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L’E. può essere considerata come “scienza delle scelte dell’uomo”, perché è attraverso questa che l’uomo
tende a soddisfare i propri bisogni. Considerando che l’esistenza umana è caratterizzata da una molteplicità
di scopi e da scarsità di mezzi e tempo per raggiungerli, si capisce come questa può essere letta come
SCELTA tra i bisogni di diversa importanza e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi. L’E. è la scienza che
studia il comportamento (l’attività) dell’uomo in quanto manifestazione delle sue scelte.
→ ogni azione dell’uomo, ogni attività ha in sé un aspetto economico.
2) BISOGNI
Il comportamento umano è condizionato dall’insoddisfazione e quindi da una molteplicità di necessità e di
esigenze le quali, per la limitata disponibilità di mezzi idonei a soddisfarle, costituiscono i BISOGNI umani.
Se l’esigenza fisica di respirare e la necessità spirituale di pensare possono essere istantaneamente
soddisfatte dall’illimitata disponibilità di aria e dalla natura stessa dell’intelligenza umana, altre esigenze
dell’uomo non sono invece suscettive di immediata soddisfazione senza l’uso di mezzi esterni all’uomo.
Dunque i BISOGNI sono le necessità, le esigenze dei singoli uomini o delle comunità che possono essere
soddisfatti attraverso mezzi (BENI ECONOMICI) acquisibili a costo di sacrifici, in quanto disponibili in
quantità limitata. La RICCHEZZA è il complesso dei beni economici che servono a soddisfare i bisogni.
L’economia si occupa di bisogni economici per i quali:
- Esiste un mezzo sicuramente adatto al loro soddisfacimento
- Tale mezzo è raggiungibile pur sostenendo un sacrificio (pagare un prezzo)
- Tale mezzo è disponibile in quantità limitata in rapporto alla richiesta di tutti gli individui
I bisogni economici hanno anche le seguenti caratteristiche:
- Sono soggettivi, in quanto sono avvertiti con intensità diversa da persona a persona
- Sono illimitati in quanto, soddisfatto un bisogno, altri se ne presentano in continuazione
Ogni individuo ordina i bisogni in funzione della loro intensità iniziale: al primo posto in bisogno sarà avvertito
con maggiore intensità e via via tutti gli altri. Si forma così la scala decrescente dei bisogni individuali. La
scala dei bisogni è dunque soggettiva e illimitata.
I bisogni economici possono essere classificati in funzione della loro necessità in:
- Primari, se sono indispensabili per la vita (fame, sete…)
- Secondari, se derivano da esigenze che sorgono nell’individuo dopo aver soddisfatto i bisogni
primari.
I bisogni primari rispondono in genere a esigenze biologiche della persona. Sono quindi prioritari e avvertiti
più o meno con la stessa intensità da tutti (sono poco soggettivi). I bisogni secondari invece variano molto da
individuo a individuo (sono molto soggettivi) e per lo stesso individuo possono variare nel tempo. I bisogni
però possono anche essere classificati con altri criteri.
In funzione alla loro saziabilità i bisogni possono essere:
- Totalmente saziabili, se vengono definitivamente soddisfatti con il consumo di un bene
- Risorgenti, se una volta soddisfatti, a distanza di tempo si ripresentano con la stessa intensità (es.
fame).
In funzione della loro origine:
- Originari, se dipendono da una manifestazione autonoma della personalità dell’individuo
- Indotti, se conseguiti con l’azione esercitata da circostanze esterne (desiderio di imitazione,
influenza della pubblicità)
Considerando l’ambito temporale:
- Attuali, se devono essere soddisfatti in breve tempo (es. fame)
- Futuri, il cui soddisfacimento deve essere programmato per tempo (es. pensione per l’anzianità).
In funzione del contesto sociale:
- Individuali, a cui ciascuno provvede autonomamente
- Collettivi o pubblici, dei quali si occupa l’autorità centrale (es. ordine pubblico).
5) VALORE, PREZZO
Per valore si intende il risultato di una valutazione. È un dato che esprime un giudizio, non una certezza.
Il concetto di”valore” trova fondamento nella disciplina economica:
- Per i beni privati in funzione del prezzo di mercato (economia neoclassica9 e del costo di produzione
(economia classica)
- Per i beni pubblici in funzione del valore d’uso sociale (economia del benessere).
Per prezzo si intende invece la cifra effettivamente pagata o pagabile per acquistare un determinato bene. Il
prezzo è quindi un dato certo, a differenza del valore che invece è un dato probabile. Il prezzo si dice
“storico” quando l’importo è stato effettivamente pagato in un determinato istante.
6) Cos’è la PRODUZIONE
Per produzione si intende l’insieme delle attività finalizzate ad aumentare l’utilità di beni preesistenti e di
fornire servizi. La produzione può consistere pertanto nel:
- Trasformare i beni dal punto di vista fisico, per esempio la lavorazione della materia prima (metallo,
legno)
- Conservare i beni nel tempo, conservandoli quando la loro utilità è minore e utilizzandoli
(immettendoli sul mercato) quando la loro utilità è maggiore.
- Trasportare i beni da un luogo ad un altro, da dove hanno utilità minore a dove hanno utilità
maggiore (commercio, trasporti).
Si hanno così tre distinti passaggi e tre settori di produzione:
- Il settore primario: l’agricoltura, la pesca, l’attività di estrazione dei minerali
- Il settore secondario: la produzione industriale (rientra anche l’edilizia)
- Il settore terziario: l’insieme delle attività economiche aventi per oggetto la prestazione dei servizi
(commercio, trasporti e comunicazioni, credito e assicurazione, libere professioni, le prestazioni rese
allo Stato e agli Enti pubblici;
- Il settore terziario avanzato o quaternario : insieme di attività non per forza economiche , ormai
spina dorsale della società moderna (scuola, università, ricerca, attività religiose).
