercato azionario (poste, ferrovie); questo perché si auspicano tre possibili benefici:

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
maggiore efficienza, accentuazione della concorrenza (ribasso dei prezzi), maggiori introiti fiscali > > >
> avvantaggiare gli utenti e incidere positivamente sul deficit della pubblica amministrazione.
Economie d’intervento o miste: sono le economie reali, cioè i modelli effettivamente operanti
(economie liberiste e iniziativa dello Stato).
La contrapposizione tra modelli completamente liberisti o collettivisti sembra ormai superata visto il rapido
disgregarsi delle economie di piano (URSS), ma non bisogna sottovalutare anche la crisi perdurante del
capitalismo. È evidente che fin quando permarranno situazioni di eccessiva disuguaglianza tra classi sociali e
tra Paesi ricchi e poveri, gli equilibri politici interni e internazionali saranno sempre in uno stato molto
precario e suscettibile di conflitti; alla ricerca di modelli di funzionamento economicamente più efficaci.
I rapporti tra l’impresa e l’ambiente: l’impresa si trova al centro di un micro-ambiente che a sua volta è
inserito in un macro ambiente o ambiente generale: si genera così un sistema di interrelazioni che si compone
di rapporti tra macro-variabili e micro-variabili e successivamente, tra micro-variabili e le caratteristiche di
struttura e gestione dell’impresa.
In generale l’impresa può scegliere il micro-ambiente, ma non il macro-ambiente, tuttavia per le imprese di
maggiori dimensioni (dotate di potere economico in grado di incidere sul potere politico), capaci di incidere
sulle condizioni ambientali, anche il macro-ambiente finisce per essere, entro certi limiti, una variabile più
che un vincolo da rispettare.
Nonostante il prevalente rapporto di dipendenza dell’impresa nei confronti dell’ambiente, non poche sono le
influenze che le stesse imprese possono esercitare verso l’ambiente in cui vivono (potere extra-mercato). È
evidente il nesso tra l’evoluzione dell’ambiente e la trasformazione dell’organizzazione aziendale. Perciò il
principio lamarkiano dell’evoluzione come adattamento all’ambiente sembra essere il migliore punto di
osservazione della dinamica dei mercati e delle imprese, sempre che non si trascuri anche la possibilità di un
adattamento dell’ambiente alle realtà aziendali.
 Sulle condizioni e sull’evoluzione recente della produzione e del consumo pesa massicciamente
l’equilibrio economico e politico a livello internazionale.
Gli effetti dell’internazionalizzazione e della globalizzazione: le modificazioni avvenute nell’ambiente
negli ultimi anni hanno toccato tutti gli aspetti della vita sociale, economica e politica. Il superamento dei
confini nazionali ha portato a:
- Compressione del tempo e dello spazio > mezzi di trasporto veloci > eliminazione fattore “distanza” >
comunicazione in tempo reale
- Creazione di aree di libero scambio > riorganizzazione del sistema produttivo su scala mondiale.
Si è creato un ambiente complesso, caratterizzato dal mutamento dei valori, da cambiamenti strutturali
improvvisi, da processi di internazionalizzazione dell’economia e di globalizzazione dei mercati (turbolenza
ambientale) che richiede un nuovo “tipo” di impresa contraddistinta da flessibilità ed efficienza.
 Globalizzazione: processo di convergenza, a livello mondiale, degli aspetti culturali, politici ed
economici e processo che porta al superamento del controllo sociale degli Stati nazionali sull’economia.
Sotto il profilo dell’economia d’impresa, la globalizzazione è intesa quale ampliamento dei confini del
mercato, da cui scaturiscono effetti rilevanti per tutte le scelte aziendali. Sono rilevanti due profili del
concetto:
o Interrelazione su scala mondiale di certi mercati che amplia la concorrenza a livello
internazionale
o Omogeneità della domanda che rende possibile la standardizzazione delle politiche aziendali nei
vari Paesi (non è l’aspetto prevalente).

Lezione 3, Capitolo 3, I protagonisti nella vita dell’impresa: l’imprenditore e gli stakeholder


Imprenditore: soggetto economico che decide di rischiare i propri capitali e di dedicare le sue capacità
professionali alla produzione di beni e servizi da cedere a terzi, è la figura centrale nell’impresa.
In Italia e per le imprese di piccole e medie dimensioni, prevale la figura dell’imprenditore-proprietario
(espressione del capitalismo familiare), mentre per le imprese di grandi dimensioni -public company- tipiche
degli Stati Uniti, si vengono a costituire due soggetti distinti: proprietà investitrice -stockholders- e
management.
Secondo Schumpeter il focus dell’imprenditorialità (il ruolo dell’imprenditore e dell’impresa) è da rinvenire
nella promozione dell’innovazione ( sia “hard” > nuovi processi, nuovi prodotti, sia “soft” > nuovi mercati
attinenti all’ambiente transazionale e competitivo) poiché la complessità dell’ambiente richiede la flessibilità
e, quindi, la capacità di mutamento dell’impresa (contribuire allo sviluppo), chi deve promuovere questo

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
cambiamento non può che essere l’imprenditore. Perché vi sia innovazione, secondo Schumpeter, le qualità
fondamentali dell’imprenditore devono essere:
1. Capacità di previsione e intuito,
2. Spirito di iniziativa, forte volontà realizzativa, libertà intellettuale,
3. Autorevolezza, capacità di “leadership” nei confronti dei collaboratori. Esempio di imprenditore: Steve Jobs.
L’imprenditore deve cioè essere capace di formulare valutazioni e prendere decisioni differenti da quelle che
altri individui possano assumere in circostanze analoghe, grazie ad un migliore accesso alle informazioni e
alla capacità di interpretarle al meglio.
Differenza tra imprenditorialità e managerialità: superata la concezione per cui imprenditore e impresa
coincidono (visione iniziale di Schumpeter, ragionando sul modello di impresa della Prima Rivoluzione
Industriale a conduzione famigliare) e accolta l’ipotesi di separazione tra proprietà e governo dell’impresa, si
distinguono due figure nella gestione dell’impresa: imprenditore e manager con i rispettivi connotati di
imprenditorialità e managerialità.
o L’imprenditorialità è l’attitudine ad assumere decisioni rischiose finalizzate all’innovazione dei
comportamenti aziendali.
Il valore proprio dell’imprenditorialità è l’ EFFICACIA ed attiene alla bontà delle decisioni, cioè
l’imprenditore deve individuare soluzioni di qualità che possono avere successo sui mercati. Può essere
intesa quale abilità decisionale di chi governa a livello più elevato, può essere intesa come “il sistema
aziendale”.
o La managerialità è la capacità di sviluppare le decisioni imprenditoriali e di attuarle in modo razionale.
Da ciò deriva che il dirigente è colui che in sostanza organizza e disciplina l’uso delle risorse aziendali,
dando attuazione alle decisioni imprenditoriali.
Il valore proprio della managerialità è l’EFFICIENZA intesa quale attitudine a realizzare il massimo
rendimento nella fase di attuazione delle scelte aziendali, cioè l’obiettivo è quello di rendere i processi
attuativi estremamente efficienti in modo da ottenere output senza spreco di risorse.
 La dottrina anglosassone, distingue la funzione imprenditoriale (entrepreneural role) che persegue il
fine di creare valore, da quella amministrativa (administrative role) che deve impedire le perdite. Da cui
l’imprenditore è colui che programma le operazioni intese ad accrescere il valore dell’impresa; mentre
l’amministratore o dirigente, è colui che, nel raggiungimento delle finalità imprenditoriali, deve
razionalizzare l’uso delle risorse ed evitare le inefficienze (perdite).
La distinzione tra imprenditore e manager (ruoli) è netta sul piano teorico, ma risulta sfumata nella realtà.
 Secondo la Teoria dell’Agenzia, tipica di tutti i casi in cui si ha separazione tra proprietà e governo
dell’impresa, il manager è l’agente che amministra l’azienda su incarico del principal (della proprietà)
tramite un mandato fiduciario: si crea una relazione singolare tra agent e principal che tende a ridurre, se
non ad annullare, il carattere residuale (e quindi in un certo senso il rischio) della remunerazione della
proprietà. Infatti la proprietà incentiverà l’agente a massimizzare la propria ricompensa sotto forma di
dividenti azionari e valorizzazione della quotazione delle azioni, pena l’uscita dalla società
(disinvestimento) o la rimozione dell’agente dal suo incarico (risoluzione del mandato fiduciario).
Ci sono però dei rischi:
1. L’agente dopo aver soddisfatto gli altri stakeholder, per assicurare comunque una congrua
remunerazione alla proprietà, potrebbe “depatrimonializzare” l’azienda distribuendo non il reddito
creato, ma la ricchezza accumulata (patrimonio)
2. L’agente potrebbe sacrificare gli obiettivi di lungo termine riducendo gli investimenti di sviluppo.
L’internazionalizzazione è una delle cause della crescente managerialità e della crescente professionalità
richiesta ai livelli elevati dell’organizzazione.
Attività decisoria nell’impresa: è posta in essere con il concorso di tutti i componenti dell’organismo
personale, ma effettivamente il potere decisorio viene a concretizzarsi massimamente nelle mani di un
gruppo ristretto di organi. Dunque è evidente che non si possa operare una distinzione assoluta tra organi
deliberanti e non deliberanti (in piccolo o in grande vengono sempre assunte delle decisioni), ma si rende
possibile giungere ad una classificazione degli organi aziendali in termini relativi, cioè prendendo a base la
predominanza delle funzioni e degli atti esercitati nel corso dell’attività svolta (chi, nello svolgere l’attività
che gli compete nell’impresa, prende preminentemente decisioni?).
 In tal senso, si possono dividere gli organi d’impresa (la distinzione appare valida solo in questi
termini perché in qualsiasi organo aziendale si avrà un’associazione i funzioni di deliberazione, di
controllo, di esecuzione).

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Organi aziendali:
 Organi deliberanti (o volitivi): esercitano prevalentemente attività decisionale, si differenziano
soprattutto per l’ampio potere discrezionale esercitato nel compimento della loro attività, cioè gli autori
del processo fondamentale realizzato nell’impresa.
In una struttura societaria di grandi dimensioni si possono dividere in tre gruppi:
 Organi di proprietà (azionisti)
 Organi di amministrazione
 Organi di direzione
Questi organi partecipano congiuntamente, ma con competenze ed entro certi limiti diversi,
all’attuazione del processo decisorio aziendale, collocandosi ai primi livelli della gerarchia
organizzativa. Ogni impresa si presenta con un proprio assetto degli organi decisionali: non accade
sempre che i protagonisti della gestione siano gli organi investiti ufficialmente di particolari poteri, ciò
deriva dal fatto che l’esercizio dei poteri richiede la compresenza di più requisiti (abilità professionale,
disponibilità delle informazioni, capacità di controllo) in uno stesso organo (è necessaria non solo
l’autorità formale, ma anche l’autorità sostanziale).
 Organi di controllo: sono preposti alla supervisione e al “monitoraggio” dell’attività aziendale.
 Organi esecutivi: hanno il compito di dare attuazione alle disposizioni provenienti dagli organi
deliberanti.
 L’individuazione dei protagonisti della vita dell’impresa può essere estesa dagli organi interni
facenti parte della sua struttura, a quelli esterni nei confronti dei quali, si sviluppano relazioni di
interesse e di influenza.
Stakeholder: il processo decisionale, organizzativo e attuativo deve tener conto degli interessi dei diversi
“portatori di interessi nell’impresa” o “stakeholder”.
I principali, nell’ipotesi di separazione tra proprietà e governo dell’impresa, sono:
1. Proprietari
2. Clienti
3. Dipendenti
4. Fornitori
5. Istituzioni finanziarie
6. Gruppi di opinione
7. Associazioni dei consumatori
8. Sindacati
9. Associazioni di categoria
10. Gruppi politici
11. Governo (centrale e locale)
12. Concorrenti (non sono sempre inseriti nella mappa degli stakeholder)
Teoria degli stakeholder (stakeholder primari e secondari): l’impresa si pone al centro delle relazioni con
i differenti stakeholder, cioè si pone al centro di una serie di rapporti con differenti gruppi sociali rispetto ai
quali attiva relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza. Questi gruppi vengono a costituire dei
veri e propri interlocutori dell’impresa e influenzano le decisioni aziendali così come ne sono influenzati
dall’attività.
Possiamo distinguere gli stakeholder a seconda del rapporto che li lega all’impresa in: primari (proprietari,
clienti, dipendenti, fornitori) hanno un interesse diretto nella vita dell’impresa e sono collegati alla stessa
mediante rapporti giuridici (contratti) e secondari possono incidere soprattutto sul clima sociale delle
relazioni aziendali (interne ed esterne) e influenzare i comportamenti di lungo termine.
In caso di separazione tra proprietà e governo dell’impresa (quando l’imprenditore-proprietario delega la
gestione dell’impresa a un manager professionista), l’imprenditore-proprietario (stockholder) è anche uno
stakeholder, costituendo uno degli interlocutori primari del management. Tuttavia a differenza di quanto
avviene per gli altri stakeholder primari, la cui remunerazione è contrattualmente garantita, la remunerazione
degli stockholder avrà sempre carattere residuale.

 Il governo dei rapporti con tutti gli stakeholder: è una responsabilità primaria per l’imprenditore
poiché influenza i risultati della gestione. Per la definizione del progetto strategico è fondamentale:
1. Individuare gli stakeholder e stabilirne il peso relativo .

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
2. Valutarne gli interessi e orientare la mission aziendale (costruire rapporti strategici con gli
stakeholder).
L’importanza, nel governo dell’impresa, dell’individuazione e classificazione degli stakeholder: a
seconda dell’attività esercitata alcuni interlocutori possono acquisire una maggiore o minore rilevanza, non è
una situazione statica, ma è destinata a variare nel tempo a cagione sia del mutamento del contesto entro cui
opera l’impresa sia delle stesse vicende aziendali.
In una visione allargata, è importante ai fini del successo aziendale rispondere a 5 quesiti:
1. Chi sono i gruppi con cui misurarsi?
2. Quali sono gli interessi in gioco?
3. Quali opportunità o sfide creano per l’impresa?
4. Quali responsabilità ha l’impresa verso di essi?
5. Quali strategie o politiche dovrebbero essere adottate dall’impresa per rispondere alle sfide o
opportunità legate ai portatori di interessi?
L’individuazione degli stakeholder e la valutazione può essere guidata dai criteri:
a) Forza, potere in virtù del ruolo ricoperto
b) Legittimazione, riconoscimento ufficiale di ciò che rappresentano
c) Attualità dell’interesse difeso, dunque l’urgenza della risposta
La classificazione degli stakeholder è continuamente mutevole, perché, da tempo a tempo, possono variare
l’attualità degli interessi, la forza dei singoli interlocutori ed il loro grado di legittimazione.
L’individuazione degli stakeholder deve consentire di stabilire come gestire i relativi rapporti, sotto questo
profilo gli interlocutori aziendali possono essere classificati in quattro gruppi:
 NON ORIENTATO- mixed blessing (minaccia alta – collaborazione alta) > posizione che varia a
seconda delle circostanze sostegno o atteggiamento negativo
 AVVERSARIO-non supportive (minaccia alta – collaborazione bassa) > difficoltà sostanziali
 AMICHEVOLE-supportive (minaccia bassa – collaborazione alta) > sostegno decisivo
 MARGINALE (minaccia bassa – collaborazione bassa)
Questa analisi si riferisce soprattutto agli stakeholder secondari, perché gli interlocutori primari dovrebbero
inquadrarsi sempre tra gli stakeholder supportive: l’esistenza di rapporti di contrapposizione denota uno stato
patologico in grado di porre in crisi il normale svolgimento della gestione aziendale.
Questa suddivisione è utile perché serve a definire la strategia che l’impresa dovrà adottare per amministrare
efficacemente le relazioni con i suoi stakeholder: è importante determinare delle strategie efficaci per
amministrare le relazioni con le diverse tipologie di stakeholder aziendali basandosi sulla possibilità di
minaccia che rappresentano e su una stima della possibilità di collaborazione:
- COLLABORAZIONE > non orientato
- DIFESA > avversario
- COINVOLGIMENTO > amichevole
- MONITORAGGIO > marginale
Definizione di impresa alla luce della Teoria degli stakeholder: l’impresa è una organizzazione
economica, legata ad un complesso di interlocutori interni ed esterni, che, mediate la combinazione di risorse
differenziate, svolge processi d’acquisizione e di produzione di beni e servizi allo scopo di creare e
distribuire valore tra di essi.
La focalizzazione sul concetto di stakeholder ha portato ad accentuare l’immagine di co-creazione del valore,
ossia l’importanza e l’utilità di far partecipare tutti gli stakeholder alla formazione del valore nell’attività
aziendale, esaltando in tal modo il concetto di rete: dal confronto e dall’interazione tra stakeholder può
generarsi un’offerta aziendale di maggiore valore finale.
La gestione degli stakeholder e le economie di relazione: la teoria degli stakeholder ha posto in particolare
rilievo la necessità, per chi governa l’impresa, di tenere conto e curare i rapporti con tutti coloro che,
direttamente o indirettamente, sono interessati alla vita dell’impresa stessa e gestirne efficacemente i rapporti
per ottenere un vantaggio competitivo e la creazione di un valore di sistema superiore.
In altri termini, godere di un clima favorevole nei confronti sia dell’ambiente interno sia di quello esterno
rappresenta un vantaggio spesso decisivo per i risultati e per la stessa sopravvivenza dell’impresa, da ciò la
rilevanza assunta dalle economie relazionali, ovvero dalle economie legate alla gestione dei rapporti con gli
stakeholder.
Lezione 4, Capitolo 4, Le finalità imprenditoriali: la teoria del “successo sociale”

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Premessa sulle motivazioni dei partecipanti all’impresa: per comprendere le modalità di gestione,
bisogna comprendere quali interessi e motivazioni si sviluppano in relazione all’impresa. In una visione
schematica si può osservare che:
- Imprenditore > profitto
- Dirigenti e lavoratori > retribuzione, progressione della carriera
- Fornitori > vantaggio dalle relazioni commerciali
- Finanziatori > rapporti continuativi e lucrativi
Sostanzialmente tutti puntano ad un incremento del valore globale creato dalla gestione, da cui però possono
nascere elementi di contrasto in relazione alla distribuzione del valore stesso. Il governo aziendale, dunque,
deve essere indirizzato a valorizzare gli elementi cooperativi (fusione tra gli obiettivi aziendali e quelli
soggettivi).
Le finalità dell’imprenditore sono centrali perché non possono non condizionare quelle degli altri soggetti
esterni ed interni e perché la spiegazione delle strategie e politiche adottate non può che essere fornita in
termini di obiettivi da raggiungere.
 Un’azienda è l’espressione di una volontà imprenditoriale, tesa all’ottenimento di determinate
finalità. QUALI SONO GLI SCOPI CHE SPINGONO AD ORGANIZZARE E GOVERNARE
UN’ATTIVITÀ PRODUTTIVA?
Finalità dei comportamenti imprenditoriali: per rispondere a questa domanda bisogna distinguere tra le
finalità dell’imprenditore “classico” e quelle dell’imprenditore “delegato” (cioè il manager professionista)
che detiene il potere di gestione senza la proprietà.
Teorie sulle finalità imprenditoriali:
Finalità primaria dell’imprenditore classico:
 Teoria della massimizzazione del profitto
 Teoria della creazione e diffusione del valore
 Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto
 Teoria del successo sociale
Finalità primaria dell’imprenditore delegato:
 Teoria della sopravvivenza
 Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale
 Teoria della mobilità
Non è facile pervenire ad una teoria che sia in grado di interpretare soddisfacentemente i comportamenti
imprenditoriali, che valga cioè a fornire un quadro esauriente sulle finalità perseguite nella gestione. Ciò
induce ad esaminare più di una teoria, partendo da quella di massimo profitto nell’intento di giungere ad una
più ampia impostazione finale (teoria del successo sociale).
Teoria della massimizzazione del profitto: secondo la costruzione teorica classica, i comportamenti del
gruppo imprenditoriale sarebbero orientati al conseguimento del maggiore divario positivo tra i ricavi e i
costi di gestione. La logica delle scelte sarebbe quella di massimizzare il risultato reddituale ottenibile
dall’attività aziendale.
Il profitto, come forma di remunerazione, è un’entità composita in cui rientrano:
- Il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi.
- Quota destinata a ripagare il rischio corso nell’attività aziendale
- Il premio che spetta a colui che promuove l’innovazione
- Il risultato dell’imperfezione del mercato da cui si origina l’acquisizione di posizioni monopolistiche
Elaborazioni teoriche:
a. Teoria economica classica, considera il reddito come il corrispettivo che spetta a colui che coordina
l’impiego dei vari fattori di produzione (simile al concetto di “salario”, “rendita”, “interesse”, compensi
destinati al lavoro, alla terra e al capitale)
b. Quarta destinata a ripagare il rischio corso nell’attività > “premio di assicurazione”
c. Visione di Schumpeter, considera il profitto come premio che spetta a colui che promuova l’innovazione,
in quanto tale si lega a particolari circostanze di mutamento tali da assicurare una condizione di
vantaggio nei confronti della concorrenza
d. Impostazione dottrinale tende a spiegare la sua origine dall’imperfezione del mercato, cioè quale
risultato dell’acquisizione di posizioni monopolistiche (rendite). Secondo questa teoria sarebbe
subordinato a condizioni esterne, poiché nell’ipotesi di mercati perfetti sparirebbe.

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Queste 4 visioni risultano complementari, in quanto il profitto può essere considerato un’entità composita.
Ma c’è da dire che l’esistenza del profitto, quale particolare categoria economica, si legittima soprattutto per
il rischio connesso con l’investimento di capitali.
Si può mettere in discussione la misura secondo cui dovrebbe essere lucrato e la sua destinazione, questi due
aspetti saranno orientati diversamente nell’azienda privata o pubblica, profit e non profit, in un’economia
chiusa o aperta.
La “massimizzazione del profitto” incontra dei limiti sul piano concreto:
1. Fattore tempo (time-preference): quale profitto l’imprenditore vuole rendere massimo? Quello di un
esercizio, di due esercizi, di una specifica operazione, di un complesso di operazioni? Tenderebbe a
massimizzare il risultato della gestione nel lungo andare, questo potrebbe portare a sacrificare degli
obiettivi nel breve periodo.
2. Fattore rischio (uncertainty condition): l’imprenditore intende puntare al massimo profitto, sostenendo
altresì il rischio più elevato circa il risultato dell’attività di impresa?
Teoria della sopravvivenza aziendale: i dirigenti sono preoccupati in primo luogo della sopravvivenza
dell’organizzazione, il fine del gruppo imprenditoriale è quello di assicurare la continuità dell’organismo
aziendale.
Il profitto è il mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale dell’impresa.
Questa teoria si collega a quella della “massima sicurezza” di Marris, ripresa da Drucker che ha proposto di
misurare il raggiungimento di tale finalità mediante cinque indicatori:
1. Innovazioni
2. Risorse umane
3. Risorse finanziarie
4. Redditività
5. Posizione occupata nel mercato
Nella teoria della sopravvivenza si inseriscono, quindi, elementi attinenti alle motivazioni dei manager, tra le
quali soprattutto quelle di aspirazione alla sicurezza e al prestigio, che portano a privilegiare i fini della
continuità e dello sviluppo aziendale.
Teoria della creazione e diffusione del valore: essendovi dei limiti alla teoria della massimizzazione del
profitto, questa risulta poco utile ai fini di gestione; l’evoluzione della visione che punta alla
massimizzazione del profitto è la “teoria della creazione e diffusione del valore”.
Secondo questa teoria l’obiettivo dell’imprenditore-proprietario, del manager e di tutti i partecipanti
all’impresa è accrescere il valore economico dell’impresa, cioè massimizzare le potenzialità reddituali
dell’impresa (la capacità di creare ricchezza, ossia la capacità di produrre risultati sempre migliori).
Nel contesto italiano la teoria si riferisce opportunamente alla massimizzazione del valore economico del
capitale; nella pratica nordamericana, questa teoria, riferita alle “public companies”, postula la
massimizzazione del valore del capitale azionario (capitalizzazione in base al corso dell’azione: l’azionista
aspira ad acquisire il dividendo e, nello stesso tempo, è interessato alla crescita del corso delle azioni
possedute).
La teoria del valore azionario si collega al concetto patrimoniale dell’impresa, vista come un valore reale
piuttosto che come fonte di un futuro valore reddituale.
Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale (o CAPITALISMO MANAGERIALE): i manager
sono maggiormente interessati all’espansione dell’impresa, perché quest’ultima dovrebbe tradursi in un
irrobustimento dell’organizzazione, nell’assunzione di una maggiore forza nei confronti della concorrenza,
nell’incremento delle retribuzioni ai livelli più elevati di direzione, nel miglioramento delle relazioni con
banche, fornitori e personale (Teoria di Baumol).
Tutto ciò contribuirebbe a favorire comportamenti imprenditoriali tendenti ad un ampliamento del volume di
affari rispetto a quello dei profitti globali, pertanto al posto della crescita del profitto si sostituirebbe quella
del fatturato: il gruppo di governo tende a massimizzare il fatturato perché questo è l’indicatore del suo
successo (tesi di Baumol).
L’obiettivo diviene quindi la massimizzazione delle vendite dei prodotti (fatturato) rispettando il vincolo di
un livello minimo di profitto: le imprese mirano a realizzare il flusso di profitti che consente di finanziare il
massimo sviluppo delle vendite nel lungo periodo. Massimizzare le vendite significa massimizzare il
fatturato e non necessariamente la quantità fisica del venduto, ciò vuol dire che l’obiettivo da raggiungere si
concreta nella ricerca di una combinazione tra quantità da vendere e prezzi di vendita che massimizzi il
volume d’affari dell’azienda.

10

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Esiste una relazione stretta tra la massimizzazione del profitto e la massimizzazione delle vendite: nel lungo
tempo non dovrebbe esserci antinomia tra le due teorie. Questa relazione è riscontrabile nel processo del
finanziamento: per crescere (sviluppo dimensionale) l’impresa deve comunque promuovere processi di
investimento di risorse addizionali, è più realistico pensare che preferisca ricorrere a forme di
autofinanziamento, mediante il reinvestimento del profitto, piuttosto che indebitamento (teoria della crescita
sostenibile).
Rimangono comunque in essere, anche in relazione a questa teoria, le critiche mosse per la massimizzazione
del profitto, anche di tipo morale.
Una prima revisione alle teorie classiche: teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto (o
teoria comportamentistica): la vita aziendale si svolge entro un complesso di vincoli più o meno rilevanti,
ciò genera una serie di limitazioni nella scelta degli obiettivi e delle strategie imprenditoriali.
Ogni impresa rappresenta un’organizzazione cooperativa contrassegnata da situazioni potenziali di conflitto
d’interessi nei confronti di forze esterne o tra gruppi interni. Fra i due tipi di conflitti sussistono delle
differenze in ordine anche alle effettive possibilità di ricomposizione esercitabili dall’impresa:
- Nella soluzione dei conflitti esterni le opportunità di risoluzione sono sovente molteplici, anche se
l’azienda non ha quasi mai la forza di imporre totalmente le proprie condizioni all’opponente;
- Nel caso di conflitti interni, le possibilità di manovra dell’imprenditore risultano spesso più limitate,
nonostante egli, in teoria, abbia il potere di risolvere il conflitto escludendo l’opponente
dall’organizzazione.
Il richiamo alla situazione cooperativo-conflittuale, tipica dell’impresa, è strumentale ai fini della
dimostrazione dei limiti sociali della teoria della massimizzazione del profitto: la contrapposizione di
interessi può essere interpretata in termini di costi e ricavi, cioè analizzando l’equazione del profitto e
rilevando quali sono i condizionamenti sociali che si oppongono all’ottenimento da parte dell’imprenditore
del massimo reddito. L’imprenditore tenta di massimizzare il risultato economico della gestione, per far ciò
può cercare di ampliare i ricavi (segmento AB) e/o ridurre i
costi (segmento CD) in modo da far crescere il profitto
(segmento DE).
A tale scopo egli può promuovere delle innovazioni oppure
può tentare di modificare l’equilibrio esistente.

Prendiamo come ipotesi una forte semplificazione della


realtà:
1- Si considera una situazione di stabilità dei rapporti prodotti/mercato,
2- Si ipotizza che l’impresa tratti un solo prodotto,
3- Si esclude l’ipotesi che l’azienda debba obbligatoriamente distribuire i dividendi
4- Si attribuisce al solo produttore il potere di manovrare il prezzo di vendita del bene
Allora:
 Per aumentare i ricavi bisogna agire su prezzo e quantità dei beni venduti.
 un rialzo del prezzo non è possibile perché l’elasticità della domanda è limitata e il rialzo
potrebbe indurre a muoversi verso la concorrenza;
 La via dell’incremento della quantità da far assorbire al mercato è più o meno percorribile a
seconda del ritmo di sviluppo della domanda, ma potrebbe causare una pericolosa reazione della
concorrenza.
 Per diminuire i costi bisogna agire su “abbassamento del costo unitario” o “impiego di una minore
quantità di risorse”.
 Un abbassamento del costo unitario significherebbe ridurre le remunerazioni del lavoro, i prezzi
pagati ai fornitori, gli interessi corrisposti ai finanziatori, i margini concessi ai distributori.
 L’impiego di una minore quantità di risorse, permette di incidere in parte sui costi di lavoro, di
approvvigionamento, di finanziamento, ma non sugli altri: è evidente che una riduzione delle
quantità di prodotti trasferiti ai distributori si ripercuote direttamente sui ricavi.
In nessun caso è possibile agire sugli oneri fiscali perché costituirebbe un comportamento illecito né sui costi
di organizzazione o ricerca e sviluppo perché sono fattori di economicità e di maggior ricavo per l’impresa e,

11

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
in quanto tali, non comprimibili se non a danno della produttività e della redditività aziendale di lungo
periodo.
Dunque le possibilità effettive di manovrare queste variabili economiche sono limitate dai condizionamenti
esercitati dai gruppi sociali sottesi dietro ciascuna delle componenti in cui possono essere suddivisi i costi e i
ricavi.
RICAVI COSTI PROFITTO
PREZZO PER COSTI DI LAVORO Proprietari
QUANTITÀ
Consumatori e Lavoratori
concorrenti
COSTI DI APPROVVIGIONAMENTO
Fornitori
COSTI DI FINANZIAMENTO
Finanziatori
COSTI DI DISTRIBUZIONE
Distributori
ONERI FISCALI
Pubblica Amministrazione
COSTI DI ORGANIZZAZIONE
Sganciati da un gruppo sociale specifico, riguardano
l’analisi, la progettazione, il controllo e
l’adattamento delle strutture, le procedure e le
tecniche di ordinamento del lavoro direzionale ed
esecutivo.

