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SOMMARIO:

 WELFARE STATE:

-POLITICA SOCIALE E CITTADINANZA SOCIALE


-LO STATO ASSISTENZIALE
-WELFARE STATE E CRITICHE ALLA DEFINIZIONE
-EVOLUZIONE STORICA DEL WELFARE STATE

 POLITICHE SOCIALI:
-DIFFERENZIAZIONE DELLE POLITICHE SOCIALI
-DISUGUAGLIANZA DISTRIBUTIVA

 WELFARE STATE IN TALIA:


-SVILUPPO DELLE POLITICHE SOCIALI IN ITALIA
-LA LEGGE 328/00
-LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE
-LA PROGRAMMAZIONE DEI SERVIZI

 IL PIANO DI ZONA:
-IL PIANO DI ZONA
-LA COSTRUZIONE

 LA COLLABORAZIONE:
-DEFINIZIONI ED ELEMENTI CHE CONDIZIONANO LA COLLABORAZIONE
-POLICY MAKING

 PARTECIPAZIONE E SOCIAL MEDIA:


-E-GOVERNMENT E E-PARTECIPATION

 LE SFIDE ALLO STATO SOCIALE:


-LE CONSEGUENZE ALLA CRISI ECONOMICA

 RISPOSTE DELLO STATO SOCIALE AI CAMBIAMENTI:


-LE POLITICHE DI ATTIVAZIONE
-LE TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA WELFARE

 POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’:


-REDDITO DI INSERIMENTO E REDDITO DI CITTADINANZA

 WELFARE E CRISI ECOLOGICA

 IMMIGRAZIONE

1
 IL FUTURO DEL WELFARE

2
EVOL
UZIO
NE
WELF
ARE
STATE

POLITICA SOCIALE
dimensione delle Politiche pubbliche
(legge 328/00)

La politica sociale è l’insieme delle strategie che lo Stato predispone per


rispondere a problemi di rilevanza collettiva.

L’OBIETTIVO è GARANTIRE:

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- il BENESSERE DEI CITTADINI attraverso il riconoscimento di bisogni
diversi e la definizione di norme e valutazioni che regolamentino la
DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE (risorse materiali: risorse economiche,
beni materiali, strutture; risorse astratte: valori, capacità,
potenzionalità)

- la PROTEZIONE SOCIALE rispetto a:

▪BISOGNI: mancanza o carenza di determinate risorse materiali od


immateriali necessarie al raggiungimento di uno stato di maggior
benessere ~ mediante considerazione dei soggetti portatori del bisogno

▪RISCHI: produzione di effetti negativi conseguenti all’esposizione di


eventuali accadimenti ~ mediante la prevenzione

(vedi principi: bisogno - domanda di aiuto - solidarietà)

Le politiche sociali si occupano dei problemi che riguardano le condizioni di vita


delle persone e si rivolgono ai DIRITTI SOCIALI e la loro appartenenza al
collettivo (cittadinanza sociale661), quali: politiche pensionistiche, sanitarie,
del lavoro e di assistenza sociale e rispondono a rischi e bisogni diversi.

Domanda esame: Chi garantisce il benessere sociale?


Lo STATO, come regolatore e contenitore, unitamente agli Enti del terzo
settore, famiglie e dal mercato (aziende, parte produttiva), concorre alla
realizzazione del benessere tra i cittadini in una relazione, all’interno di un
confine

CITTADINANZA SOCIALE (Universalismo di MARSHALL - 1950)

E’ il riconoscimento del DIRITTO AD ACCEDERE AI SERVIZI SOCIALI alle


persone che compongono una comunità; la cui appartenenza garantisce
DIRITTI:

▪ CIVILI (di prima generazione) → libertà dallo Stato: libertà personale, di


parola, di pensiero, di domicilio e proprietà privata (sviluppati con Illuminismo
e Rivoluzione francese)

▪ POLITICI (di seconda generazione) → libertà nello Stato: diritto di


partecipare all’esercizio del potere politico (voto e sciopero) (II metà
‘800)
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▪ SOCIALI (di terza generazione) → libertà per mezzo dello Stato: diritto
alla salute ed all’istruzione, garantiscono una condizione di vita dignitosa
rispetto alla cultura e condizione di una determinata comunità (costumi ed
abitudini) come soggetto attivo al suo interno (acquisiti con la Rivoluzione
industriale). I diritti sociali danno titolo ad ottenere risorse (es. una pensione)
e/o fruire di opportunità (es. l’accesso ad un servizio), che sorreggono le
condizioni di vita. (dopo la II Guerra Mondiale)

▪ NUOVI DIRITTI (di quarta generazione) → diritto alla protezione dei dati
personali (privacy) e diritto alla tutela dell’ambiente, sicurezza in rete (fine
‘900 – oggi)

STATO ASSISTENZIALE

Lo Stato Nazionale è stato costituito nel 1861, quale creazione di un disegno voluto,
dove l’evoluzione innaturale della comunità genera la necessità della creazione di una
nuova consapevolezza nelle persone (che avevano radicata l’idea di Comunità e non
ancora di Patria) e quindi l’ottenimento di legittimazione da parte della
popolazione e ciò avviene attraverso la SOLIDARIETA’ SOCIALE.

SOLIDARIETA’ SOCIALE: capacità di un membro della collettività di agire nei


confronti di altri, come soggetto unitario

COMPITI DELLO STATO:

 GESTIONE degli scambi


 GARANTE dei processi di produzione del benessere, intervenendo nei confronti
delle persone
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 PROTEZIONE sociale rispetto a rischi e bisogni, assumendosi l’onere delle
politiche sociali ed introducendo nuovi diritti → i bisogni vengono
riconosciuti come collettivi

avviene una TRASFORMAZIONE DEI FATTI INDIVIDUALI IN FATTI SOCIALI,


riconoscendo la responsabilità dello Stato nei bisogni collettivi, con un ruolo
fondamentale assunto dalla SCIENZA, come professionista formato, che, grazie ad
un’idea di progresso, è capace di risolvere i problemi sociali (pensiero critico con
l’avvento della bomba atomica e degli esperimenti nei campi di concentramento).

“DIAMANTE DEL WELFARE”

STATO ASSISTENZIALE

● il potere organizzato dallo Stato viene utilizzato per contrastare i danni


provocati dal mercato
● garantisce gli standard minimi di servizio sociale (diritto alle prestazioni),
secondo un principio di equità, attraverso la dotazione di risorse per il
raggiungimento degli obiettivi, proporzionalmente al bisogno
● protegge dalle insicurezze provenienti dal ciclo di vita, mediante i livelli
essenziali di assistenza* quale diritto garantito dalla Corte europea di
giustizia, che può condannare l’Italia per inadempienza rispetto alla protezione
sociale.
*la Legge 328/00 colloca il Servizio Sociale all’interno del Sistema di Interventi
alla persona, dovuti dalla Pubblica Amministrazione, tra i livelli essenziali di
assistenza.

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Il modello assistenzialistico nasce dall’organizzazione dell’uomo in società,
quando si sviluppa il bisogno di regole, che garantiscono la sopravvivenza ed il
vivere sociale.

DIFFERENZE TRA STATI: gli Stati hanno dato rilevanza ai diversi bisogni
con diversi criteri di accesso alle prestazioni (non a diversi stadi di uno
stesso modello).

Inoltre gli Stati hanno configurato servizi ad hoc, decidendo di rispondere a


quote differenti di popolazione: l’universalismo non è stato raggiunto, se
non in parte nei Paesi nordici ed in Inghilterra.
Di fatto gli Stati si sono organizzati in modo diverso rispetto a chi poteva
accedere alle prestazioni in maniera più o meno ampia → configurazioni
differenti a livello di criteri di accesso, bisogni e tipologia di prestazioni, non
diversi stadi di uno stesso modello.

WELFARE STATE = stato sociale (assistenziale)

E’ l’insieme delle politiche pubbliche, connesse al processo di modernizzazione,


attraverso le quali lo Stato, quale potere organizzato, garantisce ai cittadini
PROTEZIONE CONTRO RISCHI E BISOGNI, sotto forma di assistenza,
assicurazione e prevenzione sociale, introducendo specifici diritti sociali e forme
di contribuzione finanziaria.
(cit. Ferrara)

OBIETTIVO: modificare le forze di mercato con la ridistribuzione del


reddito, attraverso l’imposizione fiscale (monetaria o servizi) e lavoro, ciò
avviene in 3 direzioni:
 garantire reddito minimo indipendentemente dal valore di mercato
 ridurre le insicurezze, permettendo alle persone di far fronte agli eventi
di vita
 assicurare standard di vita minimi di servizi (diritto alle prestazioni) in
base all’equità

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CONNESSIONI:
 rivoluzione industriale
 cambiamento sociale
 disponibilità di forza lavoro (mancanza di mezzi di sostentamento)
 sviluppo degli Stati nazionali.

Il Welfare State tende all’Universalismo, perchè persegue una redistribuzione


senza fine.

 CARATTERISTICA ESSENZIALE: RISPOSTA PUBBLICA, intesa come


protezione da parte dello stato di standard minimi di reddito, salute e
sicurezza fisica, di istruzione ed abitazione, garantita ad ogni cittadino
come diritto pubblico rivendicabile e non come carità privata (differenza
in termini di esigibilità e di fruibilità dei diritti sociali rivendicabili dai
cittadini)

Domanda esame: Che cos’è il welfare state? (Ferrara)


E’ l’insieme delle politiche pubbliche connesse al processo di modernizzazione,
attraverso le quali lo Stato garantisce ai cittadini protezione contro rischi e
bisogni, sotto forma di assistenza, assicurazione e prevenzione sociale,
introducendo specifici diritti sociali e forme di contribuzione finanziaria.

CRITERI PER DISTINGUERE I DIVERSI WELFARE STATE

- tipi di prestazione e regole di eleggibilità (cosa offre e chi può


accedervi)
- copertura dei bisogni/rischi (quali trovano copertura)
- ampiezza della copertura  percentuale di persone che rientrano nel
beneficio (a chi spetta il reddito di cittadinanza)

CRITICHE ALLA DEFINIZIONE

→ COMPLESSITÀ DELLA DEFINIZIONE: deriva dalla correlazione ed


inscindibilità dei seguenti elementi di identità:
· Cause dello sviluppo
· Scopi che persegue
· Elementi costituivi
· Funzionamento (come ed a chi rispondono)

→ FRAMMENTAZIONE CONCETTUALE : le definizioni affrontano le cause che


hanno portato allo sviluppo del welfare state e gli scopi da perseguire, ma:
- non spiegano il funzionamento
- non individuano la definizione degli standard minimi

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- non indicano l’organizzazione dei servizi da parte degli Stati (elementi
costitutivi non chiari)
- si riferiscono ad un grande numero di politiche e servizi, che producono
effetti differenti, mentre la posizione iniziale era volta a prestazioni
universali (astratta)

DEFINIZIONI STORICHE

BRIGGS: afferma che il ws è uno Stato dove il potere persegue la garanzia di


un reddito minimo, la riduzione del grado di insicurezza

WAGNER lo introduce nel 1879 (Germania - Universalismo) come ruolo


interventista dello Stato, che genera un aumento della spesa pubblica, a cui si
fa fronte mediante applicazione di imposte progressive sul reddito (IRPEF).

TEMPLE (1941 - Inghilterra) conia questo termine in contrapposizione allo


stato della guerra (war state), che definisce come intervento determinante
dello Stato per il benessere de cittadino.

WILENSKY afferma che il ws deve garantire protezione nell’ambito sociale


(salute, istruzione, abitazione) come diritto pubblico rivendicabile e non come
carità (intervento privato discrezionale, di scrematura del rischio, di situazioni
che provocano l’insuccesso → genera confusione in merito a quali sono gli
standard).

MARSHALL considera fondamentale il diritto alla cittadinanza

TITMUSS (divisione sociale) individua 3 categorie di welfare state, che


rispondono a bisogni diversi (differente organizzazione dei servizi e
diverso impatto redistributivo):

- WELFARE SOCIALE = servizi resi


- WELFARE FISCALE = maggior potere d’acquisto derivante da uno
sconto fiscale (le detrazioni di imposta garantiscono maggior reddito alle
persone)
- WELFARE AZIENDALE = prestazioni e servizi offerti dall’azienda al
lavoratore (es. pensioni integrative, nido aziendale) con conseguente
sgravio fiscale alle aziende che sviluppano questi programmi
(introduzione di figure, quali Assistente sociale e psicologo, a supporto
dei lavoratori, a fronte di malesseri derivanti dal mobbing, dal
sovraccarico di lavoro, da burn-out)

DOMANDA ESAME: Caratteristica essenziale del welfare state:


Protezione da parte dello Stato di standard minimi di reddito, salute e
sicurezza.

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Si caratterizza come RISPOSTA PUBBLICA, che si contrappone alla carità
privata: differenza in termini di esigibilità, di fruibilità dei diritti sociali, che il
cittadino può rivendicare.

CRITICHE:
 Prospettive evoluzioniste presuppongono un welfare state
universalistico
 La crisi economica porta alla crisi dell welfare

POSIZIONE NEOMARXISTA
→ si ricollega alla concezione di Stato di Marx = SOCIETÀ STRUTTURATA IN
CLASSI SOCIALI dove il welfare state:
- non affronta le cause dei bisogni e non modifica le disuguaglianze sociali
in termini di inefficacia e inefficienza (sistema burocratico)
- è uno strumento di controllo sociale maggiore nei confronti delle
persone meritevoli dell’aiuto
- ha carattere di ambiguità dove da una parte il Welfare deve legittimare
l’accumulo di capitale (che riguarda solo poche persone) , dall’altro deve
garantire la legittimazione dello Stato (che riguarda la collettività):
aspetti complementari, ma antagonisti (in crisi economica quando è
necessario effettuare una scelta tra le due possibilità)
POSIZIONE NEOLIBERISTA
- radicalizza il conflitto sociale e non lo mitiga, rendendo le persone
dipendenti dal sistema e disincentivando il lavoro e gli investimenti

 MANCANZA DI LAVORO

Elementi di convergenza tra le due posizioni: entrambe le posizioni


condividono l’idea che il Welfare State non può essere l’unica risposta ai
problemi sociali e nessuna delle due ne prevede l’eliminazione o propone
soluzioni alternative per organizzare la Società.

EVOLUZIONE STORICA DEL WELFARE

La storia del Welfare State inizia da lontano, come risposta ai bisogni legati alla
sussistenza.
Lo Stato sociale nacque e si consolidò in Occidente, durante il XIX ed il XX
secolo, di pari passo con la storia della civiltà industriale e la sua evoluzione
può essere suddivisa fasi successive:

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- la SOCIETÀ RURALE era basata su un meccanismo di reciprocità tre i
proprietari delle terre (latifondisti) ed i contadini che coltivavano le
terre e che vivevano dei loro prodotti in un’economia di sussitenza; con
l’incremento demografico i terreni vengono a mancare e si rende
necessario colonizzare nuove terre incolte.

- la NASCITA DEL COMMERCIO in ambito urbano procura lo scambio di


beni attraverso il denaro, con la creazione di banche ed
assicurazioni: le forme di accentramento preannunciano la nascita degli
Stati nazionali.

- nel ‘500-‘600 NASCONO I SALARIATI, con il formarsi di una classe che


vende la propria forza lavoro in situazioni di indigenza (elementi che
consentiranno lo sviluppo del capitalismo).

► NEL 1601 IN INGHILTERRA viene istituita la LEGGE SUI POVERI POOR


LOW = ASSISTENZA ALLA POVERTA’, definita politica sociale negativa,
perchè ha come obiettivo il controllo sociale dei poveri, a difesa
dell’ordine pubblico e sancisce il diritto di vivere per tutti i cittadini, ma,
di contro, per ottenere aiuti, le persone devono essere obbligatoriamente
internate in poorhouses, differenziando gli inabili al lavoro, che ricevono
assistenza domicililare e ricoveri in ospizi e gli abili al lavoro, che sono
obbligati penalmente all’internamento (fino alla pena di morte) →
intervento assistenziale che lede i diritti: la povertà è una colpa,
dunque l’individuo dev’essere responsabilizzato.

- Nel ‘700 e ‘800 vengono istituite le workhouses, case di lavoro e


accoglienza, che si propongono di combattere la disoccupazione e di
tenere basso il costo della manodopera; tuttavia, queste si trasformano
di fatto in luoghi di detenzione forzata e la permanenza in questi centri
pubblici equivale alla perdita dei diritti civili e politici in cambio del
ricevimento dell'assistenza governativa.

- in Inghilterra le persone, al di sotto di un certo reddito, possono ricevere


un’integrazione a sostegno, dunque i datori di lavoro non sono
incentivati ad aumentare i salari ed il lavoro stesso, indebolendo la
classe dei lavoratori → IMMOBILISMO SALARIALE

I poveri possono chiedere assistenza solo presso la propria residenza →


IMMOBILISMO GEOGRAFICO

- la RIVOLUZIONE INDUSTRIALE crea uno spostamento delle masse alla


ricerca di occupazione e la RIVOLUZIONE FRANCESE proclama i diritti
delle persone.

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Situazione critica derivante dall’incapacità di raggiungere un
reddito soddisfacente (povertà dovuta alla disoccupazione) e
dall’immobilità territoriale

- 1814 il Regno Unito riconosce il diritto alla libertà di associazione e ciò


rappresenta punto fondamentale per la NASCITA DEL SINDACATO.

XIX – INIZI DEL XX SECOLO:

► 1871 BISMARK (Germania) introduce la PRIMA ASSICURAZIONE, quale


responsabilità in capo al datore di lavoro per la protezione contro gli
infortuni (limiti dettati dai pochi rischi riconosciuti e tutelati e dalla
ridotta platea dei beneficiari delle prestazioni);

- inizi ‘900 si sviluppa l’ASSICURAZIONE SU BASE VOLONTARIA (società di


mutuo soccorso), dove il lavoratore, volontariamente, aderisce ad una
polizza assicurativa, mediante versamento di un premio;

- in Germania nascono le ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE, che non


consentono la discrezionalità al lavoratore, che contribuisce, unitamente
a datore di lavoro e Stato, al versamento di contributi previdenziali in
base al reddito.

- nascono le ASSICURAZIONI SOCIALI rivolte anche a chi non lavora (es.


pensione di reversibilità);

- nel 1913 in Svezia tutti i cittadini +67 anni avevano diritto alla pensione
FASE DI CONSOLIDAMENTO
TRA LE DUE GUERRE MONDIALI

Si sviluppa e consolida il welfare state, seguendo due traiettorie:


REGIMI DEMOCRATICI E REGIMI TOTALITARI

● i SISTEMI DEMOCRATICI, dove la classe operaia deve far proprio l’ordine


sociale e riconoscere l’assicurazione obbligatoria come programma politico e
ne sono esempio:

- la carta costituzionale tedesca della REPUBBLICA DI WEIMAR:


documento costituzionale che riconosce i diritti sociali ed il diritto di
partecipazione ai Sindacati (si apre regolamentazione dal basso) →
riconoscimento di un elevato grado di sicurezza materiale per tutta la
popolazione.

