Sei sulla pagina 1di 55

lOMoARcPSD|31781715

Elementi di Ec. Aziendale per le Istit. Culturali 2021 Libro+


Slides+ Appunti Maria Lusiani
Elementi di Economia Aziendale Per le Istituzioni Culturali (Università Ca' Foscari
Venezia)

Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo.


Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)
lOMoARcPSD|31781715

L’economia aziendale (Cap. 1)


Nata a Ve. Sistema di discipline interrelate e correlate, tra cui la ragioneria, la gestione e il controllo
dell’amministrazione e organizzazione aziendale. L’azienda è la dimensione economica di qualsiasi
organizzazione.

1. L’economia
Definizione:
Economia: lo studio dei fenomeni e delle risorse a cui è possibile associare un determinato valore
(economico, misurato in termini quantitativi ed espresso in moneta di conto).
Cosa significa valore economico?
Quasi tutte le decisioni che prendiamo hanno un riflesso “economico” più o meno significativo.
Es. La scelta di un nuovo telefono, a cui si riconosce in quell’oggetto un valore economico.
Quali sono le condizioni che portano una determinata risorsa (o fenomeno) ad assumere valore
(economico)? Cioè per quale ragione siamo disposti a pagare per un oggetto?
Tanto più un oggetto è scarso (a livello di disponibilità) tanto più siamo disposti ad attribuirgli un
valore economico; quando si crea un bisogno. Le due caratteristiche principali che fanno di un bene
un bene economico sono:
Utilità Scarsità
→ Una determinata risorsa acquisisce valore nel momento in cui ad essa è associato un certo
livello di “utilità” e risulta presente in misura “scarsa” per il soddisfacimento di un
determinato bisogno.
Quindi, i beni scarsi e utili sono per definizione dei beni economici, a cui l’individuo attribuisce un
valore economico.
Quando una risorsa non è presente in misura illimitata (scarsa) siamo disposti a pagarla in misura
tanto maggiore quanto più elevata è l’utilità ad essa associata.
Ogni persona, sulla base dei propri gusti personali, della propria scala di valori etici e morali, delle
risorse economiche disponibili e di una serie di altri elementi soggettivi, attribuisce valore diverso
ad una medesima risorsa.
→ In altri termini, la misura con cui una determinata risorsa soddisfa un bisogno di una persona
è una valutazione estremamente soggettiva.
La centralità della persona e i bisogni umani:
La vita dell’uomo è, da sempre, caratterizzata dal sorgere di bisogni e dalla ricerca del loro
appagamento in un ambiente caratterizzato dalla presenza di risorse scarse.
Bisogno: uno stato d’insoddisfazione che si desidera eliminare, dovuto ad un senso di
manchevolezza e di disagio.
Secondo la teoria economica, i bisogni stanno alla base della nascita e del progressivo sviluppo
dell’attività economica, che è stata sollecitata dalla necessità di soddisfare i bisogni dell’uomo,
congiuntamente ad altre attività di natura non economica.
Le persone presentano dei bisogni e cercano di trovare la maniera meno faticosa e più rapida per
riuscire ad appagarli riunendosi in società umane → Economia Aziendale
Più una società diventa complessa più aumentano i bisogni.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Più i bisogni sono vari più c’è attività economica. Molto spesso i bisogni sono indotti dalla società
stessa.
Classificazione dei bisogni:
Bisogni naturali: bisogni biologici (es. nutrirsi, proteggersi, vestirsi, alloggio), quindi appartenenti
alla sfera fisiologica. Considerati universali poiché comuni a tutte le persone e relativamente
uniformi nel modo di manifestarsi e di essere appagati; e perché legati alla sopravvivenza, quindi
strettamente legati alle esigenze elementari della vita umana.
Vs
Bisogni sociali: suscitati dal bisogno di rapporti con altre persone, per questo appartengono alla
sfera psicologica e spirituale. Per il loro soddisfacimento si arriva a costruire vere e proprie società
umane. Bisogni di appartenenza a uno o più gruppi sociali, di relazione e comunicazione con le altre
persone, di amicizia e di affetto, di confronto e di scontro, etc.
Bisogni primari: essenziali al fine di garantire alla persona un’esistenza nel rispetto della dignità
umana. Tutti i bisogni naturali. Non necessariamente tutti i bisogni sociali sono primari (es.
istruzione). La composizione dei bisogni primari e la loro natura specifica dipendono dalla cultura e
dai valori di cui sono espressione e che trovano riconoscimento in un determinato sistema sociale.
Vs
Bisogni secondari: o voluttuari, non essenziali e legati al miglioramento della qualità della vita.
Influenzati molto spesso da processi imitativi e di tendenza, legati alle mode e alla partecipazione a
determinati gruppi o contesti sociali di riferimento. Sono più fortemente aggredibili, influenzabili e
addirittura suscitabili (es. avere gioielli).
Non è possibile definire a priori se un bisogno possa essere considerato primario o voluttuario. Ciò
dipende dal livello di sviluppo sociale, economico e politico di una particolare comunità e dal
sistema di valori che la pervade.
È osservabile che quanto più un sistema sociale si presenta evoluto, economicamente e socialmente,
tanto più ampia sarà la sfera dei bisogni considerati primari e che tale società riconoscerà meritevoli
di tutela.
N.B: nelle società più evolute la cultura sta venendo considerata sempre di più come un bisogno
primario, come un settore indispensabile, quindi anche da finanziare e da sostenere. Ma non è
sempre stato così, o non è così dappertutto.
Bisogni individuali: avvertiti da una singola persona, quindi appartengono alla sfera privata.
Vs
Bisogni pubblici: percepiti da tutta una collettività di persone, di norma afferente ad un territorio di
riferimento (comunale, provinciale, regionale, statale, etc.).
→ La realizzazione di qualsiasi attività economica richiede la presenza di un attento studio sui
bisogni che tale attività intende soddisfare. Per questa ragione ogni teoria economica ha alla
base una propria “teoria dei bisogni” fondata su una serie di ipotesi relative ai processi di
scelta messi in atto dalle persone per soddisfare i propri bisogni.
Teoria dei bisogni:
• Gerarchia dei bisogni

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

I bisogni si dispongono in una gerarchia, secondo un ordine di priorità. La presenza di una


gerarchia implica che il consumo di un bene per soddisfare un bisogno che si pone ad un livello
superiore della scala gerarchica fornirà un’utilità maggiore alla persona.
• Dinamica dei bisogni
I bisogni di una società e di un individuo cambiano continuamente nel tempo sulla base di
processi di apprendimento che la persona sviluppa nel tempo. I bisogni, pertanto, sono
conseguenza delle esperienze personali passate che influiscono sulle preferenze future.
• Livello di razionalità del decisore
Come l’individuo risponde ai bisogni dipende anche da diverse caratteristiche soggettive
dell’individuo. Razionalità assoluta vs Razionalità limitata.
I beni economici per il soddisfacimento dei bisogni:
Bene: qualsiasi risorsa – prodotto fisico o servizio – che l’uomo può destinare, direttamente o in
via mediata, al soddisfacimento di un bisogno.
Vengono messi a disposizione attraverso l’attività economica, che si realizza attraverso il lavoro.
No lavoro no attività economica no bene.
Classificazione dei beni:
Beni primari per il soddisfacimento di bisogni primari.
Beni secondari per l’appagamento dei bisogni voluttuari.
Beni complementari rispondono ad uno stesso bisogno, ma necessitano di coesistere. Es.
spazzolino e dentifricio.
Beni fungibili, o sostituti rispondono ad uno stesso bisogno, ma sono alternativi l’uno all’altro, uno
esclude l’altro. Es. guardare una serie tv o leggere un libro.
Beni differenziabili rispondono ad uno stesso bisogno, sono lo stesso tipo di bene, ma sono
distinguibili l’uno dall’altro da una serie di caratteristiche intrinseche o particolari differenti rispetto
a quelle di analoghi prodotti offerti da imprese concorrenti. Es. telefono, scarpe, zaino.
Beni non differenziabili, o commodities bene realizzato necessariamente con le stesse
caratteristiche da parte di tutte le imprese e di cui non percepiamo le differenze. Es. benzina, acqua.
Beni di consumo utilizzati direttamente dalle persone. Es. visita al museo.
Beni strumentali utilizzati per produrre altri beni. Es. servizio di biglietteria in un museo.
Beni non durevoli si esauriscono completamente dopo il primo impiego. Es. spettacolo teatrale.
Beni a fecondità ripetuta generano valore ripetutamente, cioè impiegabili più volte nell’attività di
consumo. Es. dvd dello spettacolo teatrale.
Beni privati per il soddisfacimento di bisogni individuali. Beni di cui mi posso appropriare,
escludibilità, rivalità. Es. cellulare.
Beni pubblici per il soddisfacimento di bisogni pubblici. Beni per cui il mio consumo non preclude
il consumo di un altro. Es. acqua del mare, aria.
Negli studi economici, appare prioritaria la distinzione tra:
• Beni economici: i beni che sono presenti in misura scarsa rispetto alle esigenze espresse
dalle persone.
• Beni non economici: o beni liberi, quelli non soggetti al limite di scarsità e quindi
sovrabbondanti in natura.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Ai beni non economici – non essendo scarsi in natura e non richiedendo un’attività lavorativa – non
è attribuito alcun valore economico dalle persone. Al contrario, quanto più scarsa è una risorsa in
natura e/o quanto maggiore è il lavoro richiesto dall’uomo per rendere disponibile un bene, tanto
più elevato è il valore economico assegnato a tale bene.
Nelle economie dove appare prevalente il soddisfacimento di bisogni secondari, tuttavia, il valore
economico attribuito ai beni risente fortemente anche di altre variabili associate al riconoscimento
sociale: il valore economico dato ad un certo bene dipende anche dalla storia che racconta e che
valore ha quella storia nella nostra società e nella nostra cultura; dalle mode, dal valore socialmente
attribuito ad un bene.
I processi decisionali individuali e collettivi:
Ogni teoria economica richiede la definizione di una teoria dei bisogni e dei processi decisionali
sui quali si articola l’attività di produzione e consumo, cioè di come le persone cercano di
soddisfare i propri bisogni.
• Processi decisionali individuali spiegati in due modi:
1. Teoria della razionalità assoluta. Homo oeconomicus
Assunti:
• la persona ha perfettamente chiaro l’obiettivo da ottimizzare;
• ha a disposizione, immediatamente e gratuitamente, tutte le informazioni relative alle
possibili scelte alternative;
• tutte le alternative sono prontamente confrontabili;
• la persona che decide è unica e agisce in modo isolato, cioè non deve tenere conto delle
esigenze o dei giudizi di qualcuno;
• la persona sceglie sempre, in assoluto, l’alternativa migliore, cioè quella ottimale, una
volta ponderate tutte le possibili opzioni a disposizione.
Questa teoria è alla base di tutti i modelli di ottimizzazione che vengono applicati nella nostra vita
quotidiana in continuazione.
Spesso gli studi economici utilizzano modelli che si basano su un livello di razionalità assoluta da
parte delle persone. In questo modo, la persona appare sempre coerente e in grado di valutare
oggettivamente tutte le alternative, per arrivare a scegliere quella che consente di massimizzare la
propria utilità.
→ Vantaggi: ampia diffusione in quanto si presta a immediati sviluppi attraverso modelli
matematici che traducono in funzioni algebriche i processi decisionali dell’uomo.
→ Limiti: le ipotesi precedentemente richiamate nella realtà si realizzano solo parzialmente.
2. Teoria della razionalità limitata (Teoria comportamentista)
La teoria comportamentista – che si contrappone a quella della razionalità assoluta – arriva a
dimostrare che il decisore si caratterizza per avere una limitata:
• conoscenza delle alternative perseguibili, in quanto le informazioni relative alla sequenza di
eventi che caratterizzano ogni alternativa e la loro probabilità congiunta di manifestazione non
sono immediatamente disponibili per una persona;
• capacità di trattamento delle informazioni, il che porta a prendere in considerazione solo alcune
delle alternative conosciute e di queste, oltretutto, solo le conseguenze più rilevanti;

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• capacità di definire un sistema completo e coerente di preferenze, cosicché la persona non è in


grado di confrontare puntualmente tutte le alternative teoricamente percorribili.
Teoria alla base dei modelli sviluppati nelle ricerche di economia aziendale, che partono
dall’assunto che l’uomo prenda decisioni in condizioni di razionalità limitata. La persona non è in
grado di identificare e confrontare tutte le possibili alternative a disposizione e la decisione del
consumatore si fermerà u quella scelta che riterrà soddisfacente, anche se non sempre ottimale o
razionalmente inattaccabile. Pur cercando di agire in maniera razionale, l’uomo non riesce ad
ottimizzare le scelte.
Dunque, le scelte derivano da processi decisionali iterativi e sequenziali, e non lineari, e si
ripetono sino a quando la persona giunge ad una scelta ritenuta “soddisfacente”, ma quasi mai
quella ottimale.
Per cui, i processi decisionali individuali in condizioni di razionalità limitata:
- la persona avverte un bisogno e definisce un insieme di attese iniziali che dovranno essere
soddisfatte;
- prende avvio una prima ricerca esplorativa che porta ad individuare una serie di potenziali
alternative per soddisfare le attese iniziali;
- difficilmente si arriva a prendere una decisione immediata, poiché si inizia un processo di
aggiustamento delle aspettative. Si modifica il livello di attese iniziali;
- inizia una nuova fase di ricerca volta ad individuare altre possibili soluzioni coerenti con il
nuovo livello di aspettative;
- questo processo porta ad una valutazione sequenziale e iterativa delle diverse alternative che
continua, determinando in ogni passaggio una modifica delle attese sulla base degli esiti delle
ricerche e delle analisi successivamente effettuate ed un affinamento della ricerca;
- il processo si conclude con l’effettuazione della scelta nel momento in cui la persona valuta
troppo costoso (in termini economici, temporali, etc.) continuare la ricerca, o quando i
miglioramenti che si osservano ad ogni passaggio sono minimali o nulli e, in ogni caso, la
soluzione trovata è soddisfacente rispetto alle nuove attese definite nel frattempo.
Capitale personale: le mie ambizioni, le mie
aspirazioni e i miei gusti personali.
Capitale sociale: le influenze sociali che
dirigono la definizione di ciò che desideriamo.
Processo decisionale sequenziale e iterativo:
aggiustare le aspettative al rialzo o al ribasso,
in base a ciò che la ricerca propone e così si
riinizia col processo. Si ridefiniscono le attese
iniziali, perché si capisce sempre di più ciò che
si vuole.
Soluzione soddisfacente ma mai ottimale.
Il benessere individuale include anche una serie di altre considerazioni dalla massimizzazione
dell’utilità personale, come lo stare bene con gli altri, il senso di appartenenza, la gratificazione
derivante dall’aver fatto cose giuste e a sostegno di qualcuno in difficoltà, etc.
Il benessere individuale è spesso maggiore quando è condiviso, quando cioè anche gli altri stanno
bene e quando noi riusciamo a fare stare meglio gli altri.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Comportamenti egoistici vs. Comportamenti altruistici