COSTI DI RICERCA E SVILUPPO


Sganciati da un gruppo sociale specifico, sono
relativi all’individuazione di nuove opportunità
tecnologiche o di mercato, alla creazione
dell’immagine, all’avviamento commerciale.
In una situazione di sostanziale impossibilità di incremento del profitto senza suscitare conflitti pericolosi per
l’impresa, vi sono in concreto delle opportunità per ottenere tale finalità?
Essendo i costi organizzativi e di ricerca e sviluppo non supportati da un particolare e forte gruppo sociale,
nei periodi di crisi sono gli unici costi ad essere tagliati.
Tutto il ragionamento conduce a 4 conclusioni:
- L’equilibrio tra costi e ricavi aziendali è difficilmente modificabile in assenza di innovazioni nella
gestione;
- Le innovazioni nell’organizzazione e nel mercato richiedono il sostenimento di costi che, invece, sono
solitamente tagliati in periodi di crisi
- Il profitto è la quantità residuale che risente delle situazioni di crisi, data la rigidità delle altre
grandezze economiche e l’assenza di processi innovativi
- Il reddito è il risultato che deriva da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed
esterni e la sua misura non è mai liberamente determinabile dall’imprenditore. Il fine di massimo
profitto diviene così il fine di massimo profitto condizionato.
La teoria dei limiti sociali al massimo profitto pone meglio in rilievo l’aspetto conflittuale
dell’organizzazione aziendale: la massimizzazione del profitto incontra vincoli sociali e limiti di conoscenza
in ordine all’evoluzione dell’ambiente e dei mercati. Su questa limitazione si incentra la teoria di Simon,
secondo la quale l’imprenditore tenderebbe ad un profitto soddisfacente più che massimo.
 L’imprenditore è mosso soltanto da interessi economici, oppure tende a raggiungere anche
traguardi appartenenti alla sfera sociale? Come potrebbe giungere a una combinazione “ottimale”
tra questi due ordini di finalità?
Teoria del successo sociale (o TEORIA DELLE TRE “P”): le finalità dell’imprenditore, facendo anche
riferimento alla piramide dei bisogni di Maslow, appaiono, in ordine crescente di importanza, quelle di
assicurare la sopravvivenza dell’impresa (mediante il perseguimento del fondamentale equilibrio economico
tra costi e ricavi), di affermarsi nell’ambito della classe sociale di appartenenza (leadership competitiva) e di
assumere posizioni di preminenza nella comunità (prestigio sociale). In altri termini l’imprenditore
tenderebbe al successo, il fine economico deve divenire anche un mezzo per il raggiungimento di

12

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
obiettivi morali e sociali. Partendo da questa ipotesi si potrebbero individuare e ordinare le finalità
dell’imprenditore in funzione del conseguimento di un mix -in ordine- PROFITTO, POTERE, PRESTIGIO.

Questa combinazione è rappresentativa del “successo sociale” ottenuto dall’imprenditore mediante il


successo della sua impresa, il risultato è conseguibile mediante una opportuna combinazione di valori
economici ed etici.
La teoria appare riferirsi soprattutto all’imprenditore proprietario più che al management (nei casi di
diffusione della proprietà), per cui potrebbe sembrare conveniente, specie per il manager, il passaggio ad
aziende di maggiore importanza per riuscire a conquistare più rapidamente livelli superiori delle tre P.
Prospettiva di sintesi sulle finalità imprenditoriali: potremmo individuare tre situazioni rilevanti per la
caratterizzazione di una moderna teoria sulle finalità imprenditoriali.
La soluzione di dilemmi morali, che attengono anche al campo dell’etica aziendale, si rivela, oggi, quale
fattore caratteristico di una superiore interpretazione della funzione imprenditoriale:
a) L’imprenditore visibile e strettamente integrato nell’impresa, al quale sembrerebbe potersi applicare la
teoria del successo sociale;
b) L’imprenditore meno visibile e meno integrato cui appare meglio riferibile la teoria della
massimizzazione del valore economico dell’impresa nel tempo lungo;
c) L’imprenditore delegato (manager), al quale sarebbe applicabile quella che potrebbe essere definita
come teoria della mobilità, in quanto spesso il successo dell’impresa dovrebbe, attraverso la mobilità,
consentirgli l’affermazione sociale.
In tutti i casi le gratificazioni morali si accomunano a quelle economiche perché l’uomo non può essere
insensibile al riconoscimento del consenso e dell’apprezzamento da parte dei suoi simili. Ciò comporta che
in ogni caso chi è al vertice dell’impresa dev’essere attento non solo agli equilibri economici, ma anche alla
coesione di interessi tra i partecipanti. Nell’ottica di lungo tempo, che premia chi è riuscito al meglio a
fidelizzare il proprio mercato, costruire rapporti collaborativi, rafforzare il senso di lealtà delle maestranze,
emerge la crescente importanza di un codice etico nella gestione aziendale. Da ciò la conclusione che la
soluzione di dilemmi morali che attengono al campo dell’etica aziendale, si rivela quale fattore caratteristico
di una superiore interpretazione della funzione imprenditoriale.

13

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Parte seconda: I COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI E LA GESTIONE STRATEGICA
- La gestione strategica dell’impresa
- Le strategie competitive e i modelli di analisi di mercato
- Le strategie di sviluppo dimensionale e il rinnovamento strategico

L’analisi è centrata sul concetto di strategia e sulla classificazione delle strategie aziendali.
Partendo dalla definizione di gestione strategica si sviluppano i temi delle strategie complessive e
competitive.
In particolare l’analisi è sui modelli teorici applicabili per la formulazione dei vari tipi di strategie
competitive e sui percorsi di sviluppo aziendale nelle varie modalità (monosettoriale, polisettoriale,
internazionale).

Profili della gestione aziendale:


1. (in senso generico) governo dei fattori di produzione impiegati nell’organizzazione aziendale. Gestire
l’impresa corrisponde anche ad assicurarle la sopravvivenza e lo sviluppo mediante la creazione e il
mantenimento di equilibri economici, patrimoniali, finanziari;
2. (In senso strategico) complesso di decisioni e di attività rivolte al raggiungimento degli obiettivi
aziendali. La vita dell’impresa si sviluppa per effetto di decisioni da quelle assunte in fase di costituzione a
quelle prese periodicamente in fase di gestione. Le scelte di gestione possono essere:
A. STRATEGICHE, riguardo agli obiettivi imprenditoriali di lungo periodo (3-5 anni);
B. TATTICHE, riguardo alle modalità di impiego delle risorse, si concentrano sul medio periodo (2 anni);
C. OPERATIVE, riguardo allo svolgimento delle attività, sono programmate annualmente.

Lezione 5, Capitolo 5, La gestione strategica dell’impresa


La gestione strategica: attiene ai comportamenti imprenditoriali di lungo periodo orientati al
raggiungimento degli obiettivi primari dell’attività aziendale. In pratica, la vita di un’impresa è caratterizzata
da attività operative ripetitive fin quando per effetto di una diversa visione dei rapporti impresa-ambiente non
si decide di cambiare strategia.
La gestione strategica e la gestione operativa:
- La strategia:
 definisce i rapporti con l’ambiente, cioè con il contesto generale entro cui opera l’impresa
(sistema politico-istituzionale, economico, culturale, socio-demografico)
 Risponde all’obiettivo più specifico di scegliere l’ambiente competitivo e transazionale.
NB: NON SEMPRE LE DECISIONI ASSUNTE A LIVELLO IMPRENDITORIALE DANNO CORPO A UNA STRATEGIA (intesa quale
COMPORTAMENTO INNOVATIVO rivolto al raggiungimento di obiettivi di tempo lungo), A VOLTE POSSNO CONFERMARE GLI
OBIETTIVI E POLITICHE ATTUATI IN PASSATO, RISPONDENDO QUINDI A UNA LOGICA DI RIPETIZIONE E DI BREVE TERMINE
(gestione operativa).
Comportamenti imprenditoriali nei confronti dell’ambiente: considerando per strategia l’insieme di
scelte imprenditoriali che vanno a costituire la capacità di adattamento dell’impresa all’evoluzione
dell’ambiente, si può dire che la strategia definisce i rapporti con l’ambiente i cui mutamenti possono
determinare opportunità e minacce per l’impresa.
Nei confronti dell’evoluzione dell’ambiente l’imprenditore può assumere tre diversi atteggiamenti:
1. ATTESA: risposta solo al verificarsi dei cambiamenti ambientali
2. ANTICIPATORIO: risposta anticipata rispetto ai cambiamenti ambientali previsti
- PROATTIVO: induzione dei cambiamenti dell’ambiente.
Ad esempio, nel campo della tutela ambientale, negli anni (a seguito di richieste sociali e mutamenti
climatici) sono state introdotte nuove regolamentazioni ambientali nel settore automobilistico per il controllo
delle emissioni.

14

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Nei confronti dei nuovi interventi normativi si sono visti i tre atteggiamenti:
1. Scelte di “compliers”
2. Introduzione in anticipo di nuove soluzioni tecnologiche
3. Attraverso i propri processi di innovazione, un’azienda ha causato il cambiamento delle condizioni e
dinamiche strategiche e tecnologiche a livello dell’intero settore automobilistico; per esempio, Toyota,
già dalla metà degli anni ’90, introduce il motore ibrido. Questo costituisce un punto di svolta per
l’intero settore e ne modifica progressivamente le regole del gioco.
Oggi la conoscenza della tecnologia alla base del motore ibrido è cruciale per “stare al passo con il
cambiamento” ed accedere alla fase di transizione che apre alla motorizzazione elettrica.
Questa classificazione individua tre diversi modelli gestionali:
1- ATTESA > configura uno schema di comportamento quasi esclusivamente ripetitivo, in cui le azioni di
adattamento sono solo una conseguenza delle variazioni ambientali, può essere definito “passivo”.
La differenza più importante dagli altri due è che manca un quadro strategico di sviluppo, v’è un
orientamento scarsamente innovativo (tipico delle imprese di piccole dimensioni).
2- ANTICIPAZIONE > schema razionale, in cui le decisioni di mutamento rappresentano una risposta
anticipata alle presumibili modificazioni del contesto esterno;
3- PROATTIVO > modello di sviluppo fondato sull’innovazione quale sforzo autonomo, promosso
dall’impresa in vista del conseguimento di obiettivi più favorevoli di mutamento dei rapporti con
l’ambiente.
Definizione di strategia: l’elemento che denota il grado si avanzamento del processo di gestione aziendale è
rappresentato dall’intento o orientamento strategico.
La strategia è un comportamento imprenditoriale di lungo tempo finalizzato al raggiungimento di obiettivi
primari della gestione, quindi è il mezzo per conseguire traguardi di tempo non breve, definiti in funzione
dell’evoluzione del rapporto tra impresa e ambiente in cui questa opera.
È quasi sempre un disegno concepito dal gruppo imprenditoriale per modificare il programma di attività
correnti (innovazione) in relazione a cambiamenti ambientali interni ed esterni.
L’innovazione può tradursi in:
- un mutamento della gerarchia degli obiettivi e delle direttrici di marcia della gestione oppure,
- nell’aggiunta di nuovi obiettivi -senza modificazione della gerarchia preesistente-
- nella variazione della quantità delle risorse da impiegare in modo da portare l’impresa su livelli più
soddisfacenti di efficienza organizzativa e di efficacia competitiva.
Dalla definizione si evincono i tre elementi caratterizzanti:
1. Formulazione delle strategie a livello alto-direzionale
2. Proiezione a lunga scadenza
3. Priorità dei traguardi da raggiungere.
Una strategia si basa in ogni caso su un complesso di politiche, che rappresentano gli strumenti per il
raggiungimento degli obiettivi di lungo termine fissati dall’imprenditore.
Gerarchia delle scelte strategiche: (l’inquadramento gerarchico non deve far perdere la stretta
interrelazione tra i vari piani strategici).
1. STRATEGIA COMPLESSIVA (strategia corporate): scelta delle aree d’affari in cui operare.
2. STRATEGIE COMPETITIVE (strategie per area d’affari -area A, area B, area C, ecc.): definizione degli
obiettivi e delle politiche da adottare per competere in ciascuna area d’affari.
3. STRATEGIE FUNZIONALI (produzione, vendita, finanza): definizione delle modalità di attuazione
delle funzioni di gestione da adottare per realizzare le politiche e gli obiettivi stabiliti in ciascuna area
d’affari.
Strategia a livello corporate: riguarda l’intera impresa.
- Definisce l’orientamento di fondo a cui tutte le attività e i processi funzionali dell’impresa si devono
orientare (per scelte, comportamenti e percorsi attuativi); > PERCORSO DI FONDO
- Definisce in quali aree d’affari (cioè il business) si voglia operare. > AREE IN CUI COMPETERE
 Stabilita la strategia complessiva è necessario decidere come competere nel mercato prescelto?
come operare nel suddetto mercato?:
Strategie competitive: definite a livello di ogni singola area d’affari (cioè a livello di singole business-unit)
stabiliscono gli OBIETTIVI e le POLITICHE PER COMPETERE.
Ad esempio, se l’obbiettivo di fondo è la qualità del prodotto, è necessario decidere per le singole aree di
business, coerentemente con quanto stabilito dalla strategia a livello complessivo (qualità) -di ordine
superiore-, quali strategie competitive attuare: in questo caso per la strategia a livello corporate di “qualità”
15

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
corrisponde, ragionando in termini di vantaggio competitivo, la strategia competitiva della
“differenziazione”.
 Come attuo le politiche per raggiungere gli obiettivi prefissati nelle singole aree d’affari?
Strategie funzionali: servono per attuare le strategie competitive (IDENTIFICARE, SVILUPPARE,
DEFINIRE), cioè come organizzare la produzione, le vendite e le finanze (ovvero la definizione delle
modalità di attuazione delle funzioni di gestione) al fine di perseguire gli obiettivi di ordine superiore
(strategie competitive e strategia complessiva).
CRITICITÀ: COERENZA TRA I TRE LIVELLI STRATEGICI, pena una distonia che può essere
rischiosa per la sopravvivenza duratura dell’impresa.
L’analisi appena fatta segue un ragionamento secondo la prospettiva TOP > DOWN, ma non è un percorso
che va inteso in maniera rigida e univoca: vi possono essere vantaggi e performance preferenziali conseguiti
a livello funzionale che suggeriscono modalità competitive , cioè modalità attraverso cui costruire il
vantaggio concorrenziale sul mercato e dunque percorsi di creazione di valore per l’intera impresa in una
logica BOTTOM > UP.
Nella definizione delle priorità a livello corporate, l’alta direzione deve avere la capacità di coinvolgere tutta
l’impresa, in modo da favorire un confronto e scambio di informazioni e così definire la strategia migliore
per l’impresa stessa.
Il concetto chiave è sempre quello di “COERENZA”: bisogna tener conto dei punti di forza e debolezza
dell’intera impresa (cioè a tutti i livelli organizzativi) per definire gli obiettivi e conseguire i risultati sperati.
Secondo questa logica di confronto continuo dell’impresa con tutte le articolazioni, il sistema informativo
assume grande importanza per la condivisione di conoscenza e così per sviluppare al meglio processi
decisionali e attuativi.
Strategia e politiche: sono due concetti differenti.
 Politiche: scelte funzionali in rapporto al disegno strategico (coerenza) e vincolanti per le decisioni da
assumere nel corso della gestione.
 Strategia: disegno generale di lungo tempo che individua le direttrici da seguire per raggiungere
determinate mete (obiettivi primari della gestione).

POLITICHE:
STRATEGIA direttrici
:
di
disegno concepito dalmarcia.
gruppo
imprenditoriale, individua le
direttrici di marcia da seguire
e le mete da ottenere

OBIETTIVI PRIMARI DELLA GESTIONE: mete da ottenere

Esempio. Ragionando in termini di qualità (value proposition) del sistema di offerta (strategia), una
componente fondamentale del concetto di qualità è la trasparenza della supply-chain (per es. nel settore del
“food” il cliente vuole sapere da dove arrivano gli ingredienti), in questo caso, con riferimento alle scelte di
operatio (produzione e approvvigionamenti) è necessario ragionare in termini di politiche di
COORDINAMENTO e TRASPARENZA.
Una scelta di politica in questi termini ha delle applicazioni vincolanti per la gestione, ad esempio potrebbe
voler dire nuove integrazioni tra i sistemi formativi del fornitore e dell’impresa cliente, in modo da avere un
monitoraggio continuo delle prestazioni del fornitore e garantire tracciabilità e flessibilità di tutti i flussi
lungo la supply-chain. Per fare questo è necessaria una profonda interazione tra strategia e politica: è cruciale
il concetto di COERENZA tra i due ambiti di intervento.
Caratterizzazione delle decisioni strategiche: è opportuno completarla in rapporto a due aspetti, ovvero:
- L’impatto che le decisioni possono produrre sul raggiungimento degli obiettivi: le decisioni strategiche
sono quelle che si riflettono direttamente sugli obiettivi prioritari dell’azienda e servono a facilitarne il
conseguimento.
- Il grado di modificabilità dopo l’attuazione: sono difficilmente modificabili.

Lezione 6-7-8, Capitolo 6, Le strategie competitive e i modelli di analisi di mercato

16

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
I rapporti di interdipendenza tra le scelte strategiche: la scelta di inserirsi in un determinato ambito di
attività (A.S.A: “Area Strategica d’Affari” = S.B.U: “Strategic Business Unit”) dipende da una valutazione
preventiva della possibilità di competere con successo in quella determinata porzione di mercato, cioè della
possibilità di acquisire un vantaggio competitivo. Il vantaggio competitivo deriva dalle risorse possedute (o
acquisibili). Da questa breve premessa discendono due conclusioni:
1. La formulazione della strategia corporate avviene in funzione delle strategie attuabili nelle ASA scelte
(pur sussistendo un rapporto gerarchico tra le strategie complessive e quelle competitive, saranno sempre
quest’ultime che influenzano le prime);
2. La creazione del vantaggio competitivo dipende dal peso interrelato di risorse (fattori interni) e
condizioni di mercato (fattori esterni).
Affrontando l’esame delle strategie competitive, occorre fare riferimento alla problematica della
struttura del mercato e alle caratteristiche delle risorse aziendali (per valutare quanto pesano in
termini di competitività). Per cui occorrerà richiamare modelli di analisi di mercato e delle risorse
affermatisi in dottrina.
Analisi di mercato:
- Paradigmi strategici teorici
- Modello delle 5 forze di Porter
- Modello di Abell
- Catena del valore di Porter
Analisi delle risorse:
- VRIO Analysis di Barney
- Analisi SWOT
 Come analizzare le dinamiche e l’attrattività di un mercato al fine di entrare con successo nel
mercato stesso?
 I paradigmi strategici: la decisione d’ingresso in un mercato è dunque legata allo studio delle sue
caratteristiche e alla possibilità non solo di entrarvi, ma di rimanervi e, con le risorse disponibili
poter competere efficacemente.
I rapporti tra impresa e mercato di riferimento assumono una posizione centrale nella determinazione delle
strategie aziendali.
1. Paradigma strutturalista (è il primo ad essere formulato negli anni ’50, costituisce l’approccio
fondamentale dell’economia industriale): STRUTTURA > CONDOTTA > PERFORMANCE, la struttura
del mercato incide sul comportamento delle imprese e questo, a sua volta, determina il risultato
(performance) della gestione aziendale.
2. Paradigma comportamentista (risponde alla logica della nuova economia industriale, delle grandi
imprese, cioè di attori innovativi e propositivi che possono cambiare le dinamiche di un settore e di un
mercato ): CONDOTTA > STRUTTURA > PERFORMANCE, è la condotta delle imprese che influenza
la struttura del settore, cioè l’impresa produce output che finiscono per modificare il settore in cui opera.
Le trasformazioni del contesto si determinano (anche) per i comportamenti innovativi promossi.
Le condotte aziendali sono orientate a creare rapporti di dominanza nei confronti dell’ambiente esterno:
la produzione di novità è il risultato soprattutto dello sfruttamento di nuove opportunità da parte
dell’impresa, che possono essere sollecitate dall’ambiente, ma derivano sostanzialmente dalle
potenzialità dinamiche (dynamic capabilities) possedute e si riflettono sull’assetto dell’ambiente stesso.
Apre a una maggiore flessibilità interpretativa: la struttura del mercato influenza i comportamenti delle
imprese, ma al tempo stesso le imprese possono modificare le condizioni strutturali del mercato (rimane
pur sempre un rapporto di interdipendenza).
es. nell’ambito delle scelte competitive si ha la “guerra dei prezzi” utilizzata per far uscire dal mercato le
imprese meno performanti e competitive e riuscendo così a guadagnare ulteriori quote di mercato; es. nel
campo delle innovazioni per il settore automobilistico.
3. Paradigma fondato sulle risorse (anni ’80-’90): RISORSE > CONDOTTA > PERFORMANCE, sono le
risorse specifiche possedute dall’impresa che possono generare cambiamenti settoriali e che,
modificando le condizioni competitive, migliorano le probabilità di successo aziendale. Spiega perché
alcune imprese hanno maggior successo.
4. Paradigma fondato sulla conoscenza: CONOSCENZA > CAPACITA’ > PERFORMANCE, sono le
conoscenze (prodotte dall’interazione sociale) che si accumulano nell’impresa a produrre capacità in
grado di ispirare condotte suscettibili di generare successo competitivo.

17

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Questo paradigma trae spunto dalla teoria di Nonaka sull’impresa che crea e utilizza conoscenza
(impresa come sistema cognitivo) e dalla considerazione che le capacità (intese in senso dinamico) sono
in grado di ispirare condotte atte a generare il successo competitivo.
 Conclusione: sulle scelte dell’impresa pesano sia fattori esogeni (legati al mercato) sia fattori endogeni
(legati alle risorse) e in ogni caso il rapporto con e tra questi fattori è di interdipendenza.
Da ciò si deduce l’importanza dello studio del mercato prima di assumere qualsiasi decisione strategica
poiché consente di dare la migliore valutazione delle risorse su cui basare la strategia competitiva, cioè
analizzare il settore e lo specifico spazio di mercato in rapporto al grado di concentrazione dei
concorrenti, alle barriere in entrata e in uscita, all’elasticità della domanda è essenziale per immaginare
come competere con le risorse e le capacità disponibili o acquisibili.
Modello della concorrenza allargata di Porter (o modello delle 5 forze): è un paradigma consolidato
dell’analisi settoriale, costituisce l’evoluzione del paradigma strutturalista (parte dall’analisi della struttura
del mercato per delineare la strategia competitiva mirata al più appropriato posizionamento di mercato >
fattori esogeni prevalenti).
È stato reso noto per la prima volta nel 1979 con un articolo sull’ Harvard Business Review e ancora oggi è
uno dei modelli interpretativi di maggiore successo (sebbene molto criticato).
Secondo Porter, la scelta di un mercato è guidata da:
- Attrattività del mercato: tendenze espansive della domanda, margini lucrabili.
È valutata analizzando 5 FORZE che interagendo tra loro determinano la maggiore o minore attrattività:
1. CONCORRENZA REALE: rivalità tra concorrenti GIÀ presenti
2. CONCORRENZA POTENZIALE DIRETTA: entrata di nuovi concorrenti
3. CONCORRENZA POTENZIALE INDIRETTA: minaccia di nuovi sostituii
4. POTERE CONTRATTUALE dei CLIENTI e dei FORNITORI
- Posizione competitiva assumibile: situazioni di vantaggio acquisibili al fine di ottenere una
soddisfacente quota di mercato durevole.
Lo schema di Porter, riassunto da Grant, amplia il concetto di concorrenza e inserisce la forza dei fornitori.
le 5 forze determinano la redditività del settore e, quindi, la minore o
maggiore attrattività del settore.
Il concetto di fondo è che in qualsiasi mercato i costi e i margini
sono funzione non solo della forza della clientela e dei fornitori, ma
anche della pressione concorrenziale che però non è generata
esclusivamente dalle forze già presenti nel settore, ma si collega
anche a coloro che potrebbero trovare convenienza ad entrarvi.
Quindi per valutare l’intensità della concorrenza in un determinato
settore (e, dunque il suo grado di attrattività) non basta considerare i
concorrenti attualmente presenti sul mercato, ma occorre estendere
l’analisi anche alla concorrenza potenziale (diretta e indiretta) e
valutare il potere contrattuale di fornitori e clienti.
Dunque le cinque forze determinano il livello di intensità
competitiva e condizionano le possibilità di profitto che in un’ottica
di medio-lungo termine, le imprese del settore possono conseguire.
Nel modello di Porter un ruolo centrale è attribuito alle barriere di
mercato all’ingresso (barriere all’entrata), all’allargamento (barriere
di mobilità) e all’uscita (barriere all’uscita).

 Qual è il fattore determinante per chiarire il grado di attrattività di un settore?


Barriere alla concorrenza: nella definizione della strategia competitiva è basilare l’analisi delle barrire alla
concorrenza.
- Barriere all’entrata: sono un costo che deve essere supportato da un’impresa che volesse entrare in un
certo settore industriale, ma che non è sopportato dalle imprese già operanti all’interno di tale settore
(Stigler).
Le varie forme di mercato si possono fondamentalmente distinguere in rapporto alla libertà d’ingresso
di nuovi produttori che è uno degli elementi qualificanti il regime di libera concorrenza, mentre la sua
assenza contraddistingue il monopolio. I casi concreti di mercato si ordinano secondo forme diverse di
18

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
oligopolio, il fattore discriminante non è la presenza o l’assenza di barriere, ma la diversa consistenza
che esse possono assumere da mercato a mercato. Queste barriere possono differenziarsi in:
o Esterne: impediscono l’ingresso di nuovi competitori
o Interne: tutelano la posizione di ciascun produttore nei confronti delle azioni espansive degli altri
produttori già presenti nel mercato.
Per valutare le possibilità di superare tali barriere, occorre conoscere se si colleghino a:
A. ECONOMIE OTTENIBILI NELLE FUNZIONI DI GESTIONE
B. DISPONIBILITÀ DI BREVETTI E DI KNOW-HOW
C. CONTROLLO DEI FATTORI DI PRODUZIONE ESSENZIALI (POSSESSO DI RISORSE NON
APPROPRIABILI)
D. DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI
Le barriere all’entrata non sono soltanto un dato oggettivo, ma dipendono, anche, dalla forza (condizioni
soggettive) dell’impresa.
È in funzione delle risorse specifiche, di cui quest’ultima è dotata, che certe barriere appaiono più o
meno elevate o che addirittura finiscono per annullarsi.
- Barriere all’uscita: vincolano le imprese a permanere nel mercato e spesso finiscono per irrigidire i
comportamenti concorrenziali.
Se è impedito o reso difficile, alle aziende che vogliono cessare la loro attività in un certo settore, di
uscire dal mercato, l’impresa valuterà preventivamente l’utilità di entrarvi. In questo senso alte barriere
all’uscita finiscono per tramutarsi in elevate barriere all’entrata.
Le barriere all’uscita possono essere create da vincoli sociali (propensione o obbligo a proseguire
l’attività per salvaguardare l’occupazione) o economici (il costo della difficoltà del disinvestimento (se
non fosse semplice uscire dal settore nel caso in cui non sia più conveniente investirci?) e gli ostacoli al
fallimento o liquidazione aziendale).
BARRIERE ALL’ENTRATA (ESTERNE E INTERNE):
A. Economie tipiche nella gestione dell’impresa: sono le economie conseguibili nella gestione, da parte di
chi è già presente nel particolare mercato.
Si distinguono in:
1. Economie di scala: è il fenomeno di abbassamento dei costi unitari di produzione e di vendita al
raggiungimento di determinati volumi di operazioni (più cresce la produzione più tendono a ridursi i
costi per unità di prodotto) > statiche.
Si possono ottenere nella fase di approvvigionamento, nella fase tecnica e di trasformazione dei beni,
nella fase di commercializzazione delle produzioni finali: la possibilità di operare rilevanti acquisti e di
rivolgersi direttamente ai produttori o ai principali mercati mondiali consente risparmi di costo che
possono incidere significativamente sul costo globale di produzione.
Sotto questo aspetto, si distinguono in economie di impianto (o reali) ed economie di impresa (o
pecuniarie).
a. Economie di scala reali (> fase tecnica-trasformazione, attengono alla dimensione
dell’impianto di produzione): è possibile raggiungere costi medi di produzione più bassi,
quindi anche maggiori volumi, tanto più le dimensioni dell’impresa aumentano.
Esempio. I costi fissi vengono ripartiti su volumi di produzione più ampi determinando una
riduzione nei costi di trasformazione.
b. Economie di scala pecuniarie (> fase di approvvigionamento e commercializzazione,
attengono alla dimensione globale assunta dall’impresa): più grandi sono le dimensioni
dell’impresa, maggiori sono i poteri negoziali e le possibilità contrattuali, minori sono i costi
delle transazioni.
Esempio. La capacità negoziale di un’impresa di grandi dimensioni è maggiore e ciò le
consente di ottenere prezzi e costi più convenienti (economie di scala pecuniarie).
In determinati mercati la dimensione minima necessaria è abbastanza elevata, se non si raggiungono certi
volumi di produzione non è possibile avere dei costi competitivi ed assumere la forza indispensabile per
acquisire una sufficiente quota di mercato.
Dunque costituiscono una barriera all’entrata perché un nuovo competitore deve organizzare
inizialmente la sua attività su un elevato livello dimensionale, ciò è difficile per la maggiore consistenza
dell’investimento e per la difficoltà a sottrarre ai produttori già presenti il volume di vendita
corrispondente all’entità minime da collocare.

