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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

La psicologia dello sviluppo e della genitorialità è lo studio scientifico del comportamento e dello sviluppo
dei bimbi. Gli psicologi cercano di descrivere e spiegare il comportamento infantile e il modo in cui esso
cambia con l’età basandosi sulla raccolta dei dati empirici. L’obiettivo è costruire una base di conoscenze per
la comprensione della natura dell’infanzia e delle caratteristiche distintive dei bimbi, rispondendo a:

 quando: stabilire fasce d’età per cui la maggior parte dei bimbi acquisisce un’abilità (camminare);
 come: i modi del comportamento infantile che cambia con il tempo (disegno figura umana);
 perché: bimbi si sviluppano più lentamente di altri o la severità dei genitori è associata all’aggressività.

METODI

I metodi sperimentali fanno si che si raggiungano conclusioni basate su causa-effetto.


 osservazione: definire cosa, chi, quando e dove dell’osservazione che può prevedere la partecipazione o
no, per far si che sia obiettivo bisogna effettuare controlli di affidabilità;
 domande: prevedono 2 approcci: le interviste e i questionari strutturati, non strutturati, formali o
informali, predeterminati o aperti, la scelta avviene in base all’obiettivo (rischio desiderabilità sociale);
 sperimentazione: la situazione in cui si trova il bimbo è standardizzante per verificare le ipotesi.

APROCCI TRASVERSALE E LONGITUDINALE

Per il confronto di diversi gruppi d’età vengono usati 2 modi di ricerca che sono disegni:
 trasversali: studio di gruppi di bimbi di età diversa, ma valutati nelle stesse condizioni e tecniche, il
vantaggio è che è veloce perché esamina contemporaneamente mentre lo svantaggio è che non tiene conto
di altre influenze (intelligenza, classe sociale);
 longitudinali: gli stessi bimbi sono esaminati a tutte le età, il vantaggio è eliminare la variazione dovuta
all’individualità dei bimbi ed essere certi che le differenze tra gruppi sia per l’età, lo svantaggio sono i
tempi lunghi, occorrono cambiamenti evolutivi ma sono troppo costosi e lunghi quindi meno diffusi.

PERCHÈ È NECESSARIA LA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

Ci sono 2 metodi: intuizioni su come consolare un bimbo che piange, stimolare, contenere bimbo aggressivo
ma l’incertezza è grande infatti i governi hanno scelto di dar vita a istituzioni come centri per il sostegno ai
genitori, l’esperienza personale è legata soprattutto a eventi accaduti nella loro infanzia, per quanto possa
essere naturale non sempre è una guida affidabile. Negli anni ‘30 King creò i manuali basati sulla severità,
negli anni ’50 Spark invece sulla permissività, entrambi però basati su considerazioni soggettive;

Il secondo metodo si basa sul rispondere alle domande sul comportamento dei bimbi, come si trasformi con
l’età, ridurre le influenze dei fattori soggette, si applicano strategie per favorire l’oggettività delle procedure.
Ci deve essere una descrizione precisa del campione esaminato quindi caratteristiche del gruppo, la
descrizione degli aspetti della metodologia, il metodo può influenzare il risultato della ricerca, il problema è
l’incapacità di spiegare con chiarezza come si è giunti alle conclusioni.

L’uso dei gruppi di controllo è utile solo se presenta tutte le caratteristiche dell’altro gruppo. Poi la
valutazione basata su metodi validi e affidabili. Infine ci sono le precauzioni contro le influenze personali,
c’è una differenza principale tra approccio oggettivo e soggettivo cioè è difficile eliminare le influenze
perché agiscono a livello inconscio.

RUOLO DELLA TEORIA

La teoria serve a spiegare fatti guidando la ricerca, è importante in un progetto scientifico ad esempio la
ricerca nella psicologia dello sviluppo è stata influenzata da varie teorie come la psicoanalisi. Con la teoria
piagetiana Piaget studia lo sviluppo delle funzioni cognitive nei bimbi, va vista come uno strumento che può
essere abbandonato se inadeguato.
LA NATURA DELL’INFANZIA

COME VIENE VISTO IL BAMBINO

Un bimbo è la versione più debole, piccola, meno informata e competente, ma ha anche un grande potenziale
ed è fondamentale il ruolo dell’adulto che anch’esso è stato bimbo, l’infanzia viene quindi considerata a
seconda delle esperienze e dei fattori sociali, economici, politici e religiosi. Secondo la prospettiva storica
non disponiamo di dati statistici su come i bimbi venivano trattati in passato.

ADULTO IN MINIATURA E COME VITTIMA

Aries parla dell’infanzia come un’invenzione recente perché nella società medievale non esisteva quindi i
bimbi erano considerati come adulti che condividevano le loro attività nel lavoro e nel gioco. C’era un
elevato tasso si mortalità infantile e quindi come auto protezione le madri usavano l’indifferenza. Aries parla
del cambiamento quando i bimbi iniziano ad essere trattati come bimbi per gli abiti.

In Inghilterra le leggi factory acts nel 19° secolo diedero vita alle attuali leggi (no fabbrica tra 9 e 13 per più
di 48 ore sett, tra 16 e 18 per più di 68 ore sett). La storia dell’infanzia è stata caratterizzata da abbandono,
violenze fisiche e sessuali e terrorismo soprattutto nel medioevo, tra l’altro i bimbi appartenevano al padre
che li educava e i maltrattamenti erano frequenti. Grazie alla convenzione delle nazioni unite sui diritti dei
bimbi dell’89, vennero affermati i diritti dei bimbi che tutti i governi devono sostenere come diritto alla vita,
nome, libertà di esprimersi e la consapevolezza dei bisogni psicologici dei bimbi.

LA PROSPETTIVA CULTURALE

Le varianti delle pratiche educative nelle diverse culture sono:


 quando una mamma occidentale incinta, entrambi sono assorbiti l’uno nell’altro, si dà importanza al
gioco infantile e le madri giocano insieme;
 le madri kaluli che vivono nelle foreste della Nuova Guinea, il figlio è considerato rivolto verso l’esterno,
comunità sociale, parlano poco con i piccoli;
 in Kenya e madri mitigano anziché stimolare ogni cosa provata dal bimbo con l’intenzione di creare
interazioni lente e prive di sentimenti con le altre persone.

GLI ORIENTAMENTI INDIVIDUALISTICO E COLLETTIVISTICO

Triandis spiega la differenza tra culture individualistiche e collettivistiche:


 individualistiche: enfatizzano l’indipendenza, autonomia, successo personale, autosufficienza e chi non li
raggiunge si ritiene che abbia fallito nel processo di socializzazione;
 collettivistico: enfatizzano la dipendenza reciproca, lealtà, fiducia, obbedienza, senso di appartenenza al
gruppo per la socializzazione.

Entrambi possono trovarsi in una stessa cultura. Se si chiede alle madri americane dei loro figli
risponderanno intelligente, ingegnoso; le mamme africane rispettoso, di buon cuore, queste differenze
tengono conto dello stato socioeconomico. Nell’ovest è importante avere successo mentre nelle scuole
moderne cinesi i bimbi svolgono attività di gruppo.

LO SVILUPPO DELLA PERSONALITA’

Le norme culturali influenzano la socializzazione e la personalità del bimbo. Mead studiò come la tribù della
Nuova Guinea si dedicava alla guerra, praticava cannibalismo. Non c’è spazio per persone con i modi
tranquilli ma solo aggressività, combattività. La timidezza ha un fondamento genetico ma influenzato
dall’educazione. In occidente è considerata come un disadattamento psicologico mentre in oriente è positiva.

SISTEMA DI CREDENZE

In passato gli psicologi studiavano la relazione genitore-figlio solo in termini di azione dei genitori, ora si
prendono in considerazione anche le loro credenze. Chiunque abbia il compito della cura di un bimbo ha dei
presupposti specifici, una sorta di psicologia ingenua, ogni adulto risponderebbe in modo differente a
domande come “perché alcuni sono più intelligenti, i maschi vanno cresciuti diversamente dalle femmine?”.
I sistemi di credenze sono costruzioni mentali e non influenzano direttamente i bimbi, agiscono invece sul
comportamento. Ad es. uno studio sugli effetti che il divorzio provoca sui bimbi i quali reagiscono in modi
diversi ma le influenze sono rappresentate dall’ambiente che il genitore affidatario crea dopo il divorzio.
Alcune madri pensano che dipendesse dal loro agire. I loro figli erano equilibrati, altre madri si
consideravano inadeguate e incapaci di proteggere i propri figli, le cose erano spesso caotiche e i figli con
difficoltà di adattamento. Quindi le credenze sono predittive dello sviluppo infantile.

LA VITA INIZIA

Lo sviluppo infantile inizia dal concepimento dei bimbi i quali ricevono in patrimonio genetico. La madre e
il padre trasmettono un materiale genetico che forma la personalità. Da adulti il corpo è composto da trilioni
di cellule, cromosomi e geni. Il nucleo di ogni cellula contiene 46 cromosomi a coppie dentro le quali uno
dei componenti è stato trasmesso dalla madre e uno dal padre. Le cellule sessuali invece si differenzino
perché contengono 23 cromosomi e in totale 46.

I geni sono particelle composte dal DNA e ognuno è collegato a un aspetto specifico di una caratteristica.
L’eredità è controllata da un solo gene, le caratteristiche psicologiche coinvolgono più geni, essi non
influiscono solo sull’aspetto fisico ma anche sulla personalità e sul corso dei cambiamenti evolutivi. Alcuni
geni si occupano di un sistema nervoso come muoversi.

MALATTIE GENETICHE

Ci sono casi in cui ci possono essere disturbi nella formazione del materiale genetico, tra i disordini genetici
ce ne sono 3000 identificati, alcuni solo per il genere e gruppi razziali. Attraverso le analisi del DNA è
possibile il trattamento e la prevenzione. Le più comuni sono:

 sindrome di down: problemi di apprendimento, udito, vista, cardiaci causati da anomalia cromosomica
perché presenta un terzo cromosoma nella coppia 21;
 sindrome di klinefelter: solo nei maschi, possono sviluppare caratteri femminili;
 sindrome di turner: solo nelle femmine, assenza di un cromosoma e non c’è sviluppo delle caratteristiche
sessuali femminili e sterilità;
 fenilchetonuria: incapacità di metabolizzare l’amminoacido fenilammina e causa ritardo mentale);
 malattua di tay-sachs: malattia degenerativa sulle funzioni mentali e motorie, morte entro 5 anni;
 fibrosi cistica: assenza di un enzima che impedisce al muco di ostruire i polmoni;
 daltonismo: impossibilità di distinguere i colori (rosso e verde soprattutto nei maschi);
 emofilia: il sangue non coagula soprattutto nei maschi.

NATURA ED EDUCAZIONE

Per spiegare il comportamento ci sono 2 metodi usati dalla genetica comportamentale: studi sui gemelli
(confronto tra gemelli monozigoti e dizigoti, i primi sono più simili nell’intelligenza e estroversione rispetto
ai secondi) e studi sulle adozioni (confronto dei figli con genitori adottivi e biologici: intelligenza,
alfabetismo, personalità hanno un’influenza genetica mentre natura ed educazione influenzano insieme).

SVILUPPO IDENTITA’ SESSUALE

L’identità sessuale di una persona dipende anche dalle esperienze di vita. Ci sono molte false credenze sulla
natura e esperienza perché in realtà agiscono insieme:

FALSE CREDENZE REALTA’


Geni determinano il comportamento Geni e comportamento hanno una relazione indiretta
Ogni caratteristica psicologica è associata al Più geni cooperano tra di loro
funzionamento di un gene
I programmi genetici controllano lo sviluppo delle Sviluppo innescato da un orologio genetico che però
tappe ed età prestabilite può essere influenzato dall’ambiente
Condizioni determinate geneticamente non possono Alcuni disordini ereditari possono esser curati
essere modificate
Caratteristiche genetiche si manifestano allo stesso I genitori con malattie non sempre le trasmettono ai
modo nelle generazioni successive figli
Le influenze genetiche diminuiscono con l’età Può essere che alcuni disordini si sviluppano
nell’infanzia e altri nell’età adulta
La genetica riguarda solo l’ereditarietà e non C’è stretta interazione tra natura ed educazione
l’ambiente

SVILUPPO PRENATALE

La ricerca moderna dimostra come il feto viene influenzato dagli eventi esterni (effetti negativi di alcol o
droghe) madre e feto si influenzano a vicenda. Gli stadi dello sviluppo prenatale sono:
1. germinale: dura 2 settimane, la cellula si divide in 2 e così via iniziando a stabilire il loro ruolo;
2. embrionale: dura 6 settimane, molte cellule si aggregano costituendo il midollo spinale e organi di senso;
3. fetale: dura 7 mesi, progressi nell’altezza, peso, organi, dalla 12° settimana primi movimenti.

Ci sono anche degli effetti teratogeni (sostanze ingerita dalla madre) causando effetti alla nascita:
 droghe: alcol (ritardo mentale), tabacco (problemi fisici), cocaina (morte feto, problemi neurologici);
 malattie: rosalia (cecità, sordità), aids (trasmessa al feto, polmonite);
 alimentazione: denutrizione (nascere sottopeso);
 altri come radiazioni, stress, trauma, stato emotivo.

ADATTAMENTO AL MONDO

Mead sosteneva che le società si differenziano per il modo in cui affrontano il processo della nascita. Rask
sostiene che la nascita è un evento traumatico alla base dei problemi psicologici, venire espulsi dall’ambiente
protettivo del grembo in modo agitato con angosce di separazione. È necessario monitorare con screening
mediante il punteggio di Apdar, il neonato viene monitorato su 5 criteri (battito cardiaco, respirazione, tono
muscolare, colorito e riflessi).

Un bimbo è considerato prematuro se nasce prima della 37° settimana e ci possono essere problemi di
sottopeso. Se i genitori fanno fronte ai problemi non ci saranno danni a lungo termine. Le cause possono
essere alcol, tabacco, droghe, condizioni sociali (povertà). Dopo la nascita può comportare a disturbi
respiratori, deglutizione e sono svantaggiati nel linguaggio.

L’IMMAGINE DEL NEONATO

James ha definito lo stato mentale dei neonati come una grande confusione variopinta. Negli anni ’50
nacquero le prime tecniche:
 della preferenza: Robert Fantz studiò come i bimbi sono immaturi dal punto di vista motorio e linguistico
ma capaci di ispezionare l’ambiente ed è possibile capire che cosa osserva e cosa preferisce;
 dell’abituazione: più avviene uno stimolo, meno c’è attenzione dopo;
 della suzione non nutritiva: bere latte da una tettarella provoca dei sensori, viene discriminato lo stimolo;
 misurazioni del battito cardiaco e della respirazione: variano a seconda dell’interesse per l’ambiente.

