Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1. L’economia
Definizione:
Economia: lo studio dei fenomeni e delle risorse a cui è possibile associare un determinato valore
(economico, misurato in termini quantitativi ed espresso in moneta di conto).
Cosa significa valore economico?
Quasi tutte le decisioni che prendiamo hanno un riflesso “economico” più o meno significativo.
Es. La scelta di un nuovo telefono, a cui si riconosce in quell’oggetto un valore economico.
Quali sono le condizioni che portano una determinata risorsa (o fenomeno) ad assumere valore
(economico)? Cioè per quale ragione siamo disposti a pagare per un oggetto?
Tanto più un oggetto è scarso (a livello di disponibilità) tanto più siamo disposti ad attribuirgli un
valore economico; quando si crea un bisogno. Le due caratteristiche principali che fanno di un bene
un bene economico sono:
Utilità Scarsità
→ Una determinata risorsa acquisisce valore nel momento in cui ad essa è associato un certo
livello di “utilità” e risulta presente in misura “scarsa” per il soddisfacimento di un
determinato bisogno.
Quindi, i beni scarsi e utili sono per definizione dei beni economici, a cui l’individuo attribuisce un
valore economico.
Quando una risorsa non è presente in misura illimitata (scarsa) siamo disposti a pagarla in misura
tanto maggiore quanto più elevata è l’utilità ad essa associata.
Ogni persona, sulla base dei propri gusti personali, della propria scala di valori etici e morali, delle
risorse economiche disponibili e di una serie di altri elementi soggettivi, attribuisce valore diverso
ad una medesima risorsa.
→ In altri termini, la misura con cui una determinata risorsa soddisfa un bisogno di una persona
è una valutazione estremamente soggettiva.
La centralità della persona e i bisogni umani:
La vita dell’uomo è, da sempre, caratterizzata dal sorgere di bisogni e dalla ricerca del loro
appagamento in un ambiente caratterizzato dalla presenza di risorse scarse.
Bisogno: uno stato d’insoddisfazione che si desidera eliminare, dovuto ad un senso di
manchevolezza e di disagio.
Secondo la teoria economica, i bisogni stanno alla base della nascita e del progressivo sviluppo
dell’attività economica, che è stata sollecitata dalla necessità di soddisfare i bisogni dell’uomo,
congiuntamente ad altre attività di natura non economica.
Le persone presentano dei bisogni e cercano di trovare la maniera meno faticosa e più rapida per
riuscire ad appagarli riunendosi in società umane → Economia Aziendale
Più una società diventa complessa più aumentano i bisogni.
Più i bisogni sono vari più c’è attività economica. Molto spesso i bisogni sono indotti dalla società
stessa.
Classificazione dei bisogni:
Bisogni naturali: bisogni biologici (es. nutrirsi, proteggersi, vestirsi, alloggio), quindi appartenenti
alla sfera fisiologica. Considerati universali poiché comuni a tutte le persone e relativamente
uniformi nel modo di manifestarsi e di essere appagati; e perché legati alla sopravvivenza, quindi
strettamente legati alle esigenze elementari della vita umana.
Vs
Bisogni sociali: suscitati dal bisogno di rapporti con altre persone, per questo appartengono alla
sfera psicologica e spirituale. Per il loro soddisfacimento si arriva a costruire vere e proprie società
umane. Bisogni di appartenenza a uno o più gruppi sociali, di relazione e comunicazione con le altre
persone, di amicizia e di affetto, di confronto e di scontro, etc.
Bisogni primari: essenziali al fine di garantire alla persona un’esistenza nel rispetto della dignità
umana. Tutti i bisogni naturali. Non necessariamente tutti i bisogni sociali sono primari (es.
istruzione). La composizione dei bisogni primari e la loro natura specifica dipendono dalla cultura e
dai valori di cui sono espressione e che trovano riconoscimento in un determinato sistema sociale.
Vs
Bisogni secondari: o voluttuari, non essenziali e legati al miglioramento della qualità della vita.
Influenzati molto spesso da processi imitativi e di tendenza, legati alle mode e alla partecipazione a
determinati gruppi o contesti sociali di riferimento. Sono più fortemente aggredibili, influenzabili e
addirittura suscitabili (es. avere gioielli).
Non è possibile definire a priori se un bisogno possa essere considerato primario o voluttuario. Ciò
dipende dal livello di sviluppo sociale, economico e politico di una particolare comunità e dal
sistema di valori che la pervade.
È osservabile che quanto più un sistema sociale si presenta evoluto, economicamente e socialmente,
tanto più ampia sarà la sfera dei bisogni considerati primari e che tale società riconoscerà meritevoli
di tutela.
N.B: nelle società più evolute la cultura sta venendo considerata sempre di più come un bisogno
primario, come un settore indispensabile, quindi anche da finanziare e da sostenere. Ma non è
sempre stato così, o non è così dappertutto.
Bisogni individuali: avvertiti da una singola persona, quindi appartengono alla sfera privata.
Vs
Bisogni pubblici: percepiti da tutta una collettività di persone, di norma afferente ad un territorio di
riferimento (comunale, provinciale, regionale, statale, etc.).
→ La realizzazione di qualsiasi attività economica richiede la presenza di un attento studio sui
bisogni che tale attività intende soddisfare. Per questa ragione ogni teoria economica ha alla
base una propria “teoria dei bisogni” fondata su una serie di ipotesi relative ai processi di
scelta messi in atto dalle persone per soddisfare i propri bisogni.
Teoria dei bisogni:
• Gerarchia dei bisogni
Ai beni non economici – non essendo scarsi in natura e non richiedendo un’attività lavorativa – non
è attribuito alcun valore economico dalle persone. Al contrario, quanto più scarsa è una risorsa in
natura e/o quanto maggiore è il lavoro richiesto dall’uomo per rendere disponibile un bene, tanto
più elevato è il valore economico assegnato a tale bene.
Nelle economie dove appare prevalente il soddisfacimento di bisogni secondari, tuttavia, il valore
economico attribuito ai beni risente fortemente anche di altre variabili associate al riconoscimento
sociale: il valore economico dato ad un certo bene dipende anche dalla storia che racconta e che
valore ha quella storia nella nostra società e nella nostra cultura; dalle mode, dal valore socialmente
attribuito ad un bene.
I processi decisionali individuali e collettivi:
Ogni teoria economica richiede la definizione di una teoria dei bisogni e dei processi decisionali
sui quali si articola l’attività di produzione e consumo, cioè di come le persone cercano di
soddisfare i propri bisogni.
• Processi decisionali individuali spiegati in due modi:
1. Teoria della razionalità assoluta. Homo oeconomicus
Assunti:
• la persona ha perfettamente chiaro l’obiettivo da ottimizzare;
• ha a disposizione, immediatamente e gratuitamente, tutte le informazioni relative alle
possibili scelte alternative;
• tutte le alternative sono prontamente confrontabili;
• la persona che decide è unica e agisce in modo isolato, cioè non deve tenere conto delle
esigenze o dei giudizi di qualcuno;
• la persona sceglie sempre, in assoluto, l’alternativa migliore, cioè quella ottimale, una
volta ponderate tutte le possibili opzioni a disposizione.
Questa teoria è alla base di tutti i modelli di ottimizzazione che vengono applicati nella nostra vita
quotidiana in continuazione.
Spesso gli studi economici utilizzano modelli che si basano su un livello di razionalità assoluta da
parte delle persone. In questo modo, la persona appare sempre coerente e in grado di valutare
oggettivamente tutte le alternative, per arrivare a scegliere quella che consente di massimizzare la
propria utilità.
→ Vantaggi: ampia diffusione in quanto si presta a immediati sviluppi attraverso modelli
matematici che traducono in funzioni algebriche i processi decisionali dell’uomo.
→ Limiti: le ipotesi precedentemente richiamate nella realtà si realizzano solo parzialmente.
