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1
Gli scenari del lavoro di rete:
cenni di politica sociale
Premessa
Il lavoro di rete si progressivamente connotato come un
metodo specifico per il lavoro sociale1 , quello che pi di altri sembrerebbe dar ragione dellaggettivo sociale che denota questo significativo sottoinsieme delle professioni di aiuto (Seed, 1990; Folgheraiter, 2001).
Pur essendo ancora controversa lidea di che cosa sia lo
specifico oggetto epistemologico di tale area disciplinare (Boeglin,
1979; Wilensky, 1979; Crespi, 1987; Bortoli, 1997), si pu comunque rilevare una generale convergenza sul fatto che il lavoro
sociale si occupi di benessere, e pi precisamente del benessere
sociale delle persone. Tuttavia, a causa della estrema genericit di
tale oggetto, non sempre risultata adeguatamente approfondita la
corrispondenza tra esso e luna o laltra impostazione metodologica
(Marzotto, 2002).
1
Qui e nelle pagine che seguono il termine lavoro sociale viene utilizzato nel significato che gli
attribuisce Folgheraiter: sul piano euristico, il lavoro sociale si caratterizza per lo studio delle
condizioni correlate al cosiddetto disagio sociale cos come esso si particolarizza in situazioni e
circostanze tipiche. [] Per quanto riguarda la faccia operativa del lavoro sociale, esso si riferisce
allinsieme delle figure di operatori impiegati nei servizi sociali personali: lassistente sociale,
leducatore sociale, lanimatore socio-educativo o socio-culturale e laddetto allassistenza (Folgheraiter, 1998, p. 80-83). Si veda anche Payne (1996).
18
IL
benessere
oggettivo
GLI
problemi
interi
operatori
di interfaccia
19
Piuttosto esemplificativo a questo proposito stato, fra gli altri, il noto documento Gli operatori
sociali: urgenza di una normativa, Ministero dellInterno, Direzione Generale dei Servizi Civili
(1984).
20
IL
stile
erogativo
definizioni
riduttive
GLI
21
competizione
tra erogatori
22
IL
quasi-mercati
controllo
delle erogazioni
GLI
la voce
degli utenti
il ruolo
dei familiari
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interessi corporativi o per valorizzare il proprio contributo alle decisioni di politica sociale.
Ma non ci sono solo diverse categorie (gli enti pubblici, le
organizzazioni private, mercantili o solidaristiche, i gruppi di pressione, le famiglie, ecc.) che si fanno promotrici di concezioni alternative con cui intendere lassistenza ed evitare lemarginazione. Nel
welfare mix anche attraverso lintroduzione del case management ha assunto in teoria maggiore visibilit ci che lanziano in
difficolt, il disabile, la persona con disagio psichico e i loro carer
intendono come benessere per quanto attiene alla loro specifica
situazione personale, che comprende s determinati problemi,
come invalidit, isolamento o quantaltro, ma non si esaurisce in
essi.
Trasferendo risorse economiche dallente pubblico alla persona (o alla famiglia) in difficolt, essa diviene il diretto acquirente delle
prestazioni assistenziali. Dunque la scelta rispetto a quali prestazioni
comprare dipender anche, caso per caso, da ci che lutente e i suoi
carer sono disponibili o in grado di fare in proprio, senza ricorrere
al supporto professionale o del volontariato organizzato. La configurazione assunta da ciascun pacchetto assistenziale non dipender solo
dal fatto che lutente sia stato valutato in stato di necessit e quindi sia
titolare di benefici assistenziali quali un assegno di cura (Gori, 2001),
ma anche dalla valutazione che lui e i suoi carer opereranno circa le
proprie capacit di assistenza e le proprie preferenze.
Tutto ci mette in evidenza, con forza maggiore che in passato, che la volont delle persone direttamente interessate, le loro
scelte e le loro capacit giocano un ruolo determinante nei processi
di aiuto, a tal punto che concepirli meramente come utenti (cio
soltanto come destinatari delle prestazioni) diviene restrittivo.