19

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Nei casi in cui le economie di scala assumono un’importanza rilevante nell’organizzazione aziendale, i
mercati presentano generalmente un elevato grado di concentrazione e la dimensione minima delle
operazioni si pone come principale barriera.
2. Economie di apprendimento: sono conseguibili nel tempo, cioè l’impresa impara a svolgere le proprie
attività e i propri processi e da questo deriva nel tempo maggiore e migliore efficienza operativa >>>>>>
> dinamiche.
L’impresa apprende, cioè impara a svolgere meglio i propri processi; c’è una curva di esperienza
crescente, cioè un’evoluzione nel corso del tempo.
Costituiscono una barriera all’entrata perché i produttori che intendono inserirsi nel nuovo mercato, si
trovano in condizioni di inferiorità rispetto ad altri produttori già presenti sul mercato (divario di
esperienza).
3. Economie di espansione: fanno riferimento alle imprese transnazionali di grandi dimensioni, per questa
tipologia di imprese, gli investimenti ulteriori (in nuovi impianti, reti distributive, ecc.) rappresentano
uno sforzo non particolarmente rilevante, né significativo in ragione della conoscenza e delle capacità
già acquisite, delle risorse finanziarie a disposizione e più in generale dei mezzi di maggiore portata e su
più ampia scala di cui possono disporre.
Costituiscono una barriera all’entrata perché un’impresa di piccole dimensioni che deve sostenere un
processo di internazionalizzazione avrà costi di sviluppo estremamente pesanti.
4. Economie di replicazione: si ricollegano al concetto di economie di scala, apprendimento ed
espansione.
5. Economie di scopo e ampiezza (o “di campo” e “raggio d’azione”): il concetto è quello dei risparmi
ottenibili dalle sinergie, ovvero dallo svolgimento congiunto di più attività; l’impresa riesce ad
ottimizzare i costi di produzione attraverso lo svolgimento di produzioni congiunte con altre imprese.
Questo fenomeno si ha per effetto della crescente flessibilità richiesta alle imprese che comporta un
ampliamento della gamma produttiva, una riduzione della scala delle operazioni e un recupero di
produttività sul piano interfunzionale o dell’organizzazione di gruppo.
Esempio. Disney Plus è una piattaforma che affianca Marvel, Pixar, Disney,..così attraverso una rete di
offerta dei prodotti congiunta, può garantire costi minori, un maggiore successo commerciale e un
rafforzamento del brand, ecc.
6. Economie relazionali di rete: l’impresa grazie alla sua capacità di sviluppare relazioni positive con i
differenti stakeholder è in grado di ottenere vantaggi negoziali e contrattuali (es. relazioni consolidate
con i fornitori, con i venditori, con altre industrie, con la comunità di riferimento), in altri termini godrà
di consensi essenziali per svolgere un lavoro produttivo e duraturo contribuendo a migliorare le posizioni
di mercato e il conto economico aziendale.
Disporre di buone relazioni nel mercato di produzione, del lavoro, finanziario e di vendita rende più
efficace l’azione dell’impresa sia nell’ambiente transazionale sia in quello competitivo.
7. Economie di agglomerazione: rappresentano il vantaggio dovuto all’operare in un contesto in cui
esistono molte imprese, un esempio importante sono i “distretti”.
>>>>>> Dunque in certi mercati, la vera barriera all’ingresso può essere rappresentata dalle sinergie
derivanti dalle alleanze strategiche tra imprese già presenti
 Qual è l’impatto delle economie – cioè gli effetti positivi - sulla gestione dell’impresa?
1. Economie di scala reali: riduzione del costo di trasformazione
Economie di scala pecuniarie: riduzione dei costi di transazioni
2. Economie di apprendimento: maggiore efficienza operativa
3. Economie di espansione: riduzione dell’incidenza dei costi di sviluppo -in ragione delle competenze
acquisite-
4. Economie di replicazione: vantaggi nello sviluppo dimensionale
5. Economie di scopo e ampiezza: ottimizzazione dei costi di produzione congiunti
6. Economie relazionali di rete: vantaggi contrattuali con gli stakeholder
7. Economie di agglomerazione: economie esterne di contesto
Sono i vantaggi competitivi posseduti dalle imprese già presenti nel particolare settore e in quanto tali i
requisiti da conseguire per poter accedere al settore con successo.
B. Disponibilità di brevetti e di know-how: le barriere possono esistere in altre situazioni allorché il
patrimonio tecnologico si concentra nelle mani di uno o pochi imprenditori.

20

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Il possesso di brevetti o di know-how impedisce l’entrata di concorrenti, fino a quando non sia possibile
sfruttare tali diritti intangibili o per lo spirare dei termini di protezione brevettuale o per il ricorso a
brevetti e knowledge-how sostitutivi
C. Controllo dei fattori di produzione essenziali (possesso di risorse non appropriabili): gli
impedimenti all’ingresso derivano in questo caso dal fatto che, una volta che tali fattori sono stati
acquisiti dalle imprese che operano nel mercato, non resta alcuna disponibilità per coloro che
aspirerebbero ad entrarvi.
D. Differenziazione dei prodotti: È una barriera che svolge sia un ruolo interno che un ruolo esterno.
o Interno: più spinta sarà la differenziazione dei prodotti, più profondo e meno accessibile
risulterà il fossato entro cui si sarà protetti dalla concorrenza.
o Esterno: richiede un rilevante sforzo promozionale e l’impegno immediato di notevoli capacità
finanziarie ed organizzative.
Modello tridimensionale di Abell: è un altro paradigma utilizzato per interpretare e scegliere il business,
cioè il mercato in cui si potrà andare a collocare l’impresa.
Il modello definisce l’area strategica di affari (ASA), ossia il business, la porzione di mercato in cui l’azienda
intende operare, attraverso l’uso di 3 dimensioni:
1- Target, l’analisi dei gruppi di clienti
2- Funzioni d’uso, l’analisi dei bisogni dei clienti che si
intendono soddisfare
3- Modalità alternative di soddisfacimento dei bisogni, lo
sviluppo di tecnologie alternative per il soddisfacimento
dei bisogni.

La catena del valore di Porter: è uno strumento interpretativo-manageriale che discende dall’analisi del
modello delle 5 forze di Porter.
L’impresa, con le sue attività, crea valore per il cliente, che è misurato dal prezzo che questi paga o sarebbe
disposto a pagare per ottenere il prodotto.
Il valore creato si distingue in due parti:
1- costi sopportati nello svolgimento delle attività necessarie (a progettare, produrre, vendere,
distribuire e fornire assistenza)
2- Il margine è il valore che residua all’azienda dopo aver coperto i costi associati allo svolgimento di
tutte le attività > è il “maggior valore” e quindi la più ampia differenza tra prezzo e costi.
 Quali sono le attività svolte dall’impresa nella creazione del valore?
- Attività primarie: sono le attività che compongono il ciclo di acquisto degli input, produzione-
trasformazione e vendita dell’output, cioè sono le attività caratteristiche dell’impresa.
o Logistica in entrata
o Attività operative
o Logistica in uscita
o Marketing e vendite
o Servizi
- Attività secondarie: sono le attività che sostengono il ciclo delle attività primarie, caratteristiche
dell’impresa.
o Attività infrastrutturali
o Gestione delle risorse umane
o Sviluppo della tecnologia
o Approvvigionamento

21

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Come costruire il vantaggio competitivo sul mercato? Porter afferma che “le attività generatrici di
valore sono i singoli elementi costitutivi del vantaggio competitivo”, cioè il vantaggio può essere
costruito a livello di ognuna delle attività svolte dall’azienda nella creazione del valore.
Dunque, la formulazione della strategia competitiva, può fondarsi sulla catena del valore.
 Il concetto teorico di catena del valore consente di identificare specificamente quali possono essere
le componenti del vantaggio competitivo (su che basi può essere costruito?) e consente la
conseguente formulazione della strategia competitiva più adatta.
ANALISI DEL MERCATO > FORMULAZIONE STRATEGIA COMPETITIVA:
L’impresa può costruire il suo vantaggio competitivo perché
- è in grado di realizzare con maggiore efficienza le attività inserite nella catena del valore > il vantaggio
poggia su un livello più elevato di organizzazione e innovazione.
- riesce a differenziare la sua offerta > il vantaggio poggia sull’abilità ad isolarsi dalla concorrenza
mediante la differenziazione dell’offerta.
L’impresa potrà scegliere i segmenti (parti) di mercato da servire in base alla possibilità di puntare, per
ciascuno di essi, su politiche competitive in grado di farle acquisire una posizione di vantaggio.
L’obiettivo è scegliere una strategia vincente tra quelle possibili.
 Quali possono essere le differenti strategie competitive su cui possono contare le imprese?
Secondo Porter l’impresa può conseguire un vantaggio competitivo se è in grado di ricorre ad una delle due
opzioni seguenti:
A) LEADERSHIP DI COSTO: realizzare le attività descritte dalla catena del valore ad un costo
complessivamente inferiore rispetto a quello sostenuto dalla concorrenza, cioè se è in grado di costruirsi
un vantaggio competitivo di costo.
B) PREMIUM PRICE: differenziare l’offerta rispetto a quella dei competitor, così da giustificare un ricarico
sul prezzo (DIFFERENZIAZIONE CHE GIUSTIFICA IL COSTO MAGGIORE DEL PRODOTTO).

Tipologia delle strategie competitive:


i. Leadership di costo: il vantaggio è ricercato nello sfruttamento di costi minori (>concorrenza basata sul
prezzo), ciò significa lavorare sulla creazione di un’ offerta essenziale di prodotto e servizi con il minimo
costo (> standardizzazione). *però senza trascurare la qualità perché se il prodotto in è percepito come
paragonabile a quelli dei concorrenti, potrebbe non produrre alcun vantaggio. Inoltre deve essere la
prerogativa DEL PARTICOLARE produttore, cioè deve esserci UN leader di costo per settore.
ii. Differenziazione del prodotto: il vantaggio è ricercato nella capacità di conferire al prodotto
caratteristiche di unicità, reali o percepite (> concorrenza basata sul prodotto e la marca), ciò significa
22

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
lavorare sulla creazione di un’offerta di prodotti differenziati e innovativi. *però senza trascurare i costi:
bisogna lavorare molto sull’efficienza, altrimenti il prezzo maggiore potrebbe non essere sufficiente a
coprire costi maggiori di sviluppo del prodotto.
iii. Leadership di servizio: il vantaggio è ricercato nella completezza dell’offerta in termini di servizi al
cliente (> concorrenza basata sulla completezza dell’offerta prodotto+servizi), ciò significa lavorare sulla
creazione di un’offerta ricca in termini di servizi al cliente.
In ragione dell’evoluzione della competizione, delle tecnologie e delle opportunità di marketing, si sta
affermando questa nuova strategia perché nei sistemi di offerta, cioè nelle “value propositions”
sviluppate dalle imprese diventa sempre più importante la componente intangibile, cioè i “servizi
connessi” al prodotto.
Esempio. Amazon Prime è il servizio che si distingue dagli altri per puntualità, velocità, tempestività,
affidabilità, e questo contribuisce al successo dell’impresa (servizio logistico inteso come leva per il
successo competitivo).
Si può leggere nei termini di una particolare declinazione della strategia di differenziazione.
Si lega al concetto di proposizione di valore: più qualità e più servizio attraggono non solo i clienti del
lusso, ma anche quelli attenti alla proposizione aziendale di un valore allargato: si acquista un prodotto,
ma si compra contemporaneamente la sua immagine, il modo di presentazione al pubblico, la garanzia di
qualità, l’efficienza dell’assistenza.
iv. Specializzazione di mercato – focalizzazione: si ricerca l’uno o l’altro vantaggio -supra- puntando su
specifici segmenti di mercato (> concorrenza basata sulla focalizzazione di mercato), ciò significa
lavorare alla creazione di un’offerta confezionata su nicchie di mercato.
Esempio. Nel mercato del trasporto aereo, un segmento specifico di particolare rilevanza nel contesto
italiano è la tratta Roma-Milano.
STRATEGIA CONTENUTI FINALITÀ
LEADERSHIP DI COSTO Offerta essenziale di prodotto e Concorrenza basata sul prezzo
definizione con il minimo costo
LEADERSHIP DI SERVIZIO Offerta ricca in termini di servizi Concorrenza basata sulla
al cliente completezza dell’offerta in
termini di servizi
DIFFERENZIAZIONE DEL Offerta di prodotti differenziati e Concorrenza basata sul prodotto
PRODOTTO innovativi e la marca
SPECIALIZZAZIONE DI Offerta confezionata su nicchie di Concorrenza basata sulla
MERCATO mercato focalizzazione di mercato.
Conseguenza di tutto ciò è che, in funzione delle strategie competitive prescelte, si formeranno gruppi di
concorrenti, che si isoleranno tra di loro pur operando all’interno dello stesso mercato.
Questo concetto di raggruppamento strategico, come insieme di imprese che perseguono strategie simili e
che quindi sono in diretta concorrenza, comporta la possibilità di svolgere un’azione attiva sulla struttura del
mercato.
La differenziazione: concetto alla base delle teorie di mercato dagli anni “30”. Il concetto ha assunto un
ruolo centrale perché con la sua affermazione è caduto uno dei presupposti essenziali della concorrenza
perfetta (ovvero la condizione dell’omogeneità dei prodotti offerti dall’azienda sul mercato senza specificità
per persone, Stati, ecc.).
La differenziazione è generata dalla possibilità di conferire al prodotto caratteristiche e qualità tali da
renderlo “differente” e preferibile rispetto ai prodotti della concorrenza anche in segmenti meno ampi di
mercato -focalizzazione-.
Può essere conseguita modificando le caratteristiche fisiche, tecniche, estetiche o semplicemente
psicologiche (es. immagine della marca) associate al prodotto, ciò conduce al concetto di sub-mercato:
l’esistenza di prodotti differenziati comporta il frazionamento del mercato in tanti sub-mercati ciascuno dei
quali è, entro certi limiti, separato dagli altri (il concetto di sub-mercato è caratterizzato dall’esistenza di una
domanda che si rivolgerà preferibilmente all’offerta di alcune imprese), in questo senso si può parlare quasi
di “posizione di rendita monopolistica”.
Tale posizione è in ogni caso relativa perché:
1. I vantaggi connessi potranno essere controbilanciati da altri strumenti concorrenziali (es. prezzo);
2. I migliori requisiti di qualità o prestazioni del prodotto potranno essere annullati mediante la loro
imitazione da parte dei concorrenti.

23

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
ANALISI DELLE RISORSE DISPONIBILI
Il concetto di vantaggio competitivo si rapporta alle opportunità di creare delle barriere all’entrata (che
dipendono dalle condizioni soggettive dell’impresa) nei confronti della concorrenza, in modo da acquisire
una rendita imprenditoriale di tipo monopolistico.
Nella prospettiva della Resource Based Theory, il centro dell’analisi competitiva sono le specificità di
ciascuna impresa in termini di risorse, capacità e competenze anziché l’analisi della struttura del settore.
Sono le risorse specifiche di cui l’impresa è dotata che possono consentire di annullare o attenuare la forza
delle barriere.
Per risorse aziendali si possono intendere tutte le attività, capacità, competenze, processi organizzativi,
caratteristiche aziendali, informazioni, conoscenze, ecc. che cono controllate dall’azienda e che le
permettono di formulare e implementare strategie che ne migliorano l’efficacia e l’efficienza (Barney).

 La forza di un’impresa sarà tanto maggiore tanto più potrà mettere in campo delle “competenze
distintive” ossia attributi e condizioni non in possesso di altre imprese concorrenti.
VRIO analysis: approccio introdotto negli anni ’90, serve a valutare le risorse di un’impresa e così a
stabilire se l’azienda ha le risorse appropriate per la costruzione di un vantaggio competitivo.
VRIO è un acronimo, sta per VALORE RARE INIMITABILI ORGANIZZATE, cioè le caratteristiche che le risorse
devono avere per poter costituire un vantaggio competitivo.
- Valore: le risorse devono consentire di conseguire un vantaggio sul mercato, in caso contrario si parte da
una posizione di svantaggio competitivo (l’impresa è al di sotto della media in quel settore); se sono di
valore ma a disposizione di tutti i player sul mercato l’impresa si trova in una posizione di parità
competitiva (può conseguire una redditività nella media).
- Rare: se le risorse sono di valore, ma scarse (rare) il vantaggio è temporaneo, la redditività è al di sopra
della media, ma se non sono adeguatamente tutelate, vengono imitate e la redditività rientra nella media.
- Inimitabili: per quanto detto è necessario tutelare le proprie risorse grazie a brevetti e contratti.
- Organizzazione: le risorse devono essere adeguatamente sfruttate per garantire vantaggio durevole nel
tempo e redditività al di sopra della media durevole nel tempo.
Sono fondamentali 2 meccanismi:
- Di tutela
- Di sfruttamento di risorse di valore rare e difficili da imitare.
Se le risorse sono di valore,
rare, inimitabili e ben
organizzate, si può
individuare una vera e
propria situazione di
rendita imprenditoriale
definita come una posizione
di vantaggio differenziale,
difficilmente aggredibile
perché la condizione di superiorità deriva all’impresa dal possesso di risorse, capacità, competenze e
conoscenze superiori esclusive (cioè non disponibili per altre imprese.
Sviluppando questo tipo di analisi l’impresa sarà in grado di pervenire efficacemente alla formulazione della
propria strategia competitiva, che si distinguerà per obiettivi, linee generali, politiche assunte e che realizza
una sintesi dei rapporti tra impresa, clientela e concorrenza.
Le condizioni di persistente vantaggio competitivo poggiano fondamentalmente sull’innovazione che è il
portato della conoscenza, ovvero dell’arricchimento del capitale umano che assume quindi il ruolo
determinante nel contesto competitivo. Il processo di creazione e diffusione della conoscenza è anche
supportato dal capitale strutturale: il capitale umano è all’origine del processo, ma opera in modo più
proficuo quando poi la struttura consente l’accumulo e la formalizzazione della conoscenza.
In sostanza, ogni impresa dispone di un diverso capitale umano, strutturale, sociale e finanziario e consenso
sociale (pentagono del successo aziendale) che determina e condiziona la sua posizione competitiva.
Per mantenere il successo il capitale necessita di operazioni do “manutenzione ordinaria e straordinaria”
volte a preservare e ad arricchire il capitale posseduto.

24

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Il principale obiettivo della governance deve essere quello di gestire in modo completo e coordinato queste
varie forme di capitale aziendale, tra le quali tuttavia occorre stabilire dei pesi in rapporto alle esigenze
dell’impresa e alle effettive possibilità d’intervento.
 Per tenere conto e valutare il peso di questi fattori competitivi l’analisi fondamentale è
ricorrentemente basata sul cosiddetto modello SWOT
SWOT analysis: è un acronimo che sta per STRENGHTS, WEAKNESSES, OPPORTUNITIES, THREATS, mette in
relazione i fattori di origine interna ed esterna, cioè le risorse dell’impresa, con le dinamiche di mercato e
ambientali.
In una logica anticipativa bisogna capire come si svilupperà il mercato, cioè quali opportunità emergeranno
per poter valorizzare al meglio i punti di forza e per poter tutelare l’impresa rispetto a potenziali minacce
(intervenendo a rafforzare l’impresa dove si presentino punti di debolezza).
L’analisi SWOT è importante per preparare l’impresa rispetto all’evoluzione del mercato e dell’ambiente di
riferimento, cioè è importante per elaborare le strategie.

Operativamente lo svolgimento dell’analisi richiede:


1- Individuazione delle forze/debolezze che
caratterizzano l’azienda;
2- L’analisi ambientale, per individuare minacce e
opportunità;
3- L’analisi
combinata di fattori di origine interna ed esterna per
determinare gli elementi di maggiore criticità;
4- L’individuazione delle più opportune alternativa di
intervento.
In linea con l’impostazione della Resource- Based View, i
fattori di origine “interna” possono essere ricondotti alle
risorse e competenze dell’impresa e possono essere distinti
in:
- Risorse tangibili: risorse fisiche e finanziarie
- Risorse immateriali interne (es. brevetti) e esterne (es.
reputazione)
- Risorse umane
- Competenze aziendali distintive.
L’analisi di tali variabili e la relativa classificazione come punti di forza o debolezza, va condotta
considerando la situazione concorrenziale e i fattori critici di successo per la specifica area di affari.
In questi termini un punto di debolezza è realmente tale se l’impresa presenta una minore dotazione rispetto
ai propri competitors con riferimento a una determinata risorsa/competenza e se tale risorsa è rilevante e
dunque strategica per competere.
La stessa distinzione deve essere fatta per i punti di forza tra “reali” ed “apparenti” (derivanti da una migliore
performance dell’impresa in attività che non sono rilevanti per competere).
In altri termini è importante che, nello svolgimento dell’analisi, il management adotti un approccio
imparziale non solo secondo il proprio punto di vista, ma anche secondo la prospettiva del cliente.
In questa direzione può essere utile classificare le variabili interne alla luce di una matrice Importanza-
Performance.
La performance esprime la capacità dell’impresa con
riferimento a una specifica risorsa.
L’importanza indica quanto il possesso di una specifica
risorsa appare essere rilevante per la generazione di valore
e l’acquisizione di un vantaggio competitivo.
L’intreccio delle due dimensioni (performance e
importanza) fornisce indicazioni sulle priorità.
Per individuare i propri punti di forza e debolezza
l’impresa deve avere piena conoscenza del comportamento
dei consumatori, dei concorrenti (quali sono i competitors?).
25

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
L’identificazione dei concorrenti è un’attività delicata e complessa perché legata alla natura indefinita del
concetto di settore.
I confini di settore sono sempre più confusi e indistinti,
facendo sovrapporre operatori economici che un tempo
sarebbero stati considerati come non concorrenti.
Per individuare opportunità e minacce è necessario svolgere
l’analisi dell’ambiente micro e macro per come si presenta e
per come si prospetta di divenire.
Lo svolgimento delle prime due fasi operative dell’analisi
SWOT richiede un importante momento di riflessione
congiunta all’interno dell’azienda.
L’utilità della SWOT Analysis deriva dal potenziale diagnostico ad essa associato, che dovrebbe indurre il
management a decidere quali azioni strategiche intraprendere allo scopo di:
1. Cogliere opportunità
2. Difendersi da minacce ambientali
3. Valorizzare i punti di forza
4. Evitare di sopperire ai punti di debolezza.
Relazione tra domanda e offerta: non è sufficiente riflettere su domanda e offerta slegate, ma anche sulle
relazioni tra domanda e offerta allo scopo di desume la posizione relativa di forza dei produttori e dei
compratori (o utilizzatori). Il potere di ciascuno dei contraenti è legato al controllo esercitato su quote
consistenti: un grosso acquirente o un grosso produttore è in grado di stabilire determinate condizioni di
mercato, mentre compratori o produttori di minore importanza debbano adeguarsi alle condizioni fissate dai
primi.
Ai fini del funzionamento del mercato non è importante l’equilibrio in termini di risultati fra domanda e
offerta, quanto quello fra potenzialità di produzione e capacità di assorbimento. Ci sono due casi possibili:
1- Domanda superiore all’offerta > MERCATO DEL VENDITORE: il venditore può stabilire le condizioni
di contrattazione dei beni e, senza preoccuparsi della vendibilità, può concentrare i suoi sforzi sulla
gestione tecnico-finanziaria.
2- Offerta superiore alla domanda > MERCATO DEL COMPRATORE: il venditore deve attuare una
gestione in chiave di marketing per fronteggiare in modo adeguato i bisogni ed i gusti dei consumatori.
Questa è la situazione tipica dagli anni ’60 del 1900 dato che il progresso tecnologico e l’evoluzione dei
sistemi di produzione portano a creare risorse potenziali quasi sempre esuberanti rispetto alle capacità di
assorbimento della domanda.

Lezione 9-10, Capitolo 7, Le strategie di sviluppo dimensionale e il rinnovamento strategico


Le scelte strategiche quali sistemi di opzioni: la gestione dell’impresa si sviluppa secondo un continuo
sistema di scelte tra opzioni possibili in ordine all’allocazione di risorse scarse. Le strategie vanno scelte in
base alle risorse specifiche (firm specific) di cui l’impresa è dotata, con lo scopo di sfruttarle al meglio. Sono
le capacità distintive, intese come gli elementi di forza propri di ciascuna impresa, che ne determinano quindi
l’eccellenza e il successo.
Tipologia di percorsi strategici:
1- Percorso di sviluppo dimensionale: sfruttamento di occasioni favorevoli di business
2- Percorso di rafforzamento delle posizioni occupate : salvaguardia degli equilibri gestionali
3- Percorso di risanamento gestionale: uscita dalla crisi aziendale
Fattori di crescita dell’impresa: consentono di supportare il percorso strategico. Si dividono in:
A) Risorse materiali ed immateriali: fabbricati, impianti, ecc, immagine, reputazione, cultura gestionale,
ecc. Sostengono lo sviluppo.
B) Competenze (risorse combinate): attitudini a svolgere determinate funzioni (es. innovazioni di prodotto).
È un concetto statico, ma l’impresa si trova in un contesto dinamico, per cui deve sviluppare la capacità
di risposta e di adattamento, ovvero la flessibilità strategico-organizzativa.
C) Dynamic capabilities (capacità): competenze in senso dinamico, cioè abilità a creare nuove combinazioni
dei fattori di produzione (generando innovazione).
Differenza tra sviluppo e crescita: per “sviluppo” si intende il “movimento verso il meglio”, cioè il
processo qualitativo di evoluzione dei rapporti tra impresa e ambiente, che può determinare o meno un
ampliamento della struttura organizzativa; per “crescita” si intende l’aumento della dimensione aziendale

26

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
con mutamento dell’assetto organizzativo, dello stile di direzione e degli stessi comportamenti
imprenditoriali.
L’aspirazione allo sviluppo dimensionale è un fenomeno generalizzato, anche se non generale.
Noi analizziamo il modello secondo cui lo sviluppo porta alla crescita.
CRESCITA: Le cause dello sviluppo dimensionale (crescita): si distinguono in cause interne e cause
esterne.
1- Cause interne: risorse aziendali parzialmente sfruttate (cioè non sfruttate al meglio), ma che possono
essere messe a frutto in modo migliore grazie a:
2- Cause esterne: cioè occasioni favorevoli di business.
Gli effetti positivi dello sviluppo dimensionale: (ovvero gli effetti positivi della crescita) se il processo
stesso di crescita è correttamente concepito ed efficacemente attuato, sono riassumibili in:
1- Permette di acquisire un maggiore peso nel mercato sfruttando l’incremento della domanda globale e
sottraendo affari alla concorrenza > maggiore forza competitiva;
2- Rende possibile sfruttare la curva di apprendimento e le economie di scala, che si collegano non solo al
momento tecnico-produttivo ma anche alla fase distributiva, al campo finanziario, alla ricerca, ecc..
3- Conferisce all’impresa un più ampio potere nei riguardi delle varie componenti dell’ambiente
(stakeholder);
4- Contribuisce ad aumentare potere e prestigio di chi governa l’impresa.
Vantaggi e svantaggi dello sviluppo dimensionale:
Vantaggi dello sviluppo dimensionale:
1- Aumento dei ricavi a seguito dei maggiori volumi e dei prezzi più favorevoli
2- Riduzione dei costi a seguito delle economie di scala e di apprendimento.
Svantaggi dello sviluppo dimensionale:
1- Diseconomie di scala perché, l’organizzazione, al crescere delle dimensioni dell’impresa, diventa sempre
più complessa;
2- Rigidità organizzativa
3- Perdita di controllo
4- Visibilità di mercato
I limiti dello sviluppo dimensionale: si distinguono in limiti interni e limiti esterni.
Limiti interni dello sviluppo dimensionale:
1- Risorse manageriali
2- Struttura organizzativa
3- Capacità finanziaria
Limiti esterni allo sviluppo dimensionale:
1- Sviluppo domanda
2- Pressione concorrenza
SVILUPPO: Le alternative di fondo: come si determina il percorso di sviluppo? Le direttrici dello
sviluppo riguardano:
1. Ampiezza obiettivi
2. Modifiche del grado di rischio
3. Tipologia delle risorse disponibili
4. Opportunità di crescita sfruttabili
Riunendo i concetti appena illustrati possiamo individuate 2 strategie per lo sviluppo:
A) CONCENTRAZIONE: espansione nei business esistenti
B) DIVERSIFICAZIONE: espansione in nuovi ambiti di attività
Concentrazione (espansione nei business esistenti): si può verificare secondo due direttrici (mutamenti
nell’ampiezza prodotto-mercato e nell’estensione geografica; integrazione verticale -espansione lungo la
filiera-).
A) MUTAMENTI NELL’AMPIEZZA PRODOTTO-MERCATO E NELL’ESTENSIONE GEOGRAFICA:
 Prodotti e mercati esistenti (espansione geografica nazionale e internazionale; penetrazione nel
mercato)
 Prodotti esistenti in nuovi mercati (incrementi di usi e applicazioni)
 Nuovi prodotti in mercati esistenti (ampliamento linee di prodotti)
B) INTEGRAZIONE VERTICALE (ESPANSIONE LUNGO LA FILIERA):
 A valle: avvicinamento ai clienti
 A monte: avvicinamento ai fornitori
27

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Diversificazione in nuovi business: si può verificare secondo due direttrici (diversificazione correlata;
diversificazione NON correlata -conglomerazione-).
A) CORRELATA: legata al business in cui opera l’impresa, dipende da vari fattori:
 Tecnologia di prodotto
 Tecnologia di processo
 Approvvigionamento
 Materie prime
 Materiali fabbricati o lavorati
 Componenti fabbricati
 Prodotti assemblati
 Distribuzione
 Marketing e vendite
 Servizi
A) NON CORRELATA (CONGLOMERAZIONE): espansione in business completamente nuovi.
CRESCITA: Le strategie di sviluppo dimensionale: a seconda dello sviluppo che si s’intende perseguire
vi sono differenti strategie.
- Sviluppo monosettoriale:
 Integrazione orizzontale (nello stesso mercato)
 Integrazione verticale (ascendente -a monte- o discendente -a valle-)
- Sviluppo polisettoriale
 Diversificazione laterale (correlata)
 Diversificazione conglomerale (non correlata)
- Sviluppo internazionale:
 Sviluppo internazionale del mercato
 Sviluppo multinazionale della gestione
Integrazione orizzontale:
 Obiettivo: aumento della quota di mercato, cioè 1- completamento della gamma di prodotti; 2-
ampliamento del numero di segmenti di mercato; 3- allargamento dell’area geografica di vendita
 Tempi: relativamente brevi
 Modalità di attuazione: interne e/o esterne (fusioni e/o acquisizioni)
 Vantaggi: economie di costo (di scala e di espansione)
Integrazione verticale o espansione lungo la filiera: l’espansione riguarda uno stadio di attività diverso,
ma adiacente a quello già presidiato dall’impresa, cioè adiacente al mercato di riferimento dell’attività
dell’impresa. L’impresa può espandersi “a monte” dello stadio occupato (integrazione verticale ascendente) e
così presidiare attività tipicamente svolte dalle imprese fornitrici -cioè i mercati di approvvigionamento dei
fattori produttivi- o “a valle” (integrazione discendente) e così presidiare l’attività delle imprese clienti -cioè
il mercato di sbocco dei prodotti dell’impresa-.
 Obiettivi:
1. Ampliamento della gamma di produzioni intermedie comprese nello stesso ciclo tecnico-
economico (filiera produttiva).
 Subobiettivi: 1- aumento del valore aggiunto (il valore aggiunto si calcola sottraendo dal valore
del prodotto finito -ricavo- tuti i costi di acquisizione di beni e servizi da terze economie); 2-
aumento del controllo sui costi di produzione; 3- minori rischi grazie alla continuità dei processi
di approvvigionamento -integrazione a monte- e al controllo dei mercati di sbocco -integrazione
a valle-
2. Possibile aumento del profitto.
 Modalità di attuazione: più spesso esterne (acquisizioni)
 Vantaggi:
o Riduzione dei costi di transizione
o Maggiore forza contrattuale
o Innalzamento di barriere all’entrata
 Svantaggi: innalzamento di barriere all’uscita perché gli investimenti sono specifici ed elevati.
Se l’impresa decide di presidiare attività a valle, decide di appropriarsi di buona parte del valore che veniva
preso dalle imprese distributrici: nel settore della moda si assiste spesso alla decisione di entrare
massicciamente nella distribuzione dei propri prodotti (es. Armani e Versace).