Le tecniche dimostrano come il neonato è molto più competente di quanto si pensava. I neonati pongono più
attenzione allo stimolo del volto come stimolo visivo secondo 2 stadi dello sviluppo della percezione del
volto (Johnson e Morton): il primo si riferisce al riflesso che aiuta a distinguere i volti; il secondo si riferisce
alla tempo per avere la capacità di riconoscere i singoli volti. A livello uditivo la preferenza di certi suoni si
ha un 3 livelli (voce umana, suono delle donne adulte e linguaggio materno con tono acuto, motherese).

PATTERN DI AZIONE E IL CERVELLO

Gran parte del comportamento con risposta a uno stimolo avviene già durante il periodot fedale dalla 26°
settimana ed è possibile distinguere pattern specifici di sonno-veglia del feto, a 32 settimane si può osservare
il sonno rem. Gli stadi del sonno-veglia sono (sonno non-rem, rem, intermittente, sonnolenza, inattività vigile
e malessere). Il neonato deve dormire 16/17 ore al giorno. Lo sviluppo del cervello dipende da ciò che il
bimbo fa e come quindi la stimolazione.
SISTEMI NEURALI E DANNO CEREBRALE

Ci sono 2 sistemi:
 sistema esperienza-aspettativa: già stabiliti alla nascita, sono i riflessi e funzioni essenziali per la
sopravvivenza (respirazione), importanti sono apprendimento e esperienza;
 sistema dipendente dell’esperienza: senza funzioni specialistiche dalla nascita, si acquisiscono con input.

Alcuni aspetti del cervello sono geneticamente determinati, altri con l’esperienza, la sua plasticità dipende
dall’età. I danni al cervello e al linguaggio si riferiscono all’emisfero sinistro mentre le abilità spaziali a
quello destro. La guarigione ha enti migliori nei bimbi più piccoli infatti nella fase prenatale e prima infanzia
c’è una guarigione buona; dall’infanzia alla pubertà è buona solo se il danno è unilaterale e non bilaterale
mentre nell’età adulta ci sono poche possibilità.

ADATTAMENTO DEI GENITORI

I neonati si adattano al mondo esterno quindi ai genitori ma questo può portare loro anche stress: esigenze
fisiche, costi emotivi, riduzione delle altre opportunità, tensioni nella vita coniugale. Nella madre può
presentarsi anche la depressione postpartum. La depressione clinica è caratterizzata da impotenza,
disperazione, ansia e irritabilità. Solitamente i sintomi scompaiono dopo 6/8 settimane dalla nascita fino ad
un anno. Soprattutto nelle donne che non si aspettano la gravidanza, non hanno un partner, perdita di lavoro
o lutto. Questo influisce sul neonato rispecchiando la depressione della madre.

CREARE LE RELAZIONI

Nella prima infanzia i compiti evolutivi si sviluppano con una maggiore velocità, dipende dalla loro
comparsa della programmazione genetica e dalla cura dei genitori. Instaurare relazioni è fondamentale per il
neonato infatti le prime relazioni di attaccamento con i genitori influenza tutte le relazioni intime successive
(Freud). Il fallimento delle relazioni, i conflitti, le separazioni o quelle felici, serene e sicure costituiscono un
aspetto fondamentale per gli interventi di aiuto. Le interazioni sono un fenomeno circoscritto al qui e ora,
mentre le relazioni implicano continuità nel tempo, le relazioni formano una rete.

LE FAMIGLIE

La prima relazione nasce nelle famiglie. La teoria sistemica prevede dei principi nelle interazioni: globalità,
integrità dei sottosistemi, circolarità dell’influenza e stabilità e cambiamento. Questo influisce negativamente
o meno sul bimbo. Se è disabile ci possono anche essere ripercussioni sul rapporto coniugale e la stessa caso
vale per una nascita da una malattia che implica un cambiamento di equilibrio. La famiglia è definita come
un gruppo di persone composto da uomo, donna con vincolo di matrimonio e figli (famiglia tradizionale),
con i cambiamenti sociali il tasso dei divorzi è aumentato e ci sono famiglie monogenitoriali e omosessuali.

Le mamme possono anche essere lavoratrici in quanto non c’è bisogno della loro presenza h24 per avere un
sviluppo del bimbo. Nelle famiglie monogenitoriali ci possono essere problemi economici. Nelle famiglie
omosessuali i figli non sono influenzati dall’orientamento dei genitori, sono nati con nuove tecniche
riproduttive (fecondazione in vitro donazione ovulo) e studi mostrano che non ci sono conseguenze negative.

DIVORZIO

Il divorzio non è un evento specifico ma un processo prolungato, inizia con le discussioni, partenza da casa
da uno dei genitori e le ripercussioni sui figli già nei primi mesi. Nessuna età è più grave di altre, di solito il
figlio prova grave forma di disadattamento ma poi c’è elasticità ad adattarsi. Il divorzio può generare anche
un’assenza di un genitore e conseguenze socioeconomiche. Questi problemi possono esserci anche prima per
l’instabilità coniugale e conflitti, questi ultimi hanno 2 influenze: dirette (testimone scene di violenza) e
indirette (conflitto agisce negativamente sulla capacità genitoriale di un genitore).
ATTACCAMENTO

La relazione che si instaura con la madre influenza con le successive relazioni intime dell’individuo adulto.
Secondo Bowlby e la sua teoria dell’attaccamento c’è un legame biologicamente motivo duraturo con un
certo individuo (vicinanza fisica, benessere, sicurezza e ansia da separazione). Questa teoria ha una base
evolutiva (madre protegge figlio per sopravvivenza) e biologica (ad es. se piange cerca la mamma).

La teoria si basa su un evoluzione a 4 stadi:


1. preattaccamento: 0-2 mesi e si ha risposta sociale indiscriminata;
2. sviluppo dell’attaccamento: 2-7 mesi e si ha l’acquisizione di regole dell’interazione (reciprocità);
3. attaccamento ben sviluppato: fino a 2 anni in cui il bimbo rifiuta l’estraneo, ansia separazione da mamma;
4. relazioni in funzione dell’obiettivo: dopo 2 anni i bimbi adattano il pianto e comprendono i sentimenti.

SICUREZZA INSICUREZZA

Per valutare la sicurezza nell’attaccamento si usa la strange situation: un test che osserva il bimbo con la
mamma e con un estraneo classificando da solo differenze in 4 pattern:
 attaccamento sicuro: bimbo turbato dall’assenza della mamma ed è felice se ritorna;
 attaccamento insicuro evitante: il bimbo evita il contatto della mamma al suo ritorno;
 attaccamento insicuro resistente: bimbo cerca conforto e la respinge contemporaneamente;
 disorganizzato: bimbo ha confusione comportamentale, la madre è fonte di paura ma anche di attrazione.

Con carenza di trattamento da parte dei 2 genitori, i bimbi sono sicuri o meno in base alla sensibilità con cui
reagiscono le madri. Nella prima infanzia saranno meno sicuri mentre negli anni successivi sono più maturi.
I bimbi che hanno subito un danno fisico o emotivo diventano aggressivi o sviluppano psicopatologie come
la depressione, stress ma mostrano ì segno di attaccamento ai genitori in maniera confusa e disorganizzata.

Bowlby sostiene che se la relazione è vissuta in modo soddisfacente il bimbo è più sicuro al contrario si c’è
un abuso il bimbo ha un’immagine di sé negativa. I modelli operativi interni sono complessi: secondo la
tecnica dell’attaccamento in riferimento alla sua successiva apertura emotiva, ci sono 4 categorie:

 autonomi: eventi positivi o negativi, ne parlano in modo schietto e coerente (categoria sicura);
 distanzianti: trascurano esperienze negative (categoria evitante);
 preoccupanti: eccessivamente coinvolti, sopraffatti, incoerenti e confusi (categoria resistente);
 irrisolti: non riescono a organizzare la vita mentale dopo esperienze negative (categoria disorganizzata).

RELAZIONI TRA PARI

Secondo Hartup le relazioni con i pari si dividono in 2 categorie:


 relazioni orizzontali: con lo stesso grado di potere sociale e reciprocità, sono più difficili da sostenere,
comprendono come affrontare conflitti, bullismo, condivisioni e propri valori;
 relazioni verticali: con un genitore, con chi ha più potere e fornisce protezione.

Le influenze possono essere dirette (con genitori che influenza la società) e indirette (con genitori freddi che
può portare a figli aggressivi).
Ci sono 2 categorie di contributi nelle relazioni tra i pari: sociali (compiti dell’infanzia nel costruire il senso
di sé) e intellettuali (se si risolve un problema in gruppo con uno scambio di idee si stimola a fare di più), la
collaborazione tra pari fa progredire lo sviluppo cognitivo e sociale). All’interno dei gruppi sociali possono
essere fatti test per la valutazione della condizione sociale, tecniche sociometriche secondo 5 condizioni:

 bimbi controversi: sono soggetti che piacciono ad alcuni;


 bimbi nella media: perché non suscitano sentimenti decisi;
 bimbi popolari: sono estroversi e amichevoli, leader naturali;
 bimbi rifiutati: non piacciono perché aggressivi;
 bimbi trascurati: sono timidi e inetti.
LO SVILUPPO EMOTIVO

Ci sono 3 aspetti dello sviluppo emotivo:


 consapevolezza del proprio stato emotivo;
 controllare l’espressione delle proprie emozioni;
 riconoscere le emozioni nelle altre persone.

I bimbi devono acquisire la competenza emotiva per riuscire a maneggiare le proprie emozioni e riconoscere
e affrontare quelle altrui. Oggi si ha una visione più positiva delle mozioni per favorire lo sviluppo e
l’adattamento. L’emozione è una reazione soggettiva a un evento che porta a cambiamenti fisiologici (battito
cardiaco, respirazione), esperenziali (sentimenti) e comportamentale (espressioni facciali, voce e gesti
particolari) ed è sempre specifico per ogni emozioni.

Tutte le emozioni hanno il valore di sopravvivenza e di regolazione intrapersonale e interpersonale. Nei


confronti delle emozioni ci sono 3 tipi di atteggiamenti: sicuro (regolazione emotiva); resistente
(iperattivazione) e evitante (ipoattivazione). Esistono poi le emozioni innate coma rabbia, tristezza, spavento
e felicità mentre compaiono più tardi orgoglio o vergogna. Darwin cercò di scoprire se tutti gli individui del
mondo esprimono le emozioni allo stesso modo (origine innata del repertorio emotivo).

SVILUPPO EMOTIVO

Il bimbo imparerà a controllare il comportamento e lo sviluppo emotivo procede parallelamente allo sviluppo
cognitivo. Possono esserci anche le emozioni autocoscienti ovvero se un bimbo prova orgoglio o vergogna
entra in gioco il senso di sé che giudica se stesso. È dal momento in cui il bimbo inizia a parlare che si ha la
capacità di definire i suoi sentimenti. La nascita del linguaggio delle emozioni avviene dal secondo anno di
vita mentre a 6 anni inizia a saper parlare non solo dei sentimenti ma anche delle emozioni altrui.

PARLARE E RIFLETTERE SULLE EMOZIONI

La compresione delle emozioni si sviluppa durante l’interazione sociale. Le conversazioni dei genitori con i
figli sono importanti. Sono le madri a provocare lo sviluppo della verbalizzazione delle emozioni ma anche
viceversa, sono inclini a fare riferimenti delle emozioni più con le figlie che con i figli. Riflettere sulle
emozioni vuol dire comprendere cosa vuoi dire per se stessi e per gli altri.

Il grado di precisione dei bimbi nell’identificare la natura e le cause delle emozioni dipende dalla natura e
dalla causa dell’emozione. Con l’età i bimbi passano dalle cause visibili (lacrime) a quelle invisibili
deducendo le motivazioni del comportamento altrui. I bimbi iniziano capiscono che gli altri hanno un mondo
interiore ed entro 6 anni sono in grado di formulare ipotesi su cosa suscita le emozioni negli individui, le
abilità di mindreading dei bimbi migliorano fino all’età prescolare.

LA SOCIALIZZAZIONE DELLE EMOZIONI

Il modo di manifestare le emozioni cambia in base alla società che è diversa dall’ambiente. Le regole di
espressione sono delle convenzioni che governano la manifestazione delle emozioni in un gruppo sociale. Le
regole di espressione sono divise in 4 gruppi:

1. minimizzazione: ridurre l’intensità dell’espressione emotiva;


2. massimizzazione: emozioni positive;
3. mascheramento: espressione neutra;
4. sostituzione: sostituire un’emozione con una diversa.

LE INFLUENZE DEI GENITORI

I bimbi apprendono nel contesto familiare come esprimere le emozioni e questo determina la loro
socializzazione emotiva, collegata anche all’attaccamento che è un legame emotivo. I bimbi sicuri
manifestano tutti ti tipi di emozioni in modo libero, quelli evitanti nascondono segni di sofferenza e limitano
quelle positive, nei bimbi resistenti le espressioni emotive sono incoerenti e c’è un’espressione esagerata
soprattutto delle emozioni negative per attirare i genitori.
Ci sono 3 modalità di trasmissione:
 addestramento: ad es. i maschi non piangono mai, sorridi così ti do il regalo;
 adattamento: i bimbi imitano i genitori;
 apprendimento contingente: dialoghi emotivi, espressioni facciali, manifestazioni affettive.

COMPETENZA EMOTIVA

La competenza emotiva consiste del misurare il funzionamento emotivo. Goleman parla di intelligenza
emotiva per sviluppare alfabetizzazione emotiva. Ci sono 8 componenti e ognuna corrisponde a un’abilità:
 consapevolezza del proprio stato emotivo (competenza in base all’età);
 capacità di usare il vocabolario delle emozioni (competenza sociale ed emotiva: socio affettiva);
 capacità di riconoscere emozioni altrui;
 capacità di affrontare emozioni negative.

Chi non è in grado adotta comportamenti violenti, il trasferimento del controllo emotivo dal caregiver al
bimbo è un compito evolutivo e non giunge mai a una conclusione definitiva. Più vasta è la gamma di
strategie e più è flessibile l’individuo nell’utilizzarle, maggiori sono le probabilità di un buon adattamento
sociale. Ci sono 4 fasi del processo evolutivo:

1. prima infanzia: all’inizio della loro vita i bimbi dipendono dagli adulti e iniziano a fare uso di tecniche di
autoregolazione in modo forse casuale;
2. fase dei primi passi: dopo aver imparato a camminare, i bimbi imparano anche a sfuggire dalle situazioni,
sono capaci di cercare gli adulti a cui sono legati da relazioni di attaccamento. I processi di regolazione
delle emozioni passano a un livello più simbolico man mano che i bimbi imparano a riflettere sugli
eventi, allo stesso tempo i caregiver continuano a svolgere un ruolo fondamentale sostenendoli;

3. periodo prescolare: i bimbi sono sempre più abili nell’uso del linguaggio e riescono a individuare diverse
modalità di interpretare gli eventi, aumenta la loro capacità di mimare le emozioni;
4. tarda infanzia: l’abilità cognitiva permette ai bimbi di assumere un atteggiamento sempre più astratto nei
confronti delle emozioni e sono consapevoli nella gestione delle emozioni, sono in grado di sviluppare
strategie per regolare le emozioni.