(Apparentemente incompatibili)
Il modello della razionalità assoluta si dimostra coerente solo con la prima forma di
comportamento (comportamento egoistico), mentre esclude del tutto la seconda (comportamento
altruistico).
Scartare a priori la possibilità che l’uomo possa adottare comportamenti anche altruistici
(razionalità assoluta) costituisce una grave limitazione nell’interpretazione dei fenomeni sociali ed
economici anche a livello aziendale.
Sia per il fatto che le evidenze empiriche ci dimostrano che l’individuo è limitatamente razionale
nei processi di scelta sia perché altrimenti i comportamenti altruistici (es. aziende dei settori
culturali, o non profit) non esisterebbero. La teoria della razionalità assoluta non si applica alle
discipline dell’economia aziendale.
2. L’economia aziendale
Definizione:
Economia aziendale: scienza sociale che elabora le conoscenze e le teorie utili per il governo
economico di enti, organizzazioni e sistemi sociali di ogni ordine e grado all’interno della quali si
svolge un’attività economica.
Obiettivo: supportare e indirizzare il comportamento umano nelle scelte caratterizzate dalla scarsità
dei beni rispetto ai bisogni (scelte economiche) che le stesse persone intendono soddisfare.
Assunti fondamentali per una corretta interpretazione degli studi aziendali:
• l’attività economica è svolta dalle persone a favore delle persone. L’eventuale creazione di
valore e di ricchezza che da essa deriva non deve essere considerato il fine dell’agire
economico, bensì il mezzo per il soddisfacimento dei bisogni umani;
• l’uomo per soddisfare le proprie esigenze non agisce in modo isolato (necessario organizzarsi
per coordinare lavoro e competenze e raggiungere risultati non perseguibili individualmente:
collaborare per soddisfare più facilmente e velocemente i bisogni primari, poi quelli secondari);
• lo studio del comportamento umano è al centro dell’economia aziendale.
→ Appartiene al genus delle scienze sociali.
L’attività economica: produzione vs consumo di beni:
Attività economica: l’attività di produzione e consumo di beni economici.
Produzione: attività che consente di ottenere beni attraverso il lavoro.
Consumo: attività di impiego dei beni per la diretta soddisfazione dei bisogni.
L’attività economica:
• Svolta in prevalenza nell’ambito di organizzazioni (società umane) destinate a perdurare nel
tempo, ossia gruppi più o meno numerosi di persone che condividono in misura sufficiente
regole e valori;
• Sottende la creazione di utilità e quindi di valore: quando si parla di attività economica si sta
parlando di un’attività che crea un valore economico, che non implica un profitto. La creazione
di valore economico non è necessariamente il fine dell’agire economico, ma il mezzo per il
soddisfacimento dei bisogni;

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• Lo svolgimento di qualsiasi attività di produzione economica richiede la disponibilità e


l’impiego di una moltitudine di fattori da impiegare nella produzione (fattori produttivi o
condizioni di produzione), cioè il lavoro. Dal lavoro, dunque, dipende la possibilità di
soddisfare i bisogni umani;
• Poiché le organizzazioni rappresentano società umane, nel momento in cui l’attività realizzata
genera un incremento di valore (utilità) sorge la necessità di decidere in che modo distribuire
tale valore tra tutti i soggetti per i quali l’attività economica è svolta e che sovente hanno
contribuito alla relativa creazione → attività economica come attività di produzione, consumo e
distribuzione del valore (remunerazione: il lavoro va pagato).
→ L’attività economica è essenzialmente produzione e consumo, che si basa sul lavoro e altri
fattori produttivi ed implica la distribuzione di quel valore sottoforma di paga.
L’azienda per lo svolgimento dell’attività economica:
• Lo svolgimento dell’attività economica trova piena
realizzazione all’interno di un elevato numero di società
umane;
• Le società umane, quando assumono regole e strutture di
comportamento relativamente stabili, prendono il nome di
organizzazioni (od istituti);
• L’attività svolta da un’organizzazione, qualsiasi sia la
finalità che intende perseguire, è caratterizzata dalla realizzazione di attività economica;
• Negli studi economici si parla di azienda quando l’organizzazione diventa oggetto di analisi per
la dimensione economica che la qualifica. Ciò non vuol dire avere necessariamente un fine di
profitto, ma produzione e consumo di beni per soddisfare i bisogni della società.
Dimensione economica vs Finalità economica:
Azienda → Svolgimento di attività economica
Svolgimento di attività economica → non necessariamente Ǝ di una finalità economica
Produzione Economica Produzione di Remunerazioni nelle
(mezzo) imprese
- Qualunque attività necessaria, in via diretta È il fine dell’impresa, che è un tipo di
o indiretta, per la produzione di beni organizzazione
economici Perseguita da due fondamentali categorie di
- Non viene realizzata solo nelle imprese, ma persone nell’impresa:
anche in altre organizzazioni - conferenti di capitali di rischio
- Richiede la disponibilità e l’impiego di - prestatori di lavoro
fattori produttivi (o condizioni di
produzione)

In sintesi:
→ L’economia è lo studio dei fenomeni aventi valore economico (derivante da scarsità e utilità, ma
anche soggettivo).
→ L’attività economica nasce dalle persone per le persone, per rispondere a bisogni, fornendo beni.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

→ Diverse teorie dei processi decisionali spiegano come le persone cercano di soddisfare i propri
bisogni.
→ Le persone si sono organizzate in società per realizzare attività economica (rispondere al meglio
ai bisogni attraverso produzione di beni).
→ Ogni forma organizzativa ha una dimensione economica.
→ Questa dimensione economica è l’oggetto dell’economia aziendale.

L’azienda (Cap. 2)
1. Tipi di aziende
Lo svolgimento dell’attività economica trova completa realizzazione in società umane organizzate
(organizzazioni). L’attività di un’organizzazione, qualsiasi ne sia la finalità, è attività economica. La
dimensione economica dell’organizzazione è l’azienda. Esistono vari tipi di organizzazioni (e
quindi di aziende), differenti per:
a) Finalità istituzionali
Finalità primarie per le quali l’azienda è stata costituita e che ne giustificano l’esistenza. In tutte le
organizzazioni coesistono finalità istituzionali economiche e non
economiche:
• in taluni istituti prevalgono le prime
(tipicamente nelle imprese);
• in altri le seconde.

b) Portatori di interessi coinvolti, o stakeholders


Chiunque abbia un interesse per l’attività economica che viene svolta da questa organizzazione. I
portatori di interesse:
• Istituzionali, se l’interesse è diretto: tutti i soggetti per i quali l’organizzazione è stata costituita
e nei confronti dei quali, primariamente, si svolge l’attività dell’azienda (per chi è il servizio?).
Per esempio, gli studenti e i professori nel caso dell’università.
• Non istituzionali, tutte le persone che
presentano altri interessi rilevanti nei
confronti dell’attività svolta dall’azienda.
Per esempio, i bidelli, le biblioteche, i bar,
i proprietari di case sempre per l’attività
dell’universita.
Gli interessi che si ripongono nell’azienda
possono a loro volta classificarsi come:
• Economici, se riguardano attese di
remunerazione di vario tipo (ad esempio, a
fronte del capitale apportato o per il lavoro
prestato);
• Non economici, se si riferiscono ad
aspettative di altro genere.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

c) Attività economiche prevalenti


Le aziende si possono distinguere per essere più
o meno orientate a un’attività di produzione di
un bene/servizio (es. la famiglia una volta era
principalmente luogo di produzione attraverso
l’attività agricola e di allevamento), o a
un’attività di consumo (es. ora la famiglia è
principalmente luogo di consumo, perché
l’attività di produzione si è spostata al di fuori da
questo tipo di organizzazione).

L’università è una tipica azienda detta composta, perché composta da entrambe l e attività che sono
interrelate tra loro: di produzione del servizio di erogazione della didattica e di ricerca + di consumo
di questo servizio.
I tipi principali che possiamo ritrovare nella nostra società sono essenzialmente:
La famiglia è la forma più basilare di organizzazione, la cui dimensione economica è di consumo e
gestione patrimoniale.
Il secondo tipo è l’impresa, cioè un’azienda di produzione tipicamente per il mercato con processi
di transazione economica.
Le organizzazioni private “nonprofit” vengono anche chiamate enti/aziende del terzo settore.
Gli Istituti della Pubblica Amministrazione sono organizzazioni pubbliche, la cui dimensione
economica è mista, composta da produzione e consumo.

→ Questi quattro tipi di organizzazioni, quindi le relative dimensioni aziendali, differiscono per
le finalità istituzionali, per il tipo di portatori di interesse e per il tipo di attività economica
svolta.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

2. La famiglia
Nonostante gli aspetti economici non siano prioritari nella vita di una famiglia anche in queste
società umane si svolgono forme di attività economica.
L’attività economica realizzata all’interno delle famiglie assumeva una connotazione più rilevante
nell’antichità (modello dell’autoconsumo: la famiglia che consuma i propri beni prodotti attraverso
l’agricoltura e l’allevamento).
A seguito dello sviluppo dei mercati e dell’avvio dei processi di specializzazione economica,
l’attività di produzione ha perso progressivamente di importanza per confluire, in forma
organizzata, all’interno delle altre tipologie di aziende che si ritrovano nella classificazione
aziendale tradizionale. PORTA T OR I DI INTER ES S E NEI CONFR ON T I DELLA
AZI ENDA FAMI LI ARE
I stituzionali Non istituzionali
Finalità istituzionali?
Non economiche, riconducibili
prioritariamente alla sfera sociale, affettiva, Aspettative economiche

A DI I NTER ESS E
Attese di natura

Economico
di altre aziende familiari
etica. economica (consumo) dei
(vincoli di parentela) o di
membri della famiglia
lavoratori domestici
NB: La dimensione economica della famiglia
esiste, ma è strumentale al perseguimento di
T I POLOGI
obiettivi non economici. Aspettative riconducibili

Non economico
Attese riconducibili alla
alla sfera sociale,
sfera sociale, affettiva,
Portatori di interessi? etica e religiosa dei suoi
affettiva, etica e religiosa
di altre famiglie (vincoli
Istituzionali: i membri della famiglia. membri
di parentela ed amicizia)
Portatori di interessi istituzionali non
economici.
Non istituzionali: chi presta servizio per la famiglia (interessi non istituzionali economici), i vicini
(interessi non istituzionali non economici), ecc.
Attività economica prevalente?
Consumo di beni e di servizi da parte dei propri membri e dall’attività di gestione del patrimonio
familiare.
3. L’impresa
Impresa: è un’azienda di produzione per il mercato.
PORTATORI DI INTERESSE NEI CONFRONTI DELLA
Finalità istituzionali? AZI ENDA DI PRODUZI ONE
Prevalentemente economiche: I stituzionali Non istituzionali
produzione di remunerazioni
monetarie o di altro genere nei
Economico

Attese di remunerazioni Aspettative economiche di


TI POLO GI A DI I NTERE S S E

confronti delle persone per le quali è economiche da parte dei altre aziende che entrano
istituita (apportatori di capitale e di prestatori di lavoro e dei in relazioni di scambio
portatori di capitale con l’ impre sa
lavoro).
Mezzo con cui perseguire la finalità Attese di risposta ai
Non economico

Aspettative non
economica: produzione di beni bisogni di socialità e di
economiche delle
affermazione personale e
destinati ad essere scambiati attraverso sociale da parte dei
comunità locali e di altre
il mercato, se e solo se il valore dei aziende che entrano in
prestatori di lavoro e dei
contatto con l’ impresa
prodotti > valore dei fattori produttivi. portatori di capitale

Portatori di interessi?
Istituzionali: conferenti di capitale proprio (di rischio), lavoratori, azionisti, investitori.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Non istituzionali: altre aziende e individui esterni all’impresa che entrano in relazioni di scambio
con l’impresa (fornitori, clienti, partner, banche e altri finanziatori, Stato, membri della collettività
in cui opera l’impresa…).
Attività economica prevalente?
Produzione di beni e di servizi destinati ad essere scambiati nel mercato + distribuzione del valore
creato da tale attività a chi ha contribuito alla sua creazione, sia sottoforma di remunerazione del
lavoro che di remunerazione per il capitale investito (cioè la distribuzione degli utili e delle imprese
a chi ha investito soldi – azionisti, o soci).
Le finalità istituzionali non economiche, seppur presenti, sono minoritarie in questa classe di
aziende. Si riferiscono, prevalentemente, ai bisogni di socialità e di crescita personale e
professionale delle persone che vi appartengono oltre che (talvolta) di sviluppo sociale e culturale
del territorio in cui opera la stessa impresa, per esempio quando diventano sponsor, quindi
sostenitori economici di qualche attività.
Le ricadute dell’attività di un’impresa sull’ambiente in cui è inserita (CSR Corporate Social
Responsibility = responsabilità sociale d’impresa) vanno ben oltre le dimensioni economiche,
contribuendo in misura determinante al progresso sociale ed umano di una determinata collettività.
Sempre di più ci aspettiamo che i prodotti che compriamo siano attenti all’ecologia, oppure siamo
influenzati positivamente se svolgono attività di “sostegno a”, ridurre sprechi e inquinamento, a
rispettare i diritti umani dei lavoratori. Queste sono forme di attività che:
• non sono solo economiche;
• contribuiscono al progresso sociale ed umano di una determinata collettività.
Le imprese sono spesso il principale veicolo attraverso il quale si concepiscono e si realizzano
innovazioni scientifiche e tecnologiche con importanti ricadute nella vita dell’uomo. Per tale
ragione, le imprese sono parte rilevante della società umana in cui sono inserite e devono
partecipare, attraverso la propria attività, al suo progresso e al raggiungimento del suo bene
comune. Sempre di più, il controllo sul ruolo sociale dell’impresa, che riguarda la CSR, è effettuato:
• dalla competizione di mercato, cioè tendono ad essere premiate dai consumatori le imprese che
dimostrano di avere un orientamento ambientale, sociale, culturale. Fenomeno che ancora esiste,
ma che sta venendo sempre di più sanzionato socialmente. Quindi, si crea un’ottica di
competizione tra le varie imprese, perché uno scandalo di questo tipo può portare anche al
fallimento di un’impresa;
• dall’intervento pubblico (Stato) nell'economia;
• dall’etica e dai valori di cui sono portatori la classe imprenditoriale e manageriale.
I sistemi basati sulle economie di mercato possono entrare in crisi quando l’impresa assegna una
preminenza alle valutazioni di convenienza economica privilegiando in maniera accentuata gli
interessi di una parte dei soggetti che la compongono, a scapito della collettività.
4. L’azienda pubblica
Perché esiste il settore pubblico?
Al fine di giustificare l’intervento dello Stato nell’economia, è normalmente utilizzata la teoria del
«fallimento del mercato», a causa:
• esistono i beni pubblici, ovvero quei beni che il mercato, quindi le imprese, non ha interesse ad
offrire, oppure offre in quantità insufficiente, per esempio la difesa nazionale o l’illuminazione
pubblica → intervento pubblico

