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LE POLITICHE SOCIALI

M.Ferrera

CAP1 L’ANALISI DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL WELFARE STATE

Concetti fondamentali
Analisi delle politiche pubbliche= studio di come perchè e con quali effetti I diversi sitemi politici e I
loro governi proseguono dei corsi di azione per risolvere problematiche di rilevanza collettiva, di
natura sociale, problemi e obiettivi che hanno a che fare con il benessere (=welfare) dei cittadini, le
loro condizioni di vita, le risorse e le opportunità nelle varie fasi della loro esistenza.
Corsi di azione volti a stabilire norme, standard, regole x la distribuzione delle risorse , queste sono
incorporate nella nozione di cittadinanza sociale, che permette (al “cittadino”appunto) di godere non
solio di diritti civili e politici ma anche di specifici diritti sociali, “diritti-spettanze”: ottenere risorse
(pensione), fruire di opportunità (accedere a un servizio) ottemperando così alla concreta relizzazione
dei grandi ideali normativi della tradizione occidentale moderna: libertà, solidarietà,
uguaglianza,sicurezza.
→ organizzare concretamente la produzione e distribuzione di queste risorse e opportunità attraverso
schemi previdenziali, servizio sanitari, servizi per l’impiego
→ apparati preposti a erogazione dei servizi occupano spazio predominante nei moderni sistemi
amministrativi, aspetto importante anche x numero di dipendenti pubblici impiegati nel processo di
erogazione
→ ma come tutte le politiche pubbliche, anche nelle p.socili si incontraro una pluralità di attori,
pubblici e privati, soprattutto in Europa però l’erogazione spetta principalemente al soggetto pubblico
(STATO)
→ altre 2 nozioni sono importanti x le politiche sociali:

• bisogno: connota una carenza, la mancanza di qualcosa di importante e al tempo stesso un


oggetto, bene mancante/necessario per sopperire alla mancanza ex. Bisogno sanitario nasce a
causa di qualche deficit di salute (carenza) che crea l’esigenza di qualche forma di assistenza
(bene necessario x rispondere alla carenza)
• rischio: connota l’esposizione a determinate eventualità che possono accadere (malattia) che
quando si verificano producono effetti negativi, generando dei bisogni

Queste “sfide” x lo stile di vita degli individui vengono affrontate ricorrendo a risorse e opportunità
date dal
-mercato (del lavoro da cui si attingono redditi)
-famiglia (reti parentali e amicali)
-associazioni intermedie (vicinato, quartiere, terzo settore)
Le condizioni di vita degli individui dipendono in larga misura proprio dal posto che questi occupano
all’interno delle reti familiari, lavorative, associative, dalle modalità di organizzazione e funzionamento
di queste reti e dei loro rapporti reciproci.
→ le politiche sociali forniscono protezione sociale: ai cittadini rispetto ai panieri codificati di rischi e
bisogni che riflettono le caratteristiche di una data società: la struttura demografica,le forme di
organizzazione economica, le dinamiche politiche e tradizioni ideologiche e culturali.
→ il “diamante del welfare” è una descrizione geometrica del sistema di relazioni formali e informali
che danno vita alle azioni che mirano alla prevenzione e al mantenimento dello stato di benessere dei
cittadini (delle politiche sociali dette“welfare mix”) Stato Stato
-il quadrulatero in figura è abbastanza
eequilibrato ma se dovessimo
rappresentarlo relamente, per quanto Mercato benessere Famiglia
riguarda le politiche dei paesi *con un ruolo dello Stato
dell’area OCSE sarebbe più così* predominante e quindi un
Associazioni intermedie angolo più ampio
→ I bordi esterni del diamante rappresentano i confini oltre i quali non si può avere assistenza, filtrano
I non cittadini. L’UE prevede libertà di moviemnto tra I Paesi membri nonchè la possibilità di accedere
alla protezione sociale di qualsiasi stato x tutti I titolari della cittadinanza Ue. Per gli extracomunitari
spetta invece ai singoli governi nazionali decidere chi può accedere al territorio nazionale e dunque chi
ha diritto ad avere diritti.
(→ istituita con la Convenzione sull'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
firmata il 14 dicembre 1960 ed entrata in vigore il 30 settembre 1961, sostituendo l'OECE, creata nel
1948 per amministrare il cosiddetto "Piano Marshall" per la ricostruzione postbellica dell'economia
europea , la sua attività mira a favorire la convergenza delle politiche ed il consenso internazionale
attorno alle migliori pratiche)

Le politiche sociali più importanti sono:

1) Politiche pensionistiche riguardanti


-il rischio della vecchiaia e in particolare la perdita della capacità lavorativa, dunque la sicurezza
economica
- rischio di invalidità/morte in presenza di familiari “superstiti”
2) Politiche sanitarie riguardanti il rischio di malattia e i bisogni sanitari ad esso connessi
3)Politiche del lavoro: riguardanti essenzialmente il rischio di rimanere disoccupati, mirando però
anche a regolare il mercato del lavoro e a promuovere l’incontro tra domanda e offerta per prevenire,
quanto possibile, l’emergenza occupazionale e x sostenere l’inserimento o il reinserimento delle
persone nel mercato del lavoro (con servizi per l’impiego e politiche di formazione).
4)Politiche di assistenza e dei servizi sociali riguardano rischio e bisogni più variegati
-perdita dell’autosufficienza personale
-povertà economica
-difficoltà di accesso all’abitazione
-esclusione sociale
Qui troviamo le prestazioni e i servizi per le famiglie e i minori: assegni familiari, congedi parentali e
indennità, servizi di conciliazione vita-lavoro

→ tutte queste politiche sono atte a promuovere “inclusione sociale”= ancoramento degli individui e
delle famiglie al tessuto sociale che li circonda, assicurando loro risorse e opportunità
→ le più consistenti dal punto di vista quantitativo sono l epolitiche pensionistiche, seguite da quelle
sanitarie, per il lavoro e infine quelle di assistenza
→ la spesa sociale è utilizzata per
-erogare trasferimenti:prestazioni monetarie
-finanziare i consumi pubblici sociali:retribuzioni dei dipendenti che lavorano nella sanità, nelle
residenze assistenziali, ai centri per l’impiego
-l’investimento in infrastrutture
→ nelle odierne democrazie le politiche sociali costituiscono un sistema relativamente integrato di
politiche pubbliche e rappresentano una delle maggiori spese nel bilancio pubbico

→ nel dibattito pubblico e accademico l’insieme delle politiche sociali è spesso denominato “welfare
state”/ “stato di benessere”/ “stato sociale” ovvero “un insieme di politiche pubbliche connesse al
processo di modernizzazione tramite le quali lo Stato fornisce ai propri cittadini protezione contro
rischi e bisogni prestabiliti, sotto forma di assistenza, assicurazione o sicurezza sociale, introducendo
specifici diritti sociali nonchè specifici doveri di contribuzione finanziaria
→notiamo 3 elementi connotativi in questa definizione
1) processo di modernizzazione: processo di trasformazioni economiche, sociali, politico-istituzionali
che hanno interessato le società europee a partire dal XIX secolo, trasformandone la struttura
produttiva e occupazionale (=industrializzazione), I modelli di organizzazione sociale(=urbanizzazione,
alfabetizzazione, cambaimento della concezione di famiglia, miglioramento del tenore di vita), i sistemi
politici e amministrativi (democratizzazione, burocratizzazione etc). Possiamo dire che il welfare nasce
per dare una risposta alla nuova configurazione sociale-economico-politica delle sociaetà “neomoderne
e postindustriali”
2) natura sociale delle politiche chiarita tramite modalità di risposta idelatipiche: assistenza,
assicurazione, sicurezza sociale che corriposndono a 3 diversi tipi di intervento
3) diritti sociali (e doveri di contribuzione finanziaria): innovazione di vasta portata nell’evoluzione
dello stato moderno, che ha contribuito a far assumere nuovi compiti allo Stato e ne ha trasformato la
natura e la logica di funzioanamento,i diritti sociali sono infatti diventati sempre più importanti non
solo per l’economica statale ma x il sistema di stratificazione sociale e x le dinamiche di legittimazione
e consenso politico

Assistenza, Assicurazione e Sicurezza sociale


La letteratura storico-comparata sin dagli anni ‘50 individua 3 modelli/modalità tipiche di intervento
pubblico ai fini di protezione sociale:

1. ASSISTENZA (pubblica o sociale) : tutti gli interventi a carattere condizionale e spesso


discrezionale, volti a rispondere in modo mirato a specifici bisogni individuali o categorie
circoscritte di bisognosi. Un primo esempio a livello storico sono le workhouses inglesi x I
poveri che venivano mantenuti dallo stato in questi posti molto simili a delle prigioni per il
carattere repressivo e stigmatizzante. Oggi ciò che caratterizza questa forma di protezione
sociale è il fatto che le sue prestazioni sono subordinate all’accertamento dalla parte pubblica
di 2 condizioni: a) specifico bisogno individuale manifesto come disagio familiare, non-
autosufficienza personale etc. b) assenza di risorse (in particolare il reddito) x farvi fronte
autonomamente, accertata tramite la “prova dei mezzi”: verifica della condizione economica da
parte dell’autorità pubblica. L’Assistenza è una forma di protezione selettiva (rispetto alle
condizioni di bisogno e reddito) e residuale (rispetto alle capacità di risposta individuale o
familaire)

2. ASSICURAZIONE SOCIALE (obbligatoria): nucleo centrale del moderno welfare state, è


infatti con questa forma di protezione sociale che nascono I diritti-spettanze. Si tratta di un
intervento pubblico incentrato sull’erogazione di prestazioni semistandardizzate in forma
tendenzialemente automatica e non discrezionali, sulla base di precisi diritti-doveri individuali
(pagamento di contributi) e secondo modalità istituzionali altamente specializzate e
centralizzate. Abbiamo più schemi che rispondono a un catalogo standard di rischi: vecchiaia,
morte dei capi famiglia,invalidità, malattia, maternità,infortuni,disoccupazione. I tratti
innovativi rispetto alle prime forme di assicurazione volontaria e privata, dalla seconda metà
dell’Ottocento furono 2: a) il principio dell’obbligatorietà contrastare comportamenti di
irresponsabilità individuale e x ripartire I rischi all’interno di platee di lavoratori ampie così da
mantenere relativamente bassi gli importi assicurativi e facendo fronte ai sistemi di scrematura
tipici del sistema privato (no assicurazione x individui predisposti alla malattia etc) b)passaggio
dai premi ai contributi sociali. Premio è una somma forfetaria, indipendente dal reddito
dell’assicurato ma collegata al profilo di rischio (cresce in presenza di patologie pregresse o
con avanzare età); Contributo prescinde dai profili di rischio individuali ed è proporzionale al
reddito della persona (più uno guadagna e maggiore è il finanziamento contributivo che versa).
Vi sono state poi diverse modifiche che hanno tarsformato l’impianto di questo intervento che
però rimane comunque associato all’idea di un’esplicita e diretta partecipazione contributiva a
qualche schema obbligatorio, in base allo status occupazionale, per quanto attutita, questa
partecipazione continua a rappresentare il titolo fondamentale per la fruizione dei benefici da
parte degli assciurati, all’occorrenza di uno dei rischi standard.
3. SICUREZZA SOCIALE: schema di protezione obbligatorio caratterizzato da un acopertura
universale (x tutti I cittadini) e prestazioni uguali x tutti (no differenziazioni di accesso e
trattamento in campo sanitario e a somma fissa x I trasferiemnti monetari). Rispetto
all’assicurazione sociale di stampo europeo-continentale, la sicurezza sociale si differenzia x
l’assenza di collegamento tra fruizione dei servizi e partecipazione specifica al loro
finanziamento da parte dei beneficiari. (USA,Nuova Zelanda, Regno Unito,Svezia)

→ riassunto modalità di intervento e loro caratteristiche:

Assistenza Assicurazione Sicurezza sociale

Occupazionale Universale
Copertura Universale ma
Selettiva
Prestazioni A somma fissa
Collegate al bisogno Contributive/retributive
Contributiva Fiscalità generale
Finanziamento Fiscalità generale

→ la prima caratterizzazione dei modelli venne fatta da Richard Titmuss (1907-1973) che distingueva
la tripartizione da noi elencata in “modello residuale” “modello remunerativo” e “modello
istituzionale-redistributivo”

Panoramica storica
La traiettoria evolutiva del welfare state europeo può essere suddivisa in 6 fasi:
1)instarurazione 2)consolidamento 3)espansione 4)crisi 5)riforma 6)globalizzazione e crisi della
riforma

1)Il retroterra storico del moderno welfare è rappresentato dalle misure di assistenza ai poveri a partire
dal XVII secolo, in Inghliterra ad esempio le POOR Laws, a carattere repressivo-assistenziale che si
basavano su interventi occasionali,residuali e discrezionali considerati “elargizioni” da parte della
società a persone ritenute immeritevoli e che per lo più causavano ulteriore emargianzione politica e
civile, le modalità dell’erogazione era indifferenziata e su base locale. Il vero cambiamento avvenne
però tra Ottocento e Novencento con l’introduzione in tutti I paesi europei dell’assicurazione sociale
obbligatoria, la quale ribaltava la situazione offrendo prestazioni standardizzate, fondate su precisi
diritti individuali e secondo modalità istituzionali specializzate, su base prevalentaemnte nazioanale. Il
primo paese ad introdurla fu la Germania ad opera del cancelliere Bismark. Abbiamo dei diversi fattori
che influirono su questo cambiamento:
-fattori cornice: Grande trasformazione delle economie e delle società europee causata dalla
Rivoluzione industriale e quindi → scardinamento delle economie e relazioni preindustriali e l’ascesa
del mercato capitalistico, di nuove forme di produzione incentarte su macchine e continue innovazioni
tecniche con conseguente insorgenza di un contromoviemento da parte della società contro gli eccessi
di mercificazione e le loro conseguenze sociali (associazioni sindacali e movimenti operai)
-fattori specifici: mobilitazione dei lavoratori in relazione al contesto politico- istituzionale
circostante.La mobilitazione operaia (in particolare l’apparizione dei primi partiti socialisti) diede la
spinta decidiva x l’introduzione dell’assciurazione obbligatoria ma con 2 percorsi diversi x:
1) i regimi monarchico-autoritari: costituzione di partito operaio segnò un campanello di allarme x le
elite conservatrici al governo e lo spronò a concedere l’assicurazione aai fini di controllo sociale e di
autolegittimazione
2) i regimi parlamentari: l’assicurazione obbligatoria dovette aspettare l’inserimento nel programma
politico del partito operaio e venne attuata una volta raggiunta la consistenza parlamentare sufficiente e
imporne l’introduzione, generalemnete dopo la democratizzazione del suffragio
2) Si sviluppa nel periodo storico tra le due Guerre (1919-1939), viene integrato il quadro di possibili
rischio e delle persone aventi diritto ad una copertura, si passa da “assicurazione dei lavoratori” ad
“assicurazione sociale”, si fa lentamente strada l’idea di una protezione minima per tutti in base ai
bisogni e non contributiva (in base ai contributi versati). Inoltre viene estesa l’assicurazione contro le
malattie a tutti I componenti familiari (non solo capofamiglia) e quella pensionistica ai superstiti

3) Dal 1945 al 1975 assistiamo ad uno sviluppo generalizzato della protezione offerta dallo Stato,
questa si realizzò secondo 2 modelli differenti a seconda dei Paesi:
a) modello universalistico/beveridgiano: venne abolita la prova dei mezzi e la copertura venne estesa
a tutti in maniera verticale (gli schemi introdotti nelle prime dueu fasi riguardavano essenzialmente I
più bisognosi). Questo modello era imperniato su schemi onnicomprensivi x copertura e relativamente
generosi e che si rifacevano a principi egualitari per le formule di prestazione, si finanziava tramite il
gettito fiscale b)modello occupazionale/bismarckiano: nei paesi dell’Eu continentale il processo di
estensione della copertura procedette invece in maniera orizzontale procedendo lentamente per
“tappare I buchi” del sistema di assicurazione sociale. Questo modello si basava su una pluralità di
schemi professionali, con regole e forme di prestazioni differenziate, prevalemtemente finanziato
tramite contributi sociali.
→ in questo “trentennio glorioso” la spesa sociale crebbe sempre di più e si cominciò a sviluppare
tecniche sempre + sofisticate per migliorre e razionalizzare l’estrazione di imposte e
contributi,governare I flussi redistributivi dal centro ed erogare le prestazionialle varie clientele di
beneficiari, un esempio importante in questo senso fu l’adozione del meccanismo della ripartizione per
il finanziamento delle pensioni (I contributi verati dalla generazione attiva sono immediatamente
utilizzati x finanziare le prestazioni della generazione attiva). Inoltre venenro creati nuovi schemi di
natura non assicurativa e di svilupparono I sistemi sanitari pubblici diventano + articolati e complessi.