La scarsa capacità di gestire le emozioni può emergere un una delle fase e si parla di disfunzione emotiva.
Sono molte le ragioni per cui un bimbo è più competente di un altro, ci possono essere influenze:
 biologiche (differenze caratteriali di origine genetica);
 interpersonali (qualità caratteriali innate influenzate dal tipo di sostegno che il bimbo riceve dai genitori);
 ecologiche (ambiente in cui è allevato ad es. povertà crea ansia e stress).

Caso diverso è quello dei bambini autistici i quali mostrano incapacità di instaurare relazioni sociali,
anomalie nello sviluppo linguistico e pattern di comportamento ritualistico e ripetitivo. Non provano
empatia, provano meno emozioni positive e più tristezza.

IL BAMBINO COME SCIENZIATO

In base alla teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget, si riferisce ad esso come l’acquisizione della
conoscenza nell’infanzia, sono implicati il ragionamento, pensiero e soluzione dei problemi. Egli collaborò
con Binet nei test del Qi e si interessò a come i bambini giungevano alle risposte. Ci sono 2 fasi: nella prima
Piaget studiò il modo in cui i bimbi giungono a comprendere dei concetti specifici. I bambini da 3 a 10 anni
davano informazioni con interviste mirate a scoprire la visione dei bimbi.

Piaget ottenne risposte che lo convinsero del fatto che i modi qualitativamente diversi di persone sono tipici
di diverse fasce d’età. Egli passò a una visione più globale dello sviluppo intellettuale con uno schema che li
comprendeva tutti riferendosi alla totalità della crescita cognitiva. Piaget metteva a diposizione piccoli
oggetti o immagini e chiedeva di raggiurppare quelli che vanno insieme a quello che sono simili, così che
avrebbe potuto scoprire il momento in cui i bimbi comprendono l’idea di classificazione.
CARATTERISTICHE DELLA TEORIA

Per lo sviluppo cognitivo c’è un dibattito tra natura e educazione. Secondo la sua teoria lo sviluppo
intellettuale avviene analizzando l’ambiente ma il bimbo è già dotato di un’organizzazione psicologica. Ci
sono 2 processi: assimilazione e accomodamento e entrambi portano a cambiamento cognitivo.

Le caratteristiche della teoria sono:


 intelligenza non ha origine con i processi mentali ma con i pattern di azione già presenti dalla nascita, ma
sono modificati a contatto col mondo esterno;
 la conoscenza viene costruita grazie all’interazione tra il bimbo e l’ambiente;
 la crescita dell’intelligenza è concepita con un percorso di adattamento dell’ambiente;
 forza matrice della crescita intellettuale avviene quando c’è disequilibrio.

STADI DELLO SVILUPPO COGNITIVO

Per Piaget per progressione non voleva dire un accumulo di conoscenza ma una serie di passi e ogni passo è
un modo di pensare. Durante l’infanzia emergono strategie di comprensione del tutto nuove, esistono 3
momenti nell’infanzia in cui ha luogo una riorganizzazione mentale. Ci sono 4 stadi.

Lo stadio senso-motorio (1-2 anni) consiste nel relazionarsi con una serie di sottostadi. Nello stadio è
importante la permanenza dell’oggetto infatti se non c’è l’oggetto per loro è come se cessa di esistere:
 dai pattern di azione rigidi a quelli di azione flessibili (si attiva a più stimoli);
 dai pattern di azione isolati a quello di azione coordinati (prendere e guardare non solo guardare);
 dal comportamento reattivo a quello intenzionale (non più azioni casuali);
 dalle azioni manifeste alle rappresentazioni mentali (elaborare mentalmente per un obiettivo.

Nello stadio preoperatorio (2-7 anni): a 2 anni imparano a usare il pensiero simbolico. Il bimbo viene
ostacolato nell’uso delle operazioni mentali da una serie di tratti che caratterizzano il pensiero cioè:
 egocentrismo: tendenza a percepire il mondo in base alla propria esistenza;
 animismo Piaget ha dedotto che nel periodo prescolare i bimbi non sono in grado di distinguere con
chiarezza le cose vive da quelle inanimate;
 rigidità del pensiero: irreversibilità cioè non in grado di invertire mentalmente le sequenze, il bimbo è
incapace di adattarsi all’ambiente;
 ragionamento prelogico: i bimbi non sono capaci del pensiero induttivo o deduttivo ma c’è quello
trasduttivo che vede una relazione causale tra 2 elementi solo perché i 2 eventi si verificano insieme.

Nello stadio operatorio concreto (7-11 anni) emergono operazioni mentali. I traguardi sono la seriazione
(abilità di organizzare elementi per criteri), classificazione (oggetti in gruppi) e idea di numero. Lo stadio
operatorio formale (11 anni) è il livello più avanzato di pensiero, le operazioni formali si differenziano da
quelle concrete per: ragionamento sulle estrazioni (affrontare cose astratte, riflettere sul futuro); applicare la
logica (il ragionamento deduttivo permette di comprendere concetti scientifici) e problem-solving avanzato.

PRO E CONTRO TEORIA

Uno dei contributi che questa teoria permette di avere è l’approccio orientato ala pratica (il pensiero dei
bimbi è diverso dagli adulti, lo sviluppo intellettuale è continuo a partire dalla nascita, i bimbi sono
apprendisti attivi). Da Piaget nasce l’esigenza di un insegnamento specifico per i bimbi dove i compiti sono
adatti al livello del piccolo. Questa teoria però ha anche punti deboli e l maggior parte riguarda età e stadi.

Numerosi studi hanno rilevato che l’età che Piaget ha indicato per l’acquisizione sono elevate forse perché
egli era pessimista nel valutare la capacità dei bimbi. Non ha mai preso in considerazione che i risultati
possono essere influenzati dal tipo di misurazioni, procedure, ambiente. Secondo aspetto della teoria cha ha
suscitato di battiti è se lo sviluppo avviene per stadi in quando l’infanzia è un processo continuo di
cambiamento caratterizzato da 3 criteri: cambiamenti qualitativi, improvviso e indiscriminato.
Gli psicologi sono giunti alla conclusione che lo sviluppo è molto più complesso, che si definisce come
dominio-specifico e dominio-generale (egocentrismo). Ci sono dimostrazioni del fatto che i bimbi più piccoli
di 7 anni possono comportarsi non egocentricamente in certe circostanze.

IL BAMBINO COME APPRENDISTA

Per Piaget il contesto sociale dello sviluppo cognitivo del bimbo è importante ed erano creature solitarie e
con questo era d’accordo Vygotskij. Egli ha portato ai processi mentali interiori mentre Vygotskij si
concentra sul ruolo del gruppo sociale e dei processi interpersonali che spiegano il cambiamento intellettuale.

LA TEORIA DI VYGOTSKIJ

Lo sviluppo cognitivo è un processo sociale, egli vuole spiegare come le funzioni intellettuali, il
ragionamento, la comprensione e il ricordo emergono dalle esperienze sociali del bimbo, esaminò lo
sviluppo umano su 3 livello: culturale, interpersonale e individuale. Vygotskij vedeva la natura umana come
un prodotto socioculturale, ogni generazione si appoggia a quella precedente, ne risente la cultura specifica
(conquiste intellettuali, materiali, scientifiche e artistiche).

Egli ha usato il concetto di strumenti culturali ovvero psicologici e tecnologici. Acquisire strumenti aiuta i
bimbi a vivere in modo più efficace, capendo come funziona il mondo, gli strumenti psicologici sono
rafforzati da quelli tecnologici come gli orologi e calendari e dominarli significa acquisire abilità specifiche e
a pensare il mondo come cultura occidentale. Lo strumento culturale di maggior valore è il linguaggio che
per Vygotskij era regolatore delle proprie attività e dopo fine periodo prescolare viene interiorizzato e si
trasforma in pensiero per il funzionamento cognitivo.

ASPETTI INTERPERSONALI E INDIVIDUALI

Lo sviluppo cognitivo per Vygotskij è il risultato delle interazioni con altre persone più competenti, il livello
interpersonale è dove si incontrato i 3 tipi di forze culturali, interattive e individuali. Nell’interazione
continua con persone più esperte prende forma lo sviluppo intellettuale dei bimbi, è dunque un progresso
dall’intermentale all’intramentale, dalla regolazione all’autoregolazione.

A differenza di Piaget, Vygotskij non esaminava le differenze dello sviluppo delle varie età, riguardo l’età
escluse che i bimbi al di sotto di 2 anni fossero influenzati da forze diverse da quelle biologiche e che le
differenze socioculturali non entrassero in gioco fino a quell’età e come PIaget, vedeva il bimbo come una
figura capace di contribuire attivamente al proprio sviluppo. Vygotskij propone il costruttivismo sociale.

DAL CONTROLLO DEGLI ALTRI AL CONTROLLO DI SÈ

Vygotskij ha proposto il concetto di zona di sviluppo prossimale come idea unificatrice per comprendere il
progresso da una situazione di dipendenza dagli altri all’indipendenza. Questo progresso ha 3 stadi:
1. la prestazione è controllata da persone più esperte, i bimbi sono costretti a affidarsi all’aiuto di un adulto;
2. la prestazione è controllata dal bambino, che col tempo agirà indipendentemente affidandosi alle proprie
verbalizzazione ad alta voce rivolti a se stessi per regolare azioni;
3. la prestazione è automatizzata, con la pratica il compito procede senza ostacoli autonomamente.

In questo processo possono esserci interferenze temporanee (stanchezza o malattie) o prolungata (mancata
pratica o trauma) è definita partecipazione guidata perché l’attenzione è sulla reciprocità del processo
educativo ed enfatizza il ruolo del bimbo come apprendista.

AIUTO DEGLI ADULTI

I primi tutori dei bimbi sono i genitori, lo scambio è lontano dall’istruzione di un contesto educativo formale.
Lo scaffolding si riferisce al tipo di guida e di supporto che gli adulti forniscono ai bimbi nella zona di
sviluppo prossimale e per identificare il genere di azioni per favorire l’apprendimento, il comportamento
dell’adulto è flessibile e modificato. Quindi lo scaffolding è uno sforzo collaborativo e interattivo.

Ci sono 3 categorie in cui gli adulti influenzano:


 sensibilità implica la capacità di discernere le componenti del compito, un adulto senza sensibilità può
caricare il bimbo di un eccesso di informazioni;
 i bimbi si differenziano tra loro per il limite con cui riescono a sfruttare l’aiuto che viene offerto;
 tipo di attaccamento.

I bimbi inoltre si aiutano reciprocamente in 2 circostanze: nell’apprendimento collaborativo, lavorano


insieme e hanno lo stesso livello di competenza; tutoring tra pari, un bimbo più esperto guida un altro bimbo.
Secondo Vygotskij si parla di tutor-apprendista in riferimento al bimbo più esperto, nella maggior parte dei
casi si ha un esito positivo, ma ci sono anche esiti negativi quando il tutor domina l’interazione.

PROBLEM SOLVING CONDIVISO

Per capire se il problem solving condiviso sia più efficace della prestazione individuale viene fatto un test
con cui vengono stabiliti i punti di partenza delle abilità dei bimbi. C’è poi un lavoro congiunto con il tutor
con la valutazione del bimbo. Tra la prima e l’ultima fase c’è un cambiamento che indica la misura del
beneficiario, esso viene confrontato con i cambiamenti in un periodo corrispondente in un gruppo di
controllo composto da bimbi che hanno lavorato da soli per tutta la durata del test. Ci sono più punteggi
grazie all’esperienza congiunta con un adulto di supporto ma a volte ci possono essere effetti negativi.

La valutazione ha sia contributi che punti deboli:


 i contributi: Vygotskij dimostra che la visione del bimbo come parte del tutto sociale e non come esseri
separati è un progresso, spiega la natura del contesto in cui ha luogo lo sviluppo e il modo in cui il
contesto incide, ha introdotto le influenze storiche, politiche, economiche, tecniche e letterarie;
 punti deboli: viene posta poca attenzione all’individualità del bimbo e più dell’adulto, ha trascurato l’età,
ha concepito che il bimbo funziona allo stesso modo sia a 2 che a 12 anni, trascurato gli aspetti emotivi.

L’USO DEL LINGUAGGIO

Il linguaggio comprende sia espressione verbale che segui. Può essere definito come un sistema arbitrario di
simboli. Le parole sono in gran parte del tutto arbitrarie, ci consente di condividere. I bimbi e il linguaggio è
uno strumento per la comunicazione quindi è necessario essere consapevoli che l’ascoltare comprende anche
adattare il contenuto, il momento e le modalità.

Il linguaggio è un modo di esprimere un pensiero. Secondo Vygotskij il linguaggio modifica il modo di


pensare e precede il pensiero. Insieme a Piaget concordano sul fatto che l’espressione verbale nei primi anni
è egocentrica mentre dopo l’età scolare il discorso è funzionale al problem solving. Il linguaggio infine è
anche autoregolazione: influenza anche l’azione nei 3 stadi evolutivi: fino a 3 anni le istruzioni verbali di
un’altra persona attivano l’azione, fino ai 5 il bimbo reagisce alle istruzioni in modo impulsivo, dopo i 5
reagisce al contenuto dell’istruzione sia per attivare l’azione che per inibirla.

ESCLUSIVA DEGLI ESSERI UMANI

Per capire se il linguaggio è un’esclusiva degli animali, sono stati fatti esperimenti sulle scimmie le quali
hanno capacità di acquisire il linguaggio dei segni. L’esperimento di Gardner con Washoe mostra come è
riuscito in 3 anni ad acquisire 85 segni. Secondo Lenneberg il linguaggio è conforme alla specie, è difficile
da posticipare e si sviluppa secondo norme precise e in sequenze regolari. Si fonda su strutture anatomiche
ed emerge da abilità presenti sin dalla prima infanzia.

Di solito dopo 9 mesi viene detta la prima parola, dopo 5 anni hanno acquisito tutti gli elementi di
competenza. Ci sono 4 aspetti del linguaggio:
 fonologia: produzione dei suoni, competenza fonologica piena dopo l’età scolastica;
 semantica: significato delle parole;
 sintassi: capacità di cambiare piccole frasi;
 pragmatica: linguaggio adatto al contesto sociale.

LE PRIME PAROLE
Le prime parole sono borbottii, poi vengono dette parola semplici, è più facile che vengano nominati oggetti
in movimento. Si parla di sovra estensione in riferimento all’estendere una parola a una gamma più vasta
mente sottoestensione fa riferimento al restringimento. Ciò cambia con l’esperienza infatti l’acquisizione
linguistica è un processo di interazione sociale. Dopo 18 mesi vengono composte brevi frasi e dopo 3 anni
aumenta la lunghezza imparando a costruire frasi complesse, la progressione è abbastanza spontanea.

Tuttavia ci possono essere periodi critici. Lennemberg parla del periodo durante il quale il cervello è più
portato ad acquisire capacità linguistiche. L’apprendimento della seconda lingua e le competenze
grammaticali dipende dall’età (facile prima dei 7 anni). I danni possono avvenire a livello cerebrale come nel
caso di bimbi cresciuti in isolamento, l’infanzia è il periodo ottimale per l’apprendimento linguistico.