- NEW DEAL del Presidente degli Stati Uniti: riconoscimento della


contrattazione collettiva, che permettono la nascita di capisaldi validi fino
giorni nostri. Da una parte il riconosciumento dei diritti dei lavoratori, dall’altra
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l’autorealizzazione personale come obiettivo del singolo, dove il fallimento è
attribuito alla resposabilità individuale (colpa individuale). → impostazione
liberal = uomo che si realizza nel proprio destino

● i SISTEMI TOTALITARI, la classe operaia rappresenta una minaccia alla


coesione sociale, dunque l’assicurazione obbligatoria viene concessa per il
mantenimento dell’ordine.

- La GERMANIA HITLERIANA interna gli indigenti e politicizza i programmi


sanitari in favore della “razza pura” (ariana), dunque la sanità viene slegata
alla cura ed al benessere, associandola ad un’idea di razza, eliminando i
soggetti che rischiano di far involvere la razza ariana.

- Nell’ITALIA FASCISTA (1929), con il “Concordato Stato – Chiesa”, avviene


una divisione dei comiti assistenziali tra le due istituzioni: alla Chiesa i compiti
assistenziali in piena autonomia ed allo Stato i compiti relativi alla
socializzazione politica (consentono di dimostrare alla popolazione che lo Stato
pensa a loro e dunque a sostenere la legittimità dello Stato totalitario).

E’ questo il periodo in cui nascono i più grandi Enti accentrati (Unione


italiana ciechi, ONMI, INPS; INAIL, ECA), attivi fino alle grandi riforme degli
anni ’70, che avevano la caratteristica di controllore del disagio sociale,
creando dipendenza, dove le persone venivano categorizzate, con un alto tasso
di inefficacia delle risposte ai bisogni, in quanto non vi era ottica preventiva o
di riabilitazione, ma unicamente fortemente riparativa, in cui il bisogno veniva
visto come un problema da risolvere.

I regimi totalitari influiscono sulla nascita del Servizio sociale, perchè


smantellano le scuole e l’assistenza sociale creata precedentemente.
La Russia blocca il Servizio sociale, perchè lo Stato pensa ai bisogni dei
cittadini e l’assistente sociale è ritenuta superflua, dunque in questi sistemi il
Servizio sociale comincia a ricostruirsi dopo il 1989 - caduta del muro di
Berlino.

FASE DI ESPANSIONE
RAPPORTO BEVERIDGE (Regno Unito - 1941)

In Inghilterra viene istituito il COMITATO BEVERIDGE per la sicurezza


sociale, considerato il documento fondamentale del moderno ws:
introduce e definisce i concetti di sanità pubblica e pensione sociale per i
cittadini ed influenza le idee di welfare di quasi tutti I Paesi occidental-
capitalisti, affermando che ad ogni Cittadino dev’essere garantita una
soglia di susstitenza, un minimo di benessere in tutte le fasi della vita
(dalla cura alla bara).

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La povertà (“la povertà genera odio” cit. Rapporto Beverage) e la mancanza di
salute sono da imputarsi principalmente alla mancanza di reddito e le misure
finora adottate erano al di sotto della soglia di sussistenza, penalizzando i capi
famiglia.

inizia a sorgere l’idea che lo sviluppo economico non può essere separato dallo
sviluppo sociale, dunque è necessario intraprendere la lotta alla povertà
con una politica di progresso sociale ed affrontare la mancanza di reddito,
l’ignoranza, la trascuratezza, la malattia, con l’obiettivo di giungere alla totale
piena occupazione, con il sostegno di un piano che preveda occupabilità,
occupazione e condizione di vita adeguate.

I PUNTI DEL PIANO SONO:

1. passaggio dall’assicurazione dei lavoratori a quella di tutti i


cittadini
2. attenzione alle famiglie numerose (assegni familiari come forma
integrativa)
3. servizio sanitario nazionale gratuito per tutti i cittadini (bene
tutelato)
4. universalità ed unitarietà del sistema assistenziale (si rivolge a
tutti i cittadini)

REALIZZAZIONE DEL PIANO MEDIANTE:

- sussidi di sussistenza, che agiscono sulla mancanza di reddito


(malattia, vecchiaia, invalidità, pensionamento a 60 e 65 anni)
- sistema di contribuzione uniforme, ad eccezione dei lavoratori a
rischio, che percepiranno un indennizzo speciale)
- unificazione delle responsabilità amministrative, (con eliminazione
della platea di Enti) con a capo il Ministero per la Sicurezza Sociale
- classificazione dei lavoratori (8 categorie in base alla tipologia e
genere) senza intaccare il principio generale all’inclusione di tutti nel
sistema previdenziale, che garantisce il reddito di sussistenza nel caso di
mancato reddito da lavoro

PRINCIPIO DELL'UNIVERSALISMO DELLE PRESTAZIONI:


ampliamento ambito di intervento

Tale principio viene introdotto nel rapporto:

- si parla di lotta alla povertà, alla malattia, all'ignoranza, allo


squallore, all'ozio.

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- i cittadini possono usufruire delle prestazioni di cui hanno bisogno
indipendentemente dai contributi assicurativi versati.

 Si introduce, perciò, un forte elemento redistributivo del reddito e


della ricchezza fra classi sociali diverse, che corregge le grandi differenze
di reddito e le sacche di povertà create dall’economia di mercato; le risorse
vengono raccolte dai redditi delle imprese e dei cittadini attraverso un sistema
di prelievo fiscale progressivo (fortemente redistributivo).

-->E così la politica sociale si fonda sempre più sulla solidarietà di tutta la
collettività, attraverso un massiccio intervento finanziario dello Stato, il quale
dovrebbe garantire, nei casi in cui venga meno il reddito personale, sicurezza
economica a tutti i cittadini.

Questo piano ci introduce alla FINE DELLA II GUERRA MONDIALE, quando


accade che lo Stato interviene in alcuni settori dell’economia e della vita
sociale, diventando maggiormente garante in ambito lavorativo, sanitario, di
istruzione e formazione (elementi che definiscono l’Indice di sviluppo umano),
con l’obiettivo della piena occupazione (KEYNES), possibile solo a fronte di un
contemporaneo sviluppo della sfera economia e sociale e del rifiuto
dell’assistenza come carità discrezionale.

DISCREZIONALITA’: autonomia di giudizio del professionista in favore della


persona, che si basa su conoscenze, principi etici, deontologici, riferimenti
scientifici ed etici molto chiari anche per l’interlocutore (interazione tra saperi
in un determinato momento
su cui costruiamo mini-teorie), che mette a disposizione delle persone per
superare situazioni di difficoltà.

ARBITRARIETA’: scelta di inclusione od esclusione da determinati benefici

DOPOGUERRA iniziano a strutturarsi tutti i sistemi di welfare, diversi tra loro


in base a:
- livelli di adeguadezza ed equità dei programmi
- standard di uguaglianza stabiliti a livello centrale, garantiti su tutto il
territorio nazionale (LEA) e libertà a livello locale di definire altri servizi in
aggiunti agli standard minimi
- sicurezza economica a livello di reddito e spazio alla libertà individuale
intesa come possibilità di sviluppo dei processi di mercato (creazione di
disuguaglianza)
- programmazione dei servizi da parte dello Stato

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Questi elementi sono tutti presenti negli Stati europei, dando origine a modelli
differenti.

Anni ’50 – ’60 il welfare deve garantire principi di equità sociale, intesa come
intervento pubblico finalizzato a raggiungere un equilibrio tra
capitalismo e benessere sociale

EQUITA’

√ GIUSTIZIA ed IMPARZIALITA’
√ OGGETTIVITA’ NELLE VALUTAZIONI
√ UGUAGLIANZA nelle prospettive di vita (possibilità di realizzazione)
√ DIFFERENZIAZIONE MERITOCRATICA
√ ACCESSO UNIVERSALISTICO e SOLIDARIETA’ (a livello di accesso alle
prestazioni e solidarietà e coesione sociale per garantire una vita dignitosa)

Il concetto di equità ssume diverse sfumature nei vari sistemi, dunque è


necessario leggere i sistemi diversificati.

Anni ’60 (BOOM ECONOMICO) – anni ’70 (PERIODO D’ORO DEL


WELFARE IN EUROPA)

- sviluppo economico → massima espansione del welfare e di godimento


del massimo sostegno e consenso
- logica redistributiva reddito e servizi (età dell’oro)
- servizi e misure assistenziali rivolti soprattutto al ceto medio
(impiegati pubblici e privati) con servizi e prestazioni assistenziali finora
sconosciute (assegni familiari, assistenza sanitaria, benefit ditribuiti
dall’azienda)
- deficit spending per finanziare gli interventi pubblici, senza
previsione di misure a supporto della copertura finanziaria (generazione
di indebitamento pubblico)
- passaggio dalle classi alle categorie → i diritti vengono
maggiormente garantiti a gruppi di persone (maggiori benefit fino alla
Legge quadro 328/00, che riequilibrerà questo aspetto), costituiti da
figure che effettuano pressioni politiche, quali i dipendenti pubblici, che
godono di maggiori benefici (contratti di lavoro e sistema di
pensionamento più favorevoli, divieto di licenziamento), in quanto sono
la più ampia base di consenso (gruppi di pressione)
- espansione della spesa

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Prima metà anni ’70 - CRISI ECONOMICA

- crisi petrolifera  crisi economica


- tensioni sociali - post ’68 = conflittualità sociale rispetto ai pilastri
istituzionali dello Stato → anni di piombo che perseguono il colpo di
Stato, sovvertendo l’ordine politico


- calo occupazionale
- aumento della spesa sociale (persone richiedenti aiuto)
- necessaria rivisitazione importante dei conti pubblici, sollecitata dagli
organismi internazionali

CRITICHE AL WELFARE STATE:

- produce costi, derivanti dalle tasse necessarie al suo sostegno in merito


ai ceti medio e basso, dunque impossibile ricorrere al deficit pubblico
(ceto medio colpito)
- risulta essere poco efficiente ed efficace in termini di mancanza di
pieno impiego e di dubbio di destinazione del denaro alle persone
rispondenti a reali requisiti di bisogno
manifestazioni di inefficacia ed inefficienza in
- necessita di un grande numero di dipendenti con attività
frammentata e specializzata (enormi Enti immobili)
- eccesso di regolazione dello Stato potrebbe causare controllo e frena
il libero mercato, la spinta individuale

Anni ’80-’90 → RISTRUTTURAZIONE DELLO STATO SOCIALE

REVISIONE SPESA PUBBLICA → RIDUZIONE APPARATO


AMINISTRATIVO

mediante:

- decentramento amministrativo → valorizzazione di Enti locali


(Comuni)

- eliminazione di politiche riguardanti materie conflittuali o meno


rilevanti

- trasferimento di funzioni, con esternalizzazione ed affidamento al


privato sociale di servizi a favore della collettività, causa necessità

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di riduzione della spesa pubblica e reperimento di risposte più flessibili ed
immediate alle emergenze, con la nascita del welfare plurale =
WELFARE MIX, dove, al benessere della comunità non concorre più solo
lo Stato, ma anche gli Enti del Terzo settore

- permangono gruppi favoriti, che detengono maggiori benefici e


gruppi svantaggiati di sotto occupati, donne, immigrati, persone con
percorsi lavorativi frammentati – es. part-time, tempi determinati,
contratti a progetto → si instaura la PRECARIZZAZIONE

RIEPILOGO EVOLUZIONE LOGICHE POLITICHE E WELFARE STATE

1. POLITICHE REDISTRIBUTIVE: assicurazioni obbligatorie (Germania di


Bismark)
2. PASSAGGIO VERSO UN CRITERIO DISTRIBUTIVO: (età dell’oro) viene
ampliata la fascia di beneficiari al ceto medio, ma con scarca chiarezza in
merito alle risorse (crescita della spesa sociale con fattori di carattere
politico – formazione di gruppi di pressione)
3. FASE DELLA SOTTRAZIONE anni ‘80-’90 → tagli della spesa sociale, con
conseguente riduzione delle prestazioni finora garantite e lo stesso di
battito si sposta da sedi governative a piazze e movimenti

FATTORI CHE INFLUENZANO I DIVERSI WELFARE STATE:

- sviluppo economico
- riconoscimento di diritti di cittadinanza
- equità sociale

 Questi fattori, combinati diversamente, consentono di riconoscere i


diversi modelli di welfare, con un unico obiettivo di eliminare le
disuguaglianze, attraverso il conferimento di status di cittadino ed il
riconoscimento a ciascun individuo di uguali diritti e doveri, ma con
forme, risorse, prestazioni e beneficiari diversi.

Ne sono esempi:

1. Germania di Bismark: è un modo per contenere la conflittualità con la


classe operaia
2. Regno Unito con il Rapporto Beveridge : assicura benessere a tutti i
cittadini a rischio povertà, con l’obiettivo colmare gli squilibri secondo
equità sociale, dove capitalismo e benessere potrebbero essere non
antagonisti, ma perseguire uno stesso fine.

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Welfare risponde a due processi fondamentali:
● formazione degli Stati nazionali e trasformazione in democrazia di massa
● espansione del capitalismo
come risposta istituzionale a diverse domande di uguaglianza e sicurezza sociale ed economica, garantita attraverso tre
mezzi:
1.pagamento diretto di prestazioni in denaro
2.erogazione diretta di servizi in natura
3.estensione diretta di benefici, mediante crediti e deduzioni fiscali

POLIT 19

ICHE
DIFFERENZIAZIONE DELLE POLITICHE SOCIALI
Il diverso modo di gestire i conflitti sociali dà origine a politiche sociali
diverse nei vari Paesi, dove, però, per tutti l’unico obiettivo è il benessere
dei cittadini, ma con una diversa allocazione delle risorse, i cui principali
mezzi utilizzati dallo Stato per la programmazione e gestione delle politiche
sociali sono:

Modelli idealtipici di PROTEZIONE SOCIALE, che influiscono sulle


politiche sociali concrete:

POLITICHE POLITICHE UNIVERSALISTICHE E DI SICUREZZA SOCIALE


(Paesi scandinavi nell’età dell’oro)

Prevedono:

 la copertura dei rischi sociali estesa a tutti i cittadini, in tutte le


fasi della vita, indipendentemente dalla posizione del lavoro;

 Il sistema è finanziato dal gettito fiscale e non attraverso i contributi


dei lavoratori
uguale opportunità di accesso ai servizi da parte di tutti i cittadini
maggiore copertura dei rischi in tutte le fasi della vita
rete capillare di servizi finalizzatia fornire beni pubblici (istruzione,
cura, abitazioni), con l’obiettivo di ridurre il carico di cura in capo alle
20
famiglie e garantire maggiore partecipazione delle donne nel mercato del
lavoro (benessere della famiglia)

(quote rosa → numero di donne che si candidano e vengono elette negli


organi politici, rispondendo ad una serie di indici rispetto alla parità di genere –
Onu persegue la parità di diritti in posizioni apicali, politiche)

POLITICHE ASSICURATIVO-PREVIDENZIALI (Germania)

Prevedono:
● l’erogazione di prestazioni standardizzazione in forma automatica ed
imparziale, da parte di istituzioni specializzate e centralizzate (INPS, INAIL), in base al
proprio status contributivo;
● i beneficiari/lavoratori sono assicurati contro i rischi specifici collegati all’attività
svolta
● sistema di redistribuzione differenziato per genere e classi d’età, dove il
capofamiglia diventa il destinatario diretto → vengono contemplati i destinatari
indiretti legati al lavoratore (persone a carico).

Differenze nei sistemi assicurativi:


- soggetto che contribuisce all’assicurazione sociale (individuo, datore di lavoro, Stato)
- metodo di calcolo della contribuzione: fissa od in percentuale al reddito
- metodo di calcolo delle erogazioni agli assicurati: uguali o proporzionate alle
retribuzioni percepite

POLITICHE ASSISTENZIALI  Cittadino assistiito

Prevedono:
● erogazione di benefici e prestazioni con criteri arbitrari, destinati ai più bisognosi, a seguito dimostrazione
situazione di bisogno, mediante la prova dei mezzi, quale verifica che il reddito individuale sia al di sotto di
una soglia prestabilita → aiuti offerti ai bisognosi senza contribuire al merito, con misure assistenziali poco
efficaci, che non permettono il superamento dello stato di bisogno e non promuovono l’autorealizzazione
(limiti della prova dei mezzi)

Prova dei mezzi oggettivata, quale accertamento che prevede due passaggi:
1. riconoscimento del bisogno da tutelare (da fatto privato a sociale)
2. risorse disponibili:
→ parenti civilmente obbligati = persone tenute agli alimenti (coniuge, figli,
nonni=ascendenti, fratelli e sorelle, affini=genero/suocero)
→ economiche

La prova dei mezzi, al giorno d’oggi, avviene mediante l’ISEE, quale nuovo strumento
per la valutazione amministrativa del bisogno: considera per tutti, con le stesse
modalità, la situazione economica (criterio oggettivo che risulta dai redditi, dai
componenti oggettivi e del nucleo familiare)

21
LIMITI E DIFFERENZE legate alle diverse misure ed orientamenti politici:

Limiti:
▪ scarsa efficacia delle misure assistenziali
▪ permanenza in uno stato di povertà, rendendo difficile la ricollocazione nel mondo
del lavoro

Differenze:
▪ soglia di reddito per accedere alle prestazioni, che varia molto a seconda della
prestazione
▪ livello di indagine in merito alla rete familiare
▪ discrezionalità politica (chi sono i beneficiari e tempo di durata), organizzativa
(discrezionalità interpretativa della legge, ampliando o riducendo la platea dei
beneficiari), temporale (contributi continuativi che creavano consenso, rapporto
clientelare, anche se creava una spesa inutile per l’Ente comunale) → rischio di
pratiche clientelari

MODALITA’ DI INVERVENTO DEL WELFARE (Ferrera)

Assistenza sociale Assicurazione sociale Sicurezza sociale


Copertura Universale ma selettiva Occupazionale Universale
Prestazioni Collegate alla situazione diContributive/retributive a somma fissa
bisogno
Finanziamento Fiscalità generale Contributivo Fiscalità generale

DISUGUAGLIANZA REDISTRIBUTIVA

Spesa basata sulle pensioni → logica previdenziale, dove la prestazione viene


percepita al verificarsi di un determinato evento, legata al versamento di contributi,
differenziato secondo fasce di reddito della popolazione attiva (stratificazione tra
lavoratori riprodotta tra i pensionati).

lavoratori IN - lavoratori OUT

Questo sistema crea differenze: in situazioni di piena occupazione non genera


difficoltà, ma vacilla quando vi è precarietà lavorativa, rapporti frammentati, lavori
atipici ed il lavoratore non paga i contributi.