2. Teoria della razionalità limitata (Teoria comportamentista)
La teoria comportamentista – che si contrappone a quella della razionalità assoluta – arriva a
dimostrare che il decisore si caratterizza per avere una limitata:
• conoscenza delle alternative perseguibili, in quanto le informazioni relative alla sequenza di
eventi che caratterizzano ogni alternativa e la loro probabilità congiunta di manifestazione non
sono immediatamente disponibili per una persona;
• capacità di trattamento delle informazioni, il che porta a prendere in considerazione solo alcune
delle alternative conosciute e di queste, oltretutto, solo le conseguenze più rilevanti;
In sintesi:
→ L’economia è lo studio dei fenomeni aventi valore economico (derivante da scarsità e utilità, ma
anche soggettivo).
→ L’attività economica nasce dalle persone per le persone, per rispondere a bisogni, fornendo beni.
→ Diverse teorie dei processi decisionali spiegano come le persone cercano di soddisfare i propri
bisogni.
→ Le persone si sono organizzate in società per realizzare attività economica (rispondere al meglio
ai bisogni attraverso produzione di beni).
→ Ogni forma organizzativa ha una dimensione economica.
→ Questa dimensione economica è l’oggetto dell’economia aziendale.
L’azienda (Cap. 2)
1. Tipi di aziende
Lo svolgimento dell’attività economica trova completa realizzazione in società umane organizzate
(organizzazioni). L’attività di un’organizzazione, qualsiasi ne sia la finalità, è attività economica. La
dimensione economica dell’organizzazione è l’azienda. Esistono vari tipi di organizzazioni (e
quindi di aziende), differenti per:
a) Finalità istituzionali
Finalità primarie per le quali l’azienda è stata costituita e che ne giustificano l’esistenza. In tutte le
organizzazioni coesistono finalità istituzionali economiche e non
economiche:
• in taluni istituti prevalgono le prime
(tipicamente nelle imprese);
• in altri le seconde.
L’università è una tipica azienda detta composta, perché composta da entrambe l e attività che sono
interrelate tra loro: di produzione del servizio di erogazione della didattica e di ricerca + di consumo
di questo servizio.
I tipi principali che possiamo ritrovare nella nostra società sono essenzialmente:
La famiglia è la forma più basilare di organizzazione, la cui dimensione economica è di consumo e
gestione patrimoniale.
Il secondo tipo è l’impresa, cioè un’azienda di produzione tipicamente per il mercato con processi
di transazione economica.
Le organizzazioni private “nonprofit” vengono anche chiamate enti/aziende del terzo settore.
Gli Istituti della Pubblica Amministrazione sono organizzazioni pubbliche, la cui dimensione
economica è mista, composta da produzione e consumo.
→ Questi quattro tipi di organizzazioni, quindi le relative dimensioni aziendali, differiscono per
le finalità istituzionali, per il tipo di portatori di interesse e per il tipo di attività economica
svolta.
2. La famiglia
Nonostante gli aspetti economici non siano prioritari nella vita di una famiglia anche in queste
società umane si svolgono forme di attività economica.
L’attività economica realizzata all’interno delle famiglie assumeva una connotazione più rilevante
nell’antichità (modello dell’autoconsumo: la famiglia che consuma i propri beni prodotti attraverso
l’agricoltura e l’allevamento).
A seguito dello sviluppo dei mercati e dell’avvio dei processi di specializzazione economica,
l’attività di produzione ha perso progressivamente di importanza per confluire, in forma
organizzata, all’interno delle altre tipologie di aziende che si ritrovano nella classificazione
aziendale tradizionale. PORTA T OR I DI INTER ES S E NEI CONFR ON T I DELLA
AZI ENDA FAMI LI ARE
I stituzionali Non istituzionali
Finalità istituzionali?
Non economiche, riconducibili
prioritariamente alla sfera sociale, affettiva, Aspettative economiche
A DI I NTER ESS E
Attese di natura
Economico
di altre aziende familiari
etica. economica (consumo) dei
(vincoli di parentela) o di
membri della famiglia
lavoratori domestici
NB: La dimensione economica della famiglia
esiste, ma è strumentale al perseguimento di
T I POLOGI
obiettivi non economici. Aspettative riconducibili
Non economico
Attese riconducibili alla
alla sfera sociale,
sfera sociale, affettiva,
Portatori di interessi? etica e religiosa dei suoi
affettiva, etica e religiosa
di altre famiglie (vincoli
Istituzionali: i membri della famiglia. membri
di parentela ed amicizia)
Portatori di interessi istituzionali non
economici.
Non istituzionali: chi presta servizio per la famiglia (interessi non istituzionali economici), i vicini
(interessi non istituzionali non economici), ecc.
Attività economica prevalente?
Consumo di beni e di servizi da parte dei propri membri e dall’attività di gestione del patrimonio
familiare.
3. L’impresa
Impresa: è un’azienda di produzione per il mercato.
PORTATORI DI INTERESSE NEI CONFRONTI DELLA
Finalità istituzionali? AZI ENDA DI PRODUZI ONE
Prevalentemente economiche: I stituzionali Non istituzionali
produzione di remunerazioni
monetarie o di altro genere nei
Economico
confronti delle persone per le quali è economiche da parte dei altre aziende che entrano
istituita (apportatori di capitale e di prestatori di lavoro e dei in relazioni di scambio
portatori di capitale con l’ impre sa
lavoro).
Mezzo con cui perseguire la finalità Attese di risposta ai
Non economico
Aspettative non
economica: produzione di beni bisogni di socialità e di
economiche delle
affermazione personale e
destinati ad essere scambiati attraverso sociale da parte dei
comunità locali e di altre
il mercato, se e solo se il valore dei aziende che entrano in
prestatori di lavoro e dei
contatto con l’ impresa
prodotti > valore dei fattori produttivi. portatori di capitale
Portatori di interessi?
Istituzionali: conferenti di capitale proprio (di rischio), lavoratori, azionisti, investitori.
Non istituzionali: altre aziende e individui esterni all’impresa che entrano in relazioni di scambio
con l’impresa (fornitori, clienti, partner, banche e altri finanziatori, Stato, membri della collettività
in cui opera l’impresa…).
Attività economica prevalente?
Produzione di beni e di servizi destinati ad essere scambiati nel mercato + distribuzione del valore
creato da tale attività a chi ha contribuito alla sua creazione, sia sottoforma di remunerazione del
lavoro che di remunerazione per il capitale investito (cioè la distribuzione degli utili e delle imprese
a chi ha investito soldi – azionisti, o soci).
Le finalità istituzionali non economiche, seppur presenti, sono minoritarie in questa classe di
aziende. Si riferiscono, prevalentemente, ai bisogni di socialità e di crescita personale e
professionale delle persone che vi appartengono oltre che (talvolta) di sviluppo sociale e culturale
del territorio in cui opera la stessa impresa, per esempio quando diventano sponsor, quindi
sostenitori economici di qualche attività.
Le ricadute dell’attività di un’impresa sull’ambiente in cui è inserita (CSR Corporate Social
Responsibility = responsabilità sociale d’impresa) vanno ben oltre le dimensioni economiche,
contribuendo in misura determinante al progresso sociale ed umano di una determinata collettività.
Sempre di più ci aspettiamo che i prodotti che compriamo siano attenti all’ecologia, oppure siamo
influenzati positivamente se svolgono attività di “sostegno a”, ridurre sprechi e inquinamento, a
rispettare i diritti umani dei lavoratori. Queste sono forme di attività che:
• non sono solo economiche;
• contribuiscono al progresso sociale ed umano di una determinata collettività.