4) Dalla metà degli anni‘70 il modello di welfare state entra in crisi: sia il modello occupazionale che
universalistico poggiavano su premesse socioe-conomiche e politico-istituzionali che sono venute
meno negli anni Settanta, le “vecchie” soluzioni non sono più adeguate a far fronte alle nuove
problematiche esigenze sociali. 6 premesse dei vecchi modelli(vedi schema slides):
a) economia in rapida crescita data per scontata e si pensava che la ridistribuzione potesse coprire
l’elevata spesa pubblica in ambito sociale, ma le economie occidentali registrano drammatici cali nei
prorpi tassi di crescita e questo comporta comparsa di deficit e debito pubblico
b) modello tarato su economie e società industriali, imperniate sul paradigma fordista(→ produzione e
consumo di massa,forza lavoro maschile essenzialmente occupata nelle grandi fabbriche etc). Negli
anni’70 le economie occidentali varcano I confini della società postindustriale caratterizzandosi di
servizi e nuovi modi di produzione:decentramento produttivo,consumi differenziati e flessibilità dei
rapporti di lavoro. Negli anni‘80 e ‘90 la transizione al “postfordismo” si accellera fino ad arrivare alla
alla “Quarta rivoluzione industriale”=digitalizzazione e robotizzazione [I°=vapore II°=elettricità
III°=computer]→ forti stravolgimenti dei modi di produzione e nel emrcato del lavoro
c) stabilità dell’istituzione familiare/divisione di genere del lavoro→ uomini coperti da assicurazione
sociale e donne a carico. ‘70 portando innovazione dei diritti e crescenti tassi di partecipazione
femminile nel mercato del lavoro, ridifinizione dei rapporti di genere e dei diritti delle donne
stravologno questo “equilibrio” con conseguenti ripercussioni su stabilità familiari e dei matrimoni
d)strutture demografiche relativamente equilibrate nella loro composizione interna (rapporti
intergenerazionali e migrazioni)→ intervengono poi:
-fattori endogeni: declino della fertilità (=abbassamento natalità) che insieme all’allungamento delle
aspettative di vita comportano un invecchiamento della popolazione e quindi eqiulibrio
intergenerazionale alterato
-fattori esogeni: crescente afflusso migratorio dai paesi meno sviluppati che dal 2008-2018 hanno
creato vere e proprie crisi (migratorie)in conseguenza a shock internazionali come la crisi libica e la
guerra in Siria
e)di tipo socioculturale: sia il modello universalistico che occupazionale presumevano aspirazioni
moderate e stabili da parte dei beneficiari ma già dagli anni’70, poi destinata solo ad aumentare nei
decenni successivi per il peggioramento delle condizioni economiche, la “rivoluzione delle aspettative
crescenti” verso le provvidenze pubbliche comportò un aumento della spesa e continua trasformazione
delle configurazioni istituzionali (aggiunta di schemi che necessitavano di continuo miglioramento etc)
f)centralità e solidita dello stato-nazione bacino di riferiemnto sia per la ridistribuzione che per la
giurisdizione. Interdipendenza economica e integrazione sovranazionale hanno così minato il welfare
state nel sue stesse fondamenta politico-istituzionali, rendendo necessario un processo di riforma

5) Si cercò di far fronte alle sfide di necessità di trasformazione tramite politiche di controllo dei costi e
di riforme restrittive delle formule tradizionali di prestazione soprattutto nel settore pensionistico e
sanitario (dinamiche invecchiamento demografico)

-misure di contenimento dei costi (compartecipazioni finanziarie degli -elevazione età pensionabile
utent,ridefinizione restrittiva delle prestazioni a carico del servizio -rafforzamento legame attuariale*
pubblico) con i contributi effettivamente
-misure x accrescimento efficienza e efficacia servizi versati (formula computo pensioni
meno generosa)

*concerne l’applicazione del


calcolo delle probabilità alle
attività assicurative soprattutto
per assicurazioni sulla vita
→ La transizione al postindustrialismo ha promosso una redistribuzione delle opportunità di protezione
sociale: introduzione di nuovi ammortizzatori sociali ha favorito I processi di deindustrializzazione, di
flessibilizzazione dei rapporti di lavoro, marginalizzazione dei lavoratori più deboli (comporesi
immigrati).
→ Maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro ha comporatto insorgere di nuovi quesiti
su come conciliare vita professionale e riproduzione sociale richiedendo un ripensamento di alcuni
tradizionali istituti di welfare.
→ Instabilità crescente del matrimonio e I divorzi hanno comportato nascita di nuclei familiari
monogenitoriali tendenzialmente più poveri che necessitavano di un ripensamento delle politiche
socioassistenziali nell’ambito familiare.
→ discontinuità delle barriere statali dei singoli welfare e il rischio di esportare probematiche
all’esterno ha esposto I singoli regimi a vincoli x armonizzazione e convergenza posti dai regimi
internazionali (EU)
Era necessaria una “Ricalibratura del welfare state”= processo di cambiamento istituzionale
caratterizzato da :
-presenza di un’insieme di vincoli di natura esogena e endogena che condiziona le scelte dei decisori
politici
-interdipendenza fra scelte espensive e restrittive come conseguenza dei vincoli
-sia all’interno di ciascuna politica sia fra diverse politiche enfasi su diversi strumenti e obiettivi
Sottodimensioni del concetto:
→ ricalibratura funzionale concerne I rischi in risposta ai quali I sistemi di welfare si sono sviluppati
nel corso del tempo e si riferisce agli interventi volti a ribilanciare le funzioni di protezione sociale
(ex.contenimento della tutela alla vecchiaia e promozione di nuovi schemi di assistenza all’infanzia)
→ ricalibratura distributiva concerne I gruppi sociali e si riferisce agli interventi che mirano a
ribilanciare il grado di protezione sociale dalle categore ipergarantite (ex.dipendenti pubblici) e quelle
sottogarantite (ex. Disoccupati)
→ ricalibratura normativa concerne norme o valori e denota le iniziative di natura simbolica (discorsi
pubbliciprese di posizione di leader politici/esperti/intellettuali) che forniscono argomentazioni e
“buone ragioni” per trasformare lo status quo in quanto inefficiente,inefficace,iniquo

6) Con l’integrazione nell’economia mondiale di Cina, India, Russia, la rapida crescita di paesi come il
Brasile, Taiwan,Corea del Sud e altre economie in via di sviluppo prende avvio il processo di
Globalizzazione, liberalizzazione del commercio internazionale e crescente integrazione dei mercati a
livello globale→ è richiesto un riadattamento dei sistemi di welfare su base nazionale perchè cambiano
gli equilibri (cambiando l’economia che move il sole e l’altre stelle)→ migliorano le condizioni di vita
nel Sud del mondo, diminuendo la disuguaglianza tra Nord e Sud ma aumenta la disuguaglianza
(tramite la differenza di reddito) fra strati sociali all’interno dei Paesi sviluppati:il PIL pro capite nei
paesi OCSE continua a crescere (almeno fino al 2008)ma non salgono altrettanto I redditi delle
famiglie medie, ad aumentare sono stati I redditi delle famiglie più ricche. Questo comporta avvio di
processo di disarticolazione della struttura sociale in termini di chance di vita
(opportunità,interessi,orizzonti,connessioni):
-èlite plutocrati inserita nei circuiti globali→”consumano e vivono in un mondo senza confini”
-ceto borghese benestante ma ancorato ai patrimoni nazionali→controlla ancora buona parte delle
posizioni di autorità spesso tramite meccanismi di cooptazione (assunzione in organo collegiale fatta
dagli stessi componenti già in carica)
-massa media→ stagnazione dei propri redditi e durante crisi riduzione (provenienti da lavoro
dipendente/autonomo/da pensione), connessa ai circuiti globali perchè usufruisce di servizi resi
accessibili dalla globalizzazione ma ne soffre poi molto di più la destabilizzazione sul piano della
sicurezza economica e sociale (perdita del lavoro→ridimensionamento tenore vita)
-esclusi e maggior parte dei precari
Per completare il quadro nel 2008 la crisi finanziaria provoca severa recessione con drammatiche
conseguenze nel sociale (soprattutto in Sud Europa):
→ aumenta tasso disoccupazione
→ interventi drastici di aumento tasse e riduzione spesa sociale → compressione consumi
E’ necessario un nuovo periodo di riforma x far fronte alle necessità sociali in continuo cambiamento e
in un assetto che debba convogliare I singoli bisogni territoriali con richieste universali proprie del
cambiamento della “nuova” società globalizzata. Se la sfida del ‘900 è stata assicurare lavoro e reddito,
quella di adesso è la redistribuzione equa del surplus x una base di sicurezza economica x tutti, nonchè
una quantità decorosa della risorsa “tempo”.

Logica politica e welfare state


Politica – Welfare → evoluzione dello “Stato” europeo e dei suoi schemi
Flora: Welfare come sistema di potere nuovo rispetto al liberale ottocentesco basato su un fitto scambio
tra “èlite distributrici” e “clientele sociali” mediato dalle “burocrazie di servizio”

Governi,parlamenti,partiti,sin Interessate a ottenere diritti- Apparati statali che


dacati in cerca di legittimità e spettanze erogano i servizi
consenso
Da sempre la competizione politica influenza l’evoluzione del welfare (Bismark concede assicurazioni
obbligatorie per paura di rivolte, in cerca di consenso-controllo) ma questo aumenta in seguito gli
anni’50, uno dei fenomeni più importanti che caratterizzò i sistemi politici fu
→ scivolamento distributivo: passaggio dalla logica redistributiva (dai ricchi ai poveri con prova dei
mezzi) alla logica distributiva (trasferimenti incrociati dal una categoria all’altra della classe media)

Danno ad alcune categorie ma i costi sono Si toglie ad alcune categorie e si


diffusi, si sa chi riceve e quanto ma non si sa dà ad altre
più chi paga precisamente

- Questo accade perchè la crescita economica precedente agli ‘50 ha trasformato il profilo delle società
europee, non più piramidali (pochi ricchi in alto e molti poveri in basso) bensì a forma di “rombo” in
quanto la maggioranza della popolazione si trova in condizioni intermedie tra ricchezza e povertà,
divenendo principale beneficiaria dei servizi di welfar e insieme contribuente

- Il passaggio dalle politiche redistributive alle politiche distributive ha alterato il funzionamento del
welfare dal punto di vista politico: elevata asimmetria tra benefici e costi= I primi sono tangibili e
concentrati (pensioni, indennità) I secondi scarsamente visibili o occulti e diffusi su vasti numeri
(contributi sociali sulle retribuzioni prelevati alla fonte) → questo elemento incentiva più attori
politici ad adottare strategie di cooperazione e compromesso reciproco, l’una per massimizzare le
dimensioni della torta da spartire, a tutto discapito dei pagatori occulti, e l’altro per adottare
modalità di spartizione onnicomprensive, tali per cui ciascuno riceva qualcosa.

-altri 2 fattori hanno reso possibile lo scivolamento distributivo:


1) versante della domanda: la politica di classe ha lasciato il posto alla politica delle categorie→
aggregati sociali definiti in base al microsettore occupazionale (liberi
professionisti,infermieri,commerciani etc) o in base al pacchetto di spettanze (cassintegrati,invalidi
civili etc)
2) versante dell’offerta: affermazione dei “partiti pigliatutto” poichè il declino della politica di classe
ha spinto ii partiti ad adottare strategie di espansione a tutto campo→ sostegno elettorale è sempre
meno una questione di lealtà ideologica radicata nel proprio background e sempre più una funzione
della quantità di welfare categoriale promessa da questo o da quel partito. Attori politici hanno come
obiettivo primario l’aggregazione intercategoriale del consenso attraverso microdistribuzioni di
benefici pubblici.
→ dagli anni ‘90 la crisi delle finanze pubbliche, il processo di integrazione europea e le sfide imposte
dalla globalizzazione portarono alla necessità di risanamento e ricalibratura dei vari schemi, si ripassò
dalla logica distributiva alla logica redistributiva, in particoalre al processo sottrattivo: variante della
politica redistributiva in cui si devono attribuire quasi esclusivamente delle perdite, almeno nel breve
periodo, sotto forma di cancellazione o riduzione di interventi pubblici ormai considerati diritti
intoccabilidi
- come è immainabile questi tipi di intervemti di riforma, che imponevano sacrifici concentrati volti al
conseguimento di benefici diffusi (sostenibilità nel lungo periodo del sistema
oensionistico,miglioramento sistema sanitario etc), si rivelarono molto difficili dal punto di vista
politico: vi furono grandi ondate di protesta contro I “tagli” che videro protagonisti soprattutto I
soggetti tradizionali dell’azione politica ovvero I sindacati che ne approfitarono per riacquistare
sostegno sociale e influenza decisionale
- questa nuova politica sociale sottrattiva assume anche una dislocazione delle sedi di conflitto: dalla
sede parlamentare alla sede elettorale, talvolta la stessa “piazza”, anche se le decisioni riguardanti I
tagli vengono prese in sede governativa; inoltre in ambito europeo riconosciamo 2 diversi stili
-stile avversariale: governo Thatcher ‘79-’90
-stile concertativo: governo Prodi ‘96-‘98 → governi cercano di contrattare misure restrittive con
rappresentanti degli interessi delle persone coinvolte (sindacati etc)
- queste dinamiche politiche ovviamente rallentano il processo di riforma:
→ governi e politici temono punizioni elettorali
→ in situazione di precarietà socio-economica, la certezza di qualche beneficio anche modesto è
preferibile rispetto a vantaggi più consistenti ma verificabili nel lungo periodo (necessitanti di riassetto
regole ditributive) → molto attuale
-viene così inseguita soprattutto la strategia dell’ “inseguimento adattivo”: poche riforme di struttura e
molti tagli ai margini lungo le linee di minor resistenza sociopolitica (perciò presso le categorie più
esigue più escluse con meno rappresentanza?!!) →tecnica per evitare il biasimo elettorale e
minimizzare le perdite elettorali, Weaver (1986 politologo Usa) parlerà di “blame avoidance”
sottolineandone il peso sul rallentamento del processo di riforma x evitare misure davvero incisive
→ conclusione: fase di ricalibratura e riforme destinata a durare ancora a lungo!

Tipologie di Welfare state


In un’ottica evolutiva, osservando il processo di differenziazzione istituzionale del welfare state
europeo durante le sue principali giunture critiche, possiamo individuare 2 modelli:
a)universalistico: schemi di protezione sociale coprono tutti I cittadini indipendentemente dalla
posizione lavorativa→ paesi angloscandinavi
b)occupazionale: schemi di protezione sociale sono rivolti ai lavoratori, che vengon coperti da una
pluralità di schemi occupazionali, con regole diverse gli uni dagli altri→ maggioranza dei paesi
europeo- continentali
-il criterio di differenziazione riguarda il “formato di copertura”: regole di accesso e affiliazione ai
priciplai schemi di affilizione sociale (in particolare pensionistici e sanitari)
-la scelta di chi introdurre nei nuovi schemi pubblici di protezine sociale è stata storicamente
preliminare e più contrversa del quanto e come: ha infatti portato I vari gruppi sociali a definire I propri
interessi e posizionarsi gli uni nei confronti degli altri di fronteai nuovi scenari di redistribuzione→
questo ha inaugurato un percorso di sviluppo orintando l’evoluzione politico-istituzionale e sul piano
socioeconomico del welfare state
-durante il Trentennio glorioso vediamo anche modelli “misti”:
a-bis)universalistico misto: viene sovrapposto alla tardizionale base di schemi universali una pluralità
di schemi occuapzionali soprattutto nelle pensioni)→ paesi anglosassoni
b-bis)occupazioanale misto: si è affiancato alla base di schemi occupazionali alcuni programmi aa
copertura universale → Europa meridionale+Paesi Bassi e Svizzera

sanità pensioni
→ Durante la fase espansiva il welfare state europeo passa altra importante giuntura evolutiva,
concentrandosi anche sul quanto e come (=formule del computo delle prestazioni, gamma e qualità dei
servizi,modalità di gestione e finanziamento). Si configura così una nuova differenziazione tipologica
fra I welfare europei
→ l’autore più influente in questo dibattito è Esping-Andersen che prova a combinare la
modellizzazione tipico-ideale di Titmuss con lo studio di casi, individuando 3 diversi modelli di
welfare state sviluppatesi durnate l’espansione del “capitalismo keynesiano”:

a) REGIME LIBERALE:
-predominano misure di assistenza basate sulla prova dei mezzi
-schemi di assciurazione circoscritti e poco generosi
-destinatari principali sonoi bisognosi, I poveri, lavoratori a basso reddito
-si incoraggia il ricorso al mercato:
→ in modo passivo: minima interferenza e regolazione (soprattutto x mercato del lavoro)
→ in modo attivo: incentivi x ricorso a schemi assicurativi non statali
-demercificazione bassa: forte dipendenza degli indivisui/lavoratori da mercato
-destratificazione bassa: dualismo fra welfare dei poveri e welfare dei ricchi
-Usa,Canada,Australia,Uk
-egemonia della borghesia capitalistica e delle dottrine liberiste

b) REGIME CONSERVATORE-CORPORATIVO:
-predominano schemi assicurativi pubblici collegati alla posizione occupazionale
-formule di computo collegate ai contributi e/o retibuzioni
-destinatari principali: lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners)
-enfasi su sussidiarietà interventi pubblici: stato interviene solo nella misura in cui I bisogni non
trovano risposta a livello individuale, familiare o di associazioni intermedie
-demercificazione media: dipendenza dal mercato è attenuata ma non annullata
-destratificazione medio-bassa: welfare tende a preservare differenza di status e classe nonchè la
segregazione di genere
-Germania,Austria,Francia,Paesi Bassi,Giappone,(Italia)
-peso delle tradizioni corporative, egemonia dei partiti moderati/conservatori espressione del ceto
medio, dottrina sociale della Chiesa

c) REGIME SOCIALDEMOCRATICO
-predominano schemi universalistici di sicurezza sociale con alti standardi di prestazione
-formule di computo sono generose ma prevalentemente a somma fissa con finanziamento fiscale
-destinatari: tutti I cittadini
-welfare mira a marginalizzare l’importanza del mercato come risposta ai bisogni e ai rischi sociali
-demercificazione alta: dipendenza dal mercato molto attenuata
-destratificazione alta: uguaglianza di trattamento x tutti I cittadini
-Svezia, Danimarca, Norvegia
-forza del partito operaio, dei sindacati e dei partiti di sinistra

→ per Esping-Andersen il “regime di welfare” non comprende solo contenuto delle politiche sociali
dello stato ma l’intero sistema di interralezioni fra le politiche sociali e il mercato del lavoro e la
famiglia
→individua le domande che è neessario porsi x verificare il rendimento delle politiche sociali e le
identifica così con 2 dimensioni di variazione:
1) In che misura le politiche sociali offrono risorse e opportunità x contartsare dipendenza dal mercato
del lavoro?→ demercificazione: connota il grado in cui gli individui situati all’interno di un dato
regime di welfare possono liberamente astenersi dalla prestazione lavorativa, senza rischiare il posto di
lavoro/perdite significative di reddito/benessere
2)In che modo le politiche sociali riescono ad azzerare le disuguaglianze di reddito e classe di fronte ai
rischi e ai bisogni sociali?→destratificazione: connota il grado in cui la conformazione delle
presatzioni sociali del stato attutisce (fino anche ad annullare) I differenziali di status occupazionale o
di classe sociale
→I 3 regimi molto diversi tra loro nella distribuzione delle chance di vita prodotta dalla sfera del
mercato e della famiglia, questa differenziazione è riconducibile a dinamiche di natura sociopolitica,
come si può notare dalla denominazione
→ sfera della famiglia (rapporti tra lavoro retrinuito e non, quest’ultim svolto principalemente dalle
donne) discussa da E-A soprattutto in merito al regime corporativo-conservatore. Movimenti
femministi hanno evidenziato però delle differenze:
-Francia= moderate breadwinner model: Stato riconosce la posizione delle donne come lavoratrici e
come madri, attraverso una serie di diritti e prestazione (nonostante abbia regimen conservatore)
-Paesi scandinavi= dual earner model: si basa su doppia partecipazione lavorativa di uomini e donne e
su maggior coinvolgimento degli uomini nel lavoro non retibuito
-Altri paesi dei due regimi=strong breadwinner model
→Abbiamo anche un 4 Regime ovvero il REGIME SUD-EUROPEO:
-Spagna,Italia,Portogallo,Grecia
-nelle prime 2 fasi (instarurazione e consolidamento) adottano sistema occupazionale/bismarckiano con
una serie di schemi assicurativi occupazionali (pensionistico e sanitario)
-nella fase di espansione introducono sistemi di protezione sociale diversi rispetto agli altri sistemi
conservatori-corporativi:
1) Schemi di trasferimento del reddito (indennità di disoccupazione,pensioni,sussidi di povertà)→
hanno introdotto forme molto generose di prestazioni x le categorie centrali del mercato del lavoro
(dipendenti pubblici o delle grandi imprese) mentre per le categorie più deboli le formule sono rimaste
più modeste (lavoratori precari,stagionali autonomi,dipendenti piccole imprese). Non vi era una rete di
sicurezza sociale di base contro il rischio povertà (presente in Eu continentale)→ si creò così un
sistema fortemente dualistico e polarizzato
2) Mercati del lavoro attraversati da profonde divisioni settoriali e territoriali e caratterizzati da una
vasta “economia sommersa” collocata al di fuori della portata del welfare state
3) Modello di famiglia (“sud-europea”) caratterizzato da relazioni solidaristiche molto strette tanto da
andare a identificare un “modello delle solidarietà familiari e parentali” (Naldini 2002,2003) fondato
sull’assunto che il sistema familiare funzioni in base all’esistenza di forti relazioni intergenerazionali e
di parentela l’ungo tutto l’arco della vita a tal punto da considerare la famiglia un vero e proprio
“ammortizzatore sociale”compensatore di rischi e bisogni
-demercificazione: livelli fortemente sbilanciati→moltissimo ad alcuni (+che in Svezia) e pochissimo
ad altri (meno che in Usa)
-destratificazione: bassa, come nel Regime liberale. Però a differenza di questo non riproduce tanto le
differenze di classe ma tende a produrre nuove differenziazzioni in parte trasversali rispetto alla
struttura di classe, segmentando gli individui in due gruppi: insiders=titolari dispettanze forti e
outsiders= spettanze deboli o nulle → questa giustapposizione è presente oggi in tutti I welfare ma
soprattutto in Eu Meridionale e soprattutto in Italia!
-alla fine del ciclco espansivo, a cavallo tra ‘70 e ‘80 sono stati introdotti Sistemi sanitari nazionali a
copertura universale che si basavano su diritti di cittadinanza. Si va dunque fuori linea rispetto al
tracciato bismarckiano introducendo innovazioni sul piano delle chance di vita della popolazione e
influendo positivamente su demercificazione e destartificazione
-elevato particolarismo:
→ sul versante erogazioni=manipolazioni clientelari e frodi
→ sul versante finanziamento=evasioni contributive tollerate dall’amministrazione sanate con condoni
fiscali
-oltre al welfare sui generis anche lo “State”: largamente infiltrato e facilmente manipolabile dagli
interessi organizzati, in particolare dai partiti politici
-basso grado di statualità: 2 caratteristiche di un assetto statale
→ grado di assunzione di responsabilità diretta da parte delle istituzioni statali dei principali ambiti
funzionali (ex.protezione sociale)
→ grado in cui le istituzioni statali restano autonome e indipendenti rispetto ad altre istituzioni
politiche/sociali nello svolgimento delle loro funzioni
-identificazione geografica: perchè la situazione sociopolitica è caratterizzata da una costellazione
causale complessa→ corporativismo (accentuato da esperienze autoritarie)
→ ingombrante presenza Chiesa cattolica
→ forte competizione tra destra e sinistra
→ larga diffusione di atteggiamenti ostili al mercato,alla democrazia,al capitalismoe al riformismo di
stampo socialdemocratico
-fasi di crisi e rifoma sono tuttora in corso: vecchi regimi di welfare sono ancora riconoscibili ma con
caratteristiche in parte nuove ex. sistema pensionistico
Grazie al processo di integrazione europea fra I 4 regimi possiamo notare una sorta di ibridazione
reciproca ex. Nei paesi sud-europei sono stati introdotti/sperimentati nuovi schemi di reddito minimo
garantito contro la povertà. Inoltre il dibattito moderno comincia ad abbandonare il concetto di
“regime” tornando da un lato a quello originario di welfare state (welfare region o welfare locale con
decentramento) oppure muovendo verso concezioni più ampie di welfare mix [mercato del lavoro-
famiglia-terzo settore]