28

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Nel tentativo di spiegare i fattori che inducono l’impresa a orientarsi verso l’internalizzazione (make) o
l’esternalizzazione (buy) di determinate attività, la dottrina economica ha sviluppato la teoria dei costi di
transazione. Il costo del bene scambiato è uguale non soltanto al prezzo pagato per il suo acquisto, ma anche
allo sforzo sostenuto dall’acquirente e dallo stesso venditore per ricercare le informazioni utili a perfezionare
la contrattazione. I costi di transizione comprendono, quindi, tutti i costi necessari per progettare, negoziare e
tutelare un accordo di scambio. Rappresentano, dunque, i costi d’uso del mercato. In questo senso la teoria
dei costi di transizione può essere intesa come utile a definire il confine di “efficienza”, ovvero cosa
conviene svolgere all’interno dell’impresa? Cosa conviene affidare al mercato?
La definizione del “confine efficiente” dell’organizzazione, ossia delle attività da svolgere all’interno per
ottenere il massimo livello di efficienza operativa, dipende da due tipologie di valutazioni:
1- ECONOMICITÀ: si ottiene comparando i costi d’uso del mercato con quelli da sostenere all’interno
dell’organizzazione di impresa (e svolgendo all’interno le attività che sarebbero più costose se delegate
all’esterno).
2- RISCHIOSITÀ DELLA TRANSAZIONE: il controllo delle condizioni d’acquisizione di beni o servizi è
maggiore nell’ipotesi di produzione interna rispetto a quelle di un rapporto contrattuale di scambio.
Sulla base di questo duplice aspetto si è ipotizzato che il ricorso al mercato divenga meno conveniente al
crescere della complessità della transazione sulla quale influiscono, è sempre necessario verificare:
ricorrenza (frequenza), incertezza, specificità degli atti d’acquisizione da compiere all’esterno.
Diversificazione: con questa strategia l’azienda si espande in mercati nuovi, compresi in settori o comparti
produttivi differenti da quelli in cui già opera. La diversificazione si definisce:
 laterale, se sussiste un collegamento, in termini tecnologici oppure di marketing, tra produzioni vecchie e
nuove;
 conglomerale nel caso in cui non sussista alcun tipo di legame tra attività preesistenti e nuove.
È spesso attuata per l’impossibilità di espandersi soddisfacentemente in un settore ormai ritenuto saturo.
 Vantaggi:
o Stabilizzazione dei redditi
o Riduzione del rischio globale di gestione
 Modalità di attuazione: più probabilmente interna per la diversificazione laterale, esterna per la
conglomerale.
Sviluppo internazionale: può significare diverse forme di organizzazione-gestione e/o diversi mercati e
altre risposte che possono variare a seconda dei casi. Possiamo identificare diversi stadi di sviluppo:
1. Esportazione, cioè vendita sistemica dei prodotti all’estero
2. Produzione indiretta, cioè concessione di licenze di fabbricazione a produttori esteri
3. Vendita diretta, cioè creazioni di reti di vendita all’estero
4. Produzione e vendita diretta, cioè allestimento di impianti di produzione all’estero
5. Gestione integrata, cioè fondazione di una società all’estero
6. Organizzazione multinazionale, cioè coordinamento della gestione sul piano multinazionale
Alleanze strategiche tra imprese: un’altra forma per attivare il percorso di sviluppo sono le alleanze
strategiche tra imprese. Tipologie di intesa:
- Non contrattuale, es. rete o network interaziendale (distretti)
- Contrattuale, es. consorzio
- Societaria, es. joint venture
Caratteristiche delle strategie di sviluppo dimensionale:
STRATEGIA DI OBIETTIVO RISORSA CHIAVE MODALITÀ TEMPO DI EFFETTI TIPICI
SVILUPPO SPECIFICO PER SVILUPPO PREVALENTE DI ATTUAZIONE SUL RISCHIO
ATTUAZIONE D’IMPRESA
SVILUPPO Aumento della quota Marketing Sviluppo interno Breve Non rilevanti sotto il
ORIZZONTALE di mercato profilo strutturale

SVILUPPO Aumento del valore Finanza Sviluppo esterno Medio Riduzione rischi di
VERTICALE aggiunto approvvigionamento
o di vendita
DIVERSIFICAZION Aumento del valore Management e Rilevamenti Medio-lungo Diversificazione
E PRODUTTIVA degli affari finanza aziendali e accordi merceologica del
strategici rischio
ESPANSIONE Allargamento Tecnologie e Rilevamenti Medio-lungo Diversificazione
INTERNAZIONALE dell’area di mercato management aziendali geografica del rischio

29

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Parte terza: LE FUNZIONI DI DIREZIONE AZIENDALE
- L’organizzazione dell’impresa: modelli e problemi di progettazione
- Il processo di programmazione della gestione
- Il sistema di controllo direzionale
- La funzione di conduzione del personale: motivazione, stile di direzione e leadership
- Il sistema informativo e i processi di gestione della conoscenza

Lezione 11, Capitolo 8, L’organizzazione dell’impresa: modelli e problemi di progettazione


Il processo (o ciclo) di direzione: ogni attività va :
 PROGRAMMATA, stabilendo in anticipo gli obiettivi da raggiungere, le decisioni e le modalità di
svolgimento da a rispettare nonché le risorse da impiegare;
 ORGANIZZATA, individuando chi e con quali responsabilità dovrà curarne la realizzazione;
 GUIDATA, fornendo le direttive e motivando gli organi operativi;
 CONTROLLATA, valutando i risultati raggiunti rispetto a quelli programmati.
Dunque il ciclo di gestione si compone di quattro fasi:
1. PROGRAMMAZIONE (atti di decisione)
2. ORGANIZZAZIONE (atti di disposizione)
3. CONDUZIONE (atti di guida)
4. CONTROLLO (atti di valutazione)
Il ciclo informativo sottostante il processo di direzione: il controllo conclude il processo e avvia un nuovo
ciclo di direzione, poiché i dati con esso rilevati, integrati con quelli provenienti dall’esterno, concorrono a
produrre informazioni necessarie per alimentare la programmazione, infatti alla base del ciclo di direzione
c’è un ciclo informativo:
 Informazioni sull’ambiente
 Direttive per l’esecuzione
 Risultati dell’esecuzione
 Dati interni di controllo
anche la conduzione comporta il trasferimento di informazioni da chi dirige a chi esegue e chi esegue, a sua
volta, deve trasmettere i risultati della propria attività agli organi di controllo.
I contenuti della funzione organizzativa: organizzare significa ordinare un sistema di parti interdipendenti
e correlate, ciascuna avente una specifica funzione rispetto al complesso.
In senso aziendale, le parti sono gli organi dell’impresa e l’organizzazione si rivolge in primo luogo a
disciplinare i compiti, i poteri e le responsabilità che ciascuno di questi dovrà assumere nel corso della
gestione.
La funzione organizzativa si pone lo scopo di definire :
1. Centri decisionali di controllo ed esecutivi da istituire nell’impresa
2. Autorità e responsabilità da attribuire a ciascuno di essi
3. Relazioni formali da attivare fra i vari centri
4. Procedure di decisione, di informazione e di esecuzione, necessarie per l’ordinata attuazione della
gestione.
La finalità della funzione organizzativa: è quella di ottenere condizioni di massima efficienza operativa
(produttività) mediante la suddivisione e la specializzazione delle attività e l’opportuna loro coordinazione in
un sistema integrato di obiettivi, poteri e responsabilità guidate dal principio sotteso di coerenza.
Gli aspetti della funzione organizzativa:
1- STRUTTURALE (statico): organizzazione dell’ordinamento di compiti e responsabilità
2- COMPORTAMENTALE: (dinamico): organizzazione dei rapporti interpersonali di collaborazione e di
conflitto, interessa anche la dimensione politica -dinamiche di potere, sociali e psicologiche).
Le scelte organizzative: per organizzare una nuova impresa, al fine di trovare il giusto bilanciamento tra
potenzialità del servizio, elasticità di prestazione ed economicità del funzionamento, gli elementi
fondamentali di riferimento sono:
1. Natura e modalità di realizzazione dell’attività aziendale (framework strategico)
2. Investimento organizzativo
30

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
3. Risorse umane disponibili nel mercato e acquisibili in base all’investimento programmato.
Obiettivi nella progettazione dell’organizzazione:
- Sfruttamento delle capacità di servizio, cioè adeguato e corretto utilizzo delle risorse a disposizione
dell’impresa (potenzialità del servizio)
- Sostenibilità e incidenza dei costi fissi (elasticità strutturale)
- Rendimento degli investimenti organizzativi, cioè la creazione di una adeguata produttività e redditività
(economicità di funzionamento).
I modelli di struttura organizzativa: possiamo distinguere i differenti modelli di struttura organizzativa per
le diverse dimensioni dell’impresa:
- STRUTTURA SEMPLICE (piccole medie-imprese):
 Accentramento al vertice del governo aziendale
 Divisione responsabilità operative per funzioni
 Ridotta formalizzazione (struttura non codificata)
- STRUTTURE FORMALI: prevedono la suddivisione pianificata dei compiti attribuiti a ciascun
responsabile:
 STRUTTURA FUNZIONALE (imprese mono-business): suddivisione per funzioni, ossia gruppi
di compiti o mansioni complementari e interdipendenti rispetto a un fine;
 STRUTTURA DIVISIONALE (imprese multi-business): suddivisione per segmenti di gestione
(famiglie di prodotti, aree geografiche, ecc) meritevoli di una gestione specializzata.
Modello funzionale: è il modello tipico dell’impresa italiana, si articola in un insieme di compiti e mansioni
complementari e interdipendenti rispetto a un fine (funzioni).

Le funzioni organiche che assicurano l’operatività del sistema si caratterizzano in base a quattro criteri:
1. Universalità, cioè presenza in tutti i sistemi dello stesso tipo, nel senso che sono attività fondamentali
della gestione -produzione e marketing- senza le quali non si potrebbero raggiungere le finalità
d’impresa;
2. Essenzialità rispetto al conseguimento delle finalità primarie del sistema;
3. Possibilità di suddivisone o articolazione in linee gerarchiche;
4. Impossibilità di aggregazione con altre funzioni -aree omogenee-
Il modello funzionale, per la sua semplicità, è il più diffuso nelle aziende poco diversificate per tecnologie,
prodotti e mercati. Esso si adatta bene a situazioni di gestione abbastanza stabili sotto il profilo strategico ed
operativo, cioè in tutti i casi in cui la prevalente ripetitività delle procedure gestionali rappresenta l’elemento
caratterizzante della gestione stessa.
Modello divisionale: comporta il frazionamento dell’azienda in più parti, ciascuna delle quali potrebbe
rappresentare un’impresa a se stante e costituire un centro di profitto.

È un modello che consente precise valutazioni di rendimento.


Si concentra maggiormente sui risultati anziché sui compiti (cioè sul profitto).

31

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Un esempio di impresa che ha attuato questo modello è la “Nestlé” con diverse tipologie di prodotti declinate
in diversi mercati.
Di solito prevede la centralizzazione di alcune funzioni secondo una logica di maggiore efficienza
complessiva: il criterio generale è quello di decentrare le funzioni che possono ritrarre i maggiori benefici

dalla specializzazione e di accentrare quelle che richiedono un più elevato coordinamento sul piano aziendale
(come la finanza) o che consentono maggiori economie di scala o di interrelazione (come gli
approvvigionamenti e la ricerca e sviluppo).

Confronto tra il modello funzionale e il modello divisionale:


VANTAGGI SVANTAGGI
MODELLO FUNZIONALE 1. Esalta la specializzazione delle singole 1. Minore coordinamento tra le diverse
aree operative; aree di responsabilità;
2. Consente di avvicinare competenze dei 2. Minore spinta all’innovazione;
responsabili al tipo di compiti da 3. Poco adatto per aziende più dinamiche.
svolgere;
3. Adatto in situazioni di gestione
abbastanza stabili in termini strategici ed
operativi.
MODELLO DIVISIONALE 1. Attenzione ai risultati; 1. Stimola situazioni di conflitto e
2. Stimola il “senso imprenditoriale” competizione tra le risorse;
dell’alta dirigenza; 2. Genera più elevati costi direzionali;
3. Adatto ad aziende diversificate ed in 3. Esige maggiore attenzione al rapporto
situazioni di gestione dinamiche in senso autonomia/coordinamento tra la
strategico. direzione generale e le divisioni.

Organizzazione per processi: organizzare per processi significa adottare strutture molto più elastiche
finalizzate a operare su obiettivi globali.
Lo scopo è ottimizzare la gestione di compiti interrelati, superando le barriere funzionali, così da velocizzare
i comportamenti gestionali in un ambiente in rapido mutamento.
La logica alla base dell’organizzazione per processi è la richiesta del cliente (cioè del mercato): è necessario
attivare all’interno dell’organizzazione tutte quelle attività funzionali alla soddisfazione di un bisogno
emerso sul mercato, quindi si parte dal cliente (bisogno) e si arriva al cliente (delivery del prodotto richiesto)
grazie al processo produttivo.
Segue una prospettiva trasversale che interessa tutta l’organizzazione: il processo produttivo richiede il
lavoro congiunto di tutte le attività che consentono di soddisfare un bisogno emerso nel mercato.
Esempio. Processo di sviluppo di un nuovo prodotto.
1 MARKETING > 2 RICERCA&SVILUPPO > 3 PRODUZIONE/ACQUISIZIONE
1) Analisi dei bisogni e ricerche
2) Progettazione preliminare, ingegnerizzazione del prodotto
3) Ingegnerizzazione del processo e produzione pilota
I tre ambiti svolgono un lavoro congiunto: è evidente come si aggregano diverse attività che all’interno di
una realtà funzionale sarebbero pertinenza di differenti funzioni. L’obiettivo è garantire il delivery del nuovo
prodotto per soddisfare le richieste.
Organizzazione a rete: o logica del network, si basa sull’instaurazione di relazioni molto strette tra più parti
dell’impresa e tra quest’ultima, i fornitori e i clienti, al fine di conferire velocità, flessibilità ed efficienza
all’operatività aziendale.
[schema]
Organizzazione per progetto: rappresenta un’ulteriore articolazione della struttura funzionale, in quanto è
all’interno di questa che vengono costituiti dei gruppi di lavoro incaricati di elaborare e porre un attuazione
determinati progetti.
Organizzazione per matrice: rappresenta l’istituzionalizzazione di quella per progetto, in quanto la struttura
aziendale assume un carattere reticolare con un intreccio di competenze funzionali e divisionali per progetto.
[schema]

32

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
È evidente l’interconnessione tra campi di responsabilità orizzontali e campi di specializzazione verticali.
Ogni responsabile si troverà alle dipendenze del direttore di linea e del direttore di prodotto.

Ampiezza del controllo direttivo:


Condizioni che LIMITANO l’ampiezza del Condizioni che ESTENDONO l’ampiezza
controllo direttivo del controllo direttivo
Formazione minima o inesistente del Formazione completa dei subordinati
personale
Delega di autorità non chiara o inadeguata Delega chiara per lo svolgimento di compiti
ben definiti
Procedure poco definite relative ad attività Procedure ben definite relative ad attività
non ripetitive ripetitive
Obiettivi e standard non verificabili Obiettivi verificabili utilizzati come standard
Repentini cambiamenti nelle condizioni di Lenti cambiamenti nelle condizioni di
contesto interno ed esterno contesto interno ed esterno
Utilizzo di tecniche di comunicazione poco Utilizzo di tecniche appropriate di
efficaci e con istruzioni vaghe comunicazione
Interazione carente tra superiori e subordinati Interazione efficace tra superiori e subordinati
Riunioni di lavoro non produttive Riunioni di lavoro produttive
Elevato numero di responsabilità speciali ai Elevato numero di responsabilità speciali ai
livelli medio-bassi dell’organizzazione livelli alti dell’organizzazione
Dirigenti poco competenti e mal addestrati Dirigenti competenti e ben addestrati
Compiti complessi da eseguire Compiti semplici da eseguire
Riluttanza dei subordinati ad assumersi Propensione dei subordinati ad assumersi
responsabilità e rischi conformi al ruolo responsabilità e rischi conformi al ruolo
rivestito rivestito
Subordinati non ancora formati Subordinati maturi
Procedure o routine organizzative: la funzione organizzativa non deve solo programmare la struttura, ma il
funzionamento del sistema impresa richiede anche, affinché la struttura funzioni, la definizione di procedure
e routine organizzative:
 Procedure operative: disciplinano lo svolgimento di attività ripetitive ai livelli operativi;
 Procedure di controllo: dirette a seguire gli andamenti di gestione;
 Procedure di informazione: alimentano i flussi di conoscenza ricorrenti all’interno dell’organizzazione;
 Procedure decisionali: definiscono gli interventi e i ruoli rivestiti nell’assunzione delle decisioni.

Sintesi delle fasi del processo organizzativo:


FASI DEL PROCESSO OBIETTIVO
SPECIALIZZAZIONE DEI COMPITI Definizione quali-quantitativa dell’organico
DELEGA DEI POTERI DECISIONALI Decentramento (livelli e gerarchia)
SCELTA MACRO-STRUTTURA Potenzialità organizzativa
COMPOSIZIONE UNITÀ Dipartimentalizzazione
ORGANIZZATIVA
DEFINIZIONE COLLEGAMENTI TRA Coordinamento operativo
ORGANI

Lezione 12, Capitole 9, Il processo di programmazione della gestione


Distinzione tra previsione e programmazione: per previsione si intende il tentativo di anticipare i futuri
andamenti di alcune variabili e fenomeni che sono di interesse per l’impresa, così da trarre informazioni utili
per orientare i comportamenti e le scelte aziendali, la previsione è necessaria per la programmazione, cioè la
predeterminazione di decisioni o azioni future.
Vincoli per lo sviluppo dell’impresa: sono importanti per la programmazione (devono essere tenuti
presente nell’elaborazione dei piani: con adeguati interventi -politiche per lo sviluppo- si cerca di superare
questi vincoli almeno parzialmente, almeno nell’abito di influenza dell’impresa) si distinguono in vincoli
interni e e vincoli esterni.
 Vincoli interni:
o Potenzialità produttiva
o Potenzialità organizzativa
o Potenzialità finanziaria
o Potenzialità economico-strutturale
 Vincoli esterni:
33

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
o Crescita della domanda
o Pressione della concorrenza
o Progresso tecnologico
o Regolamentazione pubblica
Possibili interventi nei quattro ambiti sono rispettivamente: 1-2. Mettere in atto adeguate azioni di marketing
per attrarre i consumatori e far fronte alla concorrenza > portare a proprio vantaggio le condizioni di
mercato; 3. Investire in ricerca e sviluppo; 4. Lobbying.
Programmazione: dal greco: pro-gramma, cioè “scritto prima”, è il processo di predeterminazione degli
obiettivi, delle politiche e delle attività da compiere entro un determinato periodo di tempo.
A seconda del periodo di tempo la programmazione si distingue in “programmazione strategica” e
“programmazione di esercizio” esplicitate rispettivamente nel “piano strategico” e nel “piano operativo”.
Il sistema dei piani:
- PIANO STRATEGICO: pensato nel medio-lungo termine (3-5 anni) si compone di:
o Piano di sviluppo
o Piano di investimenti
o Piano organizzativo
 Deve essere articolato in piani di breve termine (piano operativo annuale) secondo il principio di
coerenza, cioè scomposto in segmenti annuali per l’effettiva attuazione del piano strategico;
 Deve essere continuamente aggiornato mediante la TECNICA DELLO SCORRIMENTO (> visione e
interpretazione dinamica del piano), cioè al termine di ogni esercizio bisogna aggiungere un ulteriore
anno e procedere alla definizione nel dettaglio del programma per l’esercizio appena successivo.
Esempio. Un piano strategico costruito sul triennio 2020-2022. Il 2020 è il primo anno del piano
strategico dunque verrà costruito un piano operativo per il 2020 con maggiore grado di dettaglio rispetto
agli altri due anni affinché l’attività venga svolta al meglio. Al termine del 2020 verrà costruito il piano
strategico per il triennio 2021-2023 e il piano operativo per il 2021.
 Programmazione strategica (a lungo termine): adatta l’attività corrente ai vincoli interni ed esterni
alla gestione aziendale.
Fasi del processo di programmazione a lungo termine:
1. Obiettivi da raggiungere
2. Politiche da adottare
3. Valutazione dei vincoli e delle risorse
4. Attività da svolgere

- PIANO OPERATIVO: pensato per il breve termine (1 anno) si compone di piani FUNZIONALI riguardo:
o Produzione
o Vendita
o Ambito finanziario
o Ricerca e sviluppo
 Programmazione operativa (a breve termine): modifica il sistema dei vincoli entro cui opera
l’impresa in funzione di obiettivi di lungo termine.
Fasi del processo di programmazione a breve termine:
1. Analisi delle risorse disponibili ( stima delle opportunità di mercato -vincoli esterni- e
determinazione potenzialità -vincoli interni-)
2. Valutazione delle politiche adottabili
3. Fissazione degli obiettivi di esercizio
I requisiti della programmazione, cioè dei piani:
1. Formalizzazione, cioè i piani devono essere scritti
2. Quantificazione, cioè i piani devono avere degli obiettivi quantificati
3. Integrazione, cioè i piani gestionali devono essere integrati
4. Pluriennalità, cioè i piani devono essere ponderati su scadenze di lungo termine, generalmente ora si
lavora su piani dai 3-massimo ai 5 anni
Gli elementi di un piano di gestione:
 OBIETTIVI
 POLITICHE: rappresentano l’elemento di traduzione di un sistema di vincoli, interni ed esterni, in un
sistema di obiettivi
34

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 RISORSE
 OPERAZIONI (ATTIVITÀ)
Gli elementi del piano di gestione dipendono l’uno dall’altro secondo una logica discendente, cioè
l’ottenimento degli obiettivi è subordinato alla possibilità di adottare opportune politiche gestionali e alla
disponibilità di un determinato stock di risorse; si determinano vicendevolmente secondo una logica
ascendente, cioè le risorse disponibili determinano le politiche adottabili e le politiche adottate determinano
la realizzazione degli obiettivi sperati.
Programmazione secondo la GAP Analysis: la GAP analysis è utilizzata per definire i piani orientandoli
verso una forte innovazione e cambiamento strategico, ovvero si mettono a confronto gli obiettivi di sviluppo
di lungo termine e le previsioni di mercato per evidenziare un eventuale divario tra obiettivi e previsioni.
Cosa si può fare per colmare il divario? Quali innovazioni sono necessarie?
Consente di identificare le innovazioni necessarie per eliminare il divario e costruire piani di gestione
adeguati per lo sviluppo.
Business Plan: nell’ambito dei diversi strumenti a disposizione dell’imprenditore per supportare i propri
percorsi strategici e di sviluppo, soprattutto nel caso di nuove iniziative imprenditoriali -start-up- è il
documento chiave che rappresenta in ottica prospettica un’iniziativa imprenditoriale allo scopo di:
1- Valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla struttura aziendale che al contesto nel quale
l’impresa andrà ad operare)
2- Stimare le risorse economico-finanziarie, umane e tecnologiche da investire per implementare il progetto
imprenditoriale
3- Valutare anticipatamente l’impatto che tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati economici-
finanziari che potranno derivarne.
La costruzione del business-plan è molto rigorosa perché è uno degli strumenti principali attraverso cui
l’imprenditore può attrarre investimenti e costruire consenso-fiducia.
 Finalità:
1. STRUMENTO DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO: definisce in maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi
attori aziendali, fornendo un’utile base di raffronto per valutare la bontà dei risultati conseguiti.
2. OCCASIONE DI RIFLESSIONE PER L’IMPRENDITORE: aiuta ad analizzare criticamente (e dunque affinare) le proprie intuizioni
relative all’opportunità imprenditoriale intravista.
3. STRUMENTO DI COMUNICAZIONE ESTERNA:l’imprenditore può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di
interlocutori (potenziali: finanziatori -banche-, investitori -società di venture capital, business angel, ecc- , partner) e
persuaderli della bontà del progetto per ottenere il coinvolgimento e le risorse.
 Contenuti: il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati distintivi della business
idea e valutarne anticipatamente la validità e la fattibilità operativa e finanziaria. Il cuore del piano
d’impresa è rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale. Una business
idea è composta da tre elementi:
A) SISTEMA DI PRODOTTO: identifica l’offerta al mercato
B) SEGMENTO DI MERCATO: tipologia di clienti cui l’impresa si rivolge
C) RISORSE INTERNE: attraverso le quali si confida di poter realizzare l’idea imprenditoriale.
L’EXECUTIVE SUMMARY, molto importante per catturare l’attenzione, è un documento di riepilogo,
in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la “mission” aziendale e
l’essenza della business idea. Si indicano:
 i prodotti/servizi che si intendono offrire,
 sottolinenando i vantaggi per la clientela
 e i punti di forza rispetto ai concorrenti;
 le opportunità di mercato che si ritiene di poter cogliere
 Si valuta la dimensione del mercato
 Indicando le strategia da adottare
 Nonché i risultati economico-finanziari attesi.
Le parti del Business Plan sono le seguenti:
1. Idea imprenditoriale e compagine aziendale
2. Analisi dell’ambiente esterno
3. I mercati di sbocco
4. Prodotti/servizi da realizzare
5. Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa.
 Articolazione:
 PIANO DI MARKETING: si descrivono tutte le scelte compiute a livello di marketing, presentando il budget delle vendite (che
sarà la base di partenza delle proiezioni economico-finanziarie).
 PIANO DI PRODUZIONE E PIANO DI APPROVVIGIONAMENTO: va presentata la struttura tecnico-industriale
dell’impresa, indicando i macchinari e le attrezzature che, si stima, saranno necessari per la produzione e valutando anche i relativi
costi e gradi di produttività. Bisogna evidenziare la disponibilità di eventuali accordi a livello produttivo, di brevetti o know-how.
Vanno, dunque, presentate le determinanti delle scelte di make or buy. Bisognerà inoltre stimare i costi di produzione correlati alla
struttura produttiva prescelta, indicando tempi, modalità e costi connessi alla predisposizione della stessa.