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Bene pubblico: soggetto ad obblighi di continuità, sicurezza ed universalità e caratterizzato dal


massimo livello di non rivalità e non escludibilità.
Proprietà di non rivalità: più soggetti possono beneficiare simultaneamente di un bene senza
per questo ridurre l’utilità che essi ottengono dal consumo. Il costo marginale generato dalla
fruizione del bene da parte di un individuo aggiuntivo risulta essere nullo, ovvero la variazione
in aumento degli individui che fruiscono di quel bene non provoca una variazione del costo
nella produzione del bene stesso.
Proprietà di non escludibilità: risulta impossibile escludere (o in ogni caso risulterebbe molto
oneroso farlo) un individuo dalla fruizione dei benefici prodotti dal bene pubblico e ciò significa
che non è possibile ripartire i costi di produzione tra gli individui mediante l’applicazione di un
prezzo.
I beni che godono di entrambe le proprietà sono denominati beni pubblici puri. I beni che
invece godono di una soltanto delle due proprietà vengono definiti beni pubblici impuri distinti
in beni esclusivi ma non rivali e beni non esclusivi ma rivali.
Es. aria, acqua del mare, la luce del sole: questi sono esempi di beni pubblici puri.
Nel mondo aziendale gli esempi non possono raggiungere questo grado di non rivalità e non
escludibilità, infatti può esistere un bene pubblico connotato da non rivalità ed escludibilità e
viceversa. Per esempio, la partecipazione ad uno spettacolo teatrale, in cui il biglietto la rende
esclusiva ad un certo numero di persone. Il prezzo del biglietto in questo caso è un meccanismo
di regolazione che esclude la fruizione del servizio ad alcune persone → bene pubblico impuro.
• si producono esternalità, ovvero gli effetti sull’attività di produzione e/o di consumo di una
persona o di un’impresa provocati dall’attività economica di un’altra persona o di un’altra
impresa, e non si riflettono nei prezzi. Le esternalità possono essere negative o positive →
intervento pubblico
Esternalità negative dell’attività economica di un’impresa sono per esempio i costi ambientali
dell’inquinamento che ricadono sulla società. Esternalità positive sono per esempio le attività
culturali, perché generano uno sviluppo sociale, culturale ed economico anche su chi non è
utilizzatore del servizio, oppure asfaltare un tratto di strada privata che conduce anche ad altre
imprese o abitazioni.
• esistono beni meritori: ritenuti meritevoli di tutela pubblica al di là della domanda che ne fanno
gli utenti potenziali.
Il valore meritorio spiega perché molte organizzazioni culturali sono in maniera molto ampia
sostenuti dal finanziamento pubblico.
→ Producono esternalità (positive), come i beni pubblici, ma hanno gradi di rivalità nel
consumo e/o escludibilità del beneficio, come i beni privati → questo spinge il settore
pubblico a favorire la loro produzione e il loro consumo per potere raggiungere un livello
ottimale.
Modalità organizzative e gestionali nel settore pubblico, che si distingue tra:
a) Enti territoriali (Stato, Regione, Province e Città Metropolitane, Comuni)
Lo Stato è strutturato in varie istituzioni territoriali che collaborano in uno spirito di sussidiarietà e
complementarità per dare attuazione ai diversi livelli di decentramento istituzionale al fine del
perseguimento dell’interesse pubblico e per rispondere ai bisogni dei cittadini.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

b) Aziende pubbliche (es: ASL, scuole, università, musei civici, ecc.), tracce operative o
diramazioni degli enti pubblici che svolgono servizi specifici e settoriali
In economia aziendale il concetto di azienda composta è utilizzato per indicare quelle
organizzazioni in cui i processi di produzione si alternano a quelli di consumo. Le aziende
pubbliche sono tipici esempi di aziende composte.
Nelle aziende composte pubbliche si svolgono processi economici di produzione di beni pubblici e
di consumo degli stessi da parte dei cittadini che costituiscono i membri dell’istituto pubblico,
poiché, di fatto, lo sostengono, versando tributi sotto forma di imposte, tasse e contributi, e pagando
tariffe per specifici servizi erogati.
Finalità istituzionali?
Economiche (remunerazione dei lavoratori,
appagamento dei bisogni pubblici della comunità, non
nel senso di arricchimento) e non economiche
(perseguimento del bene comune, progresso civile,
sociale e culturale, progressivo miglioramento nella
qualità della vita).
Portatori di interessi?
Istituzionali: cittadini, lavoratori.
Non istituzionali: altre aziende (imprese o
organizzazioni non profit che entrano in relazione con
l’azienda pubblica), altri enti pubblici o territoriali,
nazionali o sovranazionali.
Attività economica prevalente?
Produzione di beni (servizi) pubblici e consumo di beni (servizi) pubblici da parte della collettività
→ «azienda composta pubblica».
5. Le aziende del terzo settore
Cos’è il terzo settore?
Si tratta di soggetti organizzativi con uno stato giuridico privato, ma non sono aziende di
produzione per il mercato, bensì sono volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica
o collettiva. Svolgono attività economica, producono beni e servizi e si caratterizzano per non
orientarsi al profitto.
L’espressione terzo settore inizia a diffondersi negli anni ’70 del secolo scorso, per indicare
qualcosa che non è governato né dalla logica del mercato né dall’organizzazione dello Stato con le
sue molteplici declinazioni.
Si diffonde il concetto di nonprofit e soprattutto comincia a costituire l’oggetto di teorizzazioni
economiche e di successive interpretazioni.
Rispetto allo Stato (considerato il primo settore), e al mercato (considerato il secondo settore)
costituisce una parte autonoma del sistema economico in cui si collocano aziende, con tratti
caratteristici propri, che non perseguono scopo di lucro.
È caratterizzato da un’azione orientata al valore e dall’impegno delle persone che operano al suo
interno. Questo spiega anche perché molto spesso queste aziende siano basate in parte su
prestazioni di servizio di base volontaristica o semi-volontaristica: il comportamento dell’individuo

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

che lavora per questo tipo di organizzazioni non è motivato soltanto dall’obbiettivo personale
economico dello stipendio, ma questo viene compensato perché c’è una motivazione forte intrinseca
e un’adesione al valore di fondo dell’organizzazione. Queste due peculiarità esistono anche per le
aziende di produzione per il mercato, ma per le organizzazioni non profit si tratta della base da cui
nascono.
Definizione giuridica: Il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di
lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di
sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività
di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione
e scambio di beni e servizi (D. Lgs. n. 117/2017)
Categorie:
organizzazioni di volontariato;
associazioni;
fondazioni;
cooperative sociali;
società di mutuo soccorso;
imprese sociali, sono una forma molto ibrida che sta tra il terzo settore e il settore delle imprese,
perchè sono imprese, cioè attività di produzioni che si reggono sul mercato, ma svolgono
prioritariamente una finalità sociale non economica (Es. negozi equosolidali).
Perchè esiste il terzo settore?
Le aziende del terzo settore dedicano le proprie attività alla produzione di beni che assumono
rilevanza per la collettività:
• che il mercato non ha interesse a produrre (fallimento del mercato);
• che lo Stato non è in grado di garantire (fallimento dello Stato).
Caratteristiche delle aziende del terzo settore:
1. Dispongono di un’organizzazione propria;
2. Hanno natura privata ed istituzionalmente sono separate dallo Stato e dalle aziende pubbliche;
3. Non possono distribuire i profitti conseguiti come invece possono fare le imprese tradizionali;
4. Possiedono la capacità di governo, essendo in grado di controllare le proprie attività;
5. Richiedono almeno in parte un grado significativo di partecipazione volontaria, sia nella
conduzione effettiva delle attività sia nella gestione dei loro affari.
Finalità istituzionali?
Le finalità primarie assumono caratteristiche economiche e non economiche, mentre quelle
secondarie sono soltanto non economiche.
• Le finalità primarie economiche riguardano la remunerazione dei prestatori di lavoro ϵ
all’ATS.
• Le finalità primarie non economiche consistono in finalità sociali, morali e culturali associate
all’attività dell’ATS a favore dei propri associati o di persone terze.
• Le finalità secondarie, esclusivamente non economiche, pertengono al perseguimento del bene
comune e alla diffusione dei valori dell’altruismo, della solidarietà e della socialità nel contesto
territoriale in cui opera l’ATS.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Portatori di interessi?
Istituzionali: prestatori di
lavoro, membri dell’ATS.
Non istituzionali: altre
aziende che nutrono attese di
servizi da parte dell’ATS
(essendo in qualche modo
una posizione di pretesa
economica), Stato, membri
della collettività all’esterno
dell’ATS.
Attività economica
prevalente?
Produzione di beni/servizi
relazionali.
Beni relazionali: categoria di beni distinta da quella dei beni materiali, capace di assumere un
elevato significato sul piano morale e sociale, di innalzare la qualità della vita, agendo sulla sfera
personale e di realizzare una sorta di giustizia distributiva (beni relazionali vs beni posizionali),
travalicando interessi egoistici ed opportunistici. I beni relazionali soddisfano bisogni di utilità
sociale.

In sintesi:
→ L’azienda è la dimensione economica di un’organizzazione.
→ L’individuo si è sempre organizzato in forme sociali per svolgere attività economiche
(rispondere ai bisogni attraverso la produzione di beni).

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

→ Diversi tipi di organizzazioni (e quindi di aziende), a seconda della finalità istituzionale pri maria
(economica/non), dei portatori di interesse (istituzionali e non) e del tipo di attività economica
(produzione e/o consumo ed eventuale distribuzione della ricchezza).
→ Dal «fallimento della famiglia» → l’impresa
→ Dal «fallimento del mercato» → l’azienda pubblica
→ Dal «fallimento del mercato» + «fallimento dello stato» → l’azienda del terzo settore

L’assetto istituzionale (Cap. 3)


L’assetto istituzionale: le modalità attraverso le quali le aziende governano le relazioni con i propri
portatori di interesse (gli stakeholder).
Nel contesto aziendale risultano coinvolte diverse tipologie di soggetti, ciascuno con interessi
(totalmente o parzialmente) differenti. L’assetto istituzionale considera congiuntamente tali
soggetti, i contributi che offrono all’azienda e i benefici (o ricompense) da loro attesi, stabilendo
così l’insieme di regole su cui si fonda il funzionamento dell’azienda stessa. Queste regole, alla
base dell’assetto istituzionale, si pongono dunque tre finalità principali:
1. Identificare i soggetti coinvolti
tra i quali emerge il soggetto economico.
2. Stabilire il contributo (onere) apportato
esempi di vari tipi di contributi: mezzi monetari, imprenditorialità, competenze manageriali,
competenze tecniche, cooperazione interna, protezione esterna.
3. Valutare la ricompensa (beneficio) spettante a ciascun soggetto
esempi dei vari tipi di ricompense: monetarie o non monetarie, fisse o variabili.
→ Definendo così la strategia e i sistemi di governo aziendali.
L’assetto istituzionale dell’azienda determina dunque la modalità di composizione di tutti questi
elementi, evidenziando prerogative e modalità di esercizio di tali prerogative.
È essenziale ricondurre ad unità il governo dell’azienda, combinare secondo un disegno unitario i
contributi apportati dai soggetti coinvolti, pianificare in modo preciso la responsabilità delle
decisioni. La tutela degli interessi (anche non economici) garantisce durabilità, sostenibilità e
capacità di generare ricchezza in modo stabile secondo economicità e autonomia.
Le scelte connesse all’assetto istituzionale, che rappresenta la configurazione adottata dal l’azienda
in un determinato momento degli elementi sopra descritti, influenzano notevolmente sia i processi
di creazione di valore sia il livello di rischio, incidendo sulla capacità dell’azienda di conseguire
condizioni di equilibrio e di perdurare nel tempo.
1. Il soggetto economico e gli stakeholder aziendali
I soggetti coinvolti nel contesto aziendale, che sono chiamati ad apportare un contributo (onere) e
sviluppano così l’attesa di ricevere una ricompensa (beneficio), configurano nel loro insieme i
portatori di interessi (stake = interesse + holder = portatore) – tipicamente proprietari, clienti,
dipendenti e fornitori, ma anche Stato e concorrenti, capaci di influenzare l’organizzazione.
Edward Freeman: «Lo stakeholder di un’organizzazione è (per definizione) ogni gruppo o individuo
che può influire, o essere influenzato, dal raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione»
(1984).

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Freeman evidenzia la necessità di non considerare soltanto le richieste provenienti dagli stakeholder
tradizionalmente considerati dai modelli di management (tipicamente proprietari, clienti, dipendenti
e fornitori) e di prendere in considerazione anche le prerogative avanzate da altri gruppi di
stakeholder potenzialmente capaci di influenzare l’organizzazione (come, ad esempio, lo stato e i
concorrenti).
→ L’organizzazione viene raffigurata come un sistema cooperativo e competitivo che
coinvolge un ampio numero di individui e gruppi che (in essa e attraverso essa) tentano
di raggiungere i propri interessi. Diventa così fondamentale il modo in cui l’impresa
interagisce con i propri stakeholder e coltiva le diverse relazioni.
Le principali categorie di portatori di interessi:
• Conferenti capitali di rischio (proprietari, soci, azionisti, etc.). Apportano i mezzi (monetari o in
natura e a tempo indeterminato) necessari per svolgere l’attività aziendale e, attraverso
l’esercizio del governo aziendale, auspicano un’adeguata remunerazione del capitale proprio
investito.
• Prestatori di lavoro (dirigenti, quadri intermedi, impiegati, operai, etc.). Forniscono tempo,
competenze e altre abilità professionali all’azienda in attesa di una congrua ricompensa sia
monetaria (salario o stipendio) sia non monetaria (condizioni fisiche, ambientali, sociali, etc.).
• Fornitori cedono materiali e servizi utili per la realizzazione del prodotto/servizio aziendale,
ottenendo il pagamento di un corrispettivo adeguato e concordato.
• Conferenti capitali di prestito (finanziatori). Concedono somme di denaro che integrano il
capitale proprio per soddisfare le esigenze aziendali. In contropartita, essi richiedono
un’adeguata remunerazione che prevede la riscossione di interessi finanziari, oltre al rimborso
del capitale concesso, secondo le scadenze concordate.
• Clienti acquistano i prodotti/servizi realizzati dall’azienda e pagano il prezzo pattuito.
• Concorrenti operano nello stesso mercato di riferimento dell’azienda e offrono prodotti/servizi
atti a soddisfare gli stessi bisogni dei clienti. Mentre i concorrenti diretti operano nel lo stesso
settore, i concorrenti indiretti devono essere identificati analizzando l’intero mercato di
riferimento dell’azienda perché offrono prodotti/servizi simili per soddisfare i medesimi bisogni
dei clienti. La relazione tra l’azienda e i suoi concorrenti richiede, in termini di contributi e
benefici attesi, il rispetto reciproco di norme che la alimentano, arrivando (in alcuni casi) a
trasformare i concorrenti in alleati. Questo evidenzia il vantaggio competitivo che può derivare
dalla conoscenza del mercato di riferimento, dalla capacità di intervenire in modo proattivo su
di esso, sviluppando in anticipo una visione sulla sua evoluzione futura.
• Stato emana norme giuridiche, concede incentivi, mette a disposizione delle aziende beni
pubblici e una serie di servizi, anche attraverso i suoi uffici periferici. In contropartita, riceve
imposte e tasse.
Se tutti i portatori di interessi partecipassero al governo dell’istituto, ci sarebbero tre evidenti
conseguenze:
a) elevati costi di governo e complessità organizzativa;
b) qualità e tempi inadeguati delle decisioni;
c) mancato riconoscimento della maggiore criticità di alcuni contributi.
Per questo motivo, una o poche categorie di portatori di interessi formano il soggetto economico e
controllano direttamente l’azienda, assumendo il diritto-dovere di governare l’azienda (i.e.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

esercitare le prerogative di governo economico e prendere le decisioni ultime) e di godere dei suoi
risultati residuali (sia positivi sia negativi).
Le attese primarie delle persone che compongono il soggetto economico rappresentano gli interessi
istituzionali.
Questo soggetto può governare direttamente oppure nominare appositi organi di governo che sono
chiamati a coinvolgere gli stakeholder e a contemperare interessi e ricompense. L’allocazione delle
ricompense tra i diversi stakeholder incide sul livello di motivazione dei diversi portatori di
interessi, influenzando anche la loro volontà ad apportare contributi in azienda. La soddisfazione
delle aspettative minime di ogni stakeholder rappresenta una condizione essenziale di
funzionamento aziendale.
2. La governance
Per realizzare un efficace governo aziendale, occorre operare almeno tre scelte fondamentali:
a) individuare il soggetto economico;
b) determinare le finalità e gli obiettivi che ispirano l’azione del soggetto economico;
c) delineare la struttura di governo, configurandone organi e meccanismi.
I meccanismi di corporate governance definiscono le regole di funzionamento generale di
un’azienda, delineano i ruoli, le funzioni e le responsabilità all’interno dell’azienda,
evidenziando le relazioni tra proprietà e management.
La governance: la struttura di governo di un’azienda, ovvero gli organi e i meccanismi attraverso
cui un’azienda è diretta e controllata.
• Consigli di Amministrazione, Consigli Direttivi, Consigli di indirizzo, Comitati Scientifici,
ecc…
• Relazione con il management, staff, stakeholders esterni (Imprese: azionisti, proprietari;
revisori. Aziende pubbliche: cittadini; altri livelli di governo. Aziende terzo settore: utilizzatori;
finanziatori; comunità civile; amministrazione pubblica).
Governance ≠ Management (anche se coincidono queste funzioni nelle organizzazioni piccole)
• Governance (ruolo direttivo, di indirizzo e di controllo): organi e regole che assicurano la
coerenza tra l’identità aziendale, le attività, i risultati e le risorse.
• Management (ruolo esecutivo): è il potere di gestione: persone e strutture che realizzano quella
coerenza.
Ruolo degli organi di governo:
• Rappresentanza dell’organizzazione verso l’esterno (soprattutto verso le autorità e al pubblico
in generale)
• Supporto alla direzione
• Controllo della direzione
Cosa fanno gli organi di governo?
• Diversi livelli di coinvolgimento nella definizione della direzione strategica:
- Coinvolgimento nella formulazione, implementazione e controllo della strategia
- Coinvolgimento nella definizione dell’identità aziendale (missione, visione, valori…)
- Revisione delle strategie proposte dalla direzione
- Approvazione di questi elementi

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• Cosa condiziona il livello e il tipo di coinvolgimento degli organi di governo?