Dal punto di vista individuale è produzione ogni attività che consente a chi la svolge di recuperare il valore
dei mezzi impiegati ed ottenere in più un utile ; non tutte le attività produttive possono considerarsi tali dal
punto di vista sociale ,in quanto l’utile derivato per alcuni può essere bilanciato o anche superato dalle
perdite subite da altri. Da punto di vista sociale si ha produzione solo quando ad attività conclusa risulti
accresciuta la ricchezza a disposizione della collettività purchè la quantità prodotta aumenti più che
proporzionalmente all’aumento del costo totale.
- Perché le attività terziarie sono produttive? -Perché la produzione non deve intendersi limitata solo alla trasformazione fisica dei beni,
ma anche alla trasformazione spaziale e temporale.
- Perché il commercio è attività produttiva? –Poiché un bene economico può dispiegare utilità ≠ in tempi ≠: la conservazione di un bene,
in un momento in cui è scarsamente utile, per un tempo successivo, quando sarà più utile, costituisce un processo di trasformazione
temporale e, quindi, è un’attività produttiva.
7) Definizione di PRODOTTO
Il P. è il risultato del processo produttivo espresso in termini di ENTITA’ FISICHE.
9) Definizione di PRODUTTIVITA’
La produttività è il conseguimento di un risultato superiori ai mezzi impiegati. (e’ il rapporto tra il risultato di
una attività economica e i mezzi impiegati). L’aumento della produttività in genere dipende da innovazioni o
miglioramenti nei metodi produttivi. In regime di concorrenza l’aumento della produzione tende a diffondersi
promuovendo lo sviluppo economico generale: la riduzione dei costi che ne consegue si traduce infatti in
riduzione dei prezzi della singola impresa o del settore e, se i prezzi diminuiti riguardano beni di consumo (e
i profitti e salari non variano), determina l’aumento dei redditi reali; se invece il ribasso del prezzo investe
beni strumentali, provoca una diminuzione indotta dei costi di altre imprese e profitti superiori al minimo che
offrono incentivo e possibilità all’espansione della produzione.
La produzione può essere considerata quindi ogni attività che trasformi beni economici in altri beni aventi
una utilità maggiore.
Indicando con p , la quantità di prodotto ottenuta attraverso le dosi ( 1 a , 2 a , n a ) dei vari fattori, si
definisce:
• Produttività MARGINALE, l’incremento di quantità di p ottenibile con l’incremento di una dose del
fattore
La sua unità di misura detta “tasso” o “saggio” o “ragione percentuale di interesse” …” r ” rappresenta
l’interesse prodotto dall’unità di risparmio nell’unità di tempo.( “n “ se espresso in anni, “m “ in mesi, “ g “ in
giorni).
I = Co x r x n
I = interesse Co = capitale iniziale r = tasso di interesse percentuale annuo
n = il numero di anni considerato
Si definisce “Montante” M la somma del capitale Co e dei relativi interessi/maturati. Al termine del primo
anno sarà:
M = Co + I = Co + Co x r x 1 = Co
(1+r)
Se si considera il capitale di 1 euro Co = 1, il montante unitario, detto anche “binomio di interesse” sarà:
M=(1+r)=q
Interesse semplice
Se gli interessi maturati alla fine di ogni periodo vengono prelevati lasciando il solo capitale iniziale Co a
produrre interessi , l’interesse si dice semplice.
M = Co ( 1 + r x n )
N.B. Per convenzione internazionale tutti i mesi sono considerati di 30 giorni, quindi 360 giorni (anno commerciale). L’anno civile di 365
sta ormai però entrando nell’uso ordinario di tutti gli istituti di credito.
Interesse composto
Nel caso che il creditore non ritiri periodicamente l’interesse maturato in un dato periodo, questo viene
portato in aumento del capitale, cioè viene “capitalizzato”. Nel periodo successivo, il nuovo interesse
maturerà non solo sul capitale iniziale, ma anche sull’interesse del periodo precedente (anatocismo). Si
applica in questo caso il cosiddetto regime della “capitalizzazione composta”.
nt
M= Co (1 + r ) = Co x q
n
Ove : q = 1 + r; n= numero di periodi di capitalizzazione composta per anno (il numero tot. di periodi di capitalizzazione composta è nt)
Anatocismo: nel linguaggio bancario è la produzione di interessi (capitalizzazione) da altri interessi resi produttivi sebbene scaduti o non
pagati, su un determinato capitale. Nella prassi bancaria tali interessi vengono definiti composti.
Il Saggio di Investimento è il prezzo d’uso dei CAPITALI, e cioè dell’unità di risparmio impiegato per
l’acquisto dei fattori di produzione o anticipati per sostenere spese necessarie alla produzione. E’ influenzato
dall’apprezzamento dei beni futuri: se il prezzo dei beni futuri si prevede decrescente rispetto al presente,
allora il Saggio di Investimento sale (e viceversa nel caso contrario).
Il saggio di investimento tende a coincidere col saggio di interesse nell’ipotesi di equivalenza tra quantità di
risparmio e di capitali offerta e domandata.
Reintegrazione
La quota annua di reintegrazione è la cifra da accantonare ogni anno per ricostruire in n anni il capitale già
esistente fin dall’inizio del ciclo produttivo. La durata dell’accantonamento dipende dalla longevità economica
del bene cui la quota si riferisce: pochi anni per macchine di rapida obsolescenza e molti per i fabbricati. Il
capitale di ricostruire è dato dal valore a nuovo del bene da reintegrare (Vi) meno il valore al termine del suo
ciclo economico (Vf). Matematicamente la quota di reintegrazione non è altro che l’annualità in grado di
restituire in n anni un capitale iniziale esistente An:
Qrein = ( Vi – Vf ) x r / q n – 1
Quando Cm ≡ Cu si verificherà la marginalità dell’imprenditore che non ricaverà alcun utile da quel processo
produttivo.
