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PROCESSO PRODUTTIVO
Si articola in 3 fasi principali:
1) Approvvigionamento dei fattori
della produzione;
2) Trasformazione/produzione;
3) Scambio del risultato (output)
della combinazione produttiva.
L’attività umana, diretta alla soddisfazione di tali bisogni o desideri, attraverso la ricerca di beni
economici, viene definita economica ed è sempre fatta di scelte, le quali cercano di cogliere il
miglior rapporto possibile tra mezzi e bisogni. Ciascun individuo ha così una scala dei bisogni.
Essendo scelte umane, però, vengono influenzate inevitabilmente da fattori extraeconomici, di
natura culturale, etica, religiosa, sociale, ideologica.
I momenti tipici dell’attività economica sono la produzione, il trasferimento e il consumo dei beni.
L’attività economica è quindi il complesso di decisioni e azioni che riguardano l’acquisto e l’impiego
dei beni necessari al soddisfacimento dei bisogni.
Unità economiche e aziende
Nell’attuale sistema economico diversi sono i soggetti che svolgono attività economica, ovvero le
unità economiche, che possono essere singoli individui o gruppi di persone o entità diversamente
organizzate. Tutte tendono a minimizzare l’uso delle risorse per massimizzare quindi i risultati
impiegando al meglio tali risorse.
PRODUZIONE E CONSUMO vengono svolti dai GRUPPI dei quali l’uomo fa parte.
• DURATURI: quei gruppi che hanno uno scopo ben preciso da seguire e realizzare (bene comune).
CARATTERISTCHE:
1. Sono ordinati secondo proprie leggi che la società riconosce ed accetta.
2. Sono autonomi sia dalle persone che li compongono sia dal contesto sociale di cui fanno parte.
Manifestano la loro autonomia decidendo e utilizzando le risorse di cui dispongono.
3. rappresentano un tutto unitario (omogeneo), formato da individui con lo stesso obiettivo
comune
4. sono dinamici, cioè reagiscono agli impulsi interni ed esterni.
IN MODO IN MODO
OCCASIONALE CONTINUATIVO
La nozione di azienda dal punto di vista giuridico è fornita dal codice civile, che all’articolo 2555
definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati per l’esercizio d’impresa”. Questa
definizione tiene conto solo delle aziende di produzione o imprese il cui fine principale è quello del
lucro, ma non tiene pertanto conto delle aziende di erogazione o di consumo.
Dal punto di vista economico, possiamo osservare come il concetto di azienda si sia evoluto nel
tempo.
o FABIO BESTA
Una prima nozione viene fornita da Fabio Besta verso la fina dell’800, che definiva l’azienda come
“la somma di fenomeni, negozi o rapporti giuridici da amministrare, relativi ad un cumulo di capitale
che formi un tutto a sé”. Si trattava quindi di una visione non complessiva, composta da elementi
slegati tra loro. Questa visione un po’ “arcaica” dell’azienda poteva fare riferimento a quelle attività
economiche del ‘700 di un mercante, ma non era adeguata a definire l’azienda nata dopo la
rivoluzione industriale.
NB. Lo scopo si differenzia dal fine dell’azienda che è unico, cioè la soddisfazione duratura dei
bisogni umani.
4) ALTRE CLASSIFICAZIONI
COOPERATIVA → le aziende appartenenti a cooperative sono quelle che “cooperarono”,
appunto, con altre aziende dal lato della domanda o dell’offerta, su mercati particolari e limitati.
I soci della cooperativa sono titolari di quota del capitale e contemporaneamente sono :
- conferenti dei fattori specifici della produzione come materie (cooperative di produzione) e
prestazioni del lavoro (cooperative di lavoro);
- destinatari dei beni o dei servizi prodotti (cooperative di consumo).
Nelle cooperative avviene uno scambio mutualistico.
ONLUS (Organiz. Non Lucrative di Utilità Sociale) → La qualifica di ONLUS è assunta dalle
aziende no profit che dimostrano di possedere specifici requisiti; ottenuta tale qualifica, è
possibile avere agevolazioni fiscali. Alcuni dei requisiti sono:
➢ svolgimento di almeno una delle seguenti attività: assistenza sanitaria, assistenza sociale,
beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione dei beni storici e
artistici, tutela dell'ambiente, promozione culturale ed artistica, tutela dei diritti civili,
ricerca scientifica.
➢ Escluso perseguimento di finalità di solidarietà sociale;
➢ Divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione, fondi, riserve,
durante la vita dell’organizzazione, a meno che tale destinazione non sia imposta per legge
o sia effettuata a favore di altre ONLUS che fanno parte della medesima struttura.
Caratteri distintivi dell’azienda
Per definire un’unità economica come azienda, è necessario che possegga tali caratteri distintivi:
A) coordinazione sistemica;
B) economicità;
C) autonomia.
D) durabilità.
• COORDINAZIONE SISTEMICA
La coordinazione sistemica pone l’attenzione sugli elementi che compongono il sistema-azienda.
Tutte le aziende, indipendentemente dalle dimensioni e dal tipo di attività svolta, sono infatti
costituite da:
1. un insieme di persone che forniscono all’azienda le proprie energie lavorative; tali persone, che
costituiscono la forza LAVORO, insieme al PATRIMONIO (i beni necessari per lo svolgimento delle
attività) costituiscono la struttura organizzativa.
2. le risorse sono quei beni che vengono utilizzate nei processi di produzione o di consumo, che
possono essere conferite dai soci o acquisite dall’azienda in corso.
Le risorse possono essere:
- materiali: beni tangibili quali materie prime, macchinari, fabbricati, ecc.;
- immateriali: beni intangibili quali conoscenze, licenze, brevetti (ovvero il diritto di utilizzo di una
particolare innovazione), capacità, ecc.
Possiamo inoltre distinguere le risorse in base al loro ciclo di utilizzo:
➢ Risorse a fecondità semplice (o a veloce ciclo di utilizzo): sono quelle che una volta utilizzate
si esauriscono. Un esempio sono le materie prime.
➢ Risorse a fecondità ripetuta (o a lento ciclo di utilizzo): sono quelle risorse che possono
essere utilizzate più volte (e spesso hanno anche un’utilità pluriennale, ovvero possono
essere utilizzate in più anni). Un esempio sono i macchinari.
In riferimento alle risorse produttive pluriennali, bisogna capire qual è la quota di utilità che
può essere attribuita a quel fattore produttivo, in modo da poter confrontare i benefici che
derivano dalla vendita nel mercato dei prodotti finiti con i sacrifici sostenuti per poter
produrre quel prodotto.
4. le operazioni (produzione dei beni, amministrazioni, trasporto dei beni).
5. il fine da raggiungere, che è il soddisfacimento diretto o indiretto dei bisogni umani.
Il termine coordinazione sistemica deriva dal fatto che questi elementi devono essere COORDINATI
tra loro e l’azienda può essere definita un SISTEMA, in quanto gli elementi che la compongono
(persone, risorse e operazioni) interagiscono tra loro e sono legati da rapporti di dipendenza
reciproca.
Il sistema-azienda è un sistema aperto, in quanto deve avere continue relazioni di scambio con
l’ambiente che la circonda: da esso provengono i suoi input (con i quali avviene la produzione) e a
esso vanno i suoi output (i prodotti finiti). Infine, le decisioni del sistema aziendale non vengono
prese in maniera casuale, ma tenendo conto di operazioni e processi che già in precedenza avviati
e di quelli che si intende avviare.
• ECONOMICITA’
L’azienda, per poter durare nel tempo, ha bisogno del carattere dell’economicità.
L’economicità di un azienda è la sua capacità di perdurare nel tempo massimizzando l’utilità delle
risorse impiegate. Tale requisito è garantito quando l’azienda opera in condizioni di equilibrio:
- economico; - finanziario.
Aziende di produzione:
Quando si parla di aziende di produzione, da un lato si ha il consumo di ricchezza dovuto
all’approvvigionamento dei fattori produttivi, dall’altro si ha la crescita della ricchezza che deriva
dall’immissione nel mercato dei prodotti finiti.
L’azienda si trova in una situazione di equilibrio economico quando la gestione aziendale riesce a
produrre effetti positivi sulla ricchezza aziendale, ovvero riesce a mantenerla o addirittura ad
accrescerla.
Per verificare se si è creata o consumata ricchezza, e quindi se si è in una condizione di equilibrio
economico, bisogna confrontare i ricavi con i costi di utilizzo che li hanno generati.
La variazione della ricchezza aziendale per effetto della gestione, è chiamata REDDITO.
- Se tale variazione è positiva è detto UTILE → Ricavi > Costi
- Se tale variazione è negativa è detta PERDITA → Costi > Ricavi
Il ricavo è il beneficio (in termini di ricchezza) che deriva dalla vendita nel mercato dell’output prodotto.
Il costo:
- Costo di utilizzazione: è il sacrificio (in termini di ricchezza) sostenuto dall’azienda, necessario per
immettere nel processo produttivo i fattori produttivi, utilizzati per lo svolgimento del processo produttivo.
- Costo di acquisto: è il sacrificio (in termini di ricchezza) necessario per l’acquisizione dei fattori produttivi.
2. Equilibrio finanziario: è la condizione che mette sempre l’azienda in grado di far fronte ai
propri impegni di pagamento (bilanciamento tra finanziamenti e impieghi nel lungo periodo).
Per essere in equilibrio finanziario, bisogna verificare tale condizione:
Entrate > uscite → CONDIZIONE DI EQUILIBRIO FINANZIARIO
L’azienda può anche essere in equilibrio economico, ma non essere in equilibrio finanziario. Ci sono
infatti alcuni casi in cui l’azienda potrebbe ottenere i ricavi meno velocemente di quando investe
per la produzione (ad esempio se i clienti pagano con delle dilazioni).
Esempio: l’azienda vende delle merci per 2000€ a credito, incassando la somma successivamente;
ha una scadenza imminente della rata di un mutuo di 1000€, che però non può pagare perché in
cassa non ha quella somma.
L’equilibrio finanziario è una condizione necessaria per la sopravvivenza dell’azienda: se manca per
molto tempo, l’azienda rischia il fallimento, mentre l’equilibrio economico può anche mancare per
qualche anno. E’ chiaro che se l’equilibrio economico viene a mancare per molto tempo, prima o
poi mancherà anche quel finanziario.
La condizione d’equilibrio è quindi verificata se si considera un orizzonte temporale lungo, anche se
è continuamente compromessa da ostacoli, come l’ingresso nel mercato di nuovi competitor,
ovvero nuovi bisogni non ancora soddisfatti. Una scelta sbagliata da parte dell’amministrazione può
lenire uno dei due equilibri e di conseguenza l’intera economicità dell’azienda.
- che l’azienda operi in condizioni di EFFICIENZA OPERATIVA nell’uso delle risorse: si tratta della
capacità di minimizzare l’impiego di risorse nel raggiungimento degli obiettivi, utilizzando nel modo
più vantaggioso possibile i mezzi produttivi e ottenendo il massimo risultato possibile.
Bisogna trovare una condizione di equilibrio in cui si può dire che l’azienda è sia efficace che
efficiente.
Bisogna essere consapevoli del fatto che uno o più risultati positivi, conseguiti ad un certo momento
o per un breve periodo di tempo, non garantiscono l’esistenza di economicità.
• AUTONOMIA
Autonomia è sinonimo di indipendenza ed è quello stato che permette all’azienda di decidere
liberamente:
- gli obiettivi da raggiungere; - il modo in cui raggiungerli
tenendo conto solo della convenienza dell’azienda stessa, senza essere influenzata dagli interessi
dei soggetti che la governano. Le grandi aziende, infatti, spesso istituiscono meccanismi e procedure
che impediscono l’adozione di condotte devianti.
L’azienda non può delegare ad altri il suo potere decisionale.
La Russia utilizza le aziende della distribuzione del gas (i metanodotti) per fini strategici e politici,
chiudendo i rubinetti all’Ucraina. Queste aziende non sono autonome, perché appunto influenzate
dallo Stato.
L’Alitalia, una delle più grosse compagnie aree europee, era fortemente influenzata dallo Stato. Ma
quando un’azienda ha bisogno delle sovvenzioni di qualcuno per sopravvivere (lo Stato), non è
autonoma.