INDICE DI GINI: misura la disuguaglianza di un Paese in un intervallo tra 0-100


0 → tutte le persone di un Paese hanno lo stesso reddito (Paesi ugualitari)
100 → una sola persona detiene tutte le ricchezze di un Paese (disuguaglianze)

Italia: indice 32 → sperequazione delle ricchezze


22
Africa (Sudafrica) e America latina (Brasile) maggiori disuguaglianze

Welfare risponde a due processi fondamentali:


1. formazione Stati nazionali e trasformazione in democrazia di massa
2. espansione del capitalismo

risposta istituzionale a domande di disuguaglianza e sicurezza sociale ed economica, che garantisce con tre mezzi:
- pagamento diretto di prestazioni in denaro
- erogazione diretta di servizi in natura
- estensione indiretta di benefici mediante crediti e deduzioni fiscali

23
WELFARE STATE IN
ITALIA

24
WELFARE STATE IN ITALIA

● LOGICA PREVIDENZIALE DI TIPO CONTRIBUTIVO (quasi il 70% della


spesa sociale), sistema contributivo che si basa sulla posizione lavorativa
della persona, che gode di benefit differenziati → privilegi elevati a fronte di
inferiori risorse
● LOGICA ASSISTENZIALE, che si basa sulla prova dei mezzi e non
garantisce a tutti la medesima prestazione (discrezionalità) → facile preda di
logiche clientelari
● LOGICA UNIVERSALISTICA, legata al servizio sanitario nazionale come
unica area, con l’istituzione del SSN del ’78 e, per certi aspetti, anche
l’istruzione

25
LO SVILUPPO DELLE POLITICHE SOCIALI

Il sistema di welfare state nasce in relazione agli Stati nazionali, che


riconoscono i bisogni da tutelare, dunque la domanda sociale (non la situazione
privata), mediante l’erogazione di prestazioni, finalizzate ad alimentare il
consenso attorno allo Stato (“abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli
italiani” cit. M. D’Azeglio) e la solidarietà diventa una forma per
legittimarsi.

▪ LEGGE CRISPI (1890), lo Stato realizza una parziale laicizzazione delle


opere pie gestita finora dalla Chiesa, dunque l’assistenza diventa pubblica e
viene attribuita personalità giuridica (nascono gli IPAB ed il domicilio di
soccorso), con il riconoscimento dello Stato nel rispondere ai bisogni dei
cittadini (unica legge quadro per 110 anni, fino alla L. 328/00)

▪ PERIODO FASCISTA, oltre al sistema previdenziale, con il Concordato


Stato-Chiesa l’assistenza viene affidata alla Chiesa, mentre lo Stato si occupa
di situazioni che alimentano il consenso (legittimazione); vi è un proliferare di
grandi ENTI ASSISTENZIALI (1933 INPS e INAIL), che rispondono in modo
settoriale e categoriale ai bisogni (ENAULI e ONMI, dove entrambi si
occupano di figli, ma l’uno degli orfani dei lavoratori e l’altro di madri nubili)
con una forma di controllo del disagio sociale, creando dipendenza in un’ottica
fortemente riparativa e non preventiva o riabilitativa, dove il bisogno è
considerato un problema da risolvere.

▪ DOPOGUERRA vige l’idea della persona bisognosa = UTENTE


ASSISTITO

persona passiva in stato di bisogno, che riceve aiuto (senza diritto di parola) e
si adegua alle richieste di un Ente

In questo senso il Servizio Sociale svolge una sorta di normalizzazione,


ricostruzione, intesa come coesione a livello di compagine sociale,
rispondente a determinati standard, garantendo legittimità alla coesione
sociale ed alle norme (le posizioni marginali non erano contemplate) e le figure
professioniali chiamate a garantire questa situazione erano gli Assistenti
Sociali. Questi professionisti, però, non si ritrovano in questa modalità di
gestione dei bisogni, affermando la non colpa morale come unica causa del
fallimento individuale e la necessità di un cambiamento del sistema,
contestando sia gli Enti categoriali che le teorie del Servizio sociale (modelli
psicodiagnostici accusati di essere manipolativi), con l’idea di rivolgersi alla
teoria sociologia di stampo marxista ed al lavoro di gruppo

26
▪ nel ’68 la CONTESTAZIONE come movimento mondiale, dove i
professionisti sentono di non riuscire ad incidere sulle cause strutturali dei
problemi e contrastano l’idea di utente assistito, il rifiuto alla normalizzazione,
→ promozione al CAMBIAMENTO (empowerment, advocacy).

▪ anni ’70 caratterizzati dall’emanazione di leggi, che hanno avuto un


impatto culturale molto alto nella società, in quanto caratterizzate da un
insieme di eventi che sottolineano il riconoscimento della dignità e dei diritti
della personala situazione è molto diversa → ERA DELLE RIFORME

RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA (1975)

→ modifica del concetto di pater familia e del potere genitoriale, evolutosi in


responsabilità genitoriale, che sottolinea il compito affidato ad entrambi i
genitori di educare, mantenere ed assecondare il loro sviluppo, non come
forma di potere autoritario, ma con l’autorevolezza dell’adulto che lo
accompagna nel percorso

→ istituzione dei consultori familiari

→ parità diritti-doveri uomo/donna

→ legge sul divorzio, che scardina l’indissolubilità del matrimonio

→ maggiore età a 18 anni


dunque la famiglia, come asse portante della società e del sistema di
welfare, subisce trasformazioni fondamentali

DECENTRAMENTO AMMINISTRATIVO

→ gli Enti accentrati vengono soppressi (D.P.R. 616/77)


→ i poteri legislativi vengono affidati alle Regioni
→ il Comune è l’Ente a cui vengono attribuite le funzioni assistenziali, in quanto
considerato l’Ente più vicino al cittadino → territorialità dei servizi e
decentramento
→, il gruppo di Assistenti sociali che erano impiegati nei grandi enti accentrati,
a seguito del loro smantellamento, viene smistato tra i Comuni, vedendo la
loro presenza di molto ridotta all’interno degli stessi (dispersione di esperienze

27
e conoscenze, ma anche acquisizione di partecipazione delle persone, dove la
prossimità di un territorio favorisce la relazione).

Assistenti sociali in posizione svantaggiata rispetto ad altre figure


professionali, molto più rappresentate all’interno degli Enti.

Il decentramento professionale richiede coesione, i cui elementi che


emergono con chiarezza sono la conoscenza specifica, il monopolio dell’attività
ed i valori come elemento unificante e metodo unitario, inteso come metodo
scientifico con carattere processuale, sostituendolo a quello medico dello
“studio, diagnosi e trattamento” → il Servizio sociale si rivolge a persone,
gruppi, istituzioni o comunità, seguendo lo stesso metodo, che adatta alle
diverse situazioni di lavoro.
Cambia anche il modo di percepire la persona che si rivolge ai Servizi: da una
situazione dove la persona è il recettore passivo dell’assistenza, alla
partecipazione attiva, dove i cittadini entrano a far parte del governo delle
organizzazioni → CITTADINO UTENTE
⁕ (in una società multiculturale risulta discriminante per chi non è cittadino
dello Stato, ma in quel momento, Paese di emigrati, il termine rappresentava
la visione promozionale della persona che si rivolge ai servizi, contrastando la
visione passiva)

DEISTITUZIONALIZZAZIONE

riguarda:

- l’abolizione degli istituti per i minori ed il diritto a vivere in una famiglia


→ la legge 184/83 sull’affido ed adozione sancirà in modo migliore la
deistituzionalizzazione dei minori

- la chiusura dei manicomi (legge 180/78 Basaglia), istituiti nel 1904 e la


territorializzazione della salute mentale, con la creazione dei CSM

- il passaggio dalla CATEGORIA al TERRITORIO, con la riforma delle


carceri come unica istituzione totale (i ritmi di vita sono scanditi
obbligatoriamente da altre persone), riconoscendo nel territorio la
riappropriazione dei problemi creato nello stesso e creando le misure
alternative al carcere, quali la detenzione domiciliare, la semilibertà,
affidamento al servizio sociale
- la rivoluzione del concetto di benessere, dove il Servizio Sociale analizza
le condizioni ambientali, come possibile causa di riduzione od aggravamento di
problemi (fondamentale in sede di UVD, per capire quanto è possibile far
recuperare la capacità delle persone o quanto le condizioni ambientali ne
diminuiscono l’autonomia).

- in merito all’integrazione tra ambito sociale e sanitario:


- la sanità ha una legge organica ed istituisce le Aziende sanitarie locali

28
- il sociale si sta ancora riferendo alla legge Crispi del 1890, affermando il
decentramento territoriale con il D.P.R. 616/77, ma non organizzando le
modalità di funzionamento → le singole Regioni legiferano per cercare di
organizzare il sistema (l’autonomia regionale crea differenze importanti
ed arretratezze soprattutto nel sud Italia)

● 1978 – istituzione SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE → logica


universalistica

● anni ’80 – leggi regionali di riordino del sistema assistenziale

- la legge 33/88 in F.v.g. istituisce il servizio sociale di base, come assetto


istituzionale ed organizzativo, prevedendo l’associazione tra Comuni, con la
creazione degli AMBITI, per garantire a tutti i cittadini la funzione del servizio
sociale professionale, anche da parte dei comuni minori, che da soli, non
riuscirebbero a sostenere la spesa di un tale servizio professionale, garantendo
lo stesso servizio a tutti → legge che anticipa la ZONA con la legge 328/00

▪ Anni ‘90 → PRIVATIZZAZIONE


La spinta alla privatizzazione agisce in primis con l’idea di inserire logiche di
mercato nel settore pubblico, che risulta inefficiente ed inefficace →
l’Unità Sanitaria Locale diventa Azienda per i Servizi Sanitari → accentramento
delle politiche sanitarie verso l’Ente Regione, dove il vertice non è nominato dai
cittadini, come invece avviene per i Comuni.
Sotto la spinta della privatizzazione e delle idee manageriali, cambia il modo di
vedere la Persona, dove emerge l’idea di consumatore dei servizi, valorizzando
la libera scelta della persona nell’utilizzare determinati servizi → UTENTE
CONSUMATORE o UTENTE CLIENTE sceglie all’interno di un mercato definito
e riconosciuto dall’Ente pubblico.

la persona non riceve necessariamente una risposta ai suoi bisogni, ma in


funzione dell’offerta (progetto non personalizzato)

→ SVILUPPO DEL TERZO SETTORE – WELFARE MIX

Dovuto principalmente ad una serie di fattori:


- necessità di dare risposte più immediate, efficaci e flessibili rispetto ai
bisogni emergenti, a fronte di un Ente pubblico burocratizzato (visione
strumentale)
- idea di partecipazione, che trova nelle associazioni del terzo settore
un’espressione che le accomuna e chiedono di interloquire con l’ente
pubblico, oltre che ad erogare servizi in nome e per conto dello stesso

29
La prossimità ai cittadini, la flessibilità, una maggiore tempestività di risposta e
le istanze di partecipazione, favoriscono la nascita del Welfare Mix =
integrazione tra privato e pubblico sociale.

ANNI 2000  LEGGE QUADRO 328/00 per la


realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali

▪ riorganizza l’intero sistema socioassistenziale con la realizzazione del


sistema integrato di interventi e servizi sociali (sistema a rete, in
connessione con gli altri, per un arricchimento del sistema)
▪ ridefinisce le competenze tra Stato, Regioni e Comuni in base al
principio di sussidiarietà verticale

OBIETTIVO

realizzare un sistema integrato di interventi e servizi sociali, mediante una rete,
finalizzato alla promozione del benessere di tutti i cittadini, attraverso un accesso
omogeneo ai diritti sociali su tutto il territorio nazionale (cittadinanza sociale) →
garantendo il minimo, attraverso la definizione dei LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA
(LIVEAS), che rappresentano le prestazioni essenziali garantite a tutti i cittadini su
tutto il territorio nazionale.

LIMITI
Molti principi della legge non hanno trovato ancora applicazione rendendo
ancora più difficile la totale situazione della Legge, in quanto:
- il Governo non ha definito con chiarezza i Liveas
- ragioni di carattere organizzativo, dati dagli elementi persistenti del ws
italiano, quali categoricità e particolarismo, assistenzialismo ed utilizzo
dei benefici di welfare a scopo consensuale, le distorsioni clientelari ed i
forti squilibri territoriali, hanno reso ancora più difficile la totale
attuazione della legge 328/00.

La legge 328/00 immagina le politiche coordinate tra di loro e prevede più


livelli di confronto, di condivisione e compartecipazione, tutti connessi
tra loro:

MACRO

30
▪ Governance multilivello: esistono più centri decisionali intersecati tra loro
▪ Piano di zona: indica la politica locale rispetto all’ambito sociale

MESO
▪ Gestione associata: modalità di organizzazione dei servizi
▪ Esternalizzazione: introduzione della possibilità di affidare i servizi a terzi

MICRO
▪ Accesso ai servizi: definisce le modalità di accesso ai servizi (LEA,
segretariato sociale, modalità oggettiva di prova dei mezzi=ISEE, introduzione
dei voucher sociali)

INNOVAZIONI

In merito all’EROGAZIONE DEI SERVIZI la legge 328/00 è basata sui seguenti


principi:

⁕ UNIVERSALISMO SELETTIVO → l’accesso ai servizi socioassistenziali è un diritto


sociale soggettivo riconosciuto a tutti i cittadini (universalismo), ma riconoscendo
priorità di accesso ad alcune categoria, sulla base di una situazione di bisogno, legata
alla sua gravità (attestata attraverso una valutazione amministrativo-oggettiva,
mediante l’ISEE) (selettivo - non discrezionalità).

⁕ promuove la LOGICA DELLA PROGRAMMAZIONE degli interventi e


dell’OPERATIVITA’ PER PROGETTI → basata sulla privatizzazione e sulla
valutazione da parte dei cittadini, quali ricettori di assistenza (beneficiari).

⁕ l’introduzione dei TITOLI SOCIALI (buoni sociali o voucher) per l’accesso ai servizi
⁕ EQUITA’ → diversa distribuzione a seconda della gravità del bisogno

In merito all’ORGANIZZAZIONE:

⁕ GOVERNANCE MULTILIVELLO
⁕ diversa tipologia di ENTI che erogano servizi (ente pubblico, privato sociale)
⁕ GESTIONE ASSOCIATA tra Comuni → omogeneità dell’offerta in un territorio,
generalmente coincidente con il Distretto sanitario

31
Il Comune, quale Ente centrale, ha il compito di garante del prodotto e del processo,
al quale viene affidata la regia della programmazione del welfare locale, riportando ai
principi di:

-SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE:
si uniscono le specializzazioni di più soggetti
di un territorio (pubblico, famiglie, merc--ato,
enti di terzo settore), che, insieme, concorrono
a definire ed erogare il sistema locale dei servizi
→ dinamica riscontrabile nella democrazia
deliberativa, basata sulla fiducia
= forma di cooperazione pubblico-privato per
programmare e realizzare i servizi di una
determinata zona → governance

-SUSSIDARIETA’ VERTICALE:
definisce le competenze di Comune, Regione e Stato= attività di cooperazione tra
diversi livelli istituzionali (primo livello di autorità riconosciuto al Comune, secondo
una scala di specializzazione funzionale)

L’intervento sussidiario avviene ad opera di istituzioni pubbliche nel qual


caso i gruppi di una società locale non sono in grado di affrontare
autonomamente una situazione.

dal GOVERNMENT alla GOVERNANCE


GOVERNMENT:
azione politica gestita e coordinata esclusivamente dagli attori pubblici

GOVERNANCE:
azione politica quale risultato di una regolazione negoziata tra una pluralità di attori
pubblici e privati

LA DIFFERENZA È SUL PIANO DELLE AUTORITÀ

↓ ↓

▪ forma tradizionale di gestione delle politiche ▪ forma di governo democratica, che si


pubbliche fonddata sull’autorità degli organi fonda sulla cooperazione e vede il
di governo istituzionali (Stato, Regioni, Comuni) coinvolgimento di più soggetto, che
(linea autoritaria verticale) concorrono alla presa di decisioni e
▪ processo centralizzato nella gestione dei processi collaborano nel definire le modalità→ condivise
▪ minor autorità istituzionale → ampliamento
della titolarità
▪ rapporti più paritari e pianificazioni
partecipate
▪ partecipazione anche da parte di utenti

32
(gruppi genitori, associazioni aggregazione
giovanile, familiari di disabili)

Una governance efficace


prevede la
cittadinanza al centro,
democrazie e
responsabilità pubblica, in
uno scenario
fatto di collaborazione.

MODELLI DI GOVERNANCE

→clientelare: gli interessi individuali e privati raggiunti attraverso lo scambio


di risorse materiali primeggiano rispetto agli obiettivi comuni di interesse
pubblico
→ corporativo: gli attori pubblici e privati siedono allo stesso tavolo
rappresentativo democratico con pari capacità contrattuale, per la costruzione
consensuale di obiettivi condivisi
→ manageriale: introduce principi di efficacia ed efficienza nella gestione
degli interessi pubblici (formalità contrattuale burocratica)
→ pluralista: competizione tra i diversi interessi in campo, dove il government
ricopre il ruolo di mediatore (necessaria capacità di gestione dei conflitti)
→ partecipativo: si caratterizza per l’inclusione e la promozione alla
partecipazione
→ populista: logica democratico-inclusiva finalizzata al consenso, spesso
attraverso la mobilitazione collettiva.

! Oggi lo Stato è chiamato ad esercitare un ruolo di regia nella


governance e di spinta all’innovazione, come:
- creazione di risposte ai bisogni non ancora coperti dal sistema esistente
- modelli di governo dei servizi aperti ed inclusivi
- maggiore empowerment dei soggetti destinatari degli interventi

ART. 22 LEGGE 328/00

a. GARANZIE PRESTAZIONALI:
- misure di contasto alla povertà
- misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a
domicilio
- interventi di sostegno a minori e nuclei familiari
- misure per sostenere le responsabilità familiari
- misure di sostegno alle donne in difficoltà
- interventi per l’integrazione sociale delle persone disabili
- interventi per le persone anziane
33
- prestazioni socio-educative per soggetti dipendenti
- informazione e consulenza alle famiglie

b. SERVIZI:
- servizio sociale professionale e segretariato
- servizi di pronto intervento
- assistenza domiciliare
- strutture residenziali e semiresidenziali
- centri di accoglienza

RIFORMA TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

Nel 2001 ridefinisce le competenze tra stato e regioni, assegnando alle


Regioni il potere esclusivo di emanazione di leggi in campo socio-assistenziale
→ dopo un anno dall’emanazione di una legge quadro in ambito socio-
assistenziale, tale riforma dà potere alle Regioni a livello di modifica
disposizioni approvate con la legge quadro, eliminando l’obbligo di attenersi
alle stesse.