COMPETENZA COMUNICATIVA

La competenza linguistica è collegata a quella comunicativa. Grice individua dei principi conversazionali
delle regole: quantità (fornire abbastanza info all’altra persona); qualità (bimbi devono imparare che da loro
ci si aspetta la verità); modo (rispettare i turni). Il linguaggio viene manifestato in forma orale o scritta.
Imparare a scrivere è molto più impegnativo che imparare a parlare. L’interesse dipende dal coinvolgimento
avviato solitamente dai genitori e si tratta di una competenza alfabetica emergente.

SPIEGARE L’ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO

Ci sono 3 teorie con 3 approcci:


 comportamentali: Skinner parla del comportamento strumentale con ricompense con cui i bimbi
apprendono il linguaggio dei genitori che hanno responsabilità mentre i bimbi sono riceventi passivi;
 innatistici: lo sviluppo linguistico è una dotazione innata del bimbo. Chamsky critica Skinner e spiega
come sia necessario distinguere 2 aspetti del linguaggio: struttura superficiale e profonda (uomo nasce
con LAD ovvero sistema di acquisizione linguistica;
 socio interattivi: Brumer parla di un mix tra disposizioni linguistiche innate e esperienze sociali, LASS
(sistema di supporto all’acquisizione linguistica) che lavora con LAD.

LO STULE DELL’ESPRESSIONE VERBALE DEGLI ADULTI

Con i bimbi si ha uno stile diverso motherese con semplici frasi, pause e tono accentuato. Alcune ricerche
suggeriscono che troppe semplificazioni ostacolano lo sviluppo linguistico infantile. Episodi di attenzione
congiunta riguardano situazioni in cui un adulto e un bimbo si concentrano contemporaneamente sullo stesso
oggetto, favorendo funzioni cognitive. I genitori che giocano in modo naturale con i figli hanno l’intento di
far scoprire il fulcro della loro attenzione e il genitore usa una serie di spunti provenienti dal bimbo.

Più tempo i bambini trascorrono in situazioni di attenzione congiunta più ci sarà il progresso. Lo sviluppo del
linguaggio dei gemelli è più rallentato. (bloom: modello dell’intenzionalità ovvero il ruolo del bimbo con
risorse interne sono la forza motrice dell’acquisizione).

VERSO L’ETA’ ADULTA

La socializzazione e l’individualizzazione sono opposti ma interconnessi: il primo è il processo di


integrazione dei bimbi mentre il secondo consente ai bimbi di costruire un’identità personale. L’individualità
di ogni bimbo porta a differenze tra loro riscontrate nel comportamento (forza emotiva, rapidità e regolarità),
le caratteristiche innate possono cambiare con l’età in cui la personalità diventa più carente, co l’età i bimbi
acquisiranno più consapevolezza, autovalutazione e introspezione.

LA COSTRUZIONE DEL SE

Il se ha varie componenti:
 consapevolezza di se: identità propria;
 concetto di se: sono generosa, sono una bambina;
 la stima di se: aspetto valutativo.
I bimbi sotto i 6 anni non sono in grado di distinguere sentimenti privati dal comportamento pubblico. L’idea
del se privato continua fino all’età adolescenziale. La valutazione di se fa riferimento all’autostima. C’è però
una discrepanza tra il se ideale e il se reale, se è un grande fallimento p se è una piccola soddisfazione. Se si
parla di stima elevata si parla di felicità al contrario di depressione.

Gli individui valutano se stessi in ambiti specifici: competenza scolastica, atletica, accettazione sociale,
aspetto fisico. Questo viene fatto con testi di auto percezione dai bimbi stessi (Harter). Durante l’adolescenza
c’è un incremento della consapevolezza di se perché il corpo cambia. Comune però è l’insoddisfazione,
bassa autostima e soprattutto nelle ragazze l’immagine fisica che può sfociare nell’anoressia. Ci possono
essere crisi d’identità e conflitto interiore causato da mancato sostegno da parte dei genitori.

ACQUISIZIONE IDENTITA’ DI GENERE

L’identità si divide in personale (qualità individuale) e sociale (appartenenza a gruppi). Si fa riferimento a:


 identità di genere: il bimbo capisce se è maschio o femmina dopo 3 anni;
 stabilità del genere: dopo 4 anni capisce che essere maschio o femmina sarà caratteristica della vita;
 coerenza del genere: dopo 6 anni capisce che è una caratteristica costante nel tempo;
 conoscenza del ruolo di genere: dopo 2 anni capisce comportamenti adeguati;
 caratteristiche della personalità: stereotipi (maschio più aggressivo e femmina più premurosa);
 preferenze per certi giocattoli: le cause sono pressioni sociali, per i maschi c’è uno stile coercitivo
(comandi e minacce) per le femmine cooperativo (sostenere relazioni).

CONTINUITA’ E CAMBIAMENTO

Le persone sono convinte di essere la stessa persona del passato ma cambiamenti interni, traumi durante
l’infanzia incidono sugli aspetti psicologici e consentono di prevedere anche tendenze alla delinquenza e
criminalità. Una delle difficoltà nell’esaminare la continuità è che ha molti significati: relativa (individui che
conservano la loro posizione all’interno di un gruppo); assoluta (misura in cui certi attributi particolari
rimangono costanti negli individui di un determinato arco di tempo).

Per esaminare la continuità da un’età all’altra si devono avere gli stessi strumenti. Sono 2 i tratti della
personalità differenti tra loro:
 aggressività: violenza, in alcuni bimbi è persistente per tutta la vita, altri sono nell’adolescenza quindi
passeggera e si è predisposti;
 timidezza: può portare a solitudine e se è molti accentuata è percepita come un handicap, è ereditaria e il
grado varia da persona a persona, secondo Kagan timidezza è inibizione, i bimbi sono ansiosi se con
estranei e tendono ad essere sottomessi e tranquilli

LE PREVISIONI IN BASE ALLE ESPERIENZE NEI PRIMI ANNI

Secondo Freud le esperienze nei primi anni hanno un significato unico, i bambini sono più suggestionabili e
qualsiasi esperienza è permanente. Se c’è un trauma infantile gli effetti non sono necessariamente
permanenti. Dopo un trauma importanti sono le traiettorie evolutive che partono da una condizione iniziale
di svantaggio e una di funzionamento. Brown esamina il collegamento tra perdita di un genitore in infanzia e
sviluppo di depressione in donne adulte ma non è detto che siano collegate.

LA FUNZIONE GENITORIALE

La genitorialità è una funzione di cura sul piano fisico e affettivo, c’è un legame con la psicopatologia:
cattive cure, esperienze relazionali inadeguate allo sviluppo. La genitorialità ricevuta incide sulle potenzialità
genitoriali dell’individuo. Il sistema dell’american psychiatric association (DSM-IV-TR) ha offerto una
visione multiassiale delle sindromi collocando la valutazione degli aspetti contestuali e relazionali nell’asse
IV e nel codice V sviluppato per cogliere i disturbi nella relazione bimbi-caregiver. L’enfasi diagnostica
risulta posta sulla diagnosi individuale e i codici si trovano nella sezione “altre condizioni”.
Il sistema sembra offrire una classificazione più completa dei disturbi di salute mentale infantile grazie alla
peculiarità dell’asse II. Importante è la funzione genitoriale per interesse clinico e di ricerca per coprire:
 caratteristiche intrinseche della genitorialità;
 sviluppo fasi e cambiamenti (pubertà);
 influenze (qualità della relazione di coppia);
 specificità del bimbo.

LA FUNZIONE GENITORIALE

Belsky crea il modello processuale: influenze della personalità dei genitori, contesto sociale e carattere del
bimbo, importanti sono le relazioni di coppia, migliori se c’è divisione dei compiti domestici. Secondo la
prospettiva dinamico-evolutiva la funzione genitoriale è una funzione autonoma dell’essere umano
fondamentale ma non necessaria che implica recettività e sensibilità ed è una funzione intersoggettiva che si
struttura e funziona in connessione con i sistemi intersoggettivi degli individui in interazione. Alcuni autori
hanno pensato alla genitorialità in termini di:

 rappresentazione nella madre e nel padre nella gravidanza e nel post partum, sono le aspettative e idee
preesistenti conosciute tramite colloqui, questionari e interviste;
 interazioni adulto-bambino: le interazioni necessitano di essere valutate da metodi di osservazione.

La genitorialità è una funzione triadica, la famiglia è considerata come insieme e viene studiata come
coniugalità, genitorialità e cogenitorialità. Le manifestazioni della funzione genitoriale sono:
 rappresentazioni corporee, percettive, motorie;
 rappresentazione di un dialogo sul piano percettivo, comportamentale e verbale;
 essere o meno in grado di essere apprezzato come genitore degli altri;
 poter generale figli come hanno fatto i propri genitori.

La valutazione della genitorialità necessita: osservazione della qualità, interazioni, qualità del mondo
rappresentazionale dell’adulto e percezioni della qualità proprie e relazioni significative. Quando un bimbo è
accudito da 3 persone è importante la qualità del legame.

IL PROCESSO DI TRANSIZIONE ALLA GENITORIALITA’

LEGAME DI COPPIA

La nascita della coppia avviene con:


 scelta del partner: storia individuale e familiare (opposta o simile al proprio genitore);
 innamoramento: meccanismi idealizzanti, sospensione del giudizio, impressione di affinità e desiderio;
 amore stabile e duraturo: disincanto, disillusione, cooperazione, rispetto e fiducia

Stenberg parla del modello trifasico ovvero impegno, passione e intimità. C’è anche il patto che può essere di
2 tipi: esplicito con un vincolo reciproco e segreto ovvero motivazione. C’è un’influenza psicologico-
affettiva nella scelta che trae origine dalle precedenti esperienze relazionali e dai modelli genitoriali.

LA QUALITA’ DELLA RELAZIONE

La relazione di coppia influenza il benessere personale fisico e psicologico e lo stile di attaccamento. Per la
donna c’è un nesso di espressività del partner e soddisfazione. Però ci può essere anche un’interazione
stressata in cui persiste nel fare richieste che il partner evita, incomprensioni, problematiche di intimità. Il
conflitto può essere una fusione costruttiva solo se è in grado di elaborare incomprensioni con chiarimento.

Nella prima fase di matrimonio c’è la strategia di evitamento dl conflitto che nel tempo si rileva
disfunzionale. Il disagio di coppia infatti influenza i rapporti individuali coni il figlio e incide sul sentimento
del senso di noi. Oggi i divorzi sono maggiori e c’è un aumento di infedeltà, relazioni brevi, nuovi modelli di
coppia e un atteggiamento meno tradizionale verso i ruoli di genere con più uguaglianza e contributo
dell’uomo nel contesto domestico.
COGENITORIALITA’

Minuchin parla della cogenitorialità definendo i principi e il funzionamento familiare adattivo ovvero le
famiglie che si adattavano meglio alle sfide della vita sono quelle in cui c’è cooperazione quindi
cogenitorialità è accordo, sostegno reciproco e divisione lavoro e figli. Ci sono 2 livello ovvero la relazione
coniugale e cogenitoriale con l’obiettivo di crescita fisica, psichica e sociale del figlio e la qualità è basata
sulla solidarietà. Tuttavia ci possono essere conflitti come violenza distruttiva, antagonismo e competitività.

LA TRANSIZIONE ALLA GENITORIALITA’

La transizione alla genitorialità avviene con una scelta consapevole e l’ingresso di un nuovo membro porta
ad un processo di transizione e riorganizzazione. Ci sono 2 modalità: uniformarsi allo stereotipo tradizionale
della figura o dare importanza alla divisione paritaria di ruoli, spazi e tempi. A livello interpersonale c’è un
cambio di status sociale, allontanamento dal lavoro soprattutto dove si affidano totalmente al partner come
fonte di sostegno e compagnia quindi si crea una sorta di dipendenza e un rapporto simbiotico di
soffocamento. Il cambiamento porta all’adattamento di nuovi ritmi, spazio della coppia, socioeconomico.

Se c’è difficoltà nella transizione alla genitorialità è importante la rete sociale come sostegno economico ed
emotivo (comprensione, reciprocità) e formale (enti costituzionale, diverso da informale come parenti e
amici). Belsky parla della relazione tra sostegno sociale e salute come un modello processuale influenzato
dal contesto sociale, qualità della relazione di coppia e supporto psicologico del partner. Questo modello fa
capire l’importanza della quantità ma anche della qualità del supporto ricevuto.

COINVOLGIMENTO DEL PADRE

Prima il padre era dedito alla sicurezza economico-sociale della famiglia, la madre si occupava della cura e
del clima più emotivo. Negli anni ’70 c’è un rinnovamento e la figura del padre crea relazioni di
attaccamento padre-figlio, riduzione delle differenze, divisione compiti. Tuttavia oggi i padri risentono della
mancanza di un modello di riferimento con cui identificarsi nella costruzione dell’identità paterna.

Nel primo trimestre i padri hanno una capacità immaginativa più povera rispetto alle donne ma nel secondo
aumenta il loro coinvolgimento. Importante è anche la partecipazione al parto che è il primo contatto reale
con il bimbo. Il padre ha un ruolo di tolleranza nell’avvicinamento e allontanamento continuo da parte del
partner, prova preoccupazione paterna primaria e parallela allo stato di preoccupazione materna primaria. Il
ruolo varia con la soddisfazione coniugale.

GENITORIALITA’ E PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

FERTILITA’

La salute è definita come lo stato di benessere fisico, mentale e sociale, include anche la capacità di
riprodursi. L’infertilità è diversa dalla sterilità. La prima si ha quanto la coppia non è in grado di concepire
dopo più anni di rapporti sessuali mirati alla procreazione mentre la seconda è l’impossibilità della
procreazione. Nelle donne la sterilità è legata a problemi all’ovulo (diabete, tiroide, reni) mentre nell’uomo
la sterilità è legata allo sperma (scarsa produzione).

La scienza è riuscita a trovare un rimedio con la procreazione medicalmente assistita. Le tecniche si


distinguono in: omologhe (gameti della coppia) e eterologhe (gameti di un soggetto esterno). Quelle 1°
pri1mo livello si attuano dopo un periodo di rapporti sessuali senza successo, poi c’è il 2° livello e il 3°
invece prevede la fecondazione al di fuori del corpo della donna e sono caratterizzate da 4 momenti:
stimolazione ormonale, prelievo di ovociti da ovaie, inseminazione in vitro degli ovociti con gli spermatozoi.

Una delle tecniche più diffuse è fivet a fecondazione in vitro in cui vengono scelti spermatozoi con buona
motilità con trasferimento dell’embrione. Il tasso di processo di queste procedure è modesto e c’è un’alta
incidenza di gravidanze multiple, per questo è stato introdotti il congelamento degli embrioni anche se può
provocare danni alle cellule.