Le imprese sono spesso il principale veicolo attraverso il quale si concepiscono e si realizzano
innovazioni scientifiche e tecnologiche con importanti ricadute nella vita dell’uomo. Per tale
ragione, le imprese sono parte rilevante della società umana in cui sono inserite e devono
partecipare, attraverso la propria attività, al suo progresso e al raggiungimento del suo bene
comune. Sempre di più, il controllo sul ruolo sociale dell’impresa, che riguarda la CSR, è effettuato:
• dalla competizione di mercato, cioè tendono ad essere premiate dai consumatori le imprese che
dimostrano di avere un orientamento ambientale, sociale, culturale. Fenomeno che ancora esiste,
ma che sta venendo sempre di più sanzionato socialmente. Quindi, si crea un’ottica di
competizione tra le varie imprese, perché uno scandalo di questo tipo può portare anche al
fallimento di un’impresa;
• dall’intervento pubblico (Stato) nell'economia;
• dall’etica e dai valori di cui sono portatori la classe imprenditoriale e manageriale.
I sistemi basati sulle economie di mercato possono entrare in crisi quando l’impresa assegna una
preminenza alle valutazioni di convenienza economica privilegiando in maniera accentuata gli
interessi di una parte dei soggetti che la compongono, a scapito della collettività.
4. L’azienda pubblica
Perché esiste il settore pubblico?
Al fine di giustificare l’intervento dello Stato nell’economia, è normalmente utilizzata la teoria del
«fallimento del mercato», a causa:
• esistono i beni pubblici, ovvero quei beni che il mercato, quindi le imprese, non ha interesse ad
offrire, oppure offre in quantità insufficiente, per esempio la difesa nazionale o l’illuminazione
pubblica → intervento pubblico
b) Aziende pubbliche (es: ASL, scuole, università, musei civici, ecc.), tracce operative o
diramazioni degli enti pubblici che svolgono servizi specifici e settoriali
In economia aziendale il concetto di azienda composta è utilizzato per indicare quelle
organizzazioni in cui i processi di produzione si alternano a quelli di consumo. Le aziende
pubbliche sono tipici esempi di aziende composte.
Nelle aziende composte pubbliche si svolgono processi economici di produzione di beni pubblici e
di consumo degli stessi da parte dei cittadini che costituiscono i membri dell’istituto pubblico,
poiché, di fatto, lo sostengono, versando tributi sotto forma di imposte, tasse e contributi, e pagando
tariffe per specifici servizi erogati.
Finalità istituzionali?
Economiche (remunerazione dei lavoratori,
appagamento dei bisogni pubblici della comunità, non
nel senso di arricchimento) e non economiche
(perseguimento del bene comune, progresso civile,
sociale e culturale, progressivo miglioramento nella
qualità della vita).
Portatori di interessi?
Istituzionali: cittadini, lavoratori.
Non istituzionali: altre aziende (imprese o
organizzazioni non profit che entrano in relazione con
l’azienda pubblica), altri enti pubblici o territoriali,
nazionali o sovranazionali.
Attività economica prevalente?
Produzione di beni (servizi) pubblici e consumo di beni (servizi) pubblici da parte della collettività
→ «azienda composta pubblica».
5. Le aziende del terzo settore
Cos’è il terzo settore?
Si tratta di soggetti organizzativi con uno stato giuridico privato, ma non sono aziende di
produzione per il mercato, bensì sono volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica
o collettiva. Svolgono attività economica, producono beni e servizi e si caratterizzano per non
orientarsi al profitto.
L’espressione terzo settore inizia a diffondersi negli anni ’70 del secolo scorso, per indicare
qualcosa che non è governato né dalla logica del mercato né dall’organizzazione dello Stato con le
sue molteplici declinazioni.
Si diffonde il concetto di nonprofit e soprattutto comincia a costituire l’oggetto di teorizzazioni
economiche e di successive interpretazioni.
Rispetto allo Stato (considerato il primo settore), e al mercato (considerato il secondo settore)
costituisce una parte autonoma del sistema economico in cui si collocano aziende, con tratti
caratteristici propri, che non perseguono scopo di lucro.
È caratterizzato da un’azione orientata al valore e dall’impegno delle persone che operano al suo
interno. Questo spiega anche perché molto spesso queste aziende siano basate in parte su
prestazioni di servizio di base volontaristica o semi-volontaristica: il comportamento dell’individuo
che lavora per questo tipo di organizzazioni non è motivato soltanto dall’obbiettivo personale
economico dello stipendio, ma questo viene compensato perché c’è una motivazione forte intrinseca
e un’adesione al valore di fondo dell’organizzazione. Queste due peculiarità esistono anche per le
aziende di produzione per il mercato, ma per le organizzazioni non profit si tratta della base da cui
nascono.
Definizione giuridica: Il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di
lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di
sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività
di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione
e scambio di beni e servizi (D. Lgs. n. 117/2017)
Categorie:
organizzazioni di volontariato;
associazioni;
fondazioni;
cooperative sociali;
società di mutuo soccorso;
imprese sociali, sono una forma molto ibrida che sta tra il terzo settore e il settore delle imprese,
perchè sono imprese, cioè attività di produzioni che si reggono sul mercato, ma svolgono
prioritariamente una finalità sociale non economica (Es. negozi equosolidali).
Perchè esiste il terzo settore?
Le aziende del terzo settore dedicano le proprie attività alla produzione di beni che assumono
rilevanza per la collettività:
• che il mercato non ha interesse a produrre (fallimento del mercato);
• che lo Stato non è in grado di garantire (fallimento dello Stato).
Caratteristiche delle aziende del terzo settore:
1. Dispongono di un’organizzazione propria;
2. Hanno natura privata ed istituzionalmente sono separate dallo Stato e dalle aziende pubbliche;
3. Non possono distribuire i profitti conseguiti come invece possono fare le imprese tradizionali;
4. Possiedono la capacità di governo, essendo in grado di controllare le proprie attività;
5. Richiedono almeno in parte un grado significativo di partecipazione volontaria, sia nella
conduzione effettiva delle attività sia nella gestione dei loro affari.
Finalità istituzionali?
Le finalità primarie assumono caratteristiche economiche e non economiche, mentre quelle
secondarie sono soltanto non economiche.
• Le finalità primarie economiche riguardano la remunerazione dei prestatori di lavoro ϵ
all’ATS.
• Le finalità primarie non economiche consistono in finalità sociali, morali e culturali associate
all’attività dell’ATS a favore dei propri associati o di persone terze.
• Le finalità secondarie, esclusivamente non economiche, pertengono al perseguimento del bene
comune e alla diffusione dei valori dell’altruismo, della solidarietà e della socialità nel contesto
territoriale in cui opera l’ATS.
Portatori di interessi?
Istituzionali: prestatori di
lavoro, membri dell’ATS.
Non istituzionali: altre
aziende che nutrono attese di
servizi da parte dell’ATS
(essendo in qualche modo
una posizione di pretesa
economica), Stato, membri
della collettività all’esterno
dell’ATS.
Attività economica
prevalente?
Produzione di beni/servizi
relazionali.
Beni relazionali: categoria di beni distinta da quella dei beni materiali, capace di assumere un
elevato significato sul piano morale e sociale, di innalzare la qualità della vita, agendo sulla sfera
personale e di realizzare una sorta di giustizia distributiva (beni relazionali vs beni posizionali),
travalicando interessi egoistici ed opportunistici. I beni relazionali soddisfano bisogni di utilità
sociale.
In sintesi:
→ L’azienda è la dimensione economica di un’organizzazione.
→ L’individuo si è sempre organizzato in forme sociali per svolgere attività economiche
(rispondere ai bisogni attraverso la produzione di beni).
→ Diversi tipi di organizzazioni (e quindi di aziende), a seconda della finalità istituzionale pri maria
(economica/non), dei portatori di interesse (istituzionali e non) e del tipo di attività economica
(produzione e/o consumo ed eventuale distribuzione della ricchezza).
→ Dal «fallimento della famiglia» → l’impresa
→ Dal «fallimento del mercato» → l’azienda pubblica
→ Dal «fallimento del mercato» + «fallimento dello stato» → l’azienda del terzo settore
Freeman evidenzia la necessità di non considerare soltanto le richieste provenienti dagli stakeholder
tradizionalmente considerati dai modelli di management (tipicamente proprietari, clienti, dipendenti
e fornitori) e di prendere in considerazione anche le prerogative avanzate da altri gruppi di
stakeholder potenzialmente capaci di influenzare l’organizzazione (come, ad esempio, lo stato e i
concorrenti).