I familiari che si occupano dellassistenza a un loro parente
anziano, ad esempio, in che veste andrebbero considerati dagli operatori professionali? Sono destinatari indiretti, anchessi, delle prestazioni di aiuto, dato che vengono affiancati o sostituiti in alcuni compiti.
Ma potrebbero venire considerati anchessi soggetti erogatori di prestazioni, e quindi aver titolo a far parte dellquipe assistenziale e a
esprimere, alla pari con gli altri operatori, il proprio parere.
Ancora, la persona anziana titolare delle prestazioni di assistenza viene tradizionalmente considerata come destinataria/utente. Ma
si potrebbe sostenere che, nel momento in cui in grado di esprimere
il suo parere e le sue preferenze (Richards, 2000), o anche di collaborare a prendersi cura di se stessa, partecipa al lavoro di assistenza. E
qual la posizione del partecipante a un gruppo di auto/mutuo aiuto?
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IL
intreccio
di percezioni
spazi
di libert
In definitiva, lo sviluppo delle economie assistenziali di quasimercato sta costringendo il lavoro sociale (e a livello pi generale
le social policies) a considerare con maggiore attenzione lintreccio
di percezioni, di preferenze e di finalit diverse che compongono
quel benessere di cui dovrebbero occuparsi i servizi alla persona con
i loro operatori sociali. Lincremento di questa dimensione soggettiva e intersoggettiva del benessere, ben al di l dellemergere come
effetto specifico di una qualche politica assistenziale, caratterizza
per intero lo scenario della postmodernit.
Tradizionalmente, in una societ organizzata in termini di
modernit semplice il lavoro sociale aveva a che fare con relazioni
relativamente prefissate (Bauman, 2000). Lidentit personale, e
quindi anche le percezioni del benessere, erano tendenzialmente
definite entro strutture di controllo esterne alle scelte individuali,
imposte dalla chiesa, dalla famiglia, dagli esperti e dalla tradizione
stessa. In tale quadro, le definizioni oggettivizzate del benessere
tipiche del primo welfare potevano risultare almeno in parte sostenibili, poich avevano a che fare con traiettorie di vita in buona
misura gi ascritte alla singola persona.
Nella societ post-tradizionale tali definizioni di benessere non
vengono pi date per scontate, liberando maggiori spazi per lagency (lagire relativamente libero) individuale (Giddens, 1994). Non
che non esistano pi limiti, anzi: le politiche sociali, il mercato del
lavoro e tutta una serie di altre istituzioni mantengono la persona
entro un insieme di regole, di controlli e di costrizioni, che tuttavia
possono essere percepiti come limitanti e messi in discussione.
Contemporaneamente, questi stessi sistemi costituiscono una risorsa: muovendosi nelle loro regole, possibile conquistare nuove
opportunit per realizzare il proprio progetto di vita.
Da un lato, ci apre nuovi potenziali spazi di libert. Le
persone si trovano sempre meno davanti a strade gi tracciate e
date per buone rispetto alla carriera lavorativa, al matrimonio,
alla genitorialit, ai rapporti di parentela e cos via. Di conseguenza,
il benessere individuale assume sempre pi una dimensione di
spiccata soggettivit, in quanto disponiamo sempre meno di para-
GLI
incertezza
e rischio
scopi
condivisi
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26
IL
appendici degli
enti pubblici
lesperto sa
Spesso succede che gli ambiti di esperienza che non si prestano a essere accuratamente normati, e quindi rimangono non controllabili, vengono bypassati dai soggetti formali: restano a priori al
di fuori degli strumenti e delle strategie di cui gli enti si dotano per
implementare i propri interventi di politica sociale e, parallelamente, restano anche al di fuori dellazione degli operatori sociali che
negli enti sono incardinati (Raineri, 2001).