Welfare State italiano


→ Spesa italiana per la protezione sociale è nella media europea: quota del PIL un pò più alta della
media Ue ma comunque non troppe differenze da Regno unito Finlandia Belgio
→ particolarità italiana sta nella composizione interna della spesa:
-maggior parte della spesa di protezione sociale è assorbita dal sistema pensionistico =58,9% [media
UE=45,2%]
-famiglia=4,7% e abitazione e esclusione sociale =0,8% fortemente sottodimensionate [media
UE=8,5% e 4,1%]
→ al pari di nessun altro paese europeo l’Italia presenta una doppia distorsione:
-distorsione funzionale= iperprotezione del rischio “vecchiaia e superstiti” a scapito di rischio e
bisogni di altre categorie povertà / presenza di figli / esigenze di “cura” e servizi all’interno delle
famiglie / disagio abitativo / sostegno all’inserimento e alla formazione personale etc
-distorsione distributiva= all’interno delle varie funzioni di spesa vi è una netta differenza di
protezione (accesso e generosità prestazioni) fra le diverse categorie occupazionali

• garantiti: lavoratoti di amministrazione pubblica o delle grandi imprese


→ vecchiaia protezione elevata ++++
→ altro in linea con standard europei +++
• semigarantiti: lavoratori dipendenti da piccole imprese edilizia agricoltura,lavoratori autonomi
commercianti artigiani e lavoratori atipici
→ vecchiaia protezione pensione “al minimo” ++
→ altro limitato negli importi e nella durata o assenti +
• non garantiti: lavoratori in “economia sommersa”
→vecchiaia tutelati grazie all’esistenza di pensione o assegno sociale (importo cmq < a
pensione minima) +
→ nessuna tutela - *ad eccezione del rischio malatti aperchè dal ‘78 SSNù

→ Cause della distorsione: scivolamenti distributivi della Prima Repubblica (1948-1992), sistema di
governo basato sul “governo dei partiti” in un contesto di alta polarizzazione ideologica fra destra e
sinistra e bassa statualità. Welfare come sistema di potere consolidatosi intorno a una vera e propria
partitocrazia distributiva che ha utilizzato diritti e spettanze e apparati amministrativi x ricavare
consenso in sede elettorale

→ Conseguenze:
-problemi sul piano dell’efficienza, dell’efficacia, dell’equità all’interno delle generazioni e fra diverse
generazioni.
-una serie di circoli viziosi che hanno teso a rafforzare lo status quo e ostacolare il cambianento
istituzionale
-familismo: famiglia d’origine resta il punto di riferimento principale per I giovani, non essendoci
politiche sociali che ne permettano la fuoriuscita dal nucleo familiare , la mobilità nel mercato del
lavoro e l’inizio di un percorso di autonomia. La famiglia funge da ammortizzatore sociale
rispondendo alle necessità e bisogni e alla tutela dei rischi attraverso attivazione di rete di solidarietà
intergenerazionali e parentali → conseguenze negative sul piano politico, economico e sociale

→ Per questi motivi la fase di Crisi del welfare in Italia è risultata particolarmente accentuata e inoltre
il governo politico-istituzionale fino al1992 non è stato in grado di rispondere correttamente alle
necessità imposte dalla situazione

-dal 1992 osserviamo una generale tendenza ricalibrativa

PENSIONI LAVORO FAMIGLIA/ASSISTENZA

1990-1999 1992 riforma Amato 1991 indennità di mobilità 1998 reddito minimo di inserimento (sperimetale)
1993 riforma Ciampi 1997 pacchetto Treu 1999 assegno al terzo figlio
1995 riforma Dini
1997 riforma Prodi

2000-2019 2004 riforma Maroni 2000 innalzamento indennità 2000 riforma dell’assistenza; riforma congedi parental
2007 riforma Damiano 2003 riforma Biagi
2009 riforma Sacconi 2005 innalzamento indennità 2007 piano nidi e fondo non autosufficienza
2011 riforma Fornero 2007 innalzamento indennità
2014 riforma Poletti- 2009 cig in deroga 2008 carta acquisti
Renzi 2012 riforma Fornero 2012 piano nazionale per la famiglia
2018 Di Maio-Salvini 2014 Jobs Act 2017 reddito di inclusione
2018 legge “dignità” 2018 reddito di cittadinanza
(contratti a termine)

-Primo governo dell’Ulivo guidato da Prodi→ Relazione finale commissione Onofri riconosce la
doppia distorsione come radice del malfunzionamento dello stato sociale italiano e si pone 2 obiettivi:
1) riduzione delle risorse destinate ad assicurare alle classi di reddito medie un reddito simile sul lavoro
e in pensione per impiegarle nella tutela del rischio economico reddito/occupazione
2) attenuare alcune presatzioni previste per l’ccupazione standard a accrescere o introdurre ex novo la
protezione x categorie sociali oggettivamente + deboli
-proposte dell Commissione presentava proposte x diversi settori: pensioni, ammortizzatori sociali,
della famiglia, della sanità, del contrasto alla povertà è tutti sono stati oggetto di cambiameti
contribuendo a rendere il nostro welfare un pò più europeo

→ Quali fattori hanno dato via al ciclo di riforme?


-crescenti pressioni funzionali acuite dal vincolo esterno del Trattato di Maastricht=invecchiamento
demografico, trasformazioni socioeconomiche e occupazionali + globalizzazione del mercato
finanziario
-trasformazioni della cultura politica: dopo il crollo del muro di Berlino sinistra e sindacati si sono
liberati definitivamente del retaggio antisistema diventand “riformisti”
-stimoli e nuovi orientamenti dell’Ue hanno influenzato

→ di base se pensiamo alla situazione italiana, il periodo di riforme ha comportato negli ultimi 30 anni
un bilancio positivo
→ se invece guardiamo l’intero quadro europeo il bilancio resta deludente, considerando quanto anche
la situazione sai peggiorata in segiuto alla crisi del 2008: l’emergenza finanziaria ha provocato pesanti
crisi politiche e portato alla formazione del governo tecnico Monti
-2011 riforma Fornero delle pensioni ha corretto numerose anomalie distributive ancora esistenti e
ulteriormente contenuto le dinamiche di spesa dei prossimi decenni e ha accelerato la calibratura
“sottrattiva” in campo pensionistico
→ molto resat ancora da fare: è necessario riorientare la protezione sociale verso modelli della
flexicurity, dell’investimento sociale,dell’inclusione attiva

CAP2 LA POLITICA PENSIONISTICA

La pensione in senso alto indica quella prestazione pecuniaria vitalizia prevista a fronte di rischi quali
vecchiaia, invalidità o premorienza (in relazione al grado di parentela con un assicurato o un
pensionato defunto)
1. Pensione di invalidità 1. Pensione idiretta
previdenziale 2. Pensione di reversibilità
2. Pensione d’invalidità civile
→ ci concentriamo sulle forme di tutela della vecchiaia perchè
1. Pensione previdenziale di vecchiaia
è la prima voce di spesa sociale nei paesi europei e all’interno
2. Pensione previdenziale di anzianità della spesa pensionistica è molto + elevata delle altre
3. Pensione sociale
4. Pensione di base

Politica pensionistica: insieme di azioni (dove necessario anche “inazioni”) attraverso cui viene
tutelata la vecchiaia
→ questa tutela può essere garantita anche attraverso altri settori di politica sociale:
sanità,lavoro,assistenza sociale
→ obiettivo specifico: garantire agli individui anziani un reddito vitalizio nella fase della vita in cui è
precluso ai più l’accesso a un’attività retributiva
→ il finanziamento del sistema di fonda sul versamento di parte del reddito percepito da
lavoratori/cittadini tramite contributi sociali o imposte dirette, e/o l’utilizzo delle risorse provenienti da
altre imposte (ex.IVA,imposte sulla casa etc)
→ diversi attori garanti: pubblico, privato, vi è quindi un’interazione tra I 2

INPS in Italia Tutti sottoposti a cornice


Fondi pensone,banche, normativa emanata dalla Stato
assicurazioni,società di
gestione del risparmio

Quindi, cos’è che costituisce un sistema pensionstico? → Quell’insieme di regole e istituzioni preposte
a erogare prestazioni vitalizie in denaro a coloro che hanno terminato la carriera lavorativa e/o hanno
superato una certa soglia di età, garantendo agli stessi la sicurezza economica anche nel periodo di
quiescienza

Nei paesi europei individuiamo 4 tipi di prestazioni a tutela della vecchiaia con diversi beneficiari,
condizioni di accesso e funzione:

1) PENSIONE PREVIDENZIALE DI VECCHIAIA: spetta al lavoratore al superamento di una certa


soglia di età (età pensionabile)
→ è necessario un pagamento di contributi x un periodo prefissato variabile nei diversi paesi tra I 15 e I
25 anni (periodo contributivo minimo)
→ in alcuni paesi è possibile la pensioni di vecchiaia anticipata con una decurtazione dell’importo
.
2) PENSIONE PREVIDENZIALE DI ANZIANITA’: è necessario soltanto un versamento contributivo
x un numero prestabilito di anni
→ perciò l’età pensionabile è flessibile, questo per consentire maggiore discrezionalità al lavoratore
rispetto al momento in cui ritirarsi dalla vita lavorativa: il legislatore qui ha pensato ai lavoratori
precoci, magari artigiani lavoratori già a 15 anni che necessariemente lavorano da più tempo rispetto ad
un laureato che comincia a 25 ca

3) PENSIONE SOCIALE: trattamento con finalità ASSISTENZIALE, ha lo scopo di garantire un


livello minimo di reddito agli individui che, superata una soglia di età anagrafica, non hanno versato
contributi x aver diritto a una pensione previdenziale
→ è necessario superare una “prova dei mezzi”

4) PENSIONE DI BASE: non mira a tutelare nè gli anziani in condizione di bisogno nè I lavoratori ma
ganatisce un reddito minimo a tutti I cittadini anziani
→ svolge una funzione di SICUREZZA SOCIALE tramite erogazioni di prestazioni a somma fissa,
non collegate al precedente reddito nè alla condizione economica
→ è necessario aver superato una certa età anagrafica
→ adotatto soltanto da alcuni paesi del nord europa

Abbiamo visto I TIPI di pensione e le FINALITA’, ora analizziamo il REPERIMENTO DELLE


RISORSE
→ finanziamento: 2 modalità
a) finanziamento fiscale = capacità redistributiva “verticale” tra diverse fasce di reddito, associato a
pensione sociale e pensione di base.
b)finanziamento contributivo = con il pagamento dei contributi fiscali I lavoratori e I datpri di lavoro
finanziano le presatzioni pensionistiche per loro stessi ovvero prt I lavoratori già in quiescienza.

→ gestione delle risorse:


a) Gestione delle risorse è affidata all’amministrazione centrale dello stato, le imposte/tasse
confluiscono nel circuito della finanza pubblica e da qui con la legge di blancio vengono trasferite a un
ente respondabile dell’erogazione delle prestazioni.
b) 2 alternative:
1. sistema a capitalizzazione: I contributi versati sono accumulati in conti individuali, investiti
sui mercati finanziari (rivaltatui in base al rendimento degli investimenti) e poi convertiti in
rendita al momento del pensionamento
2. sistema a ripartizione: I lavoratori versano contributi in un determinato tempo e questi
vengono immediatamente utilizzati per il pagamento delle prestazioni ai pensionati, I lavoratori
ottengono il diritto a ricevere una pensione quando si ritireranno dall’attività

→ le risorse economiche per la tutela della vecchiaia devono poi essere convertite in prestazioni,
questo avviene secondo 3 modalità di calcolo:
1) prestazioni a somma fissa= il valore delle pensioni è indipendente dal precedente reddito da lavoro,
dalla durata della carriera e dai contributi versati→ pensioni sociali/di base
2) sistema retributivo= stretto collegamento del valore pensionistico con la retribuzione da lavoro;
pensioni sono calcolate sulla “retribuzione pensionabile”ovvero la media percentuale delle retribuzioni
in n anni di carriera (ad ex. 80% del mio reddito). Vengono presi in considerazione solo gli
ultimi/migliori anni di carriera, in alcuni casi rappresenta la media della retribuzione di tutta la vita
lavorativa.
3) sistema contributivo=importo della pensione viene calcolato considerando la somma dei contributi
effettivamente versati, il “montante contributivo” e dipende da un altro paramentro che consente la
rivalutazione degli stessi contributi:

→ in un sistema a capitalizzazione è reale e corrisponde al tasso di rendimento degli


investimenti
→ in un sistema a ripartizione è convenzionale e viene scelto dal legislatore, può consistere nel
tasso di crescita economica/tasso di variazione delle retribuzioni o altro

-anche questo sistema è collegato al reddito, essendo I contributi dipendenti da esso, ma in misura
minore rispetto al sistema retributivo

I due metodi di calcolo (contributivo e riparititivo) e I due sistemi di gestione delle risorse
(capitalizzazione e ripartizione) possono cobinarsi genrando 4 modelli di schemi previdenziali:

1)Sistema retributivo a ripartizione → pensione collegata alla retribuzione


2)Sistema contributivo a ripartizione → pensione collegata ai contributi versati
3)Sistema a prestazione definita a capitalizzazione → pensione collegata alla retribuzione
4)Sistema a contribuzione definita a capitalizzazione → pensione collegata ai contributi versati

→ fattori di crisi del sistema a ripartizione: viene garantito dallo Stato e si basa sul principio
dell’equità intergenerazionale, su un equilibrio nel rapporto tra attivi e pensionati. Nel medio-lungo
periodo presenta seri problemi di sostenibilità in ragione della trasformazione demografica:
diminuzione tasso di natalità come conseguenza del declino del tasso di fertilità e l’ allungamento della
vita media, inoltre la crisi economica e delle retribuzioni può influire fortemente come ulteriore fattore
esogeno. Fattori endogeni possono invece essere l’aumento della generosità delle prestazioni e
l’abbassamneto dell’età pensionabile. → Questi fattori ci indicano una situzione in cui la popolazione
pensionata è maggiore alla popolazione attiva che quindi non può “restituire” in termini di “scambio
intergenerazionale” il reddito versato in precedenza dagli ex-lavoratori.

Il Concetto di pilastro pensionistico è stato introditto dalla Banca modiale nel 1994:

→ I° pilastro = il sistema pensionistico pubblico centrato sull’INPS e articolato su due livelli:


-assicurazione obbligatoria: gli schemi previdenziali a ripartizione da cui derivano prestazioni
collegate alla precedente condizione lavorativa e in relazione ai contributi versati
-schemi assistenziali e di sicurezza sociale: le prestazioni assistenziali volte a garantire una
disponibilità reddituale minima contro la povertà, finanziati dalla fiscalità generale

→ II° pilastro = il sistema di previdenza integrativa complementare rivolto ad occupati e basato su


forme pensionistiche a capitalizzazione con adesione collettiva (fondipensione). I fondi pensione
possono essere:
-chiusi se si rivolgono a specifiche categorie di lavoratori e vengono istituiti tramite la contrattazione
sindacale
-aperti se sono istituiti direttamente da attori finanziari senza l’intervento delle parti sociali e sono
destinati a lavoratori appartenenti ad una medesima azienda o ad un medesimo comparto produttivo

→ III° pilastro= il sistema di previdenza individuale basato sulla accumulazione individuale tramite
la stipula di polizze (da banche assicurazioni,socuetà di gestione del risparmio), adesione volontaria

I modelli originari della tutela della vecchiaia risalgono, nel panorama internazionale (europeo), a un
periodo che va dalla seconda metà dell’800 fino alla Prima Guerra Mondiale e al periodo successivo
della stessa. Prima infatti la protezione economica della vecchiaia era affidata alle società di mutuo
soccorso operaio e alle istituzioni di assistenza e beneficienza di matrice ecclesiastica. Abbiamo 2
modelli:

BISMARCKIANO BEVERIDGEANO

-Sistema tedesco che deriva dal cancelliere ispiratore -Sistema danese ideato da Lord Beveridge nel 1942 per
Otto von Bismarck durante il II Reich (cancelliere orietare sistema di protezione britannico verso un
dal1871 al 1890) modello universalistico e inclusivo
-obiettivo: mantenimento del tenore di vita dei -obiettivo: prevenzione della povertà tra le persone in
lavoratori durante la fase di quiescienza età avanzata attraverso l’erogazione di presazione a
-pensione collegata al precedente reddito somma fissa
-finanziamento: contributi della popolazione occupata -finanziamento:fiscalità generale
-versamento contributi è condizione necessaria per -copertura UNIVERSALE indipendente dalla
accedere al sistema di protezione una volta in pensione partecipazione del beneficiario al mercato del lavoro e
-copertura di tipo OCCUPAZIONALE sono I lavoratori dal contributi vesati
e non I cittadini ad essere assicurati Regno Unito, Norvegia, Finlandia,Svezia
-evoluzione di questo modello è l’assicurazione -nella fase originaria prende di riferiemento il cittadino
obbligatoria x operai industriali e successiva estensione anziano in condizioni di bisogno, per poi progredire
della copertura ad altri gruppi occupazionali nella successiva fase espansiva(‘50-’60) tutti I cittadini
-frammentazione:schemi differenti x varie categorie oltre una certa soglia di età
occupazionali
-Germania, e Europa continentale e mediterranea,
successivamente anche Polonia, Ungheria, Repubbliche
baltiche
-Italia nel 1919 istituisce schema obbligatorio x la tutela
della vecchiaia e dell’invalidità x lavoratori dipendenti
del settore privato

La fase che segue l’introduzione di questi sistemi non è caratterizzata da sostanziali cambiamenti ma
piuttosto consolidamento e istituzionalizzazione del settore: estensione della copertura a nuove
categorie,modesto incremento delle prestazioni, provvediemnti come la riduzione età pensionabile
(Italia,Germania,Francia).