Ogni Regione può definire un proprio sistema socio-assistenziale, ad eccezione


dei LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA (LIVEAS) → insieme di
prestazioni garantite a tutti i cittadini sul territorio nazionale, la cui definizione
rimane di competenza esclusivo dello Stato, secondo il principio
dell’universalismo selettivo (prestazioni a tutti, con priorità a chi si trova in
stato di maggior bisogno).

riconoscimento di diritti sociali (esigibili)

▪ con la riforma sanitaria D.lgs. 502/1992 vengono introdotti i LEA: una


definizione astratta e generica, dove il cittadino non sa quali siano i suoi diritti
in materia di servizi, non essendo possibile la rivendicazione;
▪ nel 2001 vengono declinati quali sono i livelli essenziali di assistenza sanitaria
a cui i cittadini hanno diritto;
▪ nel 2017 sono stati modificati, includendo ulteriori prestazioni (intervento
della neuropsichiatria infantile) e fissandoli, lasciandoli aperti in modo da poter
aggiungere prestazioni a seconda della diffusione delle malattie. (es. alcune
malattie rare, vista la loro diffusione, sono rientrate nei lea)
Anche il segretariato sociale rientra nei Lea, a livello di informazione resa ai
cittadini in merito all’offerta del territorio; anche il servizio sociale
professionale è uno dei Lea (diritto alla prestazione).
Cnoas comunica ed afferma il riconoscimento del Servizio Sociale all’interno dei
Lea, che non può essere interrotto in caso di situazioni problematiche
(pandemia) → servizio essenziale garantito e tutelato in tutte le situazioni. (es.
l’isolamento è una questione cruciale, bisogno fondamentale a livello di
relazione sociale in tempi di covid)

34
MODALITÀ DI ACCESSO AL SISTEMA DI SERVIZI:
analizzando i parametri di accesso, è possibile comprendere e valutare l’intero
sistema (aperto o chiuso) e quale logica politica viene adottata. Esistono 4
ambiti di considerazione:

● LIVEAS → in che modo sono stati declinati nella programmazione locale e


sistema di offerta

● SEGRETARIATO SOCIALE → informazione alla popolazione

● PROVA DEI MEZZI → valutazione oggettiva/amministrativa della situazione


di bisogno, attraverso ISEE, strumento amministrativo che valuta il bisogno:
esistono diversi tipi di isee con requisiti diversi a seconda del tipo di domanda
(servizi per i minori diverso per accesso universitario) ed applicazioni differenti
(non è una barriera univoca, una formula clientelare non basata sul diritto –
generazione di discriminazione, corruzione, nega il principio dei diritti sociali).
Per qualche categoria sono richiesti requisiti aggiuntivi: immigrati.

● VOUCHER → (titoli sociali) sono buoni per acquistare servizi accreditati*


dall’ente pubblico, che si assume l’onere di accertare la corrispondenza dei
servizi a determinati standard
*le organizzazioni che desiderano essere accreditate, devono pubblicare la
carta dei servizi, che esplicita cosa e con quali criteri vengono erogati i servizi

Post-riforma:
- si mantiene la sussidiarietà verticale (le Regioni mantengono l’assetto
della l. 328/00)
- il piano di zona rimane l’unità organizzativa di riferimento
- si differenzia il ruolo assegnate dalle Aziende e l’allocazione delle risorse
- si individuano una serie di criticità: sovraccarico normativo, debole
definizione dei LIVEAS, definizioni incerte di comunità, rappresentanza,
rischiando di aumentare la discrezionalità

35
PROGRAMMAZIONE DEI SERVIZI NELL’AMBITO
SOCIALE

AREE DI PROGRAMMAZIONE:
↓ ↓
AREA SANITA’ AREA SOCIALE

FONDAMENTALE L’APPROCCIO COLLABORATIVO


che incide sulla programmazione

La legge 328/00 prevede che l’Ambito sociale sia composto da più Comuni
(generalmente coincide con il Distretto Sanitario), che si uniscono in
GESTIONE ASSOCIATA per garantire ai cittadini uniformità ed omogeneità
nelle prestazioni (offerta) e nei servizi (accesso) → ciò permette di selezionare
i programmi di welfare

► requisito è l’appartanenza ad un determinato AMBITO SOCIALE (non la


residenza, come in passato) → i cittadini accedono a medesimi servizi e
prestazioni
► i Comuni associati possono delegare l’Azienda sanitaria in merito alla
gestione dei servizi sociali, con l’idea di potenziare l’INTEGRAZIONE SOCIO-
SANITARIA, che è rappresentata da quella parte di documento
programmatico del piano delle attività territoriali e del piano di zona
coincidente, dove l’area sanitaria e sociale hanno concertato una serie di
obiettivi e di attività per rispondere ai bisogni integrati → i due processi
programmatori sono in parallelo, con accordo in merito all’area socio-sanitaria,
dove il Comune viene interpellato sul piano delle attviità locali e gli operatori
dell’Azienda sanitaria partecipano ai tavoli tematici.

VERSANTE SOCIALE
- lo Stato redige il Piano sociale nazionale;
- la Regione redige il Piano sociale regionale;
- i Comuni associati nell’ambito sociale redigono il Piano di Zona;

VERSANTE SANITARIO

36
- lo Stato redige il Piano sanitario nazionale;
- la Regione redige il Piano sanitario regionale;
- le Azienda sanitarie redigono il piano attuativo locale (programmazione
sanitaria aziendale)
- il Distretto sanitario predispone il piano attuativo territoriale

PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE APERTA


Coinvolgimento di molti soggetti e di altre normative, a protezione delle
persone (reddito di cittadinanza, fondo per autonomia possibile), che destinano
risorse per bisogni specifici, senza implementare quelle del Piano di zona.

Fasi della programmazione partecipata:


● INDIVIDUAZIONE DEGLI ATTORI (interlocutori)
● DEFINIZIONE DEI RUOLI che svolgeranno nella programmazione
● PREDISPOSIZIONE di occasioni per raccogliere i contributi (partecipazione)
degli attori coinvolti nei tavoli tematici, definendo gli obiettivi
● REDAZIONE DEL PIANO DI ZONA e sottoscrizione da parte di tutti i
soggetti coinvolti dell’ACCORDO DI PROGRAMMA, quale atto amministrativo
attraverso il quale si espone la condivisione degli obiettivi, le modalità di
partecipazione e le risorse disponibili (umane e materiali),
dove i partecipanti si assumono la responsabilità delle scelte nella loro
realizzazione

37
IL
PIAN
O DI
ZONA
38
PIANO DI ZONA
E’ il piano regolatore delle prestazioni, degli interventi e dei servizi alla
persona e rappresenta lo strumento centrale nella nuova
programmazione territoriale degli interventi sociali, con lo scopo di
definire l’integrazione del sociale con il sanitario ed il terzo settore e
l’interazione con il sociale istituzionale

↓ ↘
come PROCESSO di sviluppo della comunità e come DOCUMENTO FINALE
(prodotto) dei tavoli

Lo strumento Piano di Zona può risultare la risposta strategica all’esigenza di


passare da una cultura assistenziale di erogazione di prestazioni ad una politica
positiva di servizi, fra loro integrati, a favore della comunità locale, dove
vengono mobilitati i soggetti, istituzionali e non, presenti sul territorio
→ passaggio da una prospettiva di government ad una prospettiva di
governance,

▪ predisposto dai Comuni che appartengono ad una zona od ambito sociale, che
coincide con il Distretto sanitario: a seguito accordo dei tavoli, è necessario che
anche le Giunte dei diversi Comuni (i cui rappresentanti hanno presenziato ai
tavoli) emettano una delibera che dà potere al Sindaco di sottoscrivere
l’Accordo di programma, con cui viene formalizzato il Piano di zona →
fondamentale ampliare il più possibile l’interlocuzione → adesione agli
obiettivi

▪ definizione ed organizzazione del sistema di servizi e di risorse, attraverso la


partecipazione del pubblico (fondo sociale nazionale) e del privato, che può
mettere a disposizione anche beni materiali non economici (pulmino, sede,
campo di calcio, palestra) od erogare finanziamenti ad hoc, secondo i principi
di qualità ed efficienza → come si concorre al piano di zona

▪ durata triennale

39
Finalità generale: promuovere una comunità informata, consapevole,
competente e responsabile
Finalità specifiche:

- conoscere meglio il territorio, i bisogni e la domanda, i servizi e le risorse


attive ed attivabili nel nuovo sistema integrato degli interventi e dei
servizi sociali delle comunità locali
- coordinamento ed integrazione delle politiche sociali con gli interventi
sanitari
- cooperazione tra i diversi livelli istituzionali
- costruzione di una rete di servizi e di interventi sociali e socio-sanitari
- acquisizione di metodologie di lavoro comuni
- costruzione di un sistema informativo locale, accessibile ed aggiornato

RUOLO CENTRALE DEL COMUNE


- garante e coordinatore del processo di programmazione
- erogatore di servizi insieme agli altri soggetti
- funzioni di accreditamento in particolare del Terzo Settore, che operano in
nome e per conto dell’Ente Pubblico
- ruolo centrale nel processo di valutazione
- autore dell’accreditamento, i cui criteri sono stabiliti a livello regionale.

Che cosa apporta il Piano di Zona in termini di integrazione?

● a livello OPERATIVO, di integrazione degli interventi, ha la capacità di


mettere in relazione soggetti e servizi differenti → si intrecciano competenze
ed apporti in continua evoluzione

● a livello GESTIONALE → P.U.A. → punto unico di accesso che mette in


relazione ambito sanitario e sociale, rispondendo in maniera integrata ai
bisogni di salute, uniformando le procedure = armonizzazione delle procedure,
per rispondere al cittadino in maniera chiara ed informata

● a livello POLITICO → il coordinamento politico deve prevedere i diversi


orientamenti (integrazione tutt’ora carente)

Il Piano di Zona indica:


- gli obiettivi strategici e le priorità di intervento
- le modalità organizzative dei servizi
- le forma di rilevazioni dei dati per il sistema informatico
- le modalità per garantire l’integrazione di servizi e prestazioni

40
- le modalità per garantire la collaborazione con i servizi periferici dello
Stato (amministrazione penitenziaria e giustizia) e con i soggetti operanti
nell’ambito della solidarietà sociale e le altre risorse della comunità
- le forme di concertazione con l’azienda sanitaria locale

LEGGE 235/97
LEGGE DI SETTORE CHE RIGUARDA INFANZIA E ADOLESCENZA


pianificazione congiunta tra Comuni, Aziende Sanitarie, Scuole, Associazioni,
Cooperative sociali volta a promuovere interventi a favore di famiglie, infanzia
ed adolescenza
=
PIANIFICAZIONE DI SETTORE

I piani di zona, invece, rispecchiano la tendenza della legge quadro: considera


tutta la programmazione delle politiche sociali locali → PROGRAMMAZIONE
LOCALE del sistema dei servizi, che non ha più come interlocutore solo il
pubblico, ma anche il privato sociale, le aziende e le famiglie.

COSTRUZIONE PIANO DI ZONA


Il processo di pianificazione prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti
presenti in un determinato territorio, riguardo al quale possono e desiderano
essere coinvolti in merito alla programmazione, gestione ed erogazione dei
servizi. La partecipazione è congiunta tra Comuni, Aziende Sanitarie, Scuole,
Associazioni e Cooperative sociali, il tutto finalizzato a promuovere interventi a
favore dell’infanzia e dell’adolescenza  CONDIVISIONE DI BISOGNI ED
OBIETTIVI


COLLABORAZIONE

Ruoli ed attori diversificati che concorrono alla realizzazione del PDZ:


- PUBBLICI rappresentati da Amministrazioni Periferiche dello Stato,
Comuni, ASL, Regioni
- SOGGETTI SOCIALI = Terzo Settore (Associazioni di volontariato,
Imprese sociali, Cooperative sociali)

͢ √ i Comuni dell’ambito definiscono un accordo per lo sviluppo del piano:


indicano la sede organizzativa ed il Comune capo-file
41
√ Comuni e Aziende sanitarie concordano le linee di sviluppo del piano
√ i soggetti partecipanti effettuano proposte

FASI DI LAVORO
→ Passaggi strategici rispetto all’Ufficio di Piano, di Direzione e
Programmazione

1. INFORMAZIONE per promuovere la PARTECIPAZIONE


a. ricerca elenco delle Associazioni e Cooperative mediante internet ed
elenchi regionali
b. estensione della richiesta di interessamento attraverso un invito alla
programmazione (manipolazione e terapia sono esempi di non
partecipazione, perchè la persona risulta passiva)
c. mantenimento del legame

2. creazione di TAVOLI TEMATICI (es. minori e famiglie, adulti, anziani,


disabili) dove si affrontano tematiche specifiche ed i soggetti rivestono
un ruolo attivo nella formazione del piano, dando voce ai bisogni rilevati
nella propria attività/zona ed agli obiettivi che si desidera raggiungere
con il piano di zona.

L’elevato numero di persone che affrontano una determinata area di


utenza (anziani, minori, disabilità) con problematiche specifiche, genera
un problema, che consiste nella necessità di coniugare l’operatività, con
gruppi non numerosi, ma allo stesso tempo la necessità di tenere unite le
persone: di qui la creazione di un’alternativa, mediante la richiesta alle
associazioni/cooperative di individuare i RAPPRESENTANTI per aree o
attività omogenee, con la condivisione dei contenuti, curando sia la
rappresentanza che il coinvolgimenti dei rappresentanti, mediante
aggiornamenti, incontri.

A LIVELLO POLITICO:
La Giunta comunale, quale interlocutore della parte politica, deve deliberare
l’approvazione del piano di zona → il tavolo politico dà un orientamento e
può anche essere incluso nel tavolo tematico.

3. raccolta dei PROBLEMI (bisogni principali):

a. nell’apporto delle informazioni per la creazione dei piani di zona non


esistono gerarchie
b. i bisogni non sono tutti uguali → alcuni sono radicati alla base, altri
sono la conseguenza di bisogni non risolti, come ad es. nel caso della
dispersione scolastica (interruzione scolastica) non è alla base del
problema, ma è necessario andare alla radice (non era sostenuto,
42
privo di mezzi, trascuratezza, privo di rete familiare, assenza
familiare)
c. creazione

Riepilogo FASI DI LAVORO per la creazione del Piano di Zona:

a. predisposizione strumenti di rilevazione dei soggetti presenti sul territorio


e dei dati relativi ai bisogni, alle risorse, ai servizi.

b. analisi dei dati, individuazione obiettivi e priorità, con diretto

c. coinvolgimento del Sindaco o della Conferenza dei Sindaci ed altri


soggetti istituzionali e sociali.

d. stesura del Piano di Zona con obiettivi, risultati attesi, indicatori, azioni
da compiere, interventi e servizi da garantire, soggetti responsabili, oneri
necessari, tempi di realizzazione dei servizi rapportati alla durata del
Piano, momenti di verifica e valutazione.

e. individuazione delle modalità gestionali per garantire approcci integrati


con il Distretto.

f. fase finale di approvazione:

▪ invio ai Consigli comunali


▪ trasmissione alla Regione a cura del Sindaco o Conferenza dei Sindaci,
dove la Giunta regionale verificherà la compatibilità con gli obiettivi di
sistema e quelli definiti dalle direttive del Piano
▪ approvazione da parte della Regione
▪ redazione degli accordi di programma per la gestione integrata del
Piano di Zona

ALBERO DEI PROBLEMI E DEGLI OBIETTIVI


L’Albero dei Problemi è un diagramma ad albero, una scala fatta di
concatenazioni causali (relazione causa-effetto), dove alla base vi sono le
cause prime ed in cima vi sono le conseguenze:

1. individuazione e definizione dei problemi principali, i più importanti


(priorità di bisogni) e dei problemi che ne sono le cause

→ concretezza e chiarezza espositiva non generica, aderente alla realtà, su


fatti realmente accaduti e non su opinioni, riferiti ad elementi precisi, per
produrre risultati apprezzabili

43
(ad es. per la mancanza di reddito è necessario individuare il limite = al di
sotto della soglia; per l’impoverimento, concetto troppo astratto, è un
processo che necessita di una dimensione temporale = mancanza di reddito a
livello temporale)

→ non esprimere i problemi sotto forma di giudizi soggettivi ed opinioni


personali (es. la ASL è inefficiente), in quanto producono una doppia difficoltà:
impediscono di identificare il problema specifico e concreto e possono favorire
reazioni di chiusura e dinamiche conflittuali tra gli attori, ostacolando la
creazione di un clima di fiducia e di collaborazione.

La condivisione dei bisogni genera un’espressione di senso alle parole, in


quanto la sua identificazione e successiva collocazione richiede una conoscenza
del suo significato → i significati attribuiti ai bisogni vengono condivisi da tutti i
partecipanti.

2. ordine in sequenza causale → soggetti attivi partecipanti al tavolo

I problemi formulati in modo generico o astratto impediscono la comprensione


della vera natura dell’aspetto negativo da fronteggiare e, quindi, rendono
difficile o impossibile la definizione del modo adeguato per affrontarlo.

→ es. “difficoltà di comunicazione”: difficoltà di comunicazione dei bambini e difficoltà


di comunicazione con i loro genitori, tra i genitori e gli insegnanti e difficoltà di
comunicazione tra scuola e strutture sanitarie

Domande da farsi:
• Cosa accade nella realtà?
• Si può fare un esempio concreto?
• A chi, a quale gruppo di utenti o istituzioni si fa riferimento?

► In generale, è opportuno chiedersi quali tra le cause del problema principale


sono dirette e quali indirette, cioè causa delle cause dirette → in questo modo
si identificano chiaramente gli ambiti di criticità che determinano il problema
principale, favorendo una visione più chiara e leggibile della situazione in cui si
intende intervenire.

Per rendere più specifica e concreta I’analisi:


√ Quale problema in concreto può essere risolto o affrontato con
√ Che cosa i beneficiari non possono o sono in grado di fare?
√ Cosa accade nella realtà?

44
⁕ Utilità dell’Albero dei Problemi: passare dai singoli problemi al
quadro complessivo della situazione, in cui tutti i problemi sono
relazionati secondo legami di causa-effetto.

Esempio problema emergente in una comunità – OBESITA’ INFANTILE:

A livello di programmazione regionale, si è stabilito che un problema


emergente in una comunità è l’elevata presenza di bambini obesi, con
conseguenti ricadute in termini di salute delle persone e aggravio dei costi
sanitari e sociali.

Dal gruppo degli attori interpellati, emergono le seguenti possibili cause:


• prevalenza di offerta alimentare di scarsa qualità (rivenditori automatici, fast-
food, ecc.)
• scorretta alimentazione in famiglia
• scarsa cultura dell’alimentazione
• difficoltà psicologiche dei bambini
• facile disponibilità per ibambini di cibo-spazzatura
• scarsa qualità delle mense scolastiche
• difficoltà di controlli sanitari periodici nelle scuole”
• bambini poco seguiti a casa
• I genitori hanno poco tempo per stare con i bambini
• difficile accesso agli alimenti di migliore qualità
• situazioni di disagio familiare

DATO DI PARTENZA
→ elevato livello di obesità nei bambini nella fascia 0-10 anni (scuola
dell’infanzia ed elementare).

CAUSE DIRETTE

 la scorretta alimentazione in famiglia (collocazione al di sotto del


problema principale).
 la facile disponibilità di cibo spazzatura per i bambini (seconda causa
diretta).
 la scarsa qualità delle mense scolastiche.
 le difficoltà psicologiche dei bambinI
 i bambini poco seguiti a casa

CAUSE INDIRETTE

45
 il “difficile accesso agli alimenti di maggiore qualità” e la “scarsa cultura
dell’alimentazione!” sono le cause di “scorretta alimentazione in
famiglia” (collocazione al di sotto di quest’ultima).
 la “difficoltà di controlli sanitari periodici nelle scuole” è la causa di
“scarsa qualità delle mense scolastiche”.
 le “situazioni di disagio familiare” è la causa di “difficoltà psicologiche dei
bambini”.
 i “genitori non hanno tempo per stare con i figli” è la causa di “i bambini
poco seguiti a casa”.
 la “prevalenza di offerta alimentare di scarsa qualità (rivenditori
automatici, fast-food.