- La conoscenza del campo e del contesto
- La dimensione dei board (se piccoli → maggior coinvolgimento)
- Livello di partecipazione al board degli esponenti della direzione esecutiva
• Rischi degli organi di governo:
- Trasgredire i confini tra i compiti di indirizzo/controllo e i compiti di gestione → distrazione
dalle responsabilità principali di governo
- Focalizzarsi troppo sul controllo dell’adempimento dei requisiti legali (es: revisione dei
bilanci) → distrazione da responsabilità anche di indirizzo
- Conflitti di interesse (farsi espressione di interessi propri, individuali o professionali,
piuttosto che dell’organizzazione)
3. L’identità aziendale
L’identità aziendale:
L’identità aziendale: l’insieme delle caratteristiche centrali, distintive e durature di
un’organizzazione, che si costruisce nelle relazioni con:
• Stakeholder interni: fondamenti cognitivi e valoriali che permettono ai membri di
un’organizzazione di sentirsi parte di un gruppo
• Stakeholder esterni: nella percezione delle caratteristiche distintive di un’organizzazione
come viene proiettata nelle menti di clienti/fornitori/cittadini, ecc.
La missione aziendale:
La missione aziendale è la «ragion d’essere di un istituto», ovvero l’espressione del perché
un’impresa è stata costituita e continua ad esistere. Può manifestarsi formalmente in un mission
statement.
La definizione della missione aziendale è quindi presupposto fondamentale per supportare la
coerente definizione della strategia e del modello di business. La missione aziendale è “un motore
di senso” per il top management che fa riferimento a quattro elementi.
I valori di Apple, ad esempio, erano al tempo di Steve Jobs:
“talento, eccellenza, passione, armonia e grazia profonda”.
Lo scopo, sempre in Apple era: “Put a ding in the universe,
pushing the human race forward”.
Nel caso di Apple il focus era il “lifestyle come esperienza
estetica”.
Nel caso di Apple le credenze erano “think different” e
“focus & simplicity”.

La visione aziendale:

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

La visione aziendale: esprime dove l’impresa vuole arrivare nel futuro, identificando un obiettivo
altamente sfidante che ambisce a raggiungere.
La relazione tra cultura, identità e immagine:
L’identità aziendale è in relazione:
• con la cultura organizzativa
• con l’immagine aziendale
La cultura organizzativa, l’identità e l’immagine aziendale definiscono tre macro contesti attraverso
i quali è possibile acquisire una descrizione olistica dell’organizzazione.

In sintesi:
→ L’assetto istituzionale è la modalità attraverso cui le organizzazioni governano la propria
attività.
→ Comprendere l’assetto istituzionale di un’organizzazione implica riconoscere:
• Chi è il soggetto economico (chi controlla/indirizza l’organizzazione).
• Con quale forma di governo o governance (attraverso quali organi e quali meccanismi e con
che ruoli).
• Qual è l’identità aziendale e come è manifestata.

L’ambiente esterno (Cap. 4)


L’ambiente e il sistema competitivo
L’ambiente di un’azienda è costituito dall’insieme delle condizioni, dei fenomeni e dei soggetti
esterni ad essa e che ne influenzano in modo apprezzabile la struttura e la dinamica, costituendo
vincolo, stimolo e indirizzo alle scelte e influenzandone i risultati.
L’ambiente può essere:
• Economico, cioè costituito da fenomeni quali:
- I mercati di approvvigionamento (dove l’azienda si fornisce) e di vendita (dove opera)
- I settori, ossia insiemi di aziende caratterizzate da attività simili e operanti negli stessi
mercati di approvvigionamento e sbocco, in cui compete

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

- Le politiche economiche, monetarie e finanziarie attuate dagli enti politici e dalla


pubblica amministrazione
• Non Economico, come per esempio:
- Il sistema di valori e cultura caratterizzante la società nella quale l’azienda opera
- L’istruzione della popolazione
- La normativa giuridica
- L’avanzamento della scienza e della tecnologia
- Le infrastrutture
- La configurazione fisica e climatica del territorio
L’ambiente esterno è importante perché determina l’insieme delle condizioni che influiscono sulle
opportunità delle aziende, sulle sfide che esse devono affrontare e sulle possibilità di successo:
ambiente generale.
Non solo l’ambiente influenza l’azienda, ma anche quest’ultima ha sull’ambiente un insieme di
ricadute positive e negative: ambiente competitivo. Le imprese, in particolare, attraverso il loro
sistema di offerta, possono cambiare i mercati in cui operano, i prezzi, le abitudini di acquisto dei
loro clienti, così come creare opportunità di business per fornitori di beni complementari o
estromettere dal mercato dei concorrenti.
1. L’ambiente generale
Vasto insieme di fenomeni che più o meno intensamente sono capaci di influenzare la generalità
delle aziende che operano in un determinato contesto. L’ambiente generale normalmente viene
“subito” dalle aziende, che difficilmente potranno essere in grado di modificarlo in modo
apprezzabile a loro vantaggio. Però, ciò non vuol dire che le aziende siano necessariamente passive
rispetto al loro ambiente: esse potranno agire per modificare la loro posizione ambientale in modo
da trovare una collocazione più favorevole. Inoltre, dovranno operare per adeguare le loro
caratteristiche a quelle dell’ambiente.
L’ambiente e la sua evoluzione → genera continue opportunità e minacce per le organizzazioni,
che ne devono intuire l’andamento.
Esempio 1: aziende come Netflix e Amazon devono il loro successo all’aver saputo cogliere le
opportunità offerte dalla tecnologia a banda larga e oggi pongono una seria sfida a operatori più
tradizionali dei servizi televisivi come Sky.
Esempio 2: la posizione competitiva di Kodak è stata innegabilmente danneggiata dall’avvento
della tecnologia fotografica digitale, che ha messo fine a una posizione di leadership nella fornitura
di materiali fotografici.
Gli esempi citati evidenziano come sia comunque importante che le aziende dedichino attenzione
all’indagine e alla comprensione dell’ambiente che le circonda e della sua evoluzione, per cercare,
se possibile, di trarne vantaggio.
Le variabili dell’ambiente generale:
L’Analisi PESTEL
I fenomeni costituenti l’ambiente generale si manifestano in modo omogeneo per gli attori di un
certo contesto, ma la loro rilevanza è diversa per ciascuno di essi. Importante capire quali sono le
implicazioni per una specifica organizzazione, che possono essere positive, negative, o
indifferenti.
Possibile distinguere 6 elementi dell’ambiente esterno generale:

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• Ambiente Politico
o Quale è l’orientamento dello Stato rispetto alle libertà economiche, l’iniziativa privata, la
certezza dei rapporti giuridici? Prevale un orientamento al liberalismo o al protezionismo?
Sono previste azioni antitrust?
o Quale è l’orientamento dello Stato e degli altri enti pubblici rispetto alla attività della
azienda? Possiamo attenderci supporto o ostacoli? Sono previsti incentivi nel nostro ambito
di attività?
o È plausibile un intervento diretto dello stato nell’ambito di attività dell’azienda, come
regolatore, proprietario di aziende, cliente o fornitore? È prevedibile un’intensa regolazione
o al contrario è prevalente un orientamento alla deregulation?
o Quali ripercussioni possiamo attenderci dall’orientamento politico vigente anche in
considerazione dell’appartenenza ad organizzazione e accordi sovrannazionali? Come
evolveranno le regole per il commercio con l’estero? Se stiamo operando in un Paese
diverso da quello di origine, qual è l’orientamento verso le società estere?
• Ambiente Economico
o Qual è l’andamento del ciclo economico e quali ripercussioni potrà avere sull’azienda? Qual
è l’andamento dell’occupazione? Quali sono le attese per l’andamento dei prezzi e dei
salari?
o Com’è la dinamica della produttività nel Paese e nel settore di attività nell’azienda, anche in
comparazione internazionale?
o Qual è l’andamento del reddito disponibile della popolazione, o di fasce di popolazione, o di
fasce di popolazione di particolare interesse per l’azienda?
o Qual è l’andamento dei tassi di interesse? Quali sono le condizioni per l’accesso al credito?
o Qual è la dinamica dei tassi di cambio e quali ripercussioni potranno esserci per l’azienda,
tenuto conto dei mercati di sbocco in cui opera?
• Ambiente Sociale
o Quali sono le tendenze demografiche in atto? Qual è la distribuzione della popolazione per
fasce d’età?
o Quali sono le caratteristiche della distribuzione geografica della popolazione?
o Quali sono le caratteristiche della cultura o delle culture dei contesti in cui l’azienda opera?
Quali sono i valori, le credenze e i comportamenti caratteristici?
• Ambiente Tecnologico
o Quali innovazioni tecnologiche impatteranno sul nostro settore?
o Qual è la condizione delle infrastrutture cui possiamo accedere?
o In che modo innovazioni tecnologiche e condizioni infrastrutturali impatteranno sui nostri
prodotti e sulla dinamica competitiva?
• Ambiente Ecologico
o L’esistenza di autorità di regolazione e gruppi di pressione orientati a controllare l’impatto
ambientale delle aziende e a ridurlo nel tempo;
o La sensibilità ecologica della popolazione e la probabilità di incorrere nella disapprovazione
collettiva in caso di comportamenti impattanti seppure rispettosi delle norme;
o Aspetti dell’ambiente naturale eventualmente critici in considerazione dell’attività
realizzata, come il clima meteorologico, le temperature medie, le precipitazioni attese, i
livelli di inquinamento e le connesse limitazioni a talune attività.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• Ambiente Legale
o Quali sono gli spazi per l’autonomia negoziale? Quali i tempi per la soluzione di eventuali
controversie? Quali gli strumenti per un tempestivo recupero dei crediti?
o Quali norme, locali, nazionali o sovrannazionali potrebbero condizionare lo svolgimento
delle attività dell’azienda?
> Analisi PESTEL:
→ Previsione
→ Analisi di scenario per sviluppare diverse visioni plausibili di come l’ambiente potrebbe
evolvere nel futuro
L’analisi dell’ambiente generale:
L’analisi dell’ambiente generale, per mezzo dell’analisi PESTEL, può essere condotta a partire
dalla raccolta e sistematizzazione di dati pubblici, come articoli di stampa, bilanci di aziende,
commenti di esperti. Inoltre, può avvalersi di informazioni originali acquisite direttamente,
intervistando soggetti rilevanti all’interno e all’esterno dell’azienda.
Esempio:

2. L’ambiente competitivo
L’ambiente competitivo: porzione più limitata di ambiente che le aziende scelgono di occupare,
andando a instaurare relazioni dirette con gli altri soggetti che vi si trovano. Esso è, quindi,
conseguenza delle relazioni di scambio, di competizione e di cooperazione con altre aziende: è
quella parte dell’ambiente esterno in cui l’azienda opera, collabora o compete con altri soggetti.
I soggetti rilevanti da prendere in considerazione nell’analisi dell’ambiente competitivo sono in
primo luogo i clienti, i fornitori e i concorrenti.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Esempio: un’azienda produttrice di arredamento per la casa. Per comprendere le caratteristiche del
suo ambiente competitivo sarà necessario prendere in considerazione i produttori di beni similari e
la loro forza relativa, i clienti e le loro preferenze, i fornitori di materie prime e macchinari e la loro
forza contrattuale. Inoltre, potranno essere rilevanti le relazioni instaurate con i designer e i
progettisti dei prodotti, se esterni all’azienda, e con gli architetti e gli arredatori che assisteranno i
clienti.
Le aziende, almeno in parte, scelgono il loro ambiente competitivo, in che contesto operare. Si parla
per questo di posizionamento.
Per l’analisi dell’ambiente competitivo è utile introdurre i concetti di mercato e di settore.
I mercati e i settori:
Mercato: si ha un mercato quando molte negoziazioni di beni con caratteristiche omogenee
avvengono con frequenza elevata.
L’informazione principale che l’esistenza di un mercato offre agli operatori è il prezzo corrente per
i beni in esso negoziati.
Le tradizionali categorie di analisi dei mercati sono la “domanda” e “l’offerta” → il cui incontro
determina le quantità e i prezzi scambiati.
La domanda e l’offerta sono qualificate da tre fattori:
• La concentrazione
• L’elasticità
• La differenziazione
I fattori qualificanti la domanda
• Concentrazione della domanda: si riferisce alla numerosità degli acquirenti. La domanda sarà
concentrata se gli acquirenti sono pochi. Se l’acquirente è un solo (e i venditori molteplici) il
mercato prende il nome di monopsonio
• Elasticità della domanda: esprime la sensibilità delle quantità domandate alle variazioni di
prezzo. Un’elasticità elevata comporta grandi modificazioni nelle quantità domandate in
conseguenza di variazioni relativamente ridotte nei prezzi. Per contro, una domanda rigida (o
anelastica) comporta modeste variazioni nelle quantità indotte da cambiamenti dei prezzi.
Es. Se il biglietto di un museo da gratuito passa a costare 10euro, ma io non voglio rinunciare a
questo tipo di servizio anche se ero abituata a non pagarlo: allora non sono sensibile, non sono
elastica a questa variazione di prezzo; viceversa, una persona che è sensibile ed elastica
potrebbe decidere di non consumare/usufruire più di quel bene.
• Differenziazione della domanda: collegata alla presenza di segmenti di mercato caratterizzati
da specificità nelle caratteristiche dei beni domandati.
Es. Settore dell’abbigliamento la domanda è molto differenziata.
I fattori qualificanti l’offerta
• Concentrazione dell’offerta: consente di identificare diversi tipi di mercato in base alla
numerosità di offerenti.
- Monopolio: un venditore. Massima concentrazione di un’offerta.
- Duopolio: due venditori
- Oligopolio: pochi venditori e in grado di modificare i prezzi di vendita