Sui costi di produzione influiscono anche le:
ECONOMIE ESTERNE: -generali, che sono i benefici derivanti all’impresa dallo sviluppo del sistema
economico, dal processo tecnologico e scientifico, dall’adeguata offerta di servizi pubblici;
-speciali o di localizzazioni, derivanti dalla posizione dell’azienda, dalle dotazioni infrastrutturali, dalla
vicinanza di industrie sussidiarie o complementari.
ECONOMIE INTERNE: benefici derivanti dall’organizzazione delle aziende, dalla loro efficienza.
Però c’è da tenere in considerazione anche le:
DISECONOMIE ESTERNE, ossia i danni provocati alla collettività dalla produzione e dall’uso di
determinati beni (per es. gli effetti inquinanti e il congestionamento dei centri urbani);
COSTO SOCIALE = costo di produzione + spesa dovuta alle diseconomie esterne.
Generalmente la domanda è anelastica per i generi di prima necessità e per quelli di lusso; è elastica per
quelli intermedi. L’elasticità o meno della domanda dipende dalle influenze che esercita la variazione del
prezzo sulla quantità domandata. Rappresenta il modo in cui la domanda reagisce ad una variazione del
prezzo. Anche l’OFFERTA, e cioè la quantità di beni e servizi prodotta e offerta sul mercato, è funzione del
prezzo, in quanto l’imprenditore continua a produrre e quindi ad offrire i beni prodotti sino a quando il prezzo
di mercato è superiore o uguale al costo marginale. Il prezzo è quindi inversamente proporzionale alla
quantità offerta.
20) INVESTIMENTO
Impiego produttivo di beni economici; quindi l’investimento è dato dal risultato e non dalle intenzioni, infatti si
ha un investimento se l’ammontare dei beni prodotti dalla ricchezza investita è superiore all’ammontare dei
beni impiegati. Può essere:
-INDIVIDUALE: acquisizione di beni ad utilità ripetuta dispieganti una redditività: quindi si considera
anche l’investimento finanziario (acquisto di titoli, deposito bancario…). Relativamente all’investimento
finanziario si rileva che, ogni acquisto da parte di un privato viene controbilanciato da un disinvestimento
operato da chi cede queste ricchezze; per cui nel sistema economico generale vi è un annullamento di ogni
investimento finanziario individuale.
-IMPRENDITORIALE: impiego produttivo di beni economici nelle aziende
-breve periodo: anche definiti COSTI, sono gli investimenti del CAPITALE CIRCOLANTE (materie
prime)
-lungo periodo: anche definiti QUOTE DI AMMORTAMENTO, sono investimenti produttivi per la
costituzione del CAPITALE FISSO (cioè la trasformazione del risparmio o della ricchezza in
attrezzature, macchinari, edifici, terre…). Oltre che del p.d.v. del mantenimento costante del valore
del capitale fisso, questo investimento va visto anche nell’ottica del reintegro delle diminuzioni di
utilità di elementi di capitale. Ha come obiettivo quello di garantire il processo produttivo
dall’obsolescenza del capitale fisso.
-PUBBLICO: non si deve valutare in termini di rendimento monetario (come avviene per l’imprenditore
privato) a favore dello stato, ma in termini di redditi addizionali provocati dall’investimento a favore della
collettività. L’investimento pubblico è creazione e mantenimento del capitale fisso sociale attraverso la
realizzazione delle opere infrastrutturali e delle attrezzature collettive. Si devono però considerare anche gli
investimenti pubblici che garantiscono l’educazione culturale e il benessere fisico della collettività (istruzione,
sanità, ricerca scientifica, equilibrio ecologico…)
IL PRINCIPIO SECONDO CUI IL PREZZO DEVE IDENTIFICARSI QUALE FONDAMENTO DEL GIUDIZIO
DI STIMA
Il concetto di valore è collegato per un verso a quello di utilità e per un altro a quello di prezzo ritraibile.
L’Economia politica si è dibattuta tra le opposte esigenze di dare al valore della merce (bene economico utile
ed oggetto di scambio) un significato soggettivo derivante all’apprezzamento del singolo e un significato
oggettivo intrinseco alla merce legato al costo reale di produzione indipendente.
Esistono due specie di scambio : “baratto” e “compravendita”.
- il primo riguarda lo scambio di un bene economico con altro bene atto, a giudizio degli scambisti, ad
avere in un dato momento un reciproco ed equivalente appagamento dei relativi bisogni;
- il secondo significa solamente lo scambio di un bene economico con un altro avente caratteristiche
ben determinate : la moneta.
L’utilità della moneta è esclusivamente strumentale , non avendo essa alcuna utilità d’uso e quindi non
potendo soddisfare direttamente i bisogni , li soddisfa indirettamente ponendo lo scambista in condizioni di
acquistare i beni che gli occorrono in tempi diversi , modulando così nel tempo l’appagamento dei bisogni
man mano che questi presenteranno, bilanciandone con precisione le quantità necessarie , grazie alla
moneta che detiene la caratteristica di essere divisibile in misura notevole.
E’ così dimostrato il fondamento dettato dall’Estimo , della ragione pratica di rapportare ogni giudizio di
valore di un bene economico alla corrispondente quantità di moneta.
a) il “più probabile valore di mercato” di un bene si definisce come rapporto di equivalenza tra
quantità di moneta e il bene oggetto di stima. Tale rapporto scaturisce dalle leggi di mercato dettate
dalla Domanda e dall’Offerta di quei beni.
Indicando con Vm il valore di mercato cercato, si può affermare che esso è individuato dalla
funzione di produzione e dallo stato della Domanda e dell’Offerta:
Vm = f ( T, L, C, t, D, O)
Nel periodo lungo, la domanda e l’offerta hanno lo stesso comportamento del periodo breve e il
prezzo che esse determinano è un prezzo di equilibrio, un prezzo cioè che rende la quantità
domandata uguale alla quantità offerta.