L’autonomia presuppone che ci sia l’indipendenza economica. L’azienda deve saper riavviare i suoi
processi produttivi facendo rifluire le risorse precedentemente investite e facendo in modo che gli
interventi di sostegno da parte di terze economie abbiano una durata temporanea. Un’azienda è
autonoma quando riesce a lavorare in condizioni di economicità.
• DURABILITA’
Infine, tra i caratteri tipici dell’azienda, vi è la durabilità, cioè la sua capacità di perdurare nel tempo.
La durabilità è strettamente collegata all’economicità e deve essere anche un obiettivo per
l’azienda.
Per essere durabile l’azienda deve:
- operare in condizioni di equilibrio finanziario ed economico, per poter soddisfare i bisogni
dell’ambiente in cui opera;
- soddisfare gli interessi dei soggetti che ruotano attorno ad essa.
Tali soggetti vengono chiamati stakeholders (portatori d’interesse): tutti quei soggetti esterni che
hanno interesse al buon andamento dell’azienda:
➢ interessi diretti: azionisti, le banche, i lavoratori, i fornitori, i clienti, i creditori, i debitori;
➢ interessi indiretti: lo Stato (sia perché l’azienda deve pagare le tasse, ma anche per interessi
sociali: se va bene l’azienda, andrà bene l’economia nel suo complesso, ci sarà meno
disoccupazione, ecc;); le comunità locali (i Comuni, le Province); i sindacati (che tutelano i
lavoratori).
L’ambiente
Per ambiente si intende l’insieme delle circostanze nelle quali l’azienda opera e dei fenomeni del
mondo circostante che si riflettono nei suoi comportamenti. E’ fondamentale per l’azienda
conoscere l’ambiente in cui opera, perché dal livello di sintonia con esso si misura il livello di
successo. E’ un contesto dinamico, che può subire continui mutamenti ai quali l’azienda deve
adeguarsi e dai quali deve saperne cogliere le opportunità.
In base alla reazione al cambiamento dell’ambiente, si hanno:
1. AZIENDE PASSIVE: quelle che non modificano i propri atteggiamenti in modo adeguato;
2. AZIENDE REATTIVE: quelle che riescono a modificare gli atteggiamenti adeguatamente;
3. AZIENDE PROATTIVE O ANTICIPATIVE: che suggeriscono loro stesse il cambiamento al mercato
(ad esempio nel settore Hi-tect o farmacologico).
Vi sono poi dei sottoinsiemi ambientali, rappresentati dai vari mercati esterni:
- mercato del lavoro
- mercato dei capitali: a volte si fa ricorso a finanziatori esterni che danno del denaro.
- mercato delle materie prime
- mercato delle tecnologie
- mercati di sbocco.
• Rischio di tipo 1) inteso come il potenziale verificarsi di eventi che contrastano gli obiettivi
dell’azienda. Esso ha due cause principali:
- la complessità del futuro e
- la limitata capacità di previsione dell’uomo.
• Rischio di tipo 2) rischio inteso come possibilità che l’azienda non remuneri più i soggetti che
operano per essa.
Al rischio è connesso il concetto del capitale di rischio, ovvero quel capitale immesso nell’azienda
che non ha vincoli di restituzione. Il rischio consiste nel fatto che tale capitale, se l’azienda dovesse
andar male, potrebbe andare perduto. Se l’azienda va bene, il capitale aziendale cresce e così come
il capitale di rischio conferito dal singolo conferente; gli utili ottenuti dall’azienda andrebbero infatti
distribuiti agli azionisti.
Il capitale di credito invece è quello concesso “a prestito” (a titolo di credito) per cui l’azienda si
assume l’obbligo di restituire il conferimento entro una certa data (eventualmente con degli
interessi).
• Rischio di tipo 3) Vi sono poi i cosiddetti rischi particolari, ovvero le piccole manifestazioni di
rischio economico generale. L’entità del rischio particolare dipende da:
1) l’entità del danno, ovvero la massima percepita che si potrà avere
2) la probabilità di manifestazione, ovvero il grado di certezza del verificarsi del danno
3) la durata del rischio, l’intervallo temporale che vi è dalla nascita del rischio alla sua cessazione
4) la durata delle manifestazioni, che separa la prima manifestazione del rischio dalla cessione
completa degli effetti dannosi ad esso connessi.
L’accettazione del rischio è dunque una caratteristica tipica delle imprese, in quanto il rischio è
INELIMINABILE, per ogni tipo di azienda. Tuttavia vi sono settori, come quello alimentare, dove il
rischio è minore, e altri settori, soprattutto quelli più innovativi, dove il rischio cresce.
Le politiche aziendali che influenzano l’entità del rischio possono essere:
- azioni volte ad attenuare l’entità del rischio, agendo sulle cause che lo determinano;
- azioni volte a controllare gli effetti dannosi del rischio, in modo di trasferirli nel tempo e nello
spazio.
CAP 2 - SOGGETTO GIURIDICO E SOGGETTO ECONOMICO
Soggetto giuridico
Il soggetto giuridico è la persona o il gruppo di persone a cui sono riconducibili i diritti e gli obblighi
che derivano dallo svolgimento dell’attività economica dell’azienda (acquisti di risorse, vendite e
trasferimenti, contratti). Esso è il responsabile nei confronti di terzi e fornitori.
Il soggetto giuridico:
- nell’azienda individuale il soggetto giuridico è una persona fisica, ovvero il titolare;
- nelle aziende di grandi dimensioni invece il soggetto giuridico è un’entità dotata di soggettività
giuridica – una società. Ad esempio, nel caso della società di persone, potrebbe coincidere con le
figure dei soci.
Secondo la natura del soggetto giuridico, si hanno:
aziende private, il cui soggetto è una persona aziende pubbliche: il cui soggetto giuridico è
fisica oppure una persona giuridica o una persona giuridica pubblica, ossia un ente
un’associazione con finalità private. La loro che persegue finalità che interessano
attività è regolata dalle norme del diritto direttamente la collettività. La loro attività è
privato. regolata dalle norme del diritto privato.
Soggetto economico
Il soggetto economico indica la persona o il gruppo di persone che detiene di fatto la massima
autorità e il supremo potere decisionale di un’azienda. Esso di fatto governa e controlla la gestione
aziendale, ha il compito di prendere decisioni strategiche, determinare gli obiettivi generali e le
attività per realizzarli.
- Nelle ditte individuali, appartenenti ad un unico proprietario, è egli stesso il soggetto economico.
- Nelle aziende di grandi dimensioni invece, appartenenti a più soci, il soggetto economico è
generalmente costituito da coloro che detengono le quote di maggioranza.
Se si pensa alle grandi aziende infatti, il soggetto economico non è costituito da tutti gli azionisti, ma da coloro
che ne detengono più capitale (Berlusconi per Mediaset, Agnelli per FIAT, Del Vecchio per Luxottica, ecc.).
- Nelle aziende più grandi, spesso, non sono i proprietari a prendere le decisioni fondamentali, ma
ci si affida a persone qualificate, dei top manager o amministratori delegati che definiscono le
strategie aziendali e che a volte, soprattutto nelle aziende con capitale azionario diffuso (public
company), fanno parte del soggetto economico.
- In alcuni casi il soggetto economico può anche essere associato a persone estranee alla proprietà
dell’azienda. A volte i soci infatti rinunciano ad occuparsi del governo aziendale per motivi personali
o perché non ne sono in grado.
Nelle grandi aziende identificare il soggetto economico è molto complicato, e spesso ha poca
importanza farlo; ciò che conta è sapere com’è organizzato il governo e com’è controllato (corporate
governance).
Modelli Aziendali
Le aziende si distinguono, oltre che per la natura dell’attività svolta, anche per la struttura della loro
proprietà e per come questa si pone nei confronti dell’azienda stessa.
- LIMITI:
• hanno un basso livello di stabilità, perché i proprietari cambiano continuamente.
• possono nascere conflitti di interesse tra azionisti e management; potrebbe infatti succedere che
l’amministratore delegato (o il manager) prenda decisioni per interessi personali e non per il bene
dell’azienda. Ad esempio potrebbe inserire in posizioni di rilievo amici o parenti che non hanno le
competenze adeguate oppure potrebbe avere manie di grandezza e pur di far crescere l’azienda
potrebbe effettuare investimenti molto rischiosi.
Il consiglio di amministrazione, avrà un duplice ruolo:
- un ruolo di gestione, affidato all’amministratore delegato, per definire le strategie e prendere le
decisioni aziendali;
- un ruolo di controllo: viene istituito un sottocomitato (comitato per il controllo interno composto
da membri indipendenti, eletto direttamente dall’assemblea dei soci) per controllare l’attività
dell’amministratore delegato, affinchè questo non possa approfittare della posizione che ricopre e
possa agire per l’interesse dell’azienda.
• un altro aspetto negativo della proprietà frazionata è quello dell’asimmetria informativa, quel
fenomeno secondo cui una parte degli agenti interessati ha maggiori informazioni rispetto al resto
dei partecipanti e può trarre un vantaggio da questa configurazione.
STOCK OPTION : uno strumento di incentivazione: incentiva il manager a fare sempre meglio; vengono
proposti dei titoli di rappresentazione dell’azienda a un costo x; nel momento in cui il costo x aumenta,
In questo ambito nasce il gruppo aziendale, che richiede il soddisfacimento di due condizioni:
• la presenza di una pluralità di aziende dotate di autonomia giuridica (cioè nettamente distinte);
• la presenza di un’azienda capogruppo, detta HOLDING, che possegga tutte o la maggior parte delle
quote di capitale delle altre aziende del gruppo.
Così facendo vi è un unico soggetto economico (la holding) che controlla, tramite partecipazioni di
capitale, tutte le altre aziende del gruppo (distinti soggetti giuridici). Vi è dunque un legame
finanziario tra la Holding e le aziende del gruppo. L’autonomia decisionale delle aziende controllate
può essere limitata o non esistere affatto.
Esistono gruppi con dimensioni diverse:
*L'INTEGRAZIONE VERTICALE
L'integrazione fa parte della strategia di gruppo, quindi di quelle strategie che si concentrano su
DOVE un'impresa compete. L'integrazione verticale consiste nell'internalizzazione di una serie di
attività verticalmente correlate. Essa si può classificare in 2 modi:
Integrazione verticale a valle
L'impresa assume il controllo/proprietà su delle attività che prima erano svolte dai clienti. L'impresa
prende il controllo di un passaggio successivo rispetto a quello che già ricopre: ad esempio,
un'impresa assemblatrice di automobili, apre una concessionaria di vendita.
Integrazione verticale a monte
L'impresa assume controllo/proprietà della produzione delle proprie componenti o di altri input.
L'impresa assume il controllo di uno step antecedente a quello già svolto: ad esempio, un'impresa
assemblatrice di automobili, inizia a produrre volanti.
I motivi per le quali un'impresa decide di integrarsi a monte e a valle sono:
• cercare di ridurre i costi connessi al mercato e quindi ottenere maggiori profitti,
• Non c'è il rischio di perdere il fornitore e quindi subire opportunismo post contrattuale,
• Si riducono i costi di transazione legati alle fasi di negoziazione, ecc, poiché non c'è più il
problema di ricercare i fornitori.
CAP 3 - IL SISTEMA DELLE OPERAZIONE TIPICHE DELLA GESTIONE
Operazioni tipiche di gestione
Per gestione si intende l’insieme delle operazioni, coordinate e collegate tra loro, compiute dal
fattore umano per la CREAZIONE DI UTILITA’ all’interno dell’azienda.
L’operazione è l’unità elementare dell’attività di gestione. Ciascuna operazione assume significato
solo in relazione alle altre già realizzate e a quelle da attuare.
Vi sono elementi in comune nella gestione di qualsiasi impresa (da quella industriale a una banca,
da una compagnia di assicurazioni a una società calcistica).
Sotto un profilo soggettivo, ci si sofferma sulle persone tramite le quali si realizzano le operazioni.
Sotto un profilo oggettivo, si analizzando le 3 fasi fondamentali della gestione:
1) Fase dell’approvvigionamento: comprende le operazioni attraverso le quali si acquisiscono i vari
fattori produttivi necessari per lo svolgimento dell’attività. Tali operazioni di acquisto danno luogo
al sostenimento di costi.
2) Fase della trasformazione/produzione: comprende le operazioni con cui i fattori produttivi
vengono impiegati per ottenere beni o servizi, i quali diventeranno poi oggetti di scambio sul
mercato di sbocco. La produzione non va intesa soltanto come lavorazione fisica della materia
prima, ma anche come creazione di utilità economica.