Si può affermare che il problema dell’obesità infantile è riconducibile:


• a una alimentazione non corretta che i bambini ricevono a casa, frutto di una
scarsa cultura dell’alimentazione e/o del difficile accesso ad alimenti di migliore
qualità per ragioni di costo o logistiche;
• a difficoltà psicologiche dei bambini, dovute a situazioni di disagio familiare;
• alla scarsa qualità del cibo offerto dalle mense scolastiche;
• alla facile disponibilità di cibo-spazzatura per i bambini, dal momento che nei
luoghi pubblici viene prevalentemente offerto ciboindustrializzato e non sano;
• alla difficoltà di seguire i figli nelle ore post-scolastiche da parte di genitori
soli o impegnati per motivi di lavoro.

► L’albero dei problemi ha permesso di fare ordine nella problematica,


facilitando la progettazione, che, però, è una strategia che permette risultati
attraverso il perseguimento di determinati obiettivi e attività, dunque è
necessario trasformare positivamente l’Albero dei Problemi in albero
degli obiettivi.

46
ALBERO DEGLI OBIETTIVI

Tecnicamente si tratta di riformulare ogni condizione negative


(problema) in condizione positiva (obiettivo).

Obiettivo = situazione positiva futura ‡ Attività o soluzioni necessarie per


raggiungerli

Esempio:
PROBLEMA: “scarsa cultura dell’alimentazione”
OBIETTIVO: “diffusa cultura dell’alimentazione”
ATTIVITA’ (non l’unica) per raggiungere l’obiettivo: “campagna di
sensibilizzazione sull’alimentazione”

Il piano di zona deve tendere a dare una risposta a questi problemi,


anche in termini di servizi: tali bisogno sono stati percepiti dai
partecipanti ai tavoli tematici, come principali.

Tutti i soggetti ed amministratori devono convergere su una condivisione di


azioni ed obiettivi del sistema, come stabilito dall’accordo di programma, quale
documento formale che approva il piano di zona.

47
ESEMPIO PROBLEMA AREA DIPENDENZE
Albero dei problemi

ESEMPIO PROBLEMA AREA MINORI E FAMIGLIE – DISAGIO GIOVANILE


Albero dei problemi

48
Taluni problemi esistono in comune su entrambe le aree, quali:
- isolamento (relazioni, reti familiari, reti di auto aiuto)
- povertà economica
- insicurezza (appare molto più chiaramente nelle dipendenze) – presente
anche nell’albero degli obiettivi

Gli obiettivi diventano STRATEGIE del piano di zona; il piano di zona mira ad
accrescere le linee comuni portanti = FINALITA’, che, nel nostro caso sono
accrescere:
- la sicurezza delle persone
- la capacità economica → di autorealizzazione
- la rete relazionale
(esistono, poi, i sotto-obiettivi da declinare nelle diverse aree).

Bisogna dare risposta a questi problemi tramite servizi.

Lo strumento operativo del programmatore locale nella predisposizione del


Piano di Zona è il GRUPPO DI PIANO costituito dal Sindaco o dalla
Conferenza dei Sindaci e formato da forze politiche, tecnici e rappresentanti dei
soggetti istituzionali.

PROFILI DI COMUNITA’ riportano i seguenti dati:


- demografici con fasce d’età
- il numero di famiglie e loro composizione
- i nuclei mono parentali
- anziani ed anziani soli
- persone con disabilità
- numero di matrimoni, separazioni, divorzi ed unioni civili
- luoghi di residenza (periferia, zone marginali, centro paese), importanti per capire
come questi a
- realtà produttive (impieghi per fasce d’età)
- quali i servizi e quale l’utenza (ISTAT) riguardanti il territorio
Questi informazioni hanno carattere quantitativo: le indicazioni di tipo qualitativo,
necessarie e molto importanti, sono rappresentate dai problemi del territorio, della
percezione della domanda, da parte di chi offre determinati servizi.

49
PROGRAMMAZIONE DEI SERVIZI NELL’AMBITO
SOCIALE

AREE DI PROGRAMMAZIONE
↓ ↓
AREA SANITA’ AREA SOCIALE

FONDAMENTALE L’APPROCCIO COLLABORATIVO


che incide sulla programmazione

Entrambe le aree devono coincidere con la programmazione socio-


sanitaria.

La legge 328/00 prevede che l’Ambito sociale sia composto da più Comuni
(generalmente coincide con il Distretto Sanitario), che si uniscono in
GESTIONE ASSOCIATA per garantire ai cittadini uniformità ed
omogeneità nelle prestazioni (offerta) e nei servizi (accesso) → ciò
permette di selezionare i programmi di welfare

► requisito è l’appartanenza ad un determinato AMBITO SOCIALE (non la


residenza, come in passato) → i cittadini accedono a medesimi servizi e
prestazioni

► i Comuni associati possono delegare l’Azienda sanitaria in merito alla


gestione dei servizi sociali, con l’idea di potenziare l’INTEGRAZIONE SOCIO-
SANITARIA, che è rappresentata da quella parte di documento
programmatico del piano delle attività territoriali e del piano di zona
coincidente, dove l’area sanitaria e sociale hanno concertato una serie di
obiettivi e di attività per rispondere ai bisogni integrati → i due processi
programmatori sono in parallelo, con accordo in merito all’area socio-sanitaria,
dove il Comune viene interpellato sul piano delle attviità locali e gli operatori
dell’Azienda sanitaria partecipano ai tavoli tematici.

VERSANTE SOCIALE:

 Lo stato redige il piano sociale nazionale


 La regione redige il piano sociale regionale
 I comuni associate nell’ambito sociale redigono il piano di zona

VERSANTE SANITARIO:

50
 Lo stato redige il piano sanitario nazionale
 La regione redige il piano sanitario regionale
 Le aziende sanitarie redigono il piano attuativo locale (programmazione
sanitaria aziendale)
 Il distretto sanitario predispone il piano attuativo territoriale

PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE APERTA

Coinvolgimento di molti soggetti e di altre normative, a protezione delle


persone (reddito di cittadinanza, fondo per autonomia possibile), che destinano
risorse per bisogni specifici, senza implementare quelle del Piano di zona.

FASI DELLA PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA:

● INDIVIDUAZIONE DEGLI ATTORI (interlocutori)


● DEFINIZIONE DEI RUOLI che svolgeranno nella programmazione
● PREDISPOSIZIONE di occasioni per raccogliere i contributi (partecipazione)
degli attori coinvolti
nei tavoli tematici, definendo gli obiettivi
● REDAZIONE DEL PIANO DI ZONA e sottoscrizione da parte di tutti i
soggetti coinvolti dell’ACCORDO DI PROGRAMMA, quale atto amministrativo
attraverso il quale si espone la condivisione degli obiettivi, le modalità di
partecipazione e le risorse disponibili (umane e materiali),
dove i partecipanti si assumono la responsabilità delle scelte nella loro
realizzazione

51
Dal 2008 → crisi economica senza precedenti, accuita dall’attuale pandemia,
crea pressione nello Stato sociale, dove il sistema di welfare, creato con
fondamenti di universalismo selettivo ed quità, sta subendo alcune importanti
sfide:

► GLOBALIZZAZIONE → nuovo scenario economico, produttivo e


ideologico/culturale
► TRASFORMAZIONI DEMOGRAFICHE
► FLUSSI MIGRATORI
► VULNERABILITA’ SOCIALE

GLOBALIZZAZIONE

Durante la Rivoluzione Industriale e nell’Era Moderna, un’azienda investiva


capitale, deteneva i mezzi di produzione, assumeva manodopera, produceva
un prodotto, riceveva un reddito per il lavoro svolto, pagava le tasse, che
venivano inglobate dallo Stato e redistribuite sotto forma di servizi e
prestazioni, soprattutto a favore di persone in difficoltà (in un unico contesto
geografico).

52
Con il mercato globale, avviene:
⁕ una DELOCALIZZAZIONE → si spezza la catena capitale – lavoro – mezzi
di produzione, localizzandola in punti diversi
⁕ un ESTERNAMENTO RISPETTO AI CONTRIBUTI FISCALI →, dove lo
Stato non riceve più la risorsa derivante dal fisco, che viene pagata ad un altro
Paese (nuovi attori transnazionali e multinazionali)

Stato impoverito rispetto alle possibilità di protezione sociale, perchè
vengono a mancare le risorse

a) rispetto alla produzione industriale, una serie di elementi stravolgono lo


scenario dopo il boom economico del ‘63:
▪ primi anni ’70 crisi produttiva (crisi petrolifera)
▪ il mercato diventa saturo di beni industriali standardizzati
▪ viene premiata la produzione che si basa sull’innovazione tecnologica e
sull’economia della conoscenza
▪ il mercato del lavoro ha regole sempre più rigide

 la produzione di massa standardizzata evolve verso una PRODUZIONE IN


TEMPO REALE, più flessibile, attenta ai consumatori, deregolamentata, attenta
al know out (conoscenza che deriva dall’esperienza) ed all’innovazione
tecnologica

b) rispetto al mondo del lavoro → fondamentale per sorreggere il sistema di


welfare, in quanto i lavoratori pagano le tasse, i contributi previdenziali,
53
consentendo che la redistribuzione del reddito avvenga sia come protezione
sociale che come di prestazioni previdenziali (pensioni).

Alla forza lavoro viene richiesta:


▪ maggiore specializzazione in termine di conoscenze tecniche approfondite,
con capacità di evolvere
▪ acquisizione di nuove conoscenze e competenze, pronta a qualificarsi e
riqualificarsi costantemente → dalla massa di manodopera alla forza di lavoro
qualificata, che esclude le basse competenze e la poca esperienza
professionale
▪ dopo il baby boom la popolazione attiva (forza lavoro) aumenta e fa ingresso
il genere femminile (senza trattamento equo)

 alterazione del meccanismo domanda – offerta → DISOCCUPAZIONE

- domanda condizionata dalla trasformazione economico-produttiva


- offerta correlata ai processi demografico-culturali → aumento della
popolazione

► i giovani non trovano lavoro, in quanto privi di esperienza


► lavoratori anziani non riqualificati
► ingresso delle donne nel mondo del lavoro, con difficoltà di conciliazione nei
tempi di cura e lavoro
► aumento di occupazione nel settore dei servizi, con conseguente precarietà
lavorativa rispetto al settore industriale

fattori che determinano il RISCHIO = DESTRUTTURAZIONE DELLE


BIOGRAFIE LAVORATIVE

 l’uomo che non è in grado di sfidarlo con le proprie competenze, fallisce


sul piano individuale (non stabilità, frammentarietà lavorativa, percorso
composto e non definito)
54

 il rischio sembra colpire trasversalmente, singolarmente, su ciascun
individuo in modo imprevedibile (la fabbrica fallisce ed il lavoratore in
cassa integrazione, pandemia)

La casualità lascia la persona da sola con i propri problemi (colpevole il singolo)


e le scelte di vita sono condizionate dalla precarietà del mercato del lavoro e
della redistribuzione delle risorse.

TRASFORMAZIONI DEMOGRAFICHE
1)INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE E DIMINUZIONE DELLA
NATALITÀ
→ i contributi previdenziali versati dai giovani non saranno sufficienti a coprire
la spesa pensionistica
→ i lavoratori garantiti (dipendenti pubblici) sono il 2,6%

2) NUOVI MODELLI DI CONVIVENZA


→ compaiono nuclei monparentali, famiglie di fatto, unioni civili anche tra lo
stesso sesso e famiglie ricostruite
→ problemi di protezione dei nuclei familiari, in quanto aumentano le persone
sole (33% della popolazione)
→ i nuclei monoparentali si trovano a dover affrontare esigenze di cura e di
lavoro spesso inconciliabili

PIRAMIDE DELLA POPOLAZIONE

base ampia = popolazione giovane, che si restringe con il passare degli anni

55
FLUSSI MIGRATORI (regolari) → aumento fino al 2008-2010, in
calo con la crisi economica e conseguente aumento di emigrazione italiana
verso l’estero (fuga di cervelli)

FASI DEI FLUSSI MIGRATORI:

▪ anni ’50-’60 migrazione di manodopera sud – nord (dal Mediterraneo verso il


Nord)
▪ migrazioni dalle ex colonie verso i Paesi coloniali → prime politiche rivolte agli
immigrati
▪ anni ’70 calo della manodopera straniera → migrazioni per ricongiungimento
familiare
▪ fine anni ’80 inizio anni ’90 (crollo Muro di Berlino) ondata migratoria
deregolamentata, che procede per obiettivi differenziati → migrazioni di
ripiego, dato dal respingimento degli altri Paesi (prevalente componente
femminile occupata nei lavori di cura)
▪ anni ’90-’00 a seguito evoluzione Paesi di provenienza (inserimento in UE e
miglioramento condizioni di vita) , vi è un calo della migrazione (manodopera
assistenziale)

TESTO UNICO SULL’IMMIGRAZIONE (fine anni ’90) regolamenta le


modalità di ingresso in territorio italiano e le tipologie di permessi di soggiorno
(competenza statale), modalità per l’integrazione = servizi (istruzione, lavoro,
56
aggregazione – competenza regionale) per i quali, a livello normativo, non è
prevista la copertura finanziaria (il terzo settore è stato invitato, con bandi, a
proporre interventi) → pensiero frammentato, precario, emergenziale.

Problemi:
▪ contratto di lavoro H24 con precarietà di fondo alla morte dell’assistito
▪ le persone impegnate in luoghi di cura lasciano i familiari nel paese di origine
(orfani bianchi) → problematiche affettivo-educative (mancanze, nuove
affettività in famiglie ricostruite) e tensioni sociali
▪ il sistema di welfare non è aperto alla differenza culturale, all’accoglimento di
stranieri, ma strutturato per rispondere ai bisogni della popolazione residente
→ regole di accesso negative per gli stranieri
Nella società moderna il problema era la disuguaglianza, nella società
contemporanea il problema è la vulnerabilità sociale → la protezione naturale è
appesantita da una pluralità di persone dipendenti, con il rischio di
un’inversione (i pensionati mantengono i giovani): la povertà sulla quale incide
il reddito, la salute, la capacità abitativa, la rete relazionale

VULNERABILITA’ SOCIALE
1) precarietà occupazionale e lavori mal pagati non consentono alle
persone/famiglie di soddisfare i bisogni primari (disgregazione familiare) →
vulnerabilità, instabilità e precarietà rendono difficile lo sviluppo di una
rete sociale di protezione.

2) fase di transizione dalla vulnerabilità al malessere (fisico e psichico), dove


la mancanza di relazioni, soprattutto primarie, caratterizzata da una
rarefazione di rapporti, è in grado di causare problemi di salute.

3) fase di distaccamento progressivo dalle relazioni con gli altri →


desaffiliation di Castel, intesa come progressiva riduzione di investimento,
anche emotivo, nelle relazioni con gli altri (es. persone senza dimora) . La
presenza in supporto all’aiuto dev’essere delicata, in quanto, se la persona con
disaffiliazione emotiva viene avvicinata in maniera diversa, rifiuta il contatto,
vedendo la presenza come una minaccia. Disafiliazione intesa non come
perdita economica o di relazioni, ma di interesse verso il mondo, un
disinvestimento emotivo che richiede un’importante presa in carico per
ricostruire la relazione: su questo meccanismo di esclusione Castel riflette sul
reddito minimo (di cittadinanza), oggetto di posizioni difformi.
Nell’escalation verso l’esclusione (che porta alla morte), il reddito minimo
avrebbe la duplice funzione di restituire dignità alla persona e mantenere vive
le relazioni sociali.

57
VULNERABILITA’ → DISINTERESSAMENTO RELAZIONALE →
RIFIUTO RELAZIONALE

SPIRALE DELL’ESCLUSIONE

Don Ciotti sostiene che il reddito minimo restituisce dignità e non mette la
persona nella condizione di diventare vittima di altre organizzazioni più potenti
(criminali) , che, nella promessa di facile guadagno, la rendono dipendente
(commissione di illeciti, totale disponibilità al potere senza forma di dissenso)
ed assoggettata ad un’organizzazione che pretende cieca obbedienza e dove la
deprivazione educativa evita l’emancipazione e l’autodeterminazione.

58
RISPOSTE DELLO STATO SOCIALE AI CAMBIAMENTI
Cambiamenti:

► DIMINUZIONE ENTRATE, causa precarietà lavorativa, che non garantisce


gettito fiscale certo.

► PRODUZIONE DELOCALIZZATA

► AUMENTO POPOLAZIONE ANZIANA, che grava sul sistema pensionistico,


assorbendo tutte le entrate derivanti dai contributi versati dalla popolazione
attiva.

►presenza di un FLUSSO MIGRATORIO DEREGOLAMENTATO

►MERCATO DEL LAVORO INSTABILE, dove l’ambito servizi, in espansione,


è incerto, in quanto la domanda varia numericamente e qualitativamente

STATO SOCIALE CHE GENERA:

- minori entrate - crescita esponenziale


della spesa per
le prestazioni sociali

- domanda variegata - mancanza di risorse


per rispondere alla
domanda

LO STATO SOCIALE SI MUOVE IN DUE DIREZIONI


 riorganizzazione territoriale delle politiche dei servizi
 esternalizzazione di servizi svolti dal privato sociale

questo movimento traduce l’idea in un MODELLO DI ATTIVAZIONE, che


presuppone:

→ maggior attività dei cittadini, quali beneficiari attivi, che devono


concorrere al loro inserimento sociale (la non attivazione genera colpa)
→ obiettivo di diminuire la dipendenza dei cittadini dal sistema e di
renderli maggiormente partecipi ed attivi nel decidere il loro destino, con
59
differenziazioni che riguardano i sistemi di welfare che risentono delle
condizioni storiche, culturali ed assumono caratteristiche differenti.
Il principio di riorganizzazione territoriale si basa sul principio della
SUSSIDIARIETA’

⁕ SUSSIDARIETA’ VERTICALE → processo di territorializzazione

Rappresenta la riorganizzazione territoriale delle politiche sociali: il Comune,


quale Ente più vicino alle persone, risponde alle domande dei cittadini (lo Stato
delega al Comune ed interviene solo se l’ente non è in grado di rispondere)
→ la domanda sociale che proviene dai diversi territori appare frammentata e
diversificata da territorio e territorio, trova difficoltà di gestione a livello globale
(ingovernabile più territori insieme).

Le decisioni programmatiche tra servizi sociali che dipendono dall’ente


nazionale (Ministeri) sono molto diverse da quelle che dipendono dall’ente
comune, in quanto riscontrano maggiori difficoltà nel recepire le realtà
territoriali, data dalla maggior distanza e minor conoscenza, non riuscendo a
dare una risposta universale, standardizzata.

In tal modo i cittadini vengono avvicinati al sistema di welfare, che a


livello locale gestisce i servizi, quali organizzazione materiale della risposta e
definisce i contenuti ed i criteri di accesso (delega politica).

⁕ SUSSIDARIETA’ ORIZZONTALE → partecipazione paritaria di più


attori alla definizione delle politiche locali (governance), con l’idea che rende
favorevole l’accrescimento in termini di efficacia e di efficienza, attraverso
l’unione delle diverse competenze e dove il coinvolgimento di più soggetti
agevola lo sviluppo della cittadinanza attiva (soprattutto da parte degli enti
del terzo settore che chiedevano di essere maggiormente attivi anche nella
definizione dei servizi e delle politiche).