Durante la fase espansiva, nel trentennio post-bellico 1945-1975 caratterizzata da crescita economica
sostenuta,società demograficamente giovane,base occupazionale/contributiva in espansione, la politica
a carattere distributivo diviene strumento di fondamentale importanza nela competizione democratica
tra le forze politiche→ irrobustimento della tutela:
-muovi metodi di finanziamento e modalità di gestione
-rafforzamento della protezione di base
-nuove prestazioni e/o incremento della generosità
Si avverte un profondo stravolgimento dei modelli originari di tutela della vecchiaia che si sono
ibridati→ da sistemi pensionistici monopilastro a multipilastro Previdenza complemementare
Cuore del sistema privata,il sistema pubblico
pensionstico costituito da fornisce solo una protezione di
schemi assicurativi base e la funzione di
pubblici,obbligatori,inclusivi, manteniemento del reddito dei
maturi gestiti a ripartizione e pensionati è affidata a schemi a
con prestazioni collegate alle capitalizzazione di secondo e
retribuzioni terzo pilastro (quota
maggioritaria di spesa
pensionistica)
Nella fase originaria l’Italia ha un’impostazione bisamarckiana-occupazionale e un sistema fortemente
frammentato:
→ d.lgt n603/1919:
-la definizione di uno schema obbligatorio x la tutela della vecchiaia e dell’invalidità rivolto ai
lavoratori del settore privato (dal 1864 x I dipendenti statali)
-la costituzione della Cassa nazionale x le assicurazioni sociali
-finanziamento contributivo paritario di lavoratori e datori di lavoro cui si aggiunge una quota a carico
dello stato
-gestione delle risorse a capitalizzazione
-requisiti di accesso stringenti (65 anni età pensionabile)

→ nel periodo fascista


-estesa la copertura obbligatoria agli impiegati con retribuzione fino a 800 lire/mese
-esclusi I lavoratori agricoli= assicurazione pensionistica obbligatoria solo per I lavoratori dipendenti
(fino a fine’50)
→ riforma 1939:
-estesa la copertura anche a retribuzione mensile fino a 1500 lire
-introdotta pensione di reversibilità
-abbassamento età pensionabile e differenziazzione tra uomini e donne (60e 55 fino a riforma Amato)
-superamento principio finanziamento paritario=datori di lavoro 2/3 onere contributivo rispetto ai
lavoratori

→ nell’età dell’oro espansione del sistema pensionistico italiano seguendo Paesi matrice bismarck
-copertura assicurativa pensionistica estesa anche a lavoratori autonomi (no solo dipendenti) e non più
in base al reddito
-rete di protezione minima x anziani senza contributi/non sufficienti
-1956 “baby pensioni”:possibilità per I dipendenti pubblici di ritirarsi dal lavoro prima del
raggiungimento dell’età pensionabile, se si è raggiunto il requisito contributivo=20 anni di contributi x
uomini e 15 x donne, si ha diritto a una pensione di anzianità (esigua rispetto alla normale ma cmq
smetti di lavorare). Poi nel ‘65 estese a settore privato e elavoratori autonomi dopo 35 anni.
-vengono gradualmente modificati il metodo di calcolo delle prestazioni e la modalità di gestione dei
contributi , fino ad arrivare, con la legge 153/69, ad una effetiva riforma del sistema con il passaggio
dal metodo contributivo al metodo di calcolo delle prestazioni retributivo e nascita del sistema di
gestione dei contributi a ripartizione (no più capitalizzazione), inoltre viene introdotta la pensione
sociale x prevenire la povertà, erogata a fronte di una prova dei mezzi
-il risultato di questi interventi fu un sistema pensionistico estremamente frammentato lungo le linee
occupazionali e oneroso, l’emergere di forti sbilanci nei conti dell’INPS: le riforme espansive furono
raramente precedute da rigorosi studi e proiezioni sul loro impatto, I principali partiti (DC e PCI)
usarono le politiche per la vecchiaia come moneta corrente x degli scambi politici, e attirare l’interesse
degli elettori oltre che x sostegno al regime democratico in fase di difficile consolidamento.
-questo portò la politica pensionistica italiana tra il 1950 al 1990 a registrare le dinamiche tipiche dello
“scivolamento distributivo”con I caratteristici picchi di generosità e irresponsabilità finanziaria che
contribuirono al’emergere del “welfare state all’italiana” segnato dallo “sbilanciamento funzionale” a
favore della tutela della vecchiaia a discapito degli altri rischi(disoccupazione,carichi familiari,povertà)

→ Anni ‘80 inizialmente abbiamo configurazione monopilastro, incentarta sul sistema pubblico a 2
livelli:
1) contrasto povertà tramite pensione sociale e integrazione al minimo
2) schemi a ripartizione con prestazioni (contributive e retributive) colllegate al reddito di lavoro
(schemi però estremamente frammentati tra le diverse categorie professionali tanto da creare il
cosidetto “labirinto delle pensioni”)
-questi fattori danno il via, agli inizi di questo decennio, alla crisi del sistema previdenziale italiano,
andiamo però a vedere le cause, riscontrabili già negli ‘70:
esogene: crescente tasso di disoccupazione, debole crescita economica (specialmente primi anni’80 e
dalla fine dei ‘90 al 2019),emergenza demografica,
endogene: rapido aumento spesa pubblica non bilanciato dalle entrate, deficit strutturale delle gestioni x
lavoratori autonomi, problematiche distributive tra categorie professionali x la frammentazione
normativa in materia e per il metodo adottato dopo il ‘69 che favoriva lavoratori con più alto reddito
(con consistenti aumenti retributivi negli ultimi anni di carriera), prestazioni elevate a fronte di requisiti
contributivi esigui (baby pensioni), assoluta inconsistenza dei pilastri complementari a
capitalizzazione (tipica dei Paesi monopilastro), prestazioni obbligatorie di fine servizio x I dipendenti
privati (trattamento di fine rapporto) e pubblici (indennità di buonuscita), progressivo deterioramento
della finanza pubblica a partire dai primi ‘80→ aumento debito e deficit pubblico
→ Inizia così un periodo caratterizzato da piani di riforma che presentano obiettivi e misure simili
finalizzate al conteniemento dei costi soprattutto tramite l’armonizzazione delle regole previdenziali
(fortemente frammentate, come abbiamo già detto)→ calcolo delle prestazioni, requisiti età
pensionabile. Nessun provvediamneto “sottrattivo” viene però portato a termine a causa dei continui
cambi di governo e elezioni anticipate. Paradossalemente vengono attuati provvediamenti “espansivi”
-1988: abolizione “tetto” sulla retribuzione pensionabile
-l.n. 233/1990 estende il metodo retributivo alle 3 grandi categorie di lavoratori autonomi assicurati
presso l’INPS (agricoli,artigiani,commercianti)→ sancisce la generalizzazione dell’obiettivo del
mantenimento di un elevato livello di reddito tramite gli schemi di Primo Pilastro (pubblico,Stato) x
tutti I lavoratori + metodo retributivo viene applicato ai lavoratori autonomi senza regolamentare
adeguatamente il livello di prrelievo contributivo → aumenta frammentazione poichè lavoratori
autonomi rispetto ai dipendenti godono di rapporto contributi/prestazioni più favorevole
-non fu possibile dunque applicare politiche sottrattive che aiutassero a rigenerare il sistema
previdenziale, inoltre si tratta di un periodo caratterizzato da un sistema politico ad elevata
frammentazioine e polarizzazione del sistema partitico, governi deboli sostenuti da coalizioni ampie ed
eterogenee
-con ‘90 si chiude però la fase espansiva, vizi del sistema pensionistico non più tollerati per insieme di
fattori interni ed internazionali

→ Anni ‘90: Serie di incisive Riforme caratterizzate da misure parametriche sottrattive sul pilastro
pubblico e interventi a carattere regolativo volti ad avviare la transizione a un sistema pensionstico
multipilastro (riforme strutturali)
-parte un periodo di riforme destinato a durare due decenni 1992-2012 che suddivideremo in 3 fasi
1)fase di emergenza: 1992-1997 crisi politico-istituzionale (scandalo Tangentopoli) e economico-
finanziaria (deficit e debito pubblico)→ Riforma Amato e Riforma Dini
2)nuove riforme previdenziali parametriche e spesso contraddiorie tra loro fine ‘90 e 2007
3)seconda fase di crisi 2008-2012 nuovi interventi emergenziali che culminano con la Riforma
Fornero-Monti
-Italia si trova ad affrontare grave crisi economico-finanziaria e a dover far fronte ai forti vincoli di
bilancio indotti dal processo di convergenza europea (Trattato Unione Europeaa Maastricht 1992
convergenza verso UEM)
-grave crisi politico-istituzionale con conseguente ridefinizione delle forze partitiche e del Passaggio da
Prima a Seconda Repubblica: scompaiono DC-PSI-PSDI.PLI-PRI e a sinistra per effetto del crollo del
Muro di Berlino già avevamo avuto la scissione del PCI in PDS e RC

→ RIFORMA AMATO avvia un processo di riordino e stabilizzazione del sistema previdenziale


attraverso 3 tappe:
a) l.n. 421/1992
b)d.lgs.n.153/1992 → misure parametriche sottrative sul pilastro pubblico:
-graduale innalzamento età pensionabile x dipendenti privati (55→ 60 x donne; 60→ 65 x uomini)
-graduale eliminazione delle baby pensioni x dipendenti pubblici (parificazione rispetto a comparto
privato portndo gradualemnte a 35 anni contributivi)
-estensione da 15→ 20 anni del periodo contributivo minimo x accedere a pensioni di vecchiaia sia xx
dipendenti che autonomi
-divieto di cumulo tra pensione e reddito da lavoro
-estensione periodo di riferimento x computo della retribuzione pensionabile nel sistema retributivo
dipendenti privati dagli ultimi 5 anni agli ultimi 10 Per tutti I lavoratori con almeno 15
dipendenti pubblici dall’ultimo mese agli ultimi 10 anni anni di contribuzione
nuovi nel mercato del lavoro calcolo della retribuzione pensionabile sull’intera carriera lavorativa
-abolito il meccanismo di indicizzazione che collegava la rivalutazione delle pensioni dopo il
pensionamento all’aumento delle retribuzioni→ pensioni indicizzate al solo tasso di inflazione
c)d.lgs.n.124/1993 → sviluppo dei pilastri complementari
-forme pensionistiche complemementari esclusivamente a capitalizzazione, che erogano prestazioni a
contribuzione definita
-2 diversi tipi di fondi complementari
fondi pensione chiusi creati tramite la contrattazione collettiva e rappresentano forme di secondo
pilastro caratterizzate dal ruolo centrale dei rappresentanti dei lavoratori e dei lavoratori e dei datori di
lavoro nell’istituzione e nel controllo dei fondi stessi
fondi pensione aperti concepiti come forme residuali del terzo pilastro, istituiti e gestiti direttamente da
banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio
→ Dove trovare però I soldi per la transizione a un sistema multipilastro? Governo Amato decide di
utilizzare il TFR x finanziare I fondi complementari (Trattamento di Fine Rapporto: prestazione di fine
servizio che le imprese devono obbligatoriemente corripondere ai dipendenti in ogni caso del rapporto
di risoluzione)
-Tuttavia la previdenza complementare italiana sarà caratterizzata da adesione volonaria e individuale a
nuovi fondi a capitalizzazione
→ conclusioni Riforma Amato:
-primo provvediemento effettivamente sottrattivo sul pilastro pubblico
-introduce primo quadro regolativo x la previdenza complementare a capitalizzazione
-che determinerà sdoppiamento del policy marketing previdenziale sui due diversi circuiti decisionali
(primo pilastro pubblico e pilastri complementari a capializzazione)

(Riforma Governo Berlusconi che fallisce perchè cade Governo)

→ RIFORMA DINI l.n.355/1995: modifica completamente la logica di funzionamento del primo


pilastro con il passaggio a un sistema contributivo
-il primo pilastro rimane a ripartizione e le prestazioni vengono calcolate così: I contributi versati sono
virtualmente accumulati in un conto individuale e rivalutati annualmente secondo la media del PIL
degli ultimi 5 anni x pensioni di vecchiaia. Al momento del pensionamento il montante contributivo
accumulato e convertito in rendita tramite coefficienti di trasformazione che variano in base all’età
anagrafica del lavoratore
-età pensionabile flessibile tra 57 e 65 anni con requisito contributivo minimo di 5 anni
-ogni 10 anni revisione dei coefficienti di trasformazione sulla base degli andamenti demografici e
economici
-importo della pensione dipende perciò da:
valore contributi versati
età effettiva pensionamento
dinamica economica
andamenti demografici
-c’è relazione tra età di pensionamento e importo della pensione: puù tardi vai in pensione più alto è il
valore della prestazione→ incentiva a prolungare l’attività lavorativa
-innalzamento requisito contributivo x pensioni di anzianità con passaggio graduale da 35 a 40 anni di
contributi nel 2008; si può però accedere prima combinando requisito contributivo (35 anni) con età
anagrafica (gradualmente crescente da 52 a 52 nel 2006)
-nuovo sistema contributivo si applica in base a maturità contributiva al 31 dicembre 1995, distinuiamo
perciò 3 gruppi:
CONTRIBUZIONE > o = 18 anni→ non si applica, pensione ancora calcolata in base a sistema
retributivo previsto dalla Riforma Amato
CONTRIBUZIONE <18 anni→ si applica un sistema misto “contributivo pro rata”
NUOVI NEL MERCATO DEL LAVORO dal 1° Gennaio 1996 → applicazione integrale sistema
contributivo
-sostituisce la pensione sociale e dell’integrazione al minimo con l’assegno sociale: x tutti I
cittadini>65 anni al di sotto di una certa soglia di reddito
→ conclusioni Riforma Dini: ha profondamente trasformato I tratti fondamentali del primo pilastro
pensionistico
-modificandone la logica di funzionamento x quanto concerne il calcolo delle prestazioni
-rafforzandone le fondamenta finanziarie e riducendo le disparità di trattamento intragenerazionali e
intercategoriali→ omogeneizza i trattamenti tra le diverse categorie occupazionali (aumenta l’equità
intragenerazionale)
-sul piano intergenerazionale però ha prodotto una frattura fra diverse coorti di lavoratori, specie x
l’esenzione dei lavoratori più anziani da nuovo metodo contributivo e il conseguente luungo periodo di
transione, il sistema contributivo sarà infatti peinamento a regime nel 2035!!! →
Si apre una lunga fase di transizione con la creazione delle seguenti categorie:

• i “salvati”: I lavoratori che al 31 dicembre 1995 hanno almeno diciotto anni di anzianità e a cui non
viene applicato il metodo contributivo
• i “parzialmente protetti”: quelli con anzianità inferiore a diciotto anni nel 1996,
la cui pensione sarà calcolata in base alla regola retributiva per l'anzianità
maturata al 1995 e a quella contributiva per l'anzianità accumulata dal 1996 in poi
• gli “indifesi”: gli assunti a partire dal 1996, la cui pensione sarà interamente contributiva

→Dal 1995 si susseguono interventi di ulteriore riforma per assestare il sistema pensionistico e
metterlo a regime. Gli interventi più importanti sono quelli di Prodi1997, di Maroni 2001-2004,
Fornero 2011

→ Riforma Prodi 1997: piano di riforma previdienziale inserito nella leggge di bilancio del 1998. Sul
fronte delle entrate si eleva le aliquote contributive x I lavoratori autonomi e I parasubordinati dal 15 al
20%. Anche se modeste le misure contenute nella riforma sono immediatamentet efficaci e consentono
di agire sulle dinamiche di spesa nel breve-medio periodo garantendo un risparmio attorno allo 0,2%
del PIL per il 1998, risultato fondamentale in vista dell’imminente verifica delle condizioni necessarie
x l’adozione della moneta unica

Le riforme del sistema pensionistico negli anni‘90 hanno sostenuto l’equità intragenerazionale ma
penalizzato quella intergenerazionale, inquanto:

-il sistema contributivo opera come un potente strumento di omogeneizzazione dei trattamenti tra le
diverse categorie professionali. Analogamente, le condizioni di accesso alla quiuescenza sono state
armonizzate, non solo tra I diversi comparti del lavoro dipendente (pubblico e privato) e del lavoro
autonomo: anche tra uomini e donne la completa parificazione è stata raggiunta nel 2018 con
l’implementazione della riforma Fornero-Monti
-l’applicazione integrale delle misure sottrattive in via prioritaria alle giovani generazioni e l’esenzione
dei lavoratori più anziani da alcuni provvediemnti chiave (metodo contributivo in primis) ha
determinato una frattura intergenerazionale: non vi è omogeneità di trattamento delle diverse
generazioni. Al fine di mantenere le più generose prestazioni dei pensionati attuali, I nuovi entarti sul
mercato del lavoro dopo la Riforma Dini pagano contributi più elevati che in passato e avranno in
futuroo pensioni meno generose x un periodo di pensionamento molto breve.