3) Fase dello scambio: è la fase in cui l’impresa colloca sui mercati di sbocco i risultati della sua
attività di trasformazione (in genere al prezzo più favorevole possibile). In tal modo essa consegue i
ricavi e rientra in possesso dei mezzi finanziari impiegati nella produzione.
Le operazioni aziendali possono essere classificate in:
▪ operazioni di gestione ESTERNA: necessitano di atti di scambio con soggetti esterni
(lavoratore, cliente, fornitore).
APPROVVIGIONAMENTO
Operazioni di gestione ESTERNA
SCAMBIO
In campo economico, lo scambio richiede tali requisiti:
- l’intervento di due o più soggetti (l’azienda e altri)
- la cessione di un bene/servizio da un soggetto a un altro
- un compenso in denaro (o in natura)
- l’esistenza di una correlazione tra due prestazioni
- la possibilità di misurare il valore delle prestazioni che vengono scambiate
▪ operazioni di gestione INTERNA: non pongono l’azienda in relazione con l’ambiente esterno
In altri termini, i fattori della produzione sono un complesso di beni, materiali e immateriali, e servizi
utilizzabili per lo svolgimento dell’attività aziendale, il cui valore monetario è oggettivamente
determinabile poiché scaturisce da uno scambio di mercato.
In base alla TANGIBILITA’ abbiamo:
- beni materiali (merci, materie prime, macchinari, immobili);
- beni immateriali (diritti di brevetto, licenze, marchi);
- servizi: (le consulenze professionali) e il lavoro dipendente.
- Fattori a fecondità ripetuta (FFR), sono quei fattori che possono essere utilizzati più volte, poiché
cedono la propria utilità gradualmente, conservando le proprie caratteristiche funzionali, come i
macchinari, gli automezzi, le attrezzatura, i diritti di brevetto.
Il recupero del denaro investito per il loro acquisto avviene INDIRETTAMENTE, tramite il
collocamento dei beni/servizi prodotti.
Una volta iniziato l’utilizzo dei FFR, il loro valore tende a ridursi gradualmente. Tale valore viene
detto VALORE RESIDUO.
VALORE RESIDUO = COSTO DI ACQUISIZIONE DEL FATTORE - COSTO DI UTILIZZAZIONE
- Costo di acquisto: è il sacrificio (in termini di ricchezza) necessario per l’acquisizione dei fattori
produttivi.
- Costo di utilizzazione: è il sacrificio (in termini di ricchezza) sostenuto dall’azienda, necessario per
immettere nel processo produttivo i fattori produttivi, utilizzati per lo svolgimento del processo
produttivo.
PROCESSO DI AMMORTAMENTO
La maggior parte dei FFR hanno una durata pluriennale e sono ammortizzabili.
L'ammortamento è un procedimento tecnico-contabile con il quale il costo pluriennale di un bene
a fecondità ripetuta viene ripartito nei diversi anni di vita utile del bene stesso.
Lo scopo è quello di stimare ogni anno qual è la quota di utilità che quel bene ha dato. In altre
parole il bene partecipa per quote alla determinazione del reddito dei singoli esercizi.
Il processo di ammortamento è un processo soggettivo, solitamente svolto dal manager
dell’azienda, che si basa principalmente su stime e congetture:
• la STIMA è una valutazione soggettiva approssimativa del valore di un bene per la quale è però
possibile effettuare una valutazione oggettiva in un momento successivo in modo da
individuare l’errore;
• la CONGETTURA è invece un'ipotesi basata su indizi incompleti, non certi o frutto di valutazioni
personali; è quindi una valutazione totalmente soggettiva che non permette di individuare un
riscontro successivo. La congettura rappresenta l'ipotesi che è alla base dell'imputazione
soggettiva di un costo pluriennale nei singoli periodi amministrativi.
2. Poi bisogna chiedersi per quanto tempo occorre fare l’ammortamento. Per determinare la
durata del piano di ammortamento, bisogna stimare la vita utile del fattore produttivo.
Potrebbe sembrare che un FFR, tipo un macchinario, si possa utilizzare fin quando la sua vita fisica
non si esaurisca ed esso diventi non funzionante. In realtà bisogna effettuare delle valutazioni sulle
condizioni del bene, in modo da stimare la sua vita utile, che:
➢ dipende dall’utilizzo del bene, ovvero il logorio fisico;
➢ dipende dalla manutenzione periodica effettuata sul bene;
➢ è resa più breve dall’obsolescenza, che può essere tecnica o economica.
L’obsolescenza tecnica fa riferimento al superamento tecnico dei FFR: si verifica quando il progresso
tecnologico ha reso possibile la progettazione e la realizzazione di altri fattori, che consentono di
ottenere prodotti in minor tempo, di qualità migliori o a costi minori.
L’obsolescenza economica è invece quel fenomeno di superamento economico che rende non più
conveniente l’utilizzo di un fattore produttivo, seppur perfettamente funzionante dal punto di vista
tecnico, nella quale possono trovarsi i prodotti quando perdono attrattività sui mercati.
Alcuni esempi di obsolescenza economica:
- l’azienda può affidare a terzi una fase del processo produttivo perché magari non ne ha le
competenze necessarie: in questo modo i fattori produttivi sono resi inutilizzabili in quella fase;
- L’obsolescenza può anche colpire i prodotti ottenuti con il fattore produttivo, rendendo
quest’ultimo superato se non può essere utilizzato per altre produzioni.
- Così come l’obsolescenza può colpire anche la conoscenza (e le risorse immateriali in generale),
manifestandosi come deterioramento delle capacità competitive dell’azienda.
3. Una volta stimata la durata, bisogna ripartire il costo sostenuto per l’acquisto del fattore
produttivo nei diversi anni in cui esso verrà utilizzato. Dobbiamo allora determinare la cosiddetta
quota di ammortamento. Ogni singola quota di ammortamento graverà sull’esercizio (anno) di
riferimento e può essere di tre tipi.
• QUOTA DI AMMORTAMENTO COSTANTE: se si ipotizza che il bene ceda negli anni di vita un’utilità
costante; si divide il valore da ammortizzare per il numero di anni di vita utile del bene.
Va però osservato che spesso gli impianti, i macchinari e le altre immobilizzazioni presentano
un’efficienza che può mutare nel tempo anche in modo molto sensibile oppure può accadere che
l’utilità di tali beni rimanga costante nel tempo solo grazie a manutenzioni e riparazioni che
diventano via via più onerose.
• QUOTA DI AMMORTAMENTO DECRESCENTE: se si ipotizza che l’impresa utilizzi maggiormente il
bene nei primi anni di vita, quando il rendimento è più elevato, e in misura minore negli anni
successivi, in cui l’efficienza tecnica tende a diminuire, mentre i costi di manutenzione tendono ad
aumentare in seguito all’invecchiamento.
• QUOTA DI AMMORTAMENTO CRESCENTE: se si ipotizza che il bene presenti un’utilizzazione
limitata nei primi anni di vita e il suo funzionamento tende a crescere nel tempo.
Con la scelta del valore da ammortizzare, della quota di ammortamento dell’anno, si incide
contemporaneamente sulla determinazione del reddito e del connesso capitale di funzionamento.
Nel momento in cui si avrà la dismissione del bene, in contabilità verrà rilevato il valore netto
contabile, dato da:
VALORE NETTO CONTABILE = COSTO STORICO – FONDO DI AMMORTAMENTO
dove il fondo di ammortamento è una grandezza contabile che rappresenta l’ammontare totale di
ammortamento accumulato anno per anno nei vari anni.
FONDO DI AMMORTAMENTO = (quota di ammortamento 1° anno, + quota di ammortamento 2°
anno + quota di ammortamento del 3° anno, ecc.).
Se alla vendita del bene ci sarà qualcuno disposto a comprarlo a un prezzo più alto rispetto a quanto
era stato stimato, cioè al valore di presunto realizzo futuro, quel valore in più è una plusvalenza,
e rappresenterà in contabilità un ricavo e verrà inserito nella voce “Altri ricavi e proventi” del Conto
Economico.
Se invece il bene viene venduto ad un prezzo inferiore rispetto a quanto era stato stimato, cioè al
valore netto contabile, quel valore in meno è una minusvalenza, e rappresenterà un costo.
I CIRCUITI (MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA GESTIONE)
Si utilizza il modello dei circuiti di gestione per comprendere il funzionamento delle imprese e le
modalità con cui creano o distruggono ricchezza. Questo modello considera solo le operazioni di
gestione esterna ed ad esso fanno parte il circuito della produzione e quello dei finanziamenti.
Nel circuito della produzione è importante analizzare il duplice aspetto di osservazione sotto il quale
è possibile studiare il momento dell’acquisto e il momento della vendita.
La fase della trasformazione si configura come un atto di gestione interna, in cui non vi sono scambi
con l’esterno, per cui non è presa in esame dal modello.
Il COSTO d’acquisto dei fattori produttivi è il sacrificio di risorse monetarie per l’acquisto di beni e
servizi. E’ dato da:
L’aspetto economico e quello monetario possono avvenire in due momenti diversi (ad esempio se
il pagamento non è immediato ma avviene successivamente).
Il RICAVO di vendita è la quantità di denaro ottenuta vendendo una certa quantità del prodotto
ottenuto dalla combinazione produttiva.
Aspetto
monetario
Aspetto
economico
PROCESSO
Vendita prodotti Acquisto fatt. prod.
PRODUTTIVO
RICAVI COSTI
CIRCUITO DEI FINANZIAMENTI ATTINTI
I finanziamenti attinti sono quei finanziamenti che forniscono all’impresa i mezzi monetari necessari
per l’avvio e lo svolgimento dell’attività produttiva.
Le fonti di approvvigionamento di mezzi finanziari a disposizione dell’azienda si distinguono in:
• fonti interne → CAPITALE PROPRIO (O DI RISCHIO), AUTOFINANZIAMENTO
Sono quelle fonti che derivano dall’attività di gestione, ovvero dalla vendita dei prodotti sul mercato.
• fonti esterne → CAPITALE DI CREDITO (O DI TERZI, O DI PRESTITO)
Fra le possibili fonti di liquidità da cui l’azienda può attingere risorse da destinare genericamente
all’esercizio dell’attività economica vi è l’autofinanziamento.
L’autofinanziamento è la capacità che ha l’azienda di produrre autonomamente le risorse
finanziarie-monetarie che servono per soddisfare il fabbisogno finanziario generato dalle esigenze
della gestione, senza fare ricorso a fonti esterne di finanziamento.
L’autofinanziamento rende in un certo senso “libera” l’azienda, che non ha bisogno dell’intervento
di sostegno degli istituti di credito o dell’apporto di capitale di terzi.
Per calcolare l’autofinanziamento, quindi per capire qual è il reale flusso di cassa:
1. innanzitutto effettuiamo la somma algebrica tra ricavi e costi (da cui possiamo ottenere un utile
o una perdita);
2. se otteniamo un utile, o aggiungiamo i costi non monetari (quei costi che effettivamente abbiamo
già sostenuto prima, come l’ammortamento) o togliamo i ricavi non monetari.
(in genere l’importo delle somme restituite è maggiorato dai relativi interessi passivi, che
costituiscono un costo, quindi una variazione economica negativa).
Aspetto economico:
COSTO → Interessi passivi → Variazione economica negativa
Nel momento in cui l’azienda deve restituire il denaro (ad esempio all’istituto bancario che glielo ha
prestato), dovrà pagare degli interessi per il servizio, che costituiscono un costo.
▪ Debiti di finanziamento: sorgono in relazione alla raccolta dei mezzi finanziari presso
banche, risparmiatori, società finanziarie;
▪ Debiti di funzionamento: sorgono quando l’azienda acquista fattori produttivi dai fornitori,
concordandone il pagamento in un tempo successivo.
IL REDDITO
IL REDDITO E’ LA VARIAZIONE ECONOMICA CHE HA SUBITO LA RICCHEZZA AZIENDALE PER
EFFETTO DELLA GESTIONE.
Esso si va ad aggiungere (reddito positivo o utile) o a sottrarre (reddito negativo o perdita) al
capitale conferito dalla proprietà.
• Se tale variazione è positiva, quindi si ha un Reddito positivo, si avrà un UTILE.
E’ un evento importante per la vita dell’impresa; esso dimostra che la gestione dell’azienda è
avvenuta con efficacia. Se il reddito cresce, cresce l’azienda.