Altre volte si assiste invece a una intensificazione degli sforzi
di controllo: se auspicabile, o necessario a fini di budget, tener
conto di soggetti diversificati quando si programmano e si gestiscono gli interventi sociali, si cerca allora di costruire una realt ordinata e governabile stabilendo accuratamente quando e come questi
diversi soggetti possono o devono agire (Fazzi, 2003).
A livello di organizzazione dei servizi, le estreme conseguenze
di questa logica di controllo vedono il privato (inteso come soggetto
collettivo quale ad esempio unimpresa, unassociazione o una cooperativa) come unappendice dellente pubblico, con bassi margini
di autonomia rispetto al tipo di prestazioni da proporre e al progetto
a esse sotteso (Borzaga e Fazzi, 2000). Se il privato appartiene
allambito solidaristico, questa collocazione ancillare alla pubblica
amministrazione rischia di snaturarlo.
A livello micro, del singolo operatore sociale, la strategia che
affronta la complessificazione attraverso il controllo si fonda sulla
convinzione che la propria competenza professionale consista anzitutto nel sapere che cosa sia meglio per le persone in difficolt e in
secondo luogo nel prescrivere loro cosa dovrebbero fare per stare
meglio. In sostanza, in qualit di esperto, ti dico cosa devi fare e,
come a te, lo dico anche a tutti gli altri soggetti coinvolti, operatori,
volontari o parenti. Di seguito, lesperto controller appunto
che i compiti assegnati vengano espletati fino in fondo, secondo il
suo programma. Questa strategia pericolosa, sia per gli scarsi
risultati che per il rischio di burnout (Maslach, 1992; Maslach e
Leiter, 1997; Contessa, 1987; Cherniss, 1983; Bernstein e Halaszyn, 1989; Jones, 2000; Baiocco et al., 2004) cui espone loperatore.
Tale atteggiamento, vicino al senso comune, corrisponde
allidea moderna dellexpertise tecnico-professionale (Giddens,
1990), secondo cui il professionista, in quanto tale, dovrebbe possedere tutte le conoscenze necessarie per produrre un miglioramento della situazione, mentre il ruolo dei suoi interlocutori consisterebbe nel seguire le sue indicazioni. Sotteso a questa concezione vi un
modo tipicamente positivista di intendere il rapporto teoria-prassi,
GLI
il benessere
un prodotto?
politiche
della vita
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28
IL
relazioni sociali
carenza
di reciprocit
GLI
lutente
che non c
29
il paradigma
costruttivistico
30
IL
comprensione
fluida
GLI
riformulazione
partnership
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Nel lavoro sociale, la guida relazionale la funzione di accompagnamento e di facilitazione nei confronti di una rete di persone in
relazione.
Essa presuppone luso di un particolare tipo di feedback, la
riformulazione verbale (Rogers, 1970; Rogers e Kinget, 1965;
Carkhuff, 1987; Mucchielli, 1983), nota come procedura di counseling, ma che pu essere rivolta a persone in relazione fra loro nel
fronteggiare un compito. La riformulazione un modo per aiutare
le persone ad attribuire significati allesperienza in cui sono immersi
e a sviluppare ipotesi di azione, partendo dal loro punto di vista e
mantenendosi in contatto con esso. Il punto di vista degli interessati
non viene considerato qualcosa di acquisito, di compreso una volta
per tutte: a mano a mano che si procede le persone possono
scoprire nuovi significati, possono leggere la situazione in un modo
diverso, possono imbattersi in errori e correggerli. Lesperto deve
essere in grado di cogliere questi mutamenti, di sollecitarli ma anche
di adeguarsi a essi. Si tratta quindi di un processo in cui parte delle
conoscenze necessarie ad affrontare il problema specifico vengono
costruite in situazione, sono cio situ-azionali.