L’offerta è rappresentata da una molteplicità di imprese , ognuno con costo unitario medio diverso da
quello delle altre imprese.
Il prezzo determina le imprese che debbono restare sul mercato , nel senso che vengono eliminate
quelle che hanno il costo unitario di produzione superiore al prezzo vigente nel mercato.
Il prezzo di equilibrio coincide col costo marginale , sia perché corrisponde al costo medio
dell’impresa marginale, sia perché corrisponde al costo marginale di tutte le imprese.
Tale situazione deve però avere alcuni requisiti.
In un mercato come quello indicato, ogni impresa è spinta ad offrire la merce al prezzo più basso
possibile per vincere la concorrenza. Ma per raggiungere tale obiettivo esse tendono a ridurre
sempre più i costi di produzione.
In regime di libera concorrenza , quindi, i costi tendono a ridursi e il prezzo tende ad eguagliare il
costo di produzione dell’impresa marginale , cioè di quell’impresa che riesce appena sopravvivere in
quanto il prezzo copre appena il costo, senza profitto alcuno.
Nella realtà di un mercato imperfetto con continue variazioni di prezzi , ogni impresa non può
rinunciare all’ordinario profitto che raggiunge modificando o potenziando l’organizzazione per
ottenere così maggior produttività tale da abbattere i costi di produzione e rimanere nel mercato.
b) il “più probabile valore di costo” rappresenta la somma dei valori di mercato dei fattori della
produzione necessari per la realizzazione di un bene economico.
Vc = f ( E Fp )
Vc = valore di costo
Fp = valore di mercato dei fattori di produzione
(E = sommatoria)
Il Marshall definiva il costo di produzione come il complesso di sacrifici di qualsiasi natura che è necessario
patire per dar luogo al fatto produttivo.(rischi,attesa,ansia..)
Il valore di un bene con il criterio del costo è dato dall’ammontare delle spese che un imprenditore ordinario
dovrebbe sostenere per produrre il bene oggetto di stima.
VK = Q + Sv + Tr + Sa + St + I + Bf + (T)
Q= quote, spese per la reintegrazione, manutenzione e assicurazione dei fattori produttivi costituiti
da beni economici a utilità ripetuta (fabbricati, macchine, ecc)
Sv= spese varie per l’acquisto dei fattori produttivi costituiti da beni economici a utilità semplice
(materie prime, energia)
Tr= Tributi, imposte, tasse e contributi dovuti allo stato o a enti amministrativi locali
Sa= salari
St= stipendi
I= interessi
Bf= beneficio fondiario, compenso per il proprietario che ha immesso nel ciclo produttivo fattori
produttivi costituiti da beni immobili (terreni, fabbricati, ecc).
A queste spese dovrebbe poi essere aggiunto il profitto normale (T) dell’imprenditore ordinario,
dotato di “medie capacità e mezzi”.
c) il “più probabile valore di trasformazione” rappresenta la differenza tra il probabile valore futuro di
mercato del bene trasformato ed il costo della trasformazione. Tra i costi di trasformazione va
annoverata la perdita dei benefici ( diretti ed indiretti) che tale bene elargiva prima di essere
trasformato.
n
Vt = Vm – (E Ct + V’m) / q
Tale valore va assunto anche come criterio per la determinazione di beni con particolari pregi artistici,
culturali, ambientali, nonché di quei beni non più utilizzabili nella loro originaria funzione economica.
Ma vale anche:
Vc = Vm (a + b) – (Vma + Vmb)
Dalle due espressioni emerge la peculiarità di valore complementare che può essere considerato in funzione
additiva ( il valore dei due beni fusi rispetto alla somma dei valori che i beni hanno se considerati
singolarmente) , o sottrattiva ( è il caso di esproprio parziale per p.u. ove l’indennità dovuta corrisponde alla
differenza del valore che il bene aveva prima dell’esproprio, decurtato del valore che il bene residuale
conserva ad esproprio avvenuto).
e) il “più probabile valore di surrogazione” riguarda altro bene che abbia lo stesso valore di mercato
o di costo , quindi stessa utilità o stesso sacrificio per realizzarlo, del bene oggetto di stima. (caso di
un bene fuori produzione di cui non sappiamo il valore poiché da tempo non vi è un atto di
compravendita : il valore di surrogazione si trova mettendo a confronto il bene con un altro di pari
utilità).
Vsa = Vmb
L’art. 39 (Esproprio Permanente Totale): nei casi di occupazione totale, l’indennità dovuta all’espropriato
consisterà nel giusto prezzo che, a giudizio dei periti, avrebbe avuto l’immobile in una libera contrattazione di
compra – vendita.
I = Vm
L’espropriato quindi deve esser reso indenne dal danno, gli deve essere perciò riconosciuto l’equivalente
economico (giusto prezzo che corrisponde al valore di mercato per la cui determinazione il perito avrà la
assoluta libertà di metodo e giudizio) necessario a reintegrare totalmente il patrimonio.
L’indennità d’espropriazione comprende:
1) il valore venale del bene in condizioni di mercato normale;
2) il risarcimento dei danni causate dalle attività espropriative;
L’art. 40 (Esproprio Permanente Parziale): in caso di occupazione parziale l’indennità consisterà nella
differenza tra il giusto prezzo che avrebbe avuto l’immobile prima dell’occupazione ed il giusto prezzo che
potrà avere la parte residua di esso dopo l’espropriazione.
Il criterio di stima attiene all’aspetto economico del “valore complementare”, cioè del valore di reintegrazione
del bene residuo. Qualora la parte espropriata sia una frazione molto piccola non avrebbe senso effettuare
la doppia stima, data l’influenza insignificante che tale piccola sottrazione può avere sulla globalità del bene.