• Se tale variazione è negativa, quindi si ha un Reddito negativo, si avrà una PERDITA.
Quando la ricchezza aziendale non cresce, ma diminuisce, è evidente che qualcosa nella gestione
non ha funzionato.
Si potrebbe anche avere un Reddito neutro, ovvero una situazione in cui non si hanno né utili né
perdite.
La crescita della ricchezza aziendale può avvenire anche senza effetto della gestione, ad esempio
quando avvengono i conferimenti di capitale da parte della proprietà, si avranno comunque delle
variazioni economiche, ma non di tipo reddituale.
Per la sua grandezza monetaria, il reddito è una misura imperfetta.
In economia aziendale, distinguiamo il reddito totale d’impresa e il reddito di periodo.
Il reddito totale
IL REDDITO TOTALE FA RIFERIMENTO ALL’INTERA VITA DELL’IMPRESA, E RAPPRESENTA LA
VARIAZIONE CHE SUBISCE LA RICCHEZZA AZIENDALE PER EFFETTO DELLA GESTIONE DAL
MOMENTO IN CUI L’AZIENDA NASCE AL MOMENTO IN CUI CESSA LA SUA ATTIVITA’.
Il reddito totale può essere utile per capire, alla fine della vita aziendale, come è stato prodotto il
reddito nel medio/lungo termine e per comprendere quali sono i motivi che hanno portato alla
cessazione dell’attività aziendale. Tuttavia ai fini gestionali, non fornisce un’informazione
tempestiva.
RT = 𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 − 𝑪𝒐𝒔𝒕𝒊
ricavi (quantità vendute x prezzi unitari di vendita) : riflettono la ricchezza creata
costi (quantità acquistate x prezzi unitari d’acquisto) : riflettono la ricchezza consumata
2) METODOLOGIA PATRIMONIALE
Il reddito totale si calcola per via indiretta sottraendo dal valore che il capitale presenta al termine
della sua esistenza, il valore del capitale conferito in fase di costituzione.
(Differenza tra patrimonio finale e patrimonio iniziale).
RT = 𝑪𝒇 - 𝑪𝒊
𝑪𝒇 = capitale finale
𝑪𝒊 = capitale iniziale
Bisogna però escludere dai calcoli: i valori degli ulteriori conferimenti effettuati dai soci
successivamente alla costituzione dell’azienda; i valori dei prelievi di capitale e di reddito disposti
dagli stessi soci nel corso della sua intera vita.
3) METODOLOGIA FINANZIARIA
Il reddito totale si ottiene dalla differenza tra le entrate e le uscite avvenute nel corso dell’intera vita
dell’impresa.
RT = 𝑬𝒕 − 𝑼𝒕
𝑬𝒕 = entrate di denaro (con esclusione di quelle dovute ai conferimenti iniziali e successivi)
𝑼𝒕 = uscite di denaro (con esclusione di quelle dovute alle restituzioni di capitale ai prelievi di
reddito).
Il reddito di periodo (o di esercizio)
IL REDDITO DI PERIODO RAPPRESENTA LA VARIAZIONE CHE SUBISCE IL PATRIMONIO PER EFFETTO
DELLA GESTIONE IN UN DETERMINATO PERIODO.
Il flusso ininterrotto dei costi e dei ricavi che si succedono durante la vita di un’azienda, determina
per l’imprenditore la necessità di dividere la gestione in tanti periodi amministrativi con lo scopo di
accertare periodicamente i risultati dell’attività svolta.
➢ Periodo amministrativo: solitamente corrisponde all’anno solare che va dall’1/1 al 31/12, ma
potrebbe variare in base alle esigenze dell’azienda.
➢ Esercizio: insieme delle operazioni di gestione compiute in un periodo amministrativo.
Ai fini gestionali è molto utile conoscere il reddito di periodo, poiché permette a tutti i soggetti
coinvolti nell’attività produttiva (i portatori d’interesse), di conoscere la ricchezza che l’impresa è in
grado di creare/distruggere in diversi archi temporali della sua esistenza.
• La DIREZIONE (management) utilizza il reddito di periodo per decidere su quali strategie puntare
per garantire la sopravvivenza del sistema aziendale. Gli fa capire se le decisioni prese sono coerenti
con l’obiettivo di creare ricchezza.
• I conferenti del capitale di rischio lo utilizzano per valutare la condotta dei manager, cioè come
hanno gestito le risorse affidate loro, e anche per conoscere la quantità di ricchezza che possono
prelevare (DIVIDENDO) senza compromettere gli andamenti futuri della gestione.
• Le banche lo utilizzano per giudicare lo stato di un’impresa che richiede un prestito e,
indirettamente, la sua capacità di rimborsalo alla scadenza.
• Infine, sono interessati al reddito di periodo i fornitori, clienti, il personale, il fisco.
- Il metodo patrimoniale per quanto concettualmente fattibile, nella sostanza non si può utilizzare
perché il patrimonio finale non si determina in un momento precedente rispetto al reddito, ma si
determinano contemporaneamente. Per determinare il patrimonio di fine esercizio, bisognerebbe
effettuare una serie di valutazioni oggettive uguali a quelle che si dovrebbero effettuare per
determinare il reddito di esercizio.
- L’unico metodo a disposizione per calcolare il reddito di periodo è il metodo reddituale, secondo
il quale il reddito di periodo si ottiene come differenza tra RICAVI di competenza e COSTI di
competenza. Viene introdotta dunque la logica della competenza economica che serve
principalmente per risolvere un problema che sorge quando l’intero fluire della gestione di
un’azienda viene frammentato in diversi periodi.
Il principio della competenza economica è un principio contabile che ci aiuta a capire in quale anno
contabilizzare i costi e i ricavi; in particolare bisogna considerare solo i costi e i ricavi “di
competenza”, ovvero quelli che si riferiscono e hanno effetto in quel periodo di tempo, a
prescindere dalle manifestazioni finanziarie già avvenute o che devono ancora avvenire.
La competenza economica si esprime attraverso la realizzazione dei ricavi e l’inerenza dei costi.
Secondo tale principio:
1) per pima cosa bisogna individuare i ricavi di competenza: i ricavi per poter essere considerati di
competenza devono essere realizzati;
➢ per i beni mobili si richiede che sia avvenuto il passaggio di proprietà;
➢ per i sevizi, occorre che essi siano resi/erogati;
➢ per i beni immobili, deve essere avvenuta la stipula dell’atto di compravendita.
2) successivamente si identificano i costi di competenza: i costi sono considerati di competenza se
sono inerenti al periodo in cui sono avvenuti i correlativi ricavi.
Vi sono due diversi modelli di determinazione del reddito di periodo: modello dei cicli conclusi e il
modello dei cicli in corso di svolgimento.
❖ I ricavi da rimandare sono invece quelli che non si sono realizzati, ovvero sono quei ricavi che
l’azienda consegue anticipatamente, ma che non sono effettivamente di competenza perché non è
ancora avvenuto il passaggio di proprietà del bene.
I ricavi rimandati vengono definiti “rimanenze passive” sono quei ricavi già conseguiti, quindi
sospesi o anticipati, che vanno rinviati al futuro.
- le rimanenze passive finali, sono quei ricavi che vengono individuati alla fine di un esercizio e
rinviati al futuro.
- le rimanenze passive iniziali, sono quei ricavi che erano stati rinviati nell’esercizio precedente.
Anche in questo caso, rimanenze passive finali ed iniziali coincidono.
NB. Il ricavo è una grandezza che influisce positivamente sul reddito; quando togliamo un ricavo,
togliamo qualcosa di positivo ed andiamo ad agire passivamente sul reddito.
Si tratta di rettifiche sottrattive che ci consentono a fine esercizio di effettuare delle correzioni in
contabilità.
- Quando le operazioni iniziano e si concludono all’interno dello stesso periodo amministrativo (in
rosso), sono costituite da costi e ricavi di competenza e non vi sorgono grossi problemi nella
determinazione del reddito.
- Quando invece le operazioni si trovano a cavallo tra due diversi anni diventa più complicato, come
quelle cerchiate in verde (da 1 a 3), in blu (da 2 a 3) e in giallo (da 3 e non si sa quando si conclude).
Non si sa quando i costi sostenuti all’anno 1 genereranno i corrispettivi ricavi; pertanto intanto si
rimandano all’anno 2, andandosi ad aggiungere ai costi sostenuti nel corso dell’anno 2; poi ci si
chiede se tra tutti questi costi dell’anno 2 ce ne sia qualcuno che non è di competenza e che va
rinviato all’anno successivo.
ANNO 1:
I costi e i ricavi cerchiati in giallo al 31/12 vengono rinviati all’anno successivo alla fine dell’anno 1,
e diventeranno rispettivamente:
• i costi RIMANENZE ATTIVE FINALI.
• i ricavi RIMANENZE PASSIVE FINALI.
ANNO 2:
I costi e i ricavi cerchiati in azzurro comprendono:
• i costi rinviati dall’anno 1, che diventeranno RIMANENZE ATTIVE INIZIALI;
• i ricavi rinviati dall’anno 1, che diventeranno RIMANENZE PASSIVE INIZIALI;
Ma comprendono anche quei costi e quei ricavi non di competenza da rinviare all’anno 3, così come
quelli cerchiati in rosa.
ANNO 3:
- le rimanenze attive finali rinviate alla fine dell’anno 2, diventeranno RIMANENZE ATTIVE INIZIALI
all’inizio dell’anno e le rimanenze passive finali diventeranno RIMANENZE PASSIVE INIZIALI.
Tutti i costi e i ricavi cerchiati in verde alla fine dell’anno 3 verranno rinviati al futuro.
Per determinare il reddito di periodo di ogni singolo esercizio, bisogna tenere in considerazione gli
altri esercizi, poiché sono tutti e tre collegati tra di loro.
I costi e i ricavi da integrare
Ci possono essere anche alcuni costi relativi a dei fattori produttivi che sono stati acquistati e dei
ricavi relativi a dei prodotti che sono stati venduti, che fino al 31/12 non hanno avuto alcuna
manifestazione finanziaria, ma che potrebbero essere di competenza dell’esercizio appena
concluso. Per evitare di commettere errori, questi costi e questi ricavi devono essere inseriti intanto
in contabilità ed eventualmente poi rinviati.
Al 31/12, ci si chiede infatti se ci sono altri costi o altri ricavi che sono di competenza ma che non si
sono manifestati, e che quindi devono essere integrati.
Quindi, se l’azienda prevede che avrà dei ricavi, non può inserirli in bilancio, ma se prevede che
dovrà sostenere dei costi, deve inserirli in contabilità.
FONDO SVALUTAZIONE CREDITI →
L’azienda ha un credito nei confronti di terzi, ma non lo può contabilizzare.
Se il debitore è in difficoltà e rischia di fallire (o addirittura è già fallito), è inutile che l’azienda
creditrice continui a tenere in contabilità il credito che ha nei suoi confronti, perché sa già quel
debitore non sarà in grado di pagarlo in parte o totalmente.
Allora, piuttosto che aspettare di vedere quanto effettivamente incasserà, deve cercare di stimare
quale sarà la somma che il debitore riuscirà effettivamente a pagare ed eventualmente inserire la
parte che non verrà pagata come costo da imputare all’esercizio.
Bisogna considerare quindi il potenziale costo derivante dalla perdita su credito.
Così facendo, qualora il debitore non dovesse pagare, il fondo svalutazione/crediti va a ricoprire la
perdita.
Se uno di questi clienti fallisce, il fornitore si deve “insinuare” nella procedura fallimentare,
chiedendo il rimborso dei crediti, e si deve accontentare della somma che verrà distribuita ai vari
creditori. Questa somma infatti non riesce quasi mai a coprire tutto il credito, e i creditori ne
subiscono una perdita.
Esempio Wind-jet:
La Wind-jet dava la possibilità di comprare i cosiddetti “carnet”; Wind Jet Carnet era uno strumento
molto utile per tutti quei viaggiatori che erano costretti a prendere spesso un aereo, talvolta anche
all’ultimo minuto, rischiando di pagare un prezzo eccessivo.
I Carnet erano quindi dei blocchetti di biglietti a un prezzo fisso (circa 80€) con cui si poteva prendere
il biglietto anche all’ultimo momento e partire, con garanzia di prenotazione per ogni volo.