→ L’organizzazione viene raffigurata come un sistema cooperativo e competitivo che
coinvolge un ampio numero di individui e gruppi che (in essa e attraverso essa) tentano
di raggiungere i propri interessi. Diventa così fondamentale il modo in cui l’impresa
interagisce con i propri stakeholder e coltiva le diverse relazioni.
Le principali categorie di portatori di interessi:
• Conferenti capitali di rischio (proprietari, soci, azionisti, etc.). Apportano i mezzi (monetari o in
natura e a tempo indeterminato) necessari per svolgere l’attività aziendale e, attraverso
l’esercizio del governo aziendale, auspicano un’adeguata remunerazione del capitale proprio
investito.
• Prestatori di lavoro (dirigenti, quadri intermedi, impiegati, operai, etc.). Forniscono tempo,
competenze e altre abilità professionali all’azienda in attesa di una congrua ricompensa sia
monetaria (salario o stipendio) sia non monetaria (condizioni fisiche, ambientali, sociali, etc.).
• Fornitori cedono materiali e servizi utili per la realizzazione del prodotto/servizio aziendale,
ottenendo il pagamento di un corrispettivo adeguato e concordato.
• Conferenti capitali di prestito (finanziatori). Concedono somme di denaro che integrano il
capitale proprio per soddisfare le esigenze aziendali. In contropartita, essi richiedono
un’adeguata remunerazione che prevede la riscossione di interessi finanziari, oltre al rimborso
del capitale concesso, secondo le scadenze concordate.
• Clienti acquistano i prodotti/servizi realizzati dall’azienda e pagano il prezzo pattuito.
• Concorrenti operano nello stesso mercato di riferimento dell’azienda e offrono prodotti/servizi
atti a soddisfare gli stessi bisogni dei clienti. Mentre i concorrenti diretti operano nel lo stesso
settore, i concorrenti indiretti devono essere identificati analizzando l’intero mercato di
riferimento dell’azienda perché offrono prodotti/servizi simili per soddisfare i medesimi bisogni
dei clienti. La relazione tra l’azienda e i suoi concorrenti richiede, in termini di contributi e
benefici attesi, il rispetto reciproco di norme che la alimentano, arrivando (in alcuni casi) a
trasformare i concorrenti in alleati. Questo evidenzia il vantaggio competitivo che può derivare
dalla conoscenza del mercato di riferimento, dalla capacità di intervenire in modo proattivo su
di esso, sviluppando in anticipo una visione sulla sua evoluzione futura.
• Stato emana norme giuridiche, concede incentivi, mette a disposizione delle aziende beni
pubblici e una serie di servizi, anche attraverso i suoi uffici periferici. In contropartita, riceve
imposte e tasse.
Se tutti i portatori di interessi partecipassero al governo dell’istituto, ci sarebbero tre evidenti
conseguenze:
a) elevati costi di governo e complessità organizzativa;
b) qualità e tempi inadeguati delle decisioni;
c) mancato riconoscimento della maggiore criticità di alcuni contributi.
Per questo motivo, una o poche categorie di portatori di interessi formano il soggetto economico e
controllano direttamente l’azienda, assumendo il diritto-dovere di governare l’azienda (i.e.
esercitare le prerogative di governo economico e prendere le decisioni ultime) e di godere dei suoi
risultati residuali (sia positivi sia negativi).
Le attese primarie delle persone che compongono il soggetto economico rappresentano gli interessi
istituzionali.
Questo soggetto può governare direttamente oppure nominare appositi organi di governo che sono
chiamati a coinvolgere gli stakeholder e a contemperare interessi e ricompense. L’allocazione delle
ricompense tra i diversi stakeholder incide sul livello di motivazione dei diversi portatori di
interessi, influenzando anche la loro volontà ad apportare contributi in azienda. La soddisfazione
delle aspettative minime di ogni stakeholder rappresenta una condizione essenziale di
funzionamento aziendale.
2. La governance
Per realizzare un efficace governo aziendale, occorre operare almeno tre scelte fondamentali:
a) individuare il soggetto economico;
b) determinare le finalità e gli obiettivi che ispirano l’azione del soggetto economico;
c) delineare la struttura di governo, configurandone organi e meccanismi.
I meccanismi di corporate governance definiscono le regole di funzionamento generale di
un’azienda, delineano i ruoli, le funzioni e le responsabilità all’interno dell’azienda,
evidenziando le relazioni tra proprietà e management.
La governance: la struttura di governo di un’azienda, ovvero gli organi e i meccanismi attraverso
cui un’azienda è diretta e controllata.
• Consigli di Amministrazione, Consigli Direttivi, Consigli di indirizzo, Comitati Scientifici,
ecc…
• Relazione con il management, staff, stakeholders esterni (Imprese: azionisti, proprietari;
revisori. Aziende pubbliche: cittadini; altri livelli di governo. Aziende terzo settore: utilizzatori;
finanziatori; comunità civile; amministrazione pubblica).
Governance ≠ Management (anche se coincidono queste funzioni nelle organizzazioni piccole)
• Governance (ruolo direttivo, di indirizzo e di controllo): organi e regole che assicurano la
coerenza tra l’identità aziendale, le attività, i risultati e le risorse.
• Management (ruolo esecutivo): è il potere di gestione: persone e strutture che realizzano quella
coerenza.
Ruolo degli organi di governo:
• Rappresentanza dell’organizzazione verso l’esterno (soprattutto verso le autorità e al pubblico
in generale)
• Supporto alla direzione
• Controllo della direzione
Cosa fanno gli organi di governo?
• Diversi livelli di coinvolgimento nella definizione della direzione strategica:
- Coinvolgimento nella formulazione, implementazione e controllo della strategia
- Coinvolgimento nella definizione dell’identità aziendale (missione, visione, valori…)
- Revisione delle strategie proposte dalla direzione
- Approvazione di questi elementi
La visione aziendale:
La visione aziendale: esprime dove l’impresa vuole arrivare nel futuro, identificando un obiettivo
altamente sfidante che ambisce a raggiungere.
La relazione tra cultura, identità e immagine:
L’identità aziendale è in relazione:
• con la cultura organizzativa
• con l’immagine aziendale
La cultura organizzativa, l’identità e l’immagine aziendale definiscono tre macro contesti attraverso
i quali è possibile acquisire una descrizione olistica dell’organizzazione.
In sintesi:
→ L’assetto istituzionale è la modalità attraverso cui le organizzazioni governano la propria
attività.
→ Comprendere l’assetto istituzionale di un’organizzazione implica riconoscere:
• Chi è il soggetto economico (chi controlla/indirizza l’organizzazione).
• Con quale forma di governo o governance (attraverso quali organi e quali meccanismi e con
che ruoli).
• Qual è l’identità aziendale e come è manifestata.
• Ambiente Politico
o Quale è l’orientamento dello Stato rispetto alle libertà economiche, l’iniziativa privata, la
certezza dei rapporti giuridici? Prevale un orientamento al liberalismo o al protezionismo?
Sono previste azioni antitrust?
o Quale è l’orientamento dello Stato e degli altri enti pubblici rispetto alla attività della
azienda? Possiamo attenderci supporto o ostacoli? Sono previsti incentivi nel nostro ambito
di attività?
o È plausibile un intervento diretto dello stato nell’ambito di attività dell’azienda, come
regolatore, proprietario di aziende, cliente o fornitore? È prevedibile un’intensa regolazione
o al contrario è prevalente un orientamento alla deregulation?
o Quali ripercussioni possiamo attenderci dall’orientamento politico vigente anche in
considerazione dell’appartenenza ad organizzazione e accordi sovrannazionali? Come
evolveranno le regole per il commercio con l’estero? Se stiamo operando in un Paese
diverso da quello di origine, qual è l’orientamento verso le società estere?