Nel 2004 con la legge 40 in Italia si ha la tutela dell’embrione e si fa riferimento a 7 capi: accesso alle
tecniche, tutela del nascituro, regolamentazione delle strutture, divieti e sanzioni. La PMA può avvenire in
coppie coniugate o conviventi, di sesso diverso, età fertile e vengono informati sui possibili rischi ed effetti
collaterali. Le coppie sterili vivono in una condizione di disagio, provano un senso di impotenza e inferiorità,
senso di colpa e tristezza, provando invidia per le coppie con figli.

CONSEGUENZE PMA

La PMA permette alla coppia infertile un adattamento emotivo e dolore fisico con anche un aggravio
economico, il tentativo però potrebbe anche non andare a buon fine. Ricerche hanno dimostrato come le
donne con un’istruzione alta potrebbero disporre di migliori abilità di adattamento all’ambiente. L’ansia e lo
stress spariscono con l’instaurarsi della gravidanza e degli studi hanno mostrato come non c’è differenza tra
queste donne e quello con il concepimento spontaneo.

GENITORIALITA’ E PRIMA INFANZIA

¼ dei parti da PMA sono gemellari, di solito le cure sono più intensive, più malformazioni e tra i fattori c’è
anche l’età moderna. La PMA influisce sul livello di stima delle madri, suggeriscono come la gravidanza
portata a termine con successo può essere sufficiente al superamento della scarsa considerazione personale
che le madri PMA hanno nei confronti della loro generatività (dirigere la nuova generazione).

Questa carenza di autostima può portare le madri a ritenersi poco efficaci nel fornire le cure quotidiane al
proprio bimbo. Queste procedure mediche influenzano il futuro attaccamento tra genitore-bimbo,
influenzano le speranze, paure e tradizioni familiari. Le madri PMA ritornate a lavoro sono risultate meno
rispettose dell’autonomia del bimbo rispetto alle madri rimaste in casa con concepimento spontaneo.

ETA’ PRESCOLARE E SCOLARE

Golombok, Cook e Brewaeys hanno fatto uno studio su 227 famiglie con bimbi nati da PMA, 120 famiglie
con bimbi concepiti naturalmente e e 115 famiglie con bimbi adottati. Le interviste e questionari mostrano
come ansia e depressione sono più bassi rispetto alle madri con concepimento spontaneo e dopo 5 anni non
vi è nessuna differenza tra PMA e concepimento spontaneo. Nelle madri di gemelli PMA si nota come essi
siano più fragili, emotivi e con aspettative fallite.

CONSULENZA PSICOLOGICA

Nei centri per la PMA è presente anche uno psicologo per il mantenimento dello stato di benessere, si ha
supporto per la genitorialità e per la coppia. La tecnica per diventare madre è definita come una critica
narcisistica. La maternità ha un valore riparativo e di riappropriazione del proprio sviluppo infantile e
ridefinire il senso della propria vita con la nascita.

Nel caso in cui sia l’uomo ad essere infertile nasce in lui ansia anche se c’è più fiducia e speranza. Può
portare a problemi coniugale, isolamento, rifugio nel lavoro. La consulenza può anche essere di coppia con:
 modello cognitivo: controllo personale e più soddisfazione sessuale e coniugale;
 terapia psicodinamica: tollerare disagio emotivo;
 terapia sistemica: meccanismi di coping.

La valutazione psicologica che viene fatta ha 3 scopi: grado di stress, identificare problematiche, quanto si
supportano i partner durante il trattamento. Lo psicologo aiuta per la transizione dall’infertilità alla
genitorialità, per la sua normalizzazione importante è l’area sessuale perché contaminata da anni di cicli di
tecnica riproduttiva e psicologica. Aiuta a ritrovare intimità e ristabilirla.

LA GENITORIALITA’ ADOTTIVA

LA NORMATIVA ITALIANA
 ’67 legge n. 431: adozione della valenza assistenziale per limitare permanenza negli istituti, lo Stato si fa
carico di selezionare i coniugi adottanti, interruzione di rapporti giuridici tra genitori naturali e figli;
 ’83 legge n. 184: adozione nazionale nelle Regioni le quali definiscono la rete di protocolli;

 2004 legge n. 149: diritto del minore a stare con la famiglia di origine con supporto per problemi, la legge
definisce i requisiti della coppia adottiva (sposati da 3 anni senza separazioni, differenza di età tra loro e
l’adottato minima di 18 massima di 45, deve essere idonea all’educazione, diritto del figlio all’accesso dei
suoi genitori biologici) e istituzione dell’anno di affidamento preadottivo (periodo di prova);

 ’93 Convenzione dell’Aja: procedure per adozione internazionale (per prevenire tratta dei minori),
obbligo di rivolgersi solo ad enti autorizzati, coppie sono sottoposte allo stesso tipo di valutazione per
l’adozione nazionale. Le motivazioni sono infertilità e desiderio di solidarietà verso bambini in difficoltà.
Il percorso adottivo dura 2 anni, i bimbi stranieri (special needs) possono essere portatori di patologie
gravi e ci sono casi irreversibili nel tempo dove non c’è una guarigione totale);

 ’98 legge n. 476 la famiglia è seguita dal punto di vista psicologico e sociale dei servizi territoriali. L’ente
deve inviare periodicamente relazioni al Paese di provenienza del bimbo. L’adozione è un viaggio che
comincia comunque con una perdita e all’arrivo i genitori hanno paura che il figlio tornerà.

STATO DELL’ARTE

Ci sono 3 correnti di ricerca:


1. basata su problemi clinici e psicologici dei bimbi adottati, studi mostrano come ci può essere un maggiore
rischio di sviluppare difficoltà scolastiche e psicologiche, nella prima adolescenza soprattutto i maschi
mostrano problemi comportamentali;
2. dopo la rivoluzione in Romania nell’89 che causò un aumento delle adozioni internazionali dei bimbi
rumeni, Simmel ricercò la relazione tra fattori di rischio preadottivi e il livello di sintomatologia
psicopatologica dei bimbi adottati come abuso e trascuratezza;
3. ricerca contemporanea si basa su fattori che operano negli adottati rispetto ai cambiamenti coniugali e
genitorialità che è una fase critica per cui c’è bisogno di un periodo di adattamento.

GENITORIALITA’ NATURALE E ADOTTIVA

La coppia biologica vive la gestazione con esperienze fisiche che fungono da elaborazione mentale. Per
riconoscere nuovi ruoli con gradualità. Le coppie adottivo devono elaborare un lutto e un lungo processo di
valutazione avendo anche incertezza del buon fine del processo adottivo. I genitori adottivi hanno molti più
compiti di quelli naturali. L’adozione è definita come un incontro tra 2 mancanze e la genitorialità si forma
nel tempo nell’accettazione di un bimbo di altri con un suo vissuto.

LEGAME ADOTTIVO

Il bimbo che viene adottato rompe legami affettivi costruiti con i genitori biologici, ciò lo rende vulnerabile,
a favorire l’adattamento è lo stile di attaccamento dei genitori adottivi per elaborare esperienze traumatiche.
L’attaccamento delle madri adottive è più insicuro a causa del troppo stress nel percorso. Mary Main crea il
modello sulla trasmissione dell’attaccamento, l’esperienza adottiva può costituire per il bimbo abbandonato
la possibilità di ricostruire un legame di attaccamento.

PARENTING E STRESS GENITORIALE

La fragilità psicologica dei bimbi adottivi sottolineano l’importanza di un livello di qualità del parenting da
parte dei genitori adottivi che comprende la capacità genitoriale dal punto di vista anche dei fattori familiari e
contesto sociale. Lo stress agisce sull’abilità del genitore: nella madre c’è più depressione mentre nel padre
c’è più stress il quale cerca di contenere lo stress delle madri e ha uno stile autorevole e adattivo.

Le rappresentazioni di attaccamento di un adulto dipendono dai legami primari con quelli successivi, nelle
scelte del partner giungendo a considerare l’attaccamento rispetto alle figure della propria storia infantile
(generalized) e l’attaccamento rispetto al partner (specific). Da alcuni studi emerge che gli stili di
attaccamento romantico dei genitori adottivi sono meno insicuri e maggiori livello di adattamento di coppia.
IL COLLOQUIO SULLA FUNZIONE GENITORIALE

Le funzioni del colloquio sulla funzione genitoriale sono:


 casi in cui gli adulti evidenziano un disagio nella costruzione della propria funzione genitoriale;
 situazione di disagio, sintomatologia o psicopatologia sono dirette conseguenze dello stile relazionale
costruito con i genitori;
 situazione in cui individui devono prendersi cura di un’azione.

CARATTERISTICHE DEL COLLOQUIO

Il colloquio sulla funzione genitoriale ha varie aree, riguarda:


 aspetti legati alla storia dell’adulto in quanto figlio a sua volta che ha bisogno di cure dai genitori;
 efficacia di figure genitoriali che rimandano all’esperienze intersoggettiva primaria;
 l’idea di sé come genitore che ha un individuo;
 qualità della relazione di coppia (cogenitorialità);
 area del bimbo, l’adulto immagina e prepara il percorso del bimbo il quale nasce in uno specifico
momento della vita dei genitori quindi il colloquio serve a comprendere l’eventuale presenza di problemi
legati all’intrecciamento con il percorso del bimbo, conoscenza di zone non risolte proiettate sul bimbo,

I colloqui servono anche ad indagare su eventuali difficoltà. Fin dalla gravidanza nella mente dei genitori li
bimbo viene immaginato, il focus non colloquio punta a comprendere conflitti mai risolti della storia dei
genitori che possono ostacolare il normale processo di transizione e relazione con il bimbo reale.

Il 2° ambito in cui si attuano i colloqui sulla funzione genitoriale sono situazioni di disagio dove
sintomatologia o psicopatologia del bimbo sono dirette conseguenze dello stile relazionale costruito con i
genitori quindi la patologia evolutiva è un fallimento relazionale che riguarda come l’individuo vede se
stesso come genitore. Questo porta il bimbo ad avere problemi sullo sviluppo della vita e costruzione della
personalità. Il colloquio sulla genitorialità serve ad:

 osservazione dei meccanismi di trasmissione intergenerazionale, ripetizione di schemi e comportamenti;


 interazione fantasmatica (immaginaria) ovvero modalità inconsapevoli di vedere e reagire al proprio
figlio perché risvegliate da esperienze precoci;
 filiazione e affiliazione: entrambi conducono il bimbo a sentirsi parte di una famiglia.

METODI OSSERVATIVI DELL’INTERAZIONE ADULTO-BAMBINO

DISPONIBLITA’ EMOTIVA

Importante è la relazione emotiva tra madre-bimbo che si intreccia e dipende dalla disponibilità della madre
(sensibile, capace di strutturare l’ambiente, cogliere segnali e risolvere conflitti) e del bimbo (mostrare di
poter essere coinvolgere e responsivo nei confronti della madre). La valutazione della disponibilità emotiva
in ambito clinico o di ricerca avviene con l’osservazione quindi una seduta di 20 min videoregistrata mentre
genitori e figli giocano liberamente.

La misurazione avvine con le scale EAS per valutare il caregiver dal punto di vista di:
 sensibilità: saper leggere segnali del bimbo, tono, espressione facciale, non mostrare stanchezza e noia);
 strutturazione: capacità di offrire stimoli, non intervenire in modo intrusivo nelle attività);
 non intrusività: capacità di essere disponibile, rispettare autonomia;
 non ostilità: capacità di rivolgersi in modo paziente e armonioso, non minacce di abbandono.

Per il bimbo è necessario coinvolgimento quindi il grado in cui ricerca e coinvolge il genitore rendendolo
spettatore e partecipante, e responsabilità quindi propensione emotiva a interagire col genitore.

APPLICAZIONE DELLO STRUMENTO DI STUDIO

Le scale EAS possono essere usate anche per valutare genitorialità, con l’aumento dell’età materna c’è più
sensibilità, madri di adolescenti sono più intrusive. Lo status socioeconomico incide sul grado di responsività
del bimbo, anche la cultura di appartenenza. I bimbi italiani hanno punteggi più elevati delle EAS rispetto
alle altre nazioni perché in questa cultura è importante la centralità dell’interazione sociale.

Dal punto di vista clinico le scale EAS hanno dei vantaggi: usate in vari contesti, vari caregiver, età del
bimbo e senza stress quindi sono usate per programmazione di interventi clinici. Usati nella presa in carico e
cura dei bimbi, valutazione della relazione caregiver-bimbo in caso di bimbi in carico ai s.s.

LE PATOLOGIE MEDICE CRONICHE E ACUTE DEL BIMBO

Una malattia cronica o acuta in età pediatrica è un evento con conseguenze pratiche e psicologiche per
l’intera famiglia e l’equilibrio familiare viene leso. Tra le patologie croniche più frequenti in ambito
pediatrico ci sono tumori maligni, diabete mellito di tipo 1 e malattie infettive. Importante è il sostegno a
queste famiglie che nel tentativo di mantenere l’omeostasi attraversano un processo emotivo di 5 stadi:

1. fase di shock: angoscia, blocca meccanismi di difesa, confusione e paralizzante;


2. fase di negazione: si realizza l’accaduto ma la famiglia continua a rivolgersi a medici diversi con la
speranza di un errore diagnostico;
3. fase di depressione: sentimenti di perdita e impotenza;
4. fase di rielaborazione: atteggiamento iperprotettivo e il distanziamento in quanto continua la negazione e
la repulsione verso la diagnosi e sublimazione (strategia adattiva);
5. fase di accettazione: morte del figlio idealizzato, oscillazione tra sentimenti positivi e negativi,
convinzione della realtà e nuovo equilibrio.

LA CARING NICHE

Nella relazione tra bimbo malato e l’adattamento dei genitori è utile adottare una prospettiva ecologica, il
benessere dell’individuo è influenzato dalle sue caratteristiche personali, dai sistemi e dalle risorse sociali.
Nella relazione tra individuo e ambiente importante è la caring niche ovvero una cura terapeutica ed emotiva
e adattamento del bimbo-ambiente. La nicchia evolutiva permette la sopravvivenza di individui che non sono
in grado, un bimbo viene trasferito in una nicchia diversa affinché vi sia supporto e sopravvivenza.

Sono 3 le aree che si influenzano:


 ecologia: risorse economiche, ricerca, volontariato, cultura, politiche sanitarie, scuola e servizi sociali;
 nicchia: sistema esperto (medici, infermieri e psicologi) e sistema naturale (famiglia e rete sociale);
 bambino malato.

AMMALARSI NELL’ETA’ DELLO SVILUPPO

Il processo di malattia è la causa principale dei problemi comportamentali di adattamento dei bimbi e
dipende dalle caratteristiche della malattia, risorse, comunicazione, supporto alla famiglia. Dal punto di vista
dei genitori nasce preoccupazione, angoscia, impotenza, incertezza, responsabilità. Per le madri si presentano
sintomi somatici mentre per i padri più psicologici. In questi casi è importante la funzione terapeutica:

 da 3 anni: paure, attaccamento, insicurezza, disturbi del sonno;


 età prescolare: rabbia, depressione, allontanamento da scuola, senso di colpa;
 tra 6 e 9 anni: rabbia, tristezza, timore per ciò che può accadere al corpo, rifiuto ospedalizzazioni;
 adolescenza: irritabilità, preoccupazione, frustrazione, indipendenza lesa da troppi ricoveri.