Dalla procedura fallimentare della Wind-jet, i creditori che si sono insinuati hanno subito una
perdita, poiché la Wind-jet non riuscì a restituire i soldi dei vari carnè venduti.
Dopo il fallimento dell’azienda, alcuni creditori decisero di insinuarsi alla procedura fallimentare,
ricevendo a distanza di 10 anni un assegno pari a 10€ a fronte degli 80€ spesi per l’acquisto del
Carnet.
ESEMPI
MANCATA RICEZIONE DELLA FATTURA – (ACQUISTO)
Immaginiamo che il 30/12 ci viene consegnata della merce da parte di un fornitore, quindi avviene
il passaggio di proprietà e sorge un debito nei confronti del fornitore.
Tuttavia non abbiamo ancora ricevuto la fattura e quindi contabilmente non registreremo alcun
debito verso il fornitore e neanche un costo d’acquisto.
Ma se il bene è passato di proprietà, è ovvio che il costo esiste ed è di competenza di quell’esercizio,
quindi bisogna appuntarselo per non dimenticarlo. Sorgerà quindi un “debito presunto”.
PREMI ATTIVI
Immaginiamo che uno dei nostri fornitori presso cui ci siamo riforniti nel 2020, una volta raggiunto
l’importo di 100.000€, decida di riconoscerci un premio dal valore di 1000 €, che verrà però concesso
all’inizio del 2021. Si tratterà di un premio attivo che sarà di competenza dell’esercizio appena
concluso, poiché è stato riconosciuto nel 2020.
INTERESSI ATTIVI/PASSIVI
Quando restituiamo alla Banca un prestito, paghiamo degli interessi passivi. Se questi vengono
pagati all’inizio del 2021, ma effettivamente si riferiscono ad un prestito che ci è stato concesso nel
2020, allora si devono imputare all’esercizio precedente.
I Ratei e i risconti
All’interno delle rettifiche di storno e di imputazione
fanno parte due sottocategorie: i ratei e i risconti.
I ratei e i risconti vengono trattati insieme perché hanno
una caratteristica in comune: essi trattano quei costi e
quei ricavi che si trovano a cavallo tra due esercizi e
maturano con il decorrere del tempo.
Esempio: l’affitto di un capannone prevede una quota mensile di 1000€. Ad ottobre del 2020
paghiamo anticipatamente 6000€ che vanno a ricoprire in totale 6 mesi di affitto. I 6000€
comprenderanno allora:
- 3 mesi del 2020, da ottobre a dicembre (3000€);
- e 3 mesi del 2021, da gennaio a marzo (3000€). Questi 3000€ allora saranno un costo di
competenza dell’anno successivo, quindi bisogna effettuare delle rettifiche di storno per rinviarli
Esempio RATEO – Pagamento posticipato
Abbiamo acceso un mutuo in banca e le rate mensili vengono pagate il 10 di ogni mese e hanno
interessi pari a 1000€. Il 10/01 pago in via posticipata gli interessi della rata che riguarda il periodo
10/12-10/01. Al 31/12 in contabilità non vengono rilevati gli interessi. In realtà dei 1000€ una parte
sarà di competenza dell’esercizio in chiusura, mentre una parte sarà di competenza dell’esercizio
successivo. Nello specifico:
➢ 2/3 di 1000 saranno di competenza dell’anno 1 (20 giorni su 30)
1000 2/3 = 666 → quota di competenza dell’anno 1
➢ 1/3 di 1000 sarà di competenza dell’anno 2 (10 giorni su 30)
1000 1/3 = 333 → quota di competenza dell’anno 2
Tramite una rettifica di imputazione si inseriscono i 666 nell’anno 1, rilevando:
- il costo per interessi passivi su mutui;
- un debito presunto verso la banca, con il conto finanziario RATEO PASSIVO.
Dal punto della vista della banca: la banca sa che il 10/01 incasserà 1000€ di interessi, di cui 666€
saranno di competenza dell’esercizio in chiusura.
Dovrà fare una scrittura di imputazione nella quale inserirà una componente positiva di reddito,
l’interesse attivo, e rileverà contemporaneamente il credito nei confronti del soggetto finanziato.
In questo caso si avrà un RATEO ATTIVO, ovvero una quota di ricavo di competenza che si deve
inserire nell’esercizio in chiusura, per un importo pari a 666€.
In realtà però dei 1000€ una parte sarà di competenza dell’esercizio in chiusura, mentre una parte
sarà di competenza dell’esercizio successivo. Nello specifico:
➢ 2/3 di 1000 saranno di competenza dell’anno 1 (20 giorni su 30);
1000 2/3 = 666 → quota di competenza dell’anno 1
➢ 1/3 di 1000 sarà di competenza dell’anno 2 (10 giorni su 30).
1000 1/3 = 333 → quota di competenza dell’anno 2
Se non facessimo nulla, alla fine dell’anno ci troveremmo in contabilità la voce “Costi di affitti
passivi” per 1000€.
Bisogna effettuare una correzione, attraverso una rettifica di storno, utilizzando un conto chiamato
RISCONTO ATTIVO: togliamo ai 1000 la parte che non è di competenza di quell’anno, pari a 333,
rinviandoli all’anno successivo.
Dal punto di vista dell’azienda che affitta la bottega, questa sa che incasserà anticipatamente i
1000€, che però non sono tutti di competenza; dovrà allora rinviare i 333 all’esercizio successivo.
In questo caso si avrà un RISCONTO PASSIVO.
EQUAZIONE DELL’EQUILIBRIO ECONOMICO DI BREVE PERIODO
Ci si trova in una condizione di equilibrio economico quando i ricavi di competenza sono in grado
di coprire i costi ed eventualmente di generare un utile (anche molto piccolo).
Utilizzando il metodo reddituale, ipotizziamo di avere un reddito positivo e di avere un utile (U).
In economia è preferibile utilizzare segni positivi, per cui eliminiamo i segni negativi, passando Raf
e Rpf negli altri membri. Otterremo allora l’equazione:
Rai + (F x p) + Rpf + U = Rpi + (Q x P) + Raf
CAP 8 - L’INFORMATIVA ESTERNA SUI RISULTATI
La contabilità generale è un sistema informativo aziendale che ha come obiettivo quello di generare
informazioni utili (relativi al reddito e al capitale) ai vari portatori d’interesse sia interni che esterni
e che utilizza come strumento principale per fare le sue rilevazioni il conto.
IL CONTO
Il conto è un prospetto che contiene un insieme di scritture (annotazioni) intestate ad un
determinato oggetto semplice (il denaro) e che ha come scopo quello di rilevare:
- qual era la consistenza iniziale dell’oggetto (il valore iniziale);
- quali sono state le variazioni che ha subito in un arco temporale;
- la sua consistenza finale (il saldo alla fine di tali operazioni).
I conti vengono raccolti in un registro chiamato libro mastro e di conseguenza prendono il nome di
conti del mastro. Esso è il documento che rappresenta tutti i conti con le loro variazioni.
1) conti a sezioni divise e contrapposte (forma tradizionale), adatti per determinare un risultato
complessivo contabile.
Le due sezioni del conto per convenzione sono denominate DARE (sezione di sinistra) e AVERE
(sezione di destra). Le variazioni positive vengono messe in DARE (+), quelle negative in AVERE (-).
La somma algebrica delle due sezioni permette di ottenere il saldo del conto.
3) altre forme.
La partita doppia
Il metodo utilizzato per rilevare le operazioni di gestione è quello della partita doppia, cioè un
metodo di scrittura contabile che permette di registrare le operazioni aziendali in modo simultaneo
e antitetico su due serie di conti, allo scopo di determinare il reddito di un dato periodo
amministrativo e di controllare i movimenti monetari-finanziari della gestione.
Conti finanziari
Per convenzione, i conti finanziari accolgono:
• in DARE → variazioni finanziarie positive: sono entrate di denaro (adesso o in futuro)
oppure l'estinzione di un debito.
• in AVERE → variazioni finanziarie negative: sono uscite di denaro (adesso o in futuro)
oppure l'estinzione di un credito.
DARE AVERE
VF+ VF-
• + denaro • - denaro
• + crediti • - crediti
• - debiti • + debiti
Conti economici
Per convenzione, i conti economici accolgono:
• in DARE → variazioni economiche negative
• in AVERE → variazioni economiche positive
Di reddito Di capitale
DARE AVERE DARE AVERE
VE- VE+ VE- VE+
• + Costi • + Ricavi - Capitale + Capitale
• Rettifiche • Rettifiche di
di ricavi costi
CONTO ECONOMICO
Il conto economico fornisce una rappresentazione delle variazioni di reddito che sono intervenute
nel corso dell’esercizio e che hanno portato alla determinazione del reddito d’esercizio.
- Racchiude solamente conti economici di reddito (costi e ricavi), ad eccezione del saldo (in quanto
l’utile è un conto di capitale).
- Nel Codice Civile è previsto che il Conto Economico abbia una struttura a forma scalare.
- Per capire com’è strutturato il Conto Economico, ci serviamo dell’equazione della condizione di
equilibrio a breve termine: Rai + (F x p) + Rpf + U = Rpi + (Q x P) + Raf.
Con questa equazione abbiamo rappresentato il contenuto del Conto Economico, o Prospetto del
reddito, ovvero il Conto con cui si va a determinare il reddito d’esercizio, cercando di capire quali
sono state le variazioni reddituali che hanno determinato il reddito d’esercizio.
A sinistra vi sono le componenti negative di reddito, mentre a destra vi sono quelle positive.
Facendo la differenza tra le componenti positive e negative, si determina il reddito di esercizio.
• Se quelle positive saranno maggiori di quelle negative, si avrà un UTILE;
• Se invece quelle negative saranno maggiori di quelle positive, si avrà una PERDITA; in tal caso
si sposterà da una parte o dall’altra per far bilanciare il conto.
Mentre il Conto economico racchiude solo conti economici, lo Stato patrimoniale racchiude:
- conti finanziari (entrate, debiti, ratei attivi);
- conti economici di capitale (capitale sociale, utile/perdita, eventuali riserve);
- conti economici di reddito accesi a costi sospesi (rimanenze di magazzino, immobilizzazioni,
rimanenze attive finali risconti attivi) o ricavi sospesi (rimanenze passive finali).
Per patrimonio si intende l’insieme dei beni e dei diritti al netto delle obbligazioni a disposizione
dell’azienda per lo svolgimento dell’attività produttiva. In altri termini è l’insieme delle risorse attive
e passive a disposizione dell’azienda in un determinato momento per svolgere il processo
produttivo.
Lo Stato patrimoniale è quindi formato da due sezioni chiamate:
• ATTIVITA’ o impieghi (cioè i beni e i diritti dell’azienda)
• PASSIVITA’ o fonti (le obbligazioni, cioè i debiti dell’azienda nei confronti di terze economie)
*Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti: perché i soci all’inizio dicono di voler sottoscrivere
ad esempio 100€ come capitale proprio, però effettivamente ne inseriscono soltanto il 25 % e
successivamente il restante 75%. Per il 75%, avviene il richiamo da parte dell’azienda. Fino a quando
questo non rientra, l’azienda sarà creditrice verso i soci.
EQUAZIONE DEL CAPITALE NETTO:
Capitale netto = Attività – passività
Anche scritta
Attivo = netto + passivo
Se le attività > passività => capitale netto positivo
Se le attività < passività => capitale netto negativo (DEFICIT)
Come si è già detto, il reddito d’esercizio non può essere determinato con il metodo patrimoniale
perché reddito e patrimonio vengono calcolati contemporaneamente.
Ma al 31/12 ci chiediamo se tutti i costi e i ricavi sono di competenza dell’esercizio. Possono infatti
esservi dei costi e dei ricavi non di competenza.
Vengono effettuate allora delle rettifiche di storno per rinviare i costi e i ricavi non di competenza.
Tali rettifiche si rifletteranno anche sullo stato patrimoniale (lo stesso accadrà per le rettifiche di
imputazione dove andrò a movimentare valori sia nel c.e. che nello s.p.).
- Per quanto riguarda i costi non di competenza, essi vengono sottratti, rinviati e messi nell’avere
del conto economico come rettifica di costo, in quanto si tratta di una variazione positiva (- costi)
→ Rimanenze attive iniziali.
- Contemporaneamente dobbiamo rinviarli all’anno successivo inserendoli nello stato patrimoniale
come rimanenze attive iniziali (coincidenti con le rimanenze attive finali).