→ d.lgs.n.47/2000: tappa cruciale x previdenza complementare


-amplia offerta del terzo pilastro con introduzione dei PIP forme pensionistiche individuali attuate
mediante polizze assicurative
-estende agevolazioni fiscali a tutte le forme pensionistiche complementari, comprensi I fondi pensione
aprti e gli stessi PIP
-altera l’impianto originario della previdenza complemementare e ne incrementa in mood consistente le
risorse

- in prospettiva le riforme pensionistiche degli anni’90 conseguono diversi obiettivi


•si raggiunge l’obiettivo del contenimento della spesa
•l’applicazione del sistema contributivo omogeneizza i trattamenti tra le diverse categorie
occupazionali (aumenta l’equità intragenerazionale)
•riarticolazione del sistema pensionistico e l’apertura ad un sistema multipilastro (possibile grazie allo
sfruttamento del TFR)
Permettendo così di evitare il collaso del sistema agendo su due versanti: 1)sostenibilità finanziaria e
contenimento dei costi 2)armonizzazione normativa e parità di trattamento intragenerazionale

→ Riforma Maroni 2001-2004: vi sono in questo periodo 2 questioni da affrontare


1)il previsto incremento della spesa a breve-medio termine
2)l’adeguatezza delle prestazioni per le generazioni più giovani, nel lungo periodo. + Garantire tutela
sufficiente a condurre una vita dignitosa x persone che non riescono ad accesere a pensioni
previdenziali
- si incide così sul prolungamento della fase di vita attiva che, agendo sul versante delle entrate e delle
uscite, contribuisce alla sostenibilità degli schemi di primo pilastro nella fase di transizione al sistema
contributivo
- riduzione tra I 3 e I 5 punti percentuali del prelievo contributivo nel primo pilastro per I nuovi assunti
- trasferimento obbligatorio del TFR maturando ai fondi pensione, che avrebbe reso di fatto
obbligatoria l’adesione alla orevidenza complementare
-liberalizzazione del limite superiore dell’età pensionabile (65 anni) e incentivi per lavoratori che
hanno raggiunto requisiti x pensione di anzianità affinchè permangano nel mercato del lavoro
→ poi ufficlamente nel 2004:
l.delega n.243/2004 riforma Maroni-Tremonti mantiene solo alcuni dei tratti della riforma originaria
del 2001:
- a breve termine (2004-2007) incentivi x rinvio del pensionamento x chi può avere pensione di
anzianità→ versamento di tutti ii contributi in bista paga
- a partire dal 1 gennaio 2008 innalzamento di 3 anni (dai 57 ai 60) dell’età pensionabile (pensioni
anzianità) e requisito contributivo 35 anni → misure definite nel gergo politico “scalone maroni”
- con effetto nel medio lungo periodo viene abolita l’età pensionabile flessibile x I lavoratori soggetti al
sistema contributivo (Riforma Dini) e reintrodotta l’età di pensionamento fissa e differenziata x sesso
65 anni uomini e 60 anni donne (Riforma Amato)
-anni di contribuzione necessari rimangono 5 come x l.n.335/1995

→ d.lgs n 252/2005: testo unico che innova la disciplina del settore di previdenza complementare
ovvero il secondo pilastro del sistema pensionistico il cui scopo è quello di integrare la previdenza di
base obbligatoria o di primo pilastro: concorrendo ad assicurare al lavoratore, per il futuro, un livello
adeguato di tutela pensionistica, insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di base.
-il trasferimento obbligatorio del TFR ai fondi pensione è convertito in un più “morbido” meccanismo
di “silenzio assenso”: a partire dal 2008 I laoratori dipendenti privati avranno 6 mesi di tempo x
decidere la destinazione del TFR, in caso rimangano silenti quest’ultimo confluirà al fondo
complementare collettivo di riferimento (tipicamente “fondo chiuso”)

Allo scoppio della crisi finanziaria ed economica globale nel 2008, l’italia aveva già sensibilmente
ristrutturato la sua architettura pensionistica con diversi passaggi di riforma. Tuttavia le pressioni
internazionali e sovranazionali (analogalmente agli anni ‘90) rendono necessarie ulteriori misure
sottrattive di emergenza Tra queste la più importante fu

→ Riforma Fornero-Monti inclusa nel “decreto Salva Italia” d.l.n.201/2011 poi l.n.214/2011
-inasprimento delle condizioni di accesso al pensionamento nel breve-medio periodo sulla base dei
seguenti criteri
1) graduale armonizzazione entro il 2018 dell’età pensionabile x le donne impiegate nel settore privato
alle altre categorie
2) revisione del meccanismo di adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita,
con primo incremento fisso di 3 mesi anticipato al 2013 e successivi adeguamenti triennali fino al 2019
e biennali in seguito
3) età pensionabile pari alemno a 67 anni nel 2021
4) eliminazione del periodo di attesa delle prestazioni pensionistiche, dopo il raggiungimento dei
requisiti (“finestre mobili”) precedentemnto introdotto dalla 120/2010
Inoltre
- vengono disposte condizioni aggiuntive x accedere alla pensione di vecchiaia: possibilità di
“pensionamento posticipato “a 70 anni estendendo da 5 a 20 anni il periodo minimo di contribuzione
- si può accedere a pensione anticipata a 63 anni (a determinate condizioni) perciò viene reintrodotta
un’età pensionabile flessibile tra I 63 e 70 anni, x lavoratori pro rata condizioni ancora più stringenti le
condizioni di pensionamento con il solo requisito anagrafico: 42 anni e 1 mese (41 e 1 mese x donne)
di contributi sono richiesti nel 2012 con riduzione delle prestazioni in caso di quiescenza prima dei 62
anni
-calcolo delle prestazioni: accelerazione dell’entrata in vigore del nuovo sistema contributivo con
l’applicazione, dal gennaio 2012, del nuov metodo di calcolo pro rata alle coorti di lavoratori
precedentemente esentate e ancora soggettte integralmente al sistema retibutivo→ si è in cerca di equità
intergenerazionale
Questa riforma, con l’obiettivo della riduzione dei costi a breve termine (sotto la stretta del “vincolo
esterno” Ue) fu fortemente osteggiata dai tre sindacati confederali.

Dopo 2 decenni di incisivi interventi sottrattivi e dopo le riforme improntate all’austerity della fase
2009-2011 si apre una nuova traiettoria di politica pensionistica a carattere espansivo che sarà
soprattutto promossa da dinamiche di competizione politico-elettorale domestica.
→ Rifroma Poletti-Renzi 2017
→ Riforma Di Maio-Salvini 2018

Attualmente il sistema pensionistico italiano si trova ad affrontare una lenta fase di transizione verso
una configurazione multipilastro* [Primo pilastro contributivo con pilastri complementari a
contribuzione definita:a eccezione dell’assegno sociale/pensione di cittadinanza tutti gli schemi sono
ispirati al principio della neutralità attuariale]. E’ fondato su solide basi finanziarie, ha un’impronta
marcatamente assicurativa, con limitata capacità redistributiva ed è ancora molto imcompleto rispetto
allo sviluppo dei pilastri complementari →Sistema pensionistico che per coloro che vanno ora in
pensione è a ripartizione su base retributiva ma che in prospettiva sta progressivamente spostandosi
verso la ripartizione su base contributiva.
*pur in condizioni estremamente avverse permessa dallo sfruttamento del cancello istituzionale TFR

Ciò determina una progressiva diminuzione del tasso di sostituzione: se un lavoratore (tipicamente
dipendente) inserito nel mercato del lavoro negli anni’70 arrivava a percepire una pensione pari
all’80% dello stipendio, un lavoratore inserito successivamente vede calare progressivamente questa
quota; I più giovani per I quali la vita lavorativa è segnata da lunghi periodi di precarietà e occupazione
parasubordinata rischiano di avere trattamenti pensionistici oscillanti tra il 35% e il 65% della
retribuzione pensionabile.

Tasso di sostituzione = esprime il rapporto percentuale tra la pensione lorda al momento del
pensionamento e l’ultima retribuzione lorda percepita, più questo è alto e maggiori saranno le
disparità del tenore di vita di una persona rispetto a prima e dopo il pensionamento
→ come si risponde al decadimento del tasso di sostituzione? Integrando I 3 pilastri del sistema
pensionistico: Previdenza pubblica, Previdenza privata integrativa e Previdenza individuale (se hai
dubbi rivedi 128-132)

CAP3 LA POLITICA DEL LAVORO

Definizione e finalità
Con “politiche del lavoro” intendiamo un insieme di interventi pubblici volti al raggiungimento e al
mantenimento di un elevato e stabile livello occupazionale, questo avviene attraverso il perseguimento
di 3 principali finalità:

1) LA REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO: misure rivolte a disciplinare i


rapporti di lavoro → provvedimenti di natura regolativa (leggi del legislatore)

2)PROMOZIONE DELL’OCCUPAZIONE: misure che favoriscano l’inserimento professionale, per far


sì che sempre più persone abbiano una chance lavorativa → provvediementi di natura organizzativa
(politiche proattive: erogazione di servizi)

3)MANTENIMENTO O GARANZIA DI UN REDDITO di chi è nel mercato del lavoro contro il


rischio di disoccupazione: strumenti di tutela che vengono attivati in caso di disoccupazione effettiva o
temporanea → interventi di natura distributiva (ammortizzatori sociali: prestazioni monetarie)

→ La specifica combinazione (=policy mix) di queste 3 finalità dà vita a un sistema/modello di politica


del lavoro che varia da paese a paese e con il passare del tempo.

Politiche attive e Politiche passive


Le politiche del lavoro si distinguono in:

POLITICHE ATTIVE POLITICHE PASSIVE

→interventi volti a rendere più efficente il →compensative: interventi di mera tutela del
funzionamento del mercato del lavoro per reddito della persona in cerca di occupazione=
creare nuova occupazione e rimuovere le Trasferimenti/prestazioni monetarie a favore
cause di disoccupazione = Servizi e dei disoccupati→ garanzia di chi sta nel mercato
Trasferimenti del lavoro per non farlo uscire

→ promuovono occupazione →ammortizzatori sociali*: strumenti di tutela


del reddito dei disoccupati che in questo caso
corrispondono a trasferimenti monetari
→ ex. Servizi per collocamento e → ex. Quando uno stabilimento/fabbrica chiude e le
orientamento nel mondo del lavoro (Centri famiglie rimangono senza reddito vengono forniti dei
per l’impiego), Corsi di formazione trasferimenti monetari temporanei
professionale, Sussidi all’occupazione,
Sostegno finanziario e servizi alla nuova → nello specifico abbiamo 2 tipi di ammortizzatori
imprenditorialità, Creazione diretta e sociali:
temporanea di posti di lavoro
1) in costanza del rapporto di lavoro (si continuano
a percepire i contributi):
-Cassa integrazione: strumento di politica passiva
attraverso cui lo Stato assicura un reddito (basso)
durante l’interruzione del rapporto di lavoro x evitare
il licenziamento o che si perda il posto → non perdi il
posto
-Contratti di solidarietà: strumenti di politica passiva
limitati ad alcune categorie lavorative→ grandi
aziende che consistono in accordi stipulati tra
l’azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad
oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro al fine di
evitare licenziamenti in caso di crisi o favorire nuove
assunzioni (si abbassa orario e retribuzione).
Non per piccole aziende o Pubblica
amministrazione→licenziamento

2) con interruzione del rapporto di lavoro (no


contributi): trasferimenti monetari per chi è uscito dal
mercato del lavoro x un limitato periodo di tempo così
da coprire la prima fase
-Indennità per le situazioni di disoccupazione
involontaria: prestazioni economiche riservate a colore
che sono stati espulsi dal mercato del lavoro→
condizione occupazionale come presupposto per il
riconoscimento della disoccupazione:
Indennità di mobilità
NaSPI
ASDI
Dis-Coll etc...

→ La principale differenza è che le POLITICHE PASSIVE sono rivolte esclusivamente a chi fa o


faceva parte del mercato del lavoro, mentre le POLITICHE ATTIVE sono rivolte anche a chi deve
ancora entrare nel mercato del lavoro, e ne favoriscono appunto l’ingresso
Un problema in Italia che riguarda questa differenza è che le POLITICHE PASSIVE dovrebbero essere
temporanee e le POLITICHE ATTIVE dovrebbero essere più ampie. Invece abbiamo una netta
maggioranza delle PASSIVE sulle ATTIVE sia in termini di domanda sia in termini di spesa.

*AMMORTIZZATORI SOCIALI: tutta una serie di misure che hanno l'obiettivo di offrire sostegno
economico ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Sono dunque strumenti a cui devono
ricorrere le aziende che si trovano in crisi e devono provvedere a riorganizzazione la loro struttura e
dunque a ridimensionare il costo del lavoro.
→ link utile: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/ammortizzatori-sociali/Pagine/
orientamento.aspx
E chi non ha avuto accesso al mercato del lavoro? Siamo nell’ambito del punto: 3)MANTENIMENTO
O GARANZIA DI UN REDDITO→ possiamo individuare 3 livelli di ammortizzatori sociali:

1 pilastro assicurativo→ indennità di disoccupazione (gia visto) erogate x durata definita e a fronte di
determinato versamento di contributi

2 pilastro assistenziale dedicato→ sussidi sulla base di requisiti di reddito in caso di impoossibilità di
accesso al 1 pilastro assicurativo (no accesso al mercato del lavoro) o per esauriemento delle spettanze
e persistenza dello stato di disoccupazione

3 pilastro assistenziale generale→ non specificatamente rivolto ai lavoratori dove le prestazioni


forniscono, in base a stringenti requisiti di reddito e patrimonio, un “reddito minimo garantito” a chi si
trova in condizioni di indigenza

Ci interessano in questo discorso i pilastri 2 e 3: siamo nell’ambito delle Strategie di contrasto alla
povertà:Le misure di sostegno al reddito in questo settore consistono in trasferimenti monetari
assicurate alle persone che non hanno sufficienti disponibilità economiche:

A) REDDITO DI CITTADINANZA: erogazione monetaria a carattere universale e illimitato nel


tempo che ha come unico requisito la cittadinanza (reddito di base)→ teorizzazione ma nessuna
esperienza se non sperimentale

B) REDDITO MINIMO GARANTITO: erogazione monetaria condizionata (universale ma


selettiva) e limitata nel tempo che di norma si accompagna con politiche di attivazione

→ prima del 2017 erano stati fatti solo progetti sperimentali e x territori [vedi slide 4 “esperienze
italiane di reddito minimo”] poi →d.lgs n.147/2017 REI “Reddito di Inclusione”: un sostegno
economico accompagnato da servizi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa. Non è una
misura assistenzialistica, un beneficio economico «passivo». Al nucleo familiare beneficiario è
richiesto un impegno ad attivarsi, sulla base di un progetto personalizzato condiviso con i servizi
territoriali, che accompagni il nucleo verso l’autonomia. I servizi sociali lavorano in rete con i centri
per l’impiego, i servizi socio-sanitari, la scuola, le agenzie formative, i servizi per la casa, il terzo
settore e le forze produttive del territorio per individuare i sostegni necessari per attivare i percorsi
verso l’autonomia. [fonte: https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/poverta-ed-esclusione-sociale/
focus-on/Reddito-di-Inclusione-ReI/Documents/Piano-interventi-servizi-poverta.pdf]
Questo prevede:
-una parte economica
-attivazione
-Dove? Presso I Servizi Sociali Comunali

→ Italia è stato ultimo Paese in Europa a introdurre una misura di contarsto alla povertà organizzato e
strutturato a livello nazionale→ come è stato possibile? Familismo, Lavoro in nero.

Mentre per il RdC: schema non categoriale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, introdotto
dalla l.n.26/2019. La misura prevede un sostegno economico per I nuclei familiari in condizione di
deprivazione economica,condizionale all’adesione a programmi di inserimento lavorativo e/o sociale a
seconda delle caratteristiche dei beneficiari→ Questo prevede:
-parte economica
-attivazione
-Dove? Presso INPS, Centri per l’Impiego → se situazione conforme allora l’utente viene indirizzato
presso I Servizi Sociali Comunali
→ Tra ReI e RdC cambia l’impianto organizzativo ma non la sostanza

Inoltre nell’ ambito delle misure di sostegno al reddito è doveroso fare una panoramica generale: si
tartta di leggi nazionali, dunque valide allo stesso modo su tutto il territorio, connesse alla cittadinanza
e dunque sia a italiani che a stranieri.
Si iniziò con una sperimentazione, la quale prevedeva di dare a metà beneficiari il contenuto tout court
e all’altra metà dare contributo dopo aver sottoscritto progetto con servizi sociali. Venne somministrato
un questionario ai beneficiari da compilare prima e dopo, per vedere quale delle 2 misure fosse più
efficace. La seconda risultò migliore e divenne poi obbligatoria.
→ da questa sperimentazione nacque nel 2017 il SIA Sostegno all’Inclusione Attiva
requisiti d’accesso:
-cittadinanza
-residenza
-reddito
-caratteristiche nucleo familiare
Progetto individualizzato: su visione globale di bisogni e collaborazione tra i servizi→ coinvolge tutto
il nucleo familiare
→ il 1° gennaio 2018 il SIA viene sostituito dal Reddito di inclusione (REI), come previsto dalla
Legge delega per il contrasto alla povertà e dal Decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, attuativo
della legge delega che prevedeva:
requisiti d’accesso:
-residenza
-caratteristiche nucleo familiare
-reddito
NOVITA’
-aperta a stranieri
-requisiti ISEE
-possibilità di prelievo e non più tramite una Carta e solo per alcuni beni
→ meccanismo rimane lo stesso: colloqui con Servizi sociali, Attuazione del Servizio, Progetto
→ si ha sempre accesso ai beneficiari tramite il portale INPS (anche per SIA)

→ fino al 28 Feb 2019 è stato erogato il ReI, poi Reddito di Cittadinanza (RdC)
NOVITA’
-stringe l’accesso: possono beneficiarne solo gli stranieri residenti in Italia da almeno 10 anni
-non si passa obbligatoriamento per il Servizio sociale MA dal Centro per l’Impiego
persone occupabili→ rimandate ad altre piattaforme
persone non occupabili→ Servizio sociale (ma piattaforme non ancora attive, almeno nei municipi
romani): Assistente sociale procede con a) Analisi preliminare del bisogno→ si può fare anche per
bisogni sanitari, scolastici etc… b) Formulazione del Progetto c) Monitoraggio attraverso Valutazione
multidisciplinare
INOLTRE x il momento è stato sospeso x gli stranieri extracomunitari. Poichè le nuove procedure
impongono di verificare se il richiedente possiede beni di proprietà nel Paese d’origine e in alcuni Pesi
è praticamente impossibile accertarlo, bisogna decidere in quali paesi è possibile accertarlo o no. Nel
frattempo che queste misure vengano risolte, l’INPS ha pensato bene di sospendere il servizio x gli
extracomunitari.

→ Differenza tra indennità di disoccupazione e misure di sostegno al reddito:


La prima si rivolge a persone che prima erano nel mercato del lavoro, dunque la condizione
occupazionale è un presupposto per il riconoscimento della disoccupazione. Diversamente, le misure
di sostegno al reddito si rivolgono “universalmente” a quella parte della popolazione che non ha avuto
accesso al mercato del lavoro (esclusione sociale, lavoro in nero).
Ricordiamo la differenza tra:
DISOCCUPATO: colui che non trova lavoro pur cercandolo
INATTIVO: colui che non cerca lavoro e non lavora
Oggi la condizione di povertà assoluta è aumentata: 4,5 mln di persone stanno sotto questa soglia e le
categorie più a rischio sono: Famiglie con tanti figli, Famiglie straniere, Giovani coppie (no
lavoro,NEET,precarizzazione), l’incidenza è minore per gli over 65.

Riforme importanti in Italia


Le principali riforme delle politiche del lavoro in Italia sono 3:
a) Legge Treu
b) Legge Biagi
c) Jobs Act
→ tratteremo solo le prime 2 poichè la 3 è contemporanea
a) Legge Treu 1997: emerge la consapevolezza della necessità di sbloccare il mercato del lavoro e
dunque di introdurre meccanismi che promuovano rapidità, flessibilità; non può più occuparsene solo il
settore pubblico. La l.n.196/1997 “Pacchetto Treu” interviene in questo senso introducendo:

-legalizzazione/regolazione dei contratti per la fornitura e lo svolgimento del lavoro temporaneo


(lavoro INTERINALE)→ una società “fornitrice”autorizzata dal ministero del lavoro mette uno o più
lavoratori al servizio di un’impresa “utilizzatrice”, al fine di soddisfarne le esigenze lavorative
temporanee. Questo nuovo contratto per lo svolgimento del lavoro interinale regola I rapporti tra
l’agenzia fornitrice e il lavoratore a cui viene affidata una specifica missione.

-liberalizzazione dei servizi per l’impiego: dagli uffici di collocamento ai Centri per l’impiego, con la
competenza che passa dallo Stato a Regioni ed enti locali

-la mediazione tra domanda e offerta di lavoro può essere svolta anche da soggetti privati

-incentivazione dei contratti di formazione, dei contratti a tempo parziale, dell’ apprendistato e dei
tirocini

Traduce in legge alcune misure definite nel Patto per il lavoro siglato dal governo Prodi promozione
dei contratti atipici x favorire occupazione) con le parti sociali, accrescendo la gamma di soggetti che
possono promuovere l’inseriemento lavorativo delle persone in cerca di occupazione.