Quando invece questa viene a costituire “soglia” di valore nell’intorno del “lotto minimo edificabile”,
inciderebbe in maniera determinante sul valore del bene residuo.
L’art. 41: (Esproprio Parziale Con Vantaggi Conseguiti Dall’Espropriato): qualora dalla esecuzione dell’opera
pubblica ne derivi “un’ immediato speciale vantaggio” alla parte residua, questo vantaggio sarà valutato e
sottratto all’indennità scaturita dal criterio dell’art. 40. Se tale attenuazione di indennità (vantaggio) sarà
stimata maggiore di ¼ dell’indennità che secondo l’art. 40 sarebbe spettata all’espropriato, questi ha la
facoltà di abbandonare all’espropriante l’intero immobile per il giusto prezzo scaturente dal criterio dell’art.
39, semprechè il giusto prezzo della parte del fondo espropriata superi il 25% del giusto prezzo dell’intero
immobile. L’espropriante può esimersi dall’accettare il detto abbandono pagando una somma non minore del
75% dell’indennità stimata a fronte dell’art. 40. In ogni caso l’indennità dovuta all’espropriato non potrà mai
essere inferiore al 50% di quanto gli spetterebbe a fronte dell’art. 40.
Legge 2892/1885RISANAMENTO DELLA CITTA’ DI NAPOLI
A Napoli nel 1884 scoppiò una epidemia di colera. Si decretò la demolizione e la ricostruzione dei quartieri
“spagnoli” quelli più colpiti dall’epidemia causa sovraffollamento. L’intervento di risanamento fu affidato alla
“Società di Risanamento”; tuttavia le risorse finanziarie risultavano in quel momento scarse a causa delle
alte spese militari e per la realizzazione delle opere pubbliche intraprese dal Governo Depretis.
Conseguentemente tali risorse non avrebbero consentito la corresponsione dell’indennità d’esproprio. Di
contro vi era inevitabilmente una forte domanda di alloggi, ricomprendenti anche quelli fatiscenti. Per questo
si veniva a verificare un paradosso economico : fabbricati aventi un valore di mercato quasi nullo a causa
della loro fatiscenza e conseguente disutilità, dispiegavano, di contro, un alto flusso di benefici economici
(reddituali).
Con una legge speciale che riguardava il risanamento della città di Napoli il legislatore sancì che l’indennità
dovuta ai proprietari degli immobili espropriati sarà determinata sulla media del valore venale e dei fitti
coacervati dell’ultimo decennio, purchè essi abbiano la data certa corrispondente al rispettivo anno di
locazione. In difetto di tali fitti accertati, l’indennità sarà fissata sull’imponibile netto agli effetti delle imposte
sui terreni e sui fabbricati ( redditi imponibili catastali).
I = Vm + coarcevo delle ultime 10 annualità di affitti lordi
2
mentre in caso di affitti lordi non accertati:
I = Vm + 10 Ri
2
I = indennità da corrispondere Vm = valore venale di mercato Ri = imponibile catastale annuo
In presenza di fitti molto alti così come di una sovrastima (di circa il 40% del valore effettivo) del valore di
mercato, e considerando appunto che tale procedura portava a mediare i due valori, il risultato complessivo
dell’indennità di esproprio fu alquanto superiore al valore di mercato.
Legge 904/1965 È una legge che deve far fronte, per la prima volta, ad una vasta estensione di territori da
espropriare; in seguito all’emanazione della legge 167/62 che con i PIANI DI ZONA tentava di affrontare la
pianificazione territoriale che fino ad allora era stata trascinata.
art. 1: l’indennità è stabilita dall’UTE; e oltre a questa è dovuta proprietario una somma pari al 2%
dell’importo medio degli indennizzi " anno o frazione. Il valore venale dei territori indicati dai “P.Z. 167”deve
determinarsi operando la differenza, scontata all’attualità tra il prezzo di mercato del prodotto abitativo da
realizzare e i costi di urbanizzazione.
LEGGE N°865 DEL 1971 COSTI DI URBANIZZAZIONE e LEGGE SULLA CASA
Con la legge n°865 del 1971 (legge “per la casa”) vennero introdotti nuovi criteri nella determinazione
dell’indennità di esproprio e importanti modifiche all’iter espropriativo. L’indennità viene ora riferita al valore
agricolo medio per le aree esterne ai centri edificati e al valore della coltura più redditizia, moltiplicando per
coefficienti maggiorativi, per le aree edificabili.
I = Valore agricolo
La legge sulla casa, ridefinendo l’indennità di esproprio, contiene e ridistribuisce le renditi fondiarie urbane.
Con l’intento di contenere il costo di acquisizione delle aree urbane e di evitare di remunerare al privato le
plusvalenze determinate dal processo produttivo insediativo che ha trasformato quelle aree da agricole a
suscettive di edificazione o di utilizzazione urbana, stabilisce che l’indennità sarà commisurata al valore
agricolo medio, calcolato nel precedente anno solare " ogni zona agricola determinata
dall’ISTAT,corrispondente al tipo di coltura in atto nel terreno da espropriare, per le AREE ESTERNE AI
CENTRI ABITATI. Per le aree comprese nei CENTRI EDIFICATI, il valore dell’indennità corrisponderà al
valore agricolo medio della coltura più redditizia tra quelle che ricoprono, nella regione agraria in cui ricade
l’area, una superficie superiore al 5% della regione stessa, moltiplicata per coefficienti compresi tra 2 e 10 in
dipendenza del numero di abitanti dei comuni ricadenti nell’area.