Lo stato patrimoniale rappresenta il legame tra l’esercizio corrente e quello futuro: lo stato
patrimoniale di chiusura di un esercizio sarà lo stesso dello stato patrimoniale di apertura
dell’esercizio successivo, determinando quindi un collegamento tra i due.
Se non facessimo questo passaggio questa rettifica di storno del costo andrebbe persa nell’anno
successivo, per tale motivo occorre memorizzarlo come costo sospeso nell’attivo dello stato
patrimoniale. Lo stesso accade per i ricavi sospesi che andranno invece nelle passività.
Conto economico
Stato patrimoniale
Attivo Passivo
Costi sospesi Ricavi sospesi
Credito presunto Debito presunto
Per quanto riguarda invece le rettifiche di imputazione, in questo caso abbiamo sia un aspetto
economico che un aspetto finanziario (ratei).
Vi possono infatti essere dei costi e dei ricavi di competenza che devono essere integrati
all’esercizio, ma che al 31/12 non sono visibili per essere contabilizzati.
Quando facciamo questa imputazione nel conto economico, ci troviamo ad inserire nel passivo dello
stato patrimoniale un debito presunto (fattura da ricevere: sappiamo di aver fatto l’acquisto ma non
abbiamo la fattura che ci permette di rilevare il debito nei confronti del fornitore e quindi si ha un
debito presunto) dello stesso valore, quindi a seguito della rettifica verrà inserito un valore nel
conto economico nel dare e nello stato patrimoniale la sua incidenza sarà finanziaria ovvero un
debito presunto nelle passività.
Pertanto non possiamo conoscere il capitale netto finale se prima non abbiamo svolto queste
operazioni di rettifica e determinato il reddito.
STATO PATRIMONIALE
Codice civile
PROSPETTO DI STATO PATRIMONIALE
ATTIVITA’ PASSIVITA’
(Investimenti) (Fonti)
Componenti finanziarie
Esempio → investo 100 milioni di euro e l’azienda produce ogni anno un reddito positivo di 1000
euro: l’equilibrio economico a breve termine è rispettato, ma 1000 euro di reddito l’anno rispetto al
capitale non rappresentano una situazione soddisfacente perché il capitale non viene remunerato
adeguatamente.
Per determinare l’equilibrio economico di lungo termine è necessario che gli azionisti siano
soddisfatti e che il capitale proprio sia adeguatamente remunerato: bisogna quindi stabilire un
processo logico e comune che stabilisca quale sia in generale la giusta remunerazione del capitale.
Nel lungo periodo a cambiare è il costo: si parla di costo economico tecnico che, oltre a
comprendere tutti i costi che si sono manifestati nell’esercizio e quindi sono stati sostenuti
dall’azienda, comprende anche i cosiddetti oneri figurativi, ovvero quei costi che in realtà non
vengono sostenuti dall’azienda, ma che devono essere presi in considerazione. Esempi di oneri
figurativi sono:
- il salario direzionale, ovvero lo stipendio che dovrebbe essere pagato al direttore, ma che non
viene pagato perché il direttore è il proprietario dell’azienda;
- l’affitto figurativo, ovvero se l’immobile è di proprietà dell’azienda, questa non pagherà l’affitto.
Esempio 1: in un’attività commerciale di telefonia, si sostengono una serie di costi (luce, costi
personale, costi di acquisizione) però il titolare che lavora nell’attività non prenderà uno stipendio,
ma, una volta conseguito un utile, preleverà da lì la sua parte. Il costo del lavoro non si troverà quindi
in contabilità, ma deve essere considerato (salario direzionale) perché prenderà una parte di utile.
Esempio 2: Un altro esempio è quando si ha un locale, non si paga l’affitto e non viene contabilizzato,
ma è ovvio che se l’attività viene ceduta l’affitto dovrà essere pagato e quindi quando si deve
valutare l’equilibrio economico si deve considerare anche questo costo.
2- Sappiamo che i ricavi (R) devono coprire tutti i costi ed eventualmente produrre un UTILE.
In questo casi si avrà un profitto (α) che è un extra reddito (surplus), cioè la quantità di reddito che
eccede il minimo di convenienza economica (reddito che soddisfa gli investitori).
STRUTTURA A VALORE AGGIUNTO: utilizza una struttura molto simile alla struttura attuale
del bilancio del Conto economico che si trova nel Codice Civile. E’ diviso in macro-aree:
A) VALORE DELLA PRODUZIONE: legata all’attività operativa. Indica il valore di ciò che è stato
prodotto durante l’esercizio (quindi non considera le materie prime che devono essere lavorate).
+ Ricavi di vendita (per i prodotti finiti già venduti); il ricavo di vendita, da solo, non è espressione della
produzione ottenuta, ma si deve guardare la variazione che hanno subito le rimanenze di beni che hanno
subito un processo produttivo.
B) COSTI DELLA PRODUZIONE: tutti i costi che vengono sostenuti durante l’esercizio.
+ Costi di acquisto (per materie prime, per personale, per servizi).
Esso viene confrontato con il Ke (il costo opportunità del capitale proprio), il quale è un benchmark,
cioè un parametro che ci permette di determinare il rendimento atteso dagli azionisti.
➢ se ROE >= Ke allora si raggiunge il livello di redditività soddisfacente: l’azionista sarà soddisfatto.
➢ se ROE < Ke allora non si raggiunge il livello di redditività.
Per avere un altro punto di riferimento, è possibile effettuare un confronto:
- nello spazio: confrontando il ROE dell’azienda al ROE del settore; si spera che la redditività
dell’azienda sia almeno uguale a quella del settore;
- nel tempo: confrontando il ROE attuale con quello di esercizi precedenti.
Esso è utile per capire come viene utilizzato tutto il capitale impiegato, per capire se è stato
utilizzato in maniera efficiente o no.
Visto che noi ci stiamo concentrando sull’area caratteristica e quindi sull’attività tipica di gestione,
il reddito che prendiamo deve essere relativo a quello che viene investito appunto in quest’area; gli
elementi che generano reddito extra caratteristico non sono inclusi.
Ma per sapere se questo indice è soddisfacente oppure no, dobbiamo fare i soliti confronti, nello
spazio con le altre aziende nel settore e nel tempo con la stessa azienda.
Possiamo anche confrontare il ROI con il tasso di interesse del capitale preso a prestito (i) e pagato
alle banche. E’ la cosiddetta “leva finanziaria” è un indicatore che da informazioni sulla situazione
di indebitamento dell’azienda. Viene infatti chiamata anche “indice di indebitamento”.
Essa è utile nella scelta delle fonti di finanziamento da utilizzare per realizzare un investimento, ossia
nella scelta tra capitale proprio o capitale di terzi.
La formula che esprime la leva finanziaria è la seguente:
Analizzando la relazione tra il ROI e il costo dell’indebitamento (i), possiamo determinare l’effetto
che l’indebitamento determina sulla redditività del capitale proprio, quindi sul ROE.
➢ EFFETTO LEVA NULLO → Se il ROI = i, la scelta tra capitale proprio e capitale di terzi
non produce alcun effetto sul ROE.
➢ EFFETTO LEVA POSITIVO → Se ROI > i → crescerà l’indebitamento (poiché ROI – i sarà
positivo, e quindi anche l’indebitamento D/CN sarà positivo); di conseguenza crescerà anche il
ROE.
Nel linguaggio comune, si è soliti sostenere che se ROI > i, allora all’azienda conviene
indebitarsi, poiché crescendo l’indebitamento cresce anche la redditività del capitale proprio
(ROE). E’ chiaro che bisogna indebitarsi entro certi limiti: se ci si indebita troppo, aumenterà il
rischio di insolvenza e verrà percepito un rischio maggiore; se l’azienda viene percepita come
più rischiosa, ci sarà un duplice effetto:
1- i soggetti che avevano investito il capitale proprio pretenderanno un rendimento maggiore,
quindi anche se cresce il ROE non è detto che cresca al livello tale da soddisfare gli azionisti;
2- potrebbe anche aumentare il tasso di interesse i, quindi la differenza ROI – i potrebbe
diventare negativa e di conseguenza provocare un impatto negativo sul ROE.
Quando il ROI è maggiore del tasso di interesse, succede che dall’area caratteristica si riesce a
produrre un reddito che intanto va a pagare gli interessi, e il resto sarà utile per generare
reddito netto, e se questo cresce e il capitale netto è rimasto lo stesso; quindi cresce il
numeratore, il denominatore rimane lo stesso, quindi il ROE cresce.
➢ EFFETTO LEVA NEGATIVO → Se ROI < i → più ci si indebita, più si andrà incontro a delle
perdite, quindi conviene ridurre il ricorso al capitale di terzi, perché il suo aumento provoca un
effetto negativo sul ROE.
Il ROI si può ulteriormente scindere in altri due rapporti. Partendo dalla formula del ROI,
moltiplichiamo nominatore e denominatore per i ricavi di vendita (S).
𝑅𝑜 ∙ 𝑆
ROI =
𝐶𝐼 ∙ 𝑆
Riscriviamo come:
𝑅𝑜 𝑆
ROI =
𝑆 𝐶𝐼
Può dipendere dai costi e dai ricavi. Per aumentare il ROS, si ridurranno i costi di produzione o si
aumenta il prezzo di vendita, o il fatturato.
𝑆
• ROD = 𝐶𝐼 → RETURN OF DEBT → Tasso di rotazione del capitale investito
Valuta l’onerosità del capitale di terzi: cioè quante volte, grazie alle vendite, il capitale
torna in forma liquida.
Se si vuole capire perché il tasso di rotazione del capitale investito è basso bisogna andare ad
indagare se c’è un problema di prezzo o di costi. I motivi, infatti, potrebbero essere che:
- la redditività delle vendite sia molto bassa a causa di prezzi di vendita eccessivamente bassi;
- prezzi di vendita giusti, ma i costi sostenuti per produrre quel bene sono troppo elevati.
Allora o si riducono i costi, o si aumentano i prezzi di vendita per aumentare i ricavi.
(Esempio 1: i supermercati si accontentano di un ROS basso perché anche un piccolo margine gli
consente di ottenere redditività di ROI elevata, in quanto hanno tante vendite e quindi il capitale
investito torna in forma liquida molto velocemente.
Invece in un negozio di occhiali il margine di ricarico che viene applicato è molto elevato perché la
rotazione del capitale tornerà in forma liquida molto più lentamente perché ci saranno meno
vendite).
(Esempio 3: se si ha un bar con un tavolo solo, se al tavolo si siede una persona sola che ordina un
caffè, il ROD sarà più basso (poiché il fatturato sarà uguale al prezzo del caffè); ma se nello stesso
tavolo si siedono più persone che ordinano più cose, è chiaro che il fatturato sarà più alto e di
conseguenza il ROD.)
2°- RICLASSIFICAZIONE STATO PATRIMONIALE
Nel Codice Civile per lo Stato Patrimoniale è stata preferita una struttura a sezioni divise e
contrapposte, che elenca le voci sia nell’attivo che nel passivo per natura, a prescindere dalla
scadenza a lungo o breve termine. Tuttavia questa forma non considera la liquidità dell’azienda.
Dobbiamo allora riclassificare lo stato patrimoniale per capire se l’azienda sta rispettando gli
equilibri finanziari e patrimoniali (se l’azienda è in grado di poter adempiere nel tempo ai suoi
obblighi di pagamento).
La riclassificazione utilizza una struttura che tiene conto di un criterio finanziario, con cui si
raggruppano:
- le attività, cioè gli investimenti, in base al loro grado di liquidità, cioè alla loro attitudine a procurare
mezzi di pagamento attraverso la normale gestione aziendale.
- le passività, cioè le fonti, in base al loro grado di esigibilità, cioè alla loro attitudine a richiedere
mezzi di pagamento alla naturale scadenza.
Seguendo la logica finanziaria, troveremo:
o in alto tutte le voci che rientrano in forma liquida più lentamente (lungo periodo);
o in basso invece le voci che rientrano in forma liquida più velocemente (nel breve termine).