SVILUPPO DI POLITICHE DI ATTIVAZIONE

Traducono l’idea che la persona in stato di bisogno non è necessariamente


incapace di esprimersi nel suo disagio, ma SOGGETTO ATTIVO

► minore dipendenza dal sistema


► maggiore partecipazione della persona come interlocutore e non
mero recettore

60
possibilità di riduzione dei costi economici che derivano dalla povertà, dove le
persone non saranno più a carico del sistema → favorire l’inserimento sociale

Il rapporto tra cittadino e servizi diventa più negoziale, in base ad uno scambio
direzionale (in passato con lo stato sociale veniva garantito tutto); è previsto
un accompagnamento delle persone, affinchè possano inserirsi ed attivarsi
socialmente, con conseguente pressione sui doveri e non sui diritti.
Le politiche di attivazione impattano sulle istituzioni, che fanno resistenza al
cambiamento, tendendo a mantenere lo status quo.

Emblema delle politiche di attivazione è il REDDITO MINIMO DI


INSERIMENTO
→ uno dei punti cardine della lotta alla povertà

Termine generico europeo, che può corrispondere a misure differenti: è la


concessione di un contributo economico continuativo ad una famiglia o singolo,
che si trova in condizioni di precarietà, al di sotto di un certo reddito, affinchè
persegua il proprio inserimento sociale. (attivazione lavorativa)

CARATTERISTICHE:
- non è a fondo perduto
- è maggiore dei contributi economici
- prevede l’attivazione della persona rispetto l’inserimento sociale e
l’autonomia economica

Compare già alla fine degli anni ’80 in Francia ed in seguito in Spagna ed in
Grecia; in Italia arriva alla fine degli anni ’90, ma standardizzato negli ultimi 5-
6 anni: accanto al contributo, viene previsto un programma di intervento, che
ha lo scopo di accompagnare e far sì che la persona si inserisca nel mondo del
lavoro, dunque il piano di intervento deve prevedere:

→ la ricerca di un lavoro mediante la sottoscrizione di un patto


→ altre azioni che esulano dal percorso lavorativo e dall’autonomia economica:
seguire percorsi terapeutici (alcoolismo) → azione vincolante, che crea
l’imposizione di un trattamento sanitario

Diverse logiche di welfare: liberal, corporative, democratiche, legate al welfare


familistico (Mediterraneo) e dei Paesi dell’ex blocco comunista.

I primi a sostenere le politiche di attivazione sono gli stati ad


orientamento liberale.

61
TRASFORMAZIONI DEL SISTEMA DI WELFARE

WELFARE LIBERALE (Regno Unito)

Gli Stati liberali hanno sostenuto da sempre la libera scelta e


l’autorealizzazione individuale (indipendenza dal sistema), dove lo Stato
sociale era considerato un vincolo, rispetto alla possibilità del singolo di
esprimersi liberamente.

Con il welfare liberale:


▪ viene accentuata la contrattualità tra servizi e persona che vi accede (sistema
fondato sul patto), con vincoli di tempo → istituzionalizzazione delle
politiche di attivazione
▪ le politiche sono rivolte ai giovani
▪ viene ampliata la governance, includendo anche soggetti for profit che
offrono opportunità di lavoro e formazione
▪ a livello di accesso ai servizi, è rimarcata la prova dei mezzi

WELFARE SOCIALDEMOCRATICO → Paesi scandinavi

Forte idea di stato sociale e cittadinanza sociale basata sulla convergenza


di interessi dei lavoratori e datori di lavoro, dove anche qui vengono introdotti
meccanismi di attivazione.

▪ possibilità di codefinire i programmi di inserimento sociale insieme agli


operatori → ampia partecipazione del terzo settore nella collaborazione per la
realizzazione dei programmi (attivazione della comunità locale che diventa
partecipe nei programmi di inserimento sociale delle persone)

DIFFERENZE:

WELFARE LIBERALE
obbligo di attivazione → capacità individuale
di autorealizzazione

WELFARE SOCIALDEMOCRATICO

62
Co-costruito finalizzato alla partecipazioneWELFARE CORPORATIVO
(Germania)
si trova a dover affrontare un contenimento della spesa pubblica (difficoltà di
gestione finanziaria)

L’Italia non riesce ad esprimere una politica sociale organica e cerca di unire i
tre orientamenti:
- riconoscere e coprire a determinati bisogni e diritti
- riduzione della spesa pubblica
- evitare forme di dipendenza dal sistema di welfare

E’ stato uno degli ultimi Paesi a sperimentare il reddito minimo di inserimento,


contestato, perché sostenuto come riconoscimento di dignità ed emancipazione
rispetto alle condizioni di bisogno:

- da una parte le politiche del lavoro non erano pronte ad assorbire la


manodopera derivante dal reddito minimo
- dall’altro il rifiuto di lavori sottopagati (pagati meno del reddito minimo)

Con la conseguenza che si è continuato ad erogato il reddito minimo ed allo


stesso tempo le persone a lavorare in nero → forte piaga in Italia: non finanzia
il sistema di welfare non pagando le tasse, privazione dei diritti dei lavoratori,
coperture assicurative ed esposizione a tutte le evenienze ed umori del datore
di lavoro, senza vincoli.

Anche in Italia vige l’idea che il patto, oltre all’attivazione della ricerca
dell’occupazione, considera le varie dimensioni della povertà (salute,
istruzione, relazioni), includendo anche azioni del beneficiario del reddito di
inserimento e dei suoi familiari.

Nell’ultima formulazione (sospesa causa Covid-19) il rdc prevedeva la sua


attivazione per le persone per le quali non era possibile prevedere inserimento
lavorativo, attraverso l’inserimento in attività di utilità sociale, svolte dal
titolare od altri componenti il nucleo familiare, purché maggiorenni. (PUC)
Il lavoro di utilità sociale può essere emancipante, se consente alla persona di
acquisire maggiori competenze, in caso contrario rientra in una forma di
assistenzialismo.

WELFARE → Paesi post-comunismo

Tali Paesi non hanno sviluppato un sistema di ws e servizi, perchè ritenevano


già lo Stato fosse sociale e si facesse carico dei bisogni dei cittadini.

La caduta del muro di Berlino (blocco dell’est) crea importanti


problemi riguardanti la cittadinanza:

63
▪ la spesa destinata al sociale è molto bassa, come anche lo sviluppo delle
politiche sociali
▪ il passaggio da un sistema di produzione con reddito minimo garantito
derivante dal lavoro statale, ad un sistema capitalistico basato sulla domanda-
offerta, dove vengono eliminate le forme assistenziali non utili all’innalzamento
del PIL
▪ le persone si ritrovano prive di reddito e di assistenza statale
▪ le condizioni economiche diventano precarie, perchè la produzione non è
competitiva (povertà marcata)
▪ difficoltà nelle linee di contrasto alla povertà, con esiti deboli

▪ manca un concetto di governance


→ attori legati al contesto statale
→ difficile lo sviluppo di un privato sociale in tempi brevi, dopo anni di
monopolio statale
→ organizzazioni filantropiche (private, ad es. Rotary) intervengono nella
concessione di contributi economici e servizi, dove l’intervento si basa
fortemente sulla prova dei mezzi e su un criterio di meritevolezza, una
selettività non oggettiva, lontana dalla concezione di bisogno e dal criterio
oggettivo della sua valutazione, affermatosi in Italia con la legge 328/00.


Le politiche di attivazione stanno producendo configurazioni di welfare diverse
dal punto di vista culturale ed organizzativo ed esiti diversi in relazione al
sistema precedente, strutturato nel tempo in base alle condizioni economiche,
culturali e storiche di un determinato territorio.
Oggi prevale la concezione di welfare stata come costo sociale dello sviluppo
economico, che va limitato; nella prospettiva emergente, invece, nell’UE il
welfare state assume un ruolo attivo ed un importante stimolo al benessere
sociale ed allo sviluppo economico.

DIMENSIONI DELLA POVERTA’


Il processo di impoverimento sta colpendo, in particolare, alcune fasce della
popolazione: le donne, le persone con problemi di salute ed i minori.
→ relazionale: la povertà si traduce in perdita di relazioni, processi di
esclusione
→ età: i minori sono considerati a rischio povertà in tutta Europa
→ genere
→ salute

RISPOSTE ALLA POVERTA’


Prima sperimentazione italiana fine anni ’90 (scelta di aree più critiche)
- parte monetaria di integrazione al reddito
- parte di attivazione = programmi di inserimento sociale

64
a. criteri disomogenei di selezione dei beneficiari, sperimentale in diverse
aree in Italia
b. scarsa disponibilità di attivazione da parte dei beneficiari, soprattutto in
alcune Regioni del Sud (non applicabile, perchè si riteneva favorisse la
dipendenza)

La misura viene abbandonata e di fatto non si affronta più il problema di


reddito di inserimento.
Con la Legge 328/00 si ipotizza la forma di contrasto all’interno dei LEA,
dunque non gestito a livello discrezionale, ma omogeneo.

Riemerge l’idea del bonus:


BONUS INCAPIENTI: (2007) contribnuti una tantum alle famiglie senza
reddito soggetto ad Irpef
FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA, per finanziare prestazioni e
servizi, che viene integrato dalle Regioni (FAPA) con fondi propri, garantendo
alle famiglie un supporto economico all’attività di cura (domiciliarietà
dell’anziano)
BONUS FISCALE (2008): intervento economico una tantum a favore di
lavoratori dipendenti e pensionati (sono esclusi i redditi da lavoro autonomo)
CARTA ACQUISTI (SOCIAL CARD) che consiste in una carta di debito
ricaricabile bimensilmente, per acquistare beni di prima necessità e pagare
utenze, a famiglie svantaggiate con figli minori
SOSTEGNO PER L’INCLUSIONE ATTIVA (SIA) (2014) sostegno economico
più ampio, destinato a famiglie con figli in condizioni di grave indigenza

Si discute sempre più spesso di forme di contrasto alla povertà, complice la


crisi economica (dal 2010 in poi), causa la disoccupazione, con incidenza sulle
famiglie numerose e si costituisce, su iniziativa di ACLI e CARITAS:

ALLEANZA CONTRO LA POVERTA’: una rete di soggetti di terzo settore e


rappresentanti di Regioni e Comuni, con l’obiettivo di farsi portavoce dei
bisogni dei poveri (funzione di advocacy) → fondamentale il ruolo dell’alleanza,
come momento importante di interlocuzione con il Governo, che porta nel 2017
al:

REDDITO DI INSERIMENTO (REI): (2017) misura unica nazionale volta


a contrastare la povertà e l’esclusione sociale, rispondendo a quell’esigenza di
universalismo selettivo prevista dalle Legge 328/00, che trova spazio di
applicazione.
Il problema del Rei è che si concentra principalmente sulla situazione di grave
bisogno, dove l’intervento è limitato, in quanto il contributo economico non è
elevato tale da permettere il superamento della condizione di deprivazione. Il
Rei prevede la predisposizione di un progetto a beneficio di tutta la famiglia,
dando opportunità educative e di inclusione sociale (non sono economiche).

Caratteristiche:

65
- requisiti: richiesta reddituali (soglia Isee), cittadinanza italiana o
permesso di soggiorno per lungo soggiornanti, residenza continuativa in
Italia per almeno 2 anni
- beneficio: in condizioni di grave povertà (188 euro per singoli; 540 per
nuclei)
- progettualità in merito all’erogazione: elaborazione di un progetto
personalizzato che coinvolge tutta la famiglia
- durata: 18 mesi prorogabile per altri 6 mesi
- contributo medio: 292 euro

REDDITO DI CITTADINANZA (RDC):

Caratteristiche:
- requisiti: richiesta reddituali (soglia Isee), patrimoniali, cittadinanza
italiana o permesso di soggiorno per lungo soggiornanti, residenza in
Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa
- beneficio: integrazione al reddito (780 euro per singoli)
- progettualità in merito all’erogazione: patto fortemente centrato
sull’attivazione lavorativa e solo nel caso in cui la persona sia
impossibilitata a lavorare, è previsto un patto per l’inclusione sociale
(non può rifiutare più di 3 proposte lavorative congrue → discrezionalità)
= manovra di workfare unitamente allo sfruttamento del lavoratore in
nome della concessione del reddito
- durata: 18 mesi rinnovata dopo la sospensione di 1 mese
- contributo medio: 489 euro

DIFFERENZE TRA RDC E REI: entrambe misure molto giovani che non sono
riuscite a produrre effetti nel lungo periodo e mai completamente applicati (rdc
ha subito la pandemia, diventando reddito di emergenza)
► REI: selettivo nei confronti dei beneficiari, con integrazione modesta del
reddito, dove il progetto personalizzato coglieva la multidimensionalità della
povertà, considerando tutti i componenti del nucleo familiare (criticità a livello
di intreccio tra politiche universalistiche e di attivazione, senza ci fossero state
le condizoni per un’effettiva attivazione)
► RDC: apirazione universalistica, raggiunge platea maggiore di beneficiari,
con un’integrazione che supera lo stato di deprivazione, consentendo una vita
abbastanza decorosa, centrata sulle politiche di attivazione ed in particolare
sull’inserimento lavorativo (patto sull’impiego), ma non vi è adeguata
protezione rispetto ai lavori malpagati

Problemi politiche di contrasto suindicate:


▪ i Centri per l’Impiego erano impreparati nell’accogliere e rilanciare rispetto a
proposte di lavoro dovute nei confronti dei beneficiari
▪ i tempo sono stati lunghi prima di essere introdotti, in quanto le elargizioni
una tanum con assenza di segni globali, hanno richiesto molto tempo

66
▪ gli esiti sono inferiori a molti altri paesi europei, soprattutto in merito alla
condizione dei minori, maggiormente a richio di povertà, anche rispetto agli
altri coetanei europei

Osservazioni:
√ il Terzo Settore ha assunto grande importanza nel contrasto alla povertà e
nel proporsi come interlocutore importante rispetto all’azione del Governo;
√ la rete dell’Alleanza contro la povertà è un fattore decisivo per giungere a
misure nazionali, che ha segnato un momento di fortissima partecipazione
della società civile e di interlocuzione con il Governo
√ i soggetti del Terzo settore che si occupano di povertà e marginalità sia a
livello locale che nazionale, costituiscono riferimenti importanti nelle scelte
politiche dei diversi Governi.

L’IMPATTO DELLE CRISI AMBIENTALI SUL SOCIAL


WORK
AMBIENTE → insieme degli elementi che sono alla base della vita sulla terra,
che è necessario conservare per pensare alle generazioni future.
BENESSERE → salute fisica e mentale, che comprende il lavoro ed un’equa
condivisione dello spazio, che in un momento storico come questo è in uno
stato di criticità a causa della situazione pandemica

SERVIZIO SOCIALE, CAMBIAMENTI SOCIALI E AMBIENTALI

21 marzo → World Social Work Day dedicato alla promozione della comunità e
della sostenibilità ambientale. Temi trattati:
▪ crisi ambientale
▪ crisi sociali
▪ obiettivi per lo sviluppo sostenibile definiti dall’assemblea delle nazioni unite
▪ risposte del lavoro sociale → green social work

GREEN SOCIAL WORK


Gli assistenti sociali ambientali incoraggiano una società fondata sulla giustizia
sociale ed ambientale, soprattutto quando viene ostacolata dagli impatti
sempre più frequenti del cambiamento climatico, dove è fondamentale
comprendere gli effetti umani sul cambiamento ambientale, in modo da fornire
agli assistenti sociali le conoscenze e competenze per affrontare questi
problemi.
→ facilitare la conoscenza
→ influenzare le politiche pubbliche
→ aiutare le persone direttamente colpite da disastri climatici

67
COVID-19, MOBILITA’ SOSTENIBILE e WELFARE AZIENDALE → il
MOBILITY MANAGER
Figura professionale obbligatoria per molte imprese, per organizzazione
mobilità e spostamenti aziendali, le cui funzioni rientrano nel piano welfare di
un’organizzazione → WELFARE AZIENDALE:
● legge di bilancio 2018 → vantaggi fiscali
● piano di mobilità aziendale: semplificare e ottimizzare gli spostamenti casa-
lavoro  soluzioni di trasporto alternativo a ridotto impatto ambientale
● impatto ambientale: riduzione emissioni co2

SETTIMANA EUROPEA DELLA MOBILITA’ (SEM): vantaggi mobilità


sostenibile e ostacoli a sua diffusione
 tema sem 2020: emissioni zero, mobilita’ per tutti
 mobilita’ e sostenibilita’=materia di welfare
 Progettazioni aree urbane

AGENDA 2030
L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un programma d’azione per le
persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritta nel settembre 2015 dai governi
dei 193 paesi membri dell’onu.
SVILUPPO SOSTENIBILE = uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente,
senza compromettere le capacità delle future generazioni di soddisfare i propri
bisogni.

I 17 obiettivi comuni per lo sviluppo sostenibile contenuti in un


programma d’azione di 169 target.

ALLEANZA ITALIANA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE (ASviS)


Nata nel 2016 per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e
nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza del progetto 2030 per lo
sviluppo sostenibile.
68
articolo 13 del codice deontologico: “l’assistente sociale concorre alla
produzione di modelli di sviluppo rispettosi dell’ambiente, della sostenibilità
ecologica e della sopravvivenza sociale consapevole delle difficoltà nel rapporto
tra l’essere umano e l’ambiente”.

Questioni aperte:
→ lo sviluppo del welfare poggia su un’idea di crescita economica costante 
utilizzo incondizionato delle risorse del pianeta
→ le questioni ambientali sono davvero così urgenti?
→ le politiche sociali sembrano colludere con la scarsa attenzione alle questioni
ambientali di alcuni governi

CAMBIAMENTO CLIMATICO

 rischio di ridurre la fertilità del suolo e distruggere l’ecosistema marino


 emissioni di anidride carbonica  riscaldamento globale 
desertificazione (siccità) e scioglimento dei ghiacciai
 rischi di disastri ambientali nelle aree urbane (alluvioni, frane ecc)
 aumento del livello dell’acqua in alcune aree del pianeta e drastica
diminuzione in altre

69
POSSIBILI STRATEGIE

 MITIGATION: ridurre il livello di inquinamento in modo da tenere sotto


controllo il cambiamento climatico
 ADAPTATION: 3 misure individuate a livello europeo obiettivo di
minimizzare gli effetti del cambiamento climatico  misure necessarie,
ma non sufficienti
1. Soluzioni tecniche atte a rendere le infrastrutture capaci di
sostenere disastri ambientali
2. Soluzioni green
3. Soluzioni soft
 GEO-ENGINEERING: ridurre le emissioni di gas nell’atmosfera e
minimizzare gli effetti delle radiazioni solari agendo meccanicamente
(alberi sintetici)
 CONSERVATION: conservare le risorse naturali riducendone il consumo
 sostenibilità ambientali

CRISI ECOLOGICA E SOCIAL WORK


√ Le politiche ambientali impattano maggiormente sulla popolazione più
vulnerabile  accrescono l’ingiustizia sociale.
√ Aumento della temperatura globale  desertificazione del pianeta, aumento
delle acque in altri territori  massiccia migrazione verso altre aree del pianeta
√ Disastri naturali e disastri causati dall’uomo  impossibile delimitare i confini
- colpiscono prevalentemente le periferie dove abitano le persone con minor
reddito
√ Necessità di sviluppare modelli teorici capaci di includere la giustizia
ambientale, come questione strettamente correlata alla giustizia sociale.