2) Legge Biagi 2003: Negli anni 2000 si apre una nuova fase per le politiche del lavoro, caratterizzata
da una drastica ridefinizione dei rapporti tra il governo e le parti sociali, l’intento è quello di
modernizzare la normativa del mercato del lavoro, dal momento che non ha più le caratteristiche di un
tempo (ex. Il lavoratore tipico che lavora h8 al giorno tutti I giorni non c’è più, ci sono diversi picchi di
lavoro e diversi contesti). Il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro porterà ad un tentativo
di riforma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, al fine di consentire al datore di lavoro la scelta tra il
risarcimento del dipendente illegittimamente licenziato o il suo reintegro, che incontrerà però la
massiccia opposizione dei sindacati e verrà poi abbandonato. Verranno però varati altri importanti
provvediementi tra cui è degna di nota la l.n.30/2003 che:

- ampliamento del processo di “flessibilizzazione in entrata”: ovvero delle modalità contrattuali che
permettono l’accesso al mondo del lavoro
→ “flessibilizzazione del lavoro”: un mercato del lavoro altamente diversificato nel quale il lavoratore
non svolgerà mai lo stesso lavoro e la stessa mansione nell’ambito della propria vita. E’ riferita anche
alla possibilità di cambiare, volta per volta, il datore di lavoro, l’attività occupazionale svolta, la sede di
lavoro e perfino l’orario lavorativo. Il concetto di “flessibilità” è fortemente connaturato e legato alle
esigenze del datore di lavoro, alle necessità dell’azienda che potrà così scegliere anche tra diverse
categorie contrattuali.
[fonte:http://www.flessibilitaelavoropubblico.it/tipologie-contratto.html]
→ “flessibilizzazione in uscita”: insieme delle norme che regolamentano la possibilità delle aziende, in
caso di riorganizzazione o crisi, di ridurre il personale attraverso licenziamenti collettivi o individuali.
[fonte:https://www.docsity.com/it/flessibilita-in-uscita-e-in-entrata/742663/]
Quindi per l’appunto
- rivisita ed estende la gamma dei rapporti di lavoro nel settore privato, per favorire l’inserimento
lavorativo dei soggetti deboli (giovani, donne, immigrati, lavoratori anziani) e contrastare
l’occupazione sommersa, introducendo nuove tipologie contrattuali: somministrazione di lavoro*
(interinale), lavoro a progetto**, lavoro ripartito (jobsharing), lavoro a chiamata (joboncall), lavoro
occasionale accessorio, socio lavoratore di cooperative, apprendistato, contratto di inserimento,
part- time.
*le limitazioni prima previste come l’esclusione dell’interinale x I lavori di bassa qualifica vengono
rimosse e viene introdotto l’istituto dello staff leasing (possibilità di stipulare contratti di fornitura di
lavoratori somministrati anche a tempo indeterminato).
**nel settore privato ii rapporti di collaborazione coordinata e continuativa possono essere stipulati
solo se ricondotti a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro (attività bene definita con finalità
specifica). Questo per impedire che il rapporto di collaorazione venga utilizzato come sostituto di un
rapporto di lavoro di fatto alle dipendenze (meno oneroso x imprese). Vengono anche aggiunte tutele in
caso di infortunio,malattia, gravidanza x lavoratori a progetto

- rafforzamento della liberalizzazione e dell’ammodernamento dei servizi per l’impiego, per mezzo
della compartecipazione di attori pubblici e privati

Rappresenta un punto cruciale nel processo di liberalizzazione del mercato del lavoro italiano, si pone
però fine al modello garantista che si era consolidato nei decenni precedenti: questa norma sarà infatti
oggetto di numerose critiche soprattutto perchè la nuova disciplina sui contratti a termine contribuisce a
una rapida crescita del fenomeno della precarietà, per via dei bassi salari di norma associati a tali
posizioni lavorative, delle minori tutele sociali garantite ai lavoratori atipici e per la lunga permanenza
in tale condizione

CAP4 LA POLITICA SANITARIA


Definizione e finalità
Le politiche sanitarie consistono in quel settore delle politiche sociali preposto ad erogare servizi che
garantiscano un adeguato livello di cura e assistenza sanitaria alla generalità dei cittadini,
perseguendo gli obiettivi generici di:

-promozione del benessere


-guarigione dalle malattie
-sollievo dalle sofferenze
-impedimento o attenuazione della cronicità delle patologie
Queste finalità vengono perseguite seguendo 4 orizzonti d’azione:

1) PREVENZIONE PRIMARIA: interviene su individui sani per ridurre il rischio di eventi avversi ed è
volta ad eliminare le cause di insorgenza delle malattie e I possibili fattori di rischio per la salute
→ su target ampi (giovani ,adulti,scuole) x proteggere da insorgere di problemi/malattie
→ sensibilizzazione, si danno gli strumenti: campagne contro il fumo, x uso del profilattico, x
prevenzione Hiv

2) PREVENZIONE SECONDARIA: finalizzata a individuare le malattie in fase precoce e ad arrestarne


l’evoluzione
→ target più mirato: I fattori di rischio sono mirati e misurati (ex.donne >40 anni controllo PAP
test/controlli mirati per figli di persone con tumori)

3) DIAGNOSI E CURA: volte a identificare le cause delle malattie, rimuoverne lo stato patologico o
ritardarne il decorso attraverso cure primarie e specialsitiche

4) RIABILITAZIONE: finalizzata a recuperare le capacità funzionali compromesse dalla malattia e a


impedirne la cronicità

sistema sanitario: insieme di istituzioni, attori e risorse umane e materiali che concorrono alla
promozione, al recupero e al mantenimento della salute
→ definizione OMS di “salute”: stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice
assenza di malattia
Si compone di diversi sottoinsiemi che interagiscono tra loro e nei quali operano attori diversi con
logiche e interessi specifici:
-domanda: popolazione che esprime bisogno di salute e richiede prestazioni
-offerta: insieme di produttori e distributori di servizi e prestazioni sanitarie
-finanziamento: che si occupa di raccogliere e distribuire le risorse monetarie necessarie a far
funzionare il sistema nel suo complesso
→ 4 parametri sulla base dei quali si valuta un sistema sanitario:
1. efficienza: rapporto prestazioni/risorse→ misurata dal numero di prestazioni realizzate da un’unità di
fattore produttivo impiegata ex n. visite x ora di lavoro medico
2. efficacia: rapporto salute/prestazioni→ contributo dei servizi sanitari al miglioramento dello stato di
salute→ misurata dal miglioramento di stato salute in seguito a prestazione sanitaria ex. Riduzione
morti x tumore in seguito a introduzione screening periodici
3. costi: indicatore principale è spesa sanitaria totale pro capite
4. equità: uguaglianza di accesso alle cure sanitarie indipendentemente dalle condizioni
socioeconomiche degli individui
Un sistema ideale deve offrire una giusta combinazione tra questi 4 elementi
→ inoltre ricrodiamo che un sistema saniatrio anche se non produce salute produce comunque redditi:
questa elementare entità economica va sempre tenuta presente soprattutto quando giudichiamo le
misure di contenimento della spesa sanitaria.

Fattori che influenzano lo stato di salute


Lo stato di salute non dipende solo dal funzionamento e dal’articolazione di un sistema sanitario ma vi
sono molteplici fattori che, interagendo tra loro e influenzandosi a vicenda, possono condizionare in
positivo o in negativo la salute di un individuo o di una popolazione (determinanti di salute):
a)patrimonio genetico (20-30%)
b)fattori ambientali (20-30%)
c)fattori socioculturali, fattori economici e stili di vita (40-50%)
d)sistema sanitario (15-20%)
→ da ciò si evince che le condizioni di salute e le probabilità di morte non sono distribuite
uniformemente tra gli individui, ma variano a seconda del reddito, l’istruzione, la professione, il tipo
di famiglia !!!

→ “salute” non è più come in passato sinonimo di sanità e spendere di più x la sanità non vuol dire
necessariemente migliorare le condizioni di salute di una persona (ex.malattie cronico degenerative
che costituiscono più 70% cause di morte nelle società industriali→ unico rimedio efficace è
eliminazione dei fattori di rischio= cambiamento degli stili di vita e dei modelli di produzione e di
consumo)
→ quindi che può fare il sistema sanitario? Farsi promotore, presso I decisori pubblici di altri settori,
affinchè vengano attuate “politiche sane”: nella produzione di energie rinnovabili, nei trasporti,
nell’alimentazione e nell’agricoltura

Modelli del Sistema Sanitario


In linea generale possiamo ricondurre I sistemi sanitari dei diversi paesi a 3 modelli istituzionali:

a) SISTEMA MUTUALISTICO (CATEGORIALE,DELLE ASSICURAZIONI SOCIALI DI


MALATTIA): principali destinatari delle coperture sono I lavoratori, vi sono differenziazioni di
trattamento tra le varie categorie occupazionali, in termini di prestazioni e di contributi versati. Il
principale erogatore (mutue assicurative) di prestazioni è privato o parastatale, quindi gamma delle
prestazioni offerta è più circoscritta e in funzione del contributo assicurativo. Finanziamento
prevalentemente contributivo. → solidarismo categoriale: la categoria che investe di più sarà più
coperta, si investe su tutta la categoria

b) SISTEMA UNIVERSALISTICO (SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE): destinatario è l’intera


popolazione residente. Erogatore e gestore dell’assistenza sanitaria è lo Stato. Gamma di presatzioni
offerte più estesa e omogenea in funzione del requisito di cittadinanza/residenza. Finanziamento
prevalentemente di tipo fiscale→ tasse (molti paesi sistema misto contributi sociali&gettito fiscale)→
universalismo: no distinzione, il più ricco non accede di più

c) SISTEMA ASSICURATIVO (PRIVATO, ASSICURAZIONI PRIVATE DI MALATTIA):


Finanziato attraverso I “premi”(=rispetto al contributo sociale dipendono dal profilo di rischio
individuale e sono indipendenti dal reddito) pagati da coloro che scelgono liberamente di sottoscrivere
una polizza assicurativa. Il sistema garantisce protezione a tutti coloro disposti a pagare in base alla
propria esposizione al rischio, mentre sono esclusi tutti coloro che non sono in grado si sostenere il
costo di una polizza privata→ nessun tipo di solidarietà a differenza dei 2 sistemi precedenti, salvo
quella a posteriori a favore di sinistrati ai acarico degli indenni. Diffuso in USA (a eccezione di 2
schemi sanitari pubblici Medicaid e Medicare), e in Svizzera (dove però è obbligatorio assicurarsi e I
premi sono indipendenti dal rischio individuale e sussidi statali x meno abbienti x pagare assicurazione)

→ all’interno dei sistemi di welfare, accanto ai sistemi sanitari (di qualsiasi tipo siano) vengono in
genere garantite almeno 2 prestazioni monetarie connesse alla tutela della salute:
-indennità di malattia: somma pagata in sostituzione della retribuzione ai lavoratori che si ammalano
-indennità di maternità: sostitutiva della retribuzione per le lavoratrici madri che devono assentarsi x
un periodo definito dal posto di lavoro
→ Quindi I diversi sitemi si differenziano per organizzazione, dimensioni, articolazione
istituzionale,regole di accesso etc…Tuttavia vi sono dei soggetti isituzionali comuni: cittadini, enti
centrali/periferici dello stato, soggetti economico-finanziari che acquistano e vendono le prestazioni
sanitarie, strutture di erogazione dei servizi
Sistema Sanitario Nazionale
Il Sistema Sanitario Nazionale italiano viene istituito con la legge 833/1978, che sancisce il passaggio
da un sistema mutualistico a un sistema universalistico.
Il primo consisteva nell’esistenza di casse mutue per diverse categorie lavorative, covenzionate con le
strutture sanitarie. Questo generava una forte differenziazzione di copertura e qualità (coperture alte,
medie, basse, inesistenti) fino ad arrivare ad una parte di popolazione esclusa dal suddetto sistema.
Il secondo invece si basa sul principio di uguaglianza ed è caratterizzato da un’unica assicurazione
nazionale estesa a tutti i cittadini. Venne definito un modello unitario, organico ed integrato articolato
su 3 livelli dotati di autonomia politico-istituzionale (decentramento amministrativo):

1) STATO: cui spettava la definizione delle direttive generali riguardanti la tutela della salute. Un
quadro di norme che garantissero I principi istituzionali di uguaglianza di trattamento dei cittadini e di
diritto alla salute attraverso la programmazione, il coordinamento e il finanziamento dell’intero
sistema sanitario. In particolare il Ministero della Sanità doveva definire anche il Piano Sanitario
Nazionale di durata triennale (il primo approvato fu però quello del triennio ‘94-’97)

2) REGIONI: godevano di autonomia gestionale ma non finanziaria. A loro spettava la


programmazione del SSN, attraverso la stesura dei Piani Sanitari Regionali (sempre facendo
riferimento alle direttive nazionali-PSN), e la sua attuazione. Questa consisteva nella decisione
dell’assetto specifico, dell’organizzazione e delle norme di contabilità delle singole USL, le Unita
Sanitarie Locali, attraverso cui l’insieme dei servizi assicurati dal SSN veniva erogato nei territori.
3) ENTI LOCALI (COMUNI): cui spettava l’organizzazione di base dei servizi e l’erogazione degli
stessi attraverso le USL, rette da un‘assemblea generale e da appositi comitati di gestione

→per quanto riguarda il finanziamento, in attesa della completa fiscalizzazioe degli oneri sociali, i
contributi sociali vennero fatti confluire nel Fondo Sanitario Nazionale e redistribuiti alle regioni per
pagare I fornitori delle prestazioni.

Contenuti e obiettivi
Per quanto riguarda I contenuti, la legge 833/1978 porta con sè importanti elementi innovativi: la tutela
della salute viene riconosciuta come diritto del cittadino (non più del lavoratore) in un’ottica globale di
benessere e interesse della collettività. A questo proposito il SSN è tenuto e garantire tutte le
prestazioni, le quali devono essere erogate senza distinzioni tra condizioni individuali o sociali e
secondo criteri di uguaglianza. Viene riconosciuta l’importanza della partecipazione dei cittadini
all’organizzazione e alla gestione del SSN, la cui attuazione compete allo Stato e agli enti locali. Il
nuovo assetto organizzativo centrato sulle USL permette di comprendere da vicino, e quindi meglio, le
diverse problematiche dei territori e i bisogni dei cittadini, queste sono infatti governate dai Comuni,
inquanto la politica locale rappresenta I cittadini. Si segue la “volontà del territorio” per costruire una
sanità a misura delle necessità e risorse.
Gli intenti che la 833/1978 porta con sè vengono reaizzati attraverso il perseguimento di diversi
obiettivi:
-unificazione degli interventi: mentre la mutua rispondeva solamente alle necessità di cura e
riabilitazione, il SSN assicura interventi di prevenzione, cura, riabilitazione
-globalità: ovvero il concetto di salute collocato nel contesto individuo-ambiente, attraverso la
promozione di uno stile di vita sano del cittadino, informativa e prevenzione sull’inquinamento, rischi
sul lavoro, etc…
-generalizzazione: dei diritti d’accesso ai servizi sanitari (copertura erga omnes)
-uguaglianza: come superamento degli squilibri sociali e territoriali

Nell’epoca della sua costruzione il SSN porta dunque punti di forza e di debolezza →
I primi, così come riportato nelle sue caratteristiche e nei suoi obiettivi, hanno permesso una forte
espansione della sanità che hanno contribuito a migliorare lo stato di salute della popolazione e a
ridurre le disuaguaglianze di accesso alle cure mediche fra classi sociali e aree territoriali (ne è
testimone l’andamento dei principali indicatori sanitari come la mortalità infantile, la speranza di vita,
l’incidenza delle “morti evitabili” etc). Tuttavia questo non è stato privo di conseguenze negative, vi
sono infatti alcune criticità che il SS, così come realizzato nel 1978, porta con sè:

• difficoltà di concertare e attuare provvediementi di ampio respiro (evidente nella difficoltà


ad emanare un PSN prima del 1994) favorendo invece l’adozione di decisioni a carattere
particolaristico prive di disegno unitario. Ne consegue dunque un’esecuzione degli interventi
senza una reale programmazione né degli obiettivi, né delle risorse

• scarsa competenza del personale: a livello centrale (ministeri della sanità) e regionale
(assessorati e quadri delle strutture sanitarie) spesso nominato secondo logiche di affiliazione
partitica e non secondo criteri di professionalità. A cui si aggiunge una scarsa attenzione alla
base conoscitiva della produzione (popolazioni, costi, quantità, qualità, etc.)

• dispute tra i livelli di governo riguardo la definizione dei ruoli e delle funzioni e alla
ripartizione delle risorse finanziarie. Nello specifico la l.83/1978 non chiariva se stato o regioni,
o entrambi, avesse la priorità sulla definizione delle linee di intervento in sanità e a quali dei
due fossero obbligate a rispondere le USL. Anche a livello finanziario, alle regioni era concesso
un potere nel governo della spesa che spesso andava oltre le effettive disponibilità finanziarie,
facendo aumentare il livello di idebitamento delle USL→ no concordanza di mezzi e obiettivi
tra I diversi livelli: stato perseguiva politiche restrittive riducendo le risorse finanziarie da
destinare al SSN e le regioni, appellandosi all’obbligo dell’assistenza sanitaria, spendevano
oltrepassando I limiti imposti e contrbuendo a portare il sistema alla crisi finanziaria (punto 1)

• presenza di forme di inadempienza a livello subnazionale: per difficoltà a recepire e attuare le


misure approvate a livello centrale ma anche per deliberata volontà di ignorarle (un esempio è
che i PSR vennero approvati solo in pochissimi casi)

• sensibile variabilità interregionale riguardo il funzionamento: da territorio a territorio variano


molto la spesa pro capite, la composizione della spesa per destinazione funzionale, I tassi di
esenzione dai ticket, i livelli di prestazione.

• forte correlazione tra politica e gestione: nonostante la grande fiducia data all’organizzazione
territoriale questa si dimostra fortemente influenzata dagli interessi politici, dei partiti e dei
singoli individui politici. Essendo I Consigli comunali a dare direttive alle USL, queste vengono
usate per veicolare consensi, accrescere visibilità e questo comporta
-aumento della spesa sanitaria ogni anno
-aumento personale (medici, infermieri ecc) senza effettivo uso
-costruzione di strutture ospedaliere mai avviate
Inoltre, di fronte a scenario di costi crescenti e rendimenti calanti, I partiti hanno ridefinito I
propri interessi nei confronti della sanità, ceracndo di ritardare l’adozione di misure impopolari
(restrittive) e dando la colpa ad altri: Regioni o Comunità europea ritenuta responsabile
dell’imposizione di una politica di rigore finanziario.