ATTIVITA’ PASSIVITA’
Voci che si trasformano in liquidità più Voci che implicano un pagamento a lungo
lentamente (lungo termine) termine
Voci che si trasformano in liquidità più Voci che implicano un pagamento a breve
velocemente (breve termine) termine
Parliamo di IMPIEGHI (com’è stato impiegato il denaro) e FONTI (come abbiamo ottenuto il denaro):
IMPIEGHI FONTI
Attivo fisso (immobilizzato) Patrimonio netto CAPITALE PROPRIO:
• immobilizzazioni materiali Ciò che viene
• immobilizzazioni finanziarie conferito dai soci
Attivo circolante Passività consolidate
• Rimanenze di magazzino (debiti nel medio/lungo termine)
CAPITALE DI TERZI
• Liquidità differite Passività correnti
• Liquidità immediate (debiti nel breve termine)
SI RIESCONO
CAPITALE INVESTITO CAPITALE ACQUISITO
A COPRIRE?
ATTIVITA’-IMPIEGHI:
Nell’attivo immobilizzato, tra le immobilizzazioni finanziarie vi sono soltanto quelle che scadono
oltre l’esercizio successivo, mentre quelle che scadono entro l’esercizio successivo saranno tra le
liquidità differite nell’attivo circolante.
Nel attivo circolante ci sono tutte quelle componenti attive che sono in forma liquida o che si
trasformeranno in forma liquida entro l’esercizio successivo.
In “magazzino” può esserci anche una parte di beni che non circola, cioè scorte di sicurezza che
non vengono pertanto inserite nell’attivo circolante ma nell’attivo immobilizzato.
Il totale degli impieghi sarà il capitale investito.
PASSIVITA’-FONTI:
Il patrimonio netto è messo in alto perché seguendo la logica finanziaria il capitale proprio non ha
vincolo di restituzione e quindi non vi è un termine di restituzione a breve o medio/lungo termine.
Le passività consolidate indicano invece i debiti a medio/lungo termine che devono essere pagati
oltre l’esercizio successivo.
Le passività correnti sono i debiti che dovranno essere pagati entro l’esercizio successivo.
Il totale delle fonti sarà il capitale acquisito.
Grazie a questa struttura si può capire immediatamente se gli equilibri sono mantenuti.
Per capire se si riesce a coprire i debiti a breve termine, si fanno delle differenze tra componenti
dell’attivo e componenti del passivo, trovando dei margini, ad esempio il:
Un altro margine da guardare è il capitale circolante netto, che si può calcolare in due modi:
1)
CAPITALE
= [(rimanenze + liquidità differite + liquidità immediate) – debiti a breve]
CIRCOLANTE
ATTIVO CIRCOLANTE
NETTO
2) CAPITALE
CIRCOLANTE = [(capitale proprio + debiti a medio/lungo termine) – attivo fisso]
NETTO
Viene chiamato “circolante” perché sono quelle voci che riguardano gli elementi rigirano
velocemente nel corso di un anno.
CALCOLO DEGLI INDICI FINANZIARI
Piuttosto che utilizzare i margini, è opportuno utilizzare gli indici.
Al posto del margine di tesoreria, si può utilizzare l’indice di liquidità.
• Vi è poi l’indice di auto-copertura dell’attivo fisso: indica la parte dell’attivo fisso che viene
finanziata con il capitale proprio.
Capitale proprio
indice di auto-copertura =
attivo fisso
Fornisce un’indicazione sulla solidità patrimoniale dell’azienda, perché l’attivo fisso (l’insieme delle
immobilizzazioni) è in buona parte coperto con capitale proprio, che non ha vincoli di restituzione.
In tal caso nel passivo non ci sarà nessun debito quindi anche nel caso di un periodo di difficoltà non
ci sarà il rischio di fallimento.
Nel caso contrario, in cui il capitale proprio è bassissimo e non basta per acquistare le
immobilizzazioni, l’azienda dovrà rivolgersi a terzi, chiedendo dei prestiti (ad esempio ad una banca)
che dovrà restituire nel medio lungo termine: pertanto nell’attivo comparirà un aumento delle
immobilizzazioni, mentre nel passivo comparirà un debito a m/l termine che dovrà essere restituito
gradualmente con degli interessi.
Se l’azienda va bene, sarà in grado di generare flussi di liquidità che consentono di pagare
periodicamente le rate del prestito; ma se l’azienda si trova in difficoltà e non avrà i flussi necessari
per estinguere il debito (verrà quindi a mancare l’equilibrio finanziario), la banca potrebbe chiedere
il rimborso totale del prestito e quindi portare l’azienda al fallimento.
CAP 9 - CONFIGURAZIONI DI CAPITALE
Il capitale è l’insieme dei beni e dei diritti a disposizione dell’azienda per lo svolgimento dell’attività
produttiva al netto delle obbligazioni.
Distinguiamo 3 diverse configurazioni di capitale:
Il reddito medio prospettico futuro è una previsione dei redditi futuri, che dovrà poi essere
attualizzata (cioè i valori dovranno essere portati ad oggi), utilizzando il tasso di attualizzazione
(che sarebbe il rendimento atteso: comprenderà inflazione, deflazione, ma anche il costo
opportunità) per ottenere il capitale economico.
Dalla differenza tra i valori di liquidazione attribuiti alle attività e i valori di liquidazione attribuiti
alle passività (per i debiti solitamente si ha il valore nominale) si ottiene il capitale netto di
liquidazione.
L’avviamento di per sé, non ha un valore monetario, poiché appunto frutto di una serie di fattori
immateriali, e non può essere scritto in bilancio, perché si contraddirebbe il principio della prudenza
(se abbiamo detto che dobbiamo evitare di sopravvalutare le attività e sottovalutare le attività,
considerando l’avviamento, si incrementerebbero le attività).
Lo scriviamo nello stato patrimoniale solo quando è acquisito a titolo oneroso, cioè quando, ad
esempio, acquisiamo un’altra azienda e la incorporiamo con la propria, oppure acquisiamo un ramo
acquistiamo sia il valore contabile, sia un’altra cosa in più che è proprio l’avviamento
In bilancio l’avviamento lo troviamo tra le attività dello Stato Patrimoniale, nella voce
“Immobilizzazioni immateriali” (poiché è un’immobilizzazione priva di consistenza fisica).
1) Per analizzare il flusso di cassa, si può utilizzare il budget di tesoreria, cioè un programma mensile
o trimestrale, in cui si prevede quali saranno le entrate e le uscite di cassa future effettuate nel
singolo periodo. Consente di tenere sotto controllo il totale delle entrate e il totale delle uscite di
cassa e in caso di squilibri permette di intervenire tempestivamente con delle azioni correttive.
2) Un altro modo per analizzare i cambiamenti è l’analisi dei flussi di cassa. Si tratta di un’analisi
tecnica che, partendo dallo stato patrimoniale e del conto economico, mostra le variazioni che le
singole operazioni di gestione determinano sulla cassa (impieghi e fonti di liquidità).
La differenza tra fonti di liquidità (aumento di cassa) e gli impieghi di liquidità (diminuzione di cassa)
genera la variazione della cassa. (Cassa iniziale +/- variazione di cassa = cassa finale).
In particolare:
Aumento di attività → se gli investimenti crescono, ci sarà un
IMPIEGHI DI LIQUIDITA’ impiego di liquidità
Diminuzione di passività → se
Il flusso di cassa può essere determinato anche attraverso l’utile di periodo, aggiungendo i costi non
monetari (costi di competenza che non hanno però determinato nel periodo un’uscita di denaro,
come i costi provenienti dall’anno precedente) e sottraendo i ricavi non monetari.
Un esempio tipico di costi non monetari è il costo d’ammortamento.
Programmazione e controllo della gestione
Per gestire un'azienda in modo consapevole, non è sufficiente conoscere e focalizzarsi sul fatto di
aver creato ricchezza o meno. Al fine di controllare gli andamenti di gestione, il manager dell’azienda
è interessato soprattutto a guardare al futuro. A questo ci viene incontro un nuovo sistema
operativo, definito “Programmazione e controllo della gestione”: si tratta di un meccanismo
operativo che consente ai manager di verificare se la gestione è efficace ed efficiente in coerenza
con gli obiettivi prefissati.
➢ Vi sono poi i centri di responsabilità, cioè delle unità organizzative aziendali, in cui si svolgono
attività omogenee, dove viene individuato un responsabile a cui si assegnano degli obiettivi.
Si distinguono in:
- centri di costo, vanno a considerare le attività che incidono prevalentemente sui costi:
l’obiettivo è minimizzare i costi (es. reparto di produzione);
- centri di ricavo, vanno a considerare le attività che determinano i ricavi: la missione è
massimizzare un ricavo (es. reparto commerciale)
- centri di profitto, una sorta di sub-struttura organizzativa che considera le attività che incidono
contemporaneamente sia sui costi che sui ricavi: l’obiettivo è massimizzare la differenza tra
ricavo e costo.
STRUMENTI DI GESTIONE IN RIFERIMENTO AI RISULTATI
Con riferimento ai risultati è di fondamentale importanza oltre alla contabilità generale, anche
l’utilizzo della contabilità analitica.
Mentre la contabilità generale fornisce informazioni sintetiche sull’intera azienda, sulla sua
situazione economica e patrimoniale nel suo complesso, la contabilità analitica è più precisa, poiché
entra molto nel dettaglio, soffermandosi sull’analisi dei ricavi e dei costi di singoli prodotti, di singoli
processi, di singoli periodi temporali e di singole aree geografiche e così via, e oltre a guardare i
risultati passati considera anche quelli futuri.
Si tratta di una contabilità più soggettiva che prescinde dalla partita doppia, è in forma libera e non
è obbligatoria, anche se necessaria per la gestione aziendale e per prendere decisioni all’interno
dell’azienda. Essa non viene mai pubblicata all’esterno, ma è usata esclusivamente dai soggetti
interni (nello specifico coloro che prendono le decisioni nell’azienda).
I costi possono essere classificati anche in base alla loro variabilità in:
• fissi: quei costi che non variano al variare della produzione (sono sempre gli stessi).
(Esempio: un macchinario: a prescindere da quanti pezzi produca, avrà sempre lo stesso costo;
l’affitto di un locale: a prescindere che venga effettivamente occupato o meno, si dovrà pagare);
• variabili: variano al variare della produzione: se non si produce niente, non viene sostenuto il costo.
Se viene sostenuto un costo costante è chiamato costo variabile unitario.
(Esempio: i costi diretti per lo più sono costi variabili. Se si pensa al legno usato per produrre la
scrivania, è ovvio che se non si produce la scrivanie, non si consumerà il legno e quindi il costo
variabile per il legno sarà 0).
Graficamente poniamo la quantità prodotta (Q) nell’asse delle ascisse e i costi (y) nell’asse delle
ordinate. La pendenza sarà data dal costo variabile unitario. (La retta dei costi variabili parte dalla
retta dei costi fissi, non dall’origine).
costi variabili
y Costo totale = Costi fissi + costi variabili
costi fissi
Q
BREAK EVEN POINT – Analisi del punto di pareggio (costi-volumi-risultati)
Rappresentando graficamente la retta dei ricavi totali e la retta dei costi totali, è possibile effettuare
l’analisi del punto di pareggio (o analisi costi-volumi-risultato), utile per programmare le attività
future e per valutare lo stato di equilibrio dell’azienda.
L’analisi del punto di pareggio consente di determinare qual è la quantità da produrre e vendere
per ottenere il pareggio economico, che si ha in corrispondenza nel punto in cui si eguagliano costi
totali e ricavi totali, chiamato Break even point. Consente di capire qual è il volume che si deve
generare per avere utile.
Graficamente: rappresentiamo la retta dei costi totali (unione CF e
R,C RT CV) e la retta dei ricavi totali (che sarà la bisettrice quando la
vendita è pari a 0 → a quantità 0, i ricavi ammontano a 0).
CT
La pendenza dei RT è data dal prezzo di vendita per ogni unità
BEP (ricavo unitario). Tanto più alto è il prezzo di vendita, maggiore è la
cf pendenza.
La pendenza dei CT è invece data dal costo variabile unitario.
• Più si produce, maggiore saranno gli utili (rette gialle), ovvero la
differenza tra i ricavi e i costi.
0 Q* Q • Invece, meno si produce, più si avranno delle perdite (rette
verdi).
NB. Stiamo considerano una situazione fisiologica, in cui il prezzo di vendita è maggiore dei costi variabili
totali e CT e RT si incontrano.
In una situazione patologica, invece, il prezzo di vendita è inferiore ai casti variabili totali, per cui più si
produce, più si genera una perdita. In tal caso è meglio dismettere il business.