Per AREE EDIFICATE O URBANIZZATE l’indennità è determinata in base alla somma del valore dell’area e
delle opere di urbanizzazione e di costruzione tenendo conto del loro stato di conservazione ( il valore
economico da riguardare è quello di surrogazione per la ricostruzione, con moderni metodi, di quanto
espropriato). QUANTO SOPRA DETTO art. 16
- art. 17: Per AREE COLTIVATE, oltre all’indennità per il proprietario, determinata ai sensi dell’art. 16,
sarà dovuta al fittavolo un uguale indennità che è da interpretarsi come surrogazione del fondo
espropriato con altro terreno. Questa indennità infatti può consentire al fittavolo la continuazione
dell’attività agraria permettendogli di affittare o acquistare un terreno con le stesse caratteristiche di
quello espropriato.
- art. 20: stabilisce che nel caso di occupazione d’urgenza, sarà dovuta un’indennità pari a 1/12
dell’indennità che sarebbe dovuta per l’esproprio.
LEGGE N° 359 DEL 1992
Stabilisce che per le espropriazioni delle aree edificabili vengano pagate le indennità determinati con i criteri
della “legge Napoli” – il 40%:
I = Vm + 10 redditi imponibili - 40%
2
TESTO UNICO 2001
Venne tolto alla legge del 1992 il -40%:
I = Vm + 10 redditi imponibili
2
2007
Con la finanziaria del 24-12-2007 il camma 89/90 dell’art.1 si riporta al valore di mercato tranne in alcuni casi
quando può essere tolto dal valore il 25%:
I = Vm
Oppure I = Vm – 25%
29) LE FASI DELL’ESPROPRIO
L’iter espropriativo prevede le seguenti fasi:
1. Il vincolo preordinato all’esproprio
2. La dichiarazione di pubblica utilità
3. L’indennità di espropriazione
4. Il decreto di esproprio
1)Un’area è sottoposta al vincolo preordinato all’esproprio con l’approvazione dello strumento urbanistico
(PRG o una sua variante) che prevede su di esso la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Il
vincolo ha la durata di 5 anni.
2)La dichiarazione di pubblica utilità è implicata nell’approvazione del progetto definitivo dell’opera di
pubblica utilità e del piano di attuazione nell’ambito del quale l’opera stessa deve essere realizzata. Il piano
di attuazione può essere un piano particolareggiato, un piano di lottizzazione, un piano di recupero, ecc.
3)Entro i 30 giorni successivi alla dichiarazione di pubblica utilità il promotore dell’espropriazione compila
l’elenco dei beni da espropriare e indica le somme che offre per le loro espropriazioni. L’elenco va notificato
a ciascun proprietario. Gli interessati nei successivi 30 giorni possono presentare osservazioni scritte e
depositare documenti. Se lo ritiene opportuno e compatibile con le esigenze di celerità del procedimento,
l’autorità espropriante invita il proprietario espropriando e il beneficiario dell’espropriazione a precisare quale
sia a loro parere il valore dell’area. Valutate le osservazioni degli interessanti, l’autorità espropriante
determina la misura dell’indennità provvisoria di esproprio.
Accettazione dell’indennità
Nei 30 giorni successivi alla notificazione il proprietario può comunicare all’autorità espropriante, con
dichiarazione irrevocabile, che accetta tale indennità. Entro 60 giorni, al proprietario va pagata la somma
offerta. In segiuto al pagamento dell’indennità accettata, il beneficiario dell’esproprio e il proprietario
espropriato sono tenuti a concludere l’accordo di cessione volontaria, che deve essere trascritto entro 15
giorni all’Ufficio dei registri immobiliari. In questo caso l’esproprio si conclude con una compravendita e
non con un decreto espropriativo.
Rifiuto dell’indennità
Nel caso in cui il proprietario non abbia accettato l’indennità provvisoria di esproprio si procede alla
determinazione dell’indennità definitiva. Il proprietario espropriando può scegliere in questo caso di affidare
il compito di determinare l’indennità di esproprio:
- A tre tecnici appositamente nominati, oppure
- Alla commissione provinciale degli espropri
A. Nel primo caso si ha una procedura simile all’arbitrato. I tecnici sono designati:
- Dall’autorità espropriante
- Dal proprietario
- Dal presidente del tribunale civile
Si ha quindi una procedura basata sul contraddittorio tra le parti, in cui l’autorità espropriante e il proprietario
sono messi sullo stesso piano. Il terzo tecnico (nominato dal presidente del tribunale), deve essere scelto tra
i professori universitari dell’estimo o tra coloro che sono presenti nell’albo dei periti tecnici del tribunale.
L’autorità espropriante fissa il termine entro il quale va presentata la relazione da cui si evinca la stima del
bene.
B. Nel secondo caso l’indennità defiitiva è determinata dalla Commissione provinciale degli
espropri, formata da 9 membri
Se l’indennità definitiva determinata da tre tecnici o dalla commissione viene accettata si procede al
pagamento, altrimenti l’autorità espropriante ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti e
procede comunque all’emanazione del decreto di esproprio. Il proprietario può fare opposizione alla stima
con ricorso in Corte d’appello.
4) Il decreto di esproprio viene emanato dall’autorità competente (amministrazione statale, Regione,
Provincia o Comune) e consente l’occupazione dell’immobile. Il decreto indica:
- Gli estremi degli atti da cui è sorto il vincolo preordinato all’esproprio
- Gli estremi de provvedimento che ha approvato definitivamente il progetto
- L’indennità determinata in via provvisoria, precisando se sia stata accettata dal proprietario,e quindi
pagata, se sia stata depositata presso la Cassa dei depositi e prestiti
- I nominativi dei tecnici incaricati di determinare in via definitiva l’indennità di espropriazione,
precisando se essa sia stata accettata dal proprietario, e quindi pagata, e se sia stata depositata
presso la Cassa depositi e prestiti
- Dispone il passaggio del diritto di proprietà
Il decreto viene eseguito con l’occupazione e si effettua mediante.