• Ambiente Economico
o Qual è l’andamento del ciclo economico e quali ripercussioni potrà avere sull’azienda? Qual
è l’andamento dell’occupazione? Quali sono le attese per l’andamento dei prezzi e dei
salari?
o Com’è la dinamica della produttività nel Paese e nel settore di attività nell’azienda, anche in
comparazione internazionale?
o Qual è l’andamento del reddito disponibile della popolazione, o di fasce di popolazione, o di
fasce di popolazione di particolare interesse per l’azienda?
o Qual è l’andamento dei tassi di interesse? Quali sono le condizioni per l’accesso al credito?
o Qual è la dinamica dei tassi di cambio e quali ripercussioni potranno esserci per l’azienda,
tenuto conto dei mercati di sbocco in cui opera?
• Ambiente Sociale
o Quali sono le tendenze demografiche in atto? Qual è la distribuzione della popolazione per
fasce d’età?
o Quali sono le caratteristiche della distribuzione geografica della popolazione?
o Quali sono le caratteristiche della cultura o delle culture dei contesti in cui l’azienda opera?
Quali sono i valori, le credenze e i comportamenti caratteristici?
• Ambiente Tecnologico
o Quali innovazioni tecnologiche impatteranno sul nostro settore?
o Qual è la condizione delle infrastrutture cui possiamo accedere?
o In che modo innovazioni tecnologiche e condizioni infrastrutturali impatteranno sui nostri
prodotti e sulla dinamica competitiva?
• Ambiente Ecologico
o L’esistenza di autorità di regolazione e gruppi di pressione orientati a controllare l’impatto
ambientale delle aziende e a ridurlo nel tempo;
o La sensibilità ecologica della popolazione e la probabilità di incorrere nella disapprovazione
collettiva in caso di comportamenti impattanti seppure rispettosi delle norme;
o Aspetti dell’ambiente naturale eventualmente critici in considerazione dell’attività
realizzata, come il clima meteorologico, le temperature medie, le precipitazioni attese, i
livelli di inquinamento e le connesse limitazioni a talune attività.
• Ambiente Legale
o Quali sono gli spazi per l’autonomia negoziale? Quali i tempi per la soluzione di eventuali
controversie? Quali gli strumenti per un tempestivo recupero dei crediti?
o Quali norme, locali, nazionali o sovrannazionali potrebbero condizionare lo svolgimento
delle attività dell’azienda?
> Analisi PESTEL:
→ Previsione
→ Analisi di scenario per sviluppare diverse visioni plausibili di come l’ambiente potrebbe
evolvere nel futuro
L’analisi dell’ambiente generale:
L’analisi dell’ambiente generale, per mezzo dell’analisi PESTEL, può essere condotta a partire
dalla raccolta e sistematizzazione di dati pubblici, come articoli di stampa, bilanci di aziende,
commenti di esperti. Inoltre, può avvalersi di informazioni originali acquisite direttamente,
intervistando soggetti rilevanti all’interno e all’esterno dell’azienda.
Esempio:
2. L’ambiente competitivo
L’ambiente competitivo: porzione più limitata di ambiente che le aziende scelgono di occupare,
andando a instaurare relazioni dirette con gli altri soggetti che vi si trovano. Esso è, quindi,
conseguenza delle relazioni di scambio, di competizione e di cooperazione con altre aziende: è
quella parte dell’ambiente esterno in cui l’azienda opera, collabora o compete con altri soggetti.
I soggetti rilevanti da prendere in considerazione nell’analisi dell’ambiente competitivo sono in
primo luogo i clienti, i fornitori e i concorrenti.
Esempio: un’azienda produttrice di arredamento per la casa. Per comprendere le caratteristiche del
suo ambiente competitivo sarà necessario prendere in considerazione i produttori di beni similari e
la loro forza relativa, i clienti e le loro preferenze, i fornitori di materie prime e macchinari e la loro
forza contrattuale. Inoltre, potranno essere rilevanti le relazioni instaurate con i designer e i
progettisti dei prodotti, se esterni all’azienda, e con gli architetti e gli arredatori che assisteranno i
clienti.
Le aziende, almeno in parte, scelgono il loro ambiente competitivo, in che contesto operare. Si parla
per questo di posizionamento.
Per l’analisi dell’ambiente competitivo è utile introdurre i concetti di mercato e di settore.
I mercati e i settori:
Mercato: si ha un mercato quando molte negoziazioni di beni con caratteristiche omogenee
avvengono con frequenza elevata.
L’informazione principale che l’esistenza di un mercato offre agli operatori è il prezzo corrente per
i beni in esso negoziati.
Le tradizionali categorie di analisi dei mercati sono la “domanda” e “l’offerta” → il cui incontro
determina le quantità e i prezzi scambiati.
La domanda e l’offerta sono qualificate da tre fattori:
• La concentrazione
• L’elasticità
• La differenziazione
I fattori qualificanti la domanda
• Concentrazione della domanda: si riferisce alla numerosità degli acquirenti. La domanda sarà
concentrata se gli acquirenti sono pochi. Se l’acquirente è un solo (e i venditori molteplici) il
mercato prende il nome di monopsonio
• Elasticità della domanda: esprime la sensibilità delle quantità domandate alle variazioni di
prezzo. Un’elasticità elevata comporta grandi modificazioni nelle quantità domandate in
conseguenza di variazioni relativamente ridotte nei prezzi. Per contro, una domanda rigida (o
anelastica) comporta modeste variazioni nelle quantità indotte da cambiamenti dei prezzi.
Es. Se il biglietto di un museo da gratuito passa a costare 10euro, ma io non voglio rinunciare a
questo tipo di servizio anche se ero abituata a non pagarlo: allora non sono sensibile, non sono
elastica a questa variazione di prezzo; viceversa, una persona che è sensibile ed elastica
potrebbe decidere di non consumare/usufruire più di quel bene.
• Differenziazione della domanda: collegata alla presenza di segmenti di mercato caratterizzati
da specificità nelle caratteristiche dei beni domandati.
Es. Settore dell’abbigliamento la domanda è molto differenziata.
I fattori qualificanti l’offerta
• Concentrazione dell’offerta: consente di identificare diversi tipi di mercato in base alla
numerosità di offerenti.
- Monopolio: un venditore. Massima concentrazione di un’offerta.
- Duopolio: due venditori
- Oligopolio: pochi venditori e in grado di modificare i prezzi di vendita
Sostitutivi, azienda/settore che risponde allo stesso bisogno ma con un prodotto diverso. Influiscono
sul livello di competizione del settore se valuto che ci sono dei costi di cambio da un bene all’altro
molto bassi.
3. Fornitori/Partner (es. la città che dispone uno spazio per un festival)
→ Riassumere in due dinamiche principali: intensità della concorrenza, che influenza le
dinamiche, la redditività del settore, quindi il posizionamento che una singola azienda può
avere e le sue potenzialità di successo + potere di clienti e fornitori che sempre
influenzano le aziende.
In sintesi:
→ La strategia di un’organizzazione è influenzata, più o meno consapevolmente, dall’ambiente
esterno → conoscere l’ambiente esterno e la sua dinamica è importante per capire le
implicazioni per la singola organizzazione e orientare le decisioni strategiche.
→ Ci sono elementi macro-ambientali (ambiente generale) che hanno potenziale influenza: politici,
economici, sociali, tecnologici, ecologici, legali…
→ Ci sono dinamiche dell’ambiente competitivo che hanno un’influenza più diretta sulle
potenzialità di sopravvivenza e successo dell’organizzazione (e che l’organizzazione stessa può
2. La strategia
La strategia è:
• l’orientamento di medio-lungo periodo di un’organizzazione
• un concetto multiforme che include tanto la definizione di un piano che anticipa e guida
l’azione, quanto l’insieme dei comportamenti concretamente attuati dall’organizzazione, siano
essi allineati o no con il piano, consapevoli o inconsapevoli
• influenzata dall’identità dell’organizzazione (missione e visione) che a sua volta contribuisce a
plasmare
• esprime il modello di ricerca del successo che l’organizzazione adotta o intende adottare
La definizione della strategia di un’organizzazione implica l’effettuazione di alcune scelte
fondamentali:
a. Quali sono gli obiettivi a lungo termine?