• rapida crescita della spesa: ogni anno in ogni territorio e non seguita da un effettivo
miglioramento dei servizi, per quanto riguarda la 833/79 sono in parte dovute alle motivazioni
sopra elencate ma, in una visione globale di cause e sfide ai mutamenti dei diversi sistemi
sanitari, possiamo delineare altri fattori, come ad esempio
-le nuove tecnologie sanitarie dagli anni ‘50 che, rivoluzionando i tradizionali approcci
diagnostici e di cura hanno contribuito ad accrescere la fiducia della popolazione nella medicina
e a far ricorso a terapie innobative e ad alto contenuto tecnologico e dunque con enormi
conseguenze sui costi (medicalizzazione della salute)
-la caratteristica del settore sanitario in cui il progresso tecnico non è labour saving
(rispamiatore di lavoro) e perciò tende a conoscere costi unitari e crescenti nel lungo periodo
-rapporto asimmetrico tra medico e paziente: il secondo non conoscendo la materia si affida al
primo che detiene gli strumenti per influenzare il paziente; natura speciale della sanità e priorità
che pazienti gli attribuiscono unite alla difficoltà di giudicare la qulià dei servizi
indipendentemente, comportanto una crescita della domanda sanitaria, che fa aumentare I costi
e con essi la spesa (medicalizzazione della salute p220)
-trasformazioni sociodemografiche: rapido aumento della popolazione anziana come
conseguenza del calo della natalità e l’aumento della speranza di vita. Aumento della speranza
di vita aumenta la spesa sanitaria, in particolare l’innalzamento della speranza di vita in buona
salute. La morbilità senile (morbilità=frequenza percentuale di una malattia in una collettività)
aumenta al’aumentare dell’età , a carattere cronico e invalidante, questo comporta sempre
maggiore dipendenza di persone anziane dal sistema sanitario→ tasso e intensità media della
morbilità in seno a popolazione generale aumentato
-nuovi e pericolosi rischi sanitari collegati a comportamenti tipici della società del benessere
(alcool, droghe, fumo, incidenti, stress)→ effetto sostituzione che è andato a bilanciare la
scoparsa delle vecchie patologie
-impegno “aperto” da parte dello stato con incentivi quasi unicamente predisposti ad ampliarne
l’apertura nell’ambito del contartto sottostante ai moderni sistemi sanitari (sia assicurativo che
nazionale)→ vizi istituzionali dall’origine che hanno comporatto effetti negativi sul piano
finanziario

La riforma del SSN: d.lgs 502/1992


Le criticità che la 833/79 portava con sè resero necessario un processo di riforma, una ristrutturazione
della corniuce istituzionale della sanità pubblica, anche nei suoi rapporti con la sfera privata, volta a
promuovere nuove forme di interazine tra I diversi attori del sistema sanitario. La riforma del sistema
sanitario venne approvata attraverso lo strumento del decreto legislativo, appunto il d.lgs 502/1992, poi
con alcune modifiche nel d.lgs 517/1993. Le principali novità introdotte riguardarono

• regionalizzazione: gestione viene trasferita dai Comuni alle Regioni, che vedono rafforzate le
loro competenze sanitarie; recepiscono dei fondi che devono gestire non liberamente, come era
per I Comuni con spesa incotrollata, bensì con approccio aziendale → processo di
rafforzamento regionale fortemente collegato ad un alto processo introdotto →

• aziendalizzazione: concretamente consiste nella trasformazione di USL in ASL e nella


costituzione delle AO, trasformazione di alcuni ospedali in azienda. Questo comporta che
queste strutture cessano di essere strutture operative dei comuni per diventare enti regionali
dotati di personalità giuridica e di ampia autonomia gestionale: la giunta regionale organizza
le ASL. I poteri di gestione sono affidati ad un organo monocratico di natura non politica= il
direttore generale, al vertice dell’azienda e responsabile del suo andamento. L’organizzazione
di questo ente risponde a logiche di tipo aziendale, deve sottostare ad un bilancio annuale della
spesa (preventivo e verifica spese)→ superamento di un modello organizzativo di tipo politico-
rappresentativo con uno di tipo tecnico-aziendalistico

• nuovi criteri di finanziamento e di spesa: responsabilizzazione delle regioni sul versante delle
spese. L’assegnazione delle risorse non avviene più su base storica ma è in funzione del Fondo
Sanitario Nazionale (FSN), il cui ammontare è stabilito annualmente dalla legge finanziaria e
distribuito alle regioni in base alla quota capitaria: sulla base della numerosità della
popolazione residente tenendo anche conto dei consumi sanitari specifici per età
[spesa pro capite italiana=1700€→ statale=110 miliardi annui]. Inoltre viene introdotto il
Registro Drg: un sistema tariffario per il pagamento delle prestazioni, il che vuol dire che la
stessa remunerazione, anche per I privati, risulta a tariffa. Tutte le prestazioni sanitarie con
corrispettivi costi (prezzi standard), migliore è l’organizzazione e più il prezzo si avvicina al
prezzo standard o addirittura diminuisce. Questo anche perchè viene ridefinito il rapporto tra
pubblico e privato in ambito sanitario→

• nuovo rapporto tra pubblico e privato: introduzione dell’istituto di Accreditamento degli


operatori privati, che determina l’ingresso dei privati nella sanità pubblica. Questo aumenta le
possibilità di scelta del cittadino, il quale adesso ha la possibilità di rivolgersi anche a strutture o
professionisti privati, convenzionati con il SSN che detta le regole→ libertà di scelta
Anche la medicina di base è convenzionata: I medici di base sono professionisti privati
convenzionati e accreditati al SSN, pagati dallo stesso. Questo, insieme al nuovo meccanismo di
finanziamento, determinano una nuova definizione dei “fruitori” del servizio→

• cittadino da utente a cliente: il cittadino non è più solo un utente passivo ma diviene cliente
attivo, in quanto può scegliere dove recarsi, sia in merito alla struttura pubblica o privata (e i
rispettivi professionisti), sia in merito al luogo dove preferisce curarsi, ha infatti diritto a
richiedere le prestazioni su tutto il territorio nazionale, finanziato dalla sua quota regionale
assicurata dal FSN→ si muove l’economia sanitaria: un cittadino che decide di spostarsi per
curarsi (verso strutture di maggio prestigio) porta con sè la propria quota regionale, portando
però guadagno all regione che ha scelto per il percorso terapeutico. Nella mente del legislatore
del D.lgs 502/1992 questo avrebbe dovuto stimolare la competizione tra regioni alla ricerca di
una migliore qualità dei servizi ma in realtà ha finito con provocare forti differenziazioni di
efficienza ed efficacia delle strutture sanitarie delle diverse regioni (in pratica le regioni ricche
con maggiori servizi ricevono anche soldi da regioni povere perchè I clienti si spostano→
realtà meno qualificate vengono depauperate e aumenta la disuguaglianza).

• individuazione di livelli di assistenza da garantire a tutti i cittadini

Differenze tra 833/78 e 502/92

→ Rimane in viagore il principio di decentramento amministrativo, in quanto non è direttamente a


livello nazionale la programmazione e la gestione, ma questa viene comunque assegnata alle Regioni,
mentre la 833/78 prevedeva che quesat spettasse ai Comuni

→ finanziamento: prima vi era l’assegnazione su base storica e la spesa era originata dal basso, in base
alla richiesta (rimborso a piè di lista in base alle ragioni di ricovero). Il ripiano ex post.
Successivamente invece vengono introdotti forti vincoli di bilancio (ex ante) imposti in base al Fondo
Sanitario Nazionale e con un’assegnazione per quota capitaria di ogni regione. Inoltre ogni prestazione
ha una tariffa standard, a cui sia privati che pubblici devono attenersi.

→ struttura operativa: si passa dalle Unità Sanitarie Locali USL alle Aziende Sanitarie Locali ASL e
le Aziende Ospedaliere AO

→ responsabilità: prima le detenevano l’Assemblea generale e il Comitato di gestione, che


riposndevano a ,ogiche di tipo politico (necessità di consensi elettorali). In seguito Direttore generale
(organo monocratico) che risponde a logiche di tipo aziendale.

Si supera modello organizzativo di tipo politico-rappresentativo per arrivare ad un modello


organizzativo di tipo tecnico-aziendalistico, che richiede capacità manageriali

Implicazioni negative d.lgs 502/1992

→ depauperamento delle realtà meno qualificate: libertà di movimento e di scelta sul territorio
nazionale in ambito sanitario crea forti differenziazzioni di opportunità di cura tra le diverse regioni:
ogni cliente che si sposta si porta dietro un pezzo di spesa, invece di inserire principiio di competizione
controllata e far crescere qualità del sistema succede che dove non ci sono risorse se ne tolgonoe e dove
le risorse ci sono già e ne portano di nuove (paradosso di san matteo).
→ rischio di comportamenti opportunistici da parte dei privati: dal momento che più una
prestazione costa e più sono I rimborsi dal SSN per le struttire accrediatte, le suddette strutture possono
approfittarsene e consigliare ai pazienti prestazioni più costose e magari non necessarie. Ricordiamo
che le strutture private, in quanto tali, sono vere e proprie aziende che rispondono alla logica del
profitto. Obiettivo è massimizzazione dello stesso. Un esempio calzante è lo scandalo dell’ospedale in
nord italia che effettuava solo cesarei. Il parto cesareo essendo una vera e propria operazione costa di
più di un parto naturale, ne corrispondeva un guadagno maggiore dovuto anche ai rimborsi per
l’utilizzo di risorse (professionisti, macchine, struemnti) maggiori. Questo tipo di situazioni sono state
scoperte grazie alle statistiche nazionali, risultavano molti più parti cesarei rispetto alla media nazionale
e non vi era una spiegazione plaisibile (ex. Scandalo Clinica Santa Rita di Milano che però non è
qiuesto dei cesarei).
→ accesso al pronto soccorso: per molto tempo rimane escluso nel post riforma, rimane gratuito per
tutti, l’urgenza della necessità del servizio comporta la gratuità. Il Pronto soccrso è solo pubblico
inquanto non permette di fare profitto, è il settore dove vengono spese più risorse e non vi è un’entarta.
Il problema è che diviene punto indiscriminato di accesso per qualsiasi problematica, persone vanno
per avere risposte immediate anche se non ne avrebbero bisogno. Deve essere estremamente capace ad
amministrare le risorse, ovvero individuare le prestazioni appropriate per ogni caso (sennò fai tutto a
tutti e c’è solo spesa no gestione!) → nel ‘99 necessaria l’introduzione del “triage”=classidficazione
delle condizioni di gravità

A partire dal 1996 la questione riformatrice del sistema sanitario riprende ad essere centrale nel
dibattito politico. Si procede con una revisione dei decreti (502 e 517) con l’intenzione di
razionalizzare il sistema sanitario portando a compimento la “riforma della riforma” che culminerà
nel d.lgs 229/1999. Questo provvedimento però che porterà il nome di Riforma Bindi, sarà una vera e
propria riforma strutturale che però, invece di chiudere il cerchio del riformismo, aprirà un nuovo
capitolo. Punti fondamentali:

→ regionalizzazione: rafforzamento autonomia delle regioni, concorrono alla definizione del PSN e
alla determinazione del fabbisogno complessivo del SSN. Regioni mantengono responsabilità primaria
di gestire e organizzare offerta dei servizi di prevenzione, cura e riabilitazione. A livello pratico un
meccanismo per snellire le liste d’attesa fu l’introduzione della possibilità di recarsi su tutto il territorio
regionale per godere di una prestazione. Tttavia I Comuni acquisiscono un ruolo più incisivo→

→ ritorno a sistema sanitario di tipo integrato scegliendo approccio orientato alla cooperazione
amministrata e attribuendo importanti responsabilità programmatorie sia ai comuni che a livello
centrale. Comuni acquisiscono ruolo più incisivo nella programmazione e valutazione dei servizi,
soporattutto attraverso la valorizzazione del ruolo del distretto, che deve assicurare l’assistenza
primaria, coordinare l’attività dei medici di base con la guardia medica e l’attività dei servizi
ambulatoriali e specialistici e a cui spettta la funzione (prima svolta dalle Asl) del coordinamento dei
presidi ospedalieri.

→ precisazioni in merito ad alcuni istituti già previsti: libertà di scelta, accreditamento, creazione di
fondi sanitari integrativi,esclusività del rapporto di lavoro della dirigenza sanitaria (entro metà marzo
2000 medici dovettero optare tra esclusività del rapporto di lavoro nel settore pubblico e la libera
professione in quello privato → la scelta, non revocabile, è stata incentivata mediante meccanismo
intramoenia che introdusse la possibilità di esercitare le libere professioni (da privati) nelle strutture
pubbliche. Possibilità di operare come in un sistema privato ma nel sistema pubblico, in specifici giorni
e specifiche ore.La prestazione è di natura privatistica, si prova così anche a far guadagnare il pubblico
che presta le strutture e poi deve avere rimborso. Convenienza degli incentivi fu tale che l’85% dei
medici optò x esclusività del rapporto di lavoro con il SSN

→ razionalizzazione complessiva del SSN vengono individuati con precisione gli ambiti di autonomia
e I corrispondenti livelli di responsabilità di ciascun soggetto istituzionale, e delle diverse categorie
degli operatori del SSN
Critiche e perplessità sono state avanzate in merito al fatto che la Riforma Bindi non abbia presentato
una certa continuità rispetto alle riforme precedenti e sia risultata anzi sotto alcuni aspetti più simile
alle 833/78→ dal punto di vista organizzativo: centralità del PSN come strumento di programmazione
nelle mani del governo centrale,a cui affiancarvi, oltre I PSR, una serie di Piani territoriali attribuendo
ai Comuni funzioni di programmazione, indirizzo e controllo che prima non avevano (anche se
comunque debole perchè no responsabilità finanziaria).
Un altro provvediemento importante da tenere a mente fu la il D.P.C.M del 14 febbraio 2001 che istituì
i LEA Livelli Essenziali di Assistenza per il sistema sanitario. Ovvero tutte le prestazioni che devono
essere garantite su tutto il territorio nazionale.
→ poi però come quesat edebbano essere garantite a livelloregionale, è compito delle stesse regioni
organizzarlo, gestirlo e applicarlo.

Questo tipo di organizzazione troppo locale, seppur si cercò di alleggerire questo meccanismo
eccessivo di regionalizzazione con la riforma Bindi, portò comunque ad un’ eccessiva frammentazione
sul territorio nazionale della qualità dei servizi. Servizi molto differenziati e non efficienti→ 20 sistemi
sanitari diversi→

Federalismo sanitario: Cosa è, Quando avviene

Negli anni’90 le politiche sanitarie si regionalizzano e aumenta la differenziazzione regionale, la


frattura centro-periferia diventa saliente e si gioca su 2 questioni fondamentali: autonomia finanziaria e
rafforzamento politico dei governi regionali. I governi centrali considerano via via la politica sanitaria
una questione sempre più divisiva e onerosa sotto il profilo finanziario e organizzativo (dunque
potenziale fonte di impopolarità tra I cittadini). I governi locali al contrario si mostrano sempre più
attratti dalle opportunità di guadagnare consensi attraverso la differenziazione di regole e programmi
sanitari.. Negli anni successivi alla Riforma Bindi abbiamo un altro provvediemento che procederà
verso questo orientamento di regionalizzazione: d.gls n.56/2000 che comporterà:

→ federalismo fiscale in campo saniatrio: attribuzione di un’ampia autonomia finanziaria alle regioni
che permette loro di raggiungere autonomia finanziaria sul versante del finanziamento.

In particolar modo:
→ a partire dal 2001 prevedeva l’abolizione di tutti I trasferimenti a favore delle regionia statuto
ordinario, tra cui I trasferimenti integratici del FSN da sostituirsi con altre misure
→ rimozione dei vincoli di destinazione delle risorse proprie regionali IRAP e addizionale IRPEF. Per I
primi 3 anni le regioni dovettero impegnare x l’erogazione delle prestazioni saniatrie una spesa definita
in relazione alla quota capitaria fissata dal PSN, POI questo vincolo nel 2004 fu rimosso e sostituito da
procedure di monitoraggio e di verifica dell’effettiva assistenza sanitaria erogata da ogni regione
→ aumento dell’addizionale regionale IRPEF fino allo 0,4% con parallela riduzione delle aliquote
erariali
Le norme sul federalismo fiscale hanno modificato il meccanismo di finanziamento e ora il SSN risulta
finanziato per circa il 95% dalla fiscalità generale mentre la quota residua è rappresentata da ulteriori
trasferimenti del settore pubblico e privato e da ricavi propri ed entrate varie e straordinarie delle
aziende sanitarie

L’ organizzazione della sanità in Italia: il ruolo dello Stato, delle Regioni, dei territori
Il sistema sanitario italiano è caratterizzato da un‘articolazione delle strutture e degli attori su 3 livelli di
governo:
- a livello centrale operano

Ministero della Salute→ affiancato da una serie di organismi con funzioni tecniche e di consulenza
(Consiglio Superiore di Sanita,AGENAS,ISPESL assorbito dal 2012 dall’INAIL,IIZZSS,
AIFA,IRCCSS), che ha tra I suoi compiti principaliquello di mettere a punto il Piano Sanitario
Nazionale. Inoltre il MdS interagisce con la Conferenza stato-regioni: organismo deputato a gestire I
rapporti tra il livello centrael e il livello periferisco, uno dei compiti più importanti è la definizione
degli accordi sul finanziamento del SSN e l’approvazione del Patto per la salute, accordo finanziario
programmatico siglato su base triennale tra governo e regioni.
Parlamento→ approvazioni di leggi in materia di sanità e di definire le risorse nazionali a disposizione
per il settore sanitario, in genere annualemente in occasione dell’approvazione della legge finanziaria.
Governo→ approvazione del PSN affichè divenga operativo

- livello regionale

Regioni→ approvano le leggi regionali riguardanti la politica sanitaria (molte di recepimento dalla
normativa nazionale) e il Piano Saniario Regionale PSR di turata triennale. Nominano I direttori
generali a capo delle Asl e decidono in merito alla ripartizione delle risorse finanziarie alle strutture
sanitarie che a livello locale si occupano dell’erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie

-livello locale

ASL→si occupano dell’erogazione diretta e la committenza dei servizi sanitari. Queste intrattengono i
rapporti con I medici di base, le AO acquistando servizi, le strutture sanitarie che oprano direttamente
diepdnenti dalle ASL, le strutture di cura private e I liberi professionisti accreditati e convenzionati con il
SSN)
AO→ erogazione diretta di assistenza ospedaliera e cure specialistiche

Il risultato è l’erogazione di assistenza medica, ospedaliera e sanitaria ai cittadini I quali concorrono al


finanziamento tramite il pagamento delle imposte, incamerate in parte a livello nazioanale (attraverso
tassazione generale) e in parte a livello regionale (attraverso IRAP e addizionale IRPEF)o tramite il
pagamento dei ticket. I cittadini possono inoltre rivolgersi alle assicurazioni per ottenere il rimborso di
servizi aggiuntivi e quelli erogati dal SSN.