35

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 PIANO DEGLI INVESTIMENTI: serve a quantificare il capitale necessario per la costituzione dell’impresa e per il suo
funzionamento: prevede gli investimenti da effettuare in immobilizzazioni (materiali e immateriali) e in capitale circolante (liquidità,
scorte, crediti verso clienti).
 PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO: richiede la redazione di bilanci previsionali (conti economici, stati patrimoniali,
preventivi finanziari) accurati e coerenti tra di loro. Le previsioni devono essere formulate su un periodo di 3-5 anni. Vanno inoltre
calcolati i principali indici di bilancio, il punto di pareggio (break-even point) e il margine di sicurezza.

 Passaggio critico > previsione delle vendite: è uno snodo fondamentale per la redazione del Business-
Plan. Dalla previsione delle vendite dipendono molte delle grandezze che saranno utilizzate per costruire
il piano di produzione, il piano degli investimenti, il piano degli approvvigionamenti, il piano
economico-finanziario. In funzione dei volumi che mi aspetto di conseguire sul mercato definisco:
o il piano di produzione (approvvigionamenti?)
o per supportare attività dell’impresa ci vuole una adeguata struttura amministrativa, questo
prevede un adeguato piano economico-finanziario
o Il piano di marketing adeguato alle richieste sul mercato e alle pressioni della concorrenza
(corretta determinazione del prezzo che tenga anche conto in modo opportuno dei costi
conseguiti durante la realizzazione). Definisce le condizioni per la costruzione del piano
economico-finanziario.
o Il piano degli investimenti in capitale fisso e capitale circolante contribuisce altresì alla
costruzione del piano economico-finanziario.

Lezione 13, Capitolo 10, Il sistema di controllo direzionale


Ciclo di direzione:

Controllo direzionale (o di direzione): la funzione di controllo conclude il ciclo di direzione e crea le


premesse per l’avvio, con la programmazione, di un nuovo ciclo di attività.
Si interpone tra il processo decisionale e quello operativo per assicurare che le scelte siano correttamente
attuate dagli organi operativi.
Si riferisce sia al momento dell’attuazione che a quello della programmazione e consente di valutare il
rispetto dei piani di gestione, orientando le successive scelte di programmazione (verifica dei risultati
conseguiti a livello attuativo > si può pensare di rivedere le scelte strategiche se queste non hanno condotto
ai risultati sperati).
È trasversale rispetto ai livelli e alle posizioni organizzative, cioè controlla e coinvolge tutta
l’organizzazione.
 Visione tradizionale > STRUMENTO DI COSTRIZIONE: secondo la visione tradizionale il controllo direttivo è
l’elemento necessario a disciplinare e vincolare l’azione degli uomini inseriti nell’organizzazione.
36

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Visione moderna > STRUMENTO DI INDIRIZZO: secondo la visione moderna il controllo direttivo è il mezzo
di guida del lavoro e delle funzioni svolte a qualsiasi piano della struttura, al fine di stimolare
automaticamente gli interventi di correzione e favorire lo spirito d’iniziativa dei responsabili
organizzativi. È dunque uno strumento di supporto alla gestione e direzione aziendale. Le tre linee guida
sono ADATTARE – CORREGGERE - MIGLIORARE per il raggiungimento degli obiettivi.

Articolazione del controllo di direzione: il controllo di direzione prevede un approccio sistematico e


continuativo.
1) [CONTROLLO ANTECEDENTE: EX-ANTE (attuato con la programmazione) > PREVENTIVO ]
2) CONTROLLO OPERATIVO CONCOMITANTE: DURANTE (nella fase di attuazione)
3) VALUTAZIONI DI RENDIMENTO: EX-POST > misurazioni di EFFICACIA E EFFICIENZA
4) CONTROLLO STRATEGICO: NELLA LOGICA STRATEGICA > analisi STRATEGICA,
ORGANIZZATIVA, DIREZIONALE.
(1)Controllo operativo concomitante: procedura attuata, durante lo svolgimento delle operazioni aziendali,
allo scopo di seguire lo sviluppo della gestione e di assicurare l’equilibrio tra gli obiettivi fissati in sede di
costruzione dei piani e i risultati conseguiti.
 Fasi del controllo operativo concomitante:
I. DETERMINAZIONE OBIETTIVI: gli obiettivi possono essere desunti dalla programmazione o fissati da politiche do
azioni operative. Gli obiettivi devono essere realistici e ben definiti.
II. RILEVAZIONE PERIODICA DEI RISULTATI: richiede una organizzazione efficiente; presuppone una raccolta
sistematica ed una elaborazione dei dati sulle prestazioni; è collegata ad un sistema di reporting per la dirigenza
(costruzione dei key-performance indicators).
III. ANALISI CAUSALE DEGLI SCOSTAMENTI: fornisce elementi preziosi sulla genesi delle deviazioni e orienta gli
interventi di gestione.
IV. INTERVENTI CORRETTIVI a livello di organizzazione (CORREGGERE LE DEVIAZIONI) e a livello strategico
(MODIFICARE GLI OBIETTIVI): possono avere per oggetto rispettivamente il LIVELLO DELLE PRESTAZIONI
OTTENIBILI NELL’ORGANIZZAZIONE (si tenta di riportare l’attività in linea con la programmazione) oppure i
PIANI (si decide di adeguare i piani alle mutate condizioni interne ed esterne).
 Schema del controllo operativo del piano di vendita:
Gli organi periferici di vendita forniscono dati analitici di
vendita che vengono trasmessi al reparto vendite.
Il reparto vendite elabora dati riassuntivi di vendita analizzati dal
reparto di controllo e budget tramite l’analisi degli scostamenti.
I dati elaborati dal reparto di controllo e budget vengono
trasmessi alla direzione commerciale.
Parallelamente esistono altre linee funzionali che, tramite vari
strumenti -es. informazioni derivanti dall’attività logistica-,
forniscono informazioni per la predisposizione di interventi di
correzione alla direzione commerciale.
La direzione commerciale utilizzando i dati del reparto di controllo e budget e le informazioni
provenienti da altre linee funzionali elabora:
- Interventi organizzativi trasmessi al reparto vendite
- Modifiche ai programmi trasmessi al reparto di controllo e budget
- Interventi promozionali trasmessi al reparto di promozione e vendite
I vari organi traducono queste modifiche in comunicazioni, linee d’azione, eventuali nuovi obiettivi per gli
organi periferici di vendita.
 Direzione per obiettivi e controllo per risultati:
La programmazione e il controllo operativo consentono di realizzare la direzione per obiettivi ed il
controllo per risultati (MBO – Management By Objective).
Il processo di conduzione è più agevole poiché ciascun responsabile ha il proprio obiettivo, il cui
ottenimento è monitorato mediante un controllo di tipo concomitante ( > autoregolazione: consente
l’immediata visibilità della coerenza tra obiettivo fissato e risultati conseguiti; è quindi possibile, entro
certi limiti, definire le proprie linee d’azione per garantire l’allineamento. Ovviamente se gli scostamenti
sono troppo elevati è richiesto l’intervento a livelli organizzativi superiori -con una ridefinizione della
strategia o addirittura, se necessario, un cambiamento di management-).
In questo modo le singole parti del sistema aziendale possono, entro certi limiti -fasce di tolleranza-,
autoregolarsi.

37

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
(2)Valutazioni di efficacia e di efficienza: la funzione di controllo della gestione non si esaurisce nello
svolgimento del controllo operativo concomitante, ma si completa con l’attuazione delle valutazioni di
efficienza e efficacia sulla gestione aziendale.
 EFFICACIA: BONTÀ DELLE DECISIONI rapporto tra obiettivi ottenuti e quelli che si sarebbero dovuti conseguire
 EFFICIENZA: RENDIMENTO DELL’USO DI RISORSE rapporto tra risultati conseguiti e risorse impiegate.

 Limiti del controllo di gestione:


a. Soffre di una interdipendenza elevata con il sistema di programmazione
b. Difficilmente l’analisi può essere ampliata all’intera struttura organizzativa aziendale.
Può essere necessario un controllo strategico e globale della gestione aziendale.
(3)Controllo strategico: è un check-up che non serve solo a far emergere l’esistenza di punti di debolezza
da eliminare ma anche a valutare le eventuali potenzialità non sfruttate (o non adeguatamente sfruttate).
Due obiettivi essenziali: 1. Rilevare problemi; 2. Rilevare possibilità.
 Come avviene?
 Verifica della congruenza esterna > compatibilità tra strategia e ambiente
 Controllo congruenza interna > compatibilità tra struttura e strategia
 Efficienza del sistema direzionale e dei responsabili di direzione > valutazione dell’idoneità del
management -attività non condotta internamente, ma affidata a soggetti esterni ed garantire un
adeguato grado di oggettività.
 Alcuni aspetti critici del controllo (equilibri da rispettare):
o Rischio di eccessiva standardizzazione dell’azione gestionale > EQUILIBRIO TRA
CREATIVITÀ E CONFORMITÀ
o Rischio di eccessiva proliferazione dei controlli e della burocratizzazione della gestione >
EQUILIBRIO TRA BENEFICIO E COSTO DELLE PROCEDURE DI CONTROLLO
o Tutto deve essere adeguato alle esigenze aziendali > scelta delle tecniche e degli strumenti più
appropriati per attuare il controllo direzionale.

Lezione 14, Capitolo 11, La funzione di conduzione del personale: motivazione, stile di direzione e
leadership
Le risorse umane > il pilastro della gestione aziendale: la trasformazione dell’impresa, da prevalente
sistema operativo a sistema cognitivo (è fondamentale il ruolo svolto dalle risorse intangibili -conoscenza e
fiducia- che si riflettono anche nella gestione degli stakeholder e, nel particolare, dei lavoratori), accresce
l’importanza della gestione delle risorse umane ai fini del successo imprenditoriale.
La vera ricchezza di un’impresa sono le professionalità di cui dispone da gestire evitando conflitti, cioè in
maniera opportuna e coerente.
 IMPRESA: RICHIEDE IL MASSIMO RENDIMENTO RISPETTO AI COSTI DEL LAVORO
 LAVORATORE: RICHIEDE IL MASSIMO RISULTATO (REDDITO DA LAVORO) RISPETTO ALLA QUANTITÀ E ALLE
CONDIZIONI DELLE PRESTAZIONI DA RENDERE
 Nella relazione IMPRESA-LAVORATORE esistono potenziali conflitti in due momenti: 1- momento contrattuale; 2-momento
operativo.
Conduzione del fattore umano: la funzione di conduzione del fattore umano ha per obiettivo l’ottenimento
del miglior rendimento dell’organizzazione e riguarda i problemi d’impiego e di guida delle risorse umane
presenti in azienda.
L’abilità direttiva si misura:
 non solo in funzione dei risultati operativi conseguiti
 ma anche in rapporto al “clima” delle relazioni di lavoro instaurato in azienda: un buon clima
aziendale riduce le occasioni di conflitto (es. scioperi) e il tasso di assenteismo dal lavoro.
Affinché vi sia un buon “clima” è necessario un adeguato stile di direzione.
Per “stile di direzione” si intende “il modello di governo dei rapporti di lavoro nell’organizzazione”; si è
evoluto in parallelo alle teorie organizzative, in particolare ha seguito l’evoluzione dell’interpretazione-ruolo
del fattore umano nell’organizzazione.
Differenti visioni del fattore umano nell’organizzazione:
1. ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO: (tipica del modello frondista) visione
meccanicistica dell’uomo (=ingranaggio della macchina organizzativa).
2. SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE: individuo deve essere motivato, bisogna coltivare
relazioni positive con i lavoratori.
38

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
3. VISIONE SISTEMICA: (visione attuale) prevede la partecipazione del lavoratore al processo
decisorio.
Gli stili di direzione si sono evoluti parallelamente passando
DA: AUTOCRATICO (principio dell’autorità)
A: PARTECIPATIVO (principio del consenso).
Alla base dei due estremi vi sono due diverse letture delle persone all’interno dell’organizzazione (Teoria di
McGregor).
I “modelli” di lavoratore secondo la teoria di McGregor:
o TEORIA X: > APPROCCIO GERARCHICO
L’uomo in generale detesta il lavoro.
Gli unici mezzi affinché egli lavori sono i controlli e la minaccia di punizioni.
L’obiettivo che si pone è soprattutto la sicurezza del posto di lavoro, per cui evita il rischio di accollarsi
responsabilità, preferendo essere diretto piuttosto che assumere posizioni di leadership.
o TEORIA Y: > APPROCCIO PARTECIPATIVO
Il lavoro è accettato dall’uomo come fatto naturale e gratificante.
L’uomo può esercitare l’autodisciplina.
L’uomo è disposto ad accettare. Responsabilità per ottenere prestigio sociale e auto affermazione.
Le potenzialità innovative dei lavoratori possono essere messe a frutto con uno stile di direzione partecipativo.
L’approccio partecipativo non si basa su regole e sanzioni, per questo è richiesta una adeguata
leadership da parte del capo (es. Steve Jobs per Apple) anche nei meccanismi di motivazione. È un approccio
che dà maggiore importanza alla COMUNITÀ dei lavoratori e alla COMUNITÀ impresa.
Quest’idea viene ripresa nella “Logica dei Clan”, cioè la necessaria attuazione di un meccanismo di
rafforzamento delle relazioni tra i membri dell’organizzazione. Favorisce la partecipazione e l’adesione ai
valori dell’impresa.
Motivazione dei lavoratori: il processo motivazionale si realizza quando alcuni degli obiettivi
dell’organizzazione divengono anche obiettivi del lavoratore, che si sente “integrato” nell’organizzazione. Si
compone di due fasi:
 FASE 1 INIZIALE: MOTIVAZIONE A PARTECIPARE: stipula del contratto di lavoro.
 FASE 2: MOTIVAZIONE A PRODURRE: sistema di incentivazione.
 Come incentivare i lavoratori? È necessario comprendere i meccanismi psicologici alla base dei
comportamenti delle persone.
La scala dei bisogni di Maslow:
Secondo la scala dei bisogni di Maslow il soggetto punta alla soddisfazione di una serie di obiettivi derivanti
da bisogni ordinati primariamente secondo necessità:
GRATIFICAZIONI MORALI

- Bisogni primari (legati alla disponibilità di reddito): SUSSISTENZA e SICUREZZA/TUTELA


- Gratificazioni morali (legati alla consapevolezza di aver sfruttato al meglio le proprie capacità-
competenze): SOCIALI (appartenenza a una comunità), STIMA e AUTOREALIZZAZIONE (è il vertice della piramide,
corrisponde alla piena PIENA SODDISFAZIONE PERSONALE che si concretizza sul posto di lavoro come raggiungimento di
una posizione ritenuta soddisfacente).
Secondo questo schema è importante comprendere: “Dove si collocano i vari individui nella scala?” per
determinare gli incentivi più opportuni ed efficaci.
Questa teoria ha però dei limiti: 1. Non necessariamente si passa da un bisogno all’altro dopo aver
soddisfatto completamente i bisogni di livello precedente. 2. Non tutti hanno le stesse priorità (contesto).
Approccio di Herzberg: Herzberg
BISOGNO DI individua fattori motivazionali e igienici.
AUTOREALIZZAZIONE
INCENTIVI  ECONOMICI
Fattori motivazionali: garantiscono motivazione e soddisfazione per il lavoratore e sono legati
BISOGNO DI STIMA
principalmente al suo lavoro e attività;
BISOGNI SOCIALI
 Fattori igienici: sono legati all’ambiente di lavoro, possono determinare una disaffezione e un
BISOGNO DI SICUREZZA
certo grado di insoddisfazione se l’ambiente di lavoro non è adeguatamente sicuro, coinvolgente
BISOGNI DI SUSSISTENZA
e motivante; possono rafforzare la soddisfazione del lavoratore e supportare la sua motivazione
se l’ambiente di lavoro è ben congeniale, strutturato e motivante.
Tecniche di incentivazione del personale: grazie all’analisi psicologica dei lavoratori, le tecniche di
incentivazione del personale sono state progressivamente articolate.
Si è passati da leve esclusivamente monetarie individuali (aumenti salariali ai singoli) a:
- strumenti articolati nel lungo periodo per migliorare le performance individuali (es. politiche di welfare)
- analisi di strumenti per incentivare la performance di gruppo nel breve e lungo periodo.
BREVE PERIODO LUNGO PERIODO
PERFORMANCE AUMENTI SALARIALI PIANO DI INCENTIVI
INDIVIDUALE INDIVIDUALI
39

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
PERFORMANCE DI GRATIFICHE DI GRUPPO, STOCK OPTION, cioè
GRUPPO cioè premi monetari partecipazione ai ritorni aziendali
mediante l’acquisto di azioni
dell’impresa a prezzi fissati
Motivazione del personale mediante analisi della mansione: per “analisi della mansione” si intende la
collocazione della persona avente determinate caratteristiche e attitudini nella posizione che meglio
corrisponde alle sue qualità: è fondamentale la fase di “progettazione delle mansioni” o “JOB ANALYSIS”,
cioè l’analisi e valutazione delle mansioni.
Nel rapporto tra IMPRESA e LAVORATORE, l’integrazione tra obiettivi dei singoli e quelli
dell’organizzazione può essere facilitata, oltre che con il modello di conduzione ed il sistema premiante,
anche con l’impiego di tecniche di analisi e valutazione delle mansioni.
Esempio di analisi della mansione:
UNITA DI APPARTENENZA: Servizio amministrativo – Reparto Contabilità Industriale
POSIZIONE: Addetto alla contabilità di magazzino
ISTRUZIONE: Diploma di scuola media superiore
ESPERIENZA ED ADDESTRAMENTO: 6 mesi nella posizione

COMPLESSITÀ DEI COMPITI: La posizione opera in base a rigide procedure prestabilite.


Deve essere in grado di sapere valutare l’esattezza dei dati nei
documenti che gli pervengono, con particolare riguardo ai
centri di imputazione ed alle quantità da imputare.
RESPONSABILITÀ PER LE DECISIONI: Alla posizione non è richiesto di prendere decisioni. Un errore
della posizione può falsare i risultati contabili col pericolo di
orientare la direzione verso scelte non opportune. Va tuttavia
osservato che le eventuali anomalie contabili, quando fossero
particolarmente rilevanti, sono oggetto di un riesame dettagliato
da parte di posizioni superiori, prima che vengano prese
decisioni di merito.
RESPONSABILITÀ PER LA SICUREZZA DI ALTRI: Praticamente trascurabile.

RESPONSABILITÀ PER IL LAVORO DI ALTRI: Nessuna.


RESPONSABILITÀ PER IL RAPPORTO CON GLI ALTRI: Normali rapporti d’ufficio con colleghi dell’unità di
appartenenza e con personale del magazzino ovvero delle unità
organizzative interessate all’esame dei dati contabili.
RESPONSABILITÀ PER LE INFORMAZIONI RISERVATE: Conosce la situazione patrimoniale della Società. Per quanto
riguarda il magazzino, conosce il prezzo di acquisto dei
materiali.
AFFATICAMENTO MENTALE: Il lavoro presenta caratteristiche di monotonia. La posizione è
tenuta ad eseguire frequenti conteggi ed a controllare gruppi
innumerevoli di cifre. Deve compilare o consultare tabelle
costituite da molte voci.
SFORZO FISICO: Praticamente trascurabile.
RISCHI DI INFORTUNIO: Praticamente trascurabile.
CONDIZIONI AMBIENTALI: opera prevalentemente in ambiente d’ufficio: raramente è
richiesta la sua presenza in magazzino e all’aperto per
l’esecuzione degli interventi fisici.
La motivazione del personale con l’impiego di tecniche di variazione e ampliamento della mansione:
1. JOB ROTATION: l’individuo ruota in mansioni diverse, anche se comprese nello stesso ciclo di lavoro
(obiettivo: rendere meno monotona la prestazione lavorativa e portare ad un accrescimento delle
conoscenze e della preparazione professionale del lavoratore).
2. JOB ENLARGEMENT: ampliamento orizzontale della mansione, cioè comporta l’affidamento di cicli
integrati di operazioni, in modo da attribuire all’esecutore la responsabilità di un’attività completa ed
enucleabile rispetto ad altre attività svolte nell’organizzazione.
3. JOB ENRICHMENT: ampliamento verticale della mansione mediante il coinvolgimento del
responsabile nella fase decisionale oltre che operativa.

Lezione 15, Capitolo 12, Il sistema informativo e i processi di gestione della conoscenza
Il sistema informativo nell’organizzazione aziendale: le informazioni sono un elemento essenziale per il
funzionamento di tutte le organizzazioni aziendali. Sono indispensabili per:
- pianificare e coordinare le attività,
- documentare lo svolgimento delle operazioni,
40

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- valutare le performance conseguite,
- assumere decisioni.
Il flusso informativo assume un carattere circolare e aperto.

Il sistema informativo può essere idealmente scomposto in due sistemi interagenti: sistema informativo
direzionale e sistema informativo operativo.
 Finalità del sistema informativo: la finalità del sistema informativo aziendale è rendere disponibili, a
tutti gli interessati, le informazioni che raffigurano in modo ufficiale lo stato e il divenire dell’impresa.
Perché sono necessarie le informazioni? Che genere di informazioni sono utili?
PROCESSI DATI VOLUMI FREQUENZA FONTE
ALTA Pianificazione Sintetici Bassi Non prefissata Esterna e
DIREZIONE* strategica interna
DIREZIONI Controllo Sintetici Da bassi a Periodica e In prevalenza
FUNZIONAL direzionale medi prefissata interna
I O DI
DIVISIONE
PERSONALE Controllo Analitici Da medi ad alti Periodica e Interna
ESECUTIVO operativo continua
*
*il vertice necessita di informazioni aggregate, di sintesi e, pur tuttavia, di ampio spettro sulla gestione,
con una cadenza non prefissata;
*alla base, al contrario, servono informazioni periodiche, maggiormente dettagliate ed analitiche.
 Componenti del sistema informativo: un sistema informativo è composto da un insieme complesso di
quattro +1 elementi, deputati alla raccolta, elaborazione, diffusione e archiviazione dei dati, con lo scopo
di produrre e distribuire le informazioni di cui l’azienda ha bisogno.
 Dati: misure essenziali di un fenomeno (es. il n° di pezzi venduti), quando i dati
vengono aggregati producono le informazioni (es. o dati relativi alle vendite di un
determinato prodotto in un particolare periodo in un particolare contesto geografico);
 Procedure: come vengono elaborati i dati? I dati vengono elaborati attraverso procedure
deputale alla raccolta e elaborazione,
 Mezzi e strumenti: per svolgere le procedure sono richiesti mezzi e strumenti (es, le
soluzioni informative web-based).
 Persone: svolgono un ruolo fondamentale poiché gestiscono le diverse attività che
compongono il sistema informativo e dunque garantiscono informazione e conoscenza
diffuse all’interno dell’organizzazione.
 Cultura: solo se c’è una adeguata cultura aziendale si può avere un sistema informativo
ottimale (che supporti la raccolta dei dati, la misurazione e dunque la qualità dei dati e
il processo di condivisione degli stessi).
 Il funzionamento del sistema informativo:
Fondamentale è il ruolo giocato, nell’ambiente esterno,
dalla rete di fornitura e redistributiva.
FASE 1: ACQUISIZIONE DI DATI
Vengono raccolte informazioni e analizzati gli eventi
dell’ambiente esterno e dell’organizzazione (interno).
FASE 2: ELABORAZIONE
I dati raccolti nella fase precedente grazie al lavoro
congiunto di persone e macchine, attraverso le giuste
procedure, vengono trasformati in informazioni.
FASE 3: COMUNICAZIONE DELL’INFORMAZIONE

41

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Le informazioni vengono trasmesse all’ambiente esterno,
all’organizzazione, cioè a tutti gli utenti che compongono
l’organizzazione dell’impresa.
Sistema informativo direzionale (SID): elabora le informazioni che aiutano i dirigenti nell’assunzione di
decisioni complesse e nel controllo della relativa attuazione.
 Architettura del SID: identifica quella porzione del Sistema Informativo Aziendale che realizza la
produzione di informazioni e conoscenze necessarie per supportare il management.
Il sistema funziona in modalità:
o Push, senza essere “sollecitato” dall’utente, invia informazioni standard con frequenza pre-
determinata;
o Pull, ossia su richiesta del singolo utente, per soddisfare un fabbisogno informativo “emergente”.
Il sistema supporta non solo l’Alta Direzione ma tutte le posizioni organizzative che partecipano al ciclo
di direzione e sono chiamate ad assumere decisioni.
Il SID importa periodicamente dai sistemi informativi elementari:

 Progettazione del SID: la progettazione del sistema informativo direzionale segue le fasi:
1. Analisi del sistema decisionale
2. Analisi modello organizzativo
3. Analisi macro-obiettivi che il SID deve conseguire
4. Analisi dei vincoli interni ed esterni da rispettare (costi, tempi, personale, risorse tecnologiche
necessarie e già disponibili, ecc.)
5. Analisi delle possibili soluzioni organizzative in relazione a: professionalità richieste,
attrezzature da utilizzare, procedure adottabili, architettura del SID.
Sistema informativo operativo: identifica una serie di sottosistemi eterogenei che forniscono il supporto
informativo per programmare lo svolgimento delle attività esecutive e per il loro controllo operativo (es.
sottosistema informativo di produzione, di marketing, amministrativo, del personale, ecc. ).
Tendenzialmente sono integrati tra loro attraverso i sistemi ERP, Enterprice Resource Planning, in cui i vari
sottosistemi informativi operativi sono moduli di un sistema informativo integrato a livello aziendale che
consente la condivisione delle informazioni e consente di superare una logica statica.

Knowledge Management o gestione della conoscenza: in un’economia in cui la conoscenza è la risorsa-


chiave per eccellenza, la sfida dell’impresa, con il supporto del Sistema Informativo, è di riuscire a
capitalizzare la conoscenza presente al suo interno per migliorare la gestione dei processi aziendali, facendo
emergere e circolare le conoscenze di chi lavora nell’organizzazione.
Il Knowledge Management può essere definito come un approccio strategico che identifica nel capitale
intellettuale la risorsa da gestire al fine di accrescere/migliorare le capacità di azione di una persona e
dell’intera organizzazione aziendale.
Può essere descritto come un insieme di attività e dei processi di generazione, mappatura, selezione e
organizzazione, nonché diffusione della conoscenza. In termini di progressiva e maggiore elaborazione e
sistematizzazione si ha:
1. Dati (componenti elementari);

42

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
2. Informazione (elaborazione di dati);
3. Conoscenza (risultato dell’assimilazione delle informazioni per generare nuovo sapere)
4. Nuovo sapere (insieme di informazioni strutturate, ulteriormente elaborate, che assumono un
senso completo e mirato).
 Finalità del KM: L’obiettivo è riuscire a far circolare/condividere la conoscenza che viene a crearsi
all’interno dell’organizzazione aziendale, evitando di relegarla a semplice abilità personale.
 Problema da affrontare nel KM:
1. Il problema principale da gestire è quello di rendere la conoscenza accessibile a persone diverse dai
suoi creatori, trasformando la conoscenza individuale in conoscenza aziendale organizzata (e
garantendo anche il processo inverso).
2. Può anche essere difficile far circolare la conoscenza, soprattutto quella di natura “tacita” (una
forma di conoscenza radicata nell’azione, nell’impegno e in uno specifico contesto; è la conoscenza
che gli individui acquisiscono ad esercitano nella pratica, ma che non sono in grado di esplicitare,
descrivere verbalmente, né, tantomeno, di spiegare).
 Come diffondere la conoscenza?
 La spirale della conoscenza di Nonaka: la creazione della conoscenza richiede un processo dinamico
di conversione che deve realizzarsi su due livelli:
1. Dall’individuo all’organizzazione (e viceversa)
2. Dal sapere tacito -o implicito- a quello esplicito (e viceversa).
Tale processo postula quattro differenti modalità di conversione della conoscenza, complementari e
indipendenti:
 Socializzazione implicita > implicita
 Esteriorizzazione implicita > esplicita
 Combinazione esplicita > esplicita
 Interiorizzazione esplicita > implicita
Non è un semplice processo circolare, bensì è “a spirale” perché prevede un ampliamento delle
conoscenze: partendo dall’individuo ritorna all’individuo, ma con una ricchezza d’informazioni
maggiore.