Avere un figlio affetto da patologia è stressante in quando si deve riuscire a conciliare la cura del figlio con il
lavoro e saper gestire le emozioni negative. Le cure genitoriali hanno 2 funzioni: protettiva (tutela del bimbo)
e preservativa (influenzare percezione del bimbo riguardo la propria vita). A volte può anche manifestarsi un
eccessivo permissivismo e avvolto in una rete isolante.

L’ansia dei genitori è legata a quella del figlio, non capaci di neutralizzare le angosce e le paure dei bimbi. È
importante che non ci siano conflitti, la qualità dell’ambiente familiare. Dal punto di vista dei fratelli si può
manifestare gelosia manifestando malattie per ricevere attenzioni, sentirsi in colpa soffrendo il per il fratello.
Ci può essere cattivo rendimento a scuola e disobbedienza. In questi casi i genitori devono far s^ che gli altri
figli visito l’ospedale, appoggiandosi a nonni o vicini, frenare eccessiva generosità verso il figlio malato.

MODELLI DI INTERVENTO

 relazione empatica con la famiglia: professionisti devono stabilire una relazione collaborativa e di
ascolto;
 comunicazione della diagnosi ai genitori: nella fase di shock bisogna riuscire a dare spazio ai genitori per
esprimere pensieri ed emozioni;
 comunicazione della diagnosi al bambino: al paziente pediatrico giungono informazioni selezionate e
concordate con le figure di riferimento a tutela della sua salute psichica, vengono usati vari approcci:
protettivo (non dire tutta la verità), aperto (dire tutto e subito) o non dire nulla.

Quest’ultimo dipende dall’età, sviluppo cognitivo, emozionale e sociale. Importante è ricordarsi del pensiero
cognitivo del bimbo che va compreso e corretto e dare speranza al bimbo. La reaction to diagnosis inteview
studio l’impatto traumatico della diagnosi sul genitore come lo stato dei sentimenti, tempo o cosa è successo
quando è stato scoperto. Nei genitori risolti è presente un ri-orientamento emozionale e cognitivo sulla realtà
mentre per quelli non risolti c’è disorientamento, blocco emotivo e incoerenza.

DISTURBI DELLO SVILUPPO

Alterazioni dello scambio interattivo genitore-bimbo danno origine a disturbi dello sviluppo come difficoltà
di adattamento; di tipo biologico e genetico (autismo); sindromi genetiche (sindrome di down). Il bimbo
possiede competenze autoregolatrici precoci, è un processo biologico. La madre protegge e fornisce
esperienze di interazione graduali e guidate che vengono interiorizzate dal bimbo inizialmente riguardo la
regolazione degli stati biologici (sonno, veglia, alimentazione), fino alla regolazione delle emozioni.

PROCESSO DI REGOLAZIONE

Se i caregiver sono poco attenti o depressi possono ritardare o inibire il processo di autoregolazione. I
disturbi di regolazione sono:
 dell’alimentazione: non riuscire a regolare fame e sazietà (rifiuto cibo, obesità);
 dei ritmi del sonno: rifiuto di coricarsi, frequenti risvegli notturni;
 della processazione sensoriale: difficoltà a regolare emozioni, comportamenti e abilità, bisogna aiutare il
bimbo a comprendere lo stimolo.

Quest’ultimo comprende 3 tipologie:


 iposensibilità e iporesponsività: stato di stress perché sopraffatti da stimoli sensoriali anche ai più leggeri;
 impulsività o ricerca di stimolazione sensoriale: con tendenza all’incidenza, bisogno di contatto;
 ipersensibilità e iporesponsività: incapacità di raggiungere la soglia di eccitamento per agire e interagire,
tutto ciò può essere scambiato come un tratto caratteriale e quindi non ci sono interventi adatti.

SPETTRO AUTISTICO

L’autismo è un problema di neurosviluppo con difficoltà di interazioni sociali, linguaggio e comunicazione e


comportamenti ripetitivi e interessi ristretti. La suddivisione è:
 disturbo autistico: malfunzionamento cerebrale che impedisce l’attivazione di strutture che permettono
integrazione tra risorse ambientali, relazionali e del patrimonio genetico;
 sindrome di rett: tra 16 e 18 mesi mutazione del cromosoma x, deficit della capacità motorie e cognitive;
 disturbo disintegrativo dell’infanzia: si presenta dopo un periodo di normale sviluppo (4 anni) perdita del
linguaggio, disturbi sociali e iperattività;
 sindrome di asperger: il qi è nella norma ma c’è un deficit sociale e goffaggine motoria;
 disturbi generalizzati dello sviluppo non altrimenti specificati con un lieve autismo.

EPIDEMIOLGIA

Negli ultimi tempi c’è stato un aumento dello spettro autistico (10 su 10.000) e sono 2 le cause possibili:
crescita del fenomeno o ipotesi genetica o ambientale. Un’altra spiegazione è che con criteri di accertamento
si p venuti a conoscenza dei vari soggetti affetti. L’eziologia dell’autismo comprende la genetica (90%
ereditabilità), infezioni a livello prenatale e ipotiroidismo nella madre, uso alcol o cocaina.

Le conseguenze dei disturbi dello spettro autistico sono alterazioni:


 nell’intersoggettività: scambi sulla comunicazione emotiva è carente, difficoltà sensoriali alterano
l’intersoggettività prima (madre-figlio nel 1° anno di vita con scambio vocale, visivo e tattile) e
secondaria (incapacità di leggere espressioni emotive sul volto) portando a evitamento visivo e corporeo;
 nell’interazione: mancanza di reciprocità nelle interazioni, le madri sono incapaci di adottare dialoghi e
mantenere attenzione del figlio, anzi la situazione crea frustrazione e confusione;
 cognitive: ASD è correlato al ritardo mentale.

DIFFICOLTA’ DEI GENITORI

Studi dimostrano la presenta di 3 aspetti dell’interazione tra genitore e bimbo con ASD. I genitori non
possono offrire un normale sviluppo emotivo e cognitivo, difficoltà a comprendere lo stato mentale del
bimbo, si relazionano ma possono non avere un effetto sul bimbo. L’intervento per i genitori avviene in 3
momenti: sull’interazione, supporto alla genitorialità e lavoro di gruppo. L’obiettivo è aumentare le capacità
di riflettere sui comportamenti del proprio bimbo cogliendo stati mentali.

PSICOPATOLOGIA GENITORIALE

Il periodo perinatale (dalla gravidanza al 1° anno di vita) è a rischio a causa dei disturbi dell’umore, che
ostacola la relazione di coppia e quella tra madre e bimbo. C’è una differenza tra depressione pre e post
natale. In gravidanza nelle donne presente c’è agitazione, rallentamento psicomotorio, disturbi del sonno
mentre dopo il parto c’è fatica e rallentamento psicomotorio.

Uno studio ha riscontrato che in gravidanza si è più vulnerabili alla depressione rispetto al dopo il parto.
Durante i 9 mesi c’è la valutazione del ruolo genitoriale, rappresentazione del sé come donna e madre con un
movimento psichico a ritroso verso vissuti infantili che porta il recupero delle cure ricevuto dai propri
genitori, traumi o lutti infantili non elaborati. Invece nei 12 mesi dopo il parto la madre deve affrontare
cambiamenti legati all’immagine del corpo, deve prendersi cura, del bimbo, tende ad autosvalutarsi,
isolamento e ritiro delle interazioni col bimbo.

FATTORI DI VULNERABILITA’

I fattori di rischio della depressione prenatale sono:


 eventi di vita stressanti come difficoltà finanziarie;
 disoccupazione;
 gravidanza non desiderata;
 scarso supporto sociale e da parte del partner;
 conflitti con famiglia propria o del partner.

Mentre quello della depressione post-partum sono:


 ansia e depressione in gravidanza;
 caratteristiche specifiche di personalità come nevroticismo;
 problemi di coppia;
 bassa autostima.

CONSEGUENZE

Le conseguenze a breve e lungo termine della depressione prenatale sono:


 scarso monitoraggio del feto e rallentamento del suo sviluppo;
 non c’è un l’instaurazione di un buon attaccamento;
 rischio parto prematuro con minore circonferenza del cranio;
 problemi di sonno e irritabilità.

Quelle della depressione post-partum sono:


 più fatica alle richieste di accudimento del bimbo;
 scarsa autoefficacia;
 meno sensibile ai bisogni del bimbo;
 a lungo termine il 25% dei casi dei figli hanno difficoltà emozionali e cognitive;
 negativo rendimento scolastico;
 più vulnerabili alla depressione in età adolescenziale.

LA GENITORIALITA’ NELL’ATTACCAMENTO INFANTILE

Il sistema di attaccamento dipende da predisposizioni biologiche (processi neuorfisiologici) all’interazione


del genitore a risposta delle richieste del bimbo e comportamento del bimbo. Specifici pattern di
attaccamento vanno dall’attaccamento sicuro fino ai disturbi dell’attaccamento, questo implica diversi livelli
di funzionamento adattivo per il bimbo e per la relazione col caregiver (1-4 normalità adattamento, 5-6
patologia disadattamento).

ATTACCAMENTO INFANTILE GENITORIALITA’


sicuro sensibilità, sintonizzazione affettiva, mentalizzazione
insicuro evitante rifiuto, nessun contatto fisico, intrusività, controllo
insicuro ambivalente resistente incostanza delle risposte, imprevedibilità, incapacità di prendersi cura
disorganizzato maltrattamento, abuso, nessuna protezione, comportamenti atipici
distorsioni della base di cura contesti di maltrattamento e abuso (madri vittime di violenza)
disturbi reattivi dell’attaccamento grave derivazione, trascuratezza, affidamenti multipli

Le mappe mentali del genitore rispetto alle esperienze vissute con proprio caregiver influenzano la qualità
dell’attaccamento del proprio figlio (ipotesi trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento). La classifica
degli stati mentali dell’adulto relativi alle relazioni di attaccamento comprende vari modelli:

 sicuro, autonomo: coerenza nelle esperienze di attaccamento, riconoscimento della loro influenza sullo
sviluppo della personalità;
 distanziante: distanziamento, svalutazione o idealizzazione delle relazioni di attaccamento;
 preoccupato, invischiato: attuale coinvolgimento nelle precoci relazioni di tipo passivo, conflittuale;
 categorie aggiuntive;
 irrisolto, disorganizzato: mancata elaborazione di un lutto o trauma;
 non classificabile: disorganizzazione diffusa, stati mentali contradditori;
 helpless: non integrazione della rappresentazione delle relazioni di attaccamento.

LA DISORGANIZZAZIONE DI ATTACCAMENTO

Il bimbo manifesta la paura ad esempio verso il caregiver, sembra che la tendenza ad avvicinarsi a
allontanarsi si inibiscono l’un l’altro, possono esserci comportamenti evitanti e resistenti o inesplicabili e
disorganizzati. Studi individuano 2 sottocategoria del comportamento:

 bimbi con attaccamento disorganizzato/sicuro dove le madri hanno lutti e traumi non risolti e mettono in
atto comportamenti di paura come tenere figlio in braccio scostato dal petto);
 bimbi disorganizzati/insicuri: madri hanno comportamenti di intrusione negativi, spaventati/spaventanti e
rimproverano, conflitti coniugali, maltrattamenti verso il bimbo.

I PRECURSODI DELL’ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO

L’attaccamento disorganizzato è definito un sistema di caregiving disorganizzato, accudimento ostile e


intrusivo, presenza di una psicopatologia (depressione, alcol, droga, conflittualità), tutto ciò altera la capacità
del genitore. Esistono varie ipotesi per spiegare l’eziopatogenesi della disorganizzazione infantile.

Gli aspetti comportamentali del genitore nell’interazione col bimbo comprendono varie ipotesi:
 della sensibilità materna: associata all’attaccamento sicuro, indicato come sensitive responsiveness
ovvero la capacità del genitore di percepire segnali del bimbo;
 della comunicazione madre-bimbo: qualità della comunicazione, aperta e diretta, nell’individuo
disorganizzato c’è mancanza di fluidità nella comunicazione;
 sul comportamento spaventato/spaventante del genitore: bimbo pensa che ci sia qualcosa di minaccioso,
questi comportamenti avvengono per lutti non elaborati, c’è una dissociazione, paura, fuga;
 del fallimento nella protezione del bimbo: sentimenti incontenibili di impotenza, disgregazione;
 del comportamento atipico del genitore: paura senza soluzione, la mancata risposta del genitore fa
sperimentale al figlio incapacità di sollecitare le cure.

Il comportamento genitoriale viene classificato in 2 categorie, la primaria fa riferimento a indici che


suscitano direttamente uno stato di allarme, la seconda che suscitano indirettamente uno stato di allarme:
 (1) espressioni anomale di spavento: genitore si ritira spaventato in presenza del figlio;
 (1) minacce anomale: genitore ringhia al figlio;
 (1) comportamento dissociativo: genitore si irrigidisce, occhi immobili;
 (2) comportamento sessualizzato: carezze sessualizzato si sostituiscono a comportamenti rassicuranti;
 (2) disorganizzazione/disorientamento: genitore ha posture anomale o movimenti asimmetrici.

L’altra ipotesi per spiegare l’eziopatogenesi sono le rappresentazioni mentali del genitore:
 gap nella trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento: abilità della madre di regalare paura e
disagio al figlio, è legata al proprio funzionamento riflessivo;
 stato della mente irrisolto e attaccamento disorganizzato: genitori non abusanti ma che manifestano un
comportamento spaventato, incapacità di risolvere i propri traumi;
 caregiving helplessness e attaccamento disorganizzato: modalità disregolata o inibita;
 stato della mente irrisolto, comportamento atipico e attaccamento disorganizzato: non riconoscere
esperienze che spaventano il bimbo;
 stato della mente helpless, comportamento atipico e attaccamento disorganizzato: valutazioni di sé e della
figura di attaccamento contraddittorie, identificazione con figura di attaccamento in termini punitivi.

DISTORSIONI DELLA BASE SICURA E DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO

Bisogna distinguere 2 categorie di disturbi:


 distorsioni della base sicura: dove c’è la figura di attaccamento preferenziale ma la relazione è disturbata,
si associano a violenza assistita, abuso fisico, maltrattamento, i comportamenti valutati creano l’angoscia
di separazione comprende autolesionismo, esplorazione inibita (bimbo troppo attaccato al genitore)
vigilanza/ipercompiacenza (bimbo preoccupato o paura di dispiacerlo) e inversione di ruolo;
 disturbi di deprivazione/maltrattamento: comprende 3 sottotipi ovvero pattern inibito o emotivamente
ritirato (assenza di comportamenti di attaccamento) indiscriminato o disinibito (eccessiva indiscriminata
socievolezza) e misto (entrambi i precedenti).