La sanità in Italia tra pubblico e privato


In Italia il sistema sanitario è pubblico, vi sono tuttavia strutture di cura private e medici che svolgono
la loro attività da liberi professionisti a cui il cittadino è libero di rivolgersi, in base alle sue
disponibilità e preferenze. Volendo fare una piccola ricostruzione storica è importante ricordare che dal
Secondo dopoguerra fino al 1978, il sistema sanitario italiano era di tipo mutualistico/categoriale,
ovvero la collocazione occupazionale determinava la propria copertura sanitaria, con evidenti
conseguenze di differenziazioni nell’assistenza in base alla propria posizione lavorativa, fino ad
arrivare ad una totale assenza di copertura per una parte della popolazione. Con l’istituzione del
Servizio Sanitario Nazionale, grazie alla legge 833/1978 invece la situazione cambia: si passa ad un
sistema pubblico e universalistico, finanziato dalla fiscalità generale e tendenzialmente gratuito, che
possa garantire uguaglianza per tutti nell’accesso alle prestazioni sanitarie. Vi sono tuttavia strutture
private e liberi professionisti del settore, l’ambito che rimarrà sempre pubblico, e lo è tuttora, è quello
del Pronto Soccorso. In quanto risponde ad una necessità, un’urgenza sanitaria che, in quanto tale non
può nel nostro sistema essere associata ad un costo specifico, poichè questo rappresenterebbe una
violazione del principio di diritto alla Salute sancito dall’ Art 32 dell nostra Costituzione. Questo
rappresenta però un dispendio enorme di risorse che vanno a pesare sulla spesa del SSN, dispendio
che,a fronte di un guadagno inesistente dato dalla gratuità della prestazione, le Aziende ospedaliere
private non prendono nemmeno in consederazione di voler affrontare, perchè questo andrebbe contro la
logica della massimizzazione dei profitti.
Successivamente al 1978 abbiamo in Italia altri interventi che incideranno sul rapporto tra pubblico e
privato nella sanità: il primo che mi sento di menzionare è l’introduzione del ticket durante il Governo
De Mita nel Marzo del 1989. La logica sottesa a questo strumento è la seguente: per far fronte alla
crescente spesa sanitaria, si chiede al cittadino di compartecipare alla spesa pubblica pagando in
minima parte la prestazione offerta dal SSN, questo prezzo ovviamente non rappresenta il reale costo
della prestazione, ma serve per finanziare l’assistenza sanitaria fornita dallo stato. La spesa è versata
alle regioni italiane. I cittadini sono tenuti a corrispondere il ticket sanitario per prestazioni quali visite
o esami specialistici. Permane la gratuità dei ricoveri ospedalieri. L’ammontare del ticket verrà
modificato più volte nel corso del tempo, oggi vi è un sistema di esenzioni in base al reddito, alle fasce
di età, ai medicinali e ai servizi considerati “Salvavita” , che permette (in base ai casi) di non
compartecipare alla spesa. Ho voluto fare riferimento all’introduzione del ticket perchè oggi questo
strumento riguarda il rapporto pubblico/privato nel sistema sanitario più che mai: il fatto che venga
richiesto di pagare una prestazione e che questa (nella maggior parte dei casi) abbia tempi di attesa
assai lunghi prima di poterne beneficiare, spinge il cittadino, “cliente” attivo del SSN, a guardare
anche verso I privati, dove le prestazioni nella maggior parte dei casi costano un pò di più ma sono
immediate e complete. Questo alleggerisce il Sistema Pubblico, che non dovrà così migliorarsi o
prendere altri dipendenti, appesantito dei pesanti vincoli di bilancio che ne limitano il miglioramento
delle prestazioni e dei servizi. Un’altro provvediemento importante in questo discorso è il d.lgs
502/1992 che ha tra I suoi obiettivi proprio quello di introdurre un nuovo rapporto tra pubblico e
privato nel sistema sanitario italiano attraverso l’istituto di Accreditamento degli operatori privati, che
determina l’ingresso dei privati nella sanità pubblica. Questo aumenta le possibilità di scelta del
cittadino, il quale adesso ha la possibilità di rivolgersi anche a strutture o professionisti privati senza
dover pagare cifre troppo alte, in quanto questi risultano convenzionati con il SSN, che detta loro le
regole (libertà di scelta del cittadino). Anche la medicina di base è convenzionata: I medici di base
sono professionisti privati convenzionati e accreditati al SSN, pagati dallo stesso.
Ma a determinare un nuovo assetto di questo rapporto sarà sicuramente il d.gls 229/1999, conosciuto
come Riforma Bindi, che introdusse il meccanismo intramoenia, il quale permetteva ai liberi
professionisti di operare come in un sistema privato ma nel sistema pubblico, in alcuni giorni e ore
stabilite con il SSN, offrendo così ai cittadini una prestazione di natura privatistica. Questo
meccanismo venne introdotto per spingere I privati ad adottare un esclusivo rapporto di lavoro con il
SSN e provare a far ricavare al sistema pubblico dei ricavati grazie al prestito delle strutture pubbliche
ai privati che poi necessitavano di rimborso dopo aver permesso le prestazioni.
Nonostante i numerosi provvedimenti adottati negli anni per fronteggiare la crisi finanziaria del sistema
sanitario pubblico, oggi assistiamo ad un forte depauperamento del sistema pubblico, le stime ci
dicono che oggi mancano in Italia (per mancanza di fondi e risorse) circa 10 000 medici e 40 000
infermieri, con catastrofiche ripercussioni sulla qualità e l’efficienza dei servizi offerti che spinge la
cittadinanza sempre di più a rivolgersi a strutture private. Tuttavia, secondo I dati Istat, resta ancora
maggiore la spesa sanitaria pubblica, rispetto alla spesa sanitaria privata.

CAP5 LA POLITICA SOCIOASSISTENZIALE

Quali sono le finalità delle politiche socio-assistenziali?


Le politiche socio-assistenziali rappresentano quel settore delle politiche sociali di un paese che si
occupa di porre in essere degli interventi di natura monetaria e relazionale destinati a chi si trova
in condizioni di disagio sociale nel corso della propria vita, con l’intento di rimuovere tali
condizioni, promuovendo il benessere attraverso la socialità, le relazioni, un rapporto di
reciprocità tra chi necessita di aiuto e chi è professionalmente formato per darlo. Si tratta
dell’unico settore delle politiche sociali dove il servizio coincide con il prodotto della prestazione:
l’attività che si realizza. In senso più ampio possiamo affermare che le politiche di assistenza sociale
sono quelle misure volte a garantire, o quanto meno promuovere, l’inclusione sociale, ovvero
l’effettiva partecipazione di individui e famiglie al tessuto sociale che li circonda, assicurando loro
risorse ed opportunità.

I contenuti delle politiche di assistenza sociale: prestazioni monetarie e i servizi sociali


Nel concreto le azioni poste in essere grazie alle politiche socio assistenziali sono 2:

1) TRASFERIMENTI MONETARI
2) SERVIZI IN NATURA
entrambi finanziati dalla fiscalità generale.
1) Si tratta di misure di sostegno economico (pensioni e trattamenti assistenziali) la cui configurazione
è differenziata in ragione del titolo per cui gli individui ne beneficiano, il diritto alla prestazione è
infatti legato all’accertamento di un bisogno individuale e dell’impossibilità della persona bisognosa di
farvi fronte coi mezzi propri. Tuttavia la configurazione dell’intervento è indifferenziata in relazione
alla soggettività del beneficiario.

→ regolate, prodotte e finanziate dallo stato


→ vengono disposti in base a una decisione professionale e non standardizzata, come avviene per le
pensioni o CIG
→ si tratta di interventi selettivi e residuali, poichè vengono garantiti in linea di massima solo agli
individui in stato di comprovato bisogno e in modo residuale rispetto alle capacità di “aiutoaiuto”
dell’infividui stesso e, a volte, dell’intero nucleo familiare.
→ L’incapacità di far fronte da sè alle situazioni di bisogno viene accertata attraverso una prova dei
mezzi (“means test”) che consiste nella verifica che la condizione economica dei richiedenti risulti al di
sotto di una soglia stabilita per il diritto alla prestazione. Si tratta di una condizione generale degli
interventi di assistenza sociale, soggetta nondimeno a una forte variabilità nelle forme e nelle
caratteristiche che essa può assumere nei diversi paesi.

2) Servizi sociali alla persona: interventi destinati al benessere delle persone, che hanno come valore
proprio la relazione e la personalizzazione. Le prestazioni vengono realizzate attraverso un
accompagnamento della persona, o nucleo familiare, portatrice di disagio, lungo un percorso di
autodeterminazione e autonomia, utilizzando un approccio globale, che tenga conto di tutte le
possibili varibili e cause che possano aver causato tali condizioni e di tutte le risorse che il richiedente
può riscontrare in sè stesso, nel suo nucleo familaire, nel suo ambiente e nel suo territorio.
→ la fruizione è aperta a tutti, salvo la previsione di priorità di accesso e/o quote differenziate di
compartecipazione al costo volte a favorire le fasce più deboli. Questa prassi viene adotttata a partire
dagli anni 2000, con la legge quadro 328/2000, che introdusse nel sistema dei servizi di assistenza
sociale il principio di “universalismo selettivo”:
-universalismo=tutti possono esplicitare i propri bisogni
-selettivo=solo quelli di alcuni verranno soddisfatti
in base a→
a) principio di gravità o intensità del bisogno
b) prova dei mezzi (da modello residuale)→ x vedere s ene hai davvero bisogno, in base ad alcuni
parametri che possono essere il reddito, la rete familiare, la residenza etc)
In base a queste disposizioni si satbilisce dunque chi può accedere alle prestazioni, chi accede dopo o
chi non accede. Se si ha la possibilità di affidarsi al Mercato, allora bisogna farlo.

Questo perchè I diritti sociali non sono diritti esigibili, sono diritti condizionati: non sono i “diritti
spettanze” del Sistema pensionistico nè I “diritti fruibili” del Sistema sanitario, non si possono
pretendere come garantiti e intangibili. Infatti non vi è ancora un livello essenziale obbligato di tutte le
prestazioni di politica socio-assistenziale su tutto Il territorio nazionale (come invece è per I LEA a
livello socio-sanitario). → Unico Livello Essenziale a livello nazionale è il ReI, che presto sarà RdC
Inoltre si tratta di servizi organizzati nei territori per I territori: il principio di accesso è la residenza,
sono finanziati dagli stessi Comuni, che erogano le prestazioni in base alle risorse che hanno. Questo
comporta numerose differenziazioni, non solo a livello di territorio nazioanle tra le diverse ragioni, tra
Nord e Sud, ma anche all’interno delle stesse regioni la situazione puà variare da comune a comune,
dalle metropoli alle zone periferiche. Tendenzialmente possiamo affermare che nelle aree metropolitane
I servizi sono più presenti che nelle aree periferiche. Se un territorio è più ricco di un altro, allora posso
pretendere I servizi perchè questi ci sono; se invece sono residente in una zona dove I servizi sono
carenti, allora non posso in alcun modo pretenderli, e non posso nemmeno cercarli in un altro comune,
perchè il principio di accesso è la residenza.

Gli attori del sistema e i suoi destinatari


Per quanto riguarda gli attori di questo sistema, a seconda dei diversi settori e dei diversi compiti,
ritroviamo Stato, Regioni e Comuni. Tuttavia a questi ultimi è affidato un ruolo maggiore.
→Stato: Le politiche previdenziali e assistenziali spettano direttamente allo Stato, che si occupa anche
di fissare le linee di indirizzo e I principi guida per I territori. La legge di riferiemento è la 328/2000.
→ Regioni: essendo la sanità affidata alle regioni, le politiche di ambito socio-saniatrio spettano
anch’esse alle regioni. Dunque le Asl in accordo con I Comuni si occupano di della programmazione e
della gestione. Al livello Regionale possiamo dire spetti l’organizzazione. Nel Lazio la normativa di
riferiemnto è il Dpr 11/2016
→ Comuni: si occupano dell’erogazione dei servizi sul territorio, dell’applicazione rispetto alle risorse
possedute. Seguendo le impostazioni dettate a livello nazionale e regionale, la normativa di
riferiemento sono le diverse Delibere comunali emnate in ciascun territorio a seconda delle particoalari
esigenze di questo (VEDI SLIDES X COMEPTENZE DEI COMUNI)
Possiamo affermare che le poltiche socio-assistenziali in Italia seguano 2 principi:
→ sussidiarietà verticale: ovvero dall’alto verso l’alto, caratterizzata da decentramento amministrativo,
inquanto,, salvo le linee di indirizzo riguardanti gli interessi generali, la programmazione e la gestione
sono affidate all’ente territoriale, più vicino al cittadino, che meglio conosce il territorio e che quindi
può rispondere in maniera adeguata alle sue necessità
→ sussidiarietà orizzontale: ovvero le diverse competenze assunte dai vari attori anche allo stesso
livello, la collaborazione, lo scambio continuo di idee, che a livello locale passa non solo tra I
rappresententi istituzionali ma anche tra attori del terzo settore e tra gli stessi cittadini che possono
avanzare richieste e partecipare attivamente alla definizione delle linee di intervento.
Con riferimento alla dimensione orizzontale della sussidiarietà, vi sono 2 aspetti da tenere in
considerazione, caratterizzanti della stessa:
-defamilizzazione: grado in cui un individuo adulto può condurre uno standard di vita accetabile
indipendentemente dalle relazioni familiari attraverso il lavoro e/o le prestazioni sociali.
A seconda della forma concreta assunta dalla sussidiarietà familiare Esping-Andersen individuo 2
modelli: familista, tipico dell’Europa meridionale anche detto modello delle solidarietà familiari e
parentali→ la famiglia funge come ammortizzatore sociale, è il lugo privilegiato ed ultimo x la
soddisafzione dei bisogni dei propri componenti, lo Stato ha una funzione solo sussidiaria ovvero
intevriene se la famiglai fallisce nell’assolvere il proprio ruolo di ammortizzatore soaile; e
defamilista→ in cui lo stato assume su di sè maggiori responsabilità attraverso un intervento pubblico
che mira ad alleggerire le famiglie dal ruolo di ammortizzatori sociali e a rendere gli individui meno
dipendenti dalle loro famiglie per il loro benessere
-ruolo attribuito al terzo settore nei sistemi di welfare: a seconda dell’autonomia data al terzo settore
e a quanto questo possa godere di finanziamenti pubblici, si delineano 4 modelli: sussidiarietà attiva→
terzo settore svolge ruolo di primo piano con coinvolgimento nella fase programmatoria e
finanziamento soprattutto pubblico (Germania); prevalenza del terzo settore→ ruoloi cruciale del terzo
settore nel campo di assistenza e servizi di cura cui però non si associa elevata spesa pubblica (Italia e
Spagna) ; prevalenza dello stato→ almeno in alcuni ambiti specifici l’offerta pubblica è preponderante
(Francia); prevalenza del mercato→ è limitata la presenza del soggetto pubbico controbilanciata
dall’espansione del mercato, cui si affianca terzo settore con finanziamento prevalentemente privato
(Inghilterra)
Per quanto riguarda I destinatari, il principio di universalismo selettivo ci rimanda ad una situazione
apparentemente complessa ma semplice da capire: I servizi sono accessibili potenzialemente a tutti,
tutti possono esprimere un bisogno, poi però avviene una selezione, dettata principalemente dalle
risorse di ciascun territorio, per poter dare assistenza a chi ne ha maggiormente bisogno. Vi sono delle
categorie di bisognosi, specifici gruppi sociali che in una scala di priorità risultano in cima: anziani,
minori, persone con handicap e così via. Quesat selezione a monte è dettata anche dalla necessità di
contenere I costi snellendo le procedure buroctaico-amministrative delegate al filtraggio e alla verfica
dell’effettiva nmecessitàndei richiedenti. Si stabiliscono dei requisiti a monte (VEDI SLIDES X
TARGET)

Il quadro dell’assistenza sociale alla luce della legge 328/2000

“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”:
Regolamenta in modo organico ed omogeneo, valido su tutto il territorio nazionale, il sistema dei
servizi sociali, per cercare di porre fine alla forte differenziazzione tra I territori data dal decentramento
messo in atto dagli ‘70 (Dpr 616/1977 Delega a Regioni e Comuni delle funzioni prima attribuite allo
Stato) e dal fatto che non vi fosse una normativa a riguardo che non fosse la Legge Crispi L.
17/07/1890 (n6972)→ prima legge che inaugurò il cammino verso un sistema di assistenza sociale fu la
legge Crispi, che si proponeva di provvedere al riordino del sistema delle Opere Pie, denominandole
Istituti di Pubblica Assistenza e Beneficenza e regolandone la costituzione, dando loro la personalità
giuridica.
→ Nella realizzazione delle reti di servizi coinvolge sia soggetti del pubblico che del privato,
riconoscendo il ruolo di tutti gli attori che concorrono alla costruzione di un benessere sociale diffuso,
in particolare per la prima volta viene evidenziato il ruolo del terzo settore, cui spetta un ruolo attivo
non solo in fase di erogazione delle prestazioni ma anche, in collaborazione con l’attore pubblico, in
fase di progettazione (welfare mix)
→ Il sistema integrato si fonda sul coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali, in una logica di
decentramento, è rispettoso delle autonomie locali ma al contempo attento a promuovere obiettivi,
standard e diritti comuni a livello nazionale:
-Stato: attraverso il Piano Sociale Nazionale definisce ambiti, modalità d’intervento e gli standard
delle prestazioni minime di base

-Regioni: attraverso il Piano Sociale Regionale, che tiene conto delle linee tracciate dal PSN, ,
definisce le priorità e le risorse, inoltre verifica I risultati della programmazione,a livello regionale.

-Province e Comuni: utilizzando lo strumento del Piano Sociale di Zona, con il concorso di tutti I
soggetti attivi nella progettazione, disegnano il sistema integrato di interventi e servizi sociali con
riferiemento agli obiettivi strategici, agli strumenti per la realizzazione e alle risorse da attivare. Nelle
grandi aree metropolitane ogni municipio ha il suo Piano di Zona.
Nel caso di Roma Capitale, viene fatto un Piano Regolatore Sociale a valenza pluriennale che individua
le priorità dell’intera area del Comune di Roma, per poi realizzare in ogni Municipio un Piano di Zona
con:
-la descrizione demografica e territoriale del municipio
-ambiti e progetti relativi ai servizi sociali

Dalla descizione sopra proposta si evince come la legge quadro introduca un nuovo fondamentale
metodo: per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è
adottato il metodo dell programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività dei progetti,
della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonchè della
valutazione di impatto di genere.
→“Programmare è un procedimento attraverso il quale si giunge a prendere decisioni rispetto ad
obiettivi da perseguire e ad azioni da svolgere per perseguirli, tenendo conto dei bisogni rilevanti e
delle risors e a disposizione” [Cortigiani M., Mari A., (2002), Programmazione e direzione tecnica e
amministrativa dei servizi sociali, Roma, Il Minotauro editore]

Obiettivi a livello generale della legge quadro sono:


→ Garantire la qualità della vita
→ Assicurare pari opportunità
→ Rimuovere le discriminazioni
→ Prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di bisogno e di disagio degli individui e delle famiglie

Introduce il pincipio di universalismo selettivo ponendolo alla base nella costruzione del modello
italiano del settore socio-assistenziale (vedi sopra dove spiego universlaimo selettivo)

Dal punto di vista degli interventi la legge quadro identificava in termini generali un insieme di
prestazioni e servizi di base da garantirsi su tutto il territorio nazionale, che sarebbero andati a
costituire il nucleo dei LEP (Livelli Essenzali delle Prestazioni), rimandando però alla pianificazione
nazionale, regionale e zonale il compito di fissarne le caratteristiche e iii requisiti specifici e dunque la
loro declinazione concreta

→ Art. 22 L. 328/00 (definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ): indica il livello
essenziale delle prestazioni sociali erogabili, secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla
pianificazione nazionale, regionale e di zona :
-Misure di contrasto alla povertà
-Misure di sostegno per prevenire l’istituzionalizzazione
-Intervento di tutela dei minori e sostegno alle famiglie
-Interventi di tutela e sostegno delle persone anziani e disabili
-Interventi di prevenzione e contrasto dipendenze
CONTINUA RISPONDENDO A DOMANDE IN SOSPESO:

? le sfide della contemporaneità ai sistemi sanitari

? Gli ultimi sviluppi delle politiche pensionistiche

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