PREMESSE TEORICHE
JANE ADDAMS: le questioni ambientali accrescono il rischio di povertà e di
vulnerabilità degli strati più svantaggiati della popolazione
GERMAIN E GITTERMAN: approccio ecologico  nicchia ecologica  necessità
di considerare tanto l’aspetto economico tanto l’aspetto relazionale quanto
quello ambientale
MIDGLEY: social develpomet approach –> considera lo sviluppo sociale come
elemento determinante  non vi può essere sviluppo sociale senza
un’attenzione all’ambiente
Includere i saperi indigeni può rappresentare una modalità per prestare
maggiore attenzione all’ambiente.

GREEN SOCIAL WORK (DOMINELLI)


 Parte del più ampio approccio antioppressivo
 Propone un approccio multidimensionale che integra quattro aspetti:
agency, riflessività, potere e risorse.
 Scopo: emancipare le persone e dare loro maggiore potere  giustizia
sociale e sostenibilità = giustizia sociale non può essere disgiunta dalla
giustizia ambientale

70
QUESTIONARIO PERSONALE SULLE QUESTIONI AMBIENTALI:

A COSA PRESTO ATTENZIONE?

71
IMMIGRAZIONE
ANNI 60  BOOM ECONOMICO  PRIMI INSEDIAMENTI STRANIERI IN
ITALIA

 LEGGE FOSCHI del 1968  ricongiungimento familiare e uguaglianza


 LEGGE MARTELLI del 1990 regolarizzazione degli ingressi
 LEGGE SULLA CITTADINANZA (1992)
 LEGGE TURCO-NAPOLITANO del 1998  testo unico sull’immigrazione
 LEGGE BOSSI-FINI del 2002  restrittiva
 LEGGE N. 46 DE 2017  protezione internazionale e contrasto
all’immigrazione illegale

TAVOLO CAPORALATO

Piano triennale predisposto dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, per
contrastare il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura → attività
suddivisa in 6 gruppi di lavoro, che si occupano rispettivamente di
prevenzione, filiera agro-alimentare, intermediazione tra domanda ed offerta di
lavoro, trasporti, alloggi temporanei e rete del lavoro agricolo di qualità.
Esiste un piano di zona triennale da febbraio 2020, che si articola in 3 fasi:
 ANALISI DEL FENOMENO
 INTERVENTO DI NATURA EMERGENZIALE NELLE AREE PIU’ CRITICHE
 AZIONE DI SISTEMA

IL LAVORO – TESTO UNICO SULL’IMMIGRAZIONE


Il Ministero del lavoro pubblica mensilmente sul proprio sito un grafico in
riferimento ai contratti aziendali e territoriali.

72
articolo 22  lavoro subordinato : sportello unico per l’immigrazione
presente in ogni provincia. Alcuni punti importanti:
 Il visto viene rilasciato allo straniero a 8 giorni dal suo ingresso, da parte
degli Uffici Consolari del Paese
 Vengono fornite all’INPS e all’INAIL le informazioni anagrafiche relative ai
lavoratori extracomunitari
 La perdita del lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di
soggiorno al lavoratore o ai suoi familiari legalmente soggiornati
 Allo scadere del permesso di soggiorno, se lo straniero possiede una
laurea, può essere iscritto all’elenco anagrafico per motivi di studio
(massimo 12 mesi)
 Possibilità per lo straniero di denunciare eventuali sfruttamenti da parte
del datore di lavoro

articolo 31:
 Requisiti della convivenza
 Permesso di soggiorno
 Autorizzazione da parte del tribunale dei minori
 Eventuale espulsione

articolo 32 → rilascio del permesso di soggiorno al compimento della


maggiore età

articolo 33 → istituzione di un comitato per vigilare il soggiorno dei minori

articolo 34: “assistenza per gli stranieri iscritti al SSN”


 Obbligo di iscrizione al SSN e parità di trattamento  stranieri lavoratori,
motivi familiari, asilo, acquisto cittadinanza, minori non accompagnati.
 Contributo annuale per l’iscrizione
 Lo straniero assicurato al SSN è iscritto alla ASL del Comune

articolo 35: “assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al SSN”
 Assicurate le cure urgenti o essenziali
 Il codice regionale individuale di accesso a STP (stranieri
temporaneamente presenti)
 La legge vieta alle strutture sanitarie di segnalare alle autorità di polizia
la presenza di irregolari
 Il diritto alla salute nella costituzione

articolo 41: “assistenza sociale”


 Gli stranieri con regolare permesso di soggiorno sono equiparati ai
cittadini italiani ai fini della fruizione delle prestazioni economiche ed
assistenziali
 Benefici per l’invadilità civile
 Prestazioni economiche assistenziali per chi ha il permesso di soggiorno
UE

73
articolo 42: “misure di integrazione sociale”
 Lo stato, le regioni, le province e i comuni, in collaborazione con le
associazioni di stranieri e con le autorità o con enti pubblici e privati dei
paesi di origine, favoriscono le attività intraprese in favore degli stranieri
regolarmente soggiornanti in Italia
 La consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie
 Il nostro sistema di accoglienza è articolato su 2 livelli

POLITICHE SOCIALI IN FVG


 LEGALITA’, SICUREZZA E RIMPATRI:
rimpatri, contrasto alla radicalizzazione, rete contro la tratta e il coordinamento
interistituzionale
 PROGETTI SPECIALI:
PROGETTO FAMI IMPACT FVG 2018-2020, PROGETTO FAMI PSL FVG 2018-
2020 e osservatorio immigrazione
 SERVIZI PER SCUOLA E CASA:
integrazione scolastica e sostegno degli affitti
 MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI:
accoglienza sul territorio, formazione e integrazione ed infine il tavolo MSNA e
altri supporti

MIPEX= Indice delle politiche per l'integrazione degli immigrati  è una guida
di riferimento e uno strumento pienamente interattivo per valutare, comparare
e migliorare la politica per l'integrazione.
 28 PAESI
 148 INDICATORI POLITICI

LAVORO
 PRINCIPI COMUNI SULL’INTEGRAZIONE DELL’UE
 SOVRA-QUALIFICATI
 SOTTO-RETRIBUITI
 CATEGORIA WORKING-POOR

EDUCAZIONE
 GRUPPO PROBLEMATICO
 CLASSI O PERCORSI INADEGUATI
 ABBADONO SCOLASTICO
 NON AMMISSIONE ALLA CLASSE SUCCESSIVA

74
EQUILIBRIO EDUCAZIONE- LAVORO
L’equilibrio favorirebbe il livello di inclusione sociale

EDUCAZIONE DELLO STRANIERO

Difficoltà legate alla disuguaglianza nei percorsi scolastici e di integrazione


degli alunni stranieri, causate da:

- inserimento tardivo, con conseguente inserimento in una classe inferiore


alla propria età anagrafica, dove le difficoltà socio-economiche originarie
familiari e del contesto di appartenenza portano ad un ritardo sistemico

- difficoltà di linguaggio

 la scuola spesso non riesce a colmare il divario di apprendimento


iniziale

 con conseguenti e frequenti casi di abbandono, (uscita precoce dal sistema di


istruzione, senza conseguire ulteriori titoli di studio o qualifiche professionali),
causa sfiducia nei confronti del sistema scolastico o necessario inserimento in un
contesto lavorativo per contribuire economicamente al sostentamento della propria
famiglia.

L’IMMIGRAZIONE è OGGETTO DI INTERESSE principalmente di 2 GRANDI


AREE POLITICHE:
1. quelle destinate all’ ORDINE PUBBLICO
2. quelle destinate all’INTEGRAZIONE

RADICALIZZAZIONE: è un problema oggetto di attenzione da parte della


comunità sia europea che italiana; può agire su gruppi, ma anche sul singolo e
ci sono dei programmi di prevenzione che vengono messi in atto nelle scuole,
perchè le seconde generazioni sono quelle più a rischio per due motivi:
 non si sentono accettati nel luogo di accoglienza
 non si sentono pienamente partecipi della cultura del paese di provenienza

CRISI ECONOMICA (2008)

Ha colpito i Paesi accidentali, creando:


▪ deglobalizzazione, intesa come ri-nazionalizzazione del sistema bancario,
dove gli Stati nazionali sono dovuti intervenire a sostegno dei risparmiatori →
intervento nazionale rispetto al mercato globale
▪ aumento della disoccupazione che colpisce donne, giovani e persone poco
qualificate
▪ crisi monetaria, del sistema pensionistico, dove i contributi versati dai
lavoratori sono appena sufficienti a coprire le pensioni erogate
▪ crisi fiscale dello Stato

75
elementi strettamente correlati tra loro, potenziati da un intreccio tra i diversi
aspetti.

GRUPPI A RISCHIO:
→lavoratori precari e con bassa qualificazione
→nuclei monoparentali femminili
→migranti
→giovani

esposti a modifiche riconducibili a:


⁕ mutamenti familiari
⁕ processo di globalizzazione che ha spinto l’economia, ma delocalizzato la
produzione (e, di conseguenza, il capitale, il pagamento delle tasse e la
richiesta di welfare)
⁕ innovazione tecnologica, che ha eliminato alcuno posti di lavoro ed influito
sul digital devide (diversità tra chi possiede o meno competenze tecnologiche)

STRATEGIE
I diversi Paesi hanno cercato di riorientare i sistemi di welfare, mediante i
seguenti approcci:
√ paradigma dell’INVESTIMENTO SOCIALE
√ paradigma dell’INNOVAZIONE SOCIALE

PARADIGMA DELL’INVESTIMENTO SOCIALE

Welfare non costituisce un costo a carico della collettività (come nel modello
liberale), ma un contributo allo sviluppo e crescita economica, per
prevenire situazione di precarietà ed esclusione sociale → precondizione per la
crescita economica (funzione redistributiva e di attivazione)
͢ ▪ le politiche sociali dovrebbero agire in senso preventivo → preparare le
persone ad affrontare eventuali rischi nel corso della vita (carattere
produttivo e preventivo)
▪ valorizzazione del capitale umano e partecipazione al mercato del lavoro
▪ interventi di policy finalizzati all’uguaglianza delle opportunità, sviluppo delle
conoscenza e delle capacità individuali durante tutto l’arco di vita (knowledge
society), in modo da rendere autonome le persone nel dover affrontare
eventuali problemi, focalizzando l’attenzione su:
- servizi per l’infanzia ed educativi
- qualificazione educativa
- condizioni occupazionali di qualità
- conciliazione di tempi di vita e lavoro
- pensionamento dignitoso, evitando le privazioni di reddito
- sistemi di protezione e prevenzione della povertà (reddito minimo)

Nell’investimento sociale vi è un crescendo che parte dalla partecipazione al


mercato del lavoro, che produce crescita economica e genera maggiori risorse
da investire in un welfare non riparativo, ma che promuove protegge le
76
persone svantaggiate → sviluppo del welfare e crescita economica correlati
dove lo sviluppo dell’uno consente la crescita dell’altro e viceversa

le politiche sociali hanno un ruolo di coordinamento nei confronti delle altre
politiche e svolgono tre funzioni: flow, stock, buffer

FLOW = flusso
facilitando i passaggi da una fase all’altra del ciclo vitale (fonte di potenziale
criticità) e le transizioni per quanto concerne il mercato del lavoro
→ il ruolo delle politiche sociali dovrebbe essere quello di agevolare la
transizione, mettendo in grado le persone di affrontare autonomanete il
momento critico (formazione della coppia, nascita, adolescenza ed
invecchiamento dei genitori, uscita di casa del figlio, pensionamento, morte
coniuge) con conseguente necessità di ridefinizione delle relazioni.

Interventi atti a favorire la transizione:


▪ politiche di conciliazione tra tempi di cura e di lavoro
▪ politiche per l’occupazione rivolte a disoccupati, alternanza scuola-lavoro,
contrattod i lavoro flessibili
▪ carriere di lavoro più durature rispetto al passato, ma sostenibili

STOCK
si rivolge al capitale umano in termini di mantenimento, valorizzazione e
potenziamento, attraverso le attività educative (istruzione, formazione)

BUFFER
mitigare le disuguaglianze economico-sociali attraverso il sostegno ad reddito e
misure di protezione, in modo da renderle autonome in merito ai propri
bisogni, evitando situazioni di dipendenza.
All’interno di quest’area, si trovano politiche destinate a modificare la
trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze, cioè di trasmissione di
svantaggio da una generazione all’altra.

77
Tendenza liberale: mercato privato = capace di risolvere i problemi
Modello familistico: risorse limitate, politiche frammentate, solidarietà familiare
che sostiene il sistema di welfare

Critiche all’approccio dell’investimento sociale:


- implementazione selettiva, mancando nell’utilizzo di tutte le aree
bersaglio e selezionando giovani, prima infanzia, occupabilità, aspetti che
richiamano fortemente le politiche di attivazione (aiuti condizionati)
- la logica di attivazione penalizza le persone in condizioni di maggior
svantaggio, in quanto non riescono a fruire delle medesime opportunità,
che vanno a vantaggio di benefici rivolti ai ceti medio-alti
- risentono di una forte influenza dei fattori socio-economici ed
istituzionali, dove viene a mancare il coordinamento tra i diversi settori
della politica (sociale, istruzione, lavoro)
PARADIGMA DI INNOVAZIONE SOCIALE

Generalmente l’innovazione, nel campo della politica sociale, fa riferimento a


prodotti e processi, includendo una componente di rischio.
Nella prospettiva dell’innovazione sociale:
√ vi è l’idea è di introdurre o rinforzare azioni politiche, che aiutino le persone
o gruppi in situazione di svantaggio, affinchè vengano soddisfatti i bisogni di
base e che non trovano risposta nell’ambito del mercato privato, nè nel welfare
tradizionale
√ le soluzioni innovative possono contribuire a trasformare le relazioni sociali
od a svilupparle in modo diverso in un forte radicamento territoriale

soluzioni innovative orientate all’empowerment di persone o gruppi in


condizioni di svantaggio
⁕ focalizzate sui bisogni

78
⁕ sviluppo o trasformazione delle relazioni sociali

Soluzioni innovative da parte di soggetti pubblici e del privato sociale → che


hanno rilevanza collettiva:
- servizi che migliorano la qualità della vita
- interventi per favorire l’occupazione
- azioni che favoriscano la partecipazione alla vita collettiva

Tipi di innovazione sociale:


1. emergono a livello territoriale e locale, dove vi rimangono (Comune)
2. a livello locale, stabilendo relazioni con altri territori: le innovazioni si
sviluppano localmente, interagendo con altri territori, influenzandoli ed
assumendo una dimensione sovraterritoriale (progetto Pippi =
innovativo, nasce e Padova e si sviluppa a livello nazionale)
3. organismi sovralocali (nazionali) che propongono innovazioni che hanno
importanti ricadute a livello locale

Per avviare tali processi di innovazione, è necessaria la richiesta, che proviene


da:
√ la presenza di elementi critici, dove le soluzioni adottate fino a quel
momento non sono state in grado di risolverli
√ ipotesi di soluzione
√ sperimentate attraverso progetti o azioni pilota, per verificare gli effetti
√ fino a diventare azione stabile di un territorio (progetti europeo sono una
sorta di start-up)

Perchè si tende all’innovazione?


Perchè i sistemi pubblici di welfare hanno dato risposte inadatte od
insufficienti:
- standardizzate, burocratizzate
- logiche top-down, con autorità al vertice ed il poco potere alla base
- servizi standardizzati
risposte inadeguate ad affrontare una domanda variabile, flessibile e
complessa, insufficiente ad intercettare i bisogni emergenti

TENDENZE PRE-PANDEMIA

Situzione da rivedere a livello di contrazione delle risorse da destinare al


welfare e sistema sanità, quale motivo dominante degli ultimi anni.

79
COLL
ABOR
ARE E 80

POLIC
Y

COLLABORAZIONE
AZIONE CONGIUNTA (più individui lavorano insieme) PER IL
RAGGIUNGIMENTO DI OBIETTIVI CONDIVISI (vantaggio e sforzi
comuni), in un percorso condiviso di intenzioni in un’ottica di sforzo
cooperativo, che necessita di MOTIVAZIONI ed ABILITA’ (in tutti i
progetti)

La collaborazione condivisa crea interdipendenza tra i soggetti (senso di


appartenenza collettiva) ed è resa possibile dalla presenza di motivazioni ed
abilità finalizzate all’intenzionalità condivisa, dove i soggetti sono recettivi agli
stati intenzionali degli altri

ALTRUISMO → comportamento ed azione individuale verso l’altro, che


potrebbe essere un recettore passivo. (assistente di un anziano allettato)

STORIA DELLA COLLABORAZIONE a partire dalla riflessione sullo sviluppo


del bambino:

▪ VISIONE NATURALISTA → la mente umana è un’entità naturale individuale


e chiusa all’interno della scatola cranica

▪ VISIONE CULTURALISTA → opposta alla prima, afferma che la mente


umana è un’entità sociale e si sviluppa perchè è in relazione con il suo contesto

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SIEGEL → tali visioni si intendono superate, in quanto sostiene una diversa
interpretazione, che afferma che la mente è il prodotto dell’interazione tra le
esperienze personali e lo sviluppo di strutture cerebrali e sue funzioni.

Il bambino:
͢͢ ▪ impara precocemente ad essere collaborativo;
▪ tende a collaborare se è rinforzato in questa direzione;
▪ percepisce la non disponibilità nei suoi confronti ed impara ad essere
selettivo, collaborando con chi lo fa e non collaborando con chi non lo è;
▪ ritorsione selettiva:
1. in assenza di provocazioni il soggetto collabora
2. in caso di provocazioni il soggetto provoca
3. il soggetto perdona facilmente dopo la ritorsione
4. il soggetto ha abbastanza forza per resistere alle provocazioni

RAZIONALITA’ SOCIALE o COLLETTIVA: viene ceduta la massimizzazione


del profitto per il vantaggio comune (comportamento cooperativo che sfugge
alla razionalità individuale) – ciò avviene quando nel lungo periodo la
collaborazione con la persona si rivela vantaggiosa a livello reciproco e si
rinforza l’atteggiamento collaborativo

ELEMENTI CHE CONDIZIONANO LA


COLLABORAZIONE/PARTECIPAZIONE:

● comunicazione e ascolto → chiara, precisa, con linguaggio semplice


(influisce sul livello di accesso), dando spazio di parola a tutti e valore a tutti i
contributi, ugualmente utili ed aperti a domande per comprendere meglio
(bandite le forme di violenza nella comunicazione)
● coordinanento → di attenzioni ed azioni, in un gioco di ruoli e di aspettative
di ruolo, alla ricerca di individuare aspetti rilevanti che possano creare
condivisione
● tolleranza → riconoscere ed accettare idee diverse dalle proprie (non
significa concordare), unitamente ad una sorta di “sopportazione dell’altro”,
vissuta in termini discriminatori (reazione negativa)
● fiducia → reciproca, che si alimenta e matura nel tempo a seguito
valutazione di affidabilità dell’altro e condivisione di scopi, obiettivi e desideri;
esiste un margine di incertezza, di rischio, in quanto comporta l’aspettativa che
l’altro soddisfi le nostre attese
● allineamento degli interessi → mediante l’apprendimento delle modalità di
comportamento altrui e delle aspettative altrui rispetto al proprio
comportamento
● norme, leggi ed istituzioni → esiste una cornice normativa, dove la norma
ha una dimensione soggettiva rispetto alla regola scritta, che viene
interiorizzata e fatta propria per orientare il comportamento

POLICY MAKING

82
E’ il PROCESSO DI DEFINIZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE, di
organizzazione delle risposte a problemi pubblici, di costruzione del sistema
locale di welfare, che deve avere caratteristica di APERTURA ED
INCLUSIVITÀ e rispondere ai seguenti requisiti:

▪ trasparenza: informazioni chiare e comprensibili, sotto il controllo dei


cittadini
▪ accessibilità: da parte dei cittadini all’attività progettuale, che, con il loro
contributo, possono apportare miglioramenti alle politiche (il grado di apertura
non garantisce la partecipazione totale)
▪ ricettività: le politiche ed i progetti si incrementano con il contributo dei
cittadini. Il carattere inclusivo implica comprendere la più ampia gamma di voci
e pareri, rintracciando e coinvolgendo segmenti sociali distanti, deboli e meno
rappresentati.