ESITI SULLO SVILUPPO

I modelli insicuri possono avere esiti disfunzionali nello sviluppo del bimbo mentre l’attaccamento
disorganizzato può essere un pattern di possibile rilevanza per i clinici. Quest’ultimo segue traiettorie
evolutive di comportamento controllante esibito dal bimbo, altri a mantenere la stessa incoerenza nei pattern
comportamentali della prima infanzia. I disturbi dell’attaccamento hanno conseguenze a lungo termine: non
c’è regolazione affettiva, iperattività, violenza e difficoltà scolastiche.

MODELLI DI INTERVENTO

Stern definisce le vie d’ingresso ovvero gli approcci terapeutici per le difficoltà tra genitore-bimbo
(psicodinamico e comportamentale). Lyons e Ruth invece studiano la conoscenza relazionale implicita
ovvero i genitori sicuri o insicuri a seconda di regole apprese nella propria esperienza infantile. Gli approcci:

 steps toward effective: per famiglie ad alto rischio psicosociale, in attesa di un figlio, con visite
domiciliari, favorire sensibilità e responsività, problem solving;
 circolo della sicurezza: intervento precoce per genitori ad alto rischio, sostenerli nell’elaborazione di
traumi che potrebbero influenzare le relazioni con il figlio;
 videofeedback intervention to promote positive parenting: agisce sia a livello comportamentale che
rappresentazionale per interrompere ciclo intergenerazionale di attaccamento insicuro;
 minding the baby: sostiene giovani madri alla prima esperienza con adolescenti ad alto rischio
psicosociale con storie traumatiche e povertà, ripristinare capacità e visite domiciliari.

I DISTURBI FUNZIONALI DEL BIMBO COME DISTURBO DELLA RELAZIONE

DISTURBI ALIMENTARI

La psicopatologia dello sviluppo studia le interazioni tra processi biologici, psicologici, ambientali che
influiscono sui percorsi dello sviluppo. L’alimentazione è fondamentale per lo sviluppo fisico e delle abilità
autoregolative, i cambiamenti evolutivi dei pattern alimentali durante l’infanzia sono un processo psicologico
nello sviluppo relazionale del bimbo-caregiver. Può presentarsi come un ricordo nell’acquisizione
dell’alimentazione autonoma, difficoltà di accrescimento o arresto di crescita.

Le sindromi disregolative dell’alimentazione infantile sono riferite all’adattamento tra madre-figlio che può
avere esito positivo con un’adeguata capacità del bimbo di riconoscere fame e sazietà. Ci deve essere
reciprocità che al contrario può essere una mancanza di un’adeguata relazione affettiva senza sintonia.

La fase principale è il passaggio verso l’alimentazione autonoma in cui si modifica l’adattamento del bimbo.
In questo cambiamento il genitore deve essere presente perché può esserci anoressia infantile in cui sono
poco interessati al cibo ma sono comunque attivi e curiosi. Un’influenza è data anche nel caso di depressione
materna che ha meno responsività nel riconoscimento dei segnali.

Le avversioni sensoriali per il cibo sono deficit nutrizionali qualitativi e quantitativi in cui il bimbo prova
disgusto. Il disturbo dell’alimentazione associata a condizioni mediche coesistenti si presenta nei bimbi con
reflusso gastroesofageo o allergie. Quello post-traumatico si ha a causa di vari fattori organici, affettivo-
relazionali, esperienze traumatiche. Un atteggiamento insicuro può aumentare le problematiche alimentari
del bimbo, chi soffre di anoressia infantile ha un comportamento controllante, questo avviene a causa di una
relazione col caregiver confuso, insensibile e spesso quando le madri hanno avuto episodi traumatici.

FUNZIONE PATERNA E DISTURBI ALIMENTARI INFANTILI

Il padre ha un ruolo importante perché incoraggia all’esperienza assicurando protezione, sicurezza e spinta
all’autonomia. I padri con figli con anoressia infantile descrivono gli altri figli come paurosi, dipendenti,
basso coinvolgimento paterni, disfunzioni familiari.

Per i figli ci sono interventi psicoeducativi e il counseling psicologico di sostegno domiciliare è rivolto ai
genitori per aiutarli nella relazione. Quelli che non hanno disturbi ma difficoltà alimentari lievi e di breve
durata sono chiamate turbe evolutive transitorie durante i turning points ovvero momenti critici di
cambiamento quando il bimbo deve adattarsi alle sfide evolutive.

Tra gli interventi preventivi c’è l’uso di videofeedback con un focus sull’interazione alimentare madre-figlio,
applicato con madri con diagnosi di anoressia e bulimia nervosa e depressione postnatale, promuovendo
responsività e consapevolezza. Con il feedback si sposta il focus sulle capacità presenti nel bimbo e sul suo
contesto di relazioni. L’obiettivo della psicoterapia tra genitore-bimbo è andare oltre il comportamento
problematico del bimbo offrendo una funzione riflessiva genitoriale.

MALTRATTAMENTO ABUSO E CARENZA

Nel 2002 l’organizzazione mondiale della sanità ha ampliato la definizione di maltrattamento includendo
forme di violenza (intenzionale o no, visibile o no, comportamenti attivi o omissivi, auto- ed eterodiretta) in
contesti familiari e extrafamiliari. Comprende le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale,
trascuratezza o sfruttamento di altro tipo, ciò che procura un danno reale o potenziale per la salute del bimbo,
il suo sviluppo e dignità, nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia e potere.
Tipologie di violenza multiple sono:
 maltrattamento fisico: procurare lesioni fisiche, può essere di grado lieve, moderato o severo;
 incuria o trascuratezza: incapacità cronica del genitore per negligenza o fallimento di cure e protezione;
 ipercuria: patologia del genitore di sottoporre il minore a visite mediche, per sintomi da lui inventati per
ricevere soldi, somministrazione non adeguata dei farmaci;
 discuria: fornire cure non adeguate per incapacità, non c’è volontà o empatia;
 maltrattamento psicologico: modalità ripetitiva, inappropriata, rifiuto, isolamento;
 violenza assistita: partecipazione del minore o assistere ad atti di violenza su figure di riferimento;
 abuso sessuale: pratiche sessuali (prostituzione, pornografia anche senza contatto);
 abusi sessuali manifesti: comportamenti con contatto;
 abusi sessuali mascherati: ripetuti lavaggi genitali assistere a rapporti dei genitori o abuso su fratelli;
 pseudoabusi: abusi non consumati ma dichiarati per convinzione di un genitore o abuso a fini di lucro.

IINDICATORI DELLE DIVERSE FORME DI MALTRATTAMENTO

Per riconoscere le situazioni di violenza ci sono degli indicatori di tipo fisico, emotivo e comportamentale.
Nel caso di abuso sessuale ci sono segni fisici (contusioni, graffi, emorragia); comportamentale (conoscenza
precoce del comportamento sessuale, aggressività, corpo visto come vergogna); emotivi (non fiducia, incubi,
crisi d’ansia, disturbi di personalità). Riguardo al genitore maltrattante ci può essere casi in cui ignorano i
figli, parlano dei figli come cattivi, irrazionalità, crudeli, alcol, droga.

Le conseguenze rispetto alla tipologia di violenza sono:


 trascuratezza: conduce alla morte reale o psicologica dovuta alla mancanza di relazione con altri, porta a
sviluppare idee negative, le esperienze traumatiche danneggiano lo sviluppo di abilità cognitivo-emotive,
tendenza a scappare di casa, delinquenza, depressione;
 maltrattamento psicologico: conduce a considerare le relazioni come minacce, pensare di non meritare
cure e amore, ci sono 2 stili comportamentali: passivo e reattivo;
 violenza assistita: conduce a vedere negativamente sé e gli altri, impotenza e depressione;
 maltrattamento fisico: conduce a intenso stress, disicontrollo degli impulsi;
 abuso sessuale: conduce a un disagio mentale, negatività, vergogna, senso di colpa, autolesionismo.

MALTRATTAMENTO E SVILUPPO COGNITIVO

Nel 1° anno di vita c’è la crescita delle formazioni sinaptiche ma in caso di traumi precoci può avere
conseguenze sullo sviluppo di strutture cerebrali. Ci sono elevati valori di cortisolo (ormone stress) collegati
a bassi livelli di autocontrollo e uso di strategie di attaccamento evitante e disorganizzato. Nel 1° anno i
bimbi maltrattati rispondono al controllo materno con passività o resistenza, a 12 mesi iniziano a rispondere
in modo accomodante senza reazioni (compulsive compliance).

I bimbi trascurati invece sviluppano la percezione di non essere in grado di comunicare i propri bisogni al
fine di ottenere attenzioni materne diventando fonte di stress per le madri. Ecco perché questi bambini sono
classificabili come disorganizzati-ambivalenti. Nei casi di abuso si sviluppa un atteggiamento disorganizzato
a causa del paradosso imposto dai genitori abusanti (fonte di conforto ma terrorizzato con condotte abusanti).

Lo sviluppo dell’idoneità dei bimbi vittime di abusi è a rischio di disturbi borderline o schizoide, violare le
norme, inganno, sono impulsivi, aggressivi e l’abuso sessuale precede la personalità antisociale. Da adulti
nascono problemi come alcol, sostanze, disoccupazione, depressione, pensieri suicidi, disturbi del sonno.

L’ambiente relazione da tutelante e protettivo, i fattori protettivi servono a risanare lo sviluppo del bimbo e
sono caratteristiche dei genitori e del bimbo, fattori familiari e sociali. Importante è la resilienza ovvero
l’adattamento positivo nonostante le situazioni ostili.

L’AFFIDO FAMILIARE

L’affidamento familiare è un intervento complesso attivato per tutelare il minore:


 ’83 legge n. 1184: l’affido consiste nella possibilità per il minore di essere accolto in una nuova famiglia
che gli fornirà cure e attenzioni e mantenere legami con la famiglia di origine;
 ’27 legge n. 798: viene istituito il servizio di assistenza a fanciulli illegittimi o abbandonati;
 ’25 legge n. 2277: viene istituita l’opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia per
l’accoglienza di madri in difficoltà o minori bisognosi;
 1899 nasce il primo tribunale pe minorenni a Chicago;
 ’42 entra in vigore un nuovo c.c. e di procedura civile, ci sono cambiamenti anche nel diritto di famiglia e
istituzione della funzione del giudice tutelare. L’art. 333 prevede la decadenza della patria potestà.

Nel dopoguerra in Europa ci fu un interessamento delle necessità biologiche, affettive e sociali. Bowbly e i
suoi studi riguardo l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) evidenziarono l’importanza delle cure
materne per lo sviluppo della salute mentale e che la privazione prolungata di queste porta a ripercussioni
sulla salute psicofisica del minore e che la perdita della figura si attaccamento deve essere sostituita infatti gli
istituti per minori non provvedendo ai bisogni del bimbo potevano essere solo temporanei.

In Italia in quegli anni c’erano 93.000 minori poveri ricoverati in istituti e 51.000 bimbi e ragazzi orfani
ricoverati in altri istituti assistenziali e orfanotrofi. Nel ’63 ci furono una serie di studi finalizzati a preparare
una proposta di legge per codificare un istituto dell’adozione basandosi sul diritto di crescere in famiglia. Fu
una proposta dell’associazione nazionale delle famiglie adottive affidatarie (ANFAA) e nel ’67 con la legge
n. 431 venne disciplinata una forma di adozione per minori di età inferiore di 8 anni in situazioni di
abbandono e deprivazione. Ci furono poi leggi sull’istituzione degli asili nido e consultori familiari.

LEGGI N. 184/1983 E 149/2001

Le norme si basano sui diritti della cost. come artt.2, 3, 30: diritto al pieno sviluppo della propria personalità,
diritto alla pari dignità sociale e il diritto a dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare i figli. Diritto
fondamentale della legge n. 184 è il diritto del minore a crescere in famiglia quindi a favore della famiglia
sono disposti interventi di sostegno e aiuto, a carico dello Stato per prevenire l’abbandono, L’affidamento
offre la minore cure primarie e consente alla famiglia d’origine di recuperare la propria funzione genitoriale.

ALLONTANAMENTO DEL MINORE FAL NUCLEO

L’art. 403 c.c. stabilisce che un contesto non idoneo prevede l‘affido tempo temporaneo o se non possibile
c’è l’inserimento del minore in una comunità familiare o istituto pubblico o privato più vicino al nucleo di
origine. I genitori affidatari non sostituiscono quello naturali ma hanno un ruolo protettivo. L’allontanamento
avviene per massimo 24 mesi ed è prorogabile dal tribunale, alcuni sostengono l’idea che l’affido potrebbe
incrementare l’incertezza del minore e che si usi l’affido per coprire adozioni di fatto travisando la legge.

FORME DI AFFIDAMENTO

Ci sono 2 tipi di affido: consensuale (famiglia vuole servirsene quindi consenso dei genitori e del minore
sopra gli 11 anni, diventa problematico se l’adolescente si mostra contrario) e giudiziaria. L’affido familiare
richiede un lavoro di rete. Le tipologie di affidamento sono eterofamiliare (minore affidato a una famiglia
esterna) e intrafamiliare (affidato ai familiari) soprattutto nel sud Italia.

Riguardo i neonati l’affido avviene solo se non ci sono condizioni che rendono possibile il sostegno. Casi di
affido sono genitori tossicodipendenti, con disagi psichici, abusi, maltrattamenti. Nell’affido di minori
stranieri è importante che ci sia rispetto per tradizioni e culture diverse, nel caso di stranieri minori non
accompagnati viene promosso l’affido educativo.

L’affido può essere:


 familiare: 0-3 anni è stato promosso nel 2001 come alternativa all’ospedale o istituti per neonati;
 educativo: è centrato sull’inserimento sociale del minore con attività scolastiche ricreative,
differenziandosi dal tipo familiare perché pone importanza sul compito di costruire una risorsa affettiva
per il minore da parte della famiglia affidataria;
 professionale: nella situazione in cui il minore per delle sue caratteristiche non riescono a trovare una
collocazione (minori traumatizzati, con handicap psicofisico, fratelli non separabili);
 diurno: durante il giorno senza pernottamento (famiglia di origine è occupata con lavoro o salute;
 per le vacanze: quando i genitori non possono occuparsene nei periodi in cui non c’è scuola;
 bed and breakfast: la famiglia affidataria mette a disposizione una stanza senza impegnarsi dal punto di
vista affettivo.

L’affidamento familiare si basa su un duplice provvedimento, uno emesso dall’ente locale, l’altro dall’ufficio
giudiziario. Il servizio sociale segnala il caso al giudice specificando le problematiche e la prognosi per il
rientro nel nucleo familiare. Dopo il decreto del giudice il comune o l’ente territoriale disporranno l’affido
tra la delibera della giunta comunale, dell’assessore o dell’autorità competente. Sia la famiglia di origine che
quella affidataria saranno supportate nel servizio.