- Il verbale di immissione di possesso
- La compilazione dello stato di consistenza
30) Qual è il VALORE DI UN’AREA EDIFICABILE
Un’area può essere considerata edificabile se la normativa urbanistica vigente ne consente l’edificabilità, se
è urbanizzata e se è inserita in un mercato dove è presente una domanda insediativa. Ogni area è connotata
da caratteristiche:
Estrinseche: condizioni di mercato , ambito naturale, dotazione urbanistica, l’ubicazione nel contesto urbano.
Intrinseche: indice di edificabilità, caratteristiche geo-morfologiche, la conformazione e le dimensioni,
l’esposizione e la panoramicità.
Si può effettuare la stima usando:
1. Metodo sintetico diretto:
Si utilizza la COMPARAZIONE del bene oggetto di stima con aree di prezzo (recentemente noto) aventi
analoghe caratteristiche intrinseche ed estrinseche. La formulazione del prezzo, espresso in €/mq è un
punto di arrivo dell’effettivo apprezzamento del mercato, ma può essere utile riferirsi anche all’incidenza del
valore dell’area/mq o a vano costruito Va = Iv × I f
Ai fini della potenzialità economica è bene tener presente che il valore di mercato di un’area è proporzionale
all’indice di edificabilità.
2. Metodo indiretto:
Si deve procedere considerando l’area urbana come un bene di produzione al quale, con l’applicazione di un
capitale equivalente al costo di trasformazione, si ottiene il prodotto edilizio. Il Va si ottiene sottraendo al più
probabile valore di mercato di un fabbricato i costi di urbanizzazione Ku, di costruzione Kc, e il profitto
normale spettante all’imprenditore, scontando il tutto all’attualità comprensione del tempo necessario alla
costruzione.
Il profitto spettante all’imprenditore varia dal 10 al 40 % del valore del fabbricato
finito e deve essere comprensivo dei rischi dovuti all’investimento.
36) IL CATASTO
Il catasto secondo il significato attuale della parola, è l’inventario di tutti i beni immobili che fanno parte di
uno stato ; se si riferisce ai terreni è detto Rustico , se ai fabbricati civili Urbano.Parlando di catasto , senza
altra specificazione, ci riferiamo a quello dei terreni.
Il catasto, infatti, ha principalmente due scopi:
a) Giuridico, di accertare cioè le proprietà immobili e di tener in evidenza le mutazioni , senza però che
i risultati dell’accertamento abbiano, nel nostro catasto, valore probatorio , cioè servano alla prova
legale della proprietà (la proprietà la attesta il rogito notarile), come nel classico sistema tedesco,
detto tavolate.
b) Fiscale, di accertare in modo uniforme il reddito imponibile per lo stanziamento e l’equa distribuzione
dell’imposta fondiaria.
Un buon catasto facilita il credito fondiario, rende più sicure e più semplici le ricerche per gli atti di compra
vendita, più rapido ed economico lo studio e la liquidazione di opere di pubblica utilità, comprese le
espropriazioni forzate.
I vecchi catasti si possono dividere in :
- descrittivi , i quali mancano di topografie o mappe, e registrano la proprietà basandosi solamente sulla
stima ricavata col metodo empirico, ovvero sulla rendita denunziata dai proprietari.
- geometrici , si basano sulla misura e sulla stima; a loro volta possono essere per masse di coltura o
particellari ; quest’ultimi possono fermarsi alla particella di proprietà o discendere alla particella di coltura o
destinazione. Per le masse di coltura le differenti colture si considerano riunite insieme per masse di eguale
qualità e reddito, allo scopo di assegnarne complessivamente il valore, salvo poi provvedere alla ripartizione
interna di esse tra le varie possidenze. Il catasto particellare di proprietà si ferma alla determinazione delle
particelle di proprietà, ovvero degli appezzamenti spettanti ad un dato possesso, senza ulteriori suddivisioni.
Questo catasto,buono dal punto di vista geometrico, presenta delle difficoltà per la parte estimativa, la quale
difetta di uniformità e di generalità. Risultati migliori si ottengono quando, oltre alle particelle di proprietà si
considerano quelle di coltura e destinazione.
E’ emanato dal Mef (ministero economia e finanza). Il catasto vigente in Italia è “geometrico”, particolare e
non è probatorio di proprietà, per la proprietà si controlla l’ufficio del registro. Altra cosa da verificare è la legittimità
della preesistenza, se l’immobile è regolare sotto il punto di vista edilizio, non deve essere abusivo, perchè gli immobili abusivi non
possono essere venduti. Per verificare ciò devo controllare il progetto approvato e confrontarlo con quello effettivamente esistente ( in
comune). Bisogna anche controllare se si ha cubatura residua, se quindi si può potenzialmente ampliare l’edificato.
Vani: uno per ogni ambiente
Superficie utile lorda (sul)= si calcola all’esterno della muratura(non ne fanno parte vani ascensori, vani tecnici e vano scala)
Superficie commerciale = tutto l’appartamento più il 50% delle murature perimetrali per appartamenti e villette a schiera e tiene conto
dei ragguagli dei balconi, terrazze, ecc…
L’UNITA’ IMMOBILIARE La struttura del catasto dei fabbricati è imperniata sull’unità immobiliare, definita come “una porzione di
fabbricato, o un fabbricato, o un insieme di fabbricati ovvero un’area che nello stato in cui si trova secondo l’uso locale, presenta
potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Non sono da considerare unità immobiliari: i manufatti di superficie inferiore a 8 m2, le
serre per coltivazioni sul suolo naturale,le vasche di accumulo dell’acqua per fini agricoli o allevamenti ittici, i manufatti isolati privi di
copertura, tettoie, pollai, concimaie, i manufatti precari non stabilmente infissi al suolo
44) QUALI SONO LE ANALOGIE TRA GLI ART. 15 E 26 DELLA L. 47/85 (CONDONO)
Entrambi si occupano delle modifiche della disciplina da applicare ad esse.