 Gli ostacoli al processo di Knowledge Management: l’ostacolo principale alla corretta


implementazione del KM nella realtà aziendale è quello di tipo culturale: l’investimento in nuove
soluzioni tecnologiche, che facilitano la gestione e la condivisione della conoscenza, non produce
risultati se l’organizzazione non realizza azioni volte a diffondere al proprio interno una cultura
partecipativa, orientata al knowledge sharing.
La tecnologia può fornire le infrastrutture che abilitano la creazione di nuovi spazi di condivisone e
nuove modalità di comunicazione organizzativa, facilitando le interazioni sociali tra persona e gruppi,
ma non può intervenire sulla motivazione a condividere le conoscenze.
Parte quarta: LA GESTIONE OPERATIVA
- La gestione commerciale e il marketing
- Il processo di produzione e l’impianto
- La gestione della finanza: investimenti e finanziamenti
- Il processo logistico e gli approvvigionamenti
- Il processo di innovazione nella gestione aziendale
- I problemi amministrativi: gestione del personale e contabilità

Nella parte quarta si affronta lo studio della gestione aziendale nelle sue aree funzionali comprese nella
gestione operativa, con particolare riferimento alle FUNZIONI OPERATIVE PRIMARIE, cioè agli aspetti
dei cicli di vendita, produzione, finanza e logistica aziendale; seguono le FUNZIONI DI SUPPORTO,
43

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
ovvero lo studio del processo di innovazione della gestione aziendale -ricerca e sviluppo- e di
amministrazione -personale e contabilità-.
La gestione operativa si svolge con caratteristiche e problematiche differenti da azienda a azienda: il
complesso di attività si caratterizza in funzione dell’oggetto sociale, della natura dell’attività e delle
dimensioni della struttura organizzativa.
L’obiettivo è assumere le nozioni di base per comprendere le problematiche correnti dell’impresa
manifatturiera -perché presenta la maggiore complessità- nel quadro dell’intero sistema operativo
aziendale.
Funzioni operative di gestione in un’impresa tipo (manifatturiera): *una classificazione che non può
essere considerata universale.
La gestione operativa si compone di:
1. Funzioni operative primarie (o organiche) fondamentali, sono le funzioni non solo comuni a tutti i tipi di
aziende, ma anche quelle specializzate.
2. Funzioni di supporto o complementari,, possono essere affidate a soggetti esterni
3. Funzioni ausiliarie, generalmente sono affidate a terzi per ragioni di economicità o per mancanza di
competenze idonee nell’organizzazione.
FUNZIONI Vendita- Produzione- Finanza: Logistica-
OPERATIVE Marketing Impianto investimenti e Approvvigionament
PRIMARIE finanziamenti i
FUNZIONI DI Ricerca e Personale Contabilità
SUPPORTO Sviluppo
FUNZIONI Trasporti Distribuzione Manutenzione Pubblicità
AUSILIARIE
L’inquadramento proposto presenta molti limiti data l’estrema differenziazione dei processi operativi
Nelle imprese ben amministrate viene definito un quadrato strategico che si compone di una strategia
complessiva, o “corporate”, di una o più strategie competitive nelle aree di affari in cui l’impresa vuole
operare e di un insieme di strategie funzionali che attengono alle funzioni secondo cui si articola la gestione
aziendale. In questo modo il disegno strategico orientato al temo lungo viene completato sotto il profilo
operativo ovvero delle varie attività esecutive di gestione.

Lezione 16, 17, 18, Capitolo 13, La gestione commerciale e il marketing.


Orientamenti della gestione commerciale: i possibili orientamenti della gestione sono tre:
- ORIENTAMENTO AL PRODOTTO O “SITUAZIONE DEL MERCATO DEL VENDITORE” : cura
soprattutto dei problemi attinenti al ciclo di produzione dei beni, la vendita costituisce un’attività
complementare.
CAPACITÀ DI PRODUZIONE > PRODUZIONE > AZIONE DI VENDITA > CLIENTELA
PRODUZIONE o corretta realizzazione del prodotto
- ORIENTAMENTO AL MERCATO O “SITUAZIONE DEL MERCATO DEL COMPRATORE” :
preventivo accertamento della vendibilità dei prodotti da realizzare.
VALUTAZIONE DELLA DOMANDA > POTENZIALE DI MERCATO > PROGRAMMAZIONE DELLA PRODUZIONE > PRODUZIONE > VENDITA > CLIENTELA > feedback >
VALUTAZIONE DELLA DOMANDA
- ORIENTAMENTO AL BUSINESS (marketing): segue uno “schema aperto” poiché il rapporto con la
clientela rappresenta la conclusione del ciclo di vendita ed anche l’avvio di nuovi processi valutativi di
mercato.
NUOVI BISOGNI E DESIDERI DEI CONSUMATORI CLIENTI + BISOGNI E DESIDERI DEI CONSUMATORI NON CLIENTI > NUOVE OPPORTUNITÀ DI MERCATO
(BUSINESS) > CAPACITÀ DI PRODUZIONE + PROGRAMMAZIONE DEL MARKETING > PRODUZIONE > VENDITA > CLIENTELA > feedback* > NUOVI BISOGNI CLIENTI
*attraverso una mappatura dell’evoluzione del cliente si innescano meccanismi di retroazione per adeguare l’offerta dell’impresa nel processo di adattamento strategico
L’orientamento “al prodotto” e “al mercato” sono quelli tipicamente identificati in passato e configurano fasi
differenti nell’evoluzione del mercato: “al prodotto” configura una situazione di “mercato facile” per cui era
sufficiente produrre a prezzi competitivi; mentre “al mercato” richiede di valutare la quota massima
ottenibile sul mercato. Attualmente non sono più applicabili correttamente: l’approccio prevalente è l’
“orientamento al business” utilizzato per identificare nuove opportunità di mercato (cioè nuovi business). In
tal senso, lo sguardo di chi governa l’azienda è proiettato verso l’individuazione di bisogni e desideri dei
consumatori.
Il punto centrale della differenza tra orientamento al “mercato” e al “business” è dato dall’ampiezza dell’area
di osservazione da parte dell’impresa: nella prima ipotesi le opportunità sono ricercate nel mercato in cui
l’impresa è già presente; mentre nella seconda si estende a tutti i mercati in cui le risorse aziendali possono
essere impiegate con successo.

44

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Nell’approccio di “orientamento al business” svolge un ruolo fondamentale il “marketing” -posto
al centro della gestione aziendale-.
Il marketing: è una filosofia di gestione aziendale che pone il cliente (e i suoi bisogni) al centro
dell’interesse e dell’attenzione aziendale al fine di trovare il migliore equilibrio tra le potenzialità di offerta e
le esigenze della domanda. Pertiene specificamente alla gestione o direzione commerciale (ramo della
gestione operativa).
Principali fasi del marketing:
- Programmazione dell’offerta dell’impresa
- Promozione dell’offerta dell’impresa
È il processo mediante cui l’azienda:
 studia il mercato e i mercati che ritiene interessanti,
 analizza le tendenze della domanda e la situazione della concorrenza,
 individua l’esistenza di opportunità di business,
 orienta la produzione in funzione dei potenziali acquirenti da conquistare (target di mercato),
 provvede a collocare i prodotti presso gli sbocchi prescelti.
La definizione inquadra il contenuto dell’azione di marketing , che si articola nell’analisi del mercato, nella
programmazione dei prodotti, nella promozione della domanda e nell’esecuzione della vendita.
L’impresa segue una logica decisionale in cui, nei limiti dei vincoli produttivi e finanziari, si rivolge ad
individuare e sfruttare delle opportunità di mercato. Fare del marketing significa, pertanto, seguire questa
logica e attribuire all’area commerciale il ruolo di guida delle strategie competitive.
La gestione commerciale: funzioni di marketing e funzioni di vendita.
 C’è un complesso di attività operative, legate al momento della vendita e un complesso di attività
di programmazione -necessarie per l’orientamento non solo della gestione commerciale, ma anche
della gestione produttiva e e finanziaria- sovente identificate quali funzioni di marketing.
Funzione di gestione commerciale evoluta (filosofia aziendale) > marketing
Funzione delle vendite tradizionale > operatività (ciclo di vendita)
Fra le due funzioni sussistono delle diversità di attuazione: le responsabilità di marketing richiedono
competenze prevalentemente di studio e una centralizzazione degli organi a cui debbono essere affidate,
mentre quelle di vendita comportano prevalentemente delle azioni da svolgere in diretto contatto con il
mercato.
Il ciclo di vendita: il ciclo di vendita prevede una serie di attività operative:
 Ricerca del cliente
 Vendita
 Consegna del prodotto
 Fatturazione
 Regolamento finanziario
 Assistenza tecnica
 Gestione dei rapporti con la clientela
Esempio di organizzazione nella direzione commerciale:

 La strategia competitiva consiste nella definizione degli obiettivi da conseguire in uno specifico
mercato di periodo in periodo, per conseguire tali obiettivi bisogna attivare adeguate politiche di
marketing.
Politiche di marketing o “4P”: le politiche di marketing (o “4P”, dall’inglese: PRODUCT, PRICE,
PROMOTION, PLACE > prodotto, prezzo, promozione, canali-distribuzione), nel loro insieme,
compongono la combinazione o mix di marketing, cioè la miscela degli strumenti rivolti all’ottenimento
degli obiettivi di mercato fissati di periodo in periodo;

45

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Da tempo le imprese produttrici di beni di consumo sono più orientate a migliorare il servizio al consumatore
(leadership di costo) e a ridurre i tempi di messa a punto dei nuovi prodotti (time-based competition).
Obiettivi di fondo delle imprese che operano nel settore dei beni di consumo sono:
- Costumer satisfaction (soddisfazione del cliente) per garantirsi la
- Costumer retention (fidelizzazione del cliente): l’impresa non si può permettere di perdere il cliente
perché l’investimento nella relazione con il cliente è elevato e la possibilità di creazione del valore da
questa relazione è molto importante.
La crescita della componente di “servizio” è un tratto comune per le aziende che operano in questo settore
perché è rivolta sia a “differenziarsi” meglio dalla concorrenza sia a fidelizzare il più possibile la propria
clientela. Le difficoltà e i costi promozionali necessari fanno si che la costumer satisfaction e la costumer
retention diventino obiettivi prioritari dell’azione di marketing. Il portafoglio clienti rappresenta la vera
ricchezza commerciale di un’impresa, frutto dell’avviamento creatosi nel tempo e valore da difendere in
mercati caratterizzati da elevata competitività.
La definizione della “miscela” di marketing poggia sulla scelta strategica del market-target (mercato-
obiettivo) da raggiungere e richiede uno studio approfondito del comportamento dei consumatori, vale a dire
delle abitudini e delle motivazioni di acquisto.
 Come si può articolare l’orientamento al consumo? Cioè come il consumatore fa le proprie scelte?
REDDITO: comportamento del consumatore, destinazione del reddito e conseguenti tipologie di
concorrenza:
Il reddito complessivo del consumatore è idealmente ripartito in due parti:
o Una parte è destinata al consumo, cioè è impegnata per il soddisfacimento dei bisogni essenziali;
o Una parte è destinata al risparmio, o disponibile per l’appagamento di bisogni non essenziali (voluttuari).
I consumi ai quali rivolgersi sono vari:
 Consumi essenziali: rispondono ai bisogni essenziali (di conseguenza questa parte di spesa è
sostanzialmente “statica”) che si traducono in una scelta dei “tipi di prodotto” e della marca.
 Consumi voluttuari: rispondono ad una scelta dei bisogni da soddisfare (di conseguenza questa parte di
spesa varia a seconda delle disponibilità del consumatore) che si traduce in una scelta dei tipi di prodotto
e della marca.
Il consumatore effettua un processo di scelta a tre stadi (bisogni, beni e marca) di conseguenza il produttore
si trova a fronteggiare una concorrenza a tre livelli:
- (tra) Bisogni: INDIRETTA
- (tra) Prodotti: ALLARGATA
- (tra) Marche: DIRETTA
Il processo di acquisto si realizza, in pratica, mediante un complesso di scelte (dove, quando, quanto, come)
configurano le abitudini di acquisto. La conoscenza di tali abitudini permette all’azienda di orientare le sue
politiche di marketing, non solo, è anche importante risalire al “perché” di certe scelte del consumatore.
Secondo un classico schema teorico, le motivazioni di acquisto si dividono in tre gruppi:
A) Motivazioni razionali: calcolo economico, valutazione prezzo-qualità.
B) Motivazioni emotive: derivanti da fattori di gusto, estetica, personalità.
C) Motivazioni di patrocinio: correlate alla fiducia nel produttore o nel distributore tale che il consumatore
diventi anche un “patrocinatore” della marca o del punto vendita nei confronti di altri consumatori.
Le motivazioni risentono, a seconda della natura dei prodotti, oltre che del reddito, anche di altre condizioni
del consumatore: l’eterogeneità dei comportamenti dei consumatori è la causa della segmentazione del
mercato.
Parametri di segmentazione del mercato: ogni mercato si può frazionare in più segmenti (gruppi
relativamente omogenei di consumatori) al fine di individuare il proprio target di mercato, utilizzando diversi
parametri:
1. Demografici: età, sesso, ampiezza della famiglia.
2. Socio-economici: reddito, professione, livello di istruzione.
3. Culturali: etnia, credo religioso.
4. Ubicazionali: popolazione urbana, suburbana, rurale.
5. Psicografici: personalità, autonomia decisionale, preferenza per l’innovazione.
6. Comportamentali: propensione all’acquisto, grado di fedeltà, benefici prioritari desiderati.
La segmentazione risulta tanto più efficace quanto più contribuisce a differenziare l’elasticità della domanda
dei vari segmenti rispetto alle politiche di marketing adottabili dall’impresa produttrice.

46

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Individuato il target di mercato, si possono mettere in atto differenti strategie di marketing.
Strategie di marketing: il processo di segmentazione comporta non solo la scelta dei criteri di suddivisione
dei consumatori, ma anche la separazione dei vari segmenti di mercato e la misurazione della loro
consistenza che mira a valutare se è possibile predisporre un’apposita azione di marketing. Di fronte a un
mercato segmentabile, l’impresa può adottare tre differenti atteggiamenti (Kotler):
- Marketing indifferenziato: considera il mercato come se fosse omogeneo e adotta un’unica strategia di
marketing per tutti i consumatori, prescinde cioè dalla sua segmentabilità. Es. il caso storico di
Volkswagen con il “maggiolino”
- Marketing differenziato: si indirizza verso un gran numero di segmenti di mercato, per ciascuno dei quali
sviluppo a un diverso programma di marketing. Es. Fiat.
- Marketing concentrato: si indirizza verso un solo o, al massimo, pochi segmenti di mercato con un unico
programma di marketing. Es. Porsche con una linea di prodotti sportivi di classe si è indirizzata ad un
particolare segmento.
Il concetto di segmentazione va inteso in senso dinamico perché l’impresa può anche concorrere a
modificare la segmentazione preesistente.
 ANALISI DEL MARKETING MIX
PRODUCT:
Le scelte rientranti nella politica di prodotto e della marca: la politica del prodotto è caratterizzata da un
elevato tasso di strategicità perché richiede l’allestimento di strutture molto impegnative sotto il duplice
profilo delle risorse finanziarie da immobilizzare e della rigidità delle scelte di fondo formulate. Si tratta
infatti di decisioni che vincolano l’impresa per tempi lunghi, necessari per ammortizzare gli investimenti, e
che s’incentrano nel determinare:
a) L’ampiezza dell’offerta, ovvero la maggiore o minore estensione della gamma di vendita
b) La differenziazione degli assortimenti, ovvero la distinzione interna alla gamma ed esterna rispetto alla
concorrenza
c) L’innovatività delle produzioni, ossia il tasso di rinnovamento e di ricambio dei prodotti posti in vendita;
d) La riconoscibilità dei prodotti, ossia la scelta della marca e della confezione.
Ampiezza e profondità della gamma di vendita:

La gamma di vendita si può caratterizzare in:


- Ampiezza (tipologia produttiva),
- Profondità (assortimento, cioè più modelli, versioni, formati). Ogni prodotto è disponibile in diverse
varianti per le seguenti ragioni:
o Caratteristiche intrinseche del prodotto (es. abiti da adattare a taglie e gusti diversi)
o Segmentazione della domanda e posizionamento dell’offerta, da differenziare in funzione dei
gruppi di consumatori da servire
o L’invecchiamento dei modelli e la differente capacità di contribuzione al reddito d’impresa.
- Coerenza (affinità dei tipi di prodotti), riguarda il grado di interrelazione tra i differenti tipi (linee) di
prodotti, ovvero il loro inserimento in settori merceologici più ampi o ristretti.
È oggi sempre più raro trovare delle imprese che realizzino e vendano un solo prodotto. L’allargamento della
tipologia produttiva è dovuto a:

47

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Ragioni strettamente produttive: l’opportunità di allestire a costi decrescenti più ampie tipologie
merceologiche
- Ragioni di mercato: operare in mercato diversi frazionando il rischio e accrescendo le potenzialità di
vendita
- Rapporti di complementarietà e sostituibilità tra prodotti diversi.
All’interno della gamma si può avere la distinzione tra:
 Prodotti da reddito: destinati a generare i maggiori flussi di cassa per l’impresa
 Prodotti strategici: presenza essenziale per consentire il collocamento dei primi
 Prodotti da richiamo: bene che, a motivo della convenienza, richiamano l’attenzione dell’acquirente
sull’intera gamma.
Esempio: nell’ambito della value-proposition di un’impresa ci sono alcuni beni che devono essere forniti
(prodotti strategici) per consentire la rendita dei prodotti più redditizi (prodotti da reddito). Un’impresa
vende stampanti per entrare nell’ambiente del cliente (prodotto strategico), ma sono le cartucce (prodotto da
reddito) il bene destinato a generare i maggiori flussi di cassa.
Differenziazione dei modelli e posizionamento di mercato: le ragioni di marketing degli assortimenti si
legano soprattutto alla strategia di differenziazione con la quale l’impresa intende servire più segmenti e
nicchie di mercato: a tal proposito la decisione fondamentale concerne il posizionamento dell’offerta (marca)
nei confronti della concorrenza (che spesso dipende in larga misura dalle caratteristiche attribuite ai prodotti
posti sul mercato).
Per posizionamento si intende “l’insieme delle iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto
dell’impresa e ad impostare il marketing-mix più adatto per attribuire una certa posizione al prodotto nella
mente del consumatore e a scegliere i concorrenti con cui misurarsi”.
Il problema del posizionamento si collega direttamente a quello della segmentazione, perché completa la
definizione del rapporto impresa-domanda-concorrenza. A seguito della segmentazione, l’azienda può
scegliere la strategia di marketing da attuare orientata in funzione delle fasce più particolari di consumatori
da servire.
Esempio. Mercato: Automobilistico.
Segmento del mercato considerato: Acquirenti di autovetture di piccola cilindrata (fino a 1.200 c.c.).
All’interno di questo segmento i compratori si suddividono secondo il peso attribuito a: prezzo di acquisto,
costi d’esercizio, qualità, estetica. Secondo diverse combinazioni di questi attributi, i produttori
caratterizzano differentemente i modelli.
Imprese: A,B,C,D. Le 4 imprese adottano differenti decisioni di posizionamento.
IMPRESA A: politica di qualità e prezzo elevati.
IMPRESA C: politica di standard qualitativi e prezzi contenuti.
IMPRESA B-D: posizioni intermedie di qualità e di prezzo.
Questo schema consente di identificare i concorrenti più
immediati in funzione della propria scelta di posizionamento, cioè
in funzione delle leve (in questo esempio qualità e prezzo) che
l’impresa decide di attivare per avvantaggiarsi sulla concorrenza:
supponendo che l’impresa D sia stata l’ultima ad entrare nello
specifico segmento di mercato, la scelta l’ha portata a porsi in concorrenza più diretta con l’azienda B che
con l’azienda A e C.
Le scelte di posizionamento possono essere attuate facendo leva anche su altre caratteristiche dell’azione di
marketing (es. termini di garanzia, modalità di pagamento, ecc.).
Nicchia di mercato: la conquista della nicchia di mercato è legata alla possibilità di disporre di un vantaggio
competitivo conservabile, all’opportunità, cioè, di offrire ad un certo gruppo di acquirenti un valore unico
nelle condizioni di offerta, che assicuri all’impresa il successo durevole nei confronti della concorrenza
operante nello stesso segmento.
 I differenti prodotti dell’offerta di un’impresa partecipano alla costituzione del reddito della stessa
in consistenza differente: per questo è necessario mappare l’evoluzione dei singoli prodotti e
modelli nel tempo. Sotto tale profilo assumono particolare rilevanza i concetti di “ciclo di vita del
prodotto” e “matrice del portafoglio-prodotti”.
Necessità del rinnovamento della gamma: l’esigenza di una pluralità di modelli e tipi di prodotto deriva
anche (oltre che dalla partecipazione al reddito) dal naturale invecchiamento della gamma e dalla necessità,
quindi, di procedere in modo sistematico e continuativo al suo rinnovamento.

48

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Curva del ciclo di vita del prodotto: ciascun prodotto o modello di prodotto ha un suo ciclo di vita, che
si svolge dalla nascita, all’affermazione, allo sviluppo e poi, al declino. Di conseguenza, per l’impresa
assumono un’importanza rilevante tutte le decisioni relative al ringiovanimento e alla radiazione dei
prodotti obsoleti e al correlativo inserimento di nuovi prodotti. A tal fine, bisogna tentare di prevedere il
ciclo di vita del prodotto.
Come mostrato in figura, ogni prodotto, dal
momento della sua immissione nel mercato a
quello della sua eliminazione dalla gamma di
vendita dell’impresa attraversa sostanzialmente
quattro fasi:
1. Introduzione
2. Sviluppo
3. Maturità
4. Declino
Il ciclo di vita del prodotto non ha sempre lo
stesso andamento, perché in certi casi si può
presentare a balzi con tempi più brevi di
crescita e declino. In generale la curva viene rappresentata con una funzione logistica fino alla fase
di stabilizzazione del prodotto sul mercato, seguita da un tratto più o meno decrescente (declino).
Introduzione: nella quale inizia a diffondersi il prodotto, con una crescita molto lenta delle vendite.
Sviluppo: nella quale si afferma il prodotto nel mercato, con una crescita molto rapida delle
vendite.
Maturità:nella quale le vendite continuano a svilupparsi, ma ad un tasso meno elevato.
Declino: nella quale le vendite iniziano a ridursi rapidamente a causa di 1- obsolescenza del
prodotto; 2- immissione di un prodotto sostitutivo; 3- saturazione della domanda.
La curva ha un andamento diverso non solo in relazione alla natura del prodotto, ma anche in
relazione alle politiche di mercato: influiscono le particolari condizioni concorrenziali e le scelte
assunte dalla stessa impresa venditrice che può abbreviare o allungare il ciclo di vita mediante
politiche d’invecchiamento precoce (immettendo nuovi prodotti) o di ringiovanimento del prodotto.
Esempio. Lancio di un libro sul mercato. Ciclo di vita di un libro “rivitalizzato”: al lancio di un
nuovo libro solitamente questo avrà la copertina rigida, per rilanciare successivamente il prodotto sul
mercato si studia una versione “economica” con copertina flessibile.
Ciascuna fase del ciclo di vita del prodotto è caratterizzata da:
- diversa redditività
- differente peso delle politiche di marketing.
o Introduzione: il prodotto genera perdite, anche se il prezzo è
elevato, perché 1- vendita quantità limitata; 2- alti costi
distributivi; 3- alti costi promozionali.
o Sviluppo: ottenimento di margini crescenti.
o Maturità: il prodotto continua a generare profitti elevati soprattutto per effetto
dell’allargamento del mercato, ma la situazione diventa più difficile a causa della
concorrenza e della stazionarietà della domanda.
o Declino: perdita progressiva di interesse per il prodotto e i margini di profitto si comprimono
gradualmente.
 Matrice del portafoglio-prodotti (o matrice BCG): questa differente partecipazione al reddito
aziendale è alla base della matrice portafoglio-prodotti costruita dal Boston Consulting Group. Suddivide
i prodotti in quattro classi in funzione del CASH-FLOW GENERATO, intendendo con questo termine il
divario tra investimenti e ritorni relativi a ciascun prodotto. La matrice stabilisce un rapporto diretto tra
cash-flow di prodotto e condizioni interne (quota di mercato) ed esterne (sviluppo della domanda): per
ciascun prodotto, la situazione favorevole o non, sotto il profilo del ritorno dell’investimento, dipende
dalla quota di mercato detenuta dall’impresa e dal tasso di variazione della domanda globale.
ALTA BASSA
ALTO - Flusso di cassa: - Flusso di cassa: negativo.
equilibrio tra entrate e - Strategia: monitorare se
uscite positivo. evolve verso stella o
49

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Tasso
annu
- Strategia: investire nella cane.
ale
crescita.
reale
STELLA (star) ENIGMI (question mark)
di
BASSO - Flusso di cassa: alto, - Flusso di cassa:
cresci
stabile. equilibrio tra entrate e
ta del
- Strategia: mungere. uscite insoddisfacente o
negativo. merc
- Strategia: disinvestire. ato
VACCHE DA MUNGERE CANI (dog)
(cash cow)

- Dogs o prodotti marginali: bassa quota di mercato e lento sviluppo della domanda.
- Question marks o rischiosi: bassa quota di mercato e rapido sviluppo della domanda.
- Stars o di successo: alta quota di mercato e rapido sviluppo della domanda (>richiede un continuo investimento di risorse).
- Cash cows o da reddito: alta quota di mercato e lento sviluppo della domanda. È il prodotto che darà ritorni più soddisfacenti perché l’azienda
potrà sfruttare, senza grandi sacrifici reddituali, la sua posizione di forza in un mercato poco interessante per la concorrenza perché non si
sviluppa.
Oltre ad individuare classi diverse di prodotto, la matrice permette di terminare due tipologie di
progressione:
Qu
1. Favorevole, rischioso (enigma) > successo (star) > da reddito (cash-cow)
2.ot Sfavorevole, successo (star) > rischioso (enigma) > marginale (dog).
Laa matrice BCG è oggetto di diverse critiche e di parecchi tentativi di miglioramento, infatti diversi sono
i di
limiti evidenti:
m o L’attrattività di un mercato non dipende solo dal tasso di crescita della domanda.
o La quota di mercato è solo un elemento della forza competitiva.
er o Non considera i tassi negativi di sviluppo della domanda.
 ca
Matrice General Electro: rispetto alla matrice del portafoglio-prodotti, può apparire più completa la
to
matrice ideata dalla General Electric e dalla Mc Kinsey, fondata sull’ATTRATTIVITÀ DEL
de
MERCATO e sulla POSIZIONE COMPETITIVA. In realtà queste due variabili ampliano gli elementi
ll’i matrice BCG (sviluppo della domanda e quota di mercato) e ipotizzano 9 possibili situazioni.
della
m
ALTA

pr
1 2 3 AREA DELL’INVESTIMENTO: necessità di investire per
es rafforzare la posizione di mercato.
ATTRATTIVITÀ DEL SETTORE

a
MEDIA

4 5 6
AREA DEL
DISINVESTIMENTO
BASSA

7 8 9

AREA DI ATTESA: le decisioni aziendali dovrebbero essere di


DEBOL mantenimento o di attesa in funzione delle prospettive di
ELEVATA MEDIA evoluzione della posizione occupata.
E

FORZA COMPETITIVA

L’attrattività di un settore è funzione del tasso di sviluppo della domanda, dei margini di profitto
conseguibili, della dimensione del mercato e altri fattori importanti a seconda dei casi.
La posizione competitiva è correlata alla quota di mercato, alla velocità di crescita della quota di mercato, al
grado di innovatività dei prodotti, ecc.
La costituzione di questo schema richiede una preventiva analisi dei fattori tipici di ciascun settore.
Altri elementi nella politica di prodotto: un prodotto non può essere visto soltanto come un mezzo per
appagare un bisogno limitato, ma va considerato come un “fascio di utilità” o “boundle of utilities”, cioè un

50

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
insieme di attributi tangibili e intangibili, che risponde ad esigenze di vario genere. Le imprese definiscono
una “proposta di valore” che risponda ai bisogni di potenziali acquirenti che si determinano all’acquisto
quando l’offerta dell’impresa viene giudicata “adeguata ed equilibrata” in termini di costi/benefici. Es.
l’automobile è allo stesso tempo mezzo di trasporto, simbolo di “status”, strumento di affermazione
personale, ecc.
 Politica della marca: si inserisce nella politica di prodotto, è una specifica componente promozionale
che si estrinseca nella costruzione dell’immagine della marca. L’assenza di una politica della marca è
frequente nelle piccole unità industriali che preferiscono cedere “in bianco” il prodotto al distributore.
L’impresa può scegliere fra l’adozione di:
o Marca industriale
o Marca commerciale
o Marca unica per l’intera famiglia di prodotti -family brand o firm brand- (es. Barilla che utilizza
la stessa marca per pasta e sughi)
o Marche distinte per prodotto -product brand- (es. Unilever commercializza tè con marchio
Lipton).
La marca ha assunto un ruolo primario nel mix di marketing perché sinonimo di garanzia del prodotto. Il
trascinamento delle marche di prestigio è divenuto così rilevante da indurre il fenomeno dell’estensione
della marca (brand extension) ovvero all’ampliamento della gamma originaria, due sono gli scenari
possibili:
1. Industria di abiti di fascia alta che decide di inserire nella gamma articoli prodotti da altre industrie,
ma allocati con la propria marca.
2. Estensione a settori non collegati (es. Bulgari gioielleria, investe con il proprio nome in villaggi
turistici e profumeria).
 Confezione (o packaging): assume un’importanza considerevole sotto il profilo promozionale oltre che
sotto quello della miglior conservazione del prodotto. Il tipo di confezione è spesso sfruttato per
acquisire un vantaggio differenziale, inducendo il consumatore a preferire quel tipo di marca rispetto alle
proposte simili sul mercato.
L’industria del packaging per molti prodotti alimentari è divenuto un fattore competitivo fondamentale,
anche per le sinergie che si possono sfruttare con la funzione di trasporto, i cui costi si riducono con
l’utilizzo di confezioni che ne agevolano il servizio.
 Assistenza post-vendita e garanzie da fornire ai compratori: la garanzia è comune alla maggior parte
dei prodotti, pur rivestendo maggior rilevanza per i prodotti di certa complessità tecnica e di particolare
pregio, può essere implicita nel nome del venditore se questi ha acquisito particolare pregio sul mercato,
oppure essere riconosciuta mediante l’apposizione di marchi di qualità (es. vera pelle, lana vergine,..).
Correlata allo standard qualitativo è la concessione di garanzie di funzionamento, che si concretano
nell’assicurare l’assistenza gratuita da parte del produttore, generalmente entro un certo lasso di tempo
dall’acquisto.
 Il problema dei livelli qualitativi da conferire alla gamma di vendita si collega non solo alla scelta
dei segmenti di mercato da servire, ma anche al problema della politica di prezzo.
PRICE: la determinazione e l’amministrazione dei prezzi di vendita assumono un ruolo importante
nell’elaborazione del programma di marketing, in quanto il prezzo è il fattore su cui si impostano le
comparazioni finali dei consumatori. Il problema si concreta nella formulazione del sistema dei prezzi da
applicare ai prodotti compresi nella gamma (DETERMINAZIONE DEI PREZZI) e nell’amministrazione
dei listini praticati alla clientela (DISCRIMINAZIONE e CONTROLLO DEI PREZZI).
Premessa: per certe produzioni è lo Stato che fissa i prezzi massimi di offerta (pezzi politici o amministrati) e
in certe circostanze -gare di appalto- può essere lo stesso compratore a decidere il prezzo.
La fissazione dei prezzi assume un rilievo diverso a seconda del mercato servito e del grado di concorrenza.
È certamente più importante se l’impresa vende direttamente al compratore perché impone il prezzo finale.
Nei mercati oligopolistici la formazione del prezzo è più o meno regolamentata: soprattutto quando pochi
produttori detengono il controllo del mercato, il prezzo è spesso frutto di intese tra questi ultimi che possono
essere o non formalizzate attraverso accordi scritti. Sono pochi i casi di definizione ufficiale di un “cartello”
perché le conseguenze di una guerra sui prezzi possono essere essenziali per molti dei concorrenti.
La determinazione del prezzo di vendita: si fonda sulle seguenti premesse generali.
A) Funzione attribuita al prezzo, in relazione alla segmentazione del mercato e al posizionamento della
marca.