IL MINORE, LE FAMIGLIE E GLI OPERATORI: GLI ATTORI SOCIALI

Il minore e la famiglia dovrà affrontare la separazione dalle figure genitoriali, la nuova famiglia deve
comprendere il suo vissuto emotivo. Un bimbo allontanato dal contesto familiare può portare a insuccessi
scolastici, aggressività, bassa autostima. Gli esiti evolutivi sono lo status sociale basso o poco supporto
sociale. La famiglia affidataria non sempre riuscirà a colmare le lacune che il bimbo presenta.

Il modo in cui vengono gestite le separazioni influenzerà anche il successo dei legami relazioni e tra i fattori
ci sono età e esperienza. Di fronte a queste carenze sarà dotato di scarso valore, timore di abbandono, si
considera colpevole, idealizza le figure genitoriali perdute e non interagisce con le famiglie affidatarie.

LA FAMIGLIA DI ORIGINE

La legge n. 149/2001 riguarda l’affido familiare qualora la famiglia di origine non sia idonea senza
specificare problematiche. Brofenbrenner distingue fattori di rischio prossimali (influenza sul minore) e
distali (effetto indiretto sul minore). Sameroff e Fiese creano 5 macrocategorie:

 processi familiari: clima negativo, non c’è controllo;


 caratteristiche genitoriali: non c’è efficienza, malattia dei genitori, basso grado di istruzione;
 mancanza di supporto della comunità;
 pari: presenza di gruppi pari con condotte antisociali;
 vicinato: bassa qualità di scuola, basso livello di istruzione del quartiere.

LA FAMIGLIA AFFIDATARIA

Le famiglie affidatarie sono per la maggior parte comprese tra 36 e 45, hanno un grado alto di istruzione ed
economico quindi più risorse e supporto sociale. I cambiamenti implicano fattori legati all’organizzazione di
tempi e spazi, e fattori legati alla sfera relazionale. Il d.lgs. del 26 marzo 2001 riguarda la tutela lavorativa
dei genitori affidatari (possono astenersi dal lavoro per 3-6 mesi se il bimbo ha meno di 6 anni).

Ciò serve per aiutare la famiglia a gestire difficoltà organizzative. Dal punto di vista relazionale la famiglia
affidataria deve essere flessibile, modificare modalità in base a necessità del bimbo per garantire equilibrio.
Il problema è la doppia appartenenza del bimbo (evita i genitori naturali, altre rifiuta quelli affidatari. Questo
provoca inadeguatezza e impotenza nei nuovi genitori. Si tende ad idealizzare il bimbo con la conseguenza di
una delusione incidendo sull’autostima del minore per questo c’è il supporto dei servizi sociali.

Gli operatori sociali hanno un ruolo importante in quanto si occupano della valutazione dell’idoneità della
famiglia di origine, analisi delle problematiche, preparare le famiglie affidatarie per la collaborazione tra enti
locali e affidatari, supporto economico e psicologico a entrambe le famiglie. L’equipe è formata dagli
assistenti sociali, psicologi, neuropsichiatri infantili ed educatori.

VALUTAZIONE DELLE FAMIGLIE

Il progetto di affido consiste in:


 valutare recuperabilità della famiglia di origine;
 valutare famiglie che si candidano, la loro motivazione di richiesta;
 scegliere tra le famiglie quella più adatta alle caratteristiche del minore.

VALUTAZIONE RECUPERABILITA’
È necessario innanzitutto costruire in quadro generale della famiglia, valutare problematiche analizzando
fattori esterni e giochi relazionali in atto. Importante è la fiducia con gli operatori promettendogli che il
bimbo rientrerà nel nucleo familiare essendo chiari sul rispetto dell’obiettivo. Bisogna poi individuare le
problematiche nella famiglia, analizzando ogni membro e le relazioni attraverso incontri individuali.

Infine viene formulata una prognosi di recuperabilità delle funzioni relazionali seguendo le linee guida
fornite dal coordinamento italiano dei servizi CISMAI. Gli indicatori sono:
 rispetto alla coppia genitoriale: legami irrisolti, relazione di coppia, ricostruzione della propria infanzia;
 rispetto al profilo di personalità dei genitori: capacità o meno di aderire alla realtà, controllo di impulsi;
 rispetto al rapporto col minore con i genitori: stabilità di coppia, relazioni affettivo-educative, emotività;
 rispetto alla trattabilità terapeutica: comprensione della sofferenza del figlio, collaborazione.

IL RECLUTAMENTO E LA VALUTAZIONE

L’iter valutativo è composto da 4 fasi:


1. raccogliere informazioni sul nucleo familiare;
2. illustrale alle famiglie le finalità dell’istituto dell’affido, spiegare dubbi su cosa accadrà;
3. analizzare quale dei bisogni della famiglia sta cercando di soddisfare con l’affido;
4. indagare sulle relazioni tra i membri e caratteristiche della personalità.

IL PROCESSO DI ABBINAMENTO

Questa è la fase in cui si cerca la famiglia più idonea e l’inserimento del bimbo. Se un minore ha condotte
devianti è difficile per una famiglia che non ha mai avuto figli, quindi è necessario saper gestire il vissuto
emotivo del bimbo. Gli operatori pongono attenzione sul concetto di goodness of fit (reciproco adattamento).
Se la famiglia ha già figli non ci deve essere competizione. Anche il divario socioeconomico tra le 2 famiglie
può ostacolare l’esito dell’affido quindi la famiglia affidataria dovrà gestire rapporti con quella di origine.

Gli affidatari devono essere in grado di capire la doppia appartenenza. Deve esserci la disponibilità anche al
termine del percorso di affido di tenere ancora il minore (adozione mite). In questo caso viene adottato dalla
famiglia ma ha legami con l’altra e diviene a tutti gli effetti figlio della coppia affidataria o del singolo.

L’INTERVENTO DI ACCOMPAGNAMENTO ALL’AFFIDO

L’intervento dell’affidamento familiare ha 3 obiettivi: offrire al bimbo modelli di relazione funzionati; far
recuperare al minore ritardi dello sviluppo cognitivo affettivo, relazionale e sociale, aiutare la famiglia
d’origine ad acquisire capacità genitoriali. Nella prima fase c’è il distacco del bimbo dalla famiglia e il suo
collocamento presso gli affidatari, si cerca di sostenere la famiglia sul processo di elaborazione dei vissuti di
perdita, sostenere il bimbo, la sua famiglia e gli affidatari.

L’allontanamento è un evento traumatico per tutti i membri, i legami si spezzano a prescindere dalla qualità
che determina se base sicura (autostima) o non sicura (insicurezza). Il bimbo nutrirà affetto e dipendenza
dalle figure adulte di riferimento. Quando viene allontanato perde routine, cambiamenti e la famiglia perde
suo figlio. Bisogna favorire gli incontri fra genitori e bimbi per realizzare che l’allontanamento non
corrisponde all’abbandono. Le fasi sono: shock e negazione; protesta; disperazione; distacco.

SOSTENERE BIMBO E FAMIGLIA

La famiglia deve comprender le motivazioni che hanno portato all’affido. Martin ha individuato 3 strategie a
cui i genitori e bambini sono soliti rincorrere: attribuire un fallimento personale; attribuire la responsabilità
agli altri, incapacità di vivere secondo le aspettative degli altri. Jenkins e Norman hanno studiato le reazioni
delle madri: tristezza e dispiacere, sollievo, sensi di colpa.

Importante per il bimbo è portarsi con sé foto o oggetti tradizioni per aiutarlo ad affrontare il cambiamento,
l’operatore deve essere empatico anche con i genitori per creare un’alleanza terapeutica. I bimbi hanno
bisogno di rassicurazione perché sono disorientati, per questo viene attuata una fase di inserimento, sostegno
per la famiglia affidataria nella riorganizzazione di tempi, spazi, ecc…

LA DEFINIZIONE DEL PROGETTO DI INTERVENTO

Il progetto di intervento è una sorta di contratto tra servizi e famiglia, dovrà essere chiaro il supporto
economico e psicologico che la famiglia dovrà ricevere, le soluzioni alternative al rientro del bimbo in
famiglia, accettazione dei genitori e collaborazione. Avviene poi l’intervento nel corso dell’affidamento per
promuovere cambiamenti permanenti nel bimbo e nella famiglia.

Si deve continuare a sostenere il bimbo e i suoi genitori nell’elaborazione dei vissuti di perdita. Infatti tempi
lunghi di elaborazione o un lutto non elaborato porta i bimbi a mantenere una visione dei loro genitori
idealizzata e a rifiutare la famiglia affidataria, bisogna dunque guidare i bimbi con consapevolezza, fare
incontri con i genitori e sostenerli.

FAVORIRE L’INTEGRAZIONE E INCONTRI CON GENITORI

Sono possibili dei conflitti dopo la fase di shock iniziale, i bimbi possono essere conflittuali per prevenire un
ulteriore abbandono o può succedere che il bimbo percepisca la sua famiglia come cattiva e quella nuova
buona. Il bimbo può vergognarsi di non essere come gli altri, cercando di nascondere la storia agli amici.

Bowlby identifica legami di attaccamento con la nuova famiglia con 4 elementi: vicinanza fisica, base sicura
di esplorazioni, cerca protezione, ansia quando c’è distacco, quindi inizierà ad attenersi alle regole degli
affidatari. Cautley fece uno studio e mostrò come 18 mesi sono il periodo necessario per raggiungere un
nuovo equilibrio familiare, proprio quando il bimbo si è adattato l’affidamento termina.

Le visite e in contatti frequenti aiutano il bimbo ad adattarsi e ad accelerare il processo di elaborazioni della
perdita per non sentirsi abbandonati. Le visite vanno interrotte sono se diventano pericolose per il bimbo e se
è più grande e le rifiuta. La frequenza varia in base a se si tratta di bimbi piccoli (giornaliere) o più grandi
(2/3 incontri a settimana). La durata dipende e può esserci anche nei weekend o periodi di vacanze.

Anche il luogo può essere diverso rispetto alla casa dei genitori, se il bimbo è in pericolo è necessaria la
supervisione di un operatore. Affinché vi siano miglioramenti della capacità genitoriale sono necessarie
visite protette con cui è più facile intervenire sulle interazioni.

LA FUNZIONE DEI GENITORI

La funzione dei genitori varia a seconda dell’età del figlio ed è un difficile processo di adattamento. I
genitori attingono da più fonti: livello individuale, coniugale e del rapporto con le proprie figure genitoriali.
L’intervento si focalizza su 2 aree di parenting: disciplina e controllo; strutturazione e prevedibilità delle cure
della vita familiare. Tra i sostegni c’è il counseling, psicoterapia, gruppi di aiuto, ecc…

INTERVENTI SU SITUAZIONI REALI E FASE FINALE

Ci può essere l’intervento domiciliare che prevede una varietà di programmi, rispetto alla durata, alla
professionalità o fanno riferimento al modello dell’attaccamento. Importante è la relazione che si instaura tra
genitore e operatore. L’intervento congiunto tra genitori biologici e affidatari per facilitare l’adattamento e le
sessioni di co-parenting sono offerte in modo individuale a ciascuna coppia e le coppie genitoriali hanno
l’opportunità di conoscersi meglio tra loro.

Gli affidatari ricevono un training che li prepara ad affrontare l’arrivo di un bimbo ma anche sostegno dopo.
Viene dato supporto e informazione si bisogni tipici del bimbo. Lasciare la famiglia affidataria è un
momento di transizione per il bimbo, la sua famiglia e e gli affidatari.
Ci sono vari motivi per cui può terminare:
 famiglia e bimbo hanno risolto i problemi;
 bimbo dichiarato adottabile;
 l’affidamento si trasforma in adozione mite ma comunque il bimbo può incontrare la sua famiglia;
 bimbo è trasferito si un’altra famiglia affidataria;
 passa dalla famiglia affidataria alla comunità perché la famiglia d’origine non vuole dimensione affettiva.

SOSTENERE BIMBO E FAMIGLIA IN RIUNIFICAZIONE E DISTACCO

Il rientro del bimbo è un punto che fa riemergere vecchie paure, ricordi e dolori. L’operatore si occupa del
fatto che il bimbo non sarà più maltrattato. Se le famiglie affidatarie non vengono accompagnare in questo
momento difficile potranno essere meno propense a rifare l’esperienza. L’operatore nel percorso di
affidamento deve creare un piano di azione per il bimbo, sua famiglia e contesti di disagio.

COME VALUTARE L’EFFICACIA DELL’AFFIDAMENTO

Per valutare l’efficacia dell’affidamento bisogna focalizzarsi sul funzionamento dei servizi, sugli effetti
permanenti dell’affidamento sul bimbo e sulla sua famiglia. Indicatori della valutazione degli obiettivi sono:
stabilità delle cure, recupero delle carenze, clima emotivo, capacità di permettere il potenziale sviluppo del
bimbo. Uno dei principali obiettivi dell’’affido è assicurare al bimbo un contesto di cure nonostante cambiare
casa è un fattore di disagio.

La relazione della madre affidataria e il bimbo deve essere costituita da cure adeguate che permettano al
bimbo di costruire un atteggiamento sicuro, il clima familiare può esser valutato anche attraverso
l’osservazione diretta o indiretta delle visite a casa degli affidatari.

SVILUPPO DEL BIMBO

Nello sviluppo del bimbo possono presentarsi ritardi quindi bisogna valutare i risultati di competenze
emotive, cognitive e affettive. Per valutare le capacità di parenting si deve prendere in considerazione il
livello di competenze genitoriali al momento dell’affido, il livello realistico di recuperabilità della funzione
genitoriale e i cambiamenti. La necessità è quella di programmare l’intervento di recupero e non avviene solo
con l’analisi del parenting ma anche del contesto fisico, economico e rete sociale.

OBIETTIVI E LUNGO TERMINE

Per raggiungere obiettivi a lungo termine vengono presi in considerazione diversi indicatori:
 contesto di cure stabili;
 impatto positivo dell’esperienza dell’affido sul funzionamento dell’individuo;
 impatto positivo dell’affido sulle modalità di funzionamento della famiglia biologica;
 raggiungimento dell’autosufficienza in età adulta;
 competenze socioemotive e soddisfazione (relazioni con i propri genitori, partner, amici);

ESITO DELL’AFFIDAMENTO

Per trovare strategie condivise di valutazione sono stati creati 6 focus group con dei partecipanti: assistenti
socali, psicologi, giudici, famiglie affidatarie, pochi genitori naturali, e sono stati studiati con criteri di
conclusione dell’affido, risultati del bimbo, della famiglia affidataria e di quella di origine. La scala finale
comprende 12 criteri: stabilità emotiva, affettiva, distinzione tra le 2 famiglie, collaborazione accoglienza.

Sono necessarie tuttavia ricerche più mirate affinché gli effetti dell’affidamento siano positivi. Molti studi
cercano di superare evitando la valutazione degli esiti basandosi solo su dati retrospettivi, non limitarsi a
usare gruppi di controllo ma servirsi anche di misure baseline per catturare i cambiamenti, individuare
indicatori validi ricordando l’esito positivo dell’affido. Va valutato tenendo contro dei risultati raggiunti dal
bimbo e dalla famiglia di origine.

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