Dipendono dalle finalità istituzionali (economiche/non economiche)
b. Dove si vuole competere?
Quale ambito, quali settori e mercati, con quali prodotti/servizi
c. Come si vuole competere?
Quale specificità o vantaggio competitivo si vuole ottenere e quali sono le sue determinanti
→ Ogni azienda possiede una strategia: è sempre possibile riconoscere una serie di direttrici
di fondo nello svolgimento delle attività di un’organizzazione, a prescindere dal fatto che la
strategia sia consapevole, esplicitata e formalizzata in un documento.
Esempio: strategia di Ca’ Foscari, che è espressa attraverso 5 direzioni strategiche:
▪ Promuovere una ricerca di impatto
▪ Creare un’esperienza di studio formativa
▪ Acquisire una dimensione internazionale
▪ Agire da catalizzatore di innovazione
▪ Garantire un futuro accademico sostenibile
Cos’è la strategia?
Strategia → “successo”, con la creazione di vantaggio competitivo. Il successo raramente viene dal
caso e raramente viene da una superiorità iniziale di risorse e competenze. Ma soprattutto dalla
capacità di riuscire a realizzare coerenza e
coesione dell’idea attraverso:
• Obiettivi semplici, coerenti, visione di
lungo termine
• Profonda comprensione dell’ambiente
• Oggettiva valutazione delle proprie
risorse e capacità
• + implementazione
Le tre variabili per l’analisi della coerenza strategica si riferiscono a concetti complessi. La
formulazione della strategia consiste nella esplicitazione di:
– Identità aziendale, ossia un insieme di elementi, spesso intangibili, che caratterizzano la
percezione dell’azienda da parte degli interlocutori esterni, ma anche da parte di chi vi opera.
Spesso l’identità aziendale viene riassunta in termini di visione, missione e valori fondamentali
cui la condotta aziendale deve ispirarsi.
– Obiettivi, cioè i risultati che si vogliono conseguire. Essi dipendono in primo luogo dal tipo di
azienda e dalle attese dei suoi stakeholder. Parte degli obiettivi potrà essere espressa in termini
economico-finanziari, oppure potranno essere obiettivi relativi alla posizione competitiva. Le
aziende pubbliche o non profit, ma anche molte imprese, includeranno anche obiettivi
riconducibili alla sfera sociale e ambientale, coerentemente alle responsabi lità che le aziende
assumono nei confronti dell’intera società.
– Ambito competitivo, ossia i business in cui operare (le attività svolte, i mercati e i clienti serviti)
e il livello di integrazione verticale.
– Vantaggio competitivo, ossia attributi sui quali si intende fare leva per soddisfare i propri clienti
e attraverso ciò raggiungere gli obiettivi perseguiti.
SWOT è l’acronimo di quattro parole inglesi Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats
(forze, debolezze, opportunità, minacce).
Metodologia più diffusa per definire il quadro strategico di un’azienda e consente di esaminare la
posizione competitiva dell’azienda e valutare le opzioni strategiche disponibili.
Quando correttamente applicata mantiene sullo stesso piano la prospettiva esterna che, attraverso
l’esame dell’ambiente generale e del sistema competitivo, mette in luce le opportunità e le minacce
che l’ambiente presenta e la prospettiva interna che, attraverso l’analisi dell’assetto aziendale,
consente di individuare i punti di forza e di debolezza dell’azienda. L’analisi SWOT si svolge
identificando una lista, che non deve essere troppo lunga, di fattori interni e esterni rilevanti per le
prospettive strategiche dell’azienda cui sono assegnati punteggi positivi e negativi.
Non consente di per sé di identificare e sviluppare strategie efficaci, non sono possibili ricette
generali o soluzioni predefinite.
Ha il grande pregio di costringere la dirigenza aziendale a riconoscere l’influenza reciproca che
esiste tra l’ambiente e l’impresa e, quindi, a considerare entrambi questi elementi nello sviluppo
della strategia.
Porta a ragionare su quali siano gli elementi della prospettiva interna che possono essere valorizzati
e quali le opportunità che la prospettiva esterna può presentare.
Può offrire l’occasione per una riflessione in profondità, per l’esplicitazione di tutte le variabili in
campo.
Nel primo caso si persegue un vantaggio di costo e, in caso di successo, si otterrà una posizione nel
mercato detta leadership di costo. Le aziende che perseguono la leadership di costo adottano tutte
le soluzioni tecnologiche, organizzative e progettuali capaci di ridurre il costo totale per il cliente.
Nel secondo caso si persegue un vantaggio di differenziazione, cercando di offrire al cliente
qualcosa di unico che ha valore tale da giustificare la richiesta di prezzo più elevato. Per ess ere
efficace, una strategia basata sulla differenziazione deve arricchire il prodotto di attributi materiali e
immateriali riconosciuti e apprezzati dal cliente. Le leve fondamentali per le strategie di
differenziazione attengono all’innovazione funzionale (cioè prodotti in grado di svolgere funzioni
nuove), al design, alla comunicazione.
Le due strategie possono essere indirizzate ad un intero settore o, più frequentemente ad un suo
segmento. In questo caso si perseguirà una strategia di focalizzazione, e l’offerta sarà indirizzata
ad una specifica nicchia di mercato caratterizzata da bisogni specifici.
1. La leadership di costo
• Obiettivo: produzione low-cost
• Risorse e competenze:
accesso privilegiato a certe risorse;
beni facili da produrre;
buon network di risorse;
economie di esperienza.
• Condizioni organizzative:
attenzione incentrata sul controllo
dei costi;
economie di scala;
incentivi orientati a target quantitativi;
di solito: ottenibili dopo grandi investimenti iniziali/quota di mercato già controllata.
> Il vantaggio di costo.
2. La differenziazione
• Obiettivo: prodotto unico e non
sostituibile (per brand, design,
servizi aggiuntivi, tecnologia,
ecc.)
• Risorse e competenze:
forti competenze di marketing;
creatività;
lunga esperienza nel settore o
combinazione di competenze da altri
settori.
• Condizioni organizzative:
buon coordinamento tra marketing, ricerca, sviluppo del prodotto, ecc.;
incentivi per target qualitativi;
capacità;
personale creativo/scientifico/qualificato.
> Il vantaggio di differenziazione.
3. La focalizzazione
• Obiettivo: focalizzazione su un particolare segmento di consumatori, o della linea di prodotto,
o del mercato geografico…
• Risorse e competenze e condizioni organizzative:
tipiche delle produzioni low cost per quella nicchia;
o tipiche delle produzioni differenziate per quella nicchia.
In sintesi:
→ La strategia di un’organizzazione dipende anche, e in modo essenziale, dall’ «ambiente
interno», ovvero dall’assetto di risorse e competenze specifiche dell’organizzazione → saper
riconoscere e valutare quali sono le risorse e competenze chiave è importante per capire le
possibilità di successo orientare le decisioni strategiche.
→ Ma il valore dell’ambiente interno dipende in parte anche dall’ambiente esterno e viceversa →
la strategia deve essere il frutto di coerenza tra le risorse e competenze che una organizzazione
ha e le opportunità e minacce poste dall’ambiente.
→ La strategia è l’orientamento a lungo termine che un’organizzazione mette in atto, è solo in
parte pianificabile, può essere formalizzata in un documento come no.