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

- Concorrenza perfetta: molti venditori e il mercato indifferenziato


• Elasticità dell’offerta: esprime la variabilità delle quantità offerte nel mercato rispetto ai prezzi
e dipende dalla capacità e disponibilità dei venditori a reagire a variazioni nel mercato. Risente
delle caratteristiche della tecnologia impiegata e delle possibilità che quest a permette di variare
le quantità prodotte preservando le condizioni di efficienza. Cioè quanto riesco a rispondere alla
frequenza di domanda per un bisogno?
• Differenziazione dell’offerta: collegata alla presenza di aspetti specifici nei prodotti offerti. La
capacità di differenziare l’offerta dai concorrenti, attribuendo attributi unici ai propri prodotti
capaci di costituire elementi di vantaggio per i clienti è una delle strategie competitive di base.
I settori
Un settore è inteso come un insieme omogeneo di aziende (spesso di produzione) legate da relazioni
di concorrenza.
La struttura del settore è analizzata principalmente attraverso tre variabili:
a) Il grado di concentrazione: è elevato se un piccolo numero di aziende realizza gran parte
dell’offerta complessiva, basso se al contrario il settore è composto da numerose aziende
ciascuna responsabile di una piccola quota dell’offerta.
b) La struttura dei costi: esprime il comportamento dei costi medi unitari (ossia costi totali fratto
numero totale di unità prodotte) rispetto ai volumi di produzione e nel tempo. In particolare, si
intende valutare se i costi medi unitari diminuiscano per effetto delle scelte di dimensionamento
della scala produttiva e per effetto dell’apprendimento. Ǝ settori caratterizzati da una struttura
dei costi più rigida, cioè predominanza di costi fissi (= costi in cui l’ammontare non varia
all’aumentare dei volumi di produzione e vendita). Es. un macchinario è un costo di struttura e
se io opero prevalentemente con costi fissi, il costo unitario più vendo più diminuisce. Questo
favorisce l’economia di scala, cioè mi conviene produrre e vendere di più se ho una struttura dei
costi rigida, perché più vendo meno quel singolo pezzo mi costa.
c) Le barriere all’entrata: sono gli ostacoli che devono essere superati da una azienda esterna al
settore per potervi entrare e possono essere ad esempio dovute alle norme in vigore, all’entità
degli investimenti necessari, alla rilevanza della notorietà e dell’esperienza, dalla struttura dei
costi. Esprimono la “protezione” delle imprese parte del settore dall’ingresso di nuovi
concorrenti.
L’analisi dell’ambiente competitivo: quella porzione più limitata di ambiente che le aziende
scelgono di occupare.
Il modello della concorrenza allargata (5 forze competitive): Capire i fattori esterni che possono
influire sulla profittabilità di un settore → e quindi sulle decisioni strategiche dell’organizzazione e
sulla sua performance.
1. Clienti, le persone per cui esiste quell’organizzazione. Potere contrattuale dei clienti: quanto
dipendo dai consumatori della mia offerta.
2. Concorrenti, che influiscono sulle dinamiche di un settore e la sua potenziale redditività
Diretti, quegli attori dell’ambiente competitivo che offrono un servizio simile che risponde ad uno
stesso bisogno;
Nuovi entranti, minaccia/potenzialità che qualcun altro organizzi un servizio simile;

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Sostitutivi, azienda/settore che risponde allo stesso bisogno ma con un prodotto diverso. Influiscono
sul livello di competizione del settore se valuto che ci sono dei costi di cambio da un bene all’altro
molto bassi.
3. Fornitori/Partner (es. la città che dispone uno spazio per un festival)
→ Riassumere in due dinamiche principali: intensità della concorrenza, che influenza le
dinamiche, la redditività del settore, quindi il posizionamento che una singola azienda può
avere e le sue potenzialità di successo + potere di clienti e fornitori che sempre
influenzano le aziende.

In sintesi:
→ La strategia di un’organizzazione è influenzata, più o meno consapevolmente, dall’ambiente
esterno → conoscere l’ambiente esterno e la sua dinamica è importante per capire le
implicazioni per la singola organizzazione e orientare le decisioni strategiche.
→ Ci sono elementi macro-ambientali (ambiente generale) che hanno potenziale influenza: politici,
economici, sociali, tecnologici, ecologici, legali…
→ Ci sono dinamiche dell’ambiente competitivo che hanno un’influenza più diretta sulle
potenzialità di sopravvivenza e successo dell’organizzazione (e che l’organizzazione stessa può

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

in parte influenzare): il comportamento dei concorrenti e il comportamento dei clienti e


fornitori.
→ Esistono alcuni modelli (semplificazioni di realtà complesse) per aiutare l’analisi dell’ambiente
esterno:
▪ PESTEL
▪ 5 FORZE

L’ambiente interno e la strategia aziendale (Cap. 5)


La strategia è quell’orientamento di fondo che viene realizzato nei comportamenti, nelle decisioni,
nelle azioni di lungo termine che vengono prese dalle organizzazioni (la “condotta” di
un’organizzazione che può essere più o meno pianificata); è tanto più solida e vincente, quanto più
emerge da una coerenza tra gli elementi dell’ambiente esterno e dell’ambiente interno.
1. L’ambiente interno
L’ambiente interno è l’insieme delle risorse e delle competenze di un’organizzazione.
La prospettiva delle risorse (resource based view):
Negli studi di strategia degli anni ’70 si tendeva a privilegiare l’analisi dell’ambiente esterno,
l’ambiente generale e soprattutto l’analisi del settore delle forze competitive, come determinante
principale per la migliore strategia nel suo settore, nel suo ambiente competitivo. Nel tempo c’è
stata sempre di più un’enfasi spostata sugli elementi dell’ambiente interno, cioè sulle risorse e
competenze, come una delle fonti imprescindibili del vantaggio competitivo e quindi della
definizione di una strategia di successo e vincente. Perché?
• Il concetto stesso di settore è sfumato e l’ambiente esterno sempre più instabile e dinamico.
• L’idea nella prospettiva basata sulle risorse è che il vantaggio competitivo, quindi la possibilità
di riuscire a delineare una strategia di successo (dove successo può declinarsi in tantissimi
significati), dipenda dalle risorse e competenze interne che un’organizzazione detiene: fonte
principale, non unica, di successo (piuttosto che la redditività del settore).
Risorse: i “fattori produttivi” che ha/controlla l’organizzazione/impresa.
Possono essere di diverso tipo:
• Tangibili: denaro e risorse fisiche (soprattutto per quanto riguarda l’impresa)
o finanziarie (cash, capitale, prestiti…)
o fisiche (patrimonio, materiali, impianti, spazi, attrezzatture…)
• Intangibili: risorse immateriali
o tecnologia (brevetti, copyrights, segreti industriali…)
o reputazione, l’immagine (marchio…)
o network di relazioni, o chiamato anche capitale relazionale che viene costruito
nel tempo (legami forti, deboli…)
o cultura (valori organizzativi, tradizioni, norme sociali…)
• Umane: persone
o in quanto depositarie di skills/know-how (competenze e saper fare)
o Capacità di comunicazione e collaborazione
o Motivazione

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Competenze: cosa un’organizzazione sa fare. Capacità di usare e combinare le risorse e di renderle


produttive, cioè di saper tirar fuori il loro valore.
• Efficacia, riuscire a massimizzare il valore che posso ottenere dalle risorse, cioè il risultato
• Efficienza, riuscire a realizzare un servizio con minor impiego di risorse possibili (sprecare
meno risorse possibili per raggiungere un certo risultato)
• Gestione, competenze organizzative
L’analisi di risorse e competenze:
Cosa determina il valore di risorse e competenze?
Se queste permettono di stabilire un certo vantaggio competitivo: la risorsa è di valore se è scarsa e
utile allo stesso tempo. Per esempio, il vantaggio competitivo del Teatro la Scala rispetto ad altri
teatri simili dipende tantissimo dalla qualità del corpo di ballo, dell’orchestra, etc.
Il vantaggio competitivo, affinché risorse e competenze continuino a creare valore, deve essere
mantenuto nel tempo. Questo mantenimento dipende dalla durevolezza (un corpo di ballo non
disimpara la sua arte nel tempo), dalla trasferibilità (il corpo di ballo si trasferisce in un altro
teatro) e dalla replicabilità (più le risorse sono replicabili da altri, meno il vantaggio competitivo
può essere sostenuto nel tempo) di queste risorse e competenze.
Possibilità di appropriarsi di quel vantaggio competitivo: porre dei diritti/brevetti su risorse e
competenze, potere contrattuali (vincolare il corpo di ballo per tot anni a prestare servizio nel
teatro), “embeddedness” = quanto quel valore dipende dal fatto che si creano delle condizioni
contestuali all’interno dell’organizzazione che fanno sì che quella risorsa in quel posto funzioni, si
sia radicata.

Capire quali sono i punti di forza chiave e quali i punti


indifferenti tra le varie risorse e competenze.
Visualizzazione a matrice che mette in relazione due
dimensioni di quelle che saranno allo stesso tempo le
mie risorse e competenze chiave importanti per la mia
attività (importanza strategica) e in cui io sono forte
(forza relativa). Per esempio, avere un corpo di ballo
eccellente per un teatro come la Scala è un elemento di
forza chiave, perché c’entra con l’attività del teatro, quindi, ha una grande importanza strategica ed
è eccellente quindi ha una sua forza. Debolezza chiave se quel corpo di ballo non è eccellente.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

2. La strategia
La strategia è:
• l’orientamento di medio-lungo periodo di un’organizzazione
• un concetto multiforme che include tanto la definizione di un piano che anticipa e guida
l’azione, quanto l’insieme dei comportamenti concretamente attuati dall’organizzazione, siano
essi allineati o no con il piano, consapevoli o inconsapevoli
• influenzata dall’identità dell’organizzazione (missione e visione) che a sua volta contribuisce a
plasmare
• esprime il modello di ricerca del successo che l’organizzazione adotta o intende adottare
La definizione della strategia di un’organizzazione implica l’effettuazione di alcune scelte
fondamentali:
a. Quali sono gli obiettivi a lungo termine?
Dipendono dalle finalità istituzionali (economiche/non economiche)
b. Dove si vuole competere?
Quale ambito, quali settori e mercati, con quali prodotti/servizi
c. Come si vuole competere?
Quale specificità o vantaggio competitivo si vuole ottenere e quali sono le sue determinanti
→ Ogni azienda possiede una strategia: è sempre possibile riconoscere una serie di direttrici
di fondo nello svolgimento delle attività di un’organizzazione, a prescindere dal fatto che la
strategia sia consapevole, esplicitata e formalizzata in un documento.
Esempio: strategia di Ca’ Foscari, che è espressa attraverso 5 direzioni strategiche:
▪ Promuovere una ricerca di impatto
▪ Creare un’esperienza di studio formativa
▪ Acquisire una dimensione internazionale
▪ Agire da catalizzatore di innovazione
▪ Garantire un futuro accademico sostenibile
Cos’è la strategia?
Strategia → “successo”, con la creazione di vantaggio competitivo. Il successo raramente viene dal
caso e raramente viene da una superiorità iniziale di risorse e competenze. Ma soprattutto dalla
capacità di riuscire a realizzare coerenza e
coesione dell’idea attraverso:
• Obiettivi semplici, coerenti, visione di
lungo termine
• Profonda comprensione dell’ambiente
• Oggettiva valutazione delle proprie
risorse e capacità
• + implementazione

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

La coerenza strategica e l’analisi SWOT:


Coerenza strategica: coerenza delle proprie azioni e decisioni con le condizioni esterne
(l’ambiente generale e competitivo) e le condizioni interne (gli obiettivi, i valori, le risorse e
competenze della propria organizzazione).
La mancanza di coerenza tra la strategia di un’organizzazione e gli ambienti esterno ed interno è
spesso la causa del fallimento.
Si tratta di un importante momento di riflessione cui tutte le aziende dovrebbero dedicare adeguata
attenzione, sia nell’ambito dei processi di pianificazione strategica, ossia dell’insieme delle
attività che conducono a delineare la strategia intenzionale, sia come analisi a posteriori delle
direttrici strategiche effettivamente seguite, anche per aiutare a comprendere le ragioni dei
risultati conseguiti.

Le tre variabili per l’analisi della coerenza strategica si riferiscono a concetti complessi. La
formulazione della strategia consiste nella esplicitazione di:
– Identità aziendale, ossia un insieme di elementi, spesso intangibili, che caratterizzano la
percezione dell’azienda da parte degli interlocutori esterni, ma anche da parte di chi vi opera.
Spesso l’identità aziendale viene riassunta in termini di visione, missione e valori fondamentali
cui la condotta aziendale deve ispirarsi.
– Obiettivi, cioè i risultati che si vogliono conseguire. Essi dipendono in primo luogo dal tipo di
azienda e dalle attese dei suoi stakeholder. Parte degli obiettivi potrà essere espressa in termini
economico-finanziari, oppure potranno essere obiettivi relativi alla posizione competitiva. Le
aziende pubbliche o non profit, ma anche molte imprese, includeranno anche obiettivi
riconducibili alla sfera sociale e ambientale, coerentemente alle responsabi lità che le aziende
assumono nei confronti dell’intera società.
– Ambito competitivo, ossia i business in cui operare (le attività svolte, i mercati e i clienti serviti)
e il livello di integrazione verticale.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

– Vantaggio competitivo, ossia attributi sui quali si intende fare leva per soddisfare i propri clienti
e attraverso ciò raggiungere gli obiettivi perseguiti.
SWOT è l’acronimo di quattro parole inglesi Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats
(forze, debolezze, opportunità, minacce).
Metodologia più diffusa per definire il quadro strategico di un’azienda e consente di esaminare la
posizione competitiva dell’azienda e valutare le opzioni strategiche disponibili.
Quando correttamente applicata mantiene sullo stesso piano la prospettiva esterna che, attraverso
l’esame dell’ambiente generale e del sistema competitivo, mette in luce le opportunità e le minacce
che l’ambiente presenta e la prospettiva interna che, attraverso l’analisi dell’assetto aziendale,
consente di individuare i punti di forza e di debolezza dell’azienda. L’analisi SWOT si svolge
identificando una lista, che non deve essere troppo lunga, di fattori interni e esterni rilevanti per le
prospettive strategiche dell’azienda cui sono assegnati punteggi positivi e negativi.

Esempio: analisi SWOT per l’apertura di un nuovo ristorante

Non consente di per sé di identificare e sviluppare strategie efficaci, non sono possibili ricette
generali o soluzioni predefinite.
Ha il grande pregio di costringere la dirigenza aziendale a riconoscere l’influenza reciproca che
esiste tra l’ambiente e l’impresa e, quindi, a considerare entrambi questi elementi nello sviluppo
della strategia.
Porta a ragionare su quali siano gli elementi della prospettiva interna che possono essere valorizzati
e quali le opportunità che la prospettiva esterna può presentare.
Può offrire l’occasione per una riflessione in profondità, per l’esplicitazione di tutte le variabili in
campo.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Il processo di formazione della strategia:


1. Analisi oggettiva dell’ambiente esterno ed interno (la propria organizzazione e dove opera).
2. Formulazione di una strategia che massimizzi le opportunità di successo.
3. Implementazione.
► Attraverso sistemi di analisi e pianificazione formale
Ma… si procede davvero così? La coerenza può emergere (anche) incrementalmente da complessi
processi di azioni e decisioni a diversi livelli e in diversi tempi.

Il più delle volte: combinazione di strategie deliberate ed emergenti.