L’art. 15 è sulle varianti in caso d’opera e afferma che non si procederà alla loro demolizione perché sono
conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, e non comportano modifiche alla sagoma, alle sup.
utili, non modifichino le dest. D’uso ne il numero delle unità immobiliari.
L’art. 26 riguarda invece la opere interne e disciplinari che queste non sono soggette ad autorizzazioni e
concessioni perché conformi agli strumenti urbanistici ed edilizi vigenti, purchè non comportano modifiche
alla sagoma, ne aumento della sup. utile, ne cambi di destinazione d’uso ne aumento del numero delle unità
immobiliari.
3. combinate: quando si verifica la sovrapposizione delle precedenti. La TdS può essere utilizzata per
la delimitazione di aree caratterizzate ognuna da specifici costi di soglia; individuate le aree di prima
e ultima soglia si determinano quelle intermedie, si calcola per ciascuna il potenziale demografico e
i costi medi unitari, in tal modo la TdS permette di confrontare le diverse alternative di espansione
delle aree urbane, individuando anche l’ordine di priorità conveniente per la loro urbanizzazione.
Oppure la TdS può essere utilizzata per individuare quelle combinazioni di variabili a cui
corrispondono costi di urbanizzazione. Le variabili principali che influiscono sui costi di
urbanizzazione sono: la dimensione demografica, la densità fondiaria, l’indice di forma o di rilievo
del territorio. Ogni singolo fattore avrà un peso di influenza sul livello dei costi. Questi si
dispongono, all’aumentare del numero di abitanti con andamento sinusoidale crescente.
VALUTARE I COSTI ASSOCIATIVI ALLE DIVERSE ALTERNATIVE DI SVILUPPO URBANO
Per gli investimenti pubblici si può usare quest’ultimo criterio, valutando a quale investimento corrisponde il
maggior tasso di rendimento; oppure adottare il tasso fissato dalla Pubblica Amministrazione, che rivaluterà
uguale ogni investimento. L’ABC originariamente misurava esclusivamente la redditività economica dei
progetti, ma i nuovi obiettivi proposti dalla programmazione dello sviluppo sociale impongono di considerare
anche i costi e i benefici sociali non monetizzabili
La prima fase dell’analisi multicriteria è la costruzione della tabella di valutazione, che valuta le
performances delle alternative secondo i criteri selezionati. Nel caso si assegni un valore diverso ai vari
criteri, tale tabella viene affiancata da una tabella delle priorità, che riporta l’importanza che viene assegnata
a ciascun criterio.
In molti casi,a questo punto è già possibile procedere ad una valutazione dell’opzione preferita, se c’è
un’unica opzione dominante, ovvero i cui punteggi sono sempre superiori o uguali alle altre per qualsiasi
criterio. Nei casi in cui non si pervenga all’individuazione di un’opzione dominante è necessario considerare
sia l’intensità degli effetti (il valore del punteggio) sia le diverse priorità (pesi) assegnate ad ogni criterio. Il
caso più semplice si verifica quando tutti i criteri hanno la stessa priorità e le intensità sono espresse nella
stessa unità di misura e sono quindi comparabili. In questa situazione l’opzione migliore è quella che
massimizza complessivamente le intensità degli effetti. Nei casi invece in cui manca l’omogeneità nella
rilevanza dei criteri e la comparabilità nella misura delle intensità,è necessario procedere alla
standardizzazione della tabella di valutazione e alla costruzione della tabella di priorità da affiancare alla
prima.
Una volta costruita la tabella di valutazione standardizzata, si potrà eventualmente procedere
all’ordinamento delle diverse alternative progettuali, definendo le priorità sulla base di un criterio di scelta.
Tecnicamente, viene costruita una tabella di priorità attribuendo dei pesi che definiscono l’ordine di
importanza tra i vari criteri e/o sotto-criteri. Le alternative progettuali o di regolazione saranno quindi ordinate
dopo aver assegnato un peso ai criteri.
Indicatori di sintesi: gli indicatori di sintesi proposti nell’analisi multicriteria si fondano in genere sul calcolo di
medie dei punteggi (ponderati eventualmente con i pesi di priorità) che consentono l’individuazione
dell’opzione preferita (quella con la media più elevata).
Vantaggi: l’analisi permette di inserire in un unico processo di valutazione sia criteri economici espressi in
valori monetari sia criteri misurabili soltanto in termini quantitativi o qualitativi, pesando questi criteri secondo
le priorità loro attribuite dal decisore e facilitando l'individuazione della soluzione preferibile.
Svantaggi: la procedura metodologica dell’analisi multicriteria è articolata e complessa e ciò è dovuto
all’esigenza di sviluppare un approccio che rappresenti la molteplicità di obiettivi della funzione decisionale.
I risultati dell’analisi multicriteria possono essere fortemente soggettivi perché condizionati dalle scelte
effettuate nelle varie fasi del metodo. Lo spazio di scelta concesso all’analista può essere un punto critico
della metodologia in quanto è necessaria una forte consapevolezza degli effetti prodotti dalle varie scelte
metodologiche quali, ad esempio, quelle che riguardano la procedura di standardizzazione (che può
modificare la posizione in una graduatoria) e l’assegnazione dei pesi ai criteri di scelta (che potrebbe essere
indirizzata da considerazioni personali o addirittura politiche).
Analisi di sensitività: l’analisi multicriteria considera esplicitamente differenti obiettivi e questo generalmente
impone all’analista la condizione di non potere usare valutazioni quantitative ma soltanto qualitative. L’analisi
è caratterizzata da molta soggettività e ciò rende i risultati incerti; è quindi importante sottoporli ad analisi di
sensitività per misurare le eventuali variazioni in relazione ai cambiamenti di criteri e di scelte metodologiche.