→ A seconda che un’organizzazione sia orientata ad ottenere un vantaggio competitivo dal
contenimento dei costi, dalla differenziazione della propria offerta, o dalla focalizzazione su una
particolare nicchia:
Strategie di leadership di costo;
Strategie di differenziazione;
Strategie di focus.
b) Struttura funzionale:
Caratteristiche
generali:
• struttura di piccole
organizzazioni che
hanno superato la
fase imprenditoriale
e nelle grandi
organizzazioni che
producono una
varietà limitata di
prodotti o di servizi
(es. museo);
• progettata per suddividere il lavoro direttivo secondo il criterio della specializzazione
funzionale;
• differenziazione orizzontale.
La direzione generale è molto spesso coadiuvata dagli organi di staff, o unità organizzative di
supporto, che svolgono attività come la contabilità, l’attività legale, il controllo di gestione, la
manutenzione, l’ufficio tecnico, etc.
c) Struttura (multi)-divisionale:
Caratteristiche
generali:
• suddivisione del
lavoro direttivo sulla
base della
specializzazione del
business, del
prodotto, di
geografia o del
mercato;
• maggiore livello di
diversificazione;
• elevata
formalizzazione.
Al vertice della direzione aziendale si ha un top management, coadiuvato da alcune funzioni che
sono tenute a livello centrale. Poi l’attività è articolata in divisioni, in cui si replicano alcune
funzioni all’interno di ciascuna divisione. C’è una specializzazione per funzione sia a livello di
direzione aziendale, che di direzione di divisione.
Si definisce struttura multi-divisionale una struttura in cui divisioni autonome dispongono di
proprie funzioni di supporto.
d) Struttura a matrice:
Combinazione di due specializzazioni, ovvero due differenziazioni orizzontali diverse: una per
funzione e una per diversi progetti con a capo il proprio manager. L’organizzazione si dice a
matrice perché internamente opera tramite squadre legate a progetti diversi (team di progetto), dove
i diversi membri del gruppo risponderanno sia al project manager specifico sia a chi è a capo della
mia funzione (es. ricerca & sviluppo).
Caratteristiche generali:
• suddivisione del lavoro e delle risorse è progettata simultaneamente secondo due dimensioni
organizzative: funzione e prodotto/progetto;
• Struttura adatta ad organizzazioni con attività legata a progetti complessi (es. commesse di
durata pluriennale).
L’allineamento tra struttura organizzativa e strategia aziendale:
Strutture organizzative diverse (elementare,
funzionale, multi-divisionale e a matrice)
presentate in un ordine crescente di complessità e
tendono a rispondere a tipi di strategia aziendali
diverse.
Molti studiosi si sono chiesti a lungo se è la
strategia che determina un certo tipo di struttura
o viceversa, in generale:
L’economicità (Cap. 8)
1. Le performance aziendali
Le aziende esistono per perseguire
le proprie finalità istituzionali (che
siano di tipo economico, sociale,
culturale, ricreativo, sportivo,
morale, politico, etc.). Per
perseguire le proprie finalità
istituzionali è necessario che le
aziende possano durare nel tempo
in un ambiente mutevole e svolgere
la loro azione in modo
relativamente autonomo. Per
esempio, quando un comune, o un
altro ente pubblico, viene
commissariato per problemi di corruzione, per gravi problemi di bilancio, ovvero dove si reputa che
ci sia la necessità di sospendere temporaneamente l’autonomia dell’ente e preporre alla sua gestione
temporaneamente un commissario straordinario.
Affinché il perseguimento delle finalità istituzionali possa durare nel tempo è evidentemente
necessario che anche l’azienda duri nel tempo.
Quindi, le due condizioni necessarie per il sussistere dell’azienda sono:
• l’autonomia, capacità di operare con le risorse che l’azienda riesce a procurarsi a vario titolo,
senza il ricorso a sussidi di terzi che intervengono nel perseguimento di finalità diverse, e
talvolta dissonanti. Essa è condizione indispensabile per il mantenimento nel tempo dei fini
aziendali: infatti, un’azienda che perde la sua autonomia si trova inevitabilmente a dover
perseguire le finalità del soggetto che la condiziona, e questo non può che andare a scapito del
perseguimento delle finalità istituzionali.
• la durabilità, che deve essere commisurata, infatti, a quella delle finalità che l’azienda stessa
deve contribuire a perseguire: poiché le finalità istituzionali non sono costituite di norma da
traguardi che si raggiungono una volta per tutte, ma rispondono ad esigenze che permangono, si
rinnovano ed evolvono nel tempo, è ovvio che solo le aziende che riescono a durare nel tempo
sono idonee a soddisfarle.
Se nasco come azienda per rispondere a dei bisogni
producendo dei beni e dei servizi, per continuare ad
esistere è necessario mettere in piedi le condizioni che
permettano la mia autonomia da un lato e la mia
durabilità dall’altro.
Economicità: la capacità di durare nel tempo
(durabilità), perseguendo le proprie finalità
istituzionali (autonomia), massimizzando l’utilità delle
risorse impiegate. Se utilizzo al meglio le risorse
disponibili che ho, sto agendo secondo il principio di
economicità e garantisco la possibilità di agire in
relativa autonomia e soprattutto di durare nel tempo.
• con delle ipotetiche performance prescelte come obiettivi per l’oggetto di osservazione, cioè
rispetto ad obiettivi di budget (= programmazione di obiettivi/target operativi da
raggiungere), rispetto a dei target che mi sono prefissato
Per esprimere un giudizio di efficacia i confronti temporali e i confronti con altre realtà non sono
significativi, perché l’efficacia dipende da qual è la mia finalità istituzionale e come questa viene
declinata, quindi l’efficacia è specifica per ogni organizzazione in oggetto. Per cui, sono necessari
degli espliciti pronunciamenti sugli obiettivi da raggiungere.
2. Le condizioni di equilibrio
Equilibrio economico, patrimoniale e finanziario sono i requisiti minimi vitali per le aziende, che
consentono (ma non assicurano) il raggiungimento delle finalità istituzionali.
Le grandezze di riferimento:
Equilibrio economico
• Costi = oneri che derivano dall’approvvigionamento e dall’impiego dei fattori produttivi (o dai
trasferimenti “passivi” verso altre aziende, che si hanno quando le aziende destinano delle
risorse ad altri enti), cioè il valore delle risorse che un’organizzazione utilizza per il processo
produttivo
• Ricavi = proventi che derivano dalla vendita di beni e servizi ai clienti dell’azienda (o da
trasferimenti “attivi”, cioè quei contributi da soggetti pubblici o privati che l’organizzazione
riesce ad attrarre a sostegno dello svolgimento della sua attività)
L’equilibrio economico lo vediamo in quella parte del bilancio che si chiama conto economico.
Equilibrio patrimoniale
• Impieghi di capitale (attivo) = attività correnti (disponibilità liquide in cassa, disponibilità
finanziarie in banca e rimanenze) e immobilizzazioni (le risorse a fecondità ripetuta)
• Fonti di finanziamento (passivo) = capitale di terzi (debiti), e capitale proprio
Il bilanciamento tra impieghi e fonti è ciò che determina l’equilibrio patrimoniale, che si vede in
quella parte del bilancio che si chiama stato patrimoniale.
Equilibrio finanziario
• Uscite = esborsi di mezzi di pagamento per pagare beni e servizi acquisiti, remunerare il lavoro
(e remunerare il capitale investito per le imprese)
• Entrate = incassi di mezzi di pagamento da vendite, finanziamento di terzi o aumento di
capitale proprio
Le entrate e le uscite di cassa mi danno un’idea di quelli che sono i flussi di cassa, la dinamica
monetaria della liquidità di cassa, delle disponibilità di denaro liquido.
Una cosa è ricavare dalla vendita dei tavoli 100mila euro, un’altra è incassare dalla vendita dei
tavoli 100mila euro: non è detto che i clienti paghino immediatamente. Questo si interseca con tutta
la dinamica di debiti e crediti e che ha a che vedere con l’equilibrio patrimoniale.
L’equilibrio economico:
Equilibrio economico: attitudine ad operare in condizioni che consentano almeno di ripristinare la
ricchezza consumata nello svolgimento della gestione. Vuol dire, quindi, lavorare in condizioni in
cui perlomeno la totalità dei costi pareggi la totalità dei ricavi, quindi in condizioni di equilibrio
economico.