51

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
B) Equilibrio volumi-margini da conseguire.
C) Ruolo del particolare modello o prodotto nella gamma di vendita.
D) Peso della politica del prezzo nel marketing-mix.
La fissazione dei prezzi avviene solitamente in due fasi:
1. A livello di articolo specifico
2. In funzione dell’intera gamma trattata.
La determinazione dei prezzi, passa cioè attraverso un processo di approssimazioni successive: in effetti il
problema si concreta nell’individuazione del possibile margine di manovra del prezzo e nella determinazione
di una quotazione compatibile con gli obiettivi di mercato da raggiungere.
 Area di manovra del prezzo: l’area di manovra risulta definita soprattutto da tre elementi.
1. Costo del prodotto, è il metodo più correntemente utilizzato, consiste nell’aggiungere al costo del
prodotto un certo margine di profitto, ma non considera le condizioni prevalenti nel mercato. Le
difficoltà connesse al calcolo dei costi di produzione sono legate sia all’incerta imputazione dei costi
comuni sia alla individuazione delle curve di andamento dei costi variabili sia alla previsione del
volume di produzione e di vendita. Queste difficoltà comportano che più spesso i dati di costo
servono per valutare l’opportunità di praticare certe quotazioni.
2. Elasticità della domanda > il prezzo deve tener conto del valore attribuito al prodotto dai
consumatori
3. Pressione della concorrenza, > il prezzo risentirà particolarmente del livello di differenziazione del
prodotto; rispetto ai prezzi della concorrenza l’impresa può adottare una politica di imitazione o di
differenziazione.
Non è razionale considerare solo uno dei tre fattori.
Sulla base di elementi interni (costo) ed esterni (elasticità e concorrenza) dovrebbero determinarsi i limiti di
manovra del prezzo, tuttavia non solo questi limiti non sono sempre rispettati, ma addirittura in condizioni
attuali di concorrenza internazionale e persistente crisi, si potrebbe sostenere che “i prezzi fanno i costi” ( > il
produttore una volta accertatosi del possibile prezzo praticabile dovrebbe gestire i costi). In pratica , la
possibile escursione di prezzo dipende da molti fattori, fra i quali assumono un maggior peso:
a) Concorrenza reale, presenza nel mercato di prodotti con caratteristiche similari.
b) Concorrenza potenziale, possibile entrata di altri produttori.
c) Concorrenza indiretta, minaccia di prodotti sostitutivi.
d) Grado di differenziazione del prodotto rispetto alla concorrenza.
e) Qualità del servizio offerto con il prodotto.
 Le politiche di prezzo: il concetto di fondo cui si lega la politica di prezzo è quello della
differenziazione del prodotto ( > un prodotto idoneo a soddisfare nuovi bisogni o più efficace di altri per
i vecchi bisogni, consente un’ampia discrezionalità per il produttore, ciò vale ancor più allorché i
vantaggi sono destinati a permanere nel tempo) che consente di ottenere un “premium-price” cioè un
differenziale favorevole di prezzo.
In generale la fissazione dei prezzi di vendita è orientata dagli obiettivi e dalle politiche nel (breve e) lungo
termine: gli orientamenti della politica di prezzo possono essere verso la:
- PENETRAZIONE DI MERCATO:
 Obiettivo: conquistare la quota più elevata di mercato nel minor tempo possibile
 Mezzi: raggiungere il numero più alto di acquirenti mediante la fissazione di un prezzo contenuto.
 È consigliabile quando è possibile ottenere significative economie di scala e la differenziazione è annullabile in tempi
brevi, e con la minaccia della concorrenza reale e potenziale.
- SCREMATURA DI MERCATO:
 Obiettivo: sfruttare al meglio la differente capacità di spesa del consumatore, allo scopo di ottenere la massima redditività
globale per l’investimento effettuato.
 Mezzi: prezzi inizialmente elevati e successivamente decrescenti, ovvero la conquista successiva di classi di consumatori
disposte a spendere sempre meno per acquistare il particolare prodotto.
 È preferibile allorché il prodotto gode di protezione nel tempo, non si presta ad essere accolto immediatamente da larghe
fasce di clientela.
 L’investimento appare meno rischioso perché il prodotto può essere inizialmente immesso in quantità ridotte e gli ampi
margini unitari di vendita permettono di autofinanziare in parte l’investimento globale.
Entrambe le politiche possono essere adottate in fasi avanzate del ciclo di vita e per fasce diverse di clientela.
Indice di elasticità incrociata: le scelte relative ai singoli prodotti devono tener conto anche del ruolo che
ciascun prodotto o modello è chiamato a svolgere all’interno della gamma di vendita. Si tratta cioè di
valutare se tra i prodotti posti in vendita esistano delle relazioni d’interdipendenza e di stabilire come
regolarle (la determinazione dei prezzi si svolge in funzione della gamma trattata c.d.).

52

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Per valutare l’interrelazione tra i prezzi dei prodotti venduti si può utilizzare l’indice di elasticità incrociata,
cioè nell’ipotesi di 2 beni (A e B), l’indice di elasticità incrociata (E A,B) è il rapporto tra la variazione
percentuale della domanda del bene A rispetto alla variazione percentuale del prezzo del bene B:
Al variare del prezzo del bene b, COME VARIA LA QUANTITÀ
VENDUTA DEL BENE A?
VA = domanda del bene A
PB = prezzo del bene B.
 POSITIVA: i beni sono “intersostituibili”. All’aumentare-diminuire del prezzo di B, aumenta-diminuisce
la vendita di A.
 NEGATIVA: i beni sono “complementari”. All’aumentare-diminuire del prezzo di B, diminuisce-aumenta
la vendita di A. Esempio. All’aumentare del prezzo di una stampante si venderanno meno cartucce per
quella stampante. Al diminuire del prezzo di S si venderanno più C.
 BASSA O NULLA: i beni sono “non correlati”. All’aumentare del prezzo del bene B, non varia la quantità
acquistata del bene A.
Esempio. La riduzione del prezzo dei cellulari con lettori MP3 farà diminuire le vendite dei lettori CD
portatili (prodotto intersostituibile); farà aumentare le vendite di memoro card (prodotto complementare) e
non avrà nessun particolare effetto su quella dei PC (bene non correlato).
Amministrazione dei prezzi di vendita (discriminazione e controllo dei prezzi): data la varietà delle
situazioni in cui si svolgono le contrattazioni, c’è la necessità di operare una discriminazione dei prezzi stessi
in funzione di:
o Obiettivi di segmentazione del mercato,
o Obiettivi di adeguamento a differenti andamenti concorrenziali,
o Obiettivi di espansione delle vendite.
L’impresa trova conveniente determinare per il medesimo prodotto una scala di prezzi che contribuisca a
rendere l’offerta più elastica ed omogenea; oppure si orienta a sfruttare una politica di prezzi differenziati in
funzione delle marche con cui il prodotto viene proposto sul mercato.
L’amministrazione dei prezzi varia a seconda che l’offerta sia rivolta a:
- Consumatore: il produttore può decidere autonomamente il prezzo da praticare al cliente “scoutistica da
applicare rispetto a un listino base”.
- Distributore (grandi magazzini): ampia libertà di scelta essendo in uso la pratica delle “offerte”
periodiche.
- Dettagliante: il produttore può cedere il proprio prodotto ad un prezzo imposto (fisso), consigliato (entro
margini prefissati), libero.
PROMOTION: l’azienda dovendo vivere in un rapporto di scambio con l’ambiente, esercita l’attività di
comunicazione non solo ricollegandola all’attività promozionale.
La PROMOZIONE e la PUBBLICITÀ rivestono un ruolo centrale nel processo di vendita e si pongono quali
strumenti, tra i più importanti, della GESTIONE COMMERCIALE.
 La promozione è il complesso di azioni poste in essere per indurre, preservare o modificare i modelli di
comportamento degli operatori di mercato (consumatori, intermediari, finanziatori, altri produttori, ecc.)
allo scopo di ritrarre un vantaggio competitivo.
Deve indurre all’acquisto sfruttando le motivazioni che determinano il comportamento del consumatore
-processo di formazione delle decisioni di acquisto che si compone di tre fasi successive:
1. Momento cognitivo: stadio conoscitivo nel quale si acquisisce la consapevolezza del bisogno da
soddisfare e si rivolge l’attenzione ai prodotti idonei a tale scopo.
2. Momento emotivo: stadio affettivo nel quale interesse e desiderio di disporre del prodotto.
3. Momento attivo: stadio comportamentale nel quale comparazione delle offerta di mercato e acquisto
materiale del prodotto.
Questo è il modello AIDA di formazione della volontà di acquisto.
Peraltro le scelte tra beni non sono effettuate tra tutte le marche presenti sul mercato, ma soltanto fra
quelle conosciute o meglio ricordate: scopo della promozione è far conoscere e ricordare il nome del
prodotto, tanto meglio se si riuscirà a creare una preferenza per la specifica marca.

53

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
La politica di comunicazione (promotion): si concreta nello stabilire gli obiettivi, le modalità ed i mezzi di
comunicazione con i vari pubblici, soprattutto ad essa è affidato il compito di inviare informazioni agli
interlocutori con cui l’impresa è in contatto.
La politica di comunicazione può essere realizzata mediante:
 L’attività di relazioni pubbliche
 La pubblicità
 La promozione in senso stretto
 L’attività persuasiva dei venditori
Queste attività si collocano in posizioni differenti in quello che può essere definito l’imbuto promozionale.
Imbuto promozionale: si ricorre al concetto di imbuto promozionale per sottolineare l’immissione di risorse
nell’attività promozionale che si differenziano per modalità d’impiego e per effetti prodotti, allo scopo di
ottenere lo sviluppo delle vendite (fine ultimo: aumento del volume d’affari dell’impresa). Si passa da un
“effetto informativo-di contatto” attraverso l’effetto persuasivo crescente allo
sviluppo delle vendite.
I problemi di composizione quali-quantitativa della miscela promozionale
fanno parte della formulazione del BUDGET PUBBLICITARIO, in primis
bisogna determinare l’ammontare dei mezzi da destinare alla comunicazione
tenendo conto che al di sotto di una certa soglia l’investimento non produce
alcun effetto e la misurazione dell’efficacia è difficile. Per tale motivo
l’entità dello stanziamento è determinata spesso in modo empirico e poco
razionale, in quanto non si lega agli obiettivi, ma a grandezze o disponibilità
finanziarie.
Comportamenti abituali sono:
- Per investimenti che si ripetono nel tempo: maggiorare (in proporzione all’incremento delle vendite) lo
stanziamento dell’anno precedente
- Per investimenti iniziali o ripetuti: 1- in proporzione all’ammontare del fatturato dell’anno precedente o
successivo; 2- investimento concorrenza; 3- alla cifra che può essere sopportata dal C.E.
 PUBBLICHE RELAZIONI: creare immagine favorevole delle realizzazioni aziendali, sensibilizzare il
pubblico, creare relazioni di fiducia. Come? Conferenze, convegni, opere sociali, ecc. Non si pongono
direttamente lo scopo di aumentare le vendite (obiettivo intermedio), ma di crearne le condizioni
favorevoli. Per questo sono all’inizio dell’imbuto dato che hanno lo scopo di raggiungere il più vasto
pubblico possibile.
 PUBBLICITÀ: attività tradizionale di comunicazione, spesso confusa con la stessa attività
promozionale, è qualsiasi forma di messaggio impersonale inviato a pagamento da un promotore
individuato a coloro che sono o possono essere interessati al prodotto.
La pubblicità viene realizzata attraverso i media: stampa quotidiana e periodica, radio-televisione, posta
diretta, cinema, manifesti, ecc. ed ha generalmente un ampio effetto di propagazione del messaggio. Di
solito è attuata mediante apposite campagne:
o Campagne di lancio: propagandare un nuovo prodotto
o Campagne di urto: rivitalizzare un prodotto
o Campagne di prestigio: affermazione della marca
o Campagne di ricordo: sottolineare la continuità di presenza del prodotto nel mercato
In campo pubblicitario un’innovazione di grande portata è rappresentata dall’uso di internet quale veicolo di
comunicazione. Soprattutto nel campo del business to business e in quello di particolari beni rivolti ai
consumatori, l’allestimento di un proprio sito si pone come un investimento non particolarmente costoso e
con rendimenti crescenti nel tempo.

54

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Investimenti pubblicitari in Italia (dati in migliaia di euro):

 Vantaggi e svantaggi dei principali mezzi di comunicazione:

 PROMOZIONE IN SENSO STRETTO: per rafforzare l’effetto di richiamo, cioè per l’affermazione di
un nuovo prodotto o per rivitalizzare un prodotto in declino > vivacizzare la domanda, smaltire le scorte.
Si differenzia dalle altre due perché si concreta nel creare, per periodi limitati di tempo, inventivi per
l’acquisto dei prodotti con un’elevata carica persuasiva.
 ATTIVITÀ PERSUASIVA DEI VENDITORI: nella promozione stessa ritrova opportunità per
realizzare una più efficace azione commerciale. Attraverso la promozione commerciale gli intermediari
mercantili possono avere particolari sconti o possono essere assistiti sul punto vendita (es.
nell’allestimento delle vetrine) > trade marketing.
PLACE (distribuzione-canali):
La scelte della politica di distribuzione: la distribuzione dei prodotti comporta scelte basate su valutazioni:
1. Determinazione del livello di contatto con il mercato: quali sbocchi si possono avere sul mercato?
Commercio all’ingrosso, al dettaglio, consumatore finale. Quali sono preferiti dagli acquirenti?
Tipologia sbocchi.
2. Intensità della distribuzione: quanti sbocchi si possono avere sul mercato? Numero di sbocchi.
 Vendita estensiva, massima copertura dei punti finali di vendita
 vendita selettiva, numero limitato e selezionato di sbocchi.
 vendita esclusiva, caso limite di distribuzione selettiva.
Il problema si pone preminentemente per i produttori di beni di uso non corrente. In tutti i casi comunque
la scelta viene orientata dalle abitudini di acquisto dei consumatori e dagli obiettivi e caratteristiche
dell’azione commerciale (es. obiettivo di massimizzazione delle vendite > vendita estensiva; obiettivo di
massimizzazione del volume d’affari > vendita selettiva).
 La determinazione qualitativa e la definizione del loro numero rappresentano le fondamenta sulle quali
poggia la scelta vera e propria del canale di collegamento tra azienda e sbocchi prescelti.
3. Tipo di operatori cui affidare il collocamento del prodotto sul mercato: come ci si può collegare agli
sbocchi sul mercato? Venditori aziendali, commercianti, ausiliari mercantili. Modo di collegamento.
Obiettivi della politica di distribuzione. Il problema si estrinseca nella:
o determinazione della lunghezza del circuito (aspetto verticale): concerne il grado di controllo che
si desidera conservare sulla domanda finale. La scelta è tra l’uso di:
i. Canali indiretti:
 Lungo (produttore > (agente) > grossista > agente > dettagliante > consumatore)
 Medio-lungo (produttore > rappresentante > dettagliante > consumatore)
 Breve (produttore > dettagliante > cons.); (produttore > rappresentante > cons.)
ii. Canale diretto (produttore > consumatore)

55

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Relativamente alla vendita diretta, nel settore dei beni di consumo è rara, tranne nel caso di prodotti d’uso
durevole, ma una maggiore importanza sta assumendo il digital marketing come canale diretto.
In definitiva, le possibili soluzioni del problema dei canali sono limitate e spesso esercitano un effetto
fortemente condizionante rispetto alle politiche di prodotto, prezzo e promozione:
 Strategia di marketing di spinta (push): richiede forme distributive incisive e penetranti.
 Strategia di marketing di attrazione (pull): sfrutta principalmente lo strumento pubblicitario.
o fissazione dell’intensità della distribuzione (aspetto orizzontale): concerne il grado di copertura
del mercato. Va misurata sulla base di due indici importanti per valutare il proprio grado di
presenza nel mercato servito: quota numerica dei punti di vendita (rapporto tra numero di
punti vendita nei quali è presente il prodotto dell’azienda sul numero di punti venduta totali),
quota ponderata (rapporto tra il volume d’affari realizzato complessivo realizzato dai punti
vendita in cui è presente il prodotto dell’azienda e il volume di vendita di tutti i punti vendita sul
mercato).
Nell’ambito della politica stabilita, bisogna valutare la convenienza del ricorso a certi sbocchi e operatori
considerando una serie di elementi qualitativi e quantitativi delle differenti vie di distribuzione. Tra i
principali fattori quantitativi compare il costo-investimento: vincolo per l’adozione di politiche di
distribuzione, elemento segnalatore della convenienza economica di una soluzione. Il limite alle opzioni in
materia di distribuzione si trova nel margine lordo (costo di distribuzione + profitto) per gruppo di prodotti,
cioè il conseguimento dell’utile è strettamente dipendente dall’altezza degli oneri da sostenere per allocare le
produzioni sul mercato.
La qualità del marketing e marketing relazionale: il piano di marketing deve essere attuato con
un’efficace gestione dei rapporti con tutti gli stakeholder e con la clientela.
Il marketing relazionale ha lo scopo di costruire relazioni durevoli nel lungo termine, con soddisfazione di
tutte le parti in causa, in modo da migliorare e sviluppare le rispettive attività economiche. In altre parole, il
marketing relazionale è basato sull’interazione in un network di relazioni.
Costumer relationship management CRM: Il costumer relationship management, parte del marketing
relazionale, deve consentire di mantenere un elevato grado di fedeltà dei clienti, in modo da conferire
stabilità al portafoglio detenuto. Infatti la costumer retention e la costumer satisfaction generano significativi
effetti sulla profittabilità dell’impresa.
Gli obiettivi di soddisfazione e fidelizzazione della clientela (costumer satisfaction e costumer
retention): generano effetti sulla profittabilità dell’impresa perché:
1- Acquisire nuovi clienti richiederebbe elevati costi
2- La fedeltà dei clienti all’azienda aumenta il flusso dei ricavi nel tempo (grazie anche all’eventuale
sviluppo di attività cross-selling o vendite incrociate) e, se l’impresa è abile, riduce i costi correlati
3- I consumatori fidelizzati attivano un processo di passa-parola (word of mouth)
4- E diventano meno sensibili nei confronti di offerte alternative anche se economicamente più vantaggiose
(costi di switching).
Concetto di Costumer life-time value: obiettivo finale del marketing relazionale è il miglioramento della
profittabilità della clientela e la massimizzazione del Costumer Lifetime Value (CLV), cioè del valore che
un cliente può generare nel tempo per una determinata impresa. In termini di ricavi può essere calcolato:
CLV = VALORE MEDIO DELLA TRANSAZIONE * FREQUENZA DI ACQUISTO * CICLO DI VITA
ATTESO DEL CLIENTE
Esempio. Consideriamo il caso di un consumatore che spenda in media 20 000 € per acquistare
un’automobile e che rinnovi il prodotto ogni 10 anni. Nell’ipotesi in cui la sua vita di conducente dovesse
essere stimata in 50 anni, il suo CLV risulterebbe pari a 100 000 €.
Le radici concettuali del CLV sono:
- I clienti sono asset dell’impresa gestiti in un’ottica di lungo termine
- Profittabilità dei clienti varia, non tutti ugualmente desiderabili
- Migliore conoscenza di bisogni, preferenze, comportamenti d’acquisto per massimizzare il valore
complessivo del portafoglio-clienti
Considerazioni di sintesi: esiste una netta divaricazione tra beni di lusso e non, per i beni di lusso funziona
in modo opposto la leva del prezzo (maggiore è il costo, maggiore è il prestigio associato), per i beni di
acquisto corrente la sensibilità al prezzo è la leva su cui si accende la competizione. Questo trova conferma
nella politica di offerte istituzionalizzata nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e nel crescente

56

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
ricorso ad internet per l’individuazione di tali offerte. Il web è divenuto in sostanza lo strumento principale di
“non store trade”. Le imprese hanno intuito l’importanza e adeguato le loro politiche distributive.
Lezione 19, Capitolo 14, Il processo di produzione e l’impianto
La funzione di produzione: la funzione di produzione riguarda il processo di trasformazione dei beni, ossia
l’insieme di operazioni mediante le quali le risorse acquistate dall’impresa (materie prime, ausiliarie,
semilavorati, ecc.) sono tramutate in prodotti finiti da collocare sul mercato.
Il processo di produzione si colloca tra quello di approvvigionamento e vendita, ha dunque una posizione
centrale nel processo di gestione ed in ragione di questa posizione, il contributo della produzione è
fondamentale per il successo competitivo-strategico dell’impresa.
Le scelte di produzione:
- Scelte strategiche: concorrono alla creazione del vantaggio competitivo.
Dipendono dalle scelte competitive in termini di:
 Leadership di costo, attengono al campo dell’EFFICIENZA (riduzione dei costi di produzione,
massimizzazione della produttività, miglioramento dei processi produttivi)
 Differenziazione, attengono al campo della COERENZA (riguardano la qualità dell’output, i
servizi associali all’output e la flessibilità-capacità che l’impresa dimostra in risposta alle
variazioni della domanda)
- Scelte strutturali: dipendono dalle scelte prese in campo strategico, costituiscono il sistema operativo
coordinando le risorse disponibili.
- Scelte di gestione operativa: sono finalizzate alla realizzazione dell’operatività del processo produttivo
mediante la programmazione ed il controllo di produzione.
Aspetti operativi: il profilo operativo della funzione di produzione si orienta più specificamente ai problemi
di logistica industriale: il risultato delle scelte coordinate in campo di approvvigionamento, produzione e
vendita è l’efficienza.Per efficienza si intende:
- Miglioramento del time to market
- Riduzione degli immobilizzi in scorte
- Compressione dei tempi di ozio dei fattori produttivi
Il processo di pianificazione
della produzione: e correlato
processo di gestione delle
operations.
Nella parte superiore del grafico
compaiono i FLUSSI
INFORMATIVI.
Nella parte inferiore del grafico
compaiono i FLUSSI FISICI
che attengono propriamente al
processo operativo.
La lettura del grafico ha inizio a
destra, attraverso un
procedimento ciclico composto
da due fasi (flussi sopra) distinte
-ruolo fornitori-, ritorna al
cliente :
1. Il cliente ha dei bisogni e formula degli ordini che vengono percepiti dall’impresa e studiati anche in un’
ottica previsiva (attività di previsione).
2. Lavorazione ordini e controllo scorte: si elaborano gli ordini e si ragiona sulle previsioni in modo da
poter orientare la pianificazione della produzione e l’attività di programmazione e controllo.
3. Questi processi hanno un impatto sulla gestione dei materiali: in funzione della produzione attesa si
programmano gli approvvigionamenti e si commissionano i materiali ai fornitori.
4. Ricevuti i materiali intervengono processi di:
o Logistica in entrata: ricezione materiali e scorte
o Logistica interna: invio di materiali e scorte per la produzione > trasformazione dei materiali
o Logistica in uscita: passaggio dei materiali attraverso le reti distributive (stoccaggio nei
magazzini dispersi sul territorio e/o raggiungimento dei punti vendita sul territorio).

57

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
Ruoli chiave del processo:
- CLIENTE: punto di partenza del processo informativo che supporta la programmazione della produzione
- FORNITORI: punto di partenza del processo fisico di produzione.
 Scelte strategiche di produzione?
Strategia competitiva e strategia produttiva: la strategia di produzione deve essere centrata sugli aspetti
prioritari della strategia competitiva per assicurare il migliore contributo alla creazione del vantaggio
competitivo.
Possibili strategie competitive e conseguenti strategie di produzione:
- LEADERSHIP DI COSTO (price-competition) > PRODUZIONE CON BASSI COSTI
- DIFFERENZIAZIONE > PRODUZIONE DI QUALITÀ
 Determinate le scelte strategiche di produzione, scelte strutturali di produzione?
Tipologia dei sistemi produttivi (tipologia di scelte strutturali):
Si passa da un sistema
produttivo caratterizzato
da BASSA ripetitività e
BASSA uniformità, a un
sistema produttivo
caratterizzato da ALTA
ripetitività e ALTA
uniformità.

Si muove verso una


riduzione dei costi di produzione.
 Scelte di gestione operativa della produzione?
Modalità di organizzazione del processo di produzione:
SCELTE STRUTTURALI SCELTE DI GESTIONE
OPERATIVA
TIPO DI PRODUZIONE Caratteristiche del “ciclo di Modalità di gestione della
produzione” produzione
Prodotti per unità distinte intermittente Laboratorio o job shop.
Tendenzialmente si lavora su pezzi unici o su
commesse specifiche del cliente.
Es. sartoria, falegnameria, laboratorio
artigianale.
Prodotti di massa differenziati Intermittente o continuo Produzione a lotti.
Avviene su CATALOGO.
Es. mobilificio, azienda calzaturiera.
La produzione a lotti consiste nel produrre un
lotto di un particolare modello per soddisfare
la domanda, se ci sono avanzi vengono
stoccati in magazzino e ripresi
successivamente nel caso in cui venissero
richiesti.
Prodotti di massa standardizzati continuo Produzione in linea. Tipica del
modello fondista. Es. è la tipologia di
produzione dell’industria automobilistica.
Prodotti omogenei continui continuo Produzione a flusso continuo di
processo.
Es. processo di raffinazione del petrolio o di
un’acciaieria.
 Cosa produrre internamente? Cosa affidare a soggetti esterni? Make or buy? Problema del
dimensionamento.
Concetti utili:
Filiera: è il complesso delle imprese che partecipano alla trasformazione di una serie di materiali in prodotti
finiti o finali, contribuendo alla realizzazione di un bene da destinare al mercato di consumo o ad utilizzatori
industriali.
Prodotti finiti: sono l’output del ciclo di lavorazioni di un’azienda.
Prodotti finali: se i prodotti finiti non richiedono ulteriori trasformazioni per essere destinati ad un
particolare uso.
Il decentramento produttivo (outsourcing e de-integrazione):
58

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Outsourcing (scelta di approvvigionamento): ricorso al mercato per certe forniture.
- De-integrazione (scelta strategica di riduzione delle fasi di lavorazione): rinuncia a certe fasi di
lavorazione prima svolte internamente.
Imprese multi-plant = più impianti di produzione (modelli di suddivisione dei cicli di produzione):
quando un’azienda dispone di più unità produttive, il problema del dimensionamento si affianca a quello di
scelta del modello di suddivisione dei cicli o delle linee di produzione.
- Modello di ripetizione: ogni centro produttivo lavora agli stessi prodotti
- Modello della parcellizzazione: ciascun impianto svolge una frazione del processo, producendo parti poi
inviate a stabilimenti di monitoraggio.
- Modello di specializzazione: ogni impianto produce uno specifico prodotto della gamma.
Lay-out (disposizione fisica delle strutture tecnico-produttive): è la disposizione delle strutture edilizie,
delle macchine, delle attrezzature e delle postazioni del lavoro all’interno della fabbrica, allo scopo di
ottimizzare le “4 M” (Man, Materials, Machines, Money).
LAY-OUT Caratteristiche del lay-out
FUNZIONALE - Macchine raggruppate per tipo di lavorazione
svolta (comparto di fresatura, comparto di
verniciatura, ecc)
- Tipico dei prodotti per unità distinte o di massa
differenziati.
PER PRODOTTO - Macchine raggruppate per prodotto lavorato (es.
la catena di montaggio di un’automobile)
- Tipico dei prodotti di massa standardizzati e
omogenei continui.
A POSTAZIONI FISSE - Macchine spostate intorno al prodotto (es. la
realizzazione di un aereo, es. la realizzazione di
un ponte o un’abitazione)
- Tipico dei prodotti per unità distinte su
commessa.
A CELLE - Macchine raggruppate per gruppi di prodotti
lavorati: ogni cella si occupa di creare una
specifica famiglia di prodotti.
- Consente un maggiore grado di flessibilità della
struttura produttiva.
- Utilizzato per i prodotti di massa differenziati e
di massa standardizzati, si colloca a metà tra il
lay-out funzionale e il lay-out per prodotto.
- È utilizzato dall’industria automobilistica
scandinava (Volvo).
Gli obiettivi della funzione di produzione (flessibilità ed automazione): l’obiettivo comune a molti settori
industriali è quello di pervenire a soluzioni flessibili di produzione, che siano anche economicamente valide.
È richiesta flessibilità:
- Flessibilità economica o elasticità: capacità dell’impianto di essere competitivo anche in condizioni di
parziale utilizzo.
- Flessibilità di volume: anche non producendo a pieno regime, si riesce a contenere i costi di produzione.
- Flessibilità tecnica: capacità dell’impianto di adattarsi a produrre beni differenti senza incorrere in costi
(sovra costi) non facilmente sopportabili sotto il profilo competitivo.
- Flessibilità qualitativa di riassortimento-riprogrammazione: variare il mix produttivo in funzione della
variazione della domanda può avere un impatto significativo sul profilo dei costi e così determinare dei
costi in più difficilmente assorbibili. È importante evitare che questo accada, dunque è richiesta
flessibilità.
Valutare questi aspetti consente di misurare la capacità di adattamento dell’impresa, fondamentale per
garantire un vantaggio competitivo.
L’automazione svolge oggi (industria 4.0) un ruolo fondamentale per aumentare il grado di flessibilità.
Il problema del dimensionamento dell’impianto: per la corretta progettazione dell’impianto
(dimensionamento) è necessario ragionare sulle scelte di:

59

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Determinazione della capacità produttiva massima
- Determinazione della potenzialità ottimale degli impianti.
Le scelte si sovrappongono nel caso di impresa mono-
plant, in qualsiasi altro caso bisogna ragionare in termini
prima di dimensionamento complessivo della capacità
produttiva dell’impresa, quindi in termini di
progettazione e dimensionamento dei singoli impianti.
Ragionando su un’impresa manifatturiera che fronteggia
una domanda stagionale (es. produzione di pandori), la
capacità produttiva non si può dimensionare sulla
domanda, altrimenti risulterebbe inutilizzata per una
parte dell’anno e ciò comporterebbe un profilo di costo
non adeguato (eccesso di costi).
Si può allora ragionare sulla capacità produttiva in ragione delle scorte di prodotti finiti.
Nel grafico: le scorte possono essere considerate elementi di stabilizzazione del ciclo di produzione,
considerando un livello di produzione medio (linea rossa), si accumulano scorte quando la richiesta del
prodotto da parte della domanda è più bassa della capacità produttiva; le scorte saranno prelevate ai picchi
della domanda.
Una corretta progettazione degli impianti richiede che si eviti la formazione dei “colli di bottiglia” cioè delle
aree di lavorazione con una capacità produttiva bassa che condiziona poi il resto del processo.
Punto di pareggio e margine di sicurezza: il problema del dimensionamento del volume globale di
produzione presenta implicazioni economiche legate:
- alla rischiosità dell’investimento, il punto di pareggio e il margine di sicurezza misurano la rischiosità
dell’investimento aziendale al fine di non operare in perdita.
- alla economicità dello stesso (intesa come minimizzazione del costo unitario di prodotto > qual è il
volume di produzione che consente di raggiungere il minimo
costo unitario di produzione?).