Componente deliberata: direzioni strategiche generali (per stabilire la mission, i macro-obiettivi…).
… discrezionalità e aggiustamenti incrementali/prove&errori su come raggiungere i macro-
obiettivi.
Tipicamente: più il contesto è dinamico, più grande è il ruolo delle strategie emergenti.
Il contenuto strategico: differenziazione e leadership di costo:
La strategia di business definisce, quindi, le modalità con cui l’azienda compete all’interno dello
spazio strategico che decide di occupare.
Definire la strategia di business implica un vasto insieme di decisioni e la combinazione di tutte le
variabili in gioco può dar luogo a pressoché infinite strategie competitive, caratterizzate da un vario
livello di efficacia sotto il profilo competitivo e dei risultati cui possono condurre.
Alla base di una strategia di successo esiste sempre una componente innovativa, l’individuazione di
una formula che è in grado di distinguere l’azienda dalla concorrenza e determinare una migliore
compatibilità dell’assetto aziendale con le caratteristiche dell’ambiente.
Ciononostante, è possibile ricondurre le
strategie di business, nelle loro caratteristiche
essenziali, a due modelli generici. Il primo
consiste nel puntare a realizzare un prodotto
standard a costi strutturalmente più bassi dei
propri concorrenti. Il secondo nel tentativo di
offrire un prodotto o un servizio differente,
con qualità particolari, per il quale i clienti
siano disponibili a pagare un prezzo maggiore.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Nel primo caso si persegue un vantaggio di costo e, in caso di successo, si otterrà una posizione nel
mercato detta leadership di costo. Le aziende che perseguono la leadership di costo adottano tutte
le soluzioni tecnologiche, organizzative e progettuali capaci di ridurre il costo totale per il cliente.
Nel secondo caso si persegue un vantaggio di differenziazione, cercando di offrire al cliente
qualcosa di unico che ha valore tale da giustificare la richiesta di prezzo più elevato. Per ess ere
efficace, una strategia basata sulla differenziazione deve arricchire il prodotto di attributi materiali e
immateriali riconosciuti e apprezzati dal cliente. Le leve fondamentali per le strategie di
differenziazione attengono all’innovazione funzionale (cioè prodotti in grado di svolgere funzioni
nuove), al design, alla comunicazione.
Le due strategie possono essere indirizzate ad un intero settore o, più frequentemente ad un suo
segmento. In questo caso si perseguirà una strategia di focalizzazione, e l’offerta sarà indirizzata
ad una specifica nicchia di mercato caratterizzata da bisogni specifici.
1. La leadership di costo
• Obiettivo: produzione low-cost
• Risorse e competenze:
accesso privilegiato a certe risorse;
beni facili da produrre;
buon network di risorse;
economie di esperienza.
• Condizioni organizzative:
attenzione incentrata sul controllo
dei costi;
economie di scala;
incentivi orientati a target quantitativi;
di solito: ottenibili dopo grandi investimenti iniziali/quota di mercato già controllata.
> Il vantaggio di costo.
2. La differenziazione
• Obiettivo: prodotto unico e non
sostituibile (per brand, design,
servizi aggiuntivi, tecnologia,
ecc.)
• Risorse e competenze:
forti competenze di marketing;
creatività;
lunga esperienza nel settore o
combinazione di competenze da altri
settori.
• Condizioni organizzative:
buon coordinamento tra marketing, ricerca, sviluppo del prodotto, ecc.;
incentivi per target qualitativi;
capacità;
personale creativo/scientifico/qualificato.
> Il vantaggio di differenziazione.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

3. La focalizzazione
• Obiettivo: focalizzazione su un particolare segmento di consumatori, o della linea di prodotto,
o del mercato geografico…
• Risorse e competenze e condizioni organizzative:
tipiche delle produzioni low cost per quella nicchia;
o tipiche delle produzioni differenziate per quella nicchia.

In sintesi:
→ La strategia di un’organizzazione dipende anche, e in modo essenziale, dall’ «ambiente
interno», ovvero dall’assetto di risorse e competenze specifiche dell’organizzazione → saper
riconoscere e valutare quali sono le risorse e competenze chiave è importante per capire le
possibilità di successo orientare le decisioni strategiche.
→ Ma il valore dell’ambiente interno dipende in parte anche dall’ambiente esterno e viceversa →
la strategia deve essere il frutto di coerenza tra le risorse e competenze che una organizzazione
ha e le opportunità e minacce poste dall’ambiente.
→ La strategia è l’orientamento a lungo termine che un’organizzazione mette in atto, è solo in
parte pianificabile, può essere formalizzata in un documento come no.
→ A seconda che un’organizzazione sia orientata ad ottenere un vantaggio competitivo dal
contenimento dei costi, dalla differenziazione della propria offerta, o dalla focalizzazione su una
particolare nicchia:
Strategie di leadership di costo;
Strategie di differenziazione;
Strategie di focus.

Il modello organizzativo (Cap. 7)


1. La struttura organizzativa
Cos’è la struttura organizzativa:
L’insieme delle modalità in cui è possibile suddividere il lavoro in specifici compiti e le rispettive
modalità di coordinamento tra gli stessi. Essa identifica:
• gli organi tra cui è suddiviso il lavoro;
• le funzioni assegnate a tali organi;

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• le relazioni tra gli organi stessi


Elementi costitutivi delle strutture organizzative:
• formalizzazione, il grado in cui le decisioni e i rapporti di lavoro sono governati da regole
formali al fine della definizione delle autorità, del controllo e del coordinamento tra i vari
organi. Molto spesso organizzazioni altamente formalizzate hanno documenti come regolamenti
per la governance, o dei mansionari;
• centralizzazione, il grado in cui il top management detiene l’autorità decisionale. Esistono
organizzazioni più decentrate dove vige molta delega ed altre organizzazioni più gerarchiche e
burocratizzate;
• specializzazione, il grado in cui i compiti e le attività sono suddivise nell’organizzazione. Le
diverse unità organizzative possono essere più o meno specializzate;
• integrazione, il grado di integrazione dei meccanismi, come task force, create ai fini di un
migliore coordinamento orizzontale tra le unità/sub-unità.
Caso A: organizzazione informale perché non c’è ancora un regolamento, semplicemente il
ristorante si organizza informalmente per realizzare il servizio. Organizzazione altamente
centralizzata nel potere dei proprietari. Specializzazione molto bassa.
Caso B: l’organizzazione inizia a diventare più complesso, ma ancora il livello di formalizzazione è
medio-basso. La specializzazione aumenta perché ora i proprietari si occupano solo della cucina e
non più di servire anche ai tavoli, compito riservato solo ai camerieri. Si iniziano a differenziare le
funzioni a livello verticale. La centralizzazione è ancora molto alta.
Caso C: specializzazione per macro-funzione, perché si creano due divisioni interne
dell’organizzazione, cucina e sala. Bob in cucina assume dei cuochi, che avranno un potere
decisionale sulle scelte da fare in cucina e che coordineranno il lavoro del personale di cucina.
Quindi, si ha un’ulteriore specializzazione verticalizzata dei ruoli. Il potere decisionale inizia ad
essere un po’ meno accentrato. Con 29 dipendenti è possibile che sia formalizzata la divisione dei
ruoli, cioè messo nero su bianco chi risponde a chi.
Caso D: il personale è formato da 52 dipendenti, così Bob e Amanda assumono un responsabile dei
servizi del ristorante, a capo della squadra di manutenzione interna al ristorante. Sviluppando una
terza funzione, la specializzazione aumenta per far fronte alle esigenze provenienti dallo stesso
business, dalla strategia che evolve, dalle sollecitazioni ambientali della domanda, etc.
Caso E: vengono aperti nuovi ristoranti sempre sotto la proprietà di Bob e Amanda. Le funzioni di
supporto, come gli acquisti e il marketing, sono tenute a livello centrale, quindi sotto la loro
supervisione diretta. Assumono dei responsabili, cioè dei manager, sia per la cucina che per la sala
per ogni ristorante nuovo aperto. La specializzazione ormai è alta, sia internamente per ciascun
ristorante sia per una macro-specializzazione per unità di business (per punto vendita): ogni
ristorante replica la struttura specializzata dell’originale. Sarà stata stabilita anche una
formalizzazione. La struttura organizzativa è più decentrata, perché Bob e Amanda pur restando i
top management, non prendono più tutte le decisioni in cucina e in sala: a questo punto si occupano
solo dell’alta direzione e delegano tutte le funzioni manageriali più operative ai responsabili che
assumono a capo di ogni ristorante. Bob e Amanda supervisionano le funzioni centrali di supporto
(acquisti, marketing, contabilità), che anch’esse richiedono una specializzazione, ma il potere
decisionale è altamente decentrato.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• differenziazione: il modo in cui un’organizzazione alloca persone e risorse a diversi compiti.


Meccanismo che porta alla generazione della struttura organizzativa.
- verticale: persone e risorse divise per compiti secondo gerarchia di autorità (per livelli).
Es. Le persone assumono nuovi incarichi secondo necessità e non è chiaro chi è responsabile di
cosa, chi riporta a chi, chi chiamare quando si crea un bisogno, etc. → bisogno di differenziazione
verticale, per livelli.
- orizzontale: persone e risorse divise per compiti secondo ruoli e funzioni diverse (per
funzioni o divisioni, cioè “compiti diversi”)
Es. Le persone hanno bisogno di confrontarsi con altri collaboratori con conoscenze simili, o di
usare strumenti e tecniche in comune, o di lavorare insieme per uno stesso prodotto → tendono a
raggrupparsi con altri collaboratori con ruoli simili o interconnessi → differenziazione orizzontale,
per funzioni o divisioni.
N.B. La specializzazione è una forma di differenziazione: la specializzazione per funzioni e
divisioni è la differenziazione orizzontale.
Compromesso tra differenziazione e integrazione delle strutture organizzative: più differenzio
l’organizzazione, più ho bisogno di un “collante” che tenga insieme tutti i diversi organi
specializzati. Questa è l’esigenza contestuale alla differenziazione dell’integrazione: più differenzio,
più ho bisogno di istituire dei meccanismi integrativi per non frammentare l’organizzazione.
L’integrazione è l’insieme di meccanismi, molto spesso informali ma anche formali, che vengono
messi in atto per garantire coesione tra le diverse parti della struttura organizzativa.

A che cosa serve la struttura organizzativa:


Il grado in cui un’azienda è centralizzata, formalizzata, standardizzata e integrata influenza i
comportamenti delle persone → efficacia aziendale: capacità di realizzare e di perseguire le finalità
istituzionali.
I lavori più creativi, o più basati sulle conoscenze tecniche professionali, tipicamente sono
caratterizzati da alti livelli di decentramento. Mentre, i lavori più esecutivi necessitano di una
struttura più formalizzata, più centralizzata.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

La struttura organizzativa incide su:


• Maggiore o minore facilità di coordinamento tra le attività e flusso di informazioni. Una
struttura ben organizzata permette maggior coordinamento tra le parti e il flusso di informazioni.
• Velocità di produzione di beni/servizi.
• Natura ed estensione della supervisione necessaria e attribuzione di poteri decisionali.
• Interazione tra i lavoratori e la costruzione di relazioni e opportunità di collaborazione.
Anche se informale e minima, esiste un’organizzazione laddove c’è un coordinamento di azioni e
decisioni per uno scopo.
Gli archetipi di struttura organizzativa:
a) Struttura elementare, o semplice:
Caratteristiche generali:
• struttura tipica delle piccole
organizzazioni governate da un
unico amministratore delegato,
spesso coincidente con la figura del
proprietario;
• bassa specializzazione;
• bassa burocratizzazione;
• bassa formalizzazione;
• integrazione formale molto alta.

b) Struttura funzionale:
Caratteristiche
generali:
• struttura di piccole
organizzazioni che
hanno superato la
fase imprenditoriale
e nelle grandi
organizzazioni che
producono una
varietà limitata di
prodotti o di servizi
(es. museo);
• progettata per suddividere il lavoro direttivo secondo il criterio della specializzazione
funzionale;
• differenziazione orizzontale.
La direzione generale è molto spesso coadiuvata dagli organi di staff, o unità organizzative di
supporto, che svolgono attività come la contabilità, l’attività legale, il controllo di gestione, la
manutenzione, l’ufficio tecnico, etc.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

c) Struttura (multi)-divisionale:
Caratteristiche
generali:
• suddivisione del
lavoro direttivo sulla
base della
specializzazione del
business, del
prodotto, di
geografia o del
mercato;
• maggiore livello di
diversificazione;
• elevata
formalizzazione.

Al vertice della direzione aziendale si ha un top management, coadiuvato da alcune funzioni che
sono tenute a livello centrale. Poi l’attività è articolata in divisioni, in cui si replicano alcune
funzioni all’interno di ciascuna divisione. C’è una specializzazione per funzione sia a livello di
direzione aziendale, che di direzione di divisione.
Si definisce struttura multi-divisionale una struttura in cui divisioni autonome dispongono di
proprie funzioni di supporto.
d) Struttura a matrice:

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Combinazione di due specializzazioni, ovvero due differenziazioni orizzontali diverse: una per
funzione e una per diversi progetti con a capo il proprio manager. L’organizzazione si dice a
matrice perché internamente opera tramite squadre legate a progetti diversi (team di progetto), dove
i diversi membri del gruppo risponderanno sia al project manager specifico sia a chi è a capo della
mia funzione (es. ricerca & sviluppo).
Caratteristiche generali:
• suddivisione del lavoro e delle risorse è progettata simultaneamente secondo due dimensioni
organizzative: funzione e prodotto/progetto;
• Struttura adatta ad organizzazioni con attività legata a progetti complessi (es. commesse di
durata pluriennale).
L’allineamento tra struttura organizzativa e strategia aziendale:
Strutture organizzative diverse (elementare,
funzionale, multi-divisionale e a matrice)
presentate in un ordine crescente di complessità e
tendono a rispondere a tipi di strategia aziendali
diverse.
Molti studiosi si sono chiesti a lungo se è la
strategia che determina un certo tipo di struttura
o viceversa, in generale:

È un processo di coevoluzione tra strategia e


struttura: più cresce l’attività e più si complica,
più è facile che si passi da una struttura organizzativa elementare ad una struttura organizzativa
specializzata per funzioni, progressivamente anche per divisioni, fino ad arrivare ad una struttura
matriciale.
Oltre gli archetipi: I nuovi modelli di struttura organizzativa:
Anche nelle forme organizzative più semplici esistono delle gerarchie. Tuttavia, negli ultimi
decenni si stanno formando delle nuove strutture organizzative che rispondono sempre meno al
modello classico della gerarchia, perché?
Nuove condizioni di mercato richiedono che la struttura si faccia più piatta, meno gerarchica, più
fluida e persino virtuale.
La nascita del modello boundaryless (o virtuale) = un'organizzazione che elimina le tradizionali
barriere, cioè dove i confini in diversi sensi cominciano a sfumare:
• barriere verticali tra livelli e categorie di persone all’interno dell’impresa;
• barriere orizzontali tra funzioni e dipartimenti;
• barriere esterne tra l’organizzazione e i suoi fornitori, clienti e regolatori → organizzazioni a
network/rete, cioè organizzazioni anche legalmente identificabili come entità diverse ma che
collaborano sempre più in maniera contrattuale con altri competitor, con fornitori e clienti in
certi casi;

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• barriere geografiche tra sedi, culture e mercati.


All’interno del macro-modello relativo alle strutture virtuali (boundaryless) vi sono diversi tipi di
organizzazioni senza confini:
1. Team: L'intera organizzazione può funzionare come una squadra (dove si collabora, facendo
ognuno un pezzettino di qualcosa, senza che vi siano relazioni gerarchiche) o può essere una
combinazione di poche squadre che si coordinano tra loro.
2. I network (o reti): La struttura a rete consiste in un gruppo di diverse organizzazioni le cui
azioni sono coordinate da contratti e accordi piuttosto che attraverso una gerarchia formale di
autorità. Il successo dipende dal coordinamento e dal controllo delle relazioni esterne.
3. Partnership o alleanze: A causa della competizione globale le aziende instaurano partnership e
alleanze con altre aziende per diversificare il rischio delle loro attività (mettersi insieme per
poter essere più competitivi sul mercato).
4. Comunità/Team autogestiti: Tipica delle tecnologie Web 2.0 permettono il livellamento della
gerarchia e la rimozione della burocratizzazione dei processi, con conseguente maggiore
soddisfazione dei dipendenti e risultati più solidi. I team assumono la vera proprietà e
responsabilità di un prodotto o servizio.
5. Teal organization: L’adozione di forme avanzate di autogestione e auto-organizzazione; la
valorizzazione della persona nella sua interezza (wholeness); la presenza di uno scopo aziendale
evolutivo condiviso.
Odierna volontà di superamento della gerarchia grazie all’adozione di quella che viene definita
“holacracy” (governo della plebe, dal basso, l’autogestirsi).
In sintesi:
→ Con il crescere e il complessificarsi della propria attività e dell’ambiente esterno, le
organizzazioni hanno spesso bisogno di dotarsi di una struttura.
→ La struttura specifica di un’organizzazione emerge da processi di differenziazione verticale e
orizzontale, nonché da meccanismi di integrazione.
→ Questi possono essere più o meno formalizzati, centralizzati e specializzati.
→ Forme archetipiche: strutture semplici, funzionali, divisionali e a matrice.
→ Nuove tentenze: andare oltre la struttura formale, nuove forme di superamento delle barriere
verticali (tra livelli), orizzontali (tra funzioni), esterne (tra clienti, partner, fornitori), geografiche
(tra sedi, culture, mercati).