Ciò significa che la ricchezza consumata, cioè la totalità dei miei costi per la realizzazione del mio
servizio/bene, deve coincidere con la ricchezza ripristinata, ovvero con il valore della produzione
del mio servizio/bene:
ricchezza consumata ≡ ricchezza ripristinata
Quindi, l’equilibrio economico dipende da grandezze di carattere dinamico (flusso economico) e si
misura in un certo intervallo temporale, che di solito è un anno, perché va mantenuto in un’ottica di
medio-lungo termine. Quindi, questo intervallo temporale deve essere abbastanza ampio per poter
cogliere l’effetto della gestione nella produzione del servizio. Infatti, di solito si realizzano i conti
economici in un esercizio temporale che è di solito l’anno, che corrisponde all’anno solare, in cui
possono vedere quanta ricchezza è stata creata e quanta ne è stata erosa.
Determinanti dell’equilibrio economico (variazioni della ricchezza per effetto della gestione):
• consumo della ricchezza, viene espresso attraverso i costi e gli altri oneri, come ad esempio:
costi dei beni e dei servizi impiegati (fattori produttivi), come le materie, il lavoro, etc. +
oneri derivanti da trasferimenti verso altre aziende, come le imposte da pagare, le liberalità, etc.
• ripristino della ricchezza, viene espresso attraverso i ricavi e gli altri proventi, come ad
esempio:
ricavi derivanti dalla cessione dei beni e dei servizi prodotti dall’azienda, che per le imprese sul
mercato sono principalmente i ricavi di vendita. Mentre per le organizzazioni pubbliche o del
terzo settore, la totalità del fatturato dei ricavi dalla vendita, per esempio i biglietti per una
stagione teatrale, non sarà mai sufficiente a ricoprire la totalità dei costi di realizzazione della
stagione teatrale. Per questo tipo di aziende non si pretende che si possano mantenere
autonomamente dalla sola attività di vendita del servizio sul mercato +
proventi derivanti da trasferimenti da altre aziende, come i contributi in conto esercizio, imposte
da riscuotere, le quote associative etc.
L’influsso della gestione della produzione sull’equilibrio economico:
1) L’azienda acquisisce i fattori produttivi, a fecondità semplice o ripetuta.
2) Attività del processo produttivo, cioè di trasformazione fisica, spaziale o temporale dei fattori
produttivi.
3) Conclusa l’attività di trasformazione, si avrà la cessione di beni e servizi.
Sia l’acquisizione di fattori produttivi che la cessione di beni e servizi sono da esprimere in forma
quantitativo monetaria:
Il confronto tra costi e ricavi è ciò che mi misura il risultato economico, ovvero il reddito di
esercizio.
Se ricavi > costi → risultato economico (reddito) positivo → generazione dell’utile/profitto.
N.B. Il profitto non è vietato/non auspicabile per le aziende nonprofit, semplicemente non viene
ripartito tra i soci ma reinvestito come capitale per alimentare il processo produttivo dei periodi
successivi.
Se ricavi ˂ costi → risultato economico (reddito) negativo → generazione di una perdita
Elementi che influiscono sull’equilibrio economico
Consumo Ripristino
Gestione della • Costi di impiego dei fattori • Corrispettivi per la cessione
produzione produttivi di beni e servizi (ricavi,
contributi, quote
associative, ticket ecc.)
Trasferimenti • Imposte • Imposte
• Donazioni e contributi a • Donazioni e contributi a
fondo perduto fondo perduto
• Devoluzioni finalizzate • Devoluzioni finalizzate
Gestione • Costi di gestione degli • Proventi patrimoniali (divi-
patrimoniale e investimenti patrimoniali dendi, canoni di locazione)
gestione finanziaria • Svalutazioni e minusvalenze • Plusvalenze
attiva • Proventi finanziari
Gestione finanziaria • Oneri finanziari
passiva
Esempio di analisi dell’equilibrio economico: caso HERITAGE MALTA di cui viene riportato di
seguito il conto economico, che è quella parte del bilancio in cui vengono riscritti i costi e i ricavi e
la differenza tra costi e ricavi.
► Analisi dell’equilibrio economico su anno focus: composizione di costi e ricavi e peso relativo
di diverse voci.
Per l’anno 2005-2006 c’è un risultato positivo (157.366 Lm), infatti i ricavi (3.295.742 Lm) >
dei costi (3.141.351 Lm). Notiamo, però, che un po’ meno della metà dei ricavi è data dai ricavi
propri, mentre il restante è dato dai contributi finanziari.
► Analisi dell’andamento di costi, ricavi e risultato economico nel tempo.
► Trarre considerazioni sull’equilibrio economico complessivo e la sua dinamica nel tempo.
In sintesi:
→ Per continuare a perseguire le proprie finalità istituzionali, le aziende hanno bisogno di
autonomia e durabilità: queste sono le condizioni di sussistenza dell’azienda
→ Per essere autonoma e durevole, l’azienda deve agire in economicità, ovvero saper
massimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili
→ L’economicità dipende dalla simultanea performance in termini di efficacia e di efficienza, e si
fonda sull’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario
→ Focus sull’equilibrio economico: vuol dire riuscire almeno ad operare in pareggio, ovvero non
consumare più ricchezza di quella che si riesce a creare (costi </= ricavi)
Contabilità generale
Si compone di due configurazioni: la contabilità economico-patrimoniale e la contabilità
finanziaria. Questo tipo di contabilità ha per oggetto l’intera azienda, in questo senso si può parlare
di contabilità generale. In altri termini, con le informazioni che provengono dal sistema di
contabilità economico-patrimoniale e finanziaria cerco di misurare l’economicità, in termini di
efficienza, efficacia ed equilibrio dell’intera azienda.
Contabilità analitica
Tuttavia, l’attività di beni/servizi si svolge dentro all’azienda attraverso una serie di processi e
micro-processi; la stessa azienda è organizzata in diverse unità operative e settori interni, che tra di
loro prestano servizio l’uno all’altro, sono in relazioni di interdipendenze. Per cui, ci sono una serie
di scambi che avvengono anche all’interno della gestione caratteristica dell’azienda per la
realizzazione del bene o servizio. Anche tutti questi scambi interni all’azienda hanno una
dimensione economica. Quindi, la contabilità analitica ha per oggetto operazioni specifiche
all’interno del processo produttivo dell’attività dell’azienda dal punto di vista economico.
Contabilità economico-patrimoniale
Obiettivo: periodica rappresentazione del divenire della ricchezza aziendale negli aspetti:
• della sua consistenza (patrimonio o capitale);
• della sua variazione (reddito, il risultato operativo che viene realizzato nel periodo considerato,
tipicamente un anno).
Per cui, la contabilità economico-patrimoniale rileva due diverse serie di valori:
• valori finanziari, che hanno a che fare con gli impieghi e le fonti del capitale, quindi essi sono
relativi ai mezzi di pagamento, ai crediti e ai debiti;
• valori economici, relativi
– alla consistenza della ricchezza dell’azienda (valori economici di capitale), cioè l’entità del
capitale/patrimonio;
– ai motivi della sua variazione (valori economici di reddito), per cui costi e ricavi.
In sintesi:
→ Per perseguire l’economicità, le aziende hanno bisogno di informazioni che monitorino
l’efficacia, l’efficienza e le condizioni di equilibrio → ha bisogno di modelli contabili per
rappresentare queste informazioni.
→ Esistono due modelli contabili:
1. La contabilità generale, distinta in:
• contabilità economico-patrimoniale
CE → efficienza (& efficacia) & equilibrio economico
SP → equilibrio patrimoniale
• contabilità finanziaria → rendiconto finanziario → equilibrio finanziario
bilancio di esercizio
→ La contabilità analitica → informazioni economiche di dettaglio → efficienza