Il controllo di efficienza della produzione: si pone l’obiettivo di prevenire anomalie, nel ciclo e nei
prodotti, per evitare di sopportare costi a vuoto e per garantire la qualità della produzione.
 Controllo dei risultati: controllo delle prestazioni fisiche in termini di assortimenti e produttività delle
risorse impiegate.
 Controllo di qualità: controllo della corrispondenza tra i prodotti e le specifiche tecniche di progettazione
e il rendimento garantito al consumatore (controllo prevalentemente su campione).
Può diventare un vero e proprio approccio gestionale “total quality management” che poggia sull’idea di
“prevenire” ovvero lavorare in anticipo in termini di progettazione e organizzazione della produzione al
fine di evitare problemi di qualità durante l’elaborazione perché intervenire ex-post sarebbe molto più
costoso.
A questa teoria si collega quella degli “zero scarti” (zero-waste), cioè la qualità non è soltanto questione
relativa, caratteristica del prodotto, ma riguarda complessivamente la gestione perché gli scarti, le
inefficienze, gli incidenti, … incidono sull’efficienza complessiva e dunque sulla qualità dell’offerta.
 Controllo economico (value alanysis): individuazione delle possibili aree di risparmio di costo nella
funzione produttiva (questo particolare tipo di controllo è tanto più necessario nei mercati in cui i costi si
fanno sui prezzi).
I fattori di efficienza della produzione: nei mercati moderni, in cui sempre più spessi “i costi si fanno sui
prezzi”, i principali fattori di efficienza nel processo produttivo sono rappresentati da:

60

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Sfruttamento ottimale dell’impianto: massimizzazione delle ore lavorate, riduzione dei tempi di fermate
e delle operazioni di set-up;
- Massimizzazione della produttività: ottimale organizzazione del lavoro e formazione del personale;
- Idoneità dei servizi di supporto alla produzione (magazzino, ricerca, trasporti interni, ecc.)

Lezione 20, Capitolo 15, La gestione della finanza: investimenti e finanziamenti


La funzione finanziaria (contenuto e ruolo): nella funzione finanziaria si comprende il complesso di
decisioni e di operazioni volte a reperire e ad impiegare i fondi aziendali.
La gestione finanziaria può essere inquadrata sotto il profilo:
- Strategico: attiene alle decisioni di lungo periodo tese ad ottimizzare l’impiego e la raccolta di fondi;
- Operativo: attiene ai compiti di attuazione e controllo delle decisioni prese.
Sebbene tale funzione possa essere governata in regime di maggiore autonomia e possa costituire un centro
di profitto a se stante, appare appropriato considerarla in chiave strumentale rispetto alla gestione
caratteristica (logica di corporate finance).
L’impresa ha bisogno di capitali per finanziare i processi di investimento e per far fronte alla gestione
corrente. Quando si ragiona in termini di gestione finanziaria bisogna innanzitutto definire il fabbisogno
finanziario.
La previsione del fabbisogno finanziario:
FABBISOGNO FINANZIARIO COMPLESSIVO =
FABBISOGNO DI CAPITALE FISSO +
FABBISOGNO DI CAPITALE CIRCOLANTE
Fabbisogno di capitale fisso: necessario per acquisire immobilizzazioni materiali e immateriali. È legato al
grado di capitalizzazione dei processi operativi.
Fabbisogno di capitale circolante: necessario per i cicli:
- Ciclo acquisto-produzione-vendita
- Ciclo di reintegro dei ricavi
Rapporto tra ciclo economico e ciclo finanziario (secondo i termini commerciali): solitamente nel
funzionamento dell’attività aziendale non c’è coincidenza tra ciclo finanziario e ciclo economico nel BREVE
PERIODO, al contrario, manifestazione finanziaria e manifestazione economica dovrebbero tendere a
coincidere nel LUNGO PERIODO.

Capitale circolante e capitale netto:


AMMONTARE SCORTE IN MAGAZZINO +
CREDITI COMMERCIALI –
DEBITI COMMERCIALI =
CAPITALE CIRCOLANTE COMMERCIALE +
ATTIVITA’ FINANZIARIE (LIQUIDITA’) +/-
ALTRE ATTIVITA’ O PASSIVITA’ CORRENTI=
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO = ATTIVITA’ – PASSIVITA’ CORENTI
Variabili che incidono sul fabbisogno finanziario:
Variabili che incidono sul fabbisogno di capitale fisso:
- Operazioni di investimento
61

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Operazioni di alienazione
Variabili che incidono sul fabbisogno di capitale circolante:
- Livello delle scorte
- Condizioni di pagamento applicate ai clienti
- Condizioni di pagamento applicate dai fornitori
- Livello di liquidità
Articolazione del fabbisogno finanziario: il fabbisogno finanziario è la risultante di 4 tipologie differenti di
esigenze:
 LUNGO TERMINE:
1- PERMANENTE > “STRUTTURALE” necessario per lo svolgimento delle attività di gestione.
2- NON PERMANENTE > “STRAORDINARIO” es. per l’acquisto di un nuovo impianto.
 BREVE TERMINE:
1- PERMANENTE > “CORRENTE”
2- EPISODICO > “OCCASIOANALE”
 per scegliere le fonti di finanziamento bisogna analizzare/prevedere il fabbisogno di capitali e
conoscere il mercato di offerta degli stessi.
Modalità di copertura del fabbisogno finanziario globale: il complesso delle modalità di copertura del
fabbisogno finanziario costituisce la STRUTTURA FINANZIARIA.
La scelta delle fonti di finanziamento deve:
- INIZIO: analisi del fabbisogno
- COLLEGARSI: alle condizioni del mercato dei capitali
- COLLEGARSI: assetto proprietario dell’impresa
- COLLEGARSI: al grado di controllo che l’imprenditore vuole mantenere.
Dunque il fabbisogno finanziario può essere coperto:
1. Mezzi propri, legati all’impresa con vincolo di capitale.
2. Autofinanziamento, reinvestimento del risultato economico della gestione.
3. Finanziamento interno dei soci.
4. Finanziamento esterno di risparmiatori, banche, fornitori, dipendenti, clienti.
 La scelta delle possibili vie per coprire il fabbisogno dovrebbe essere orientata da alcuni principi.
Requisiti della struttura finanziaria (o principi fondamentali per la copertura del fabbisogno):
- OMOGENEITA’ fra fonti e impieghi: fabbisogno e mezzo di copertura devono avere la stessa
proiezione temporale.
- FLESSIBILITA’ della struttura: possibilità di modificare la struttura al variare del fabbisogno, cioè la
possibilità di liberare o attrarre risorse a seconda della necessità.
- ELASTICITA’ della struttura: possibilità di espandere quali-quantitativamente la struttura finanziaria.
- ECONOMICITA’ nel bilanciamento fra fonti e impieghi: massimizzazione dei differenziali tra
rendimento dell’investimento e costosità del capitale.
Il rischio finanziario, strutturale e congiunturale: la gestione finanziaria dovrebbe essere indirizzata a
minimizzare gli oneri e i rischi.
Il rischio finanziario può essere:
- STRUTTURALE:
 Rischio di insolvenza: incapacità di alimentare i processi di investimento e le esigenze di
capitale circolante.
 Si verifica quando FONTI DI FINANZIAMENTO < IMPIEGHI DI CAPITALE
- CONGIUNTURALE: l’incapacità di controbilanciare entrate e uscite monetarie può creare una
situazione di sofferenza che, nel lungo andare, attraverso la dinamica degli oneri finanziari, può condurre
al rischio di insolvenza, cioè contribuire al rischio strutturale.
 Rischio di illiquidità: momentaneo deficit di cassa durante lo svolgersi della gestione.
 Si verifica quando: SALDO CASSA + BANCA < USCITE MONETARIE
Il ricorso all’indebitamento (leva finanziaria): nell’individuazione delle possibili fonti di copertura del
fabbisogno una delle scelte fondamentali è quella relativa al livello di indebitamento da accettare per
l’impresa.
Perché dal livello di indebitamento dipendono:
1. il livello di rischio,
2. la rigidità della struttura,

62

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
3. IMPATTA sul “FATTORE LEVA FINANZIARIA”
Leva finanziaria: esprime la capacità dell’indebitamento di ampliare il volume dell’attività aziendale e di
fungere, in determinate condizioni, cioè quando ROI (=Return On Investment) > i, da moltiplicatore della
redditività (reddito ottenuto sul capitale proprio ROE).
 Quando ROI > i? cioè, quali sono le condizioni favorevoli a rendere la leva finanziaria un
moltiplicatore della redditività?
Gli effetti economici della leva finanziaria: i = costo del capitale investito, dipende dal mercato dei
capitali.
ROI > i la leva finanziaria risulta positiva, dunque l’aumento del peso dell’indebitamento fa migliorare la
redditività del capitale proprio, cioè fa aumentare il ROE.
ROI < i succede esattamente il contrario, cioè il ROE diminuisce.
FONTE SCADENZA TIPOLOGIA DI FABBISOGNO
Capitale proprio Lunghissima STRUTTURALE
Mercato mobiliare Lunghissima STRUTTURALE
Classificazione delle fonti di finanziamento:
Autofinanziamento Lunghissima STRUTTURALE-
STRAORDINARIO
Mutuo bancario Lunga STRAORDINARIO
Obbligazioni Lunga STRAORDINARIO
Leasing Media STRAORDINARIO
Finanziamento soci Medio-breve OCCASIONALE
Prestiti dipendenti Medio-breve CORRENTE
Forfaitnig Breve CORRENTE
Credito bancario a breve Breve CORRENTE - OCCASIONALE

Lezione 21, Capitolo 16, Il processo logistico e gli approvvigionamenti


La logistica: la logistica è il sistema di connessione tra l’approvvigionamento di materiali (logistica in
entrata) e la trasformazione produttiva ed il collocamento dei prodotti realizzati sul mercato (logistica in
uscita). Si compone di due flussi:
- FLUSSO FISICO: fornitore > magazzino materiali > stabilimento > magazzino prodotti finiti > cliente
- FLUSSO INFORMATIVO BIDIREZIONALE (inizia dalle esigenze del cliente per poi tornare al cliente
con la vendita del prodotto costituito): cliente <> magazzino prodotti finiti <> stabilimento <>
magazzino materiali <> fornitore.
Il processo logistico: una razionale gestione della logistica aziendale mira al conseguimento del migliore
equilibrio tra costo logistico e standard di servizio reso ai clienti interni ed esterni.
LIVELLO DI SERVIZIO <> COSTO LOGISTICO: il servizio logistico può garantire un più elevato livello
di soddisfazione del cliente e contribuire a differenziare l’offerta.
Alti livelli di servizio possono però comportare alti costi logistici, per cui è necessario trovare un equilibrio
tra servizi resi al cliente e costi logistici sopportabili.
Il processo logistico si compone di due fasi:
- Processo di approvvigionamento
- Processo di distribuzione (già affrontato a proposito del marketing)
Processo di approvvigionamento: è il processo di acquisto e gestione dei materiali e scorte di materiali,
diretti all’alimentazione dei cicli di lavorazione.
 Obiettivi:
- Assicurare economicità della funzione di acquisto
- Preservare la continuità dei cicli di lavorazione
Aspetti strategici della funzione di approvvigionamento: la funzione di approvvigionamento è
condizionata dalle scelte strategiche inerenti a:
- MAKE OR BUY: grado di integrazione verticale, politica di intese con i fornitori, scelte di
decentramento produttivo.
- CICLI DI PRODUZIONE
- CICLI DEI MERCATI DI RIFORNIMENTO
La funzione di approvvigionamento incide su:
- Conto economico aziendale
63

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
- Genera importanti riflessi sulla qualità e quantità dei prodotti venduti
 L’importanza strategica degli approvvigionamenti è evidente soprattutto nella matrice
portafoglio-materiali: è importante saper gestire gli acquisti per sviluppare politiche di
approvvigionamento più adeguate.
La matrice degli acquisti (di Kraljic):
MATERIALI EFFETTO LEVA: MATERIALI STRATEGICI:
- Facilità di approvvigionamento - Contribuiscono in maniera significativa al
- Lavorare sulla minimizzazione dei costi in miglioramento dell’output-servizio

Impatto su REDDITIVITÀ e STRATEGICITà


ragione della significativa influenza sulla - Difficilmente reperibili
redditività: questi materiali sono una - Prendere accordi di partnership con i
LEVA che può essere usata per fornitori in una logica di collaborazione
minimizzare i costi, COME? nel lungo periodo.
Essendo facilmente reperibili, diversi
saranno i venditori, si può ridurre il costo
di acquisto mettendo in competizione tra
loro i fornitori.
MATERIALI NON CRITICI: MATERIALI COLLI DI BOTTIGLIA:
- Facilità di approvvigionamento - Elevato di rischio dei mercati di
- Puntare sulla semplificazione dei processi rifornimento
di acquisto, tendenzialmente si opera con - Impattano relativamente sulla redditività e
accordi quadro annuali strategicità
- Analizzare il rischio, puntare a una
riduzione e gestirlo correttamente, SE
POSSIBILE passare a materiali alternativi.

RISCHIO e COMPLESSITÀ dei mercati di rifornimento

La funzione degli acquisti: la procedura di acquisto dei materiali tipicamente è composta da 5 fasi:
1. RICERCA DI MERCATO
2. INDIVIDUAZIONE DEI FORNITORI
3. SELEZIONE DELLE OFFERTE RICEVUTE
4. PROCESSO DI ORDINAZIONE E DI RICEVIMENTO
5. STOCCAGGIO DEI MATERIALI NEI MAGAZZINI
Attuazione della funzione di acquisto: prevede la definizione di politiche commerciali nei confronti di:
- Fornitori
- Piazze diverse
- Quantità e tempi di rifornimento
- Condizioni di pagamento
- Condizioni di ricevimento
 Al vertice della funzione di acquisto si posiziona il BUYER (= APPROVVIGIONATORE):
 Conosce PROFONDAMENTE i mercati di acquisto
 Contatti con AMPIA rete di fornitori, sceglie sulla base di criteri oggettivi
 Prevede l’andamento del mercato e prende tempestivamente le decisioni di acquisto
 Ricorre a FORMULE CONTRATTUALI che riducano i costi (per costo non si intende
meramente il prezzo di acquisto, ma anche la complessità di gestione dell’acquisto stesso, perché
se la minimizzazione dei costi di acquisto si traduce in problemi di qualità e materiali inadeguati,
il costo complessivo dell’acquisto AUMENTA CONSIDEREVOLMENTE.
 Compie una revisione critica della tipologia di forniture applicando l’analisi del valore per tutti i
materiali da acquistare.
 Partecipa attivamente alla gestione degli stock
 AGISCE DI CONCERTO CON I RESPONSABILI DI ALTRE FUNZIONI AZIENDALI TRA
CUI:
 PRODUZIONE: gestione dei flussi e operatività della produzione.

64

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 MARKETING: possibilità di introdurre nuovi prodotti per garantire performance
superiori (capacità di servizio per soddisfare il cliente, legata ad approvvigionamenti
puntuali e tempestivi)
 FINANZA: i materiali stoccati costituiscono delle risorse immobilizzate e devono essere
gestite coerentemente e efficientemente.
 RICERCA E SVILUPPO: collaborazione per lo sviluppo di nuovi prodotti.
 SOSTENIBILITÀ: garantire la trasparenza della filiera di fornitura, adeguate condizioni
di tutela (ambientale e dei lavoratori) sono presupposti fondamentali, oggi, per garantire
adeguate performance in linea con le richieste dei clienti. Anche da un punto di vista
logistico (es. i trasporti, recupero di materiali -reverse logistics- ) la sostenibilità assume
molta importanza oggi.

Lezione 22, Capitolo 17, Il processo di innovazione nella gestione aziendale


Il ruolo dell’innovazione nell’economia dell’immateriale: l’innovazione ha assunto un ruolo
particolarmente significativo come variabile esplicativa della competitività dell’impresa e dello sviluppo dei
sistemi socio-economici.
L’innovazione è il risultato finale di:
- Un processo dinamico e sistemico
- Generato da cambiamenti tecno-economici
- Basati sulla capacità dell’impresa di accumulare, applicare, condividere e rinnovare (anche attraverso le
relazioni) le risorse di conoscenza
- Che concorrono a formare il patrimonio distintivo dell’impresa e del suo contesto di riferimento.
Innovazione tecnologica: la produzione di innovazioni, da fatto discontinuo e collegato a particolari centri
organizzativi, diviene così fatto continuo e diffuso a tuti i livelli e a tutte le posizioni gerarchiche (fenomeno
trasversale che interessa tutta l’organizzazione).
 Tecnologia in senso stretto (visione industriale): processo o insieme di processi che consentono di
applicare un complesso di tecniche, di competenze ingegneristiche e conoscenze scientifiche alla
produzione industriale. > INNOVAZIONE DI: PROCESSO-PRODOTTO-IMPIANTO.
 Tecnologia in senso lato (visione post-industriale): l’applicazione di conoscenze tecniche e di
strumenti alla risoluzione di problemi. > INNOVAZIONE = PROBLEM SOLVING, attiene più
propriamente alle funzioni di conduzione (manageriale) e commerciale -più che alla produzione-.
Diversi profili di classificazione delle innovazioni:
 Profilo strategico:
- Offensive > acquisire nuovo vantaggio competitivo
- Neutrali > migliorare l’efficienza funzionale
- Difensive > ridurre il gap tecnologico per ridurre gli svantaggi competitivi
 Profilo operativo:
- Manageriali
- Tecnologiche:
o Prodotto: variare la gamma di vendita
o Processo: migliorare l’efficienza dei cicli di produzione
o Impianto: migliorare gli impianti
- Commerciali
 Profilo organizzativo (grado di impatto):
- Autonome > innovazioni indipendenti dalle altre
- Sistemiche > producono vantaggi solo se accompagnate da innovazioni complementari ed accessorie
 Profilo economico:
- Redditività immediata > recupero investimento in tempi brevi
- Redditività diffusa-futura > più lunghi tempi di recupero
 Grado di protezione:
- Protette > sussistono strumenti giuridici di difesa dell’innovazione
- Proteggibili > protezione legata ad ulteriori investimenti promozionali e/o tecnici volti a scoraggiare il
processo imitativo
- No protette > semplicemente imitabili e facilmente attuabili dai concorrenti
Fasi del processo di innovazione:

65

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
INIZIO:
- INPUT ESTERNI:
A. dinamiche tecnologiche esterne;
B. fonti alternative o complementari
esterne disponibili per l’innovazione;
C. percezione dei bisogni in un’ottica
previsiva
D. dinamica dei bisogni taciti ed
espliciti sul mercato
- INPUT INTERNI:
a. patrimonio tecnologico
b. punti di forza e debolezza
SVOLGIMENTO:
1- sintesi tra esigenze e tecnologie
- INVENZIONE:
1) generazione dell’idea
2) individuazione della soluzione
3) attività di analisi della fattibilità da
un punto di vista commerciale (ha
probabilità di successo?),
produttivo (è concretamente
realizzabile?),
finanziario,
economico (valutazione del profilo rischio-rendimento
- SELEZIONE:
1. se la possibile soluzione non supera la fase > ABBANDONO o RINVIO o RIFORMULAZIONE
2. se la possibile soluzione supera la fase > SVILUPPO PRELIMINARE
3. adozione soluzione
FINE:
- INNOVAZIONE
i. attività di sviluppo avanzato
ii. valorizzazione economica
iii. valutazione delle opzioni di diffusione > INDUSTRIALIZZAZIONE o COMMERCIALIZZAZIONE o
CESSIONE
Ciclo di vita economico e finanziario dell’innovazione:

Vantaggi e svantaggi per il pioniere (First-Mover):

66

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
VANTAGGI SVANTAGGI
 Occupazione immediata del mercato - Maggiori rischi di insuccesso
 Creazione di fedeltà alla marca -
Maggiori costi di ricerca e sviluppo
 Acquisizione di leadership tecnologica -
Maggiore concentrazione dell’investimento
 Maggiori switching cost sentiti dai clienti -
Inadeguatezza professionale di fornitori e
distributori
Il ruolo della ricerca e sviluppo: i sistemi economici più avanzati e competitivi si caratterizzano proprio per
la maggiore intensità degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo possono essere sostenuti completamente a carico dell’imprese
altrimenti possono essere attuati con la compartecipazione delle risorse pubbliche.
Il peso della ricerca e dello sviluppo in un’impresa è tanto maggiore, quanto maggiore è la componente
scientifica nei processi e nei prodotti aziendali e dunque l’orientamento strategico dell’impresa protende alla
leadership tecnologica.
Tipologia di progetti di ricerca:
- Progetti di ricerca pura (o di base):
I. Elevato grado di incertezza tecnica derivante dal
II. Ridotto grado di conoscenza iniziale sull’oggetto dell’indagine
III. Difficoltà di finanziamento dell’innovazione: essendovi un elevato rischio di insuccesso, il
reperimento delle risorse finanziarie è molto difficile, infatti solitamente questo “progetto di
ricerca” non viene mai svolto completamente con i fondi propri dell’impresa, ma nella
ricerca di base è dato un importante contributo dai soggetti pubblici.
- Progetti di ricerca applicata:
I. Sviluppa le conoscenze acquisite durante la fase di ricerca di base
II. L’obiettivo è la formalizzazione ed il consolidamento delle conoscenze
III. Al fine di valutarne le concrete possibilità di applicazione a livello di prodotto o processo
- Progetti di sviluppo:
I. Elaborate e verificate le conoscenze acquisite, si realizza l’invenzione
II. L’obiettivo è lo sfruttamento economico dell’invenzione, ovvero il suo impiego
nell’avviamento di nuovi sistemi di trasformazione industriale e/o nelle politiche di lancio
del nuovo prodotto.
Le difficoltà di reperimento delle risorse si presentano in ogni caso, perché:
o L’entità delle risorse da impegnare è elevata
o La redditività è solitamente diffusa e incerta nel tempo
o Le garanzie ai finanziatori non sono adeguate

Lezione 23, Capitolo 18, I problemi amministrativi: gestione del personale e contabilità
Centralità della gestione delle risorse umane: il fattore umano è importante in azienda perché:
1. Il costo del lavoro incide in maniera significativa sul costo complessivo industriale
2. Per produrre conoscenze è necessario il contributo delle persone (risorse umane)
3. Per una sopravvivenza duratura dell’impresa è necessario creare e preservare il miglior clima aziendale
possibile.
Profili della funzione di gestione delle risorse umane:
 Strategico: sotto il profilo strategico, è importante:
- Costituire l’organico necessario per il raggiungimento delle finalità imprenditoriali
- Valorizzare questa risorsa nel tempo
 Organizzativo: riguarda:
- Definizione delle mansioni (JOB DESCRIPTION)
- Fine: coordinare i compiti, poteri e responsabilità.
 Direzionale o di conduzione: correlato a:
- Motivazione dei dipendenti
- Sviluppo delle carriere
- FASI:
1. Organizzazione: definizione delle mansioni
2. Programmazione: sviluppo delle carriere
3. Conduzione: motivazione del personale
67

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
4. Controllo: regolazione delle relazioni di lavoro.
 Amministrativo-contabile:
- Definizione del rapporto di lavoro
- Definizione del contratto
- Gestione dell’aspetto retributivo
- Raccolta di informazioni che possano supportare al meglio il processo decisionale-attuativo (rilevazioni
a fini direzionali)
 Fasi:
1- Reclutamento: ai fini di un efficace svolgimento del processo di reclutamento sono fondamentali la
descrizione dettagliata dei compiti (con i correlati gradi di autonomia decisionale) e l’individuazione
del profilo dei cantati da ricercare nel mercato del lavoro).
2- Selezione: nella scelta delle persone dovranno essere attentamente valutate diverse caratteristiche.
 QUALITÀ personali ed elementi caratteriali,
 ESPERIENZE PREGRESSE in settori o in posizioni di interesse,
 TITOLI DI STUDIO,
 RISULTATI DI PRESTIGIO in ambito lavorativo,
 DISPONIBILITÀ ALLA MOBILITÀ e ai trasferimenti di sede,
 ASPETTATIVE e BISOGNI da soddisfare.
3- Inquadramento contrattuale
4- Addestramento-Formazione: è essenziale evitare che la mancanza di esperienza o la non adeguata
conoscenza dei comportamenti più appropriati possa esporre i lavoratori ai rischi, cioè ad incidenti.
La gestione della sicurezza non è un costo addizionale, un’organizzazione in cui si verifichino
frequentemente incidenti non è gestita adeguatamente e correttamente.
5- Valutazione: è un compito complesso e delicato, per questa ragione si usano meccanismi e soluzioni
contrattuali di maggiore flessibilità consentite dalla più recente normativa del lavoro, ovvero si
ricorre a forme di lavoro atipico prima di passare a contratti a tempo indeterminato (forme di
assunzione strutturali).
 Principali forme di lavoro atipico:
 PART-TIME:
 Occupazione regolare o volontaria
 Orario giornaliero o settimanale sensibilmente ridotto rispetto a quello “normale”
 TEMPORARY MANAGEMENT:
 Uso temporaneo di manager altamente qualificati
 Obiettivo: garantire la continuità all’interno dell’organizzazione
 Obiettivo 2: per accrescere la capacità del management esistente
 LAVORO INTERINALE:
 Lavoro temporaneo svolto da un lavoratore dipendente
 Il lavoro gli è stato affidato da un’impresa specializzata che è titolare del contratto di lavoro, in
virtù della quale il lavoratore prende l’obbligo.
 Il lavoro è svolto sotto la direzione di un’impresa utilizzatrice.
 JOB SHARING:
 Unica prestazione di lavoro divisa tra due lavoratori entrambi responsabili
 STAFF LEASING:
 Gruppo di lavoro affittato da un’impresa utilizzatrice a tempo determinato o indeterminato.
 Retribuzione del personale: la retribuzione è uno tra i più importanti fattori governati dall’impresa per
attrarre, trattenere e motivare la forza lavoro.
In questo senso, agisce complementariamente ad altri fattori:
1. Prestigio dell’impresa
2. Prestigio del ruolo assunto
3. Ambiente di lavoro
4. Opportunità di carriere
5. Clima organizzativo
La retribuzione monetaria può essere:
- FISSA: in base agli accordi contrattuali
- VARIABILE: è funzione degli accordi tra le parti ed è collegata al raggiungimento di determinati
obiettivi (es. profit sharing).
68

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)
 Politica redistributiva: si muove su tre direttrici:
- LIVELLO: combinazione del saggio medio della contrattazione collettiva, del saggio medio di mercato e
della capacità retributiva dell’impresa.
- STRUTTURA: ammontare della retribuzione in relazione alle diverse posizioni organizzative.
- DINAMICA: definisce le variazioni salariali in relazione al tempo di permanenza nell’impresa e alle
condizioni aziendali.
 Principali compiti: assumono una particolare complessità, anche a causa delle continue innovazioni
legislative, per cui sono molto spesso affidate in outsourcing a consulenti esterni.
- Elaborazione delle paghe
- Versamento contributi previdenziali e assicurativi
- Tenuta dei libri obbligatori (libro matricola, libro paga, registro infortuni)
- Pratiche relative a ferire, permessi, malattie, ecc.

69

Document shared on https://www.docsity.com/it/economia-e-gestione-delle-imprese-1374/5803235/


Downloaded by: viveh18461 (viveh18461@raotus.com)

Potrebbero piacerti anche