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

L’economicità (Cap. 8)
1. Le performance aziendali
Le aziende esistono per perseguire
le proprie finalità istituzionali (che
siano di tipo economico, sociale,
culturale, ricreativo, sportivo,
morale, politico, etc.). Per
perseguire le proprie finalità
istituzionali è necessario che le
aziende possano durare nel tempo
in un ambiente mutevole e svolgere
la loro azione in modo
relativamente autonomo. Per
esempio, quando un comune, o un
altro ente pubblico, viene
commissariato per problemi di corruzione, per gravi problemi di bilancio, ovvero dove si reputa che
ci sia la necessità di sospendere temporaneamente l’autonomia dell’ente e preporre alla sua gestione
temporaneamente un commissario straordinario.
Affinché il perseguimento delle finalità istituzionali possa durare nel tempo è evidentemente
necessario che anche l’azienda duri nel tempo.
Quindi, le due condizioni necessarie per il sussistere dell’azienda sono:
• l’autonomia, capacità di operare con le risorse che l’azienda riesce a procurarsi a vario titolo,
senza il ricorso a sussidi di terzi che intervengono nel perseguimento di finalità diverse, e
talvolta dissonanti. Essa è condizione indispensabile per il mantenimento nel tempo dei fini
aziendali: infatti, un’azienda che perde la sua autonomia si trova inevitabilmente a dover
perseguire le finalità del soggetto che la condiziona, e questo non può che andare a scapito del
perseguimento delle finalità istituzionali.
• la durabilità, che deve essere commisurata, infatti, a quella delle finalità che l’azienda stessa
deve contribuire a perseguire: poiché le finalità istituzionali non sono costituite di norma da
traguardi che si raggiungono una volta per tutte, ma rispondono ad esigenze che permangono, si
rinnovano ed evolvono nel tempo, è ovvio che solo le aziende che riescono a durare nel tempo
sono idonee a soddisfarle.
Se nasco come azienda per rispondere a dei bisogni
producendo dei beni e dei servizi, per continuare ad
esistere è necessario mettere in piedi le condizioni che
permettano la mia autonomia da un lato e la mia
durabilità dall’altro.
Economicità: la capacità di durare nel tempo
(durabilità), perseguendo le proprie finalità
istituzionali (autonomia), massimizzando l’utilità delle
risorse impiegate. Se utilizzo al meglio le risorse
disponibili che ho, sto agendo secondo il principio di
economicità e garantisco la possibilità di agire in
relativa autonomia e soprattutto di durare nel tempo.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

La valutazione delle performance: efficacia ed efficienza:


Efficacia: capacità di perseguire le finalità istituzionali. L’azienda agisce in modo efficace se riesco
ad avvicinarmi alle mie finalità istituzionali.
Efficienza: capacità di impiegare razionalmente le risorse. Essenzialmente lavorare senza sprechi,
utilizzando al meglio le risorse disponibili. Tanto più viene impiegata razionalmente la risorsa
scarsa e utile (es. tempo per la preparazione degli esami) quanto più si lavora in maniera efficiente.
Quale delle due dimensioni di performance è più rilevante?
Per esempio, se un ospedale è sempre più spinto a lavorare con meno sprechi di risorse pubbliche e
quindi attua la pratica di ridurre le giornate di degenza media di un paziente (misura di efficienza
perché usa meno risorse pubbliche), perché le giornate di ricovero sono un costo per la società.
Tuttavia, dimettere prima un paziente può anche portare sulla grande massa a dimettere dei pazienti
che non sono perfettamente guariti. Questo si può ritorcere contro sulla performance di efficacia nel
lungo termine perché si può tradurre in ri-ospedalizzazioni successive.
D’altra parte, casi di aziende che lavorano massimizzando l’efficacia con meno att enzione
all’efficienza. Per esempio, un teatro che realizza performance musicali di alto livello non badando
alle risorse a disposizione, magari perché è in una situazione di disponibilità di risorse, nel lungo
andare si può ritorcere contro, anche all’efficacia stessa, perché crea un’erosione di risorse per
l’organizzazione stessa e non permette di mantenere la condizione di efficacia, quindi di durabilità
di quel servizio.
• L’efficacia è importante per le finalità istituzionali, ma l’efficienza è strumentale
all’efficacia, quindi:
vanno valutate congiuntamente poiché:
• l’efficacia potrebbe essere conseguita anche in presenza di livelli di efficienza molto ridotti,
ma nel lungo tempo non è sostenibile;
• un’elevata efficienza non basta ad assicurare l'efficacia.
È sempre un compromesso tra la logica dell’efficienza e dell’efficacia. Si tratta sempre di valutarle
congiuntamente.
Il processo produttivo: input, output e outcome:
È possibile visualizzare in via schematica il processo di
produzione di beni/servizi come l’immissione di input (fattori
produttivi), lo svolgimento delle attività a partire da quegli input,
che generano degli output (risultato immediato, cioè il
bene/servizio immediatamente prodotto), che a loro volta
generano un outcome (effetto/impatto generato dal prodotto).
Esempio 1: un mobilificio (realizzo mobili). Gli input sono i
materiali, le ore di lavoro, il capitale immesso, etc. Gli output
sono i mobili. Nelle imprese, aziende di produzione per il
mercato, l’output coincide tipicamente con l’outcome: la finalità
istituzionale delle imprese è quella della realizzazione di profitti
dalla produzione e vendita sul mercato, per cui la traduzione
economica dell’output sarà anche l’outcome, cioè l’impatto che
ho che corrisponde con la mia finalità istituzionale.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Esempio 2: piccola azienda culturale che decide di realizzare un festival cinematografico di


cortometraggi di diversi film makers emergenti. I fattori produttivi sono i cortometraggi, quindi
avrò bisogno di contatti con gli artisti emergenti, il personale per lo svolgimento dell’attività, di
materiali, di servizi di sicurezza, etc. L’output sarà la riproduzione del cortometraggio, quindi lo
stesso festival. Gli outcome potrebbero essere i valori trasmessi attraverso i corti, far conoscere
artisti emergenti. L’outcome va valutato a seconda di qual è la finalità istituzionale.
La valutazione delle performance: i termini di confronto:
Dove si realizzano l’efficienza e l’efficacia nel processo produttivo?
• Efficienza nel rapporto tra input e output, perché, essendo essa l’uso più razionale possibile delle
risorse spesso limitate a disposizione, avrò più efficienza se minore è il rapporto degli input
sugli output. Meno risorse avrò utilizzato per uno stesso livello di output, più sarò stato
efficiente; viceversa, avrò efficienza anche se massimizzo il rapporto degli output sugli input,
cioè quanto un’unità di fattore produttivo mi riesce a realizzare in termini di output.
Es. quanto lavoro riesce a produrre un operaio in un’ora.
• Efficacia è valutata nella valutazione dell’outcome.
Gli indicatori di efficienza:
• negli input
quantità di fattori impiegati (es. il legno, la materia prima come fattore produttivo),
costi dei fattori impiegati (es. costo del legno, il valore dei fattori produttivi).
• negli output
quantità di beni o servizi prodotti (es. quanti tavoli produco, la realizzazione di una lezione in
università),
valore della produzione-vendita (es. quanto fatturo dalla vendita di quei tavoli),
tipi di output (es. la varietà di mobili),
qualità degli output.
Gli indicatori di efficacia:
• negli outcome
valore della produzione-vendita (il fatturato è misura di efficacia per le imprese),
per tutte le organizzazioni soprattutto nell’ambito del nonprofit e del pubblico ha senso cercare
risultati intermedi (es. voto di laurea, tempo passato dalla laurea al primo impiego),
indizi di risultati futuri,
risultati futuri.
Per esprimere un giudizio di efficienza, vanno effettuati confronti:
• con le performance dello stesso oggetto di osservazione in intervalli temporali precedenti,
per esempio quanto sto lavorando efficientemente quest’anno rispetto all’anno scorso, o
questo mese rispetto al mese scorso, etc. esprimendo un termine di confronto per esprimere
un giudizio sulla dimensione dell’efficienza come performance aziendale;
• con le performance di oggetti ritenuti similari ottenute in intervalli temporali precedenti o
simultanei (benchmarking, che sono dei termini di paragone come altre aziende, altri
concorrenti, che io reputo i migliori della classe nel mio settore. Es. il dipartimento di
filosofia e beni culturali rispetto al dipartimento di lingue, oppure Ca’ Foscari con altre
università);

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

• con delle ipotetiche performance prescelte come obiettivi per l’oggetto di osservazione, cioè
rispetto ad obiettivi di budget (= programmazione di obiettivi/target operativi da
raggiungere), rispetto a dei target che mi sono prefissato
Per esprimere un giudizio di efficacia i confronti temporali e i confronti con altre realtà non sono
significativi, perché l’efficacia dipende da qual è la mia finalità istituzionale e come questa viene
declinata, quindi l’efficacia è specifica per ogni organizzazione in oggetto. Per cui, sono necessari
degli espliciti pronunciamenti sugli obiettivi da raggiungere.
2. Le condizioni di equilibrio

Equilibrio economico, patrimoniale e finanziario sono i requisiti minimi vitali per le aziende, che
consentono (ma non assicurano) il raggiungimento delle finalità istituzionali.
Le grandezze di riferimento:
Equilibrio economico
• Costi = oneri che derivano dall’approvvigionamento e dall’impiego dei fattori produttivi (o dai
trasferimenti “passivi” verso altre aziende, che si hanno quando le aziende destinano delle
risorse ad altri enti), cioè il valore delle risorse che un’organizzazione utilizza per il processo
produttivo
• Ricavi = proventi che derivano dalla vendita di beni e servizi ai clienti dell’azienda (o da
trasferimenti “attivi”, cioè quei contributi da soggetti pubblici o privati che l’organizzazione
riesce ad attrarre a sostegno dello svolgimento della sua attività)
L’equilibrio economico lo vediamo in quella parte del bilancio che si chiama conto economico.
Equilibrio patrimoniale
• Impieghi di capitale (attivo) = attività correnti (disponibilità liquide in cassa, disponibilità
finanziarie in banca e rimanenze) e immobilizzazioni (le risorse a fecondità ripetuta)
• Fonti di finanziamento (passivo) = capitale di terzi (debiti), e capitale proprio
Il bilanciamento tra impieghi e fonti è ciò che determina l’equilibrio patrimoniale, che si vede in
quella parte del bilancio che si chiama stato patrimoniale.
Equilibrio finanziario
• Uscite = esborsi di mezzi di pagamento per pagare beni e servizi acquisiti, remunerare il lavoro
(e remunerare il capitale investito per le imprese)
• Entrate = incassi di mezzi di pagamento da vendite, finanziamento di terzi o aumento di
capitale proprio

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Le entrate e le uscite di cassa mi danno un’idea di quelli che sono i flussi di cassa, la dinamica
monetaria della liquidità di cassa, delle disponibilità di denaro liquido.
Una cosa è ricavare dalla vendita dei tavoli 100mila euro, un’altra è incassare dalla vendita dei
tavoli 100mila euro: non è detto che i clienti paghino immediatamente. Questo si interseca con tutta
la dinamica di debiti e crediti e che ha a che vedere con l’equilibrio patrimoniale.
L’equilibrio economico:
Equilibrio economico: attitudine ad operare in condizioni che consentano almeno di ripristinare la
ricchezza consumata nello svolgimento della gestione. Vuol dire, quindi, lavorare in condizioni in
cui perlomeno la totalità dei costi pareggi la totalità dei ricavi, quindi in condizioni di equilibrio
economico.
Ciò significa che la ricchezza consumata, cioè la totalità dei miei costi per la realizzazione del mio
servizio/bene, deve coincidere con la ricchezza ripristinata, ovvero con il valore della produzione
del mio servizio/bene:
ricchezza consumata ≡ ricchezza ripristinata
Quindi, l’equilibrio economico dipende da grandezze di carattere dinamico (flusso economico) e si
misura in un certo intervallo temporale, che di solito è un anno, perché va mantenuto in un’ottica di
medio-lungo termine. Quindi, questo intervallo temporale deve essere abbastanza ampio per poter
cogliere l’effetto della gestione nella produzione del servizio. Infatti, di solito si realizzano i conti
economici in un esercizio temporale che è di solito l’anno, che corrisponde all’anno solare, in cui
possono vedere quanta ricchezza è stata creata e quanta ne è stata erosa.
Determinanti dell’equilibrio economico (variazioni della ricchezza per effetto della gestione):
• consumo della ricchezza, viene espresso attraverso i costi e gli altri oneri, come ad esempio:
costi dei beni e dei servizi impiegati (fattori produttivi), come le materie, il lavoro, etc. +
oneri derivanti da trasferimenti verso altre aziende, come le imposte da pagare, le liberalità, etc.
• ripristino della ricchezza, viene espresso attraverso i ricavi e gli altri proventi, come ad
esempio:
ricavi derivanti dalla cessione dei beni e dei servizi prodotti dall’azienda, che per le imprese sul
mercato sono principalmente i ricavi di vendita. Mentre per le organizzazioni pubbliche o del
terzo settore, la totalità del fatturato dei ricavi dalla vendita, per esempio i biglietti per una
stagione teatrale, non sarà mai sufficiente a ricoprire la totalità dei costi di realizzazione della
stagione teatrale. Per questo tipo di aziende non si pretende che si possano mantenere
autonomamente dalla sola attività di vendita del servizio sul mercato +
proventi derivanti da trasferimenti da altre aziende, come i contributi in conto esercizio, imposte
da riscuotere, le quote associative etc.
L’influsso della gestione della produzione sull’equilibrio economico:
1) L’azienda acquisisce i fattori produttivi, a fecondità semplice o ripetuta.
2) Attività del processo produttivo, cioè di trasformazione fisica, spaziale o temporale dei fattori
produttivi.
3) Conclusa l’attività di trasformazione, si avrà la cessione di beni e servizi.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Sia l’acquisizione di fattori produttivi che la cessione di beni e servizi sono da esprimere in forma
quantitativo monetaria:

Il confronto tra costi e ricavi è ciò che mi misura il risultato economico, ovvero il reddito di
esercizio.
Se ricavi > costi → risultato economico (reddito) positivo → generazione dell’utile/profitto.
N.B. Il profitto non è vietato/non auspicabile per le aziende nonprofit, semplicemente non viene
ripartito tra i soci ma reinvestito come capitale per alimentare il processo produttivo dei periodi
successivi.
Se ricavi ˂ costi → risultato economico (reddito) negativo → generazione di una perdita
Elementi che influiscono sull’equilibrio economico

VARIAZIONI DELLA RICCHEZZA


PER EFFETTO DELLA GESTIONE

Consumo Ripristino
Gestione della • Costi di impiego dei fattori • Corrispettivi per la cessione
produzione produttivi di beni e servizi (ricavi,
contributi, quote
associative, ticket ecc.)
Trasferimenti • Imposte • Imposte
• Donazioni e contributi a • Donazioni e contributi a
fondo perduto fondo perduto
• Devoluzioni finalizzate • Devoluzioni finalizzate
Gestione • Costi di gestione degli • Proventi patrimoniali (divi-
patrimoniale e investimenti patrimoniali dendi, canoni di locazione)
gestione finanziaria • Svalutazioni e minusvalenze • Plusvalenze
attiva • Proventi finanziari
Gestione finanziaria • Oneri finanziari
passiva

Esempio di analisi dell’equilibrio economico: caso HERITAGE MALTA di cui viene riportato di
seguito il conto economico, che è quella parte del bilancio in cui vengono riscritti i costi e i ricavi e
la differenza tra costi e ricavi.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Ripristino della ricchezza, ovvero tutte le


diverse voci di ricavo: dalla gestione della
produzione (ricavi propri, earned income,
composti da quasi totalmente i biglietti
d’ingresso) + dai trasferimenti
(contributi/finanziamento pubblico,
consolidated fund)
Consumo della ricchezza, ovvero tutte
quelle voci che vanno a diminuire la
ricchezza dell’ente: dalla gestione della
produzione (costi, di cui una gran parte
costituita dai salari, cioè dai costi del
personale) + dalla gestione patrimoniale (in
questo caso dalle quote di ammortamento,
depreciation, delle immobilizzazioni) + dalla
gestione finanziaria (oneri bancari, interessi)
Risultato economico, deficit/surplus: totale
dei ricavi – totale dei costi