La funzione di guida non esclude che loperatore sia direttamente chiamato in causa nel comprendere il problema, nel portare
il suo contributo ed esprimere il suo punto di vista, con un ruolo
tendenzialmente alla pari con gli altri. Lesperto si trova sia dentro
la rete che fuori da essa, essendone insieme componente e guida.
fondamentale, tuttavia, che la prima di queste due funzioni non
prevalga sulla seconda. Il processo di aiuto allora relazionale, nel
senso che scaturisce dalla connessione fra la competenza delloperatore, che consiste soprattutto nel suo saper facilitare la rete, e la
competenza degli interessati (Dennet, 1990), che conoscono dallinterno la propria situazione e i significati che le attribuiscono. In
altri termini, esperto e interessati si aiutano reciprocamente nellaffrontare, i primi, i loro problemi di vita e, il secondo, il suo compito
professionale di esser loro daiuto. Ci scardina la tradizionale
distinzione dicotomica fra chi d e chi riceve aiuto (Folgheraiter,
2000; 2004): facilitate dalla guida relazionale, le persone coinvolte
nel problema divengono allo stesso tempo risorse. Al livello del
singolo processo di aiuto, esse sono risorse per loperatore e, per
ci stesso, risorse per s medesime. Contemporaneamente, attraverso il lavoro di reticolazione facilitato dalla guida relazionale, le
competenze esperienziali di un utente e dei suoi carer possono
intersecarsi con quelle di altre persone in analoghe situazioni di
difficolt, in una dinamica di mutuo aiuto. Ancora, possono risultare
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IL
capitale
sociale
una risorsa per il servizio nel suo insieme, nel momento in cui le
soluzioni elaborate insieme allesperto diventano un patrimonio di
conoscenze operative di cui si tiene conto nella progettazione complessiva, al livello meso della programmazione del servizio, se non
anche sul piano pi ampio delle politiche sociali.
Il lavoro di rete pu venire considerato un metodo attraverso
cui loperatore mira ad accrescere il capitale sociale (Putnam,
2002; Bagnasco et al., 2001; Donati, 2003; Folgheraiter, 2003)
dei suoi interlocutori, capitale sociale inteso come la facolt delle
persone di relazionarsi, di sperimentare un senso di fiducia e di
comunanza (Schneider, 1997) per dar vita a scambi e perseguire
azioni comuni che consentano, nella situazione di disagio, di rompere il proprio isolamento trovando sostegno e collaborazione. Allo
stesso tempo, il lavoro di rete incrementa il capitale sociale degli
operatori stessi (Folgheraiter, 2004a). Fa crescere il loro rapportarsi
con i soggetti informali dei mondi della vita e, soprattutto, indica
la via per mettere pienamente in valore tali relazioni: avere un aiuto
dai propri utenti per imparare come meglio poterli aiutare.
IL
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guida
delegata
Un diagramma di sintesi
Il percorso metodologico che abbiamo tratteggiato fin qui pu
venire schematizzato in un diagramma di flusso (figura 2.5) che
orienti loperatore nel pensare e sviluppare lintervento di rete.
Nella costruzione del diagramma, viene indicato il processo di
problem solving congiunto applicato alle principali fasi del percorso
di aiuto proposte in questo capitolo. Esse sono state disposte in un
ordine logico riferito non tanto a come potrebbero (o dovrebbero)
andare le cose nella realt, cio a come potrebbero effettivamente
risultare in ordine cronologico, quanto piuttosto cercando di evidenziarne la logica di fondo. Ad esempio, possiamo sottolineare che, se
sul piano logico i percorsi di costruzione della rete e di trasmissione
della guida possono venire distinti dalla vera e propria fase in cui si
cercano soluzioni, nel concreto fluire degli eventi pu ben essere
che ci si attivi fin da subito per migliorare la situazione, anche solo
in maniera parziale, sempre seguendo una logica relazionale. In
parecchie situazioni ci necessario perch vi sono problemi urgenti e pu comunque risultare utile per rafforzare precocemente il
senso di empowerment della rete.
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IL
IL
gli snodi
in mente
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