Le associazioni ritengono non indispensabile la presenza dei cittadini, in quanto


non in grado di comprendere (passivo non co-produttore del servizio) = logica
assistenziale (le logiche vengono operativizzate nei processi di partecipazione)

La partecipazione elevata, aperta ed inclusiva presuppone un’elevata


incertezza in merito agli esiti:

- rischio di contributi divergenti


- non strumentalizzazione della partecipazione, finalizzata alla ricerca del
consenso, senza favorire la crescita comunitaria

A. ATTIVAZIONE PROCESSI DI PARTECIPAZIONE che conducono alla


programmazione

E’ necessario:
▪ un impegno condiviso a tutti i livelli e di tutti gli attori coinvolti, con chiarezza
nella proposta rispetto agli obiettivi ed alla responsabilità di influenzare la
scelta politica
▪ riconoscere il diritto di partecipare, essendo il più possibile inclusivi
(informazione)
▪ valutare il tempo necessario, affinchè sia il più produttivo possibile
(adeguatezza) e scegliere l’orario consono ai partecipanti (inclusione)
▪ prevedere risorse finanziarie, umane e di competenze, trasferendole a chi ne
è privo
▪ un coordinamento per garantire il processo
▪ responsabilità condivisa nella definizione delle scelte e nella realizzazione
delle azioni, valorizzando gli apporti comunitari, in termini di promozione e
costruzione di benessere
▪ valutazione dell’operato dal punto di vista del processo e delle azioni da parte
dei beneficiari dei servizi, con la creazione di gruppi di dibattito pubblico,
coinvolgendo i soggetti esclusi, le famiglie.

83
B. PROMOZIONE nella PARTECIPAZIONE

▪ attivazione dei cittadini → il ruolo attivo delle persone, dotate di strumenti


diversi, senza colpevolizzare chi non riesce ad attivarsi
▪ capacitazione (capability) → lo sviluppo delle competenze di scelta e di
azione, anche di persone con fragilità
▪ corresponsabilità → la co-progettazione del lavoro pubblico e privato
prevede condivisione di processo di programmazione, finalizzato alla
realizzazione un’azione


Pasquinelli afferma che ne deriva un WELFARE COLLABORATIVO, che
introduce diverse modalità ed attori per lavorare congiuntamente e realizzare il
sistema di servizi con azioni diverse, quali:
- COPRODUZIONE DEI SERVIZI = co-costruzione di progettualità e co-
produzione di servizi
- VOLONTARIATO = servizi offerti da volontari
- SHARING ECONOMY = caratterizzata dall’eliminazione
dell’intermediario tra domanda ed offerta (es. bla-bla car) → logica di
scambio, da non inserire nei processi collaborativi
TIPI DI PARTECIPAZIONE

- PARTECIPAZIONE DI FATTO: far parte di un condominio, in quanto


residente; partecipazioni di genere, d’età, in situazioni particolari
- PARTECIPAZIONE SPONTANEA: gruppo di amici, fa riferimento ad
una rete amicale e non ha necessariamente una motivazione
- PARTECIPAZIONE VOLONTARIA: adesione a movimenti o partiti,
come scelta di partecipazione volta allo svolgimento di una determinata
attività (esiste intenzionalità)
- PARTECIPAZIONE PROVOCATA: il garante ha la regia del processo e
provoca le occasioni di partecipazione (tavoli tematici).

Scala di partecipazione di Arnstein

● livello di non partecipazione → della manipolazione, della terapia


(persona passiva)
● livello intermedio → forma apparente, di simbolo, che rappresenta il primo
grado di partecipazione → TOKINISMO, dove il potere è in capo a chi chiama
a partecipare ed a questo gruppo appartiene la consultazione, l’informazione e
la gestione dei conflitti
● fase di delega → di potere ai cittadini e si ritrova nel PATERNARIATO e
nel sostegno ai cittadini rispetto ad iniziative che loro stessi propongono
Si passa da un potere nulla alla delega quasi completa, dove il pubblico si
impegna a sostenere i cittadini che propongono.


84
Ripamonti semplifica la scale di Arnstein:
1° livello → informazione
Imprescindibile
2° livello → consultazione
I pareri potrebbero essere o meno vincolanti; può dare origine a forme di
iperinvestimento del pubblico, dove l’interlocutore continua a fornire pareri; le
persone sono poco motivate dal fatto che i pareri non ritornano in scelte
dell’ente pubblico; l’overdose di consultazione allontana le persone dalla
consultazione
3° livello → decidere insieme
Punto centrale: scelta di obiettivi e strategia del piano tra soggetti con
capacità, competenze e natura giuridica diverse
4° livello → agire insieme
Realizzare azioni che consentano di raggiungere gli obiettivi
5° livello → sostenere l’azione altrui
Delega di potere al cittadino e ad associazioni, rispetto ad una propositività dal
basso, che il pubblico sostiene, incentivando le azioni che provengono dalla
società civile e sostenendo le competenze (incentivo all’innovazione sociale)

CONDIZIONI FAVOREVOLI ALLA PARTECIPAZIONE

Allegri identifica elementi costituenti il senso di Comunità (alla base del


Servizio Sociale di Comunità):
1. il senso di appartenenza inteso come il riconoscimento di componente
di un collettivo che si impegna a perseguire un obiettivo comune (a sua
difesa)
2. il poter contare inteso come la consapevolezza che la propria idea può
essere riconosciuta, anche ad influenza della scelta
3. l’essere con = intso come legame tra i componenti (dimensione
affettiva), l’essere parte, il lavorare con qualcuno, in una sfera meno
materiale, una dimensione di soggettività in connessione tra di loro, che
consente di superare i conflitti e che matura gradualmente, come senso
di benessere
4. trovare soddisfazione ai propri bisogni, non solo a livello
collaborativo, ma di realizzazione di azioni che rispondono ad un proprio
vantaggio

PROFILI DI PARTECIPAZIONE → Chi partecipa e chi no?

Esistono 5 diverse possibilità di partecipazione:

● ASTANTI COMUNITARI: segmento di popolazione meno impegnato od


interessato alle attività della propria comunità di appartenenza (quartiere,
rione, paese), stima della partecipazione: 36%

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● PARTECIPANTI PASSIVI: osservatori passivi, stima della partecipazione:
33%
● COMUNITARI CONSAPEVOLI: disponibili ad intraprendere azioni a favore
della collettività (volontariato), stima 16%
● POLITICAMENTE IMPEGNATI: partecipano attivamente a gruppi o
movimenti per perseguire obiettivi, stima 8%
● MANIFESTANTI ATTIVI: maggiormente spingono su una partecipazione
comunitaria a difesa delle proprie idee, anche scrivendo ai giornali,
intervenendo sui media, stima di partecipazione: 7%

BAUMAN → Comunità è un temine buono, positivo, ma l’incontro tra le


persone prevede anche tensioni o conflitti al suo interno.

Qualsiasi azione intrapresa richiede una gestione attenta dei rischi, riconducibili
a:
- fallimenti progettuali
- insufficiente valorizzazione del contributo pubblico
- eccessiva lunghezza del percorso
- mancanza di fiducia nella capacità dei partecipanti
- conflitto, quale potenziale distruttivo

RISCHI

Gruppi di interesse: persone che partecipano in base ai propri interessi


particolaristici, per ottenere vantaggi rispetto all’attività cooperativa (giungono
al Pdz con il progetto pronto da farsi finanziare e pilotano la discussione, in
modo da raggiungere l’obiettivo) → ciò risulterebbe positivo solo se si
esprimesse l’effettiva conoscenza dei bisogni, rispondendo agli obiettivi del
gruppo tematico ed individuando azioni comuni e condivise

Conflitti: riconoscimento dei conflitti e ricerca delle strategie più opportune


per affrontarli → tra gruppi di interesse e conflitti ci può essere
sovrapposizione, un limite non definito, dunque è necessario attivare percorsi
di negoziazione o mediazione dei conflitti

I soliti noti: coloro che hanno già rapporti di collaborazione con i servizi
sociali (in affidamento od esternalizzati) e vogliono mantenere la posizione di
privilegio già in essere → non disponibili a mettersi alla pari per concertare
insieme obiettivi e scelte (difesa della propria posizione prioritaria) →
inclusione di soggetti frequentemente presenti sulla scena pubblica
E’ necessario porre le persone sullo stesso piano di espressione (pari
opportunità) dove il Comune ha il compito di coordinamento, affidatogli per
legge (non ha funzione di comando, ma di garante).

PERCHE’ IL 70% DELLE PERSONE NON E’ MOTIVATO A PARTECIPARE


- disinteresse

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- scarsa fiducia → idea che la propria opinione non è influente
- mancanza di tempo
- mancanza di guadagno personale → senza nessun evidente profit
personale, non vi è disposizione alla partecipazione (visione utilitarista)
- delega ad altri → da parte di soggetti passivi

La partecipazione del TERZO SETTORE si è fatta via via sempre più forte →
associazioni e cooperative che inizialmente diventano meri erogatori di servizi,
a seguito dei processi di privatizzazione e successivamente, rispetto alla
pianificazione locale, diventano interlocutori importanti: erogando servizi,
diventano anche recettori della domanda sociale e leggono i bisogni, iniziando
a proporre progettazioni più innovative ed a proporsi come interlocutore degli
Enti pubblici nell’ambito della programmazione degli interventi.

PARTECIPAZIONE E SOCIAL MEDIA

L’WEB PARTECIPATIVO è una situazione diversa, necessaria, soprattutto in


questo momento storico, mediante uno sforzo di riprogettazione, per dare la
possibilità agli utenti di interagire in modo attivo → la dimensione on-line
assume importanza a livello di riunioni, equipe, rapporto con l’utenza e
programmazione, come realtà diversa, strumento nuovo per mettersi in
relazione con le persone.

realtà aumentata = un programma software permette la visibilità interna

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Nei gruppi on-line cambia lo sviluppo della fiducia, che ha bisogno di più tempo
e dimostrazione per maturare.

E-GOVERNMENT
La promozione di cambiamenti nella Pubblica Amministrazione a livello di
aumento della partecipazione è resa possibile attraverso i seguenti
meccanismi:

▪ e-administration → le reti consentono ai cittadini di informarsi più facilmente


e con maggiore rapidità
▪ e-citizenship → maggiori possibilità di dialogo dei cittadini con le
amministrazioni (mail)
▪ e-society → ampliamento delle forme di consultazione

E-PARTICIPATION = web partecipativo

Vantaggi della partecipazione on-line:

- efficienza: le informazioni scambiate diventano risorsa per tutti, con


incremento della velocità e riduzione di costi
- innovazione: condivisione di informazioni

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- condivisione di responsabilità: rispetto alla circolazione delle
informazioni
- interazione tra diversi media ed interattività immediata

Rischi:
- mancanza di chiarezza negli obiettivi → crea confusione
- accesso limitato ad Internet, in grado di creare nuove stratificazioni
sociali (possibilità di accesso differenziata, diverse competenze e
capacità, diverse resistenze alla partecipazione)
- disuguaglianza nella partecipazione
- basso livello di interazione
- risultati deludenti
- assenza di esperti e responsabili

Qual’è l’immagine dell’Assistente Sociale sul web?

- minor attenzione all’ambito organizzativo, privilegiando l’individualità


- immagine della centratura relazionale → difficile rappresentare
concretamente il nostro lavoro, perchè non si realizza come produzione
di un bene, ma come co-produzione, dove il cambiamento avviene
attraverso una relazione specifica, che si instaura con l’altro come
ricevente attivo nel determinare la qualità della relazione → aspetto di
personalizzazione che permette di immaginare alle persone una
situazione diversa da quella problematica, ma senza standardizzazione
(con maggiori conoscenze e con chiavi di lettura diverse) → difficile dare
concretezza a lavoro e quale sarà l’esito, determinato dall’apporto di
entrambi nel rapporto di relazione.

LA LEGGE 328/00 IMMAGINA le politiche coordinate tra di loro e prevede


più livelli di confronto, di condivisione e compartecipazione, tutti
connessi tra loro:

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▪ Governance multilivello: esistono più centri decisionali intersecati tra loro
▪ Piano di zona: indica la politica locale rispetto all’ambito sociale

▪ Gestione associata: modalità di organizzazione dei servizi


▪ Esternalizzazione: introduzione della possibilità di affidare i servizi a terzi

▪ Accesso ai servizi: definisce le modalità di accesso ai servizi (LEA,


segretariato sociale, modalità oggettiva di prova dei mezzi=ISEE, introduzione
dei voucher sociali)

INNOVAZIONI

In merito all’EROGAZIONE DEI SERVIZI la legge 328/00 è basata sui


seguenti principi:

⁕ UNIVERSALISMO SELETTIVO → l’accesso ai servizi socioassistenziali è un


diritt sociale soggettivo riconosciuto a tutti i cittadini (universalismo), ma
riconoscendo priorità di accesso sulla base di una situazione di bisogno, legata
alla sua gravità (attestata attraverso una valutazione amministrativo-
oggettiva, mediante l’ISEE) (selettivo - non discrezionalità)

⁕ EQUITA’ → diversa distribuzione a seconda della gravità del bisogno

⁕ promuove la LOGICA DELLA PROGRAMMAZIONE degli interventi e


dell’OPERATIVITA’ PER PROGETTI → basata sulla privatizzazione e sulla
valutazione da parte dei cittadini, quali ricettori di assistenza (beneficiari)

⁕ l’introduzione dei TITOLI SOCIALI (buoni sociali o voucher) per


l’accesso ai servizi
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In merito all’ORGANIZZAZIONE:

⁕ GOVERNANCE MULTILIVELLO

⁕ diversa tipologia di ENTI che erogano servizi

⁕ GESTIONE ASSOCIATA tra Comuni → omogeneità dell’offerta in un


territorio, generalmente coincidente con il Distretto sanitario

ART. 22 LEGGE 328/00

c. GARANZIE PRESTAZIONALI:
- misure di contrasto alla povertà
- misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a
domicilio
- interventi di sostegno a minori e nuclei familiari
- misure per sostenere le responsabilità familiari
- misure di sostegno alle donne in difficoltà
- interventi per l’integrazione sociale delle persone disabili
- interventi per le persone anziane
- prestazioni socio-educative per soggetti dipendenti
- informazione e consulenza alle famiglie

d. SERVIZI:
- servizio sociale professionale e segretariato
- servizi di pronto intervento
- assistenza domiciliare
- strutture residenziali e semiresidenziali
- centri di accoglienza

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RIFORMA TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

Nel 2001 viene approvata la modifica del Titolo V della Costituzione, che
ridefinisce le competenze tra stato e regioni, assegnando alle Regioni il
potere esclusivo di emanazione di leggi in campo socio-assistenziale → dopo un
anno dall’emanazione di una legge quadro in ambito socio-assistenziale, tale
riforma dà potere alle Regioni a livello di modifica disposizioni approvate con la
legge quadro, eliminando l’obbligo di attenersi alle stesse.

Ogni Regione può definire un proprio sistema socio-assistenziale, ad eccezione


dei LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA (LIVEAS) → insieme di
prestazioni garantite a tutti i cittadini sul territorio nazionale, la cui definizione
rimane di competenza esclusivo dello Stato, secondo il principio
dell’universalismo selettivo (prestazioni a tutti, con priorità a chi si trova in
stato di maggior bisogno).

riconoscimento di diritti sociali (esigibili)

▪ con la riforma sanitaria D.lgs. 502/1992 vengono introdotti i LEA: una


definizione astratta e generica, dove il cittadino non sa quali siano i suoi diritti
in materia di servizi, non essendo possibile la rivendicazione;
▪ nel 2001 vengono declinati quali sono i livelli essenziali di assistenza sanitaria
a cui i cittadini hanno diritto;
▪ nel 2017 sono stati modificati, includendo ulteriori prestazioni (intervento
della neuropsichiatria infantile) e fissandoli, lasciandoli aperti in modo da poter
aggiungere prestazioni a seconda della diffusione delle malattie. (es. alcune
malattie rare, vista la loro diffusione, sono rientrate nei lea)

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Anche il segretariato sociale rientra nei Lea, a livello di informazione resa ai
cittadini in merito all’offerta del territorio; anche il servizio sociale
professionale è uno dei Lea (diritto alla prestazione).
Cnoas comunica ed afferma il riconoscimento del Servizio Sociale all’interno dei
Lea, che non può essere interrotto in caso di situazioni problematiche
(pandemia) → servizio essenziale garantito e tutelato in tutte le situazioni. (es.
l’isolamento è una questione cruciale, bisogno fondamentale a livello di
relazione sociale in tempi di covid)

MODALITÀ DI ACCESSO AL SISTEMA DI SERVIZI:


analizzando i parametri di accesso, è possibile comprendere l’intero sistema
(aperto o chiuso) e quale logica politica viene adottata. Esistono 4 ambiti di
considerazione:

● LIVEAS → in che modo sono stati declinati nella programmazione locale e


sistema di offerta

● SEGRETARIATO SOCIALE → informazione alla popolazione

● PROVA DEI MEZZI → valutazione oggettiva/amministrativa della situazione


di bisogno, attraverso ISEE, strumento amministrativo che valuta il bisogno:
esistono diversi tipi di isee con requisiti diversi a seconda del tipo di domanda
(servizi per i minori diverso per accesso universitario) ed applicazioni differenti
(non è una barriera univoca, una formula clientelare non basata sul diritto –
generazione di discriminazione, corruzione, nega il principio dei diritti sociali).
Per qualche categoria sono richiesti requisiti aggiuntivi: immigrati.

● VOUCHER → (titoli sociali) sono buoni per acquistare servizi accreditati*


dall’ente pubblico, che si assume l’onere di accertare la corrispondenza dei
servizi a determinati standard
*le organizzazioni che desiderano essere accreditate, devono pubblicare la
carta dei servizi, che esplicita cosa e con quali criteri vengono erogati i servizi

In base a come vengono declinati all’interno del sistema questi 4 elementi, è


possibile valutare l’erogazione dei servizi, per garantire la fruizione dei diritti
sociali.

Domanda esame: Chi garantisce il benessere sociale?


Lo STATO, come regolatore e contenitore, unitamente agli Enti del terzo
settore, famiglie e dal mercato (aziende, parte produttiva), concorre alla
realizzazione del benessere tra i cittadini in una relazione, all’interno
di un confine

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