► Analisi dell’equilibrio economico su anno focus: composizione di costi e ricavi e peso relativo
di diverse voci.
Per l’anno 2005-2006 c’è un risultato positivo (157.366 Lm), infatti i ricavi (3.295.742 Lm) >
dei costi (3.141.351 Lm). Notiamo, però, che un po’ meno della metà dei ricavi è data dai ricavi
propri, mentre il restante è dato dai contributi finanziari.
► Analisi dell’andamento di costi, ricavi e risultato economico nel tempo.
► Trarre considerazioni sull’equilibrio economico complessivo e la sua dinamica nel tempo.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

In sintesi:
→ Per continuare a perseguire le proprie finalità istituzionali, le aziende hanno bisogno di
autonomia e durabilità: queste sono le condizioni di sussistenza dell’azienda
→ Per essere autonoma e durevole, l’azienda deve agire in economicità, ovvero saper
massimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili
→ L’economicità dipende dalla simultanea performance in termini di efficacia e di efficienza, e si
fonda sull’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario
→ Focus sull’equilibrio economico: vuol dire riuscire almeno ad operare in pareggio, ovvero non
consumare più ricchezza di quella che si riesce a creare (costi </= ricavi)

I modelli contabili (Cap. 9)


1. I modelli contabili
Le informazioni di cui necessitano le aziende per monitorare la propria economicità sono per lo più
informazioni quantitative (monetarie e non), perché si tratta di misurare la performance in termini di
economicità.
Monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza:
• Nel caso delle imprese, si Monitoraggio dell’efficacia e Monitoraggio delle
tratterà essenzialmente di dell’efficienz a condizioni di equilibrio
informazioni monetarie sia per Informazioni monetarie
il monitoraggio dell’efficacia Nelle (per singole parti
Informazioni monetarie
imprese dell’impresa anche non
che dell’efficienza (rapporto monetarie)
tra input e output, cioè il
rapporto tra il costo dei fattori Nelle aziende Informazioni monetarie
Informazioni monetarie
pubbliche e non monetarie
produttivi rispetto
all’ammontare della Nelle aziende
Informazioni monetarie
produzione). Poiché la finalità del terzo
e non monetarie
Informazioni monetarie
settore
istituzionale delle imprese
generalizzando è
essenzialmente quella di massimizzare i profitti, anche l’outcome, che è l’elemento con cui
possiamo cercare di cogliere la performance di efficacia, viene a coincidere con la
massimizzazione del profitto, per cui, ancora una volta informazione di tipo quantitativo
monetario.
• Nel caso delle aziende pubbliche e delle aziende del terzo settore, la performance in termini di
efficienza, cioè di razionale uso delle risorse, si misurerà sempre con informazioni quantitativo
monetarie. Altro è la performance in termini di efficacia, che cerchiamo di cogliere andando a
misurare l’outcome, cioè l’impatto che viene realizzato dalla produzione del bene/servizio si
misura in relazione a specifici obiettivi: queste aziende sono efficaci se stanno realizzando al
meglio il servizio per il quale sono nate. Come facciamo a dire quanto bene stanno realizzando
questo servizio? Dipende da quali erano gli obiettivi, o i sotto-obiettivi, specifici dedicati.
Monitoraggio delle condizioni di equilibrio (economico, patrimoniale, finanziario):
tutte le informazioni che ci servono per sapere quanto bene sta andando l’azienda in termini di
equilibrio sono di tipo quantitativo-monetario.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Contabilità economico patrimoniale, finanziaria, analitica:


Esistono due principali sistemi contabili, due sistemi di rappresentazione di queste informazioni
quantitativo-monetarie: contabilità generale e contabilità analitica.

Contabilità generale
Si compone di due configurazioni: la contabilità economico-patrimoniale e la contabilità
finanziaria. Questo tipo di contabilità ha per oggetto l’intera azienda, in questo senso si può parlare
di contabilità generale. In altri termini, con le informazioni che provengono dal sistema di
contabilità economico-patrimoniale e finanziaria cerco di misurare l’economicità, in termini di
efficienza, efficacia ed equilibrio dell’intera azienda.
Contabilità analitica
Tuttavia, l’attività di beni/servizi si svolge dentro all’azienda attraverso una serie di processi e
micro-processi; la stessa azienda è organizzata in diverse unità operative e settori interni, che tra di
loro prestano servizio l’uno all’altro, sono in relazioni di interdipendenze. Per cui, ci sono una serie
di scambi che avvengono anche all’interno della gestione caratteristica dell’azienda per la
realizzazione del bene o servizio. Anche tutti questi scambi interni all’azienda hanno una
dimensione economica. Quindi, la contabilità analitica ha per oggetto operazioni specifiche
all’interno del processo produttivo dell’attività dell’azienda dal punto di vista economico.
Contabilità economico-patrimoniale
Obiettivo: periodica rappresentazione del divenire della ricchezza aziendale negli aspetti:
• della sua consistenza (patrimonio o capitale);
• della sua variazione (reddito, il risultato operativo che viene realizzato nel periodo considerato,
tipicamente un anno).
Per cui, la contabilità economico-patrimoniale rileva due diverse serie di valori:
• valori finanziari, che hanno a che fare con gli impieghi e le fonti del capitale, quindi essi sono
relativi ai mezzi di pagamento, ai crediti e ai debiti;
• valori economici, relativi
– alla consistenza della ricchezza dell’azienda (valori economici di capitale), cioè l’entità del
capitale/patrimonio;
– ai motivi della sua variazione (valori economici di reddito), per cui costi e ricavi.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Il documento di sintesi dell’attività economico-patrimoniale è il bilancio d’esercizio. Il bilancio di


esercizio, quando completo, si compone di tre documenti tra loro logicamente connessi, chiamati le
tre tavole numeriche:
1) il conto economico rappresenta i valori economici che hanno a che vedere con le variazioni
della ricchezza nell’arco del periodo dell’esercizio: ricavi, costi, la loro differenza ossia il
reddito. Com’è variata la ricchezza nell’anno appena trascorso;
2) lo stato patrimoniale rappresenta il dettaglio e il totale degli impieghi e delle fonti del capitale.
Esso è la fotografia della ricchezza in termini di confronto di attività e passività di un’azienda in
un dato momento, di solito a chiusura dell’anno solare;
3) il rendiconto finanziario si basa su informazioni finanziarie che hanno a che vedere con le
entrate (incassi) e le uscite (esborsi). Esso viene di solito redatto registrando la totalità degli
incassi e dei pagamenti.
Contabilità finanziaria
È utilizzata soprattutto dagli enti pubblici, in particolare territoriali, nel processo di gestione del
bilancio per il mantenimento dell’equilibrio finanziario tra entrate ed uscite/spese.
Rileva una sola serie di valori derivanti dalle operazioni di gestione – cioè rileva soltanto i valori
finanziari – e si basa sul metodo della partita semplice (quando viene effettivamente pagata la
fattura? Con che ammontare? Per quale scopo?).
Finalità principale della contabilità finanziaria: funzione autorizzativa volta al controllo da parte
dell’organo deliberante/volitivo sull’organo esecutivo mediante l’approvazione del bilancio
finanziario di previsione.
Utilizza di tre tipi di scritture contabili:
1) le scritture preventive, che discendono dal bilancio finanziario di previsione (il preventivo di
quelli che saranno i flussi di entrate e di uscite all’interno di un periodo definito) e dai suoi
stanziamenti. Questo serve per stanziare diversi fondi a diverse destinazioni dell’organo della
pubblica amministrazione;
2) le scritture concomitanti correlate alla gestione vera e propria del processo di entrata e di spesa;
3) le scritture consuntive, che confluiscono nel rendiconto finanziario.
Schema esemplificativo di un bilancio finanziario di previsione di un comune, in cui il totale delle
entrate è rapportato al totale delle spese. Per essere in bilancio finanziario, le entrate devono
eguagliare perlomeno le spese. Se entrate > spese, allora avanzo di amministrazione. Se entrate <
spese, allora disavanzo di amministrazione.
Titolo 1 Entrate correnti di natura Titolo 1 Spese Correnti
tributaria, contributiva e
perequativa xxxx
Titolo 2 Trasferimenti correnti xxxx
Titolo 3 Entrate Extratributarie
xxxx xxxx
Titolo 4 Entrate in Conto Capitale xxxx Titolo 2 Spese in conto capitale xxxx
Titolo 5 Entrate da riduzione di Titolo 3 Spese per incremento di
attività finanziarie attività finanziarie
xxxx xxxx
Totale entrate finali x.xxxx Totale spese finali x.xxxx
Titolo 6 Accensione prestiti xxxx Titolo 4 Rimborso di prestiti xxxx
Titolo 7 Anticipazioni da istituto Titolo 5 Chiusura Anticipazioni da
tesoriere/cassiere istituto tesoriere/
xxxx cassiere
Titolo 8 Entrate per conto di terzi e Titolo 6 Chiusura Anticipazioni da
partite di giro istituto tesoriere/
cassiere
Totale Titoli xxxx Totale Titoli xxxx
Avanzo di amministrazione xxxx Disavanzo di Amministrazione xxxx
Totale complessivo Entrate x.xxxx Totale complessivo Spese x.xxx

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

La gestione di bilancio nella contabilità finanziaria


Le entrate e le spese nella contabilità finanziaria vanno distinte in diverse fasi che modulano
l’applicazione di due importanti principi: la competenza finanziaria e la cassa.
Se l’ente pubblico adotta il
principio di competenza
finanziaria: gli stanziamenti
in entrata rappresentano gli
accertamenti previsti, mentre gli stanziamenti in uscita rappresentano gli impegni previsti.
Se l’ente pubblico adotta il principio di cassa: gli stanziamenti in entrata rappresentano le
riscossioni previste mentre gli stanziamenti in uscita rappresentano i pagamenti previsti.
Contabilità analitica
La contabilità generale è obbligatoria per l’ente, mentre la contabilità analitica è facoltativa perché è
a servizio delle scelte direzionali del management per gestire meglio le operazioni specifiche.
Rileva valori economici (costi di svolgimento dell’attività produttiva a partire dal costo di impiego
dei fattori produttivi, eventuali ricavi e margini) relativi ai seguenti oggetti di rappresentazione:
• processi produttivi (fasi di attività o singole aree produttive = centri di costo);
• produzioni (beni o servizi alla cui vendita o erogazione è finalizzato il processo produttivo).
Poiché si basa su informazioni quantitativo-monetarie economiche (costi e ricavi), la contabilità
analitica è facilmente raccordabile con una contabilità generale a base economico patrimoniale – in
particolare con il conto economico – perché osserva lo stesso tipo di fenomeni (erosione e
costruzione della ricchezza) con riferimento all’intera azienda, ma con un focus su specifi che
operazioni in processi produttivi o in produzioni.
Principio di competenza finanziaria nella contabilità analitica: quali sono le spese e quali sono le
entrate previste di competenza dello specifico esercizio.
Principio di cassa nella contabilità analitica: rileva gli esborsi di entrata e di uscita giorno per
giorno, momento per momento.
→ Per cui posso utilizzare contemporaneamente entrambi i tipi di contabilità per tenere
sott’occhio entrambe le informazioni: qual è la previsione dei miei flussi di entrata e di
uscita di competenza di uno specifico esercizio + il controllo dei flussi di cassa giorno per
giorno nelle diverse parti della gestione.
L’utilizzo dei modelli contabili nel monitoraggio dell’economicità:
Valutazione delle performance (efficacia ed efficienza)
• richiede l’attivazione della contabilità analitica per la determinazione dei fattori produttivi
impiegati (se vogliamo cogliere la performance di efficienza: rapporto input – costo dei fattori
produttivi rispetto ai volumi di produzione – output).
Verifica delle condizioni di equilibrio economico, patrimoniale e finanziario
• la contabilità finanziaria è orientata al monitoraggio dell’equilibrio finanziario ma non è
idonea al monitoraggio dell’equilibrio economico e di quello patrimoniale;
• la contabilità economico-patrimoniale è orientata al monitoraggio a livello generale
dell’equilibrio economico, dell’equilibrio patrimoniale e dell’equilibrio finanziario.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Per questa attività di monitoraggio dell’equilibrio


abbiamo lo strumento del bilancio di esercizio,
che si compone di tre documenti principali: conto
economico, stato patrimoniale e rendiconto
finanziario. Ciascuno di questi tre documenti ci
dà informazioni rispettivamente:
sull’equilibrio economico, ricchezza che viene
creata ed erosa, il reddito, utile o perdita,
risultato operativo;
sull’equilibrio patrimoniale, bilanciamento sugli impieghi e le fonti del capitale, fotografia del
patrimonio/ricchezza in un dato momento dell’ente;
sull’equilibrio finanziario, bilancio dal punto di vista dei flussi finanziari di entrate e di uscite.
I modelli contabili nei diversi tipi di azienda:
Diversi tipi di aziende in certi casi utilizzano più o meno
diversi tipi di questi modelli contabili.
La contabilità economico patrimoniale è il bilancio che
utilizzano sicuramente le imprese, anche per obblighi dati
dal Codice civile. Utilizzata anche da aziende del terzo
settore e molte aziende pubbliche. Non è detto che le
aziende pubbliche territoriali (i vari enti locali, Regione e
Stato) la utilizzino.
2. Il bilancio come strumento di valutazione delle condizioni di equilibrio
Le nozioni di patrimonio e reddito d'esercizio e la loro rappresentazione:
Bilancio di esercizio: è uno strumento di rappresentazione periodica della gestione che misura il
divenire della ricchezza. Le due informazioni fondamentali contenute nel bilancio d’esercizio sono:
• Il capitale (o patrimonio) di funzionamento: ricchezza a disposizione in un istante definito
(quantità fondo) per lo svolgimento della gestione futura.
Entità e composizione di questa ricchezza vengono descritte nel documento di bilancio denominato
Stato Patrimoniale.
In particolare:
• la composizione della ricchezza si coglie dalle poste che compongono
l'Attivo e il Passivo;
• l'entità della ricchezza è data dal Patrimonio netto
Attivo - Passivo = Patrimonio netto
Nella forma che assume tradizionalmente lo Stato patrimoniale espone
questa equazione nel modo seguente:
Attivo = Passivo + Patrimonio netto
• Il reddito d'esercizio: variazione della ricchezza a disposizione dell'azienda durante il periodo
per effetto della gestione (quantità flusso).

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

Determinazione sintetica del reddito d’esercizio.

Per la determinazione analitica del reddito d’esercizio


si ricorre ad un secondo prospetto di bilancio, il Conto
economico che riporta:
• la variazione endogena della ricchezza provocata
dalla gestione (reddito d'esercizio);
• le cause di questa variazione (i ricavi e i costi).

Raccordo tra Stato Patrimoniale e Conto economico.

Schema della modalità di redazione del rendiconto finanziario.

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)


lOMoARcPSD|31781715

In sintesi:
→ Per perseguire l’economicità, le aziende hanno bisogno di informazioni che monitorino
l’efficacia, l’efficienza e le condizioni di equilibrio → ha bisogno di modelli contabili per
rappresentare queste informazioni.
→ Esistono due modelli contabili:
1. La contabilità generale, distinta in:
• contabilità economico-patrimoniale
CE → efficienza (& efficacia) & equilibrio economico
SP → equilibrio patrimoniale
• contabilità finanziaria → rendiconto finanziario → equilibrio finanziario
bilancio di esercizio
→ La contabilità analitica → informazioni economiche di dettaglio → efficienza

Scaricato da Vittoria Bragagnolo (vittoriabragagnolo11@gmail.com)

Potrebbero piacerti anche