L’analisi del punto di pareggi permette anche di visualizzare comodamente quali sono le leve a
disposizione del management, per cercare di spostare a sinistra il punto di pareggio se dovesse
trovarsi ad un livello non soddisfacente. Ad esempio, se l’obiettivo è produrre 1000 pezzi, ma ci
accorgiamo che possiamo produrne solo 800, dobbiamo far traslare verso il basso il punto di
pareggio, in corrispondenza di una quantità minore.
Si possono allora effettuare delle azioni (separatamente o contemporaneamente), come:
- incrementare il prezzo di vendita (quindi i ricavi) → aumento della pendenza della retta dei RT;
- diminuire il costo variabile unitario → riduzione della pendenza della retta dei CT;
- diminuire i costi fissi → traslando verso il basso la retta dei costi fissi.
RT = CT → condizione di pareggio
RT = CF + CV → p ∙ Q = CF + cvu ∙ Q
𝐶𝐹
Q* = → QUANTITA’ DI PAREGGIO dove p – cvu è detto MARGINE DI CONTRIBUZIONE
p−cvu
Il margine di contribuzione indica ciòche residua dal prezzo di vendita una volta coperti i costi
variabili e che contribuisce alla copertura dei costi fissi (ed eventualmente contribuisce anche alla
generazione di utile).
• margine di contribuzione unitario = prezzo di vendita - costo variabile unitario
mc = p – cvu
• MARGINE DI CONTRIBUZIONE COMPLESSIVO = ricavi complessivi - costi variabili complessivi
MC = (p ∙ Q) – (cv Q) = R – CV
CAP 12 - STRATEGIA AZIENDALE
Il termine "strategia" nasce in ambito militare, per indicare l’insieme delle regole, delle procedure,
dei programmi, delle azioni che i militari devono adottare per poter vincere una guerra. A tal
proposito, il primo lavoro che affronta il tema della strategia, e che fu anche utilizzato in ambito
economico e manageriale, è il compendio intitolato " L'arte della guerra", scritto da un generale e
filosofo cinese per mettere in risalto l'importanza della pianificazione, della conoscenza delle
proprie caratteristiche e di quelle del nemico per ottenere la vittoria.
In ambito economico infatti, con la crescita delle attività economiche è sorta l’esigenza di poter
riuscire, per poter sopravvivere, ad acquisire un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti,
soddisfacendo al meglio i bisogni e le aspettative dei clienti.
1) Per poter elaborare una strategia aziendale, il primo step è l’effettuazione di una pianificazione
strategica, un programma in cui vengono definiti gli obiettivi di lungo termine in maniera sintetica.
2) Successivamente si definiranno gli obiettivi a breve termine che permetteranno il raggiungimento
di quelli di lungo termine, definendo dei programmi più analitici.
Si sono sviluppati diversi filoni di studio e di applicazione della strategia nelle aziende. Tra le più
importanti applicazioni della strategia, ricordiamo la corporate strategy e la strategia competitiva.
CORPORATE STRATEGY
Con il termine corporate si fa riferimento all’insieme delle aziende, chiamate corporations, che
hanno differenti “business units”, cioè che operano in business differenti (in più aree strategiche
d’affari). Le business units sono delle particolari combinazioni di prodotto mercato-tecnologia: per
differenziare le business units fra di loro, si deve verificare se il prodotto o il mercato cui si rivolgono
o la tecnologia sono diversi.
(Esempio: la Yamaha produce sia motori, ma anche strumenti musicali).
Il principale problema delle business units è: essendo presenti in così tanti business, come fanno a
decidere tra i vari business in quali rimanere, da quale uscire o su quali investire ulteriormente?
La corporate strategy consiste allora in tutte quelle valutazioni che servono alle aziende per
decidere se e come investire o disinvestire dalle diverse aree di affari che fanno parte del proprio
portafoglio di business (insieme dei business in cui sono presenti).
Uno degli strumenti utilizzati dalla corporate strategy per la valutazione del portafoglio di business
è la matrice BCG, proposta negli anni ’70 dalla Boston Consulting Group, un’agenzia americana di
consulenza.
Matrice BCB
La matrice è una tabella in cui:
nella parte verticale è
rappresentato il livello di
crescita della business-unit
che può essere alto o basso;
1) DOGS: raccoglie business che hanno un basso livello di crescita e una bassa quota di mercato,
cioè non hanno un buon rendimento. Sono quei business che potrebbero essere dismessi. In casi
eccezionali si può cercare di rilanciarli.
2) STARS: è l’opposto dei dog. Raccoglie business con alto livello di crescita e alta quota di mercato:
oltre a delle buone prospettive future si ha anche un buon rendimento attuale perché ha già una
posizione affermata nel mercato.
3) QUESTION MARK: raccoglie business con alto livello di crescita ma con una bassa quota di
mercato: in italiano significa “punto interrogativo”, poiché indicano una situazione di dubbio: questi
business solitamente si verificano quando si è ancora all’inizio del ciclo di vita, quindi non si sa se si
trasformeranno in Dogs o in Stars.
4) CASH COW: ha un basso livello di crescita ma un’alta quota di mercato: si tratta di business
maturi, che pur avendo acquisito un’alta quota di mercato non riescono a crescere. Infatti, se il
tasso di crescita non si innalza più di tanto, non ci sarà l’esigenza di fare investimenti, e il mercato
genererà flussi di cassa perché leader di un mercato maturo.
Non è necessario dismetterli, perché comunque vanno a generare liquidità, che verrà utilizzata per
investire nei Question Marks per farli trasformare in Stars.
STRATEGIA COMPETITIVA
La strategia competitiva fa riferimento alle strategie da seguire per il singolo business.
Dopo aver deciso su quale business operare, bisogna infatti stabilire delle strategie vincenti per
acquisire un vantaggio competitivo su tutte le altre aziende che operano nel settore.
2. la differenziazione, che consiste nella capacità di soddisfare le esigenze della clientela, offrendo
un prodotto che appaia differente rispetto a quello dei concorrenti. Si può distinguere il
prodotto anche attraverso la pubblicità, o packaging particolari.
3. la focalizzazione: si basa sulla capacità di ottenere un vantaggio strutturale in un segmento di
mercato inattaccabile degli altri, ovvero si basa su business di nicchia, focalizzandosi su una
specifica “nicchia” di clienti di cui si studiano le esigenze e i bisogno al fine di soddisfarli.
La strategia aziendale può essere determinata anche con studi sulle risorse e competenze su
cui l’azienda deve investire definito come Resource based view.
(Target costing, consiste nello stabilire la funzione d’uso del bene e il prezzo che è disposto a
pagare il cliente per usufruirne, quindi il prodotto verrà realizzato rispettando i costi massimi
che permettono di non sforare il prezzo che i consumatori pagheranno.)
CAP 10 - ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
Una delle modalità che normalmente vengono utilizzate per fare ciò, è quella della specializzazione
del lavoro, cioè specializzare le persone che lavorano all’interno dell’azienda in una certa tipologia
di attività.
La specializzazione funzionale potrebbe essere fatta anche con riferimento al territorio o al mercato
in cui si opera.
E’ il tipo di organizzazione più utilizzata perché permette all’azienda di affidare specifiche mansioni
a singoli soggetti, per i quali il vantaggio principale è quello di lavorare nel settore in cui hanno delle
competenze, e di migliorare le proprie capacità operative.
➢ Si può organizzare il lavoro anche in base al ruolo attribuito a tali soggetti, immaginando una
piramide gerarchica, al cui vertice ci saranno dei soggetti con maggiore potere decisionale e
maggiori responsabilità, e al di sotto dei collaboratori che seguono le direttive, che a loro volta
dirigeranno altri funzionari e così via.
Il ruolo, indica quindi, la posizione che un soggetto ha nella struttura gerarchica, indica quali sono
le sue responsabilità e il livello decisionale che possiede.
Quindi mentre la divisione per funzioni in base al tipo di attività svolta è una divisione orizzontale,
quando si presuppone che all’interno dell’azienda vi sia una gerarchia, che assegna responsabilità
diverse in base al ruolo che i soggetti assumono, la osserviamo da un punto di vista verticale.
1- STRUTTURA FUNZIONALE
La struttura funzionale è la struttura più semplice: in cui le persone vengono raggruppate in base
all’appartenenza alla stessa area funzionale, in cui si svolgono attività della stessa natura.
Vengono quindi assegnate alle varie unità organizzative, chiamate organi, sulla base delle rispettive
competenze tecniche e responsabilità. Ogni organo si occupa di una specifica funzione, e al suo
interno ciascun soggetto ricopre una posizione diversa, in base alla sua specializzazione.
Vi saranno il direttore della produzione, quello delle vendite, quello dell’amministrazione, che
staranno alle direttive del direttore generale. Ciascun direttore gode di propria autonomia e non
può dare ordini al direttore di un altro organo.
Al di sotto dei vari direttori, ci saranno dei sub-responsabili che a loro volta avranno al di sotto
singole posizioni lavorative:
- ad esempio nella produzione potremmo trovare i responsabili della produzione di diversi prodotti
oppure responsabili della logistica, degli stabilimenti ecc..
- nelle vendite ci saranno invece i responsabili delle promozioni, della distribuzione..
- nell’amministrazione i responsabili della contabilità, del controllo, della pubblicazione dei bilanci.
Vantaggi:
- il principale vantaggio di questo tipo di struttura è l’efficienza, in quanto si può ottenere un’elevata
specializzazione nei ruoli e una maggiore efficienza operativa in ciascuna funzione.
- Inoltre essa favorisce il raggiungimento di economie di scala: la struttura funzionale è adatta nel
caso della produzione di uno o pochi prodotti, e quindi si addice ad un’impresa che ha scelto di
focalizzarsi su un solo prodotto di qualità. (Se si producono molti prodotti, la struttura diventa molto
estesa e si genera un accumulo di decisioni e di responsabilità per il direttore di funzione, che deve
tenere sotto controllo più prodotti e più mercati di sbocco).
Svantaggi:
- il principale punto di debolezza è la lentezza con cui si risponde ai cambiamenti ambientali, che
richiedono un coordinamento tra i diversi organi. E’ infatti adatta alle aziende che operano in
ambienti stabili.
- Inoltre ogni funzione opera come se fosse una cosa a sé, spesso con il rischio di scarso
coordinamento rispetto alle altre e con difficoltà nel perseguire obiettivi comuni.
2- STRUTTURA DIVISIONALE
La struttura divisionale è invece adatta per le aziende più grandi (multi-prodotto o conglomerate):
le unità organizzative sono organizzate per divisioni, in base al prodotto, al mercato o al settore.
Nel caso di imprese multi-prodotto, ogni divisione si occuperà di un singolo prodotto e avrà una
struttura a sé che progetta, realizza e commercializza la propria linea di prodotto: avrà quindi un
direttore, ma anche un organo operativo.
(Esempio: la Yamaha, produce sia motociclette che strumenti musicali.)
E’ una struttura organizzativa che si basa sulla specializzazione del prodotto: l’azienda principale si
può diversificare in diversi business e si verrebbero a creare delle “sub-aziende” (divisioni).
Nel caso in cui la struttura sia organizzata in base al mercato in cui opera l’azienda, potrebbero
esservi, ad esempio, una divisione per mercato europeo, una per quello asiatico, una per quello
americano, e così via.
Un esempio tipico di organizzazione a matrice è quella che prevedere più “project manager” (o
“product manager”, o “market manager” etc.) che sono responsabili di una specifica porzione di
business in senso orizzontale, e che attingono tempo e risorse dalle varie funzioni.
Vantaggi: il principale vantaggio è quello di coniugare al meglio la specializzazione e coordinamento.
Vi è infatti maggiore velocità nella comunicazione e nelle decisioni.
Svantaggi: lo svantaggio in un certo senso è che la struttura direzionale è più articolata in quanto si
sviluppa in due dimensioni, ed è quindi, necessario mantenere un forte equilibrio tra gli interessi dei
vari soggetti.
CAP 13 - CORPORATE GOVERNANCE
Le corporate governance sono le regole e i meccanismi che consentono nella realtà operativa di
determinare una specifica configurazione di soggetto economico.
Le aziende a proprietà concentrata costituiscono la maggioranza delle aziende nel mondo. Le loro
caratteristiche peculiari sono:
• La proprietà è detenuta da un ristretto numero di soggetti, spesso legati da rapporti familiari
• I proprietari esercitano il supremo potere decisionale e spesso si occupano anche di attività
operative all’interno dell’azienda